FUL | Firenze Urban Lifestyle #22

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settembre - ottobre 2016

anno

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n• ventidue

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi

In questo numero:

La Fattoria di Arcetri • Book Bike • Samuele Alfani Il cinquantesimo dell ’alluvione • con.tempo libri Notturno Fluviale • RMOGRL8120 • LInguaggi in MOvimento .1


La carica e l’ entusiasmo che solo l’ estate ti sa dare. Il tempo in cui lasci da parte la tua routine per scoprire nuovi luoghi e conoscere nuove persone. In cui ti dimentichi il dovere e tutto quello che fai ha un sapore diverso, più buono, più libero. Per questo FUL è tornato con tante novità! Innanzitutto il restyling del sito: da settembre abbiamo un nuovo portale più ricco di eventi, contenuti e idee per vivere Firenze. L’ indirizzo è sempre lo stesso: www.firenzeurbanlifestyle.com, vi piace? Poi, la seconda edizione di Firenze RiVista – il festival delle riviste fiorentine – in scena dal 23 al 25 settembre alla Galleria delle Carrozze, proprio nel cuore della città. Un secondo anno con un programma ancora più ricco che potete scoprire cliccando su www.firenzerivista.it. FUL sarà presente per tutte e tre le giornate, venite a trovarci! Ma insomma, torniamo a noi e a FUL#22: Rmogrl8120, street artist fiorentino, la storia della Cooperativa e Impresa Sociale LiMo, le ultime pellicole del regista Samuele Alfani, i consigli di lettura di con.tempo con L’incantatrice di Firenze di Salman Rushdie; i ragazzi dell’Associazione Palazzuolo Strada Aperta e la loro Book Bike, la storia di un giovane imprenditore agricolo e della sua Fattoria di Arcetri, l’anniversario dell’alluvione e il progetto fotografico sui ponti di Firenze di Marco Castelli. La rubrica 5di5 con le foto di Laura Albano, l’artista ospite del numero è l’illustratore Federico Bria, la bellissima copertina di Holly Heuser. Buona lettura! Annalisa Lottini Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi

Ideazione e coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi Immagine di copertina realizzata da Holly Heuser Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com

www.firenzeurbanlifestyle.com

ringraziamenti

Marco Donati, Federico Bria, Laura Albano, Maria Ignacia Walker, Duccio Aiazzi, Holly Heuser, il sole, il mare e il lindy hop.

abbonamenti

Volete ricevere la vostra copia di FUL direttamente a casa? Scrivete a commerciale@firenzeurbanlifestyle.com

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FUL *firenze urban lifestyle*


21 p. 6/9

p. 20/23

RMOGRL8120

SAMUELE ALFANI

arte

p. 10/1i

p. 24/26

LIMO • LINGUAGGIO IN MOVIMENTO

LA FATTORIA DI ARCETRI

società

p.

12/14

cultura

BOOK BIKE

p.

15

con.tempo libri I FIORENTINI ERANO TUTTI DEI GRULLI

p.

16/17

storia

green

p. 28 5di5

FIRENZE CROCEVIA DELLE GENTI

p. 29

uno straniero a Firenze MARIA IGNACIA WALKER

p. 29

un fiorentino all’estero

IL CINQUANTESIMO DELL'ALLUVIONE

DUCCIO AIAZZI

p. 18/19

p. 30

NOTTURNO FLUVIALE

FEDERICO BRIA

fotografia

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cinema

pagina dell’artista


ILARIA MARCHI Firenze è la mia città. La amo e la adoro. Mi piacciono i vicoli stretti, le realtà nascoste. Girarla con la mia vecchia bicicletta era una cosa fantastica, era, perché adesso me l’hanno rubata, mannaggia!!! Non vi dico l’età ma sono una giovane grafica a cui piace respirare la libertà, mangiare cose buone e ridere con gli amici. •

MARCO PROVINCIALI Il gatto nella foto è Pandoro, il gatto della mia infanzia, periodo in cui alla domanda «cosa vorrai fare da grande» rispondevo sempre: il paninaio! Cotto e bel paese il mio preferito, anche ora che divido il mio tempo tra FUL e la realizzazione di guide ed eventi gastronomici. •

DARIA DERAKHSHAN Classe ’85, italiana di origini persiane, studi artistici e archeologici alle spalle, diplomata come grafica pubblicitaria presso la Scuola Internazionale di Comics. Sono Warhol dipendente. Adoro la moda, il cinema, la musica e ogni forma e tipo d'arte. •

NICCOLÒ BRIGHELLA Nasco il 16 giugno del 1978 in un antico paese della periferia fiorentina. Scrivo il mio primo racconto da bambino, narrando le vicende di un cucciolo di coccodrillo che, per caso e per fortuna, con l’ausilio di una stufetta e delle nevi eterne del Kilimanjaro, genera il grande fiume Nilo. Da allora, in un certo senso, non sono mai più sceso da quella esotica montagna (e mi sono innamorato di stufe e termosifoni). •

SILVIA BRANDI Nata a Firenze Torregalli il 28 settembre 1987 (Bilancia ascendente Sagittario), di residenza isolottiana ma scandiccese d'adozione, a 20 anni decide che ha voglia di farsi qualche giro e passa 3 anni fra Londra, l’Australia e Parigi. Adesso è a Firenze in pianta semi stabile perché nella vita non si può mai dire. Per FUL traduce gli articoli in inglese, vivendo così nella paura che gli articolisti sentano nella traduzione stravolto il significato delle loro parole e l’aspettino sotto casa. Il traduttore è un mestiere duro ma qualcuno deve pur farlo. •

REDAZIONE MOBILE .4

ANNALISA LOTTINI Pisana di nascita e fiorentina di recente adozione, arriva a FUL tramite il tip tap. Ama i libri e il loro mondo, la danza in tutte le sue forme e stare in compagnia. Lavora nell’editoria barcamenandosi tra mille passioni e impegni. Nei ritagli di tempo lavora per FUL in una attenta e faticosa caccia alla notizia e al refuso. •

JACOPO AIAZZI Nasco a Fiesole alle 5:30 di mattina del 23 settembre 1985, con una mano sopra la testa e il peso di 4kg e passa. Più fastidioso di così non potevo essere. Sono nato il giorno in cui è morto Giancarlo Siani, un giovane giornalista di ventisei anni ucciso dalla camorra a Napoli. Oggi ho la sua età e ancora non ho assimilato tutte le sfumature che il giornalismo può assumere. L’unica cosa di cui sono consapevole è il desiderio di coltivare questa conoscenza. Più appassionato della scrittura in quanto tale che del giornalismo, apprezzo ogni forma di quest’arte. La cosa che più mi codifica come italiano è l’amore per la pastasciutta, con qualsiasi sugo. •

JULIAN BIONDI Sono nato venticinque anni fa nelle hills fiorentine, sognando di conoscere in ogni suo angolo quella città che vedevo affacciandomi dal balcone. Cresciuto, mi sono messo di impegno nel mio progetto e sono contento di dire che, nonostante il parer comune, Firenze riesce sempre a stupirmi. Sono un laureando in «Media&Giornalaio», amo leggere qualsiasi cosa e vorrei scrivere di qualsiasi cosa. Per ora non posso che definirmi: «studente per vocazione, barman per necessità e cazzeggiatore di professione». •

RITA BARBIERI Fiorentina per nascita e per scelta: amo la mia città e lo stile di vita che essa offre, un mix di arte, cultura ed eventi che si rinnova sempre e non annoia mai. Sono una persona curiosa e creativa, mi piace scovare e sperimentare cose nuove e condividerle scrivendo: il miglior modo che conosco per ampliare orizzonti e prospettive. Ho una passione per le lingue, la letteratura, l’arte in genere, oltre che per la cucina e il vino. Mi piace stare a contatto con persone e ambienti di tutti i tipi: conoscere l’Altro significa infatti anche conoscere meglio sé stessi. •

La nostra redazione è in completo movimento, composta da fiorentini autentici e da coloro che hanno trovato a Firenze la loro seconda casa. La centrale operativa è nella zona Sant'Ambrogio ma l’occasione di incontri e riunioni è sempre una


JACOPO VISANI «Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport.» @JacopoVisani •

ROBERTA POGGI Venticinque anni, fiorentina. Ho girellato un bel po’ all’estero per poi tornare – almeno temporaneamente – stabile a Firenze. Amo spostarmi per conoscere situazioni diverse in prima persona, anche se ogni volta che torno a casa le stradine di Firenze mi sembrano le più belle di tutte. •

MARCO CASTELLI Fotografo, nasce scorpione nel 1991. Esattamente sedici anni prima, esce nelle sale americane Qualcuno volò sul nido del cuculo, uno degli unici tre film nella storia ad aver vinto tutti e cinque gli Oscar principali. Sa suonare dei jingle con le mani utilizzando la bocca come cassa di risonanza. Quando ha tempo, partecipa a mostre e festival di fotografia nazionali e internazionali. Vorrebbe fare il gigolò, ma si affeziona troppo. Diventerà attore o regista (o almeno così dice). •

RENZO RUGGI Nato ai piedi del Monte Amiata 24 anni fa. Studente di comunicazione all’Università di Firenze. Adoro scrivere, specialmente quando ho qualcosa da dire. Mi interesso di moda e costume, e amo l’artigianato in ogni sua declinazione. Per velocizzarmi, corro. Se rimane un po’ di tempo, realizzo oggetti in pelle e cuoio. •

MARTINA SCAPIGLIATI Quello della Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario sviluppatosi nell’Italia settentrionale a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento. Gli Scapigliati erano giovani tra i venti e i trentacinque anni, nutriti di ideali e amareggiati dalla realtà, propensi alla dissipazione delle proprie energie vitali, «… tutti amarono l’arte con geniale sfrenatezza; la vita uccise i migliori» (in introduzione, La Scapigliatura e il 6 febbraio, Sonzogno 1862). Martina è nata nel 1985. Sa leggere la musica, ama scrivere e cantare, è Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza. Vive a Firenze col suo adorato Jack Russel Napoleone, di anni 8. •

MARCO FALLANI Amo il cibo, il vino e il sole, odio quasi tutto il resto. Proprio nel bel paese, io ci trovo tutto questo. Per tre volte son scappato dalla piccola Firenze – che alla fine ho sempre amato – ma comunque torno sempre. •

GIANLUCA PARODI Nato il 13 gennaio 1986… coi piedi nell’acqua di mare e il libeccio in faccia. Una passione vera, sfrenata, carnale per la storia dell’uomo e dell’arte, l’ha portato a svolgere tutte le occupazioni possibili, tranne che quella per cui ha studiato una vita. Lavora nella moda senza capirla, mai! Innamorato dell’amore, romantico nel senso tedesco del termine, vive per raccontare. Friedrich Wilhelm Nietzsche scrisse: «L’autore ragionevole non scrive per nessun’altra posterità che per la propria, cioè per la propria vecchiaia, per potere, anche allora provar diletto di sé.» •

CHIARA MANNOCCI Gemelli gemella, sono nata a Prato 27 anni fa. Da piccola volevo fare la parrucchiera, ma dopo aver sciolto i capelli di tutte le mie Barbie ho capito che non mi sarei più fatta fregare dalle apparenze, così ho cambiato. Mi sono laureata in lingue e letterature comparate, e da poco sono diventata professoressa di inglese. Adesso insegno ai ragazzi che i capelli delle Barbie non sono veri e nel tempo libero traduco gli articoli per FUL. •

UNOTREZEROCINQUEUNO Nasco il 17. Di venerdì. Fino a 15 anni mi prendo sul serio, poi smetto. Passo la maggior parte del mio tempo in teatro, sul palcoscenico, in platea e in ufficio, a cercare un nesso convincente tra i dialoghi di Eduardo e il TFR. Vivo a Firenze da 10 anni e traslocando di casa in casa per circa 12 volte, ho imparato a conoscere tutte le vie. Anche quelle piccole, tipo Via d’Ardiglione. Nella vita avrei voluto fare la cantante, ma a 10 anni la maestra del coro mi disse TU LAGGIÙ, FAMO CHE MÒVI SOLO LA BOCCA, SENZA SÒNO. Non mi sono mai più ripresa e per questo profondo instancabile potente senso del continuo fallimento, faccio l’attrice. •

buona scusa per approfittare di una visita ai vari gestori di bar o locali che ormai da anni conosciamo. Una redazione mobile che trova nel supporto della rete il collante necessario per la realizzazione di ogni nuovo numero.

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ful arte

RMO GRL 8120 Quando la semplicità è una complessità risolta

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olori e forme geometriche si stagliano sulle pareti alla spiaggetta Easy Living sul Lungarno: un imponente cerchio arancione che fa pensare a un tramonto estivo in contrasto con lo sfondo ancora blu

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Testo di Roberta Poggi, foto di RMOGRL8120

del cielo, o del mare di cui già sentiamo la mancanza al ritorno in città. Così si presenta il lavoro di Rmogrl8120, nome d’arte – e crittografato – di Gabriele Romei, visual artist fiorentino le cui opere colpiscono per lo stile assolu-


tamente minimal ma di incredibile impatto visivo grazie alla combinazione di colori, linee e forme geometriche di ogni tipo. Un elemento ricorrente è sicuramente il cerchio, e ancora di più il cerchio arancione: la forma perfetta, l’ideale del senso di continuità nel mondo dell’arte fin dai tempi d’oro della classicità, ma a cui Rmogrl pensa più che altro come a una forma semplice quanto bastarda, dato che «se non lo fai perfetto sembra un uovo». Una semplicità apparente che trae facilmente in inganno, ma al cui richiamo l’artista non può resistere. ONE DAY I WILL BE A SQUARE, dice uno dei suoi cerchi, come nella vana speranza di trovare un giorno una qualche stabilità che però non gli appartiene. «La pittura per me non è intesa come una cosa fatta con il pennello e basta, è il risultato che viene fuori che conta, puoi usare quello che

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vuoi: carta, fotocopie, colori, ferro, spray, sangue, piscio, colla, sale, farina, caffè, sabbia, resina». I supporti cambiano continuamente, e in modo estremamente creativo, dalla carta ai muri di edifici abbandonati in luoghi dimenticati dal mondo, fino a muretti e massi sulle rive di fiumiciattoli tra i boschi e le colline della Toscana. È una sperimentazione continua, che probabilmente non avrà mai fine: la curiosità di provare cose nuove è troppo forte, e diventa il motore del suo lavoro. Il punto d’incontro intorno al quale ruotano tutte le sue opere è un’idea di arte visiva a 360 gradi: la pittura ne è solo una parte, affiancata da sculture, video e performance, senza lasciare da parte la fotografia, con cui, anzi, è rimasto un legame molto stretto, come accade quando chiudiamo una relazione speciale, sapendo che in fondo non morirà mai del tutto. «Con la fotografia


ci sono cresciuto, abbiamo fatto tante cazzate insieme, ci siamo divertiti, abbiamo speso un sacco di soldi, abbiamo viaggiato, abbiamo litigato e poi ci siamo allontanati, però sappiamo entrambi che lei serve a me e che io servo a lei». Rmogrl ama la grandezza delle immagini, la loro capacità di installarsi in un contesto urbano e naturale in modo da creare contrasti visivi di impatto: per questo ha trovato necessario ricorrere ad altre forme di espressione, visti i costi ormai fuori controllo del mondo fotografico. «Mi piace dipingere superfici grandi, muri, campiture piene. Vorrei dipingere una città intera». È una ricerca assidua di luoghi assurdi, abbandonati a se stessi, dove si possa sperimentare a tutto tondo, a volte addirittura luoghi in cui probabilmente non andrà mai nessuno. Che senso ha, se l’arte visiva ha senso per essere, appunto, visiva, cioè vista da qualcuno? Perché in questo modo ne resta solo una fotografia. Il debito con la macchina fotografica si sente sempre, e Rmogrl non può che sentirla come parte di se stesso. La semplicità visiva delle sue opere riflette il suo modo di pensare: il suo cervello lavora catalogando immagini su immagini, non chiedetegli il nome di una strada o andrete da poche parti, ma piuttosto dove si trova un’insegna, un dettaglio, un insieme di colori e vi porterà senza esitazione in quell’angolo della città. «La semplicità è una complessità risolta» diceva lo scultore Brancusi. Nel caso di Rmogrl8120, verrebbe più da dire che è il risolversi di un senso di sperimentazione, di un impulso, un istinto, la cui complessità si districa nello scorrere lineare dei suoi disegni, come la forma dell’infinito (o a 8) usata per Arte Cerreta, che nasce da un intreccio di cerchi di misure diverse, a cui sono poi state cancellate delle parti. Insomma, se aggirandovi per casolari improbabili, fiumi o laghetti incontrerete queste imponenti – o anche no – geometrie colorate, adesso conoscerete una piccola parte della loro storia. •

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ENGLISH VERSION>>>>

Colours and geometric shapes are drawn on the walls of Easy Living beach by the Lungarno. A big orange circle that reminds a sunset. These are Rmogrl8120’s creations, a Florentine visual artist whose real name is Gabriele Romei. His works have a very minimal style but a great visual impact, and his recurring shape is the circle: the ideal of continuity in classical art but also a simple yet bastard shape: «If it’s not perfect, it looks like an egg». «I think painting is not just something you do with a brush, what really matters is the result and you can use anything: paper, colours, iron, spray, blood, pee, glue, salt, coffee, sand, resin». Supports constantly change in a very creative way, from paper to building’s walls to stones by rivers in the countryside. Continuous experimentation is Rmogrl8120’s engine.

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His cornerstone is the idea of a 360 degrees visual art made of paintings, sculptures, videos, performance and photography too. He has a special bond with photography, like those we keep with someone we had a very special relationship with. Rmogrl loves big images that perfectly fit in the urban context, «I like to paint big walls and surfaces, especially the abandoned ones. I’d love to paint a whole city». So he keeps looking for absurd abandoned places where he can express his art, works and places that probably nobody will see. Why, since visual art exists to be seen by people? Because in this way only a photograph remains, and that’s how the bond comes back. Well, if strolling around the countryside you happen to bump into massive – or not – coloured geometric figures, now you know a small part of the story. •


ful societa'

V

iviamo in un mondo sempre più interconnesso, non è certo una novità. Nonostante siano già numerosissimi, i mezzi di comunicazione continuano a moltiplicarsi. Se a un livello di comunicazione globale, mediatica e virtuale, l’inglese sembra essere divenuta la lingua nettamente predominante, vi sono una molteplicità di contesti reali dove diverse lingue convivono: incontrandosi, scontrandosi, ibridandosi o ignorandosi. La lingua non è solo un mezzo di comunicazione, ma anche e soprattutto la via maestra che usiamo per esprimere agli altri la nostra cultura e la nostra identità. Per questa ragione essere capiti e compresi dal mondo che ci circonda non è solo un’esigenza utilitarista, ma anche e soprattutto esistenziale. LiMo nasce proprio con l’esplicita mission di «valorizzare questa preziosa risorsa personale e collettiva». Ma facciamo un passo indietro. Francesca Bazzanti, Francesca Bensi, Chiara Caparello e Margherita Polizio sono quattro ragazze che, nonostante i diversi background formativi, si specializzano in Didattica dell’Italiano come Lingua Seconda e iniziano a lavorare sul territorio fiorentino in strutture che si occupano di integrazione, intercultura, mediazione, facilitazione e formazione linguistica rivolta soprattutto a cittadini di origine straniera. Quando si incontrano, capiscono di essere mosse dalla medesima passione per l’insegnamento delle lingue e di condividere anche l’insoddisfazione nei confronti delle strutture e degli strumenti didattici attualmente predominanti. La decisione di creare un proprio progetto autonomo nel quale riconoscersi a pieno e poter fornire un contributo innovativo e utile per lavorare in modo sempre più efficace in questi ambiti è quasi automatica. Così, nel 2014, fondano la Cooperativa e Impresa Sociale LiMo. Inizialmente doveva Testo di Jacopo Visani, foto di LiMo chiamarsi “Cuminè”, con riferimento al seme che si è diffuso in modo naturale in diverse aree del mondo, un po’ come fanno i linguaggi. Dal momento che suonava troppo simile al nome di un catering multietnico, alla fine decidono di optare per l’acronimo di LInguaggi in MOvimento.

LiNGUAGGI in movimento

Una cassetta per gli attrezzi per una società plurilingue

LiMo si configura fin da subito come una cassetta degli attrezzi aggiornata per rispondere alle nuove e crescenti esigenze di una società plurilingue – ba-

sti pensare all’immigrazione e ai sempre più diffusi bilinguismi. I servizi offerti sono divisi in quattro tipologie diverse. In primo luogo quelli di facilitazione linguistica tesi a «rendere accessibile a tutti la lingua e il contesto comunicativo con cui si entra in contatto» spesso in affiancamento alle agenzie formative, ai corsi obbligatori sul lavoro e alle autoscuole. Vi sono poi gli strumenti, ossia materiali didattici su misura per agevolare l’apprendimento e materiali informativi plurilingui. Il terzo livello è quello della consulenza e progettazione, nel quale le ragazze mettono a disposizione la loro esperienza per chiunque – in particolare istituzioni o imprese – senta l’esigenza di riorientarsi in un contesto sociale e lavorativo dinamico e aperto come quello attuale. Infine offrono anche corsi di lingua sia per insegnare l’italiano ai cittadini stranieri che per rafforzare e diffondere le altre lingue presenti sul territorio.

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Il lavoro di LiMo ha come obbiettivo generale quello di «contribuire ad un modello diverso di integrazione» non più

pensata «come l’adattamento del cittadino straniero alla società di arrivo in senso unidirezionale», ma capace di «favorire l’inter-azione intesa come arricchimento reciproco e bidirezionale». Questo compito sembra ancora più urgente e utile in società sempre più segnate da flussi migratori. Riguardo al fenomeno dell’immigrazione in Italia, le socie di LiMo ritengono che sia necessaria, in primo luogo, una corretta informazione capace di ridimensionare i toni allarmistici con i quali spesso i media affrontano questo tema alimentando paure ingiustificate e reazioni sproporzionate. Anche la politica dovrebbe emanciparsi da una paradossalmente perenne gestione emergenziale ed estemporanea del fenomeno e pianificare la creazione di strutture e strumenti di accoglienza, integrazione e formazione stabili, ma allo stesso tempo non rigidi in quanto capaci di adattarsi costantemente ai nuovi e specifici bisogni. Gli spostamenti delle persone non sono certo un fenomeno inedito, ma uno dei compiti più urgenti che ci si prospetta è quello di essere capaci di valorizzarli a pieno. L’ambito formativo è essenziale in quanto dovrebbe fornire gli strumenti per permettere a tutti di adattarsi a un nuovo contesto e condividere la propria ricchezza interiore e le proprie capacità. Essere quotidianamente in contatto con giovani e adulti «grandi e grossi» che apprendono gradualmente una capacità che tanti danno per scontata come quella di leggere, ci garantiscono le ragazze di LiMo, è una soddisfazione enorme. Come molto soddisfatte sono anche di aver realizzato una impresa che rispecchia la loro idea di lavoro. Ma le loro sfide non finiscono qui; stanno già pensando di specializzarsi ancora di più nella formazione di professionisti che lavorano in contesti plurilinguistici, di esplorare maggiormente il mondo delle aziende che vogliono investire veramente nella formazione dei loro lavoratori e di cercare di fare rete con gli altri soggetti del settore. Sempre guidate dall’idea che le competenze linguistiche siano essenziali sia per la costruzione dell’identità che per la vita relazionale di tutti noi. •

ENGLISH VERSION>>>>

We live in a world everyday more interconnected, this is no news. If on a global communication level the predominant language is English, there are a variety of real contests in which different languages exist, meet, clash, hybridate. Language is not just a mean of communication but above of all the way we use to express our culture and identity. LiMo is born with the declared mission of «give value to this precious personal and collective resource». Francesca Bazzanti, Francesca Bensi, Chiara Caparello and Margherita Polizio are four girls with different backgrounds that specialized in Teaching Italian as a Second Language and started to work in the Florentine area teaching Italian to foreigners and promoting integration. From the common passion for teaching languages and the insatisfaction for their workplaces, they decided to create their own project. So in 2014 they started the Social Cooperative and Enterprise LiMo (that stands for Linguaggi in

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Movimento, Languages in Movement, ndt). LiMo, from the very beginning, has been createad as a toolbox updated to answer to the new requirements of a plurilingual society. They offer services of language mediation; didactical materials for learning languages, consultancy for institutions and enterprises and finally online language courses. The goal of LiMo is to «contribute to a new model of integration» that is not imagined «as the fitting of the foreign citizen into the society of arrival but that encourages the inter-action as a mean for a bidirectional enrichment». Migration is a phenomenon not to be feared but also not to be ignored and training is an essential tool for allowing people to integrate in a new environment and sharing his/her inner richness and skills. The four founders of LiMo are satisfied with their company so far and have many plans for the future. One is to specialize in the training of professionals that can work in plurilingual contexts. •


ful cultura

BOOK BIKE IN VIA PALAZZUOLO: UN LIBRO PER TUTTI NELLA STRADA DI TUTTI Testo di Julian Biondi, foto Niccolò Brighella


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e pensiamo a grandi città come Parigi, New York, Berlino o Londra, cos’è che le rende tanto affascinanti oltre alla storia che raccontano attraverso i secoli? Il fatto che ognuna di esse – e ognuna a modo suo – sia un piccolo centro del mondo in cui le facce che si incontrano per strada non sono solamente quelle di un francese, un americano, un tedesco oppure un inglese, bensì il risultato di un incontro di mille culture che si intrecciano tra strade, palazzi, piazze e quartieri. Anche la nostra – e anche lei a modo suo – è una città multiculturale. A Firenze ogni giorno osserviamo facce del mondo diverse guardarsi intorno attonite, meravigliate, estasiate dalla bellezza che

Palazzuolo Strada Aperta è una associazione che porta avanti tante iniziative volte a creare integrazione, dialogo e rispetto reciproco tra le differenti culture di questa e altre vie limitrofe. È attiva dal 2012, da quando per la prima volta si è fatta sentire distribuendo porta a porta un foglio di denuncia della situazione di tensione che si era creata in questa via, ai tempi costantemente pattugliata dalle forze dell’ordine. Quel foglio, che ha dato il nome all’associazione, viene stampato periodicamente per riportare idee, riflessioni e iniziative della zona. Tra queste ce n’ è una che, negli ormai tre anni di vita, è diventata famosa in tutta la città: la Book Bike. È

«una biblioteca leggera, così leggera che si può muovere per le strade, fermarsi in piazza, aspettare sotto casa». Così

definiscono la bicicletta-libreria che hanno costruito e che ogni due sabati del mese portano in strada mettendo a disposizione gratuitamente testi di ogni tipo stampati in tutte le lingue del mondo: dalla saggistica indiana alla poesia cinese, passando per il quotidiano senegalese e il fumetto armeno. Il meccanismo è molto semplice: basta lasciare il proprio nome e impegnarsi a restituire ciò che viene preso in prestito, non è necessaria una tessera o un’iscrizione, ma solo la buona volontà della persona a far parte di questo progetto. le circonda. Anche loro contribuiscono a questa bellezza: i loro volti colorano questa città e la rendono viva. A Firenze vivono per un breve periodo ogni anno oltre 100.000 studenti stranieri. A Firenze migliaia di innamorati da tutto il mondo si scambiano ogni anno la promessa di matrimonio. A Firenze ci sono le vie del centro storico, poco battute dai turisti, in cui veramente sembra di passare per uno di quei quartieri dai mille volti diversi delle grandi città. Una di quelle strade si chiama via Palazzuolo e la conosciamo tutti: lì c’ è lo Space, c’ è il vinaino, c’ è la trattoria tipica, il barrettino di quartiere e soprattutto... ci sono tanti immigrati. A qualcuno piace che sia così, ad altri non piace affatto. L’integrazione non è mai semplice, figuriamoci in una piccola città abituata ad aprire le sue porte al mondo solo a patto che questo passi, paghi pegno e se ne vada. .13


L’idea è che la lettura sia un bene comune, attraverso il quale non sussistono disuguaglianze di tipo economico, razziale o politico. Attraverso di essa i book bikers incentivano l’incontro di persone intorno alla loro libreria ambulante, lo scambio di opinioni sulle letture intraprese e il senso di fratellanza che accomuna le persone che, quando leggono qualcosa che gli piace e che è passato di mano in mano, pur non sapendo a chi andrà a finire il proprio libro, sentono già di aver qualcosa

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in comune con lui. Tutti possono contribuire portando uno stampato in qualsiasi lingua che reputano interessante condividere. Il progetto non nasce come forma di assistenzialismo ma come presa di coscienza che la quantità di cose belle che sono state scritte e pensate in ogni parte del pianeta è forse il miglior modo di farci render conto che in fondo, anche se le nostre facce e le nostre abitudini sono diverse, quando si legge un libro «tutto il mondo diventa paese!». •

What makes towns like Paris, New York, Berlin and London so fascinating beside their hundreds years of history? The fact that each of them is a little centre of the world where thousands of cultures meet. Florence is multicultural too, in its way. We can see many different faces while walking around. A hundred thousand foreign students live here short term every year. Thousands of lovers get married in Florence. There are streets, in the historical centre, where you can feel exactly like in one of those big multiracial towns. Think about Via Palazzuolo: there is the Space Electronic club, a typical trattoria, the local bar… and also many immigrants. Association Palazzuolo Strada Aperta is carrying forward many initiatives aiming to create integration, dialogue and mutual respect among the different cultures that live there and nearby. It was created in 2012 with a leaflet denouncing the situation of extreme tension in the area. That leaflet gets now periodically issued to report ideas and events. One of these initiatives became quite famous: the Book Bike. A «very light library», that’s how the bike/library is called. It was put together in the neighbourhood and it circulates twice a months taking the books on the street for both residents and outsiders and above all: for free! There is a varied choice of books and languages: Chinese poetry, Armenian comic stripes, Senegalese newspaper… You just need to leave your name and remember to give it back. No registration needed, just goodwill. Reading is a common good, through it book bikers stimulate people to meet and exchange opinions by the itinerant library, sharing ideas and peacefully living side by side. • .14


con.tempo libri

I FIORENTINI ERANO TUTTI DEI GRULLI Testo di Carlo Benedetti / con.tempo

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i crediate o no, il titolo dell’articolo è una citazione da questo romanzo. Cosa c’entra Salman Rushdie, autore del famosissimo I versi satanici, con Firenze e il suo dialetto? Forse sono l’amore per l’intreccio straripante e la fascinazione per le storie a formare il cuore di questo libro e a fornire l’unica spiegazione possibile. L’incantatrice di Firenze è infatti un libro che si fa beffe della narratologia con colpi di scena, svelamenti, simmetrie, metafore barocche, disseminate a piene mani per le sue 360 pagine. Non c’è capitolo che non porti con sé un nuovo personaggio, una nuova meraviglia da assorbire. La trama è talmente intricata che riassumerla vale a poco: l’imperatore indiano Akbar e il nostro Machiavelli, Firenze e Hatyapul, capitale dell’impero indiano, due mondi legati da una donna bellissima, misteriosissima, e altri superlativi a vostra scelta. Una Firenze rinascimentale ben diversa da come la immaginiamo: piena di bordelli, sessualità libera e spregiudicata, fatta non dei grandi umanisti medicei, ma dagli sconfitti della defunta Repubblica Fiorentina, da taverne, vino e modernissimo stordimento artificiale. Ma anche l’India non è da meno: sebbene l’imperatore indulga in discussioni filosofiche e conquiste, la sua vera preoccupazione sono le donne, possibilmente giovani e belle (per tutta la prima metà del libro, non c’è un

personaggio femminile che non sia o una prostituta o una schiava). Rushdie non ha lasciato nulla al caso: la bibliografia, insolita per un romanzo, è sterminata e testimonia la sua erudizione e l’amore per i dettagli. Il libro cita decine di personaggi storici fiorentini e li rende talmente vivi da farli ordinari. La prosa è sontuosa e avvolge come un mantello principesco il lettore dall’inizio alla fine. Basti l’incipit:

«

Alle ultime luci del giorno il lago rosseggiante sotto la città-palazzo sembrava un mare di oro fuso. Un viaggiatore che al tramonto avesse preso questa direzione – questo viaggiatore, che procedeva in questa direzione, ora, sulla strada che correva lungo il lago – avrebbe potuto credersi prossimo al trono di un monarca così favolosamente ricco da permettere che una parte del suo tesoro fosse versata in un gigantesco avvallamento del terreno per abbagliare e sbigottire i suoi ospiti .

»

Eppure qualcosa non funziona. Il libro assomiglia terribilmente al feuilleton, sebbene di gran classe. Rushdie vuole convincere il lettore che realtà e fantasia non sono mondi separati, che esistono insieme e che dall’uno si passa all’altro. Ma finisce, invece, col renderli entrambi poco credibili. E un romanzo che non sa farsi credere è condannato al fallimento.•

Il libro: Salman Rushdie, L’incantatrice di Firenze, Mondadori, 2010 con.tempo è una rivista di narrativa breve inedita. Nata a Firenze, pubblica autori esordienti da tutta Italia, scommettendo tutto sull’attenzione maniacale per il testo, l’editing, la riscrittura. Ogni numero esce in 999 copie numerate e in distribuzione gratuita con illustrazioni originali di giovani artisti e designer. Ogni uscita ha un tema comune che la trasforma in una piccola antologia. Se vi piace l’idea e voleste partecipare o per sostenere il progetto, visitate il sito www.contempo.cc

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ful storia

firenze ricorda il cinquantesimo dell'alluvione Testo di Chiara Mannocci

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uest’anno ricorre il cinquantesimo dell’Alluvione di Firenze, un avvenimento che è rimasto impresso nella memoria collettiva dei fiorentini ma che in realtà colpì tantissimi paesi sulle sponde del fiume Arno. Il 4 novembre 1966 le incessanti piogge fecero esondare il fiume e diversi affluenti distruggendo strade, case, musei e molto altro. I danni furono ingenti ma fortunatamente non si contarono molte vittime poiché quel giorno ricorreva l’anniversario della prima guerra mondiale ed era festa nazionale, quindi la maggior parte delle persone si trovava in casa. Furono immediati i soccorsi e il numero dei volontari .16

altissimo, tanto da passare alla storia col nome di Angeli del Fango. Per ricordare questo evento che ha segnato la storia di tutta la Toscana, nella provincia di Firenze si terranno delle commemorazioni, noi ne vogliamo segnalare due. La prima riguarda la mostra fotografica al Museo Galileo dal titolo Pescare nel fango: il Museo e l’Alluvione. Fino al 20 novembre sarà possibile immergersi in quegli avvenimenti attraverso foto e video dell’epoca. All’interno della mostra, inoltre, si terrà un workshop di restauro aperto al pubblico, che permetterà ai partecipanti di osservare diverse tecniche di restauro. Il secondo riguarda la pubblicazione del libro Piovve sul


bagnato – 4 novembre 1966, le testimonianze più significative dell’alluvione dell’Empolese-Valdelsa a opera di Edoardo Antonini, edito dalla casa editrice Ibiskos Risolo di Empoli. Il libro uscirà a settembre, verrà presentato sabato 29 ottobre alle ore 17.00 presso il Palazzo Ghibellino di Empoli. Tra gli appuntamenti segnaliamo anche la presentazione del 12 novembre alle 13.00 presso il Pisa Book Festival. Si tratta di un volume composto di interviste, foto e documenti dell’epoca. Antonini ha svolto un approfondito lavoro di documentazione sia presso l’Archivio Storico Comunale di Empoli, sia attraverso la testimonianza diretta dei cittadini. Con un annuncio sul giornale, infatti, ha invitato le persone che hanno vissuto quell’evento o che avevano delle foto dell’epoca a partecipare alla stesura dell’opera. «Per quanto mi riguarda – dichiara Antonini – mi sono sempre interessato molto alle vicende del 1966 e dell’Arno in generale, vivendo a Limite sull’Arno. Ho iniziato a 6 anni, in occasione del trentennale dell’alluvione, ad occuparmi

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dell’argomento, guardavo le figure e leggevo qualcosa del fascicolo venduto all’epoca in abbinamento con La Nazione». «L’Arno – continua – fa parte della vita di tutte le comunità che lambisce. Tra un po’ di anni, tanti protagonisti del 1966 non ci saranno più, e generalmente gli anniversari sono un’occasione importante per riflettere su alcuni eventi significativi del passato». Ebbene dopo cinquant’anni è ancora fondamentale ricordare quegli eventi, come dice lo scrittore: «È importante ricordare quanto accadde perché ci furono vittime e famiglie interamente disastrate dagli avvenimenti di quei giorni. Inoltre, è necessario diffondere nei giovani una cultura della memoria storica dei territori, per favorire lo sviluppo della consapevolezza delle potenzialità e dei rischi insiti nei luoghi dove vivono ogni giorno». Quali occasioni migliori di una mostra fotografica e un volume di testimonianze per assaporare quei momenti e riviverli in prima persona. •

This year is the fiftieth anniversary of the Florence Flood. The 4th of November 1966, after days of constant rain, the Arno river overflew destroying streets, houses, museums and more. The damage was huge, but luckily there were not many victims as it was national holiday and the majority of the population was at home. Many volunteered to help, earning the name of Angeli del Fango (Mud’s Angels, ndt). Among many remembrance events that will take place, there are two we would like to highlight. The first one is the photographic exhibition Pescare nel fango: Il Museo e l’Alluvione taking place at Museo Galileo until 20th November. Original pictures and videos taken during the flood will be shown and a workshop about restoration which will help you understand the different restoration techniques will be organized. The second one is the publication of Piovve sul bagnato – 4 novembre 1966, le testimonianze più significative dell’alluvione dell’Empolese-Valdelsa written by Edoardo Antonini. The book will be published in September and presented at Palazzo Ghibellino in Empoli on 29th October and at Pisa Book Festival on 12th November. In this book you will find pictures, documents and interviews. Antonini did an accurate research at the Archivio Storico Comunale in Empoli and interviewed people who directly experienced the flood. «Florence Flood has always been of great interest for me, and I think anniversaries are important occasions to reflect on the past». •

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ful fotografia

notturno fluviale La nuova mostra di Marco Castelli alla OnArt Gallery Testo e foto di Marco Castelli

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cinquant’anni dall’alluvione, Notturno Fluviale [Arno 1966-2016] di Marco Castelli ripercorre tutto il corso dell’Arno, indagando l’emblema primario del rapporto tangibile tra uomo e fiume: l’elemento architettonico diviene così veicolo di narrazione storicoambientale e si configura talvolta come cornice degli ecosistemi già presenti lungo le acque, talaltra come un vero e proprio scenario urbano (indelebile traccia dell’attività umana). L’analisi fotografica acquista così una duplice valenza: da un lato quella di documentazione territoriale, come mappatura del principale fiume toscano e dei suoi ponti, dall’altro quella di un meno convenzionale studio visivo sui luoghi vissuti nell’esperienza quotidiana, strutturati in modo da ribaltare, fino ad arricchire, la percezione comune. .18


DETTAGLI MOSTRA: Dove / OnArt Gallery, via della Pergola 57-61r, Firenze Quando / dal 2 al 7 novembre 2016. Il vernissage si terrà il 4 novembre (cinquantesimo anniversario dell’alluvione, n.d.r.) alle 18.00. Cosa / dal monte Falterona a Pisa: in mostra i ponti dell’Arno, fotografati da sotto, regalano allo spettatore una visione notturna e suggestiva, come documentazione complessiva delle architetture presenti sul principale fiume toscano. Durante l’inaugurazione verranno proiettati video e immagini d’archivio a cura di Enrico Ciabatti. Come / l’evento espositivo ha il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Firenze e Legambiente Firenze. Ha inoltre il sostegno di ASD Canottieri Comunali Firenze. .19


ful cinema

Il cinema di Samuele Alfani e il doppio volto della femminilitA Testo di Niccolò Brighella, foto di Samuele Alfani

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amuele Alfani è un giovane regista fiorentino dalla poetica raffinata il cui sguardo acuto indaga, con attenzione e sensibilità, le intime contraddizioni dello spirito umano. Cresciuto attraverso la fotografia, la recitazione e la pittura, arriva alla regia con il progetto Sex in the Art durante il suo lungo soggiorno a Barcellona: una teoria di corpi nudi femminili dipinti in diretta e filmati. La sensualità unita alla ricerca cromatica e all’economia dell’inquadratura

Ogni professionalità coinvolta in un lavoro corale, come la realizzazione di un film, deve riuscire a esprimersi al meglio attraverso la fluidità della storia e la perfezione delle immagini». Sin dall’inizio interessato al corpo femminile e affascinato dall’intimità, Alfani arriva a concorrere a Cannes con il suo penultimo lavoro, Il fascino di chiamarsi Giulia, la storia avvincente, breve e intensa di Giulia, una donna dalla doppia personalità, che il giorno vive un’esistenza regolare

coagula in questo suo primo lavoro il linguaggio del regista dandogli una precisa direzione. «Una bella storia non funziona a prescindere» dice mentre sorseggia un pastis in Santo Spirito, il luogo che più di tutti ha influenzato i suoi film, «dietro deve esserci una regia fortissima che supera la semplice fotografia e riesce a organizzare e a dare un significato a tutti i dettagli.

fatta di casa, affetti, fidanzato, e la notte si prostituisce. Vestendo e svestendo il suo abito ogni notte, Giulia lentamente scopre la sua natura fatta di contraddizioni, di forza e vulnerabilità, in un crescendo di empatia che riesce a coinvolgere lo spettatore nei suoi insanabili contrasti. Se Il fascino di chiamarsi Giulia è una straordinaria indagine sulla personalità conflittuale di una donna che nella sua

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unicità acquista un significato umano universale, il più recente lavoro del regista, Rails, sublima quelle contraddizioni attraverso un dialogo visivo intimissimo tra due donne in un momento di fragilità. Le due protagoniste, interpretate da Carlotta Rondana e Camilla Pieri, orbitano, una attorno all’altra, nell’arco di una giornata nell’appartamento in cui convivono. La vasca da bagno al centro della narrazione è l’apice di una collisione incompiuta che traccia, con i gesti, un confine invisibile e invalicabile all’interno della coppia. «L’argomento della mancanza di comunicazione, già presente in Giulia, è il fulcro di Rails, un’indagine sugli ostacoli che, per i nostri rapporti, rappresentano i tabù, i retaggi culturali e le esperienze personali. Per poter raccontare la continua danza tra i margini dell’intimità che i personaggi compiono nelle mie opere dedico intere settimane a conoscere gli attori, vivendo sempre a stretto contatto con loro». Nei due film l’evoluzione dell’indagine sulla femminilità e sull’umanità nel suo più ampio significato si accompagna a una crescita del cifrario stilistico: «Il fascino di chiamarsi Giulia e Rails sono soprattutto esperimenti. Più che film, o cortometraggi, sono passi sulla via della creazione di un mio stile, di un mio taglio sempre riconoscibile». Un taglio che vede in Oltrarno il suo alveo, non costrittivo ma presente; nella cura dell’inquadratura, passata dall’estetismo strutturale a un più intimo sguardo sugli attori, la sua voce, e nell’attenzione ai dettagli (come alla stessa grafica che, già dalla locandina realizzata da Lucilla Vecchiarini, riassume con un tratto raffinato ed essenziale il film), la sua vocazione. Attraverso lo sguardo intimista di Samuele Alfani sulle due donne nell’accogliente ventre bianco della vasca da bagno percepiamo la sensazione di una liberazione mancata, di un silenzio fatto di parole, di un confine definito dal contatto che ci restituisce una sintesi dei nostri limiti e delle nostre possibilità, una commovente umanità in cui potersi riconoscere. • .21


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ENGLISH VERSION>>>>

Samuele Alfani is a young Florentine director who likes to investigate the intimate contradictions of the human spirit. He started directing during his long permanence in Barcelona, where he created a project called Sex in the Art: female naked bodies painted and filmed. Sensuality, chromatic research and a minimal framing shaped Samuele’s language in a precise direction. While sipping a pastis in Santo Spirito square, a place of great inspiration for him, Samuele explains that «A good story doesn’t always work no matter what. There has to be a strong direction behind it, that goes beyond photography, and succeeds in organizing everything and making every detail meaningful». Samuele competed at Cannes with his second to last work called Il fascino di chiamarsi Giulia, the story of a woman with split personality who lives a “normal” life during the day and turns into a prostitute at night.

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Getting in and out her clothes every night, she finds out her nature made of contradictions, strength and vulnerability, with a crescendo that involves the public more and more in her fatal contrasts. His most recent work, called Rails, exalt those contradictions through an intimate visual dialogue between two women in a moment of vulnerability. The protagonists, performed by Carlotta Rondana and Camilla Pieri, live in the same apartment in which the bathtub is the core of the story, tracing an invisible but insurmountable boundary line between them. «The lack of communication is the cornerstone of Rails. In order to express these dynamics in my works I spend weeks trying to get to know the actors deeply», says Samuele. By looking at Giulia, and at the two women in the bathtub we have the feeling of a missed liberation, silence made of words, a border defined by contact which give us back a synthesis of our limits and possibilities, a moving humanity we can identify with. •


ful green

LA FATTORIA DI ARCETRI

La passione per la terra di un imprenditore agricolo 2.0 Testo e foto di Annalisa Lottini

Q e Capodanno?

ual è quel lavoro che vi permette di vivere all’aria aperta 365 giorni l’anno, non conosce il sabato e la domenica, Natale, Pasqua

Lavorare la terra oggi, come ieri, è un’attività primaria dura e senza pause, da portare avanti nel buono e nel cattivo tempo. E di certo non adatta a chi ama dormire fino a tardi. La sveglia suona sempre presto, in inverno anche quando è ancora buio e l’attenzione verso le colture e gli animali dell’allevamento è quotidiana. Vacanze? Quali vacanze?! Se hai un’azienda agricola a rovinarti la vita basta una neve fuori stagione e devi trovare una fidanzata a cui non interessa viaggiare. Guido Mazzoli è nato e cresciuto in pieno centro a Firenze ma fin da piccolo ha avuto il pallino della terra. Quando alla fine delle scuole medie voleva iscriversi ad Agraria, sua madre l’ha convinto a fare il Liceo Scientifico. Dopo il diploma ha cominciato a collaborare con alcune aziende agricole e a fare esperienza sul “campo”, a memorizzare i trucchi e i segreti dei contadini più anziani che lo prendevano sotto la loro ala, imparando tutto quello che avevano da insegnare. A queste conoscenze Guido ha sempre affiancato lo studio privato di manuali fino a che, 4 anni fa, ha

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avuto l’opportunità di prendere un terreno nella zona di Arcetri. Dopo meno di un anno ha aperto l’azienda agricola che ne porta il nome, La fattoria di Arcetri. Le cose sono andate bene da subito e oggi l’azienda conta 8 ettari di terreno, divisi tra le serre fredde e 3 poderi in diverse zone di Firenze in cui si coltivano frutta e ortaggi oltre a polli e galline. La coltivazione è rigorosamente biologica ma la certificazione non è quella ufficiale, si basa sulla partecipazione di altre aziende agricole e si chiama, infatti, Garanzia Partecipata. L’International Federation of Organic Agriculture Movements definisce la garanzia partecipata un «sistema di assicurazione della qualità che agisce su base locale; la verifica dei produttori prevede la partecipazione attiva delle parti interessate ed è costruita basandosi sulla fiducia, le reti sociali e lo scambio di conoscenze». E vi posso garantire che è davvero così. La qualità dei prodotti è garantita innanzitutto dalla vendita diretta ai consumatori e dal rapporto di fiducia che si crea con loro e poi da questo meccanismo di certificazione autonomo in cui i contadini si controllano tra di loro a rotazione. La certificazione biologica ha grosse falle al suo interno perché esistono molti enti privati ai quali l’azienda può rivolgersi e che deve pagare per il rilascio della documentazione. Difficilmente il certificato


non viene rilasciato. Inoltre gli standard della coltivazione biologica cambiano di giorno in giorno, forti delle richieste di un mercato in cui il biologico va sempre più di moda. Questa forma di controllo tra pari assicura che tutti rispettino le norme secondo un codice d’onore per cui solo i virtuosi possono accedere ai mercati, pena la distruzione non solo della propria immagine ma di chi ha garantito per te. Oltre ai vari gruppi di acquisto solidale e ai mercati, la Fattoria di Arcetri rifornisce un’azienda che produce pasti per la mensa dell’Ospedale Meyer e per scuole e anche la Bottega del Buon Caffè, il ristorante dello chef stellato Antonello Sardi. Lo chef acquista tutti i giorni ortaggi e frutta e parte della produzione della Fattoria di Arcetri viene ottimizzata a seconda delle sue necessità. Un compito non semplice perché a volte si tratta di anticipare o posticipare la maturazione di certe colture. La vendita al dettaglio al contrario della vendita all’ingrosso,

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richiede che i campi siano frazionati in più zone e le piante piantate scalarmente in modo da arrivare a maturazione in periodi diversi e garantirne la consumazione per tutta la stagione. Ma in cosa consiste la coltivazione biologica? Essenzialmente nel non usare prodotti chimici nocivi all’ambiente. Per evitare che le piante si ammalino ci sono dei sistemi di prevenzione con lanci di altri insetti e pratiche colturali meccaniche come sarchiature e fresature, che permettono di areare la terra e impedire la formazione di funghi. Importanti sono anche la concimazione e l’alternanza dei terreni affinché non si impoveriscano delle sostanze nutritive. Incredibile come la passione di un giovane poco più che trentenne sia riuscita in pochi anni a creare un’azienda agricola florida e stimata. Un’azienda a conduzione familiare in cui l’intera produzione è gestita da Guido e da un dipendente, e la vendita dal padre e dalla sua ragazza. Andateli a trovare, non ve ne pentirete. •


ENGLISH VERSION>>>>

Tilling the soil is hard, as it has always been. There are no breaks, and it doesn’t matter if it’s good or bad weather. The are no holidays and an off-season snow is enough to ruin your harvest. Guido Mazzoli was born and bred in the very centre of Florence but he has always had a penchant for the soil. After taking his Diploma he started cooperating with some farms to gather experience “on the field”, learning all the tricks he could from the older farmers. He’s also an autodidact, having studied handbooks about farming techniques. Then, four years ago, he bought a plot of land in the Arcetri area and started his own farming business called La Fattoria di Arcetri. The business is going really well and now they have got 8 hectares of land where fruit and vegetables are cultivated. There are chickens and hens too. They only do biological farming, even though they do not have an official certification. The biological origin of their products is guaranteed by a system called Garanzia Partecipata: the quality of the products is checked by other local farming businesses, through a trust-based collaboration.

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Direct selling does the rest, establishing a strong relationship with the consumers. The biological certification is not always 100% guaranteed, as there are many private authorities which get paid to release certifications. Also, it’s difficult to say what is allowed in the biological productions as the standards changes every day. Among its customers, Fattoria di Arcetri supplies a firm which provides meals for Meyer Hospital’s canteen, as well as Bottega del Buon Caffè owned by starred chef Antonello Sardi, who purchases vegetable and fruit from them every day. But what does biological farming exactly consist in? Basically, it’s about not using harmful chemicals. It involves different ways of taking care of plants and prevent their diseases, for example by tossing a specific type of insect to fight the bad ones. It’s amazing how a young man in his early-thirties managed to create such a respected and booming family-run business. •


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ful 5di5

5di5 FIRENZE CROCEVIA DELLE GENTI by Laura Albano | lauralbano.tumblr.com

Firenze è crocevia di molte cose (tutte elencate da Google, lati oscuri compresi), ma soprattutto di flussi di persone provenienti da tutto il mondo per i motivi più diversi. Turisti, studenti, migranti, lavoratori riempiono tutti i giorni le strade e i mezzi pubblici della città dando vita ad un’armoniosa mescolanda di tipi umani. Florence is a crossroad of many things (all listed by Google, dark sides included), but mainly of human fluxes coming from all over the world for the most different reasons. Tourists, students, migrants, workers fill the streets and the public transports of the city everyday giving life to an armonius mix of human types.

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ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all'estero MARIA IGNACIA WALKER Mi chiamo Maria Ignacia Walker e sono un’artista orafa cilena di trentadue anni. Sono approdata a Firenze nel 2012, dopo un anno sabbatico durante il quale ho visitato oltre 14 Paesi. È proprio in uno di questi, il Vietnam, che ho trovato la mia vera strada: non più nel campo della pubblicità, ma in quello della gioielleria contemporanea. Dopo un periodo di formazione in Cile, ho deciso di frequentare “Alchimia”: la scuola più avanzata in questo settore e di trasferirmi a Firenze che è stata, fin da subito, la “mia” vera città. Fin da piccola, sognavo di visitarla ed è qui che ho iniziato a realizzare e esporre i miei lavori: creazioni contemporanee che sono metafora della riappropriazione del corpo e della personalità individuale. Cosa porteresti a Firenze dal Cile? Adoro Firenze e qui mi sento a casa. Vengo da una cultura piuttosto simile ma, forse, quello che mi manca è la leggerezza. A volte ho l’impressione che le persone si prendano tutte troppo sul serio, in Cile invece siamo tutti più rilassati e aperti nei rapporti interpersonali: non c’ è la paura di offendere o infastidire, siamo diretti ma delicati al tempo stesso. Qui, qualche volta, ho un po’ l’impressione di camminare sulle uova: puoi rischiare veramente di ferire qualcuno, senza rendertene conto. Porterei a Firenze un paio di cumbias, la colazione salata con l’avocado e il pisco sour. Cosa porteresti in Cile da Firenze? Porterei prima di tutto l’opportunità equa di accedere alla cultura: purtroppo l’istruzione, l’università, il mondo delle arti non sono ancora alla portata di tutti nel mio Paese. Poi, la vita delle piazze: amo tantissimo starmene seduta nelle piazze fiorentine con qualcosa da bere in mano, parlando liberamente con la gente, cantando, ridendo, godendomi la vita insieme ad amici ed estranei. È un momento di condivisione bellissima e in Cile questa forma di ritrovo non esiste. Per adesso. My name is Maria Ignacia Walker, I’m a thirty-two-year old goldsmith artist and I come from Chile. I arrived in Florence in 2012 after a gap year in which I visited 14 countries, studying also jewelley in Vietnam. I then enrolled in a specialized school in Chile and then I decided to move to Florence which became “my” city right from the start. It was a childhood dream to come here and it’s here that I started creating and exposing my works. What would you take to Florence from Chile? I love Florence and I feel at home here. The Chilean culture is actually quite similar to the Italian one but perhaps we take things more easily there, relationship-wise. In Florence sometimes I’m afraid to hurt people’s feelings without even realizing it. What I’d take is a pair of cumbias, salty breakfast and pisco sour. What would you take from Florence to Chile? The equal opportunities to gain access to culture: public schools are not accessible to everyone in Chile and the piazza lifestyle. I love to sit in Florentine squares with a drink in my hand, talking and singing and laughing with people. It’s great and I can’t find this in Chile. At least so far. •

DUCCIO AIAZZI Mi chiamo Duccio, ho 38 anni. Ho vissuto buona parte dalla mia vita a Firenze, che ho sempre amato e che considero una parte importante della mia identità. Subito dopo gli studi in architettura mi sono trasferito a Londra e i primi anni all’estero li ho passati con l’idea che sarei presto ritornato alla mia amata città. Sono passati diversi anni, quest’idea non si è ancora concretizzata e nel frattempo mi sono trasferito a Parigi. Benché sia talvolta difficile vivere lontano da casa, c’ è una certa leggerezza nel vivere in un luogo nel quale sono straniero. Mi permette di vedere le cose un po’ dall’esterno, di non prenderle troppo sul serio. Nonostante questo e nonostante siano ormai dieci anni che vivo all’ estero, mi sembra ancora strano essere partito da Firenze e alle volte, mentre giro in bicicletta per Parigi, mi chiedo come ho fatto a finire qui. Cosa porteresti a Firenze dall’estero? Di Londra vorrei portare a Firenze l’enorme varietà di gente e paesaggi. Vorrei portare anche l’enorme facilità con la quale la città cambia e si evolve, sia a livello culturale che a livello urbano. Questo perché credo che Londra sia un grande esempio di come l’impatto di altre culture abbia mutato positivamente la cultura locale mantenendo però una sua identità precisa. Di Parigi vorrei portare i trasporti pubblici che sono economici e capillari. Cosa porteresti all’estero da Firenze? Di Firenze mi piacerebbe portarmi dietro le colline e la sua vicinanza alla campagna, mi manca la possibilità di prendere il motorino e partire per le stradine di campagna. Mi porterei anche la calma di San Niccolò la mattina, le stradine strette del centro e il Caffè degli Artigiani in piazza della Passera. E ovviamente, i banchini del lampredotto, il gelato e la schiacciata all’olio. My name is Duccio, I’m thirty-eight. I lived for most of my life in Florence, then I moved to London thinking that I would have come back soon. But I didn’t, I moved to Paris instead. Living in a different country helps me to see things from a different point of view and not to take them too seriously. Sometimes, cycling around in Paris, I ask myself how I ended up here. What would you take to Florence from abroad? From London I’d like to take the huge variety of people and landscapes and how easily the city changes and evolves. I think London is a great example of how different cultures can positively affect the local culture, without altering its identity. From Paris I’d take the cheap and efficient public transportation. What would you take abroad from Florence? I’d like to take the hills and the countryside, I miss riding my scooter there. I’d also take San Niccolò at mornings, the narrow streets and Caffè degli Artigiani in piazza della Passera. And, it goes without saying, lampredotto, ice-creams and focaccia. •

© Lucy Plato Clark http://lucyplatoclark.com

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la pagina dell'artista* per il numero XXII è a cura di FEDERICO BRIA https://www.facebook.com/federicobriaillustration/ http://be.net/FedericoBria

Contemplazione, china su carta, 21 x 29 cm Federico Bria, illustratore autodidatta, riscopre la passione per il disegno verso la fine del 2012 dopo aver fatto tutt’altro per anni. Lavora principalmente in bianco e nero, adora perdersi nei dettagli, cercando di trovare sempre qualcosa da raccontare attraverso le illustrazioni. Ha collaborato e collabora con differenti realtà, dall’editoria alla decorazione di prodotti, cosa che gli permette di volta in volta di sperimentare tecniche e supporti nuovi sui quali esprimersi. Federico Bria, self-taught illustrator, rediscovered his passion for drawing in 2012 after pursuing for years a different career. His works are mainly in black and white, he adores getting lost in the details, trying to find new ways to tell stories through his illustrations. He has got collaborations in many different fields: from publishing to products’ decorations, these allows him to experiment new techniques and supports. • .30


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