FLAVIANO GARRITANO _______________
PIA CASA S. ANTONIO Istituto diretto dalle Suore “Piccole Operaie dei Sacri Cuori” nella cittadina di Luzzi (Cosenza) – Italy
Quaderno n. 9 Aprile 2018 Stampato in proprio Online: www.issuu.com
Appunti del convegno storico tenutosi nella sala di rappresentanza del Comune di Luzzi per i cento anni delle suore “Piccole Operaie dei Sacri Cuori” dell’istituto S. Antonio di Luzzi. Sono qui grazie all’invito di suor Raffaella Roberti e parlerò della parte storica, o meglio di com’era Luzzi cento anni fa quando sono arrivate qui le suore e del loro contributo ad aiutare i bisognosi. 1918- 2018, cento anni anni sono passati ed in questo secolo ci sono state due grandi guerre mondiali a cui Luzzi ha partecipato con i suoi figli più giovani e valorosi ed ha pagato con la vita di tanti soldati. Luzzi, quando arrivarono le suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori, era un piccolo paese appena uscito dalla “grande guerra” e vi era la fame, la povertà, l’indigenza, lutti e un analfabetismo che superava il 50%, soprattutto tra le donne. L’Arciprete, oggi Beato, Francesco Maria Greco nel descrivere la sua città di Acri qualche decennio prima, raccontava che si incontravano una moltitudine di fanciulli che vagavano per le vie, sospinti dall’ozio e dalla corruzione e nessuno si preoccupava di dare loro un riparo sicuro contro la miseria, i vizi e i delitti. Questa era la situazione, simile in tutti paesi e nella Calabria di quell’epoca. Quindi si poneva il problema di provvedere alla formazione umana e morale della gioventù poiché in “puero homo”. Nella nostra Luzzi, un secolo fa, c’era un pio e generoso sacerdote, don Michele Campise, che propose di far sorgere un piccolo Ricovero nel diruto ex-convento dei Cappuccini di proprietà della nobile famiglia Vivacqua la quale donò il Convento, la Chiesa e il terreno circostante alla nascente Congregazione “Piccole Operaie dei Sacri Cuori” di Acri, e la fondatrice dell’Ordine suor Maria De Vincenti, oggi Serva di Dio, vi stabilì una casa filiale. Don Michele Campise propose di chiamare questo Ricovero “Pia Casa di S. Antonio” a devozione del padre dei poveri e vi realizzò inizialmente un asilo climatico e un collegio per le orfane di guerra.
Nello statuto della Pia Casa si specifica che dopo l’immane e orribile flagello della guerra con quest’opera si vogliono gettare le fondamenta di un programma di somma carità, con il motto “Providentia Dei” e nello specifico nella Pia Casa vengono accettate orfanelle di tenera età, tra le più abbandonate e prive di entrambi i genitori nonché povere anziane, i casi più pietosi! Sia il Fondatore che la Superiora sin dall’inizio sapevano che ciò che si erano preposti di realizzare era difficile ma confidarono sempre nell’opera e nella volontà del Signore. La cittadina di Luzzi, per quanto economicamente povera, partecipò attivamente alla ricostruzione dell’ex-convento, i soccorsi non mancarono e don Michele Campise non si stancò mai di predicare che “la fede senza le opere è morta”, a tal proposito va ricordata una delle principali benefattrici dell’Istituto: Cherubina Zumpano Possidente, emigrata in America. Don Michele Campise in quest’opera di carità non era solo, in particolare va ricordata la Superiora suor Elena Groccia, di Acri, che fu trasferita a Luzzi il 6 settembre 1940 e vi rimase fino al 1958 per poi ritornare nel 1964. La comunità luzzese era molto legata a questa suora tant’è che il Consiglio Comunale di Luzzi con Delibera 1 n° Prot. 2105 del 21 febbraio 1974 delibera di approvare un tributo d’onore alla Rev.ma Madre Superiora per la sua “… fulgida attività educativa […] svolta lungo l’arco di tempo che abbraccia ormai tante e diverse generazioni di fanciulle”, inoltre “…da suor Elena ebbe origine quel particolare modo d’intendere il processo educativo dell’infanzia”. Ella fu esempio di umiltà e spiritualità della Congregazione delle Piccole Operaie dei SS Cuori, notevoli furono i suoi meriti nel settore
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Per il documento ringrazio Camillo D’orrico.
dell’educazione e dell’assistenza sociale; fu fattiva collaboratrice del parroco Campise e grazie al loro impegno l’opera ebbe successo. Nel 1921 il Servo del Signore, Beato Francesco Maria Greco, scrisse una lettera indirizzata a don Michele Campise in cui ricorda che “L’intelletto d’amore” ispirò l’opera pastorale del parroco Campise. In quello stesso anno, con grande impegno e sacrificio delle suore, venne istituito anche il convitto femminile2 con lo scopo di giovare all’educazione intellettuale e morale delle fanciulle, specie per quelle che volevano conseguire il diploma di Maestre elementari; a tal proposito, in un opuscolo del 1938, rivolto ai padri di famiglia dopo circa vent’anni dall’istituzione, le suore scrivono che hanno “educato tante e tante orfanelle di guerra, oggi spose e madri esemplari, buonissime maestre di taglio e di cucito, ottime maestre elementari, nonché sette candide giovanette hanno indossato l’abito del Signore”. La Pia Casa di S. Antonio sin dall’inizio è stata sempre aperta a tutte le richieste di aiuto di bambini, ragazze a anziani, soprattutto nei momenti più difficili, come in tempo di guerra dando da mangiare a tanti bambini, e tante sono state le suore che ivi hanno prestato, e ancora oggi prestano, la loro opera silenziosamente e per la gloria di Dio.
Luzzi, 21/04/2018
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Nello statuto si legge che “Ora per meglio giovare all’educazione intellettuale e morale ed allo sviluppo fisico delle fanciulli , le Suore, “Piccole Operaie dei Sacri Cuori” non curando sacrifizi, oltre al reparto speciale delle orfanelle di guerra, hanno aperto pure un Collegio Convitto per le fanciulle di civile condizione, specie per quelle che volessero conseguire il diploma di maestre elementari” inoltre vengono ammesse “… le fanciulle di onesta e civile condizione. Non si ricevono prima dell’età di 5 anni”.
Statua lignea di san Antonio all’interno dell’omonima chiesa di Luzzi (foto di Francesco Scarpelli)
Esterno dell’ex- concento dei Cappuccini oggi Istituto san Antonio.
La chiesa di san Antonio con l’Istituto negli anni ’50 del secolo scorso. Foto tratta dal libro “Luzzi, fotogrammi della memoria”