Pag del pollo 49 da Fly Line 2/2015

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Estratto da Fly Line 2/2015

La Pagina del Pollo 49

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L A PAGINA DEL POLLO 49 Roberto Messori

Stesso titolo (la rubrica è sacra, ormai, non si può cambiare il titolo), ma cambio di look: cos’è del resto un pollo, se non un gallo con qualche attributo di meno? Dopo tante puntate il pollo ormai è prossimo al professionismo e di attributi ne ha recuperati a iosa. La rubrica non è più proibita a nessuno, i commercianti ed i giornalisti tradizionali sono in estinzione, i catturatori di trote non esistono quasi più, e neppure le trote sotto misura, giacché si ripopola con iridee gigantone, ed infine non è più vietata neppure ai fenomeni, altrimenti nessuno, me compreso, vi potrebbe accedere. In questa uscita parliamo indirettamente della scelta della mosca, e più direttamente della scelta di una strategia, che dovrebbe dipendere dal livello di “senso dell’acqua” che ciascuno di noi possiede. Cos’altro c’è che determina un’abboccata, oltre alla validità ed alla perfetta presentazione di un artificiale?

Uomini. Insetti che si divorano gli uni cogli altri sopra un piccolo atomo di fango. Voltaire, Zadig o il destino, 1747

Si nasce, ci si accoppia, si muore. Come insetti organizzati, niente di più, niente di meno. Paolo Zagari, Il tradimento preventivo, 2012

Pollo con pesce, 2014. Pixel su monitor 4961 px x 3543 px Fly Line & Picasso.

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ecoli e secoli per capire come ingannare i poveri pesci, studi entomologici, microchirurgia nella costruzione di mosche artificiali, tra poco si arriverà probabilmente a realizzare mosche bio-tecnologiche, già usufruiamo di attrezzature derivate dalla tecnologia spaziale, i nuovi indumenti tecnici fanno scomparire il freddo, il caldo, l’umido, l’impaccio e la pesantezza. Le previsioni meteo ci avvertono per tempo delle condizioni dei fiumi, gli ecoscandagli, anche se limitati ai laghi e al mare, ci dicono dove si trova il pesce, manca solo un piccolo radar portatile per il torrente, ma ci arriveremo. Eppure la sensazione rimane sempre la stessa: noi vinciamo qualche battaglia, ma la guerra la vincono sempre loro, i pesci, per quanto stupidi noi li possiamo considerare. Il metodo più sicuro per prenderne tanti e grossi comunque è stato trovato: basta prelevarli da un allevamento, dove sono cresciuti nella stupidità più totale così che non abbiano difese istintive, ed immetterli periodicamente nei fiumi, in aree ben identificate. Si buttano, si prendono, si rilasciano, si riprendono e quando cominciano a imparare si sostituiscono con altri più stupidi. Questo metodo ce li fa catturare, è vero, ma è anche la conferma che la guerra l’abbiamo davvero perduta, se dobbiamo ricorrere a questi sistemi. I pesci naturali sono troppo difficili. A quei poveri pescatori perennemente sconfitti, ma che cercano sempre la rivincita in ambienti non troppo manomessi, se la propria esperienza è insufficiente non resta che ricorrere a quella dei nostri padri, autori di quelle famose mosche immortali che dovrebbero garantire il successo, a patto di saperle utilizzare. Ma è davvero così?

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Nella rubrica delle lettere della scorsa uscita di gennaio 2015 è apparso uno scritto davvero dissacrante della cosiddetta “teoria della mosca esatta”. Rolando Falaschi, nella sua lettera, demolisce la fondamentale icona della Pam citando svariati esempi nei quali l’idea della “mosca esatta”, intesa come l’imitazione rigorosa dell’insetto che in quel momento è presente nell’aere e, soprattutto, in acqua, viene regolarmente ribaltata dalla sua realtà dei fatti. E suffraga tale esposizione con una moltitudine di esperienze vissute. Realtà nella quale una mosca decisamente assurda, in base ai canoni ortodossi dell’imitatività, rovescia un pronostico ed un risultato negativo. Cose che capitano più o meno a tutti, e che di regola vengono catalogate come “eccezioni alla regola”. Io stesso potrei enumerare svariate situazioni dove una mosca apparentemente illogica ha avuto successo. Illogica per i pesci o per i pescatori? Un episodio lo voglio ricordare. Fiume Idrija, tempi d’oro: fine anni ‘70, poteva essere il ‘76 o il ‘77. Di regola si andava in tre o quattro nell’allora Jugoslavia, ma, anche se tra amici, non si pescava quasi mai lo stesso fiume e tantomeno lo stesso tratto. Troppo costoso un permesso di 7000 lire per dividere il piacere a metà. Temoli socialisti - Quel giorno risalivo la riva destra del grande torrente, sapevo che sull’altra riva c’era Paolo, ma assai più a monte di me. Un lungo tratto di riva impraticabile mi costrinse ad andare più a monte, la vegetazione riparia era stata devastata da una piena e

le piante impedivano l’accesso. Arrivai ad una strettoia caratterizzata da grandi macigni e buche profonde e mi avvicinai per sorprendere, non visto, qualche ipotetico pesce in attività. Mi sporsi appena da dietro un grande macigno che divideva il flusso formando un profondo vortice nel lato esterno della buca e inaspettatamente vidi Paolo sull’altra riva. Non si accorse di me e lo osservai per un po’ dalla mia posizione di cecchino mimetizzato. Era metà pomeriggio e pescavo dall’alba, come gli altri del resto. Non era una gran giornata, per cui ero stanco, svogliato, affamato... insomma, sapete com’è, era uno di quei momenti in cui si è più predisposti a cazzeggiare che pescare seriamente. Paolo invece sembrava concentratissimo, vidi anche i pesci che cercava di prendere: nella profonda buca vedevo bene un grosso temolo seguire il giro della corrente rincorrendo bocconi alla deriva, e in alternanza con lui ce n’erano altri due, bei pesci, circa sui quaranta. Paolo doveva essere lì da un bel pezzo. Il suo affannarsi era inutile: insisteva con dry fly su temoli che, data la situazione (il mio punto di osservazione era davvero perfetto), si alimentavano a mezz’acqua seguendo il cibo ed il flusso del vortice. Li giudicai imprendibili, la ninfa, a quel tempo, era verboten: non sapevamo quasi cosa fosse, tutt’al più si usavano sommerse alate, e mai piombate. Insomma, decisi che potevo permettermi uno scherzo grossolano, un’asinata, per intenderci. Sempre nascosto legai al finale un enorme Alder di Palù,

su amo 10, montata a palmer, roba che acquistai in svendita in un negozio di Ancona (il negoziante neppure sapeva cos’erano, mi disse che erano piumette per il bolentino...), fu nel ‘74. La lanciai in acqua e quasi contemporaneamente mi affacciai sulla buca, come un pescatore sprovveduto che ti rovina la piazza. Pescando in due (erano gli unici permessi venduti in quel giorno), in 20 Km di grande fiume, su rive opposte, in

Nell’archivio non ho trovato immagini del punto dell’Idrija descritto, ma l’ho reperito nel Web, dovrebbe essere questo della foto piccola a sinistra, e la buca dei tre temoli quella a monte del grande macigno a sinistra che esce dall’immagine. S’intuisce abbastanza come sia possibile celarsi a chi si trova sulla riva opposta. A destra un tratto dell’Idrija di poco più a valle di quello dell’episodio raccontato. Per un pescatore a mosca di 25 anni del 1974, trovarsi a pescare in un simile ambiente, senza concorrenza, rigorosamente a mosca per regolamento... Beh provate ad immaginare cosa potesse significare in termini di emozioni.

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tratti lontani per starsene in pace, quell’asinata doveva essere più divertente che fastidiosa. Guardai Paolo, immaginando la sua faccia, la faccia infatti la fece strana, mentre urlava: – Tira! Guardai la buca in tempo per vedere i cerchi della bollata e la coda del temolo che s’inabissava, tirai d’istinto e lo ferrai. Rimandando le riflessioni a dopo, salpai il temolo dopo il conseguente tira e molla, ma non finì lì. Pensate quello che volete, ma con la stessa mosca, nonostante il casino fatto, presi il secondo ed anche il terzo, sotto lo sguardo sconcertato di Paolo e nella mia più assoluta incredulità, seguita da confusione mentale. Poi ne parlammo. Stabilimmo due ipotesi: Paolo ed io non avevamo capito niente di pesca a mosca, oppure quei temoli non avevano capito niente del mondo dei pesci. Il dilemma è tutt’ora aperto. Potrei raccontarne altre di cose bizzarre e dissacranti i sacri principi, ma ancor di più sull’esatto contrario: la diabolica selettività in determinati ambienti e circostanze, con trote che invece i sacri principi li conoscevano benissimo, e li seguivano fedelmente. Come quella volta nel South Fork dello Snake River. Trote capitaliste - È il tipico grande torrente di fondovalle che si pesca solo dalla barca, non esistendo quasi strade. Beaver, la guida che portò il sottoscritto e Tagini

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Eccolo qua, il South Fork dello Snake River. Si vedono due isolotti che formano brevi rami minori che talvolta rientrano nel fiume con piccole rapide.

per 13 miglia a mitragliare il sottoriva di mosche, una sorta di sparare all’ambulanza, per giunta a casaccio, si fece pregare parecchio prima di gettare l’ancora e lasciarci pescare in wading in un tratto dove v’era pesce in attività, trote e whitefish, a noi interessavano le trote. Secondo Beaver non era il modo migliore: nessuno pescava dalla riva, potendolo fare dalla barca e battendo una zona estremamente più ampia e possibilista. Comunque, contenti voi... Ci fece capire. Iniziammo a pescare in un ramo laterale che, nel rigettarsi in quello principale, formava un fine lama animato da trote che prendevano emergenti (lo capimmo due ore dopo). Come avrete dedotto eravamo in un luogo pressoché vergine, in un fiume selvaggio, poco

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battuto, con pesce in attività durante uno sfarfallamento di effimere. Dai e ridai, dopo un’ora di cauta pesca, quindi lanci sporadici, momenti di riposo, celati nella vegetazione o bassi sull’acqua ed in un areale piuttosto ampio dove il disturbo è relativo, solo pochissimi lanci ottennero attenzione, e quasi solo rifiuti o “toccate” tali da lasciare poche possibilità alla ferrata. E le bollate continuavano. Poi si arrivò alla soluzione: fece la differenza una piccola Hare’s Ear emergente su amo curvo (tipo Grub) del n. 16 con in testa la pallina di polistirolo in calza marrone. Con questa mosca furono possibili numerose catture, abboccate franche e ferrate ben più sicure. Una trota infatti rigettò la solita schifezza dove, comunque, erano ben riconoscibili piccoli Baetidae allo stadio di ninfa matura, alcune con le ali più o meno fuoriuscite. Un simile livello di selettività uno se l’aspetta nel Gacka, nell’Unec, in sorgive dove il pesce si confronta giornalmente coi pescatori, ma forse siamo troppo alieni dai fiumi davvero selvaggi per avanzare ipotesi oggettive.

Sotto: creazione sperimentale di pescatore a mosca con elevato senso dell’acqua. Pare che per questi tentativi cerchino volontari, sia maschi che femmine.


Black Silverhorns: a sinistra mosca d’imitazione, o mosca esatta (modello classico di Leonard clonato da Alfeo Busilacchio), a destra mosca impressionista di Renato Cellere. O forse i temoli socialisti sono più stupidi (o più affamati) delle trote capitaliste. Avvezze, per giunta, alla dura vita della frontiera. Insomma, vi sono infiniti esempi dell’uno e dell’altro caso. Esempi dove la sciocchezza più illogica offre il successo ed esempi dove è invece il canone ortodosso più rigoroso a garantirlo. Ma allora? Forse anche i pesci, come noi, di tanto in tanto sentono il bisogno di sfuggire alle regole per la-

sciarsi andare a qualche trasgressione. Potremmo studiare mosche demenziali per trote annoiate. Forse le Chernobyl funzionano così. Io credo invece che esista un complesso di fattori che possono essere, se non previsti, almeno “percepiti”. Forse i tre temoli dell’Idrija ne avevano talmente le palle piene di percorrere quel giro d’acqua (i temoli sono abilissimi nello sfruttare i saliscendi ed i riflussi laterali per spostarsi con la minima fatica possibile) per prendere ad ogni giro un paio di micromoscerini, che alla caduta di un boccone da superdotati non hanno resistito. E forse per le cutthroat dello Snake River la scorpacciata dei piccoli baetidi era talmente attesa e quegli insetti talmente succulenti al loro palato da non desiderare null’altro. Magari è proprio così, ma che ce ne facciamo di una buona teoria dopo il cappotto? Bisogna azzeccarci prima. Ecco, il contesto di questo scritto è proprio finalizzato all’azzeccarci prima. I concetti - Una sorta di decalogo vecchio come Matusalemme prevede una serie di regole alle quali un buon pescatore dovrebbe attenersi. Una delle principali è questa: - Pescando durante uno sfarfallamento è determinante la scelta della mosca, non la presentazione. - Pescando senza sfarfallamento è determinante la presentazione, non la scelta della mosca. La mosca esatta è un concetto chiaro, mentre con presentazione si dovrebbe intendere la capacità di far giungere la mosca finta al pesce esattamente

come si mostrerebbe il vero insetto imitato, con tutti gli accorgimenti necessari finalizzati a non avvertire il pesce della nostra presenza. Su questi due assiomi ci sarebbe da discutere parecchio, intanto perché scorporarli? Senza dubbio ha la sua importanza saper scegliere una mosca opportuna, ma qui, dando parecchia ragione a Rolando, l’autore della lettera, occorre valutare altri fattori. Cerchiamo di individuarli. Il primo fattore potremmo chiamarlo Livello di allarme e lo mettiamo in relazione al timore che il pesce prova quando si alimenta. Il secondo fattore potremmo chiamarlo Livello di vivacità e lo mettiamo in relazione allo stato d’animo del pesce che potrebbe essere spostato verso l’euforia piuttosto che verso l’indolenza, o viceversa. Del resto non è facile convincere a mangiare chi teme d’essere avvelenato, come non è facile convincere un amico depresso ad andarsi a divertire. È vero che tra il Lal (livello di allarme) ed il Liv (livello di vivacità) scorrono dei nessi, insomma, vi sono fili invisibili che li collegano, ma è anche vero che sono due aspetti che originano da meccanismi differenti. Beninteso: non ci sarebbe bisogno di questa dissertazione se tutti fossimo fortemente dotati di quel dono che viene definito Senso dell’acqua. Il più delle volte saremmo capaci di percepire senza tanti ragionamenti il livello di attività del pesce, dove trovarlo e come insidiarlo con efficacia. Ma dato che oltre ai nostri istinti primordiali abbiamo perduto la naturalezza ambientale, ecco

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A sinistra, fiume Gacka, il pescatore (un posato Luciano Manara), lanciando da dietro un erbaio ha catturato, alla prima posa, una trota, bypassando l’allarme giallo. Sotto, proiezione assai ardua: le trote ora sono in allarme rosso, battute su entrambe le sponde e con tre improbabili Pam, ormai arresi, che si limitano ad osservare, anziché spostarsi in zone più tranquille.

che sempre più spesso, in zone poco rimaneggiate, non sappiamo, appunto, che pesci pigliare. E soprattutto come.

Il livello di allarme - Introduciamolo

con un esempio. Fiume Gacka, mese di agosto, livelli medi, pesci che a metà giornata iniziano a bollare a piccoli baetidi, ma solo in zone ristrette da andarsi a cercare. Intravvedo alcune trote che bollano sporadicamente, ma regolarmente, in un tratto dove un sottile canneto mi cela alla loro vista. Non so a cosa bollano, pertanto monto una mosca universale: un Cdc su amo 16. Mi avvicino al canneto con circospezione dopo aver estratto alcuni metri di coda dalla canna, più il finale, e lancio ad un paio di metri da riva, poco più a monte dalla mia postazione tenendo la canna sollevata sul canneto. La mosca cade poco davanti all’ultima bollata e viene presa francamente dalla trota, un’iridea di media dimensione. La salpo e la libero. Poco più al largo, tra linee di alghe semiaffioranti, altre due o tre trote riprendono a bollare con discreta regolarità. Aspetto, sostituisco il Cdc, indugio ancora un po’, poi mi riavvicino al canneto e lancio. Vedo perfettamente il rifiuto, la trota si avvicina alla mosca e scarta via. Magari ha visto un microdragaggio, magari ha visto il finale, magari quello che volete, ma rifiuta. Stessa storia su una trota poco più a monte e più al largo. Considero il posto bruciato. Per usare una terminologia militare, è saltata la mia copertura.

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Bollano ancora, ma so che il loro livello di allarme è passato dal giallo al rosso. In questa situazione rimangono due possibilità: andare a cercare un altro tratto dove sorprendere pesce meno prevenuto, oppure restare lì e applicare gli stratagenmi del caso: mosca più piccola, finale ipersottile, tip ancora più lungo e liquido affondante per l’ultimissimo tratto. Per di più so già che, se anche riuscissi a catturare un pesce, questi sarebbe il più piccolo ed il più stupido. Già non amo finali sottilissimi e mosche microscopiche, ma dannarmi per prendere un pescetto cretino... È vero che potrei considerarlo un corso di apprendimento per pesci inesperti,

ma non sono pagato per tenere lezioni ittiche. Invece andare alla ricerca di una nuova opportunità soddisfa parecchi aspetti: l’istinto del cacciatore, muoversi con circospezione lungo il fiume alla ricerca della preda è di per sé assai piacevole, almeno per me; studiare la situazione una volta individuato un pesce in attività, ed anche questo è un piacere aggiuntivo; poi, l’eventuale successo, è certamente foriero di tutt’altra soddisfazione. Lo vedremo tra qualche paragrafo. Però abbiamo considerato l’esempio di bollate sporadiche in sfarfallamenti estivi di piccoli insetti e di regola poco intensi, oppure di prese di ninfe che si muovono tra le alghe o discen-


dono con la corrente, casi che muovono nel pesce attività moderata e solitamente circospetta. Ben diversa è la situazione primaverile, o autunnale, con sfarfallamenti importanti che il pesce attende da una stagione. In dette situazioni vale invece la pena d’indugiare nello stesso posto cercando la mosca giusta e curando che sia davvero imitativa. Il pesce dimostra un livello di attività più intenso, sa che cerchiamo di fregarlo, ma continua ad alimentarsi in competizione coi colleghi. Possedere una mosca ben fatta e soprattutto imitativa qui è fondamentale. La foga di riempire la pancia è tale da abbassare quello che sarebbe un allarme rosso ad allarme arancio. Si continua a pescare finché si cattura, poi quando le abboccate calano si può smettere e spostarsi. Ecco, questo è il solo caso dove la mosca è davvero importante, finché dura. Tra i due casi descritti esiste uno spettro di situazioni che ci avvicina all’una o all’altra, e valutare l’opportunità d’insistere è prerogativa del pescatore. Abbandonare pesce in attività, ma decisamente difficile, per cercarne altro meno allarmato, oppure continuare ad oltranza? Un dubbio amletico. Pertanto il livello di allarme va percepito. Significa capire fino a che punto vale la pena pescare e se i nostri accorgimenti possono far breccia nelle difese del pesce. Sono i casi nei quali la mosca esatta resta il punto determinante, giacché il pesce sta ben attento a non uscire dal seminato: sa bene che può fidarsi solo dell’invertebrato che sta mangiando e che una piccola differenza significa pericolo mortale. Stalker in azione - Se invece optiamo per incamminarci lungo la riva erbosa alla ricerca di zone e prede meno disturbate, la nostra azione diventa una e vera propria caccia in agguato, diventiamo degli stalker. Nelle sorgive, in assenza di sfarfallamento o alla ricerca di una zona con pesce in attività, se proprio si è in una situazione di calma piatta e totale pausa alimentare in superficie, non resta che ripiegare sulla ninfa, tecnica di pesca

Nelle sorgive, in assenza di sfarfallamenti, occorre percorrere le rive alla ricerca di pesce in attività, entrando in azione con la massima circospezione: al minimo segnale il pesce, se non è un pescetto da quattro soldi, scomparirà.

di regola direttamente proporzionale al costo del permesso pagato, specie se il fondo è ricoperto da erbe acquatiche. In alternativa, si vaga alla ricerca di qualche trota isolata che ha trovato una piccola fonte di cibo. Una volta individuato un pesce in attività si diventa dei cecchini. Prima regola: non ci deve assolutamente avvertire. Seconda regola: occorre osservarlo per capire cosa sta prendendo e con che ritmo. Terza regola: stabilire da dove e come lanciare affinché la mosca gli pervenga senza dragare. Non sempre tutto questo è possibile, anzi quasi mai, pertanto c’è una quarta regola: agisci bene quando puoi e male quando devi, quindi invariabilmente male. Se non fosse così li prenderemmo tutti. Il resto è un problema vostro: è impossibile analizzare ogni situazione, trattandosi di un numero infinito. Può aiutare se il pesce è attivo vicino a riva, dove possiamo individuare quali terrestri sono più frequenti. Se è al largo si opterà per un invertebrato acquatico, se

in superficie non si vede nulla e le bollate non fanno bollicine si monta un’emergente... Insomma, cercate una logica. Oppure una mosca di rottura, come la caduta accidentale di un bombo, o di un coleottero. Il pesce isolato in azione si sente tranquillo, ha trovato una piccola pacchia locale e probabilmente si sente fortunato, e ad un pesce fortunato è facile che cada quasi in bocca un buon boccone inaspettato. La sfiga arriva dopo. Dimenticavo: questo pesce, se disturbato, scompare. Se nelle lente e ricche sorgive piuttosto battute il pesce si alimenta durante gli sfarfallamenti anche in presenza del pescatore, ben diversa è la situazione nelle acque torrentizie. In torrente - In torrente, salvo il caso di riserve turistiche, dove ciò che stiamo blaterando non serve a nulla, le cose sono molto diverse. In torrente un pesce che avverte la presenza del pescatore semplicemente, come i pesci isolati nelle sorgive, scompare. Ma anche qui le cose non sono così semplici. Non è raro l’evento di un pesce forato che dopo un po’ si rimette a bollare, e succede anche di lasciargli la mosca in bocca con la prima maldestra ferrata e poi di recuperare l’artificiale, perché quel coglione si fa riprendere poco dopo. Certo sono eventi rari, ma non unici. Probabilmente sono avanzi di semina... I torrenti sono più avari di cibo

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delle sorgive e chi ci vive (il pesce) lo sa bene: qui la fame è un’ossessione continua. Ed i rari momenti di abbondanza alimentare non possono essere lasciati svanire. E la corrente veloce? Un boccone va preso subito o è perduto. Oppure è perduto il pesce. Prendere o lasciare! E in fretta. Il torrente non è frequentato da filosofi o artisti in cerca d’ispirazione, da studentelli che marinano la scuola, da ragazzine che colgono fiori, casalinghe che fanno shopping o pensionati che vanno a radicchi, neppure fungaioli e cacciatori li frequentano; in torrente ci vanno solo i pescatori, e le perturbazioni che inducono allertano il pesce più di una lenza del n. 8 che cade sulla superficie di una lenta sorgiva. Un movimento umanoide lungo le rive è subito riconosciuto, passa l’appetito, meglio raggiungere la tana più vicina e starsene ben quieti. Il rumore dei passi sulla ghiaia, le fronde smosse, l’ombra, la canna che sporge, il movimento sulla riva, il volteggiare di coda e finale, il vociare, colori e riflessi anomali, il telefono che squilla, l’uccello che “grida” per distogliere l’intruso dal nido... Tutto induce perturbazione e allerta il pesce, a cominciare dal più grosso fino alla trotella sot-

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In linea di massima il pesce si colloca, relativamente alla stagione, in nicchie abbastanza identificabili, in funzione della temperatura dell’acqua, dei livelli e della disponibilità di cibo e ossigeno. In INVERNO, e solo nelle ore più calde, esce dai fondali e prova a cercare invertebrati a fine buca, dove l’acqua è bassa ed i raggi del sole qui possono far sfarfallare i primi insetti. A PRIMAVERA si colloca appena fuori dei flussi veloci della corrente, quindi nei giri d’acqua presso le rive e dietro i macigni e gli ostacoli, ma è pronto a rincorrere prede alla deriva che passano in corrente. Tale tendenza lo porta, inoltrandosi nella bella stagione, sempre più a sfidare i flussi veloci, fino a limitare in piena ESTATE la ricerca di cibo nei pochi sfarfallamenti residui, di regola all’imbrunire, o pres-


so la vegetazione riparia nei punti più ombreggiati sotto le cascate che riossigenano l’acqua, in attesa della caduta di qualche insetto terrestre. In AUTUNNO il ciclo riparte, ma il pesce può trovarsi ovunque: deve caricarsi di energia per affrontare l’inverno e l’impegno riproduttivo. In autunno sono le perturbazioni ed i nuovi sfarfallamenti a dirigere la scena. I torrenti in queste pagine sono, in sequenza stagionale, dall’inverno: l’Astico, l’Idrija, il Gardiner (Yellowstone, il Pam in azione è Pietro Garbolino) ed il Leno di Terragnolo, il Pam è Enzo Bortolani.

dosi tra loro, e le specie sono di regola più numerose di quelle presenti nelle sorgive, inoltre vi è una quantità rilevante di insetti terrestri che ne popolano sponde e vegetazione riparia, se a questo aggiungiamo che gli sfarfallamenti sono sempre molto localizzati e non coinvolgono mai grandi quantità di individui, si spiega come sia piuttosto improbabile l’elevata selettività del pesce nel contesto delle specie. La selettività, semmai, è per la credibilità della mosca, non per l’insetto rappresentato. Qualunque insetto imiti, anche se in modo impressionista, lo deve imitare bene. A differenza della sorgiva, dove se non si vede né pesce né attività le speranze sono vane e di regola non si “pesca l’acqua”, in torrente si pesca l’acqua come procedura ordinaria. Non si aspetta la schiusa, non si lancia solo su pesce che bolla, non si risale tra sassi,

to misura che si mette a bollare giusto quando ci affacciamo sulla lama, perché le altre se ne sono già andate lasciandole il campo libero, e lei è ancora stupida. La prendiamo e consideriamo che siamo bravi Pam, ma che in quel torrente ci sono solo trote piccole... Il torrente, rispetto alla sorgiva, ha estrema variabilità meteorologica, di livelli e di temperatura, ed ovviamente anche di quota. Risalendo la valle gli sfarfallamenti ritardano, sovrapponen-

macigni e pareti di roccia per individuare una trota da insidiare, se capita tanto meglio, ma qui si lancia l’artificiale in ogni zona dove questi possa galleggiare anche solo per pochi decimetri, se dry fly, o derivare sotto tensione della lenza se wet fly. Pescare sul pesce significa lanciare la mosca ad un pesce preciso che abbiamo individuato, pescare l’acqua significa lanciare la mosca dove, secondo il nostro intuito, potrebbe esserci un

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pesce. Si definisce anche “in caccia”. Ma dove potrebbe esserci un pesce? Queste zone cambiano in funzione del periodo stagionale e delle variabili citate. Ad esempio ad inizio stagione il pesce se ne sta ancora nelle buche profonde, per spostarsi nelle ore più calde, se i livelli sono bassi, verso fine buca o fine lama, con poco fondo, a cercare i primi insetti, di regola ditteri impalpabili, o le precoci needle fly. Avanzando la primavera, se l’acqua non è di neve, lo si ritrova anche fuori dalle buche, ai lati delle lame dove l’acqua è frenata dalle sponde. Ancora più avanti, coi primi veri tepori e la scomparsa dell’acqua di neve, è più disposto ad affrontare la corrente, quindi nelle zone dove un ostacolo crea un piccolo riparo, da qui scatta nei flussi veloci dove, finalmente, trova quell’alimento che prima reperiva solo in zone calme e profonde. In tutte queste situazioni occorre scegliere la mosca più opportuna, ma se nelle sorgive il riferimento era entomologico, qui il riferimento è la galleggiabilità (se si pesca a secca), la dimensione, il colore e la tipologia, da armonizzare con livelli, trasparenza dell’acqua e meteo (cielo coperto o sereno). Con livelli alti la corrente è più veloce ed il flusso più perturbato, Se è comunque tale da consentire la dry fly, questa dev’essere ben galleggiante, con montaggio a palmer o con largo parachute. Ma di queste cose abbiamo già scritto più volte, qui non si discute di scelta della mosca in relazione alla meteo, ai livelli o agli sfarfallamanti, ma in funzione del Lal e del Liv. In torrente occorre fare di tutto per non attivare nei pesci il Lal, il livello di allarme. Bruciata una buca o una lama, non resta che procedere a monte. Si fa come nelle sorgive quando il Lal è al massimo e non possiamo più prendere nulla. Mentre il Lal nelle sorgive è affrontabile, è un handicap irrisolubile in torrente. Del resto è per questo che è d’obbligo la pesca di movimento: ogni tentativo fruttuoso o infruttuoso brucia la postazione.

Il livello di vivacità - Il Liv è caratterizzato da due aspetti, uno stagionale ed uno giornaliero, quello stagionale lo 34

possiamo interpretare come una doppia parabola in un sistema cartesiano che parte da quasi zero a gennaio, ha il suo apice a primavera inoltrata, al cambio tra maggio e giugno, riprende ad abbassarsi tra luglio ed agosto per poi ricrescere con una seconda cuspide in settembre e svanire infine in dissolvenza tra ottobre e novembre, quando le canne sono appese al chiodo, o dovrebbero esserlo, uscite tardive a temoli a parte. Forse la identifica bene il dorso di un cammello, con le sue due gobbe. Chi pesca solo in primavera può utilizzare un dromedario. E il Liv giornaliero? La linea che segna gli alti e bassi stagionali è un po’ come quella che caratterizza il mercato azionario: nelle sue ampie curve procede comunque a zig zag, queste escursioni negative e positive identificano il Liv nelle uscite di pesca. Immagino vi sarà capitato, nella carriera alieutica, almeno una volta, di trovarvi in condizioni estreme: pesce in attività frenetica con catture continue nonostante l’azione di pesca insistente. Giornate rare e certamente memorabili. D’altra parte vi sarà anche successo di arrivare sul fiume in un periodo stagionale buono, ma di non battere chiodo. Niente pesci, niente attività, lanci a vuoto e artificiali che derivano senza speranza, e niente insetti, oppure, peggio ancora, sfarfallamenti completamente ignorati. Non possiamo sapere cosa rende euforici i pesci, ma possiamo immagi-


Il grafico è tratto da “I macroinvertebrati nella sorveglianza ecologica dei corsi d’acqua” di P.F. Ghetti e G. Bonazzi, esso mostra gli sfarfallamenti primaverile e autunnale del genere Baetis. I numeri romani nell’asse delle ordinate rappresentano i mesi dell’anno, l’asse delle ascisse riporta il numero di individui. I rombi identificano i momenti di sfarfallamento, le cuspidi gli organismi alla deriva che abbandonano il fondo per portarsi in superficie e che, naturalmente, precedono lo sfarfallamento. Per il Pam il grafico potrebbe indicare quando pescare a ninfa appesantita, per poi passare alla ninfa a mezz’acqua, poi di superficie, poi le subimmagini, infine le immagini, ma le cose non sono così semplici, il grafico mostra fasi temporali mensili, mentre le scelte devono essere fatte in giornata e variate in funzione degli orari. Poi subentra la micrometeorologia, quella che ci coinvolge direttamente, ed è qui che il “senso dell’acqua” può avvicinarci ai veri accadimenti del momento, al di là di ciò che possiamo osservare direttamente: ninfe mature, insetti in sfarfallamento o nell’aere per i voli nuziali o l’ovodeposizione. È interessante la linea tratteggiata, che mostra la dimensione delle ninfe. narlo, pur senza certezze. Presumo siano le stesse cose che rendevano euforici i nostri lontani antenati, ed un pochino ancora noi, che ne abbiamo, nonostante tutto, ereditato i geni. Con antenati non intendo il sapiens, il neanderthal o l’australopiteco, ma quelli ancora precedenti, esclusi i protozoi ciliati, che alle medie mi fruttarono un’insufficienza in scienze.

Conseguenze di un eccessivo livello di vivacità nei popolamenti ittici.

Io ad esempio sono contento quando ho fame e mi siedo ad una tavola imbandita. Sono contento quando, dopo giorni di nebbia e tempo plumbeo, il vento da Nord spazza via tutto e mostra, dal centro della pianura Padana, le cime delle Alpi e degli Appennini. O quando un temporale improvviso si dissolve magicamente lasciando solo un vivido arcobaleno tra cumuli in dissolvenza. Ma soprattutto sono contento quando vedo l’acqua limpida, limpidissima, sia in sorgiva come in torrente. E sono contento quando monto la canna osservando una trota bollare. Sono contento anche in tante altre occasioni, ma non fa testo: le trote riproducono una sola volta all’anno, d’inverno. Arrivate sul fiume in primavera e osservate l’acqua limpida, l’atmosfera tersa, il livello medio o leggermente alto, percepite la vitalità dell’ambiente, i colori sembrano più vivi... È difficile che in simili giorni il pesce resti indifferente al cibo, nella sua disponibilità

“standard” della fase stagionale. L’altro lato della medaglia sono le giornate opache, con foschia atmosferica dovuta ad inversioni termiche o copertura grigia uniforme, acqua che appare plumbea, colori spenti, giornate insomma meteorologicamente depresse che precedono le perturbazioni. Ma una volta passata la perturbazione torna l’alta pressione, i livelli calano, l’acqua ridiventa limpida... Ecco i momenti più favorevoli: il piacere e l’abbondanza dopo la piena, la paura e la fame. Già noi siamo meteoropatici, figuriamoci i pesci, il cui cibo dipende dal tempo. Pertanto il Liv è connesso prima alla situazione stagionale, poi a quella meteo, ma soprattutto al livello di stress indotto dalla predazione, e su pesce stressato è sempre arduo pescare. Potrebbe essere utile, prima di legare la mosca al finale, consultarsi con uno psicanalista, ma anche per i pesci, a parte che parlano poco o niente, sussiste il segreto professionale.

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