FUL | Firenze Urban Lifestyle #29

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gennaio- febbraio

anno

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n • ventinove

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Editore Ilaria Marchi

in questo numero:

Post-Hit • Carmelo Camilli • Peter in Florence • Antonello Sardi MRZarchitetti • Arual Dem • Negroni • Open Studios SACI Luca di Salvo • 5074 • Unicef • La Basilicata a Firenze 1.


HERSCHEL OBEY DICKIES SORT OF LOOSER Â STANCE MINIMUM *** VIA ROMANA 132r FIRENZE Facebook: BEAT store Instagram: beatstorefirenze Tel 055 9332920 beatstorefirenze@gmail.com


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p. 4/6

street art

POST-HIT

p. 7/8 cinema

CARMELO CAMILLI

Nuovo anno, nuove avventure. Si riparte dopo le vacanze in grande stile con tanti articoli interessanti, come la prima intervista al misterioso street artist Post-Hit o Peter in Florence il primo gin fiorentino nato dalle alchimie di Stefano Cicalese. Abbiamo incontrato Carmelo Camilli, un nuovo regista di cui sentiremo sicuramente molto parlare in futuro e i professionisti dello studio MRZarchitetti che curano i progetti di importanti brand internazionali. Antonello Sardi, chef stellato della Bottega del Buon Caffè ci racconta il suo percorso nel mondo della ristorazione mentre lʼartista Arual Dem ci presenta i suoi gioielli realizzati con un materiale alquanto originale: la carta. E poi ancora il nuovo Ufficio Globale di Ricerca dellʼUnicef aperto da poco dentro l’Istituto degli Innocenti, gli Open Studios degli studenti della SACI, il Negroni, il locale erede del Bar Necchi di Amici Miei, e tutti gli eventi in occasione di Basilicata a Firenze. Lʼartista ospite è 5074, le opere del 5di5 di Luca di Salvo. Mi raccomando non abbandonate i buoni propositi troppo presto... Buona lettura!

p. 9/12 gusto

ANTONELLO SARDI

p. 10/12 locali

NEGRONI

p. 15/17 gusto

PETER IN FLORENCE

p. 18/20 design

MRZARCHITETTI

p. 21/22 società

Annalisa Lottini Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi

Ideazione Marco Provinciali e Ilaria Marchi Coordinamento editoriale Annalisa Lottini Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com Foto in copertina Rob Potter on Unsplash

UNICEF

p. 24/26 turismo

LA BASILICATA A FIRENZE

p. 28/29 arte

OPEN STUDIOS SACI

p. 30/31

artigianato

ARUAL DEM

p. 32 5di5

Abbonamenti

Volete ricevere la vostra copia di FUL direttamente a casa? Scrivete a commerciale@firenzeurbanlifestyle.com

LUCA DI SALVO

p. 33

uno straniero a Firenze /un fiorentino all’estero

ALISON MAUD DUPUIS LORENZO PORTARO

p. 34

pagina dell'artista

www.firenzeurbanlifestyle.com

FUL *firenze urban lifestyle*

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FUL STREET ART

POST-HIT, LO STREET ARTIST PIÙ APPICCICOSO DI FIRENZE Alla scoperta del misterioso street artist fiorentino che ha invaso le strade della nostra città di foglietti gialli, facendoci ridere e pensare. F oto

di

P ost - hit ,

O

testo di

J acopo V isani

rmai da qualche tempo camminando per le vie del centro di Firenze può capitare di imbattersi in colonne che ci invitano ad abbracciarle, in telefoni pubblici che ci sollecitano a chiamare la mamma almeno una volta al giorno, in tastiere dei bancomat che ci chiedono di suonarle come Mozart e nei cavalli delle carrozze che attendono nuovi passeggeri davanti al Duomo che ci provocano a baciargli le natiche. No, non stiamo sognando: è l’effetto Post-hit! I famigerati foglietti adesivi gialli hanno invaso la nostra città con i loro ironici, giocosi, ma anche poetici messaggi. L’idea nasce da un ragazzo fiorentino con l’intento di suscitare un sorriso o una riflessione attraverso l’interazione che si crea tra gli oggetti, il contesto nel quale si trovano, il testo del foglietto e noi che lo leggiamo. Grazie al messaggio del Post-hit, l’oggetto prende una nuova e spesso diversa vita, quasi si personifica e comunica con noi, a volte chiamandoci anche .4

ENGLISH VERSION>>>> For some time now, walking down the streets of Florence, you can find columns asking to hug them, public phones that remind you to call your mother at list once a day and so on: it’s the Post-hit effect! The idea starts from a Florentine guy, with the intent of provoking smiles or reflections, through the interaction between the objects, the context, the text of the post-hit and the readers. Thanks to the message of the Post-hits, the object takes a different and new life, a kind of embodyment, and communicates with us, inviting us to play.


Post-hit, making street communication, takes part in the street art world, making it understandable to everyone: in fact Post-hits sooner or later are destined to fade out but they could, indeed they should, be taken off by anyone earlier than that! It’s a second level of interaction in which the reader takes an active role in the artistic process. With social media, mostly on Instagram, there is a third level of interaction in which readers can upload the pics using specific hashtags (#post_hit, #post_hit_the_streets) and tag the official profile of Post-hit: this is a demonstration that street art in Florence is still alive and it’s surprising how many street artists work in such a small and conservative city.

direttamente in causa, come nel caso del cestino che ci implora «di essere il suo Michael Jordan» e centrarlo con la cartaccia, invece di gettarla a terra. Post-hit facendo comunicazione di strada si muove chiaramente nel mondo della street art, ma vuole renderla comprensibile a tutti – sia a giovani che a meno giovani – e interpretarla in modo leggero, non invasivo e ancora più effimero. I foglietti, infatti, sono comunque destinati a sbiadire, ma possono anche essere staccati prima; anzi devono essere staccati! Se a qualcuno non piace il messaggio può facilmente «cancellarlo» senza dover ricorrere agli angeli del bello, come può invece tranquillamente portarseli a casa. Anzi sono già sorte le prime forme di collezionismo che ricordano quello delle figurine, soltanto che invece di comprarle, vanno cercate, come in una caccia al tesoro urbana, per le vie della città. I più creativi sfruttano a pieno la caratteristica stacca-attacca dei Post-hit e li affiggono in altri contesti e su altri oggetti, conferendogli un nuovo e a volte anche più efficace e provocatorio messaggio. Solo per citare due esempi, è successo per «Red is for the brave» che dal semaforo è stato attaccato su di un assorbente usato o su di un bicchiere di vino rosso e per «Keep your dream higher» che dalle scale di una passerella è finito sulla testata di un letto. Nasce così un secondo livello di interazione nel quale il fruitore passivo si trasforma e assume un ruolo attivo nel processo di creazione artistica. Sui social e soprattutto su Instagram si crea un terzo livello di interazione nel quale gli utenti caricano le foto che hanno scattato ai Post-hit, usando hashtag specifici (#post_hit, #post_hit_the_streets) e taggandovi il profilo ufficiale. È sorto così e continua a crescere un ibrido tra un archivio e un museo virtuale che cristallizza nella rete quei foglietti che nella realtà sono destinati a scomparire dalle strade. Post-hit è l’ennesima dimostrazione che a Firenze la street art è viva e gode di ottima salute. È sorprendente, infatti, contare quanti street artist siano attivi in una città relativamente piccola e conservatrice come la nostra. Recentemente, quasi come se le sue vie non riuscissero più a contenerla, sono nati due luoghi dedicati all’arte urbana. La Street Levels Gallery, una vera e propria galleria d’arte che ospita questo tipo di opere, e lo Street Inn Florence – al quale abbiamo dedicato un

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articolo due numeri fa –, il primo urban art hotel di Firenze nel quale ogni camera è stata curata da un artista diverso. Ogni volta che nascono luoghi come questi, in tanti si chiedono quanto sia giusto rinchiudere un tipo di arte che nasce all’aperto e vive nelle strade, ma forse la struttura museale – sia fisica che mentale – di Firenze ne ha bisogno. Sicuramente questi luoghi sono un sintomo della vivacità della scena fiorentina e tanti street artist sentono il bisogno di farsi anonimamente conoscere a un pubblico sempre più ampio. Riguardo a questa tendenza Post-hit ci ricorda che nella street art, ma anche nell’arte in generale, l’attenzione dovrebbe essere sempre posta più sul messaggio che sul personaggio e chiaramente lo fa con uno dei suoi foglietti che recita «Kill your ego» e può essere trovato attaccato a degli specchi o fuori dalle cabine per le fototessere. Il progetto Post-hit è giovane, ma ha già organizzato un evento lo scorso 25 novembre per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. In tale occasione ha realizzato un piccolo poster-book pieghevole contenente alcune foto delle sue opere che ha venduto per poi donare tutto il ricavato a una Onlus del territorio fiorentino che si occupa di sostegno a donne e minori vittime di violenza. E non poteva nemmeno mancare tra gli ospiti dell’evento di inaugurazione dello Street Inn, dove è stato invitato a «post-hittare» lo spazio. Per il futuro Post-hit ha già in serbo tanti nuovi foglietti che vedremo presto attaccati sulla nostra città, ma anche nuove modalità espressive che sicuramente si faranno notare. Se però inizia a pensare in grande, sogna che il suo progetto artistico cominci in modo spontaneo e dal basso a macchiare di giallo altre città in Italia, in Europa e nel mondo. Del resto, le uniche doti necessarie sono un po’ di ironia e arguzia e la possibilità di investire meno di 2 centesimi a foglietto per scatenare un sorriso negli altri. E anche noi ci auguriamo che Post-hit, chiunque sia e chiunque userà il suo nome in futuro, colpisca sempre di più. Del resto i foglietti gialli dello street artist più appiccicoso di Firenze, più che dei colpi, sono delle leggere carezze che ci solleticano facendo nascere un sorriso sul nostro volto o ci riscaldano il cuore spronandoci a essere migliori di quello che siamo. • posthit.tumblr.com/ IG: @post.hit FB: @posthitproject

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Recently, two new places are born and dedicated to that: Street Levels Gallery, a real street art gallery, and Street Inn Florence, the first urban art hotel. As Post-hit wants to underline: in street art, attention must be focused on the message rather than on the artist, and he clearly shows that with the “Kill your ego” post-hit, that you can find on mirrors or out of photo booths. We wish that he keeps sticking more and more, pushing us to be better than we are. •


ful cinema

CARMELO CAMILLI, ALLE RADICI DELLA VITA Incontro col regista che meno si accontenta dell’apparente e più ricerca realtà profonde e decisive. T esto

di

M artina S capigliati per un’agenzia di stampa internazionale, la Thomson Reuters. Poi, però, ho sentito che era arrivato il momento di fare un documentario con la mia regia. Perché hai scelto l’ambiente come tema per la tua opera prima? Perché ogni cosa che si realizza nella vita è la conseguenza di ciò che si è! Quello che ho voluto rendere registicamente è il frutto di un mio percorso interiore. Ho voluto comprendere la natura dei problemi legati alle crisi ambientali, non tanto da un punto di vista tecnologico, numerico, matematico o scientifico: si è già parlato tanto di scioglimento dei ghiacciai, deforestazione… c’è già tanto materiale in quel senso. Io ho cercato di andare oltre. Mi sono chiesto da dove nascono questi problemi, da dove parte il conflitto relativo alla tema-

I

riria - Niña Tierra è l’opera prima di Carmelo Camilli, classe 1981, siciliano ma fiorentino d’adozione. È un documentario di tematica ambientalista: una magnifica testimonianza della cosmovisione indigena in Costa Rica, che spiega come “economia” non significhi affatto avere denaro, ma significhi “proteggere per sopravvivere”. La sua visione educa e smuove una forte consapevolezza. Il regista sa farci osservare, stare in silenzio, ascoltare. Immagini di una naturaleza vibrante si mescolano alle parole degli indigeni BriBri-Cabecar, che vivono nella riserva naturale di Alta Talamanca in un raccoglimento spirituale innanzi alla natura. Tutto è simbolo e stimolo per una riflessione profonda: l’uomo, la donna, la terra, il vento, l’acqua, gli alberi protesi verso il cielo… perfino il seme, essenza della vita: il seme, l’infinitamente piccolo, che può dare vita a qualcosa di infinitamente grande. Conosciamo Carmelo Camilli e il suo lavoro, in questa breve chiacchierata. Carmelo, come sei arrivato ad occuparti di regia? È stata una strada lunga e un po’ particolare, direi per coincidenze e casualità. Ho iniziato a lavorare come cameraman quando ero a Firenze, dove ho vissuto per tantissimi anni: facevo le riprese all’ippodromo delle corse dei cavalli. Poi mi sono trasferito a Roma. Lì ho cominciato a fare video-giornalismo. Per anni ho lavorato per tutte le televisioni: Rai, Sky, Mediaset… tutt’ora lavoro

ENGLISH VERSION>>>> Iriria - Niña Tierra it’s a magnificent documentary about environment and economy: the first work of director Carmelo Camilli. Born in Sicily in 1981, but in love with Florence, where he started his career as a simple cameraman, he then moved to Rome and become a videojournalist for Rai, Mediaset and Sky channels. Nowadays, he still collaborates with Thomson Reuters International Agency but, he felt that it was the right moment for him to direct his first documentary. He was wondering about environment and the related conflicts, not from a technical or scientific point of view, but more as a projection of an internal unbalance: searching for an insight rather than an external perspective. That’s why he spent three months in Costa Rica to research, exploring the habits of the indigenous community BriBri-Cabecar, in Alta Talamanca, who live in spiritual harmony and symbiosis with nature. Here, all natural element as the earth, wind, water or seeds are seen as symbols or means for a deeper reflection: «When I’m talking about ecology, I’m doing anything but talking about myself» says a native. Economy, to them, doesn’t mean just ‘to have money to spend’,

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but ‘to protect in order to survive’. This approach radically affects their relationship with nature and environment and this came out in a poetical way, through the powerful scenes of Iriria: a vision of a different cosmos where earth it’s sacred and magical; being in contact with it, can help to solve different conflicts. The documentary was presented to several international festivals as in Jacarta, Bolivia and Rome Independent Film Festival, always obtaining a special mention. The director is now working to his next project but, in the meantime, don’t wait for the television to broadcast it, find Iriria on demand on Internet.•

tica ambientale. C’è una risposta a questo quesito, ed è data da uno degli indigeni, che nel documentario dice: “Quando parlo di ecologia, non faccio altro che parlare di me”: non sto parlando di tecnologia, di scienza, o di qualcosa di esterno a me. Il problema ambientale è la proiezione, la manifestazione di un conflitto interiore, di uno squilibrio interiore. Ecco, io ho voluto trovare una chiave per raccontare questo aspetto, che sento essere alla radice di ogni problema. Mi ha ispirato molto anche la visione del documentario L’undicesima ora, prodotto e narrato da Leonardo di Caprio, in cui si affronta il problema del riscaldamento climatico a livello globale, con un accenno alla tematica culturale. Da quell’accenno, ho deciso di concentrarmi su questo aspetto. E ho pensato che il miglior modo per affrontare la questione da un punto di vista culturale sarebbe stato quello di rivolgermi a delle comunità indigene. Il caso ha voluto che una mia amica antropologa fosse in contatto con una persona che lavorava con questa comunità della Costa Rica. Così mi ci sono trasferito tre mesi e ho iniziato il mio lavoro. Il tuo è un lavoro di denuncia? Non parlerei di denuncia, ma di qualcosa di più costruttivo. Non che sia male denunciare, però non è quello che ho inteso fare. La mia è una forma artistica che vorrebbe dare l’opportunità di risvegliare qualcosa che ognuno di noi porta dentro di sé, in maniera più o meno consapevole. Questo vuole fare il mio documentario: farti entrare in contatto con qualcosa di magico, qualcosa di sacro, che ha a che vedere sì con la natura, ma io direi con la vita in generale, e quindi anche con l’ambiente che ci circonda. Entrando in contatto con quella parte, vivendola, esprimendola, si risolvono tanti conflitti. Esempio: io posso chiedermi ‒ come mai siamo circondati da tanta spazzatura? E posso rispondere a questa domanda in molti termini ‒ perché non funziona la raccolta differenziata, non funziona il ciclo dei rifiuti… No: il mio documentario risponde dicendo che ‒ siamo circondati di spazzatura perché siamo pieni di spazzatura dentro di noi. Prima ancora di trovare una tecnologia o una scienza che ci consenta di fare pulizia, bisogna iniziare con una pulizia interiore, per sviluppare quella coscienza che poi sarà in grado di utilizzare le tecnologie in maniera saggia. E questo non ha niente a che vedere con una denuncia, è qualcosa di culturale. E quando dico culturale non mi riferisco agli usi e costumi intellettivi di una comunità rispetto a un’altra. Intendo qualcosa di molto intimo, interiore, che mi porta a capire che la consapevolezza del bene soggettivo è legata a un bene collettivo, quindi anche al bene dell’ambiente. Cosa ti ha lasciato questa esperienza nel tuo quotidiano? Posso dire di aver imparato ad osservare. Credo che uno degli aspetti più .8

potenti del documentario sia l’entrare in contatto con ciò che si vede, credo che il mio sia un documentario di osservazione, un’osservazione meditativa, del tutto diversa da quella televisiva. Le immagini del documentario sono magiche, perché fanno entrare in empatia con una farfalla, una formica… con la natura, che è bellezza pura, pulita. Ho cercato di far percepire la terra come una persona, come un essere, dotato di pelle, vestiti, capace di provare piacere e dolore. Dunque credo che la terra dovrebbe anche essere meritevole di una significativa tutela giuridica, ed ho sviluppato una forte consapevolezza in questa direzione.

Qual è stato il percorso “istituzionale” del documentario? Il documentario è stato proiettato per la prima volta al Festival Internazionale del Costa Rica e ha vinto subito una menzione speciale. Da lì, ho partecipato a svariati festival internazionali: Jacarta, Bolivia, vari Festival dell’Ambiente, Rome Indipendent Film Festival. Praticamente ad ogni proiezione il documentario ha vinto una menzione speciale. Recentemente sono stato a Montecarlo, al Festival per la Terra, che è un festival scientifico con un pubblico di scienziati, tra cui c’era perfino un premio Pulitzer! Sono stato anche invitato al Festival dei Diritti Umani di Hong Kong. Da un punto di vista commerciale invece non è stato venduto alle televisioni, a parte on demand su internet, perchè probabilmente il mio non è un linguaggio usato in televisione. Ma forse mi sono solo un po’ boicottato, e inizierò un percorso anche in questo senso. Carmelo sta scrivendo il suo prossimo documentario. Verrà girato tra l’Italia, l’Egitto e la Francia: non si concentrerà sulla tematica ambientalista ma sarà, di nuovo, un lavoro magico, un prezioso strumento al servizio dello sviluppo personale. Intanto, se non l’avete ancora visto, fatelo: Iriria - Niña Tierra. È un documentario potente e necessario •


ful gusto

ANTONELLO SARDI, LA BOTTEGA DEL BUON CAFFÈ Antonello Sardi, fiorentino doc, grande passione, sacrificio e formazione continua Testo

di

Luca Managlia, Foto

B

di

La Bottega

del

Buon Caffè

e

Luca Managlia

uongiorno Antonello, raccontaci i tuoi inizi nel mondo della ristorazione. Sono entrato nel mondo della ristorazione a 26 anni, un po’ per passione un po’ per curiosità. All’epoca lavoravo per un’azienda di audiovisivi, ma sentivo che non faceva per me. Così lasciai tutto per provare a fare della mia passione un lavoro. Iniziai come lavapiatti. Furono anni di grandi sacrifici: c’erano ragazzi molto più competenti di me. Per compensare, andavo spesso a lavoro prima in modo da assistere a qualche preparazione. Piano piano sono cresciuto. Ho iniziato a fare il commis, lavorando in qualche trattoria di Firenze. La prima posizione importante l’ho ricoperta al Fuor d’Acqua. Ero cuoco e capo partita. Ho imparato davvero molto. D’altronde, in quel ristorante c’era molto da fare: dalla sfilettatura del pesce, alla gestione delle celle, a diverse preparazioni con pesce crudo. La mia più grande esperienza formativa è stata lavorare per Enrico Bartolini a Milano. Questa collaborazione mi ha insegnato praticamente tutto quello che so. Ho lavorato con Enrico tre anni, poi abbiamo deciso di aprire 9.


un locale in Val d’Orcia, il Perillà, che quest’anno è stato insignito di una stella Michelin. Due anni incredibili, l’azienda proprietaria infatti sperimentava molto in campo biodinamico con salumi, vini, fiori, oltre a produrre pane a lievitazione naturale. Dopo questa esperienza sono tornato a Firenze. La Bottega del Buon Caffè era in via Pacinotti e la famiglia Gasbarro era intenzionata a venderlo. Così, in poco tempo ho conosciuto la nuova proprietà, la stessa del Relais Chateaux Borgo Santopietro a Chiusdino, che ha trasferito la Bottega nei nuovi locali, nella bellissima cornice del Lungarno Benvenuto Cellini 69r. Cosa ti affascinava di Enrico Bartolini? Lo ammiro molto, sia per il palato che per il gran successo dei suoi ristoranti. È un gran intenditore delle materie prime, per me è il “gran maestro”, e da lui ho imparato soprattutto il “gusto”. Ho lavorato per molto tempo nel 12-24 dell’Hotel, non nel Devero, il ristorante stellato. Questa scelta mi lasciò un po’ perplesso inizialmente, poi Enrico mi spiegò che se avessi lavorato al Devero, avrei solamente eseguito ricette studiate nei dettagli da lui, ma non avrei appreso né creato alcunché di mio; nella posizione in cui ero, avevo l’occasione invece di imparare a cucinare davvero. Ex post riconosco che questa scelta fu determinante per la mia formazione. Qual è stata la molla che ti ha spinto a cucinare? Ho iniziato a cucinare per gli amici, non senza disastri. Uscivo sempre prima da lavoro per far la spesa, studiarmi qualche nuova ricetta su internet. La molla è stata la voglia di cucinare. Era ed è la mia passione e volevo fosse il mio lavoro. Serviva un po’ di coraggio, un po’ di incoscienza e tanta buona volontà. Come definiresti la tua cucina? Cerco di fare una cucina semplice, ben fatta, comprensibile dai clienti, con una base essenzialmente tradizionale. Allo stesso tempo, non smetto di provare nuove tecniche e abbinamenti o contrasti particolari. La proprietà fortunatamente ha sempre accolto con interesse questi miei tentativi, sostenendoli senza remore. Diversi sono gli stage che ho fatto proprio con l’obbiettivo di apprendere tecniche nuove e di innovare la mia cucina, gli ultimissimi in Danimarca e a Londra. Quanto contano le materie prime nella tua cucina? Molto. L’azienda mi chiede sempre di usare materie prime di altissima qualità, oltre a fornirmi direttamente il 60-65% delle verdure, rigorosamente biologiche. Quest’anno inoltre sono stati acquistati nuovi terreni e un caseificio, quindi da poco offriamo ai nostri clienti pecorini fatti da noi, con latte biologico. Qual è il vostro cliente tipo? Lavoriamo molto con i turisti. La posizione del locale aiuta molto: si trova fuori dalla ZTL ma abbastanza vicino al centro. Non mancano nemmeno i fiorentini, anche molto giovani. Al giorno d’oggi l’attenzione per il mondo gastronomico è altissima e i ragazzi sono sempre più curiosi di capire come funzionano una .10


cucina e un ristorante nella pratica. Oltretutto, la cucina a vista non solo assicura una certa trasparenza al cliente, ma è anche una forma di attrazione per gli avventori. Che rapporto hai con i ragazzi che lavorano per te? Non sono il tipo di chef che urla e riprende platealmente i propri collaboratori durante il servizio. Al termine, è normale correggere certe incertezze e riprendere per gli eventuali errori commessi. Al momento però non ce n’è bisogno: abbiamo una équipe ben amalgamata, formata da giovani competenti e molto appassionati. Non posso negare che ci siano stati periodi più duri, in cui gli errori ricorrevano spesso, e io ho dovuto essere più severo. Il mio ruolo lo richiede ma ho sempre cercato di aumentare la pressione e responsabilizzare i ragazzi, senza mai alzare troppo e inutilmente i toni. La regola è trattare tutti con educazione, dal lavapiatti allo chef. Per me l’umiltà in cucina è fondamentale. Quando hai cominciato, Firenze era una città dove primeggiava la cucina toscana tradizionale e pochi erano i ristoranti stellati. Com’è cambiata la città in questi anni? Il cuore di Firenze è ancora tradizionale, e chi viene a Firenze cerca la tradizione. Diverse persone mi hanno chiesto di rivisitare i grandi piatti della tradizione toscana, ma non ho mai voluto farlo. Una ribollita, una pappa al pomodoro, un panino con il lampredotto sono piatti che vanno serviti in una location tradizionale, da un cameriere che va poco per il sottile, accompagnati da un buon fiasco di vino rosso… insomma, la fiorentinità deve essere percepibile nel servizio come nella cucina. I turisti non ti chiedono piatti tradizionali però… Il turista medio ha l’abitudine di andare a mangiare in

ristoranti a Londra, a Parigi, New York e quindi non si aspetta un piatto semplice e tradizionale quando viene da noi. La maggior parte dei clienti sa esattamente cosa aspettarsi, anche perché al momento della prenotazione cerchiamo di introdurli alla serata che passeranno, parlando fin da subito di intolleranze, del nostro menù e delle tecniche che utilizziamo. Qual è il tuo piatto fiorentino preferito? Ce ne sono diversi: il panino con il lampredotto, la ribollita, la bistecca alla fiorentina, la pappa al pomodoro… Non esco molto, avendo una bambina piccola preferisco le comodità della casa. Se decido di uscire, scelgo qualche trattoria toscana, dove la qualità è assicurata. Quali sono i tuoi progetti per La Bottega del Buon Caffè? L’obbiettivo è sempre quello di crescere e migliorarsi. Vorrei creare uno zoccolo duro di ragazzi appassionati e competenti che rimangano, per quanto possibile, a lavorare alla Bottega del Buon Caffè a lungo. Non è semplice: spesso questo lavoro ti porta a cambiare ristoranti continuamente. Ai ragazzi più meritevoli è offerta l’occasione di fare degli stage formativi in vari settori, come faccio io per continuare a migliorare le mie tecniche. Cerchiamo insomma di sperimentare il più possibile, innovare e reinventarci sempre.

ENGLISH VERSION>>>> We interviewed Antonello Sardi, the Florentine chef of Bottega del Buon Caffè, who gained a Michelin star. He started his career in the restaurant’s world when he was 26, for passion and curiosity. He was working for an audiovisual company but he felt that it wasn’t for him: he always liked to cook for friends and therefore he decided to turn his passion into his job. That’s why he started working in Milan with Enrico Bertolini, from whom he learnt almost everything he actually knows. Then he came back to Florence, where he works in the amazing new location of Bottega del Buon Caffè, in Lungarno Benvenuto Cellini 69r. Here, he tries to make a simple 11.


Quali sono i prodotti toscani che ritieni essenziali in cucina? Senz’altro l’olio – i miei zii sono proprietari di alcuni olivi sopra Maiano, quindi fin da piccolo ho avuto la fortuna di utilizzare e gustare l’olio fiorentino. Ma anche le castagne e i marroni, che amo molto; e poi i funghi, i ceci, gli zolfini… insomma tutti i grandi prodotti del nostro territorio. Secondo te la televisione ha cambiato la figura dello chef negli ultimi tempi? Secondo me il ruolo dello chef è cambiato solo per gli occhi di chi non lavora in cucina. Ci sono diverse persone che si avvicinano a questo mondo senza nemmeno immaginare i sacrifici e la passione necessari per aver buoni risultati.

Un consiglio per i ragazzi che vogliono intraprendere la tua stessa carriera? Consiglierei per prima cosa di uscire dall’Italia, vivere la vita, far esperienze di vario genere e poi, appena si sentono pronti, concentrare tutte le loro energie nella carriera. È importante crederci, scommetterci sempre e impegnarsi molto. Questo è un lavoro meritocratico: se sei bravo, emergi! Ti piacerebbe vedere la Bottega del Buon Caffè in un’altra città italiana? No, io amo Firenze. E avere una stella Michelin qui, nella mia città, mi rende pieno di gioia e di soddisfazione per quello che sono riuscito a fare in questi anni. • cuisine, well-done, understandable to his clients and based on traditional recipes and fresh genuine ingredients. At the same time, he always tries to test new techniques or particular contrasts, to fully satisfy his clients: tourists for sure, but also Florentine people, interested in trying new restaurants and food experiences. He really loves his job and Florence too: that’s why, getting a Michelin star here, makes him totally happy and satisfied about what he has done until now and encourages him improving and going further in this sector. •

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ful locali

IL NEGRONI DA AMICI MIEI A OGGI Buona cucina a tutte le ore, vini e cocktail di prima scelta, intrattenimento tutte le sere. T esto

di

C amilla P ieri , F oto

di

M assimo P iacca B acci

«C

he cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione.» Vi ricordate il famoso Bar Necchi? Quello di Amici Miei. Quello del Perozzi che suona il clacson mentre il vigile si avvicina alla macchina e gli fa «Lei ha clacsonato!» «Io nooo! Ah sì, ho appoggiato appena il gomito! È un clacson sensibilissimo». È uno dei must del cinema ambientato a Firenze. E quel bar, davanti al quale il vigile viene allontanato dalle eloquenti battute del Conte Mascetti, oggi si chiama Negroni. Il locale ha riaperto i suoi battenti a dicembre 2016, dopo un anno e mezzo circa di chiusura, con una nuovissima gestione e un nuovo concept di locale, prontissimo a soddisfare tutte le richieste. Ci accoglie Pierluigi Favalli, il nuovo e giovanissimo gestore. Biondo, braccio tatuato e fiorentino di nascita. Ci sediamo in un locale accogliente che fonde perfettamente il moderno con dettagli pop anni ’80, per farci raccontare come il cibo e la mixologia sono diventati gli ingredienti fondamentali del nuovo Negroni. Fin dall’ora di pranzo il Negroni apre i suoi battenti. Un pranzo curato nei dettagli dallo Chef Abdul, marocchino di nascita con una lunga esperienza piemontese. Tutto viene preparato ogni giorno con prodotti freschi e di stagione, perfetti sia per un pranzo di lavoro che per una pausa più lunga con gli amici. Perché «il pranzo è il punto fondamentale della giornata» ci dice Pierluigi, «è importante mangiare bene». Dalle 16.30 alle 21.00 l’aperitivo: un format specifico per ogni tipologia di tasca, per poi passare alla cena: cucina toscana con tocchi orientali e del trentino, curati sempre dal nostro ambizioso chef. E ci tiene a soddisfare tutte le richieste: dalla ciccia alla ribollita, dalla faraona alla pasta rigorosamente fresca, tutta fatta in casa con grani antichi. Poi il mare che viene esaltato nel sapore dalla cottura al vapore, con pescato tra cui polpo, branzino e ricciola. Tutto assolutamente

toscano! Ma non finisce qui. C’è un menù specifico anche per chi di carne o pesce non né vuole sapere: Orti e Formaggi, come gli gnudi all’altra maniera ripieni di cime di rapa. Noi abbiamo già l’acquolina in bocca! Ci piace chiudere in bellezza con i dolci. Per adesso non vi sveliamo niente, ma la panna cotta al Negroni con crema di arancia al Gin, biscotto al Vermut e gelatina al Campari non me lo lascerei certo scappare! Ottima la selezione anche dei vini: come non far mancare in un posto del genere una linea di vini tutta pensata in stile Amici Miei. Il Come Se Fosse e l’Antani, per nominarne un paio, curati da Gianmarco Tognazzi, figlio di Ugo. Si sta attenti a ogni dettaglio insomma: dal Pas Dosè metodo classico, alla birra artigianale in bottiglia Mascetti. Ma non dimentichiamoci dei cocktail! Questi meritano tutto un capitolo a parte. 13.


ENGLISH VERSION>>>> Do you remember Bar Necchi, from the film Amici Miei? It’s still there and it’s now called Negroni. It re-opened in December 2016 with a brand new management and concept, as Pierluigi Favalli – the young, blond, tattooed Florentine manager – explains to us. Inside the bar we find a modern atmosphere with pop details from the 80s, and we’re told we can even have lunch! Chef Abdul, born in Morocco but with a consistent Piemontese experience, takes care of the kitchen and prepares great lunches, both for quick breaks from work and longer ones with friends, using fresh seasonal products. The happy hour is from 16.30 to 21.00 with a specific format for every pocket, and then dinner: Tuscan cuisine with an Oriental touch, all managed by the same ambitious Chef Abdul. He cares to satisfy all tastes: meat, ribollita, guinea-fowl, fresh hand-made pasta, seafood… all from Tuscany! There’s also a special vegetarian menu which includes gnudi pasta filled with cime di rapa. Mouthwatering! In the dessert list, the choice includes a special

Curati dalle sapienti mani di Mariana Prioli, barlady di origini francesi, mette gusto e passione in ogni cocktail. Intanto con una selezione attenta di Gin, provenienti da diverse parti del mondo. Pensate che ogni settimana ne cambia la selezione! E poi nella creazione stessa dei cocktail: una mixologia sapiente di spezie, infusioni e distillati. Oltre ai classici e indimenticabili, sono 12 i cocktail originali tutti da provare! Come non lasciarsi incuriosire da L’Afique c’est chic (Gordon’s Gin infuso con Rooibos arancia e carota, succo di lime, sciroppo di zucchero e albume) o dal Vesper Fumè, d’ispirazione 007, con Tanqueray, Russian Standard Vodka infusa con tè Lapsang Souchong e Lillet Blanc! Il resto non ve lo sveliamo… dovete assolutamente venire a provarli! Al Negroni, si sceglie la ristorazione e il “bere bene” come base principale per un posto tutto da scoprire. A ciò si aggiunge, una programmazione artistica niente male in grado di accontentare tutte le clientele. Gli appuntamenti sono segnati su una lavagna divisa giorno per giorno, perché le cose da fare qui sono veramente tante: dalla Jam Session con house band alla cena a tema del martedì con prodotti di stagione, come quella dedicata al melograno o alla castagna; dal Pasta Pride al Jazz, per arrivare al weekend con il musicista livornese Enzo Lombardi «che rende suo il locale». Insomma, io fossi in voi non ci penserei troppo. Il Negroni è assolutamente da non perdere! • Negroni panna cotta with orange & gin flavoured custard cream and Campari’s jelly. The wines are selected by Gianmarco Tognazzi (Ugo’s son), beers, and great cocktails are prepared by barlady Mariana Prioli who does incredible mixes: for example L’Afique c’est chic (Gordon’s gin, lime, sugar syrup, orange and carrot, albumen), and Vesper Fumé (Tanqueray, Russian Standard Vodka with Lapsang Souchong tea and Lillet Blanc) – worth a try! The events’ schedule is displayed on a blackboard and there’s something for every taste: Jam Session, thematic dinners, Pasta Pride and Jazz, and musician Enzo Lombardi on weekends. If I were you I wouldn’t think much about it: Negroni is not to be missed! •

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ful gusto

STEFANO CICALESE E IL PRIMO GIN CON LA “C” ASPIRATA. Peter in Florence è il primo gin fiorentino, nato da unʼidea e dalla passione del barman trentenne “Il Ciga”. T esto

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G ENGLISH VERSION>>>> Peter in Florence is the very first Florentine gin, created by thirty-year-old Stefano Cicalese, also known as “Il Ciga”. Stefano started working as a bartender at Volume bar in Santo Spirito neighbourhood, then moved to England where he had the chance to work at Albert Roux, the first 3 starred Michelin restaurant in London. There, he developed a passion for gin which he put in effect after coming back to Florence, by buying a domestic distiller and trying to learn the art of distillation. Technically speaking, Stefano is a master distiller, something halfway between

li occhi più esperti – quelli che entrando in un bar scrutano avidamente la fila di bottiglie esposte dietro il banco – avranno notato una piccola bottiglia con lʼetichetta in pelle e un cinghialino dorato inciso sopra. Si chiama Peter in Florence, è il primo gin fiorentino. La mano, il cuore e la mente di questo gin appartengono ad unʼunica persona di appena trentʼanni: Stefano Cicalese, noto ai più come “Il Ciga”. Stefano inizia a lavorare come barman dietro il banco del Volume in Santo Spirito. Come spesso accade alle persone assetate di avventura in questo settore, si è trasferito in territorio britannico, arrivando in poco tempo a lavorare da Albert Roux, il primo ristorante tre stelle Michelin di Londra. Qui impara molto su come fare da bere e soprattutto impara ad amare il gin, che utilizza spesso nei suoi drink. La tappa successiva sono sei mesi a New York, ed è quella che lo avvicina sempre più alla merceologia e che lo spinge, una volta tornato in Italia, a comprare un piccolo alambicco domestico e a fare le prime prove di distillazione. Il suo lavoro in gergo tecnico si chiama master distiller, ovvero “maestro distillatore”. In pochi sanno cosa faccia esattamente questo mestierante a metà tra lʼalchimista e lo scienziato. Noi di FUL abbiamo deciso di chiederglielo. Ciga, come sei arrivato a fare quello che fai? Ho cominciato sperimentando a casa, investendo tempo e denaro nel comprare spezie e alcool puro da distillare. I primi esperimenti sono stati disastrosi, roba che non avrei dato da bere a nessuno. La spinta in più mi è arrivata grazie allʼincontro con Francesco Sanapo e Patrick Corsini (proprietari di 15.


Ditta Artigianale), che hanno abbracciato con entusiasmo il progetto di creare un gin. È iniziato così un periodo di corsi, master e approfondimenti tra lʼItalia e lʼInghilterra. Ci sono voluti due anni e mezzo per arrivare al compimento dellʼidea del Peter in Florence. Quello che abbiamo capito è che non volevamo solo fare un gin portando una ricetta ad una distilleria esterna, ma che volevamo avviare una vera e propria micro-distilleria, che è di gran lunga più complicato ma ben più gratificante. E per essere un master distiller occorre una qualifica specifica? Non esiste un vero ordine professionale, le persone che vi si approcciano solitamente sono dei chimici oppure degli appassionati. I primi iniziano dalla parte organolettica e dal processo, gli altri dal taste, dal sapore che vogliono ricreare, e vanno a ritroso per arrivarci. Io sono della seconda specie. Come mai secondo te il gin in questi ultimi anni è diventato così popolare? È diventato popolare perché in questo momento storico le persone cercano sempre più di documentarsi su ciò che bevono e mangiano. In questo modo hanno scoperto che il gin è un prodotto di qualità molto variegato e complesso. Perché sul Peter cʼè scritto London Dry anche se non ha niente a che fare con Londra? Un London Dry gin non è unʼindicazione geografica, ma un disciplinare internazionale che definisce alcuni parametri di produzione. Sono parametri di qualità molto elevati, relativi al tipo di alambicco, lʼutilizzo di botaniche fresche e non di olii essenziali. Uno dei motivi distintivi di un London Dry è il fatto che le botaniche vengano distillate tutte insieme in un unico shot (unʼunica partita), e non venga fatta nessuna aggiunta o blend successivo, oltre chiaramente a quella dellʼacqua per portarlo al tenore alcolico desiderato. Quanto del tuo lavoro è puramente tecnico e quanto invece è dato dal tocco personale? Ci sono vari aspetti nel mio lavoro. Prima del processo vero e proprio di fare il gin cʼè un grandissimo lavoro a monte, nello studio di ciò che succede nellʼalambicco e di ogni possibile variabile. Il lavoro più grande è però la scelta delle materie prime, ovvero dellʼalcool utilizzato ma soprattutto delle botaniche. Come vorresti che si evolvesse nel prossimo futuro il progetto Peter in Florence? Vorrei riuscire a dare un terroir al prodotto. Che il mio gin in primis, ma i gin in generale possano essere rappresentativi di ogni singolo territorio. In Toscana abbiamo il miglior ginepro al mondo, che viene utilizzato nella produzione di alcuni dei gin più nobili. Il mio è un lavoro a stretto contatto con i fornitori di spezie, che mettono tutto il loro sapere nella tutela e nella valorizzazione di botaniche uniche del territorio. Uno dei tratti più distintivi di Peter è lʼiris (o giaggiolo), fiore che cresce in Toscana e che viene acquistato in tutto il mondo per la produzione sia di alcolici che di profumi ed essenze. Soprattutto nel nostro Paese, ogni territorio ha prodotti autoctoni che potrebbero contribuire a dare un profilo unico a un distillato. Lasciando perdere .16


a scientist and an alchemist. We decided to go ask him what his job exactly consist of. Ciga, how did you end up doing what you do? I started experimenting at home, investing money and time to buy spices and pure alcohol. The first results were awful, I wouldn’t have had anyone drinking that. Then I met Francesco Sanapo and Patrick Corsini (the Ditta Artigianale owners) who were enthusiastic about the idea of creating a gin brand and willing to support me, so after a couple of years of specialized classes and a master we finally conceived the idea of Peter in Florence. We realized that we wanted to start a micro-distillery to produce our own gin. What do you need to be a master distiller? There’s not a real professional association, people who approach it are either chemists or aficionados. Chemists are interested in the process, the others in the taste, and then go backwards to re-create it. I belong to the second group. Why do you think gin became so popular over the past few years? It’s because nowadays people want to know about what they eat and drink, so they found out that gin is a complex and excellent product. Why is London Dry written on Peter even though it’s not from London? A London Dry gin doesn’t have to be made in London, as that is not a geographic indication but refers to a specific distillation process. For example, to make London Dry all elements should be distilled together in one shot, with no further additions or extra blends, beside water of course. How much technique, rather than personal touch, is involved in the process? There are various aspects of my work, for example before starting the actual process there is a great deal of study about what’s going on inside the gin and the choice of the raw material. How would you like the future of Peter in Florence? I would like to give my product a terroir, and that gin brands could be representative of territories. A distinctive trait of Peter is iris, a typical Tuscan flower which is used all over the world to produce spirits and perfumes. Especially in our country, each territory has its own native products which could contribute to give spirits a unique profile. Another goal we have is to expand the culture about gin, taking people on tour to our distillery. Those who will come to see me in Pelago will understand how pleasant my job is! •

il gin per un momento, pensiamo alla varietà di grani e cereali che abbiamo in Italia, un patrimonio unico che potrebbe dare vita a una produzione di whiskey molto interessante. Certo è difficile, però mi piacerebbe vedere un giorno tante piccole distillerie che producono qualcosa di singolare. È per questo che lʼaltro obiettivo di Peter è fare cultura sul gin, portando la gente a visitare la nostra distilleria – sia addetti ai lavori che clienti appassionati. Chi mi verrà a trovare a Pelago, capirà che il mio è un lavoro proprio divertente! •


ful design

FUL INCONTRA MRZARCHITETTI

In occasione della 93° edizione di Pitti Immagine Uomo, vi raccontiamo MRZarchitetti la firma che ha conquistato brand internazionali della moda casual e del lusso.

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ei loro 14 anni di attività con i propri progetti hanno partecipato all’affermazione e all’espansione retail di brand come Guess, Gas, Gaudì, Manila Grace, Denny Rose, Liu Jo fino alle ultime collaborazioni con aziende come Dsquared2, Zanellato, Tatras e molti altri. Progetti di uffici, showroom e boutique da Rodeo Drive al Dubai Mall, passando per Londra, Milano, Shanghai e Parigi, i lavori firmati MRZarchitetti sono luoghi dalle configurazioni variabili che utilizzano lo spazio come strumento di marketing per amplificare e diffondere il messaggio e il valore del brand. MRZarchitetti è un team di grande esperienza, sensibilità e forte attitudine alla sperimentazione. Una concezione innovativa, dinamica e molto efficace del retail design, che ha saputo farsi apprezzare a livello internazionale non solo per capacità estetiche e creative, ma per l’efficienza della gestione di tutte le fasi progettuali: aspetti tecnici/esecutivi ma anche dell’economia del lavoro, aspetto sempre più decisivo per la riuscita e il successo di un progetto. Grazie all’esperienza maturata in campo internazionale e alla collaborazione .18

Zanellato Boutique Via Bagutta Milano Brand di accessori di lusso in tutto il mondo, celebre per la IT-Bag Postina® presentata nel 2011 e icona del Saper Fare italiano nel Mondo. Il concept design ideato per il flagship in via Bagutta 11, nel quadrilatero della moda milanese, è uno spazio estremamente sofisticato, realizzato in un’alternanza di cromie – bronzo, écru – che riprende alcuni elementi decorativi della facciata dell’edificio. Un esclusivo sistema espositivo permette di scoprire le creazioni Zanellato, attraverso un sapiente gioco di eleganti quinte ispirate al teatro e supporti con mensole in vetro. Completano gli arredi, eleganti sedute in un prezioso mix di cotone-seta ed elementi di arredo in metallo bronzato creati appositamente per Zanellato. This luxury accessory brand is famous all over the world for ITBag Postina® introduced in 2011, an international icon of the Italian Know How. The concept design for the flagship store in via Bagutta 11, in Milan boutique district, is an extremely sophisticated space, in which bronze and ecru alternate recalling the decorations of the façade. An exclusive display shows the Zanellato creations, with an intriguing game of elegant scenery flats inspired by the theater and glass shelves. The decor is completed by stylish seatings in a precious mix of cotton-silk and bronzemetal elements specifically created for Zanellato.

ENGLISH VERSION>>>> Just on time for Pitti Immagine Uomo 93° edition, we’re introducing MRZarchitects, a company started in Florence that works for many international fashion and luxury brands such as Guess, Gaudì, Manila Grace, Denny Rose, Liu Jo and many more. In 14 years of activity, they contributed to the affirmation of retail design’s brands, realizing projects of offices, showrooms and boutiques from Rodeo Drive to Dubai Mall, passing through London, Milan, Shanghai and Paris. They exploit space to create variable configurations, using it


as a marketing device to increase and spread the brand’s mission and value. Due to their international experience and to the cooperation with European partners, they are managing, from their Florentine location, several worldwide projects, offering a tailor made service to their clients: enhancing each specific characteristics of the place, still respecting at the same time all the practical and organizational aspects. That’s why they are able to maximize all the different requirements, creating fancy locations as Dsquared2, AS Roma Store, Chianti Banca and more.•

DSQUARED2 Madrid La boutique si trova in Calle de José Ortega y Gasset nel cuore dello shopping di lusso della capitale spagnola. Il progetto architettonico, dove è stato applicato e sviluppato il concept di DS2, ha mirato a riportare a nudo le murature in mattoni faccia vista e a realizzare una scala elicoidale che collega i due livelli; al suo interno uno chandelier di forte impatto iconico per il brand che è l’ideale congiunzione dei vari livelli della boutique. Ormai da qualche anno lo studio collabora con Dsquared2 per il quale, oltre alla progettazione di boutique, segue il project management di tutte le location a livello mondiale. The boutique is located in Calle de José Ortega y Gasset, in the heart of the luxury shopping of the Spanish capital. The architectural project has brought back the original brick walls and created an helicoidal stair that links the two levels. Inside a chandelier of great iconic impact is the ideal conjunctions between the different levels. MRZarchitects has been working with Dsquared2 for a few years now and deals with the project management of all their international stores.

di partner europei, lo studio con sede a Firenze segue progetti in tutta Italia e all’estero, offrendo al cliente un servizio tailor-made, con soluzioni ad hoc che valorizzano le peculiarità di ogni suo progetto. Lo studio si distingue per uno stile essenziale e luminoso, costantemente attento al dettaglio, alla scelta dei materiali, alle finiture. Progetti che non rinunciano a dialogare con gli aspetti pratici e organizzativi dello spazio, interpretando al meglio, in senso estetico e funzionale, le più diverse esigenze. Ful da sempre vi racconta le piccole e grandi storie della nostra città: oggi vi presentiamo una realtà oramai di fama internazionale che è stata fondata da Francesco Marzocca. Francesco, come sei riuscito a conquistare brand del calibro di Guess, Zanellato, Dsquared2? Il racconto potrebbe partire da molto lontano, ma per non annoiare nessuno diciamo che sono stato la persona giusta al momento giusto. Ho sempre lavorato tanto e sono sempre stato molto curioso. Le tante persone che ho conosciuto nel tempo hanno imparato ad apprezzare il mio carattere, consapevoli del fatto che anche nelle emergenze (e nel mondo della moda ogni progetto è spesso un’emergenza) io sarei stato sempre pronto ad aiutarli per raggiungere l’obiettivo comune: il successo del marchio. Il passaparola ha sicuramente giocato un ruolo importante, in questo ambiente tutti si conoscono, dai top manager ai fornitori. Ho imparato molto lavorando nel fashion e partecipando a molte gare per la creazione di nuovi concept dei marchi di moda. Non sempre abbiamo vinto ma come dico spesso:

«a volte si vince, a volte si impara». Non mi sento di aver mai perso, ho avuto la possibilità di mettermi alla prova e di fare un percorso, di conoscere nuove persone e di aprirmi a nuovi orizzonti. Poi sicuramente sono stato fortunato. L’industria del design italiano che ruolo sta giocando a livello internazionale? In questo periodo storico credo che il design italiano sia tornato in auge. Almeno nel mio settore, dopo l’EXPO, architetti e designer italiani sono di nuovo al primo posto nella classifica iridata mondiale. Siamo molto propensi a metterci in gioco e a non legarci a uno stile o a un movimento. E questo è un valore aggiunto perché abbiamo la mente libera e siamo pronti a creare cose sempre nuove, ma con un occhio attento al passato. Per quanto riguarda l’exhibition design, ad esempio, lo stesso Pitti Immagine è tornato ai suoi vecchi splendori negli ultimi due anni e adesso apre le kermesse di Milano, Parigi e Londra. Quale approccio alla progettazione utilizzate nei confronti di un nuovo concept? Il primo incontro con il cliente è sempre il più importante. Da lì capisci subito se puoi entrare in sintonia con lui oppure no. Al primo incontro sono una spugna: immagazzino informazioni, lascio parlare il più possibile perché ho bisogno di capire,

AS Roma Store e Roma Experience In via del Corso a Roma, a due passi da piazza del Popolo, viene progettato il più grande store della squadra di calcio della capitale. Il negozio si sviluppa su una superficie di 500 mq, il nuovo concept include arredi molto leggeri ma tecnici come il prodotto sportivo di alta qualità che viene venduto al suo interno. Nel basement del megastore, un piano dedicato ai successi della squadra della Capitolina, che celebra le sue vittorie con i premi vinti, le sue eccellenze con le maglie dei più grandi giocatori fino alla celebrazione della sua più grande icona: Francesco Totti, con la riproduzione della coppa del mondo e delle scarpette della finale mondiale di Berlino del 2006. Rome, in via del Corso, a few steps from piazza del Popolo, MRZarchitects created the biggest store for the capital footballʼs team. Over a surface of 500 square meters, the new concept includes light but technical furniture, like the high quality sport products they sell. The basement is dedicated to the successes of the team: from the trophies they won, the t-shirts of the most important players, up to Tottiʼs world cup and the shoes he used during Berlinʼs world final in 2006.

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Tatras via della Spiga Milano > Nuova sfida di MRZarchitetti è lo studio del concept del brand del lusso giapponese Tatras. Il nuovo concept sarà applicato alla prima boutique europea del brand in via della Spiga 3, tra i negozi di Prada, Moncler ed Ermanno Scervino. Rimane ancora segreto il format del negozio ma la nuova boutique sarà inaugurata durante la settimana della moda milanese a febbraio 2018. A new challenge for MRZarchitects is the concept for the Japanese luxury brand Tatras. The first European boutique will open in via della Spiga 3, between the Prada, Moncler and Ermanno Scervinoʼs stores. The format of the new store will be kept secret until February 2018 for its opening during the Milan Fashion Week.

< Chianti Banca L’idea progettuale è stata quella di ricreare una piazza urbana, luogo di aggregazione degli utenti, ed eliminare così la vecchia struttura delle casse e dei banconi. La banca non più vista come forziere di denaro ma come luogo di scambio, incontro e sicurezza. È nata così una piazza con sedute e un ulivo al suo interno. Inizialmente non troppo apprezzato, l’ulivo è diventato in seguito il simbolo di un radicamento nel territorio e di identità della banca stessa. Alla Filiale di Fontebecci sono seguite diverse altre aperture, tra cui la ristrutturazione degli uffici e della sede amministrativa di San Casciano in Val di Pesa. La banca adesso vanta oltre 50 filiali in Toscana. The idea for the project was to recreate a urban square, a place for bringing customers together getting rid of the old structure. The bank seen not as a money chest but as a safe meeting place. This is how this square with an olive tree inside was born. At the beginning the olive was not so welcomed but now itʼs become the symbol of the bank itself and of its local roots. To the Fontebecci branch, many other openings have followed for a total of more than 50 branches.

analizzare, vedere il sogno direttamente negli occhi del cliente. Questo è fondamentale per far sì che un giorno il sogno diventi realtà. Sono dell’idea che se viene coinvolto un architetto o un designer, il cliente cerchi in lui non solo un professionista ma soprattutto una persona che possa realizzare la sua visione, le sue ambizioni, oltre che rassicurarlo nelle sue scelte. In un momento in cui il fai-da-te domina l’immaginario comune, credo che l’architetto sia «un bene di lusso». Ed è per questo che il nostro approccio al progetto non finisce con lo sviluppo del concetto o l’idea iniziale, ma prosegue nella fase di realizzazione, con il project management, l’attento controllo dei costi. Al giorno d’oggi è possibile fare molte cose con i prezzi giusti, ma si possono fare solo con le idee giuste e con la consapevolezza che tutto ha un valore e tutto ha un prezzo. Come vedi le prossime evoluzioni degli spazi di vendita, in modo particolare del fashion retail design? Questa è una domanda che mi pongo quasi tutte le sere, anche perché è il futuro della nostra attività di progettisti e creativi. Sicuramente l’avvento del digitale e dell’e-commerce sta creando dei rallentamenti nell’apertura di negozi “reali”, qualche tempo fa si aprivano fino a 100 - 150 negozi e boutique in un anno. Credo che le aziende stiano concentrando le aperture in posti strategici, in Italia, grazie al turismo fiorente, quale migliore pubblicità per un brand di moda di un flagship store nelle migliori strade commerciali o in un mall? Sia la pubblicità su carta stampata che la cartellonistica stanno soffrendo molto, ma il negozio “reale” non morirà mai, magari diminuiranno le metrature e gli investimenti, ma nella fascia del lusso dove, a differenza del fast shopping, il cliente vuole ancora sentirsi coccolato e consigliato e difficilmente i top brand cederanno le loro centralissime location. • Mattasala Lambertini Palace Siena > Esempio di restauro conservativo con finalità alberghiera. Nel cuore di Siena, con affacci su piazza del Campo, la boutique hotel “la Terrazza sul Campo” è un chiaro esempio di come può essere modernizzato e adeguato un immobile vincolato rispettandone la storia e il sapore. È uno degli interventi curati dallo studio in ambito edilizio residenziale dove comunque l’esperienza nel mondo della moda fa una grandissima differenza che si ripercuote nel gusto, nello stile, nel rispetto delle aspettative del cliente. Adesso lo studio è impegnato tra le altre cose, in due importanti ristrutturazioni residenziali di altissimo livello, una villa di oltre 400mq a Notting Hill, Londra, e una villa di 800mq a Pechino di cui si prevede la fine lavori nell’anno 2018. It is an example of conservative restoration. In the heart of Siena, with view on piazza del Campo, the boutique hotel “la Terrazza sul Campo” is a clear demonstration of how you can modernize and update a bound property respecting its history and flavour. This is one of the residential building projects in which the experience in the fashion industry makes the difference: in the taste, the style, the clientsʼ expectiations. Among other things MRZ is now working at two important restorations: a 400 square metres villa in Notting Hill (London) and a 800 square metres villa in Beijing.

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ful società

UNICEF

Il nuovo Ufficio Globale di Ricerca dentro l’Istituto degli Innocenti. Un approccio ‘ecologico’ e scientifico per prevenire la violenza sui minori. T esto

di

R ita B arbieri , F oto

R

di

D ale R utstein

ecentemente inaugurato a Firenze, il nuovo Ufficio Globale di Ricerca dell’UNICEF ha sede dentro l’Istituto degli Innocenti, storica istituzione fiorentina, così come previsto da un accordo risalente al 1986. Il capo dell’ufficio comunicazione UNICEF Dale Rutstein, sostiene che tale scelta sia solo apparentemente inusuale e innovativa, dato che, in realtà, essa rientra perfettamente negli obiettivi del programma ONU dedicato all’infanzia. La nuova filiale non si trova infatti in un luogo qualsiasi, ma dentro quello che fu il primo brefotrofio specializzato d’Europa, successivamente trasformato in Centro nazionale di documentazione e analisi sull’infanzia e l’adolescenza. Attualmente, le due istituzioni collaborano a diversi progetti, come lo Studio multi-paese sui drivers della violenza infantile o il monitoraggio sugli interventi di prevenzione e contrasto del bullismo e cyberbullismo in partnership con l’Università di Firenze. Abbiamo intervistato Dale Rutstein, capo dell’ufficio comunicazione, e Alina Potts, Child Protection, Research and Evaluation Specialist (Violence). Signor Rutstein, di cosa si occupa esattamente il Fondo di Ricerca delle Nazioni Unite per l’Infanzia? Il Centro si occupa di ricerca strategica a livello globale, coordinando lo sviluppo di alcuni ambiti in particolare:

come le cause della violenza sui minori, l’analisi della povertà minorile e delle sue conseguenze, la valutazione di impatto dei trasferimenti di denaro alle famiglie, cioè quegli aiuti economici e assistenziali minimi che sono forniti ai nuclei famigliari in difficoltà per permettere loro di sopravvivere. E ancora i diritti dei minori, l’uso di internet e l’istruzione. Di che tipo di ricerca si tratta? Fondamentalmente parliamo di una ricerca accademica, etica, libera, indipendente, condotta in gran parte sul campo, i cui risultati vengono poi resi pubblici e fruibili a tutti. Vogliamo creare capacità di azione, fornendo dati empirici e proposte: ai politici in primis, in modo da poter intervenire in maniera efficace e, auspicabilmente, risolutiva. Qual è l’impatto che le ricerche suscitano? Senza dubbio è molto forte: si tratta di portare alla luce fatti o consuetudini generalmente nascosti e talvolta anche sminuiti. Attraverso uno studio ponderato si riesce a capire meglio l’entità del fenomeno preso in considerazione e le possibili conseguenze sociali (specialmente su donne e bambini). Dopo una prima fase di studio e analisi, continuiamo a occuparci della questione evidenziata, seguendo passo passo i progressi e le possibili soluzioni che si delineano. In che modo sono supportati tali progetti? Le donazioni dei privati, oltre ai fondi governativi, per noi sono molto importanti. Questo è anche uno dei motivi 21.


ENGLISH VERSION>>>> Recently opened in Florence, the new Unicef Global Office of Research is located inside Istituto degli Innocenti, the ancient orphanage of Florence. It deals with global and strategical research, coordinating and developing Unicef resources in several main areas such as: causes and prevention of violence against children, contrasting bullying and cyber-bullying, social poverty’s analysis, children’s rights, free access to Internet and education. It’s an academic, ethical, independent and free field research, whose results are openly published and shared with the entire society, in order to create a global capacity of intervention and risks prevention, according to empirical data and proposals. We talked about that with Dale Rutstein

per cui ci teniamo a rendere pubblici, chiari e leggibili i nostri dati. Vogliamo che le persone si accorgano di ciò che abbiamo fatto e, soprattutto, di quello che possiamo e dobbiamo ancora fare. Sicuramente, durante la sua attività pluriennale, UNICEF ha realizzato obbiettivi importanti ma i problemi dei minori, purtroppo, non sono ancora del tutto risolti. Quali sono attualmente i problemi principali dei minori e come sono cambiati nel tempo? Le società sono cambiate e, con esse, ai ‘vecchi’ problemi se ne sono affiancati di nuovi: se inizialmente il nostro focus era prevalentemente sulla salute e sulla nutrizione, adesso

c’è un vero e proprio tentativo di creare reti di protezione sociale per i bambini di tutto il mondo. Uguaglianza nell’accesso all’educazione, utilizzo corretto di internet, assistenza familiare, prevenzione di ogni tipo di violenza. Sono cambiati anche i Paesi in cui queste indagini sono condotte? Certamente sì. Non ci concentriamo più semplicemente sui Paesi in via di sviluppo ma creiamo dei programmi mirati che coinvolgano tutte le aree del mondo, anche le più ricche e industrializzate. La violenza e la sofferenza, purtroppo, non hanno frontiere o appartenenze precise e, se cambia la ‘forma’ con cui essa viene esercitata, non cambia la sostanza. Quali sono gli obbiettivi concreti che vi prefissate? A parte fornire assistenza e aiuto, quello che vorremmo fare è prevenire il rischio. In questo senso, gli studi e le ricerche ci aiutano perché ci forniscono dati utili per identificare e .22

comprendere al meglio i vari fattori in causa, in modo da poter intervenire in maniera specifica e completa. Usiamo quello che viene definito un approccio ‘ecologico’ al problema. Alina, come funziona concretamente il tuo team di ricerca? Come ha detto Dale, usiamo un approccio ecologico per inquadrare al meglio tutte le possibili ramificazioni del problema. Infatti, una cosa è risolvere una situazione critica, quando questa si è già prodotta, un’altra è prevenire le difficoltà ancor prima che si formino. È completamente diverso e richiede un metodo specializzato. Inoltre, dobbiamo tenere in considerazione, che gli stessi termini sono talvolta inefficaci e inaffidabili quando si parla di macro-tematiche come la ‘violenza’. Per questo, raccogliere dati, confrontarli, metterli in relazione tra loro e contestualizzarli come parti di un ecosistema si è rivelata un’ottima scelta. In questo modo consideriamo il più alto numero di aspetti e di variabili con risultati di gran lunga maggiori. Immagino che fare questo lavoro sia estremamente difficile: spesso vieni a conoscenza di situazioni estremamente dolorose. Dove trovi la motivazione per affrontare tutto questo? Sì, certe volte è difficile. Ma credo profondamente che la violenza, soprattutto quella sui bambini, vada combattuta e stroncata alla radice. Questo è il modo che personalmente ho scelto per combattere. La violenza è evidente o subdola, molte delle persone che conosco vi sono state esposte più o meno direttamente. Non va ignorata, è un problema globale, universale, profondo. Io inizio da qui a provare a risolverlo o meglio, come cerco di fare insieme al mio team, a prevenirlo. Obiettivi importanti, nobili, quelli dell’Ufficio di Ricerca Globale dell’UNICEF: progetti ad ampio spettro che coinvolgono tutto il mondo ma che fanno capo anche a Firenze, una città che, storicamente, ha sempre cercato di prendersi cura dei bambini e che, in qualche misura, vuole tornare a farlo. • –Office of Research Chief of Communication and Alina Potts – Child Protection, Research and Evaluation Specialist (Violence): «Studies and researches help us providing useful evidences and data, in order to identify and better understand all the different aspects involved, so we can specifically work on them. We are using what is called an ‘ecological approach to the problem’: we look for every single factor, collecting them at the end to have a clear and complete overview. This helps us to prevent, rather than to solve, the problems before they rise up.» A very important project with a noble purpose, carried out with efficiency and passion by the whole team. •



ful turismo

LA BASILICATA A FIRENZE Un calendario di eventi a tema per raccontare le tradizioni di una terra. T esto

di

R ita B arbieri

ENGLISH VERSION>>>> Among all Christmas and New Year’s events, Florence this year is the selected set for important expositions and several happenings, in cooperation with Basilicata, in order to give visibility to contemporary and traditional arts and artists coming from this region. In fact, starting from December 7th to February 4th, it’s possible to visit in Santo Spirito’s church the magnificent representation of “Presepe” (Nativity scene) by Maestro Francesco Artese: made with almost 110 characters, performing different moments of a daily life, it represents rituals as “Maggio di Accettura”, a procession in which all the devoted wears “cinti”: a special kind of candles composed as architectures, or “Madonna della Bruna” an Holy Mother’s worship. .24

uest’anno, tra le tante iniziative legate al Natale e non solo, Firenze ospiterà anche alcuni eventi correlati alla regione Basilicata. Si inizia giovedì 7 dicembre, nella Basilica di Santo Spirito, con l’inaugurazione del Presepe del maestro presepista Francesco Artese, visitabile fino al 4 febbraio 2018 che riceverà la benedizione del cardinale Giuseppe Betori: un insieme di quadri vivi, con oltre 110 personaggi, che rappresentano diversi momenti della vita quotidiana, con scene che ritraggono riti e tradizioni della civiltà rurale tra cui la rappresentazione del Maggio di Accettura, una processione con fedeli che portano sulle loro teste i “cinti”, composizioni di ceri costruite come fossero architetture, e il culto della Madonna della Bruna, tra storia e leggenda. Sempre dal 7 dicembre fino al 6 gennaio 2018, sulla facciata della stessa Basilica sarà proiettato il Video Mapping della Basilicata “Dimora Luminosa” e il priore del Convento di Santo Spirito, l’agostiniano Padre Giuseppe Pagano, commenta: «Con grande gioia la Basilica di Santo Spirito di Firenze, dove dal 1250 è presente la comunità agostiniana, è


felice di ospitare il presepe della Basilicata, come segno di comunione tra le diverse culture religiose e civili d’Italia». Sempre in tema religioso, a Santa Croce il 16 dicembre sarà inaugurata la mostra Maternità divine. Sculture lignee della Basilicata dal Medioevo al Settecento, visitabile fino al 24 marzo 2018, accompagnata dalla narrazione poetica Legno madre, nome sciame di Davide Rondoni e dalla musica di Giacomo Grava. Il progetto è promosso e sostenuto dall’APT Regione Basilicata, realizzato dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata e patrocinato dal Comune di Firenze-Ufficio UNESCO e dall’Opera di Santa Croce di Firenze. Abbiamo chiesto maggiori dettagli alla curatrice Elisa Acanfora, docente di Storia dell’Arte Moderna dell’Università della Basilicata: Professoressa qual è il tema della mostra? La mostra presenta 16 magnifiche sculture lignee, legate al tema della Madonna e della Natività, che provengono da varie diocesi della Basilicata, regione dove il culto mariano è ancora oggi molto sentito. A grandezza naturale, o comunque di grandi dimensioni, alcune di queste opere sono inedite e costituiscono una scoperta anche per gli specialisti. Nessuna di loro è mai uscita fuori dai confini regionali e questa è l’occasione per mostrarle al grande pubblico. Cosa si vuole comunicare attraverso l’esposizione? Nella scelta mirata di 16 opere di grande qualità, la mostra vuole offrire un panorama del prezioso patrimonio lucano nel campo della statuaria lignea dal Medioevo al Settecento. L’esposizione si chiude con due Madonne vestite, provenienti rispettivamente da Muro Lucano e da Matera, vero e proprio genere, quello del manichino vestito che si lega in particolare alla devozionalità e alla spettacolarità delle processioni.

Ma, il calendario degli eventi prosegue anche nel nuovo anno, a partire dal 5 gennaio 2018, in cui il Maestro Ciro Gerardo Petraroli, in arte Yeros, presenterà uno spettacolo in grado di suscitare emozioni intense, con un nuovo orientamento musicale, un modo nuovo di pensare, di ascoltare e fare musica: un’unione di sensi e suoni che susciterà negli ascoltatori stupore, curiosità, mistero e riflessione. Nel giorno dell’Epifania ci saranno due imperdibili appuntamenti: alle 12.00 una delegazione del corteo organizzato dall’Opera di Santa Maria del Fiore con in testa i Re Magi sosterà al presepe allestito a Santo Spirito, mentre alle 19.00, sempre a Santo Spirito si terrà lo spettacolo LUCeANIA: suoni, canti e parole dalla terra di Matera, un’alternanza di musica popolare eseguita da Ambrogio Sparagna e di brani a cura del poeta Davide Rondoni, direttore artistico e curatore dell’intero spettacolo. Parteciperanno anche la nota attrice Iaia Forte e la maggiore interprete di canto popolare toscano, Giuditta Scorcelletti. Abbiamo chiesto il parere del presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, su questo interessante programma: Presidente, cosa rappresentano per la Basilicata queste iniziative in terra fiorentina? In vista dell’appuntamento di Matera 2019, con il presepe e la 25.


In Santa Croce, from December 16th to March 24th, it’s possible to visit the exposition Maternità divine. Sculture lignee della Basilicata dal Medioevo al Settecento: a collection of wood made sculptures depicting Virgin Mary. Just at the beginning of 2018, on January 5th and 6th, innovative and contemporary shows as Yeros and LUCeANIA will be performed in Santa Croce. This project is promoted by APT Regione Basilicata, and realized by Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata and Comune di FirenzeUfficio UNESCO, Opera di Santa Croce di Firenze. An important list of happenings that you can’t pass up, to be in contact with Basilicata’s traditions, still staying in the center of Florence. •

mostra delle Madonne lignee, proviamo a dare visibilità alla tradizione, cultura e fascino proprie della nostra regione. L’esposizione del presepe di Franco Artese rappresenta per noi un appuntamento ormai consolidato che ci permette di accendere, in occasione del Natale, i riflettori sul nostro territorio in maniera inusuale, fondendo le peculiarità del paesaggio lucano con i messaggi cristiani legati alla natività. Il genio artistico e la maestria artigianale diventano infatti motore di comunicazione per la nostra Basilicata. Il progetto è stato accolto con favore anche a Firenze, come ci spiega il consigliere comunale Nicola Armentano, di origini lucane: «Sono orgoglioso delle mie radici, che coltivo facendo parte dell’Associazione, e sono altrettanto orgoglioso di essere un consigliere comunale di origini lucane a Firenze, città che conosce l’importanza dell’accoglienza e dell’integrazione. Firenze dimostra, ancora una volta, di essere una città inclusiva e solidale». Sulla stessa linea si trova anche Luigi D’Angelo, presidente dell’Associazione Culturale Lucana-Firenze, costituita il 18 maggio 1971 per mantenere vivo il ricordo delle tradizioni e promuovere le peculiarità culturali, turistiche ed enogastronomiche lucane in Toscana. In occasione del rafforzamento del legame tra le due regioni, D’Angelo commenta: «Sono ormai quasi

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cinquant’anni che l’Associazione culturale lucana di Firenze lavora con successo sul territorio toscano, facendo del legame con la propria terra d’origine la stella polare del proprio agire», a cui fa eco la dichiarazione di Mariano Schiavone, Direttore APT Basilicata, che sottolinea come le manifestazioni lucane di Firenze incarnino delle tradizioni molto sentite nel Sud: il presepe di Artese L’Infinito diventa uno di noi e la mostra Maternità divine sono uno strumento di promozione della terra Lucana e dei suoi valori. Ecco quindi che le festività natalizie diventano un'occasione per riscoprire radici culturali e tradizioni antiche, creando dialogo e collaborazione tra regioni e persone che condividono la stessa storia e le stesse comuni origini. Una serie di appuntamenti da non perdere, per entrare in contatto e conoscere un po’ di più le tradizioni lucane, senza uscire dalla nostra città. •



ful arte

SPAZI DI ISPIRAZIONE Allo Studio Arts College International (SACI) gli Open Studios degli studenti Master

S

iete in cerca di arte contemporanea, spazi storici suggestivi, e uno sguardo esclusivo al processo creativo? Il luogo giusto in questo caso sono gli Open Studios degli studenti Master e Post-Laurea allo Studio Arts College International (SACI). La visita agli Open Studios della SACI offre al pubblico l’opportunità di esplorare gli stimolanti spazi all’interno del Palazzo delle Arti Visive Jules Maidoff, un edificio rinascimentale completamente restaurato nel centro di Firenze. I visitatori potranno accedere agli spazi creativi degli studenti Master ospitati al primo e al terzo piano, scoprendo opere d’arte espressione di varie discipline in una sorta di percorso labirintico ispirato alla pura creatività. In un’atmosfera stimolante e in un luogo ricco di opere d’arte e design, l’evento presenta la possibilità esclusiva di intraprendere un dialogo con artisti e designer emergenti internazionali. I partecipanti sono studenti dei programmi Master della SACI di Arti Visive, Fotografia, Design e Comunicazione, Storia dell’Arte, e gli studenti del programma Post-Bac in Arti Visive. Durante gli Open Studios, gli studenti spesso mettono in atto delle performance e presentazioni o creano opere interattive. Alcuni artisti distribuiscono opuscoli e pubblicazioni autoprodotte, mentre altri mostrano video, danno il benvenuto ai visitatori con installazioni in corso di esecuzione, oppure creano una loro opera sul momento alla presenza del pubblico. La serata è anche un’eccellente opportunità per ascoltare gli studenti del programma di Storia dell’Arte presentare le ricerche effettuate per la preparazione della propria tesi e per farsi un’idea dei contenuti dell’impegnativo programma, di durata annuale. I visitatori hanno infine la possibilità di parlare con i direttori dei .28

ENGLISH VERSION>>>> Looking for contemporary art, breathtaking and historic spaces, and an exclusive peek into the creative process? Look no further than Graduate Open Studios at Studio Arts College International (SACI). SACI’s Graduate Open Studios offers the public the opportunity to explore the inspiring spaces in the Jules Maidoff Palazzo for the Visual Arts, a fully renovated Renaissance palace in the center of Florence. Visitors can wander through the many graduate studios housed on the first and third floors while discovering artwork of various mediums within a maze of creativity. With art and design around every corner and the spaces buzzing with excitement, the event presents a unique chance to engage in dialogue with emerging international artists and designers.


programmi MFA (Arti Visive, Fotografia, Design e Comunicazione), MA (Storia dell’Arte) e Post-Bac. La prossima edizione degli Open Studios degli studenti dei programmi post-laurea della SACI avrà luogo il 20 febbraio 2018, dalle 19.30 alle 21.30. Non perdete l’occasione di visitare i luoghi d’ispirazione e lavoro degli studenti della SACI, di parlare con gli artisti e comprendere più in profondità la loro ricerca. • www.saci-florence.edu 20 febbraio 2018 Orario 19.30 – 21.30 Palazzo delle Arti Visive Jules Maidoff Via Sant’Egidio 14 – Firenze

Participants include students in the MFA in Studio Art, MFA in Photography, MFA in Communication Design, MA in Art History, and Post-Bac in Studio Art programs at SACI. During the Open Studios events, students often hold performances and presentations or create interactive works. Some artists distribute pamphlets and zines, while others play videos, welcome visitors into in-progress installations, or make artwork live as the crowd looks on. The evening is also an excellent opportunity to hear from students in the MA in Art History program as they present their in-progress thesis research and offer a look into the intensive, one-year program. Visitors also have a chance to speak with the MFA, MA, and Post-Bac program directors. The next edition of Graduate Open Studios will take place on February 20th, 2018 from 7:30-9:30PM. Don’t miss the chance to explore SACI’s inspiring spaces, speak with the artists, and learn more about their research. •

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FUL ARTIGIANATO

ARUAL DEM

riscoprire la dimensione della carta, dal gioiello alla street-art T esti

di

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rual Dem è lʼalter ego creativo di Laura De Martino, giovane artista che da sette anni lavora con il suo elemento naturale: la carta. Cresciuta nel mondo artistico del padre pittore, il suo viaggio inizia da studentessa di design, quando crea i primi gioielli a base di origami, e con la partecipazione al Fashion In Paper di Milano, dove cominica a guardarsi intorno in quel mondo di carta ancora tutto da esplorare. In realtà i primi gioielli di carta fecero capolino nella storia della moda negli anni Settanta, ma dopo aver subìto una battuta dʼarresto non hanno ancora fatto la loro ricomparsa, come è successo per altri materiali: «Questo accade soprattutto in Italia, dove la carta resta un materiale che le persone apprezzano, sì, ma che allo stesso tempo non capiscono molto nei gioielli. Si può pensare che non sia resistente, ma di fatto per un gioiello ci vuole sempre una certa cura». Laura è tra le pioniere del genere in Italia: tra concorsi, eventi ed esposizioni si sta piano piano ritagliando un posto sulla scena

nazionale, contribuendo al movimento dei makers, nuove tecnologie e nuovi metodi di taglio della carta. Lʼidea di Arual Dem è quella di un meta-progetto al crocevia tra design, artigianato e arte. I gioielli sono pensati per essere oggetti unici per chi li indossa, piccole serie curate nel dettaglio, unʼarmonia geometrica tra colori e intrecci. Alcuni sono trattati con materiali appositi che li rendono praticamente indistruttibili, mentre quelli per cui la morbidezza rappresenta il tratto distintivo mantengono la propria essenza nel loro essere naturalmente delicati. Si va così a creare una vera e propria tessitura di carta, in una mescolanza di texture e grammature diverse: lucido, opaco, carta Kodak, carta riciclata, riviste patinate, carta marmorizzata... ogni tipo di supporto cartaceo è il benvenuto, fino ai residui di carte utilizzate da tipografie o altri tipi di attività. Grande osservatrice delle persone e instancabile amante della musica in tutti i suoi generi, Laura trae ispirazione da tutto ciò che la circonda, in una continua evoluzione di sperimentazioni tecniche e artistiche. Il suo percorso si ritrova nelle sue collezioni, tra cui RBY (Red Blue .30

ENGLISH VERSION>>>> Arual Dem is the creative alter ego of Laura De Martino, a young artist who has been working with paper for seven years. She was born and bred in the artistic world of her father, a painter, but her artistic path started when she decided to study design and created her first jewels made by origami, which allowed her to participate to Fashion in Paper in Milan.


Yellow) e A.bsolut.O. La prima nasce dallʼaccostamento di forme geometriche e colori primari, a cui aggiunge il bianco e il nero, creando gioielli che vanno a esplorare le origini e la persona, partendo da concetti semplici ma elaborati in modo complesso. Il progetto si fonda infatti su una ricerca interiore dellʼessere umano, e quindi di se stessa, attraverso uno studio approfondito dei colori e la creazione di elaborati giochi geometrici. A.bsolut.O si concentra invece sul bianco e sul nero, a cui vengono poi accostati lʼoro, lʼargento e il blu, colore a cui si sente particolarmente legata per le sue origini greco-pugliesi, oltre che per il suo amore innato per i luoghi di mare. «Be different, be unique»: lʼobiettivo è che la persona esprima se stessa e la sua totale individualità attraverso il gioiello, i cui difetti lo rendono unico e la cui lavorazione a mano ne fa un vero e proprio oggetto prezioso. Il mondo di carta di Laura non si esaurisce nei gioielli. È anche parte del collettivo Border Papers, che crea installazioni cartacee a giro per la città, come i mille origami di gru nel sottopassaggio delle Cure due anni fa, in occasione dellʼanniversario delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, o le cento scarpette rosse in piazza Ghiberti per la giornata contro la violenza sulle donne. Si tratta di installazioni site-specific che vogliono comunicare con i passanti, cogliendo il vero significato della street-art, espressione artistica a cui si sente estremamente affine. In passato si è infatti occupata anche di graffiti, partecipando a diversi eventi tra cui Local Art Walls a Certaldo, dove ha disegnato una sirena di 13 metri. Oltre a vantare una pubblicazione su Vogue.it, ha partecipato a numerosissimi eventi, tra cui lʼInternet Festival di Pisa per cui ha ideato Face to Face, installazione cartacea costituita da oltre 130 origami per un confronto tra lʼIo reale e lʼIo digitale, e Artigianato e Palazzo a Giardino Corsini. Collabora inoltre con Multiverso, spazio di co-working (e co-design) dove, unendo le competenze con le vicine di laboratorio, dà vita a

Jewels made of paper appeared for a short time in the Seventies, but haven’t returned yet: «It happens above all in Italy, where people don’t quite understand the use of paper to make jewels because they think it’s not resistant enough» says Laura, a proper pioneer of this art. Arual Dem aims to create unique jewels, tailor-made for the person who wears them. Some jewels are treated to be indestructible, while

nuove creazioni, rafforzando lʼidea di unʼarte sempre più partecipativa. Le idee sono tante, il tempo meno, ma Laura non si dà per vinta ed è pronta ad inaugurare questo nuovo anno con tanti progetti: la carta è un elemento molto paziente, richiede tempo e ricerche minuziose, ma permette di scoprire un mondo sconosciuto ai più, in piena filosofia di riuso creativo, a cavallo tra eco-sostenibilità e fashion design. •

others find their distinctive traits precisely in their softness and frailty. A mixture of textures and paper supports, which takes inspiration from everything that surrounds Laura, who is always experimenting new techniques. Her path can be recognized in her collections, like RBY (Red Blue Yellow) and A.bsolut.O. The first one originates from the combination of geometric shapes and primary colours, to which she adds black and white, creating jewels that explore the person through an elaborate geometric pattern. A.bsolut.O. is based on black and white, and successive compounds of gold, silver and blue. Laura’s goal is to express the individuality through unique hand-made jewels, flaws included. But her world is not limited to jewels only, she’s also part of Border Papers, a union which creates paper installations across Florence, like the one-thousand origami inside Cure’s underpass during Hiroshima and Nagasaki’s atomic explosion’s anniversary, or the one-hundred red shoes in piazza Ghiberti for the International Day for the Elimination of Violence against Women. Beside a publication on Vogue.it, Laura participated to Internet Festival in Pisa for which she created Face to Face, a paper installation made of 130 origami, and Artigianato e Palazzo at Giardino Corsini. She also cooperates with Multiverso. Many ideas, not as much time, but Laura is ready to begin the new year with many projects: paper is a very patient element, it requires time and research, but allows to discover a brand new world of creative re-use, between fashion design and eco-sustainability.• 31.


ful 5di5

5di5 CONCRETE di Luca Di Salvo | FB: www.facebook.com/centerchrome.fineart.photolab/ | Insta: jangofetta

La serie CONCRETE è composta da immagini realizzate con un banco ottico nei parcheggi dei supermercati fiorentini. Lavorando molto nell’ambito della stampa fotografica fine art, insegnando alla Fondazione Studio Marangoni e dedicandomi alla virile disciplina del CrossFit, il tempo di fotografare è sempre meno quindi ho deciso di ritrarre i parcheggi dei supermercati dove faccio la spesa. Questo mi ha permesso di unire la mancanza di tempo con il mio fetish per i bunker, il cemento armato e l’immaginario post atomico che mi è caro fin da quando ero un giovinetto che giocava sul suo PC a DOOM e FALLOUT2. The series CONCRETE includes images taken with the optical bench inside the parkings of the Florentine supermarkets. Working in fine art print, teaching at Fondazione Studio Marangoni and exercising with CrossFit, I have few time left so I decided to shoot the supermarket’s parking where I go shopping. In this way I put together my fetish passion for bunker and post atomic imagery that I have since I was a kid playing PC games.•

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ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all’estero

ALISON MAUD DUPUIS

Mi chiamo Alison, ho 24 anni e sono di Poitiers, una città francese nella regione del Poitou-Charentes. Dopo il liceo, all’università ho studiato la lingua dei segni ma non ero soddisfatta delle prospettive lavorative che mi offriva. Ho deciso quindi di provare a fare l’assistente di lingua francese in Italia. Purtroppo non sono riuscita a trovare un posto e allora ho messo un annuncio come ragazza alla pari. Dopo un’ora sono stata contattata da una famiglia di San Casciano Val di Pesa e mi sono trasferita lì a prendermi cura della loro bambina di 7 anni, che andava alla scuola francese. Dopo poco meno di un anno sono tornata in Francia per studiare pasticceria e lì ho capito che volevo fare la pasticcera sì, ma a Firenze! Adesso lavoro per il laboratorio di Le Croissant Parisien a Calenzano. Cosa porteresti a Firenze da Poitiers? I croissant, ma lo sto già facendo. Un traffico meno congestionato, un maggior rispetto a scuola. Cosa porteresti a Poitiers da Firenze? La pasta, lo stracchino e la focaccia. La maggiore vicinanza che gli insegnanti hanno per gli alunni a scuola. I negozianti che a Firenze sono più simpatici.

My name is Alison, I am 24 and I am from Poitiers, a French city in the Poitou-Charentes region. After the diploma, I studied sign language but I was not happy with the career perspectives I had. So I decided to try to be an assistant for teaching French in Italy. Unfortunately I couldn’t find a job, so I placed and add as an au pair. After only a hour I got a reply from a family who lived in San Casciano Val di Pesa, so I took the chance and moved there to take care of a 7-year-old girl who was attending the French school. Less then a year later I went back to France to study patisserie and I understood what I wanted to do, be a pastry chef in Florence! Now I work for the laboratory of Le Croissant Parisien in Calenzano. What would you take to Florence from Poitiers? The croissants, but I am already doing that. The traffic that in Poitiers is not so bad and more respect in schools. What would you take to Poitiers from Florence? Pasta, stracchino cheese and focaccia. The teachers who are closer to their pupils and the shopkeepers who are nicer in Florence. •

LORENZO PORTARO

Mi chiamo Lorenzo e ho 24 anni. Nato a Firenze, sono cresciuto in campagna, passando la mia infanzia a contatto con la natura e a fianco di mio nonno. Così è nato il mio interesse per la viticoltura e l’enologia. Dopo la triennale sono partito per la Francia per apprendere la lingua e per essere ammesso ad una specialistica in enologia a Digione. Dopo qualche lavoretto, sono riuscito ad ottenere un incarico come assistente enologo per circa quattro mesi in una cantina non lontano da Montpellier. Sono poi rientrato in Italia per ottenere la certificazione di lingua francese, grazie alla quale ho conosciuto la mia attuale compagna Eve. Dopo pochi mesi sono ripartito per sperimentare la vinificazione in Australia, a McLaren Vale (Adelaide). Al rientro in Italia ho svolto una ricerca di laboratorio al seguito della Prof.ssa Paola Domizio. Quando sono stato ammesso alla specialistica in Francia, sono partito direzione Borgogna, lavorando per due mesi in una cantina nella Côte de Nuits. Infine, eccomi qua a Digione, per i due anni del Diplome National d’Oenologue. Cosa porteresti a Firenze da Digione? Porterei uno sguardo nuovo nel modo di relazionarsi tra le persone, soprattutto tra i sessi. Inoltre porterei sicuramente delle tipicità dolciarie francesi, tra i quali la “Buche” e la “Galette des Rois”. Quest’ultima mi ha molto colpito per la sua tradizione e la convivialità che trasmette durante il periodo dell’epifania. Per quanto riguarda il mio lavoro, porterei a Firenze l’idea della valorizzazione del territorio viticolo che in Borgogna è unica nel suo genere. Cosa porteresti a Digione da Firenze? Sicuramente porterei un po’ di sole in più e anche un po’ d’arte rinascimentale, seppur la città di Digione abbia, nella sua piccola misura, palazzi e chiese di grande bellezza. Mi manca molto la nostra cultura dell’olio extra vergine d’oliva e del nostro pane senza sale. Porterei anche un po’ della nostra esuberanza e caparbietà, caratteristiche che nel freddo digionese ho notato meno fino ad adesso.

My name is Lorenzo and I’m 24. I was born in Florence and brought up in the countryside, close to nature and my grandfather. This is how my interest for viticulture and winemaking started. After the bachelor’s degree I went to France for studying the language and try to get into the Master’s degree in winemaking. I took up a series of small jobs until I worked as winemaker assistant for four months in a cellar not far from Montpellier. Then I came back to Italy to get the French language certification and there I met my actual girlfriend, Eve. Not long after I went to Australia to experiment their vinification, in McLaren Vale (Adelaide). Back in Italy, 10 months later, I helped Prof. Paola Domizio in her lab research. Then I got admitted to the Master in France, so I left for Burgundy where I worked for two months in a cellar in Côte de Nuits. Finally I’m in Dijon for the two years of the Diplome National d’Oenologue. What would you take to Florence from Dijon? I’d bring a new way of relating to people, especially between genders. On top of that, I’d bring some typical French dessert, like “Buche” and “Galette des Rois”, that struck me for its tradition and conviviality during the Epiphany period. For what concern my job I’d bring the idea of enhancing the territory’s value, that in Burgundy is unique. What would you take to Dijon from Florence? For sure I’d bring more sun and Renaissance art, even if Dijon, in its small measure, has got buildings and churches of great beauty. I miss our extra virgin olive oil culture and our bread without salt. I’d bring also some of our vivaciousness and stubborness, characteristics that in the cold Dijon weather I haven’t seen so far. •

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la pagina dell'artista* per il numero XXIX è a cura di 5074 www.5074.it

Il progetto 5074 nasce nel 2010 con opere spesso a sfondo satirico nei confronti della politica, della cultura e dell’etica contemporanea, realizzate in spazi urbani pubblici. Manipolando i codici comunicativi della cultura di massa, “Cinquantasettantaquattro” è l’acronimo di un nome criptato, ancora ignoto al pubblico. La sua arte, apprezzata nel mondo della street art, è legata indissolubilmente alla tecnica del murales, con l’intento di sensibilizzare sulle problematiche proposte e di trasformare il tessuto urbanistico attraverso “Big Ones”, il suo soggetto principale, portavoce delle sue denunce: di omologazione, di inquinamento, della condizione umana in generale. La diffusione del progetto 5074 è diretta come un “manifesto pubblicitario” e anticonvenzionale, attraverso l’utilizzo di stickers e poster. “Cinquantasettantaquattro” is the acronym of an encrypted name, still unknown to the public. The project starts in 2010 with satirical artworks inspired by politics, culture and contemporary ethics; realized in urban spaces. Manipulating the mass culture’s communicative codes, it’s art, appreciated in the street art world, it’s indissolubly linked to the murales technique, aiming to raise public awareness about those themes and changing the urban surface through “Big Ones”: its main subject, representative of statements about pollution and general human condition. The disclosure of the project is directed in an unconventional advertising’s style: using stickers and posters. .34



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