FUL | Firenze Urban Lifestyle #24

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gennaio - febbraio 2017

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n • ventiquattro

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi

In questo numero:

Edoardo Zucchetti • greenApes • Niagara Jonny Casamenti • Lilian Mattuschka Barnum One Man Band • Jacopo Visani • Mafreshou


Buon anno cari lettori! Da soli o in compagnia, tra rituali scaramantici (biancheria rossa, lenticchie, vischio) e trenini pè-pè-pè il calendario gregoriano ci ha fatti entrare nel 2017. Ma nel corso dei secoli il primo gennaio non è sempre stato capodanno e non lo è in tutto il resto del mondo. Fa eccezione la Cina che entrerà nell’anno del gallo il 28 gennaio. I russi ortodossi e tutti quelli che seguono il calendario giuliano tra il 13 e 14 gennaio. In Iran il 21 marzo, in Srilanka, Thailandia e Cambogia viene celebrato tra il 13 e il 14 aprile. Il capodanno etiopico e quello ebraico in settembre. Allora propositi per il nuovo anno? Festeggiare ogni giorno! Seguite FUL sia in carta che online e troverete un sacco di interessanti spunti al riguardo... Buona lettura! Annalisa

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi

Ideazione e coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi Immagine di copertina realizzata da Maddalena Carrai Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com

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ringraziamenti

Nazanin Rastan, Samuel A. Sorokin, Arianna Fabrizi De' Biani, Maddalena Carrai.

abbonamenti

Volete ricevere la vostra copia di FUL direttamente a casa? Scrivete a commerciale@firenzeurbanlifestyle.com

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FUL *firenze urban lifestyle*


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GREENAPES

EDOARDO ZUCCHETTI

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JONNY CASAMENTI

BARNUM ONE MAN BAND

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NUOVA VITA A PIAZZA INDIPENDENZA

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NIAGARA

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artigianato

LILIAN MATTUSCHKA

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JACOPO VISANI

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uno straniero a Firenze un fiorentino all’estero

SAMUEL A. SOROKIN ARIANNA FABRIZI DE' BIANI

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p. 30

GALLEGGIA CHE TI PASSA

NAZANIN RASTAN AKA MAFRESHOU

benessere

pagina dell’artista


ful green

greenApes Non siamo soli nella giungla! Testo di Jacopo Visani, foto di greenApes

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i fronte a un problema enorme come quello della crisi ambientale ci sentiamo spesso impotenti e soli. Cambiamento climatico, riduzione

delle specie viventi, inquinamento di acqua, aria e suolo sono tutti fenomeni di portata globale che troppo spesso consideriamo

ineluttabili, di fronte ai quali pensiamo che la nostra condotta sia tutto sommato ininfluente e non siamo di conseguenza motivati a mutarla. Invece il nostro comportamento conta eccome! Infatti, se da un parte è vero che questi fenomeni hanno tale portata in quanto effetto dell’impatto ambientale dell’intera specie umana, è anche altrettanto vero che tale impatto è generato dalla somma delle nostre piccole, spesso innocue, quotidiane azioni. GreenApes è un social network green che si propone proprio di aiutarci a trovare le motivazioni per cambiare il nostro comportamento, mostrandoci al contempo che

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non siamo soli in questo cammino. Ma facciamo un passo indietro.

comportamenti sostenibili. Questa condivisione permette al suo esecutore

dei social network per alimentare e promuovere forme di consumo sostenibile. Gregory Eve – nome

si possono ottenere perché la propria azione viene attestata da un partner terzo di greenApes sia direttamente online –

L’idea originaria era quella di provare a sfruttare il potenziale comunicativo

straniero, ma fiorentino a tutti gli effetti – si prende la responsabilità di sviluppare il progetto. Dopo un anno dedicato al design dell’idea, per completare la ricetta manca solo il partner tecnologico. Una volta trovato, l’avventura ufficialmente parte con il lancio della prima versione

dell’app nel 2013. In questa fase offriva la possibilità di prendere nota delle proprie azioni sostenibili, monitorarle e magari anche puntare a migliorarle. Proprio come accade con le personal trainer app, soltanto che, invece di contare i chilometri percorsi di jogging, si cercava di migliorare le proprie performance green. Presto però vi vengono inseriti anche degli elementi social in modo da consentire la condivisione con altri utenti delle proprie imprese. Fin da subito questa possibilità riscuote un grande successo e l’app vira decisamente in questa direzione anche grazie al lavoro di Maira Bartoloni, community manager per l’Italia. Al contempo vengono anche sviluppati una serie di servizi per le aziende: in modo che queste possano promuovere e premiare i comportamenti sostenibili dei propri dipendenti. Il 2015 è l’anno del lancio della versione più recente, e, proprio come una specie vivente sempre in evoluzione, dell’app

su Firenze. La nostra città è la prima ad essere invasa dalla giungla di greenApes e i suoi pelosi e simpatici abitanti iniziano fin da subito a moltiplicarsi a vista di click.

Ma di fatto cos’è greenApes? È un social network che permette agli scimmioni e alle scimmiette che lo popolano di testimoniare e condividere i propri

di guadagnare delle bankonuts. Le monete ufficiali della foresta virtuale

come accade con le app che misurano gli spostamenti a piedi, quelle di car sharing

etc. – che offline con fornitori di servizi – il riconoscimento dei titoli del trasporto pubblico, i contratti con fornitori che sfruttano le energie sostenibili, il volontariato presso determinati enti

che si occupano di cura del territorio etc. Le bankonuts possono anche essere ottenute grazie al successo che l’azione o

l’idea riscuote all’interno della comunità in base ai feedback positivi assegnati dagli altri membri. Alcune delle idee che hanno riscosso più successo hanno a che fare con i vari modi per risparmiare e riutilizzare l’acqua o per dare nuova vita a oggetti che normalmente buttiamo via. Le bankonuts possono poi essere convertite fuori dalla giungla, ritirando un premio – che ha sempre a che fare con il vivere sostenibile o la cultura – presso certi esercenti, fornitori di servizi o luoghi di intrattenimento. Alcuni esempi? Un dolce omaggio in alcuni ristoranti green, due biglietti per il cinema, un buono per un chilo di frutta biologica e la possibilità di frequentare gratuitamente un corso di cucito per rinnovare gli abiti che non indossiamo più!

«Gran parte degli utenti partecipano perché sentono quella vocina interiore che gli sussurra di fare qualcosa per l’ambiente e hanno piacere nell’avere un

ruolo esemplare nella community, ma sicuramente anche i premi li gratificano. Del resto sono un riconoscimento del fatto che, con la loro condotta personale, stanno facendo qualcosa di importante per tutti» ci fa notare Gregory. Inoltre questi premi possono far scattare quella

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molla motivazionale per cambiare la propria condotta nei confronti dell’ambiente che, come dicevamo all’inizio, troppo spesso sembra arrugginita. Gli abitanti della giungla di Firenze sono molto attivi e, dopo solo un anno, sono stati raggiunti dei risultati stupefacenti: il 72% delle scimmiette ha dichiarato di aver stabilmente adottato nuovi comportamenti sostenibili e 2/3 di loro di aver scoperto

altre realtà cittadine nell’ambito della sostenibilità grazie a greenApes. L’app, infatti, non ha solo il valore di fungere da cassa di risonanza per pratiche virtuose, ma anche quello di essere un vero e proprio volano per la creazioni di reti ed eventi. Di fronte a un problema urgente e globale come quello della crisi ambientale abbiamo proprio bisogno di non pensare di essere

gli unici a farci carico di un comportamento sostenibile col rischio di temere che le nostre azioni siano ininfluenti. GreenApes, già a partire dal suo slogan «You’re not alone in the jungle!» ce lo ricorda e ci fa sentire più motivati nella nostra missione. L’app si sta diffondendo in altre zone italiane ed europee dove altri scimmioni si scambieranno idee per un mondo sempre più sostenibile. Ci vediamo nella giungla! •

ENGLISH VERSION>>>>

When facing the big problem of environmental crisis we feel helpless and lonely. Climate change, air and water pollution are huge issues that make us think we can do nothing. Well, that is not exactly true. Given that the environmental impact of these issues is generated by the entire human species and that the human species is made of people like us, so that impact is the sum of our small daily actions. GreenApes is a green social network which aims to help us finding motivations to change our lifestyle and makes us feel less lonely on this path. The app was developed by Gregory Eve (Florentine despite his name) who designed it and found a technologic partner, then launched it in 2013. The first version of the app only gave the possibility to monitor your sustainable actions and improve them. Some social elements were later included with an enthusiastic feedback from the users, and thanks also to Maira Bortoloni (Italy community manager), the app gained good success. The app’s most recent version was launched in 2015, and Florence became the first city to be invaded by the greenApes’ jungle.

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It’s a social network populated by apes and monkeys who share their sustainable actions earning bankonuts. Bankonuts are the official currency of the virtual jungle, their supply is monitored by a third party (which guarantees that each sustainable action has actually been taken) but they can be used in the real world too! How? Simply exchanging them with a reward provided by one of the suppliers cooperating with greenApes, for example a dessert in some green restaurants, two tickets for the cinema, a voucher for a kilo of biological fruit and the possibility to join a sewing class for free. «Most part of the users felt an inner voice urging them to do something, but rewards definitely help», Gregory says. The apes of the Florentine jungle are very active and achieved great goals: after a year, 72% of the users claimed to have permanently changed some of their daily habits into sustainable actions thanks to greenApes. When facing a massive issue such as environmental crisis we really need to think we’re not the only ones trying to behave sustainably, that’s why greenApes slogan is «You’re not alone in the jungle!». The app is spreading in other Italian and European cities where other apes will make this world a better place. See you in the jungle then! •


ful arte

DISEGNARE DA FORMA ALLE COSE Intervista a Jonny Casamenti: illustratore «anfibio» che

segue le correnti del disegno, della musica, della scultura e della grafica. Testo di Rita Barbieri, foto di Jonny Casamenti

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on si riconosce nella definizione di «artista» né in quella di «illustratore» perché Jonny è un anfibio che si muove seguendo le correnti del disegno, della musica, della scultura e della grafica. Partendo da una formazione professionale di tecnico restauratore, ha poi provato a realizzare il suo sogno: disegnare. Jonny cosa è per te il disegno? È prima di tutto la mia passione, ma provo a farla diventare anche una professione. Disegnare significa rendere concreto, visibile un sogno, un’immagine mentale. Darle forma, sostanza. Con il disegno quello che immagino diventa reale, presente.

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Come un cuore dalla texture di un fico d’India o di un diamante? Cosa rappresenta? Sì, per esempio mi piace molto giocare con questo tipo di contrasti: il fico d’India, fuori pungente ma dentro dolce, associato con il cuore umano, corazzato fuori ma troppo fragile dentro. È un linguaggio metaforico, surreale. Hai usato il termine «surreale» e, infatti, molte delle tue opere hanno questa caratteristica. Ti sei ispirato al surrealismo? Sicuramente è un movimento artistico che mi piace molto, soprattutto Dalì. Aveva una visione particolare della realtà, una prospettiva unica che di fatto creava un mondo nuovo, non più solo nella sua immaginazione ma nelle opere. Tutto poteva essere permesso e possibile, quindi rappresentabile. Oltre al surrealismo cosa ti ispira nei tuoi disegni? Sarà scontato ma la natura è per me essenziale. Lì c’è la vita in tutti i suoi aspetti: i germogli, i frutti, le foglie morte. Osservarla mi permette di restare in contatto con le mie radici, con il mio essere parte integrante di un cosmo più grande, di non perdere un punto di vista più ampio e globale. Per esempio? Stare nella natura, a passeggio con il mio cane, mi fa capire che serve tempo per fare le cose: ci sono cicli naturali che prevedono periodi di fermento e periodi di stanca. Anche per me è così e ho imparato ad assecondare tutto questo: ci sono momenti in cui lavoro moltissimo e altri in cui ho bisogno di una pausa. Sembri molto «pacificato» con te stesso, mentre in generale esiste un po’ lo stereotipo dell’artista in crisi con il mondo intero... Diciamo che ho imparato ad accettare chi sono, a capire che non posso essere diverso. Ovviamente anche io, dopo un po’ di tempo, ho bisogno di un cambiamento, di trovare nuovi .8

stimoli, di uscire, di esplorare. Infatti tu hai viaggiato molto: studi artistici e musicali in America, lunghi periodi in Spagna... Viaggiare ti permette di mettere un po’ di distacco, di allontanarti dalla routine e di aprirti al nuovo. A me è servito per cambiare, per acquistare fiducia e sicurezza in me, liberandomi di tante zavorre inutili. Sicuramente mi ha cambiato. Viaggiando ti sei anche confrontato con il mondo dell’arte in altri paesi. Cosa pensi? Ci sono differenze? Sì, molte. A Madrid c’è più interesse per quanto riguarda l’arte, più collaborazione tra artisti e anche più spazi espositivi. È una città molto aperta e propositiva. Più di Firenze? Sono diverse. Qui le persone hanno un’idea più tradizionale di arte, sono meno interessate al mondo dell’illustrazione anche se, con le graphic novel, tutto questo sta un po’ cambiando... Cosa pensi di questo fenomeno e dei successi per esempio di Zerocalcare e altri? Sono contento. Lui è molto bravo e fa vedere quali possono essere altre direzioni dell’arte per interagire con il pubblico. Non solo quella della mostra istituzionale con l’artista più o meno famoso. Ma allora per te cosa è l’arte? L’arte è dappertutto, in tutto. È il modo di guardare il mondo e di farsi sorprendere dalla bellezza, di imparare a cercarla e poi condividerla. L’arte è di tutti e per tutti. Tu però non ti definisci artista, allora cosa sei? Non lo so... artigiano, restauratore, tecnico, illustratore…tutto questo e forse anche altro. Ma per parlare di me, non uso definizioni, spero bastino i miei disegni: lascio che siano loro a raccontare, sono loro il mio linguaggio. •


ENGLISH VERSION>>>>

Jonny doesn’t want to be labeled as an “artist”, neither as “illustrator”, because he is like an amphibious that moves through music, culture, sculpture, drawings and graphics. He started as technical restorer but then he decided to fulfill his dream to draw. Jonny, what does drawing represent for you? First of all, it’s my passion and then I try to make it a profession. When I draw I give life to a mental image, I make it concrete. Is it the case of the heart taken from the texture of a prickly pear or a diamond? What does it represent? I really like experimenting these types of contrasts: prickly pear in the outside is stinging, but in the inside it is sweet and similar to the human heart. It’s a metaphorical and surreal language. Did you get inspiration from surrealism? I love it and in particular Salvador Dalì. He had a very peculiar vision of reality, a unique perspective that led him to create a new world. Everything was allowed, and therefore could be represented. What inspires you the most in your works, apart from surrealism? It can sound predictable, but nature for me is essential. When I look at it I get in touch with my roots and I feel part of a bigger cosmos. What does it mean? I love staying outside in the nature, it makes me understand that it takes time to do things. I have learned to follow the rhythm of nature: sometimes I work very hard, sometimes I need a pause in order to regenerate.

You look very “at peace” with yourself, while in general people think that artists are in crisis with the entire world… Let’s say that I’ve learned to accept who I am and to understand that I can’t change myself. Even if I feel the need, sometimes, to change and to explore. Traveling you faced foreign artistic realities. What do you think of them? Are there any differences? Yes, a lot. In Madrid there is more interest in art, more collaborations among artists and more expositive spaces. Is it more active than Florence? They are different. Here people have a traditional idea of art, they are less interested in the world of illustrations. Even if, thanks to the phenomenon of graphic novels, something is changing… What do you think of Zerocalcare and the others? I’m happy. He is a very good writer and he shows a new way to get in touch with the readers. What is art for you? Art is everywhere and in everything. It’s the way you look at the world and let yourself be surprised by it, be on the lookout for it and then share it. Art is for everyone and of everyone. But you don’t define yourself an artist, so what are you? I don’t know… artisan, restorer, technician, illustrator… I don’t use definitions to talk about myself. I hope my drawings are enough to tell who I am, they are my language. • 9.


ful firenze

NUOVA VITA A PIAZZA INDIPENDENZA E DINTORNI Nuove eccellenti attività sanciscono un orgoglioso ritorno. Testo di Paola Ferri, foto di Marco Castelli

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Piazza della Indipendenza

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iazza Indipendenza non è più la stessa. Hai voglia a invocare operazioni straordinarie di pulizia, controlli, telecamere di sorveglianza. Come spesso accade, gli anticorpi se li è dovuti fare da sola. E ci è riuscita. La zona tra via XXVII aprile e via Nazionale, considerata fino a poco tempo fa una delle meno appetibili dai fiorentini, prova a rinascere. Proprio a partire da un ritrovato gusto per le cose semplici, come una cucina di qualità ma senza inutili fronzoli, e da esperienze nuove. Tutto è iniziato circa un anno e mezzo fa, quando in via XXVII aprile hanno cominciato a sorgere nuove attività, capaci di catalizzare un notevole flusso di «fiorentini di ritorno». Qualche esempio? Fuoco Matto, quasi all’angolo con piazza Indipendenza, ristorante spazioso e aperto sulla città, in ogni senso. A dare vita alla cucina il giovane chef Matteo Di Monte, allievo di Vito Mollica al Palagio del Four Seasons di Firenze, considerato uno dei migliori ristoranti d’Italia, e vicino a Entiana Osmenzeza ai tempi del Se.Sto on Arno. Anima del progetto Carlo Nigro e il suo team con 10 anni di esperienza alle spalle nell’ideazione e gestione di pizzerie molto apprezzate in città. Non stupisce che una delle cose più amate di Fuoco Matto sia la pizza napoletana cotta nel forno a legna, alta ma anche altamente digeribile. Ma Fuoco Matto non è solo pizza: in poco più di un anno il nuovo ristorante di via XXVII aprile ha conquistato oltre duemila recensioni su TripAdvisor, di cui più di mille lo classificano come «eccellente». Un successo che ha inevitabilmente suscitato l’interesse della stampa, locale e non. Tant’è che la prestigiosa Guida dell’Espresso lo ha inserito nel manipolo di ristoranti che vale

ENGLISH VERSION>>>>

Piazza Indipendenza is not the same anymore. The area between via XXVII aprile and via Nazionale, considered up until recently one of the less recommended, is up for a new life and new experiences. Everything started a year and a half ago, when new businesses decided to open there and were capable of attracting a conspicuous flux of «come back Florentines». Some examples? Fuoco Matto, almost on the corner with piazza Indipendenza, a spacious restaurant open to the city, in every sense. The young chef Matteo di Monte runs the kitchen. He is a pupil of Vito Mollica from Four Seasons’ Palagio in Florence, considered one of the best restaurants in Italy and close to Entiana Osmenzeza when chef at Se.Sto on Arno. At the core of the project Carlo Nigro and his team with 10 years of experience in the pizzeria business. Fuoco Matto prepares the real Neapolitan pizza cooked in wood oven, thick but also easy to digest but has got much more to offer. In just a bit more than a year it,s collected two thousands reviews on TripAdvisor, more than half rates it «excellent». The magazine Espresso has included it in the list of restaurant you need to try in Florence. Its secret? Good food and great hospitality: very often you

Andrea Lozouk, proprietaria di Fox in the Box

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Carlo Nigro, socio di Fuoco Matto

la pena provare in città. Il segreto? Oltre che nella buona cucina, sta nel concetto di ospitalità di Fuoco Matto, dove non è raro imbattersi in degustazioni di birre artigianali, vini particolari, prodotti d’eccellenza della gastronomia Made in Italy e incontrare i produttori personalmente. Perché Fuoco Matto vuole essere una finestra sulla città e sulle realtà produttive che vi ruotano intorno, ospitando serate di beneficenza e associazioni, ma anche momenti più «didattici» dove imparare ad apprezzare vari tipi di carne. Già perché in un ristorante chiamato Fuoco Matto non può mancare la griglia: un esempio su tutti la Calvanina, razza autoctona allevata sulla dorsale della Calvana. Tra le novità sorte in zona anche il curiosissimo Fox in a Box, la prima esperienza di room escape nata in città. In pratica si tratta di una vera e propria fuga da una stanza blindata, in cui si viene chiusi con un piccolo gruppo di persone (da 2 a 5). Per uscire dal bunker è necessario risolvere una serie di enigmi, in grado di mettere alla prova anche il più geniale degli amici. Le stanze sono tematiche e le esperienze variano. Ci sono 60 minuti di tempo per sciogliere tutti i nodi e salvare il mondo da una nuova guerra mondiale o per provare a rapinare una banca. Una situazione a tutta adrenalina che rende l’esperienza molto richiesta per eventi di team building tra colleghi, ma anche per serate tra amici. Ma c’è anche chi inserisce Fox in a Box nel «pacchetto» di addio al celibato e nubilato. Perché per movimentare una serata non c’è niente di meglio di una scarica di adrenalina. E per rivitalizzare un pezzo di Firenze non c’è niente di meglio che una giornata in compagnia, coronata da un’ottima pizza. • .12

can find handmade beer tastings, special wines, excellent Made in Italy gastronomy products and also meet the producers. This is because Fuoco Matto wants to be a window on the city, hosting charity events and associations but also more «didactic» occasions where you can learn to appreciate the different types of meat (they cook a fantastic grilled Calvanina, a local beef ). Among the new businesses in the area there is the curious Fox in a Box, the first room escape experience born in the city. It’s a real escape from a locked down room where you go with a group of people (from 2 to 5). To get out you need to solve a series of enigmas. The rooms have got different themes and the experiences vary. There are 60 minutes to save the world from a new war or to try to rob a bank. A situation full of adrenalin that is perfect for team-building sessions or for a night out with friends, even a stag night. To bring back life to a piece of Florence, nothing better than a day in the company of friends and a pizza. •


ful musica

L'Iperoceano dei Niagara live at FELINE FUNK Testo di Niccolò Brighella, foto di Niagara

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n pianeta sommerso abitato da innumerevoli forme di vita, una polifonia di suoni elettronici armonizzata dall’acqua e dalle percussioni, questo il concept di Hyperocean, l’ultimo album dei Niagara, formazione torinese dalla lunga storia musicale che si è esibita live al Combo, venerdì 9 dicembre, in occasione di FELINE FUNK. Gabriele Ottino e Davide Tomat, accompagnati ormai stabilmente dal batterista Paolo Scapazzoni, hanno suonato assieme per anni prima di formare, come side

project, i Niagara (Monotreme Records), prendendo il nome dal famoso film con Marilyn Monroe ambientato sulle possenti cascate nordamericane. Ascoltare i Niagara è un’esperienza multisensoriale che permette, grazie al suono, ai visual di Stefano Maccarelli proiettati ai concerti o ai video interattivi sul web, girati in 360°, di planare sulle immense distese d’acqua del pianeta Hyperocean. La simbiosi tra elemento visivo e sonoro nella musica del gruppo non è diversa dal perfetto ecosistema dell’immaginario pianeta sommerso, dove l’acqua, la terra e il cielo si amal13.


ENGLISH VERSION>>>>

A submerged planet, inhabited by innumerable life forms; a polyphony of electric sounds, harmonized with water and percussions: this is the concept of Hyperocean, the last Niagara’s album. Niagara is a band from Turin that exhibited at Combo last 9th December for FELINE FUNK. Gabriele Ottino and Davide Tomat, together with the drum player Paolo Scapazzoni, formed the Niagara (Monotreme Records), taking the name from the film with Marilyn Monroe set right in the huge falls. Listening to Niagara is a multisensory experience that, thanks to Stefano Maccarelli’s sounds and visuals (360° projections and interactive video on the web), allows the audience to glide on the infinite stretches of water of the Hyperocean. The symbiosis between visual and sound is the concrete representation of the dreamy submerged landscape where the water, the earth and the sky blend all together. Connecting visual and music «is a fundamental field of survey for Niagara. Everything started from taking a sample of the soundtrack of the film directed by Henry Hathaway. Then we continued creating our own videos. Now we are moving towards virtual areas in order to amplify the vision of the audience, invited to immerse into the multiform universe of our music».

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Water permeates all the notes and takes life through the visual art that is the poetic sum of Hyperocean. «The water has always been fundamental since the beginning of the project. In the case of Hyperocean we have decided to immerse into a sort of primordial soup. Then, with Cy Tone, we have given life to the virtual Hyperocean using Terragen, a software that generates landscapes». It is a complete musical production developed in two of the most important European cities for electronic music: Turin, in their studio Superbudda, and Berlin. These two urban realities have influenced their sound: «They are inside our last two albums. A lot of images and sounds took forms living in these cities. Don’t take it personally, the previous album, is full of suggestions that we lived in Berlin, at night. Towards Berlin we feel external observers and maybe towards Turin, too. I don’t know how, but in some way I don’t feel at home neither in Turin nor in Berlin. Maybe it’s this feeling that has influenced our albums: feeling and not feeling at home and therefore the need to create our own planet, made of water». On 9th December we dived in their Hyperocean of sounds and visions, in search for a new planet to explore with our senses and our bodies. Now we have come back on the Earth, waiting for their future album and another world to explore. •


gamano in uno spazio unico nel quale fluttuano fantastiche forme di vita. Legare video e musica «È un campo di indagine fondamentale per Niagara. Tutto è iniziato dal campionare parti della colonna sonora dell’omonimo film del 1953 diretto da Henry Hathaway ed è continuato curando personalmente la maggior parte dei nostri video clip. Abbiamo cercato di creare e di consolidare l’immaginario sonoro dando forma e colore alla nostra visione. Si sta ora spostando verso derive virtuali per amplificare il più possibile la visione invitando il nostro pubblico a immergersi all’interno dell’universo multiforme che è la nostra musica». L’acqua che permea, si insinua in ogni nota e, trascendendo la musica, prende forma attraverso l’arte visiva digitale è la cifra poetica di Hyperocean. «L’elemento acqua è stato fondamentale fin dal principio del progetto (come indica lo stesso nome Niagara). Nel caso di Hyperocean abbiamo semplicemente deciso di immergerci in una sorta di brodo primordiale nel quale e dal quale tutto ha avuto origine. Ogni brano del disco è stato scritto in questo luogo. Poi, assieme a Cy Tone, abbiamo dato una vita virtuale all’Iperoceano utilizzando Terragen, un software per generare landscape e attraverso telecamere virtuali abbiamo effettuato lo shooting del videoclip». Una produzione musicale completa e compiuta, svolta nelle due città europee che sono il cuore elettronico del continente: Torino, dove il gruppo ha lo studio Superbudda, e Berlino. Realtà urbane piene di stimoli che hanno influenzato il lavoro dei Niagara: «Queste due città sono dentro i nostri due ultimi dischi. Molte immagini e scelte produttive hanno preso forma vivendo entrambe le città. Don’t take it personally, l’album precedente, è pieno di suggestioni che abbiamo vissuto nelle notti berlinesi, immagini che sono diventate mondi e testi, girando per la città di notte ascoltando in cuffia le sessioni di registrazione appena fatte. Nei confronti di Berlino forse ci sentiamo un po’ osservatori esterni, ma a pensarci bene anche con Torino abbiamo questo rapporto. Non saprei spiegare perché ma in un certo senso non mi sento veramente a casa in nessuna di queste due città. Forse è questo l’elemento che ha influenzato i dischi dei Niagara: il sentirsi e non sentirsi a casa, quindi la necessità di creare un altro pianeta, magari ricoperto di sola acqua». Il 9 dicembre ci siamo immersi nell’Iperoceano di suoni e visioni dei Niagara, in cerca di un altro pianeta da esplorare con i nostri sensi e i nostri corpi, prima che l’alba ci riportasse sulla Terra in attesa di un nuovo album del gruppo e di un altro, nuovo mondo da visitare. •

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ful artigianato

I GIOIELLI ALCHEMICI DI LILIAN MATTUSCHKA

Austriaca, cresciuta nella provincia toscana, dove ha avuto la sua prima formazione scolastica. Allieva della scuola Alchimia, da quattro anni vive e lavora a Firenze. A un mese dalla sua prima personale, ritratto dell’artista e le sue opere, tra gioiello contemporaneo, oggetti-soglia e armi metafisiche. Testo di Martina Scapigliati, foto di Lilian Mattuschka

«Che cosa fa un alchimista? Per prima cosa bisognerebbe definire chi è un alchimista: è colui che ricerca la pietra filosofale, che trasforma i metalli vivi in oro, che cerca un solvente universale e, infine, l’elisir di lunga vita. La pietra filosofale: l’alchimista vuole sviluppare i propri valori interiori fino all’incredibile, far crescere il proprio essere e, grazie a questo, attraverso il suo livello di coscienza, elevarsi in altre dimensioni. L’elisir di lunga vita è una persona che accetta la propria vita e vive tutto quello che deve vivere senza autodistruggersi. Il solvente universale è una persona che ha sviluppato nel suo cuore l’amore divino. Amore è ciò che scioglie tutte le resistenze». A. Jodorowsky Io ho visto in Lilian tutto questo: la sua ricerca dichiarata di uno sviluppo di valori, l’accettazione delle paure, attraverso la difficoltà del proprio percorso personale, e il loro superamento tramite la creazione. Per arrivare a sbrogliare tutti i nodi con la formula, di preciso significato di denuncia, di estetica raccolta di oggetti-soglia, una soglia oltre la quale, una volta prese in mano le sue creazioni, ciascuno è libero di esprimersi come può, o come vuole. Lilian ha concluso il suo percorso di studi alla Scuo-

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la di Gioiello Contemporaneo Alchimia di Firenze, l’unica in Italia che si occupa di gioielleria contemporanea. In occasione del suo Master of Fine Arts ha presentato la mostra Weapons of Perfection il 2 dicembre scorso nel nuovo spazio Chiasso Perduto, in Via Coverelli. Lilian ha sperimentato e vivificato la propria creatività nell’ambito dell’artigianato del gioiello contemporaneo, che poi ha inevitabilmente dilatato nella pratica scultorea. Spiega Lilian: «Quella del gioiello contemporaneo è una nicchia. Dove, a partire dal gioiello, puoi procedere verso tante direzioni differenti. Io da circa tre anni studio il limite con la performance, il corpo visto come contenitore, su cui intervengo applicando oggetti per modificarne fisicamente e mentalmente il movimento. Lavoro molto sulle paure. Le mie, forse quelle di tutti». I suoi gioielli sono gioielli d’artista, intendendo per artista chi produce arte. Trovano una loro vitale, espressiva autonomia. Spinta dalla forza espansiva e trasformatrice dell’arte, Lilian innalza la gioielleria a fianco delle «arti maggiori». Forte di una sensibile educazione familiare, aggiunge alle sue creazioni la fotografia e il video. E se il gioiello convenzionale tende spesso verso l’abbondante, il prezioso, il maestoso, Lilian segue invece un movimento inverso, si dispiega verso il materiale comune – il legno, o il plexiglass –, il semplice, il minimale. I gioielli di Lilian, più che catenine preziose, mettono la briglia al collo e cospargo-

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In Jodorowsky’s words an alchemist is someone looking for the philosopher’s stone, the elixir of life and a universal solvent. The philosopher’s stone: the alchemist wants to increase and improve his inner values. The elixir of life means accepting his own life and everything that has to happen without self-destruction. A universal solvent is a divine love capable of melting every resistance. All this I saw in Lilian Mattuschka: her research of values, acknowledgement of fears and exorcism through creation. Lilian is Austrian but was raised in Tuscany, she studied at Alchimia school in Florence and has been living and working in Florence for four years. The school she went to, Scuola di Gioiello Contemporaneo Alchimia in Florence, is the only school of contemporary jewelry. For her Master of Fine Arts, she presented her exhibition called Weapons of Perfection in Florence city center last December 2nd. Lilian explains: «Contemporary jewelry is a niche, many directions can be pursued from there. For three years I’ve been studying the boundaries between goldsmithing and performance: the body meant as a container on which I apply objects to physically and mentally alter its movements. I work a lot on fears: mines and probably everyone’s». Her jewels are artist’s jewels. Transfigured by art, Lilian’s jewelry creations may be considered as a major art, to which she adds photographs and videos. Conventional jewelry usually tends to be precious and rich, but Lilian follows an opposite direction towards poor materials such as wood or plexiglass. Lilian’s jewels are not cute necklaces, they put bridles on you and make you taste sweet when you should feel bitter. She plays with imposed harmless habits, social slavery, resignation, unhappiness. Lilian’s exhibition showcases various objects: an apple, meant as weapon of knowledge that can also be used against oneself or others. There are a lot of dummies too, meant both as a palliative and a silencer. Many smiles, the imposed ones, those required by society. Conceptual objects, fine crafted with old instruments Lilian inherited from her grandfather, which make you ask yourself eternal questions and think about our society. • www.lilianmattuschka.com

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no di zucchero il morso, perché non si avverta il suo sapore amaro. Gioca su innocue abitudini subìte, sulle schiavitù sociali, le rassegnazioni, gli scontenti. Vari gli oggetti esposti nel percorso della mostra. Si parte dalla mela come arma della conoscenza, quella di Eva, simbolo della scelta del libero arbitrio, che può essere usato come arma contro sé stesso o gli altri. Ci sono poi molti ciucci, artificio della suzione, il ciuccio visto come palliativo o sedativo, perfino come silenziatore. Il sorriso, imposto, quello che la società vuole, perché ognuno sia funzionale e ben disposto. Poi, il manico, l’invito al contatto: un manico che non regge niente, nient’altro che quello che ciascuno sente di portare con sé. Ancora, splendide armi metafisiche che sembrano gabbiani e invece sono correttori di postura, da mettere dietro la schiena e reggere con le braccia, che quasi diventano inutilizzabili: ma ci hanno insegnato a camminare dritti, smarriti per le strade

della vita a testa alta. Poi, il simbolo del legame falsato, la catena. Oggetti concettuali, di alto artigianato, finemente lavorati con dei vecchi ferri che Lilian ha ereditato dal nonno, fanno riflettere su eterni interrogativi, condizionamenti sociali, atrofie mentali. Il mestiere di gioielliere si manifesta con Lilian nel suo senso più vasto: lei è artigiana, esteta, scenografa, sociologa. Quello di Lilian è un gioiello che può far breccia solo dove esista un gusto estetico ed etico influenzato dalle ricerche dell’arte contemporanea. Non a caso le gallerie sono il luogo eletto per far conoscere i suoi lavori. La Galerie Marzee, olandese, una delle principali promotrici dell’arte del gioiello contemporaneo, espone una sua opera: viene da quella serie di “mostri” del pensiero che la hanno accompagnata per lungo tempo nel suo percorso di ricerca. Verso la libertà. • www.lilianmattuschka.com

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ful benessere

GALLEGGIA CHE TI PASSA (lo stress, l’insonnia, il vizio del fumo...)

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mmaginate di tornare nella pancia della mamma, immersi nel silenzio, nell’oscurità, al sicuro e soprattutto nella calma più assoluta.È la sensazione che si prova immergendosi nelle vasche di “deprivazione sensoriale”, esperienza unica che si può sperimentare solo da Floating Flo, centro interamente dedicato al galleggiamento e al benessere psicofisico recentemente aperto a Firenze, in viale Fratelli Rosselli 51r. Il direttore del centro Paolo Petracchi, ingegnere e depositario di alcuni brevetti innovativi in questo campo, vi descriverebbe questa sensazione in maniera diversa. «Nella mia vita professionale – racconta Paolo – ho avuto la fortuna di effettuare alcuni ’voli parabolici’ durante un progetto finanziato da ASI e ESA (rispettivamente le agenzie spaziali italiana ed europea), provando di persona cosa significa fluttuare nello spazio in assenza di gravità. Nelle vasche di galleggiamento si prova un’emozione del genere, in parte assimilabile anche ad altre esperienze, come ad esempio le immersioni subacquee notturne o in grotta». Qualcosa difficilmente spiegabile a parole, che va provato sulla propria pelle. Una sensazione di relax quasi ancestrale, che può essere sfruttata per potenziare le proprie performance sportive o lavorative, per combattere lo stress, per superare l’insonnia o anche per smettere di fumare, grazie a particolari sessioni ipnotiche in acqua. «Quando ci si immerge in queste vasche a forma di conchiglia – spiega Paolo Petracchi – ci si isola dal mondo esterno e si entra nel “nulla”. Per questo le vasche sono chiamate di

deprivazione sensoriale. Dopo un tempo variabile fra i 10 e i 20 min (a seconda dei soggetti e dell’assiduità con cui si pratica il Floating), all’interno della vasca, immersi in un liquido speciale mantenuto alla temperatura costante della nostra pelle, a causa dell’isolamento e della riduzione delle stimolazioni in arrivo al nostro cervello, si perdono i riferimenti spaziali e temporali e si induce la vivissima sensazione di “fluttuare” a mezz’aria avvolti in un piacevolissimo e profondissimo stato di benessere. Una condizione unica durante la quale la muscolatura viene completamente rilasciata (perfino i muscoli inter-vertebrali), le articolazioni non sono più compresse, l’irrorazione sanguigna aumenta nonostante lo sforzo del nostro cuore diminuisca. Grazie alle endorfine che si vengono ad accumulare a livello corteccia celebrale si genera inoltre una fortissima sensazione di appagamento e benessere il così detto "afterglow". In questa situazione l’attività celebrale rallenta e si setta su un tipo di onde particolari chiamate onde “Theta”(4-8 Hz) da qui il nome di “Stato Theta”, sono le stesse onde che attraversiamo quando stiamo per addormentarci ed anche quelle su cui si setta il cervello di chi pratica meditazione da molti anni come ad esempio i monaci Zen. Allo stato Theta corrisponde anche una diminuzione della secrezione degli ormoni dello stress (cortisolo ed epinefrina) e un reboot del sistema endocrino ed immunitario. La caratteristica che rende questo trattamento unico è che tutto quanto descritto sopra avviene in una sola ora e in modo completamente passivo e naturale da parte di chi lo utilizza. Con pochissimi trattamenti (ne consigliamo almeno

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3), si riescono ad apprezzare tutte le potenzialità del metodo Floating e si ottengono benefici duraturi e tangibili. Il fluido in cui si galleggia è una soluzione salina contenente il 28-30% di Solfato di Magnesio che, oltre a lasciare la pelle vellutata come una pesca ed i capelli morbidissimi, costituisce una importante fonte di accumulo di Magnesio che viene così assorbito a livello transdermico (cioè attraverso la pelle); Il Magnesio è coinvolto in 335 reazioni enzimatiche nel nostro organismo e la carenza genera patologie importanti. Inoltre la scorta di Magnesio accumulata praticando Floating è preziosa soprattutto per chi fa sport o si sta allenando in vista di una competizione importante. Non a caso il Floating viene usato da atleti di tutto il mondo di varie discipline durante la preparazione sportiva. Qualche esempio? I team olimpici inglesi e australiani, campioni di sci, lottatori e calciatori di tutto il mondo, Fiorentina compresa. Grazie a tutti questi benefici nella letteratura scientifica anglosassone si parla di “Floating Therapy” perché gli effetti sono molto, più vicini ad una terapia che non ad un trattamento fisioterapico o di semplice benessere SPA. Ma il Floating è un ottimo alleato anche per combattere l’insonnia. Chi soffre di questo disturbo, infatti, non riesce a raggiungere lo stato theta e a mantenerlo per un tempo sufficiente a prendere sonno. Le sessioni di galleggiamento funzionano come una sorta di allenamento per il cervello, abituandolo ad abbandonarsi alle braccia di Morfeo. «Un’ora di floating – dichiara Paolo – equivale a 6/7 ore di buon sonno». Alzi la mano chi non ne ha bisogno. Info: www.floatingflo.it Tel. 055 324 7316.

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Imagine to go back to your mother's womb, in the silence, darkness and safe absolute calm. This is the sensation you prove when bathing in the pools of “sensorial deprivation”, a unique experience that you can only find at Floating Flo, a centre entirely dedicated to floating and psychophysical wellbeing recently opened in Florence (viale Fratelli Rosselli 51r). «In my professional life – says Paolo Petracchi, director of Floating Flo, engineer and owner of some patents in this field – I was lucky to do some “parabolic flights” during a project financed by the European and Italian Space Agencies and I could experience how is floating in the space with no gravity. In the floating pools you can feel a similar emotion, something like diving during the night or in a cave». It's something difficult to explain with words, an ancestral sensation of relax, that can benefit your sport or work performance, useful to fight stress, insomnia or even to quit smoking, thanks to particular ipnotic session in water. «When you immerse in a shell-shaped pool, you isolate from the world and enter in the void» explains Paolo Petracchi. That's why they are called pools of sensorial deprivation. After 10-20 minutes (according to the subject and his experience) in a pool with a special liquid at the same temperature of your body, you lose the spatial and temporal references and you feel good pleasantly floating. Your muscles and joints relax, the blood circulation increases even if the heart is not striving. Endorphins are released with the so-called “afterglow effect”, a strong sensation of fulfillment. In the floating fluid there is a saline solution that contains 28-30% of Magnesium Solfate that is good for the skin and the hair. Magnesium is fundamental for 335 enzymatic reactions in our body and for sport training. In the Anglosaxon scientific literature it's called “Floating Therapy” because the effects are closer to those of a therapy rather than a spa session. The cerebral activity diminishes and settles on a type of waves called “Theta” (4-8 Hz), the same waves of people who practice meditation – like Zen monks – that reduce the stress hormones and reboot the endocrine and immune system. Everything happens in a hour and in a totally passive but natural way. Theta waves are also fundamental for fighting insomnia, training your mind to embrace again Morpheus' arms. «An hour of floating - says Paolo – equals 6/7 goodsleep-hours». Info: www.floatingflo.it. Tel. 055 324 7316.


ful cinema

EDOARDO ZUCCHETTI Dal teatro underground alla realtà virtuale: intervista al regista fiorentino.

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Testo di Roberta Poggi, foto di Marco Borrelli irenze, Londra, Springfield. Edoardo Zucchetti viaggia continuamente per l’Europa e oltre, fino al Missouri negli Stati Uniti, ma il suo vero viaggio è quello dentro il mondo dello spettacolo: il teatro, la lirica, il cinema. Laureato al Pro.Ge.A.S., muove i primi passi negli anni universitari, dove stringe contatti, tra gli altri, con Angelo Savelli, grande regista e autore di teatro di avanguardia, dando inizio a una stretta collaborazione (e amicizia) il cui punto di incontro resterà per anni il Teatro di

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Rifredi. È sempre a Firenze che si avvicina a uno dei giganti della scena teatrale italiana: Zeffirelli. Tra pizze, bobine e caffè, Edoardo si lancia letteralmente nel mondo del regista, facendo davvero qualsiasi cosa in occasione del Maggio Musicale Fiorentino. Così inizia il periodo di gavetta vera e propria, di quelle da cui oggi tendiamo a scappare nell’ansia che non abbiano mai una fine: invece osserva e impara sul campo tutto ciò che gli serve, una scuola fatta di esperienza che sta alla base del suo percorso di regista. Tanto che Zeffirelli decide di portarlo con sé a Roma e all’Arena di Verona, luoghi di incontri ed esperienze altrettanto decisive. Poi arriva il momento di guardare oltre i confini nazionali, e parte per Londra. La base è Covent Garden, oggi quartiere frequentatissimo, ma che «qualche anno fa non era esattamente così» – commenta con quel suo tono ironico con cui sembra non prendersi mai troppo sul serio. «Anzi, direi che è stato un po’ uno shock». Inizia lavorando come lavapiatti, dodici ore al giorno chiuso in quattro pareti infernali, ma fugge dopo tre giorni. Due lavori e tre case diverse in due settimane, risultato: compra il biglietto di ritorno per l’Italia. La sera prima della partenza decide di spendere gli ultimi soldi rimasti per The Damnation of Faust di Terry Gilliam all’English National Opera e ne resta profondamente affascinato. Sente immedia.22

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Edoardo Zucchetti took his first steps while he was at the university: he started cooperating with Angelo Savelli, a great director and avant-garde author, at Teatro di Rifredi. Then, a turning point: Edoardo met Zeffirelli in Florence and, after following him like a shadow, managed to pay his dues with the master. Edoardo observed, learned everything he could, gained the experience that shaped his path. Zeffirelli eventually decided to take him to Rome and to Arena di Verona, where more decisive encounters took place. Then the time arrived to move forward and go abroad. Edoardo went to London and, after a couple of weeks working twelve hours a day in a kitchen he was ready to go back to Florence, when he saw The Damnation of Faust and felt he really wanted to work for Terry Gilliam (Monty Python’s creator, ndt). He stopped Mr Gilliam outside the theatre asking for a job and was told to learn English first... So he did, he took English classes and kept working in London for two years and at the end he finally had his chance to work for him. One night at a party Edoardo met a girl called Natascha Metherell who introduced him to Jonathan Miller, the English Zeffirelli. He had the occasion to work for him, for free though. Edoardo is an occasion hunter: sometimes he chases people and some other times he meets them by chance. While working for Terry Gilliam, Edoardo met Michael Spyres, a tenor from Springfield in Missouri, who asked him to shoot a documentary about his work and took him around Europe – Edoardo is still working at this documentary, that’s why he spends a couple of months every year in Springfield. Terry Gilliam, his last master, said to him: «You’re ready. Go». Edoardo then came back to Italy to try to become an independent director. Some of his first projects are Girotondo (set up illegally in an old mechanic workshop in Calenzano), Presunzione and Bitch Boxer , presented at Intercity festival in Sesto, at Mandela Forum and soon in a gym in Milan. Edoardo keeps working with international directors (for example he was assistant to Ron Howard for Inferno) and he also brings forward his personal productions, such as L’Arresto & L’Universo Ai Weiwei – Uno Studio. We would never finish listing all Edoardo’s projects: he’s a creative machine in constant production and updating, always moving between London and Springfield and Florence. •


tamente di voler lavorare con Terry Gilliam, e lo aspetta all’uscita del teatro. Lo ferma e fa la proposta: «Voglio lavorare per lei», «Sai l’inglese?», «Ehm...», «Allora prima impara la lingua, poi fatti risentire». Detto fatto. Si iscrive a una scuola di lingua, e continua la sua vita londinese tra il lavoro al bar e lo studio, finché, dopo due anni di rifiuti e di mancate risposte, un venerdì sera arriva la svolta: «Inizi lunedì». Fermare fisicamente i registi per strada è una costante della sua carriera, tanta è la voglia di mettersi in gioco nella professione che ama, e quella con Terry Gilliam non è stata la prima volta. Una sera a una festa incontra una ragazza che fa il suo stesso lavoro, Natascha Metherell, che lo presenta a Jonathan Miller, lo Zeffirelli d’oltremanica. Ha la possibilità di lavorare per lui, non pagato, ma è un’occasione che prende al volo e che per nulla al mondo si sarebbe lasciato sfuggire. Ecco, Edoardo è un po’ così: un cacciatore di occasioni e situazioni, alcune letteralmente braccate, altre scoperte in modo casuale, protagonista di un intenso intreccio di incontri umani e professionali. Durante la collaborazione con Gilliam conosce Michael Spyres, tenore americano di Springfield, Missouri, sul cui lavoro girerà un documentario seguendolo attraverso tutta l’Europa e con cui manterrà una collaborazione direttamente nel Missouri, dove tutt’ora si reca uno o due mesi all’anno. Terry Gilliam è stato l’ultimo maestro, l’ultima guida: «“Sei pronto. Vai” mi ha detto». Rientrato in Italia, parte una nuova fase, quella di regista indipendente e di teatro autoprodotto, con diversi progetti come Girotondo (messo in scena illegalmente in un’officina in disuso a Calenzano), Presunzione e Bitch Boxer, presentato all’Intercity Festival di Sesto, al Mandela Forum con un grande successo e sold out, e prossimamente in una palestra a Milano. Continua a lavorare ai livelli più alti della regia internazionale, tra gli altri, come assistente alla regia di Ron Howard per Inferno, e crea contemporaneamente produzioni proprie, come il recente spettacolo L’Arresto & L’Universo Ai Weiwei – Uno Studio con la voce di Alessio Martinoli, previsto in replica al Lavoratorio o L’Appartamento. Su Ai Weiwei c’è inoltre in progetto un corto in VR (Virtual Reality), mezzo di comunicazione innovativo già sperimentato con A KNOCKOUT 360°, cortometraggio ispirato a Bitch Boxer, prodotto da Monogrid / MVR. A elencare tutti i progetti non finiremmo più: Edoardo è una macchina creativa in continua attività e in costante aggiornamento, sperimenta mezzi, tecniche e luoghi di rappresentazione, alternandosi tra teatro di prosa, opera lirica e cinema-documentario. Non sente il bisogno di scegliere una delle tre: non sono realtà paragonabili tra loro ma sono, in un certo senso, complementari. Così come non crede di dover scegliere tra Italia e Inghilterra: «Non sono mai stato uno di quelli che vogliono andarsene dall’Italia per sempre, ma non penso nemmeno di restarci in pianta stabile: faccio entrambe le cose, un po’ qui e un po’ là». Ora si prende una pausa per risistemare il sito, riprendere fiato, ma è più forte di lui: continuano a nascere idee, e presto tornerà in movimento tra Springfield, Londra e Firenze. • 23.


ful musica

L'INVASIONE MONOBANDA di “Barnum One Man Band” Testo di Gianluca Parodi, foto di Tommaso Guidi

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sobborghi della musica stanno per essere invasi da personaggi alquanto strani, alcuni mascherati, altri un po’ dannati, artisti anticonformisti, che hanno gli spartiti al posto delle vene. Tommaso è uno di loro, un One Man Band (tradotto letteralmente «uomo orchestra»), si tratta di musicisti in grado di suonare più strumenti e cantare, contemporaneamente. È un universo in espansione, protagonista di una scena underground fatta di piccoli club nascosti e mini-festival, un genere in cui l’esibizione s’incentra sul talento dell’unico membro della band. «Mi sono avvicinato a questo mondo un po’ per necessità. Dovevo organizzare concerti per alcuni locali, mi occupavo della programmazione musicale, ma i proprietari avevano bisogno di band con pochi componenti e con un impatto ambientale oculato, per questioni di spazio e rispetto delle norme acustiche». C’era solo una persona che poteva aiutarlo a trovare artisti in grado di esibirsi da soli: Freddie Koratella, una sorta di guru del genere, che lavora per l’etichetta Dead Music ed è il riferimento principale per gli One Man Band che si esibiscono in Italia. «Il primo concerto che ho organizzato è stato al WIP, (acronimo di Work In Progress) un locale underground storico a Terranova Braccialini, in provincia di Arezzo. Ad esibirsi fu un musicista spagnolo, Hombre Lobo (l’uomo lupo), un artista geniale, chitarra, voce e percussioni, con la maschera da lupo mannaro. Da quella sera davanti ai miei occhi s’è spalancato un mondo e non ho avuto più dubbi: dovevo intraprendere quel percorso anch’io!». Appassionato di musica da sempre, Tommaso fa parte ormai da dieci anni di un gruppo noto a Firenze, i Tony Romano Psycho Explosion, con cui ha inciso anche un disco. Ha studiato per anni tutti i segreti del rockabilly, con il maestro Simone Di Maggio, diventando un chitarrista in grado di eseguire giri musicali di più generi, spaziando dal rock al country, passando per il blues e il punk. Ma l’ispirazione monobanda l’ha travolto e ora dedica gran parte delle sue energie alla realizzazione del suo sogno: esprimersi con musica e parole, libero, completamente slacciato da vincoli e catene. Essere un One Man Band è molto più di un semplice modo di

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The neighbourhoods of music are about to be invaded by strange people: some of them are wearing costumes, others may look a bit doomed, but they all have music in their veins. Tommaso is one of them, a One Man Band, capable of playing more than one instrument and singing at the same time. It’s a growing universe, very “underground”, made of little hidden clubs and small festivals, where one’s talent is absolute protagonist. «I approached this world because I had to organize gigs for some small clubs respecting the laws on noise pollution» says Tommaso, and with Freddie Koratella’s help (Dead Music’s label, he’s a talent scout) they found One Man Bands performing in Italy. «The first concert I organized was at WIP in Terranova Bracciolini, nearby Arezzo. Hombre Lobo performed, he’s a brilliant artist who uses voice, guitar and drums and wears a werewolf mask. From the very first night I saw him performing I had no doubt, that was what I wanted to do!». Tommaso has always been into music, he’s been part of the Florentine band Tony Romano Psycho Explosion for ten years. He studied rockabilly and is able to play very different riffs with his guitar: from rock to country, through blues and punk. The stage name Tommaso chose is Barnum One Man Band, and he did it for a reason. Barnum is an American adventurer who, back in the twenties, showed the beauties of Africa around the US in a very unedifying way. That was the bad part of colonialism. «I chose this name to express my aversion for hypocrisy. Many people tell themselves and others they are green, animal activists, antiracists… but deep inside they don’t really care. I’m fed up of this so I give people what they really want but don’t dare to ask: a Barnum show». What Tommaso brings on stage is a mix of rockabilly, low sounds definition and a radio-sounding voice; a punk entourage intertwines with deep guitars of surf and melodic passages of blues. «Performing as “one man band” I can do what I want, let my passions go». The first One Man Band festival will be in Rome next March, but something will take place in Florence too: the festival preview, called Invasione Monobanda Party, where Tommaso and many others will be is going to start at NOF on March 1st. Freddie Koratella is organizing the event. Will there really be an invasion? «We will draw attention, we will show our style, but we will remain where we belong: little exclusive clubs, a bit doomed, hidden and narrow, in that underground universe which will always be our realm». •


esibirsi, per Tommaso è un mezzo per comunicare al mondo le sue idee, e questo traspare anche dal nome che ha scelto: Barnum One Man Band. Barnum è un personaggio abbastanza scomodo, decisamente atipico e di rottura con i canoni tradizionali. Si tratta di un avventuriero americano degli anni ’20 che mostrava le bellezze dell’Africa, in giro per gli Stati Uniti. Le modalità non erano proprio edificanti, per usare un eufemismo; era un aspetto del colonialismo dell’Africa Nera, uomini e animali venivano portati in giro e mostrati a spettatori esterrefatti, come un grande circo. «Ho deciso di scegliere questo nome per comunicare il mio disappunto nei confronti di quella parte di mondo che pratica una comoda ipocrisia. Tra gli animalisti, gli ecologisti e gli anti-razzisti, ad esempio, ci sono molte persone che si professano tali per moda, per apparenza, mentre nella realtà, nel loro intimo, se ne fregano del rispetto. Sono stufo di queste false convenzioni! Perciò scoperchio il tappo dell’ipocrisia e trasmetto alla gente ciò che chiede di nascosto, proprio come un carrozzone di Barnum». Il segreto di ogni One Man Band è il set acustico di percussione, ovvero gli elementi in grado di riempire i vuoti della melodia, c’è chi usa piatti o tamburi, chi cucchiai o cembali. «Mi ricordo di un artista romano che suonava con un elmo da vichingo in testa, e batteva le corna del casco su dei piatti da

batteria. Tutti noi abbiamo uno stile speciale». Il genere che Tommaso porta in scena è un complesso mix che combina le ritmiche del rockabilly, con una bassa definizione dei suoni e una voce radiofonica tipiche delle atmosfere garage; l’accompagnamento distorto del punk s’intreccia con le chitarre profonde del surf, il tutto tenuto insieme da passaggi melodici di blues. «Questo intendo per liberare il mio linguaggio espressivo. Esibendomi da One Man Band, posso mettere in pratica lo stile che voglio, dare sfogo alle mie passioni. È una sorta d’identità culturale che si palesa ogni volta che salgo sul palco». A Roma, nel mese di marzo, scatterà l’Invasione Monobanda, il primo vero festival italiano degli One Man Band, arriveranno artisti da tutto il mondo, ma prima l’onda travolgerà Firenze. È in programma per il 1 marzo, alla NOF, in Borgo San Frediano, Invasione Monobanda Party, un’anteprima della rassegna in cui si esibiranno Tommaso e molti altri, sotto la regia musicale di Freddie Koratella, organizzatore dell’evento. Ma sarà veramente un’invasione? «Ci faremo conoscere, mostreremo al pubblico il nostro stile, ma la nostra dimora rimarrà la stessa: quella fitta rete di piccoli club, un po’ esclusivi, un po’ dannati, nascosti e angusti, dalle atmosfere sotterranee e anticonformiste, quell’universo underground che resterà il nostro regno». •

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ful capelli

Anche i capelli vanno in terapia...

DA LAPO VIA DEI FOSSI

Testo di Paola Ferri, Foto di Lapo Via dei Fossi

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ettiamo la testa a posto, una volta per tutte, donne e uomini dalle chiome più e meno fluenti. Anche i capelli hanno bisogno di andare in terapia, di tanto in tanto. Impacchi di argilla, trattamenti al vino, al lime, alla carota, creme antiage, rigeneranti, riequilibranti e nutritive per cute e chioma: è la filosofia Hair Therapy, adottata da Lapo Via dei Fossi, una vera e propria beauty farm per teste capellute. Qui si usano solo prodotti specifici ed esclusivi, di origine naturale al 100%, erbe, oligoelementi, mix di argille e oli essenziali in grado di ricostruire la struttura del capello e conferire corpo e luminosità alla capigliatura. Ma anche frutta – di stagione, perché il nostro organismo ha bisogno di seguire lo scorrere naturale del tempo – e composti a base di vino. E allora via libera a trattamenti post colore per riequilibrare il ph della pelle, impacchi lenitivirigeneranti per cuti arrossate e lunghezze secche o danneggiate, trattamenti al collagene, antiossidanti o rigeneranti a base di

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Let’s get our head together. Hair needs therapy from time to time. Clay, lime, carrot or wine treatments, antiage, regenerating and nutritive creams for skin and hair: this is the Hair Therapy’s philosophy chosen by Lapo Via dei Fossi, a real beauty farm for hairy heads. They use specific and exclusive products, 100% natural, herbs, clay mixtures and essential oils for reconstructing the hair structure and giving it strenght and shine. But they also use fruit – seasonal one, because our body has to follow the natural passing of time – and creams made of wine. There are treatments for dyed hair to balance the skin’s ph, compress for reddened skin and damaged hair, collagen treatments, ecc. «Our customers are very demanding – says Lapo, hairdresser for 20 years, who opened his own hair boutique in 2009 in Via dei Fossi – but it’s something we like and that inspire us to do always better». Even if that means following the latest fashion? «It’s not compulsory to get the latest cut or colour: we help all women to express their personality». A hair with “strong colours” can be worn in relaxed way. The same is true for an important beard. «Men are more and more devoted to their look – stresses Lapo – as a matter of fact they come more often now». It’s not only for taking care of hipster beards and moustaches: «Young men like to take care of their body even with cosmetic treatments». Lapo’s passion was born in his family, he used the scissors for the first time in 1998 in her aunt’s shop. Then he specialized in colouring, he entered in the L’Oreal Tuscan research group and worked in fashion shows and movies. He attendend many professional courses and had experiences with a few famous hairdressers. His hair salon is more like a spa: you get in for your hair, you get out with a new mind.

frutta. Purché personalizzati e cuciti su misura sulle esigenze di ogni testa. «I nostri clienti sono molto esigenti – racconta Lapo, parrucchiere da quasi 20 anni, dal 2009 in proprio con la hair boutique di Via dei Fossi – ma è una cosa che ci piace molto e ci stimola a fare sempre meglio». Anche se questo significa correre dietro alle mode? «Non c’è per forza bisogno di rincorrere il taglio o il colore del momento: cerchiamo di aiutare ogni donna ad esprimere al meglio la propria personalità, per quanto classica o eccentrica possa essere». Già perché anche un capello “dalle tinte forti”, come i colori effetto cartoon molto richiesti negli ultimi tempi, può essere portato con classe e disinvoltura. Così come una barba imponente, d’altronde. «L’uomo è sempre più attento alla cura dell’immagine – sottolinea Lapo – tant’è che la frequenza con la quale la clientela maschile frequenta il nostro salone è decisamente aumentata». E non si tratta solo di curare barbe e baffi hipster. «Tra i ragazzi è cresciuta la voglia di prendersi cura del proprio corpo – continua – anche grazie alle case cosmetiche, che hanno cominciato a dedicare loro linee di prodotti esclusivi». Un trend che, possiamo scommetterci, continuerà a crescere. Dando altri capelli da torcere a Lapo Via dei Fossi. Una passione innata, quella di Lapo, che si professa «figlio d’arte» e ha dato le prime sforbiciate nel negozio della zia nel 1998. Poi la specializzazione nel settore colorazione, l’ingresso nel gruppo di ricerca L’Oreal Toscana, fino alla partecipazione a sfilate di moda e allo staff tecnico di film come Hannibal, girato in parte a Firenze. Nel mezzo corsi di professionalizzazione, esperienze al fianco di alcuni tra i più rinomati parrucchieri di Firenze e d’Italia, ma anche l’affinamento di tutta un’altra serie di dettagli. Come ad esempio la cura dell’immagine del salone e di conseguenza dell’atmosfera che vi si respira. Quella di una spa, dove si entra per «farsi i capelli» e si esce con una testa nuova. •

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ful 5di5

5di5 #MOBILEPHOTOGRAPHY by Jacopo Visani | Instagram | Facebook | Twitter -> @jacopovisani

Tra quelli che non si limitano solo a farsi scariche di selfie, in tanti si stanno appassionando alla fotografia e si definiscono fotografi. Non è il mio caso. Momenti di quotidiana e ordinaria bellezza mi colpiscono come piccole illuminazioni e li riprendo con il mio cellulare. Poi le rielaboro, cercando di far emergere l’unicità di ciò che ci circonda e si viene così a creare la mia galleria, sempre in continua evoluzione. Among those who don’t just shoot selfies, many are passionate about photography and define themselves as photographers. It’s not my case. Moments of daily and ordinary beauty strike me as epiphanies and I catch them with my phone. Then I work on them, trying to pull out the uniqueness of what is around us and in this way my gallery, always in evolution, is created. .28


ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all'estero SAMUEL A. SOROKIN Sono ricercatore di storia contemporanea e mi sono trasferito dalla Germania per fare un dottorato presso l’Istituto Europeo Universitario di Fiesole. Ho scelto Firenze tra altre città tedesche e inglesi perché mi intrigava il pensiero di vivere quattro anni nella culla del Rinascimento, nella città che ha ospitato tutti i grandi pittori e scrittori che non solo hanno trasformato l’Italia, ma tutta l’Europa occidentale. Ora vivo qui da un anno e Firenze è una città vibrante, molto di più che un “museo all’aria aperta”. Sono felice di scoprire non solo la cultura ma anche la mentalità fiorentina e toscana, che ha le sue particolarità. Qui mi sento a mio agio e la mia coinquilina mi prende in giro perché, prima di imparare bene l’italiano, ho già cominciato a parlare con la pronuncia fiorentina. Penso che sia un buon segno. Cosa porteresti a Firenze da Bonn? Anche se può sembrare blasfemo per i fiorentini, io porterei il cibo tedesco e, in generale, mi piacerebbe una cucina un po’ più “integrante” e aperta a modifiche. Non è che non mi piaccia la gastronomia toscana, al contrario, ma è normale che nei momenti di nostalgia per la propria regione, uno dei legami che manca maggiormente siano certi sapori. Oltre a questo, mi manca la “vera” birra... Vengo da Bonn che è vicina a Colonia, la città famosa per il suo carnevale, e qui la quinta stagione dell’anno (come si dice nella mia regione) non sembra affatto importante. Penso che questa festività gioiosa e allegra, se venisse collegata e trasportata nella bella Firenze, creerebbe una fusione ideale. Cosa porteresti a Bonn da Firenze? Come si potrebbe portare tutta la bellezza che si incontra qui? Se fosse possibile, porterei tutta Firenze! Incluso il sole. E l’eleganza delle donne. Però, se devo limitarmi, porterei soprattutto il modo in cui i fiorentini tengono in grande considerazione la propria cultura e la tradizione della loro città. Ho l’impressione che l’eredità fiorentina sia trattata con cautela, indipendentemente dal fatto che si tratti del patrimonio culturale, folcloristico o gastronomico, e questo lo apprezzo molto. Oltre questo atteggiamento rispetto al proprio passato, porterei anche il lampredotto! I am a researcher of contemporary history and I moved from Germany to do a PhD at Istituto Europeo Universitario of Fiesole. I chose Florence among other German and English cities because I was intrigued by the thought of living for four years in the cradle of Renaissance, in the city that hosted all the major painters and writers that shaped not only Italy, but the whole western Europe. Now I’ve been living here for a year and Florence is indeed much more than “an open air museum”, it’s a vibrant city. I am happy to discover both its culture and mentality, that has got its own peculiarities. I feel at ease and my flatmate jokes saying that before learning Italian, I have already taken the Florentine pronunciation I think it’s a good sign. What would you take to Florence from Bonn? Even if it may sound a blasphemy, I’d take the German food, and in general I’d like the food to be more “inclusive”, open to modifications. It’s not that I don’t like the Tuscan gastronomy but it’s normal that in moments of nostalgia, the flavours of my region are what I miss. But I’m missing also the “real” beer. I come from Bonn, close to Koln, the city famous for its carnival, and the fifth season of the year (it’s how they call it) doesn’t seem to be so important here. I think that this feast so joyful and cheerful, if it were to be linked and brought to Florence, would create an ideal fusion. What would you take from Florence to Bonn? Would it be possible to take all the beauty that I see here? If it were possible I’d take the whole Florence! Sun included. And the elegance of women. But if I have to choose I’d take the way in which Florentines consider their culture and traditions. I have the impressione that the Florentine heritage is treated with caution, no matter if we’re talking of culture, folklore or gastronomy. On top of that I’d take the lampredotto!

ARIANNA FABRIZI DE' BIANI Salve salve, sono Arianna e ho 26 anni. Da quando ho 16 anni sono cittadina del mondo e cambio ogni uno/due anni città o paese. Sono stata in Francia, Svizzera, Canada, con innumerevoli viaggi per tutta l’Europa. Vivo a Bruxelles da 3 anni e mezzo dove sto finendo i miei studi in architettura. Ho iniziato con storia dell’arte a Firenze ma ho velocemente cambiato indirizzo e, ancora una volta, contesto. Mi sono trasferita così prima a Milano e poi nella capitale belga con la scusa di un Erasmus (al terzo anno). In Belgio ho trovato un posto accogliente dove potermi fermare (finalmente) e apprezzare il freddo quotidiano. Sono al mio ultimo anno di studi e la voglia di restare qui non è diminuita, ma al contrario si consolida di giorno in giorno! Cosa porteresti a Firenze da Bruxelles? La vitalità di una città che non sopravvive grazie a un importante e glorioso passato, ma che si rinnova ogni anno e dove si trova veramente di tutto. Insieme a questo l’autoironia dei belgi, il prendersi poco sul serio e il riderci sopra, il che rende Bruxelles una città facile da vivere. I fiorentini prendono molto in giro gli altri, ma meno se stessi, il che li rende orgogliosi e presuntuosi! Cosa porteresti a Bruxelles da Firenze? Oltre ovviamente alla cucina toscana, che è la più buona e sana che ci sia e che è all’opposto della tradizione culinaria belga, penso che porterei una delle tante piazze. Una bella piazza con gradini dove sedersi al sole, una fontana non lontano, la facciata di una chiesa ricca di storia... Luogo d’incontri senza appuntamento e di mescolanza sociale, di condivisione, proprietà di tutti. Hello hello, my name is Arianna and I’m 26. Since I was 16 I am a citizen of the world and have been changing city or country every one or two years. I lived in France, Switzerland, Canada and travelled throughout all Europe. I’ve been in Bruxelles for three years and a half and I’m finishing my studies in architecture. I started in Florence with history of art and then changed subject and environment. I moved to Milan first and then to Bruxelles with the excuse of the Erasmus. In Belgium I found a welcoming place where I could (finally) stop and enjoy the daily cold weather. I am currently in my last year at uni and the desire to live here has not diminished, on the contrary is becoming stronger every day! What would you take to Florence from Bruxelles? The dynamism of a city that doesn’t live on its important and glorious past, but that is capable of renewing itself every year and offers really everything. Moreover, the self-irony of Belgian, they don’t take themselves too seriously so it’s easy to live in Bruxelles. While Florentines are only good at making fun of others and are proud and pretentious! What would you take from Florence to Bruxelles? On top of the Tuscan cuisine, which is the best and most healthy but also completely opposite to the Belgian tradition, I think I’d take one of the many squares. A nice square with steps where you can sit while sunbathing, a fountain nearby, the façade of a church full of history... A place of meetings with no previous arrangement, of social blending, a place that belongs to everybody.

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la pagina dell'artista*

per il numero XXIV è a cura di NAZANIN RASTAN AKA MAFRESHOU www.facebook.com/hellomafreshou www.instagram.com/mafreshou

Nazanin Rastan aka Mafreshou (portagioie in persiano) è un’illustratrice Iraniana, a Firenze da 6 anni. I soggetti delle illustrazioni di Nazanin sono le persone, specialmente donne, e gli oggetti che hanno per lei un significato particolare o fanno parte dei suoi ricordi. Sulla bottiglia una scritta in lingua farsi “Doogh”, nome di una bevanda tradizionale persiana. Nazanin Rastan aka Mafreshou (jewellery box in Persian) is an Iranian illustrator, in Florence for 6 years. The subjects of her illustrations are the people, mainly women, and the objects that have a special significance for her or her memories. On the bottle, there is a writing in Parsi language “Doogh”, the name of a traditional Persian drink. • mafreshou.tumblr.com hellomafreshou@gmail.com .30


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I NOSTRI COCKTAIL NON CONTENGONO OLIO DI PALMA.

“THE SELF-PROCLAIMED BEST COCKTAIL BAR IN EUROPE AND MICRONESIA” BORGO SAN FREDIANO 36R - 055/6271621 .32


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