Storie di lepri e leoni

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2011

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Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com www.dipingiamoillorofuturo.com

Favole e fiabe africane per ‘Dipingiamo il loro futuro’

€ 10,00

ISBN XXXXXXXXXXXXXX

Dipingiamo il loro futuro!

COMUNE DI GENOVA

Storie di LEPRI E LEONI

C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858

con il patrocinio di

Storie di lepri e leoni

Grazie. Con l’acquisto di questo libro, hai contribuito anche tu a sostenere il progetto Dipingiamo il loro futuro 2011 a favore di Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di sviluppo. Il ricavato delle vendite del libro sarà devoluto al sostegno e allo sviluppo della Assumption High School di Msolwa Ujamaa, in Tanzania.

Per sostenere il progetto: Associazione Dipingiamo il loro futuro C/C n.11858 Ubi Banco San Giorgio ag. 2 Genova Bolzaneto IBAN IT60A0552601403000000011858

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Indice pag 2

Dare colore alle storie d’Africa Una nota introduttiva di Anselmo Roveda

pag 4

DIPINGIAMO IL LORO FUTURO! Un progetto di responsabilità sociale

pag 6

FIND THE CURE Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto

pag 8 pag 13 pag 18 pag 30 pag 37 pag 46 pag 54 pag 60 pag 70 pag 76 pag 81 pag 87 pag 92 pag 97 pag 103 pag 108 pag 115 pag 121 pag 128 pag 133 pag 140

La coda degli animali - Garibaldi S. Teodoro Il camaleonte - Fabbriche La mucca e il cane - Acquasanta L’astore e la tartaruga - Il Delfino La lepre e la iena - Villa Banfi Quando la scimmia faceva il giudice - Papa Giovanni XXIII Il ragno, la lepre e saggezza - Il Piccolo Principe Il bruco, la lepre e il ranocchio - Cavallotti I pipistrelli - Romagnosi Il leone, la iena e la volpe - D’Eramo Due strane città - Modugno Gli scolari e l’ago - L’Albero Azzurro Il pastore e il saggio - Le Pratoline La giraffa vanitosa - Il Pratone La memoria dello sceicco - Perasso/Scribanti L’uccellino dei fiori, re di tutti gli animali - S. Luigi Il leone e la lepre - Tollot Orientale L’albatros e il camaleonte - Girotondo I due furbi - Nemo Il sole, la luna e l’acqua - Fabrizi Il pidocchio e la pulce - Assumption High School, Msolwa Ujamaa Una fiaba ligure per la Tanzania

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L’Africa raccontata ai bambini Una bibliografia a cura di Stefania Usai


Dare colore alle storie d’Africa Una nota introduttiva di Anselmo Roveda In queste pagine incontrerete camaleonti, leoni, giraffe, iene e tanti altri animali rincorrersi tra le illustrazioni vivaci e colorate realizzate da venti scuole dell’infanzia e primarie genovesi. Oltre millecinquecento bambini coinvolti in una catena magica di narrazioni. Un percorso divertente e virtuoso: ascoltare, immaginare, creare, disegnare e al contempo compiere un’azione capace di offrire opportunità ad altri realizzando un progetto di cooperazione in Africa. E sì, perché i giovanissimi artisti delle scuole genovesi, accompagnati con sapienza affettuosa dalle insegnanti, sono stati in un percorso - ricevendo in dono una favola e regalando a loro volta un’illustrazione - che ha per finalità quella di sostenere un progetto di cooperazione internazionale. Le favole, non solo quelle africane, arrivano da lontano e portano lontano. Il lavoro delle scuole genovesi per la terza edizione di “Dipingiamo il loro futuro!” contribuirà, infatti, a sostenere lo sviluppo della scuola di Msolwa Ujamaa, nella parte sud della Tanzania. Una scuola costruita dall’associazione Find The Cure e che può ospitare fino a 200 alunni, di cui circa una trentina sotto i 6 anni. E anche i bambini di Msolwa Ujamaa parteciperanno attivamente al progetto illustrando, in questo ideale scambio di narrazioni e doni, una fiaba della tradizione ligure. I bambini delle scuole genovesi sono stati chiamati a dare colore alle favole dopo averne incontrato la magia e la meraviglia evocativa. Favole soprattutto di animali, ma anche qualche fiaba di magia. L’esito delle rappresentazioni grafiche e pittoriche, lo vedrete sfogliando, è sorprendente: mai banale, sempre intenso. L’arte infantile si esprime a pieno nelle tecniche proposte, nelle soluzioni trovate, nella trama intrecciata di parole e segni, scantonando il rischio di un disegno solo ornamentale o didascalico, riuscendo anzi a farsi pienamente linguaggio. A farsi, insomma, narrazione autonoma: oltre, eppure dentro, al testo. Le fiabe sono leggibili a più livelli. Fiabe e favole, in Africa e in ogni alta parte del mondo, non sono storie (ancor prima che testi) destinate ad un pubblico esclusivamente infantile. Anzi. Un tempo erano la narrazione di tutta la comunità: assolvevano ad una funzione di inculturazione e acculturazione, offrivano modelli e stili di condotta, suggerivano le idee sul mondo pratico e morale attese e condivise dalla comunità di riferimento. Le fiabe della tradizione hanno dimensione universale ma traggono origine in un mondo arcaico e difficile: normale quindi trovare rappresentata una realtà distante dal nostro vissuto; normale quindi incontrare storie nelle quali si sgrossa bene da male in modo spiccio, si punisce il malvagio in maniera cruenta, si favorisce l’astuto a discapito del giusto. In considerazione dell’età dei bambini e di legittime preoccupazioni pedagogiche delle insegnanti, ho qui scelto fiabe capaci di essere evocative della tradizione narrativa africana e al contempo di essere pienamente comprensibili e godibili. E’ stato un piacere, a maggior ragione vista la finalità benefica dell’iniziativa, tornare alle favole africane. Alcune sono per me una scoperta. Altre, molte di quelle qui presentate, sono invece un’ulteriore riscrittura di storie comprese in due miei volumi: “Il giorno in cui il leone regalò una coda agli animali. Favole dell’Africa nera” (Terre di mezzo, Milano 2005) e “La bella sposa grassa e altre fiabe africane” (Terre di mezzo, Milano, 2006). 2


In questo libro incontrerete favole e fiabe dell’Africa nera, la porzione subsahariana del continente; sono storie con una spiccata specificità nonostante le favole siano sempre dotate di universalità e riescano a parlare al cuore e all’immaginazione di tutti, a tutte le latitudini. Il rapporto tra l’Italia e l’Africa è antico, fatto di cose belle e brutte, di pregiudizi e di fascinazioni, ma soprattutto è un rapporto in continua via di definizione. Nel 1955, quando usciva “Fiabe africane” (Einaudi) di Paul Radin, la prima raccolta organica presentata al lettore italiano, il continente nero ci era ampiamente sconosciuto. Una minoranza di italiani sapeva qualcosa dell’Africa; e Italo Calvino, nell’introdurre il libro di Radin, spalancava una nuova finestra sul continente. Per le generazioni di allora il legame dell’Italia con l’Africa era relegato a memorie coloniali. Memorie che rappresentavano, come più tardi mostrò Angelo Del Boca, più una vergogna che un vanto. Oggi l’Africa è più vicina, grazie all’informazione e ai viaggi, ma anche e soprattutto grazie ai tanti africani che sono arrivati in Italia con la speranza di migliorare le proprie condizioni di vita; con loro hanno portato tradizioni, cibo, narrazioni. Oggi il lettore italiano ha a disposizione molti testi della tradizione fiabistica d’Africa. Nella monumentale “Enciclopedia della fiaba” di Vladislav Stanovsky e Jan Vladislav (edizione italiana a cura di Gianni Rodari, Editori Riuniti 1970), ad esempio, trovano posto racconti di quel continente; e negli ultimi anni abbiamo visto crescere il numero delle raccolte di fiabe e favole africane. Da segnalare almeno “Fiabe africane” a cura di Friedrich Becker (Mondadori 1991, ma frutto di un lavoro del 1969), le opere in catalogo per l’Editrice Missionaria Italiana di Bologna e - tra le moltissime opere destinate all’infanzia - le riscritture di fiabe senegalesi (“La sposa del leone”, Mondadori 1993) e nigeriane (“La novantesima moglie del re” Mondadori 1995) di Francesca Lazzarato. Ma c’è un’altra ricca fonte, più antica e sovente dimenticata, di narrazioni africane. Si tratta dell’opera di Giacomo Prampolini (1898-1975). L’autore ha proposto, lungo tutto l’arco del Novecento, sguardi curiosi su molte letterature popolari, facendo un ideale giro del mondo che portò nelle case degli italiani racconti di popoli e luoghi sconosciuti. L’Africa non faceva eccezione. A proposito di fiabe e Africa, qualche tempo fa scrivevo così: “affacciarsi sul mondo delle favole offre sempre un senso di vertigine e d’incanto. Si apre al lettore una dimensione che ha in sé la sorpresa del nuovo e la capacità di evocare suggestioni antiche, intessute del ritmo della parola. Parola detta, condivisa, concatenata ad altre a formare un racconto, come intorno al fuoco, stretti da legami di solidarietà”. Mi pare oggi, con questa iniziativa “Dipingiamo il loro futuro!”, ancor più vero. Non ci resta che augurarci buone fiabe, accompagnati dai disegni che i bambini genovesi hanno realizzato per l’Africa. 3


DIPINGIAMO IL LORO FUTURO Un progetto di responsabilità sociale

L’Associazione Dipingiamo il loro futuro è nata nel 2009 per volere del Colorificio Tassani e Adv Consulting, entusiasti dei risultati della prima edizione dell’omonimo progetto di Cause Related Marketing (letteralmente: marketing collegato ad una causa sociale), col desiderio di far crescere sempre di più il progetto Dipingiamo il loro futuro! Nato nei primi anni ’80 negli Stati Uniti, il CRM è uno strumento del marketing cosiddetto “sociale” attraverso il quale le aziende for profit collaborano con organizzazioni non profit per progetti socialmente utili, coprendo un ruolo attivo e consapevole nell’affrontare le preoccupazioni sociali. Poiché il Colorificio Tassani e Adv Consulting operano su tutto il territorio nazionale ma hanno sede a Genova, è da qui che si è scelto di partire, sviluppando un progetto che si rivolgesse ai bambini e alle loro famiglie per promuovere la sensibilizzazione a favore di cause socialmente utili. Dopo l’Ospedale pediatrico Giannina Gaslini e l’Amri, Associazione Malattie Reumatiche Infantili, quest’anno Dipingiamo il loro futuro devolverà il ricavato del progetto a Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di sviluppo. In particolare, saranno raccolti fondi a sostegno dello sviluppo della scuola Msolwa Ujamaa, in Tanzania. Per sostenere il progetto, l’Associazione Dipingiamo il loro futuro ha coinvolto venti scuole materne genovesi, per un totale di oltre 1.800 bambini che hanno illustrato le fiabe e favole africane di Anselmo Roveda. Ad essi vanno aggiunti i bambini della scuola di Msolwa che hanno voluto dare il proprio contributo realizzando i dipinti sulla base di una fiaba genovese. Anche per il 2011 il progetto si è articolato in tre fasi: Le scuole materne coinvolte hanno ricevuto in dono le idropitture Tassani che, oltre a rispettare maggiormente l’ambiente perché a base acqua, sono facilmente lavabili e risultano idonee e sicure per i bambini. Nei primi mesi dell’anno le insegnanti hanno letto le fiabe e favole che erano state assegnate a ciascuna scuola, facendo realizzare ai bambini i dipinti di gruppo, esposti successivamente alla mostra aperta al pubblico nel Cortile Maggiore di Palazzo Ducale. Infine la fase di raccolta fondi: durante e dopo l’esposizione sarà possibile acquistare il libro che raccoglie le ventuno fiabe e favole illustrate dai bambini. Caratteristica fondamentale del progetto è la responsabilità sociale. Non solo le aziende e i partner coinvolti ma anche le insegnanti, i bambini delle scuole materne e le loro famiglie vengono sensibilizzati verso una tematica sociale e collaborano attivamente al progetto. Un entusiasmo contagioso che ha fatto crescere velocemente Dipingiamo il loro futuro!

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FIND THE CURE Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto

La Assumption High School è a Msolwa Ujamaa, un villaggio della Tanzania del Sud, distretto di Kilombero, regione di Morogoro. Una costellazione di piccole case nascoste tra gli enormi alberi della foresta africana, stretta tra i parchi nazionali meridionali, la catena montuosa delle Udzungwa Mountains e le immense coltivazioni di canna da zucchero. Questi disegni arrivano da lì. A Msolwa i bambini sono tantissimi, gli anziani pochi. La mortalità infantile è piuttosto alta, soprattutto nei primi cinque anni di vita. Le condizioni igieniche nel villaggio sono precarie, aids e malaria sono presenze costanti. Ma la Assumption High School è una piccola grande oasi: i ragazzi stanno bene, sono puliti e ben nutriti. Studiano e imparano. E da qualche tempo giocano anche con la fantasia. Find The Cure è un comitato non profit fondato dal dottor Daniele Sciuto nel dicembre 2006. L’associazione è nata insieme al progetto di costruzione d’un ambulatorio per cure mediche primarie a Kozhinjampara, nello stato del Kerala nel sud dell’India. A seguito di una notevole risposta anche da parte di alcune strutture ospedaliere, soprattutto della Liguria e del Piemonte, ha proseguito la sua attività ideando nuovi progetti, monitorati costantemente da missioni umanitarie di personale specializzato che opera in stretta collaborazione con la popolazione locale. A oggi, FTC ha concepito e portato a termine

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molti progetti negli stati del Kerala, del Tamil Nadu e dell’Andra Pradesh, finalizzati a migliorare non solo le condizioni medico-sanitarie di quelle regioni, ma anche la qualità della alimentazione e il livello di istruzione di ragazzi e bambini. Lo strumento fondamentale, è l’attività medica in loco attraverso i Free Medical Camp, campi medici mobili attrezzati nei centri abitati più poveri. Grazie a questa risorsa, i medici di FTC stanno a stretto contatto con la popolazione del posto, osservano le condizioni di vita e valutano le necessità primarie alle quali poi tentano di trovare la cura. Ma allora perché un’associazione che – nomen omen – ha una dichiarata vocazione sanitaria si occupa anche di arte e di fantasia? Forse nella ferma convinzione che lo stare bene passa anche di lì. E soprattutto nella certezza che non c’è futuro senza immaginazione. Di qui il progetto per la Assumption High School, legato a Find the Art, il nuovo canale di FTC che vuole avvicinare due mondi che possono contaminarsi e aiutarsi reciprocamente in modo profondo, che nasce nel dicembre del 2009 con il sostegno per la costruzione dell’edificio scolastico e continua nel 2010 con un missione sociale in cui FTC e Find the Art cominciano a gettare i semi per un’ipotesi educativa diversa, nella direzione di un empowerment individuale e sociale che passi attraverso l’attività creativa. Per potersi inventare un futuro. Perché la Assumption High School può e deve fare la differenza. E i semi per fortuna spesso germogliano, così nell’aprile del 2011 parte la missione “Dipingiamo il loro Futuro”, grazie alla collaborazione con Adv Consulting e il Colorificio Tassani: per la prima volta quattro infermiere e un medico sono impegnati in un Free Painting Camp. Trentaquattro bambini dai tre ai sei anni per dieci giorni hanno potuto giocare, inventare, colorare, pensare, ripensare, immaginare, raccontare, masticare, recitare, divorare, disegnare una storia che arrivava dall’altra parte del mondo. Una favola ligure che ha preso corpo tra le mani piene di colori di bambini che probabilmente da domani riusciranno a vedere un po’ oltre l’orizzonte. E il risultato è davanti ai vostri occhi.

Grazie Happyness, straordinaria insegnante di una scuola in mezzo alla foresta. Perché chi ci crede può fare la differenza in qualunque parte del mondo. Grazie Dipingiamo il loro Futuro per averci creduto. Grazie ragazzi della IV IBO della Vittoria International School di Torino per aver tradotto in inglese la fiaba, primo passaggio verso lo swahili. Grazie Daniele Sciuto per aver iniziato, un giorno.

FIND THE CURE Comitato No Profit Cooperazione Internazionale In aiuto alle aree a basso livello di sviluppo Sedi Operative : Liguria: P.za Lombardia, 13 - 17023 Ceriale (SV) Piemonte: Via Quintino Sella, 27 - 14100 Asti (AT) E-mail: info@findthecure.it Sito Internet: www.findthecure.it

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La coda degli animali illustrata da Scuola Materna Statale Garibaldi S. Teodoro

C’era un tempo in cui... gli animali non avevano la coda. Non aveva la coda il cane per fare le feste, né il gatto per accarezzare le gambe dell’uomo. Non aveva la coda il cavallo per scacciare le mosche, né lo scoiattolo per saltare tra gli alberi. Non aveva la coda neppure la volpe per farsi bella. Non aveva la coda nessuno. Un giorno 8


Un giorno il leone, re di tutti gli animali, decise di porre rimedio alla situazione. Fissò un posto e un giorno in cui avrebbe distribuito code per tutti. Quel giorno arrivarono in molti: il cavallo, lo scoiattolo, il cane e il gatto. E poi ancora e ancora, e arrivarono anche l’elefante e il maiale. Per ultima arrivò la lepre. E si iniziò la distribuzione. 9


Per primo scelse il leone e prese una bella coda lunga, color dell’oro e con un fiocco alla sommità . Poi vennero il turno della volpe e quello dello scoiattolo, che ricevettero due code folte, pelose e belle. Il cavallo scelse una coda lunga fatta di molti peli, utile a scacciar le mosche e altri insetti noiosi. Anche al cane e al gatto toccarono due belle code. Poi vennero gli altri.

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In fondo alla fila rimasero: l’elefante, il maiale e la lepre. All’elefante toccò una corda sottile e setolosa, e da quel giorno la vergogna fu tale che cammina trascinando la proboscide per terra. Al maiale toccò un codino a forma di vermiciattolo e fu costretto ad arrotolarlo per farlo sembrare almeno un ricciolo. Alla lepre invece non toccò nulla, perché nulla era rimasto.

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Ma il cane e il gatto iniziarono a litigare: “La mia coda è più bella!” “No! E’ più bella la mia!” Litigarono tanto che il cane spazientito diede un morso alla coda del gatto e ne strappò un ciuffo. Da quel giorno gatto e cane sono nemici. 12

La lepre però si affrettò a raccogliere quel ciuffo rimasto sul campo e se lo attaccò: così ebbe anch’essa una piccola coda. FINE


il camaleonte illustrata da Scuola Materna Statale Via Fabbriche

C’era un tempo in cui il dio della creazione chiamò tutti gli esseri a sé. Chiamò gli uomini e chiamò gli animali. 13


Quando tutti furono al cospetto del dio della creazione il dio annunciò: “Ciascuno di voi mi dirà che cosa desidera per vivere sulla terra e io lo accontenterò”.

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Gli uomini risposero: “Vogliamo vivere in villaggi e coltivare la terra”. E furono accontentati. Gli animali risposero: “Vogliamo vivere nelle foreste, nella savana e sulla montagna”. E furono accontentati. 15


Ma il dio della creazione si accorse che qualcuno aveva taciuto: era il camaleonte. Il dio della creazione gli chiese allora: “E tu, cosa desideri?�

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E il camaleonte: “Io vorrei che mi appartenesse ogni luogo in cui andrò”. E fu accontentato. Da quel giorno il camaleonte assume il colore di ogni luogo in cui va, e così ovunque si sente come a casa propria. FINE 17


La MUCCA E IL CANE

illustrata da Scuola Materna Statale Acquasanta

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L’ASTORE E LA TARTARUGA

illustrata da Scuola Materna Statale Il Delfino

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C’era un tempo in cui... l’astore e la tartaruga erano grandi amici. Un giorno l’astore disse alla tartaruga: “È un peccato che tu sia così piccola e lenta, cosa succederà il giorno in cui avrò bisogno di te? La tua lentezza non ti permetterà certo di arrivare in tempo”. 31


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Ma la tartaruga rispose: “Nella vita non conta solo essere grandi, forti e veloci e sta pur certo che quando sarà il momento, quando avrai bisogno di me, se tu mi avvertirai, io sarò immediatamente da te”.

L’astore ridacchiò tra sé ma non volle contraddire l’amica. Venne il giorno in cui l’astore ebbe bisogno della tartaruga. Così mandò il grifone ad avvisarla. La tartaruga disse: “Vola dal mio amico astore e digli che sarò subito da lui. Però poi torna qui, che nel frattempo preparerò una borsa con dei doni. Se non mi trovi, prendi la borsa e portagliela”.

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Il grifone fece come gli aveva detto la tartaruga e andò dall’astore. Questo, sentita la risposta della sua amica, disse: “Povera tartaruga, non sarà mai qua in tempo. Capirà a sue spese che nella vita contano più la forza e la velocità dell’intelligenza.

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Comunque, amico grifone, voglio vedere i doni che mi ha preparato, va quindi a prendere la borsa”. Il grifone volò fino alla tana della tartaruga e trovò la borsa, la prese e raggiunse nuovamente l’astore. Poi l’astore disse al grifone: “Visto? Come ti avevo detto, la tartaruga non è arrivata in tempo.” 35


Ma non aveva ancora finito di parlare che dalla borsa fece capolino la testa della tartaruga: “Spero che ti sarai convinto, amico astore, che nulla vale più dell’intelligenza”.

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LA LEPRE E LA IENA

illustrata da Scuola Materna Statale Villa Banfi

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C’era un tempo in cui... la iena e la lepre andavano a pesca insieme. La lepre e la iena si recarono al fiume e iniziarono a pescare. Fu una giornata fortunata e presero molti pesci. A sera, dopo aver messo da parte il pesce fresco da mangiare quella sera e il giorno dopo, decisero di affumicare il resto, in modo da poterlo conservare. Fatta notte, la iena chiese alla lepre di rimanere vicino alle braci per affumicare il cibo. 38


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Lei sarebbe invece andata dall’altra parte del fiume, a cercare un giaciglio per dormire e badare che non arrivassero malintenzionati. Così dicendo, la iena prese la sua parte di pesce fresco e si avviò al guado. Dopo un po’, ormai a notte fonda, la iena gridò alla lepre di non addormentarsi, altrimenti i ladri avrebbero rubato il frutto delle loro fatiche. Ma la lepre, nonostante fosse sveglia, non rispose. Invece, protetta dal buio, infilò per precauzione uno spiedo nelle braci ancora roventi e si sentì più tranquilla. 41


La iena fece passare ancora qualche tempo e chiamò nuovamente la lepre. Una e due e tre volte. Ma la lepre, nonostante fosse sveglia, non rispose. La iena a quel punto pensò che la lepre fosse caduta in un sonno profondo e allora quatta quatta attraversò il fiume, si avvicinò ai pesci della lepre, ne prese uno e lo mangiò avidamente. 42


La lepre rimase immobile e silenziosa nel buio. Allora la iena prese un altro pesce e lo trangugiò in fretta, ma la lepre le balzò sulla schiena e la colpì a più riprese con lo spiedo rovente. La iena scappò fino all’altra riva del fiume trattenendo a fatica i guaiti di dolore.

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Dopo poco, la iena chiese alla lepre se fosse per caso venuto un ladro. La lepre rispose di sì, ma che non c’era da preoccuparsi perché l’aveva picchiato e messo in fuga. La iena fece finta di apprezzare la difesa del pesce e chiese alla lepre con cosa avesse picchiato il ladro, che s’erano sentiti i colpi fin dall’altra parte del fiume. La lepre rispose: “Con uno spiedo rovente”. La mattina seguente, allo spuntar del sole, la iena non era più nei dintorni e da quel giorno gira per il mondo con il dorso segnato da strisce rossastre. FINE 45


QUANDO LA SCIMMIA FACEVA IL GIUDICE illustrata da Scuola Materna Statale Papa Giovanni XXIII

C’era un tempo in cui … la scimmia faceva il giudice. Era un tempo in cui i sarti facevano i vestiti con l’erba. Venne il giorno in cui un sarto andò dalla scimmia e disse: “Giudice, il topo ha mangiato i miei vestiti d’erba. Voglio giustizia”. “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il topo. 46


“Giudice, è colpa del gatto, lui ha mangiato i vestiti del sarto, non io”. “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il gatto.

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“Giudice, è colpa del cane, lui ha mangiato i vestiti del sarto, non io”• “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il cane.

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“Giudice, è colpa del bastone, lui ha rovinato i vestiti del sarto, non io”. “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il bastone.


“Giudice, è colpa del fuoco, lui ha bruciato i vestiti del sarto, non io”• “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il fuoco. “Giudice, è colpa dell’acqua, lei ha distrutto i vestiti del sarto, non io”•

“D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare l’acqua. “Giudice, è colpa dell’elefante, lui ha mangiato i vestiti del sarto, non io”• “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare l’elefante. 49


“Giudice, è colpa della formica, lei ha mangiato i vestiti del sarto, non io”. “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare la formica. Ma la formica, arrivata davanti alla scimmia disse: “Giudice, mi spiace ma io sono un po’ sorda, non ho capito perché mi ha fatto chiamare”. 50


E allora la scimmia si avvicinò alla formica e gridò forte: “Il sarto dice che gli hai mangiato i suoi vestiti d’erba”. A quel punto però intervenne il sarto e disse: “Non è vero, è stato il topo!” Ma il topo disse: “Non è vero, è stato il gatto!” Ma il gatto disse: “Non è vero, è stato il cane!” 51


Ma il cane disse: “Non è vero, è stato il bastone!” Ma il bastone disse: “Non è vero, è stato il fuoco!” Ma il fuoco disse: “Non è vero, è stata l’acqua!” Ma l’acqua disse: “Non è vero, è stato l’elefante!’” Ma l’elefante disse: “Non è vero, è stata la formica!” Ma la formica disse: “Scusate... cosa è colpa di chi? Non ho mica capito perché mi avete fatto chiamare... ci sento così male...”

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La scimmia si arrabbiò moltissimo e mandò via la formica, l’elefante, l’acqua, il fuoco, il bastone, il cane, il gatto, il topo e il sarto; dopodiché saltò dalla finestra e da quel giorno la formica pizzica l’elefante, l’elefante beve l’acqua, l’acqua spegne il fuoco, il fuoco brucia il bastone, il bastone picchia il cane, il cane morde il gatto, il gatto insegue il topo, il sarto si lamenta sempre e la scimmia scappa chiunque incontri, nel timore che la costringano a fare il giudice un’altra volta. FINE

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IL RAGNO, LA LEPRE E LA SAGGEZZA

illustrata da Scuola Materna Statale Il Piccolo Principe

C’era un tempo in cui... il ragno era invidioso della saggezza degli altri. Il ragno era invidioso che ci fossero tanti saggi tra gli animali e tra gli uomini, cosÏ volle provare a raccogliere tutta la saggezza per poterla usare soltanto lui, i suoi figli e i figli dei suoi figli. Prese un grande vaso e decise di riempirlo di saggezza. Il ragno percorse tutte le strade della terra e a ogni animale e a ogni uomo poneva le piÚ difficili tra le domande. Quando le risposte erano particolarmente sagge e argute il ragno ringraziava, si allontanava e le sussurrava dentro al suo vaso. 54


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Arrivò il giorno in cui il ragno pensò di aver raccolto tutta la saggezza del mondo e, canticchiando allegro, riprese la strada di casa. Ma, quando vide le capanne del proprio villaggio, pensò che forse era meglio nascondere il vaso della saggezza cosicché nessuno potesse rubarglielo.

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Cercò a lungo un nascondiglio e alla fine decise che avrebbe riposto il vaso sui rami più alti dell’albero più alto. Il ragno si legò allora il vaso sulla pancia e iniziò a salire lungo il tronco dell’albero, ma il vaso era troppo grande, le zampe troppo corte e la posizione troppo scomoda e così finì con lo scivolare e cadere sulla schiena. 57


Ci volle un po’ prima che riuscisse a mettersi di nuovo in piedi. Il ragno però non si arrese e riprovò e ricadde e riprovò e ricadde. E riprovò ancora e cadde nuovamente. E così per tre giorni. In quei tre giorni era passata di lì, più volte, una lepre. Il terzo giorno la lepre si rivolse al ragno e disse: “Buongiorno amico ragno, cos’hai in quel vaso di così prezioso che ti ostini a volerlo portare a quel modo in cima all’albero?” Il ragno rispose: “Non posso dirtelo, se te lo dicessi moriremmo tutti e due all’istante”. 58


La lepre non volle insistere ma disse: “D’accordo, non voglio sapere cos’hai nel vaso, ma accetta almeno un consiglio: potresti legarti il vaso sulla schiena anziché sulla pancia. Vedrai che riuscirai nell’impresa”. Ma il ragno si disperò e iniziò a gridare: “E io che pensavo di aver raccolto tutta la saggezza del mondo dentro al mio vaso... Ora invece capisco che c’è sempre qualcuno che ne sa più di me, che è più saggio di me”. Dopodiché si slegò il vaso dalla pancia e lo scagliò contro l’albero. E la saggezza si disperse per le strade della terra. FINE 59


IL BRUCO LA LEPRE E IL RANOCCHIO

illustrata da Scuola Materna Statale Via Cavallotti

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C’era un tempo in cui... il bruco faceva strani scherzi. Un giorno il bruco entrò nella tana di una lepre mentre lei era in giro.


Ritornando verso casa, la lepre vide all’ingresso della tana delle strane orme ed esclamò: “Chi c’è nella mia casa?” Il bruco fece la voce bassa e rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” La lepre scappò via: non c’era nulla da fare contro qualcuno capace di far poltiglia di un elefante!

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Sulla sua strada incontrò lo sciacallo e gli chiese aiuto. Lo sciacallo allora andò davanti alla tana della lepre e chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” E il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” La lepre e lo sciacallo scapparono via: non c’era nulla da fare contro qualcuno capace di far poltiglia di un elefante!

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La lepre allora andò a chiedere aiuto al leopardo. Il leopardo arrivò davanti alla tana della lepre e chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” Il bruco rispose nuovamente: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Anche il leopardo scappò.

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Allora la lepre andò a chiedere aiuto al rinoceronte, e quando questi arrivò davanti alla tana chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” Ma il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Pure il rinoceronte scappò via. Non aveva certo voglia di finire schiacciato!

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Allora la lepre andò a chiedere aiuto all’elefante. Quando l’elefante arrivò davanti alla tana chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” Il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Anche l’elefante scappò via. Non aveva proprio voglia di diventare poltiglia!

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La lepre era ormai disperata, quando passò di lì un ranocchio che si offrì di aiutarla. Il ranocchio chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” E il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Ma il ranocchio non scappò. Si fece più vicino e disse: “Io sono l’invincibile! Sono il forte e il saltatore, sono come una catapulta e sono l’orribile”. Allora il bruco si terrorizzò e uscendo disse: “Sono soltanto il bruco! Sono soltanto il bruco!” E tutti gli animali risero dello strano scherzo del bruco.

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I PIPISTRELLI

illustrata da Scuola Materna Statale di Piazza Romagnosi

C’era un tempo in cui... gli animali che abitano la terra non andavano d’accordo con gli uccelli. Ogni occasione era buona per litigare e le giornate passavano a suon di dispetti. I pipistrelli, però, in queste continue liti non sapevano da che parte stare. Avevano, infatti, il pelo e i denti come gli animali della terra, ma anche le ali come gli uccelli e con questi ultimi dividevano il cielo. Alla fine decisero di stare con gli uccelli, ma questi dissero: “Voi siete animali della terra, non uccelli!”. Ma i pipistrelli risposero: “Noi abbiamo le ali e voliamo nel cielo!” e tanto fecero che convinsero gli uccelli a prenderli nel loro schieramento. 70


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La lite divenne presto guerra e gli animali della terra presero il sopravvento sugli uccelli del cielo. Così i pipistrelli si riunirono e decisero di abbandonare gli uccelli e di chiedere protezione agli animali della terra. Si recarono allora dall’elefante, ma il pachiderma rispose: “Non siete animali della terra. Andate via!”. I pipistrelli provarono a convincerlo dicendo: “No, noi siamo animali della terra come voi, guarda il pelo e i denti...”, ma l’elefante spazientito soffiò con la proboscide e li mise in fuga. 73


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Si recarono allora dal leone a chiedere protezione, ma il re della foresta rispose: “Non siete animali della terra! Andate via!” I pipistrelli provarono a convincerlo dicendo: “No, noi siamo animali della terra come voi, guarda il pelo e i denti...”, ma il leone ruggì forte e i pipistrelli scapparono via. Da allora i pipistrelli, scacciati dagli uccelli e dagli animali della terra, preferiscono uscire di notte e passare il giorno nascosti. FINE 75


IL LEONE, LA IENA E LA VOLPE illustrata da Scuola Materna Statale Italo D’Eramo

C’era un tempo in cui leone, iena e volpe erano grandi amici e cacciavano insieme. Una notte partirono come sempre per la caccia e all’alba radunarono il bottino. 76


Si erano procurati una scimmia, una gazzella e una lepre. Il leone si rivolse alla iena e disse: “Avanti iena, dividi le parti della caccia!� 77


La iena fu contenta di essere scelta per la spartizione e ridacchiando disse: “Giusto, giusto, nessuno è più capace di me nel fare le parti. Faremo così: io prendo la gazzella, tu leone prendi la scimmia e tu volpe avrai la lepre”. Ma il leone s’arrabbiò molto di tale divisione, e la colpì così forte che questa rimase a terra tramortita. 78


Poi il leone fece un ruggito, si schiarì la voce e disse: “Avanti volpe, dividi tu le parti della caccia!” La volpe ci pensò un attimo e poi disse: “Giusto, io sono ben capace di fare le parti. Faremo così: tu leone farai colazione con la scimmia e pranzo con la gazzella. Se poi avrai ancora appetito gusterai la lepre, e se ti venisse la noia la lascerai a me”. 79


Il leone fu molto soddisfatto della divisione e chiese alla volpe: “Amica volpe, come hai fatto a diventare così saggia nelle tue scelte?” La volpe rispose seria: FINE “Guarda come hai ridotto la iena”. 80


due strane città illustrata da Scuola Materna Statale Viale Modugno

C’era un tempo in cui… sulla terra c’erano città dalle strane usanze. Una donna aveva due figlie: una aveva sposato un uomo che viveva in una città dove era proibito dormire, l’altra un uomo che viveva in una città

dove era proibito sputare. Un giorno la donna decise di andare in visita dalla figlia che viveva nella città dove era proibito dormire. Quando arrivò le fecero una grande festa e il genero fece preparare un grande banchetto, quindi disse contento: “Questa è mia suocera , portate da mangiare”. Ma la figlia la prese in disparte e disse: “O madre mia, non mangiare troppo, ricordati che in questa città è proibito dormire”. 81


La madre rispose: “Tranquilla, so da molto prima che tu nascessi che qui è proibito dormire” e prese a mangiare tutto quello che portarono. Quella notte, sebbene si fosse sdraiata, riuscì a restare sveglia. La mattina dopo la figlia andò al pozzo a prendere l’acqua e la madre si addormentò. Prima del ritorno della figlia si presentò in casa una vicina. La vicina vedendo la donna addormentata iniziò a gridare: “Aiuto aiuto! La suocera venuta da altrove è morta!” Arrivarono i suonatori di tamburo, arrivarono gli uomini per scavare la fossa e le donne per i riti funebri, ma in quel momento arrivò anche la figlia e gridò: “Fermi, fermi! Non è morta! E’ che da dove viene lei si è abituati a dormire”, quindi scrollò la madre e disse: “Svegliati, svegliati!” E la donna si svegliò. 82


Un altro giorno la donna decise di andare in visita dalla figlia che viveva nella città dove era proibito sputare. Quando arrivò le fecero una grande festa e il genero fece preparare un grande banchetto, quindi disse contento: “Questa è mia suocera , portate da mangiare”. 83


Ma la figlia la prese in disparte e disse: “O madre mia, non mangiare troppo, ricordati che in questa città è proibito sputare”. La madre rispose: “Tranquilla, so da molto prima che tu nascessi che qui è proibito sputare” e prese a mangiare tutto quello che portarono. Quella notte alla madre venne voglia di sputare, resistette un po’, poi cercò un posto dove nessuno avrebbe potuto vederla. Quando finalmente lo trovò, sputò. Ma la terra, che non era abituata agli sputi, iniziò a lamentarsi ululando nella notte: uiùi uiùi uiùi, non ci sono abituata, uiùi uiùi uiùi, non ci sono abituata! Tutta la gente arrivò sul posto e disse: “Chi ha sputato qui?”, ma la donna era già lontana. 84


Un vecchio suggerì allora: “C’è un solo modo per saperlo, portate le zucche magiche, ci cammineremo tutti sopra e le zucche ci diranno chi ha sputato”. Portarono le zucche, ci camminarono tutti sopra ma nessuno fu preso. Allora qualcuno disse: “C’è anche quella suocera venuta da altrove, facciamo camminare anche lei sulle zucche”. E quando la suocera camminò sulle zucche subito queste la afferrarono, tutta la gente gridò: “Lei ha sputato!” E le zucche cantarono: le cose che afferrano e stringono, la suocera le ha avute, la suocera. La donna non poteva sedersi, sdraiarsi o fare i lavori perché aveva le zucche attaccate al corpo. Stava saltellando disperata, con le zucche che continuavano a cantare le cose che afferrano e stringono, la suocera le ha avute, la suocera, quando incontrò quel ficcanaso strampalato del ragno che disse: “O suocera, beata te! Come sei fortunata, come sei fortunata ad avere due zucche come queste, due zucche che cantano un canto così bello. Magari potessi averle io!” 85


Così la donna disse: “Beh, guarda che è facile, basta che sputi per terra e dici di non essere stato tu”. Il ragno sputò per terra e disse: “Non sono stato io a sputare, non sono stato io. Se sono stato io, zucche magiche prendetemi”. Le zucche magiche lasciarono la donna e presero il ragno, poi iniziarono a cantare: le cose che afferrano e stringono, il ragno le ha avute, il ragno. FINE

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GLI SCOLARI E L’AGO

illustrata da Scuola Materna Statale Via Opisso “L’albero Azzurro”

C’era un tempo in cui… sull’altipiano una maestra faceva lezione di calligrafia a un vivace gruppo di bambini. La maestra era molto brava e molto amata. 87


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Un giorno finita la lezione, mentre i bambini si preparavano a tornare a casa, la maestra disse: “Domani avremo bisogno di un ago. Potete portarne uno?” I bambini risposero in coro: “Sì!”, salutarono e andarono via felici, ma… appena giunti sulla strada di terra battuta fuori dalla scuola iniziarono a litigare: “Lo porto io!” disse uno, subito seguito da un secondo: “No, lo porto io”, e un terzo: “No, no, io!”, e un altro: “Guardate che l’ho detto prima io e lo porto io!”, e ancora tutti a schiamazzare: “ Io, ho detto io!”,“No, io!”,“Tocca a me!”,“Lo devo fare io!”.

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Litiga che ti litiga stavano quasi per arrivare ai cazzotti quando uno gridò forte: “Mi è venuta un’idea! Venite qui che ve la racconto…” Bisbigliarono per un po’ e trovarono la soluzione. Il giorno dopo la maestra vide la scolaresca arrivare: portavano tutti insieme, a spalla, un lungo bastone. Sul bastone era piantato l’ago.

FINE 91


IL PASTORE E IL SAGGIO illustrata da Scuola Materna Statale Varenna “Le Pratoline”

C’era un tempo in cui… gli uomini saggi si mettevano in cammino per il mondo. Ma c’era, e c’è ancora, un tempo in cui gli uomini saggi non sempre fanno i saggi.

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E quando gli uomini saggi non fanno i saggi finiscono con il burlarsi degli sciocchi. Un giorno lungo il suo peregrinare per il mondo un saggio incontrò un pastore.


Il pastore era lì con il proprio gregge di pecore, bianche e nere, e capre, bianche, nere e marroni, quando il saggio si avvicinò. Il saggio lo salutò e il pastore disse:

“Vedo che sei un uomo saggio, voglio farti una domanda. Se mi risponderai ti regalerò una pecora, ma se non saprai rispondere ti picchierò con il mio bastone”.

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“Bene, parla”, acconsentì il saggio. “Hai presente quando la luna sparisce del tutto, poi riappare sottile sottile e a poco a poco diventa di nuovo grande, rotonda e luminosa? Bene, quando sparisce, sai dove va a cacciarsi?”, chiese curioso il pastore. 94


“Ma certo! E tu non lo sai?”, disse sicuro di sé il saggio, poi continuò “Sei proprio ignorante. La luna, quando invecchia,

va dalle stelle, le inghiotte, mangia a sazietà e poi ritorna grande, rotonda, luminosa e giovane. 95


E ora sei contento pastore?” Il pastore fu colpito dalla risposta e regalò al savio la più bella delle sue pecore.

FINE

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La giraffa vanitosa illustrata da Scuola Materna Statale Il Pratone

C’era un tempo in cui... la giraffa pensava di essere il migliore degli animali solo perché si considerava la più bella. In effetti era proprio bella, alta e agile, anche gli altri animali la pensavamo così. Ma la giraffa a suon di pensarsi più bella degli altri divenne superba, vanitosa e anche un po’ antipatica.

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La giraffa non aveva più rispetto per nessuno, diceva sempre: “Intanto io sono più bella, intanto sono più bella, e voi siete brutti, bruttini e certi pure bruttoni”. Gli altri animali della savana erano stufi e così iniziarono a prenderla in giro per quel suo considerarsi meglio degli altri. La giraffa, tanto era presa dalla sua bellezza, che non li stava a sentire, non capiva neanche quando scherzavano. 98


Un giorno la scimmia decise di farle uno scherzo e darle una lezione. Così la scimmia iniziò a fare tanti complimenti alla giraffa: “Come sei bella! Come sei alta! Sei certo la più bella, la più alta: con la tua testa puoi arrivare dove nessuno altro animale può arrivare...“. E così dicendo, la scimmia e la giraffa andarono sotto una palma altissima. 99


Quando furono lĂŹ, la scimmia chiese alla giraffa di prendere i datteri che stavano in alto, quelli piĂš dolci e buoni. Il collo della giraffa era lunghissimo, ma per quanto si sforzasse di allungarlo ancor di piĂš, non riusciva a raggiungere i datteri. 100


Allora la scimmia saltò sulla schiena della giraffa con un balzo, poi salì lungo il collo e infine salì ancora, in cima alla testa della giraffa, e riuscì a prendere i datteri più buoni e dolci. 101


La scimmia, una volta tornata a terra, le offrì i datteri e disse: “Vedi, cara amica giraffa, sei la più alta, la più bella, però non puoi vivere senza gli altri, non puoi fare a meno degli amici”. La giraffa sorrise, da quel giorno cominciò a essere meno vanitosa, a collaborare con gli altri animali e a rispettarli. FINE

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LA MEMORIA DELLO SCEICCO illustrata da Scuola Materna Statale G.B. Perasso - succ. via Scribanti

C’era un tempo in cui… viveva uno sceicco amato e saggio, famoso per la sua attenzione a tutte le cose e per la memoria che di queste conservava. Quello sceicco amministrò con giustizia, saggezza e carità,insegnò a leggere e scrivere agli uomini e alle donne. La sua fama si diffuse ben oltre i confini del regno e molti erano quelli che si recavano in visita da lui.

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Un giorno giunse da oriente un uomo che voleva accertarsi di persona sulle capacità dello sceicco. L’uomo giunto da oriente voleva capire se erano vere le voci sulla saggezza e sulla memoria dello sceicco, doti di cui si parlava fin nelle sue terre. L’uomo giunto da oriente, prima di entrare nella capitale del regno,si gettò su testa e spalle il mantello, come sono soliti fare i pellegrini di ritorno dalla Mecca. Nella capitale l’uomo si fermò qualche giorno, gironzolò per le vie della città, seguì da lontano le passeggiate e le udienze dello sceicco. 105


Al terzo giorno si fece largo tra la folla raccolta intorno allo sceicco e quando finalmente gli fu vicino chiese: “Mio sceicco, vorrei ricevere da te una risposta” “Ci illumini Allah, gloria a lui l’altissimo, e vedrò di rispondere dimmi…” “Mio sceicco, nel vostro paese che cosa mettono nella zuppa?” “Foglie di baobab, sale, pepe e spezie”. L’uomo giunto da oriente se ne andò senza dire nulla, tornò al suo paese e dopo due anni fece nuovamente ritorno nella capitale del regno dello sceicco, dove ormai nessuno più ricordava di un uomo venuto da oriente. 106


Nella capitale l’uomo si fermò qualche giorno, gironzolò per le vie della città, seguì da lontano le passeggiate e le udienze dello sceicco. Questa volta però l’uomo giunto da oriente vestiva il costume tradizionale degli Haussa del Niger ed era difficile riconoscerlo. Al terzo giorno si fece largo

tra la folla raccolta intorno allo sceicco e quando finalmente gli fu vicino chiese: “E niente altro?” Lo sceicco che ricordava la prima domanda rispose: “Chi è ricco ci mette anche la carne”.L’uomo giunto da oriente si pentì di avere dubitato della memoria dello sceicco e tornò al suo paese. FINE

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L’UCCELLINO DEI FIORI, RE DI TUTTI GLI ANIMALI illustrata da Scuola Materna Comunale S. Luigi

C’era un tempo in cui... gli animali si riunirono per eleggere un re che potesse sostituire il leone. Gli animali più forti si fecero avanti per primi.

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L´elefante fece vedere la sua forza nello sradicare gli alberi da terra, il leopardo si vantò della sua velocità e della sua forza nella lotta, il rinoceronte disse che era il più robusto di tutti e mostrò il suo terribile corno. Ma nessuno dei tre riuscì a convincere gli altri animali. Così l´aquila propose di nominare re l´animale capace di volare più in alto di tutti e disse che lei era quella di certo che sapeva volare più in alto. E in effetti: gli altri animali, pensando che nessuno potesse volare più in alto di lei, la acclamarono come nuovo re. 109


Ma mentre la folla di animali stava per festeggiare il nuovo re, l’uccellino nettarino - una bestiola piccina che si ciba solo del polline dei fiori - si alzò in volo e disse all´aquila: “Dimostrami che sai volare più in alto di tutti, me compreso, e anch´io ti riconoscerò come re”. L´aquila accettò la sfida ridacchiando, anche gli altri animali che ridevano: il piccolo uccellino nettarino contro la grande aquila. 110


I due uccelli partirono dallo stesso albero, ma l’uccellino nettarino si sistemò su un ramo posto proprio sopra la testa dell´aquila. Quando la scimmia diede il segnale di partenza, l’uccellino nettarino saltò sulla schiena dell´aquila che non se ne accorse neppure, tanto era piccolo l’uccellino nettarino. L´aquila volò in su, sempre più in su, sempre più in alto verso il sole.

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L’aquila guardò sotto e non vide l’uccellino nettarino, ormai era sicura di avere vinto. Per dimostrare tutta la sua potenza, l´aquila andò ancora più su, quasi fino al sole. Ma a un certo punto sentì un grande caldo e per paura di bruciarsi le penne cominciò a scendere. L’uccellino nettarino, che fino a quel momento era rimasto nascosto aggrappato alla schiena dell’aquila, ne approfittò per lanciarsi nell´aria e salire un pochino più in alto. L´aquila incredula vide l’uccellino nettarino sopra di sé e tentò di raggiungerlo, ma ormai era stanca per lo sforzo fatto fino a quel punto. L’uccellino nettarino invece, tutto riposato, salì ancora un pochino. All’aquila mancarono le forze e tornò a terra, accolta dalle risate degli altri animali, che l´avevano vista perdere la sfida. Fu così che l’uccellino nettarino FINE divenne il nuovo re degli animali. 112


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IL LEONE E LA LEPRE illustrata da Scuola Materna Comunale Tollot Orientale

C’era un tempo in cui... la lepre voleva vendicarsi del leone per tutte le cattiverie che il felino aveva fatto. Un giorno la lepre incontrò il leone e visto che il felino aveva la pancia piena perché si era appena mangiato una gazzella, si offrì di togliergli le pulci dalla pelliccia. Il leone ne fu felice e promise alla lepre che non le avrebbe fatto del male. La lepre convinse però il leone a fare una bella dormita durante il lavoro di pulizia, così tutt’e due sarebbero stati più tranquilli. 115


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Appena il leone si fu addormentato, la lepre si mise al lavoro. Ignorò le pulci che saltellavano sulla pelliccia del leone e cominciò a scavare una buca sotto la coda del felino. Quando la buca fu abbastanza profonda, la lepre ci infilò dentro la coda del leone. Poi riempì di nuovo la buca di terra, quindi la spianò ben bene. Infine ci mise tre grosse pietre sopra, in modo che il leone non potesse liberarsi. Compiuta l´opera, lanciò un fischio molto forte. 117


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Il leone si svegliò di improvviso, un po´ confuso. Siccome ormai aveva digerito la gazzella, decise di mangiarsi anche la lepre, nonostante la promessa fatta. La lepre, che aveva capito l´intenzione del leone, non si mosse. Il leone fece per lanciarsi sulla lepre, ma la coda imprigionata nella buca lo trattenne. Per quanti sforzi facesse il leone non riuscì ad alzarsi e capì che senza aiuto non ce l´avrebbe mai fatta. 119


Allora si mise a supplicare la lepre di liberarlo, promettendo in cambio di proteggere per sempre lei e la sua famiglia.“So bene che sei un imbroglione - rispose la lepre - Se ti liberassi mi uccideresti subito. Resta pure lì, così impari a fare tante cattiverie”. FINE 120


L’ALBATROS E IL CAMALEONTE

illustrata da Scuola Servizi Educativi per l’Infanzia “Girotondo” dell’Ente Morale Santa Maria Bambina

C’era un tempo in cui... un camaleonte incontrò un albatros. Il camaleonte non aveva mai visto un uccello così grande, dallo spavento cambiò colore e tentò di scappare.

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“Non devi avere paura”, disse l´albatros, “non voglio farti alcun male. Io sono l´albatros, il più antico animale del mondo, e volo per notti e giorni senza mai fermarmi. Per questo ora voglio riposare un poco”.

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Allora camaleonte, tranquillizzato, chiese curioso: “Ma come il più antico? Credevo di essere io, vivo sulla terra da quando era ancora tutta inondata dalle acque. Per non affogare ho imparato ad arrampicarmi sulle cime più alte degli alberi. Per questa ragione oggi ho le zampe e la coda prensili”. 124


“Amico camaleonte”, disse l´albatros, “ora ti racconterò la mia storia, così saprai che l´animale più antico del mondo sono io. Vivo sulla terra da quando era ancora un unico mare di fiamme. Insieme ai miei vecchi abbiamo volato per lunghi anni, senza mai trovare un posticino per riposare. Ecco perché ancora oggi posso compiere tragitti così lunghi. 125


Quando i miei vecchi erano troppo vecchi per volare, non me la sono sentita di lasciarli precipitare tra le fiamme. E quindi li ho raccolti nel mio becco, e per moltissimi anni ho continuato il mio volo. Per questo ora ho il becco ricurvo: il peso dei miei vecchi lo ha deformato�.

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Il camaleonte ascoltò, poi, dopo averlo guardato a lungo, disse: “Amico albatros mi inchino a te con rispetto e riverenza, ora so che il più antico animale di questo mondo sei tu: l’albatros che vola su tutti i mari”. FINE 127


I DUE FURBI illustrata da Scuola Materna Statale Via Cialli “Nemo”

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C’era un tempo in cui... chi voleva passare per furbo finiva col rischiare di passare per sciocco.


Un giorno un mercante, conosciuto da tutti per essere molto furbo, prese un cesto e lo riempÏ di carta, ci mise del sale sopra, e lo dispose talmente bene da far sembrare che il suo cesto fosse pieno di sale. La stessa idea venne a un altro mercante, che però al posto del sale sistemò dei tessuti colorati. 129


I due uomini lasciarono i rispettivi villaggi e andarono a vendere i loro prodotti al mercato. Quando si incontrarono il primo uomo rimase colpito dai tutti quei tessuti e disse: “Nel mio villaggio le donne non trovano tessuti cosĂŹ belli per cucirsi i vestitiâ€?. 130


E l´altro di rimando: “Nel mio villaggio nessuno ha un sale come il tuo, si mangia sempre insipido”. Entrambi convinti di fare un ottimo affare, e di truffare l´altro, decisero di scambiarsi i loro cesti. 131


Quando tornarono ognuno al proprio villaggio, e aprirono i cesti, scoprirono di essersi ingannati a vicenda e le urla di disperazioni si sentirono da molto lontano. FINE 132


C’era un tempo in cui... il sole e la luna che IL SOLE, LA LUNA E erano marito e moglie avevano una grande L’ACQUA amica: l’acqua. Vivevano tutti insieme sulla illustrata da Scuola Materna Statale Fabrizi

terra, erano buoni vicini di casa. Il sole andava a trovare tutti i giorni l’acqua, ma l’acqua non contraccambiava mai la visita.

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Così un giorno il sole domandò all’acqua come mai non andava mai a trovarlo a casa. L’acqua disse che la casa del sole e della luna non era grande abbastanza, se lei ci fosse andata con i suoi famigliari, il sole e la luna non avrebbero più avuto spazio. Poi l’acqua disse: “Se vuoi che venga a trovarti devi costruire una casa molto grande, ma guarda che dovrà essere proprio una casa grandissima, anzi enorme, anzi sconfinata, perché la mia famiglia è molto numerosa e occupa molto spazio”. Il sole promise di costruire una casa molto grande, poi tornò a casa dalla moglie, la luna. Il sole disse alla luna ciò che aveva promesso all’acqua, la luna fu contenta. 135


Quindi incominciarono a costruirsi una casa grandissima, anzi enorme, anzi sconfinata, per ospitare l’amica acqua e i suoi parenti. Quando la casa fu pronta il sole andò dall’acqua e le disse di fargli visita il giorno seguente. 136


Il giorno dopo quando l’acqua arrivò alla porta chiamò il sole e gli chiese se poteva entrare. Il sole rispose: - Sì, entra pure acqua, amica mia. 137


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Allora l’acqua cominciò a entrare, accompagnata dai pesci e da tutti gli animali dell’acqua. Poco dopo l’acqua, ormai arrivata al ginocchio del sole, chiese se poteva ancora entrare. E il sole rispose: “Sì, entra pure acqua, amica mia”. L’acqua continuò a entrare. Quando ormai era alta come un uomo, chiese al sole: “Vuoi che io e la mia gente continuiamo a entrare?” Il sole guardò la luna e insieme risposero: “Sì, entra pure acqua, amica nostra”. E l’acqua continuò a entrare, seguitò ad affluire fino a quando il sole e la luna dovettero mettersi sul tetto. Quindi l’acqua fece di nuovo la stessa domanda e ottenne la stessa risposta. L’acqua continuò a entrare, in breve sommerse anche il tetto e il sole e la luna furono obbligati a salire in cielo. E da allora lì, dove li possiamo vedere, sono restati.

FINE 139


Il pidocchio e la pulce illustrata da Scuola Assumption High School Msolwa Ujamaa, Sud Tanzania, Africa

C’era una volta un pidocchio che sposò una pulce. Il pidocchio e la pulce un giorno decisero di fare la polenta. La pulce iniziò a girare il bastone di legno per fare la polenta. Gira, gira, gira... poi la pulce si stancò e chiese al pidocchio di girar il bastone per fare la polenta. Il pidocchio allora girò girò e girò il bastone per fare la polenta ma era talmente piccolo e la pentola talmente grande che finì per caderci dentro. 140


NI CHAWA NA KIROBOTO

Hapo zamani zakale chawa ali muoa kiroboto siku moja chawa ali mwambia kiroboto ampikie ugali. Kiroboto alianza kupika katika jiko la kuni. Baada ya hapo kiroboto alichoka, aka mwambia chawa amsaidie. Chawa aka anza kumsaidia mkewe kiroboto kupika ugali. Kwakua chawa alikua mfupi alitumbukia ndani ya sufuria ya ugali. Akafa. 141


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E così il pidocchio morì e la pulce, diventata vedova, iniziò a piangere. La sedia vedendo piangere la pulce chiese il perché di quel pianto. La pulce rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto e io piango!” Allora la sedia disse: “E io salto!” e si mise a saltare. Il tavolo vedendo saltare la sedia chiese “Perché salti?”. E la sedia rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange e io salto!” Allora il tavolo disse: “E io ballo!” e si mise a ballare. La porta vedendo ballare il tavolo chiese “Perché balli?” E il tavolo rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta e io ballo!”

Kiroboto analia. Kiti kina muuliza kiroboto “Kwanini unalia?” Kiroboto anajibu “Chawa ame kuja” Kiti akaseme kama ni hivyo mimi nitaruka. Meza akamuona kiti anarukaruka, aka muuliza kiti kwanini unarukaruka. Kiti akasema “Naruka kwasababu nime ona kiroboto analia sababu, chawa amekufa” 143


Allora la porta disse: “E io sbatto!” e si mise a sbattere. Davanti a casa c’era una carriola che vedendo sbattere la porta chiese “Perché sbatti?” E la porta rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla e io sbatto!” Allora la carriola disse: “E io corro senza che nessuno mi spinga!” e si mise a correre da sola. Un uccellino che volava lì in giro chiese al carro il perché corresse senza nessuno che la spingesse. La carriola rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, 144


Meza akasema “Nime ona kiti anaruka, kiroboto analia, chawa amekufa”. Mlango akasema “Kama ni hivyo mimi na jifunga kwa nguvu bamiza”. Mbele ya nyumba kulikua na torori akasema. Torori akasema “Kwanini una jibamiza hivyo”. Mlango ukasema “Nimeona meza ina cheza, kiti ana ruka ruka, kiroboto analia, chawa ame kufa”. Torori akasema “Kama ni hivyo mimi nitakimbia bila mtu kuni beba”. Ndege akauliza “ Kwanini una kimbia mwenye we bila mtu kuku sukuma?” 145


la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte e io corro senza che nessuno mi spinga!” Allora l’uccellino disse: “E io volo senza piume!” e si mise a volare senza piume. L’uccellino che volava senza piume si fermò a bere a un rubinetto. Il rubinetto domandò all’uccellino il perché di quel volo senza piume. L’uccellino che volava senza piume rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la carriola corre senza che nessuno la spinga e io volo senza piume!” 146


Torori akasema “Nime ona mlango unajifunga, meza in cheza, kiti kina ruka, kiroboto analia, chawa amekufa”. Ndege akasema “Kama ni hivyo nita ruka juu/angani bila manyoya, Akaanza kunika na kusimama juu ya bomba la maji”. Bomba akauliza “Kwanini una ruka angani bila manyoya?” Ndege akasema “Nime ona torori anakimbia peke yake bila mtu yeyote kumbe ba, mlango ume jifunga, meza ina chera, kiti kinaruka, kiroboto analia, chawa amekufa”. 147


Allora il rubinetto: “E io mi secco!” e si seccò. Una bambina arrivò al rubinetto e vedendolo senza neppure una goccia d’acqua gliene domandò il perché. E il rubinetto rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la carriola corre senza nessuno che la spinga, l’uccellino vola senza piume e io mi sono asciugato!” Allora la bambina disse: “E allora io mi metto il secchio per cappello!” e così fece. Quando la bambina tornò a casa la mamma le chiese: “Perché hai messo il secchio per cappello?” E la bambina rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la carriola corre senza nessuno che la spinga, l’uccellino vola senza piume, il rubinetto si è asciugato e io mi sono messa il secchio per cappello!” Allora la mamma disse: “E io ti pesto come il sale nel mortaio!” La mamma l’ha inseguita e forse la insegue ancora ora… Favola in qua, favola in là la mia favola è bella che anda. 148


Bomba akasema “Kama ni hivyo mimi nita kauka ma la moja”. Msichana akauliza “Kula nini hakuna maji?” Bomba aka jibu “Wewe hujui kua ndege anaruka bila mabawa, torori anakimbi bila kubebwana mtu, mlango unajifunga, meza ina chera, kiti kinaruka ruka, kiroboto analia, chawa amekufa”. Msichana akasema “Kama ni hivyo nitavaa ndoo kawa kofia”. Mama akasema “Kwa nini umevaa ndoo kichwani kawa kofia?” Msichana akajibu “Hakuna maji, ndege anaruka bila mabawa, torori linakimbia bila kusuku mwa, mlango umejifunga, meza inachera, kiti kinaruka ruka, kiroboto analia, chawa amekufa”. Mama akasema “ Nita kutwanga/kusaga kama chumvi katika kinu”. Msichana ana kimbia. Mama ana nikimbiza mwanae mpka ampate.

FINE 149


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BIBLIOGRAFIA a cura di Stefania Usai della libreria “L’albero delle lettere” Genova

u Il leone Kandinga, di Boniface Ofogo, ill. di Elisa Arguilè, Ed. Kalandraka u Ada Maty - una storia cantata a più voci + cd, di Angela Cattelan, Ed. Artebambini u L’Africa piccolo Chaka, di Selleir Marie e Lesage Marion, Ed. L’ippocampo u Tatiana struzza africana, di Chaundler Rachel e Carvalho Bernardo, Ed. Logos u L’africa di Zigomar, di Philippe Corentin, Ed. Babalibri u Fior di giuggiola, di Wilsdorf Anne, Ed. Babalibri u All’ombra del baobab, L’Africa nera in 30 filastrocche con CD audio, di Grosléziat Chanatal, Ed. Mondatori u Le mie fiabe africane, di Nelson Mandela, Ed. Donzelli u L’albero e la strega, di Gek Tessaro, Ed. Artebambini u Gira e rigira nella savana, di Perrin Martine, Ed. Nord-Sud u Tam tam di colori, di Caroline Desnoëttes e Isabelle Hartmann, Ed. L’ippocampo u La storia di Yakouba - volume 1: Yakouba di Thierry Dedieu, Ed. L’ippocampo u La storia di Yakouba - volume 2: Kibwe di Thierry Dedieu, Ed. L’ippocampo u Festa nella giungla, di Wildsmith Brian, Ed. Il Castoro u Kirikù e la strega Karabà, di Michel ocelot, Ed. Ape junior u Il giorno in cui il leone regalò una coda agli animali - favole dell’Africa nera,

Testi di Anselmo Roveda, ill. Allegra Agliardi, Ed. Terre di Mezzo

u La bella sposa grassa, di Anselmo Roveda, ill. Chiara Dattola,

Ed. Terre di Mezzo

u Il sofà di Bamako, di Anselmo Roveda e Stefania Vincenti,

Ed. Coccole e caccole

u Cioccolata, di Marisa nunez e Helga Bansch, Ed. Logos

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