novembre - dicembre
anno
07
n • trentaquattro
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Editore Ilaria Marchi
in questo numero:
Museo Novecento • Berberè • Pier-Ink •Tenax Cantine eccellenti • Bagni San Filippo • Premio Firenze nel Cuore Rico Herrera • Jacopo Santini • Akira Morimoto • Luchadora 1.
34 p. 4/7 arte
MUSEO NOVECENTO
p. 8/9 musica
RICO HERRERA
È importante sentirsi parte di una comunità e, nel periodo natalizio, forse lo è ancora di più. Noi di FUL speriamo di comunicarvi non solo un forte attaccamento per Firenze, città ricca di contraddizioni e meraviglie, ma anche di farvi sentire parte di un gruppo di lettori, esploratori, buongustai, artisti sempre curiosi e sempre in movimento. Un nuovo anno è alle porte con tante novità, ma intanto chiudiamo in bellezza questo 2018 con lʼintervista a Sergio Risaliti, nuovo direttore artistico del Museo Novecento, lʼassegnazione del Premio Firenze nel Cuore, e 5 cantine di design nel cuore della Toscana. Apre una seconda pizzeria a marchio Berberè, mentre il Tenax si rinnova grazie al nuovo sound system targato K-Array. Invece di poltrire sul divano, Andare a zonzo ci presenta un trekking “hot” ai Bagni di San Filippo. E poi ancora il nuovo progetto fotografico di Jacopo Santini, il dj e producer Rico Herrera, lʼillustratore Pier-ink. La rubrica 5di5 è a cura di Akira Morimoto, la pagina dellʼartista di Alessandra Marianelli in arte Luchadora. Vi ricordo che potete partecipare alla rubrica Architettura per immagini inviando le vostre foto a architettifirenze@archiworld.it.
p. 10/11 natura
BAGNI SAN FILIPPO
p. 13/15
architettura
CANTINE ECCELLENTI
p. 16
architettura
SPAZI SOSPESI
p. 18/19 arte
PIER-INK
Buona lettura! Annalisa Lottini
p. 20/22
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi
Ideazione Marco Provinciali e Ilaria Marchi Coordinamento editoriale Annalisa Lottini Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ilaria@firenzeurbanlifestyle.com ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com Foto in copertina Kabir Kotwal on Unsplash
Abbonamenti
sociale
PREMIO FIRENZE NEL CUORE
p. 24/25 gusto
BERBERÈ
p. 26/28 fotografia
JACOPO SANTINI
p. 29/31 tecnologia
TENAX
Volete ricevere la vostra copia di FUL direttamente a casa? Scrivete a commerciale@firenzeurbanlifestyle.com
p. 32 5di5
AKIRA MORIMOTO
p. 34
pagina dell'artista
www.firenzeurbanlifestyle.com
FUL *firenze urban lifestyle*
LUCHADORA 3.
ful arte
LO CHIAMAVANO “NOVECENTO”: IL NUOVO MUSEO Intervista a Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento alla scoperta del suo riassetto e dei principi che lo hanno guidato. T esto
di
R ita B arbieri , F oto
di
M useo N ovecento
I
naugurato lo scorso 21 aprile, il Museo Novecento di Firenze, rinasce sotto la guida del direttore artistico Sergio Risaliti. Due le linee di intervento previste: da un lato il potenziamento della programmazione espositiva con l’alternanza delle mostre e dei progetti temporanei, dall’altro la riorganizzazione degli allestimenti delle collezioni negli spazi originari. Novità percepibili fin dall’esterno: un’installazione sulla cancellata infatti, in dialogo con piazza Santa Maria Novella, riporta la scritta “Museo” per sottolineare la nuova funzione dell’edificio e richiamare l’attenzione dei visitatori. Varchiamo allora la soglia e scopriamo tutte le novità, accompagnati da una guida d’eccellenza: Sergio Risaliti in persona. Direttore, iniziamo dall’esterno: com’è cambiata la “faccia” del museo? La scritta nasce, su progetto di Paolo Parisi, da un’appropriazione di segni già presenti nella collezione: singole lettere “prese in prestito” alle opere di Luciano Ori, Ketty la Rocca, Paolo Scheggi, dai manifesti futuristi e dalle pagine della rivista Lacerba. La scelta della parola “Museo” sta ad indicare la volontà di “svecchiare” il termine per restituire alla casa delle Muse una vitalità contem-
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Sergio Risaliti sulla base magica di Piero Manzoni
poranea ricordando che l’arte è figlia della memoria (Mnemosyne). Inoltre, al centro del chiostro, si erge Araba Fenice, lavoro di Marco Bagnoli: una sorta di “mongolfiera”formata da raggi metallici che si originano da un piedistallo su cui è ritagliato il profilo dell’uccello mitologico che dà il titolo all’opera. I tondi in plexiglass sulle vetrate invece, frutto della sovrapposizione di più strati di pellicola pittorica, sono opera di Paolo Masi e si aggiungono all’installazione Everything might be different di Maurizio Nannucci, già presente fin dal 2014. Questa presentazione esterna vuole dare una configurazione inedita dell’ambiente, una nuova “realtà mentale” a cui lo spettatore è chiamato ad attribuire molteplici connessioni di senso. Cambiare l’immagine del museo per cambiarne anche la sostanza? Sì: il museo a cui abbiamo pensato è una realtà fluida, un laboratorio e una palestra; un’istituzione multitasking, che genera molteplici esperienze e pratiche, e predilige la dinamicità alla immobilità. È un luogo di narrazione e contemplazione, di formazione e scoperta. In questo senso dobbiamo essere capaci di problematizzare quotidianamente l’identità e la funzione stessa del museo, superare la rigidità dei modelli e dei paradigmi passati sfidando l’inerzia intellettuale con nuove idee e scenari più consoni allo spirito del tempo. Senza mai tralasciare la ricerca e l’approfondimento, il Museo Novecento sarà luogo di meraviglia e scoperta per i bambini, i giovani, le famiglie. Un museo adatto a tutti dunque? Il nostro obiettivo è proprio questo: quello di avvicinare spettatori diversi, non solo appassionati, specialisti o turisti ma anche e soprattutto i fiorentini. Vogliamo che riscoprano questa istituzione e che la sentano “loro”. Mai come adesso i musei sono luoghi di meticciato, di vera e propria “intercultura”: ambienti in cui si forma il gusto estetico personale e collettivo, si riscoprono le origini, nascono gli spunti creativi. I musei moderni non sono “teche da esposizione”, sono veri organismi complessi in cui sperimentare emozioni, suggestioni, narrazioni, con cui entrare in dialogo. In che modo è possibile produrre questi effetti nel pubblico? Intanto attraverso un allestimento più snello, duttile: lo spazio espositivo al secondo piano è stato profondamente trasformato. Ho deciso di rinunciare all’effetto
Paolo Parisi, Museo del Novecento
Maurizio Nannucci, Everything might be different
Marco Bagnoli, Araba Fenice
5.
“camera con vista”, privilegiando l’interno (i dipinti, le sculture) all’esterno (la vista sulla piazza). Rinunciare al magnetismo del Rinascimento significa fare spazio alla scoperta, opera dopo opera, della “poesia” figurativa novecentesca. Concedere il tempo necessario e quieto alla contemplazione, da cui scaturisce la comprensione. Un percorso semplice, chiaro, per temi e generi, decisamente propedeutico. Lo spettatore è guidato, passo dopo passo, nella scoperta, senza sentirsi “sopraffatto” dalla quantità di opere esposte: della selezione originaria, ne ho scelte 75. Un numero sicuramente più esiguo ma che permette ai visitatori di assaporare a pieno l’esperienza. Stanze bianche, luminose, spiegazioni chiare alle pareti, nove sezioni tematiche con opere collocate alla giusta distanza. Fogli di giornale, gratuiti, a ogni piano. Oltre all’allestimento, sembra cambiata anche la filosofia del museo.
Piero Manzoni .6
ENGLISH VERSION>>>> Inaugurated last 21st April, Museo Novecento of Florence, is renewing under the artistic direction of Sergio Risaliti, following two main guidelines: from one hand the development of temporary exhibitions and projects, from the other the reorganization of the collections in the original spaces. We interviewed Sergio Risaliti to get more information. How did the ‘face’ of the museum change? Outside, these changes are clearly visible under our eyes: an installation facing Santa Maria Novella square recalls the visitor’s attention with the claim “Museo”, realized with colorful letters created with items “borrowed” by the museum. The choice of the word “Museo” highlights the fact that we want to rejuvenate the term, to give back to the house of Muses a new vitality, at the same time reminding that art is memory’s daughter (Mnemosyne). At the centre of the cloister there is Araba Fenice by Marco Bagnoli, the plexiglass installations on the glass walls are by Paolo Masi and Everything might be different by Nannucci is present there since 2014. The external showcase wants to configure the environment in a new way, a new “mental reality” to which the spectator is called to attribute different meanings. Changing the image of the museum means changing its substance? Yes, the museum we imagine is a fluid reality, a laboratory and a gym; a multi-tasking institution that generates multiple experiences. It is a narrative and contemplative place, we have to question the identity and function of the museum itself everyday, overcoming the rigidity of the past models. Museo Novecento will be a place of wonder and discovery for children, young people and families. A museum for everybody? Our aim is to attract different audiences: not only enthusiasts, specialists and tourists but also Florentines. This institution is also theirs, an intercultural place where you can form your aesthetic taste, rediscover your origins, find creative sparks. How is it possible to achieve these effects? Through a simpler set-up, more flexible: the exhibitive space on the second floor has been profoundly transformed. I decided
Esatto. Con il nuovo riallestimento saremo in grado di “cambiare” il museo ad ogni esposizione per renderlo sempre inedito ad ogni visita, aumenteremo gli eventi collaterali e le mostre temporanee. Sarà un museo “vivo”, “vivace”, “vivente” e non più solo “vissuto”: un palinsesto il più variegato possibile per offrire ai nostri visitatori un deposito di esperienze da portarsi a casa. Anche sotto forma di giornale, che si può comporre liberamente, prendendo le pagine lasciate in dotazione a ogni piano. Per realizzare questo progetto innovativo, quali sono state le maggiori difficoltà? A parte quelle di natura prettamente economica (dal momento che non siamo una fondazione privata) e la “sana competizione” con tutti gli altri musei fiorentini e del territorio (si pensi anche al Museo Pecci a Prato), una delle difficoltà maggiori è stata la comunicazione: trovare il canale giusto per raccontarci, per accogliere il nostro pubblico e informarlo. Ma confido che con un lavoro diligente e attento, riusciremo a superare anche questa difficoltà. Obiettivi ambiziosi, scelte forti, segnali decisi: il Museo Novecento non è più solo un museo. È un luogo di narrazione, di affabulazione artistica, di incontro tra noi e un passato prossimo sempre lì: un monologo che si fa dialogo e poi ancora monologo. Un racconto della musa della memoria: «Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio. Per ogni passo, un desiderio a cui dicevo addio», così diceva Novecento, nell’omonimo romanzo di Baricco. Il Novecento è un lungo ponte dei sospiri, per ciò che si è vissuto e che ora si rivive, in una nuova forma, contemplandone le opere. Fatevi raccontare questa storia: entrate nel museo. • to privilege paintings and sculptures to the external view on the square. A path developed by themes and periods. The visitor is guided, step by step, without feeling overwhelmed by too many works: from the original staging, I select only 75 masterpieces. White rooms filled of light, explanatory texts on the walls, nine thematic sections. Free newspapers’ pages at each floor. The philosophy of the museum seems to have changed together with the set-up. Exactly. It will be easier to “change” set-up for each exhibition, we will increase temporary exhibit and events. Our museum will be a ‘lively’ and ‘alive’ place not only just a ‘lived’ one, we want to create a baggage of new experiences for our visitors to take away with them. Even in the form of a newspaper that can be made of the pages available at each floor. Which problems did you encounter in the realization of this project? Leaving aside the economical problems (we are not a foundation) and the competition with the other Florentine museums, we had communication problems. It was difficult to find the right channel to connect and update our audience. Come in to try and to start a dialogue with history and art: you’ll find a bridge between you and a recent past, let us tell you this fascinating tale. •
Riallestimento collezione Alberto Della Ragione
7.
ful musica
LA MANIA DEL VINILE, J DILLA E LA NUOVA SCENA HIP HOP E BEATS
Intervista al dj e producer toscano, dall’hip hop alle commistioni più sperimentali, dall’infanzia alla scena underground attuale. T esto
di
S ara C oseglia , F oto
D
di
R udy P essina
icono che il suo gusto musicale ti faccia muovere il collo mentre ascolti un beat ed è effettivamente vero. Ascoltando le tracce del dj e producer toscano, ti accorgi subito che la sua è una ricerca sperimentale che si materializza attraverso un tessuto sonoro fatto di intersezioni tra jazz e hiphop, ritmi dance, toni sintetizzati e beats contemporanei. Una commistione tra classicità e modernità, dalle sonorità anni ’80-’90, allo stile funk, alla tecnologia più avanzata dell’elettronica sperimentale. Tutti questi elementi dialogano tra loro, dando vita all’identità musicale del MC, di cui Uno EP, in uscita a novembre, rappresenta il debutto come producer house in puro stile MPC per la label fiorentina Roots Underground Records. Sentiamo chi è Rico Herrera. Check this out! .8
ENGLISH VERSION>>>> Listening to his tracks, we immediately realize that he is constantly researching, mixing jazz, hip hop, dance and contemporary beats: a unique blend of classic music and funk ’80/’90s, with advanced technologies and experimental electronic sounds. He is Rico Herrera and Uno EP, released in November, is his debut as house music’s producer for the Florentine label Roots Underground Records. We interviewed him. Who is Rico Herrera? Rico Herrera was born on planet earth in the ’80s. He is a dj, producer, digger and MC. What was your artistic evolution? When I was 5/6 years old I got drums as a gift and I played randomly over my parents’ records. In the early ’90s I bought my first Run DMC cd and then I never stop buying hip hop
Dati identificativi: da dove viene e chi è Rico Herrera? Rico Herrera nasce sul pianeta terra negli anni 80, è un dj, un produttore, un digger ed è stato un MC su qualche disco. Hai sempre fatto musica: quando hai deciso di farne un lavoro? Ho sempre fatto musica. Non c’è stato un momento in cui mi son detto «vorrei che la musica fosse il mio lavoro», ho sempre avuto un approccio molto serio e ho sempre dedicato alla musica più di dieci ore al giorno. Anche quando non ci guadagni molto è comunque un lavoro. Da un po’ di anni cerco di fare anche altro, lavori in studio conto terzi, collaborazioni con scuole di musica come insegnante nei corsi per dj e producer, registro e mixo nel mio home studio produzioni di artisti più giovani della mia zona. Qual è stata la tua evoluzione artistica? A 5 o 6 anni mi regalarono una batteria, e suonavo a casaccio sopra i dischi dei miei genitori. Nei primi anni ’90, non ricordo di preciso come e perché, acquistai un CD dei Run DMC. Tornavo spesso al negozio di dischi per comprare altri CD a caso ma sempre nel settore hip hop, avevo dieci anni. Jam Master Jay (RIP) mi folgorò. Ci volle un po’ per avere l’attrezzatura, una volta recuperata mi allenavo ore e ore tutti i giorni. Nel ’99/2000 mi iscrissi pure all’ITF dj Championship a Bologna, arrivai quinto o sesto. Mi ricordo che vinse Jay Kay e che fui battuto da Yaner dei Men In Scratch. Le prime produzioni le facevo con una pedaliera da chitarra per fare loop, ma è stato dopo il periodo con I maniaci dei dischi che ho iniziato a fare le mie cose più seriamente, e a proporle in giro. Il mio percorso è simile a quello di molti dj o producer: ho iniziato con l’hip hop poi ho scoperto e approfondito tutto quello che c’è intorno. Nella musica trovi sempre dei punti di contatto che ti portano altrove. L’influenza jazz è un elemento che accomuna molti dei tuoi brani iniziali. Come mai la tua ricerca parte da questo genere? È normale, il jazz è la madre di tanti generi dall’hip hop all’house e oltre. Quando ti approcci alla musica prodotta utilizzando campioni è inevitabile che pian piano inizi ad ascoltare le fonti originali e ti si aprono mondi nuovi, il jazz, il funk, il soul ti danno delle chiavi di lettura importanti. E poi c’è l’hip hop... Sì, il primo grande amore, mi ha dato tutto. Se riuscissi a
ridare indietro anche solo l’1% di tutto quello che ho ricevuto ne sarei felice. Cosa ci dici della scena musicale underground italiana? Direi che ci sono un sacco di realtà, gente validissima su tutti i fronti. Nelle piccole città si fatica di più ma comunque ci sono locali e label che spingono anche le cose più di nicchia, il livello nelle produzioni è molto alto. Le nuove tecnologie danno modo di esprimersi al meglio, con meno soldi di una volta. Se dovessi pensare al featuring dei tuoi sogni, con chi lo immagineresti? Mi piacerebbe fare delle produzioni per Lugi e un EP con Pharoah Sanders. Parlando invece della tua nuova release Uno EP, debutti in una veste inedita come producer di musica house, ce ne vuoi parlare? Certo, sì è vero sono più conosciuto per i miei beats hip hop. L’house è una grande passione da sempre, come dicevo prima, facendo il dj o il producer è normale che ricerchi nel passato, come su un grosso albero, io ho iniziato da una fronda, che è l’hip hop, poi sono sceso alle radici e sono risalito su attraverso altri rami scoprendo altre cose, poi si torna alle radici e poi su di nuovo. Hip hop e house sono fratelli, mi è venuto molto naturale sperimentare in quella direzione, a differenza di altre cose che ho fatto su questo EP ci sono pochissimi sample dai dischi e più parti suonate sia da me che da altri musicisti che ho poi ri-campionato sul mio MPC e rimontato. Essendo dj e producer, sappiamo che hai il feticcio dei vinili. La testina del tuo giradischi ci fa ascoltare un disco, qual è il primo che ti viene in mente? Al volo direi Bitches Brew di Miles Davis. Qui sotto il link alla sua pagina soundcloud. Enjoy it! • soundcloud.com/herreraprod
cds. When I eventually got my own equipment I started practicing every day. In ’99/2000 I signed up to ITF dj Championship in Bologna and I placed fifth or sixth. My journey is similar to the one of many others djs or producers: I started with hip hop and then I found something else around it. What do you think about Italian underground music? There are so many talented people: in small cities it’s a little bit harder but there are still labels and places in which the level of productions is very high. New technologies help a lot, spending less money than before. Talking about Uno Ep release, you are going to debut as house music producer, aren’t you? Yes, I’m well known for my hip hop beats but hip hop and house music are brothers and it was natural for me to start experimenting in that direction: in this EP there are very few samples and much more parts played by me or by other musicians and then mashed up. Being a dj and producer, you must be obsessed by vinyls. You put a record on, which is the first one that comes to your mind? Miles Davis’ Bitches Brew, I’ll say. Enjoy it! • 9.
ful natura
I LOVE TREKKING: TERME E NATURA AI BAGNI SAN FILIPPO Trekking e bagno termale in Val d’Orcia, una calda alternativa al divano per le giornate fredde. T esto
e foto di
U
B enedetta P erissi
n altro inverno sta per sopraggiungere e con il freddo, anche quella voglia di nido e tepore, il letargo. È un comportamento caratteristico di alcune specie animali, ma anche l’uomo spesso va in uno stato di quiescenza: si rifugia nel suo divano, riducendo le proprie funzioni vitali, in attesa che la tormenta finisca e la primavera arrivi nuovamente. Ma c’è anche chi decide di sfidare l’inverno e la sua rigidità anti motoria e sociale. Uno dei migliori modi per farlo e tra i più goderecci, è quello di abbandonare le temperature prossime agli � gradi immergendosi in avvolgenti e ristoratori bagni termali. Niente di nuovo quindi, ci sarebbe da dire “hai scoperto l’acqua calda”, sono centinaia d’anni, migliaia, è dal tempo dei Romani, anzi degli Etruschi, che l’essere umano affronta il freddo e trova sollievo anche terapeutico grazie alle proprietà benefiche di sorgenti termali di acqua calda, caldissima, originate da un passato vulcanico. Per un’esperienza più intensa e avventurosa, sì, in confronto al sofà è pura avventura, si pregusta il momento delle terme con una bella e temprante escursione nella natura sopita ma quanto mai affascinante. Se sei un fiorentino sei fortunato, tutta la Toscana è disseminata di fonti termali, ma c’è un luogo pervaso da una particolare e selvaggia bellezza, Bagni San Filippo, nella splendida, patrimonio dell’Unesco, Val d’Orcia. Inserite in un contesto unico, le piscine naturali e libere delle terme di San Filippo sono immerse nei boschi del monte Amiata; .10
ENGLISH VERSION>>>> Another winter is coming and, with such cold temperatures, we become even more lazy and lethargic than ever. A good way to fight lazyness and get a good reason to leave our sofa, is relaxing in warm and hot thermal waters. If you are Florentine, you are lucky: hot springs are scattered all around Tuscany but there is a particular, wild and amazing place to discover in Val d’Orcia, a Unesco’s heritage site. Immersed in Amiata’s forests, there are the natural rock pools of Bagni San Filippo: an enchanting location that you can reach with a few hours trekking, starting from Vivo d’Orcia (930 m high-altitude) or from Campiglia d’Orcia (a little bit easier and closer). Furthermore, the municipality of Castiglione d’Orcia (where Vivo d’Orcia and Campiglia d’Orcia both are), is crossed by famous Via Francigena, a medieval path connecting Canterbury to Rome, that you can still walk down nowadays. But why are they called Bagni San Filippo? There is a tale about a young man from Florence that, in 1269, after being ordained, joined Ordine dei Servi di Maria and to avoid being elected as Pope Clemente IV’s successor, he decided to seek refuge in a cave next to the hot springs where he lived an ascetic life: this cave took his name (grotta di San Filippo Benizi) and the entire area has been entitled to him. So, as Filippo sought refuge from the Pope there, you can escape from winter and take shelter in Bagni San Filippo as well! •
ci troviamo difatti ai piedi di questo antico vulcano ormai spento e responsabile di tutti i fenomeni termali presenti nell’area. Alla magia del bosco si aggiungono cascatelle e spettacolari formazioni calcaree; la più suggestiva è la gigantesca Balena Bianca, così chiamata per la somiglianza con i fanoni del cetaceo. Molteplici sono nei pressi delle terme i sentieri per più o meno lunghe avventure trekking, perfetto preludio a un bel bagno solfureo. Si può partire dal borgo più alto del comprensorio amiatino: la piccola frazione di Vivo d’Orcia posta a una quota di 930 metri s.l.m., è circondata da castagneti secolari e boschi tipicamente montani, custodi di una ricca biodiversità e antichi eremi. Fra la natura rigogliosa e un’atmosfera mistica, si snoda una sentieristica che in circa mezza giornata di cammino porta ai Bagni San Filippo. Oppure la partenza del trekking si può prevedere da un altro bellissimo borgo medievale che sorge su un picco di rocce calcaree, Campiglia d’Orcia. Con una passeggiata più breve, sempre circondati dai bei boschi amiatini, si raggiungono le calde vasche termali. Inoltre il comune di Castiglione d’Orcia che accoglie i due borghi, è interessato anche dal passaggio della famosa Via Francigena, la rotta che fin dal Medioevo è stata percorsa da pellegrini e commercianti e che conduce da Canterbury fino a Roma anche i viandanti di oggi. Vivo e Campiglia d’Orcia si trovano su un anello di deviazione, che per alcuni tratti si sovrappone ai sentieri che portano ai Bagni San Filippo, della tappa 35 San Quirico d’Orcia - Radicofani del percorso ufficiale della Francigena; un’ottima occasione per approfondire il viaggio a piedi in una storia e paesaggi unici. Non credere di essere il primo fiorentino a godere delle peculiarità di questo territorio. Già nel XIII secolo, un rampollo di una nobile famiglia che ebbe i natali nel quartiere più cool di Firenze, l’Oltrarno, dopo aver effettuato studi universitari di filosofia e medicina e aver condotto la vita tipica di un giovane di buona famiglia dell’epoca, prima decise di prendere i voti e di entrare a far parte dell’Ordine dei Servi di Maria, poi, nel 1269, per sfuggire a una possibile elezione come successore del papa Clemente IV, decise di rifugiarsi in una grotta vicino alle sorgenti termali che oggi porta il suo nome, grotta di San Filippo Benizi. Fu a lui intitolata tutta l’area, il piccolo abitato poi sorto e le terme sono difatti chiamati Bagni San Filippo, e qui vi condusse una vita eremitica senza sfarzi e agi, una vita che ben si sposò con la natura incontaminata e la pace di questi luoghi.
Come Filippo Benizi qui si rifugiò per sottrarsi a un fato non voluto, il papato, anche tu puoi osteggiare il tuo destino piuttosto prossimo, il divano: le terme di San Filippo e la sua natura circostante sono un ottimo incentivo a rifiutare la pigrizia invernale e a beffarsi delle basse temperature, immergendosi nella calda e coinvolgente avventura del trekking e terme. • Una trek experience di Andare a Zonzo www.andareazonzo.com 11.
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CANTINE ECCELLENTI
La Toscana del vino e delle Archistar. Viaggio nel fiore all’occhiello delle cantine toscane T esto
di
F ederica G erini
La Toscana è sinonimo di vino pregiato, si sa… e se a tutto ciò affiancate anche cantine dalle architetture high-tech, avveniristiche e sinuose? Un viaggio nelle cinque cantine vinicole firmate dalle Archistar che fanno parte di Toscana Wine Architecture, un circuito che unisce cantine d’autore e di design, firmate dai grandi maestri dell’architettura contemporanea.
1.
Antinori nel Chianti Classico - Archea Nel ventre della collina, dal taglio sinuoso, in totale armonia con il paesaggio, impercettibile. Cantina Antinori affianca vini pregiati e un’architettura stupefacente. Concepita da Marco Casamonti e Archea per avere un basso impatto ambientale, offre una struttura ipogea, un museo, un auditorium, un ristorante e delle terrazze mozzafiato sulla campagna. Ci sono diverse modalità sia di visita che di degustazione in cui è possibile scoprire i migliori vini dell’azienda come Badia a Passignano Chianti Classico DOCG e Guado al Tasso Bolgheri DOC Superiore. Inside the hills, in harmony with the landscape, Cantina Antinori complements fine wines and astonishing low-impact architecture, realized by Marco Casamonti and Archea. There is an underground structure, a museum, an auditorium, a restaurant and a breathtaking view on the hills from the terraces. It offers various options for visiting and tasting the best wines such as Badia a Passignano Chianti Classico DOCG and Guado al Tasso Bolgheri DOC Superiore. Località: Bargino, San Casciano Val di Pesa - Firenze www.antinori.it/it/tenuta/tenute-antinori/antinori-nel-chianti-classico
2.
Rocca di Frassinello – Renzo Piano Renzo Piano ha concepito un’architettura essenziale esaltando la funzionalità. Forme eleganti e armoniose mixate con un’attenzione particolare all’utilizzo della forza di gravità nel processo di vinificazione, in modo da garantire la massima qualità dei vini. «È di moda fare cose troppo vistose. C’è una specie di eccesso nelle cantine per il vino. Ci vuole mistero»: queste sono le parole del Premio Pritzker. Un grande quadrato di 70 metri per 70 che si regge senza sostegni si inserisce in maniera silenziosa nella cornice tra Bolgheri e Scansano. Surreale è il percorso archeologico che si snoda tra i vigneti di Rocca di Frassinello e una sala all’interno della cantina allestita dall’architetto Italo Rota. Straordinari sono i vini, dal Merlot al Cabernet Sauvignon. Renzo Piano devised an essential architecture, exalting functionality: elegant shapes mixed with a particular attention to gravity in wine production: «Realizing too flashy things is a trend now: there is a sort of excess in wine cellars. We need mystery.» A big 70x70 square metre, placed with no supports in the silent frame of the hills between Bolgheri and Scansano. Surreal is the archeological path from the vineyards to the cellar, and the special hall projected by Italo Rota. Excellent wines from Merlot to Cabernet Sauvignon. Località: Giuncarico, Gavorrano – Grosseto www.castellare.it/it/rocca-di-frassinello
3.
Cantina La Regola - Sergio Scienza I reperti di epoca Etrusca hanno testimoniato come già nel VII sec. a.C. la produzione di vino su questi colli fosse fiorente e di uso comune. Ai tempi degli Etruschi il vino si produceva in anfora, oggi in botte, barrique o acciaio ma la sostanza di quel legame rimane immutata e perfettamente naturale. La cantina, firmata dall’architetto Sergio Scienza con il design dell’architetto d’interni Giorgio Balestri, rispetta i criteri di bioedilizia ed è interamente alimentata con sistemi ecocombustibili. Nella barricaia si ritrova il file rouge con la civiltà etrusca. Qua lʼartista Stefano Tonelli ha realizzato la sua opera, intitolata “Somnium” con un esplicito riferimento al modo in cui gli Etruschi intendevano il vino: non solo come materia in quanto tale, ma nel senso più completo ed evocativo della sua spiritualità. The Etruscan period’s finds testified how, also in VII century b. C., upon these hills wine’s production was common and thriving. During Etruscan times, the wine was produced in amphora, while nowadays in barrels, barriques or steel but the original meaning of that connection is still unchanged and natural. The wine cellar by architect Sergio Scienza with interiors by Giorgio Balestri, respects all the bio-construction’s parameters and is entirely powered by biofuels systems. In the ‘barricaia’ the artist Stefano Tonelli realizes his creation, entitled “Somnium” with an explicit reference to the way in which Etruscans meant wine: not only as a mere matter but in its most complete and evocative sense of spirituality.
Loc. Altagrada, Riparbella - Pisa www.laregola.com .14
.4
Le Mortelle – Adinolfi Lucchesi Palli Studio Hydea Firenze Di nuovo Famiglia Antinori, ma stavolta ci spostiamo verso Castiglione della Pescaia. Una cantina hi-tech, sotterranea e costruita intorno ad un’altra grande scala elicoidale. L’attenzione è puntata sulla sostenibilità ambientale sotto tutti i punti di vista, e oltre a degustare i vini della casa, è possibile anche acquistare la frutta e le confetture biologiche coltivate in azienda. I 170 ettari di vigneto sono coltivati principalmente con Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc a cui si sono aggiunti di recente Vermentino, Ansonica e Viognier. Another cellar belonging to Famiglia Antinori’s estate but located in Castiglione della Pescaia. The hi-tech, underground wine cellar is realized around a helical staircase. The attention is focused on environmental sustainability and here, in addition to tasting wines, is possible also to buy the products of the farm. In the vineyards are cultivated Cabernet Sauvignon and Cabernet Franc and more recently Vermentino, Ansonica and Viognier.
Località: Ampio Tirli, Castiglione della Pescaia - Grosseto www.antinori.it/it/tenuta/tenute-italia/le-mortelle
5.
Tenuta l’Ammiraglia – Piero Sartogo Nella marina mercantile la “Ammiraglia” è la nave di maggior prestigio di una compagnia di navigazione da cui l’ammiraglio impartisce i comandi all’intera flotta. In Maremma, a pochi km dal mare per l’appunto, trovate una delle più belle cantine dei Frescobaldi. Dalla forma avveniristica, sembra proprio la prua di una nave. L’architetto Piero Sartogo ha focalizzato l’attenzione oltre che sullo studio delle forme sulle energie rinnovabili, infatti, la struttura è nel pieno segno della sostenibilità ambientale. I vini qua giocano sulle essenze del Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e Syrah. In Maremma, a few kilometers from the sea, there is one of the most beautiful Frescobaldi’s cellars. With a futuristic shape it reminds of a ship’s bow: the architect, Piero Sartogo, not only focused on the shapes but also on its environmental sustainability. The wines are excellent Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc and Syrah. Località: La Capitana, Magliano in Toscana – Grosseto www.frescobaldi.com/tenute/tenuta-ammiraglia
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ARCHITETTURA PER IMMAGINI per immaginare lʼarchitettura a cura dellʼOrdine e della Fondazione degli Architetti PPC della provincia di Firenze www.architettifirenze.it
SPAZI SOSPESI
Fotografia tratta dall’archivio della Fondazione Architetti Firenze «Fece un vago, e comodo loggiato d’ordine Toscano, e forse il più bello che si veda per tali effetti: la loggia è scompartita in sei divisioni, avente quattro pilastri, e otto colonne. Un’altezza proporzionata, che la sveltisce, a fronte dell’ordine stesso che deve curvare, la rende oltremodo bella, e degna di servire per esempio di lavori di simil genere». Vincenzio Follini e Modesto Rastrelli La Loggia del Grano, progetto di Giulio Parigi, un angolo di Firenze dove i cancelli appaiono quando non è più stata solo una loggia, stamperia, teatro, caffè, cinema, oggi ambulanti.
Questa rubrica, annualmente, girerà intorno ad un tema specifico. Questʼanno vogliamo mettere in evidenza tutte le Belle Architetture della provincia di Firenze che ci è preclusa a causa di barriere; “chiuso vietato entrare” è la frase chiave di questo progetto. Mandaci la tua fotografia seguendo il regolamento di “spazi sospesi” su www.architettifirenze.it architettifirenze@archiworld.it
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XXXVIII STAGIONE CONCERTISTICA 2018 / 2019 Giorgio Battistelli direttore artistico
Daniele Rustioni direttore principale
Thomas Dausgaard direttore onorario Celso Albelo Salvatore Accardo George Andguladze Giordano Bellincampi Mario Brunello Francesca Dego Pietro De Maria Lorenzo Fratini Gianluigi Gelmetti Kerem Hasan Niklas Benjamin Hoff mann Tiina-Maija Koskela Hennig Kraggerud Jan Lisiecki Raffaella Lupinacci
Alexander Malofeev Michele Marelli Michele Mariotti Edgard Moreau Angela Nisi Eva Ollikainen Maxime Pascal Erica Piccotti Miriam Prandi Beatrice Rana Federico Maria Sardelli Peppe Servillo Markus Stenz Eduardo Strausser
Coro del Maggio Musicale Fiorentino Orchestra Haydn di Trento e Bolzano C o n s e r v a t o r i d e l l a To s c a n a YO Y O Yo u t h O r c h e s t r a Yo u t h O R T con il contributo di
orchestradellatoscana.it 17.
ful arte
PIER INK:
Intervista allʼillustratore Pierluigi Corti, alla ricerca della stabilità in un mondo di cambiamenti T esto
di
R oberta P oggi ,
A
foto di
P ier I nk
retino e lavoratore a Firenze a tempo pieno, nei ritagli di tempo Pierluigi Corti (Pier) riempie taccuini Moleskine con schizzi e disegni realistici. Ispirato dalla musica e dagli angoli delle città in cui cammina, Firenze è diventata un soggetto particolarmente presente nelle pagine delle sue agende. Scorci più o meno conosciuti della città ritratti nei più minimi dettagli: e infatti non si definisce artista, ma piuttosto disegnatore realista. Autodidatta doc, è l’esempio che passione e volontà di mettersi alla prova possono portare lontano: dopo una decina di taccuini .18
ENGLISH VERSION>>>> Born in Arezzo and full-time working in Florence, Pierluigi Corti (Pier) spends his spare time filling notebooks and Moleskine with sketches and draws. Inspired by music and by the hidden corners of the cities he walks in, he eventually got fascinated by Florence: sketching detailed portraits of the city. He defines himself as a ‘realistic designer’, more than an artist. Sharing his works on Instagram it’s a continuous challenge, pushing him to keep on drawing for his followers
completati, lo stile si perfeziona e le linee si evolvono. Esporsi su Instagram è stato il passaggio successivo: «È effettivamente una spinta a disegnare con continuità, nel momento in cui vedi che il tuo profilo viene seguito e i follower si aspettano di vedere il prossimo lavoro. È sicuramente un buon input per andare avanti e migliorare sempre di più». Sempre grazie al social riesce a mettersi in contatto con il suo mentore Vi Young (mister_vi), con cui riesce a coronare il sogno di disegnare insieme. Zygmunt Bauman diceva: «Tutto è così instabile, tutto è così vorticoso, tutto è in movimento. Non c’è stabilità». Consapevole testimone della velocità del mondo di oggi, Pier si concentra allora su elementi statici come gli edifici e le strutture architettoniche, figure che rassicurano con il loro senso di fermezza e stabilità nel tempo. In mezzo alle vite dinamiche e frenetiche in cui tutto si muove e tutto cambia, sceglie invece di fermare il momento: ne emerge un senso di tranquillità e di serenità, immerso in una dimensione in cui l’unica certezza sembra essere quella del cambiamento. Ispirato dai giochi geometrici e prospettici di Escher, raffigurare geometrie significa per lui mettere nero su bianco un punto di riferimento, un elemento stabile, un palazzo che resta, in mezzo al caos delle vite che si intrecciano e mutano senza sosta in una crescente frenesia. Sperimenta continuamente, dalle tecniche ai tipi di carta, e questa estate ha finalmente iniziato ad esporre pubblicamente i suoi lavori ad Arezzo, in particolare durante il Festival FermARTI in cui ha preso parte al progetto di riqualificazione urbana della città. Ma non si tratta che dell’inizio: assiduo frequentatore di bar e bistrot, in cui con la scusa di un caffè è capace di occupare un tavolino per ore disegnando e ascoltando musica, è proprio in questi luoghi di incontro che spesso gli viene proposto di esporre. E finalmente lo vedremo molto presto in qualche locale tra le vie di Firenze. • who are waiting for his next post. In a world of changing, Pier loves to sketch buildings and architectures, catching their sense of stability and immobility, trying to freeze the moment. Inspired by Escher, to him, geometries are points of reference in the frenetic chaos of modern life. He keeps on experimenting both in techniques and paper and, this summer, he started to show his first artworks, particularly during FermARTI Festival but, very soon, we will see his pieces exposed in some place around Florence: you can easily meet him drawing while sipping a coffee in a bar, that’s how and where very often he has been asked to expose and promote his art. • 19.
ful sociale
TORNA IL PREMIO FIRENZE NEL CUORE 2018 Save The City premia le buone pratiche per la città. Il 23 novembre, dalle 18 alle 21, in Palazzo Vecchio si terrà la seconda edizione del Premio Firenze Nel Cuore: manifestazione voluta e ideata dall’Associazione ONLUS Save The City, al merito e in riconoscimento del senso civico, volontario, benefico, sociale di grandi e piccole realtà della città di Firenze. T esto
di
M artina S capigliati , I mmagini
U
di archivio
S ave T he C ity
n premio è qualcosa di prezioso, si riceve come ricompensa e in riconoscimento di propri meriti, si assegna e si conferisce pubblicamente, per lo più in cerimonie di una certa solennità, spesso anche come incoraggiamento a proseguire in un’attività con maggiore impegno. Se pensassimo a un premio per la Firenze di oggi, noi di FUL vorremmo che andasse a chi compie gesti significativi e importanti per la nostra città. Ci ha pensato Save The City. Save The City è un’associazione ONLUS apolitica, nata nel 2011 grazie a un gruppo di professionisti e imprenditori fiorentini che si sono riuniti con il nobile scopo di creare qualcosa di positivo per Firenze, città dallo spiccato carattere, fermamente radicata .20
ENGLISH VERSION>>>> On 23rd November, in Palazzo Vecchio, there will be the second edition of Firenze nel Cuore Award, ideated by Save The City Onlus, in order to the reward the civic commitment of small and big realities in Florence. Save The City is a no-politic association born in 2011, thanks to a group of Florentine entrepreneurs who joined together sharing the noble purpose of creating something positive for the city. We met Alessandro Tarducci, the chairman of the association, and we asked him about the second edition of the award: «The intent is to reward one or more citizens that distinguishes for single or repetitive laudable initiatives, procuring
Foto di George Potter, Unsplash
nei sentimenti di molte persone. Da allora, l’associazione rappresenta un contenitore di idee e un legame tra l’amministrazione comunale e i cittadini. Ho incontrato Alessandro Tarducci, presidente dell’associazione, in vista della seconda edizione del premio Firenze nel Cuore. «Save The City ha a cuore la città: anche quest’anno ci siamo occupati di vari progetti, legati a Firenze. Arte, musica, tradizione, innovazione, sport, assistenza agli anziani, turismo, riqualificazione delle piazze fiorentine e molto altro… lo scopo di Save The City è stimolare le varie componenti cittadine per far tornare la nostra città a essere in movimento, creativa e innovativa. E così siamo giunti alla seconda edizione del premio Firenze nel Cuore, che quest’anno è stato ideato per far emergere quelle figure che hanno realizzato “buone pratiche” per la città. Si tratta di un evento realizzato dall’associazione per premiare tutte quelle figure più o meno nascoste, che si sono distinte per il loro merito e il loro impegno profuso per Firenze». Si legge nel regolamento: «Il riconoscimento intende premiare uno o più cittadini che si sono distinti in azioni meritorie a carattere volontario, benefico, sociale, solidale
improvement and benefits to the city, accomplishing good practices for Florence and the Florentine people». The categories are: innovation, judged by Nana Bianca’s start up; arts and culture, judged by Mauro Pagliai (Pagliai Editore); society, judged by Cassa di Risparmio foundation and environment, judged by Estracon. Every candidate will be awarded and the winner will get the precious “silver liter”, all the prizes will be realized by Brandimarte of Bianca Guscelli. Who knows who will win the special price... Last year, Giancarlo Antognoni, unforgettable number 10, got it! Follow the event, on the website www.savethecity.it and on Lady Radio every Wednesday from 10:30 to 11:00. For Florence, with love.• 21.
o civico. Ad essere premiato sarà un cittadino, anche espressione di una persona giuridica, che si è distinto per azione singola o ripetuta, che ha procurato lustro e giovamento alla città rendendone più alto il prestigio e comunque agendo senza pretesa di alcuna ricompensa per il proprio operato e per avere compiuto buone pratiche per Firenze». Save The City è andata così in cerca del comune cittadino e della grande azienda: lo ha fatto avvalendosi dei presidenti dei cinque quartieri fiorentini. L’associazione ha chiesto di indicare cinque cittadini per quartiere e una sola azienda. Gli ambiti tematici su cui sono stati individuati i partecipanti al Premio sono: innovazione, arte e cultura, sociale e ambiente. La giuria è competente: all’ambiente Estracon, società che si occupa di Energia, Servizi, Territorio e Ambiente. Innovazione: l’Acceleratore fiorentino di startup Nana Bianca. Arte e cultura: Mauro Pagliai (Pagliai Editore). Mentre per il Sociale: la storica fondazione Cassa di Risparmio, ente che persegue l’interesse sociale attraverso un attento programma di investimenti e progetti nel territorio fiorentino. Alla cerimonia tutti i candidati verranno premiati e al vincitore andrà il prezioso “litro di argento”: i prestigiosi premi saranno realizzati, anche quest’anno, da Brandimarte di Bianca Guscelli. E chissà a chi verrà assegnato il riconoscimento con premio speciale… l’anno scorso fu per Giancarlo Antognoni, l’unico 10, da sempre con Firenze nel cuore. Alla realizzazione dell’evento collabora il Comune di Firenze, che metterà a disposizione di tutti i candidati alcuni benefit: biglietti per concerti, musei, manifestazioni sportive. Save The City si avvicina così alla chiusura di un nuovo anno dove le opere dedicate a Firenze sono state tante: riqualificazione, qualità urbana, rigenerazione, vivibilità e vicinanza al cittadino. Vi suggeriamo di visitare il sito ww.savethecity.it, è il portale che raccoglie progetti e idee per un concreto miglioramento della città: info@savethecity.it è l’indirizzo tramite cui instaurare un rapporto diretto con i cittadini, primi promotori e artefici dei progetti futuri che l’Associazione realizzerà. Save The City è anche in onda, tutti i mercoledì dalle 10:30 alle 11:00 su Lady Radio, per Firenze e… con Firenze nel cuore. •
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ful gusto
BERBERÈ ORA ANCHE A SANTA CROCE! T esto
di
F ederica G erini
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opo il successo di San Frediano, Berberè apre il suo nuovo locale a Santa Croce, in Via dei Benci 7. La filosofia rimane sempre la stessa: pizza artigianale da lievito madre vivo con prodotti biologici selezionati, location fatta di colori vivaci e immagini pop, il dogma della qualità applicato anche al servizio. Offre il meglio ed è per questo motivo che è stata premiata sia nel 2017 che nel 2018 con i Tre Spicchi, il massimo riconoscimento assegnato dalla Guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso. La pizza viene servita già tagliata in otto fette condite una per una. Il concetto alla base è quello di condividere e provare un po’ di tutto. Io questo, tu quello. E poi io quello, tu questo. Per il gusto di stare insieme assaggiando sapori e accostamenti nuovi. Uno spicchio tira l’altro e avete già assaggiato la maggior parte delle proposte nel menù. Dalla Mozzarella di bufala di Caserta – pomodoro e basilico, alla Speck del Trentino – gorgonzola naturale – miele di Acacia – noci e fiordilatte. Da bere ci sono birre artigianali, selezionate da L.A.B. Libera Arte della Birra, e una vasta proposta di vini bio. Come se non ba.24
ENGLISH VERSION>>>> After the huge success in San Frediano, Berberè opened a new location in Santa Croce, in Via dei Benci 7. The concept is still the same: artisanal pizzas with sourdough starter and selected biological products, a colorful location and a quick service. It offers the best, that’s why in 2017 and in 2018 it has been rewarded with Tre Spicchi, the highest recognition provided by Guida Pizzerie d’Italia of Gambero Rosso. Pizza is served already chopped in 8 slices, to easily share with other people and to try new flavors, pairing with artisanal beers or biological wines. And for dessert you can choose among Maestro Pasticcere Luigi Biasetto’s creations, do you need a suggestion? Try his amazing “Setteveli”!
stasse, da Berberè i più golosi possono ordinare le creazioni del Maestro Pasticcere Luigi Biasetto. Il consiglio da seguire sui dolci? La Setteveli, assolutamente. Cosa contraddistingue Berberè dalle altre pizzerie? La digeribilità delle pizze e l’altissima qualità dei suoi ingredienti, tutti stagionali. L’utilizzo esclusivo di lievito madre vivo e il processo di maturazione dell’impasto di almeno 24 ore a temperatura ambiente controllata fanno di questo prodotto una vera e propria eccellenza. Quando mangiate da Berberè non avete mai la sensazione di essere appesantiti, qui la pizza è morbida dentro e croccante fuori. Le farine semintegrali biologiche frutto della collaborazione con Alce Nero arricchiscono il gusto e il sapore. Il valore aggiunto per la digeribilità della pizza è dato dal metodo di fermentazione totalmente privo di lievito, basato sul processo fisico di idrolisi degli amidi. Un prodotto delicato, soffice e croccante che alla base ha fatto ricadere la sua scelta sul Lievito Naturale, un composto ottenuto dalla fermentazione spontanea di un impasto di farina di frumento e acqua. Semplicissimo e sostanziale, un po’ come la vita. Sì, la vita. Pensateci bene. Infatti, anche qui i microrganismi si riproducono alimentandosi di zuccheri semplici e complessi trasformati in anidride carbonica ed etanolo. Signori e Signore, questo processo comunemente chiamato “fermentazione” costituisce la parte principale nel corso di produzione delle paste lievitate e se da Berberè la pizza è così buona lo si deve proprio a lei. Così i proprietari Matteo e Salvatore Aloe descrivono l’essenza di questo luogo. «Una sola grande passione: quella per una pizza buona, artigianale, servita rapidamente, a prezzi accessibili». Infatti queste pizze riccamente farcite non superano mai i 12 euro. Ora tocca a voi provare ed innamorarvi. • www.berberepizza.it
What does it make Berberè so different from other pizzerie? Our pizza is highly digestible with high quality and seasonal ingredients. Using only sourdough starter and letting it rest for at least 24 hours, makes this product a real excellence: the brewing process is totally yeast free, and it’s based on the physical process of starches’ hydrolysis. A delicate product, so soft and crunchy, apparently simple but made with a lively process: delicate and tasty as life is. • 25.
ful storia
ARMENIA 301 Jacopo Santini, insegnante di fotografia e CoDirettore del programma di Master in Fotografia presso la SACI, ci presenta il suo nuovo progetto fotografico. Testo e foto di Jacopo Santini
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01 (dopo Cristo) è l’anno in cui, stando alla tradizione e dopo una serie di cruente indecisioni, l’Armenia accolse il Cristianesimo, per volontà del re Tidrate III, e ne fece la religione nazionale, primo – si dice – fra i popoli. 301 è anche l’articolo del codice penale turco che sanziona – con pene detentive – ogni offesa all’“identità turca”, disposizione usata spesso e volentieri per punire varie forme di dissenso e, ovviamente, ogni menzione di ciò che da 100 anni è in Turchia negato, Metz Yegern: il grande dolore, il primo genocidio del ’900 che, tra il 1915 e il 1918 (con sanguinosi strascichi successivi), per piano e mano dei Giovani Turchi, costò la vita a circa 1.500.000 armeni all’epoca residenti nei territori del fu Impero Ottomano, soprattutto nell’attuale Anatolia orientale (o Armenia occidentale). Il termine genocidio è un conio dello storico polacco Rafael Lemkin, che lo creò perché nulla, nel lessico anteriore bastava a definire lo sterminio organizzato e pianificato da Ittihad ve Terakki (Unità e Progresso, partito nato in seno ai Giovani Turchi) di un’intera popolazione per la propria diversità etnica, razziale e religiosa, l’annullamento e la distruzione di ogni sua traccia culturale, artistica e architettonica da un territorio che le autorità turche volevano – e dichiarano oggi – da sempre turco. È bene chiarire che il genocidio, con un successo reso possibile dal disinteresse delle nazioni belligeranti, dall’attiva collaborazione di quelle alleate (la Germania) e da inconfessabili ma noti calcoli strategici, è continuato ben oltre i termini della Prima guerra mondiale e, in mancanza di residue vittime umane, ha eletto a proprio bersaglio la memoria. Ha potuto contare sull’ipocrita complicità di un buon numero di nazioni che, ad oggi non lo hanno riconosciuto come tale, nonostante il concorde avviso della comunità scientifica internazionale circa la copiosità, l’univocità e l’inconfutabilità delle prove. Tra queste, colpisce, caso piuttosto eclatante, l’omissione degli Stati Uniti che, evidentemente
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più interessati all’importanza strategico-economica delle relazioni con la Turchia che alla necessità etica della verità, tacciono nonostante le pressioni della diaspora armena. Stupisce ancor di più Israele, il cui Parlamento, il 14 febbraio 2018, ha nuovamente respinto, nonostante pressioni di parte della pubblica opinione, di intellettuali e di alcune forze politiche, un progetto di legge volto al riconoscimento ufficiale di Metz Yegern, ufficialmente per non irritare un partner economico, in sostanza anche per preservare l’unicità della Shoah. «La fotografia» – disse Oliver Wendell Holmes nei suoi tempi pionieristici – «è uno specchio dotato di memoria». Può tuttora esserlo, perfino in un’epoca in cui, complice la rivoluzione digitale, è lecito dubitarne. Il dilemma è cosa fotografare a distanza di un secolo dai fatti, quando gli ultimi, pochissimi sopravvissuti, sono fragilissimi centenari, per non ridurre il lavoro ad un esercizio stucchevole di documentazione “archeologica”. Ho pensato, iniziando la ricerca di una struttura per il progetto, all’Angelus Novus di Walter Benjamin (e al quadro di Klee da cui mosse il pensiero del filosofo tedesco), gli occhi fissi sul passato, sulle catastrofi che, sotto il suo sguardo trascinato verso il futuro dalla tempesta che chiamiamo progresso, sono un solo cumulo di rovine. Ogni forma di conoscenza ha l’obbligo di lottare, almeno per un po’, contro quel vento inevitabile per tentare di vedere e distinguere, quanto meno le vittime dai carnefici. Parlare oggi del genocidio, con la fotografia, non può che avvenire misurandosi con il presente, con ciò che, tangibilmente, resta del passato nel presente, con la memoria di quel passato nelle parole e nei comportamenti degli individui o in quelli delle società, nei luoghi teatro di quegli eventi lontani, nelle cose, in tutte le terre in cui si consumò Metz Yegern, Armenia, Turchia, Siria, Libano. Grazie ad una borsa di studio accordatami dalla SACI e al sostegno di un mecenate attivamente coinvolto nella conservazione della memoria del genocidio, ho potuto avviare questo progetto che, iniziato a
ENGLISH VERSION>>>> 301 (a.C.) is the year when, according to tradition, and not without bloody indecision, Armenia made Christianity the national religion, first among all peoples, as willed by King Tidrate III. 301 is also the article of the Turkish penal code that punishes with imprisonment any offense to Turkish identity. It goes without saying that this provision has been used often and repeatedly to punish all forms of dissent and, particularly, to silence any mention of what every Turkish government has always denied during the last 100 years: Metz Yegern. Metz Yegern, “the great sorrow”, was the first genocide of the 20th century that, between 1915 and 1918 (and with bloody after-effects), took the lives of approximately 1,500,000 Armenians living in what is currently Eastern Anatolia, according to a plan meticulously drafted and carried out by the Young Turks. The term genocide was coined by the Polish historian Rafael Lemkin because there was no existing word to describe the extermination planned and executed by Ittihad ve Terakki (Unity and Progress, a party born within the Young Turks), of an entire population because of its ethnic, racial and religious diversity – the annihilation and destruction of every artistic, cultural, and architectural trace in a geographical area that Turkish authorities claimed and still claim, to be Turkish. It is important to clarify that the genocide was successfully carried out during World War I thanks to the indifference of most of the belligerent nations, and with the active collaboration of Germany, using well-known and unspeakable strategies. It continued after World War I, and in the absence of survivors, has had as its objective the cancellation of any memory of the tragic event. Such a predictable and obvious extension of Turkish strategy has relied on the hypocritical collusion of many major powers that, as of now and despite all historical evidence, have fail to recognize the 27.
Yerevan quest’estate proseguirà secondo le previsioni nella stessa Armenia, in Turchia, Libano e Siria, fino al 2021. Visiterò e fotograferò persone e luoghi, mettendo in relazione l’odierna Armenia con la metà perduta (attuale Anatolia orientale) e i più prossimi luoghi della diaspora (Aleppo ad esempio da cui una nuova diaspora ha allontanato buona parte degli 80.000 Armeni residenti prima della guerra civile), parlerò con chiunque possa e voglia raccontarmi storie, vissute direttamente o apprese da altri, in Armenia e in Turchia dove cresce la volontà, soprattutto nelle nuove generazioni, di confrontarsi a viso aperto con il passato. L’idea è cucire ricordi, parole ed immagini e dar testimonianza del presente come traccia e riflesso del passato, forse debole ma esistente. Non si tratta di un atto di indagine, già compiuta e con risultati indiscutibili, ma di una testimonianza. La storia la si racconta spesso osservandola riflessa negli occhi di chi, dovunque sia nato, le è sopravvissuto, come nelle pupille dell’Angelus Novus non ancora chiuse dal vento del progresso. •
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genocide as such – even though the international scientific community agrees on the abundancy, uniqueness, and indisputability of the proof. The political position of the U.S.A. is particularly disturbing. Evidently, strategic and economic relations with Turkey are more important than recognizing the truth. The U.S.A. remains silent, regardless of pressure from the Armenian diaspora. Even more surprising is Israel’s stance. Knesset, on February 14, 2018 once again rejected the request by some secular parties, supported by intellectuals and a large majority of public opinion, to recognize Metz Yegern. The official motivation, only partly credible, is the same as that of the U.S.A. (why irritate an important economic partner?), whereas the truth may also lie in wanting to preserve the uniqueness of the Shoah. Oliver Wendell Holmes in 1859 referred to photography as a “mirror with a memory”. It still can be such despite the doubts that the digital revolution may suggest. The real dilemma is what to photograph after a century, when the few survivors are elderly and fragile, and without turning the project into a maudlin and pointless exercise in archaeology. When I started my research, I could not help thinking of Walter Benjamin’s Angelus Novus (and of the inspiring Paul Klee painting), his eyes on the past – on the countless tragedies that, dragged towards the future by the wind of progress, are nothing but a heap of debris. Every cognitive process has the duty to oppose, at least for a while, this uncontrollable wind, in order to try, at the very least, to see, to sift and to separate the victims from their torturers. To use photography today to speak of genocide, it is necessary to deal with the present – with what remains of the past in the words and behavior of the individuals or societies where Metz Yegern took place: Armenia, Turkey, Syria, and Lebanon. Thanks to a grant (from a faculty development fund) awarded to me by Studio Arts College International (SACI), where I am co-director of its MFA in Photography program, I was able to start this project last summer in Armenia. The support of a private patron, actively involved in promoting and preserving Metz Yegern’s memory will allow me to pursue it in Turkey, Syria and Lebanon until 2021. I will visit and photograph people and places. I will try to relate today’s Armenia with the part it has lost (what is now called Eastern Anatolia) and with the closest destinations of the diaspora (such as Aleppo, where more than 8000 members of the Armenian community had to face a new diaspora because of the ongoing Syrian conflict). I will try to talk to anyone willing to share their memories with me in Armenia and Turkey, where the younger generations have a growing desire to face the historical truth, which is completely at odds with the government’s anachronistic and aggressive denial. The purpose is to collect memories, words and images and to bear witness to the present as a faint, but still alive, reflection of the past. It won’t be an investigation, whose results are already available and indisputable, but a testimony. History can often be told by observing it as reflected in the eyes of those who have survived, as in Angelus Novus’ pupils, not yet closed by the wind of progress. •
ful tecnologia
TENAX, UNA NUOVA ESPERIENZA DI ASCOLTO. Tra i più famosi e longevi locali d’Europa il club di via Pratese si conferma un marchio proiettato a guardare al futuro mantenendo salde le basi di una programmazione musicale all’avanguardia con sfumature artistiche poliedriche che hanno trasformato questo club, negli anni, in un tempio della musica elettronica e non solo. Testo di Matteo Zarcone, Foto di Nicolò Nisi
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ssere i numeri uno implica essere proiettati sempre in avanti ed evolvere con progetti che vadano in direzione del pubblico, oggi sempre più attento, consapevole ed esigente. Portare i migliori artisti mondiali a suonare nel proprio club potrebbe non essere più sufficiente se questi non venissero supportati da un importante innovazione tecnologica che permetta loro di esprimere al meglio il proprio talento. ll desiderio del Tenax è quello di rimettere la musica al centro e puntare tutto sul valore della riproduzione eccellente del suono senza rinunciare alla potenza. Quest’anno per varie esigenze è maturata sempre più la necessità di un cambio netto anche dal punto di vista tecnico e il desiderio di andare a raccontare questa sfrenata voglia di trasformazione si è concretizzato nella partnership con K-array, realtà 100% toscana presente in circa 70 paesi, in cui innovazione, territorio, fantasia e genialità s’intrecciano armoniosamente. 29.
«Sono finito quasi per caso all’headquarter di K-Array nel Mugello e da subito sono rimasto fortemente colpito dalla grande qualità della gamma di prodotti, dal design elegante e dalla vision di questa azienda». Racconta Alex Neri, uno dei nomi più influenti nell’ambito del dj-ing e orgoglio italiano nel mondo, pioniere della musica elettronica da decenni, dj resident e socio di Tenax. ll pubblico, come dicevamo, è sempre molto attento e in un certo qual modo muta di sabato in sabato a seconda della proposta musicale in programma. Da qui l’esigenza di soddisfare al meglio chi balla e chi ascolta, offrendo un’esperienza di alto livello e di grande trasporto emotivo, punti focali nel coinvolgmento del proprio pubblico da parte del Tenax. Impianti “high end” come quelli proposti da K-Array sono decisamente una novità per il mondo dei clubbers, abituati spesso ad avere forte pressione e tanto volume in pista piuttosto che grande qualità audio. L’esperienza d’ascolto è ora più vicina alle intenzioni dei dj con un audio estremamente definito, tale da mettere in risalto tutte le sfumature dell’elettronica mixata con le nuove tecnologie ma allo stesso tempo dando un’esperienza unica a chi invece mixa utilizzando vinili, regalando un suono rotondo e a più dimensioni. Bassi profondi e ben delineati arricchiscono l’ascolto con un suono dettagliato su tutta la banda audio e l’utilizzo di sistemi array è una cosa decisamente innovativa per quanto riguarda la dimensione del clubbing. «Nella mia prima data di quest’anno al Tenax al fianco di Francesco Farfa» continua Alex, «ho potuto apprezzare a pieno quello che avevo avuto modo di ascoltare da “spettatore” durante le prove di istallazione all’interno del club e durante le demo alle quali avevo assistito nella K-Hall di K-Array, e ho potuto vivere da protagonista un’esperienza di suono avvolgente che ha emozionato noi artisti e tutto il pubblico.» Dunque un sistema ad alta concentrazione di innovazione che implementa tecnolo.30
ENGLISH VERSION>>>> Tenax is always projected towards the future, towards its audience, today even more informed, aware and demanding than ever. A cuttingedge musical program cannot be enough if not supported by an important technological innovation. So their aim is not only to focus on electromusic and music in general, but also to invest on excellent sound playing. Therefore, this year they decided to start a partnership with K-array, 100% Tuscan reality present in 70 countries all over the world, that embodies innovation, fantasy and genius. «I ended up to K-Array headquarter by chance and I was impressed by the high quality and huge range of products, and by their elegant design» told us Alex Neri, dj resident and partner of Tenax. The audience changes every day according to the musical program offered and there are different needs to fulfill. “High end” sound systems are new to clubbers, who are used to be exposed to high volume instead of high audio quality. K-Array offers an innovative system that implements modern technologies such as Slim Array Technology (SAT) and Electronic Beam Steering (EBS) for a powerful and definite sound, a selective coverage in the lounge, avoiding the sound dispersion out of the club, respecting the rules of the surrounding residential areas and handing out a wonderful experience to the clubbers. So what are you waiting to discover the new Tenax sound experience?
gie moderne come la Slim Array Technology (SAT) e l’Electronic Beam Steering (EBS) per un ascolto coinvolgente, suoni definiti, bassi profondi e una copertura selettiva di tutta la sala che, oltre a garantire un’esperienza unica per il pubblico, contribuisce all’abbattimento della dispersione acustica nelle aree al di fuori della pista da ballo, a tutto vantaggio dell’integrazione con l’area residenziale circostante. Bene cari amici dj ed amanti dell’elettronica in generale, se non l’avete già fatto è il momento di programmare la vostra prossima serata al Tenax e provare il nuovo impianto. •
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ful 5di5
5di5 ARNO Di Akira Morimoto | akiramorimoto.com | IG: @akiramorimoto
Akira Morimoto nasce nel 1985 in Giappone, coltiva la passione per la fotografia e la impara da autodidatta. Nel 2016 si trasferisce a Firenze. Nelle sue foto cerca sempre di cogliere linee e forme del paesaggio in modo da formare delle composizioni geometriche armoniche. Da quando vive a Firenze ha dedicato tanti scatti alla città, nei quali traspare il suo interesse per la fotografia classica e quella di strada, stringendo però sempre l’occhio al metafisico. Questa serie è dedicata a uno degli elementi che lo attirano di più di Firenze: il fiume Arno. Akira Morimoto was born in Japan in 1985, passionate about photography, he learned by himself. In 2016 he moved to Florence. In his photos he tries to catch the lines and forms of the landscape to build armonic geometrical compositions. He dedicated many shoots to Florence, from which transpires his interest for classic and street photography, with an eye for the metaphysical. This series is dedicated to Arno river.
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ful uno straniero a firenze /\ un fiorentino all’estero
LAURA NISTRI
Fino a 27 anni ho vissuto a Firenze che considero il centro della mia vita, nucleo dei miei affetti più profondi e punto di riferimento dei miei equilibri. Ho studiato scienze politiche con indirizzo internazionale e sono sempre stata affascinata dalle zone di conflitto, dalla speranza che il diritto internazionale riesca a proteggere la popolazione civile, e aiutare a risolverne le cause. Questo mi ha portato a lavorare per un’agenzia delle Nazioni Unite, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, e a passare 7 anni tra Sudan del Sud e Iraq. Il primo, celebrava la conquista del diritto di autodeterminazione dal Sudan attraverso un referendum stipulato nel 2011, per poi cadere in una tragica guerra civile nel dicembre 2013 che continua ancora oggi. Il secondo, è stato invaso dall’ISIS all’inizio del 2014, che ne ha occupato buona parte del territorio a maggioranza sunna, fino all’ufficiale liberazione nell’estate 2017. Adesso, mi sono trasferita a Nairobi, Kenya, dove collaboro con programmi per la tutela e regolamentazione dei flussi migratori lanciati dall’Unione Europea in diverse regioni africane. Cosa porteresti a Firenze da Nairobi? Porterei il sorriso del popolo kenyota. Il Kenya è un paese fortunato rispetto a Sudan del Sud, Somalia, Ethiopia e altri. E i kenyoti sono contenti del loro paese, della bellezza naturale, e delle opportunità che la vita offre. Una leggerezza che forse in Italia, e a Firenze, si è persa da diversi anni e che, soprattutto, non è facile capire come poter riconquistare. Quindi porterei un po’ di questa energia, perché anche qua ci sono molti problemi, tra povertà, tensioni etniche e corruzione, ma c’è anche la speranza e la forza per riuscire a sognare. Cosa porteresti a Nairobi da Firenze? Amo Firenze, mi manca la poesia, il cibo e il nostro vino, l’aria che si respira e la bellezza che spunta da ogni angolo, all’improvviso. Quindi porterei un po’ del nostro bagaglio culturale, l’attenzione ai dettagli, il rispetto per il bello, e la cura per ciò che le generazioni e i secoli precedenti hanno costruito e insegnato. Nairobi ha un passato diverso, spesso i beni comuni sono poco tutelati, la ricchezza della cultura e delle tradizioni tende a essere rilegata in spazi remoti, difficilmente accessibili. Until I was 27 I lived in Florence, that I consider the centre of my life, the core of my deepest feelings and my equilibrium. I studied Political Science and International Relations and I have always been fascinated by war zones, by the hope that the international law can protect civilians and help solving the conflicts. That’s why I started to work for an agency of the United Nations, the International Organization for Migrations and I spent 7 years among South Sudan and Iraq. The first was celebrating the self-determination from Sudan with a referendum in 2011, for then falling into a tragic war that it’s still raging. The second was invaded by ISIS at the beginning of 2014, which occupied the majority of the Sunnitic territory, until the official liberation in summer 2017. Now I live in Nairobi, Kenya, where I work for programs of protection and regulamentation of the migratory fluxes started by the European Union in many African regions. What would you take from Nairobi to Florence? I would take the smile of Kenyan people. Kenya is a lucky country compared to South Sudan, Somalia, Ethiopia and others. And Kenyans are happy about their country, its natural beauty, the opportunities life offers. A lightness that Italy, and Florence, lost many years ago and that is not easy to understand how to get back. So I’d take some of this energy, because here there many problems, poverty, ethnic tensions and corruption, but also hope and the strenght to keep dreaming. What would you take from Florence to Nairobi? I love Florence, I miss the poetry, the food and wine, the air you breath and the beauty behind every corner. So I’d bring a part of our cultural heritage, the attention for details, the consideration for beauty, the care for what the past generations and centuries have built and taught. Nairobi has a different past, often the public assets are not so protected, the culture and traditions are relegated to remote spaces, difficult to access.•
NELINHO MONTEIRO
Mi chiamo Nelinho e sono nato in Brasile nel 1978. Ho vissuto per 3 anni in collegio, fino a quando sono stato adottato da una famiglia italiana residente a Firenze, mia mamma è di Perugia e mio padre di Verbania. Quando sono arrivato a Firenze ho notato che il loro figlio aveva atteggiamenti diversi dagli altri bambini, si tappava le orecchie, faceva tantissimi versi e si arrabbiava molto se qualcuno lo toccava: era autistico. Così ho capito che dio mi aveva dato un compito, quello di aiutare a far felice questa famiglia. Da allora ho cominciato a vivere come solo i brasiliani sanno fare, cioè ridendo alla vita e cercando di aiutare il prossimo. Ora vivo a Settimello, nel Comune di Firenze, con la mia bellissima famiglia: ho un figlio di 9 anni e una moglie, entrambi meravigliosi. Lavoro all’interno di una casa editrice, che considero la mia seconda casa... Insomma meglio di così non potevo chiedere e avere dalla vita.
Cosa porteresti a Firenze dal Brasile?
Sicuramente il sorriso, la spensieratezza nell’affrontare la vita, cose che mancano agli italiani. Poi la musica, gli odori, i colori ma anche alcuni sapori tipo quello della canna da zucchero, della melancia (cocomero), del mango, del Churrasco (carne alla griglia), l’acqua di cocco bevuta in spiaggia a Copacabana dopo una bella partita a calcio con sottofondo di samba. Ah, dimenticavo il Carnevale!
Cosa porteresti in Brasile da Firenze?
Sicuramente il cibo, ogni tipo di pasta e sughi, la pizza, il vino… Porterei anche l’arte, l’architettura, la storia di questa meravigliosa città, tantissimi quadri raffiguranti i vari paesaggi della toscana, a partire da quello senese, per me quello più bello. Però le cose che porterei in Brasile sono poche in confronto a quelle che porterei dal Brasile a Firenze, perché come diciamo noi brasiliani «Estou com saudade do Brasil». Quando ci ricordate che siamo brasiliani scende una lacrimuccia e abbiamo nostalgia per il nostro paese. My name is Nelinho and I was born in Brazil in 1978. I lived for 3 years in a boarding school, until I was adopted by an Italian family resident in Florence, my mother is from Perugia and my father from Verbania. When I arrived to Florence, I noticed that their son was different from the other children, he was covering his ears, making strange cries and getting angry if somebody tried to touch him: he was autistic. So I understood that god had given me a task, that of helping to make that family happy. From then on, I started to live as only the Brazilian can, that is smiling to life and trying to help others. Now I live in Settimello (Florence), with my beautiful family: a 9-year-old son and a wife, both wonderful. I work for a publishing house, which I consider my second home... Better than this I could not ask and get from life. What would you take to Florence from Brazil? The smile, for sure, the light heartedness in confronting life – things that Italians are missing. And also the music, the smells, the colours and some flavour like that of sugarcane, melancia (watermelon), mango, Churrasco (grilled meat), cocoa water drank on Copacabana beach after a football match with samba as a background. Ah, I was forgetting the Carnival! What would you take to Brazil from Florence? The food, every type of pasta and its sauces, pizza, wine… I’d take also the art, the architecture and the history of this wonderful city, many paintings portraying the Tuscan landscape, starting from Siena, for me the best. But the things I’d take to Brazil are few compared to the ones I’d bring to Florence, because as we Brazilian say: «Estou com saudade do Brasil». When you remind us that we are Brazilian a tear falls down and nostalgia takes over. •
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la pagina dell'artista* per il numero XXXIV è a cura di LUCHADORA In allerta by Luchadora IG: luchadora_visualartist | FB: luchadorartist
Alessandra Marianelli, in arte Luchadora, cresce e lavora tra le colline toscane. A 20 anni si trasferisce a Firenze, sua attuale dimora, dove ha studiato design e ha iniziato a lavorare come freelance. Collabora con diverse riviste come Streetbook, Lungarno e Lahar Magazine. Ama disegnare e impressionare. Le piace la serigrafia e lʼincisione, i libri illustrati e i fumetti, i gatti pelosi, le nuvole rosa, la pizza e gli unicorni. Vede ciò che ha intorno e quello che potrebbe vedere, lo rappresenta, e tanto basta. Alessandra Marianelli, in art Luchadora, grew up and started to work in the Tuscan hills. When she was 20 she moved to Florence, where she actually lives, she studied design and became a freelance. She contributes to various magazines such as Streetbook, Lungarno and Lahar Magazine. She loves to draw and impress. She likes serigraphy and engraving, illustrated books and comics, furry cats, pink clouds, pizza and unicorns. She can see whatʼs around her and she represents what she could see, thatʼs enough for her. •
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