FUL | Firenze Urban Lifestyle #23

Page 1

novembre - dicembre 2016

anno

04

n• ventitré

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi

In questo numero:

Ai Wei Wei • From Galileo to Mars • Verdiana Raw The GreenWatcher • B&B Il Giglio Rosso • HuCare Federico Bria • Lego Serious Play • Urto Emiliano Cribari • Oh My God Florence!


Crescere... che fatica! Quanto impegno, quanta inevitabilità e a volte anche quanta ritrosia. Ma non possiamo sottrarci all’evoluzione, sarebbe contro natura. Sarebbe la fine. Quindi bisogna crescere umanamente, fisicamente, emotivamente, professionalmente. FUL cresce e ci piace pensare che voi cresciate con noi, con i nostri articoli, le nostre storie, tra una pagina e l’altra. FUL cresce con la sua presenza online e nella vita quotidiana fiorentina. Il 6 novembre presentiamo il numero 23 in una location d’eccezione, il bed & breakfast Giglio Rosso in via Guido Monaco, con un evento davvero inedito. Quattro stanze, quattro performance diverse, un blind date. FUL 23 è una nuova bellissima copertina dell’artista Elena Corsaro Napoleone, è attenzione ai consumi con The GreenWatcher, è un’app che cambierà il vostro approccio alle medicine, HuCare, le illustrazioni di Federico Bria, il simposio From Galileo to Mars – Renaissance of the ArtSciences, l’ultimo album dei Verdiana Raw, la mostra di Ai Wei Wei, i corsi di Oh My God Florence, il workshop LEGO® Serious Play® svoltosi durante il festival Firenze RiVista, il progetto fotografico Io Sono di Emiliano Cribari, l’artista ospite Urto. Buona lettura! Annalisa Lottini

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi

Ideazione e coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi Immagine di copertina realizzata da Elena Corsaro Montenapoleone Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com

www.firenzeurbanlifestyle.com

ringraziamenti

Marco Donati, Federico Bria, Laura Albano, Maria Ignacia Walker, Duccio Aiazzi, Holly Heuser, il sole, il mare e il lindy hop.

abbonamenti

Volete ricevere la vostra copia di FUL direttamente a casa? Scrivete a commerciale@firenzeurbanlifestyle.com

FUL *firenze urban lifestyle*


23 p. 4/6

p. 20/21

The GreenWatcher

B&B Il Giglio Rosso

green

turismo

p. 7/9

p. 23/24

Federico Bria

Oh My God Florence!

arte

p.

10/13

arte & scienza from galileo to mars

p.

14/15

salute

HUcare

p.

16/17

musica

design

p. 25/27 reportage

un gioco molto serio

p. 28 5di5

Io sono

p. 29

uno straniero a Firenze un fiorentino all’estero

Verdiana Raw

GIULIA BUFFA&perrine s.

p. 18/20

p. 30

Ai Wei Wei. Libero

URTO

arte

pagina dell’artista


ful green

The GreenWatcher

Il guardiano delle imprese sostenibili Testo di Jacopo Visani, foto di TheGreenWatcher

O

gni nuovo rapporto sullo stato di salute del pianeta ci ricorda che l’ambiente non versa in buone condizioni e le prospettive sono tutt’altro che rosee. Per garantire un habitat degno di essere chiamato tale per le future generazioni, molto probabilmente servirebbe un vero e proprio mutamento di paradigma capace di invertire una tendenza che altrimenti sembra inevitabile. Per fortuna la sensibilità nei confronti dell’ambiente sembra diffondersi sempre di più. Molti consumatori manifestano una crescente attenzione al tema e le imprese direttamente coinvolte nell’ambito green o che perseguono scelte ecosostenibili si moltiplicano. Purtroppo però le istituzioni non si impegnano ancora quanto dovrebbero! .4

A Firenze negli ultimi anni sono sbocciate numerose imprese che promuovono la sostenibilità ambientale – pensiamo per esempio a Treedom, SenzaSpreco, greenApes –, tanto da far pensare alla nostra città come alla capitale dell’imprenditoria green in Italia. The GreenWatcher si inserisce a pieno titolo tra queste. Le origini di The GreenWatcher risalgono a una ricerca universitaria portata avanti nel 2006 dall’allora ricercatore Duccio Brunelli. La regione Toscana aveva infatti commissionato all’Università di Firenze l’elaborazione di criteri e di strumenti per valutare la sostenibilità ambientale da poter usare nelle gare d’appalto per i propri allestimenti temporanei. Il risultato della ricerca è stato prima messo in pratica e poi adottato sotto forma di linee guida dalla regione stessa.


Le competenze sviluppate durante questa ricerca sono rimaste all’interno dello studio BBA, in cui Duccio e i soci, Amina Mauro e Salvatore Covelli, hanno iniziato a usarle per la progettazione di allestimenti temporanei sempre più sostenibili. Dal 2006 al 2014 il panorama tecnologico è completamento cambiato – basti pensare a quanto si sono diffusi gli smartphone e all’evoluzione del web – e la sensibilità nei confronti dell’ambiente è aumentata di pari passo anche tra le imprese. I tempi erano quindi maturi per condividere queste innovative competenze e far sì che tutti i titolari di aziende potessero trarne beneficio. Il progetto è stato sostenuto inizialmente dalla Camera di Commercio di Firenze e poi ha vinto altri numerosi premi e finanziamenti. La parte digitale è stata sviluppata da Adacto, un’agenzia web e di comunicazione presente sia a Empoli che a Milano. Ma esattamente cosa fa The GreenWatcher? Mette a disposizione delle aziende un sito e un’app che gli permettono di ecovalutare, attraverso un semplice questionario, in modo gratuito e autonomo, il livello di ecosostenibilità della loro attività commerciale. L’algoritmo alla base di questo sistema calcola dati come l’energia usata in kilowatt all’ora, le emissioni di CO2 durante la logistica, la quantità di rifiuti e la loro modalità di smaltimento e traduce il risultato in un voto di facile comprensione per gli utenti. L’azienda viene così mappata sul portale e riceve la possibilità di essere pubblicizzata online, promuovendo nello specifico il proprio impegno green. Il voto dell’ecovalutazione non è mai punitivo e, anche quando appare basso, è comunque positivo perché manifesta un interesse da parte dell’azienda nel migliorare i propri standard, cosa che nella stragrande maggioranza dei casi avviene in seguito. Le varie attività commerciali sono portate a modificare le proprie attrezzature e prassi con un beneficio diretto per il proprio bilancio; basti pensare a quanto sia possibile risparmiare a fine anno illuminando i propri spazi esclusivamente con luci al led. Da questo punto di vista la start-up fiorentina offre una consulenza gratuita che può essere paragonata a un vero e proprio audit ambientale che altrimenti costerebbe molto caro. I consumatori d’altra parte posso esprimere un’ecoopinione sulle attività commerciali che spesso in seguito si collegano al portale per sottoporsi al questionario di ecovalutazione. Il consumatore può così stimolare l’adeguamento ambientale degli esercizi che frequenta. Le aziende coinvolte sono in maggioranza di piccole dimensioni, appartengono ai settori del commercio al dettaglio, della ristorazione e

.5


della ricettività e sono localizzate soprattutto in Italia, ma anche in Europa, negli Stati Uniti e in luoghi più esotici. A Firenze sono numerose e vanno dal piccolo vinaino del centro storico al grande hotel di lusso sui viali. In piazza della Passera quasi tutte le attività si sono ecovalutate cercando di creare un cuore verde nel centro. The GreenWatcher ha creato anche delle partnership con soggetti capaci di proporre soluzioni per migliorare l’eco-sostenibilità delle imprese, come per esempio SenzaSpreco per lo smaltimento del cibo invenduto e PonyZero per la logistica. The GreenWatcher non è uno strumento contro il sistema

.6

economico, ma vuole muoversi al suo interno per la diffusione di imprese commerciali sempre più attente all’ecologia. Di fatto, offrendo un servizio gratuito e aperto, ha portato tante realtà, che altrimenti non l’avrebbero fatto, ad avvicinarsi al mondo dell’eco-sostenibilità. Il meccanismo del resto è semplice: il tornaconto economico delle singole imprese genera effetti cumulativi positivi per l’ambiente e sembra adattarsi alla perfezione a quelle che dovrebbero essere le dinamiche della tanto sbandierata smart city. Certo, di fronte all’entità della crisi ecologica non è una soluzione sufficiente, ma è di gran lunga meglio di niente! •


Sulla carta tutto puo succedere

Storia di un giovane illustratore fiorentino con l’ossessione del dettaglio

Testo di Cristina Verrienti, illustrazioni di Federico Bria

U

n giorno ti alzi, hai finito l’università, ti sei laureto in Scienze politiche, la prospettiva di una specialistica che ripete cose già studiate non ti alletta, e ti accorgi che è meglio tornare sui tuoi passi. Nato a Monaco, classe ’87, Federico Bria è un giovane illustratore fiorentino autodidatta con l’ossessione per il dettaglio. Nel 2012 la reazione si innesca: Federico inizia a prendere sul serio il suo sogno quando un giorno il padre, di ritorno da un viaggio, gli porta due penne, una nera e una verde. Comincia a schizzare realizzando disegni molto elaborati come faceva da bambino, ma finalmente le cose nella sua testa prendono forma sulla carta esattamente come le immagina. I ferri del mestiere sono china, pigmento, acrilico e Uniposca, tutti rigorosamente in bianco e nero; danno vita a una composizione di dettagli simile a un frattale di spazi surrealisti, generati dallo scontro di elementi naturali e artificiali che si combinano nel vuoto dell’universo. Come nella scrittura per associazione, il suo disegno nasce da un monologo interiore che segue una 7.


rapida successione di immagini trovando posto sul foglio. Alcuni si sviluppano a partire da un’idea precisa, ma più spesso cominciano per caso da una conversazione, un risveglio, o semplicemente da un momento di stallo davanti al foglio bianco di un altro progetto. Allora la penna scorre libera e Federico ricostruisce a posteriori i significati. «L’ispirazione non è una cosa che dipende da te, anche se cerco sempre di costruirmi una storia e trovargli un senso.» Il disegno a mano è la prerogativa delle sue illustrazioni, il rischio di sbagliare e sfruttare l’errore per sviluppare il disegno a poco a poco è un aspetto che lo affascina da sempre. «Adesso con i lavori su commissione i margini per sbagliare sono minori», quindi lavora su fotocopie fino a raggiungere l’effetto desiderato passando tanto tempo alla scrivania, dalle sei alle otto ore di fila, talvolta per mesi interi. Non avendo avuto maestri, al di fuori degli artisti che ammira, come i due illustratori francesi Mcbess e Ugo Gattoni, impiega molte ore nello studio della teoria. «Il tempo che dedico a un’illustrazione dipende dai dettagli che voglio dare, perché è sempre una ricerca di nuove tecniche che possono realizzare quello che mi frulla in testa.» Federico collabora a tempo pieno con Threefaces dal 2012, dove si occupa del reparto grafica e illustrazioni insieme ad altri sei colleghi. Il nucleo di amici che conosceva da anni lo ha introdotto a un giro di persone con cui lavora con piacere. «Ho trovato un humus in cui le diverse teste si incastrano bene nonostante gli stili differenti.» Inoltre gli piace l’idea di interdisciplinarità tra disegno e letteratura «Ogni volta che saltano fuori dei racconti per il numero nuovo, parliamo e ci confrontiamo in modo che ognuno sceglie quello che vuole fare, cercando di adattarci e venirci in contro.» Nell’ultimo anno ha esposto in diverse realtà fiorentine come il Glue, il Vinile e il bar Magnelli in via Gioberti. Tra le collaborazioni che ha portato a termine ci sono la copertina del nuovo disco del rapper K!dust, una serie di orologi per madisonwatch.com, e delle tavole da skate in legno per woodo.it, oltre a un progetto per Ecomoods Atelier di illustrazione su tovagliette e cuscini. L’ultima opera a cui sta lavorando è un puzzle di pattern geometrici sviluppato su otto supporti di legno. Per ulteriori informazioni www.behance.net/FedericoBria woodo.it .8

ENGLISH VERSION>>>>

One day you wake up, you have finished University, you have taken a degree in Political Science and the perspective is to make a master that is a repetition of what you have already studied. So you realize that it is better if you turn back on your steps. Born in Monaco in 1987, Federico Bria is a self-taught young Florentine illustrator with an obsession for details. In 2012 Federico starts to believe in his dream, precisely when his father gives him two pens, one black and one green. He starts sketching very detailed drawings. He uses Indian ink, pigment and acrylic: all black and white. They give life to a surreal composition of details, generated from a crash between natural and artificial elements in the emptiness of the universe. His drawings are generated like in an interior monologue, through associations. Some of them develop from a clear idea, but more often they spring by chance after a conversation, an awakening, or simply during a moment of impasse in front of the white page. Hand drawing is the base of his works. He works up to eight hours per day, sometimes even for entire months. He learned from two French illustrators, Mcbess and Ugo Gattoni, but he still studies a lot. «The time I dedicate to a single illustration depends on what kind of details I want to underline». Federico collaborates with Threefaces from 2012, where he manages the graphics and illustration aspect together with other colleagues. «I’ve found a humus where our different heads fit well together although our different styles». In the last year he has exhibited in different Florentine realities like Glue, il Vinile or bar Magnelli. Among his collaborations there is the creation of the cover of the K!dust’s album, a series of clocks for madisonwatch.com, some wood skates for woodo.it and a project of illustrations on place mats and cushions for Ecomoods Atelier. His last work is a puzzle of geometrical patterns developed on eight supports in wood. For further information www.behance.net/FedericoBria


9.


ful arte&scienza

from galileo to Mars C'e vita su Marte. E anche design Dava Newman vicedirettrice della NASA a Firenze il 12 novembre in occasione di “From Galileo to Mars – Renaissance of the ArtSciences”, simposio organizzato dalla scuola di arte e design SACI con ospiti internazionali Testo di Paola Ferri, foto Professor Dava Newman

Steven Brittan, Presidente SACI Studio Arts College International

.10

Biglietti per Marte in offerta per andata e ritorno in giornata. Non passerà molto tempo prima che ci ritroviamo un messaggio pubblicitario del genere nella casella mail. Il pianeta rosso è sempre più vicino: la NASA sta progettando un viaggetto per l’Anno Dominis 2023 e c’è già chi si è spinto a progettare veicoli per l’esplorazione, tute spaziali e perfino strutture pseudoabitative. Già perché le missioni spaziali non sono più patrimonio esclusivo di ingegneri e scienziati, ma sono diventate materia prima per creativi di ogni genere: artisti, designer, architetti. Tanto da far ipotizzare che la missione su Marte possa diventare il punto di partenza per un nuovo Rinascimento. La pensa così la scuola di arte e design SACI Studio Arts College International, che per sabato 12 novembre ha organizzato una giornata intitolata From Galileo to Mars – Renaissance of the ArtSciences, proprio per indagare il rapporto tra scienza e arte. La giornata si apre alle 9.00 al Cinema Odeon di Firenze, con ospiti internazionali tra cui la su citata vicedirettrice Dava Newman, l’astronauta, ingegnere della NASA e artista Nicole Stott, l’astronauta italiano Paolo Nespoli, l’architetto e designer Guillermo Trotti (già progettista di strutture abitative per la luna), l’artista Lia Halloran, autrice della mostra Your Body is a Space that Sees, che sarà allestita per l’occasione a Palazzo dei Cartelloni, in via S. Antonino.

F

rom Galileo to Mars sembra il titolo di una canzone o quanto meno di qualcosa che vuol farci sognare, che aspettative ha da questo simposio? E come pensa che la città di Firenze possa recepire tale incontro? Viaggiare nello spazio e raggiungere Marte sono stati da sempre i sogni della nostra civiltà. Oggi sembra quasi un sogno realizzabile, qualcosa che Galileo non avrebbe mai immaginato. È bello poter ospitare proprio qui a Firenze, dove Galileo visse e fece le sue fondamentali scoperte sull’universo, questo simposio con alcuni degli scienziati più importanti della NASA insieme ad artisti e designer rinomati. La mia speranza è che i fiorentini vengano a condividere questo sogno con noi attraverso

le menti dei grandi visionari che ci hanno permesso di far diventare tutto ciò realtà. È facile immaginare delle relazioni tra arte e scienza, ma spingersi oltre e capire come le due materie possano complementarsi nello sviluppo di missioni spaziali lo è un po’ meno. Ci potrebbe spiegare in che modo ciò sarà possibile? Questo simposio mostrerà in quanti modi artisti, ingegneri, designer e scienziati collaborano nel risolvere problemi complessi come progettare tute spaziali, veicoli in grado di attraversare terreni irregolari, o costruire strutture e ambienti in grado di resistere a condizioni estreme nello spazio. Ad ogni modo, questo simposio non è dedicato esclusivamente alle scienze spaziali ma vuole dimostrare quanto la collaborazione tra arte e scienza sia efficace nella risoluzione


Lia Halloran, Orion Nebula, after Cecilia Payne, Inchiostro su pellicola, 2016

di problemi complessi. Negli ultimi dieci anni il ruolo degli artisti e dei designer è cambiato e non possiamo più pensare di lavorare per compartimenti stagni. Questo simposio è per noi un catalizzatore che deve riaccendere la collaborazione tra arte e scienza a Firenze. Come sa noi italiani siamo un po’ fissati con il cibo, la sua arte e le sue tradizioni. Crede che anche l’arte culinaria e quindi i grandi chef potranno essere utili nelle future missioni spaziali? Il nostro pianeta sta vivendo una rivoluzione alimentare e quella di sfamare 8.5 miliardi di persone entro il 2030 è una sfida a dir poco significativa. Credo che i grandi chef si rendano conto che questi problemi vadano affrontati con creatività e hanno già cominciato a inventare nuovi modi per produrre cibo salutare adatto a condizioni ambientali estreme. Comprendere come gli umani si possano adattare ed essere alimentati adeguatamente nei lunghi periodi nello spazio è essenziale. Quindi la risposta è SÌ, io credo che gli chef italiani possano ricoprire un ruolo preziosissimo, nutrendo i nostri astronauti attraverso soluzioni altamente efficienti, nutrienti e artistiche. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, in un recente

articolo pubblicato sul sito della CNN, ha dichiarato che entro il 2040 gli Stati Uniti sperano di portare un uomo su Marte. Se questo avverrà (e forse anche prima del previsto), quale opera d’arte fiorentina porterebbe sul pianeta rosso? Forse ti ricorderai di Paulo Nespoli, uno degli astronauti italiani più famosi dell’ESA (che sarà ospite del nostro simposio). Nel 2009 durante la sua missione per riparare il telescopio Hubble, portò con sé una replica del telescopio di Galileo preso in prestito dal Museo Galileo di Firenze, per commemorarne il quattrocentesimo anniversario. Un’opera che potrebbe essere adatta, ma anche ironica, da portare sul pianeta rosso sarebbe il Galileo before the Inquisition (1857) dell’artista toscano Cristiano Banti. Si tratta di una potente ricostruzione della scena del processo, nella quale Galileo si trova in piedi di fronte al Tribunale che tentava di screditare in tutti i modi le sue teorie eliocentriche. Questo dipinto rappresenterebbe un testamento al genio e al coraggio che il giovane Galileo mostrò, incurante del rischio che correva – come quelli dei nostri avventurieri che nel 2040 cercheranno di raggiungere Marte – per il progresso della specie umana e della sua vita sulla terra. • 11.


Professor Dava Newman, , MIT: Inventor, Science and Engineering Guillermo Trotti, A.I.A., Trotti and Associates, Inc. (Cambridge, MA): Design Dainese (Vicenza, Italy): Fabrication Dougas Sonders: Photography

.12


ENGLISH VERSION>>>>

The red planet is every day closer: NASA is planning a trip for 2023 and there is who has already started to design space-suits and even pseudo-residential structures. Space missions are no more exclusive to engineers and scientists but a matter for creatives of all type: artists, designers, architects. As far as the mission on Mars can be considered the starting point of a new Renaissance. This is at least what thinks the school of art and design SACI Studio Arts College International, that has organized a symposium called From Galileo to Mars – Renaissance of the ArtSciences, on Saturday 12th November. The day starts at 9.00 at Cinema Odeon in Florence with international guests like Dava Newman, NASA’s vice director, astronaut, artist and NASA engineer Nicole Stott, the Italian astronaut Paolo Nespoli, the architect and designer Guillermo Trotti, the artist Lia Halloran, author of the exhibition Your Body is a Space that Sees, that will be hosted at Palazzo dei Cartelloni, in via S. Antonino. «From Galileo to Mars» sounds like the title of a song or at the very least something to dream about. What are your expectations for the symposium? How do you think the city of Florence will receive a similar meeting? It has been civilizations’ long-held dream to travel through space and reach Mars. Now it seems as though we can make it possible, something Galileo may not have imagined. It is poignant that we are hosting this symposium with some of NASA’s leading space scientists, along with renowned artists and designers right here in Florence where Galileo lived and made his profound discoveries about our universe. My hope is that the people of Florence will come share this dream with us through the minds of great visionaries who are paving the way for us to make this a reality. It’s easy to imagine relationships between art and science, but it’s a bit more difficult to understand how the two can join forces in the development of space missions. Could you explain how this is possible? This symposium will showcase numerous ways in which artists, engineers, designers and scientists collaborate together, solving complex problems such as designing space-suits to developing vehicles that can traverse rough terrain, or building structures and environments that can withstand extreme conditions in space. This is however not exclusively a symposium about space sciences, instead we want to demonstrate how the collaboration between art and science are more successful in solving complex problems when combined. In the last decade, the role of artists and designers has changed and we can no longer operate in silo. We are looking to this symposium as a catalyst to reignite the collaboration between art and science in Florence. As you know, we Italians are a bit obsessed with food, its art and its traditions. Do you believe that culinary art and great chefs can be useful in future space missions? Our planet is undergoing a food revolution and we are significantly challenged for how to feed 8.5 billion people by 2030. I believe great chefs are recognizing that we have to be creative in solving

these huge challenges and are already inventing new ways to produce food for extreme conditions in a healthy manner. Understanding how humans can adapt and be properly nourished after extended periods in space is essential. So the answer is YES, I believe Italian chefs can provide an invaluable role, feeding our astronauts with high nutrition in small and most likely artful ways. U.S. President Barack Obama, in a recent article published on CNN's website, declared that the United States hopes to have a man on Mars by 2040. If that happens (and if might be even sooner), which Florentine artwork would you take to the red planet? You may recall that Paulo Nespoli, one of Italy’s renowned astronauts from ESA - who will be speaking at our symposium- on his 2009 space

Lia Halloran, The Magellanic Cloud, (after Annie Jump Cannon) cyanotype, 2016

mission to repair the Hubble Space Telescope took with him a replica of Galileo’s telescope on loan from the Galileo Museum in Florence to commemorate Galileo’s 400 anniversary. An artwork that might be both appropriate and ironic to take to the red planet would be by the Tuscan artist Cristiano Banti, entitled Galileo before the Inquisition (1857), which is a powerful reconstruction of the trial scene where Galileo stands before the Tribunal, doing all they could to dispute his heliocentric theories. This painting would stand as a testament to the genius and courage that young Galileo showed despite the risk to his life – in the same way our adventurers in 2040 will face grave risk to their lives to reach Mars – advancing our human species and our sustainability on earth. •

13.


ful salute

HUCARE Il medico in tasca, nasce a Firenze la app per curarsi Testo di Paola Ferri, foto di HuCare

E

se ci fosse un’app anche per ricordarsi di prendere le medicine o di dare le vitamine al bimbo e la pasticca al nonno? Da oggi c’è. Si chiama HuCare e promette di rendere la vita più semplice a tutti coloro che seguono una terapia (dall’antibiotico per la gola alla pasticca per la pressione) o che si assumono l’arduo compito di farla seguire ai propri familiari. In pratica sarà come avere il proprio armadietto dei medicinali, il medico di famiglia e il farmacista di fiducia sempre in tasca. A portata di smartphone. A progettare e sviluppare la app è una giovane start-up fiorentina, che ha scelto Firenze come città pilota per la diffusione capillare. Abbiamo incontrato Giacomo Sebregondi, project manager e responsabile della comunicazione.

ENGLISH VERSION>>>>

What if there was an app to remind you to take your daily pill, or to give your children their antibiotics? Wouldn’t it be much easier? Well, that’s actually possible now. The app is called HuCare and was designed to make things easier for those who follow a treatment or supervise someone else’s treatment. The app was developed by a young Florentine start-up who chose Florence as its pilot town. We met Giacomo Sebregondi, Project and Communications Manager. 1) In a few words, what’s HuCare for? At the moment HuCare app can be used to organize yours and your family treatments. It works as a pill reminder, it reminds you what time you should take your medicine (and which one, if you’re following more than one treatment). Graphically it looks like a medicine cabinet and it also warns you if your medicines are about to expire. 2) Who needs it the most? People affected by chronic pathologies who have to take medicines everyday or people who have to follow temporary treatments. We think HuCare can be useful for mothers and care givers in general. We estimated that it could simplify the lives of at least 75.000 people. 3) What’s the potential of this project? .14

As the smartphone is our new Swiss army knife, owned by the 75,7% of Italian people, our aim is to improve adherence to therapies, especially for chronic cases. 4) What’s your short term goal? We would like to reach 6/7% of the pharmacies within the next 3 years and integrate the app with the Electronic Medical Records and Electronic Prescriptions. We’re already liaising with the institutions for this. 5) Is the app going to be translated in other languages? Yes, we think it may be of great help for foreigners in Italy. 6) Would it be useful for GPs too? Yes, a whole new portal will be designed in the next few months: it will be useful not to prescribe medications that patients already have or which may interact in a bad way with other prescriptions. 7) As a start-up, which are your goals? We aim to break even within the next 2 years, then try to do the same in the rest of Europe. According to a research by Accenture, the app I’mHealth in the US will make a 25 billion dollars profit by 2017. We would like to be the Italian version of it. 8) What if you were proposed to sell the app? We’d rather prefer investors, anyway… how much do you pay?


1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

HuCare app, in poche parole a cosa serve? Oggi HuCare serve per gestire medicinali e terapie proprie e dei propri cari, come genitori anziani o figli piccoli e per risparmiare in farmacia. Domani sarà lo strumento con cui ognuno di noi potrà monitorare e gestire comodamente tutti gli aspetti della propria salute. Funziona come un pill reminder, ovvero ti ricorda quando devi prendere la medicina (e quale, se ne assumi più di una). Ma non solo: si presenta graficamente come un vero e proprio armadietto dei medicinali e ti ricorda anche quali scatole hai in scadenza o stai per esaurire, aiutandoti a trovare le farmacie più vicine o più convenienti per il farmaco che stai cercando. A chi serve? Principalmente a chi assume medicinali in modo continuativo, in modo cronico o per terapie temporanee e a chiunque capiti spesso di ricomprare medicinali già presenti nel proprio armadietto. Quasi il 40% delle persone in Italia soffre di una patologia cronica (dall’ipertensione all’artrite, passando per allergie, osteoporosi, bronchite, asma e diabete). Pensiamo che HuCare possa essere molto utile anche alle mamme e in generale ai care givers. Solo a Firenze HuCare potrebbe semplificare la vita a circa 75.000 persone. Ma è un calcolo fatto al ribasso. Qual è il potenziale di questo progetto? Si dice che lo smartphone sia il nuovo coltellino svizzero dai mille usi. Con la differenza che non ce l’hanno in tasca solo boy scout e MacGyver, ma il 75,7% degli italiani. Il nostro obiettivo è quello di aumentare l’aderenza terapeutica, soprattutto nei casi di malattie croniche, e abbiamo degli ottimi modelli in questo senso negli Stati Uniti, dove app di questo tipo hanno portato l’aderenza alla terapia dal 50 all’80%. Qual è il vostro obiettivo nel breve e nel medio termine? Vorremmo raggiungere circa il 6/7% delle farmacie in 3 anni, un risultato ambizioso ma non impossibile. Al tempo stesso vorremmo continuare a sviluppare l’app integrandola con il Fascicolo Sanitario Elettronico e la ricetta elettronica. Ci siamo già attivati con le istituzioni per capire quale percorso seguire. È prevista una versione in altre lingue? Sì, crediamo che una app del genere possa essere di grande aiuto agli stranieri che si trovano in Italia per motivi di svago, di studio o lavoro, ma anche per tantissime badanti, spesso non italiane, che si trovano a gestire i piani terapeutici degli anziani. Sarà utile anche per i medici di famiglia? Sì, nei prossimi mesi svilupperemo un portale completamente gratuito per i medici di famiglia, attraverso il quale possano monitorare al meglio i pazienti ed evitare di prescrivere farmaci inutili (perché già in possesso) o in conflitto con altri medicinali assunti al momento. Come start-up, che obiettivi di crescita vi siete posti? Vorremmo raggiungere il punto di pareggio entro 2 anni per poi provare a replicare il modello anche nel resto d’Europa. Secondo una ricerca Accenture, solo negli Stati Uniti, I’mHealth – la salute mobile – genererà ricavi globali per 25 miliardi di dollari entro il 2017. Noi vorremmo essere la risposta italiana. E se vi proponessero di vendere la app? Preferiremmo degli investitori, ma vediamo... quanto mi dai? • 15.


ful musica

Verdiana Raw e l'istinto naturale per la musica Testo di Niccolò Brighella, Foto di Nicole Nesti (PIM Italia) e Roberta Dolce

I

l 23 settembre è uscito il secondo album dell’artista Verdiana Raw, il suggestivo Whales know the route (Pippolamusic), che segue a quattro anni di distanza il disco di esordio Metaxy (ArkRecords). Se quest’ultimo era stato un lavoro di raffinato classicismo, la cui struttura era fondata sul pianoforte e su una sperimentazione vocale, con Whales la musica di Verdiana si evolve, coniugando le diverse stratificazioni strumentali a una voce sempre più consapevole, sempre più evocativa. L’intero album è, in effetti, una navigazione istintiva tra le onde armoniche e i bui abissi dell’oceano sonoro che la cantante nasconde dentro di sé. Il calzante titolo Le balene conoscono le rotte rispecchia perfettamente la cifra stilistica dell’album. L’istintività naturale, potenza femminea e materna, assieme ai rimandi all’universo storico e musicale dell’autrice, come quello a Erik Satie in According to Satie – dove il piano è un timido, raffinato padrone della melodia – compone un vasto affresco sonoro che ci appare come un oceano dalla superficie increspata, mosso nel profondo dei suoi recessi, dove nuotare senza perdersi sembra semplice, naturale. .16


Questa evoluzione, potenzialmente illimitata, è merito non solo dei membri storici del gruppo, come Fabio Chiari (batteria) e Antonio Bacchi (chitarra), ma anche del nuovo acquisto Erika Giansanti, che con la sua viola segue, corona, completa la voce sublime di Verdiana. Centrale il bassista e produttore Paolo Favati, che conosciamo dagli storici Pankow (se vi mancano i loro dischi, andate subito a comprarne il cofanetto), la cui firma emerge nelle raffinate stratificazioni sonore e nella potenza del suono. Gli anni intercorsi tra Metaxy e Whales know the route (nomination al Premio Tenco 2016), con l’arricchimento dato dagli studi in musicoterapia, la maternità e l’incontro con Favati, sono stati per Verdiana Raw un ponte verso una più consapevole e strutturata forma artistica, che non rinuncia alla sua forza istintiva. La voce della cantante è una guida naturale che ci conduce, come una corrente, in territori sconosciuti ma misteriosamente familiari, come una parte sommersa e dimenticata di noi stessi.• 17.


ful arte

Ai Wei Wei. Libero:

la nuova “arte di inchiesta”. Testo di Roberta Poggi, foto di Roberta Poggi e Ai Wei Wei

A

rtista dalla presenza massiccia e dal passo deciso, Ai Wei Wei si farebbe notare a colpo d’occhio ovunque: e così è stato anche per chi lo ha visto passeggiare per le strade di Firenze nei primi giorni di apertura della sua mostra a Palazzo Strozzi, Ai Wei Wei. Libero. Hanno anticipato il momento dell’opening una quantità indefinibile di manifesti fucsia che hanno letteralmente invaso la città: si tratta infatti della sua prima esposizione in Italia, dopo il grande successo della retrospettiva alla Royal Academy of Arts di Londra dell’anno scorso. La mostra a Palazzo Strozzi coinvolge tutto lo spazio espositivo, dal Piano Nobile, il cortile e la Strozzina, alla facciata con l’installazione degli ormai ben noti gommoni rossi, che mette in chiaro fin da subito il metodo diretto dell’artista di sbattere la realtà in faccia senza troppi filtri: il primo mondo dei bei palazzi rinascimentali a contrasto con il terzo mondo che rischia la vita ogni giorno sui gommoni alla ricerca di speranze per il futuro. L’esposizione è una riflessione sull’individuo e pone l’attenzione sugli aspetti sociali che condizionano le vite dei cittadini cinesi (ma non solo), superando quel confine

.18

nettamente politico cui Ai Wei Wei è generalmente associato per il suo ruolo di attivista impegnato nel contesto della Repubblica Popolare Cinese. Una parte fondamentale del suo lavoro di inchiesta contro le direttive del governo cinese è stata la battaglia per la trasparenza nel periodo successivo al terremoto che colpì Sichuan nel 2008. Tra le 70.000 vittime del sisma molti erano bambini che si trovavano a scuola. Il serpente esposto sul Piano Nobile, Snake bag, è infatti costituito da 360 zainetti di scuola, in ricordo dei bambini vittime delle «costruzioni in tofu», come le definì Ai Wei Wei. Denuncia del mancato rispetto delle norme di sicurezza nelle costruzioni che ci ricorda quello che è successo all’Aquila e ad Amatrice. Nel 2009, Wei Wei pubblicò sul suo blog un elenco di tutti i nomi dei bambini, raggiungendo fino a 10.000 visualizzazioni il giorno in cui venne oscurato dal governo cinese: è da quel momento che l’artista ha iniziato a servirsi in modo massivo di social media come Twitter e Instagram, sostenendo che «Internet è la cosa migliore che potesse capitare alla Cina». Ne danno prova la raccolta di foto nelle due sale della Strozzina, che, estrapolate dai vari social,


dimostrano il seguito che Ai Wei Wei è riuscito a raccogliere nei suoi anni di attivismo. L’artista parla della valenza che possono avere nuove forme d’arte, anche se verrebbe più da pensare a una vera e propria mescolanza di generi: arte visiva, arte concettuale, fotoreportage, giornalismo di inchiesta, social media... tutto questo è parte del lavoro di Ai Wei Wei. Come dimostra la serie Photographs of surveillance, in cui inverte i ruoli tra sorveglianti e sorvegliati, scattando foto degli agenti incaricati di tenerlo sotto controllo in ogni singola fase della sua attività. L’arte è di per sé una forma di espressione, quindi una libertà di espressione personale. Nel contesto della Cina, questa non può che essere intrinsecamente legata alla politica. L’artista si sente nel mezzo di un rapporto ambivalente con il proprio paese, tra un senso di appartenenza e uno di ribellione, in un mondo aggrappato alla tradizione ma che cerca la modernità. È il significato di Dropping a Han Dynasty Urn, una serie di tre fotografie in LEGO ritraenti una performance del 1995, in cui Ai Wei Wei distrugge un’urna funeraria carica di oltre duemila anni di storia. L’espressione indifferente indica l’atto consapevole di «barbarie culturale», che per quanto brutale

porta la stessa aurea di distruzione verso la tradizione che la Rivoluzione Culturale di Mao portò contro l’eredità storica del paese, eliminando tutto ciò che riconducesse al passato a suon di slogan come «distruggiamo il passato per costruire il futuro». La risposta di Ai Wei Wei è stata «I love the culture but I want to break with it, I want something new». Ed è così che ha dipinto altri vasi dal valore storico e culturale incalcolabile con della vernice da carrozzeria, mescolando una volta per tutte tradizione e contemporaneità, e dando un taglio netto al valore dell’oggetto. Ma nonostante tutto, resta sempre un legame alla tradizione, alle figure mitologiche sospese nella penultima sala della mostra, con riferimento alla cultura ancestrale della Cina della sua infanzia, così come la vicinanza ai personaggi ribelli della storia del Rinascimento italiano con i ritratti con i mattoncini LEGO di Dante (l’esiliato per eccellenza), Filippo Strozzi (bandito per anni dai Medici), Girolamo Savonarola (giustiziato per la sua opposizione alla Chiesa di papa Borgia) e Galileo (processato per aver difeso le proprie idee). Un continuum di contrasti tra attaccamento al proprio paese e sentimento di evasione e sovversione. •

La mostra resterà aperta fino al 22 gennaio 2017 e per uscirne soddisfatti consiglio il film Ai Wei Wei, Never Sorry del 2012 o il documentario della BBC, Ai Wei Wei, Without Fear or Favor del 2010.

19.


ENGLISH VERSION>>>>

Ai Wei Wei drew the attention in the streets of Florence during the first days of his exhibition at Palazzo Strozzi. This is his first exhibition in Italy after the great success of his retrospective at the Royal Academy of Arts of London one year ago. Ai Wei Wei. Libero shows clearly the direct method of the artist of throwing reality right in the face of his audience without too many filters. We can observe the strong contrast between a world of Renaissance palaces and the poor condition of the third world which risks everyday the lives of its inhabitants. The exhibition is a reflection on the individual and stresses many social aspects that influence the lives of the Chinese people (but not only). A fundamental part of his work of inquiry against the Chinese Government has been the battle for transparency after the earthquake that hit Sichuan in 2008. There were a lot of children among the 70.000 victims and they were mostly at school when it happened. His Snake bag, in fact, is built with 360 school bags in memory of those children, victims of those «tofu buildings», as he defined them. In 2009 Ai Wei Wei published a list of the children’s names, reaching 10.000 visualizations the day the Government blocked it: from that very moment the artist started

.20

using social networks intensively – like Twitter or Instagram – stating that «Internet is the best thing that could happen to China». In the series of photos Photographs of surveillance, we see how he is able to play with different points of perception, the roles of people kept under surveillance and the supervisors exchange questioning who is the subject who’s kept under control. Art is a form of expression, and therefore an expression of the individual freedom. In China this is linked to politics and in fact the artist feels an ambivalent relationship with his own country: a mix of belonging and rebellion, attached to tradition on one side, looking for modernity on the other. Dropping a Han Dynasty Urn represents a 1995 performance where he destroys an ancient urn. His indifferent expression stresses the awareness of the act of «cultural barbarity», similar to the one of Mao’s Cultural Revolution, which led the country to destroy tradition in order to «build the future». Ai Wei Wei’s answer was: «I love culture but I want to break with it, I want something new». The exhibition will be open until 22nd January 2017. We suggest to watch: Ai Wei Wei, Never Sorry (2012) or the BBC documentary Ai Wei Wei, Without Fear of Favor (2010).


ful turismo

B&B Il Giglio Rosso: le chiavi della città ai turisti. Testo di Marco Provinciali, foto di Sofia Balli

I

dati riguardanti i flussi turistici dell’anno che sta per concludersi segnalano una svolta per la città di Firenze: meno arrivi ma con una permanenza più lunga. Ciò è quanto afferma l’ufficio al turismo del capoluogo toscano relativamente ai primi sei mesi del 2016. Seppure siano arrivati meno turisti, il numero dei pernottamenti in città è aumentato, sfiorando un soggiorno medio di tre notti a persona, che corrispondono a quasi 4,5 milioni di turisti nel primo semestre. L’incremento è frutto di un lavoro che negli ultimi anni ha focalizzato l’attenzione su una forte comunicazione sia a livello locale che globale e che ha investito cospicue energie sulla creazione di grandi eventi, mostre di livello internazionale e creazione di nuovi itinerari turistici. Sono le bandierine a stelle e strisce che prediligono come meta la culla del rinascimento con oltre 700.000 presenze seguiti da Germania, Regno Unito, Francia, Cina e Giappone ma non mancano gli italiani che come sappiamo sono tornati a visitare finalmente il nostro stivale. FUL è andato sul campo per verificare questi dati ufficiali, chiedendo un bilancio ai diretti interessati, ovvero coloro che con i turisti lavorano e interagiscono quotidianamente. Abbiamo intervistato Silvia Serafini, giovane proprietaria del B&B Il Giglio Rosso, moderna struttura situata a pochi km dalla stazione Santa Maria Novella. Qual è la tua percezione in merito agli ultimi dati sul turismo fiorentino? La situazione del turismo nel 2016 è cambiata ma l’andamento generale era stato ampiamente previsto. Meno prenotazioni, anche nei momenti di alta stagione, sono

ENGLISH VERSION>>>>

This year, Florence has been experiencing a significant change of its tourist flow: less arrivals but longer stays. After analyzing the first 6 months of 2016, the Office of Tourism stated that the average stays have reached three nights, for a total of 4.5 millions of people. This increase is the result of the new policy of focusing the attention to the local and global advertisement of big as events, such international exhibitions and the creation of new touristic itineraries. The US, with their 700.000 tourists, are still at the top of the list, followed by Germany, UK, France, China and Japan. There are many Italians too, who have finally returned to visit our beautiful country. FUL interviewed Silvia Serafini, young owner of B&B Il Giglio Rosso, a modern facility located nearby Santa Maria Novella station. What do you think about the latest news regarding tourism in Florence? We were prepared for this. Less bookings, even during high season, longer stays but lower rates, as many small accommodation facilities started their businesses lately. Fortunately, these facilities often lack a solid organization so they don’t last long. This trend, however, has not affected our hotel thanks to our efficient marketing strategies.

21.


aumentate le notti ma è inevitabilmente diminuito il prezzo, questo perché sono nate tante piccole strutture ricettive. Per fortuna, spesso, tali strutture non hanno alle spalle una solida organizzazione per portare avanti in maniera decorosa questa professione che, tengo a precisare, non si può improvvisare e che invece richiede una forte preparazione professionale per durare nel tempo. Questo andamento del mercato però non ha toccato in maniera significativa il fatturato di una struttura come la nostra che ha un forte team commerciale che, studiando costantemente i flussi turistici, riesce sempre a produrre tariffe e strategie marketing ad hoc. Il vostro cliente tipo che turista è? Perché viene a Firenze? Per noi sono aumentati, in tutti i periodi dell’anno, i clienti business, un po’ per la nostra posizione strategica a due passi dalla Fortezza da Basso e dalle stazioni di Santa Maria Novella e Leopolda, ma anche per i lavori relativi alla nuova linea della tramvia che passerà proprio davanti al portone del nostro palazzo. A parte questo, il nostro target è abbastanza giovane, tra i 30 e i 50 anni, quindi un cliente che può permettersi di spendere leggermente di più, amante dell’arte, che apprezza il nostro design e il nostro spazio espositivo perenne. Fino all’anno scorso questo tipo di cliente era prevalentemente

estero ma ad oggi sono aumentati anche i clienti italiani. Questo è probabilmente dovuto agli episodi di terrorismo a livello internazionale. Qualcuno dice che portali come Airbnb o simili incidano negativamente sul lavoro delle strutture ricettive... Tutto è un’opportunità e bisognerebbe imparare che non tutti i portali vanno sfruttati nello stesso modo. Nello specifico Airbnb e simili sono usati prevalentemente da famiglie e piccoli gruppi quindi noi li sfruttiamo per agganciare quella tipologia di clientela che con il nostro canale di pubblicità non sempre riusciamo a raggiungere. Visto che siamo in continuo ampliamento e, al momento, possiamo contare solo su 10 camere, riusciamo ad essere appetibili anche per questo tipo di clienti. Cosa si può fare per migliorare l’accoglienza a Firenze? Ritengo che già i lavori per la nuova tramvia possano portare grandi benefici per la città nonostante questi disagi iniziali. Secondo me dovrebbe essere ampliato anche l’aeroporto di Firenze, visto che la maggior parte dei nostri clienti continua a utilizzare quello di Pisa. Anche i parcheggi dovrebbero essere meno cari e più pubblicizzati in modo che chi arriva in città sappia già dove poter lasciare l’auto. A questo proposito noi siamo già organizzati, abbiamo una convenzione con un garage privato situato a due passi dalla nostra struttura che offre tariffe del tutto vantaggiose per la zona. Consentiamo ai nostri ospiti di arrivare direttamente da noi e il nostro staff provvede al ritiro e alla consegna dell’auto in qualunque momento il cliente lo desideri. La nostra reception è impegnata quotidianamente a consegnare ad ogni cliente «le chiavi della città». Siamo costantemente informati su ogni singolo evento, mostra o apertura di un nuovo locale e ci rendiamo disponibili alla prenotazione dei biglietti di ingresso per le principali attrazioni della città, tra cui i musei più importanti di Firenze. Ci teniamo particolarmente che i nostri ospiti imparino subito a conoscere Firenze e possano quindi immergersi e gustare a fondo la bellezza che questa città può offrire, soprattutto al di là dei soliti percorsi turistici. • What kind of tourist is your typical guest? Why does he come to Florence? We have registered an increase of business customers, due to our location right nearby Fortezza da Basso and close to the future stop of tramvia. Beside that we have quite a young target, between 30 and 50 years old, who can afford to spend a bit more, loves art and appreciate our design. Until last year we mainly had foreigners but lately the number of Italians has increased, maybe due to the terrorist attacks in Europe. Is it true that portals such Airbnb negatively affect proper accommodation facilities? Everything may be an opportunity, it just depends how you exploit it. Airbnb is mainly used by families and small groups so it allows us to approach that segment of market. We’re growing but we only have ten rooms at the moment, so we can be attractive for this type of guests. What can be done to improve hospitality in Florence? I think that the tram network can do real good to Florence, despite the inconveniences that the works are causing. In my opinion we should also think about enlarging Florence airport, since the majority of passengers still fly to Pisa. Parking sites should be cheaper and more visible. We have agreements with a private car park which applies convenient rates and we also provide valet parking service. Our reception is always busy to give customers «the keys of the city», we’re always well informed about events, exhibitions and new openings in town and we also provide reservations for the most important museums. •

.22


ful design

Oh My God Florence!

Dall’esperienza di tre amiche e la loro passione per Firenze nasce Oh My God Florence! Un progetto di esportazione della cultura artigianale fiorentina nel mondo.

Testo di Annalisa Lottini, foto cortesia di Diana Beltran Herrera

L

oro sono Maria Camila Cepeda, Delia Provitola e Arianne Orillac. Rispettivamente una graphic designer di origini colombiane, una esperta di marketing e moda di origini americane e una ingegnera di origini panamensi. Un mix di expertise e background molto diversi che sono confluiti nella comune passione per la città in cui si sono conosciute e sono diventate amiche. Come tutti ben sappiamo, Firenze è una città che ha molto da offrire ma non è generosa e trasparente. Le cose più interessanti vanno scoperte e per farlo serve tempo, quello che i turisti di passaggio non hanno, impegnati in un mordi e fuggi in cui i percorsi sono obbligati e il trattamento spesso non dei migliori. Oh My God Florence! organizza eventi tematici mirati alla conoscenza e all’approfondimento del sistema moda italiano e del design, grazie all’interazione diretta con professionisti del settore e a laboratori teorici e pratici. Si rivolge ai «turisti evoluti, ai turisti che non vogliono essere trattati da turista» ci racconta Camila. «Ci sono tante porte su strade strette e apparentemente austere a Firenze. Dietro quelle porte chiuse, però, c’è la Firenze segreta degli artisti e degli artigiani, delle boutique e delle botteghe. Io non mi accontento di guardare le vetrine di via Tornabuoni o via delle Vigne Nuove. Voglio vedere le cose da dentro. Pensare con la testa di chi crea, toccare con le mani di chi fabbrica, sentire con il cuore di chi vive la moda.» Tra le attività di OMG Florence! ci sono i Deep Dives, workshop intensivi di breve durata, i 23.


Front Row Experience, della durata di una settimana per vivere in prima fila la Firenze della moda, del design, della cucina e della bellezza naturale; infine i Fashion Grand Program, una settimana lunga, 11 giorni per una full-immersion nel mondo della moda. Nel weekend dell’8-9 ottobre si è tenuto a Firenze al Tasso Hostel, The Paper Workshop: Starting point of a generous material. Un Deep Dives nel mondo della carta: mezzo versatile, longevo – è uno dei materiali più antichi nella storia della nostra civiltà – e generoso; flessibile, economico e accessibile, facile da trasformare, capace di registrare qualsiasi tipo di informazione e di grande ispirazione creativa. Il workshop è stato tenuto da Diana Beltran Herrera, designer e artista colombiana, che negli anni ha sperimentato con i materiali più diversi. Dal filo metallico al cartone, dalla plastica alla carta. Conosce tutte le caratteristiche della carta, i pregi e i limiti e ha insegnato attraverso dei laboratori pratici come sfruttarla al massimo nelle sue molteplici applicazioni. I corsi sono rivolti non solo ai turisti ma anche a tutti quei professionisti appassionati del design e del lavoro manuale (architetti, stilisti, graphic designer, ecc.) che possono trovare

.24

ispirazione e imparare nuove competenze da trasportare nel loro settore. Infatti tra i partecipanti del Paper Workshop c’erano esperti di gioielleria, graphic design, moda, styling and prop artists, copy writer, fotografia che provenivano da New York, Florida, Panama, Bolivia, Colombia, Italia, Turchia, Libano, Australia, Hong Kong e Taiwan. I #DeepDives non vogliono solo fornire delle competenze tecniche ma promuovere e creare sinergie tra persone con interessi comuni che hanno esperienze di vita molto variegate tra loro. Il workshop si è svolto in collaborazione con Cartasia, Biennale Internazionale della Carta di Lucca, che ha introdotto i partecipanti al mondo della carta, Tre Effe Arti Grafiche, che ha fornito i supporti cartacei, Alf Service che ha curato l’allestimento del set fotografico, Fattelo! che ha guidato il gruppo nella costruzione di una lampada con materiali riciclati e ha offerto un kit in omaggio a uno dei partecipanti. Per Camila, Delia e Arianne, Firenze è il cuore di questo progetto di esportazione della cultura artigianale fiorentina. Un mondo per collegare Firenze al mondo e il mondo a Firenze. Auguriamo loro un grande in bocca al lupo per l’inizio di questa bella avventura! •


ful reportage

Un gioco molto serio Reportage narrativo del workshop LEGO® Serious Play® organizzato da FUL che si è tenuto durante il festival Firenze RiVista lo scorso settembre.

Testo di Francesco D'Isa, foto di Annalisa Lottini

«G

iocare col LEGO», è quel che da bambino avrei risposto alla domanda «Che lavoro vuoi fare da grande», pur consapevole dell’impossibilità del mio desiderio. Ma a quanto pare la probabilità di avverarsi dei sogni dell’infanzia è proporzionale alla loro stranezza («Se solo potessi giocare agli arcade con monete infinite!»…) e la conferma di questa occasione mancata mi è stata data in occasione di Firenze RiVista 2016, grazie alla partecipazione al workshop LEGO® Serious Play®. Iniziamo con una definizione ufficiale: il metodo LEGO® Serious Play® (LSP) nasce negli anni novanta in Danimarca presso la LEGO® come metodo aziendale per facilitare e agevolare i processi decisionali e di problem solving. LSP rappresenta una metodologia di apprendimento e autoapprendimento collaborativo che attraverso la realizzazione di modelli tridimensionali consente di generare conoscenza. Se si elimina dal brano la necessità di esser presi sul serio quando si propone a dei manager di giocare col

LEGO®, quel che rimane è pressappoco: «giocare sotto la direzione tematica ed ermeneutica di uno bravo». La tentazione di saltare subito alle conclusioni è forte e la soffocherò passando immediatamente a descrivere com’è andato il workshop. Sono arrivato leggermente in anticipo all’appuntamento e mi sono trovato in compagnia di una donna e due uomini (Annalisa, Carlo e Romano) intenti a sistemare all’interno di grossi contenitori un tripudio di pezzi di LEGO® che venticinque anni fa mi avrebbe fatto esultare. A dimostrazione che non tutte le parti di sé invecchiano in sincronia ho comunque esultato, seppur in silenzio, per poi immergere le mani nelle scatole senza riuscire a nascondere un certo ebete stupore ogni volta che trovavo qualcosa di inusuale («fanno anche i wc di LEGO®??»). A salvarmi dalla regressione è stato l’arrivo degli altri partecipanti: Bianca (libraia), Andrea (artista), Marco D (studente), Giulio (studente e insegnante), Marco P (agronomo). Assieme a Carlo, il facilitatore e Romano, un suo collega (medico e hacker), la 25.


squadra era completa e dopo una veloce presentazione è iniziato il gioco. La prima fase consisteva in un breve riscaldamento dell’inconscio: «Avete cinque minuti per costruire un ponte» ha detto il capo, e ci siamo messi a costruire ponti. Appena terminato il tempo a disposizione mi sono stupito due volte; una perché erano stati tutti inaspettatamente bravi a fare i ponti e l’altra perché lo stile delle costruzioni, più che suggerire, gridava la psicologia di chi l’aveva edificato (motivo per cui glisserò sul mio caso). Il «colpo di scena», comunque, è stato l’invito ai partecipanti a reinterpretare il proprio ponte come la rappresentazione visiva di «cosa vi aspettate dal workshop». Grazie all’incalzare di Carlo le interpretazioni sono risultate piuttosto coerenti, sia rispetto alla domanda che alla persona che le

.26

esplicava. Ma è noto che la capacità di autogiustificarsi supera ogni previsione: nel caso delle suggestioni ipnotiche inconsapevoli del tipo «ti gratterai la spalla», per esempio, la giustificazione a posteriori di chi la subisce è sempre una difesa del libero arbitrio («mi gratto perché mi ha punto una zanzara»). In seguito, comunque, il gioco è diventato più serio, e, sul tema Firenze Futura ci siamo messi al lavoro con massima libertà sui pezzi e con più tempo a disposizione. Dall’esterno, eravamo un gruppo di adulti che assembla mattoncini senza badare a quel che gli succede attorno – come il formarsi di un nugolo di bambini nei pressi dell’inaccessibile Eden; dall’interno non saprei, avendo accesso solo al mio, di cui però parlerò a breve. I risultati del secondo turno di costru-

zioni mi hanno sorpreso ancora una volta per la loro bellezza e pregnanza: ponti, laboratori, ibridi umani-architettonici, torri, aerei, grattacieli, biciclette futuristiche, persino salotti, prigioni, roccaforti e mondi iperurani. Le possibilità combinatorie del LEGO® sono impressionanti – gli incastri di sei mattoncini 2x4 sono svariati milioni, per la precisione 102.981.500 – e la selezione che la fantasia umana vi opera all’interno è soggettivamente imprevedibile. L’idea delle «mani che pensano» introdotta dal facilitatore si è manifestata in quel che mi è parso un delizioso autoinganno della mente. Da una parte lo «star solo giocando» ha abbattuto filtri concettuali e inibitori, dall’altra le innegabili potenzialità del LEGO® hanno dato voce con inaspettata facilità a desideri e descrizioni di sé coerenti,


che avevano poco da invidiare al lavoro della parte cosciente della mente. Dal mio punto di vista, mi ha riportato ad alcuni stati meditativi dove si percepisce l’esilità della coscienza, un occhio senza carne gettato su quel che sottostà qualunque categoria, persino inconscia. Mi sentivo una torcia puntata su un infinito costruirsi, distruggersi, rimestarsi, assemblarsi e sciogliersi di mattoncini colorati, un tessuto organico di corpuscoli striscianti, insetti preziosi che scorreva-

no e costruivano tutti i corpi, compreso il mio. Anche adesso, mentre immagino quel che ho scritto, il processo è simile; l’ondivaga emersione delle figure mentali soverchia gentilmente la coscienza, per sbocciare a brevi tratti in queste parole, chiara manifestazione dell’opaca relazione tra pensiero e realtà. Per motivi di tempo il workshop si è fermato prima di affrontare appieno la fase dello sviluppo di nuove idee, anche se quelle che sono affiorate erano per-

fettamente plausibili rispetto ai difetti di una città come Firenze: ci vogliono più infrastrutture, più arte contemporanea, meno passatismo, più spazi espressivi e più grattacieli in stile sovietico – ammetto che quest’ultima era una mia provocazione. Firenze è risultata una città troppo attaccata al passato, poco attenta alla sua periferia urbana e sociale, ricca di potenzialità che non vengono sfruttate, piena di verde, bella, tutto sommato vivibile ma poco collegata con

il resto del mondo, inoltre è chiusa agli «stranieri», conservatrice, statica, poco abitabile in centro e più vitale in periferia, dove i turisti non arrivano. Al di là di questi dati, è stato interessante notare come delle persone che non si erano mai viste siano riuscite a discutere «visivamente» con la franchezza che si ha solo e non sempre dopo una buona amicizia, senza gli urti dovuti alla mancanza di filtri diplomatici. Una volta concretizzatosi in un modello, il proprio pensiero era per così dire meno proprio e dunque innocuo, «Non lo dico io, ma il LEGO®» è un sollievo si-

mile al celebre «Non sono cattiva, è che mi disegnano così» di Jessica Rabbit. La parziale libertà dal libero arbitrio ha impennato la facilità espressiva e non mi stupisce che questo processo possa rivelarsi epifanico per un manager d’azienda o chiunque abbia travestito i propri giocattoli con la polvere dell’importanza. La comunicazione interpersonale si spoglia e i propri pensieri, allo scoperto in un piccolo paesaggio di plastica, attirano le interpretazioni altrui così come le grandi scatole di LEGO® attiravano i bambini. Come recitano gli slogan si tratta dun-

que di un gioco «serio», utile senza dubbio alla risoluzione di problemi pratici legati a dinamiche relazionali, ma che può avere un effetto ancor più positivo, se, più che rendere utile uno svago, palesa il carattere ludico di quel che abitualmente prendiamo sul serio. In genere la prima domanda che si pone quando si impara un gioco è «come si vince»; direi che in questo caso la vittoria consiste nell’allontanarsi dai propri pensieri quel tanto che basta per osservarli come se fossero dei giocattoli, in modo da sostituire al «penso dunque sono» il «sono dunque penso».•

27.


ful 5di5

5di5 IO SONO by Emiliano Cribari | emilianocribari.com

Io sono è un racconto in parole e immagini sulla trisomia 9 a mosaico. Il fotografo Emiliano Cribari e l’autrice Martina Biagi stanno percorrendo l’Italia cercando di collezionare quante più testimonianze possibili relative a questa malattia. Questa è la storia di Federico. I am is a narrative in words and images on Trisomy 9 Mosaicism syndrome. Photographer Emiliano Cribari and writer Martina Biagi are travelling through Italy to record as many stories as possible about this disease. This is the story of Federico.

.28


ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all'estero GIULIA BUFFA Mi chiamo Giulia, ho 26 anni e vivo a Jaipur, in India, da poche settimane. Sono rimasta a Firenze fino alla maturità ma già a 16 anni volevo trasferirmi in una metropoli eccitante, caotica e multietnica. Ho vissuto a Parigi per 7 anni e mi sono laureata in Ingegneria Meccanica con indirizzo International Business. Mentre vivevo lì, ho fatto l’Erasmus in Spagna e dopo la triennale un Master in International Management a Glasgow, in Scozia. È stato un anno importante per me, perché facevo parte di una classe di 200 persone di cui solo il 20% era di origini europee. Studiando con coetanei provenienti da paesi così distanti, ho sentito l’esigenza di vivere sulla mia pelle lo shock culturale che loro stavano sperimentando. E così sono finita a Jaipur, dove tutto è talmente differente, colorato, confuso e rumoroso che ancora non riesco bene a descriverlo. Lavoro in un’agenzia di viaggi con colleghi che condividono una visione romantica dello scambio culturale. Vivo con loro, lavoriamo insieme 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ospitiamo clienti a casa, cuciniamo per loro e con loro e siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per arricchire gli itinerari dei pacchetti di viaggio che proponiamo. Il nostro obiettivo è portare gli europei in India e favorire uno scambio culturale bilaterale. Quando non lavoriamo cerchiamo di viaggiare il più possibile. Cosa porteresti a Firenze da Jaipur? A Firenze porterei la cucina indiana intesa non solo come pura arte culinaria, ma come filosofia del mangiare. Gli indiani mangiano sempre tutti insieme, per terra e con le mani e dividono sempre tutto. In questi innumerevoli piatti pieni di spezie, sapori e colori è racchiusa una cultura collettivista che è assente in Italia. Cosa porteresti in Jaipur da Firenze? Porterei la libertà individuale, l’indipendenza e la sicurezza per le strade. Jaipur è una città sicura, ma alle donne è consigliato vestirsi con pantaloni e maniche lunghe e non uscire da sole dopo il tramonto. Pare incredibile che la terra di Ghandi e di Madre Teresa, dove regna il rispetto della natura e conta il più alto tasso di vegetariani al mondo, possa essere pericolosa per le donne. My name is Giulia, I’m 26 and I’ve been living in Jaipur, India, for a few weeks. I lived in Florence till my diploma but since I was 16 I was planning to move to a big metropolis. I lived in Paris for 7 years and got a degree in Mechanical Engineering, with specialism in International Business. While living there, I did Erasmus in Spain and after the degree I got a Master in International Management in Glasgow, Scotland. It was an important year for me, because I was part of a class of 200 people of whom just 20% where European. Studying with people from so far-away-countries, I felt I wanted to experience this cultural shock on my skin. And so I am in Jaipur now, where everything is so different that I lack the words for describing it. I work for a travel agency with colleagues that share with me a romantic vision of cultural exchange. I live with them and we work together, 24 hours a day, 7 days a week. We host customers at home, we cook for them and with them, we are constantly looking for new ways to improve our travel packages. Our goal is to bring Europeans to India and to promote bilateral cultural exchanges. When not working we try to travel as much as we can. What would you take to Florence from Jaipur? I would take the Indian cuisine but not only the art of cooking, also the philosophy of eating. Indians eat always all together, sitting on the floor and using their hands for sharing food. In their meals full of flavours, spices and colours is contained a collectivist culture that Italy doesn’t have. What would you take from Florence to Jaipur? I’d take individual freedom, independence and security on the streets. Jaipur is a safe city but women are advised to dress with long trousers and sleeves and not to go out alone at night. It seems incredible that in the land of Ghandi and Mother Teresa, where nature is highly regarded and there is a very high percentage of vegetarians, women can be in danger.

Perrine S. Mi chiamo Perrine, sono francese e vengo da Lille, al confine tra Francia e Belgio. Sono arrivata a Firenze due anni fa per studiare alla facoltà di Giurisprudenza italo-francese, ma l’anno scorso ho cambiato. Mi sono buttata nel mondo della mediazione linguistica, che rispecchia molto di più la mia passione per l’interculturalità e per lo scambio che avviene tra persone che appartengono a sfere culturali diverse, entrando in contatto e superando la barriera della lingua. Questa esperienza all’estero mi piace tantissimo. Firenze è una città bellissima: non per fare la ruffiana, ma per me è davvero la più bella del mondo, non mi stanco mai di girare e farmi avvolgere dalla bellezza dell’arte rinascimentale... forse perché a Lille è tutto molto gotico, freddo – in tutti i sensi. D’altra parte, a volte ho la sensazione di non essere capita fino in fondo, e non per problemi linguistici. Cosa porteresti a Firenze da Lille? Mi manca il contatto con qualcuno della mia città che possa capirmi completamente su certe battute o punti di vista, ma credo sia normale per chi vive fuori dal proprio paese. Per le altre cose, il pane: tra tutte le cose che adoro di Firenze, il pane non mi piace proprio per niente. Intendo quello toscano, che non è salato. E sicuramente porterei la pasticceria francese, anche se mi hanno detto che c’è un pasticcere di Lille da qualche parte a Firenze... ma ancora devo trovarlo. Cosa porteresti a Lille da Firenze? L’arte, il calore e il sole. E soprattutto, l’dea della cena-aperitivo, che da noi non esiste proprio: se ti danno due noccioline è già tanto, mentre qui trovo continuamente montagne di cibo a prezzi da aperitivo. Dovrei trovare il modo di importarlo in Francia come buona abitudine da seguire. My name is Perrine, I’m French and I come from Lille, at the border between France and Belgium. I arrived to Florence two years ago for studying Law in the French-Italian university, but last year I changed. I’ve taken up Linguistic Mediation following my passion for interculturality and for the exchange between people from different cultures who get to know each other and overcome the language barrier. I really like this experience abroad. Florence is a beautiful city: I don’t want be a brown-noser, but for me it’s the most beautiful in the world, I never grew tired of walking around and wrap myself in its Renaissance beauty... maybe because Lille is more gothic and cold – in all senses. On the other side, sometimes I feel nobody completely understands me and not because of the language. What would you take to Florence from Lille? I miss the people from my city who could understand me completely, jokes and all, but I think it’s normal when you live abroad. I miss the bread: there are many things I like in Florence but not the Tuscan bread without salt. And I’d take the French patisserie, even though I’ve been told there is a pastry chef from Lille in Florence who I still have to meet. What would you take from Florence to Lille? The art, the heat and the sun. Above all, the idea of the aperitivo dinner. In Lille we don’t have it, if they give you some nuts you have to be happy, while here you can find mountains of food at aperitivo prices. I should import it to France as a good habit to follow.

29.


la pagina dell'artista* per il numero XXIII è a cura di URTO

Pagina Fb: www.facebook.com/urtourto Profilo Instragam: www.instagram.com/_urto_

Il primo approccio di Urto con la streetart è avvenuto in terza media quando scappa (spaventato e felice!) per aver dipinto il bandone di una scuola di danza e poi, però, inizia a «dipingere» con più tranquillità. In principio era… un solo spray, una scritta, una tag, tutto qui. La sintesi perfetta. Con il tempo gli spray hanno cominciato ad essere due, poi tre, la scritta ha cominciato a prendere una forma e uno spessore, con un riempimento e un’outline. Con il trascorrere degli anni sono nati i pezzi così come ce li propone ora. Quello che Urto non perde mai di vista è la spinta che ha generato qualcosa che tutt’oggi sopravvive, anche se evoluta e cambiata. Quella spinta a lasciare una traccia è la cosa più importante di tutte. Lasciare un segno, ci dice, significa lasciarsi dietro un pezzo… colorato o argento, curato o veloce (ma anche le cose veloci sono curate a modo loro), sul metallo o sul cemento, questo lo stabilisci di volta in volta, quello che c’è intorno è una pagina vuota da riempire, da raccontare. La sua sintassi sono le idee, la sua grammatica la forza con cui riesce ad esprimerle. Ultimamente disegna solo pesci e animali marini e tutti si chiedono il perché. Perché i pesci? Ci deve essere un perché? Urto ha come pensiero guida il mare, forse perché c’è cresciuto vicino e attualmente si ritrova sempre più lontano dallo stesso. Sostiene di aver frequentemente pensato ai pesci fin da quando, bambino, li scoprì protagonisti in uno dei «libri più famosi al mondo, dove c’è quel tizio con i capelli lunghi che riesce a moltiplicarli insieme al pane». La storia di quello grande che si mangia quello piccolo poi, non è la versione preferita da Urto: «se quello piccolo si organizza, è capace di cambiar le carte in tavola e il gioco inizia da 0». Acqua dolce, acqua salta, fiumi, laghi, oceani, sotto il ghiaccio, negli abissi… sono ovunque e anche a grandi distanze, senza utilizzare ne lettere, né rabbia… riescono a capirsi. Probabilmente meglio di noi uomini. Urto’s first approach to streetart was in junior high school when he painted a dance school’s rolling shutter and ran away (scared and happy! ndr). In the beginning… it was a spray, a writing, a tag. Then a spray became two, three, the writing gained shape and depth, a filling and an outline. With the years his art became what it is now. Urto never loses sight of his original motivation: leaving a trace is the most important thing. It means leaving something behind, a small part of you. Lately he’s been painting only fish and aquatic animals and everyone is wondering why. Urto has been thinking about the seaside, maybe because he grew up nearby and lives now very far from it. He holds that he has always been thinking a lot about fish, since when, as a child, he discovered them in that famous book «where there’s that bloke with long hair who manages to multiply them together with bread». Sea, lakes, rivers, streams, under the ice, in the abyss… they’re everywhere and they understand each other without words. Probably much better than us. • .30




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.