Fiorella Corsi, Un altare per Gea

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Fiorella Corsi Un Altare per Gea

Lithos



Fiorella Corsi UN ALTARE PER GEA

Lithos


Fotografie: Luca Guarneri Paolo Romania e Giulia Verde (foto Altare Votivo) Anna Cutrone (Foto mostra Il Naso) In copertina: Luca Guarneri: Altare Votivo Retro di copertina: Studioidea Testi tradotti da: Colm Molloy Impaginazione e progetto grafico: Paolo Tellina © 2010 Lithos Editrice Via Vigevano 2 – 00161 Roma Tel. 0697994012 – 0644237720 Fax 0697993796 www.lithoslibri.eu info@lithoslibri.eu ISBN: 978-88-89604-68-7 Finito di stampare nel mese di gennaio 2010 presso Laser Copy Center S.r.l. via G. Di Vittorio, 41 20068 Peschiera Borromeo (MI)


Indice

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Fiorella Corsi e la Grande Madre

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Un aquilone arcaico

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La dea sull’altare

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IL CORPO DI GEA

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L’energia della scultura

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Biografia

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Biography

di Adele Cambria

di Arianna di Genova

di Rossana Dedola

di Toni Maraini

di Barbara Martusciello



Fiorella Corsi e la Grande Madre di Adele Cambria

Adele Cambria e Fiorella con studenti dell’Accademia di Catania davanti al progetto dell’opera

La Sicilia fu terra di divinità femminili – come lo furono del resto le isole Egee, le Cicladi, la Sardegna, e tutta l’area che racchiude il Mediterraneo o ne è poco lontana: dalle amazzoni libiche alle migliaia di ex voto – corpi abbondanti e pacificati di donne prive della testa, esposte nella straordinaria Mostra di Istanbul, 1983, intitolata “Diecimila anni di arte in Anatolia”. (Sembra che le madri arcaiche rendessero grazie alle Dee per la propria fertilità, o l’implorassero, modellando ciascuna in solitudine la propria figura nella creta per portarla ai santuari, e che non avessero specchi, nemmeno di bronzo, per guardarsi e quindi rappresentarsi pure nel volto; il proprio corpo opulento, provvidenziale, materno, invece lo conoscevano bene…). Sia come sia, l’idea di Antonio Presti di dedicare la Porta della Bellezza di Librino (Catania) alla Grande Madre si deve essere generata, nel mecenate siciliano, spontane-


Esecuzione con studenti dell’Accademia

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amente: la Grande Madre per eccellenza, cioè Demetra, è incorporata nel mito della Sicilia; ed è sulle sponde del lago siciliano di Pergusa (oscenamente rinchiuso in un anello di cemento, su cui scorrono le gare automobilistiche, e risucchiato dalle idrovore delle ville abusive) che Ade, il re degli Inferi, emerge col suo nero cocchio per rubare la giovinetta Core alla madre Demetra… “Demetra cercò Core per nove giorni e nove notti, senza mangiare né bere, invocando continuamente il suo nome…Era così furibonda che invece di risalire sull’Olimpo, continuò a vagare sulla terra, impedendo agli alberi di produrre frutti e alle erbe di crescere, tanto che la razza umana minacciava di perire…La Dea giurò che la terra sarebbe rimasta sterile finché Core non le fosse stata restituita…” Così Robert Graves ne “I Miti Greci”. La Grande Madre di Fiorella Corsi, forse una delle più efficaci e misteriose terracotte della Porta della Bellezza, si ispira – a differenza delle madri corpose/cor-


Cantiere

poree della primordiale Anatolia – alla forma monolitica delle madri votive della Sardegna, ”l’isola – mi fa notare la scultrice – in cui sopravvive ancora oggi una cultura matriarcale”; e riesce a coniugare l’elemento sacro e, in questo caso, severo della maternità (i seni sono due piccoli vulcani appuntiti, la vagina diventa un profondo solco spruzzato di ossidi rossastri, e la testa è un pianeta che è quasi una risposta polemica con l’assenza di testa degli ex voto arcaici) contro quello della Porta. Infatti, spiega Fiorella, “la porta d’ingresso nella città ha rappresentato, all’origine della Storia, un luogo sacro, dove il viandante trovava ad attenderlo le divinità protettrici, a cui portava le sue offerte”. Fiorella, una donna minuta, raffinata ed incantata, che manipola le argille con la naturalezza di un impasto casalingo del pane, ma con una forza ed una energia incredibile in una persona dall’aspetto così fragile, ha avuto la percezione della riuscita della sua opera, un bassorilievo

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imponente di 50 mq. quando, mi racconta, “gli operai che la montavano sul muro, e che io ho sorvegliato per giorni e giorni sul cantiere, con la pioggia e col sole, rivolgendosi ad Antonio, gli hanno detto: – Questa è un’opera così semplice ma contiene tutto: la fecondità, la natura, la roccia…. Sembra così leggera ma, anche a prenderla a martellate, non sparirebbe… Resterebbe così, solcata da crepe, ma ancora più imponente…”. E Fiorella conclude: “Avevano capito tutto, la frantumazione delle argille infatti è un light-motive della mia scultura”. Come notava infatti Toni Maraini, presentando la mostra di Fiorella Corsi, intitolata “Il ventre di Gea”, il corpo della Madre Terra, “oggi naufrago nell’immenso creato, si ricompone pezzo per pezzo come in un mosaico”. A partire dall’ampio seno, uno solo, che emerge dai frantumi, come una cupola.

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In cantiere con Antonio Presti


Un aquilone arcaico di Arianna di Genova

Libro di terra (particolare)

Non è facile rendere concreta l’idea di Grande Madre, dèa della terra che può generare e distruggere soltanto in virtù della sua forza apotropaica. Non lo è per diversi motivi, tutti afferenti alla sfera emotiva che, di fronte al «corpo» sovrastante di quella genitrice potente, tende al silenzio o alla fuga. Non è stato così invece per Fiorella Corsi, artista sempre coraggiosa se chiamata a sfide che preferisce «ciclopiche». Da Pinocchio (o meglio dal suo gigantesco naso che si erge in foreste simboliche dove nascondersi quando la verità si fa misteriosa) alla Grande Madre, Corsi scende sul sentiero della materia, la sua amatissima terracotta e fila dritta verso la mèta, sfoderando una tenace coerenza. La parola e la scrittura (anche il sillabare infantile, il balbettìo dell’inizio, il fuoriuscire di lettere dell’alfabeto che lentamente prendono forma conquistando un “senso”) “luoghi” dell’affabulazione da lei indagati negli anni della sua produzione, sembrano condurre alla vicinanza minacciosa con una figura mitologica, dall’esistenza millenaria. Eppure questo patto fra la scrittura sigillata nella terra e la fecondità materna (che insieme dà vita e la toglie a piacimento) non presenta nessuna cesura, né lacerazione di percorso. La Grande Madre – che si apre come un aquilone arcaico fago-



citando, nel suo insaziabile appetito gravido di promesse future, porzioni di muro siciliano – è anch’essa «matrice» di mondi da plasmare e l’artista insiste su questa continuità filosofica fra ciò che a torto viene creduto primordiale e invece è «addomesticato» (o reso pauroso) dall’intelligenza femminile. Nonostante la «fisicità» evidente della materia scelta da Corsi, il corpo di quella dèa fuori misura si sgancia da qualsiasi peso gravitazionale e vola via, cercando altre altezze e negando il principio base di ogni scultura, il suo essere «a tutto tondo». La terracotta diventa poi oggetto/soggetto «intrattabile», superficie che s’increspa e accoglie su di sé i segni e le impronte della memoria. Le sculture di Fiorella non sono mai levigate, aspirano all’energia del “non finito” di michelangiolesca ascendenza: rendere patinata la pelle della Storia è una menzogna, un tradimento dell’arte e del suo ribollire viscerale. Alberi, tappeti di grafie incerte,

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Altare votivo (particolare)

Pagine di sabbia (installazione)

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tavolette vergini, pronte ad essere incise, melograni che spargono i loro enormi semi, in un rito che celebra il tempo delle stagioni umane, precedono la compar-


Naso e serpente 2000 argilla cm 70 x 20

sa della Grande Madre di Fiorella Corsi. La sua è una cosmogonia della civiltà: genesi, ascesa e caduta. Per questo, la silhouette femminile che abbraccia il muro del cavalcavia siciliano affonda le sue radici in tutto il Novecento, ripassando fra le sue forme l’intera avventura delle avanguardie, impennandosi sui ready-made di Picasso così come sulle immagini stilizzate di Mirò e Arp. E alla fine, quella Grande Madre battuta giorno dopo giorno nella terracotta, rimane sospesa fra sacro e profano, in bilico fra una crocefissione pubblica e un’intimità oscena.

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La dea sull’altare di Rossana Dedola

Altare votivo (particolare)

Con i suoi sette metri di altezza, “L’altare votivo” di Fiorella Corsi si innalza imponente verso il cielo, ponendo al centro della devozione l’immagine della grande Dea, la prima divinità cui l’essere umano, sin dai primordi, si è rivolto facendo voti, implorando protezione e consolazione. La Dea della vita e della morte, colei che dà la vita a tutte le creature della terra, non solo agli uomini e alle donne, ma anche agli animali, alle piante e ai minerali, e anche colei a cui tutte le creature ritornano in un movimento a spirale che continuamente si rinnova.


La forma, cui Fiorella Corsi ha dato corpo, riprende nella sua estrema stilizzazione le statuette dedicate dall’umanità alle Grandi Madri sin dal paleolitico, che con il loro diverso aspetto da quelle steatopigiche, come la Venere di Willendorf, a quelle a violino delle Cicladi e alle bellissime Madri della Sardegna e della Bulgaria, esprimono diversi significati simbolici indagati negli anni Novanta dalla grande archeologa lituana Marjia Gimbutas. Sottolineandone la diversità stilistica, la Gimbutas aveva ricostruito il “linguaggio” della Dea, mettendo in evidenza il risalto dato alla prosperità del corpo femminile gravido, esagerato nelle sue rotondità, spesso accentuato con il ricorso alla lettera “V”, come simbolo del grembo femminile e divino, presente anche nelle statuette in cui le linee del corpo sono ridotte all’essenziale con i seni in rilievo, mentre le braccia si piegano in una perfetta geometria,

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Ex-voto

formando due triangoli e suggerendo una figura cruciforme.

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Nello straordinario monumento, che la Corsi dedica alla Dea, il corpo che dà la vita è esposto alla venerazione nella sua vastità, le spalle e le braccia, estremamente stilizzate, si confondono col resto della figura che si apre in un abbraccio protettivo come nelle rappresentazioni della Madonna del Mantello. La testa della Dea si erge staccata dal corpo come una luna piena sull’orizzonte, rimandando al rapporto misterioso che da sempre collega il corpo femminile e la terra alla luna, astro femminile per eccellenza, che condiziona le nascite, i cicli femminili, i flussi e i riflussi delle maree. Due grandi seni richiamano e ripetono la rotodità della testa, ponendo al centro il tema del primo nutrimento del nuovo nato, e del corpo materno fonte di vita, come la terra che è dispensatrice di cibo per l’umanità e tutti gli altri esseri che vi vivono. Al centro della scultura un enorme segno nero, vulva o seme di vita, ripropone il tema dello strettissimo 22


legame che esiste tra il corpo femminile e la Madre terra, piegandolo a una drammatica interpretazione. La superficie dell’imponente scultura è infatti attraversata da fenditure, incisa da profonde ferite, come se il corpo terrestre si fosse prosciugato, come se la sabbia del deserto si fosse di colpo consolidata o addirittura pietrificata, divenendo roccia durissima. Viene così sottolineato un altro significato simbolico della grande Madre, la roccia rimanda infatti alla capacità di resistere al trascorrere del tempo e ricorda, come accadeva ai nostri progenitori preistorici, che la Terra è la nostra unica sorgente di vita, di fronte alla quale occorre elevare una preghiera, un ringraziamento o lasciare un ex-voto. Con il gigantismo della sua fortissima opera l’artista pare chiederci di inchinarci davanti alla sacralità della Dea e nello stesso tempo denuncia come la Terra sia ferita, riarsa, disseccata, ridotta allo stremo da uno sfruttamento senza limiti che ne sta esaurendo pericolosamente le risorse.

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Spolvero dell’opera


IL CORPO DI GEA di Toni Maraini

Possiamo rivolgerci alla “Teogonia” di Esiodo per introdurci a Gea “dall’ampio seno, solida ed eterna”, generatrice di Titani e Titanesse, Giganti e Ninfe, nonché del genere umano. Ma la possente dea, chiamata anche Madre Terra, che “partorì l’immenso cielo stellato”, le valli e le montagne, le sorgenti e il mare e

Opera in fase di esecuzione (particolare)


Seni

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ogni elemento germinale, ha attraversato i secoli perdendo a poco a poco la sua gloria. Segni inquietanti ci lasciano supporre che come noi – e forse perché tra i tanti figli e figlie partorì anche Mostri ed Erinni – Gea è oggi in naufragio nell’immenso creato. L’ampio seno si frantuma, il ventre diventa simulacro, i frutti si pietrificano, le sue stesse acque l’avvelenano. Eppure Gea permane un archetipo che ci ancòra alla Terra primeva, alla vita in gestazione, a un biocosmo di cui ameremmo designarla ancora rassicurante madre tutelare. Sinché l’arte non ne perderà memoria non saremo del tutto orfani, non cammineremo su qualcosa di indistinto chiamato semplicemente ‘suolo’. Con una percezione saldamente fisica della astrazione, Fiorella Corsi, scultrice sensibile e ardita, ha scelto il cammino più adatto ad evocare Gea: quello della concettualità formale e della poetica semantica. L’uso della materia argillosa accuratamente scelta, lavorata, mescolata e cotta, con o senza vernici e pigmenti, si addice a questo lavoro. Partita da alcune riflessioni sulla terra come materia prima, matrice e corpo e sul-


la simbologia dei suoi attributi (mitici e non), Fiorella Corsi si è laboriosamente applicata a renderne la concretezza in un ciclo tematico. Non si tratta di un’istallazione unitaria, ma di una drammaturgia di forme i cui singoli pezzi si complementano. Questa coerenza tematica è forse emersa poco alla volta, pezzo per pezzo, come un discorso ricomposto a mosaico. In arte, il semantismo iconografico fa di questi scherzi; scherzi coinvolgenti e rivelatori, che guidano l’artista, ne orientano il cammino. D’altronde, quando si penetra nella memoria subconscia delle forme, si profilano archetipi insospettati. I semi che Fiorella Cor-

Seno scudo cm 120 x 50 27


si accatasta ieratici e sobri non a caso evocano – come la conchiglia Cypraea o ‘cauri’, antico emblema della Grande Madre, o come il nocciolo del dattero – la vulva germinale. Che ne abbia poi predisposte 28 è un lapsus junghiano (28/29 è il numero associato al ciclo della fertilità lunare presieduto dalle dee antiche). D’altra parte, sin dai tempi arcaici, i frutti di melograno simboleggiano il ventre della Mater Genitrix e le metafore del seno/terra ferito da uno strumento metallico, della pluralità dei seni che protendono dal corpo della Terra o del corpo/ ventre come totem della forma ovale, hanno prototipi di venerabile memoria. Insomma, la scultrice di forme ha lasciato emergere una poetica densa e significante che suscita riflessioni e fabulazioni. Ma lo fa con delicata e sottesa ironia e, nel contempo, con una lapidaria, anche austera, asciuttezza che annunziano un disincanto tutto moderno. Gea è qui sprattutto corpo smembrato, memoria rimossa, metafora e monito. Dolente e ferita è approdata con segni antichi in questo lavoro di laboriosa alchimia. Roma 2001

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Continuare a parlare di Madre Terra e a celebrarne l´archetipo, si deve. Ma non lo si può più fare con gli occhi bendati dalla antica bellezza di Miti oggi in subbuglio. Gea/Terra invia messaggi sulla sua sofferta esistenza nell´umano girone di sfregio, veleni e oblio. La filosofa della scienza Isabelle Stengers ipotizza “l´intrusione di Gaia” come nuovo elemento di emergente avvertimento. Nella odierna sarabanda di banalità, l´arte è uno dei pochi strumenti rimasti per passarne la parola. Lo sa Fiorella Corsi che da tempo si volge con forza poetica, caparbia e attenzione ai simboli di Gea. La Terra ci chiama a testimoni, la Terra ci parla. D´altronde, la Terra siamo noi. Ma non del tutto, e non soltanto. Entità primordiale a se stante, Gea/Gaia è anche ciò che sta a noi come interlocuzione radicale. Roma 2009

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Opere












Superficie acquarello su carta cm 200 x 150


Primo bozzetto dell’opera acquarello su carta cm 100 x 70


Il Ventre di Gea (2001) terracotta e ferro cm 90 x 60 x 180


Natura morta (2002) terracotta e ferro cm 200 x 200

Il dono di Gea (2002) terracotta e ferro cm 20 x 40





Pagine precedenti: Estasi del libro (installazione) cm 100 x 600 Libri di terra (particolare) h 320 e h 400

La Scrittura del vento (2003) (superficie)



L’energia della scultura di Barbara Martusciello

Fiorella Corsi è un’artista dalla storia professionale disseminata da scelte molto determinate, che l’hanno portata negli anni a prediligere la scultura come massima espressione della sua indagine visiva. Ha conseguito studi filosofici e una specializzazione all´Accademia di Belle Arti con il maestro Giulio Turcato. Questo importante legame l’ha direzionata agevolmente verso la pittura; tuttavia dagli anni Novanta il suo lavoro convoglia, in maniera persino intima, sulla tridimensionalità e su una materia – l’argilla – che prevede, per suo stesso attributo, un vero corpo a corpo per animare intrinseci concetti e prendere forma. La Corsi vi affonda le mani, e si lascia coinvolgere fisicamente e poeticamente in questa sorta di lotta che ha qualcosa di rituale, almeno per lei, che ne emerge ogni volta “rinata” – afferma – con una produzione di vibrante veemenza e dalla rara perizia. Nulla, in questo suo lavoro, è impostato sulla “narrazione”, sulla pedissequa traduzione della realtà e sul registro didascalico; al contrario, si concentra su un’analisi linguistica del segno, dell’origine e del senso più profondo che deriva, sia dalla natura che dalla storia, e dalle diverse culture dell’uomo. Nelle sculture, parte del ciclo del Naso (1999-2000) – dedicate al personaggio di Pinocchio – il rapporto con la materia ha e palesa una sua forza di gravità; l’intensità ed esemplificazione della vicenda non è “raccontata”, ma trasla nel modulo del cono, metaforico – ap-


punto – del naso di collodiana memoria e nel quale si raccolgono i rimandi alla tragedia dell’essere umano. La forma si fa poi essenziale, primitiva, diventa metafisica e accoglie spunti sempre nuovi che si intersecano tra loro e a volte si sovrappongono in un continuo fluire di rimandi poetici; è il caso del Ventre di Gea, di Mediterranea, de La Scrittura del Vento, di Pagine di Sabbia, ma anche dei Semi, dei Melograni, dei Piedi Alati dell’installazione Le Orme del Pensiero. Terra terracotta cm 200 x 200

In questo senso va interpretato anche il più recente e imponente Altare Votivo, parte nodale di quella Porta della Bellezza inaugurata a Librino, per la Fondazione Antonio Presti, connessa a Fiumara d’Arte. Questo lavoro è ispirato al mito della Dea-Madre che l’artista sente da sempre argomento consono alla sua natura e alla sua ricerca: non a caso, la sua prima mostra è dedicata a Gea (2001). E dunque, il tema è analizzato dalla Corsi intendendolo come divinità che richiama la Terra e che quindi si riferisce a quel topos che l’essere umano sente appartenente da sempre alla sua evoluzione e alla sua storia, più fortemente a quella di genere – femminile – e che riguarda il primigenio. Tutto il percorso dell’artista – con la terracotta, piuttosto che con cartapesta, ferro o altro materiale plasmabile – prende forza e si sostanzia grazie a una profonda riflessione non mediata. Per questo predilige materiali naturali, sia nella scultura che nella pittura, terre policrome dai colori primari, tele grezze e legni di supporto. Il vasto territorio analitico, all’interno del quale si muove, è quello ancestrale; da questo spunto, assolutamente meditato e radicato, percorre tutte le diramazioni tematiche e le derive metaforiche ad esso connesse. La Corsi non è artista da mezze misure, né da analisi parziali, episodiche o strategiche – non a caso, abbiamo detto, ha portato avanti studi filosofici – e con la sua scultura e le installazioni giunge a trattazioni sempre

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relative a questioni universali, a massimi sistemi: la trasformazione, lo scorrere del tempo, il rapporto tra spirito e materia, le radici antropologiche e le simbologie dell’essere. Qui entra in gioco prima la trasmissione della memoria e della conoscenza orale, poi della scrittura: questioni di linguaggio, pertanto, legate alle origini della comunicazione e dell’autoaffermazione di una collettività fatta di singoli, ma di cui la Corsi privilegia la donna. Essa è perno, divinità madre o matrigna, Mater Genitrix, dalla quale tutto nasce e torna, seguendo un ciclo che rimanda a quello della Natura e del quale l’argilla e la terracotta nuda sono segnali esemplificativi. Nella Grande Madre, a cui è dedicato l’altare votivo, rielabora la forma di una delle statuette fittili appartenenti all’area mediterranea, sottraendole la sua fisicità tridimensionale, ma conservandone i contorni arcaici. Fa poi della superficie scultorea una sorta di crosta rocciosa che, come materiale fossile, conserva e rivela concrezioni, insetti, conchiglie: i resti di una sussistenza originaria. Il simbolo si smaterializza per testimoniare – chiosa la stessa artista – “la drammaticità del destino del nostro fragile pianeta”. A questo tema, dal 2001 la Corsi ha dato vita ad una copiosa produzione, tra cui si segnala Il Ventre di Gea: una ricostruzione di osso iliaco incurvato e metamorfico, tanto da acquisire le sembianze di una farfalla, per sempre catturata, dalle ali piegate, perché trafitte da uno stilo di ferro. La Corsi porta avanti la sua sperimentazione linguistica in modo concreto nelle riflessioni, nella scelta delle forme e nei materiali usati. Cerca e trova, spesso attraverso viaggi, ci dice, “alla scoperta di luoghi da vivere: deserti africani, vecchie miniere dove ritrovo 53


Canto notturno (2007) (bozzetto in argilla) cm 30 x 30 x 30

Naso mangiato dalle formiche (1999) tecnica mista (installazione) cm 300x cm 300 54

me stessa nelle forme scolpite dal tempo”; il tempo universale, che nelle sue opere si fa contenuto. Come la memoria, che passa dalla conoscenza orale a quella scritta (oggi anche via cyberspazio…). Così, partendo dall’osservazione del segno in natura, ed evocando il racconto di Borges “Il Libro di Sabbia”, nelle opere La Scrittura del Vento e Pagine di Sabbia il segno si smaterializza e diventa accenno, memoria. Lo sottolineava un video, proiettato durante la mostra su una lunetta di mattoni in terracotta che, assorbendo le immagini, dava l’idea della sparizione della traccia. Un libro di terracotta, posizionato a terra, per la lunghezza di circa sette metri, distendeva una varietà di piccoli elementi scultorei: lettere, animali, semi…. L’archetipico è territorio nel quale l’artista si muove con disinvoltura, ma la complessità semantica dei suoi lavori non è priva di una certa ironia che sottende la drammaticità della sorte umana, come dichiarano persino: il Naso malato o il Naso mangiato dalle formiche,


l’Uomo Istrice o la Donna Giraffa..., a volte anche i titoli stessi delle opere. Tale ironia non mai debordante e tutto il lavoro, lontano da eccessi o barocchismi, è sostenuto da sensualità plastica rigorosa, austerità formale che tende all´assoluto. L´arte, del resto, non ha questo nel suo dna? Non prevede l´apertura suggerita di un nuovo punto di osservazione sulla realtà, sensibile o metafisica, concreta o più speculativa?

Pagine di sabbia (2006) (particolare) terracotta – h cm 320

Dall´alto delle sue totemiche messe in scena, o dalla base delle sue pagine, dalla cima dei suoi altari, o più a terra, nel percorso tra acquarelli e piccole incisioni, Fiorella Corsi indica una via: quella dell´analisi di tracce e dei segni di paradiso perduto; quella purezza e quella conoscenza dove la storia ha inizio e mai fine.

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Copricapo rituale contro le iatture


Biografia

Altare votivo (particolare)

Fiorella Corsi vive e lavora a Roma. Si è laureata in Pedagogia presso l’Università agli Studi di Roma con una tesi in Filosofia della Storia. Contemporaneamente ha frequentato i corsi liberi di pittura presso l’Accademia di Belle Arti, tenuti da Giulio Turcato. Ha esordito come pittrice partecipando a varie mostre personali e collettive. Negli anni Novanta comincia ad operare nella scultura, per un bisogno fisico di instaurare un rapporto con la materia e lo spazio. Gli elementi prediletti sono la terracotta, il ferro e la cartapesta. La sua attività va dall’incisione alla pittura, dalla scultura all’installazione; noti sono gli allestimenti che ha realizzato in ambienti pubblici e privati. Recenti mostre personali dedicate esclusivamente alla scultura: Dal 2008 al 2009 l’artista ha portato a termine un’opera permanente nel Comune di Catania (Librino) per il nuovo spazio destinato all’Arte Contemporanea, su progetto di “Fiumara – Arte”: bassorilievo in terracotta di 49 mq (cm 700 x 680) dedicato alla Grande Madre. Nell’allestimento voluto dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Roma, in collaborazione con Torino Capitale Mondiale del Libro con Roma, per l’anno – Aprile 2006 Aprile 2007 – presso il Complesso Monumentale del Vittoriano, la scultrice ha presentato la mostra


La Scrittura del vento (particolare)

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Pagine di Sabbia. In questa occasione l’installazione La Scrittura del Vento (un vero e proprio work in progress), è stata arricchita di tre nuovi elementi, diventando una foresta evocativa. L’opera che ha dato il titolo all’evento: Pagine di Sabbia (h cm.330), era costituita da una serie di pagine in terracotta, impilate ad un sostegno di ferro, totem della memoria. Nel Luglio del 2005, presso il Forte del Sangallo di Nettuno, in occasione di Mediterranea – Festival Intercontinentale della Letteratura e delle Arti, ha presentato Minareto di Terra (h. cm.320) opera in terracotta e legno, ispirata all’architettura Butabu, dell’Africa occidentale. Nel Dicembre dello stesso anno la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma ha ospitato la sua nuova produzione, dal titolo Tra Cielo e Terra – Linguaggi e Scritture, dove il tema della scrittura attraversava i vari generi, dalla poesia (Canto Notturno), alla preghiera (..e le parole volano in cielo). In tale occasione l’artista ha esposto cinque installazioni in terracotta, ferro, piombo e tessuto, all’interno delle quali il pubblico veniva invitato a lasciare una testimonianza – tracce grafiche, conservate per le future edizioni. Contemporaneamente ha partecipato a mostre collettive, nazionali e internazionali. Nell’Ottobre del 2004 sulla nuova edizione dell’Enciclopedia dell’Arte, edita da Zanichelli, è comparsa una voce dedicata al suo lavoro. Nel 2003, su invito della libreria Einaudi e del Comune di Roma per il Palazzo Medici-Clarelli (Via Giulia), ha elaborato il suo primo allestimento sul tema della scrittura, dalle sue origini al segno in natura (la Scrittura del Vento), che ha occupato gli spazi interni ed esterni, compresa la strada che li


Pagine di sabbia

collega. La materia privilegiata per l’occasione è stata la terracotta. La medesima esposizione fu proposta dal Comune di Roma in occasione de “La Notte Bianca” (settembre 2003). Nel 2001 nella Galleria “La Cuba d’Oro” di Roma, ha esposto una personale sul tema del mito di Gea, con opere in terracotta e ferro, dove venivano rielaborati i simboli più rappresentativi della Dea Madre, nella loro drammaticità contemporanea. Nel 2000, presso il Museo-Laboratorio del Parco di Collodi (Pistoia) l’installazione Il Naso (in terracotta, rete metallica e cartapesta), ispirata al personaggio di Pinocchio, ha occupato una superficie di 350 mq. La stessa mostra, promossa dall’UNICEF, dal 20 Dicembre 2001 al 6 Gennaio 2002, è stata ospitata dal Comune di Firenze, presso il Museo degli Innocenti, nel salone del Brunelleschi, in occasione della manifestazione de’ I Mai Visti, capolavori presentati al pubblico, per la prima volta, dai depositi degli Uffizi. 59


Biography Fiorella Corsi lives and works in Rome and holds a Degree in Education from the University of Rome. Her university studies were combined with the study of painting at Rome’s Academy of Fine Arts under Guilio Turcato. She debuted as a painter, taking part in several individual and group exhibitions. In the 1990s she turned to sculpture, drawn by a need to develop a relationship with material and space. Her preferred materials are terracotta, iron and papier mâché and her work ranges from etchings to painting and from sculpture to installations. She has held high-profile exhibitions in prestigious public and private settings.

Pinocchio nella balena cm 140 x Ø60

Recent individual exhibitions dedicated exclusively to sculpture: In 2000 she presented an installation Il Naso (The Nose) at the Parco di Collodi museum. The work is in terracotta, wire and papier mâché covering an area of 350m² and is inspired by the character of Pinocchio. This exhibition was presented for a second time on the invitation of Florence City Council with the support of UNICEF and was held in the Brunelleschi room of the Degli Innocenti museum on the occasion of the I Mai Visti (Never Seen Before), an exhibition of works from the Uffizi repositories, which ran from December 20, 2001 to January 6, 2002. In 2001 she held a solo exhibition of works in terracotta and iron on the theme of the myth of Gaia held at the La Cuba d’Oro Gallery, Rome. In 2003, on the joint invitation of the Einaudi bookshop and Rome City Council, she presented an installation on the theme of writing with works in terracotta arrayed in various settings in Palazzo Medici-Clarelli, Rome. The same exhibition was repeated on the occasion of the ‘White Night’. An entry on this work ap-

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pears in the 2004 edition of The Encyclopedia of Art, published by Zanichelli. In July, 2005 her sculpture Minareto di Terra (Minaret) (h. 320 cm) in terracotta and wood featured in Mediterranea – the Intercontinental Festival of Literature and the Arts, held in the Forte del Sangallo, Nettuno. The work was chosen as the logo to represent the festival. In December the same year, her new work Tra Cielo e Terra – Linguaggi e Scritture (Between Heaven and Earth – Language and Writing) was hosted by the Central National Library, Rome. The work is composed of a series of five installations in terracotta, iron, lead and textile. Each contained an invitation to the public to leave a testimony in words or images to be conserved for future presentations. At the same time she took part in national and international collective exhibitions. In the prestigious Vittoriano complex (The Victor Emmanuel Monument in Piazza Venezia, Rome), she presented Pagine di Sabbia (Sand Pages) which included the installation La Scrittura del Vento (The writing of the Wind) a true work in progress incorporating three new elements transforming the work into an evocative forest. The sculpture which gave its name to the event, Sand Pages (h. 330cm) is a totem to memory composed of a stack of pages in terracotta supported by iron. The exhibition was organized by the Culture Department of the Province of Rome in collaboration with Turin World Book Capital and ran from April 2006 to April 2007. In 2009 the artist completed a bas-relief in terracotta (49m²), dedicated to The Great Mother, for Catania City Council as part of the “Fiumara – Art” project. The work is placed permanently in the City’s new contemporary art space.

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Alcune mostre collettive: Palazzo della Regione, Assessorato Pari Opportunità – Firenze; Zvereskij Contemporary Art Centre – Moscow; Jasnaja Poljana Art Gallery – Tula; Central’nyj Dom Chudoznjka – Moskow; Open Book Festival – London; Pontedera (LU); Palazzo Venezia – Roma; Palazzo Stolfi Ridolfi – Certaldo (FI) (2008); Rocca Paolina – Perugia; Castello Orsini di Vasanello – Viterbo (2007); Biblioteca Nazionale Centrale – Roma; Ex Magazzini Generali – Roma (2006); Galleria Arturarte – Viterbo; Museo Laboratorio Arte Contemporanea – Roma; Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea – Genazzano; Galerie Kiron – Parigi; (2005); Pinacoteca Comunale – Latina; Museo della Scienza – Napoli; “La Notte Bianca” – Roma; Ipogeo dell’Annunziata – Napoli (2004); Riparte Arte Contemporanea – Roma; La Notte Bianca – Comune di Roma (2003); Palazzina Liberty Palazzina Liberty Arte Contemporanea – Milano; Facoltà di Architettura – Politecnico di Milano; Espace Culture – Roquevaire (Francia); Grandi Stazioni Arte Contemporanea – Roma; Ex Fabbrica Mindol Formitrol – Alessandria; Sala della Ragione – Comune di Anagni (2002); Opera Paese Arte Contemporanea – Roma; Chiesa di San Leone – Pistoia; Galleria Comunale Arte Contemporanea, Videoteca – Roma; Sala della Ragione – Comune di Anagni; Fabbrica Dobfar – Anagni; Biblioteca Civica – Alessandria; MACEF – Milano; Istituto di Cultura Italiano – New York; Lavatoio Contumaciale – Roma (2001); Galassia Gutemberg – Napoli; Chiesa di San Leone – Pistoia; Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea Mediateca – Roma (2000). Pubblicazioni: Rossana Dedola e Mario Casari “Pinocchio in volo tra Immagini e Letterature” ed. Bruno Mondadori (2008); “Magis” ed. Morgana – Firenze (2008); R. Enciclopedia 62


dell’Arte ed. ZANICHELLI (2004); “Una Città – Un Dio – Tre Religioni, film documentario, (ricerca storico iconografica) – Comune di Roma (2000); La Scrittura del Vento ed. LITHOS (2003); L’arredo Virtuale Urbano” (atti convegno) Salone del Libro, Galassia Gutemberg – Napoli (1999); Michele Mancini e Giuseppe Perrella “Michelangelo Antonioni – Architetture della Visione” (1986). Hanno scritto:; Adele Cambria; Silvia Bordini; Valentina Bernabei; Alessandra Borsetti Venier; Pierfarncesco Bernacchi; Angela Carusone; Mario De Candia; Rossana Dedola; Elena Del Drago; Arianna Di Genova; Ivana D’Agostino; Ornella Fazzina; David Fiesoli; Pinella Leocata; Toni Maraini; Barbara Martusciello; Peter Mason; Danilo Maestosi; Antonella Ottai; Maura Picciau; Cesare Sartori; Vincenzo Maria Vita; Nori Zandomenego.

www.fiorellacorsi.it fiorellacorsi@libero.it www.librino.org

www.artapartofculture.org www.studio-idea.it www.rossanadedola.com 63


Minareto terracotta e legno cm 45 x 45 h 350


ISBN 978-88-89604-68-7

€ 20,00

9 788889 604687


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