novembre - dicembre
anno
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n • ventotto
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Editore Ilaria Marchi
in questo numero:
Filippo Saporito • DiscoSoupe • Orme Radio • Muro, la storia di Lisa Matteo Tortora • Firenze Sake • Adriano Bimbi • Whisky Bar Kristinn Kis • Cocoa Laney & Margareta Skold • B&B Mòsì • Jana Kim 1.
STUDIO DI REGISTRAZIONE MULTIROOM (CON VISTA SU FIRENZE) DOTATO DI STRUMENTI MUSICALI NUOVI E VINTAGE. PROTOOLS HDX E TRATTAMENTO ACUSTICO PROFESSIONALE. IMMERSO NELLA PACE DI UN CAMPO DI OLIVI PER STIMOLARE LA CREATIVITÀ A SOLI 15 MINUTI DAL CENTRO DI FIRENZE. www.osbstudio.it / info@osbstudio.it / 055 631073
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p. 4/6 green
DISCOSOUPE
p. 7/9 arte
ADRIANO BIMBI
p. 10/12
Tempo di Oh! Oh! Oh! Merry Christmas, regali e alberi di natale sintetici. Pranzo di Natale o cenone? L’importante è non sprecare il cibo come ci insegnano quelli di DiscoSoupe, se invece volete essere serviti e riveriti siamo andati a intervistare lo chef stellato Filippo Saporito del ristorante La leggenda dei frati. Per rimanere in tema gusto, nuovi locali hanno aperto in città: il Whisky Bar e per gli appassionati di sakè, Firenze Sake, uno shop dedicato. In questo numero si parla anche di Mòsì, un bed&breakfast molto social; Orme Radio, una realtà toscana importante della galassia web radio; Muro, uno spettacolo teatrale sul bullismo e i documentari di Matteo Tortora. E poi ancora di arte con un omaggio alla carriera del Maestro Adriano Bimbi, il Fascino georgiano di Jana Kim, e i progetti fotografici delle studentesse SACI, Cocoa Laney e Margareta Skold. L’artista ospite del numero è Kristinn Kis.
cinema
MATTEO TORTORA
p. 14/15 locali
WHISKY BAR
p. 16/17 turismo
B&B MÒSÌ
p. 18/21 gusto
FILIPPO SAPORITO
p. 22/23
Buona lettura e buone feste! Annalisa Lottini
musica
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi
Ideazione Marco Provinciali e Ilaria Marchi Coordinamento editoriale Annalisa Lottini Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com Foto in copertina Annie Spratt on Unsplash
ORME RADIO
p. 24/26 teatro
MURO, LA STORIA DI LISA
p. 28/29 gusto
FIRENZE SAKE p. 30/31 fotografia
COCOA LANEY & MARGARETA SKOLD p. 32 5di5
Abbonamenti
Volete ricevere la vostra copia di FUL direttamente a casa? Scrivete a commerciale@firenzeurbanlifestyle.com
JANA KIM
p. 33
uno straniero a Firenze /un fiorentino all’estero
BARBARA BAESSO MOURA BIANCA FRANDI
p. 34
pagina dell'artista
www.firenzeurbanlifestyle.com
FUL *firenze urban lifestyle*
KRISTINN KIS 3.
ful green
DISCO SOUPE
Da Berlino a Firenze si cucina a ritmo di musica contro lo spreco alimentare T esti
di
R oberta P oggi
F oto
di
F rancesca N ardoni
L
ʼidea della Disco Soupe nasce nel 2012 a Berlino come Schnippel Disko in occasione della grande manifestazione We are fed up!. Pochi mesi dopo approda in Francia, a Parigi, nazione in cui ha avuto finora più successo, con oltre 50 città attive. Grazie anche allʼimpatto degli enormi banchetti organizzati da Tristam Stuart, fondatore di Feeding the 5000, dal 2014 il movimento si espande in molti altri paesi, tra cui Grecia, Regno Unito, Spagna, Corea del Sud, Paesi Bassi, Kazakhstan, Brasile, Stati Uniti, Canada, Italia e molti altri. Ad oggi, le Disco Soupe sono state organizzate in 25 nazioni in quattro continenti, grazie alla rete Slow Food Youth Network e allʼorganizzazione Feedback. Sono ormai un evento globale, tanto da istituire un World Disco Soupe Day il 29 aprile. Ma cos’è in pratica una Disco Soupe? È un movimento che sensibilizza .4
ENGLISH VERSION>>>>
The first Disco Soupe took place in Berlin in 2012 under the name of Schippel Disko, and then the format expanded to Paris, Greece, UK, Spain, Netherlands, Brazil, US, Italy. Disco Soupe events are now organized in 25 different countries thanks to the Slow Food Youth Network and the Feedback organization. It’s now a global event with an official date: April 29th. But what is a Disco Soupe? It’s a movement against food waste. It’s a Disco movement because people cook
while listening to the music, and Soupe is the original recipe from Northern Europe – it’s not just soups, everything can be prepared but it has to be made with leftovers. Disco Soupe aims to educate and sensitize people to environmental and food issues, finding alternative ways of production, distribution and consumption. During events, volunteers are challenged with a massive variety of food waste – mainly fruit and vegetables which get discarded by shopkeepers because of some bruises. Food is prepared and cooked, then offered to people on the streets. The first Italian Disco Soupe took place in Milan, but it’s actually Florence who is carrying the initiative on continuously. The two associations taking care of it are SenzaSpreco and Dis.forme. SenzaSpreco is Le Mele Di Newton’s project against food waste, and Dis.forme is an association promoting social, artistic and educational events. The very first Florentine Disco Soupe by SenzaSpreco was hosted at Florence Folks Festival in July 2016, then many other venues were organized through Dis.forme. A recent Disco Soupe in Colonnata saved 277 kg of food, while last May’s edition in Settignano involved 250 people
contro lo spreco alimentare, attraverso la raccolta e il riutilizzo del cibo che altrimenti andrebbe sprecato. Disco perché si cucina insieme a ritmo di musica. Soupe secondo la ricetta originaria del nord europa, anche se non si cucinano solo zuppe: insalate, bruschette, frullati, qualsiasi piatto può uscirne, a condizione che sia fatto con alimenti in eccedenza. Il movimento ha lo scopo di educare sulle questioni alimentari e ambientali, fornendo una possibile alternativa di produzione, distribuzione e modalità di consumo. Possibile innanzitutto perché reale e toccabile con mano: durante gli eventi i volontari si trovano faccia a faccia con una varietà enorme di alimenti (per lo più frutta, verdura e prodotti da forno) che vengono scartati dagli esercenti di una determinata area perché ammaccati, brutti da vedere o semplicemente invenduti. «Verdure scartate perché ammaccate ma molto gustose tu salverai»: così recita il primo dei disco-mmandements (disco-mandamenti). Secondo la formula originaria, i partecipanti tagliano e cucinano gli scarti, preparando così un pasto da offrire ai passanti in piazza. In Italia la prima Disco Soupe arriva a Milano, ma lʼunica realtà nazionale a portarla avanti con continuità è proprio Firenze. Qui se ne occupano due associazioni attive in modi diversi sul territorio fiorentino: SenzaSpreco – con Giulia Lombardo e Jacopo Visani – e dis.forme – con Lorenzo Ci. Senza Spreco è il progetto contro lo spreco alimentare della cooperativa Le Mele di Newton, fa opera di divulgazione sul tema e si occupa di creare reti di domanda e offerta per quei prodotti a rischio di spreco. Dis. forme è unʼassociazione che promuove eventi sociali, artistici e formativi. La primissima Disco Soupe fiorentina di SenzaSpreco è stata ospitata dal Florence Folks Festival nel luglio 2016 alla Balera del Varlungo, e nei mesi successivi sono seguiti molti altri appuntamenti in diverse location insieme a dis.forme. Per dare unʼidea della portata di questi eventi, la recente Disco Soupe di Colonnata è riuscita a salvare ben 277 kg di cibo. In termini di partecipazione, invece, quella dello scorso maggio alla Casa del Popolo di Settignano ha visto la complicità di circa 250 persone (di cui una quarantina di volontari), alternando il lavoro a ritmo di musica alle varie attività per adulti e bambini organizzate da Muttnik e Le Mele di Newton, con la collaborazione di realtà come Rifiuti Zero Firenze, Mamme No Inceneritore e con la media partnership di greenApes. Unʼaffluenza decisamente alta se si pensa che la Disco Soupe più grande 5.
al mondo dello scorso settembre a Londra ha contato circa mille persone. Insomma, le proporzioni tra le due città parlano chiaro! Si tratta di eventi che colpiscono la sensibilità di ciascuno di noi: ci troviamo infatti davanti a una vera e propria spianata di alimenti che altrimenti andrebbero sprecati. Lʼimpatto è forte perché ci si rende davvero conto di quanto cibo in un solo giorno, e solo in una piccolissima zona del mondo si butta via. Allora è facile capire come un terzo del cibo prodotto sul nostro pianeta vada sprecato, ovvero 1,3 miliardi di tonnellate, secondo i dati FAO. Una micro-manifestazione di un fenomeno globale. La Disco Soupe è anche un momento sociale, in cui si fa insieme: nella versione italiana di SenzaSpreco e dis.forme è la creatività dei partecipanti a decidere quali ricette cucinare e a creare un vero e proprio menù. Cibo, riuso, musica, attività, movimento: ecco, potremmo dire che la Disco Soupe è un evento divertente e leggero che nella sua spensieratezza riesce a veicolare un messaggio importante. E se è possibile farlo in così tanti, sarà sicuramente altrettanto possibile farlo in pochi amici, a casa, in famiglia, a fronte di quei famosi €7,50 che a settimana ogni nucleo familiare mediamente spreca in Italia. Insomma, le Disco Soupe ci mostrano come sia possibile trovare delle soluzioni al crescente problema dello spreco alimentare, nemmeno troppo complesse, ma anzi realistiche, fattibili, addirittura piacevoli. E come ci ricorda lʼultimo disco-mandamento: «La convivialità ovunque tu diffonderai». • Per restare aggiornati sulle prossime Disco Soupe seguite SenzaSpreco, dis. forme o il gruppo facebook Disco Soupe Firenze.
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and collaborations with Rifiuti Zero Firenze, Mamme No Inceneritore, Muttnik and Le Mele Di Newton. During the events participants are confronted with an enormous amount of food which would be otherwise thrown away, that has quite a strong impact because we realize how much food is wasted in one single day, in a small area. So it becomes easy to understand how one third of food gets wasted in the whole world, that is 1,3 billion tons. Disco Soupe is also a social occasion: participants do things together using their creativity. Food, music, activities: Disco Soupe is a fun and cheerful event that launches an important message, proving that it’s possible to find solutions to the increasingly worrying issue of food waste. Follow SenzaSpreco, dis.forme or Disco Soupe Firenze on FB to be updated about next events. •
ful arte
LIBERTÀ DA OGNI FORMULA: L’ACCADEMIA DI ADRIANO BIMBI E I SUOI ALLIEVI
Incontro con Adriano Bimbi, scultore, Maestro di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze dal 1976, giunto all’ultimo anno di una splendida, umanissima, carriera. T esto
di
M artina S capigliati
A
driano Bimbi, artista. Leggo dalla sua graffiante biografia: «Adriano bimbi è nato a Bibbona, un piccolo paese tra la costa e la campagna livornese, nel 1952. Non ha avuto studi regolari e l’indicazione datagli alla fine della scuola media di dedicarsi all’arte, perché altro non avrebbe saputo fare, gli è valsa la decisione di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha studiato per pittore con il maestro Fernando Farulli e, finita l’Accademia, da autodidatta, si è messo a fare lo scultore». Negli anni, ha esposto opere in tutta Italia, ha realizzato monumenti per varie città, ha collaborato per esposizioni a Münster, New York, Bruxelles. Come tutti i grandi Maestri per gli allievi capaci, Bimbi è stato determinante nella formazione dell’educazione e la personalità di molti artisti fiorentini, le cui opere e i cui caratteri mi hanno sempre appassionata. Ecco il prodigio dell’insegnamento: c’è sempre un piccolo precipitato di
Paesaggio notturno 1 Adriano Bimbi
ENGLISH VERSION>>>> Adriano Bimbi was born in Bibbona in 1952. His early teachers suggested him to dedicate to art, because he wouldn’t have been able to do anything else. So he joined Accademia di Belle Arti in Florence and after that he became a sculptor. Over the years, his works have been exhibited all over Italy, he created several monuments and collaborated to exhibitions in Münster, New York and Bruxelles. Bimbi’s teaching was crucial for many Florentine artists: there’s always a little bit of him in their works. «I am not interested of talking about the Accademia from an institutional point of view» says Bimbi. «Education is not to be seen as an institution but as human potential. For me, the Accademia is a place
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Paesaggio notturno 2 Adriano Bimbi
to meet with the others, a path. Over the years I met wonderful pupils, they made my Accademia extraordinary, not the Accademia itself». Bimbi talks about how the Accademia has been changing «… But what also has changed, is the use and abuse of those means which should conceive a work of art. Nowadays, it looks like art “works” only because people talk about it. Art and Beauty are way more rare and elusive then we think. Today, even a burp is Art! We no longer know how to distinguish the relationship between art, politics, society, decency… we live in a soup where no one dares to clear things up. Everything has already been and done. The Greeks, as Rosai used to
Bimbi nelle opere di questi artisti che mantengono vivo un conflitto, e quindi una ricchezza interiore, in un mondo fatto di menzogne dove l’unica menzogna che non è tale è la loro, perché l’artista non inventa che sé stesso. «Dell’Accademia come istituzione non mi interessa parlare. Quello che è strutturato, programmato, di solito non funziona» spiega Bimbi. «L’istruzione non dev’essere vista come istituzione, ma come potenziale umano. Io ho vissuto la mia Accademia sulla base di questi principi: non ho mai inteso l’Accademia come scuola, ma come luogo di incontro, come un percorso, dove certe necessità si palesano. E negli anni, posso dire di aver trovato allievi, persone meravigliose
Gli indifferenti Sebastiano Benegiamo 240 mm x 300 mm, Puntasecca su zinco - 2016
Il maestro e il discepolo Sebastiano Benegiamo 200 mm x 240 mm, Puntasecca su zinco - 2016 .8
con cui ho intrapreso percorsi emozionanti. Sono stati loro a rendere straordinaria la mia Accademia, non l’Accademia di per sé». Bimbi accenna a come, col tempo, l’Accademia sia mutata. «… Ma è cambiato anche l’uso, l’abuso che facciamo dei mezzi che dovrebbero concepire un’opera d’arte. Di fatto, pare che oggi l’opera d’arte funzioni solo perché se ne parla. E magari invece di una poesia di Cardarelli non se ne parla più». Arte e bellezza, spiega Bimbi, sono molto più rare, più sfuggenti di quello che si possa immaginare. «La bellezza secondo me ha anche un aspetto attinente al verbo (non voglio dire al vero), ma è comunque legata a un’espressione che ci trascende in qualche modo, per la sua esattezza. Ora invece anche un rutto è arte! E non sappiamo più distinguere che rapporto ci sia tra arte, politica, società, decoro... viviamo in un pastone in cui nessuno ha il coraggio di metter le mani per chiarire un po’ le idee. E poi, tutto è già passato. I Greci, diceva
Rosai, avevano già inventato tutto. E diceva una cosa vera! Mentre oggi ognuno si alza e pensa di essere artista – io per primo! Ma la verità è che quando in un secolo ci sono due artisti, è già un secolo ricco, ricchissimo!». Col suo tono pacato, Bimbi parla dell’importanza dell’educazione: «Servirebbe un’autoeducazione, prima di tutto. Alla bellezza, che non è decoro, ma è qualcosa che scava dentro te, che ti forma, che ti dà una struttura tale da farti compagnia, a dispetto di tutto, perfino della miseria!». Parliamo ora di una mostra in arrivo. Sarà l’1, 2 e 3 dicembre prossimo al Chiasso Perduto, Via dei Coverelli 4R, a Firenze. Si intitolerà Postumi e sarà una collettiva: Bimbi esporrà le sue opere insieme a quelle dei suoi ex allievi, Andrea Lucchesi e Sebastiano Benegiamo. Andrà così in mostra il dialogo aperto tra i tre artisti, che si mettono in gioco per raccontare un tema, quello della strada, utilizzando varie tecniche. Le opere di Bimbi: disegni a china di paesaggi campestri, visti dall’interno di una macchina, senza compiacimenti formali o cromatici, scuri: paesaggi che vanno incontro alla notte. «Ho più di 60 anni, la mia visione adesso impone delle riflessioni…». Anche le opere dei suoi allevi prendono consistenza da un’esperienza di vita, offrendo considerazioni di ordine teorico ed estetico. I lavori di Lucchesi, olio su tela, rappresentano figure dai contorni smussati fatalmente da una sensibilità viva, come fluttuanti, in spazi e luci mutevoli.
Andrea Lucchesi
Benegiamo, abile nella tecnica dell’incisione a puntasecca, predilige personaggi scelti dal cupo della strada: prendendoli dal basso, è capace di innalzarli. Della pittura di Lucchesi e delle incisioni di Benegiamo, dice il Maestro che si tratta di un’arte ben fatta, perché non decorativa, ma identificativa di un vissuto. «A volte i miei lavori, come quelli di Lucchesi e Benegiamo, possono sconcertare: ma non si può avere paura del buio sempre. Bisogna affrontarlo!». Se guardi nel buio a fondo, cʼè sempre qualcosa. • say, had already invented everything. And he was right! Now everyone wakes up believing to be an artist – me too! Truth is, when a century sees a couple of artists, that century is already extremely rich!». Next December 1st, 2nd and 3rd at Chiasso Perduto, in Via dei Coverelli 4R in Florence, Postumi collective exhibition will take place. Bimbi and two former pupils – Andrea Lucchesi and Sebastiano Benegiamo – will exhibit their works. Bimbi’s works are ink draws of countryside’s landscapes, seen from the inside of a car, informal and dark «I’m in my sixties now, my vision offers matter for reflection…». Lucchesi’s works, instead, are shapes with undefined borders and a vivid sensitivity, in shifting spaces and lights. Benegiamo, who’s an expert of incision technique, prefers dark characters from the ghetto: he picks them up from the bottom to make them rise. «Sometimes my works, as well as Lucchesi’s and Benegiamo’s, may be upsetting. But we shouldn’t always be afraid of darkness, we should face it!». •
Andrea Lucchesi
9.
ful cinema
TI METTO A NUDO CON UN DOCUMENTARIO
Drag queen dietro il “trucco”, omosessualità nel mondo del pallone, confessioni in un set che è un po’ camera da letto. Abbiamo incontrato il regista e videomaker Matteo Tortora, livornese di origini ma fiorentino d’adozione, per capire cosa succede dietro l’obiettivo di un documentario. T esti
di
G ianni C arpini
«P
er fare il documentarista non basta la passione per il cinema: devi avere empatia con le persone che intervisti, entrare nella loro psicologia». Dietro la telecamera è tutta un’altra storia: parti da un punto, ma non sai dove arrivi. «Il documentario nasce da questo: è chi sta dietro l’obiettivo che per primo vuole trovare delle risposte alle domande che ha in testa». Matteo Tortora, videomaker e regista, classe 1975, «livornese reietto, a Firenze dal 2003 perché odia il mare e ama la città» come dice lui, ha all’attivo tre documentari e altri due sono in preparazione. Ha scelto .10
ENGLISH VERSION>>>> «To shoot documentaries you don’t just need a passion for cinema: you need to be sympathetic to the people you interview, to access their psychology». You know where you start from but you don’t know where you end up. Matteo Tortora is a video maker and director, he was born in Livorno in 1975 but hates the seaside and loves the city instead, so he has been living in Florence since 2003. He chooses arduous subjects, all related to homosexuality, but aiming at a wide public.With his documentaries, he started in Mugello and ended up in a nightclub. It all began four years ago with Ubi Tu Gaius Ego Gaia, which was sold out at Odeon Firenze. It is about a catholic priest from Borgo San Lorenzo who celebrated same sex marriages in the nineteenth century. In 2015 was released La donna pipistrello, dedicated to one of the first man who changed sex in the Sixties, Romanina Cecconi.
argomenti non facili, che gravitano intorno al mondo gay, con l’aspirazione però di parlare a un pubblico più ampio. Con i documentari è partito dal Mugello ed è finito in discoteca. Tutto è iniziato con Ubi Tu Gaius Ego Gaia, opera prima che quattro anni fa riempì la sala del cinema Odeon di Firenze. Sollevò un polverone ricostruendo la vicenda di un sacerdote cattolico di Borgo San Lorenzo che nell’Ottocento celebrò alcuni matrimoni tra persone dello stesso sesso. La seconda tappa nel 2015 con La donna pipistrello, dedicato a Romanina Cecconi, uno dei primi uomini a cambiare sesso a metà degli anni Sessanta. Personaggio emblematico e storia unica. L’ultima fatica, presentata a Firenze lo scorso settembre durante il Florence
Queer Festival, è Temporary queens: Regine dal tramonto all’alba, lungometraggio prodotto dalla casa fiorentina Black Oaks Pictures, che ha portato il regista dietro le quinte (e dietro il trucco) delle drag queen. La telecamera è entrata nei camerini e nei locali notturni, per mettere a nudo i pregiudizi su questo mestiere esploso negli ultimi anni. «Ho scelto un percorso in salita – ammette Matteo Tortora –, ho iniziato con documentari a tematica lgbt per parlare a un pubblico trasversale. Ho scelto di affrontare aspetti della comunità più che storie individuali, per raccontare la vita sociale di queste persone». E il cammino è già tracciato anche per il prossimo anno: nel 2018 uscirà Il calciatore invisibile, documentario che accende i riflettori sull’omosessualità nel mondo del pallone italiano, con interviste a big come Cesare Prandelli e Alessandro Costacurta, oltre a ragazzi comuni che partecipano a tornei amatoriali di calcio friendly. «Girando Il calciatore invisibile e Temporary queens, mi sono accorto che spesso i peggiori pregiudizi arrivano dal mondo omosessuale, più che dagli eterosessuali, 11.
forse proprio per una forma di omofobia interiorizzata – fa notare. Quando racconto ad amici gay che ho realizzato un documentario sulle drag queen, c’è chi storce la bocca. Le drag sono ‘travestiti’ o donne mancate, il calcio invece un gioco solo da maschi». In cantiere c’è anche un documentario che mette a nudo la sessualità e la vita sociale dei gay italiani. Su un set che ricrea una camera da letto, gli intervistati tra i venti e i sessant’anni vengono fatti spogliare e in slip rispondono a un turbinio di domande, dalla loro vita sotto le lenzuola, al rapporto con la famiglia, fino al percorso di accettazione. «Il pensiero di un quarantenne sulla sua sessualità è totalmente diverso da quello di un ventenne: il primo ha difficoltà a dire davanti a una telecamera se ha un ruolo, il secondo ti dice apertamente e con semplicità cosa gli piace fare». Con il documentario sai da dove parti, ma non dove arrivi. E questo vale anche per Matteo Tortora. Il sogno per il futuro? «Approdare al cinema narrativo». Sorride solo a pensarci. «Sono un grande estimatore del genere e sarebbe un traguardo». •
Tortora’s last work, presented in September at Florence Queer Festival, is called Temporary queens: Regine dal tramonto all’alba. It was produced by Black Oaks Pictures and is about Drag Queens. «I chose a hard path – says Matteo Tortora – I started with lgbt documentaries and decided to focus on the community rather than on individual stories, to show the social life of these people». In 2018 he will release Il calciatore invisibile, a documentary about homosexuality and football, which includes interviews to Cesare Prandelli and Alessandro Costacurta. «While shooting Il calciatore invisibile and Temporary queens I realized that the worst prejudices come from the homosexual world, rather than the heterosexual, maybe because of some sort of inner homophobia. When I tell my gay friends that I made a documentary about Drag Queens, some of them sneer. Drags are “transvestites”, and football is a male sport». Matteo is currently working on another documentary about sexuality and social life of Italian gays. The set is a bedroom where interviewees, aged between twenty and sixty years old, sit undressed (only their slips on) and answer to a lot of questions. «While a forty-year-old person finds difficulties talking about his “role” in front of a camera, a twenty-year-old tells you frankly what he likes and what he doesn’t». With documentaries you know where you start form but you don’t know where you end up, this is true also for Matteo. What’s your dream for the future? «Narrative cinema. I am a big fan», says with a smile. • .12
LA TOSCANA A CENA Percorso gastronomico nella tradizione della nostra regione
MARTEDÌ 21 NOVEMBRE LA CICCIA
MERCOLEDÌ 6 DICEMBRE IL POVERO PESCE
Polpettine infernali, Polenta Fritta e Fegatini Pici all'imprunetina con il peposo battuto “La Ciccia alla Panzanese” Patate alla Ghiotta e Bietole saltate Cantucci e Vin santo Abbinamento a Degustazione di Vini € 40
Inzimino di Seppie e Pane, Burro e acciughe Spaghetto alla Viareggina con Arselle marinate Il Cacciucco con Patate in umido Castagnaccio Abbinamento a Degustazione di Vini € 35
MARTEDÌ 19 DICEMBRE IL TARTUFO Uova di Quaglia affrittellate con scaglie di Tartufo Crostonicno ai porcini tartufati Taglierini al tartufo nel suo burro mugellano Filetto d'orata alla vernaccia di San Gimignano e tartufo a scaglie Cannellini nell'olio “novo” tartufato Bavarese alla vaniglia con miele al tartufo nero Abbinamento a Degustazione di Vini € 50
Info e prenotazioni 055 244975 / 334114620 Via Ghibellina, 80 R
ful locali
APRE A FIRENZE IL PRIMO WHISKY BAR
(con mistero in stile Lovecraft) T esto
di
P aola F erri
S
e credevate che whisky significasse solo Jack&Coca e servisse unicamente a prendersi delle gran sbornie in fase adolescenziale, c’è un posto in cui dovete andare. Si chiama Lovecraft ed è il primo whisky bar di Firenze. Apre in Borgo San Frediano, nel cuore di quello che ormai è stato consacrato uno dei quartieri più cool del mondo, e ha uno spirito molto
cosmopolita. Sugli scaffali del Lovecraft, infatti, trovano spazio tra le 100 e le 120 etichette di whisky (e whiskey, acquavite e moonshine, a seconda dei metodi di preparazione e dei luoghi di origine) da tutto il mondo. Stati Uniti, Inghilterra, naturalmente Scozia, ma anche Giappone, perché il paese del Sol Levante è un tale estimatore di whisky scozzese da aver importato per anni torba e acqua purissima per equiparare e superare il maestro. .14
L’atmosfera, invece, sarà anni ’40, ma non nello stile “speakeasy” che hanno cavalcato in molti a Firenze. Sarà una ironica ricostruzione di un’epoca, con tanto di carta da parati stracciata alle pareti, arredi rintracciati nei mercatini vintage e un alone di mistero “alla Lovecraft”, spiega Gabriele Guazzini, ideatore del format. Il Lovecraft che dà nome al locale, infatti, è Howard Phillips, scrittore, poeta e saggista, riconosciuto come uno dei più grandi autori horror americani. «Volevamo un luogo con un’anima ben definita – racconta Gabriele Guazzini – dove poter degustare e conoscere le tante sfumature del whisky, un distillato nobile e ricco di storia». Dimenticatevi anche l’immagine dell’anziano signore in vestaglia di seta che sorseggia un bicchierino davanti al camino, però. Qui la proposta è contemporanea e alla portata di tutte le tasche, con tanto di flight boards da degustazione, per assaggiare fino a 3 o 4 tipi di whisky, da accompagnare a qualche tapas per reggere il colpo e restare con i piedi per terra. Ancora in via di definizione la carta dei signature cocktails,
affidata al capobarman Manuel Petretto, già molto conosciuto nell’ambiente della mixology. Di certo si sa che il whisky giocherà il ruolo del protagonista, seppur non sarà l’unico giocatore in campo, e che i signature cocktail varieranno spesso, a seconda delle stagioni, della reperibilità degli ingredienti e della fantasia del bartender. Diverse le preparazioni, tra cui anche spettacolari affumicature live sotto gli occhi dei clienti. Si potrà inoltre scegliere tra speciali blended frutto della miscelazione di vari tipi di whisky, in stile USA. Sull’onda di un’usanza molto vintage, ma amatissima in Giappone, si potrà inoltre prenotare e acquistare una bottiglia di particolare pregio e custodirla direttamente al Lovecraft, in un armadietto privato dotato di chiave. Questo è il terzo locale aperto da Gabriele Guazzini e soci nel giro di pochi mesi: il primo è stato, lo scorso agosto, Black Lodge, birreria artigianale in piazza del Tiratoio, in stile molto country; un mese dopo ha inaugurato Kraken Pot, locale che definire di street food è fargli un torto e fonde la cucina povera di pesce italiana con il soul food del sud degli States. Adesso è la volta di Lovecraft, il primo whisky bar di Firenze. E se non avete ancora chiara la differenza tra whisky e whiskey, adesso avete un posto in cui andare a ripetizione. •
ful turismo
IL SALOTTO DEI VIAGGIATORI. Tappa Firenze, fermata Mòsì. T esti
di
E lisa d ’A gostino
F
UL vi porta alla scoperta di Mòsì, dove urban life e cultura cosmopolita si incontrano. Un caffè, una fetta di torta e una serata diversa dalle altre, in un bed&breakfast, in cui trovare un letto per la notte è solo la prima tappa di un lungo viaggio. Firenze è una delle capitali mondiali del turismo e sicuramente una delle città più visitate in Italia. Ma “turista” e “viaggiatore” non sono sinonimi, così come Mòsì non è sinonimo – solo – di bed & breakfast. Ce lo spiega chiaramente Simona De Martino, che in questa accogliente struttura nel cuore della nostra città, ha disegnato il suo sogno: «Mòsì è un b&b social che unisce il comfort, la familiarità del b&b con l’aspetto social dell’ostello». La condivisione è il suo mantra, i travellers curiosi del mondo i suoi ospiti preferiti. A chi non piace spostarsi, scoprire nuovi posti, visitare una tra le più belle capitali europee? Scommetto a voi – a noi – tutti. Ma lo spirito del vero cittadino del mondo, colui che parte zaino in spalla alla scoperta dell’ignoto – almeno per lui – con gli occhi grandi di meraviglia e senza pregiudizi, è tutta un’altra cosa. Simona ci racconta entusiasta come la sua passione ha ispirato un sogno e come quel sogno sia finalmente uscito dal cassetto e diventato realtà: «Amo quelle emozioni che si riescono a creare solo tra i viaggiatori: l’entusiasmo di scoprire nuovi luoghi, i racconti di viaggi passati, quella luce negli occhi nel progettare nuove mete. Ho deciso di portare il Viaggio nella mia vita: a Mòsì ogni giorno potrò incontrare, ospitare e accogliere persone nuove e condividere una parte del loro viaggio». Mòsì, lo dice anche il nome: «é l’ora!» – in napoletano – di realizzare questo progetto. «La casa del vero viaggiatore», come si definisce
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sul sito, però non apre le sue porte solo ai girovaghi curiosi del mondo, di istanza a Firenze giusto il tempo necessario di rifare i bagagli per la nuova avventura. Mòsì è piuttosto «un intimo salotto frequentato anche dai fiorentini, con cui i viaggiatori possono confrontarsi e chiedere consigli». Un’occasione continua di scambio reciproco tra Firenze e il Viaggio: chi meglio di un locale, che ama la sua città e la vive ogni giorno nelle sue meravigliose contraddizioni, può indicare al viaggiatore aspetti che lui invece ignora? Cose che soltanto chi tocca con mano ogni giorno quella realtà può conoscere? Allo stesso modo, il traveller, con lo sguardo spalancato sul mondo e mille culture nelle tasche, può aprire una diversa prospettiva al fiorentino, troppo spesso convinto di non poter trovare al mondo piazze più belle o chiese più maestose del Duomo. Lo ammetto: io sono così, Firenzecentrica! Tuttavia Simona riesce a trasmettere la sua passione in modo così coinvolgente che ci ha convinti a
prendere parte a uno degli incontri che organizza al Mòsì. Tema? Il Viaggio, of course! Gli ospiti di questo ciclo di incontri sono blogger, fotografi di viaggio, cantautori che si ispirano ai luoghi visitati e a quelli del cuore. Insomma figure diverse, con in comune il desiderio irrequieto di partire e tante esperienze da condividere. I fiorentini sono ben accetti a questi eventi: «si può viaggiare anche rimanendo nella propria città, confrontarsi e crescere». In un luogo come Mòsì possono nascere anche belle amicizie o si può partecipare per rubare la giusta ispirazione per il prossimo viaggio. Io ho deciso: il mio sarà in Asia. L’originalità, come emerge al primo sguardo, è uno dei tratti tipici di Mòsì, che non si smentisce neanche quando si tratta degli incontri, a cadenza mensile, organizzati da Simona. Questi momenti sono dedicati alle “Giraffe in città”, cioè «le persone che sognano luoghi lontani, ma sanno trovare l’avventura anche dietro casa». • Perchè il Viaggio è uno stato dell’anima. Sopra di tutto. Avete fatto le valigie? Simona vi aspetta al Mòsì, in via Fortini 7/9 a Firenze.
17.
ful gusto
LA LEGGENDA DEI FRATI E DI FILIPPO SAPORITO T esti
e foto di
L
L uca M anaglia
a scuola alberghiera a Chianciano Terme, una laurea in Economia e Commercio all’Università di Firenze, una vita professionale condivisa con la moglie Ombretta tra Siena, Berlino e gli Stati Uniti fino all’approdo a Firenze e poi… la stella Michelin. Questo e molto di più nell’intervista allo chef Filippo Saporito. Ciao Filippo, quali sono le tue origini e la tua formazione? Sono nato a Siena, ormai 45 anni fa, ma in realtà i miei genitori sono siciliani. Però mi sento di Colle Val d’Elsa, perché è qui che sono cresciuto. Ho fatto la scuola alberghiera a Chianciano Terme perché quella di Firenze era in sovrannumero. Ogni giorno 150 km ad andare e a tornare ma tra quei banchi di scuola ho incontrato quella che poi è diventata .18
mia moglie, quindi ne è valsa la pena. Dopo ho preso la laurea in Economia e Commercio a Firenze e poi sono andato a fare alcune esperienze all’estero. Prima un ristorante a Berlino, poi Parigi. Ho sempre cercato di alternare i periodi all’estero con alcune esperienze in Italia, come quella al Ristorante Arnolfo di Colle Val d’Elsa, dove Gaetano Trovato mi ha indirizzato verso la cucina di qualità e un certo modo di gestire un ristorante che oggi sono il mio tratto distintivo. Tra l’altro, una delle mie prime soddisfazioni è stata, nel ’99, la seconda stella Michelin per il Ristorante Arnolfo, quando io ero il sous chef di Gaetano. Gaetano Trovato è stato il maestro di molti, qual è la tua opinione su di lui? Molti sono stati i suoi allievi – da Marco Stabile a Cipriani e
Matteo Lorenzini – e tutti hanno avuto un grande successo. Gaetano, grazie alla sua personalità, aiuta tutti i fortunati che gravitano attorno a lui e al suo ristorante a innamorarsi ancor di più della cucina. Questa è la prova suprema non solo della sua bravura come professionista, ma anche del suo talento come maestro. Inoltre ha sempre saputo seguire le tendenze gastronomiche e da lui ho imparato quanto è importante essere sempre aggiornati. Ogni cambiamento viene in qualche modo notato dal cliente e avvertito come un miglioramento. Le tendenze gastronomiche che più si notano sono quelle relative all’impiattamento: negli anni ’80, per esempio, tutto doveva essere posizionato al centro del piatto, mentre oggi il trend è diametralmente opposto. Dopo l’esperienza con Trovato, sei andato in America: quali consigli daresti a un giovane che sta per iniziare la sua carriera lavorativa in questo settore? Partire o restare? Sì, io e mia moglie siamo partiti per Atlanta ma dopo due anni abbiamo deciso di tornare in Toscana: era qui che volevamo crescere la nostra famiglia. Non potevamo privare i nostri figli della bellezza, della cultura, dell’arte, dei sapori di questa terra. Io sono sempre partito con l’idea di tornare. Partire è essenziale per una crescita personale e lavorativa. È importante conoscere culture, usi, punti di vista differenti, perché queste persone potranno essere tuoi clienti un giorno. Per quanto riguarda invece il rientro in Italia, dipende dalla situazione di partenza e dal carattere di ciascuno. Difficilmente un giovane che guadagna bene all’estero deciderà di tornare se non è certo di trovare una situazione ancor più favorevole. Per quanto mi riguarda, venivo da una regione dove il settore della ristorazione non ha mai smesso di crescere nonostante la crisi. I soldi guadagnati in America mi sono serviti ad aprire il mio ristorante in Italia. Dopo Atlanta cosa è successo? Nel 2002 siamo tornati in Toscana e abbiamo comprato un piccolo ristorante che si chiamava La leggenda dei frati. Il proprietario ci obbligò a mantenere lo stesso nome. Dopo 10 anni di attività, alla ricerca di altre sfide, abbiamo spostato il ristorante all’interno delle cantine Cecchi a Castellina in Chianti. Abbiamo tenuto anche il primo locale che è diventato la Futura osteria. Il crollo del Monte dei Paschi di Siena ha danneggiato noi e tutta la provincia. Non c’erano più i congressi sponsorizzati dalla banca, né la squadra di calcio o quella di basket, che portavano un turismo enogastronomico di qualità. La situazione non era facile e abbiamo deciso di rischiare trasferendoci a Firenze. Avevate paura di trasferirvi? La paura me l’avevano instillata semmai i colleghi, che più volte mi avevano descritto Firenze come una città difficile. In realtà ho vissuto molto bene l’arrivo in città, d’altronde Villa Bardini, sede del mio ristorante, è uno dei simboli di Firenze. Ha un architettura meravigliosa, è dotata di parcheggio gratuito, è situata in una delle parti più affascinanti della città… Insomma, che avrei dovuto temere? 19.
Com’è composta la tua clientela, sono più i fiorentini o gli stranieri? Non conosco la percentuale, so però con certezza che nell’ultimo periodo, complice la stella Michelin, abbiamo avuto un incremento dei clienti stranieri. Il turista che soggiorna a Firenze prenota con largo anticipo, e quindi può capitare che i coperti disponibili per gli altri clienti siano molto ridotti. Che rapporto hai con la cucina toscana? Ho sempre desiderato distinguermi, soprattutto rispetto alla cucina di Gaetano. Nei miei piatti spesso mescolo ingredienti tipici siciliani (mandorle, ricotta salata) a ingredienti toscani. D’altronde ho grande rispetto per le materie prime e ho sempre preferito, anche per ragioni economiche, usare prodotti che potevo reperire a breve distanza. Infatti, tra i nostri piatti migliori ci sono i fegatini di pollo, gli ingredienti sono gli stessi del crostino toscano con rivisitazioni nella forma e nella sostanza. In questo periodo, inoltre, ho riscoperto le erbe spontanee, che danno al piatto quel quid in più sempre apprezzato. Quali sono i tre piatti della cucina toscana che ti piacciono di più? Il lampredotto è in assoluto uno dei miei prediletti. Sono poi un grande amante delle zuppe e dei dolci della tradizione senese, come i ricciarelli e il panforte.
Il panforte è unico perché racconta la storia di questa regione, sebbene l’amalgama di ingredienti (frutta secca, canditi e spezie) possa non piacere a tutti. L’ingrediente che prediligi nella cucina straniera? Il cece/cecio. Un ingrediente trasversale, comune a diverse cucine del Mediterraneo e presente in diversi piatti, dall’hummus ai falafel. Le polpette di ceci per me sono impareggiabili. La caratteristica particolare del cece è che non va lessato, ma semplicemente lasciato in acqua e poi tritato, condito e fritto. Il futuro di Filippo Saporito? Crescere, crescere, svilupparsi... Se un giorno mi mancasse questo stimolo, ho chiesto ai miei ragazzi di dirmi che è il momento di rimanere a casa. •
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Daniele Rustioni direttore principale
XXXVII STAGIONE CONCERTISTICA
Gile Bae Lorenza Borrani Michele Campanella Frédéric Chaslin Alessandro Carbonare Francesca Dego Enrico Dindo Ryan McAdams Chiara Morandi Eiji Oue George Pehlivanian Nicola Piovani Nemanja Radulovic Beatrice Rana Donato Renzetti Anthony Romaniuk Federico Maria Sardelli Ksenija Sidorova Roman Simović Dmitry Sitkovetsky Alessandro Taverna Orchestra da Camera di Mantova Conservatori della Toscana YO-YO Youth Orchestra Youth ORT
Con il contributo di
www.orchestradellatoscana.it
2017 / 18 Direttore artistico
Giorgio Battistelli
ful musica
ORME RADIO: dalla provincia alla conquista del mondo via web. T esto
di
F rancesco S ani , F oto
D
di
A rianna B ianchi
urante il Beat Festival di Empoli, FUL è stato ospite della diretta streaming di Orme Radio. Una realtà empolese che negli ultimi due anni si è affermata nella galassia delle web radio e oggi rappresenta una realtà importante nella nostra regione. Abbiamo assistito alla puntata zero di “Nuove generazioni” su gradito invito di Maria Alessi, una delle conduttrici, che ci ha chiesto di partecipare dopo il nostro articolo sul Firenze Queer Festival. Infatti, il format di questa trasmissione è centrato sulle tematiche LGBT, diritti delle donne e diritti civili in generale collegati con l’espressione artistica – dalla fotografia alla musica, dalla letteratura al cinema. Su uno dei palchi del festival abbiamo parlato di diversità come fonte di ricchezza, di pluralità delle interpretazioni e di libertà. Finita la diretta, abbiamo intervistato Marco Politano, uno degli ideatori insieme ad Alessio Giorgetta della web radio. Marco, quando e come nasce Orme radio? A quale bisogno voleva rispondere? Orme Radio nasce qualche mese prima del suo esordio online, nel gennaio 2015, da un’idea mia e di Alessio. In realtà la sua nascita è stata molto influenzata da alcuni eventi favorevoli messi in gioco dal destino. Entrambi eravamo in un periodo di scarso lavoro e questo ha spinto la nostra fantasia a vagare, finché ci siamo imbattuti nella nuova gestione del circolo ARCI di Pontorme, che gentilmente ci ha messo a disposizione dei locali. A quel punto è bastato rimboccarsi le maniche e metterci tanta forza di volontà. Dopo circa tre mesi eravamo già riusciti a coinvolgere un po’ di amici e conoscenti. .22
ENGLISH VERSION>>>> During the Beat Festival in Empoli, FUL was invited to the on-air streaming of Orme Radio, a recent but already quite important Tuscan web radio. We attended the very first “Nuove generazioni” program, focused on LGBT themes, women’s and civil rights in connection with artistic expressions – from photography to music, literature and cinema. Then we interviewed Marco Politano, creator of the web-radio with Alessio Giorgetta. Hello Marco. Can you tell us how and when Orme Radio was born? Orme Radio was created in January 2015 by Alessio and me. At the beginning, it was just a series of fortunate circumstances: we weren’t working much so we had some time off, then we came across Circolo Arci Pontorme’s new management which kindly let us use its premises. With a lot of will and hard work, we managed to involve friends and other people and to show everyone we could create something cultural and fun out of people’s enthusiasm. How did you manage to involve so many people in your project? Our web radio is an association and it’s very easy to join, the only requirements are enthusiasm and commitment. Word of mouth spread and many people joined but we also get many suggestions from our audience. From time to time we select new speakers and directors too. How long did it take to gain audience and do you know what characteristics it has? We had many people following us from the very beginning, who increased thanks to the great work of our Social Media
L’unico intento era dimostrare a noi stessi che avremmo potuto creare qualcosa di divertente e di rilievo culturale contando sull’entusiasmo delle persone. Come siete riusciti a coinvolgere un numero di persone così elevato nella vita della radio? La radio è un’associazione ed è molto semplice entrare a farne parte. Gli unici requisiti sono entusiasmo e voglia di fare. Non ci sono formule magiche, è una bella realtà, le persone si divertono e possono mettersi in gioco e poi la musica è una passione che accomuna quasi tutti. Con il tempo molte persone si sono aggiunte al team, grazie al passaparola, ma abbiamo avuto anche tante richieste di ascoltatori che ci hanno proposto idee per nuove trasmissioni. Di tanto in tanto facciamo anche bandi di selezione per registi e speaker. Quanto tempo avete impiegato per crearvi un certo seguito di pubblico e avete idea di che tipo di utenza vi segua? Il progetto ha riscosso successo sin dall’inizio, tantissime persone hanno iniziato a seguirci fin da subito. Poi abbiamo affinato la capillarizzazione grazie al lavoro eccezionale svolto sui social dalla nostra social media manager Caterina Dibiase. Inoltre le maratone radiofoniche che abbiamo organizzato, come quella sui Beatles, hanno contribuito a diffondere il nome Orme Radio in tutta Italia e anche negli Stati Uniti, grazie a una collaborazione pensata da Riccardo Lancioni, il coordinatore delle maratone radiofoniche. La web radio permette di superare il limite della territorialità rispetto alla classica radio FM. Quali altri vantaggi ci sono in questa nuova forma di comunicazione? Con la web radio non ci sono più limiti, sia a livello locale ma soprattutto internazionale, tanto che le maratone sono state seguite per un quarto da ascoltatori di altri paesi. Ad oggi le statistiche ci dicono che siamo stati ascoltati da 34 paesi differenti! Poi con il web il vantaggio è che non c’è bisogno di grossi apparecchi di diffusione, come nel caso del FM, i costi rimangono contenuti e con una semplice connessione interManager Caterina Dibiase, and to our radio marathons such as the Beatles one, coordinated by Riccardo Lancioni. What are the advantages of web radios compared to classic FMs? A web radio has no territorial limitation, in fact our music marathons were followed by a foreign audience too. Orme Radio was listened in 34 different countries, statistics say! Web radios also cost less money because you just need an internet connection. We also spoke with Francesco Marinelli about Germi, broadcasted on-air from Barcelona during Primavera Sound festival last May. Francesco, what is Germi? Why did you decide to do a live recording from Primavera Sound? Germi aims to spread different music, the music other radio channels don’t usually broadcast. Primavera Sound festival perfectly fits this purpose, as it promotes non-conventional music. How did you get the official authorization? The project we presented, in collaboration with Buzz Supreme label, consisted in a daily report of our festival experience, including distances covered, calories burned, and hours of sleep! If you haven’t done it yet tune on www.ormeradio.it! •
net si possono raggiungere Milano, Palermo o Roma praticamente a costo zero. Essendo una radio di “parlatori” italiani il nostro target è l’intero stivale, poi qualche volta cavalcando l’onda di internet scopriamo che siamo arrivati anche a New York, Berlino, Londra o Tokio. Abbiamo poi scambiato due battute con Francesco Marinelli, amico di FUL ed esperto di musica a livello provinciale, sulla sua trasmissione Germi e la diretta da Barcellona in occasione del noto festival Primavera Sound lo scorso maggio. Francesco, cos’è Germi? E perché hai pensato a una diretta dal Primavera Sound? Germi è un progetto giunto alla quarta stagione, ha lo scopo di diffondere musica che i tradizionali canali radiofonici non diffondono, con particolare attenzione alle contaminazioni tra generi e un occhio alle nuove uscite. Il Primavera Sound è un festival che si confà esattamente al DNA di Germi e della nostra radio, un promotore di musica trasversale, non convenzionale e fresca. Come siete riusciti a farvi accreditare? La parte più interessante del festival, nonché quella a cui Orme Radio partecipa, è il Primavera Pro, ovvero un meeting tra professionisti dell’industria musicale a più livelli – da artisti a promoter, da riviste specializzate a canali di diffusione broadcast. Ogni anno, grazie alla preziosissima collaborazione con l’etichetta fiorentina Buzz Supreme, presentiamo un progetto che prevede numerose attività pre, durante e post festival. Il nostro progetto oltre alle dirette che ho eseguito via Facebook prevedeva dei resoconti della giornata e un vero e proprio studio sulle distanze percorse quotidianamente da noi inviati con calcolo delle calorie bruciate e bilanciamento con le ore di sonno dormite! Se ancora non lo avete fatto, collegatevi su www.ormeradio.it per ascoltare in streaming questa piccola grande emittente che spara nell’etere ottima musica e programmi intelligenti. Oppure scaricate sul vostro smartphone una App per portare la radio con voi e, come dicono loro, seguite le Orme! • 23.
ful teatro
MURO, LA STORIA DI LISA
Il bullismo è di scena. T esto
ENGLISH VERSION>>>> Isabella Vezzosi’s play Muro, la storia di Lisa is based on real events: when Isabella was a child, she was a victim of bullying at school. On stage, Elda Alvigini is the narrator’s voice, Silvia Rabiti is both director and actor and Isabella plays herself. We met Isabella, Silvia and psychologist Simone Pesci to get to know a bit more about this play. Isabella, how did you decide to write this play? I am a mother of three and while I was attending a fairy tales’ reading I started writing one myself. Gradually, I realized I was writing about my childhood. Suddenly I felt the urge to share what happened to me with the public. I spoke about it to some actors and directors, then decided to do it with Silvia. You think about taking the play into schools, is that correct? Yes, we want to perform in schools and then talk with the students to elaborate the message of the play. In fact, bullying is a very topical subject. Do you think the play can actually be useful? I don’t know, to be honest. It depends on the heart of the people watching it. I really hope it may be something to reflect on, at least. .24
P
di
R ita B arbieri
arte da un’esperienza biografica il racconto di Isabella Vezzosi, protagonista e autrice dello spettacolo Muro, la storia di Lisa: una piéce teatrale che vuole raccontare, in maniera semplice e diretta, le vicende di un’infanzia offuscata dalle violenze, verbali e psicologiche, subite alle scuole elementari. Sul palco si alternano la voce narrante di Elda Alvigini, l’interpretazione della regista e attrice Silvia Rabiti e della stessa Isabella nei panni del ruolo più difficile: se stessa. Per saperne di più abbiamo incontrato Isabella, Silvia e il dottor Simone Pesci, psicologo e psicoterapeuta che collabora attivamente al progetto. Isabella, come è nata l’esigenza di scrivere questo testo? Sono mamma di tre figli e, seguendo un corso di lettura di favole, mi sono trovata quasi per caso a iniziarne una di mio pugno. Man mano che scrivevo però, mi rendevo conto che quella era una ‘vera’ storia: la mia. Ho realizzato che sentivo l’esigenza di buttare fuori, di allontanare da me quello che avevo sopportato da piccola e di restituirlo, sublimato, al pubblico. Ne ho parlato con diversi attori e registi, artisti e psicologi e, alla fine con l’aiuto di Silvia, abbiamo messo in piedi uno spettacolo. Uno spettacolo che si propone di andare in scena anche nelle scuole, giusto? Sì, insieme al dottor Simone Pesci e a un team di psicologi, abbiamo creato un progetto da presentare alle scuole medie inferiori e superiori che prevede, al termine della rappresentazione, un laboratorio a tema per parlare e approfondire il messaggio lanciato con la visione precedente. Infatti, il bullismo è uno degli argomenti di cronaca più attuali e dibattuti. Secondo te, il vostro spettacolo può essere veramente utile? Onestamente, non lo so: questo dipende solo dal cuore delle persone
che lo vedono. Non posso né voglio prevedere quale sarà la reazione dei diversi pubblici ma spero che, attraverso il teatro e l’immedesimazione scenica, si possa dare comunque uno spunto di riflessione, se non toccare corde più o meno esposte... Vorrei rivolgere una domanda a Silvia Rabiti, regista oltre che coprotagonista e actor coach di Isabella. Silvia, quali credi siano i punti di forza di Muro? Penso che molto stia nella semplicità di una storia vera che descrive tutto l’iter delle violenze perpetrate e subite, delle reazioni suscitate e delle conseguenze. Sul palco ci sono due tempi della narrazione: quello di una Lisa adulta e quello di una Lisa piccola che sono la stessa persona ma, inevitabilmente e necessariamente, diversa... In più sono anche molto orgogliosa del titolo: Muro significa molte cose. È ciò che separa, emargina, divide, ma anche ciò che si abbatte e che si sgretola con il tempo: il Muro è attore protagonista insieme a noi. A questo proposito, dottor Pesci quali crede che possano essere le opportunità offerte dalla visione a scuola o in classe? Sicuramente il teatro suscita emozioni ed è da lì che bisogna partire. Attraverso il riconoscimento e la condivisione dell’emozione (“Cosa hai provato?” “Cosa ti ha colpito?” “Come ti sei sentito?”) si può capire che il bullismo non è solo un rapporto vittima/carnefice ma che siamo tutti parte della dinamica che permette e alimenta il fenomeno. Paradossalmente ne siamo tutti attori partecipanti: peccato che non sempre si tratti solo di rappresentazione scenica.
A giudicare dai fatti di cronaca e dall’esposizione mediatica, sembra che il comportamento sia in netta espansione. Perché? In realtà credo che il bullismo, per così dire, ci sia sempre stato: sia in quanto episodio isolato o ricorrente di prevaricazione e di prepotenza sia, infine, come forma di vera e propria aggressione e violenza. In passato e in certi contesti si tendeva a minimizzare o a silenziare i fatti, adesso, anche grazie alle nuove tecnologie, il fenomeno è stato reso più visibile. I would like to ask Silvia Rabiti, who is both director and co-protagonist: which are the strong points of Muro? I think that the simplicity of a real story, with all its implications and consequences, can do much. On stage there are two narrative times: a grown-up Lisa and a little one, they’re the same person but necessarily very different. I’m really proud of the title, too: Muro means many things. It is both something that divides and something that can be demolished. Doctor Pesci, what are the opportunities of watching the play at school? It’s important to recognize and share the emotions that come with it (“What did you feel?”), and to understand that bullying is not only a victim-and-executioner matter but it involves all of us. It looks like bullying behaviours are increasing, why? I think that there has always been bullying. Nowadays it is just more visible.
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Si sta riferendo al cosiddetto cyberbullismo? Anche. Il fatto di ‘condividere’ e postare tutto quello che si fa, amplifica a dismisura e cambia la forma e la portata, seppure non la sostanza, della violenza o degli episodi. Oltretutto, in rete nulla si distrugge: gli strascichi temporali allungano inevitabilmente le ombre delle conseguenze. Ma se è accertato che le conseguenze psicologiche di chi ha subito abusi in età infantile o adolescenziale sono molto forti, è possibile uscirne? Ovviamente dipende dai singoli casi ma una cosa è certa: non si dimentica o si cancella, al contrario ci si evolve, come succede alla Lisa dello spettacolo. In questo senso portare testimonianze e adottare misure preventive aiuta perché non si creino altri muri: perché le vittime non si sentano e non siano, ancora di più, isolate. Qual è in tutto questo il ruolo delle autorità: la famiglia, gli insegnanti? Quasi sempre sono infatti loro il primo bersaglio delle accuse ed è innegabile che abbiano almeno una parte della responsabilità: come dicevo siamo tutti parte della dinamica. L’insegnante o il genitore ha il ruolo di osservare il proprio figlio o il singolo alunno: come sta, come si comporta all’interno del suo gruppo, ecc. Inoltre, Are you talking about cyberbullying? That too. Sharing and posting whatever we do magnify things, even though it doesn’t change the essence of events. Besides, in the web nothing can be destroyed so the shadows of consequences are inevitably longer. Given that psychological consequences for those who suffered from abuse in their childhood are very strong, is it possible to heal? It obviously depends on each case but nothing can be forgotten or erased – we evolve, like Lisa in the play. What should authorities do: family, teachers? It’s true that a part it’s always their responsibility: as I was saying before we’re all involved. Teachers and parents should observe their pupil or son: how he is doing, how he behaves etc. Adults must intervene in case on unfair behaviours. Is it possible to identify the “proper” bully? Bullies are usually aggressive, dominant. They’re leaders of a group. But it’s important to distinguish that bullying involve recurring and systematic episodes of violence – otherwise we risk to confuse normal rifts with bullying and that’s dangerous too. Is it possible to fight this? How? I hope so. Talking is important, both at home and at school, as it helps to recognize “ambiguous” behaviours and to put oneself in the other’s shoes. •
se si riscontra una sofferenza o un trattamento ingiusto, l’adulto ha il dovere di intervenire, di non fare un passo indietro. Bisogna ricordare che, a seconda delle circostanze, possiamo essere tutti potenzialmente vittima o carnefici e, di quanto succede, ne siamo tutti in parte responsabili. In questo senso, chi è il bullo per eccellenza? È possibile identificarlo? In generale, per bullo si intende chi ha un comportamento aggressivo, prepotente, dominante. Chi, molto spesso, capeggia un gruppo di gregari che lo fiancheggiano. Ma non sempre il comportamento singolo è indicativo di bullismo: perché si possa veramente parlarne, con proprietà di termini, gli episodi devono essere sistematici e ricorrenti. Altrimenti tutto, anche i normali ‘screzi’ legati al processo di crescita, diventano bullismo: normalizzando e banalizzando un fenomeno che, di per sé, può essere grave e molto pericoloso. È possibile combattere tutto questo? Come? Vorrei sperare di sì. Sicuramente parlarne, affrontare il discorso anche nelle scuole o in famiglia può aiutare a riconoscere i comportamenti ‘ambigui’ e a stabilire quell’empatia di gruppo, quella capacità di ‘mettersi al posto di’ che, spesso, manca e diventa una delle radici dell’aggressione. In questo senso i laboratori teatrali, i role play e i dibattiti come quelli che proponiamo al termine dello spettacolo si rivelano sicuramente una buona misura preventiva. •
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ful gusto
VINO O BIRRA PER LA CENA DI STASERA? SAKÈ! ARTIGIANALE OVVIAMENTE. Siamo fiorentini, toscani: il Chianti ci scorre nelle vene, è inutile negarlo. Davanti alla partita della Viola poi, cosa c’è di meglio dell’accoppiata pizza & birra? Un’ottima alternativa noi l’abbiamo trovata: i sakè artigianali di Firenze Sake. T esto
di
E lisa DʼA gostino
N
on rientra nelle nostre abitudini alimentari, siamo italiani e per noi il “bere bene” si accosta, per antonomasia, a un calice di rosso o bianco, al limite a delle bollicine di prosecco o spumante. Il dopo cena in birreria è altrettanto sacro, non solo per i paesi di lingua tedesca. Ma non fermiamoci in Europa: varchiamo i confini alla scoperta del sakè, bevanda dal passato millenario. Questo gustoso fermentato di riso, originario del Giappone, viene presentato al pubblico europeo soltanto alla fine dell’800, in occasione dell’Expo di Vienna del 1873. Il sakè rappresenta sicuramente una novità per i nostri palati, ed è stato a lungo concepito solo in abbinamento alla cucina giapponese, soprattutto come liquore da dessert. Ma non lo è affatto – o almeno non è soltanto questo. .28
ENGLISH VERSION>>>> We’re not accustomed to it, as we tend to prefer red and white wine, or champagne and prosecco, but it may actually be a great alternative: the artisan sakes of Firenze Sake. Sake is fermented rice and comes from Japan, the first time it was presented to the European public was in 1873 at Expo in Wien. We think about sake as a dessert spirit served in Japanese restaurants, but it can be much more than that: thanks to its delicacy, it goes very well with European dishes too, and may be a good substitute of wine. It’s more alcoholic than a standard Chianti though, so be careful! Giovanni Baldini, who created Firenze Sake shop, fell in love with its flavour some years ago in Japan, when he first tasted it while vising a Japanese cellar. Since then, Giovanni started conceiving his dream of offering to us Italians an
alternative to wine and beer, and that’s how Firenze Sake was created, with the important mission of importing and promoting artisan sakes. It hasn’t been easy at all, especially the first year, because Florentines are very stubborn. But Giovanni, also Florentine and stubborn, managed to dismantle all preconceptions and gained very good feebacks. Thanks to the increasing interest in catering, Firenze Sake is now more than an online shop: as of November a Sake class will begin, with Giovanni in the role of Educator for Wines and Spirits Educational Trust. Trust us: this Christmas, instead of the usual bottle of wine, gift family and friends with a bottle of Sake. •
Questa bevanda, grazie alla sua delicatezza, si sposa molto bene anche con i piatti europei, ad accompagnare – e deliziare – l’intero pasto. Il sakè può supplire alla perfezione il ruolo del vino sulla vostra tavola, potendo beneficiare però di una minore acidità, mancanza di tannini e alta digeribilità. La gradazione alcolica tuttavia è leggermente maggiore del Chianti nella nostra dispensa. Non esagerate, noi vi abbiamo avvisato! Per il resto, abbandonatevi al gusto avvolgente del sakè: vi innamorerete. Come Giovanni Baldini, ideatore dello shop Firenze Sake, al suo primo assaggio in Giappone alcuni anni fa. Quando lo incontriamo, percepiamo la passione per quello che fa, già dalle prime frasi. Il colpo di fulmine è scattato durante un giro turistico in una cantina giapponese nel 2004: le affinità con una cantina a lui cara – quella di suo nonno – hanno creato la giusta alchimia. Da quel momento, Giovanni ha cominciato a concepire il suo sogno, divenuto realtà dieci anni dopo: creare un’alternativa al vino e alla birra per le tavole degli italiani. Si è accorto, infatti, che il sakè si trovava facilmente a Londra e in Francia, che al nostro pari vanta una grande tradizione vinicola. E a Firenze? La sua risposta è stata Firenze Sake, nata con la missione di importare e promuovere i sakè artigianali. Perché il “bere bene” è sacro, anche aprendosi a sentori e aromi lontani. Ma non è stato facile, soprattutto il primo anno, come ci racconta: era buffo essere il pioniere dell’importazione di un prodotto millenario, che però nessuno beveva in Italia. I fiorentini, lo sapete, sono testardi. Non è stato affatto semplice far loro abbandonare i tipici preconcetti legati al sakè. Giovanni non si è dato per vinto (fiorentino e testardo anche lui!): grazie a frequenti degustazioni nei ristoranti, ha scardinato l’idea del vino dolce, da dessert, raccogliendo riscontri entusiasti. E ci crediamo! Proprio grazie al crescente interesse nel settore della ristorazione, Firenze Sake è ora più di uno store online: da novembre verrà inaugurata la prima edizione del corso di I livello di introduzione al sakè (Level I Award in Sake). Giovanni Baldini, da grande esperto ed estimatore, è diventato Educator per la Wines and Spirits Educational
Trust. Non fatevi scappare tale ghiotta occasione! Date retta a noi, siate fautori del cambiamento sotto l’albero: al posto della solita bottiglia di vino, regalate il sakè a Natale. Giovanni ne testimonia il successo tra amici e parenti, dopo l’iniziale sorpresa: è un ottimo e originale aperitivo. Anche a tutto pasto, brindate con una bottiglia di Firenze Sake e scoprirete che connubi sublimi possono venire fuori con i classici piatti della tradizionale italiana. Indecisi sul tipo di sakè da acquistare? Niente paura: l’assortimento sullo shop è ampio, per tutti i gusti e le tasche, bastano pochi click. Non resta altro che farvi gli auguri... Alla Salute! •
Per informazioni sui corsi, scrivete a info@firenzesake.com
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FUL FOTOGRAFIA
PASSI E SILENZI
Firenze vista attraverso gli occhi di Cocoa Laney e Margareta Skold,
COCOA LANEY Cocoa Laney è una studentessa statunitense che ha scelto di studiare presso la SACI con alle spalle unʼesperienza professionale nel campo della fotografia commerciale in Alabama e in Florida. Allʼinizio della sua esperienza alla SACI il lavoro di Cocoa Laney è consistito in immagini catturate in strada, una sorta di diario visivo della vita quotidiana nel centro di Firenze. Le sue fotografie tentano di cogliere episodi e aspetti di ogni giorno, ordinari e non, in una città che ormai chiama “casa”. Più recentemente, Cocoa ha deciso di dedicarsi alla fotografia documentaria come mezzo di analisi approfondita di temi sociali in Toscana. Utilizza tanto tecniche analogiche che digitali.
Cocoa Laney is an American student who came to SACI after working as a commercial photographer in Alabama and Florida. During her first year in Italy, her work mostly concerned street photography, that served as a visual diary of day-to-day life in the Florence city center. Her street photos venture to capture both the ordinary and the extraordinary aspects of the city she now calls home. Cocoa is now focused on longer term documentary projects regarding social issues in Tuscany. She works in both analog and digital processes. •
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due fotografe del Master allo Studio Arts College International (SACI).
MARGARETA SKOLD «Siamo di nuovo rimasti in silenzio. La cosa che avevamo condiviso era nient’altro che un frammento di tempo morto molto tempo fa. Ciò nonostante, un esile barlume di quel caldo ricordo reclamava ancora un posto nel mio cuore». Haruki Murakami Quando visito spazi vuoti, mi fermo. Ascolto l’attimo. Sento la musica di quel frammento di tempo che non è morto, ma che si protrae attraverso la presenza di coloro che li hanno abitati. «Da dove viene questa musica?» chiedo a voce alta. Una voce risponde silenziosa: «Tu senti la mia musica perché hai trovato un posto quieto che solo tu conosci, dove puoi venire a trascorrere un istante con me. Ti aspetterò qua e suonerò sempre per te». Dopo molti anni di impegni professionali e nel campo della tutela internazionale della salute, Margareta Skold ha deciso di dedicarsi ad un Master in fotografia per poter esplorare forme di espressione e creatività ispirate dal colore, dalla trama delle cose, dalla luce e dal silenzio. Giunta a Firenze si è sentita guidata da un desiderio di essere, semplicemente essere... e ascoltare. Quel che ha sentito è la voce dei luoghi, alcuni abbandonati, altri vuoti, altri ancora chiusi, allontanarla dalla schiacciante bellezza ed intensità di Firenze.
«We fell silent again. The thing we had shared was nothing more than a fragment of time that had died long ago. Even so, a faint glimmer of that warm memory still claimed a part of my heart». Haruki Murakami When I visit empty spaces, I stop. I listen to the moment. I hear the music of the fragment of time that did not die, but that lingers on through the presence of those who have inhabited the space. «Where does this music come from?» I ask aloud. A silent voice replies. «You hear my music because you have found a quiet place that only you know, where you can come and spend a moment with me. I will wait for you here and I will always play for you». Following many years of professional commitment and fulfilment in International Health, Margareta Skold decided to pursue an MFA in Photography to explore forms of expression and creativity inspired by colour, texture ,light and silence. Once in Florence, she was guided by a longing to just be… and listen. What she heard was the voice of spaces, some abandoned, some empty and some closed, calling her away from the overwhelming beauty and intensity of Florence. •
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ful 5di5
5di5 FASCINO GEORGIANO by Jana Kim | www.janakim.zenfolio.com | Fb: Jana-Kim-Photography
Fascino Georgiano è un progetto fotografico di carattere sociologico sul ruolo della donna nella cultura georgiana. Presenta la condizione femminile attraverso l'intero spettro degli strati sociali: studentesse, religiose, ballerine, giornaliste e profughe di guerra sono le protagoniste del reportage, testimonianze raccolte “sul campo” tra il novembre 2010 e il febbraio 2012. Jana Kim è una fotografa free-lance laureatasi alla Libera Accademia di Belle Arti di Firenze, da sempre dedica il suo studio fotografico alla figura della donna nelle sue forme, nella sua identità, nel ruolo all'interno della famiglia.
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ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all’estero
BARBARA BAESSO MOURA Sono brasiliana, nata nella regione metropolitana di San Paolo, unʼarea con più di 20 milioni di abitanti, un clima tropicale dove è sempre caldo e le piante in fiore. Sono una biologa, con un master in Biodiversità vegetale e sono affascinata dalla capacità delle piante di adattarsi a differenti condizioni ambientali. La mia ricerca mi ha portato a vivere a Firenze per la prima volta nel 2015 e da allora ho fatto avanti e indietro, non solo per completare i miei studi ma anche per vivere una bellissima storia dʼamore con una persona speciale incontrata qui. Trasferirsi da una città così grande a una molto più piccola, in una nazione diversa, è stata unʼesperienza interessante, sto facendo nuove amicizie e scoprendo le bellezze di Firenze nascoste un poʼ per tutta la città. Cosa porteresti a Firenze da San Paolo? Porterei dei frutti tropicali, specialmente quelli che qui non riesco a trovare come la “pitanga”, il “caju” or il “cupuaçu” e anche altre varietà di banana. In Brasile, ne coltiviamo più di 15 varietà e in particolare mi manca la “banana prata”. Inoltre, mi piacerebbe che i negozi fosse aperti 24 ore al giorno, a San Paolo quasi tutti i negozi lo sono. Cosa porteresti a San Paolo da Firenze? Da botanica, vorrei portare il Giardino delle rose in Brasile, perché anche se abbiamo la Foresta Pluviale e la maggiore biodiversità di piante al mondo, le rose là non crescono belle come qui. Forse non amano troppo il nostro clima caldo. Mi piacerebbe anche portare del delizioso pane sciapo, del prosciutto e del pecorino.
I am Brazilian, I was born in the metropolitan region of São Paulo, an area with more than 20 million inhabitants, with a tropical climate where is always hot and the flowers are always blooming. I am a biologist, with a Ph.D. in Plants Biodiversity, and I am fascinated by the plantʼs capacity to adapt to different environmental conditions. My research brought me to live in Florence for the first time in 2015, since than I have been coming back and forth, not just to complete my study but also to live a beautiful love with this special person I met here. Moving from such a big city to a smaller town, in a different country, has been an interesting experience, I have been making new friends and I am still discovering the beauty of Florence hidden all over the city. What would you take to Florence from San Paolo? I would bring some tropical ripe fruits, especially those I know Iʼll never find around as “pitanga”, “caju” or “cupuaçu” and also some other varieties of bananas. In Brazil, we cultivate more than 15 varieties and I particularly miss one called “banana prata (silver banana)”. Besides, I could bring some 24h shops, in São Paulo we have 24h shops for almost everything. What would you take to San Paolo from Florence? As a botanist, I would love to take The Rose Garden to Brazil, because, despite the fact we have the Rain Forest and the largest plant biodiversity in the world, the roses, there, donʼt grow as beautiful as here. I guess they donʼt like so much our hot climate. Well, I also would love to take some delicious “pane sciapo” (desalted bread), some “prosciutto” and a bit of “pecorino” cheese.•
BIANCA FRANDI
Mi chiamo Bianca, ho 27 anni e nel 2013 mi sono laureata in Cultura e progettazione della moda. Prima di iniziare lʼuniversità ho vissuto a Sydney e dopo la laurea sono stata per un poʼ a Londra, finché ho iniziato a lavorare per unʼazienda di fragranze naturali fiorentina, la Dr. Vranjes Firenze. Dopo un anno, sono partita con due soci, Carlo Crociani e Andrea Mazzucchelli, alla scoperta del Sud America, per iniziare la distribuzione in questi paesi. Iniziando da Panama nel 2014, abbiamo lavorato tanto sul contatto con i clienti, un pubblico diverso rispetto a quello italiano, non solo per la lingua. Ho imparato a relazionarmi con persone di tutti i tipi, per vendere fragranze ambientali bisogna essere abbastanza empatici e riuscire a trasmettere le emozioni legate allʼessenza. Dopo due anni ci siamo spostati in Messico, e negli ultimi sei mesi abbiamo sviluppato anche il mercato colombiano. Cosa porteresti da Firenze a Panama? Allʼinizio quando ero a Panama mi sono mancate molto arte e cultura, dato che è unʼarea che si è sviluppata tantissimo in poco tempo. Porterei il calore degli amici, dei rapporti interpersonali, della famiglia: mi sono creata i miei zii qui perché avevo bisogno di interagire anche con persone più mature, con cui potermi confrontare e che danno un senso di protezione. A Firenze vivo in SantʼAmbrogio, e anche solo scendere a prendere un caffè, sentire lʼodore del pane del fornaio sono esperienze quotidiane che mi mancano! Le strade, le case, tutto è arte e amore a Firenze. Cosa porteresti da Panama a Firenze? Porterei una buona parte della cultura culinaria, soprattutto los chiles, di cui sono diventata dipendente! Il clima incredibile durante tutto lʼanno. E il modo di vivere delle persone che «se gozan la vida»: allʼinizio ti manda nei pazzi questo modo estremamente rilassato di fare le cose ma una volta che entri nella loro dimensione te la godi davvero!
My name is Bianca, Iʼm 27 and in 2013 I graduated in Culture and project management of fashion. Before the uni I lived in Sydney and after the diploma in London. Then I started to work for a Florentine firm that produces natural fragrances, Dr. Vranjes Firenze. After a year I left with two business partners, Carlo Crociani and Andrea Mazzucchelli, to discover South America and start the distribution there. We began from Panama in 2014, we worked a lot on the relationship with the customers, a different public compared to the Italian, not only for the language. I learned to deal with people of all kind, to sell environmental fragrances you need to be empathic and be able to trasmit the emotions linked to the essences. After two years we moved to Mexico and in the last six months we developed also the Colombian market. What would you take to Florence from Panama? At beginning when I was in Panama I missed art and culture, since that is an area tha developed consistently in a short time. I would take the warmth of friends, interpersonal relationships and family: I created my uncles here because I needed interaction, counsels and protection also from people older than me. In Florence I live in SantʼAmbrogio, and just go out and get a coffee in bar, smell the aroma of fresh bread in the bakery are experiences that I miss! The streets, the houses, everything is art and love in Florence. What would you take to Panama from Florence? I would take a good chunck of their culinary tradition, above all los chiles, which I got addicted to! The incredible weather all year round. And the way people live «se gozan la vida»: at beginning it gets on your nerve this way of doing things but when you get in their frame of mind you start enjoying! •
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la pagina dell'artista* per il numero XXVIII è a cura di KRISTINN KIS www.instagram.com/kristinnkis/
KRISTINN KIS, nata a Bucarest nel 1982, fotografa freelance, vive e lavora tra Firenze, Milano e Bucarest. Il suo portfolio include lavori editoriali e campagne pubblicitarie di moda e lifestyle per brand e riviste. KK ha anche progetti personali, di ritrattistica e still life: sceglie i soggetti con molta cura, persone che con la loro fisicità espressiva possano raccontare allʼobbiettivo qualcosa di atipico e irripetibile. Usa luce mista, dove non manca mai il flash, che dà allʼimmagine una sorta di extra brillantezza. Born in Bucarest 1982, freelance photographer, she lives and works between Florence, Milan and Bucarest. Her portfolio includes editorial works, fashion and lifestyle ad campaigns for brands and magazines. KK has got also personal projects, portraits and still life: she carefully chooses her subjects, people that with their expressivity can tell something atypical and unique to the lens. She uses mixed lighting, flash is a must as it add and extra sparkle to the image.
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