settembre - ottobre
anno
07
n • trentatré
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Editore Ilaria Marchi
in questo numero:
Miss Swirl • Marina Abramović • Via degli Dei Collezione Casamonti • Regina Bistecca • Masaccio Paola di Bella • Bad Brother's Tattoo • Lindsey Campbell 1.
LUNCH + DINNER SHAKES + COCKTAILS Mon - Fri 11AM - 1AM Sat 5PM - 1AM Sun Closed
DE PLEK BISTRO + COCKTAIL BAR - VIA PANICALE 11R - MERCATO SAN LORENZO - FIRENZE - T. 348
33 p. 4/7 cultura
MARINA ABRAMOVIC
p. 8/10 lifestyle
MISS SWIRL
Che cosʼè una ferita? È un segno che ci ricorda un evento doloroso ma un segno si presta ad essere interpretato in molti modi e può essere occasione di rinascita e cambiamento persino creazione artistica. Scoprite come il dolore diventa arte nella nostra intervista a Miss Swirl e nella nuova mostra di Marina Abramović. In questo numero lʼarte è anche quella della Collezione Casamonti, del progetto fotografico di Lindsey Campbell e quella del genio antelitteram della prospettiva: Masaccio. Si cammina attraverso la storia e meravigliosi paesaggi sulla Via degli Dei e, come ricompensa per la fatica, una bella cena da Regina Bistecca. La rubrica 5di5 è a cura di Paola Di Bella, la pagina dellʼartista ospita i Bad Brotherʼs Tattoo. Nasce infine una nuova rubrica: Architettura per immagini, a cura dellʼOrdine e della Fondazione degli Architetti PPC della provincia di Firenze, che ci farà scoprire le bellezze della nostra città.
p. 12/14 gusto
REGINA BISTECCA
p. 15/17 natura
VIA DEGLI DEI
p. 18/20 arte
COLLEZIONE CASAMONTI
p. 20/22 fotografia
Buona lettura! Annalisa Lottini
PERSONE VERE
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi
Ideazione Marco Provinciali e Ilaria Marchi Coordinamento editoriale Annalisa Lottini Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com Foto in copertina Ian Dooley on Unsplash Abbonamenti
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p. 24/25 storia
MASACCIO
p. 26/28
architettura
CANCELLATE CHE CANCELLANO
p. 32 5di5
PAOLA DI BELLA
p. 33
uno straniero a Firenze
FRANCISCO CORTES MOLINA
p. 33
un fiorentino all’estero
CLARA ZHOU
p. 34
pagina dell'artista
www.firenzeurbanlifestyle.com
FUL *firenze urban lifestyle*
BAD BROTHER'S TATTOO 3.
ful cultura
MARINA ABRAMOVIĆ A FIRENZE Palazzo Strozzi dedica una retrospettiva alla grande performance artist radicale. Una panoramica dei suoi lavori più famosi, dagli anni Settanta agli anni Duemila, in oltre 100 opere. T esto di : R ita B arbieri e F rancesco S ani F oto a cura di F ondazione P alazzo S trozzi
N
egli anni ’70 la Jugoslavia ha conosciuto un decennio di produzione artistica così originale da essere apprezzata a livello internazionale. Il fatto che tale fermento culturale sia emerso in un paese socialista e autoritario è interessante quanto quell’arte in sé. Come fu possibile tale movimento? Occorre fare un salto indietro alle famose contestazioni del ’68, considerando che nell’Europa dell’Est solo la Cecoslovacchia con la sua “Primavera di Praga” e la Jugoslavia vissero le proteste giovanili. A Belgrado l’università fu occupata per una settimana e gli studenti resistettero ai duri scontri contro la polizia fino allo sgombero. Rivendicavano riforme civili, economiche, un rinnovamento del sistema socialista e le donne, dal canto loro, manifestavano il rifiuto della famiglia patriarcale. L’autorevole presidente, il maresciallo Tito, in un famoso discorso alla nazione solidarizzò con gli studenti, chiese la fine delle barricate e promise migliori condizioni per i giovani. Le promesse non si fecero attendere e la Jugoslavia visse un’irripetibile stagione di libertà sconosciuta agli altri paesi socialisti, inoltre lo stato sosteneva gli artisti con incentivi e un fondo pensionistico senza chiedere propaganda in cambio. In quel clima favorevole, una generazione di artisti emerse grazie alla possibilità di investire sul proprio talento, inaugurando così un’età dell’oro per cinema, teatro, pittura e narrativa. Tale scena è nota come “Radicalismo” poiché questi creativi .4
Marina Abramović The Artist is Present 2010 - installazione video a 7 canali (colore, senza sonoro) - New York, Abramović LLC
ENGLISH VERSION>>>> In the ’70s in Yugoslavia there was a decade of amazing artistic production: a generation of artist raised in a socialistic and dictatorial country, to whom the government offered the possibility to invest in their talent. This movement was called “Radicalism”, because of their common intention to shock their public, underlining the contradictions of the system and the paradox hidden in the idea of Yugoslav Socialism: criticizing their art (supported by politics) though, meant to criticize the Party in itself. One of these artists is Marina Abramović. Starting from September 21st to January 20th, Palazzo Strozzi hosts an exposition of more than 100 of her artworks: a retrospective of her most famous pieces and performances, from the ’60s to 2000s. The title “The Cleaner” refers to the artist’s quotation in which she said: «I’m not interested in the past: the only moment in which I’m interested in, is when I’m cleaning up. That’s why the title is “The Cleaner”. I would like to give only the best to my viewers, I’ve got a big responsibility towards them. I want to show how hard is to become an artist, I want them to see the best of me». A form of art that is completely dedicated and oriented to the viewers, with no restrictions, in which viewers are part of the same creative process, in an ambitious and unique artistic horizon, potentially eternal and everlasting, that’s Marina’s vision. She creates shared and public performances in which she uses her body as a art’s instrument: her viewers are co-starring with her, feeding and constantly renewing the performance (now defined as ‘re-performance’). «Bodies will die, energy will not. We’re all mortal, we need to find alternative solutions». Marina explains. Life, after all, is an artwork.
Marina Abramović/Ulay, Anima Mundi. Pietà, 1983-2002, stampa a colori, cm 183x183.
Marina Abramović The Kitchen V: Holding the Milk 2009, video (colore, sonoro), 12’42”. Amsterdam, LIMA Foundation.
erano accomunati dalla volontà di voler scioccare il pubblico, le loro opere puntavano il dito sulle contraddizioni della società jugoslava che cercava un equilibrio tra autoritarismo e autogestione, socialismo e consumismo. Facendosi beffe del Partito, fomentarono il paradosso del sistema politico che li finanziava, sostenendo che criticare la loro arte significava criticare il Socialismo. Il Partito a volte censurava, ma tendenzialmente chiudeva un occhio permettendo la “dissidenza creativa” e la diffusione 5.
Marina Abramović, Artist Portrait with a Candle (C) dalla serie Places of Power, 2013, Courtesy of Marina Abramović Archive © Marina Abramović by SIAE 2018
Marina Abramović Stromboli III (Volcano) 2002, stampa Lambda digitale di tipo C, b/n, cm 79 x 99. Napoli, Galleria Lia Rumma. Courtesy of Marina Abramović Archives e Lia Rumma Gallery, Milan, MAC/2017/061. Credit: Ph: Paolo Canevari
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anche di performance estreme. Di questi creativi radicali, Marina Abramović è il più famoso esempio. Proprio a lei, dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019, Palazzo Strozzi dedica una grande mostra: una straordinaria retrospettiva che riunirà oltre 100 opere, una panoramica dei suoi lavori più famosi, dagli anni Settanta agli anni Duemila. L’Italia mostra interesse nei confronti della Abramović fin dagli inizi: nel 1973 viene invitata a Roma per partecipare a Contemporanea, una mostra in cui presenta Rhythm 10, proponendo una rivisitazione originale della roulette russa. Nel 1975 invece realizza Rhythm 0, la sua performance più famosa: una stanza, un tavolo e 72 oggetti (un martello, una sega, una piuma, una forchetta, un’ascia, una rosa, un paio di forbici, aghi, una penna, del miele, un coltello, uno specchio, un rossetto e molti altri...), Marina sta al centro come una tela su cui gli spettatori possono fare ciò che vogliono: «Pensavo che mi avrebbero uccisa», dirà. Invece, fortunatamente, non è accaduto. Riguardo all’Italia, Marina racconta: «È stato il primo Paese ad accogliere la mia arte, il primo, dopo il mio paese di origine, dove ho messo in scena le mie performance. L’Italia mi ha dato l’opportunità di iniziare la mia carriera, per me è stato importante e anche inusuale, perché all’epoca non c’erano molte donne che facevano performing art. C’erano donne nell’arte e donne che facevamo le mogli degli artisti, ma nessuna che faceva quello che facevo io». Inoltre, sempre in Italia, ha ottenuto un importante riconoscimento: il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1997 con Balkan Baroque, opera di denuncia della guerra in Jugoslavia. Un legame stretto e duraturo dunque, che trova conferma proprio in questa retrospettiva dal titolo allusivo The Cleaner, su cui l’artista spiega: «Il passato non mi interessa. L’unico momento in cui lo rivisito è quando faccio le pulizie, come quando si butta tutto, per questo il titolo è The Cleaner. Voglio dare al pubblico il meglio. Ho una
grossa responsabilità verso di lui. Il mio pubblico è molto giovane, anche ragazzi di 15, 16, 17 anni che portano i genitori. Voglio mostrare a loro quanto sia difficile diventare un’artista, voglio che vedano il meglio». Sicuramente il pubblico è parte essenziale nell’intenzione creativa della Abramović che costruisce performance estese, dialogate, condivise, in cui utilizza sé stessa e il proprio corpo come mezzo creativo, materico. Gli spettatori non sono dei semplici “osservatori” più o meno critici o entusiasti, ma sono co-protagonisti di quella che si definisce “re-performance”: esibizione prolungata nel tempo in cui, situazioni di uso comune (mangiare, bere, dormire, ecc...), diventano momenti creativi, che autoalimentano l’esibizione stessa. Una visione poliedrica, innovativa, profondamente interagita quella della Abramović, che descrive la sua interpretazione artistica come “materia di scambio”: «Io creo arte, la metto nel mondo e poi le interpretazioni sono quelle che sono. L’esempio che faccio sempre è il film Rashomon di Akira Kurosawa: sette persone con sette versioni diverse della stessa storia. Quando dai vita a un pezzo d’arte non puoi controllarne l’uso. Non è neanche il mio lavoro farlo». Un’arte che si dà, totalmente e senza restrizioni, ai suoi spettatori che sono parte integrante e diretta di un processo e di un orizzonte creativo ambizioso e unico, potenzialmente infinito e eterno: «Il corpo muore, ma l’energia no. Siamo tutti mortali, bisogna trovare soluzioni alternative». La vita, in fondo, è un’opera d’arte. • Marina Abramović. The Cleaner Palazzo Strozzi, Firenze Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 Tutti i giorni inclusi i festivi 10.00-20.00. Giovedì: 10.00-23.00 Tel +39 055 2645155 info@palazzostrozzi.org
Ulay/Marina Abramović AAA-AAA 1978, video 2 pollici trasferito su supporto digitale (b/n, sonoro), 12’57’’. New York, Abramović LLC. Courtesy of Marina Abramović Archives e LIMA, MAC/2017/041Credit: © Ulay/Marina Abramović. Courtesy of the Marina Abramović Archives. Marina Abramović by SIAE 2018
Ulay/Marina Abramović Relation in Space 1976, video ½’’ VHS trasferito su supporto digitale (b/n, sonoro), 59’28’’. New York, Abramović LLC. Courtesy of Marina Abramović Archives e LIMA, MAC/2017/036. Courtesy of Marina Abramović Archives. Marina Abramović by SIAE 2018
7.
ful lifestyle
MISS SWIRL: LA CREATIVITÀ E LA FORZA DI RITROVARE SE STESSE Un progetto per ricreare l’identità delle ragazze senza peli, ribaltando un problema in opportunità T esto
di
R oberta P oggi ,
Q
foto di
S imone T ommy C ei , E nrico D onati , B rando V isibelli
uante volte ci siamo guardate allo specchio e ci siamo soffermate a contemplarlo con un certo senso di insoddisfazione? I lineamenti asimmetrici, l’occhio un po’ sbilenco, il chiletto di troppo o di meno, i capelli che non stanno mai come devono stare… o i capelli che non ci sono più.
Capovolgere un problema in opportunità è un percorso lungo e travagliato, ma per fortuna a volte c’è chi riesce a farlo, e Sara, aka Miss Swirl, ne è un esempio. Fiorentina di nascita, cresciuta in una famiglia di cappellai artigiani, artista estrosa e creativa in tutte le sue forme, nonché grande ammiratrice di Anna Piaggi, non passa sicuramente inosservata. In .8
ENGLISH VERSION>>>> Overturning a problem is a long and hard journey but, sometimes, someone is able to do it: Sara, aka Miss Swirl, is an example. Born in Florence in a family of artisanal hatters, she is creative and distinguishable: three are her main characteristics. The first is a doodle that she always draws close to her left eye, the second is her open smile and the last is the sign that trichotillomania left on her. TTM is a disorder characterized by the impulse to pull out one’s hairs from the head, resulting in noticeable bald patches. Many people are currently
particolare, tre tratti non sfuggono allo sguardo: un girigogolo disegnato sul lato dell’occhio, il segno che la tricotillomania le ha lasciato sul viso e un sorriso contagioso. La storia del primo è più facile da raccontare. Se lo disegna ogni giorno da quando ha 14 anni, dopo aver scoperto per la prima volta l’arte del trucco su The Sims 2. La seconda merita decisamente due parole in più. Ma partiamo dall’inizio. La tricotillomania (TTM) è un impulso compulsivo di strapparsi capelli e peli del viso, che può arrivare al punto in cui la perdita dei peli diventa visibile, fino a diventare un danno irreversibile. Dal greco thrìx capello, tìllo - strappare e manìa - mania, ossessione: così si presenta la definizione ufficiale del disturbo dietro al quale si intrecciano le storie di moltissime persone. E sono molte di più di quanto potremmo immaginare: 147 milioni soffrono di alopecia, il 67% dei pazienti perdono i capelli durante la chemio e circa 4/10 della popolazione mondiale tende alla TTM. Ma quando la vita ti toglie qualcosa, ti costringe a guardare oltre gli schemi in cui ti sei adagiato per anni: cambiano la prospettiva, l’angolatura, la luce e la forza con cui si stringe quella macchina fotografica che inquadra il nostro nuovo mondo. Sara inizia da piccola, quasi per gioco, come accade a tante altre bambine e adolescenti. All’inizio non lo percepisce come un bisogno o un problema, finché i genitori e gli amici non cominciano a preoccuparsi. Nei primi anni tenta di mascherare il disturbo, ma, come scrive nel suo blog, «quando cerchi di nascondere da solo i difetti che proprio di te non riesci ad accettare, finisce che sono proprio quelli che le persone vedono per primi». Inizia così quel lungo percorso di lavoro su
suffering due to that: 4/10 of the global population is tending to TTM: «I never won my battle against TTM» she says «but I learnt how to surf on it. I learnt that choosing life means taking up our responsibility towards ourselves and live our time in the best way we can». With this aim, her project “A bald model with a bold purpose” started: a place to share experiences of hairless women, where they can find all the means to rediscover themselves and their identities. Recreating their image, after a trauma, to those women means also to rebuild their inner self beside their physical aspect: through a hard psychological work, in addition to fashion and make up tips, they can recreate a better version
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se stessa che continua ancora oggi, surfando sull’onda della TTM: «La mia battaglia non l’ho mai vinta, ma ho imparato a surfarci sopra. Ho capito che scegliere la vita significa prendersi la responsabilità nei confronti di se stessi di vivere il proprio tempo con il meglio che abbiamo». È con questa consapevolezza che nasce l’idea del progetto A bald model with a bold purpose: uno spazio di condivisione delle esperienze per le donne senza peli, in cui possano finalmente trovare gli strumenti per riscoprire la versione migliore di se stesse. Ricreare la propria immagine a seguito del trauma significa ricreare anche la propria identità, e questo è possibile grazie a un profondo lavoro su se stesse, oltre a consigli più pratici su moda, accessori e make-up. Sperimentare, sperimentare, sperimentare, con l’obiettivo ultimo di ricercare e costruire (o ri-costruire) la propria autostima: «Il tuo aspetto è un messaggio. E voglio aiutare queste donne a diventare padrone della più forte autostima che c’è in circolazione». Un problema può essere vissuto come un trauma, ma allo stesso tempo offre la possibilità di reinventarsi, e Sara ha scelto di esporsi in prima persona, presentando ufficialmente il progetto a giugno allo Student Hotel in occasione dei Bed Talks. Racconta e condivide la sua storia e il suo percorso attraverso i social, sfruttando così un canale che arriva alle persone senza invaderne la sfera più intima e privata, ma lasciando che siano loro ad avvicinarsi e a contattarla liberamente. Il primo contatto è stato con una ragazza musulmana che vive all’estero, il che ha reso immediatamente chiaro quale fosse l’entità del problema, ben oltre le innumerevoli frontiere linguistiche, culturali e religiose. Molte di queste donne si sentono o si sono sentite spogliate di qualcosa, e spesso in giro si trovano solo metodi cerotto che non forniscono una vera soluzione. Certo, ognuna ha la sua storia, ma esponendosi in prima persona raccontando la sua, Sara cerca di fornire un appoggio reale, un trampolino di lancio verso una nuova vita col sorriso. Non conformandosi agli stereotipi di bellezza a cui siamo quotidianamente abituate, ma in una forma totalmente rinnovata a partire dalla nuova situazione di diversità, imparando a gestire il giudizio degli altri ma soprattutto quello che ogni donna spesso si sentenzia da sola: «Senza capelli, ciglia e sopracciglia si può ricostruire tutto da zero, le possibilità sono infinite!». Insomma, insegnare a se stesse ad amarsi: impresa non da poco. Impariamo tutte a essere oneste davanti allo specchio, perché in genere non lo siamo proprio per niente. • Instagram: miss_swirl Blog: misswirl.com of themselves and rebuild their self-esteem. «Your aspect is a message and I want to help all those women to become owners of the strongest self-confidence and selflove, than they ever did». That’s why she personally exposes herself and presented her project to the Bed Talks held at the Student Hotel last June. She keeps on sharing her story on social networks, trying to teach people how to love themselves: «Without hair, eyebrows, eyelids you can restart: you’ve plenty of possibilities!». Let’s learn then, all of us, how to be honest and grateful facing the mirror: generally, we’re not. •
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FUL GUSTO
DI CULTURA IN CULTURA: DALLA LIBRERIA GONNELLI AL RISTORANTE REGINA BISTECCA. Ha aperto in via Ricasoli un ristorante che celebra la qualità e coniuga la cultura gastronomica con la storia, proprio come faceva la libreria di cui ha preso il posto. T esto
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di
M ario S enesi , F oto
di
L uca M anaglia
U
n altro ristorante direte voi? Sì, e ne vorremmo di più con la medesima qualità e professionalità. L’indirizzo è via Ricasoli 14r, quello appartenuto per oltre 140 anni alla storica libreria antiquaria Gonnelli. Fondata nel 1875 in via Ricasoli 6 (di fronte al Teatro Niccolini) da Luigi Gonnelli, è stata una delle più antiche e storiche librerie antiquarie d’Italia con il pregio di appartenere alla stessa famiglia da quattro generazioni. Una libreria che fortunatamente
non ha chiuso, ma si è solamente trasferita in piazza Massimo D’Azeglio 13, luogo più adatto ad accogliere il ciclo moderno di affari, fatto anche di aste e non solo di libri. Il nome del ristorante prende spunto da una celebre affermazione di Gabriele D’Annunzio che, trovandosi a desinare in un’osteria fiorentina, esclamò di fronte ad una bistecca di oltre un chilo e mezzo: «Questa è una regina bistecca!». Da questo simpatico aneddoto ritrovato in alcune carte, i due soci Simone Arnetoli e Matteo Perduca (Arnetoli fondatore di Galateo ricevimenti, Perduca invece fondatore e designer di SoprArno e AdAstra boutique bed and breakfast in Oltrarno) hanno voluto creare un ristorante che potesse preservare e valorizzare l’atmosfera di uno spazio affascinante, come quello appunto della libreria Gonnelli, dove poter offrire un’esperienza di gratificazione e di appagamento che coniuga cibo e storia. Così, nel rispetto di questa storia più che secolare, hanno deciso di mantenere inalterata l’architettura degli interni, con le librerie, il ballatoio e il soppalco nella sala d’ingresso. Le pareti sono state adornate con opere d’arte appartenenti alla collezione della Libreria Gonnelli, oltre a opere appositamente eseguite da artisti contemporanei, come la Mucca saggia di Paolo De Cuarto, e un neon con la sequenza di Fibonacci, opera della calligrafa Betty Soldi. Sulle varie librerie, i libri antichi hanno lasciato il posto a un’ampia enoteca con etichette principalmente toscane, nonché alla collezione privata del ristorante fatta di libri di cultura e storia gastronomica. All’ingresso troverete uno spazioso American bar dove sorseggiare un buon drink prima di raggiungere il vostro tavolo. Dopo essere stati avvolti da questa seducente bellezza, estetica e di contenuti, arriva lei la regina della tavola fiorentina, la bistecca. Prima ve la faranno vedere su un ENGLISH VERSION>>>> Opened in Via Ricasoli 14 r, where Libreria Gonnelli (one of the most ancient bookshops of Florence) originally took place, Regina Bistecca is a restaurant that celebrates quality, tradition and history, in the same way the bookshop did. After Libreria Gonnelli had moved to Piazza d’Azeglio 13, this location inspired Simone Arnetoli and Matteo Perduca to create their new restaurant, preserving the original architecture, bookshelves and porch included. The walls are decorated with some artworks belonging to Libreria Gonnelli’s collection and others especially made by contemporary artists (such as Paolo de Cuarto’s Mucca Saggia) and a Fibonacci’s sequence neon made by Betty Soldi. The name of the restaurant is taken from D’Annunzio’s quote who, in front of a big steak, claimed: «This is a Queen Steak!» (“Regina Bistecca” in Italian). Entering inside the restaurant, you’ll find a spacious American bar where you can sip a good cocktail waiting for your “queen steak”: but before you’ll be informed, through a specific receipt, about the precise weight of the meat you’re going to enjoy. The steak then, will be cooked with a particular barbecue method, created by Simone Arnetoli. Chapeau, Regina Bistecca!
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curioso scontrino dove, onore e complimenti a chi lo ha pensato, troverete indicato l’esatto peso della vostra carne (la trasparenza prima di tutto) e poi sarà messa in cottura su una brace di carboni ardenti progettata da Simone Arnetoli. Brace che prevede anche una cappa fumaria con abbattitore di fuliggine così che non venga introdotto nell’atmosfera nessun odore e/o residuo della cottura. Sono i nostri tempi e non possiamo farci niente, se non augurarci e sperare che il numero più alto possibile di ristoranti presenti in città (su TripAdvisor se ne contano oltre 4.000) prenda spunto dalle eccellenze e apporti quel valore aggiunto, fatto di professione, coscienza, etica e stile che possiamo ritrovare in Regina Bistecca. Fermare l’onda mediatica ed economica del panorama gastronomico è pressoché impossibile, ma preservare l’ambiente che ci circonda e quindi l’arte e la cultura di questa città, oltre alle antiche radici cultural gastronomiche, è un dovere che ci viene imposto dalla nostra storia e dal nostro vivere quotidiano. Chapeau, Regina Bistecca, viva la tradizione, abbasso i fast food! •
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FUL NATURA
LA VIA DEGLI DEI
Un affascinante viaggio a piedi nella natura e nella storia toscana ed emiliana, sulle orme di viandanti, commercianti, soldati che solcarono quei sentieri fin dall’epoca etrusca e romana. T esto
e foto di
B enedetta P erissi 15.
Adone, Venere, Luario, Monzuno, sono alcuni dei monti che si incrociano lungo la sempre più nota Via degli Dei. Anzi, i monti sono proprio gli dei che danno il nome al cammino. Un cammino che collega Bologna a Firenze con circa 130 km di itinerario che si snoda tra aree urbane, campagne e zone montuose, dentro e fuori le porte dei due capoluoghi. Un viaggio unico per un fiorentino; un’esperienza ineguagliabile, quella di giungere a piedi nella propria vista e rivista città, quella di vederla con nuovi occhi, completamente spogliata della quotidianità. Viaggiare per motivi commerciali, religiosi, bellicosi, per diletto, come soleva essere nei tempi antichi, anche nell’epoca di massimo splendore della Città del Giglio, il Rinascimento. La Via degli Dei altro non è che l’antica via Flaminia Militare con qualche arrangiamento e aggiunta sotto il comando del console Caio Flaminio, i Romani costruirono nel 187 a.C. un vera e propria transappenninica per collegare Arezzo a Roma basandosi sul precedente tracciato
Foto di Enrico Strocchi .16
etrusco. Ideata e realizzata a cavallo degli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo, la Via degli Dei coincide per gran parte col percorso romano, di cui tuttora ne è visibile il basolato in alcuni tratti. E sì, è possibile effettuare il cammino anche nel senso opposto da Firenze a Bologna, ma l’impegno fisico è più alto e il paesaggio che si lascia alle spalle si suppone più bello. Il cammino comincia da Piazza Maggiore a Bologna e prosegue sotto i portici finché ci si imbatte nella prima salita del cammino, che porta al santuario della Madonna di San Luca, basilica dedicata al culto cattolico mariano che si eleva sul colle della Guardia e ultimo contesto urbano, di lì in poi si scende nella valle del fiume Reno, costeggiandolo e gradualmente ci si inoltra sempre più in ambienti rurali e poi montani. 17.
Convenzionalmente le tappe sono cinque e possono essere intraprese da chiunque; chiunque abbia un po’ di attitudine al cammino e sia dotato di capacità francescana nel riempire il proprio zaino, l’indispensabile e taciturno compagno di viaggio caricato tutto sulle vostre spalle. Per parlare un po’ dei numeri del cammino e costruirsi un’idea un po’ più precisa sull’impegno che comporta e capirne la personale realizzabilità, sebbene la grande variabile risieda nella consapevolezza delle proprie capacità, di seguito riportiamo le tappe nel dettaglio come da dati rilevati dal sito web di riferimento. Tappa #1: Bologna » Sasso Marconi » Badolo • km 21,30 • dislivello +817 mt. -515 mt.• tempo stimato 6.50 h. Tappa #2: Badolo » Monzuno » Madonna dei Fornelli • km 28,00 • dislivello +1.460 mt. -1038 mt. • tempo stimato 9.50 h. Tappa #3: Madonna dei Fornelli » Passo della Futa » Monte di Fo’ • km 17,50 • dislivello +783 mt. -753 mt. • tempo stimato 5.50 h. Tappa #4: Monte di Fo’ » Passo Osteria Bruciata » San Piero a Sieve • km 21,08 • dislivello +641 mt. -1197 mt. • tempo stimato 6.30 h. Tappa #5: San Piero a Sieve » Bivigliano » Fiesole » Firenze • km 33,20 • dislivello +1.367 mt. -1510 mt. • tempo stimato 11.20 h. L’ultima tappa può essere divisa in due parti con pernottamento a Bivigliano per rendere la parte finale, l’arrivo a Firenze, un po’ più soft e godersi di più gli scenari mozzafiato sui dintorni di Firenze e il cupolone che passo dopo passo si fa più vicino. Immersi in una storia centenaria e in maestosi boschi appenninici, lungo la Via degli Dei l'unico motivo per ritornare, per qualche momento, alla realtà, è quello di godersi i piatti della tradizione che mettono in tavola i prodotti gastronomici tipici e genuini della terra che si sta attraversando. Genuini e spontanei come gli incontri che si fanno lungo il cammino. Sono sempre di più i viandanti che decidono di intraprendere questo viaggio a piedi e, che sia camminatori solitari, in coppia o in piccoli gruppi, la sera dopo le molte ore di cammino, i posti - tappa diventano focolari di momenti di condivisione ed allegria, circondati da atmosfere e paesaggi unici. Pronti a partire? •
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ful arte
COLLEZIONE ROBERTO CASAMONTI DAGLI INIZI DEL XX SECOLO FINO AGLI ANNI ’60 T esto
e foto
F ederica G erini
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oberto Casamonti, fondatore e direttore della Galleria Tornabuoni Arte, ha aperto a Firenze la sua straordinaria collezione. È il rinascimentale Palazzo Bartolini Salimbeni, in Piazza di Santa Trinita, ad accogliere da qualche mese questo incredibile spazio museale. L’esposizione sarà proposta al pubblico nella sua interezza in due diverse mostre. La prima vede opere dagli inizi del XX secolo fino agli Sessanta, mentre la seconda proseguirà questo percorso arrivando alla contemporaneità. La collezione dedicata all’arte moderna e contemporanea ripercorre, fino al 10 marzo 2019, la prima metà del secolo e Picasso, Warhol, Kandinsky, Modigliani, Capogrossi, Pomodoro, Castellani sono solo alcuni dei nomi presenti. La prossima primavera vedrà invece l’apertura della seconda parte dell’esposizione, così da attraversare per intero la storia dell’arte del secolo scorso. Il percorso si sviluppa sulla base di criteri di appartenenza a movimenti artistici e tendenze. Ad aprire le danze ci sono Rosai .20
ENGLISH VERSION>>>> Roberto Casamonti, founder and director of Galleria Tornabuoni Arte, opened in Palazzo Bartolini Salimbeni, in Piazza Santa Trinita, his extraordinary collection, split in two different exhibitions. The first part hosts pieces from the beginning of the XX century to the ’60s, while the second hosts pieces from the ’60s to contemporary days, with Picasso, Warhol, Kandinsky, Modigliani, Capogrossi, Pomodoro, Castellani’s artworks. The contemporary art exhibition will be open until March 10th 2019 then, in spring it will be the turn of the other part. It’s not just a selection of artworks but more an artistic journey and an art’s tale: «Many foundations are created in order to celebrate their owners, to promote them. All those
con Marino Marini e De Chirico. Continuando trovate Picasso vicino a Braque, Ernst e Le Corbusier. Fontana è insieme a Burri. Se vi girate potete ammirare anche Castellani, Manzoni e Klein. A chiudere c’è un Kounellis del 1961. Il repertorio delle opere è straordinario e il suo allestimento non risulta mai banale. Non vedrete una semplice selezione di opere d’arte dove nomi importanti si affiancano l’uno all’altro. Questo è un percorso, un racconto. Sono le parole con cui Roberto Casamonti inaugura la mostra a confermarlo. «Tante fondazioni nascono per celebrare i loro proprietari. Chi si aspetta di trovare una fondazione ‘pubblicità’ per la mia lunga carriera di gallerista rimarrà deluso. Chi invece è alla ricerca di sorprese, e un percorso artistico del tutto personale, non lo sarà. Non credo che servano nuovi spazi d’arte per celebrare il Futurismo, o l’Arte Povera o lo Spazialismo italiano, ma c’è un gran bisogno di raccontare storie di amore per l’arte fatte di incontri e occasioni. Prendete Boccioni, per esempio. Non serve la fondazione Roberto Casamonti per divulgare la grandezza del Futurismo di Boccioni, ma mi da un’immensa gioia
who expect to find a ‘promo’ for my long career as a gallery director, will be disappointed; all those who are searching for surprises and for personal artistic journey, will not: there’s a big need to tell love stories about art, meetings and chances» said Casamonti. The exhibition will be opened until March 10th 2019, and can be visited form Wednesday to Sunday from 11. 30 am to 7.30 pm (last entry. 6.30 pm.), tickets will be available at the ticket office of the museum, till thirty minute before closing. Groups and individual visits must be booked 24 h in advance, contacting 055 602030 or emailing prenotazioni@collezionerobertocasamonti.com •
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esporre in un percorso così personale la commozione che ha procurato in me il Boccioni pre-futurista del 1908». Come visitarla? La mostra Dagli inizi del XX secolo fino agli anni ’60 rimarrà aperta fino al 10 marzo 2019, ed è visitabile dal mercoledì alla domenica dalle 11.30 alle 19.00 con l’ultimo ingresso alle 18.30. I biglietti sono acquistabili presso la biglietteria del museo fino a 30 minuti prima della chiusura. Unico piccolo vademecum: le visite di gruppo e individuali devono essere prenotate con un preavviso di 24 ore telefonando al numero 055.602030 o tramite e-mail (prenotazioni@collezionerobertocasamonti.com).
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PERSONE VERE Lindsey Campbell, studentessa dello Studio Arts College International (SACI) ci presenta il suo nuovo progetto fotografico sul tema dell’immigrazione a Firenze. T esto
e foto di
L indsey C ampbell
«U
no dei miei primi compiti come studentessa di fotografia è stato creare una serie di impressioni su Firenze. Quando il mio professore me ne ha parlato, ricordo di aver pensato che una delle prime cose che ho notato fosse la grande presenza di immigrati in giro, qualcuno senza meta. Ho parlato con alcune di queste persone e ho scoperto che volevano solo essere viste come degli esseri umani, non solo come qualcuno con la pelle scura che per caso è finito a migliaia di kilometri di distanza da casa, o fornisce lavoro a basso costo nei paesi europei. Questi sono ritratti di persone. Persone vere. Che vogliono essere ascoltate. Questo è quello che voglio fare con il mio lavoro di fotografa. Dare voce a coloro che non ce l’hanno. O amplificare coloro che parlano a bassa voce. Perché sono degli esseri umani e 23.
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semplicemente meritano di avere una nazione che possano chiamare casa che non sia sempre in stato di guerra. Molti dei miei soggetti sono scappati dal Gambia. Io non so molto di quello che succede là, ma so che se un numero sempre maggiore di persone cerca di scappare, vuol dire che sta accadendo qualcosa di terribile. E questa emigrazione di massa ne è il risultato. In questo modo, le persone possono ritornare nei loro paesi e riunirsi con le loro famiglie e i loro cari». Lindsey Campbell Studio Arts College International (SACI) Primavera – estate 2018
ENGLISH VERSION>>>> «One of my first assignments as a photography student was to make a series out of what our first impression of Florence was. When my professor talked about this, I remember thinking about how one of the first things I noticed was the amount of immigrants roaming around, some with nowhere to go. I have talked to some of these people, and found out that they just want to be seen as human beings, not just as someone with dark skin who happens to be thousands of miles from home, or as cheap labor for European countries. These are portraits of people. Real people. And they want to be heard. That’s what my job as a photographer is. To give a voice to the voiceless. Or to to amplify those with quiet voices. Because they are human and just plainly deserve to have a country to call home that is not constantly at war. Many of my subjects escaped from Gambia. Now I may not know much about what’s going on there, but I do know that if more and more people are trying to escape from there, then something terrible must be happening. And this mass immigration is the result of it. This way, we can have people moving back to their home countries, reuniting families and loved ones». •
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ful storia
MASACCIO: L’UNIVERSO DA UN’ALTRA PROSPETTIVA «Poiché l’antichità non ha lasciato nulla, quanto a chiaroscuro, colorito, prospettiva ed espressione, Masaccio, piuttosto che il rinnovatore, è il creatore della pittura.» Storia della Pittura in Italia, Stendhal. Testo di Gianluca Parodi
S
i è cercato più e più volte di dare un volto al Rinascimento, la tradizione fa salire sul palcoscenico di questo spettacolo meraviglioso personaggi altisonanti, scultori e architetti, politici e inventori. Da Michelangelo al Brunelleschi, da Lorenzo il Magnifico a Leonardo Da Vinci, esponenti maestosi di un mondo che torna a credere nella “bellezza”. Ma per ciò che riguarda la pittura, chi fu il primo, vero artista rinascimentale? Sono ormai in molti gli esperti ad affermare con certezza che ci fu realmente un personaggio a rompere gli schemi del passato, dettando in maniera precisa, definita e definibile l’avvento di una nuova era. Si tratta però di un protagonista inaspettato, uno di quei giganti della storia che restano più o meno nell’ombra, che non hanno diritto a un posto nell’Olimpo, soltanto per una serie di avvenimenti, per un intreccio di coincidenze maledette. Dicembre 1401, l’Europa si rialza dopo un capitolo oscuro: la peste nera che, come una valanga, ha trascinato nel nulla i detriti di una società alla deriva, alla mercé di credenze e superstizioni. A Firenze, l’odore della distruzione inizia a dissolversi nell’aria, grazie al vento della “Rinascita”. Proprio nei giorni che precedevano il Natale, nelle campagne circostanti, una donna di nome Jacopa di Martinozzo dà alla luce un bambino, Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai, il padre è un notaio e, seppur iniziato a tale mestiere, quel bambino non lo praticherà mai. Giorgio Vasari scrisse di lui: «Fu persona astrattissima e molto a caso, come quello che, avendo fisso tutto l’animo e la volontà alle cose dell’arte sola, si curava poco di sé e manco d’altrui. E perché e’ non volle pensar .26
già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e non che altro al vestire stesso, non costumando riscuotere i danari da’ suoi debitori, se non quando era in bisogno estremo, per Tommaso che era il suo nome, fu da tutti detto Masaccio. Non già perché e’ fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta straccurataggine.» Pensate al prototipo dell’artista contemporaneo, eccentrico, radicale, stravagante, anticonformista, estroso, Oscar Wilde ha coniato addirittura un termine preciso per riassumere tutto ciò: il “dandy”. Ecco, adesso cercate di elaborarne il perfetto opposto. Masaccio a 18 anni è già considerato un maestro, ma è grossolano, non si cura del suo aspetto, né tantomeno di quello degli altri, non sa che cosa sia l’eleganza nel vestire, non conosce vizi o piaceri, cibi pregiati o denari, il suo epicentro è la pittura, la sua barcaccia, Firenze. Il 1422 è l’anno del suo debutto ufficiale, il dipinto che lo consacra e lo presenta alle botteghe della città è il polittico con la Madonna col Bambino in trono tra due angeli, conservato nella chiesa di San Giovenale a Cascia, a Reggello, datato, appunto, 23 aprile 1422. L’opera presenta una costruzione lucidissima e sicura, Masaccio non si è limitato a disegnare i contorni preparatori ma ha in testa il lavoro finito. La predisposizione del chiaroscuro e la realizzazione architettonica e spaziale, sono un’assoluta innovazione che spezza i canoni della tradizione, sconvolge le abitudini e dona al mondo un nuovo modo di progettare i dipinti. Le figure imponenti, il colore che definisce la terza dimensione, esaltano l’inedito “gioco della prospettiva”. L’architettura ricurva esalta la Regina dei Cieli, la Madonna, protagonista indiscussa dell’intero costrutto, che presenta al mondo il suo bambino. Il piccolo Gesù è raffigurato in termini sorprendenti per l’epoca, pervaso da una tenerissima umanità infantile, stringe a sé il cardellino che anticipa il suo martirio, ma ha due dita in bocca, come un semplice bambino. Questo particolare dona estrema veridicità all’immagine e testimonia come, benché Masaccio sia pittore solenne e austero, ritragga i suoi personaggi con estrema e toccante sensibilità. Il volto tornito dalla luce esalta la bellezza della Vergine, gli angeli dal profilo perduto trasmettono una fisicità potente, con le ali fiammeggianti, simboli di estrema vivacità. Le indicazioni spaziali sottili, ma raffinate, suggeriscono un lavoro d’immensa minuzia nella ricerca del particolare. Ma il vero capolavoro è senza dubbi la serie di affreschi che impreziosiscono la Cappella Brancacci, all’interno della chiesa di Santa Maria del Carmine. La storia narra che il pittore fiorentino, sebbene giovanissimo, godesse di grande fama negli ambienti artistici della città e Masolino da Panicale, pennello raffinato e illustre dell’epoca, lo volle con sé per gli affreschi commissionati dal ricco mercante e politico Felice Brancacci. È decisamente improbabile che, nonostante la cospicua differenza d’età, tra i due vigesse un rapporto di allievo/maestro, dato che le capacità del giovane Masaccio erano evidentemente superiori e riconosciute. Ciò che si compie all’interno di questa Cappella tra il 1424 ed il 1427, è 27.
uno di quegli eventi che deviano inesorabilmente il normale corso della storia. Entrando l’occhio si abbuffa di colore, il visitatore ha la sensazione di prendere parte al dipinto e di interagire con le altre figure. È la magia della prospettiva: anticipata da Giotto, intrapresa da Brunelleschi e Donatello, consacrata da Masaccio. Ma c’è di più, c’è la potenza del linguaggio, che rompe con la tradizione: sta nella differenza tra gli affreschi dei due pittori che si staglia di fronte al nostro sguardo. La Tentazione di Adamo ed Eva di Masolino trasmette una serena compostezza, mentre nella Cacciata dal paradiso terrestre di Masaccio, l’impianto concettuale cambia radicalmente. Una straziante agonia trasfigura i volti dei personaggi. Masaccio scardina la consuetudine di rappresentare la figura umana in maniera estatica, serena. Coglie il dolore, la sofferenza, i suoi dipinti sono vissuti, gridano. Eva è rotta in un urlo spaventoso, è il monito di una pittura che tenderà sempre più a rappresentare il vero. Il destino ha voluto che questo geniale pittore se ne andasse poco dopo aver terminato il suo insuperabile capolavoro. Masaccio, forse per mano di un acerrimo e agguerrito rivale, morì avvelenato a Roma, a soli 27 anni. Fu sepolto nella sua Firenze, proprio all’interno della chiesa di Santa Maria del Carmine, in un punto imprecisato, misterioso e silenzioso, proprio com’era lui. Nessuno può sapere che cosa sarebbe riuscito a fare se avesse potuto operare per altre decine di anni, possiamo solo affidarci alle parole semplici e incredibilmente esegetiche di Leonardo Da Vinci: «Tommaso fiorentino, scognominato Masaccio, mostrò con opera perfetta come quelli che pigliavano per altore altro che la natura s’affaticavano invano». •
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XXXVIII STAGIONE CONCERTISTICA 2018 / 2019 Giorgio Battistelli direttore artistico
Daniele Rustioni direttore principale
Thomas Dausgaard direttore onorario Celso Albelo Salvatore Accardo George Andguladze Giordano Bellincampi Mario Brunello Francesca Dego Pietro De Maria Lorenzo Fratini Gianluigi Gelmetti Kerem Hasan Niklas Benjamin Hoff mann Tiina-Maija Koskela Hennig Kraggerud Jan Lisiecki Raffaella Lupinacci
Alexander Malofeev Michele Marelli Michele Mariotti Edgard Moreau Angela Nisi Eva Ollikainen Maxime Pascal Erica Piccotti Miriam Prandi Beatrice Rana Federico Maria Sardelli Peppe Servillo Markus Stenz Eduardo Strausser
Coro del Maggio Musicale Fiorentino Orchestra Haydn di Trento e Bolzano C o n s e r v a t o r i d e l l a To s c a n a YO Y O Yo u t h O r c h e s t r a Yo u t h O R T con il contributo di
orchestradellatoscana.it
ful architettura
ARCHITETTURA PER IMMAGINI per immaginare l'architettura a cura dell'Ordine e della Fondazione degli Architetti PPC della provincia di Firenze www.architettifirenze.it
CANCELLATI CHE CANCELLANO
Chiudete a catenaccio le vostre biblioteche, se volete; ma non potete mettere alcun cancello, alcun catenaccio, alcun lucchetto alla libert del mio pensiero. Virginia Woolf fotografia tratta dall'archivio dell'Ordine degli Architetti PPC della provincia di Firenze
Questa rubrica, annualmente, girerà intorno ad un tema specifico. Quest'anno vogliamo mettere in evidenza tutta la Bella Architettura della provincia di Firenze che ci è preclusa a causa di barriere; “cancellate che cancellano” è la frase chiave di questo progetto. Mandaci la tua fotografia seguendo il regolamento di “spazi sospesi” su www.architettifirenze.it
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5di5 LAVORI IN CORSO di Paola Di Bella | www.paoladibella.com | IG: @paoladibella
Paola Di Bella nasce a Trieste e si laurea in Grafica e Fotografia alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze. Vive a Bristol e lavora come fotografa freelance per l’agenzia Redux, realizzando in particolare reportage sociali, scientifici e di architettura tra Europa e Asia. “Lavori in corso” (autunno 2007) è un reportage realizzato durante i cantieri della linea 1 della tramvia di Firenze per indagare l’impatto urbanistico, architettonico, ambientale e sociale della nuova infrastruttura sul territorio fiorentino e testimoniare il lavoro degli operai. Paola Di Bella was born in Trieste and graduated in Graphic and Photography at the University of Architecture in Florence. She lives in Bristol and works as a freelance photographer for Redux agency, creating scientific, social and architectural reportage between Europe and Asia. “Lavori in corso” (Autumn 2007) is a reportage realized in the building sites of tramvia’s line 1 to research the impact of the new infrastructure on the city and witness the labour of the workers.•
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ful uno straniero a firenze
/\ un fiorentino all’estero
CLARA ZHOU
Ciao, mi chiamo Clara e sono una ragazza italo-cinese nata e cresciuta a Firenze. La mia famiglia abita a Prato, dopo aver vissuto a Firenze per quasi un decennio. Quando ero bambina la mia famiglia gestiva il ristorante cinese “Paesaggio Marino” in via Gioberti. Adesso ho 30 anni e sono una graphic designer. Mi sono trasferita in Canada nel 2017 per completare la mia laurea in design e, ho in progetto di lavorare qui per almeno due anni. Prima di trasferirmi in Canada ho vissuto quattro anni a Shanghai per riscoprire le mie radici e imparare meglio il cinese. Per una serie di motivi culturali e di studio, ho deciso di trasferirmi a Vancouver, dove c’è una ricca comunità italiana nella zona di Commercial Broadway. Quello che mi attrae di Vancouver è l’attenzione data alle giovani generazioni e alle loro capacità di migliorare la città. Cosa porteresti a Firenze da Vancouver? A Firenze porterei il clima di pace tra culture diverse. Vancouver è una città multiculturale in cui ciascuno ha una provenienza diversa. Ci sono diversi quartieri etnici che sono frequentati come zone di arricchimento culturale, piuttosto che di divisione. La percezione comune è quella di vivere all’interno della stessa esperienza canadese, in cui si può trovare l’amore e l’amicizia in persone di diverso background etnico e culturale. C’è un’elevata percentuale di coppie e matrimoni misti che rientra nelle norme del vissuto quotidiano. A Vancouver non importa molto da dove vieni e questo vale sia nella vita privata che lavorativa. Cosa porteresti a Vancouver da Firenze? Quello che mi piace di Vancouver è l’apertura mentale e la voglia di sperimentare con nuovi stili di vita secondo le ultime tendenze, ma mi sembra manchino un po’ i valori della tradizione che si possono trovare in città ricche di storia come Firenze. Per questo motivo a Vancouver porterei l’importanza di guardare al passato. Porterei anche l’importanza del vivere all’interno di una comunità, che spesso viene dimenticata in città moderne come questa. Ho notato che spesso le persone che vivono nello stesso palazzo si salutano e guardano in faccia a malapena. Hi, my name is Clara and I am an Italian-Chinese girl brought up in Florence. My family today lives in Prato after more then ten years in Florence. When I was a kid they used to run a Chinese restaurant called “Paesaggio Marino” in via Gioberti. Now I’m 30 and I am a graphic designer. I moved to Canada in 2017 for my degree in Design and I’m planning to stay at least two years. Before moving here I lived for four years in Shanghai to find out about my roots and learn Chinese. For a number of cultural and study reasons I decided to move to Vancouver, where there is a rich Italian community in the area of Commercial Broadway. What I like in Vancouver is the attention for the new generations and the way they can improve the city. What would you take from Vancouver to Florence? The climate of peace between different cultures.Vancouver is a multicultural city in which everyone has a different origin. There are several ethnical neighbourhoods where people go for cultural enrichment. The common perception is that everyone lives the same Canadian experience, in which you can find love and friendship with people from different ethnical and cultural backgrounds. There is a high percentage of mixed couples and marriages and that is normal. In Vancouver it doesn’t matter where you come from, both in your private and professional life. What would you take from Florence to Vancouver? I like Vancouver’s open-mindedness and the way they experiment with new lifestyles but I think they are missing a bit the value of tradition, that you can find in cities rich in history as Florence. For this reason I’d bring to Vancouver the importance to look at the past. And also the importance to live inside a community, that often is forgotten in modern cities as this. I noticed that people who live in the same building do not greet or even look at each other. •
FRANCISCO CORTES MOLINA
Ciao FUL, sono Francisco Cortes Molina, cileno di Valdivia, Patagonia amici, il sud del mondo! Sono un sushi chef e dopo aver dato la vuelta al mundo San Paolo, Nuova Zelanda, Barcellona, New York, Miami, adesso sono qua per avvicinarmi alla cultura gastronomica italiana, che è qualcosa di infinitamente prezioso, e per far assaggiare a voi il mio sushi nikkei affinato durante le mie esperienze in giro per il globo. Sono uno chef itinerante pertanto non posso dirvi dove trovarmi ma magari potete seguire la mia pagina IG Francisco sushi chef e troverete le mie serate :-) Cosa porteresti da Firenze a Valdivia? Il rispetto per la città e per il patrimonio culturale. Noi che apparteniamo al nuovo mondo dobbiamo imparare molto dalla vostra cultura, del rispetto che avete per la vostra storia. La cultura sociale dell’eleganza e del buon gusto, dal cibo al rapporto tra le persone. È molto interessante osservare come la bellezza di una città si possa riflettere sulle persone. Cosa porteresti da Valdivia a Firenze? Una cosa di Valdivia che mi manca a Firenze è la possibilità di ascoltare la musica per strada. Nella mia città di 250 mila abitanti, che si trova nella Patagonia cilena, si insegna musica in tutte le scuole, pubbliche o private, e ci sono 3 conservatori musicali. La musica per noi è cultura e quando cammini per la strada incontri sempre qualcuno che suona il violino, il fagotto, una tromba. Chi vuole studiare musica in Cile deve venire a Valdivia. Hi FUL, I’m Francisco Cortes Molina, Chilean from Valdivia, in Patagonia my friends, the south of the world! I’m a sushi chef and after giving la vuelta al mundo (San Paolo, New Zealand, Barcelona, New York, Miami), now I am here to get to know better the Italian gastronomical culture, that is something extremely precious, and for you to taste my sushi nikkei, that I refined during my experiences around the world. I am an itinerant chef, so I cannot say where you can find me but you can follow my IG page Francisco sushi chef to find out about my nights :-) What would you take from Florence to Valdivia? The respect for the city and the cultural heritage. The people from the new world have to learn from your culture, from the tribute you pay to history. The social culture of elegance and taste, from food to the relationship between people. It’s very interesting to observe how the beauty of a city can be reflected on its people. What would you take from Valdivia to Florence? One thing from Valdivia that I miss in Florence is listening to music in the streets. In my city of 250 thousand people, that is located in the Chilean Patagonia, music is taught in every school, public or private, and there are 3 music conservatories. Music for us is culture and when you walk in the street you meet always someone who plays the violin, the bassoon, the trumpet. Who wants to study music in Chile has to come to Valdivia. • 33.
la pagina dell'artista*
per il numero XXXIII è a cura di BAD BROTHER’S TATTOO Nigredo by Bad Brother’s Tattoo IG: badbrotherstattooflorence | FB: BADBROTHERSTATTOOSTUDIO
L’alchimia ha come obbiettivo l’innalzamento spirituale dell’uomo. La “Grande Opera” ovvero la ricerca dell’illuminazione, inizia con la prima delle 3 operazioni: l’opera al nero ovvero la nigredo qui rappresentata, ed è il confronto con la parte oscura di ognuno di noi, ovvero l’ombra che deriva dall’ego. Attraverso l’annullamento dell’ego e delle proprie convinzioni si avrà accesso alla seconda operazione: l’opera al bianco, ovvero l’albedo... to be continued. I simboli della nigredo sono: Saturno (il primo cerchio è l’anello di Saturno); il sole nero (il cerchio centrale) con la freccia verso il basso = discendere verso se stessi; il corvo; per poi uscirne migliorati (Mercurio, l’ultima figura sotto il corvo).
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n u o va
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Berberè apre la seconda pizzeria a Firenze TUTTI GIORNI:
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la Notte europea dei ricercatori a Firenze
la ricerca
all’OPERA
27 | 28 settembre 2018 ASPETTANDO LA NOTTE
giovedì 27 settembre Aula Magna | Rettorato 10.00 | 15.00 Presentazione di idee e progetti di giovani ricercatori
LABORATORI, MUSEI E SPAZI CULTURALI APERTI venerdì 28 settembre 10.00 | 14.00
Ingresso gratuito
Museo degli Innocenti Accademia delle Belle Arti con la partecipazione di
C O N S E RVATO R I O D I M U S I C A
LUIGI CHERUBINI F I R E N Z E
in collaborazione con
con il patrocinio di
Angoli della città per dialogare con i ricercatori Mercato di Sant’Ambrogio, piazza Ghiberti Piazza Santa Maria Novella Piazza Santissima Annunziata
LA NOTTE DEI RICERCATORI 16.30
Teatro del Maggio Musicale fiorentino Piazza Vittorio Gui, 1 | Firenze Miniconferenze di docenti e ricercatori di Unifi, LENS, CNR, INFN, AOU MEYER, IUE (ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO) organizzate per temi chiave: European Paths Food sustainability and the climate change European Year of Cultural Heritage What a Wonderful World Health New technologies Percorsi di divulgazione scientifica a cura di OpenLab Incursioni a cura del Coro dell’Univerità degli Studi di Firenze Segue aperitivo
L’Origine della Specie musicale
Una notte di evoluzioni sinfoniche Teatro del Maggio Musicale fiorentino Piazza Vittorio Gui, 1 | Firenze In scena una crociera guidata da Charles Darwin, che permette agli spettatori di scoprire l’incredibile evoluzione della musica sinfonica, da Vivaldi a Nino Rota, attraverso i protagonisti di 300 anni di storia musicale e civile. Con l’Orchestra del Conservatorio Cherubini e la partecipazione dell’Orchestra dell’Ateneo fiorentino. Testo di Luigi Dei Rettore Università di Firenze Voci recitanti Luigi Dei | Giovanni Vitali Direttore d’ Orchestra Paolo Ponziano Ciardi
Il programma completo su
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Museo Archeologico Nazionale di Firenze (Polo Museale della Toscana)
11.00
LA NOTTE IN MUSICA 21.00
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Sistema Museale di Ateneo, Museo di Storia Naturale (La Specola, Antropologia ed Etnologia, Geologia e Paleontologia, Orto Botanico “Giardino dei Semplici”)
SPEAKER’S CORNERS