maggio- giugno
anno
07
n • trentuno
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Editore Ilaria Marchi
in questo numero:
Beatrice Segoni • Contrasto Aveda • Guido Argentini • SACI Street Levels Gallery • Stefania Calugi • La Nuova Pippolese • CreOut Patrick “Risotto” Botlero • K-Array • Giorgio Magini • The Lietti’s 1.
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p. 4/7
fotografia
GUIDO ARGENTINI
p. 8/10 musica
LA NUOVA PIPPOLESE
p. 11/13
«Si può prendere distanza da tutto, ma non dalla bellezza» scrive la fiorentina Silena Santoni e come darle torto? La bellezza che si vede, quella degli scatti magnetici di Guido Argentini. La bellezza che si assapora, quella della chef di Konnubio, Beatrice Segoni o del food blogger Patrick “Risotto” Botlero, e dei prodotti a base di tartufo di Stefania Calugi. La bellezza dell’arte contemporanea, vi segnaliamo una venue dedicata, la Street Levels Gallery, e le mostre di SCALENO, Gabriele Romei e Lindsay Mapes alla Galleria SACI. Tra le nostre pagine anche La Nuova Pippolese, celebre orchestra fiorentina che è tornata a far parlare di sè. L’artista del numero è The Lietti’s, il 5di5 invece è a cura di Giorgio Magini. Infine ospitiamo i 5 finalisti del concorso CreOut – Altri contesti. Circondiamoci di cose belle. Buona lettura!
street art
STREET LEVELS GALLERY
p. 14/15 arte
GALLERIA SACI
p. 16/17 gusto
PATRICK “RISOTTO” BOTLERO
p. 18/20 tecnologia
K-ARRAY
p. 22/23
Annalisa Lottini
benessere
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi
Ideazione Marco Provinciali e Ilaria Marchi Coordinamento editoriale Annalisa Lottini Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com Foto in copertina Max Saeling on Unsplash
CONTRASTO AVEDA
p. 24/25 gusto
STEFANIA CALUGI
p. 26/28 gusto
BEATRICE SEGONI
p. 30/31 fotografia
CREOUT
p. 32 5di5
Abbonamenti
Volete ricevere la vostra copia di FUL direttamente a casa? Scrivete a commerciale@firenzeurbanlifestyle.com
GIORGIO MAGINI
p. 33
uno straniero a Firenze/un fiorentino all’estero
MONTAGUE KOBBÉ/LUCA CIUFFI
p. 34
pagina dell'artista
www.firenzeurbanlifestyle.com
FUL *firenze urban lifestyle*
THE LIETTI’S 3.
FUL FOTOGRAFIA
Minerva
FUL INCONTRA L’ARTE DI GUIDO ARGENTINI.
Il celebre fotografo fiorentino che da molti anni vive a Los Angeles si racconta e ci svela il suo nuovo progetto. T esto
di
F rancesco S ani , F oto
N
di
G uido A rgentini
ella Firenze di fine anni ’80, un ventenne al terzo anno della Facoltà di Medicina decise che diventare dottore non era quello che voleva nella vita. Ha seguito la sua passione, la fotografia, e ne ha fatto una professione. Oggi, quel ragazzo, al secolo Guido Argentini, è un famoso fotografo. Dal 1990 vive a Los Angeles, dove i suoi più importanti progetti hanno preso forma, fashion e beauty sono i temi principali della sua opera e le donne al centro dell’obbiettivo. Le sue foto sono state esposte nelle gallerie di tutto il mondo e apparse in alcune delle più celebri riviste, tra cui Vogue, Playboy e Marie Claire. Negli anni la sua ricerca sull’universo della bellezza femminile si .4
Kiss on the neck
ENGLISH VERSION>>>> Florence, late ’80s, a young medicine student decided that becoming a doctor was not the goal of his life. So he followed his passion, photography, and he made a profession out of it. Today, that guy, Guido Argentini, is a famous photographer. From 1990 he lives in Los Angeles where his most important projects took shape: fashion and beauty are the main themes of his works and women are the focus of his lens. His pictures have been exhibited worldwide and have appeared on the most important magazines such as Vogue, Playboy, Marie Claire. We interviewed him about his new project: Diptychs. What lead you to abandon your studies and dedicate to photography? Thirty years have passed and I can see how lucky I am: I have always worked but I have never had a “job” or a salary. I’ve never worked for anybody but myself and I’ve never regretted my choice.
è fatta sempre più approfondita, dalle forme scultoree del corpo al lato meno immediato dell’intimità, fino al suo ultimo lavoro, Diptychs, che uscirà quest’anno. FUL ve lo presenta in anteprima con un’intervista al celebre fotografo e la pubblicazione di alcune delle foto. Chissà quante volte glielo avranno chiesto: cosa l’ha spinta a lasciare gli studi per dedicarsi alla fotografia? Quasi trent’anni dopo aver lasciato l’università mi rendo conto di quanto io sia fortunato ad avere delle vere passioni. Ho sempre lavorato ma non ho mai avuto “un lavoro”, non ho mai avuto uno stipendio. Non ho mai lavorato per qualcuno, ho sempre lavorato per me stesso. Ho avuto il coraggio di abbandonare i binari nei quali quasi sempre la vita ti confina per seguire qualcosa che amavo e non ho mai avuto rimpianti. Nel 1990 si è trasferito a Los Angeles, che ambiente ha trovato? Si è sentito più libero di esprimersi lontano dall’Italia e dal contesto culturale in cui era cresciuto? Sembra strano, ma la sensazione di libertà che ho provato negli USA non l’ho mai provata da nessun’altra parte. La cosa più bella che ho trovato è stata la meritocrazia sul lavoro. L’opposto di quello che ho lasciato in Italia dove tutto si basa su nepotismo e conoscenze. È stata una boccata di ossigeno per uno come me che crede nel valore dell’individuo e in una società che ti premia se hai qualcosa da offrire e non se sei raccomandato. Quando ha deciso di fare il fotografo, internet non era una presenza imprescindibile come lo è oggi, tanto meno i social ed era più difficile far conoscere il proprio lavoro. Secondo lei, internet ha affossato la fotografia intesa come arte? Internet e la fotografia digitale hanno contribuito a “democratizzare” le immagini per un verso, e hanno
In the ’90s you moved to LA, did you feel you had more freedom to express yourself, far from Italy and its cultural context? It seems weird, but in the US I experienced a sensation of pure freedom that I never had before anywhere else. The most amazing thing is the meritocratic system, in contrast with the Italian “recommendation-based” one. Nowadays internet is an essential presence in our life, did it ditch photography as an art? From one point of view, internet and digital photography contribute to the “democratization” of photography but, at the same time, they destroy “the Kraft of photography”: progress always takes positive and negative aspects with it. Today, everybody “think” to be a photographer and smartphones are used as a camera. Photoshop changed and undermined reality: you don’t know anymore if a picture is real or not. The curious thing is that if Will I be beautiful forever? Candice with a blonde wig
5.
The bonfire of vanity
The future is leaving
Vacancy
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distrutto un’arte, “the Kraft of photography”, dall’altro. Il progresso porta sempre con sé delle cose buone e al tempo stesso cancella cose che erano ottime, che si perdono nelle “acque dell’alluvione”. Oggi tutti “pensano” di essere fotografi e i telefoni sono diventati macchine fotografiche che ognuno porta sempre con sé. Photoshop ha cambiato la fotografia e ha sovvertito la realtà, non sai più se una fotografia è vera oppure no... La cosa curiosa è che, confrontando copie di riviste importanti come Vogue o Interview degli anni ‘90 con quelle degli ultimi anni, si nota un impressionante calo della qualità della fotografia. Adesso che il digitale permette di fotografare a costo zero, con meno luce, e di migliorare con un computer quello che hai fotografato, la qualità è peggiorata. È quasi inspiegabile. Il libro è un punto di partenza e di arrivo della sua opera, ho notato che Private Rooms racchiude vari anni di scatti. Fin dal primo momento in cui ho preso una macchina fotografica in mano sapevo che avrei voluto fare dei libri. Non ho mai avuto un grande amore per i giornali e le riviste che hanno vita breve. Il libro, invece, è per sempre. Eppure oggi i libri si vendono meno e il piacere di sfogliare le pagine sta scomparendo per le nuove generazioni. Le dita scorrono frenetiche le foto di Instagram che vengono inghiottite senza sentirne il sapore e senza digerirle. Tutto oggi ha una attention span brevissima e questo mi rattrista perché le poche cose belle vengono buttate nello stesso immenso calderone delle cose mediocri e si confondono con queste. Parlando delle sue opere, in Silvereye si nota la passione per la scultura e il corpo femminile, con le sue forme perfette, ne è il protagonista. Successivamente in Private Rooms e in Reflections ha spostato l’attenzione sul piano dell’erotismo, le sue donne sono dominanti ed intriganti. In Shades of a woman infine la modella diventa elemento di una storia per immagine: ha chiuso il cerchio sulla ricerca della bellezza femminile? Mia zia Edy, che aveva una conoscenza profonda dell’universo femminile e che purtroppo non c’è più, avrebbe risposto che il cerchio sulla ricerca della bellezza della donna non si può chiudere mai...
you compare copies of Vogue or Interview from the ’90s with the current ones, you can see an impressing decrease in the quality of the pictures. Now that digital allows you to shoot at no costs, with less light and to improve the image on your computer, the quality is worse. The book is a starting and arrival point of your career, Private Room collects many years of your shootings. From the very first moment I started to photograph I knew I would have wanted to make books. Magazines and newspapers have a short life, a book is forever. Nowadays fingers browse frenetically on Instagram and images are swallowed without being tasted or digested. This is sad because a few good things are confused together with the bad ones. In your works women have always been present: from the attention to the female body with its perfect forms to erotism and the model’s history through images. Is your research on female beauty come to an end? My auntie would have said that there can never be an end. In art you are recognized if you always do the same things, because people like to put a label to every artist. Will I be a princess one day? Angela as a princess
Maturando, la mia visione della donna è cambiata e di conseguenza sono cambiate le mie fotografie. Nell’arte si viene riconosciuti quando si fanno sempre le stesse cose perché la gente ama mettere un’etichetta ad ogni artista. Così Andy Warhol faceva la stessa Marilyn (peraltro usando la foto fatta da un altro...) in colori diversi ma sempre uguale. Per me, ripetere se stessi è un tradimento verso la propria creatività e il pubblico. Dai corpi senza volti, sempre astratti, fotografati in bianco e nero nella natura o coperti di pittura d’argento, sono passato a studiare l’erotismo di donne nell’intimità di camere d’albergo. Poi le mie donne hanno iniziato a essere le protagoniste di storie più complesse. Una sola immagine può suggerire una narrativa che viene poi completata dall’immaginazione di chi la guarda. Storie infinite... diverse per ogni persona che posi lo sguardo sulla stessa fotografia. Sappiamo che sta lavorando a un nuovo progetto, di cosa si tratta? Sono sette anni che lavoro al mio ultimo progetto, forse il più ambizioso. È terminato anche se vorrei sempre aggiungere nuove immagini. Una serie di dittici che accostano insieme una donna e un paesaggio. Delle mini storie suggerite da me e completate dalla fantasia di chi le guarda. È un lavoro sul colore, che da sempre è più difficile del bianco e nero, perché più vicino alla realtà e più lontano dall’astrazione che i toni di grigio suggeriscono. L’unione di due immagini stimola ancora di più a sviluppare la sceneggiatura della fotografia. In fondo il mio cammino fotografico sembra portare con naturalezza al film, il cinema è sempre stata una mia grande passione. • www.guidoargentini.com For me, repeating yourself is a betrayal of your creativity and public. From abstract bodies in black and white I moved to the study of erotism, portraying women’s in the intimity of a hotel’s room. Then my women started to be the protagonists of more complex stories. Infinite stories, because a single image can suggest a whole narrative that the viewer’s eye will complete. What it your latest project about? I’ve been working on it for seven years, it’s probably the most ambitious. It’s finished although I’d like to add always new images. It’s a series of dyptics that match a woman with a landscape: mini-tales suggested by me and completed by the fantasy of the viewers. It’s a work on colour, more difficult than black and white photography. My photographic journey naturally tends to cinema, which has always been a great passion.• 7.
ful musica
Foto Gianni Ugolini
LA PIÙ CELEBRE ORCHESTRA FIORENTINA RIVIVE: ECCO LA NUOVA PIPPOLESE. Dritti al cuore dello spirito fiorentino. Con Francesco Frank Cusumano, Riccardo Zammarchi e Fabio Corsini: alcuni componenti de La Nuova Pippolese, orchestra collegata a filo diretto col passato, in continua evoluzione. Testo
di
Martina Scapigliati. Foto
S
di
Giovanni Rasoti
e è vero come è vero che ogni regione d’Italia ha la sua tradizione musicale… in Toscana c’è quella della Pippolese! Frank Cusumano, “Il Maestro” d’orchestra, spiega: «Le Pippolesi erano delle orchestre a “pippolo” (plettro), che si svilupparono in tutto il territorio della provincia di Firenze, fino alla provincia di Pisa, tra la fine dell’800 e i primi decenni del ’900. Al termine dell’epoca d’oro del mandolino, dopo che anche la Regina Margherita si era dilettata nello studio di questo strumento eseguendo repertori colti, nelle piazze sorsero orchestrine di appassionati musicisti, e senza alcun bisogno di compositori. La prima Pippolese fiorentina di cui abbiamo testimonianza è quella nata nel 1904 all’SMS di Serpiolle: tutti a bere e suonare su di un carro che andava… a vino!». … Dopodiché, ci sono state molte altre pippolesi a Firenze, susseguitesi fino al tragico impanio dell’alluvione. .8
Frank: «È stato con La Scena Muta, associazione culturale nata nel 2011 a Firenze come network di musicisti e giovani artisti, che si è ricostituita la Pippolese. L’obiettivo è stato quello di prendere musicisti, non musicisti, appassionati, curiosi, nuove “leve” della musica...». Riccardo: «Era l’estate del 2014, sotto al quercione delle Cascine, in una delle varie avventure della Scena Muta: parlavamo con uno degli organizzatori del centro anziani del ballo pomeridiano del weekend, uno di loro ci disse: “Vu dovreste rifare la Pippolese!”. Ecco: così ci siamo messi a studiare, e siamo arrivati perfino a girare un documentario, con interviste ai figli che l’avevano fondata, ormai 95enni. Abbiamo poi scritto una lettera aperta a La Repubblica, invitando tutti quelli che avessero voluto ricostituire una nuova Pippolese, perché partecipassero. Hanno risposto tante persone, le più disparate...». Fabio: «L’ho trovata una chiamata alla musica davvero irresistibile. Si trattava di una banda aperta alle più varie tipologie di strumenti. Io in quel periodo stavo abbandonando la chitarra perché avevo intenzione di imparare a suonare l’ukulele. È stato un motivo in più per avventurarmi in questo progetto. Da solo forse non avrei avuto lo stimolo giusto per imparare a suonare un nuovo strumento. La spinta che ti dà suonare in gruppo è unica…». Si è così costituita la Nuova Pippolese, composta da un numero variabile di musicisti, tra i 15 e… i 45! Di età variabile, dai 30 agli… 80! Donne e uomini, appassionati di quello che vuol dire musica popolare: voglia di fare, tutti insieme, di suonare, cantare, sentirsi parte di un progetto che ha radici antiche e che può evolversi. Frank: «Abbiamo cominciato a suonare mischiando nel repertorio i grandi classici d’autore, come quelli di Spadaro, ai brani provenienti dalla tradizione orale, popolare, delle campagne contadine. Si canta per l’amore, per la vendemmia, per i bambini... poi abbiamo approcciato uno studio di ricerca sui canti della prima metà del ’900 a Firenze. Al concerto diluiamo i vari repertori, in modo da far conoscere e rivivere anche brani antichi. Si tratta, in effetti, di una vera e propria operazione di recupero». Riccardo: «Ricordo un’occasione in particolare: la Festa della Rificolona. Per tradizione, il corteo della Rificolona partiva dall’Impruneta e faceva il giro delle sette chiese, fino ad arrivare a Firenze,
ENGLISH VERSION>>>> If it’s true (as it is) that in Italy, each region has its own musical tradition, in Tuscany we have the one of Pippolese, or nowadays “La Nuova Pippolese”. Frank Cusumano, “Il Maestro” (Master) of the orchestra, explains: «Pippolesi in the past were “picks’ band” (pippolo stands for plectrum) that spread over all territories of Florence, until Pisa, among the end of ʼ800 and the beginning of ʼ900. The first Pippolese we know of is the one created in 1904 in SMS of Serpiolle: everybody was playing and drinking over a cart running on wine!» Recently, La Scena Muta, a cultural association funded in 2011 as a network for musicians and artists, decided to reform a new Pippolese orchestra, with the aim of collecting musicians, curious, music lovers and so on. Riccardo, one of its members, recalls: «It was the summer of 2014 and we were talking with the organizers of ‘Centro Anziani’
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doveva veniva accolto dalle chiarine della Signoria, e saliva sul Ponte Vecchio: in testa al corteo c’era la celeberrima banda della Filarmonica Rossini, dopo di questa c’erano le alte rappresentanze, a seguire migliaia di donne uomini e bambini e in fondo, a chiudere il corteo, suonava la Pippolese. Nel 2016 abbiamo partecipato al corteo con la Nuova Pippolese. Abbiamo suonato la Canzone dell’Acqua Cheta in mezzo a 2-3mila fiorentini, in piazza Signoria: è stata un’emozione così sentita… per noi e per la città!». I componenti hanno iniziato a raccogliere energie, e vorrebbero sviluppare questo patrimonio reale. Da questo approccio è nata la Scuola della Canzone Popolare Fiorentina, è a Rifredi, al Circolo Buh! (circolo culturale realizzato dentro al coworking Impact Hub, che ha la caratteristica di essere di giorno il posto di lavoro di centinaia di professionisti, e di trasformarsi per gli eventi culturali: da luogo di lavoro, a luogo di socializzazione intorno a temi culturali, come musica, cibo, libri...). La Scuola propone corsi di propedeutica per bambini, che insegnano a giocare con la musica, imparandola attraverso la musica popolare. La Nuova Pippolese ha intenzione di realizzare un disco che raccolga tutto il materiale acquisito in termini storici, culturali, musicali e umani. Ha il desiderio di veder realizzato un Festival della canzone popolare fiorentina, magari intorno a San Giovanni. E meriterebbe, senza dubbio, un riconoscimento istituzionale, perché la Nuova Pippolese torni a presenziare in tutte le feste urbane! Chiunque lo desideri, adesso, può impugnare il pippolo e andare a suonare con loro. Per rendere l’immagine di come sia, per un fiorentino, suonare in un’orchestra del genere, chiuderei con le parole del Maestro Cusumano: «Gabriele, uno dei nostri chitarristi, forse è il più timido di tutti noi. Però il suo momento preferito è quello che sta nei cinque minuti prima di salire sul palco, quando dice sempre: “In questo momento esatto, tra noi e i Rolling Stones, non c’è nessuna differenza”».• .10
and one of them said “Vu dovreste rifare la Pippolese!” (You should re-form Pippolese) and so we started studying, making a documentary with interviews of the sons of the first members (now 95-year-old or so). Then we wrote an open letter to La Repubblica, inviting everyone to participate and join us. Many people responded and then we created la Nuova Pippolese, composed of a variable number of musicians, from 15 to 45, and of every sort of people, with no distinction of gender or age, in love with traditional music and proud to be part of a new project with ancient roots». From this, Scuola della Canzone Popolare Fiorentina has been funded in Rifredi, at Circolo Buh! where they propose courses for children. They want also to record a disc with all the historical, cultural and musical data collected until now and they’re thinking about creating a Festival della canzone popolare fiorentina, because as they say, «when we’re on the stage there’s no difference between us and Rolling Stones».•
FUL STREET ART
LA STRADA IN UNA GALLERIA
Allo scoperta della Street Levels Gallery, una galleria in continua evoluzione che dedica i suoi spazi alla divulgazione della street art. T esto
di
J acopo V isani . F oto
di
F rancesca F arrah
F
irenze, centro, via Palazzuolo, a pochi passi da una delle discoteche più frequentate dagli studenti, soprattutto americani. L’ingresso non è troppo vistoso, ma ogni volta che varchiamo lo soglia è sempre una sorpresa. Una delle caratteristiche più originali e stimolanti della Street Levels Gallery è quella di mutare aspetto. Uno spazio proteiforme che si plasma per divenire una cornice perfetta per le opere che ospita. Quando siamo andati a trovare Matteo Bidini – uno dei suoi fondatori e responsabili insieme a Gianluca Milli – la galleria, in occasione della mostra di Zeus OCZB, si stava trasformando in un appartamento con tanto di muri per dividere la cucina, il bagno e la camera da letto.
L’idea della galleria nasce quasi per caso. I ragazzi dell’Associazione “A testa alta”, che in precedenza gestivano tutto lo spazio, chiedono alla Progeas Family – nata come collettivo del corso di laurea in Progettazione e Gestione di Eventi e Imprese dell’Arte e dello Spettacolo dell’Università di Firenze e poi diventata un gruppo che organizza eventi musicali e artistici – di realizzare in modo estemporaneo delle mostre nella zona anteriore che si affaccia sulla strada. Matteo e Gianluca, nonostante non si sentano del tutto preparati per un compito del genere, decidono di accettare con entusiasmo la sfida e ci prendono così gusto da voler fondare nello stesso spazio una galleria d’arte stabile. Nasce così nel 2016 la Street Levels Gallery, la prima galleria fiorentina dedicata interamente a una delle forme d’arte più dirompenti del momento: la street – o forse sarebbe meglio dire urban – art.
ENGLISH VERSION>>>> Firenze, center, via Palazzuolo: not too flashy as an entrance, but every time we go in it’s always a surprise: one of the most original and stimulating feature of Street Levels Gallery is its capacity of changing aspect. A protean-shape space that moulds to become the perfect frame for the artworks. When we met Matteo Bidini – one of the founders with Gianluca Milli – the gallery, hosting Zeus OCZB, was changing into an apartment with walls to divide the kitchen, bathroom and bedroom! The idea of the gallery was born by chance: the guys of “A testa alta” association that originally managed the space, asked Progeas Family to realize impromptu some exhibitions in the area facing the street. Therefore, in 2016,
Fin da subito hanno le idee ben chiare sulla filosofia e lo stile che dovranno ispirare questa nuova realtà. Secondo un’opinione abbastanza diffusa e in buona parte erronea, l’arte viene spesso intesa come qualcosa di lontano dalla vita reale delle persone e, in quanto tale, incapace di parlare loro – basti pensare a certe forme di arte contemporanea – o come qualcosa di morto e necessariamente legato ad altre epoche, in special modo in una città come Firenze legata a un passato artistico così importante e ingombrante. Tra i meriti della street art vi è stato quello di riportare l’arte tra le persone, non solo fisicamente colorando gli spazi urbani, ma anche e soprattutto a livello di percezione. Con la street art, l’arte è uscita prepotentemente dai musei per andare nuovamente a incontrare la gente. Ha rotto così ogni sistema di controllo economico e politico sull’arte e i confini che la vogliono fruibile solo da determinate élite. Insomma, la street art ha urlato al megafono che l’arte è di tutti e per tutti! Coerentemente con questi cambiamenti, per i ragazzi della Street Levels anche la galleria d’arte deve distaccarsi dal modello luccicante e spesso asettico che va per la maggiore e farsi invadere dal rumore e dai colori della strada, in modo da consentire ad ancora più persone un contatto diretto e magari anche uno scambio con le diverse forme d’arte. E il loro spazio realizza questo compito in modo perfetto. Da una parte fornisce agli artisti la possibilità di esporre, dall’altra
Street Levels Gallery opened: the first Florentine gallery entirely dedicated to one of the most explosive contemporary art’s form, street – or we should say urban – art. Among street art’s credits, there is bringing back art among people, not only physically, coloring the urban spaces, but also and moreover for what concerns its perception. Street art has dramatically gone out of the museums to meet people. In this way it was broken every system of economic and political control upon art and the limits that wanted to confine it only to a certain élite. In short, street art screamed loudly that art is for everybody and belongs to everybody! Following this view, even the art gallery must stand out from the sparkling and often aseptic models, being invaded by the street’s noises and colors. Street Levels Gallery fulfills this goal: on one side it offers artists the
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un luogo che diviene elemento centrale del processo creativo stesso. Inoltre cerca di far conoscere in modo adeguato anche a un pubblico profano ed eterogeneo – una delle loro spettatrici più assidue è la non più giovanissima signora Lucia – una forma d’arte che, per quanto d’impatto, ha comunque bisogno di strumenti ermeneutici appropriati per far sì che il suo messaggio sia compreso in tutta la sua forza. La Street Levels Gallery si configura così come uno spazio ospitale, aperto alle influenze e in costante evoluzione: un terreno di incontri, commistioni e germinazioni. I ragazzi della Street Levels non rinchiudono delle opere in una galleria, ma, all’opposto, hanno creato un’officina creativa che diviene volano per la loro diffusione negli spazi pubblici della città. Le mostre organizzate cercano sempre di avere ricadute concrete sul territorio e di far in modo che gli artisti invadano Firenze per renderla una città più interessante. Per citare un esempio, lo street artist Nemo’s, in seguito a un processo decisionale che ha coinvolto gli abitanti della zona, ha lasciato il suo segno sulla facciata della Casa del Popolo di Peretola. Ma tante sono state le mostre che hanno colpito chi le ha visitate: la prima “Unity wanted” che ha avuto come protagonisti diciotto diversi street artist, “Cavalieri, incubi e fantasmi” che ha aperto le porte del mondo creativo di Camilla Falsini, “Street virtuality” che ha messo in relazione realtà virtuale e street art, fino alle più recenti di Fabio Petani e Giulio Vesprini e all’ultima nella quale Hopnn si prende gioco degli interventi fuori luogo e incompetenti degli angeli del bello. Durante l’estate Matteo e Gianluca saranno impegnati nell’organizzazione del festival urbano Copula Mundi, che avrà come ospiti Guerrilla Spam, Moradi e la crew KNM, e sono già all’opera con la programmazione delle mostre della prossima stagione. I loro sogni nel cassetto non sono tanto legati alla possibilità di ospitare street artist famosi – anche se
messi alle strette non gli dispiacerebbe collaborare con il riminese Eron – ma ad avere uno spazio più grande, più materiali e persone con le quali lavorare, così da moltiplicare le iniziative e creare un terreno ancora più fertile per la nascita di nuovi artisti e movimenti. Noi glielo auguriamo con tutto il cuore. In un paese come l’Italia così indietro con l’urban art, e in una città come Firenze dominata da una visione polverosa dell’arte e sottomessa al cosiddetto decoro dei suoi sedicenti angeli, c’è davvero bisogno della loro passione. • WEB: http://street-level-gallery.business.site/ FB: @StreetLevelsGalleriaFirenze IG: @streetlevelsgallery possibility to exhibit, on the other the place is a central element in the creative process itself. Artworks are not closed in a gallery but part of a creative workshop that also becomes a mean of diffusion in the public spaces of the city. The exhibitions organized there always try to have a concrete impact on the city, artists invade Florence, as Nemo's did with Casa del Popolo of Peretola, in agreement with the local inhabitants. Many exhibitions impressed us, starting from the first “Unity wanted” (18 street artists joined), “Cavalieri, incubi e fantasmi” of Camilla Falsini, “Street virtuality” to the most recent of Fabio Petani and Giulio Vesprini, or to the last one in which Hopnn makes fun of the inappropriate interventions of ‘angeli del bello’. During the summer Matteo and Gianluca will organize the urban festival Copula Mundi, which hosts Guerrilla Spam, Moradi and crew KNMI. For the future they wish, not only to host famous street artists (as Eron) in their gallery, but also to have a bigger space, more materials and people with whom create an even more fertile field for new artists and movements. •
13.
ful arte
ARTE CONTEMPORANEA ALLA GALLERIA SACI
I
n questa primavera ed estate, le gallerie dello Studio Arts College International (SACI) ospiteranno mostre ricche di nuovi spunti, che includeranno fotografia, installazioni e dipinti sia di artisti locali che internazionali. In apertura il 18 maggio presso la galleria SACI, Some Other Place, è un’istallazione di fotografia e pezzi musicali del trio collettivo SCALENO, che esplora l’idea di spazio e distanza. Leslie Hickey, Ana Lía Orézzoli e Hana Sackler, che si sono incontrate proprio a Firenze alla SACI come studentesse qualche anno fa, adesso vivono in diversi angoli del mondo. Il nome SCALENO, si riferisce alla forma creata collegando sulla mappa le tre città dove le artiste vivono: un triangolo scaleno. Some Other Place è un tentativo di annullare la distanza tra loro, usando la fotografia e gli audio come punti di connessione e ricerca, attraversando oceani e continenti. L’installazione alla galleria SACI ospita una selezione di scatti che registra gli scambi tra le artiste nell’ultimo anno e mezzo, oltre a un brano audio che invita i visitatori a prendere la cornetta per sentire una mescolanza di suoni provenienti dagli Stati Uniti, dal Perù e dalla Germania. Sarà possibile vedere l’installazione fino al 23 giugno.
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SCALENO
ENGLISH VERSION>>>> This spring and summer, the galleries at Studio Arts College International (SACI) will host a fresh line-up of exhibitions including photography, installation, and painting by both local and international artists. Opening on May 18 at the SACI Gallery, Some Other Place, an installation of photography and sound pieces by the three-member collective SCALENO, explores ideas of place and distance. Leslie Hickey, Ana Lía Orézzoli and Hana Sackler, who met as SACI students in Florence several years ago, now live in different corners of the globe. The name SCALENO, Italian for scalene, refers to the shape made by connecting the cities where the members live on the map: a scalene triangle. Some Other Place is an attempt at undoing the distance between them, using photographs and audio as a point of connection and investigation across oceans and continents. The installation in the SACI Gallery features a selection of photographs chronicling the artists’ exchanges over the last year and a half as well as an audio piece that invites visitors to pick up a telephone receiver to hear a blend of sounds from the United States, Peru, and Germany. The exhibition will be on view through June 23.
Sempre a maggio, la Maidoff Gallery ospiterà Grezzo di Gabriele Romei (classe 1981, Fiesole), o RMOGRL8120, come si fa chiamare nel mondo dell’arte. Le linee minime, geometriche e le forme echeggiano negli spazi, le superfici e gli oggetti su cui l’artista lavora, dalle tele e la carta, ai muri di edifici abbandonati e ai luoghi dimenticati del paesaggio naturale e urbano. Dato che molti dei suoi lavori sono per natura temporanei, a causa della loro ubicazione all’aperto, la loro documentazione fotografica è spesso parte del lavoro al pari stesso della pittura. Guidato da un profondo interesse per il colore e dal suo impatto su un dato ambiente, l’artista presenta una serie di lavori in connessione con la galleria Maidoff e il suo giardino. In apertura il 24 maggio, sarà visitabile fino al 23 giugno. Also in May, the Maidoff Gallery welcomes Grezzo by Gabriele Romei (b. 1981, Fiesole), or RMOGRL8120 as he is known in the art's world. The minimal, geometric lines and shapes resound within the spaces, surfaces, and objects upon which the artist works, from canvas and paper to the walls of abandoned buildings or the forgotten places in the urban and natural landscape. As many of his works are temporary by nature due to their exposed locations, their photographic documentation is often as much a part of the work as the painting itself. Driven by a deep interest in color and its impact on a given environment, the artist will present a series of works in conversation with the Maidoff Gallery and its adjacent garden. Opening on May 24, on view through June 23.
Colore di Lindsay Mapes (nata nel 1977 negli U.S.A.), inaugura il 5 luglio alla galleria SACI, esplora i temi della cancellazione, dell’offuscamento, dell’ostruzione e della segretezza, in una serie di dipinti e disegni dai colori audaci. Attraverso un esteso processo di editing in cui gli strati di forme, linee, colori si costruiscono, grattando via, ora rivelati ora nascosti; l’artista rappresenta il concetto di pentimento che, in pittura, si riferisce a un’alterazione evidenziata dalle tracce dei segni precedenti dell’artista, che rivela i cambi fatti durante il processo di pittura. In questo modo, Mapes esamina come un processo di pensiero possa essere rappresentato in pittura. Residente a Londra da quando ha ricevuto un MFA dallo Slade University College, i suoi lavori la portano spesso a Firenze, dove ha studiato nel 2007. La mostra è visitabile fino al 27 luglio. • Colore by Lindsay Mapes (b. 1977, U.S.A.), opening on July 5 at the SACI Gallery, explores themes of erasure, obfuscation, obstruction, and secrecy in a series of boldly-colored paintings and drawings. Through an extended editing process in which layers of form, line, and color are built up, scraped away, revealed, and hidden, the artist draws upon the concept of the pentimento (from the Italian pentirsi, to repent), which, in painting, refers to an alteration evidenced by traces of the artist’s previous mark-marking, revealing the changes made during the painting process. In this way, Mapes examines how a thought process can be realized in paint. Based in London since receiving an MFA from The Slade University College London, her work often brings her back to Florence, where she also studied in 2007. On view through July 27. •
Grezzo by Gabriele Romei
Colore by Lindsay Mape
SACI Gallery Palazzo dei Cartelloni Via Sant’Antonino 11 Florence, Italy Maidoff Gallery Jules Maidoff Palazzo for the Visual Arts Via Sant’Egidio 14 Florence, Italy
15.
ful gusto
DA WALL STREET AL RISOTTO DI BOTTEGA CONVIVIALE. Abbiamo incontrato Patrick “Risotto” Botlero, esilarante blogger di origini bangladesi che, dopo aver lavorato per molti anni come agente finanziario in una compagnia di Wall Street, ha deciso di cambiare rotta e dedicarsi alla passione della sua vita, il risotto.
P
atrick, a New York, ci era arrivato all’età di otto anni, con i suoi genitori dal Bangladesh, e qui vi ha vissuto e lavorato fino al 2007. Poi diverse fasi astrali della vita, una su tutte l’amore, lo hanno portato in Svezia dove ha continuato inizialmente a lavorare nel mondo finanziario. Successivamente ha deciso di ascoltare il suo istinto e dedicarsi a tutto tondo alla sua grande passione, il risotto. Una passione tanto forte da sceglierla addirittura come secondo nome. Ma nella vita di Patrick non poteva mancare l’infatuazione per la Toscana e la sua cucina, scopriamo come. Ciao Patrick, la tua è una passione davvero singolare, vuoi raccontarcela? Nel 2011 ho iniziato a viaggiare spesso nel nord Italia per cercare di imparare il più possibile sulle diverse portate a base di riso tipiche delle tradizioni di queste regioni. Ho studiato e imparato a riconoscere le diverse varietà di riso e ho avuto la fortuna di cucinare con grandi chef come Gabriele Ferron e Luciano Parolani. Tornato a Stoccolma, tutti i miei amici volevano che cucinassi per loro, tanto che iniziarono a chiamarmi “Risotto Man”; la cosa mi piaceva e allora sono andato all’ufficio anagrafe e ho chiesto di aggiungere “Risotto” come secondo nome. Che rapporto hai con la Toscana? Dopo aver viaggiato nel nord Italia per il risotto, ho deciso di mettermi a studiare la grande tradizione della cucina di carne a Firenze. Ho scoperto il Chianti, Montefioralle, e poi ho conosciuto .16
ENGLISH VERSION>>>> Patrick and his Bangladeshi parents arrived to New York when he was 8-year-old and he worked there till 2007. Then love took him to Sweden where he continued to work in finance. Later he decided to follow the instinct and dedicate to his all-consuming passion: risotto. Patrick, please introduce us to your singular passion... In 2011, I travelled frequently to the north of Italy to learn about the rice dishes of those regions. I studied all the different varieties of rice and I had the opportunity to work with important chefs such Gabriele Ferron and Luciano Parolani. Once back in Stockholm, all my friends wanted me to cook for them and I was called “Risotto Man”. I liked it and I officially registered “Risotto” as a second name.
Dario Cecchini a Panzano e ho capito da subito quanto la Toscana fosse un posto davvero magnifico. E poi hai scoperto Firenze, giusto? Sì certo, me l’ero lasciata come ultima tappa. Una città magnifica, affascinante, dove storia e cultura si respirano a ogni passo e dove molti angoli o piccoli spazi rivelano grandi cucine. Una su tutte, che mi ha colpito molto, la cucina di Bottega Conviviale. Avevo sentito parlare spesso dello chef Matteo di Monte, del suo passato in prestigiosi ristoranti come il Four Season e della sua passione per le cucine regionali, quindi ho deciso di venirla a provare. Oltre alla buonissima “pinsa” lo chef mi ha fatto provare, ovviamente, un buonissimo risotto a base di crema di zucca mantovana, salvia e burronocciola, squisito.
What is your relationship with Tuscany? After travelling through the north of Italy, I decided to study the meat tradition of Tuscany. I discovered Chianti, Montefioralle, and I met Dario Cecchini in Panzano. And then you discovered Florence, right? Yes, that was my last destination. A charming city where you can breathe culture and history and where every corner hides great cuisines, Bottega Conviviale above all others. I wanted to meet chef Matteo di Monte, I heard of his past at Four Season and his passion for regional recipes, therefore I wanted to taste his food. So you have decided to move to Tuscany? Cooking is my passion and I also like to write about my culinary adventures. Last summer I went back to Montefioralle and I’m still there to learn. I didn’t have an easy childhood but there I feel loved, at home. I feel Italian. •
Quindi hai deciso di trasferirti in Toscana? Cucinare è la mia passione e mi piace molto scrivere e raccontare quello che faccio, le mie “avventure” con le diverse cucine regionali italiane. Così la scorsa estate sono tornato nel Chianti, a Montefioralle, dove continuo a imparare molto della cucina e delle tradizioni. La mia è stata un’infanzia non facile ma qui, in Toscana, le persone sono molto più umane, più vicine, ti ascoltano, hanno un forte senso di appartenenza. Qui mi sono sentito a casa, qui mi sento amato, qui mi sento italiano. •
17.
ful tecnologia
K-ARRAY: QUANDO IL SUONO SI SPOSA CON IL DESIGN
ENGLISH VERSION>>>> Last September, the public of Jazz Fringe Festival in Oltrarno was impressed by the amazing installations hosting the musicians, the "Night Towers", and during the Christmas’ period by the quality of the speakers’ sound in the Christmas’ tree or at the New Year’s Eve concert. We wanted to discover who is behind all this so we went to Mugello, in San Piero a Sieve, to find K-ARRAY, a company that can boast the realization of the transit hub of the new World Trade Center in New York, the Royal Opera House in London, the new stadium of Besiktas in Istanbul, the new .18
FUL ha visitato l’azienda che dal Mugello ha conquistato il mercato internazionale dei sistemi audio. testo di francesco sani , foto di andrea torelli e nicolò nisi
L
o scorso settembre chi ha assistito al Jazz Fringe Festival in Oltrarno è rimasto colpito dall’installazione spettacolare che ospitava i musicisti. Sulla spiaggetta in riva all’Arno di San Niccolò, nello skyline di Firenze, si inserivano le “Night Towers”, tre torri alte otto metri che facevano da stage in quota per l’esibizione live dei musicisti. In questo rivoluzionario allestimento, con gli spettatori al centro, le torri disposte a triangolo permettevano al pubblico di godere di un suono avvolgente grazie a un impianto acustico innovativo. Durante le festività, forse vi sarete accorti di speaker flessibili nascosti tra
i rami che davano al grande albero di Natale in piazza Duomo la dimensione sonora o se eravate al concerto di Capodanno avrete apprezzato la qualità sonora. Insomma, Firenze ha sposato appieno il tema del suono e noi di FUL abbiamo scoperto chi c’era dietro quelle installazioni sonore d’avanguardia. La pista ci ha portato in Mugello, a San Piero a Sieve. Qui ha sede un’azienda, specializzata nella produzione di soluzioni e impianti audio professionali unici, già di successo all’estero e adesso visibile anche in città: la K-ARRAY. Vanta importanti realizzazioni, dal transit hub del ricostruito World Trade Center a New York alla Royal Opera House di Londra, dal nuovo stadio del Besiktas a Istanbul alla moschea dell’Imam Reza Shrine in Iran, così come, restando a Firenze, il Salone dei Cinquecento e il rinnovato Museo Gucci. Alla K-ARRAY, all’interno della K-Hall, una vera e propria sala da concerto allestita dentro l’azienda dove si ospitano eventi live con band della zona, ci accolgono Andrea Torelli e Stefano Zaccaria, rispettivamente direttore marketing e VP commerciale dell’azienda. Come e quando nasce questa realtà tecnologica d’avanguardia? Veniamo da Fiesole dove nel 1990 Alessandro e Carlo Tatini insieme a Massimo Ferrati fondarono un’azienda di service audio e luci. Lavoravamo con i teatri, i cinema, nelle piazze e questo ci ha permesso di capire perfettamente come gli strumenti audio professionali potevano evolversi per agevolare il lavoro, spesso duro e faticoso, di chi ha a che fare con artisti e produzioni. Il Mugello ci ha accolti nel 2004, quando nella mente di Alessandro si è delineata l’idea dei primi prodotti a marchio K-ARRAY.
I vostri prodotti sono molto apprezzati all’estero e da parte di un’utenza molto esigente. Perché in Italia siete ancora poco conosciuti? Il mercato dell’audio professionale è da sempre stato mondiale e come tale va affrontato. Il trend vede proprio la qualità del prodotto Made in Italy, in termini di performance e di design, come l’opportunità su cui puntare partendo proprio dal mercato interno, sui valori aggiunti di una lavorazione sartoriale e quasi artigianale, la selezione dei materiali, la ricerca dell’unicità e innovazione. È abbastanza ovvio che i valori del Made in Italy si spendono meglio all’estero. K-ARRAY abbina alta qualità audio a un design raffinato. È stata una scelta per posizionarsi su un determinato mercato? Il nostro catalogo propone un’offerta che va dai sistemi da concerto alle più piccole casse da installazione. Ci siamo formati sui palchi, dove ingombro e peso delle apparecchiature audio ne condizionano un’agile movimentazione. L’idea di avere prodotti ultra compatti nasce così per risolvere un problema logistico. Quando però abbiamo iniziato a trasferire lo stesso valore di compattezza in contesti come ristoranti, hotel, negozi, ci siamo accorti di quante problematiche estetiche potevamo risolvere. Gli architetti hanno iniziato ad apprezzarci, offrendo la migliore soluzione per integrare l’audio in contesti dove non sono ammessi compromessi estetici. Questa è la sfida che ci ha portato a progettare prodotti che, come Anakonda – uno speaker flessibile – non si erano mai visti prima. Cosa significa per voi soddisfare l’attesa di una giusta esperienza d’ascolto nei diversi contesti, dal concerto rock al luogo di culto? Le nostre linee di prodotto non si diversificano per la qualità, sempre 19.
Mosque Reza Shrine in Iran, or, staying in Florence, Salone dei Cinquecento and the renewed Museo Gucci. We interviewed Andrea Torelli and Stefano Zaccaria, marketing director and VP of the company. How and when did this company start? We come from Fiesole, where in 1990 Alessandro, Carlo Tatini and Massimo Ferrati founded an audio and light service’s company. We worked for theatres, cinemas, in the squares and this experience allowed us to understand how audio systems might evolve to help the artists and their staff. In Italy you’re not so well-known, why? The audio market is global: the trend is about high quality products made in Italy. It’s obvious that these values are more rewarded abroad rather than here. K-ARRAY matches quality with design, does this make you more competitive? Yes, we have a wide range of products aiming to integrate quality and aesthetics: a challenge that led us to create products as Anakonda, a flexible and adaptable speaker 2 m long, with a 5x3 cm section, modules that create lines of sound until 64 m. Worldwide patented, it’s currently the only solution to synchronize long lines and, due to that, we have been welcomed by the Tuscan Museo del Design. • .20
imprescindibile. Non esistono prodotti “premium” e “basic”. Sia che si tratti di sonorizzare un pub o di allestire il sound per il JZ Festival di Shanghai vogliamo la massima qualità sonora. Il fonico della New York Philharmonic ci racconta di aver reso felice Yo-Yo Ma, facendo passare Anakonda sotto il suo violoncello consentendogli di sentire bene tutto il resto dell’orchestra. I nostri sistemi, anche per i puristi della musica, non sono mai un ostacolo tra l’esecuzione e l’ascolto, ma costituiscono quasi estensione per permettere all’artista di arrivare in maniera pura all’orecchio di chi ascolta. Lo stesso vale per le orazioni in un luogo di culto. La parola nelle celebrazioni ha un’importante centralità e sarebbe grave che il messaggio si perdesse per la poca intelligibilità del sistema audio. Avete citato Anakonda, l’abbiamo visto e soprattutto ascoltato! Tra tutti i vostri sistemi audio, è quello che ci ha stupito di più. Come nasce e per cosa è stato pensato? In questo caso la creatività di Alessandro ha dato il massimo! Un giorno è venuto in laboratorio Resarch & Development con una specie di calza della Befana, ma non si trattava di un cordone para-spifferi; era qualcosa che suonava! Da un prototipo rudimentale, l’intuizione ha preso forma fino a diventare il prodotto che ci ha fatto vincere più premi in assoluto. Grazie ad Anakonda, siamo stati accolti all’interno del Museo del Design toscano. Ormai brevettato in tutto il mondo, è uno speaker flessibile lungo 2 metri, con una sezione di 5x3 cm, così modulare da avere linee intere di suono fino a 64 metri. La flessuosità estrema, come una corda, lo rende adattabile in numerose installazioni, dove è l’unica soluzione disponibile sul mercato per sonorizzare omogeneamente lunghi tratti. • www.k-array.com www.mudeto.it
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SCOPRITE IL MONDO BEAUTY AVEDA. IN SHUTTLE ELETTRICO
per raggiungere i nostri saloni è diventata un obiettivo da perseguire al meglio». E quale soluzione migliore di una navetta elettrica e gratuita? In questo modo, si liberano i clienti dal peso di utilizzare mezzi propri, dal traffico e dal problema – non trascurabile – del parcheggio nel centro storico, «tutelando al massimo il nostro infinito patrimonio artistico e naturale, preservandolo dall’inquinamento». Lo shuttle è stato concepito per tutti i diversi frequentatori dei saloni: dai fiorentini ai turisti che, affascinati dalla possibilità di trovare a Firenze il brand hairstyle & beauty internazionale, potranno raggiungerlo ovunque si trovino. Che si tratti di aeroporto, stazione, o semplicemente il loro albergo. ll pulmino è a completa disposizione dei clienti nei giorni e negli orari di apertura dei centri Contrasto Aveda, per non lasciarvi mai a piedi con l’acconciatura ancora fresca. Il servizio è attivo per entrambi i saloni fiorentini – il
Un nuovo servizio inaugurato negli scorsi mesi, ed è già un successo: il transfer eco-sostenibile di Contrasto Aveda, brand vincente in tema di bellezza e wellness. FUL ha incontrato Sauro Nardi, responsabile dei saloni, per scoprire tutte le novità e i progetti dell’universo Aveda. T esto
di
E lisa D’A gostino
uante volte vi è capitato di pensare: mi piacerebbe proprio provare quel nuovo centro estetico, oppure tornare da quel bravissimo parrucchiere nel centro storico... ma dove parcheggio? Se poi pensate di andarci il sabato – momento sacro della settimana dedicato solo a voi, perfetto per le coccole dell’hair stylist – mettete in conto una buona dose di traffico per entrare in città. Con tutto lo stress e la perdita di tempo che ne consegue. Dunque, rinunciate a un invitante trattamento beauty? Mai: chiamate piuttosto la nuova navetta dei saloni Contrasto Aveda. Non preoccupatevi del portafoglio: il servizio è assolutamente gratuito ed eco-sostenibile. Per prendersi cura di sé, senza danneggiare l’ambiente, in linea con la filosofia Aveda. Il pulmino a propulsione elettrica si è messo in moto a dicembre e non intende fermarsi, dato il grande successo riscontrato in poco tempo. FUL, entusiasta di tutte le novità firmate Contrasto Aveda, si è recato a vedere di persona, incontrando Sauro Nardi, responsabile dei due centri a Firenze. Sauro ci illustra come lo shuttle sia un altro tassello dell’universo Aveda, coerente in tutto e per tutto con la filosofia del brand: «Far parte del mondo Aveda vuol dire mettere al primo posto l’amore per la natura e il rispetto per l’ambiente in cui viviamo. In base a questi principi, che abbiamo fatto nostri dal 1996, la questione della mobilità eco-sostenibile .22
ENGLISH VERSION>>>> How many times have you thought: I want to try that beauty centre or go to that hairdresser in the historical centre... but where do I park? Especially on Saturdays it’s impossible. So no beauty treatment? Never: you can call the new shuttle bus by Contrasto Aveda salons. It’s free and green. FUL met Sauro Nardi, the director of the two centres in Florence, to discover all the news and projects. The shuttle bus is just the latest addition in the Aveda universe and it is coherent with the philosophy of the brand: «Being part of Aveda, means to prioritize the love for nature and the respect for the environment in which we live. Dating back to 1996 we decided to follow these principles and that’s why, the sustainability of the transportation to reach our salons, it’s become a new goal to achieve». Which solution can be better than an eco-friendly and free shuttle? In this way, customers
Quali sono i buoni propositi per il futuro di Contrasto Aveda? Ha in mente progetti complementari al vostro core business da attivare prossimamente? Il futuro è già adesso, nel preciso momento in cui parliamo. La mia visione del futuro è fondata sul principio delle tre “C”: creatività, collaborazione e concretezza. La creatività mi consente di progettare una “fucina di idee”, pensando allo sviluppo di un “laboratorio” che andrà oltre la semplice dimensione dei saloni. La collaborazione vuol dire dare l’opportunità a tanti giovani di entrare nel mondo di Contrasto, per dare il loro contributo a rendere questo sogno una realtà quotidiana. Concretezza vuol dire quindi creare lavoro e di conseguenza il Benessere e la Bellezza diventano parte integrante della qualità della vita che, come ben sappiamo, senza il lavoro non può esistere. Sauro ci saluta con un invito – che noi non ci siamo lasciati sfuggire – a tutti i lettori di FUL: «Venite a conoscere il nostro mondo: rendiamo insieme questo sogno una realtà di cui essere protagonisti». • Per tutte le informazioni sui saloni Contrasto Aveda, date un’occhiata al sito: www.salonecontrasto.it
primo in Via de’ Benci, il secondo in Via de’ Neri – e raggiunge anche, Sauro lo sottolinea orgoglioso, «un partner di eccellenza: il beauty center Beleza e Natureza, che si trova in via Romana 3r». Oltre al carattere eco-sostenibile, fondamentale per il brand, è interessante sottolineare che lo shuttle è completamente gratuito: «Un ulteriore valore aggiunto, che identifica in maniera originale la nostra azienda e la differenzia da tutte le altre del territorio». Sicuramente il fattore di unicità di Contrasto Aveda non ha tardato a farsi notare: un riconoscimento speciale è venuto proprio dal Sindaco, Dario Nardella, che ha presenziato all’inaugurazione dello shuttle, condividendo il progetto di una mobilità eco-sostenibile. Ma approfondiamo i valori dell’universo Aveda, con qualche domanda diretta a Sauro Nardi. I vostri saloni continuano a differenziarsi dalla concorrenza offrendo un’esperienza completa e diversa da ogni altro salone di bellezza in città. È d’accordo? Sì, sono assolutamente d’accordo. Entrare nel mondo di Contrasto Aveda vuol dire vivere un’esperienza di cura della persona a 360 gradi. Non mi piace infatti parlare semplicemente di “parrucchiere”, ma da più di 25 anni ho sempre voluto comunicare il concetto che lavorare con la Bellezza e il Benessere è un “mestiere”: essere un “artigiano dei capelli” vuol dire non dimenticarsi mai della dimensione storica e culturale della nostra magnifica città; quella Firenze delle “botteghe”, della qualità assoluta del “lavoro manuale” come caratteristica intrinseca e originale. Solo in questo modo possiamo dire che la “bellezza non si crea, ma si cerca”.
are free from using their private means, free from the traffic and, above all, from parking in the city centre. At the same time, this is a way «to preserve the artistic and cultural asset of Florence, protecting it from pollution». The shuttle has been conceived for every type of customer: Florentines, foreigners, from every part of the city, during the opening time of both salons, the one in Via De’ Benci and the one in Via De’ Neri, and it reaches also a new partner: the beauty centre Beleza e Natureza, in via Romana 30r. It is a unique service that we offer and that has been noticed also by the mayor of Florece, Dario Nardella, who was present to the inauguration. But which are the new goals for Aveda? Sauro said: «The future is now, while we’re talking. My vision of future is based on the three “C”: creativity, cooperation and concreteness. Creativity gives us ideas, we can develop a “workshop” that goes beyond the dimension of a salon. Collaboration means giving opportunities to young people to enter our world. Concreteness is create work and make wellbeing and beauty a fundamental part of our quality of life». Sauro leaves us with an invitation, «Come to visit our world: letʼs make this dream a reality in which everyone is protagonist».• 23.
ful gusto
STEFANIA CALUGI, UNA STORIA IMPRENDITORIALE AL FEMMINILE. Nel cuore della Toscana un’azienda fra tradizione e innovazione da trent’anni guidata da una donna. foto
© S tefania C alugi
srl
i uando si raccontano storie di imprenditrici che da sole hanno costruito un’azienda, si fa spesso riferimento a esempi d’oltreoceano, inneggiando soprattutto al cosiddetto sogno americano. Questa invece è una storia italiana, e per la precisione, tutta toscana, anche se potrebbe tranquillamente rientrare nella suddetta casistica. Lei si chiama Stefania Calugi e lo scenario è Castelfiorentino, delizioso paese immerso nel cuore della Valdelsa, tra Firenze, Pisa e Siena. Nel 1987 una giovanissima Stefania fondò l’azienda di tartufi e funghi che porta il suo nome: iniziò a vendere questi .24
ENGLISH VERSION>>>> When we talk about self-made women we always refer to American examples and the American dream, but this is not the case: this is a real Italian, or to be more precise, Tuscan story. She’s Stefania Calugi and the scenery is Castelfiorentino, a lovely village located in the heart of Valdelsa, among Firenze, Pisa and Siena. In 1987, a young Stefania founded a mushrooms and truffles company with her name on: she started to sell these fresh products to restaurants. Descending from four generations of ‘tartufai’ (truffle’s seekers), Stefania became a reference point for the Tuscan chefs: that’s why she firstly opened up a small lab and then, in 1992, her first company’s establishment, starting her trade expansion in Italy and abroad. With her distinctive creativity she launched some innovative products as the truffled butter, the truffle’s cream and truffle’s cold cuts. She’s currently offering various lines of products – “Classica”, “Bio” and
prodotti freschi ai professionisti della ristorazione, approvvigionandosi da una fidata rete di tartufai. Discendente da quattro generazioni di cacciatori di tartufi, Stefania ben presto divenne un punto di riferimento per gli chef toscani: tutto ciò portò molto presto all’apertura di un piccolo laboratorio e nel 1992 del primo stabilimento aziendale, iniziando così l’espansione commerciale in Italia e all’estero. Fin dai primi anni Stefania manifestò una spiccata creatività, lanciando alcune referenze estremamente innovative per i tempi e che tutt’oggi restano tra i bestseller dell’azienda, come il burro tartufato, la crema tartufata e l’affettato di tartufo. Attualmente la STEFANIA CALUGI offre varie linee – “Classica”, “Bio” e “Chef” – che includono prodotti a base di tartufi, funghi, verdure e altri frutti della terra e che dal 2015 sono tutti gluten free. L’impresa castellana si distingue poi per un forte comparto di tartufi e funghi congelati e secchi e di semilavorati per l’industria. Dal 2010 l’azienda è guidata dal binomio Stefania Calugi e Jurij Marchetti, e ha visto un’ulteriore crescita della produzione, della gamma delle referenze (che adesso sono oltre 150) e della capillarità nei mercati esteri. Risale invece al 2013 l’acquisizione di tartufaie di proprietà interamente certificate bio: più di 30 ettari che soddisfano sia l’esigenza dell’approvvigionamento sia quella di contribuire alla tutela del patrimonio naturale di una parte meravigliosa della Toscana. È proprio all’interno delle tartufaie di proprietà che l’azienda organizza, per
visitatori e turisti, la caccia al tartufo, sotto la guida di un esperto tartufaio e con cani appositamente addestrati. Questa esperienza rientra in “Truffle Journey”, un insieme di pacchetti concepiti proprio per far vivere le emozioni che l’universo del tartufo regala. Qui troviamo anche la possibilità di visitare “La Strada del Tartufo”, percorso multisensoriale unico nel suo genere inaugurato nel novembre 2017, che attraverso una serie di immagini, suoni, profumi e oggetti permette di scoprire i segreti del pregiato tubero tra storia e botanica. La storia di Stefania Calugi è dunque quella di una donna la cui vita è sempre stata legata al tartufo e che è diventata un’ambasciatrice della Toscana nel mondo. • “Chef” – including products with truffles, mushrooms, vegetables and others that, starting form 2015, are all gluten free. From 2010 the company is headed by Stefania Calugi and Jurij Marchetti and in 2013 they acquired 30 acres of entirely bio certified ‘tartufaie’ (truffle’s fields), where they organize, for tourists and visitors, the truffle’s hunt, with an expert truffle seeker and on purpose trained dogs: this experience belongs to “Truffle Journey”, a group of packages realized in order to let the visitors live the emotions of the truffle’s universe as “La Strada del Tartufo” does: a multisensorial and unique journey opened in November 2017.•
25.
ful gusto
BEATRICE SEGONI, LA CUCINA DEL KONNUBIO. Da stilista di moda a chef, passando per le grinfie “dellʼorso buono” Gianfranco Vissani, la chef marchigiana racconta a FUL la sua vita e la sua cucina. Testi di Marco Provinciali, Foto di Luca Managlia ENGLISH VERSION>>>> Konnubio is the amazing restaurant that we find on the right side, walking along Via dei Conti (n. 8r) toward Mercato Centrale. It’s here that, for three years, chef Beatrice Segoni expresses her own creativity in cooking, synthesis of a deep love for the tradition and the gastronomic culture of Italy. Born in Marche but Florentine of adoption, Beatrice told us about the difficulties and virtues of her profession, started 35 years ago. From stylist to chef, how did it happen? I was a stylist but my ex-husband owned a restaurant and so I had to change my life. As many of us did, I started my career washing dishes, but being Capricorn ascending Capricorn, I couldn’t really stop there. So I started to learn .26
I
l Konnubio è quel bellissimo locale che si incontra sulla destra percorrendo via dei Conti (al numero 8r) in direzione Mercato Centrale. Due arcate molte eleganti che svelano al passante un arredamento in stile rétro sono il preambolo a un abbraccio armonico tra sapori, architettura e bellezza. È qui che, da tre anni a questa parte, la chef Beatrice Segoni esprime la sua cucina sintesi di un amore profondo per la tradizione e la cultura gastronomica dellʼintero stivale. Marchigiana di nascita ma fiorentina dʼadozione Beatrice ci racconta le difficoltà e le virtù di una professione iniziata trentacinque anni fa seguendo la rotta della propria vita. Da stilista a chef, come è successo? Sì, prima di dedicarmi alla cucina ero una stilista di moda ma per strane vicissitudini della vita dovetti cambiare rotta seguendo il mio
ex marito che aveva un ristorante. Lì, come è successo a molti di noi, iniziai facendo la lavapiatti ma essendo capricorno ascendente capricorno non potevo davvero fermarmi a lavare piatti. E così mi sono messa a imparare il mestiere tramite corsi serali della scuola alberghiera ed esperienze nelle cucine di grandi ristoranti scoprendo che il denominatore comune che unisce chef e stilisti è la creatività. Allʼinizio del tuo percorso, quale è stata lʼsperienza più significativa? Sicuramente aver lavorato al fianco di Gianfranco Vissani, un immenso conoscitore della materia prima, con un palato eccezionale, tra i pochi che riesce a mettere in un piatto anche fino a 20 ingredienti senza che uno di questi si sovrapponga allʼaltro. Un maestro a cui posso dire solamente grazie. Quando sei arrivata a Firenze e che rapporto hai avuto con la città? Nel 2004 dopo la separazione con il mio ex marito. Arrivo qua e apro il ristorante Borgo San Jacopo della famiglia Ferragamo, rimanendoci quattordici anni. Firenze è una città meravigliosa, il massimo in cui vivere per una creativa come me, anche se allʼinizio il rapporto con i fiorentini non è stato facilissimo, in quanto per natura molto diffidenti. Adesso non andrei mai via, solo la tentazione dei Caraibi potrebbe farmi scappare per amore del mare e del sole, ma quella sarebbe proprio unʼaltra vita... (dice ridendo). Tu sei marchigiana ma hai qualche influenza della cucina toscana? Io sono molto curiosa e amo la cucina di ogni parte dʼItalia pertanto cerco di interpretrare alla mia maniera piatti tipici di ogni regione italiana e nei miei menù si trovano spesso piatti che possono essere piemontesi, piuttosto che marchigiani o siciliani... Il piatto che ho adesso in carta e che sintetizza al meglio le mie origini con la lunga esperienza a Firenze è sicuramente il cappelletto con ripieno di ossobuco alla fiorentina su letto di burrata e perle di lime. Della tua terra invece qual è il tuo piatto preferito? Essendo un amante delle zuppe ti rispondo che il mio
the profession taking evening courses and making experience in the kitchens of the most famous restaurants: creativity is a common denominator to both chefs and stylists. Which was the most significant experience at the beginning of your career? Surely the one made with Gianfranco Vissani, a master to whom I can just say “thanks”. When did you arrive in Florence and which kind of relationship have you had with the city? I came here in 2004 after the divorce. I opened up Borgo San Jacopo, the restaurant of Ferragamo’s family, staying there for 14 years. Florence is a wonderful city, the best place to live for a creative person as I am, even if at the beginning the relationship with the Florentines was not that easy because of their natural skepticism. You’re born in Marche, do you have any Tuscan influence in your cuisine? I am a curious person and I love every regional cuisine, therefore I try to interpret in my own way the traditional recipes of each region: in my menus you can find Piedmont, Marche or Sicilian dishes.
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piatto preferito è il brodetto alla portorecanatese, la zuppa tipica di mare con cui molti anni fa ho vinto anche la prima edizione del concorso di zuppe nazionali che si tiene ogni anno a Fano. Da quanto tempo sei al Konnubio e che tipo di clientela hai? Sono qua da tre anni e mi trovo molto bene. Siamo aperti tutti i giorni dellʼanno dalla mattina presto, per la colazione, alla sera. Con una clientela che per cena è composta sia da stranieri che da fiorentini mentre di giorno riceviamo più turisti alla ricerca della tradizione. Per andare incontro ai nostri clienti abbiamo due differenti menù: uno per il pranzo e uno per la cena; a pranzo proponiamo anche le mezze porzioni dando lʼopportunità di far mangiare per esempio un piatto di pappardelle al coniglio con un calice di vino piuttosto che il classico panino con bibita. Una donna in cucina, quali sono le difficoltà e quali le virtù? Essere donna in cucina, soprattutto quando ho iniziato questo mestiere era molto difficile. La cucina, ieri più di oggi, era un mondo prettamente maschile ma ho saputo farmi rispettare. Molti dei miei collaboratori li ho assunti dopo una prova a braccio di ferro, se vincevano voleva dire che erano forti a sufficienza per affrontare questo duro lavoro. Altri invece li assumo (questa è una tecnica che uso tuttʼoggi) facendoli camminare dritti davanti a me, se vanno spediti vuol dire che hanno il passo giusto per lavorare, altrimenti meglio lasciar perdere. Una cucina al femminile è una cucina che ha maggior precisione e pulizia, è una cucina in cui si percepisce la femminilità – che è il lato armonioso della professione. Nella mia brigata ci sono cinque donne e ognuna di loro, come tutti gli altri componenti, è in grado di adattarsi a
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Which is the favorite dish of your homeland? ‘Brodetto alla portorecanatese’, a typical seafood soup with which, many years ago, I won the first edition of the national soup’s competition in Fano. I am definitely a soup lover. Since when are you in Konnubio? Who are your clients? I’ve been here for three years and I really love it. We’re open every day from the early morning, for breakfast, to evening, for dinner. For dinner we welcome Florentines and foreigners, while for lunch we have more tourists in search of traditional recipes. Being a woman in the kitchen, which are the difficulties to face on and which are the virtues? When I started my career being a woman in the kitchen was very hard: cuisine was a men’s world but I knew how to make myself respected. I hired some of my staff members only after an arm wrestling: if they won, it meant that they’re strong enough for this hard job. Then I hired somebody else asking them to walk straight in front of me, if they can, they’ve the right step to work with me. A female’s kitchen it’s cleaner and more precise, you can perceive the feminine touch, the harmonious aspect of the profession: in my staff there are five women. Last question: how would you define your cuisine style? My cuisine is a traditional, essential cuisine, with no excesses, with a peculiar touch that mustn’t overwhelm the essence of the dish. •
tutte le partite, perché io voglio che chi lavora con me sappia fare qualsiasi cosa, elemento di fondamentale importanza per loro e per il ristorante. Unʼultima domanda, come definiresti in due parole la tua cucina? La mia cucina è una cucina tradizionale fondamentalmente essenziale, senza ridondanze, con il tocco del particolare che non deve mai andare a sovrastare lʼessenza del piatto. •
ful arte
Lungarno Colombo :: Firenze
::opening summer season 2018 hai mai sognato di avere una barca? ::everyday
/drink&food /music /art
sunday
::WOOD’ART
monday
::HolyWood
tuesday
::LEGNO&MARMELLATA
wednesday
::AperiSunset
thursday
::Lapsus & Friends
friday
::B.RIGHT
saturday
::WOODINTHEBASEMENT
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ful fotografia
CREOUT - ALTRI CONTESTI IL CONCORSO PER REPORTER CREATIVI Si è da poco concluso il contest fotografico e vi presentiamo le foto vincitrici.
Bernardo Cicchi - Siesta - Spagna
BERNARDO CICCHI
Fotografo per passione. La ricerca di un’immagine è per me una necessità espressiva, per cercare innanzitutto, dentro di me, il corrispondente interno di quello che i miei occhi vedono all’esterno. Sperimento anche con la pittura, che in questo senso trovo abbia molto in comune con la fotografia. La foto – passeggiando per un’assolatissima Benidorm – è uno scatto estemporaneo. Ho aspettato che sopraggiungesse qualcuno, sulla strada in salita, in modo da avere quei piedi sullo sfondo, per dare meglio l’idea del cammino. Il divanetto di vimini diceva «fermati, puoi riposare», invece spesso fermarsi non si può, o meglio non si deve... Come in quella circostanza nel sud della Spagna sotto il sole di mezzogiorno. .30
C
reOut - Altri Contesti è un progetto artisticomusicale creato dagli studenti del master di Management degli Eventi dello Spettacolo di Palazzo Spinelli, noto Istituto di Arte e Restauro con sede a Firenze. Una call a tutti gli osservatori curiosi, ai reporter creativi, ai fotografi dell’insolito che aveva come tema quello della decontestualizzazione, l’accostamento di oggetti a volte bizzarri, spesso immortalati in luoghi inaspettati. L’idea è nata all’interno dell’istituto e del quartiere che lo
Giuseppe Bianco - L’amore eterno - Museo di anatomia ad Amsterdam
Yeganeh Imani - Evidenza chiara della conseguenza di stagione dei esami. Decorare la vista della biblioteca... #liberarsi - Bologna
Martina Bernardeschi - Tropici in città - Firenze (centro storico)
Gabriele Arenare - Carpe Diem - Cimitero delle Fontanelle - Napoli (NA)
ospita, Oltrarno. Gli allievi del corso di restauro lavorano per dare nuova vita alle opere del passato e sono circondati da botteghe artigiane e piccole gallerie d’arte in cui si tramandano gli antichi mestieri e le tradizioni di Firenze. La riflessione sulla natura degli oggetti, la loro funzione e il contesto che li ospita è stata uno spunto di partenza fondamentale per trovare un nuovo punto di vista, cercare un rapporto nuovo con i materiali, separarli dalla loro funzione principale e osservare le loro potenzialità materiche, formali, tattili e percettive. Il contest fotografico “CreOut– Altri Contesti” si è da poco
concluso e FUL è stato media partner. In queste pagine vi presentiamo la foto vincitrice del concorso, Siesta di Bernardo Cicchi, insieme ai primi 5 classificati: Giuseppe Bianco, Yeganeh Imani, Martina Bernardeschi e Gabriele Arenare. • creout.wixsite.com/creout www.facebook.com/creout.organizzazione www.instagram.com/creoutcontest
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ful 5di5
5di5 VITA DA FOTOGRAFO A FIRENZE di Giorgio Magini | www.giorgiomagini.it | IG: giorgio.magini
Lavora regolarmente come fotografo professionista dal 2011: si occupa di fotografia commerciale e di stock (Stocksy, Westend61, Offset e altre agenzie). Per la fotografia d’archivio, più che di modelli, si avvale di persone vere con passioni reali e qualcosa da raccontare. Sia che si tratti di fiorentini o di studenti stranieri, cerca di essere il filtro tra realtà e fotocamera, interpreta e aggiunge il suo vissuto alle immagini ed è per questo che Firenze è spesso il filo conduttore dei suoi scatti. He works as a professional photographer since 2011: dealing with commercial photography and stock (Stocksy, Westend61, Offset and other agencies). For his archive photography, he doesn’t use models but real people with real passions and something to say. Both with Florentines or foreign students, he tries to filter between the reality and the camera, interpreting and adding his own experience to the images, that is why Florence is often the trait d’union of his photos. •
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ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all’estero
MONTAGUE KOBBÉ
La prima regola (non scritta) delle introduzioni è che devono essere semplici – la gente vuole sapere chi sei, senza tutto il bagaglio. Mi chiamo Montague, sono uno scrittore. Più semplice di così. Non è del tutto accurato però – sono anche traduttore, editor, chiromante, incantatore di serpenti – per restare nella semplicità. Ma quasi sempre tutto si complica con il mio nome, Monta-che? Da Montesquieu a montaggio, ho fatto i conti con un incredibile varietà di nomi sbagliati mentre crescevo nell’era dei Simpsons in Venezuela, prima di diventare universalmente conosciuto come Monty. Per 20 anni ho cercato di dimostrare di non essere l’alter ego di Montgomery Burns: sono stato uno studente in Inghilterra e uno snob a Monaco; ho scritto due romanzi su un isola paradisiaca chiamata Anguilla e ho convinto la casa editrice indie, Akashic Books in USA a stamparli; sono stato traduttore a Madrid al tempo della Grande Crisi, e come George Orwell sono stato anch’io in giro per Londra, ma invece di Parigi ho scelto Firenze dove sono continuamente associato a Mario Monti. Così si chiude il cerchio della mia vita da villain. Cosa porteresti dall’Inghilterra a Firenze? Di sicuro non il tempo. Ma in un certo senso gli effetti che un tempo così brutto ha sul carattere degli inglesi: una certa audacia, il tipo di tempra e resilienza che è racchiuso nell’imbarazzante cliché dello “spirito del bulldog”. Ma non solo questo, anche il tacito accordo per cui delle semplici regole rendono la società migliore. Tra il 2000 e il 2015 ho trovato in Inghilterra un riferimento per la diversità culturale, l’inclusività e la tolleranza, credo che passerò il resto della mia vita cercando di ricreare quel tipo di ambiente ovunque sarò. Cosa porteresti dal Venezuela a Firenze? Anche se ho lasciato il Venezuela quasi 20 anni fa, ultimamente nessuno che abbia un qualche collegamento con questo Paese, non può non essere preoccupato. Spero che i venezuelani un giorno possano camminare di notte per le loro strade come faccio io a Firenze, senza problemi, incantato mentre vado dal mio ristorante preferito in via Proconsolo al mio bar preferito in Borgo Pinti, e poi verso il mio appartamento in Sant’Ambrogio, leggermente intossicato nelle prime ore del mattino, in completa e indisturbata sicurezza. The first (unwritten) rule of introductions is that they should be kept simple – people just want to know who you are, without all the baggage. My name is Montague, I’m a writer. That’s simple enough. It’s not fully accurate – I’m also a translator, an editor, a chiromancer, a snake charmer – but it’s simple. Except complications arise almost immediately with my name, Monta-what? From Montesquieu to montage, I was confronted with a prodigious array of misnomers as I grew up in the era of The Simpsons in Venezuela, before I became unanimously known as Monty. For 20 years I’ve tried to prove I’m not Montgomery Burns’ alter ego: I’ve been a student in England and a snob in Munich; I’ve written two novels about a paradise island called Anguilla, and I convinced the poster face of indie publishing in the US, Akashic Books, to print them; I was a translator in Madrid in the times of the Great Crisis, and like George Orwell I too was down and out in London, but instead of Paris I chose to come to Florence where I’m continuously linked with Mario Monti. My life as a villain has come full circle. What would you take to Florence from England? Not the weather, that’s for sure. But in some sense the effects that such terrible weather has on the character of English people: a certain defiance, the sort of grit and resilience that is encapsulated in the cringeworthy cliché of “the bulldog spirit”. Not only that, though, also the tacit understanding that plain rules make for a better society. Between 2000 and 2015 I found in England the benchmark for cultural diversity, inclusiveness and tolerance, and I’m afraid I’ll spend the rest of my life looking to recreate that environment wherever I am. What would you take to Venezuela from Florence? Even though I left Venezuela almost 20 years ago, these days you cannot help but hurt for the country if you ever had any connection to it. I wish Venezuelans might one day be able to walk at night through their streets like I do in Florence, untroubled and smitten as I make my way from my favourite restaurant in Via Proconsolo to my favourite bar in Borgo Pinti, and back again, slightly intoxicated in the small hours of the morning, to my flat in Sant’Ambrogio, in complete and undisturbed safety. •
© Laura Montanari
LAPO CIUFFI
Ho 24 anni, fiorentino di madre tedesca, e il mio lato più caratteristico è sicuramente la curiosità nei confronti dell’altro e delle diverse realtà. Da qualche mese ho finito gli studi, dopo essermi laureato in International Management a Trento. Ho fatto due erasmus in Germania, scritto la tesi in Francia e adesso mi trovo a concludere la mia prima esperienza lavorativa a Monaco. A breve mi trasferirò a Berlino, sempre per lavoro, dove starò per un po’ più di tempo: posso dire insomma di aver girato abbastanza. Cosa porteresti da Monaco a Firenze? Innanzitutto il senso civico: non solo il rispetto per il prossimo e la propria città ma il senso di appartenenza e identificazione che il tedesco ha nell’infrastruttura sociale e non. In Germania tutto ciò che è pubblico viene percepito come proprio. Lo stesso vale per certi comportamenti che potrebbero invadere la sfera del prossimo, la capacità e la volontà di mettersi nei panni dell’altro porta alla spesso denominata “inflessibilità” tedesca ma anche a una qualità di vita migliore. Altro elemento che porterei è la sicurezza dei giovani tedeschi, soprattutto in ambiti professionali. C’è una forte consapevolezza dei propri mezzi che porta a non avere forme di sudditanza verso i propri superiori. Infine, adoro la capacità di organizzare e sfruttare il proprio tempo libero: dalla festa il sabato sera alle attività sportive la domenica al parco. Ovviamente non manca mai la buonissima birra! Cosa porteresti da Firenze da Monaco? È difficile non cadere nei cliché, sicuramente porterei via con me il cibo: prima di tutto la bistecca alla fiorentina, ma anche la semplice genialità di una bella fetta di pane e olio! Porterei poi l’atmosfera che noi fiorentini dedichiamo al momento del pasto: gustarselo, informarsi sulla storia del piatto, confrontarsi con i parenti e/o amici di turno... Un’altra cosa che mi manca è il tipico humor fiorentino, il nostro prendere in giro rimanendo seri è qualcosa che in Germania non riescono a cogliere. Della serie, ogni tanto essere presi per il c**o ci sta! Non ho volontariamente parlato della bellezza estetica di Firenze visto che il valore aggiunto per me sta proprio nel ritrovarla, sensazione paradossalmente ancor più forte e più gratificante del vederla tutti i giorni. I’m a 24 Florentine with German mother, my characteristic is that I’m curious towards other people and realities. A few months ago I finished my studies in Trento, where I graduated in International Management. I went in erasmus in Germany twice, I wrote my dissertation in France and now I am concluding my first work experience in Munich. Soon I’ll move to Berlin, for work, and I’m going to stay a bit longer: I probably roamed enough. What would you take to Florence from Munich? First of all the civic sense: not only respecting neighbour and city but also the sense of belonging and identification with the social infrastructure. In Germany public property is perceived as private. The same is true for the behaviours that result too intruding, the way they put themselves in other people’s shoes leads often to a kind of “inflexibility” but also to a better quality of life. I’d take also the great self-awareness young people have in professional contexts, they don’t feel subjected to their superiors. Finally, I love the way they are able to organize and exploit their free time: from Saturday night parties to Sunday sports in the parc. And no shortage of beer! What would you take to Munich from Florence? Difficult not to sound cliché, I’ll take food for sure: first of all the Florentine steak but also the genius of a slice of bread with oil! The atmosphere when we eat: we savour, learn about the history of the dish, compare with friends and family... I miss the typical Florentine humour, the way we make fun of things remaining serious. This is something German do not understand. Sometimes, it’s ok to take the piss! I consciously decided not to talk about the beauty of Florence because for me the added value is to find it whenever I come back, the sensation is stronger than to see it everyday. •
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la pagina dell'artista* per il numero XXXI è a cura di THE LIETTI'S IG: @the_liettis | www.claudiolietti.tumblr.com
The Liettiʼs è uno studio di grafica fondato da Claudio Lietti. È formato da un numero imprecisato di collaboratori, di cui si sa ben poco: cʼè chi dice siano un network di professionisti, amici o addetti ai lavori, cʼè chi invece pensa non esistano e sia tutto un parto creativo della mente di Claudio, art director dello studio. The Liettiʼs lavora dal 2012 per aziende, ristoranti e associazioni. Grazie al successo dei loro clienti, si dice che portino fortuna, ma forse si tratta solo di metodo: ascoltano, si immergono nella realtà e cercano di restituirla con grafiche fresche e genuine. Una cosa è certa: The Liettiʼs ha uno stile unico e vi sarà anche amico. The Liettiʼs is a graphic designer studio founded by Claudio Lietti. Itʼs composed by an undefined number of collaborators, of whom few is known. Some people say itʼs a network of professionals or friends, others say they donʼt exist and everything has been invented by Claudio, art director of the studio. Since 2012 the Liettiʼs works for companies, restaurants and associations. Thanks to the successes of their clients, it is said they bring good luck but maybe itʼs just a question of method: they listen, immerse themselves in the reality and try to give it back with fresh and genuine graphic designs. One thing is for sure: The Liettiʼs has got a unique style and is also a good friend. • .34
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Serendipity Castiglioncello
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