Equipeco 36 intervista fiorella corsi

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EQUIPèCO trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_anno X n.36 - 2013

c a r mi n e m a r i o m u l ie re e di t o re


EQUIPèCO LABORATORIO di MESSAGGI_LABORATORY of MESSAGES l’arte dentro_dentro l’arte_art inside_inside the art

Direttore | Editor Carmine Mario Muliere Modernità e campo dell’arte | Modernity and art field Raffaele Quattrone Technoculture Roberta Colavecchio Cinema Giulia Verde Teatro | Theatre Azzurra de Gregorio Poesia | Poetry Flavio Ermini Gallerie | Galleries Roberta Colafranceschi Collaboratori | Contributors Edoardo Angeloni, Severino Briccarello Walter Curini, Luca Maffeo, Claudio Mazzenga, Aleph null Pirofilo, Timoteo Salomone, Michela Santini, Enrico Smith Corrispondenti | Correspondents Yoshiko Takama, (Kobe - Giappone) In questo numero | In this issue Paolo Baratta, Michela Becchis, Elisabetta Bianchi Alessandro Califano, Simona Caraceni, Fiorella Corsi Rossana Dedola, Massimiliano Gioni, Jacques Lacan Simonetta Lux, Rosa Pierno, Giuseppe Pontiggia Olivia Spatola, Togaci, Claudia Zaccagnini Traduzioni | Translations Roberta Colavecchio Azzurra de Gregorio, Bruce Fink, Colm Molloy, Benedetta Parenti Raffaele Quattrone, Dominic Siracusa, Giulia Verde Geoffrey S. Watson, Mike Watson

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EQUIPèCO Anno | Year X n.36 - 2013 Abbonamenti | Subscriptions Annuale (4 numeri) Italia-Com.tà Europa €. 40. Estero €. 96 Yearly (4 issues) Italy-Europe €. 40. Foreign Countries €. 96 Sostenitore | Supporter €. 300 Distribuzione | Distribution EmilianPress, Roma. 06 41734425 DinamicaPress, Milano. 02 6701707 Librerie | Bookstores Distribuzione diretta | Direct distribution 06 9570723 Progetto grafico | Graphic designer mcm art&copy Stampa | Printed by Pignani Printing srl, nepi - VT Autorizzazione | Authorization Tribunale di Tivoli n.11 - 15/7/04 © Carmine Mario Muliere Editore Redazione-Amministrazione-Pubblicità Editorial staff-Administration-Advertising 00030 San Cesareo (Roma) - Via Donnicciola 25 T. | Ph. +39 06 9570723 - Fax. 06 97244453 redazione@equipeco.it - www.equipeco.it Materiali non richiesti, non verranno restituiti Required materials, will not be returned L’Editore garantisce la riservatezza dei dati forniti Editor guarantees the privacy of all informations Art. 13 L. 675/96


SOMMARIO

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In copertina | Cover stories Fiorella Corsi In Fabula, 2011 Courtesy dell’artista

EDITORIALE | EDITORIAL 4_Scritti_Écrits Ouverture della raccolta_Ouverture to this Collection Jacques Lacan 5_Esperienza_Experience Carmine Mario Muliere PAROLE ITALIANE | ITALIAN WORDS 6_REALTÀ, ILLUSIOnE PROGETTI | PROJECTS 7_Velature Muliere 8_55. Biennale di Venezia, Il Palazzo Enciclopedico Paolo Baratta - Massimiliano Gioni 23_nagasawa. Ombra verde A cura di Bruno Corà e Aldo Iori 34_When Attitudes Become Form: Bern/Venice A cura di Germano Celant 42_MLAC index 2000-2012 Simonetta Lux MODERNITà E CAMPO DELL’ARTE MODERNITy AND ART FIELD 50_Esplorazioni artistiche delle conoscenze scientifiche The artistic explorations of scientific knowledge Raffaele Quattrone ARTE | ART 38_nam June Paik e l’Italia Luca Maffeo 56_Yue Minjun: Il grado zero della risata_The zero grade of laugh Michela Santini INTERvISTA | INTERvIEW 58_Fiorella Corsi Michela Becchis CINEMA 81_neil Labute Some Velvet Morning Giulia verde TEATRO | ThEATRE 84_UOVO_The scene Azzurra de Gregorio

CONTENT

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In copertina | Cover stories Nam June Paik, Luciano Pavarotti, 1995 Radio, monitor e oggetti vari Collezione privata Courtesy Galleria Civica di Modena

ARChITETTURA | ARChITECTURE 30_MAXXI Architettura: EnERGY A cura di Pippo Ciorra 32_Serpentine Gallery Pavilion 2013 by Sou Fujimoto A cura di Julia Peyton-Jones e hans Ulrich Obrist DOCUMENTAzIONE | DOCUMENTATION 45_Archivi Digitali nel Tempo e lo Spazio Digital Archives in Time and Space Alessandro Califano e Simona Caraceni 49_Occhio al documento_Documents – Watch Out! Elisabetta Bianchi GALLERIE | GALLERIES Roberta Colafranceschi 72_Milano - hangarBicocca, Mike Kelley 73_A arte Studio Invernizzi, Günter Umberg 74_Viafarini DOCVA, Angelo Sarleti 74_Marina di Scarlino (GR), Spazio Transiti 75_Bologna, //:(TT)+U=Think The Unthinkable 75_venezia - 55. Biennale-Pad. Kenya, César Meneghetti -Punta della Dogana, François Pinault Foundation 76_Cinisello Balsamo - MdF, Gabriele Basilico 76_Londra - Sumarria Lunn Gallery, Yun-Kyung Jeong 78_Roma - Cristiano Petrucci, Togaci 79_Veronica Montanino, Olivia Spatola 77_velletri -RM - Chiesa San Francesco, Vincenzo Pennacchi, La carne e lo spirito, Claudia zaccagnini 80_Studio Marini, 7ª Ed. Arte nell’Orto LETTERATURA | LITERATURE 64_Giuseppe Pontiggia. La letteratura e le cose essenziali che si riguardano Rossana Dedola RACCONTO | TALE 68_Alla fine del lungo sentiero At the end of the long path Enrico Smith ARGOMENTI | TOPICS 70_Il Diritto di Seguito UNSA POESIA | POETRy 71_La Fede - Poesie e Libri d’Artista A cura di Antonio Natale Rossi 90_Rosa Pierno Flavio Ermini FOTOGRAFIA | PhOTOGRAPhy 88_natura e Pensieri Timoteo Salomone 94_LIBRI | BOOkS SOMMARIO | COnTEnT - n.36 - 2013 EQUIPèCO 3


Fiorella Corsi

Intervista_Interview Michela Becchis

Qual è la direzione che prende il tuo lavoro quando ti metti all’opera? Hai un’idea che prende forma autonomamente dalla materia che userai o che prende forma solo nella materia? L’intuizione non ha regole. Può avvenire per caso, mentre si sta facendo tutt’altro o in corso d’opera. Ad esempio, se la lettura di un libro coinvolge il mio immaginario per affinità elettiva con l’autore, può essere fonte di una serie di idee, ma che non hanno niente a che vedere con l’interpretazione del testo. Semmai l’immagine che scaturisce è la possibile materializzazione dell’idea o del disappunto con ciò che sta avvenendo intorno o dentro di me. In tal caso la forma è ironica. Il più delle volte, o quasi sempre, l’idea affiora da sé, non cercata. E penso che così debba essere. Un’opera d’arte, se vuole essere tale non può essere ragionata. L’attimo intuitivo è tale come per le scienze. Anche l’emozione di un contatto fisico o un’immagine onirica possono essere madre di un’idea. A volte l’idea arriva nella sua forma totale, quindi già definita nella sua futura materia. Ciò succede soprattutto per la scultura: l’immagine è tridimensionale e sostanziale. Tuttavia può accadere che, realizzata l’opera, non ti senti soddisfatto e vorresti vederla mutare forma, allora ti servi di un materiale diverso e, benché l’idea è figlia di quella originaria, si trasforma, diventa una nuova idea che a sua volta può figliarne un’altra. In tal caso il lavoro diventa narrativo dal linguaggio sinestetico, dove i rimandi metafisici non hanno un dentro ed un fuori – nella scultura il pieno ha la medesima forza del vuoto – il tempo è mito e si fa storia. L’idea tridimensionale può farsi bidimensionale o viceversa, ma tutto avviene all’interno di una logica del caso. Cosa intendi per “Idea esaurita”, cioè giunta al punto di sua massima espressione? Questo nel tuo considerarti “intuitiva” e “narrativa. Di solito l’idea si esaurisce da sé, con la realizzazione dell’opera. Lo ha espresso bene Giacometti quando parlava dell’uomo dall’anima grande che cerca di realizzare il suo universo interiore, per cui, quando l’opera materializza l’idea, si conclude. non ha importanza se è una sola scultura o un quadro o una serie di installazioni. Anche perché nell’installazione, ad esempio, il concetto che appartiene ad un elemento è lo stesso che racchiude il tutto. Ti è mai capitato che l’opera si sia esaurita da sé, a prescindere dalla tua volontà? Succede sempre, perché il concluso deve essere armonico ed in equilibrio con le sue parti. Quando sono davanti alla mia opera o la guardo di sottecchi, quando le passo vicino, è lei che mi dice che è finita e di non aggiungere altro. È un momento molto delicato, perché l’insicurezza può farti un tiro mancino: anche un segno in più cambia l’opera, essa diventa altro e non riesci a controllarla. Può succedere anche per inesperienza. Ma se con il tuo lavoro instauri un dialogo onesto e diretto esso sa che non può fregarti. È un pericolo sottile che si insinua subdolamente, per questo dicevo

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What direction does your work depart from when you begin a new project? Is there an idea which takes shape independently of the material you’re about to use or does it take shape only on the material? Intuition follows no rules. It can come about by chance, while you’re doing something completely different or when you’re in the middle of a work. For example, if when I’m reading a book my imagination is engaged through some elective affinity with the author, this can be the source of a series of ideas which, never the less, have nothing to do with an interpretation of the book. The image that emerges could be the materialization of an idea or some disappointment with whatever is happening around me or within me. In such a case the shape is ironic. The idea almost always emerges of itself; it is not sought. And I think that this is how it should be. A work of art, if it is to be such is not to be reasoned. The intuitive moment is like that also in the sciences. Even the emotional response sparked by some physical contact or an image from a dream can give birth to an idea. Sometimes the idea arrives in its final form, already defined in its future material. This happens especially with sculpture: the image is three-dimensional and substantial. however, it may also happen that when the work has been finished there is, instead of a feeling of satisfaction, a desire to see the work change shape. Then you make use of a different material, and although the idea is the daughter of the original, it is transformed, it becomes a new idea which in turn can give birth to another. When this happens, the work becomes a synesthetic narrative where the metaphysical cross-references have neither inside nor outside - in sculpture the full has the same force as the void – time is myth and becomes story. The three-dimensional idea can become two-dimensional or vice versa, but everything happens according to the logic of chance. In considering yourself “intuitive” and “narrative”, what do you mean by “exhausted Idea”? That which has reached the point of maximum expression? Usually the idea runs itself out with the realization of the work. Giacometti expressed it well when he spoke of the man of great soul who seeks to realize his interior universe, so that, when the work gives material expression to the idea, it is finished. It matters not whether it is a single sculpture, a painting or a series of installations. Also because in an installation, for example, the concept which belongs to a single element is the same as that which encloses the whole. Has it ever happened that the work exhausts itself, despite your will? It happens all the time, because the finished work must be in harmony and in balance with the parts. When I’m in front of my work or glance at it sideways, or when I just pass nearby, it is the work which tells me it is finished and not to add anything more. It is a very delicate moment, because insecurity can play tricks on you: even a single additional mark can change a work and


che basta un segno in più per perdere il controllo e scadere nella decorazione o in casi estremi nel non senso.

it becomes something other which you can no longer control. This can also happen through inexperience. But if you establish an honest and direct dialogue with the work, it knows it cannot deceive you. It is a subtle danger that creeps in insidiously which is why I said that just one mark too many is enough to lose control and descend into decoration or, in extreme cases, into nonsense.

Che rapporto c’è tra tempo e opera nel tuo lavoro? È un rapporto molto armonioso, sono una coppia perfetta, dove i due quasi si ignorano, non discutono mai. Ciò succede perché il mio rapporto con le due categorie è totalmente libero: lavoro se mi va e quando mi va, i tempi e gli spazi sono dilatati. Lavoro quasi tutti i giorni, ma è il mio stato mentale che mi dice cosa fare, quindi uso tecniche, modi e tempi differenti. Il lavoro diventa veloce, diretto, spontaneo, va da sé. Per questo non faccio quasi mai i bozzetti, non amo le copie, mi annoiano a morte, me ne servo per opere di grandi dimensioni, dove occorrono calcoli fisici e matematici, per evitare che crollino. Preferisco lavorare di getto, perché in fase di esecuzione l’idea si sviluppa, cresce, ti suggerisce nuove idee, come un sarto che in fase di prova decide di cambiare dei particolari, perché l’opera non coincide con l’idea, o semplicemente non funziona con lo spazio. Il lavoro detta i tempi.

What is the relationship between time and “the work” when you are “at work”? It’s a very harmonious relationship, a perfect match, where the two almost ignore each other and never argue. This is because my relationship with the two categories is totally open: I work if and when I want; time and space expand accordingly. I work almost every day, but it’s my state of mind that tells me what to do and so I use different techniques, different modes of working and I work at different rhythms. The work becomes fast, direct, spontaneous of its own accord. This is why I almost never do sketches and I do not like copies, they bore me to death, I use them for large-scale works, where physical and mathematical calculations are needed to ensure that they do not collapse. I prefer to work directly, in one go, because while the work is being produced it develops, grows and suggests new ideas, just as a tailor during a fitting may decide to alter some details – the work may not coincide with the idea, or it simply may not work in the space. It is the work that dictates the time.

Che legame c’è tra le tue opere e la memoria? E la tua è una memoria sempre personale o vuole essere collettiva? Credo sia molto forte. Dico credo, perché preferisco non pensarci. Come ti dicevo, quando lavoro mi lascio andare, sono aperta al flusso della memoria, non mi piace cercare, analizzare, scegliere. I figli non si scelgono, come anche i genitori, poi possono non esserti affini, non somigliarti, ma possiedono il tuo dna, perché se scegli e razionalizzi, tendi a prendere solo quello che ti piace, che il più delle volte non ti rappresenta, è falso. La volontà non deve esistere, come posso pensare ad una volontà di memoria collettiva? Sarebbe presuntuoso, diventerebbe arte di regime. non faccio distinzione tra memoria personale e collettiva, come facciamo a distinguerle? non esiste una linea di separazione tra il nostro personale e il sociale se non per dinamiche di comportamento. Siamo la risultante di una memoria unica. Potresti cercare di raccontare la diversità che c’è nel tuo lavoro tra le copie, che dici noiose, e la ripetizione che invece tu pratichi e proponi come significante nei tuoi progetti (i mille volti con impercettibili diversità di Piazza Italia, le teste che segnavano l’incessante andare delle formiche nella scala di Door to Door…)? non c’è diversità sostanziale: esse appartengono ad un unico progetto, a un’idea unica. Ad esempio la Scultura per Piazza Italia è stata concepita così com’è e come tale

Fiorella Corsi, Scultura per Piazza Italia, 2011-2012, refrattario e ferro ossidato, h. cm 700 Lavoro eseguito per la mostra In Fabula, Fondazione Carlo Collodi nel Giardino di Villa Garzoni- Collodi (PT)

What link is there between your work and memory? And is yours a strictly personal memory or does it aspire to being collective? I think the link is very strong. I say “I think” because I prefer not to think about it. As I said, when I work I just let myself go, I’m open to the flow of memory but I don’t search it out, analyse or choose. You don’t choose your children just as you don’t choose your parents; they may not be like you, they may not resemble you, but they share your DnA. And if we do choose and rationalize, we tend to take only what we like more often than that which represents us; this is false. The will ought not to exist, how could I dare to think of a will of collective memory? It would be presumptuous and it would become art of a regime. I do not distinguish between personal and collective memory and I don’t know how they are to be distinguished. The dividing line between our personal and social lies only in the dynamics of behaviour. We are all the result of a unique memory.

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Fiorella Corsi, La Porta della Bellezza, Un altare per Gea, 2008-2009. Refrattario, cm 700×700. Opera realizzata per la Fondazione Antonio Presti, Catania

realizzata, non è che subito dopo ne ho elaborata una variante, le copie sono una serie dove un elemento è identico agli altri, realizzato con lo stampo. Semmai la noia viene quando devi realizzare materialmente il progetto. Quella è la fase meno divertente e capisco gli artisti che hanno la possibilità di far realizzare ad altri le loro opere, ma se osservi le parti che compongono la scultura, le teste appunto, sono diverse una dall’altra, così come le formiche: ogni pezzo del tutto possiede la sua identità, come dicevo a proposito della installazione. Questo mi diverte, realizzare ogni frammento con le mie mani, come è avvenuto per Estasi del libro. Tu che guardi hai lo sguardo d’insieme e non te ne accorgi fin quando non ti affezioni all’opera e desideri conoscerla, come quando vai in un nuovo continente, gli esseri umani ti sembrano tutti uguali e non riesci a distinguerli, perché anche in quel caso hai uno sguardo d’insieme, ma se fraternizzi cominci a distinguerli e tieni alla tua scelta. C’è un materiale che ami molto e con cui da sempre ti confronti, la terra. Potresti raccontare la natura di questo rapporto,

Fiorella Corsi, In uno dei mondi possibili, terracotta, refrattario, ferro, plastica. Installazione presso la Limonaia, sede della Soprintendenza archeologica di Salerno. Progetto di Arte Urbana: Door to Door, 2011

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Could you try to explain the difference in your work between working with copies, which you say you find boring, and the repetition which you practise and indeed propose as a signifier in your projects (the thousand faces with imperceptible variations in Piazza Italia, the heads which mark the incessant movement of ants on the steps in Door to Door)? There is no substantial difference, they both belong to a single project, to a single idea. For example, the Sculpture for Piazza Italiawas conceived exactly as it is and created as such. It’s not that immediately after I created a variation; copies are a series where one element is identical to the others and produced using a mould. If anything, boredom comes about when you have to physically produce the project. That is the less amusing part and I understand artists who can engage others to produce their works for them. however, if you look at the parts which make up the sculpture, the heads, for example, are all different from one another, just as the ants are: each piece completely contains its own identity, which is what I previously said in regard to installations.


Fiorella Corsi, Estasi del Libro, work in progress, 2006. terracotta e refrattario, cm 100×500. Complesso del Vittoriano, Roma

tu che ti dici “umile” nel confrontarti e a volte nel “duellare” con una materia così arcaica, ma che pure mai hai voluto esaltarne una presunta povertà? ho riflettuto molto sul mio rapporto con la terra, perché è molto forte ed istintivo. È come se mi sentissi fatta di terra. non è un materiale, è una sostanza. Sembrano due parole dallo stesso significato, ma possiedono una sottile differenza etimologica. Mi sento appartenere al tutto che ritrovo tramite il lavoro. O forse perché i ricordi felici della mia infanzia sono legati al rapporto con la natura, che è stato molto forte, ma niente di eccezionale: mi piaceva giocare con la terra e con gli insetti, come tutti i bambini che hanno avuto la fortuna di vivere in campagna. La terra sembra un materiale umile e come tale viene considerato, chissà! Forse perché lo calpestiamo? Ma se l’essere umano non si pacifica con la Madre Terra e non la rispetta, finirà per ingoiare se stesso. E non è vero che la terra è materia povera o umile, come si suole erroneamente definirla. Questo mi indigna molto. non c’è niente di più nobile, è il nostro DnA.

This is what I enjoy, producing each piece with my own hands just as I did for Estasi del libro (Ecstasy of the book). The viewer has a generalising vision, an overview and is not aware of this until they grow fond of the work and want to know it better. It is like when we visit a new continent and all the local inhabitants seem identical and we are unable to distinguish one from the other, because also in that case you have a generalising mode of vision; but if you begin to frequent people you begin to be able to distinguish them andvalue your choices. Clay is a material you love very much and which you have always used. You have previously talked about this relationship as being one of “humility” and at times a “duel” with an ancient material but you have also never wanted to bring out any presumed “poverty” in the material. Could you expand on the nature of your relationship with clay? I have thought a great deal about my relationship with clay because it is very strong and instinctive. It’s as if I felt I were made of clay. It is not a material; it is a substance. These may seem like two words which mean the same but there is a subtle etymological difference. I feel part of everything I encounter through my work. Or maybe because happy memories from my childhood are closely connected to my relationship with nature which was very strong, although not exceptional. I loved playing with the earth and insects like all children who have the good fortune to live in the country. Clay appears to be a humble material and is considered as such – perhaps because we tread on it, who knows? But if the human being is not at peace with Mother Earth and does not respect her, he will end by devouring himself. And it is not true that clay is a poor or humble material as it is often mistakenly called. This makes me very angry. There is in fact nothing more noble, it is our DnA.

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Fiorella Corsi, Cosmografia, Ultimi fuochi ad occidente, olio su tela, cm 60×120

Fiorella Corsi, Cosmografia, Le viscere della terra, 2010 tecnica mista su carta, cm 210×140

Fiorella Corsi, Cosmografia, Deserto, 2010, tecnica mista su carta, cm 165×140

Cos’è per te il colore? Anni fa incontrai un filosofo americano che stava scrivendo un saggio sulla metafisica del colore. Venne a visitare il mio studio dove era incollata alla parete una tela grezza in tecnica mista per la quale avevo usato solo tonalità del bianco e del nero. Mi fece la stessa domanda. Gli risposi che in quel periodo non usavo il colore perché lo consideravo decorativo e un po’ puttanesco, perché per me era importante l’essenza dell’idea e le immagini mi arrivavano in bianco e nero. Trascorremmo vari pomeriggi a discutere sull’argomento. Lui cercava di convincermi che il colore è materia ed anche le mie tonalità sul bianco e nero erano colore. Bene, lui ripartì e la discussione rimase aperta. A volte un incontro casuale ti apre un universo. Oggi posso dire che il colore fa parte di quel tutto di cui abbiamo parlato, quando un’idea arriva, arriva nella sua interezza. Aveva ragione lui: il colore è materia. Del resto anche quando sogno, sogno a colori.

What is colour for you? Years ago I met an American philosopher who was writing an essay on the metaphysics of colour. he came to visit my studio where on the wall was a rough canvas in mixed media where I had used only shades of black and white. he asked me the same question. I told him that at that time I didn’t use colour because I considered it decorative and a little “tarty”. It was the essence of the idea that was important for me and at the time the images came to me in black and white. We spent several afternoons discussing the topic. he tried to convince me that colour is in itself a material and also that my shades of black and white were colour. Well, he went away and the conversation remained open. At times a chance encounter opens up a universe. Today I can say that colour is part of that whole we spoke of, when an idea comes, it comes in its entirety. The American was right: colour is a material. Moreover, even when I dream, I dream in colour. [Translated by Colm Molloy]

FIorELLa CorSI, artista, roma. MIChELa BECChIS, critico e storico dell’arte, roma

FIorELLa CorSI, artist, rome. MIChELa BECChIS, Critic and art historian, rome

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Fiorella Corsi, albero della cuccagna, 2011-2012 ferro ossidato, refrattario, plastica, stoffa, cm 100×400 Villa Garzoni, Fondazione Collodi

InTERVISTA | InTERVIEW - n.36 - 2013 EQUIPèCO 63


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