prendimi • free press
novembre- dicembre 2015
anno
03
n • diciotto
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi
In questo numero:
Exit/Enter Muttnik IPunkYou
Una Notte di Qualità L'appartamento
Go Dugong Il Giardino dei semplici
Arlo Haisek Donne Oggi n5 Personal Stylist
1.
PERSONAL STYLIST. Una nuova professione? Ce lo spiegano quelli di N5 Potreste spiegarci che cosa vuol dire essere “personal stylist” e quale lavoro svolge questa figura professionale? Per capire che cosa fa un personal stylist è necessario innanzitutto comprendere che cosa fa esattamente uno stylist professionista. Lo stylist è una figura professionale che vive di moda a 360 gradi. Oltre che conoscere tutte le collezioni e gli eventi moda, deve avere una conoscenza approfondita anche di arte (pittura e fotografia in primis) cinema e musica. Deve essere padrone di un immaginario nella sua complessità per essere capace di proporre una singola immagine, affinché essa sia davvero curata in ogni minimo dettaglio stilistico. Tale immagine verrà poi veicolata tramite tutti gli strumenti di comunicazione più diffusi, come cataloghi, siti internet e ultimamente – e in modo massivo – attraverso i social media. Il personal stylist riporta tutte queste conoscenze in una consulenza d’immagine personalizzata. Un percorso finalizzato ad aiutare il cliente a comunicare il giusto messaggio attraverso il proprio aspetto. Come vi rapportate con la vostra clientela e quali sono i vostri clienti? N5 si occupa di migliorare l’immagine dei singoli clienti fornendo consigli e assistenza in merito a immagine personale, galateo, comportamento e shopping. La nostra clientela è molto varia, spazia da chi ha bisogno di una consulenza per un evento speciale – e ha quindi bisogno del nostro affiancamento dalla scelta dell’abito fino al make up –, alla consulenza corporate, i cui destinatari sono aziende che abbiano come obiettivo quello di creare un ben definito codice di abbigliamento e stile. Il personal stylist è il consulente che segue e consiglia chiunque voglia scoprire come valorizzarsi. Un risultato che si raggiunge attraverso un iter ben strutturato: analisi
della figura (struttura corporea); analisi dello stile, del viso (quale taglio o colore dona maggiormente al viso e come truccarsi per valorizzarsi al meglio); si prosegue poi con l’analisi del colore (scelta dei colori appropriati per valorizzare occhi e incarnato), analisi del guardaroba (riorganizzazione e planning del guardaroba seguendo sia le tendenze sia il proprio lifestyle) unita a tecniche di camouflage (come nascondere i punti critici del fisico e valorizzare i punti di forza. Ciascuno di questi singoli step è finalizzato alla costruzione di un’immagine armoniosa e di successo, che rispecchi pienamente lo stile di vita del cliente e la sua personalità. Ultimamente abbiamo dato inizio a un ciclo di “Salotti di Stile”, incontri durante i quali affrontiamo i temi e le “problematiche” più comuni. A Villa Bottini (Lucca), in occasione di Fashion in Flair, abbiamo parlato di come si può organizzare il guardaroba in maniera utile, riuscendo a tutelare il budget; a Firenze durante #StibbertinArt abbiamo affrontato il tema del Vintage Style. Saremo ospiti di un prezioso Atelier toscano per dei consigli di stile un po’ esclusivi e a breve in Versilia per parlare di come ricreare il proprio look con delle piccole accortezze. Blogger e fashion blogger: quali sono i vostri rapporti con queste figure trasversali? Indubbiamente, per noi, influencer e ambassador sono figure importanti; selezioniamo tra loro le più seguite per stringere collaborazioni e monitoriamo costantemente le loro scelte. Capita che il nostro cliente le segua e sia affascinato talvolta proprio dal loro stile; per questo, per poter consigliare al meglio, dobbiamo essere i primi a conoscerle più che bene. Tendiamo a collaborare con fashion blogger professioniste, per alcune curiamo l’immagine pubblica selezionando nuovi brands che possano identificare al meglio il loro stile. Siamo quindi “amici”, ma necessariamente tendiamo a curare la qualità delle nostre collaborazioni. Ma che cosa ne pensate della loro professione, la ritenete davvero ancora influente? Siamo nell’epoca dei nativi digitali, non è possibile offrire una consulenza completa se non si conosce il mondo delle blogger. Oggi il web ne è pieno e purtroppo esistono anche persone che credono che sia molto facile diventare blogger. Non è così, come in ogni professione anche qui servono preparazione, gusto e un'approfondita cultura di marketing e comunicazione, senza considerare la preparazione necessaria su costume e moda. Come agenzia stiamo molto attenti a selezionare blogger e influencer secondo i nostri standard “qualitativi”, ossia: ricerca, contenuti del blog e stile personale. H&M, Zara, e tutte le altre catene low cost, invadono lo stile urbano. Ma chi vuole differenziarsi, avere un proprio stile e fare ricerca nell’abbigliamento, dove può trovare alternative? L’alternativa è guardarsi intorno. Noi toscani siamo fortunati, non possiamo lamentarci. Dai piccoli artigiani agli showroom dei designer emergenti, abbiamo l’imbarazzo della scelta. Esistono piccole e medie realtà nel nostro territorio che ci permettono di scegliere con gusto, avere un’ottima qualità e tutelare il budget, basta saperle trovare e ricercare. Editoriale a cura di N5 immagine & events www.facebook.com/n5communication
3.
S’indorano e rosseggiano sui rami, scricchiolano sotto i nostri piedi, ci piovono addosso come si conviene alla stagione, eppure nonostante le bellissime foglie è il novembre più caldo degli ultimi anni. Il sole scalda anche se le giornate si sono accorciate e c’è chi ancora fa il bagno in mare! Indecisi tra una cioccolata calda e l’ultimo gelato vi accompagniamo alla scoperta de L’Appartamento, un nuovo spazio che ha aperto in via de’ Giraldi 8. Sembra di stare a casa di amici per l’atmosfera informale e accogliente, ma c’è da imparare e da divertirsi, il suo obbiettivo è combinare un’ampia offerta di corsi professionali a divertimento e arte. Durante le vostre notti “brave” in su e in giù per le calli fiorentine, non stupitevi se incontrerete dei giocolieri che vi ricordano di non urlare. Si tratta di quelli della Notte di Qualità. Un’iniziativa di “mediazione artistica” attraverso il gioco e la giocoleria con il fine di sensibilizzare al rispetto dell’ambiente circostante. Il 25 novembre è la ricorrenza della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. La data è stata scelta in ricordo del brutale assassinio delle tre sorelle Mirabal che tentarono di contrastare il regime di Trujillo in Repubblica Dominicana. Era il 25 novembre 1960 quando furono torturate e uccise. FUL vi invita a riflettere. Il 27 novembre esce il nuovo album di Go Dugong, NOVANTA per Fresh Yo! e 42records con la collaborazione di Bizzarre Love Triangles. Novanta come la paura? No, come gli anni ‘90 e la linea degli autobus di Milano. Il 1 dicembre, invece, cominciano le celebrazioni per i 470 anni dalla fondazione del Giardino dei Semplici. Tra i vari convegni e le installazioni in programma vi segnaliamo Taxina di Sedicente Moradi, dedicata a uno degli alberi monumentali del giardino. In via de’ Bardi invece un gioiello di bottega, quella del designer Arlo Haisek, nome straniero ma cittadinanza fiorentina doc e uno stile inimitabile. E poi ancora, la storia del collettivo Muttnik, tre grafici e illustratori che hanno unito le forze con ottimi risultati e ai quali dobbiamo la meravigliosa copertina di questo numero. Infine, dopo la Florence Biennale (di cui abbiamo parlato nello scorso numero), un’ennesima dimostrazione della vivacità della scena artistica fiorentina con ben quattro artisti: Exit/Enter di cui molti di voi avranno già visto gli “omini” sui muri del centro di Firenze (e non solo!). IMNOT, uomo dai mille nomi e dai mille interessi, che spazia dal disegno al video e alla scrittura con il suo progetto IPUNKYOU. Hana Sackler, fotografa originaria di New York che adesso vive a Firenze, ci ha regalato cinque splendidi scatti per la rubrica 5di5. Il suo interesse attuale sta nell’esplorazione del tema dell’identità attraverso le immagini (sia foto che video) e i suoni. Per chiudere in bellezza, nell’ultima pagina della rivista troverete un’illustrazione inedita di Alessandra Rodilosso, e poi gli auguri di Natale della nostra nuova collaboratrice grafica Daria Derakhshan. Buona lettura! Annalisa Lottini P.s. Veniteci a trovare anche nel sito FUL e nella pagina fb.
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi, Daria Derakhshan
www.firenzeurbanlifestyle.com
Ideazione e coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi Se sei interessato all'acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com
ringraziamenti
Nicola Giorgio / Muttnik, Alessandra Rodilosso, Hana Sackler, Daria Derakhshan, Paolo Luzzi, Andrea Grigioni, Yan Blusseau, Sedicente Moradi, Marco Castelli, Yuko Ishitsuka, Niccolò Giannetti, Centro Java, Fiorella Ilario, Arlo Haisek.
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FUL *firenze urban lifestyle*
18 p. 8/10
p. 28/29
intervista a exit/enter
GO DUGONG
p. 11/13
p. 30/31
UN APPARTAMENTO CHE NON È UN LOCALE
Donne oggi
p. 14/15
p. 32
UNA NOTTE DI QUALITÀ
Hana Sackler
p. 16/17
p. 33
le creazioni di arlo haisek
uno straniero a firenze
p. 18/20
p. 33
I punk you
un fiorentino all'estero
p. 21/23
p. 34
MUTTNIK, grafici nello spazio!
la pagina dell’artista
arte
lifestyle
reportage
artigianato
arte
design
p. 24/27 verde
il giardino dei semplici
musica
against violence
5di5
rubrica
rubrica
rubrica
Ilaria marchi
niccolò brighella
Firenze è la mia città. La amo e la adoro. Mi piacciono i vicoli stretti, le realtà nascoste. Girarla con la mia vecchia bicicletta era una cosa fantastica, era, perché adesso me l’hanno rubata, mannaggia!!! Non vi dico l’età ma sono una giovane grafica a cui piace respirare la libertà, mangiare cose buone e ridere con gli amici. •
Nasco il 16 giugno del 1978 in un antico paese della periferia fiorentina. Scrivo il mio primo racconto da bambino, narrando le vicende di un cucciolo di coccodrillo che, per caso e per fortuna, con l’ausilio di una stufetta e delle nevi eterne del Kilimanjaro, genera il grande fiume Nilo. Da allora, in un certo senso, non sono mai più sceso da quella esotica montagna (e mi sono innamorato di stufe e termosifoni). •
Marco provinciali Il gatto nella foto è Pandoro, il gatto della mia infanzia, periodo in cui alla domanda «cosa vorrai fare da grande» rispondevo sempre: il paninaio! Cotto e bel paese il mio preferito, anche ora che divido il mio tempo tra FUL e la realizzazione di guide ed eventi gastronomici. •
Julian Biondi
Jacopo Aiazzi
Sono nato venticinque anni fa nelle hills fiorentine, sognando di conoscere in ogni suo angolo quella città che vedevo affacciandomi dal balcone. Cresciuto, mi sono messo di impegno nel mio progetto e sono contento di dire che, nonostante il parer comune, Firenze riesce sempre a stupirmi. Sono un laureando in «Media&Giornalaio», amo leggere qualsiasi cosa e vorrei scrivere di qualsiasi cosa. Per ora non posso che definirmi: «studente per vocazione, barman per necessità e cazzeggiatore di professione». •
Nasco a Fiesole alle 5:30 di mattina del 23 settembre 1985, con una mano sopra la testa e il peso di 4kg e passa. Più fastidioso di così non potevo essere. Sono nato il giorno in cui è morto Giancarlo Siani, un giovane giornalista di ventisei anni ucciso dalla camorra a Napoli. Oggi ho la sua età e ancora non ho assimilato tutte le sfumature che il giornalismo può assumere. L'unica cosa di cui sono consapevole è il desiderio di coltivare questa conoscenza. Più appassionato della scrittura in quanto tale che del giornalismo, apprezzo ogni forma di quest'arte. La cosa che più mi codifica come italiano è l'amore per la pastasciutta, con qualsiasi sugo. •
S i lv i a B r a n d i Nata a Firenze Torregalli il 28 settembre 1987 (Bilancia ascendente Sagittario), di residenza isolottiana ma scandiccese d'adozione, a 20 anni decide che ha voglia di farsi qualche giro e passa 3 anni fra Londra, l'Australia e Parigi. Adesso è a Firenze in pianta semi stabile perché nella vita non si può mai dire. Per FUL traduce gli articoli in inglese, vivendo così nella paura che gli articolisti sentano nella traduzione stravolto il significato delle loro parole e l'aspettino sotto casa. Il traduttore è un mestiere duro ma qualcuno deve pur farlo. •
redazione mobile .6
Annalisa Lottini Pisana di nascita e fiorentina di recente adozione, arriva a FUL tramite il tip tap. Ama i libri e il loro mondo, la danza in tutte le sue forme e stare in compagnia. Lavora nell'editoria barcamenandosi tra mille passioni e impegni. Nei ritagli di tempo lavora per FUL in una attenta e faticosa caccia alla notizia e al refuso. •
daria derakhshan Classe '85, italiana di origini persiane, studi artistici e archeologici alle spalle, diplomata come grafica pubblicitaria presso la Scuola Internazionale di Comics. Sono Warhol dipendente. Adoro la moda, il cinema, la musica e ogni forma e tipo d'arte. •
La nostra redazione è in completo movimento, composta da fiorentini autentici e da coloro che hanno trovato a Firenze la loro seconda casa. La centrale operativa è nella zona Sant'Ambrogio ma l’occasione di incontri e riunioni è sempre una
jacopo visani
m a rco fa l l a n i
«Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport.» @JacopoVisani •
Amo il cibo, il vino e il sole, odio quasi tutto il resto. Proprio nel "bel paese", io ci trovo tutto questo. Per tre volte son scappato dalla piccola Firenze – che alla fine ho sempre amato – ma comunque torno sempre. •
Renzo Ruggi Nato ai piedi del Monte Amiata 24 anni fa. Studente di comunicazione all’Università di Firenze. Adoro scrivere, specialmente quando ho qualcosa da dire. Mi interesso di moda e costume, e amo l’artigianato in ogni sua declinazione. Per velocizzarmi, corro. Se rimane un po’ di tempo, realizzo oggetti in pelle e cuoio. •
chiara del prete
g i a n lu c a pa r o d i
Qui sono io 30 anni fa aggrappata a un muretto del molo di Viareggio, uno dei miei posti preferiti... insieme a Ponte Vecchio e Piazza Anfiteatro! Emigrata da Lucca per lavoro 3 anni fa, oggi vivo a Firenze dove amo perdermi tra le sue vie per scoprire angoli nascosti, vecchie librerie e locali carini dove ballare swing! •
Nato il 13 gennaio 1986… coi piedi nell’acqua di mare e il libeccio in faccia. Una passione vera, sfrenata, carnale per la storia dell’uomo e dell’arte, l’ha portato a svolgere tutte le occupazioni possibili, tranne che quella per cui ha studiato una vita. Lavora nella moda senza capirla, mai! Innamorato dell’amore, romantico nel senso tedesco del termine, vive per raccontare. Friedrich Wilhelm Nietzsche scrisse: «L'autore ragionevole non scrive per nessun'altra posterità che per la propria, cioè per la propria vecchiaia, per potere, anche allora provar diletto di sé.» •
M a r t i n a S c a p i g l i at i Quello della Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario sviluppatosi nell’Italia settentrionale a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento. Gli Scapigliati erano giovani tra i venti e i trentacinque anni, nutriti di ideali e amareggiati dalla realtà, propensi alla dissipazione delle proprie energie vitali, «… tutti amarono l’arte con geniale sfrenatezza; la vita uccise i migliori» (in introduzione, La Scapigliatura e il 6 febbraio, Sonzogno, Milano, 1862). Martina nata nel 1985. Sa leggere la musica, ama scrivere e cantare, è Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza. Vive a Firenze col suo adorato Jack Russel Napoleone, di anni 8. •
chiara mannocci Gemelli gemella, sono nata a Prato 27 anni fa. Da piccola volevo fare la parrucchiera, ma dopo aver sciolto i capelli di tutte le mie Barbie ho capito che non mi sarei più fatta fregare dalle apparenze, così ho cambiato. Mi sono laureata in linguee letterature comparate, e da poco sono diventata professoressa di inglese. Adesso insegno ai ragazzi che i capelli delle Barbie non sono veri e nel tempo libero traduco gli articoli per FUL. •
U n ot r e z e ro c i n q ueuno Nasco il 17. Di venerdì. Fino a 15 anni mi prendo sul serio, poi smetto. Passo la maggior parte del mio tempo in teatro, sul palcoscenico, in platea e in ufficio, a cercare un nesso convincente tra i dialoghi di Eduardo e il TFR. Vivo a Firenze da 10 anni e traslocando di casa in casa per circa 12 volte, ho imparato a conoscere tutte le vie. Anche quelle piccole, tipo Via d'Ardiglione. Nella vita avrei voluto fare la cantante, ma a 10 anni la maestra del coro mi disse TU LAGGIù, FAMO CHE MòVI SOLO LA BOCCA, SENZA SòNO. Non mi sono mai più ripresa e per questo profondo instancabile potente senso del continuo fallimento, faccio l'attrice. •
buona scusa per approfittare di una visita ai vari gestori di bar o locali che ormai da anni conosciamo. Una redazione mobile che trova nel supporto della rete il collante necessario per la realizzazione di ogni nuovo numero.
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FUL arte
CAN I PAINT FLORENCE? INTERVISTA A EXIT/ENTER SULL' ARTE URBANA FIORENTINA Testo di Roberta Poggi, foto di Adriana Desiderio
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irenze capitale del Rinascimento: ormai questa è la frase con cui la nostra città è conosciuta nel mondo. Ma in questa sfera di cristallo si muovono ombre notturne, voci e disegni che ridanno vita a muri e vicoli dimenticati: si rompe con il passato e si scopre una Firenze alternativa, viva e dinamica, che lascia il segno negli angolini più nascosti della città. La street art c’è anche qui, e va alla grande. Abbiamo incontrato uno degli street artist al momento più conosciuti, che ha bombardato Firenze con i suoi “omini” legati a palloncini volanti, a volte provocatori a volte alla ricerca di una via di fuga... ma da cosa? Ne parliamo con Exit/Enter in questa intervista. Iniziamo da una domanda classica: quando hai iniziato a disegnare sui muri? E come è nata l’idea degli “omini”? Questo “omino” è sempre stato una figura che ha fatto parte dei miei disegni su carta. Negli ultimi mesi del 2013, in seguito a un momento di riflessione e dubbi sulla mia vita, mi sono ritrovato a interagire maggiormente con questo personaggio che si muoveva e parlava nei miei sketch book, finché una notte ne ho liberato uno in strada. Hai preso spunto da qualche street artist in particolare? Ci sono molti artisti che mi hanno colpito, Blu è il primo in assoluto che ho incontrato: vidi le sue animazioni sui muri su internet e me ne innamorai. Poi Banksy, che descrive in maniera eccezionale i comportamenti umani contemporanei e che con la sua satira e forza nell’immagine obbliga a riflettere. Per quanto riguarda la voglia di agire, vivendo a Firenze ho visto in giro i primi lavori dei Guerrilla Spam. Penso che siano stati loro a mostrarmi la possibilità di interagire con la strada. Ma ce ne sono molti altri, anche nuovi, che seguo e che sono per me fonte di ispirazione. Ultimamente sto studiando molto Keith Haring e devo dire che sta influenzando parecchio il mio lavoro, sia dal punto di vista ideologico che stilistico.
Sei in contatto con altri street artist fiorentini? Sì, ci conosciamo, e con la maggior parte di loro spesso lavoriamo insieme. Da quando ho iniziato a dipingere in strada sono sempre in coppia con il mio amico e collega James Boy, spesso abbiamo viaggiato insieme e ci siamo affiancati nell’ideare disegni e progetti. In molte occasioni abbiamo lavorato con altri artisti fiorentini, che ormai conosciamo da tempo. Condividendo le stesse idee, abbiamo creato una sorta di gruppo non ufficiale dal nome “Renaissance is Over”. Per me è molto importante la collaborazione e il confronto con altri artisti e con James Boy abbiamo ideato un vero e proprio progetto. Che tipo di progetto? L’invito è rivolto a chi dipinge in strada: offriamo alloggio e guida per gli spot più interessanti della città, chiedendo in cambio la stessa cosa. Abbiamo già avuto due ospiti della scena reggiana, ovvero Pupo Bibbito e Lo Sbieco, che a loro volta ci hanno guidato per Reggio Emilia e Parma. Per noi questi “scambi culturali” sono stati molto interessanti, poiché danno l’opportunità di vedere altri modi di lavorare, creare amicizie e contatti con altre realtà, senza contare il fatto di viaggiare con gli artisti locali. Personalmente mi piacerebbe collaborare con persone che dipingono direttamente in strada, ma anche chi attacca poster o usa stencil è il benvenuto. Cosa ne pensi del contrasto tra street art e arte tradizionale? Credi che riuscire a coniugare le due in una città come Firenze che vive del suo passato artistico sia possibile? In realtà penso che non ci sia contrasto, sempre di arte e di espressione si parla: cambiano i luoghi, il pubblico e il contatto che si può avere con l’opera. Quando vai in una galleria sei tu che decidi di andare a osservare opere d’arte, sei in qualche modo preparato a ciò che incontrerai. In strada, invece, quei piccoli tocchi creativi ti balzano davanti agli occhi quando meno te lo aspetti, è un contatto diretto tra le persone che improvvisamente diventano pubblico. La coniugazione tra arte di strada e le gallerie è già avvenuta da un po’ di tempo, basta pensare che alla Biennale di Venezia di quest’anno c’era un intero padiglione dedicato all’urban art e sempre più gallerie trattano questo tema. La vera domanda è: come farlo capire anche alle istituzioni che si interessano di arte a Firenze? Io sto cercando da tempo di stimolare l’interesse del pubblico verso questo tipo di espressione, comunicando in maniera non troppo invasiva e cercando una buona integrazione con il volto urbanistico della città. Spero si inizi a comprendere che l’arte è cosa viva e in continuo mutamento. L’arte urbana può portare aria nuova nelle antiche e bellissime strade di questa città, qualcosa in più da vedere e offrire al cittadino o al turista, già estasiato dalle bellezze del passato e poi incuriosito dagli artisti del presente. Ma questo messaggio non sembra arrivare alle istituzioni, che periodicamente si occupano di cancellare in maniera sbrigativa anche i disegni più validi... per non parlare dell’invasione di cartelloni pubblicitari nelle strade. Parlando di arte urbana spesso si allude ai "pezzi", ma che ne pensi delle tag? Quello delle tag è un fenomeno sociale interessante e i disegni e l’arte urbana in generale derivano da questa forma di espressione. Personalmente credo che ci siano dei luoghi che senza firme sarebbero troppo asettici (ad esempio periferie cementate, stazioni e sottopassi) e altri luoghi in cui invece le tag non hanno molto senso (come palazzi storici e monumenti). Il writing vero è vandalico, non ha una funzione precisa: non vuole fare 9.
successo, non vuole comunicare con il pubblico, è per lo più un messaggio di ribellione, l’espressione del disagio che la società moderna ha creato, un affermare il proprio nome, uno studio di calligrafie e colori che solo chi fa parte di quella cultura underground può capire. Pensa che in questi ultimi anni i writer inizialmente vandalici sono arrivati a creare pezzi cosi belli da essere accettati dalle istituzioni, e spesso stanno prendendo una funzione decorativa. Hai un “omino” preferito? Le mie preferenze vanno a seconda del periodo. Ora sono fissato con un indiano con una chiave. Dove vorresti portare i tuoi omini? Italia, Europa, mondo... Ci sono molte città in cui vorrei dipingere, le più impegnative e sognate sono diverse capitali europee, che spero di visitare presto: Parigi, Berlino, Madrid, Londra... Tornando a Firenze, che dire... speriamo che eventi come Can I Paint It? dello scorso ottobre diventino quantomeno più frequenti: per strade con più disegni e meno cartelloni pubblicitari. •
ENGLISH VERSION>>>>
Although Florence is “capital of the Renaissance”, the street art is very alive, too. We have met Exit/Enter, one of the most famous street artists of the moment. Where did the idea of the flying “little-man” spring from? This “little-man” has always been a must in my drawings on paper. At the end of 2013, after a moment of reflection, I’ve started working on it until one night I’ve transposed one of them on a wall. Did you take inspiration from a street artist in particular? Blu is the first I’ve met: I saw his animations on walls on the Internet and I felt in love with them. Then Banksy, he describes perfectly the behaviours of contemporary humankind and with his satire and visual strength he forces people to reflect. I’ve also appreciated the first works of Guerrilla Spam which showed me the possibility to interact with the street. Recently I’ve been studying Keith Haring, who is influencing my work deeply. Are you in touch with other Florentine street artists? Yes, we know each other and we often work together. Since I’ve started painting in the street, I’ve always been in couple with my friend James Boy. We have worked with other Florentine artists and we have also funded a sort of unofficial group named “Renaissance is Over” and created a project together. What kind of project? We want to invite street artists to come here: we offer them accommodation and a tour in the most interesting spots of the city, asking for the same treatment in return. These “cultural exchanges” are very interesting for us because we can see different ways of working and create new contacts.
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What do you think about the contrast between street art and traditional art? Do you think it’s possible to join these two artistic expressions in a city like Florence which is very attached to its past? I think there is not a real contrast, they are just two different artistic expressions. When you go to a gallery you decide to watch specific works of art. In the street, differently, those little creative pieces jump out in front of your eyes: people become public unexpectedly. A connection between street art and galleries has already been reached; let’s think about the Venice Art Biennale where an entire pavilion has been dedicated to urban art. I hope the institutions will understand that urban art is alive and that it can really bring new fresh air in the ancient and beautiful streets of this city. When we talk about urban art we hint to “pieces”, but what do you think about tags? Tags are a very interesting social phenomenon, urban art derives from them. Personally, I think that some places without any signature would be very aseptic (e.g. suburbs, stations or underpasses), and that in some other places tags have no purpose (as for the historical buildings and monuments). The true writing is vandalistic: it’s mainly a message of rebellion. Where would you like to take you “little-men”? Italy, Europe, world… I’d like to work in Paris, Berlin, Madrid, London… As long as Florence is concerned, I hope that events like Can I paint it? (last October) will become more frequent so that streets can be full of drawings rather than of ads. •
FUL lifestyle
un appartamento che non e' un locale Testo di Unotrezerocinqueuno, foto di Marco Castelli
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’ero già stata in Via de’ Giraldi, in tarda notte, per una di quelle serate nascoste in cui poi incontri così tante persone da pensare che, in fondo, tanto nascosta quella festa non doveva essere. Circa un anno dopo torno in quel luogo, apprendo che ha un nome e che soprattutto ha una faccia. Si chiama L’APPARTAMENTO e ha il volto di Laura, Camilla e Francesca, le tre ragazze che se lo sono inventato e che incontro in un pomeriggio d’ottobre per capire meglio che cosa stanno facendo. Arrivo curiosa e appena mi affaccio, scopro un luogo che non ricordavo tale: diverse stanze con una grande luce, un parquet vissuto, carta da parati a tema ananasso, un bel bancone originalmente architettato. E soprattutto un caminetto, quella cosa, cioè, che più di tutte ti fa capire di essere in un appartamento e contro il quale avevo battuto la testa la famosa sera di un anno fa. Ora ricordo. L’ atmosfera è molto informale e accogliente e, essendo a pochi giorni dall’inaugurazione, fervono i preparativi. È stato un privilegio potervi entrare in questo momento, soprattutto per l’emozione e l’entusiasmo con cui le tre protagoniste mi hanno accolta. Noto subito che hanno gli stessi occhi, forse perché oggi mi stanno raccontando 11.
la stessa storia. Quella di una sfida che nasce dall’esigenza di costruire un luogo che fosse una proposta diversa rispetto al modo convenzionale di vivere i locali. L’appartamento non è la risposta a una necessità di essere alternativi nel senso main stream che oramai questa parola ha, ma nasce con l’idea semplice di essere un onesto esperimento in cui si provi a tenere insieme corsi professionali, divertimento e arte. L’idea è quella di creare un luogo trasversale in cui si può partecipare a un laboratorio di oreficeria, assistere a una proiezione e partecipare a un dj set, senza soluzione di continuità. Insomma stare lì insieme agli altri e abitare uno spazio, che in fondo, è un appartamento e che poco si preoccupa di una identità unica, preferendo una fluidità sia nei temi che nei destinatari. Questa storia comincia con un’eredità, con un passaggio delicato in cui un piano di un palazzo del 1500 che ha avuto come ultima funzione quella di ospitare uno studio notarile, diventa una start up e continua con un investimento per portare quelle stanze a nuova vita. Tanto lavoro e parecchio entusiasmo, hanno reso possibile questo luogo. Permettetemi solo una piccola nota: in questo momento di crisi e di insicurezza, chi prova a metter su un’impresa, tanto più se culturale, va ringraziato perché sta mettendo in un qualche modo la sua vita al servizio della comunità. Sembra esagerato, tanto più che, nessuno glielo ha chiesto, ma, diciamocelo chiaramente, in quella casa Laura, Camilla e Francesca potevano andarci a vivere e stop. E invece ne hanno voluto fare un luogo per tutti. Una casa independente, facendo eco a un locale che videro a Lisbona e che le colpì proprio per quella “aria di casa”. .12
ENGLISH VERSION>>>>
I come back to Via de’ Giraldi after a year and I discover that this place has got a name, L’APPARTAMENTO, and the faces of Laura, Camilla and Francesca, three girls who invented it in an autumnal evening of October. I’m very curious. When I arrive I find a very different place from the one I knew: rooms filled with light, an old parquet, wallflower with pineapples on it, a beautiful counter and a fireplace. The atmosphere is very informal and welcoming and I notice immediately that the three founders have got the same look in the eyes, maybe because they are telling the same story. The story of a challenge that springs from the need to build a different and unconventional place to live in. L’appartamento is not the answer to the necessity of being alternative, it’s just an honest experiment, in which professional courses, fun and art go together. The idea is that of creating a transversal place where you can take part in a laboratory of gold working, watch a projection and listen to a dj set. They have imagined a fluid place that you can share with other people but it’s not concerned in showing a unique identity. This story starts from an inheritance: a 16th-century-flat (in the past a notary study) becomes a start-up and brings new life to those rooms. A lot of work and enthusiasm have made this dream come true. In the first floor of the flat we can enrol in classes of Graphic Design, Comics, Gold working, Ceramic and Animation. On top of them you can also find theatre events, live music and dance. The space is composed by a bar, a lecture hall with a big mezzanine, a little balcony and a very vintage living room «where, if you want, you can watch a Disney cartoon, as you were at home». And when you think the tour is over, you realise that there is another little room, a small guesthouse, where the artists and experts that hold the classes can be hosted. One of the most modern aspects of this structure is the dialogue between the organizers and the public. Some time ago they published a call on Facebook where they asked people to propose ideas for classes, lessons, workshops and so on. Starting from these nominations, the three founders selected the projects and the experts. In a period of crisis and uncertainties, such people who try to set up enterprises of any kind, even more if they are cultural enterprises, must be thanked because they are offering their lives and passion as a service towards the community. This is what they said and stroke me more during the interview: «We don’t want to be a club, we are non interested in that. We want to do things that can enrich people and that make them feel full». How can you not go there? •
Nello specifico, al primo piano di Via de’ Giraldi, si potrà andare principalmente per seguire corsi tecnici di durata annuale di Arti Grafiche, Fumetto, Oreficeria, Ceramica, Animazione con a latere eventi dedicati al teatro, alla musica dal vivo, alla danza. Lo spazio si snoda tra il bar, l’aula magna con un ampio soppalco, l’aula minima, un terrazzino e una sala di passaggio molto vintage, «in cui se vuoi puoi vederti una cassetta della Disney, come nel salotto di casa». E quando pensi di aver finito il tour, ecco che scopri un’altra piccola stanza, una foresteria in miniatura dove poter ospitare gli artisti e gli esperti che terranno i corsi. A rendere contemporaneo questo spazio è soprattutto il tipo di dialogo che si vuole instaurare tra chi propone l’offerta formativa e chi la fruisce: qualche tempo fa, venne lanciata una call tramite facebook che invitava a proporre progetti, lezioni e workshop e a partire dalle numerose candidature ricevute, sono stati selezionati i professionisti che terranno alcuni dei corsi presenti. Questo perché ci sia un continuo scambio tra chi assiste e chi fa. continuo scambio tra chi assiste e chi fa. Di tutte le parole pronunciate durante l'intervista, mi è rimasta in mente questa frase: «Non vogliamo essere un locale, non ci interessa. Vogliamo fare delle cose per cui le persone che vi assistono si sentano piene». Come si fa a non andarci? •
13.
FUL reportage
UNA NOTTE DI QUALITA' Testo di Julian Biondi, foto di Centro Java
S
e dovessimo riflettere sul significato di “notte di qualità”, che risposta daremmo a questa domanda? Una bella serata passata in compagnia di amici; l’incontro di un amore fugace da consumarsi entro il mattino; una degustazione di shottini a giro per locali casuali; un divano, una coperta e un buon libro. Ognuno di noi ha in mente tante risposte e tanti possibili scenari. Non sempre però è una questione di qualità. A volte la quantità prende il sopravvento: la si misura in centilitri, in decibel o in grammi. Si finisce per fare cose stupide, prendersi libertà non concesse, comportarsi come non faremmo mai in qualsiasi altra circostanza. Forse se in quel momento qualcuno riuscisse dolcemente a farci capire dove stiamo sbagliando, il nostro comportamento cambierebbe. Qualcuno che si è preso la briga di farlo c’è. Sono i ragazzi e le ragazze della “Notte di Qualità”: operatori sociali, giocolieri, mimi e artisti che, grazie al supporto dell’ANCI Toscana, il Comune di Firenze e la Regione, stanno sviluppando un progetto di gestione della cosiddetta “movida” che finalmente non impone solo obblighi e divieti ma che, attraverso una interazione scherzosa e giocosa, ci fa riflettere sui nostri comportamenti. Potrebbe per esempio capitarci, uno di questi sabati sera, che una ragazza con una copertina sulle spalle si appoggi sulla nostra schiena e vi si appisoli, oppure che un ragazzo con
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la tuba ci si avvicini roteando una palla di vetro tra le mani per catturare la nostra attenzione. Cosa vogliono da noi? Sensibilizzarci su qualcosa che stiamo facendo male. Forse il tono della nostra voce è troppo alto, e c’è intorno a noi chi vorrebbe dormire. Te lo faccio capire assopendomi su di te. È questo il concetto, in parole povere, che sta dietro alla iniziativa che Stefano Bertoletti e Valentina Menzella, due mediatori e assistenti sociali, hanno proposto nel gennaio 2015 all’ufficio Città Sicura del nostro Comune. Prendendo spunto da progetti simili già rodati in Europa hanno messo in piedi un corso di formazione di 70 ore per persone interessate a conoscere le dinamiche che stanno dietro questi interventi di “mediazione artistica” – ovvero di interazione con soggetti più o meno molesti attraverso il gioco e la giocoleria – con il fine di sensibilizzare a una
“educazione da strada” che rispetti l’ambiente estetico circostante, il contesto sonoro e che indirizzi verso un consumo consapevole di alcolici. Grazie poi a un bando regionale hanno avuto la
possibilità di sviluppare questo progetto venendo finanziati per fare degli interventi nei luoghi principali di ritrovo sia di Firenze che di altre città toscane quali Pontedera e Livorno. Alla mezzanotte di questi sabati sera d’autunno tre artisti accompagnati da due operatori esperti escono dal loro quartier generale, il centro Java di Via Pietrapiana, e si
immettono nelle principali piazze di ritrovo della città. Il loro obiettivo è placare gli animi troppo eccitati, parlare e intervistare la gente su temi quali la gestione dei propri rifiuti notturni (sia organici che multimateriali), l’utilizzo di un tono di voce rispettoso dell’ambiente, la consapevolezza nei consumi di sostanze di vario tipo e, last but not least, il rendere noto che esiste un posto (il centro Java) in cui ogni venerdì e sabato dalle 2 alle 6 di notte, si può andare a “riprendersi” e rimettersi in sesto utilizzando la chill-out area, zona relax in cui si può stare sia in santa pace che interagire con gli assistenti sempre presenti, fare un alcool test anonimo e gratuito e persino gustarsi una calda e gratuita colazione. I passi mossi verso questo tipo di prevenzione lasciano ben presagire gli organizzatori del progetto, che stanno lavorando a un ulteriore sviluppo che coinvolga un numero maggiore di istituzioni e assessorati, artisti e interventi e più locali esercenti nelle zone “calde”.
La speranza è di creare un circolo virtuoso in cui ognuno faccia la propria parte in modo tale da non ritrovarsi – come puntualmente accade ogni anno – a fronteggiare l’“emergenza movida” con leggi da Far West che non giovano a nessuno.
Parlando con Valentina mi è venuto spontaneo – forse sentendomi anch’io in qualche modo coinvolto – spezzare una lancia nei confronti dei nottambuli fiorentini, e puntare il dito anche sugli studenti stranieri che fanno indubbiamente la loro parte di casino e inquinamento ambientale. La risposta è rincuorante: stanno lavorando anche ad una “english version” dell’iniziativa. Un progetto proprio... di qualità. •
ENGLISH VERSION>>>>
Everyone has his own idea of a high-quality night. It may be a night out with friends, or maybe a one-night stand, or even a night spent on very comfortable sofa with a good book. Unfortunately, sometimes, quantity prevails over quality. We drink too much and end up doing stupid things and behave in a way we would never do during the day. What if someone, in that very moment we’re misbehaving, could help us understand what we’re doing wrong? Someone is actually doing this. Social workers, jugglers, mimes and artists are working on a project supported by ANCI Toscana, Comune di Firenze and Regione Toscana. The project, called Notte di Qualità (Quality night, ndr), aims to help people understand when something is getting out of hand, through interaction. For example, we might see a girl with a little blanket pretending to fall asleep onto someone who’s being to loud, to help him remember that there might be someone trying to sleep nearby. Basically, they try to sensitise us. The idea came to Stefano Bertoletti and Valentina Menzella, who proposed it at the Comune di Firenze in January 2015. Taking the cue from similar projects already experimented in Europe, they made up a 70 hours training course which explains how this “artistic mediation” works. They eventually got financed and could bring the project also to Livorno and Pontedera. On Saturday nights, at midnight, three artists and two professional operators leave their headquarters ( Java centre, in Via Pietrapiana) to go to the main hangout places in Florence. Their goal is to calm the excited ones down, talk and interview people regarding night-waste, how they get rid of it. Notte di qualità project is doing pretty good, and now the two organizers are trying to involve more people, more institutions, more pubs, and they’re also working on an “english version” for the foreigner students who love to drink in our city. •
15.
FUL ARTIGIANATO
METALLO BRADO LE CREAZIONI DI ARLO HAISEK
«di giunchi e liane, spade, uncini, rami e serpenti, sassi ed anelli»
Testo di Renzo Ruggi, Annalisa Lottini Foto di Arlo Haisek Poesie di Anna Ragone
H
obo: randagio per scelta, assolutamente refrattario alla stasi fisica e spirituale, abituato a scorgere in un “altrove” qualsiasi, la temporanea ragione di un’esistenza errabonda. Questo è il ritratto sintetico di una figura in grado di incarnare e precorrere i caratteri salienti delle subculture avvicendatesi nel corso del ‘900: siamo al cospetto di un lavoratore stagionale alla costante ricerca di “qualcosa di meglio” che trovava nel nomadismo su rotaia l’unica cura al clima d’incertezza post crisi economica del ’29. Bastava saltare sul primo treno merci per “transumare” da uno stato all’altro di quell’America sempre più avara di promesse; bastava “ascoltare il canto d’acciaio delle rotaie” per trovare conforto nel sonno, in attesa di giungere alla destinazione successiva. .16
Così recitava la “Ninnananna dello hobo” (Hobo’s lullaby) di Arlo Guthrie. «Mio padre decise semplicemente di chiamarmi come l’interprete di una delle sue canzone preferite» spiega Arlo Haisek, trentacinquenne creatore di gioielli, che alla canzone di Guthrie, a mio parere, deve dell’altro: i suoi preziosi infatti paiono estrinsecare con tutta evidenza le atmosfere e gli stati d’animo evocati dalla figura dello hobo. I metalli, bandito l’utilizzo di resine e prodotti d’origine sintetica, vengono lasciati liberi di portare in superficie tutte le proprie asimmetrie, di ossidarsi e assumere nuances mai uguali a se stesse. Neanche le pietre, fulcro delle varie collezioni di anelli, sono rigidamente costrette ad assumere contorni non propri ma entrano a far parte delle composizioni esattamente per l’opposto: per esaltare il carattere più intimo e primitivo di un manufatto. Ciascun elemento pare appoggiarsi sull’altro
«nella notte dei tempi ho sognato ancora, quel sogno che solo posso fare» in maniera estremamente naturale, senza orpelli e senza conferire all’insieme la gravità tipica della sovrabbondanza. La formazione di Arlo si è compiuta tra Firenze, dove ha studiato presso l’Istituto d’Arte e l’India, in Rajasthan, dove ha studiato gemmologia e ha perfezionato la sua conoscenza delle gemme. Anni importanti che lo hanno portato a lavorare per importanti firme della moda come Ralph Lauren, Dior, Versace, Missoni, Givenchy. Recentemente le sue creazioni hanno attirato l’attenzione anche di Roberto Cavalli. Se siete curiosi di conoscere lui e le sue creazioni, lo trovate in Oltrarno, nella sua bottega di Via de’ Bardi 20 R. •
«andró per le lande con cavalli di luna e velieri di sole» ENGLISH VERSION>>>> Hobo: tramp by choice, absolutely resistant to physical and spirtual stasis, accustomed to see in whatever “somewhere else”, the temporary reason of his errabond existence. This is the sintetic portrait of a figure that embodies and anticipates the main characteristcs of the subcultures of the 20th century. «My father decided to name me after the singer of one of his favourite songs (Hobo’s lullaby by Arlo Guthrie)» explains Arlo Haisek, thirtyfive-year-old creator of jewels, who, in my opinion ows more to Guthrie’s song. His precious creations seem to externalize the atmospheres and moods evoked by the figure of the hobo. Making no use of resins and synthetic products, metals are free to show ther asymmetries, to oxidate and take always different nuances. Not even the stones, at the heart of his rings' collections, are rigidly bound to follow forms that do not belong to them. Every element seems to bear on the other in an extremely natural way, without frills and without conveying the gravity typical of overabundance. Arlo’s education started in Florence, at the Istituto d’Arte and continued in India, Rajasthan, where he study gemmology and perfected his knowledge of gems. These important years led him to work with important fashion brands such as Ralph Lauren, Dior, Versace, Missoni, Givenchy. Recently his creations have attracted the attention of Roberto Cavalli. If you are curious to know him or his jewels, just go to Oltrarno, in his workshop of Via de’ Bardi 20 R. • 17.
FUL arte
I PUNK YOU
UN PROGETTO MUSICALE DA NON MUSICISTA. DAL SUONO DELLE PAROLE ALLA VISIONE DELLE IMMAGINI CHE LE MEDESIME CREANO, TRA ASSONANZA E FRAINTENDIMENTO. DALLA REALTA` ALL'INAUDITO NASCOSTO IN ESSA. POTENZIATO E DISTORTO. Testo di Martina Scapigliati Immagini tratte da Scritti sul serio e Altari scritti (Imnot 2015)
Sofia Mauceri (5 anni) + Imnot «Ti volevo innanzi a tutto salutare, sia perché fa bene sia perché sento di dover andare,
FUORI LUOGO COME SEMPRE. ALTROVE, IN QUELL’“ALTRO E ALTO DOVE” IN CUI MI È POSSIBILE FAR ACCADERE LE COSE. HA INIZIATO A FARMI SCHIFO LACONSAPEVOLEZZA DI ESSERE UNA DIVINITÀ IN MINIATURA ED È PER QUESTO CHE LAVORARE LA TERRA ATTRAVERSO IL GIOCO, MI HA SEMPRE STANCATO QUANTO APPAGATO. HO CAPITO CHE SI INIZIA SEMPRE A METÀ DELL’OPERA, E COME L’OPERAIO OPERA CON I PIEDI PER TERRA, IO GIOCO CON LE PAROLE IN UN ATTEGGIAMENTO “TERRA TERRA”».
Guida alla lettura: procedere tramite l’utilizzo del terzo occhio, quello della mente. Andando per simbolismi, per contrapposizioni o per accostamenti, di parole omografe (cioè parole con la stessa grafia ma con significati diversi) o polisemiche (stessa parola ma con più significati), oppure tramite sostituzioni: stesse parole pronunciate in modo diverso assumono diversi significati («CHI SI ACCONTENTA RODE»). È IMNOT (WHYNOT), poi Antono Masia, ora Antinomia Sia: ed è proprio questo il punto. Il calembour e il gioco di parole gli han causato certe fissazioni. Tanto che il ragazzo si dichiara ora un «SENZA DETTO». .18
«IN ORIGINE ERA FARE PER DIRE. MENTRE ASSISTIAMO AL FENOMENO DI CHI SI FA PER POI DIRE E SE SI FA TANTO PER DIRE È PERDERE TEMPO AGLI OCCHI DI TUTTI».
Nacque Alessandro Di Grande (Augusta – Sr –, 07/05/1984). Col tempo si è privato del nome con lo stesso entusiasmo con cui gli fu dato. Nel suo “SCRITTI SUL SERIO E ALTARI SCRITTI”, spiega: «ETIMOLOGY IS AN HEAD’S LIMIT – QUANDO CON LE PAROLE GIOCO NON MI PIACE SCHERZARE. QUESTO PERCHÉ GIOCARE GIOVA SUL SERIO. FA BENE ALLA SALUTE E ALLE COSE SERIE. LA SALUTE È UNA COSA SERIA PERCHÉ GIOCA CON NOI. LO SCHERZO NO, GIOCA CON SE STESSO A NOSTRE SPESE, RISCHIO E PERICOLO. A NOSTRO RISCHIO È VEICOLO. IO VORREI VEICOLARE I RISCHI CHE CORRO QUANDO GIOCO, MA NON SEMPRE MI RIESCE COME DA INTENTO».
Dal 2004 IMNOT vive, punk, a Firenze. Rispetta un’iconografia punk osservando citazioni francescane: il cappuccio in testa lo indossa sempre, sempre nero, a incorniciare occhi tondi dal chiarore opaco, calcareo, dallo sguardo invasato. Si muove per accelerazioni, trascinando pesanti anfibi. Il corpo è cosparso di tattoo. E ha tatto, oltre che nel dipingere, anche nei suoni, che ripete, col suo basso fuxia e strumenti musicali giocattolo per bambini, in esasperanti musiche che mantengono le strutture dei mantra. Di Grande ha studiato pittura e disegno all›Accademia di Belle Arti a Firenze col Maestro Adriano Bimbi: le opere di IMNOT sono scavate dal nero. Si muove ora, contemporaneo, a piede libero e luci spente nell’ambito della pronuncia e il suono delle parole, spaziando da Ignazio Di Loyola a Luigi Tenco. Si è concentrato infine sul potere esercitato dalle parole che sono formule e sempre possono toccarti, una volta lasciato il riparo dei denti. Confessa contorti principi. Costruisce abissi fai da te. Ci sprofonda. Poi IMNOT si comporta da cyborg-poeta e invece è un mago, perché la poesia è un sortilegio. Scrive, e mortifica lo stile perché sa quel che scrive. Le parole per Di Grande non sono terminate nel senso di “termine”, che altrimenti sarebbero già condannate alla loro fine, alla loro interpretazione e quindi al fraintendimento.
"Scritti sul serio e Altari scritti" Imnot 2015
«PUNK, IN ORIGINE “MERETRICE, PUTTANA” È UNA PAROLA CHE NON HA TERMINE, SUONA BENISSIMO E PUÒ SOLO ESSERE ASSOCIATA ALL’USO CHE SE NE È FATTO (per IMNOT anche Shakespeare l’ha usata), OGGI PUÒ ESSERE ASSOCIATA A NOMI COSE E CITTÀ, OLTRE AL CAZZO CHE TI PARE».
19.
Da quando FB è diventato diario, Di Grande lavora ad IPUNKYOU (www.ipunkyou.com). IPUNKYOU è una causa, un progetto, che subirà variazioni nel concept. Forse un modo di sentirsi anormali psichici. IMNOT suona e pensa per immagini. Evoca forze (immagini con altre immagini) tramite installazioni audiovisive. Il suo happening è pensato per la città di Torino, capitale magica dell’esoterismo, ed è anticipato dal “NON CE NE FOTTE UN CAZZO TOUR”, che prevede una serie di interventi, per mezzo di musica e installazioni video, tra i più vari e spesso irritanti, pensati per i luoghi d’arte contemporanea. Parole pronunciate e immagini sparate. IPUNKYOU è anche un disco, registrato per l’etichetta Stuprobruciorecords (www.stuprobrucio.com), raccoglitore di artisti deliranti tra i quali POP X, Gioacchino Turù, Bella Veneziae, (b)ananartista, hawaii8, Key-Lectric, Trevius!, Leucoiaco. A un primo incontro, risulta sempre insopportabile. Con lui nessuno può illudersi di avere vita facile. Il suo matrimonio con la Struprobrucio rappresenta una tendenza: forse anche lui un giorno divorzierà per sposare il delirio. Per citare uno dei migliori autori italiani di questo genere, il ragazzo «si spezza ma non s’impiega». Socialmente non pericoloso, ma da tenere sotto controllo e bloccare se comincia a essere compreso da più di due
«Un gioco di parole è una pistola all’orecchio, non una piuma per solleticare l’intelletto» (Charles Lamb, Ultimi saggi di Elia, 1833). •
persone.
"Scritti sul serio e Altari scritti" Imnot 2015
ENGLISH VERSION>>>>
«FIRST OF ALL I WANTED TO SAY HELLO, BECAUSE IT'S GOOD AND BECAUSE I FEEL I HAVE TO GO OUT OF PLACE AS ALWAYS. SOMEWHERE ELSE, IN THAT OTHER ELSEWHERE WHERE I CAN MAKE THINGS HAPPEN THE AWARENESS OF BEING A TINY DEITY MAKES ME SICK THAT’S WHY TILLING THE SOIL HAS ALWAYS WORN ME OUT AS MUCH AS IT HAS SATISFIED ME. I UNDERSTOOD THAT WE START HALFWAY, AND AS THE WORKER WORKS KEEPING HIMSELF GROUNDED, I PLAY WITH WORDS WITH A GROUND TO GROUND ATTITUDE». Guide for readers: proceed by using your third eye. Go for symbolisms, juxtapositions and contrasts of homographic and polysemic words, or for substitutions: same words differently pronounced acquire different meanings. He’s IMNOT (WHYNOT), then Antono Masia, now Antinomia Sia: and this is the point. Wordplays caused him some obsessions. Originally named Alessandro Di Grande, born in Augusta on 7th of May 1984, he lately got rid of that name with the same enthusiasm he was given it. In his SCRITTI SUL SERIO E ALTARI SCRITTI, explains: «ETIMOLOGY IS AN HEAD’S LIMIT – WHEN I PLAY WITH WORDS I DON’T LIKE PLAYING AROUND BECAUSE PLAYING REALLY HELPS. IT’S GOOD FOR OUR HEALTH AND IT’S ALSO GOOD FOR SERIOUS THINGS. HEALTH IS A SERIOUS THING BECAUSE IT PLAYS AROUND WITH US. A JOKE NO, IT PLAYS WITH ITSELF AT OUR OWN COST, RISK AND PERIL. AT OUR OWN RISK IS TRANSMITTED I WOULD LIKE TO TRANSMIT THE RISKS I RUN WHEN I PLAY, BUT I DON’T ALWAYS SUCCEED».
"Scritti sul serio e Altari scritti" Imnot 2015 .20
IMNOT has been living in Florence since 2004. He’s full of tattoos and always covers his head. He studied painting and drawing at Accademia di Belle Arti in Florence with Maestro Adriano Bimbi. He moves among pronunciations and words’ sounds, concentrating on the power of words and formulations. He’s a magician, as poetry is witchcraft. Di Grande has been working to IPUNKYOU (www. ipunkyou.com), an evolving project, which involves audiovisual installations. It was meant for Turin, magic city of exoterism, and is anticipated by “NON CE NE FOTTE UN CAZZO TOUR” (“WE DON’T GIVE A SHIT TOUR”, ndr). IPUNKYOU is also a music album, registered for Stuprobruciorecords label. When you first meet him, you find him intolerable. There’s no quiet life with him around. He’s no social danger, but is to be kept under strict control and blocked if understood by more than two people. •
FUL DESIGN
muttnik, grafici nello spazio ! L'incontro con Silvia, Alberto e Nicola del collettivo di grafici e illustratori Muttnik, in viaggio su una navicella spaziale tra grafica, libri, bambini e serigrafia. Testo di Jacopo Visani, foto di Muttnik
F
inalmente riusciamo a incontrarci tutti insieme alla libreria Todo Modo, un mercoledì mattina autunnale che lascia spazio ancora a qualche raggio di sole. Tre ragazzi, veramente giovani. Non come tutti i quarantenni che definiamo tali, probabilmente per rendere l’instabilità delle loro vite meno amara con la dolce illusione che un futuro stabile sia perennemente a venire. Silvia Agozzino, nasce nell’entroterra siciliano, ma cresce sulla costa. Studia Grafica per la Progettazione all’Accademia di Belle Arti di Catania, emigra per un anno di ricerca a Copenhagen e porta a termine i propri studi all’ISIA di Urbino in Comunicazione e Design per l’Editoria. Alberto Bolzonetti, fabrianese, ma fiorentino d’adozione, inizia il suo percorso universitario all’ISIA di Firenze e lo termina in quello di Urbino, specializzandosi in Comunicazione e Design per l’Editoria. Nicola Giorgio, nasce e cresce a Firenze, si sposta a Urbino per studiare Progettazione Grafica e Illustrazione anche lui all’ISIA e, nel frattempo, passa qualche mese in Erasmus a Bruxelles. Com’è facile immaginare la cittadina universitaria marchigiana ha fatto da fulcro per il loro incontro; Silvia e Alberto frequentavano la stessa classe mentre Nicola, di qualche anno più giovane, aveva appena iniziato l’università. Una volta terminate le fatiche accademiche, Alberto e Silvia si ritrovano a Firenze per lavoro. Scaduti i rapporti con i rispettivi studi, iniziano a lanciare curriculum come fossero shuriken, senza cogliere però nessun bersaglio. La tentazione di cercare fortuna in città italiane più grandi o di trasferirsi all’estero si fa forte, ma le strane leggi della fisica del lavoro nel loro caso hanno seguito il controintuitivo assioma secondo il quale se non c’è spazio per due individualità singole, può essercene invece per un gruppo di tre. Alberto e Silvia decidono, infatti, di intraprendere un percorso alternativo e fondare Muttnik, a Firenze, che raggiunge il suo organico completo con il ritorno del neo-laureto Nicola. Muttnik è un collettivo di “progettisti a partita IVA” specializzati in comunicazione visiva, editoriale e illustrazione, con uno sguardo attento nei confronti delle realtà culturali e interesse per l’organizzazione di eventi in questo settore.
A unirli una forte passione per l’espressività grafica, sia digitale che cartacea. Alberto – sarà perché cresciuto a Fabriano, la cartiera d’Italia – parla con passione della carta, non solo come il supporto materico per molti dei loro progetti, ma anche come un universo dove orientarsi con i propri sensi: tatto, olfatto, vista e anche – perché no? – udito! Spesso, infatti, devono immergersi con piacere nell’affascinante mondo – sospeso tra passato, presente e futuro – delle tipografie fiorentine per controllare con mano il risultato dei loro lavori: le copertine di libri, la pagine di cataloghi o gli ultimi volantini freschi di stampa. Al momento della loro nascita, circa un anno fa, Firenze sembrava loro una città capace di offrire buone possibilità di lavoro, forse anche perché meno popolata di concorrenti rispetto a realtà più grandi come Roma o Milano. Nicola ha ritrovato 21.
un’atmosfera in fermento se paragonata a quella che aveva lasciato prima di allontanarsi per gli studi. I lavori, fin da subito, non si sono fatti desiderare, tra questi, solo per citarne alcuni, una collaborazione stabile con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, la creazione dell’identità grafica e il sostegno nella comunicazione per varie attività fiorentine – Lo Sverso, Xenos Arte Contemporanea, Todo Modo, L’Appartmento, ecc... – e la realizzazione di libri per alcuni fotografi da loro molto apprezzati. Muttnik crea e tiene anche laboratori per bambini. Questi possono prendere spunto dai contenuti più disparati, ma hanno sempre come esito la realizzazione da parte dei piccoli partecipanti di artefatti legati al mondo della scrittura calligrafica, dell’editoria e della comunicazione. Un solo esempio tra tanti: per il laboratorio “Il ristorante del popolo” – creato e realizzato assieme al progetto contro lo spreco alimentare SenzaSpreco – i bambini erano portati a riflettere sulla quantità di cibo ancora buono che gettiamo, a inventare delle ricette per salvarlo e a comporre graficamente dei ricettari. Secondo Nicola, questi laboratori sono molto importanti per colmare le tante lacune di un sistema scolastico sempre più indebolito dai tagli. A Silvia, invece, piace l’intensità e la sincerità con la quale i bambini rispondo agli stimoli. Hanno anche contribuito a fondare Stampax, un’officina aperta a gestione comune che offre la possibilità di conoscere la serigrafia e di stampare con questa tecnica. Ah, pochi giorni fa, sono pure stati selezionati tra i migliori cinquanta grafici italiani
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emergenti per la mostra “Millennials” che si terrà alla Fabbrica del Vapore di Milano dal 4 al 7 novembre. Muttnik è il nome con cui nei paesi anglofoni è stata soprannominata Laika – la canina che fu lanciata nello spazio a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2. La parola è un composto di mutt – bastardino in Inglese – e della parte finale del nome della navicella. La
scelta di questo nome rispecchia la scommessa originaria del collettivo: lanciarsi nello spazio per vedere se sarebbero ritornati sulla terra “vivi”. Per adesso, non solo sono vivi, ma anche molto impegnati e carichi di energie e nuove idee.
Quando li ho incontrati la prima volta erano ancora nomadi. Adesso che hanno anche trovato uno spazio presso L’Appartamento, chi li ferma più!? •
ENGLISH VERSION>>>>
We met the three young members of Muttnik at Todo Modo bookshop. Silvia Agozzino, born in the Sicilian hinterland, grew up on the coast. She studied Graphic Design at Accademia delle Belle Arti, in Catania. She went to Copenhagen for a year to make some research and then she finished her studies in Communication and Design for Publishing at the ISIA of Urbino. Alberto Bolzonetti from Fabriano started University in Florence at the ISIA and he finished it in Urbino, specialising in Communication and Design for Publishing. Nicola Giorgio, born and raised in Florence, moved to Urbino to study Graphics and Illustration in the same university. Once their studies were over, Alberto and Silvia decided to move to Florence for work and to create this collective together with Nicola. At the beginning they were tempted to move to bigger foreign or Italian cities. Then they followed an anti-intuitive thought: «if there is no space for two of us, probably there will be some for three». Muttnik is a collective project of “designers with a VAT”, specialised in visual and editorial communication, illustration, paying attention to cultural events and events management. But works arrived very soon: a stable collaboration with the Centre of Contemporary Art Luigi Pecci in Prato; the creation of the graphic identity of different working activities in Florence like Lo Sverso, Xenos Arte Contemporanea, Todo Modo, L’Appartamento, etc., and the production of books for some photographers. Muttnik has also made its
contribution towards funding Stampax, an open laboratory with a shared management where you can study serigraphy and print with this technique. In the free time they manage some workshops for children. They help them to create some works linked to the world of calligraphic writing, of publishing and of communication. An example: for the workshop “The restaurant of the people” – in association with SenzaSpreco – the children had to reflect on the quantity of food we waste everyday, making up some recipes to save it. These workshops are very useful because they bridge a gap left by the school system, says Andrea. Silvia, differently, appreciates the sincerity with which the children respond to them. Recently they have been selected among the 50 best emerging Italian graphic designers for an exhibition called “Millennials”. It will take place at the Fabbrica del Vapore in Milan, from 4th to 7th November. The word Muttnik comes from the name given by the anglophones to Laika, the dog sent into space inside the Russian capsule Sputnik 2. It is a mix between mutt and the final letters of the capsule. The choice of this name reflects the initial bet of this group: sending themselves into space to see if they would have come back “alive”. For the moment they are alive and very busy but also very full of new ideas. When I met them for the first time they were still nomad, now they have a study inside L’Appartamento. Who will stop them? •
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FUL VERDE
IL GIARDINO DEI SEMPLICI RADICI FIORENTINE DA 470 ANNI Testo Chiara Del Prete, foto Andrea Grigioni e Niccolò Brighella Il 1 dicembre 1545, per volere del duca Cosimo I de’ Medici, venne stipulato un contratto di affitto con delle suore domenicane per la cessione di un pezzo di terreno da adibire a orto accademico destinato all’uso degli studenti di medicina. Uno degli orti più antichi al mondo con quelli di Pisa e Padova, si chiamava anticamente “Giardino dei Semplici”, dal nome dato, fin dal Medioevo, alle piante medicinali. Oggi si sviluppa su un’area di oltre due ettari tra via La Pira, via Micheli e via Gino Capponi, e fa parte del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. Passato all’Accademia dei Georgofili nel 1783, in seguito alla chiusura della Società Botanica, nel corso dei secoli, fu arricchito di molte piante rare raccolte in tutto il mondo. Oggi, nelle sue serre, sono ospitate le piante tropicali e subtropicali tra cui, particolarmente importanti, la collezione di Cicadee, parte importante della flora del Mesozoico, Ficus, palme, agrumi, piante succulente e acquatiche. All’aperto troviamo la vasta collezione delle piante alimentari, particolarmente importante dal punto di vista didattico, una ricchissima distesa di rose antiche e moderne, aiuole di piante medicinali e velenose. Di grande suggestione sono i 5 alberi dichiarati “monumentali”, da una Legge della Regione Toscana, in quanto esempi di maestosità e longevità. Minacciato dalla tromba d’aria che ha colpito Firenze il 19 settembre del 2014, il Giardino è riuscito a riaprire al pubblico nell’aprile di quest’anno pur avendo subito molti danni come ci racconta il responsabile dell’Orto, Paolo Luzzi: «È stata la tragedia naturale più grossa nella vita dell’orto, .24
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It was the 1st December 1545, when Cosimo I de’ Medici rented a plot to the Dominican nuns that would be used as an academic vegetable garden by the student of medical science. In times past it was called “Giardino dei Semplici” (Garden of the Simples, ndr), from the medieval name used for medicinal plants. Nowadays it covers an area of more than two hectares and it is part of the Museum of Natural History of the University of Florence. In its greenhouses there are tropical and subtropical plants, among them a collection of Cycads, a very ancient species from the Mesozoic period, and also Ficus, palms, citrus, succulent and aquatic plants, modern and antique roses, flowerbeds of poisonous plants. Of great fascination are 5 “monumental” trees, so-defined by a Tuscan law for their incredible longevity. In September last year the garden was hit by a tornado as Paolo Luzzi, manager of Orto Botanico says: «It's been the most important natural catastrophe in the life of the garden, however, this event has given us the opportunity to rethink the garden and reconnect it with the environmentalist and cultural associations and also with the Florentines. We have rebuilt the garden with new flowerbeds and signage, a reviewed didactic, scientific and aesthetic offer. We re-opened just after a few months and organized a lot of events. The work is proceding slowly, evaluating the needs of the city of Florence». The visits are now more interactive thanks to a new technology called Nearbee, a bluetooth application that allows a guided
dopo l’alluvione e la bomba all’ambasciata spagnola; tuttavia questo evento ci ha dato modo di ripensare all’orto e riallacciare i rapporti con le associazioni ambientaliste, culturali e con i fiorentini. Abbiamo ricostruito un nuovo orto, aiuole, segnaletica, riordinato le collezioni, ampliato l’offerta didattica, scientifica ed estetica. Abbiamo riaperto dopo pochi mesi e organizzato tantissimi eventi. Il lavoro deve andare avanti piano piano, valutando i bisogni della città di Firenze». Le visite sono rese ancor più interattive anche grazie alla presenza delle nuove tecnologie come Nearbee, un’applicazione che grazie al bluetooth permette di svolgere un percorso guidato all’interno del giardino. Le nuove tecnologie vanno infatti ad accompagnarsi alla vocazione didattica dell’orto che prevede molti itinerari diversificati in base ai vari tipi di pubblico. Nuovi progetti sono resi possibili anche grazie alla campagna di crowdfunding partita in seguito al disastro della tromba d’aria grazie alla partnership con Planbee, la piattaforma per la raccolta fondi per il “green” in Italia. «All’inizio è stato per sistemare l’orto e recuperare le piante, ora c’è un altro progetto: costruire un’olfattoteca per i non vedenti e per tutti coloro che desiderino fare questa esperienza sensoriale», spiega Paolo Luzzi «essa andrebbe ad aggiungersi ai tre percorsi per non vedenti che abbiamo già sulle erbe aromatiche e sugli alberi monumentali». Tra questi, il Taxus baccata, sarà tra i protagonisti delle celebrazioni dei 470 anni dell’Orto Botanico grazie all’installazione Taxina dell’artista fiorentino Sedicente Moradi. Dal 1 dicembre Moradi avvolgerà il suo tronco con listelli di legname da edilizia che riprodurranno, appunto, la molecola della Taxina, principio attivo della pianta che, se somministrato in dosi elevate può essere letale per l’uomo. L’esemplare dell’Orto, con i suoi 18 metri di altezza è l’albero più vecchio del Giardino, fu seminato nel 1720 da Antonio Micheli, direttore dal 1718
tour inside the garden. The new progects are made possible by the crowdfunding campaign that started after the disaster in partnership with Planbee, a platform for gathering funds for “green” causes in Italy. «At the beginning it was for fixing the garden and the plants, now we have another project: building a sort of library of smell for blind people», explains Paolo Luzzi «and this will be in addition to the other routes for the blinds that we already have on aromatic herbs and the monumental trees». Among them, the Taxus baccata will be the protagonist of the celebrations for the 470 years from the foundation of the Orto Botanico thanks to the installation Taxina by Florentine artist, Sedicente Moradi. He will cover its trunk with listels of building wood that will reproduce the molecule of Taxina, the active ingredient of the plant, that in high dosis it's lethal for men. The tree is 18-metre-tall and the eldest in the garden. It was sown in 1720 by director Antonio Micheli. Shakespeare narrates that drops of taxina were used to kill Amlet's father, however nowadays the plant's extract is used in the treatment of cancer. Talking about it, Yan Blusseau, curator of the installation, quotes Paracelsus' words «Poison is in everything, and no thing is without poison. The dosage makes it either a poison or a remedy» and Moradi creates an evocative dialogue between the creative and distructive power of Nature. The installation is part of a rich program of events and conferences organized for the anniversary. •
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al 1737. La sua buona resistenza alla potatura la fece diventare una pianta molto comune nei giardini già nei secoli scorsi e, ancora oggi, il suo legno flessibile e molto resistente lo ha reso materia prima prediletta per la fabbricazione di archi e frecce, e per la realizzazione di sculture vegetali. Tuttavia, sebbene alcune gocce fossero state utilizzate anche da Shakespeare per far uccidere il padre di Amleto, oggi un estratto della pianta è un’importante medicina usata nella cura di tumori. Tale dicotomia, che Yan Blusseau curatore dell’installazione introduce citando la celebre affermazione di Paracelso: «Tutte le cose sono veleno, niente esiste senza veleno. Il dosaggio soltanto rende il veleno innocuo», è infatti insita nella trama lignea dell’opera di Moradi che instaura con il grande albero un dialogo evocativo del potere distruttivo e creativo della Natura. L’installazione visibile fino a febbraio, va ad inserirsi in un ricco programma di iniziative come l’apertura a ingresso gratuito dalle ore 10 alle ore 16.00 nella giornata di venerdì 1 dicembre o l’importante convegno che, nelle giornate del 30 novembre e 1 dicembre, prevede interventi che cominciando da aspetti storici andranno poi a esplorare il rapporto tra uomo e piante da un punto di vista medico, filosofico e artistico. Tra gli eventi anche importanti mostre: la prima sull’evoluzione edilizia e architettonica del Giardino dei Semplici visibile alla Specola fino al 22 febbraio dove i visitatori potranno ammirare immagini e mappe antiche. Nelle Serre Fredde del Giardino dei Semplici sarà invece possibile vedere “I Volti degli Alberi”, di Lucilla Lauricella, artista che dagli anni Novanta con la fotografia cerca di restituire l’anima e lo spirito delle piante. L’Ostensio del Giardino ospiterà, poi, la mostra fotografica “Nella serra delle orchidee”, a cura di Andrea Grigioni, mentre nella sede dell’Accademia dei Georgofili, il 2 dicembre sarà inaugurata l’esposizione “Citrus, l’Oro dei Medici”, personale di acquarelli botanici della pittrice fiorentina Simonetta Occhipinti. • ORTO BOTANICO – GIARDINO DEI SEMPLICI Via P.A Micheli, 3 Firenze Fino al 31 marzo Sabato e domenica aperto dalle 10.00 alle16.00 www.msn.unifi.it .26
Taxina by Sedicente Moradi
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FUL musica
GO DU GONG I MILLE VOLTI DELLA MUSICA DELLA MUSICA DEL NUOVO ALBUM NOVANTA
I
Testo e foto di Niccolò Brighella
l 27 novembre esce NOVANTA, il nuovo album di Go Dugong per Fresh Yo! e 42records con la collaborazione di Bizzarre Love Triangles, che segue a meno di un anno di distanza A Love Explosion, disco la cui storia si è inestricabilmente intrecciata con la vita privata dell’artista. Giulio Fonseca suona elettronica da quando aveva sedici anni e usava un’Amiga 500, ma il progetto Go Dugong nasce per caso più avanti, durante una pausa del suo gruppo, i Kobenhavn Store, ispirato da un live di Gold Panda per l’album “Lucky Shiner”. Go Dugong, oggi uno degli artisti più interessanti della scena elettronica nazionale, partendo da Gold Panda, Four Tet e dall’hip hop anni ’90, ha trovato progressivamente il suo sound, portandone la ricerca verso il funk, il jazz, il soul fino alle più lontane profondità dei suoni africani, caraibici, asiatici. Il titolo NOVANTA riassume due sorgenti importanti della musica di Go Dugong, da una parte la città, nel suo caso Milano, ma non solo, con la sua linea 90 così ricca di diversità culturali, dall’altra le sonorità degli anni Novanta, soprattutto dell’hip hop nel cui alveo è cresciuto. «Alla base di tutto c’è la metropoli degli anni ’10 caratterizzata da un mix di etnie, culture, sapori, odori e musiche diverse. Il tutto si fonde e mi immagino che tra dieci, venti anni questo mix potrebbe essere la base per molti spunti artistici. La maggiore integrazione da parte delle diverse etnie che popolano la città, per come la vedo io, non può che portare a una maggiore apertura mentale». Da questo ambito urbano, dalle radici del proprio sound, Go Dugong si muove come un mosaicista componendo un grande arazzo sonoro che contamina l’hip hop con le musiche tradizionali dei popoli che quell’ambito urbano vivono. «Dentro
NOVANTA ci sono l’America Latina, il Medio Oriente, i Balcani, l’Africa e l’Asia fusi assieme per creare trame sonore uniche, un viaggio sulla 90 che ti porta da un quartiere all’altro, ognuno caratterizzato dall’etnia dominante che lo abita e che nel bus porta i suoi suoni con tutte le altre».
Specchio non solo della città dove è stato scritto, ma anche di molte altre realtà della penisola, NOVANTA è un work in progress iniziato due anni fa, un lavoro poderoso che ha visto collaborazioni con alcuni dei più importanti artisti della scena elettronica italiana: Tio Scooby & Dj Jorgecuts, Biga aka El Climatico, Millelemmi, Tankurt MANAS, Rayna, Godblesscomputers, Dyami Young degli Apes on Tapes, Bioshi Kun, Franky B. Un’attenzione particolare è stata data all’aspetto grafico dell’album, sul quale ha lavorato Jonathan Tegelaars, artista giovane, prolifico di colori e dettagli, di cui abbiamo parlato sul numero 16 di FUL. Una scelta voluta, rispetto alla via minimalista utilizzata da Fresh Yo! per l’album precedente e che si colloca in un più ampio progetto generale. «L’artwork doveva riuscire a comunicare tutta la molteplicità di cui parlavo prima con un collage, inserendo elementi caratterizzanti di tutte le differenti culture presenti nell’album senza tralasciare il contesto metropolitano. Doveva rappresentare il caos della metropoli, quindi niente minimalismi. La regola “less is more” è stata totalmente bandita. Lo stesso è avvenuto
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nella scrittura del mio disco: ogni pezzo ha un numero esagerato di tracce, suoni e sample. Ho visto per la prima volta i lavori di Jonathan proprio su FUL e me ne sono innamorato. Ho creduto fin dal principio che fosse la persona giusta per comunicare quello che avevo in testa. Ha realizzato un enorme collage con pezzi di carta veri presi da libri vecchi e riviste interpretando a suo modo tutte le varie sfaccettature del disco. In seguito questo collage è stato fotografato ed è diventato l’artwork del mio disco. È stato un lavoro pazzesco durato mesi e sul risultato non avrei potuto desiderare di meglio». Il 27 novembre poggeremo la puntina sul vinile e il caleidoscopio di suoni di NOVANTA farà da contrappunto alle variopinte immagini di Tegelaars, mentre attendiamo curiosi il prossimo live di Go Dugong a Firenze. •
ENGLISH VERSION>>>>
On 27th November the new album by Go Dugong for Fresh Yo! and 24 records, with the collaboration of Bizzarre Love Triangles, will come out. It’s called NOVANTA. Giulio Fonseca founded the Go Dugong during a pause of his previous band, the Kobenhavn Store. Go Dugong is now one of the most interesting artists of the national electronic scene. This project develops from Gold Panda, Four Tet and the hip hop of the 90s. Then he found his personal style, moving to a more funk, jazz and soul sound, till the most remote depths of the African, Caribbean and Asian music. The name NOVANTA sums up two important souls for the Go Dugong’s music: on one side the city, Milan, with its line 90 so full of cultural differences; on the other side the sounds from the 90s, mainly hip hop. «At the bottom there is the metropolis of the 2010s, characterised by a mix of ethnic groups, cultures, flavours, smells and sounds. Within some years this could be the base for some more new artistic ideas. The integration of the different ethnic groups will lead to a higher open-mindedness», says Giulio. From this urban context, from the roots of its sound, Go Dugong moves like a mosaic artist composing a big musical tapestry. «Inside NOVANTA there are Latin America, Middle East, Balkans, Africa and Asia, all mixed together to create unique sound twinings: a trip on the line 90 which takes you from one quarter to another, each characterised by a dominant ethnic group». NOVANTA is both the reflection of the city where it has been written and of a lot of other realities of the peninsula. It is a work in progress started two years ago, a very complex product with collaborations of some of the most important artists of the Italian electronic scene: Tio Scooby & Dj Jorgecuts, Biga aka El Climatico, Millelemmi, Tankurt MANAS, Rayna, Godblesscomputers, Dyami Young by the Apes on Tapes, Bioshi Kun, and Franky B. A particular attention has been given to the graphic layout of the album made by Jonathan Tegelaars (whom we talked in the 16th number of FUL). Tegelaars is a young artist, full of colours and details, who has been chosen to make a contrast with the minimalistic trend taken by Fresh Yo! for the previous album. «The artwork had to succeed in communicating all the complexity of my album, as a collage of different ethnic peculiarities and the urban context. It had to represent the chaos of the metropolis; therefore we could not be minimalists. The rule “less is more” has been banished, as for the writing of the album: each song has a huge number of tracks, sounds and samples. I saw Jonathan’s works on FUL for the first time and I felt in love with them. I immediately thought that he could be the right person to communicate what I had in mind».On 27th November we will lean the vinyl point on the disk so that the kaleidoscope of sounds and the colourful images of Tegelaars will come alive. In the meantime we can’t wait to go to their concert in Florence! •
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FUL against violence
donne oggi
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ensavo di essere ormai al sicuro, che illusa, eh? La guerra l’ho sempre conosciuta come qualcosa di terribile ma lontano se non nel tempo, almeno nello spazio. E la violenza nella mia mente è qualcosa di connaturato alle guerre, non ai rapporti famigliari. Mi sento sicura: ho avuto un’infanzia serena, fidanzati gentili, non mi sono mai sentita minacciata, vivo nel migliore dei mondi possibili, come direbbe Candido. Ma se poco poco esco dal mio guscio scopro che in questo mondo fantastico la guerra può scoppiarti accanto durante un concerto o una cena con amici, e la violenza può arrivare dalle persone a cui vuoi più bene. Nel mondo una donna su tre è vittima di violenze fisiche o sessuali, quasi sempre a opera di una persona a lei vicina, non di uno sconosciuto. Un uomo su venti muore di morte violenta, una donna su due viene uccisa dal proprio compagno, e il dato si riferisce al 2012. Purtroppo è molto facile ignorare tutto ciò che succede lontano da noi ed è un compito difficile, anzi difficilissimo, abbattere consuetudini e pregiudizi che si sono formati in centinaia di anni di politiche maschiliste e patriarcali. Per troppo tempo è passato il messaggio che gli uomini siano superiori alle donne col risultato che spesso le donne non sono consapevoli di quali siano i loro diritti, quale sia il confine della loro libertà individuale, quali siano gli atteggiamenti da denunciare. Anche perché molto spesso si tratta di violenze psicologiche che annientano l’obiettività e la capacità di difesa delle donne. La legislazione a riguardo è ancora molto indietro, solo negli ultimi anni si è cominciato a prestare attenzione a questi temi. .30
©DVIDSHUB
Le cifre rilasciate dalle Nazioni Unite sono da brividi: • 2.6 milioni di donne vivono ancora in paesi in cui lo stupro all’interno del matrimonio non è condannato; • 4.5 milioni di persone sono vittime di abusi sessuali e il 98% sono donne e bambine; • 133 milioni di donne hanno subito mutilazioni degli organini genitali; • 700 milioni di donne sono costrette a sposarsi prima dei 18 anni, un terzo prima dei 15. Come è possibile continuare a pensare di vivere in una società evoluta? Ecco che allora è importante parlare di queste cose, far sì che le vittime di questi abusi non si sentano sole e abbandonate, né dalle loro famiglie e amici, né dalle loro comunità e governi. Solo un’azione congiunta potrà ottenere un mondo equo, senza disparità tra i sessi e violenze di genere. Il 25 novembre è la ricorrenza della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. La data è stata scelta in ricordo del brutale assassinio di Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal che tentarono di contrastare il regime di Trujillo in Repubblica Dominicana. Il 25 novembre 1960 furono torturate e uccise dalla SIM (il Servicio de Inteligencia Militar) che cercò poi di far passare l’accaduto come un incidente d’auto. Le Nazioni Unite si sono sempre occupate della promozione dei diritti delle donne ma solo dal 1993 si sono impegnate nella lotta contro la violenza femminile. Dello stesso anno è la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro
violenza domestica fisica e psicologica
percosse incesto abusi sessuali uxoricidi passionali o premeditati atteggiamenti persecutori
delitti D’ONOR E
schiavitù sessuale matrimoni coatti e riparatori
mutilazioni genitali femminili prostituzion e forzata altri tipi di mutilazioni
stupro di guerra
stupro etnico femminicidio
aborto selettivo sterilizzazione forzata aborto forzato contraccezione negata gravidanza forzata
©Andrea Dondolo
le donne in cui si riconosce la «necessità urgente per l’applicazione universale alle donne dei diritti e dei principi in materia di uguaglianza, la sicurezza, la libertà, l’integrità e la dignità di tutti gli esseri umani». Molte sono le iniziative sia a livello internazionale che locale. A Firenze sono stati presentati a Palazzo Vecchio gli eventi in programmazione per il 25 e 26 novembre e la campagna di comunicazione “Femminicidio è...” che vuole sottolineare «il concetto che il femminicidio si ha quando una donna viene uccisa in quanto donna» ha detto l’Assessore Cristina Giachi. Per chiudere vorrei condividere con voi le parole di Michelle Bachelet, ex presidente del Cile nonché primo direttore dell’UNWOMEN (United Nations Entity for Gender Equality and the Empowerment of Women): nel mondo «occorrono cambiamenti culturali per smettere di guardare alle donne come “cittadine di seconda classe”. Dobbiamo creare una cultura di rispetto».• Annalisa Lottini
©Anton Bielousov 31.
ful 5di5
5di5 HANA SACKLER www.hanasackler.com
Firenze può essere intensa. A volte il centro storico sembra come sommerso da persone che si riversano nelle sue strade da ogni parte del mondo solo per vedere uno scorcio di questa bellissima città . Entro ed esco dai locali, districandomi tra turisti e studenti e cerco un posticino tranquillo in mezzo a questo caos. Questi momenti sono una pausa nel tran tran quotidiano, e per pochissimi minuti il tempo sembra scorrere al rallentatore. Florence can be a bit hectic. At times it seems as if the center is overflowing with people as they pour in from around the world just to get a glimpse of this beautiful old city. I weave myself in and out of the locals, students, and tourists and try to find the quiet hidden among the chaos. These moments are a pause in the everyday life, and for a short amount of time everything seems to move slower.
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ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all'estero NICCOLO' Niccolò Giannetti, 27 anni, ingegnere meccanico e judoista; disperso in una terra lontana per completare la propria formazione accademica e personale. La motivazione principale della mia scelta riguarda la possibilità di contribuire a costruire un ponte simbolico tra due culture molto diverse, che nella mia esperienza sono legate dalla pratica judoistica. Sono sopravvissuto a terremoti e tifoni, al salmone stufato a colazione e sono sempre più convinto della mia scelta, anche se tra nottate in laboratorio, corsi di giapponese, judo e piogge stagionali, la mia faccia ha assunto ogni sfumatura di grigio e la nostalgia è forte. Cosa porteresti da Tokyo a Firenze? Tokyo è una metropoli costruita razionalmente capace di accogliere confortevolmente e ordinare agilmente la vita di 40 milioni di abitanti grazie alla tabella oraria di treni e metropolitane. Vagando per Firenze l'eleganza rapisce lo sguardo e tenere gli occhi fissi sullo smartphone sembra impossibile, ma è una regola a Tokyo dove la bellezza è ben nascosta. Mi piacerebbe che raggiungere il centro fiorentino e spostarsi al suo interno con mezzi pubblici fosse funzionale e semplice come lo è qui. Cosa porteresti da Firenze a Tokyo? Dato che non mi era concesso trasferire l'intera città, prima di partire ho cercato in tutti i modi di portare con me la mia vecchia moto (inutile spiegare quanto possa essere importante per un ingegnere meccanico). Per compensarne la mancanza mi sono comprato un trabiccolo di moto che a stento rasenta la categoria e che continua a perdere pezzettini. Ogni temporale che passa salta un fusibile, ma nel complesso il mezzo regala grandi gioie! Niccolò Giannetti, 27 years old, mechanical engineer and judo teacher. I finished my studies in a far away land, Tokyo. The reason why I decided to go there is that I wanted to give my contribution to build a bridge between two very different cultures that, for me, have always been tied together through judo. I survived to earthquakes, typhoons and salmon stew for breakfast. I’ve never regretted my decision, even if after many late nights in the laboratory, many Japanese classes, judo and seasonal rains, my skin has turned grey and nostalgia is very strong. What would you take from Tokyo to Florence? Tokyo is a metropolis rationally built that can host comfortably and order tidily the lives of 40 million of people thank to the timetable of trains and underground. When you wander around Florence, its elegance strikes you and you cannot keep your eyes fixed on your smartphones. In Tokyo, differently, this does not happen because beauty is hidden. I would like that reaching the city centre of Florence by the public transportation would be easier. What would you take from Florence to Tokyo? Since it’s impossible to move the whole city, before leaving I have tried hard to take with me my old motorcycle (it’s useless to say how it’s important for a mechanical engineer). In order to compensate for that I’ve bought a sort of motorcycle that is in very bad conditions. Any time it rains a fuse breaks, but it makes me very happy anyway! •
Yuko Mi chiamo Yuko, ho 28 anni. Vengo da un piccolo paese vicino Tokyo. Sono arrivata in Italia 4 anni fa per studiare musica classica e in particolare canto lirico. Ora faccio l'insegnante di giapponese e nel frattempo continuo a studiare musica. Mi sono sposata un anno fa e non mi sarei mai aspettata di trasferirmi in Italia permanentemente. Che cosa porteresti da Tokyo a Firenze? Porterei la suihanki, una macchina per cuocere il riso. Normalmente in Giappone si consuma molto riso, praticamente a ogni pasto, anche a colazione. Per questo l'aiuto di un elettrodomestico diventa indispensabile. Mi manca tanto non poter avere sempre il riso pronto. Che cosa porteresti da Firenze a Tokyo? Sicuramente porterei la moka per il caffè. L'ho conosciuta per la prima volta quando sono venuta a Firenze. Infatti quando abitavo in Giappone non avevo quasi mai bevuto caffè. Adesso uso la moka ogni giorno. Mi piace molto il suono del caffè quando esce e lo trovo molto rilassante. My name is Yuko and I’m 28. I come from a small town near Tokyo. I moved to Italy four years ago to study classical music and opera singing. Now I am a teacher of Japanese and I continue studying music. I married a year ago but I would have never imagined moving to Italy forever. What would you take from Tokyo to Florence? I would take suihanki, a machine to cook rise. Usually in Japan we eat a lot of rice, practically any meal, even for breakfast. For this reason this machine becomes essential and for me not to have some rice always ready is a big lack. What would you take from Florence to Tokyo? Surely the moka pot for coffee. I have discovered it for the first time when I arrived in Italy. When I lived in Japan I never drank coffee, now I use moka pot everyday. I like the sound of the coffee when it springs. I find it very relaxing. •
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la pagina dell'artista* per il numero XVIII è a cura di Alessandra Rodilosso https://lemaiale.wordpress.com/
M02BO, è un pezzo della serie lemaiale, 2015 Sono un progettista grafico, mi occupo di cose che spesso non hanno molto in comune. M02BO fa parte di una serie sui conflitti, sulle sue necessità, sulle donne nude, sulle forme che disegna la luce al neon, nella loro anonima presenza e ovviamente, «sull’agitazione prodiga della vita che, per durare, l’ordine delle cose incatena» (G. Bataille). I am a graphic designer and usually I deal with things that might have not a lot in common. M02BO is part of a series on conflict, on its necessity, on nude women, on neon light that draws on forms, in their anonym presence and obviously, «on the generous agitation of life that, for lasting, chains the order of things» (G. Bataille). .34
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