prendimi • free press
settembre-ottobre 2013
anno 02
n• 09
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 - Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali • Realizzazione grafica Ilaria Marchi
Care lettrici, cari lettori,
ma lo sai che?
I guelfi bianchi e i guelfi neri furono le due fazioni in cui si divisero intorno alla fine del XIII secolo i guelfi di Firenze, ormai il partito egemonico in città dopo la cacciata dei ghibellini. Le due fazioni lottavano per l'egemonia politica - e quindi economica - in città. A livello della situazione extracittadina, seppur entrambe sostenitrici del papa, erano opposte per carattere politico, ideologico ed economico. I guelfi bianchi, un gruppo di famiglie magnatizie aperte alle forze popolari, perseguivano l'indipendenza politica e rifiutavano ogni ingerenza papale. Mentre i guelfi neri, che rappresentavano soprattutto gli interessi delle famiglie più ricche di Firenze, erano strettamente legati al papa per interessi economici e ne ammettevano l'ingerenza negli affari interni di Firenze. La rivalità tra i guelfi bianchi e i guelfi neri fu al centro della vita sociale e politica, tra la fine del XIII secolo e il primo decennio del Trecento a Firenze, a Pistoia e in altre città della Toscana. Episodi storici legati ai contrasti nati all'interno del Partito guelfo sono ampiamente trattati nella Divina Commedia che proprio in quegli anni veniva scritta da Dante Alighieri. (wiki)
trova le domande sulle buste di www.ilpaninotondo.it
anche questa estate è finita, e ci lascia col suo carico di malinconica nostalgia, ricordi agrodolci e promesse non mantenute... Ma non c’è più tempo per pensarci: ricomincia – ufficialmente – la vita di sempre, riaprono scuole, università e uffici e l’autunno incalza, con i suoi mille impegni e con i suoi eventi. Grandi eventi, a cominciare dai Mondiali di Ciclismo: per una settimana Firenze sarà al centro del mondo, e anche noi non potevamo non parlarne; all’interno, troverete un’intervista al Vicesindaco Stefania Saccardi, orgogliosa per questa scommessa vinta dalla città. Ma non è tutto: FUL è partner del Bicycle Film Festival, un evento ricco di sorprese interessanti che si svolge alla Stazione Leopolda dal 26 al 29 di settembre. Siamo convinti e orgogliosi di portare avanti la battaglia per l’utilizzo della bicicletta, il mezzo di locomozione più pratico, intelligente ed economico... un po’ come FUL, ci verrebbe da dire, se non fossimo così modesti... Un numero 9 ricco di spunti interessanti e di inchieste di grande spessore, come quella che racconta dall’interno il mondo della lotta alla mafia, o quella che analizza il rapporto che all’interno delle istituzioni penitenziarie si sviluppa tra guardie e carcerati. E poi troverete tanti altri articoli ancora, legati dal filo degli opposti: negativo e positivo, yin e yang, bianco e nero, nuovo e vecchio, uomo e donna... Viviamo in un mondo di paradossi: ogni cosa richiama il suo contrario, e tutto si ricompone in una perfetta sinfonia di dissonanze, quel caos perfetto che chiamiamo vita. Eh già... la vita. «La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti» diceva Albert Einstein, e aveva ragione. Niente di meglio che citare un genio per sentirsi un po’ più intelligenti, aggiungeremmo noi... Bentornati, e buona lettura. • Daniel Meyer
Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Daniel Meyer Proprietario Fabrizio Marco Provinciali Realizzazione grafica Ilaria Marchi
Ideazione e coordinamento editoriale Marco Provinciali e Ilaria Marchi. Se sei interessato all'acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com • tel. 392 08 57 675 Se vuoi collaborare con noi ci puoi scrivere agli indirizzi: marco@firenzeurbanlifestyle.com • ilaria@firenzeurbanlifestyle.com visita il nostro sito www.firenzeurbanlifestyle.com pagina facebook FUL *firenze urban lifestyle*
ringraziamenti
Telejato, Pino Maniaci, Amministrazione penitenziaria di Volterra e Volterra Teatro Festival, Annalisa Lottini, GattaRossa, Comune di Firenze, a Danny, a Federico, a Dario Lampa
3.
p. 8
Il giro del mondo su due ruote: arriva a Firenze il Bicycle Film Festival
In caso aveste passato gli ultimi sei mesi su Marte, vi segnaliamo che a Firenze dal 22 al 29 di settembre si svolgeranno i Mondiali di ciclismo. Una settimana diversa dal solito, ricca di eventi da non perdere. Come il Bicycle Film Festival, che dopo un tour mondiale fa tappa a Firenze.
p. 11 C’era una volta... cartoline da una città che (nonostante tutto) cambia
Firenze, città d’arte, città da cartolina. Che alle volte, quasi senza preavviso, cambia. Là dove c’era un negozio di dischi apre una caffetteria, là dove si compravano...
p. 14 Diversi. Ma non opposti. Odi et amo”. L’amore è pieno di contraddizioni, inspiegabile: odio e amore sono due facce della stessa medaglia. Una realtà confermata anche da recenti studi scientifici; e quindi non possiamo che prenderne atto, e allacciare le cinture...
p. 16 Informazione e ricerca sui tumori: l’Associazione Giacomo onlus in prima
linea. Per una battaglia che non finisce mai. Trovare la forza di andare avanti, e
trasformare una tragedia nella ricerca di qualcosa di positivo. Ė quello che ha fatto Giovanni Cruschelli, presidente e fondatore della Associazione Giacomo Onlus, dopo il dramma che gli ha cambiato la vita. E adesso, grazie alla ricerca e all’informazione, potrà essere il suo lavoro a cambiare la vita degli altri.
p. 18 A Firenze gli artisti sono tutti gatti. Quando cala la sera e la città si rende mutevole,
caricandosi di ombre e promesse, può capitarvi di incontrarne uno, due, a volte anche tre, se siete fortunati il branco intero addirittura. Si aggirano per l’Oltrarno, affezionati alle sue strade, dove l’idea di tramutarsi ha preso forma al freddo inverno dello scorso febbraio, così che una notte sono diventati tutti gatti.
p. 20 Alchemica dei contrari: bianconero per “iniziati”. Pochi campi artistici hanno
subito negli ultimi tempi una rivoluzione come la fotografia. Il digitale e i programmi di fotoritocco hanno cambiato drasticamente aspetti tecnici e modalità di fruizione dell’Arte che ha ribattezzato la modernità. Eppure la magia alchemica dei contrari (bianco/nero) e l’imperfezione dell’analogico sono sempre più di moda.
p. 22 La voce del coraggio. Oltre il silenzio della paura. Coraggio. Giustizia. Verità. Sono parole che hanno ancora un valore e un significato concreto, per Pino Maniaci e la squadra di Telejato, che affrontano ogni giorno il silenzio, la paura e l’isolamento di chi lotta ogni giorno. Contro tutto e contro tutti.
p. 24 Guardie e ladri. Non sempre è un gioco. Il carcere: un luogo difficile sia per i
detenuti che per le guardie, che ci lavorano a tempo pieno. Una convivenza forzata, raccontata da chi conosce l’ambiente dall’interno.
p. 27
Rubrica: uno
straniero a Firenze//un fiorentino all'estero
p. 28 Mondiali di Ciclismo: Firenze c’è. Firenze capitale. Del mondo. Perlomeno, questo è
quello che succederà tra il 22 e il 29 di settembre, quando proprio tra il capoluogo toscano, Fiesole, Pistoia, Lucca e Montecatini – con percorsi che toccheranno varie zone della regione – si svolgeranno i Mondiali di Ciclismo 2013.
p. 30
Rubrica:
Respira che ti passa
Come disse qualcuno, “Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare…”. Non ho mai sognato, o neppure pensato, di fare il giornalista. E’ stato il giornalismo che ha trovato me: è come se ci fossimo sempre conosciuti, ma ci siamo incontrati solo grazie ad una serie di coincidenze. Io questo lo chiamo Destino… Viaggiare, conoscere persone interessanti, intrufolarsi dappertutto, soddisfare la propria curiosità, imparare sempre qualcosa di nuovo, dialogare coi lettori, scrivere… che volere di più. •
Sandro Bini
Daniel Meyer
Marco provinciali
Ilaria marchi
La bicicletta per noi di FUL è il mezzo. Nnon lo diciamo perché in questo numero parliamo anche dei mondiali e ci sono i Mondiali di Ciclismo a Firenze. È il nostro mezzo, perché da tempo lo abbiamo scelto preferendolo alla macchina, che sia chiaro, utilizziamo ancora. Non siamo ipocriti la macchina e lo scooter sono utili ed indispensabili talvolta, ma Firenze, può, e deve essere vissuta soprattutto in bicicletta. Voi che non la utilizzate non capite quanto sia bello pedalare in mezzo all'infinita bellezza di questa città. La bici è uno stile di vita, è filosofia, è maestra se vogliamo: se vuoi arrivare in un punto x non hai altro che le tue gambe ed il tuo tempo per arrivarci; può essere una banalità ma, invece, è un concetto ampliato del "l'hai voluta la bicicletta? mo' pedala"… Le infinite sfide tra Coppi e Bartali, Sante il bandito tradito dalla sua passione per le pedalate dell' l'amico Girardengo, il fascino del pirata Pantani, il giornalismo sportivo italiano è ricchissimo di affascinanti storie e sfide tra l'uomo, il mezzo a pedali e la meta da raggiungere. Ma chi non ha un legame profondo con la bicicletta? Tra ginocchia "sbucciate" e ripetute cadute è il secondo step della vita in cui si impara a stare in equilibrio, dopo diventa tutto più sottile ma, noi che la usiamo tutti i giorni, ve lo assicuriamo: la bici è un bel mezzo per stare bene... •
Fotografo, curatore, docente di fotografia, fondatore e Direttore Responsabile dell’Associazione Culturale Deaphoto di Firenze (www.deaphoto.it), mi occupo prevalentemente dell’organizzazione delle attività progettuali didattiche ed espositive di Deaphoto. La mia ricerca fotografica è incentrata soprattutto sull’indagine delle relazioni fra l’uomo e il paesaggio contemporaneo e sulla dialettica critica fra percezione e fruizione dei luoghi, legata alla contestualizzazione della propria esperienza. Dal 2009 sono curatore del Personal Blog “Binitudini / Spazio di riflessioni visive teoriche e pratiche sul gesto fotografico contemporaneo” (http://binitudini.blogspot.it) •
Mario Puccioni
Paolo Lo Debole
Alice Colombini
Tommaso Baroncelli
“Le persone comuni spesso lo ignorano, ma nel nostro mestiere il talento conta moltissimo. Quando ero ragazzo anch'io pensavo che lo scienziato, alla fin fine, fosse soltanto un osservatore attento che mette in ordine i dati. Non è così. Per scoprire qualcosa di nuovo occorre lo stesso talento di un compositore capace di creare nuovi legami tra note e melodie. Nel nostro caso si tratta di connettere aspetti comportamentali apparentemente lontani tra loro” (G. Rizzolatti, 2012). Dalle scienze bisogna uscirne più volte possibile per colmare l'incolmabile differenza che c'è tra la vita reale e la teoria. Psicoanalista e neuroscienziato cognitivo, lavora da tre anni presso l'Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze. •
Sono nato nel 1964 nella meravigliosa Firenze in un giorno d'estate, precisamente il 21 giugno, ma ho dovuto attendere un sacco di tempo per capire cosa la fotografia significasse per me. Posizionare l'occhio nel mirino e vedere il mondo da una prospettiva diversa, con più angolazione. Oramai ho deciso che questa sarà la mia strada professionale, ogni volta che esco con la mia Nikon il momento diventa importante e il solo pensiero che anche un solo scatto mi soddisfi è gratificante. •
Sono Alice Colombini, vivo a Firenze e sono una psicologa… Quando sono nata alle 7.05 del 25 marzo 1981 il sole era in Ariete e la Luna in Scorpione, la mia carta del cielo parla chiaro: impulsiva e paziente, ha bisogno di agire, va incontro alla vita con energia, in modo prorompente, vivere è una sfida e un’avventura, non manca mai di coraggio ma la franchezza e l’onestà possono a volte cacciarla in situazioni imbarazzanti. Ma questa sono io… Incredibile! •
Firenze, 23 luglio 1979. Nasco pigramente 23 giorni dopo la scadenza del tempo, il primo giorno disponibile del Leone. Sin da piccolissimo rimango per ore incantato ad ascoltare musica ed a guardare i dischi girare nel piatto… Colleziono vinili, leggo molto, mi piace cucinare e amo il buon vino. Credo che le belle canzoni aiutino ad essere persone migliori. •
Silvia Brandi
Teresa Tanini
Jacopo Aiazzi
Fiamma Goretti
"Nata a Firenze Torregalli il 28 settembre 1987 (Bilancia ascendente Sagittario), di residenza isolottiana ma scandiccese d'adozione, a 20 anni decide che ha voglia di farsi qualche giro e passa 3 anni fra Londra, l'Australia e Parigi. Adesso è a Firenze in pianta semi stabile perché nella vita non si può mai dire. Per FUL traduce gli articoli in inglese, vivendo così nella paura che gli articolisti sentano nella traduzione stravolto il significato delle loro parole e l'aspettino sotto casa. Il traduttore è un mestiere duro ma qualcuno deve pur farlo". •
It is more fun to talk with someone who doesn't use long, difficult words but rather short, easy words like 'What about lunch?' – Winnie the Pooh •
Nasco a Fiesole alle 5:30 di mattina del 23 settembre 1985, con una mano sopra la testa e dal peso di 4kg e passa. Più fastidioso di così non potevo essere. Sono nato il giorno in cui è morto Giancarlo Siani, un giovane giornalista di ventisei anni ucciso dalla camorra a Napoli. Oggi ho la sua età e ancora non ho assimilato tutte le sfumature che il giornalismo può assumere. L'unica cosa di cui sono consapevole è il desiderio di coltivare questa conoscenza. Più appassionato della scrittura in quanto tale che dal giornalismo, apprezzo ogni forma di quest'arte. La cosa che più mi codifica come italiano è l'amore per la pastasciutta, con qualsiasi sugo. •
Non amo mettere confini alla mia personalità: vedo la realtà tramite i miei occhi miopi, sfumata come in un quadro impressionistico, e immagino di diventare tutto il bello che riesco a catturare. Laureanda in studi internazionali con un’insaziabile sete di cambiamento e conoscenza, amo il cibo, la musica e ridere. Ho amici in ogni angolo del globo e soffro di un’incessante necessità di esprimermi, mettendo la mia esperienza al servizio degli altri. Penso che la cosa più bella di cui innamorarsi sia la vita stessa. •
redazione mobile
Nato a Firenze 31 anni fa. Fin da piccolo manifesta uno spiccato interesse nei confronti delle immagini offerte dal mondo che le circonda. Durante l'adolescenza inizia ad entrare in confidenza con l'apparecchio fotografico e al momento dell'iscrizione all'università, decide di approfondire la sua passione iscrivendosi al corso di laurea in Grafica e Fotografia sotto la facoltà di Architettura di Firenze. Laureatosi con il massimo dei voti che poteva permettersi, decide di emigrare a Londra dove vive per quattro anni tra foto, tavoli di ristoranti e clubs fino a quando non ha deciso di rimpatriare a Firenze pochi mesi fa. •
La nostra redazione è in completo movimento, composta da fiorentini autentici e da coloro che hanno trovato a Firenze la loro seconda casa. La centrale operativa è nella zona delle Cure ma l’occasione di incontri e riunioni è sempre una buona scusa per approfittare di una visita ai vari gestori di bar o locali che ormai da anni conosciamo. Una redazione mobile che trova nel supporto della rete il collante necessario per la realizzazione di ogni nuovo numero.
Quello della Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario sviluppatosi nell’Italia Settentrionale a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento. Gli Scapigliati erano giovani tra i venti e i trentacinque anni, nutriti di ideali e amareggiati dalla realtà, propensi alla dissipazione delle proprie energie vitali. «…tutti amarono l’arte con geniale sfrenatezza; la vita uccise i migliori » (in introduzione, La Scapigliatura e il 6 febbraio, Sonzogno, Milano, 1862). Martina nata nel 1985. Sa leggere la musica, ama scrivere e cantare, è Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza. Vive a Firenze col suo adorato Jack Russel Napoleone, di anni 8. •
Tommaso Pacini
Martina Scapigliati
Marta Pintus
Inizia a scrivere a 6 anni con una poesia che recitava: “Il mondo è fatato, fatto tutto di gelato, con tante caramelle fatte tutte di frittelle (…)”. Nel corso della vita abbandona la poesia per dedicarsi alla prosa, senza però mai rinnegare la visione infantile. Lavora un anno a Barcellona come giornalista di viaggi, scoprendo che la sua poesia altro non era che un reportage: una descrizione dell’essenziale che, come disse la volpe, è invisibile agli occhi. •
Ful su due ruote*1
Il giro del mondo su due ruote: arriva a Firenze il Bicycle Film Festival In caso aveste passato gli ultimi sei mesi su Marte, vi segnaliamo che a Firenze dal 22 al 29 di settembre si svolgeranno i Mondiali di Ciclismo. Una settimana diversa dal solito, ricca di eventi da non perdere. Come il Bicycle Film Festival, che dopo un tour mondiale fa tappa a Firenze. Testo di Daniel C. Meyer
U .8
na bicicletta non è solo un mezzo di locomozione. Una bicicletta è una filosofia, un modo di vedere il mondo, di prendergli le misure: pedalata dopo pedalata, respiro dopo respiro, metro per metro. Dall’alto della bicicletta, il mondo è diverso: busto eretto, sguardo all’orizzonte, il ciclista fluttua al di sopra della moltitudine, fuori dalla mischia; senza superbia, ma senza nemmeno curarsi delle desolanti contingenze della terraferma.
E forse è questo che pensava Brendt Barbur, in quella lontana giornata del 2001, mentre pedalava per le strade di New York, un attimo prima di essere investito da un autobus... Per fortuna non solo è sopravvissuto, ma in quel momento è stato folgorato da un’intuizione: avrebbe trasformato quell’esperienza in qualcosa di positivo. Da qui è nata l’idea di dare vita al Bicycle Film Festival, un evento per celebrare la bicicletta e il mondo che – letteralmente – le ruota intorno: film, concerti, arte, design e contest, non ci sono limiti alla fantasia e alla creatività. Un evento itinerante che in un anno toccherà trenta città in tutto il mondo tra cui Rio de Janeiro, Bruxelles, Buenos Aires, Tokyo, Sidney, San Francisco, Istanbul, Londra e... Firenze. Dal 26 al 29 di settembre infatti, in contemporanea con i Mondiali di Ciclismo, la Stazione Leopolda sarà la cornice dell’edizione italiana del Bicycle Film Festival: allestito a cinema per l’occasione, lo Spazio Alcatraz all’interno dello storico edificio ospiterà una selezione di più di 60 film tra corti e mediometraggi provenienti da tutto il mondo. La produzione dell’evento è realizzata da Ciclica (società che ha curato anche l’edizione 2012 del BFF di Milano, che ha visto più di 12mila partecipanti) in collaborazione con Stazione Leopolda Srl. Le proiezioni andranno avanti da venerdì a domenica, pomeriggio e sera: documentari, report di grandi e piccoli eventi, animazione, clip musicali, videoarte e altro ancora. Uno sguardo sull’universo del ciclismo e dei suoi
9.
protagonisti, dai BMX rider alle bici a scatto fisso, dai bike messenger al bike polo, dalle cargo bike agli artigiani della due ruote e oltre (il programma completo e i trailer dei film sono disponibili su www.bicyclefilmfestival.com/city/firenze); l’ingresso è gratuito. Tre giorni di festa, ma non ci sarà solo il cinema: anche concerti, dj set, mostre, contest BMX, tornei di bike polo, eventi off e molto altro. Ad arricchire il Festival ci sarà inoltre la mostra Ronde Around, curata da Angelo Ferrillo e promossa dall’Ente del Turismo delle Fiandre per il centenario dell’epico Ronde van Vlaaderen, una delle classiche ciclistiche più importanti del mondo: famosa per essere tosta, durissima, si svolge tra “muri” ripidissimi e tratti pavimentati in pavé che mettono a dura prova anche gli atleti più preparati. Quasi una religione per i fiamminghi, e non soltanto per loro (il programma completo è disponibile sempre all’indirizzo http://www.bicyclefilmfestival.com). Da non perdere quindi l’appuntamento con il Bicycle Film Festival, per chi ama la bici e per chi vuole vivere un’esperienza diversa dal solito. Ah, un consiglio: da quelle parti si parcheggia con difficoltà, vi conviene prendere la bici... vedrete che vi piacerà, e magari ci prenderete gusto tutto l’anno. Perché no? •
un evento per celebrare la bicicletta e il mondo che – letteralmente – le ruota intorno: film, concerti, arte, design e contest, non ci sono limiti alla fantasia e alla creatività
ENGLISHVERSION>>>> A bicycle is not just a means of locomotion. It is also a philosophy, a way of perceiving the world and of measuring it: breath by breath, inch by inch. This was perhaps Brendt Barbur’s thinking while ha was cycling throughout New York in a faraway day of 2001, just a moment before being run over by a bus… Luckily, he did not only survive, but he was also struck by an intuition: he would have turned that experience into something positive. That’s how he gave birth to the Bicycle Film Festival, an event that celebrates bicycles and everything else literally surrounding them: movies, concerts, art, design and contests, there are no limits to fantasy and creativity. An itinerant event which will take place in thirty cities throughout the world in a year, among which are Rio de Janeiro, Brussels, Buenos Aires, Tokyo, Sidney, San Francisco, Istanbul, London and… Florence. In fact, between the 26th and 29th of September, in the occasion of the UCI Road World Championships, the Stazione Leopolda will host the Italian edition of the Bicycle Film Festival, with a selection of over 60 movies from all over the world. The production of the event has been realized by Ciclica, in collaboration with Stazione Leopolda Srl. The projections will take place Friday through Sunday, both afternoons and evenings: documentaries, small or big events’ reports, animations, musical clips, video art and much more. A glimpse on the cycling universe and its protagonists (the complete program and the movies’ trailers are available at www.bicyclefilmfestival. com/city/firenze); the entrance is free. Three days of celebration, with not only movies involved: concerts, dj sets, exhibits, BMX contests, bike polo tournaments, off events and much more will also take place. Further enriching the Festival, it will host the Ronde Around exhibit, realized by Angelo Ferrillo and promoted by the Flanders’ Tourism Governmental Authority for the epic Ronde van Vlaaderen’s centenary, one of the world’s most important classical bike competitions. Don’t miss the appointment with the Bicycle Film Festival, whether you love bikes, or you just would like to try a new experience. An advice: since it’s hard to find parking spots around that area, we suggest that you go there by bike… you’ll end up liking it, and perhaps this passion will keep you company all year long. Why not? •
nostalgia e cambiamento
C’era una volta... cartoline da una città che (nonostante tutto) cambia Firenze, città d’arte, città da cartolina. Che alle volte, quasi senza preavviso, cambia. Là dove c’era un negozio di dischi apre una caffetteria, là dove si compravano i libri adesso c’è una gastronomia. Raspini è l’ultimo negozio di una lunga serie a chiudere: tra passato e futuro, tra nostalgia e cambiamento, che città sarà? In che città vogliamo vivere?
«
Testo di Daniel C. Meyer, foto di Tommaso Pacini
Che ci si vede al Gambrinus allora?». Sembra che sia passata un’era geologica da quei tempi, e probabilmente i ragazzi di oggi non sanno neanche di cosa stiamo parlando: eppure, per generazioni intere di fiorentini, il “Gambrinus” (cinema, e mitica sala da biliardo animata da personaggi epici, come il mitico “Scuro” immortalato da un film con Francesco Nuti) è stato un luogo di svago, di ritrovo, di andirivieni, che ha visto passare sotto i suoi portici la storia di Firenze; non meno - perdonate l’eresia, solo apparente in realtà - del Duomo o di piazza Signoria, che appartengono
forse di più all’immaginario dei turisti e degli ospiti della città, mentre i fiorentini li guardano con affetto ma forse anche diffidenza e malcelata indifferenza, come chi patisce per un amore che non può essere esclusivo ma che bisogna condividere anche con tutti gli altri. Il Gambrinus. Oggi non esiste più, si chiama Hard Rock Cafè. Uno dei tanti simboli di una città che cambia, anche se lo fa sempre lentamente e mai gradualmente, per strappi e improvvise accelerazioni. Una mappa ideale della “Firenze che non c’è più” passa da Ricordi, che oggi ospita uno spazio della Nespresso (ma George Clooney da quelle parti non s’è mai visto...), Alinari in via Strozzi, la libreria antiquaria
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Caldini, la bigiotteria Cascio, il parrucchiere Valentino, la boutique per uomo Bertelli (tutti in via Tornabuoni), Zanobetti in Orsanmichele, la merceria Cinque Lampade in via dei Pucci, l’argenteria Cavurotto in via Cavour, la storica libreria Marzocco in via Martelli, e poi si potrebbe andare ancora avanti. L’ultimo caso balzato agli onori delle cronache è quello di Raspini, che a luglio ha dato l’addio a via Roma; dalla facciata pendeva uno striscione che diceva “I ragazzi di Raspini salutano Firenze”. Un lungo elenco, non c’è che dire. A qualcuno potrebbero parere quasi dei necrologi, e difatti non mancano i toni allarmistici: «Un altro pezzo di città che saluta e se ne va» scrivono i giornali, «la città perde il suo volto per omologarsi a Hong Kong o Chicago, se continua a cambiare i negozi», dice il vecchio negoziante, e così via. Nostalgia per i tempi andati, per una non meglio specificata “fiorentinità” che si andrebbe perdendo. E forse tanta, troppa, retorica. Il mondo si sta evolvendo, ad una velocità impressionante: cambiano le tecnologie, le abitudini, i consumi; le economie emergenti ribaltano gli equilibri, scienza e
medicina fanno passi da gigante. Non giorno dopo giorno: minuto dopo minuto. Dunque, anche Firenze cambia: non ci spingiamo, presi da slancio positivistico, a dire che sia inopinabilmente giusto (ognuno ha la sua opinione in merito), ma che sia un processo logico – e inarrestabile –, questo è inconfutabile. Anzi, forse il problema è l’opposto: questa città cambia troppo lentamente, fatica a stare dietro al mondo. Tutti sono legati ad un angolo, ad un negozio, ad una bottega della città: ma, se al giorno d’oggi si comprano più telefonini e tablet che libri, se alcuni mestieri scompaiono, se certi negozianti muoiono senza lasciare eredi, è logico che questo incida sull’economia cittadina, come il fatto che comprare una maglietta da Zara convenga di più che non andare alla boutique, che il sushi vada di moda e che comprare un nuovo paio di scarpe “made in China” costi meno che farle riparare da un calzolaio. Ė il mercato, bellezza. Che decide, in maniera implacabile, chi soccombe e chi sopravvive. D’accordo: forse si perde un po’ di romanticismo in tutto questo. Ma ci si lamenta sempre che a Firenze non cambia mai nulla, che è “un museo a cielo aperto”, bello ma noioso, e poi quando aprono nuovi negozi (forse più asettici, forse più impersonali, ma anche luccicanti, efficienti e talvolta utili) non va bene. Ecco il paradosso fiorentino: bisogna cambiare, ma tutto deve restare uguale (uno dei tanti: siamo specialisti, e deteniamo il record mondiale delle lamentele). Intendiamoci: nessuno vuole che la città sia tappezzata di McDo-
le corporazioni delle arti e mestieri non esistono più, e – per fortuna – Guelfi e Ghibellini non si ammazzano più per strada .12
ENGLISHVERSION>>>> «See you at Gambrinus, then?». It feels like a geological age has passed since those times when we used to say it, and probably today young people don’t even know what this means: however, the “Gambrinus” (movie theatre and epic billiard room) has been a point of reference for the entertainment, meeting and social life of various generations of Florentines, and its arches have been a scenario to the history of Florence just as much as the Duomo or Piazza Signoria. The Gambrinus. Today, it doesn’t exist anymore, it’s called Hard Rock Café. One of the symbols of a city that changes, however slowly and never gradually, through fast accelerations and drastic stops. An ideal map of the “no more existing Florence” includes Ricordi, which hosts a Nespresso shop today (even though George Clooney has never showed up here…), Alinari in Via Strozzi, the Caldini library for antiques, the Cascio costume jewelry store, the hairdresser Valentino, the men’s boutique Bertelli (all of these in Via Tornabuoni), Zanobetti in Orsanmichele, the Cinque Lampade haberdashery in Via dei Pucci, the Cavurotto silverware store in Via Cavour, the Marzocco library in Via Martelli, and this list could go on and on. The latest case making the news has been the closing of Raspini, that said goodbye to Via Roma. A long list for sure. To some, this may sound like an obituary, and in fact some alarmed tones don’t fail to be heard: «Another piece of town saying farewell and leaving», the newspapers write, «the town will lose its identity to homologate to Hong Kong or Chicago, if it keeps on changing shops», says the old shopkeeper, and so on. Nostalgia for the past times. And perhaps a lot, too much, rhetoric. The world is evolving at an amazing pace: technology, habits and consumers' culture change; emergent economies are subverting the global balance, science and medicine are making great progresses. Therefore, Florence changes too. Today, we buy a lot more cell phones and tablets than books, some jobs and crafts extinguish, some shopkeepers die without leaving successors, and all this has definitively an impact on the town’s economy. It’s the market, honey. Which decides, implacably, whoever dies or survives. Okay, we are perhaps losing some romanticism along the way. But then we are always complaining that nothing ever changes in Florence, that it is just an “open air museum”, beautiful and boring, and when new shops open it is not ok. This is the Florentine paradox: something has to change, but everything has to stay the same (we are specialists in this, we own the world record for the amount of complaints). Let’s get this straight: nobody wants Florence to be covered by McDonald’s or Starbucks, or a skyscraper to be built in Piazza Signoria. And it is frankly depressing that some historical crafts are disappearing without leaving heirs, or that it is a challenge to find movie theaters in the town’s center. But we do have to go forward. Always. The corporations for arts and crafts no longer exist, and - luckily - the Guelfi and Ghibellini don’t kill each other on the street anymore. “Florence. Evictions and speculations are modifying the face of town”, said the Corriere della Sera on its titles. After Raspini shutting down this year? Or Ricordi last year? No. In 1993. If some things do change, it seems like others never do. •
nald’s e Starbucks, o che venga costruito un grattacielo di vetro e acciaio in piazza Signoria. Ed è francamente deprimente che alcuni mestieri storici stiano scomparendo senza eredi, e che trovare un cinema in centro sia un’impresa (ben venga la riapertura dello Spazio Alfieri: bentornati!); lunga vita agli esercizi storici fiorentini. Ma andare avanti si deve. Sempre, oltre la retorica e la nostalgia.
Le corporazioni delle arti e mestieri non esistono più, e – per fortuna – Guelfi e Ghibellini non si ammazzano più per strada. “Firenze. Gli sfratti e le speculazioni stanno modificando il volto della città” titolava il Corriere della Sera. Dopo la chiusura di Raspini di quest’anno? Dopo la chiusura di Ricordi l’anno scorso? No. Nel 1993. Se alcune cose cambiano, sembra proprio che altre non cambino mai. • 13.
≠
Diversi. Ma non opposti A cura del
Dott. Mario Puccioni Psicoanalista e
Docente Universitario
* Il seguente articolo propone il pensiero libero dell'autore e non presuppone indicazioni cliniche o di carattere scientifico
"Odi et amo”. L’amore è pieno di contraddizioni, inspiegabile: odio e amore sono due facce della stessa medaglia. Una realtà confermata anche da recenti studi scientifici; e quindi non possiamo che prenderne atto, e allacciare le cinture...
P
rima di scrivere il mio articolo, questa volta, ho fatto un piccolo censimento random durante l’estate. Ad amici, parenti, o semi-estranei, di età e sesso diversi, ho chiesto cosa veniva loro in mente quando tiravo in ballo la parola “opposti”. Gli “indagati” hanno prodotto molte idee, divertenti, alcune particolarmente confuse, altre deliranti, ma ho notato che ognuno faceva riferimento, almeno una volta (se non più di una), all’amore (aggiungo io le relazioni e gli affetti). “Gli opposti si attraggono... sì ma non sempre”, “chi si somiglia si piglia… ma poi ci si annoia” etc... Ma la cosa che mi ha colto di sorpresa è che questo tipo di pensieri, pronunciati in modo libero e ad alta voce, facevano accedere, con grande
incertezza, al pensiero opposto lasciando in giro un certo grado di sconforto… resterebbe da capire il perché. Partendo da un presupposto ormai convalidato anche dalle neuroscienze, ovvero che un’immensa parte del nostro processo psichico è inconscio, vi propongo alcune riflessioni sul tema suggerendo di non opporvici (sigh!). “Odi et amo”. Così Catullo descrive in uno dei suoi epigrammi più famosi il contrasto dei sentimenti che l’amore provoca. L’amore è pieno di contraddizioni, inspiegabile, ma proviene pur sempre da una nostra produzione mentale: ad un certo punto ci giriamo per strada, parliamo con una persona, e rimaniamo sconvolti da un Lui o una Lei che niente di diverso hanno (due gambe, due braccia, un naso…) rispetto a tanti altri Lui e Lei, ma che in realtà hanno tutto di diverso dagli altri nel senso che
sono in grado di evocarci elemen- tra la vita (desiderio sessuale e altre ti totalmente nuovi ed affascinanti voglie strane) e la morte (spiegabile quasi come paesaggi solari o lunari: con il termine piacevole di “distruin poche parole attraverso quell’in- zione”, etero ed auto diretta). Per contro ci avviciniamo improvvisa- farla breve noi leggiamo la realtà mente al percetto dell’infinito. Io lei attraverso questo motore interno la amo, forse l’ho sempre amata e l’a- (suddetto conflitto), un bel bi-cilinmerò per sempre (passato presente e drico mosso dai due opposti Eros futuro si incastrano in modo incredi- e Thanatos. Certo è che se uno dei bile nell’evocazione che le proiezioni due cilindri funziona più dell’altro amorose hanno su di noi e sull’altro). le cose cambiano di parecchio. Tutto Catullo comprese che quell’amo- sta nel trovare un bell’equilibrio. re, meglio detto passione, era anche Un tempo la “rettitudine” veniva ininzuppato di una qualche forma di dividuata come la prima strada per odio. Insomma la sfortuna vuole che essere uomini giusti. I greci per primi si divertirono a ci tocchi stare un riflettere sul conpo’ male per potersi cetto di rettitudine amare follemente, i poemi antichi e trovarono una almeno in un priche raccontano descrizione utimo periodo. le gesta di le nel concetto di Oggi la comunigrandi eroi ce moderazione: un tà scientifica ci dà li descrivono uomo retto (dritto) conferma che il posì come uomini si poneva al ceneta aveva ragione. retti, giusti e tro degli opposti. La curiosa scoperPer essere grandi ta è di un gruppo capaci di avere un uomini si doveva di ricercatori del nobile senso di cioè essere giusti, Wellcome Laborarealtà, ma anche moderati, e stare in tory of Neurobioe sopratutto una zona centrale logy dell’University come invasi dalle rispetto alle oppoCollege di Londra passioni ste posizioni. La che hanno indivirealtà estrema e gli duato il cosiddetto estremismi erano “circuito dell’odio” che si associa, a livello cerebrale, a da scartare in quanto adescavano le tutta quella sfera di emozioni positi- menti a pratiche e prese di posiziove o negative che regolano da un lato ne ingiuste soprattutto nei confronti l’aggressività, la paura e la minaccia della società ma in fin dei conti nei e dall’altro il romanticismo e l’amo- confronti dell’uomo stesso. Del resto re materno. Lo studio, pubblicato su però i poemi antichi che raccontano PloS ONE, analizza i meccanismi le gesta di grandi eroi ce li descricerebrali che si attivano con l’amore vono sì come uomini retti, giusti e romantico e spiega scientificamente capaci di avere un nobile senso di reperché odio e amore siano due facce altà, ma anche e sopratutto come indella stessa medaglia che ci fanno vasi dalle passioni, e capaci attravercompiere sia atti malvagi e del tutto so di esse di compiere grandi gesta (guarda caso in guerra ed in amore). irrazionali sia atti eroici. Ma Amore e Odio, Eros e Thana- Altrimenti nessuno li avrebbe letti. tos, sono sempre attivi nella nostra Allora, di ritorno dalle vacanze, posmente: Freud per primo ce lo rac- siamo augurarci buon divertimento contò (rendendosi addirittura con- nel ricercare il miglior equilibrio per to nel 1920 che la sua prima teoria poter leggere bene la realtà (ognuno della mente non andava bene, non la sua) sapendo che in fondo poesisteva un solo principio di piace- tremmo ritrovarci o nei panni di un re nelle nostre “capocce” bensì due) grande eroe quale Ulisse o in quelli descrivendo il processo mentale (in- di un altrettanto meno eroe come conscio e anche un po’ conscio) co- Woody Allen. Diversi ma non opstantemente vitalizzato dal conflitto posti. •
ENGLISHVERSION>>>> Last summer, before writing this article, I interviewed some friends, relatives, strangers, of diverse sex and age, asking what the word “opposites” made them think about. All of them referred, at least once, to Love, but then, when asked to articulate their thoughts into words, ended up in uncertain and contradictory sentences… «Opposites attract each other… yes but not all the times», «People with similar tastes usually get together… but sometimes end up being bored of each other». For we know that most part of our psychic processes is unconscious, here are some considerations. «Odi et amo»: I hate and I love someone. This is how Catullo expressed the contrast of feelings that Love generates. Love is full of contradictions, it’s inexplicable, but remains a pure mental production. All of a sudden we meet someone that completely subverts our life: he/she doesn’t have anything different from anyone else (two legs, two arms, a nose…), but at the same time we feel like that person is absolutely irreplaceable. Meeting that one person gets us closer to the concept of infinity (I love her, I’ve probably always loved her and I always will). Catullo understood that that feeling, better defined as Passion, was soaked in some sort of hatred too. We have to be a bit miserable if we want to be madly in love with someone, at least at the beginning. Today we know, from a research of the Wellcome Laboratory of Neurobiology in London, that the so-said “hate circuit” is associated, on a cerebral level, to that area of our brain where positive and negative emotions are, and which rule aggressiveness, fear and threat but also romanticism and maternal love. This research (published on PloS ONE) analyzes those cerebral mechanisms activated by romantic love and scientifically proves that they’re also related to hatred, explaining how we may behave both in an evil and heroic way under their effect. But Love and Hatred are always present in our mind: Freud told us about this, he explained that our mental processes always are subjected to our inner conflict between life (sexual desire, for example) and death (destruction). Basically, we live our daily life through this inner bi-cylindrical engine operated by the two opposites Eros and Thanatos. Problems arise when one of these two cylinders works more than the other: most important is to find equilibrium. For the old Greeks, a moderate man was right in the middle of the opposites, and being a moderate man meant being a great man, but at the same time Greek poems are all about great heroes invaded of great passions, and consequently capable of great things. Still, they’re described as moderate men with a strong sense of reality. In the end, what we should wish to ourselves is to find the good equilibrium to properly “read” our daily reality, knowing that we could all be both Ulysses and Woody Allen. Different but not opposite. •
15.
Informazione e ricerca sui tumori: l’Associazione Giacomo Onlus in prima linea. Per una battaglia che non finisce mai Trovare la forza di andare avanti, e trasformare una tragedia nella ricerca di qualcosa di positivo. Ė quello che ha fatto Giovanni Cruschelli, presidente e fondatore della Associazione Giacomo Onlus, dopo il dramma che gli ha cambiato la vita. E adesso, grazie alla ricerca e all’informazione, potrà essere il suo lavoro a cambiare la vita degli altri. Testo a cura di Marco Provinciali
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uesto articolo è uno di quegli articoli che scrivendolo ti passano per la testa miliardi di idee, di cose e pensieri; sì perché mentre tutto scorre nella sua normalità e la vita ti mette di fronte piccoli muri, talvolta enormi palazzi, capita purtroppo sempre più spesso che da un giorno all'altro questa d'improvviso s'interrompa e repentinamente pigli una strada che non avresti mai voluto che prendesse. Ed allora prima di addentrarci nel cuore di quel che vogliamo raccontarvi, facciamo un bel "fagotto" delle problematiche futili ed inutili per liberarci la testa e capire come si possa trovare un padre in quel giorno x della
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vita, che non dovrebbe toccare mai a nessuno e che rappresenta invece una realtà sempre più in evoluzione con la quale capita purtroppo di entrare a contatto, una realtà da scoprire e conoscere per essere affrontata come si fa con i nemici più astiosi. Quel giorno è un giorno di merda, un giorno indelebile, è la sassata violenta contro il vetro della vita, contro quell'oblò da cui fino a quel momento avevamo osservato lo scorrere delle giornate, è un rumore «ogni tumore è diverso sordo ed improvviso che ti lascia senza dall'altro ed avrebbe fiato, che ti fa sedere sulla sedia e ti fa bisogno di una terapia guardare dritto verso il vuoto, mille personalizzata per strade da prendere, la disperazione o la essere curato» lotta, lo sconforto o la sfida.. Ecco forse queste emozioni vanno prese tutte
insieme per assorbirle e trasformarle in energia interiore, per mettersi i guantoni ed alzare la guardia contro quel nemico arrogante che senza un perché ben preciso è venuto a rompere i coglioni proprio a noi. Usiamo un linguaggio crudo perché cruda è la rabbia che ti assale alla scoperta di questa nuova sfida; per parlare di questo e per capire quale sia la strategia migliore per affrontare questo avversario inaspettato, abbiamo intervistato Giovanni Cruschelli presidente e fondatore della Giacomo Onlus, associazione che dal 17 Marzo 2006, giorno del compleanno di Giacomo, suo figlio, lavora sulla ricerca contro linfomi e malattie ematologiche seguendo quella traccia che lo stesso Giacomo (allora studente di farmacia), mentre un linfoma aggressivo lo stava consumando, aveva intuito, tra mille difficoltà, come la strada necessaria per la lotta ai tumori, ovvero "che ogni tumore è diverso dall'altro ed ogni individuo reagisce in maniera dfferente alle terapie, per questo sono necessarie le terapie personalizzate”. Signor Cruschelli in che cosa consiste la ricerca dell'associazione? "L'intuizione di Giacomo si è concretizzata nella ricerca. Ci occupiamo della ricerca sui linfomi, hodgkin e nonhodgkin, tumori del sangue che possono presentarsi in oltre sessanta differenti tipologie; quindi i nostri studi si concentrano sulla ricerca dei marcatori genetici per la differenziazione delle terapie e per rendere più efficienti ed efficaci le terapie personalizzate. Riconoscere da subito con quale tipo di linfoma dobbiamo lottare diventa di fondamentale importanza per la prognosi della malattia". Oltre la ricerca che cos'è fondamentale per l'informazione dei cittadini? "Più che ai cittadini, l'informazione è necessario che arrivi ai medici di base. È fondamentale una grande collaborazione tra i centri ricerca e le ASL del territorio, più comunicazione passa tra loro, più i medici di base hanno quelle fondamentali informazioni per captare da subito nel paziente un eventuale rischio, per questo è fondamentale la ricerca dell'associazione per scomporre ai minimi dettagli le varie facce di queste malattie, e dare in mano ai medici dei protocolli dettagliati per la
cura specifica del malato. Dal 2006 di strada ne abbiamo fatta tanta, collaboriamo con Università di tutto il mondo ed al nostro protocollo clinico collaborano oggi tutti i centri ematologici della Toscana, oltre alle Università di Pisa, Firenze e Siena. Grandi passi, di cui non possiamo che essere fieri. Oltre la ricerca è necessaria l'informazione, per questo negli ultimi anni ci adoperiamo nell'organizzazione di convegni in cui medici specialisti si incontrano con medici di base, per il fine di cui parlavo prima: ovvero che la conoscenza del lavoro svolto dai ricercatori, quindi le novità diagnostiche e terapeutiche, arrivino direttamente in quegli ambulatori in cui quotidianamente ci rivolgiamo per semplici forme influenzali, che per primo riconosce la necessità di approfondimento diagnostico. Nel prossimo autunno organizzeremo proprio a Firenze un importante convegno sulla ricerca delle malattie ematologiche con il fine di mettere in relazione i ricercatori con i medici di base dell'Asl di Firenze proprio per apportare quella conoscenza di cui ho accennato fino ad ora. Parteciperanno tra gli altri il professor Bosi (responsabile Unità Ematologia a Careggi), il professore Mini (responsabile della ricerca dell'Istituto Farmacologia Oncologica - Firenze), il dott. Castagnoli (primario Medicina Nucleare, Prato), la dott.ssa Dini (Radiologia Careggi), il professor Leoncini (Anatomia Patologica Università di Siena), luminari di questi studi che avranno il compito di trasmettere ai medici partecipanti, informazioni circa le nuove tecniche diagnostiche per permettere con efficacia (nella sfortunata eventualità) di far intraprendere al paziente una tempistica adeguata del percorso di approfondimento specialistico”. L'associazione, come tante altre associazioni, fa un lavoro grande, di notevole importanza per la società in generale, per questo abbiamo pensato fosse giusto ospitarla tra le pagine del nostro giornale, capire che cos'è la ricerca è un buon punto di partenza per affrontare con altri occhi spiacevoli battaglie. •
ENGLISHVERSION>>>> Sometimes in life, all of a sudden, you’re forced to face little walls, some other times giant mountains. It’s in those moments that we need to forget about our daily little problems, and that we should focus on important matters such as how to survive. That horrible day, the day you discover you have a tumour, you just sit there thinking about the thousand different ways you could act and react, between desperation and will to continue. To understand what is the best strategy to face this unexpected enemy, we interviewed Giovanni Cruschelli, president and creator of Giacomo Onlus, an association founded last 17th of March 2006 which does research on lymphomas and hematologic diseases using the same trace that Giacomo (Giovanni’s son) discovered while he was studying pharmacy, just before he found out he had a lymphoma himself. «Each tumour is different and requires a personalized therapy», says Cruschelli. Mister Cruschelli, what does this association’s research consist in? «We’ve been positively carrying on what my son Giacomo discovered. We do research on non-Hodgkins lymphomas: blood’s tumours which affect people in sixty different ways; we then focus on finding out their genetic markers in order to diversify therapies and personalize them. Proper immediate recognition of what type of lymphoma we are fighting against is essential for patients’ life». Besides research, what should people really know? «Actually, those who should really be informed are general practitioners. Cooperation between GPs and ASL (local healthcare assistance point - a division of Italian National Healthcare, ndt) is extremely important. If well trained and informed, GPs could immediately individuate people at risk. We’ve been doing very well since 2006: we collaborate with Universities worldwide and help to organize medical congresses where specialists meet GPs so to spread knowledge. Next fall, we’ll be organizing an important congress about hematologic diseases in Florence where researchers will have the possibility to interact with ASL’s GPs of Florence, and many important luminaries on this particular field will be present». This association, as many others, is doing a very important work for our society, and understanding what research does is a good point to start from, if ever we should face unfortunate events like this in our lives. •
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rosso fiorentino
A Firenze gli artisti sono tutti gatti Quando cala la sera e la città si rende mutevole, caricandosi di ombre e promesse, può capitarvi di incontrarne uno, due, a volte anche tre, se siete fortunati il branco intero addirittura. Si aggirano per l’Oltrarno, affezionati alle sue strade, dove l’idea di tramutarsi ha preso forma al freddo inverno dello scorso febbraio, così che una notte sono diventati tutti gatti. Testo a cura di Martina Scapigliati
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ome gatti si muovono: schivi, flessuosi, languidi. Da gatti si comportano: orgoglio british e falsa rassegnazione slava. Sette vite ciascuno, e c’è chi ne porta il segno. Quando si trovano tutti insieme, fanno una decina di code. Molti di loro arrivano dall’Accademia delle Arti del Disegno, con un bagaglio di titoli prestigiosi. All’attivo hanno almeno una trentina di cataloghi pubblicati, e mostre, riconoscimenti, numerosi premi conferiti. Si parla di grossi talenti a livello pittorico. Tra di loro: Lucchesi, Benegiamo, Dragoni, Cammarano, Zamburru, Di Grande, Gori,
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Mauceri… ma questo è già dire troppo, e comunque non è dire tutto. I gatti coinvolgono, sconvolgono, amano i giochi di parole; soffiano, si stiracchiano, si azzuffano, amano, intuiscono, fanno arte da vent’anni. I gatti non espongono, ma si espongono, vengono da storie di rigida disciplina e disubbidienza, ordine e caos. Trovare artisti di tale calibro, per di più dieci nella stessa generazione, è cosa rara. Fanno avanguardia questi gatti: vogliono raccontare qualcosa e non hanno bisogno di giustificazioni, nel circuito dell’arte contemporanea dove tutto ormai cerca una giustificazione. Il GattaRossa è un progetto al-
ternativo per arti collaterali a Firenze. Ė nato nella nostra città perché, dicono, come base operativa è perfetta, essendo centrale. Le dinamiche del GattaRossa si muovono in opposizione ai parametri e ai sistemi dell’arte contemporanea: gallerie, critici, curatori, immeritevoli e inspiegabili giri, e sprechi di soldi… Contro tutto questo, i gatti visionari sognano. L’idea è quella di un Motel. Dentro, tra le stanze slavate e il sottofondo di automobili in corsa, gli artisti abitano le stanze agitandole, in una dimensione
simile a quella delle realtà spagnole dei condomini alla Almodóvar, con l’unica regola di occuparsi di arti visive. Si entra tramite concorso, in questa struttura, residenza di artisti, che diventerà punto di riferimento a livello nazionale. Ancora il Motel dei gatti non è stato realizzato, ma verrà il tempo. Per ora Firenze non fa che sopravvivere, e a proposito di crisi i gatti parafrasano Orson Welles: dove non c’è niente, è sempre territorio di conquista! Il desiderio nasce da quello che ti fa andare in collera: dalla Svizzera hanno tirato fuori gli orologi, mica il genio! Crisi come partenza: senza crisi il genio non va da nessuna parte. Ora quello che i gatti possono – e vogliono – è aprire la mente e il cuore a chiunque gli si voglia accodare. Il GattaRossa è ormeggiato in attesa di nuova ciurma da arruolare. Basta che tutto quello che viene portato sia come vogliono: pulito, coerente e coraggioso. Certo, l’ingresso sarà meritocratico. Intanto date un’occhiata al Manifesto (www.ilgattarossa.org), è eloquente e evocativo. Visitate il sito, inviate una mail a info@ilgattarossa. org: è fatta. Dopo l’evento di aprile, tenutosi a La Cité di Borgo San Frediano col titolo “C’era una volta il Futuro”, è in arrivo quello di settembre, che partirà da Arezzo con una collettiva sul tema della Bellezza, le indicazioni si troveranno tutte nel sito. Il GattaRossa è sempre in movimento. Arti visive, arti figurative, forme di arte scenica o teatrale: pittura, scultura, video, musica, danza, teatro, architettura, fotografia e stampa. Ma anche avvocati di buone inclinazioni, laureandi, proprietari di spazi utilizzabili… «Il GattaRossa non è solo un progetto, ma una moltitudine di progetti aperti al divenire». Il GattaRossa è un contenitore di progetti. Il GattaRossa è un’istituzione indipendente, contestualizzata in un momento storico. Il GattaRossa non rilascia interviste. •
le dinamiche del GattaRossa si muovono in opposizione ai parametri e ai sistemi dell’arte contemporanea: gallerie, critici, curatori, immeritevoli e inspiegabili giri, e sprechi di soldi
ENGLISHVERSION>>>> When evening falls and the city it is changing, filled with shadows and promises, it may well happen to meet one, two, sometimes three, if you're lucky even the whole herd. They roam around the Oltrarno, loyal to its streets, where the idea of change has taken shape in the cold winter last February, so that one night they have all become cats. Like cats they move and behave. Most of them come from Accademia delle Arti del Disegno, they’ve made exhibitions and have been rewarded. Great painters too. Among them: Lucchesi, Benegiamo, Dragoni, Cammarano, Zamburru, Di Grande, Gori, Mauceri… They do avantgarde: they want to tell us something and they don’t need justifications, in this contemporary art circuit where everything demands justifications instead. It’s called GattaRossa, and it’s an alternative project for collateral arts in Florence. It was born here because, as they say, being in the centre makes it a perfect operation base. They act in opposition to contemporary art’s system: galleries, critics, undeserving turnover… Against all this, these cats dream. There’s the Motel idea. Inside it they’d live in different dimension, sort of Spanish Almodovar’s way flat, under the one and only rule of keeping themselves busy with visual arts. You may join the Motel through a contest, it will become a point of reference for artists on a national level. It doesn’t exist yet but it will, when its time will come. So far Florence is just surviving, paraphrasing Orson Welles: where there’s nothing there’s everything to conquer! Desire is born out of what makes you angry: the Swiss invented clocks, not genius! Crisis is the point where to start from, without crisis genius doesn’t go anywhere. GattaRossa is looking for new recruits, but they’ll be admitted only if worthy. Have a look at the manifesto (www.gattarossa.org). Check their website, send an email to info@ilgattarossa.org. After their event last April at La Cité in San Frediano there’s a new upcoming one in September, which will start in Arezzo and will be focused on the main theme of Beauty. GattaRossa is in constant mutation. Visual and figurative art, picture, sculpture, music, dance, theatre, architecture, photography… “GattaRossa is not only a project, but a multitude of growing projects”. GattaRossa is an independent institution. And it is not available for interviews.•
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Messa a fuoco
Alchemica dei contrari: bianconero per “iniziati” Pochi campi artistici hanno subito negli ultimi tempi una rivoluzione come la fotografia. Il digitale e i programmi di fotoritocco hanno cambiato drasticamente aspetti tecnici e modalità di fruizione dell’Arte che ha ribattezzato la modernità. Eppure la magia alchemica dei contrari (bianco/nero) e l’imperfezione dell’analogico sono sempre più di moda. testo e foto di Sandro Bini
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www.deaphoto.it
esta difficile immaginare come tanti giovani nati a partire dagli anni ‘90 possano non aver mai adoperato una pellicola fotografica, eppure penso che oggi sia giusto e normale così. Ancora più strano che tanti giovani fotografi, anche professionisti, magari espertissimi di “camera chiara” (Photoshop & co.) non siano mai entrati in una Camera Oscura e non abbiano mai sviluppato e stampato un negativo bianconero. Tutto ciò ovviamente non vuol essere un giudizio di valore né tantomeno una nostalgia reazionaria, ma solo un invito, per chi possa averne l’opportunità, a provare il brivido dell’immagine che emerge nella vaschetta del rivelatore, e questo non tanto per motivi professionali (ormai chi sviluppa e stampa da solo il bianconero appartiene a una razza da proteggere) ma per motivi oserei dire filosofici, alchemici e iniziatici. Fino a non molto tempo fa, infatti, molto spesso, la differenza non solo tecnica fra i fotografi la faceva l’esperienza della camera
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oscura (come oggi del resto la fa la conoscenza dei programmi di fotoritocco), e il fatto di sviluppare e stampare i propri negativi rappresentava un discrimine di “casta” e un privilegio indiscusso. Penso insomma, per farla breve, che l’iniziazione ai “misteri” alla Camera Oscura tradizionale in bianconero possa costituire tutt’oggi un’esperienza formativa emotivamente e sentimentalmente fondamentale per un fotografo: un salutare e fondamentale ritorno alle origini della fotografia nella sua fase chimico-alchemica, una sorta di imprescindibile iniziazione al mistero della luce che si fa immagine. Nei suoi approcci fotorealistici del resto la postproduzione digitale (con i software di fotoritocco) altro non fa che riprodurre sul monitor le tecniche della camera oscura classica (in maniera assolutamente più veloce e accurata, in piena luce e senza la puzza degli “acidi”) ma lasciatemi dire che l’esperienza della camera oscura lascia dentro qualcosa di più duraturo e importante. Del resto il ritorno all’analogico che si sta regi-
un salutare e fondamentale ritorno alle origini della fotografia nella sua fase chimicoalchemica, una sorta di imprescindibile iniziazione al mistero della luce che si fa immagine strando in questi ultimi tempi (soprattutto per il bianconero, sia fra i fotografi di ricerca ma anche fra quelli documentari) non va etichettato troppo frettolosamente come una semplice risposta di élite di fronte alla massificante democratizzazione digitale, ma trova valide motivazioni sia etiche che estetiche: la sicurezza storica e documentaria della matrice (il negativo) e l’importanza (anche economica) dello scatto contro il sospetto della manipolazione e della gratuita compulsività dello scatto digitale; la fotografia come oggetto (la stampa) frutto di un lungo processo chimico, fisico, materiale ma anche mentale, contro la velocità e l’immediatezza immateriale del file visto su un display; una magia alchemica dei contrari (bianco/nero) e una imperfezione dell’analogico (la polvere e i graffi sui negativi e le stampe) che l’aritmetica dei bit (0/1) e la fredda perfezione digitale sembrano purtroppo, almeno in parte, congelare. •
ENGLISHVERSION>>>> I can’t imagine how so many young people born in the nineties could never have used photographic films, even though I reckon this is quite normal nowadays. What’s really strange is that these young photographers never got into a darkroom to develop and print a black and white negative. I don’t mean to judge nor to express reactionary nostalgia, I just want to invite those who may get the opportunity to try and feel the thrill of seeing the image emerging from a developer tray. Until not so long ago what really made the difference among photographers was in fact the amount of experience in a darkroom, the ability to develop and print your own negatives was a real caste privilege. What I think is that knowing darkroom’s “mysteries” could be a real formative experience for a photographer, emotionally and sentimentally wise, a comeback to the origins of photography in its chemical-alchemic phase, seeing how light becomes image. Lately, we’ve been experiencing a bit of going back to analogue photography, but this phenomenon should not be considered as a simple snobbish reaction to digital photography. I find that it has valid ethical and esthetical motivations: the certainty of a negative film for each picture; the importance of a single snapshot against the gratuitous compulsivity of digital shoots; picture as a object generated from a long chemical, physical, material but also mental process, against digitals’ displays immediacy; beauty of analogue’s little imperfections (dust and scratches on negative films and prints) that cold digital perfection seems to freeze. • 21.
silenzio//parola
La voce del coraggio. Oltre il silenzio della paura
Coraggio. Giustizia. Verità. Sono parole che hanno ancora un valore e un significato concreto, per Pino Maniaci e la squadra di Telejato, che affrontano ogni giorno il silenzio, la paura e l’isolamento di chi lotta ogni giorno. Contro tutto e contro tutti. A cura di Fiamma Goretti
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ncontro per la prima volta Pino Maniaci per caso, in un programma tv, e mi colpisce subito il suo aspetto: un uomo magrolino, dai baffetti tipici di quei personaggi siciliani d’altri tempi, con due occhi diretti, determinati, ma allo stesso tempo dolci, mentre racconta e spiega al pubblico della sua scelta, estrema e irreversibile, di dedicare la vita al giornalismo antimafia. Sì, Pino Maniaci, rilevando l’attività di telegiornalismo dapprima condotta da Rifondazione Comunista, ma che poggia le sue basi sul lavoro iniziato a sua volta da Peppino Impastato a Partinico, il luogo col più alto tasso di mafia in Sicilia, ha sacrificato la propria vita e la propria famiglia a questa causa: denunciare e mettere la propria faccia al fine di arrestare gli abusi e i soprusi tipici dell’attività il primo giorno sto mafiosa. già conducendo il mio A partire dagli anni Novanta è diventato un simbolo, e un primo TG: un’emozione riferimento, a Partinico e in Sicilia. intensa, quella La comunità lo ama e lo odia come della diretta, e la si odiano gli specchi che riflettono sensazione di stare il meglio e il peggio di ognuno di facendo qualcosa di noi. Quella di Pino è una delle più speciale per gli altri temibili e vulnerabili voci della (se mi permettete) “coscienza
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antimafiosa” che si agita in Sicilia, e che sembra in procinto di dilagare sempre più nei cuori e nei pensieri dei siciliani, seguendo un trend che lo stesso Pino ha contribuito a innescare, e senza dubbio a promuovere: dall’associazione Libera ad Addiopizzo, la ribellione siciliana alla mafia sembra ormai essere una realtà. Decido che una persona così rara, con una passione e una fede così forte nella propria missione, va assolutamente conosciuta. Appena dice in TV che Telejato offre ai giovani la possibilità di fare esperienza nel giornalismo presso la sua emittente, mi metto in contatto con lui, e a metà giugno sono a Partinico, Palermo. Entro nella sede di Telejato e ho la sensazione di essere nel luogo più irreale e allo stesso tempo più autentico che io abbia mai visto. Persone impegnate a montare un TG nel rush degli ultimi minuti, spinte dall’urgenza della diretta, osservandoli si può toccare con mano il fuoco della passione che le spinge a fare tutto questo. Il primo giorno sto già conducendo il mio primo TG: un’emozione intensa, quella della diretta, e la sensazione di stare facendo qualcosa di speciale per gli altri, ossia informarli, su ciò che li circonda e su ciò che può influire sulle loro vite. In effetti, era proprio questo che cercavo: l’esperienza del giornalismo vero, quello che svolge una funzione sociale, e mentre mi
sbaglio nella pronuncia di alcune parole in diretta, mi consolo pensando che ciò che sto facendo mi coinvolge totalmente. Fare interviste di fronte a una telecamera diventa presto non solo facile, ma quasi necessario. La ricerca della verità tramite il giornalismo richiede astuzia, diplomazia, ma anche schiettezza, perché per tirarla fuori, devi giocare allo stesso gioco di chi la vuole celare. E quando scopro di essere sorvegliata dai Carabinieri assieme agli altri stagisti, mi rendo conto che tutto questo non mi fa paura: la verità instilla una vera forza in chi la ricerca, e questo mi aiuta a capire che il coraggio di Pino non è frutto di incoscienza o masochismo, ma della consapevolezza. Mi colpiscono Alessia e Valentina, le due stagiste che trovo all’inizio del mio percorso a Telejato: entrambe diciottenni, con una voglia di fare e un’intraprendenza che raramente ho visto in ragazze di quell’età. Il fatto che Telejato sia un polo di attrazione per giovani un po’ speciali, fuori dal comune, svegli e consapevoli, mi viene confermato nella seconda settimana, in cui ragazzi dai 15 ai 29 anni si radunano a Partinico per provare a cambiare le cose, sostenere un progetto, portare avanti i propri valori. Anche la famiglia di Pino, che ci coinvolge a 360 gradi nella propria
vita, con la moglie Patrizia in prima linea a cucinare ogni nostro pasto, mi dimostra la peculiarità di questa realtà: dalla figlia più grande, Letizia, alla più piccola, Simona, ogni membro è coinvolto e partecipa attivamente all’attività di Pino, compromettendo e, se vogliamo, sacrificando la propria vita per questo progetto. Di antimafia si parla tanto, ma pochi sarebbero o sono in grado di esporsi come fanno i Maniaci. GIUSTIZIA è la parola che mi viene in mente se penso a Telejato. Perché dovremmo stare zitti a subire tutto ciò che ci impongono i cosiddetti “più forti”? Non siamo più forti se stiamo assieme? Partinico è tutta l’Italia, la Sicilia è tutta la Toscana, la “mafia” è un atteggiamento psicologico che si fonda sul perverso meccanismo della minaccia e sulla violenza. Quest’esperienza mi ha dato una svegliata: l’informazione e la conoscenza possono portare luce e speranza ovunque regnino la paura e la strafottenza. E se al Nord la mafia assume tratti più distaccati, gelidi e impersonali, rimane comunque un atteggiamento insito nell’animo umano: compito del giornalismo è renderlo visibile e pubblico, per ridare alla collettività il potere di ribellarsi ad esso, tramite l’insuperabile forza della giustizia. •
ENGLISHVERSION>>>> Pino Maniaci: I first met him by chance in a TV program, he was talking about his choice to dedicate his life to journalism against Mafia. He’s been a symbol since the Nineties in Partinico, Sicily (the place with the highest tax of Mafia activity). People hate him and love him, as they do with mirrors that reflect the best and the worst of each one of us. He’s part of the “anti-Mafia conscience” in Sicily, more and more present in Sicilian people’s hearts and thoughts, following a trend that Pino helped to start: from Associazione Libera to Addiopizzo, Sicilian rebellion to Mafia is a reality. I found out that he gives young people a chance to experience journalism in his local independent television called Telejato in Partinico, known for its anti-Mafia reportages, and I decided to join him. As soon as I got there in June I immediately had the feeling of being in the most unreal and, at the same time, authentic place in the world. Everyone looked extremely passionate about his job and the first day I arrived there I got to speak for the TV news; it was a real emotion, I had the feeling I was doing something special for the others, I was doing something that could affect other people’s lives, which is exactly what I was looking for: an experience of proper journalism which has a real social function. Later on, when I found out the other trainees and I were under surveillance of the Carabinieri I didn’t feel scared: truth gives strength to those who research it, Pino’s courage is a result of his awareness. I met Alessia and Valentina, both 18 years old, and during my second week there new people between 15 and 29 arrived in Partinico to support the project and tried to make a change. Every member of Pino’s family is involved in his mission: his wife Patrizia, who cooked every single meal for us, his older daughter Letizia and the youngest Simona. They all actively take part in his activity compromising and sacrificing their selves. They’re all exposed. JUSTICE is what Telejato is all about. Why should we all be subjected to the so-said “strongest”? Partinico is Italy, Sicily is Tuscany, Mafia is a psychological attitude based on threat and violence. This experience woke me up: information and knowledge can bring light and hope wherever there’s fear and arrogance. Mafia in the north of Italy is more impersonal and detached, but still it remains a common inner human attitude which needs to be destroyed: journalism can make it visible and public giving people the strength to fight it. •
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Ful intervista
GUARDIE E LADRI. NON SEMPRE È UN GIOCO Il carcere: un luogo difficile sia per i detenuti che per le guardie, che ci lavorano a tempo pieno. Una convivenza forzata, raccontata da chi conosce l’ambiente dall’interno. A cura di Jacopo Aiazzi, foto di Paolo Lo Debole .24
I
l carcere è un luogo che pochi conoscono da vicino, un’istituzione “totale” e alienante in cui i detenuti rischiano di regredire e perdere il contatto con la società. Ma se i detenuti sono condannati ad essere reclusi per mesi, anni, se non per tutta la vita, a seconda del reato commesso, com’è la vita di chi lavora in carcere? Esistono effetti collaterali anche per chi, ci passa quaranta ore settimanali, straordinari esclusi? Chiedere ad una guardia che cosa pensa di un detenuto, e viceversa, sarebbe troppo scontato e fornirebbe un’analisi troppo soggettiva, con il facile rischio di cadere nel più classico dei cliché: la contrapposizione tra guardie e ladri. Anche affidarsi ad uno psicologo o un assistente sociale finirebbe col fornire un punto di vista politicizzato. Quindi FUL ha pensato di rivolgersi a un personaggio che avesse libero accesso al carcere ma che fosse estraneo alle sue dinamiche di potere e potesse quindi tracciare un quadro realistico e fedele. Per questi motivi abbiamo incontrato Sara, studentessa ventitreenne di Scienze per l’Educazione, attualmente impegnata nello svolgimento del servizio civile per il Polo Penitenziario Universitario presso i carceri di Prato e Sollicciano. Ciao Sara, ci racconti brevemente in cosa consiste il tuo lavoro? «Mi occupo di fare da raccordo tra il mondo dell’università e gli studenti detenuti: procuro libri di testo, contatto i professori, li accompagno in carcere per colloqui con gli studenti o esami...». Come ti sono sembrati i rapporti tra agenti penitenziari e detenuti? «Per capire i rapporti tra le persone, prima di tutto bisogna considerare dove questi rapporti avvengono. Il carcere è un luogo difficile sia per i detenuti che per le guardie. Pensate al sovraffollamento, è un grosso problema per i detenuti ma anche per gli agenti che spesso si trovano a fronteggiare situazioni di disagio e confusione con strumenti inadatti e scarse risorse personali. Gli agenti sono le prime persone a cui un detenuto si rivolge, anche se non dovrebbe essere così. Il contatto è diretto e immediato. Gestire un’intera sezione che si rivolge a te per qualsiasi cosa richiede un impegno non indifferente. Detto ciò, ci sono guardie – poche – che trattano i carcerati come
Lavorare in carcere, con persone che necessitano di aiuto, è tutt’altro che facile ed è psicologicamente molto faticoso
ENGLISHVERSION>>>> Jail is the perfect example of a Total Institution, as it alienates from society. But as this is true for prisoners, what about the guards? Which are the side-effects for them? This is not an easy field to explore, as asking to a guard what he thinks of a prisoner (and vice-versa) will most probably not generate an objective answer. Because of this we met Sara, a 23 years old student of Scienze per l’Educazione (Science Education, ndt) now doing civil service at Prato and Sollicciano jails, and we asked her a few questions. Hi Sara, can you briefly explain to us what you exactly do? «Basically, I’m a link between university and prisoners who also study: I get hold of textbooks, I contact professors, I go with them to jail for exams or meetings». How would you describe the relationship between guards and prisoners? «To understand relationships among people we should know where they take place first. Jail is a hard place for both guards and prisoners. There’s the big issue of overcrowding, a big problem for guards who have to face situations of chaos and disorganization. Having said that, there are guards who see prisoners as human beings, but most generally they’re considered as criminals who are there to make their life difficult. This may cause guards’ inappropriate behaviours. In Prato jail the guards’ Commander manages to deal quite well in the matter of relationship between guards and prisoners: he’s got a precise idea of how the job should be done and this modernize everyone’s attitude in a positive way». What about Sollicciano instead? «I didn’t spend as much time in Sollicciano as I did in Prato, but it seems to me that the management there is much more conservative. I can say that because to get inside Sollicciano you need to have, in addition to Article 17 (which is necessary to get inside every jail in Italy), also a valid and certified motivation, not required in Prato where they’re more open». And what do prisoners think about the guards? «They either try not to consider them or they see them as enemies. The general attitude is to try to create a good relationship with them, because it may involve favours. Sometimes, in case of people with 20/30 or more years term of imprisonment, friendships may begin». In your opinion, between these two categories, just one of them needs help? «Absolutely not. They both live inside a jail and they both need assistance, for different reasons. Working in a Total Institution, with people who need help is not easy at all and psychologically hard».•
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persone. Ma più comunemente l’agente penitenziario vede nel carcerato solo un delinquente messo lì per rendergli la vita più difficile. Questa difficoltà di gestione, questo modo di vedere i reclusi, può sfociare in comportamenti non consoni al ruolo che gli agenti ricoprono. Nel carcere di Prato il comandante riesce a gestire egregiamente il rapporto tra le sue guardie e i detenuti; ha una precisa idea di come deve essere svolto il loro lavoro e questa sua consapevolezza fornisce un modello esemplare di comportamento per tutti gli agenti». Invece per Sollicciano? «A Sollicciano ho passato meno tempo che nel carcere di Prato, ma si capisce subito
che la gestione è affidata a persone con una mentalità più rigida e conservatrice. E lo dico perché il carcere fiorentino è famoso per questa sua caratteristica. Per esempio, per entrare a Sollicciano si deve essere in possesso non solo dell’art. 17 (quello che regola il volontariato in carcere e l’accesso agli istituti), ma devi avere anche una motivazione valida e specifica, che nel carcere di Prato non è richiesta, in cui c’è più apertura verso l’esterno». E i detenuti cosa pensano delle guardie? «O cercano di non considerarli oppure li vedono come un nemico. L’atteggiamento più diffuso, comunque, è quello di cercare di avere un buon rapporto con loro, in modo da trarne favori. In certi casi,
Agenti Polizia Penitenziaria
soprattutto quando la pena è lunga – 20, 30 anni o l’ergastolo – a forza di passare il tempo sempre a stretto contatto, può nascere un’amicizia tra agente e detenuto». Secondo te, tra queste due categorie, è soltanto una quella che ha sempre e comunque bisogno di aiuto? «No, assolutamente no. Proprio perché entrambe vivono o lavorano all’interno di un carcere entrambe hanno bisogno di essere aiutate. Il detenuto per la sua storia personale, la guardia per il lavoro che svolge. Lavorare in un’istituzione totale, com’è il carcere, con persone che necessitano di aiuto, è tutt’altro che facile ed è psicologicamente molto faticoso». •
Detenuti
Età media Provenienza Sesso
38,6 anni 90% Sud Italia (principalmente con età inferiore ai 35 anni) 89,5% uomini
38,5 anni 50% stranieri (principalmente nordafricani) 96,5% uomini
Titolo di studio Problemi psicologici
Licenza media inferiore e superiore (3,8% laureati) 60,8% (problemi principali: sindrome di Burnout, sindrome ansiosodepressiva, senso di abbandono derivante principalmente dal distacco dal luogo di nascita)
Licenza media inferiore 3,5% (il dato si riferisce ai detenuti che scontano la pena in carcere e non in ospedali psichiatrici giudiziari e non possono usufruire dei domiciliari)
* I dati si riferiscono alla situazione delle carceri toscane. 1- Indagine Ars (Agenzia Regionale di Sanità) Toscana condotta nel 2012, in collaborazione con il Servizio sanitario regionale. 2- Relazione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, Interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia, seduta n.326 del 24/05/2011. 3- Ricerche Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria). 4- Ricerca di Simona Pasquali del 2011 per conto dell’Università di Psicologia di Milano: “Risultati delle ricerche-intervento compiute sul burnout degli operatori penitenziari e successivi interventi di promozione del benessere organizzativo.
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uno straniero a firenze /\ un fiorentino all'estero
Danny
Mi chiamo Danny Wayne Amstrong sono australiano e vivo a Firenze da circa sette anni. Qua sono arrivato per venire a trovare l'amico Iuri conosciuto a Sidney in ambiti di lavoro. Come a molti è successo una volta toccata Firenze e la Toscana, mi sono innamorato dei luoghi (e della mia compagna) e non sono più tornato a casa; anzi ho letteralmente piantato le radici nel capoluogo costruendo qua la mia famiglia, ho un figlio di 3 anni. Oggi, dopo sette anni, lavoro nuovamente con Iuri (il quale nel frattempo è tornato anch'egli dall'Australia) al suo locale, il Vagalume: ristorantino – bistrot in piazza dei Ciompi. Questa è una bellissima cosa… Cosa porteresti a Sidney di Firenze? "Devo scegliere!?!… uhmmm...3 cose: 1- il panino al lampredotto 2- visto che siamo in stagione, i funghi porcini 3- ed infine il mio macellaio di fiducia, al quale farei aprire un negozietto il più possibile vicino a casa mia per continuare a deliziarmi come succede qua a Firenze". Cosa porteresti da Sidney a Firenze? Vi dico che cosa ho portato: oltre ad un po' di vestiti e qualche libro, il mio piccolo giradischi al quale sono molto affezionato e che utilizziamo per il sound del Vagalume. Tutto ciò che Firenze ha e ciò che invece le manca lo sappiamo un po' tutti, quindi con me vorrei sempre ciò che riesce a farmi compagnia. • My name is Danny Wayne Armstrong, I am Australian and I’ve been living in Florence for about seven years. I first got here to visit my friend Yuri, we worked together in Sidney. As it has happened to many, once I encountered Florence and Tuscany, I fell in love with these places (and my partner) and I never went back home: indeed, I literally planted the roots in the centre of Tuscany building my family here; I have a son of 3 years. Today, after seven years, I’m working again with Yuri (who in the meantime has returned from Australia, too) in his restaurant – bistro Vagalume, in Piazza dei Ciompi. This is a beautiful thing ... Q: What would you bring to Sydney from Florence? «Do I have to choose!?! Uhmmm ... .. 3 things: 1 The lampredotto sandwich; 2 - Since we are in season, mushrooms; 3 - And finally my butcher, who should open a shop as close as possible to my house to continue to delight me as it happens here in Florence». Q: What would you bring from Sydney to Florence? «I tell you what I brought: as well as a bit ‹of clothes and a few books, my little record player which I am very fond of and which we use for the sound of Vagalume. All that Florence has and what it lacks we ‹all know, more or less, so with me I always want what can keep me company». • Federico Montani, 33 anni. Vivo a "Barna" ("Barça" è la squadra di calcio!) dal Settembre 2006; non so spiegare bene perché mi sono trasferito, so solo che sono arrivato con la ferma consapevolezza che la parentesi spagnola sarebbe stata breve...sono passati sette anni intanto! Credo che la ragione principale che mi ha spinto a trasferirmi sia stata la necessità di andare via dall’Italia, di allontanarmi da quella che mi sembrava una vita monotona, l’incertezza di un lavoro che non c’era, chi sa, forse anche un po’ di noia... sicuramente partire significava un salto nel buio, farsi una vita lontano, indipendenza! Vivo a Barcellona perché è unica: è una città piena di contraddizioni, eccessi e confusione, che passa da un inverno letargico, buio e noioso a una primavera che esplode di vita, colori e suoni. Ci sono festival come il “Primavera Sound” e il “Sonar” che valgono la pena di essere aspettati tutto un inverno, e poi le mostre e le iniziative culturali... insomma, un continuo fermento di cose nuove. Poi ci sono le persone e gli incontri inaspettati, non è strano infatti sedersi un uno dei tanti caffè di Passeo del Borne e iniziare a condividere esperienze idee e progetti con perfetti sconosciuti. Barcellona è una città aperta al nuovo e curiosa! Cosa porterei da Barcellona a Firenze? Nulla in concreto, certo che Firenze con il mare... Cosa porterei a Barcellona da Firenze? Non ho dubbi: le piazze i vicoli il tramonto sull’Arno, quella sensazione di vivere in un posto unico al mondo, l’olio bono, il lampredotto e piazza Santo Spirito! Federico Montani, 33 years. I live in "Barna" ("Barsa" is 'the football team!) since September 2006; I cannot explain well why I moved, I just know that I have arrived with the firm conviction that the Spanish interlude would be short ... seven years have passed in the meantime! I think the main reason that impelled me to move to was the need to go away from Italy, to get away from what seemed a monotonous life, the uncertainty of a job that was not there, who knows, perhaps even a bit of boredom ... for sure, this was a shot in the dark, it meant getting a life away, independence! I live in Barcelona because it’s unique: a city full of contradictions, excesses and confusion, that passes from a lethargic, dark and boring winter to a spring that is exploding with life, colors and sounds. There are festivals such as the “Primavera Sound” and the “Sonar” that are worth to be expected throughout the winter, and then the exhibits and cultural events ... in short, a constant ferment of new things. Then, there are the people and the unexpected encounters, it’s not rare to sit in one of the many coffee bars of Passeo del Borne and start sharing ideas, experiences and projects with complete strangers. Barcelona is a curious city, open to novelty! Q: What I would take from Barcelona to Florence? Nothing in practice, of course Florence with the sea would be another thing... Q: What I would bring to Barcelona from Florence? I have no doubt: the squares and the alleys, the sunset over the Arno, that feeling of living in a unique place in the world, the oil good, the lampredotto and Piazza Santo Spirito! •
Federico
settembre - ottobre
vi consigliamo
26 settembre – 31 ottobre
Intercity Festival
Teatro della Limonaia
La manifestazione mette in comunicazione ogni anno le città di Firenze e di Sesto Fiorentino con una città del mondo. Quest’anno: Norvegia, Gran Bretagna e Paesi Bassi sono le nazioni interessate. info@teatrodellalimonaia.it info@intercityfestival.it
28 settembre – 1° novembre Musica dei Popoli 2013 XXXVIII Edizione “Danza in Estasi” Il festival Musica dei Popoli www.musicadeipopoli.com
1 e 22 ottobre – 5 e 19 novembre
Aperitivi in musica a Villa Bardini
concerto aperitivo a cura del Conservatorio Luigi Cherubini.
Ore 17.30, aperitivo alla fine di ogni concerto. Prenotazione obbligatoria: Tel. 055 20066206 mg.geri@bardinipeyron.it
3 ottobre
Osservazioni
astronomiche
a Villa Demidoff La partecipazione è gratuita ma a prenotazione obbligatoria e riservata ad un pubblico adulto (min. 15 anni). Per prenotarsi 0552760829
Dal 4 al 17 ottobre
Tempo Reale Festival 2013 Frastuoni e sospiri Universi sonori del lavoro - musica performance installazioni. Limonaia di Villa Strozzi tel. 055717270 cell. 3357063218 prenotazioni@temporeale.it
dal 25 al 27 ottobre
Social Innovation Camp
presso Impact Hub Firenze, il nuovo spazio di sperimentazione e pensiero sull'innovazione sociale. www.sicampfirenze.org info@sicampfirenze.org
Venerdì 8 novembre alle 9,30
Florence: A City of Many Appetites
Conferenza sul ruolo dell'appetito nella storia e nella cultura fiorentina. Cenacolo di Santa Croce FUA, Florence University of The Arts
ful su due ruote*2
Mondiali di Ciclismo: Firenze c’è Firenze capitale. Del mondo. Perlomeno, questo è quello che succederà tra il 22 e il 29 di settembre, quando proprio tra il capoluogo toscano, Fiesole, Pistoia, Lucca e Montecatini – con percorsi che toccheranno varie zone della regione – si svolgeranno i Mondiali di Ciclismo 2013. Testo di Daniel C. Meyer, foto di Tommaso Pacini
P
er motivi legati allo sport, ma non solo, gli occhi del mondo sono puntati su Firenze. Un grande avvenimento, unico, che a sua volta sarà ricco di eventi e manifestazioni correlate (per maggiori informazioni, c’è il sito www.toscana2013.it). E Stefania Saccardi, Vicesindaco di Firenze e Assessore a Welfare, Cooperazione internazionale, Sport e Casa, non nasconde la propria soddisfazione: «Se c’è un territorio che in Italia può vantare tradizioni, campioni, cultura ciclistica, seguito di praticanti e appassionati, questo non può essere che la Toscana, e Firenze in particolare. Gino Bartali, Fiorenzo Magni, Gastone Nencini, Enzo Sacchi, Franco Bitossi, Mario Cipollini, Andrea Tafi, Paolo Bettini, Alfredo Martini, il compianto Franco Ballerini, cui è dedicato questo mondiale, Fabiana Luperini in campo femminile e chissà quanti altri che ho dimenticato e me ne scuso, sono stati i protagonisti che in epoche diverse hanno collezionato trionfi e segnato pagine indelebili in questo sport. Quindi ospitare questo mondiale è un fatto naturale. È come voler scrivere un capitolo che mancava alla storia delle due ruote». Ma c’è di più: «Le buone notizie però non riguardano solo l’aspetto sportivo, ma abbracciano altri settori che trarranno beneficio dall’appuntamento iridato» spiega il Vicesindaco, che entra nei dettagli: «Questo mondiale rappresenta per il territorio una straordinaria opportunità in termini economici, di creazione di posti di lavoro, di promozione e valorizzazione del patrimonio artistico, culturale, architettonico, paesaggistico, enogastronomico. Un evento che porterà sul territorio migliaia di atleti, giornalisti, tifosi e appassionati. Si prevedono almeno 400mila turisti, 1500 operatori della comunicazione da 180 Paesi con 1100 fra testate giornalistiche, tv, radio e web. Uno studio dell’Irpet ha stimato che i mondiali genereranno affari per
«uno studio dell’Irpet ha stimato che i mondiali genereranno affari per 423 milioni euro, il Pil crescerà di 227 milioni con un più 0,07 per cento e oltre tremila saranno i nuovi posti di lavoro»
ENGLISHVERSION>>>> Florence is the capital. Of the world. In fact, between the 22nd and the 29th of September, the 2013 UCI Road World Championships will take place between Tuscany’s capital, Fiesole, Pistoia, Lucca and Montecatini. The eyes of the world are upon Florence. A great and unique event (for more information, see the website www.toscana2013.it). Stefania Saccardi, Deputy Major of Florence and Assessor for Welfare, International cooperation, Sport and Home in Florence, is highly satisfied: «Tuscany, and therefore Florence, is the territory within Italy which owns most tradition, champions, and culture on cycling, which is practiced by amateurs and practitioners. Hosting this event here comes, thus, as a natural thing. It’s like writing a new, missing chapter within the history of the two wheels». And there is more: «This event represents an extraordinary opportunity for our territory, in terms of economy, creation of new job places, promotion and valorization of Tuscany’s artistic, cultural, architectural, environmental, gastronomical and wine patrimony. An event that will bring thousands of athletes, journalists, fans and enthusiasts. We expect at least 400.000 tourists, 1.500 communication operators from 180 countries with 1.100 media representatives between newspapers, TV, radio and
the web. A study by IRPET has estimated that the World Championships will generate business for 423 million euro, the GDP will grow by 227 million with a 0.07 percent and more than three thousand new jobs will be created for this purpose». Immediate advantages, therefore, and in great part related to the period of the event; but not only, as Stefania Saccardi explains: «The Florentine people will benefit from newly paved streets and seven new sport installations for the citizens. These will remain as parts of the city, avoiding the restrictions of the Stability Pact». Positive news. Although this will not be an easy week for the Florentines, however informed on how to handle the event during the previous months. But this doesn’t mean Florence will not be prepared: «The Florentine municipality has prepared an extraordinary plan for mobility, parking, school hours, commerce, transportations, health and social services. During the days of the event we will be mobilizing the Municipal Police, the Civil Protection service and volunteers, whom I already thank for their help. The Florentines will be able to respond to this event with maturity, as they have previously demonstrated. Florence will be under the world’s spotlight and I am certain that the city and its citizens will show their most beautiful side, also on this occasion». •
423 milioni euro, il Pil crescerà di 227 milioni con un più 0,07 per cento e oltre tremila saranno i nuovi posti di lavoro creati allo scopo». Vantaggi immediati, e in gran parte relativi alla durata dell’evento, ma non solo, come illustra Stefania Saccardi: «I fiorentini si ritroveranno 40 chilometri di strade riasfaltate, sette impianti sportivi cittadini, che grazie ai ribassi d’asta per interventi infrastrutturali legati all’evento, sono stati sottoposti a manutenzione straordinaria per migliorarne la fruibilità, il complessivo assetto urbano ne trarrà beneficio. Opere che resteranno alla città, fuori dai vincoli del Patto di Stabilità e realizzate subito». Notizie positive. Certo, per i fiorentini, per quanto messi in guardia da mesi di informazioni, non sarà però una settimana facilissima. Ma, spiega il Vicesindaco, Firenze non si farà cogliere impreparata: «Il Comune di Firenze ha approntato un piano straordinario per quanto riguarda la mobilità, la sosta, gli orari scolastici, il commercio, i trasporti, i servizi sociosanitari. Il piano di comunicazione è stato capillare e continuerà ad esserlo anche nei giorni dell’evento, quando mobiliteremo Polizia Municipale, Protezione Civile e volontari, che ringrazio fin d’ora. I fiorentini come dimostrato in altre occasioni, sapranno rispondere con una grande prova di maturità. Firenze sarà sotto i riflettori del mondo e sono certa che anche stavolta mostrerà il suo aspetto più bello». •
Agenzia Formativa accreditata presso il Ministero della Pubblica Istruzione, la Regione Toscana cod FI0402 e certificata secondo le norme UNI EN ISO 9001
Tecnico delle attività di studio, ricerca e disegno di costumi per spettacoli teatrali e cinematografici 2013-2014 Centro Studi Musica & Arte Attività formativa riconosciuta dall’Amministrazione provinciale di Firenze con Atto Dirigenziale AD 1335 del 10-4-2013
Via Pietrapiana 32 - 50121 Firenze tel-fax 055-3860572 cell. 335-7294972 e-mail: centromusicarte@musicarte.it facebook: centromusicarte
respira che ti passa A cura di Alice Colombini
«... In India si dice che l’ora più bella è quella dell’alba, quando la distinzione tra tenebra e luce non è ancora netta, e l’uomo se vuole, se sa fare attenzione, può intuire che tutto ciò che nella vita gli appare in contrasto, il buio e la luce, il falso e il vero non sono che due aspetti della stessa medaglia» Tiziano Terzani DELIRIO DEL GIORNO Crisi costante, perenne delirio onnipotente. Penso agli opposti e mi viene in mente solo l’equilibrio. Costante sentimento di necessità dell’altro, vuoto. Io chi sono? Cosa voglio nascondere di me? Cosa cerco nell’altro? E tu invece chi sei? Mi vedi? Mi senti? Che odore ho? Insieme che forma abbiamo? Cerco la mia dimensione nell’altro, anzi con l’altro, cerco di essere me stessa, priorità dell’esistenza... io sono con te solo se sento me. Io sono con te e contro di te. Amo le contraddizioni. Amo gli opposti. Paura che l’altro veda che ho paura. Paura della paura, del dolore, di soffrire, di far soffrire. Paura di stare bene. La labilità dei confini tra Sé e l’altro è determinata dall’assenza di un sé chiaramente percepito: se non so chi sono, come faccio a distinguere tra me stesso e l’altro? Questo mi tormenta, dove finisco io e dove inizia l’altro, dove si crea la relazione? Confini, sono necessari dei confini, mi sento sconfinata, sento che posso avere il mio spazio ma al tempo stesso sento di aver paura di farlo. Oscillo tra il “piacere” e il “dispiacere” tra l’affermazione e la negazione, tra il desiderio e il disgusto, tra la certezza e il dubbio. Mi sento un contenitori di opposti. Il mondo è fatto di opposti. Bene e male. Giorno e notte. … infine vita e morte. «nessuna cosa può aspirare ad essere qualcosa in mancanza del suo opposto» Questo significa che ogni cosa ha una fine che nel tempo diventa il suo opposto. La fine del dolore è la gioia, la fine del pianto é il riso. La fine del dolore è quel sollievo per cui non abbiamo una parola esatta. Appena cominciamo a capire che tutta la vita è situata tra gli opposti, cominciamo a capire che cosa controlla gli avvenimenti e che questo equilibrio così tanto ambito e ricercato non è altro che il risultato del lavoro degli opposti. • .30
ENGLISHVERSION>>>> Constant crisis, perennial almighty delirium. I think at opposites and I can think of balance only. Constant feeling of need of the other, empty. Who am I? What do I want to hide of me? What am I searching in the other? And what about you, who you are you? Do you see me? Can you hear me? How do I smell? Together what form do we have? I am looking for my dimension in the other, or rather with the other, I try to be myself, priority of existence... I am with you only if I feel myself. I am with you and against you. I love contradictions. I love the opposites . I fear that one will see that I’m afraid. Fear of fear, pain, to suffer, to provoke suffering. Afraid to feel good. The unsteadiness of the boundaries between self and other is determined by the absence of a clearly perceived self: if I am not who I am, how do I distinguish between myself and the other? This torments me, where do I end and where does the other begin, where do you create the relationship? Boundaries, boundaries are needed, I feel boundless, I feel that I can have my space but at the same time I feel afraid to do so. I oscillate between “pleasure” and “displeasure” between affirmation and negation, between desire and disgust, between certainty and doubt. I feel a container of opposites. The world is made of opposites. Good and evil. Day and night. .... finally, life and death. «nothing can aspire to be anything in the absence of its opposite» This means that everything has an end which in time becomes its opposite. The ending of sorrow is joy, the end of laughing is crying is. The end of pain a relief for which we do not have a word. As soon as we begin to understand that all life is situated between the opposites, we begin to understand what controls the events and that this balance so desirable and sought after is nothing but the result of the work of opposites. •
Alice Colombini psicologa. Psicoterapeuta in formazione presso la scuola di specializzazione Biosistemica, Presidente di Associazione Spontanea www.associazionespontanea.com associazionespontanea@gmail.com
D AT E - S N E A K E R S . C O M .32
FW2013