AUTORI
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PASQUALE VITAGLIANO SYLVIA PLATH
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MIRELLA CRAPANZANO
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ALDA MERINI
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FEDERICO FEDERICI
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FEDERICA NIGHTINGALE
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DAVID BLAINE
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Il cibo senza nome Questa casa non ha odore,
non dico il sugo, la frittura, il calore, che sarebbe kitch; dico che non si sentono passi dietro i tavoli, sulle tovaglie, sopra i divani, fuori delle stanze. Non posso dire la differenza, come gli inglesi, tra casa e casa, perché camere e cucina non siano solo mattoni, intonaco e cellofan, ma anche terra, ventre e fame che si sazia alla fine della vita sui muri fino ad annerirli e a farli puzzare delle nostre giornate. E invece questa casa è una rimessa, i cartoni, le scatole di cibo senza nome al posto dei libri sugli scaffali dismessi, le foto senza alcun luogo, i quadri senza soggetto, la polvere che ti mangia tutto.
Mi resta il bagno, utile e integro come una cesta. Il disprezzo
Non è affatto calmo questo caos, rifluisce alla sua natura di intemperie, di disordine che non si lascia a freno, che si porta come calce nei palmi. Non è cinematograficamente corretta questa inconsolabile lotta contro il petto, senza alcun motivo musicale, amputata di ogni colonna sonora che ti batteva nella testa, ed ora sprofonda sorda nel ricordo. L’ hai presa da dietro la voglia di farla finita, un’eclissi carnale che ti spegne come la terra messa a tappeto da un siderale sole notturno che rimbomba come uno sparo in una camera chiusa.
A biliardo
Ho giocato con te come su un panno verde, fino a strapparlo con la stecca che colpiva la palla rossa numero tre
che non andava in buca, ma balzava di sponda in sponda come una frusta nera che batte pazza la terra
Pasquale Vitagliano ©
I’M VERTICAL I’m vertical But I would rather be horizontal. I am not a tree with my root in the soil Sucking up minerals and motherly love So that each March I may gleam into leaf, Nor am I the beauty of a garden bed Attracting my share of Ahs and spectacularly painted, Unknowing I must soon unpetal. Compared with me, a tree is immortal And a flower-head not tall, but more startling, And I want the one's longevity and the other's daring. Tonight, in the infinitesimal light of the stars, The trees and the flowers have been strewing their cool odors. I walk among them, but none of them are noticing. Sometimes I think that when I am sleeping I must most perfectly resemble them-Thoughts gone dim. It is more natural to me, lying down. Then the sky and I are in open conversation, And I shall be useful when I lie down finally: Then the trees may touch me for once, and the flowers have time for me.
SONO VERTICALE Sono verticale Ma vorrei piuttosto essere orizzontale. Non sono un albero con le radici nella terra A succhiare minerali e amore materno Così che ogni Marzo che viene io possa luccicare in una foglia, e nemmeno sono la bellezza di un’aiuola del giardino ad attrarre la meraviglia d’essere dipinta in modo spettacolare, inconsapevole che dovrò presto perdere i petali. Paragonato a me, un albero è immortale E la corolla di un fiore non alta, ma più sorprendente, e io è la longevità dell’uno e l’audacia del’altra che voglio Stanotte, nell’infinitesimale luce delle stelle, gli alberi e i fiori hanno sparso il loro fresco profumo. Ci passo in mezzo, ma nessuno di loro pare accorgersene. Talvolta penso che mentre dormo forse rassomiglio a loro nel modo più perfetto – con i miei pensieri andati in nebbia. Mi riesce più naturale stare sdraiata. Così il cielo ed io siamo in conversazione aperta, e sarò utile quando rimarrò stesa per sempre: allora forse gli alberi mi toccheranno per una volta, e i fiori avranno tempo per me.
Sylvia Plath © Traduzione di Federica Nightingale ©
Decodifiche
decodificami l’inverso posso sgretolare il fondo di un cielo in una tazza - capire il segno che tramuta le fughe in vento i numeri di varchi aperti alle risposte - le percezioni senza sesso e lingue lasciate al sole a disseccare angoli di pietra le braccia aperte esposte alle allegorie del tempo - i ritorni degli insetti e il sentire retroverso al gusto ai nodi che il mare ostina a sigillare non ho riparo nei crocicchi mi riconsegna ad acque e legature la certezza del dubbio rivelato dentro ascensioni e la sutura al corpo di un’assenza Apocalipta una lettura - la visione di viscere - e poco rimane delle nostre storie esplose scorie sotto la costa - corpi di parvenza sacra - insoluti al cielo inesplicabili muti motori ai passaggi di comete si sciolgono chiese come buchi erode il centro -lo sgomento si presenta al nulla nero impeccabile refrattario alle spirali sarà questo il nostro patto di polsi dal caos alle lenzuola - ricontare ad una ad una tracce di vita - ricaderci tra le braccia lanciare la semenza in alto spaventare i corvi
Anamnesi
- a volte in simulazione di fragilità il corpo all’angolo oscilla pendolo tra la veggenza e il disarmo ciò che avviene ai confini ama il rosso cangiante delle vette e l’inchiostro del sangue alle guerre la camicia imbrattata e la distanza da un qualsiasi cielo alla tua retina le bocche spalancate - i morti camminano su acque le memorie per strade i fiori di grecale da nord est - le scacchiere scarlatte su possibili futuri - in pilastri sotto ponti e sorrisi di venere ciò che avviene ai confini è un prodigio affisso su architravi immune alle asole di storia ai suoni ruscelli al taglio di luce scisso tra ore e secoli come corni squillanti al ritorno dei bambini - invisibili al nero - a ricomporre il verbo
Ophelia
alle porte rincasava anonima straniata ai volti - a simmetrie lontane dai suoi polsi lei - collinare al dispiegarsi delle ombre - muoveva appena i fuochi con i fianchi gli occhi dilatati all’erta dai soliti stereotipi - i diluvi universali l’invasione di formiche su piazze contaminate dai rumori - sotto ai letti a un centimetro di pelle dagli umani rincasati - loro sì ai riti quotidiani - folle - dicevano una luna nera l’epidermide abbassata al battere di segni come un soffio dalla fine - indolente al doppio andare della morte dolce l’afonia dell’acqua al suo richiamo mugolare quando attraversava la materia - senza ali negli ignoti insonne alle simulazioni del proscenio al salto Sottovento ti rimango estrema ultima svolta sulla mano una parabola di silenzio la nostalgia fuori da ogni sguardo la luce s’approssima a una rincorsa contro il tempo uno spiraglio che mi spoglia della forma del buio una - O - perfetta sulle labbra una scorciatoia all’alba e io lì stesa tra le tue dita in breve riconto cartilagini e ossa
Mirella Crapanzano ©
Cara Federica
Cara Federica Dirò come soffro perche ci è dato tanto soffrire, perche vediamo tagliare dalla terra le nostre spighe migliori anche io ero una spiga che cresceva nei campi, credi Federica i poeti non sono seminati da alcuno li porta il vento della primavera. Oggi per la mia donna è un giorno di liberta ma per noi prigionieri dell’ arte
è un altro giorno di prigionia. Non sono felice della mia morte carissima Federica eppure me ne dovrò andare dopo aver perso la fede che era nei cuori dei miei amici.
Veleggio come un’ombra
Veleggio come un'ombra nel sonno del giorno e senza sapere mi riconosco come tanti schierata su un altare per essere mangiata da chissà chi. Io penso che l'inferno sia illuminato di queste stesse strane lampadine. Vogliono cibarsi della mia pena perché la loro forse non s'addormenta mai.
La Poesia
Sono molto irrequieta quando mi legano allo spazio.
Estratti da " L'Opera Racchiusa"- Lampi di Stampa, Milano, 2009
pochi, fratelli e sorelle, che sono amori e amici in colmo all’invisibile restano del mondo voci e d’altri appena gli occhi; accolti in una turba scura defilano in preda all’aria, scossi come si riscuote l’albero nei rami alti lungo i muri, lasciano cadere polline e capelli, la segatura tarme ai buchi
chino il capo sui tormenti di una piaga fitta sulla pelle in luce li tortura l’ombra, respirano accostati ai vetri come reliquie i santi
§
lascia che a dire siano le cose gli abitatori del mondo addossati alla cruna dell’ago, le lingue impresse a memoria l’elencazione dei nomi dei morti toglie il respiro tempo è di dare le mani nell’andirivieni dei vivi fermare gli occhi, lo sguardo a chi trema
§
un’attesa grigia abita la nebbia porta ai fianchi l’erba sulla casa che ci aspetta, ma non è ritorno questo di noi due nel luogo dove stare nel momento atteso della vita, a coltivare le radici dei capelli, i palmi che raccolgono le ciglia ai fiori aperti, sibilanti all’aria solo in due a dividerci le ossa, i rami §
l’hanno già detto tanti, non siamo stati gli ultimi a scriverlo in questo suono di carte e tarli, scoli e macerie, crepe d’acciaio nei lavandini; solo le querce sui labirinti oscurati, giardini o corridoi vuoti; l’estate ha un passo chiuso ancora consacra alla chiarezza i giorni
viene la sera terrestre dopo il temporale s’apre la pietra al fuoco che la tormenta ora che muove appena un’ombra di noi due tornati senza tornare; più d’ogni altra dài regolata la mano in nudità di fiore alla bocca, il suo bianco aspetto ferma l’aria, piena di misurato respiro, stretta, amata quanto desiderata, senza poterlo
Federico Federici ©
HO STRETTO I CORDONI DI UNA BORSA LISA
Ho stretto i cordoni di una borsa lisa Le rimagliature scopo terapeutico dell’ossatura incrinata allargano il dolore Per te che rifiuto non senti un morso al primo destino esaurito sanguina Ritrai gli artigli dall’ottica desolata poi mento e ti cerco nel dissentire Mi è estranea questa paura di abbraccio e tanto mi rende esausta Anche se covo l’istinto Del cervo nel tornare a volare Fra i ceppi
NEL PENSARTI OLTRE I NAVIGLI (DEDICATA AD ALDA MERINI)
Nel pensarti oltre i Navigli
vedrei speso quel giorno a incorniciare sgomento Nelle parole di arranco precluso alle folle Nel pensarti vedrei le dolenti mosse allo specchio con l’amore a traboccare via giù per le strade E ti ricordo nei ritratti che mai si videro ma sentendosi alti gridarono alle generazioni di ogni parte Vieni vicino e parlami senza i denti stretti una volta e poi ancora nei frangenti ricostruiti delle tribolazioni famose
NEL DISSOLVERSI
Delle cose vuote abbiamo trascinato abbastanza Le mute stagioni remano alla costa
Tra i contorni si riducono i verbi Le parole avanzano modellando i toni
Restituire alla soddisfatta sorte un desiderio resta il fine Abbattere le crespate onde riottose e spianare i solchi improvvisi
Al mattino gli occhi gonfi si spengono e si ricalcano i sogni Come le donne di Rossetti si smuove la gota verso il labbro E si torna a cercare nel tondo fra le imprese da finire
Sul fare del giorno ormai resta la voce Ferma Di chi intende voltarsi ancora per non dissolversi (Tramano le stagioni dietro i vetri)
Lei attraversò la stanza con la leggerezza muliebre dell’ectoplasma. Aveva la testa avvolta in un copricapo color porpora e grande tanto quanto una tinozza di zinco da cortile. Ma su di esso emergevano come per magia foglie e fiori di tulle impalpabile dai quali pendeva con grazia una veletta che scendeva fin sulle spalle e che lei rimandava all’indietro lasciandola cadere, come una lunga sciarpa,sulla schiena. Sandy la osservava senza fiatare mentre nervosamente rollava una sigaretta con il tabacco che usava fumare nelle circostanze confuse. “Penso di non farcela a parlare ancora. Torno a casa, le ore sono passate e non c’è stato alcun progresso fra noi. Sta diventando buio -(ma era dentro se stessa che non c’era più luce, pensava) - e temo la strada fino a
casa. I tuoi cani ululano da dieci minuti senza sosta e questo mi rende inquieta e più a disagio di quanto già non sia. Prenderò le mie cose domattina. Forse manderò qualcuno a ritirarle”. – Detto questo spostò con un gesto secco la coda del suo vestito verde cupo staccandolo con un fruscio dalla tappezzeria damascata. La bocca ebbe un cedere verso il basso, come una virgola accennata di fretta e posata per circostanza e non per necessità. La casa era silenziosa, scossa unicamente dai latrati dei cani che incessanti si lamentavano nell’imbrunire. “Non c’è niente che si possa ancora dire o fare, suppongo. La tua non è una scelta del momento né un momento di scelta…..” – esclamò Sandy impassibile posando la mano sinistra sul legno del tavolo da fumo e guardandola fermamente negli occhi. Detestava osservarla tremare di sdegno e paura, non tollerava di pensare a lei con qualsivoglia sfumatura d’emozione o attitudine all’azione. La guardava senza vederla e la batteva senza toccarla. La sua vita strizzata lo nauseava ma il petto generoso aveva su di lui ancora un effetto ipnotico fastidioso che tentava di scacciare, volgendo altrove lo sguardo. Eppure non era mai stata bella e mai aveva suscitato in lui impulsi di sana carnalità. Mentiva nel pensare ciò, sapendo di mentire. “No, niente. Hai come sempre distrutto ogni buon proposito e volontà disinteressata. Resta pure qui a fumare, non disturbarti ad accompagnarmi. Conosco la strada”. Disse con un filo di voce ed uscì. I suoi passi furono inghiottiti, giù per lo scalone di marmo. Il portone si aprì cigolando e sbattè nel richiudersi. I cani poco dopo smisero di guaire. Sandy gettò il mozzicone nella brace del caminetto, si ravviò i capelli e tossì forte. Da sopra la sua testa si udì il frastuono di uno stormo di uccelli prendere il volo. Il tetto parve allora deserto. Fra le mani strinse un minuto pezzetto di carta con sopra scritto il nome della donna. E lo ingoiò dopo averlo masticato per bene. Non più un solo cane lamentoso, nè alcun uccello o forma materiale di lei esistevano nell’aria circostante. Sdraiatosi nella penombra rise soddisfatto. Lei si era dissolta masticata da cani, uccelli e denti umani. I pensieri, quelli, avrebbero fatto il resto.
Federica Nightingale ©
All the sounds have stopped
All the Sounds Have Stopped A cypher wind lilts through branches and the leaves whisper sotto voce’, but the wailing has stopped. I haven’t seen another face in days but a steady, distant rumble keeps me company. Even after the wailing has stopped. Nothing stirs. I watch life leave, apples spilling like drops, red on the wooden floor, ‘til all the sounds have stopped.
Tutti i suoni sono cessati (Traduzione di Federica Nightingale)
Tutti suoni sono cessati Un vento azzerato canta melodioso fra i rami E le foglie sussurrano “sotto voce”*, ma il lamento s’è fermato. Non vedo un altro volto da giorni Ma un costante, lontano rumoreggiare mi tiene compagnia. Persino dopo che il lamento s’è fermato. Niente si muove. Guardo il commiato della vita, mele rovesciarsi come gocce, rosse sul pavimento di legno, fino a che tutti i suoni sono cessati.
*in italiano nel testo originale
The Beginning and the End
If you went back to someplace like the beginning you might find something like the word. Not the actual word, but a sprout, a sound that sounded like a word. If you went back to someplace like the beginning you might discover the first idea and there would be an inspired tone associated, a texture of consonant and vowel used to convey from lip to ear. If you went back to someplace like the beginning you might learn of the way sound grew from noise to noun and eventually, to verb. The thing, then the action and the story they told together. If you went, you might stand there, mute as the mud at your feet, marveling at the efforts, the countless repetitions of utterance, the rise and fall of voices stressing and un-stressing their songs of almost meaning. And since that beginning while the words themselves have grown greater than those who merely speak them, as the words have continued to evolve, light-like, what have we done with them? Is this remarkable present day brighter
or darker for our writings our speech, or our song? For tomorrow, we won’t leave anything but our bones and our words, strewn out behind them like ashes.
Il Principio e la Fine (Traduzione di Federica Nightingale)
Se tornassi indietro in qualche luogo come il principio Potresti trovare qualcosa come la parola. Non l’attuale parola,ma un germoglio, un suono che suonasse come una parola. Se tornassi indietro in qualche luogo come il principio Potresti scoprire l’idea prima E ci sarebbe un tono ispirato associato, una struttura di consonanti e vocali usata per trasmettere dal labbro all’orecchio. Se tornassi indietro in qualche luogo come il principio Potresti imparare il modo in cui il suono è cresciuto Dal rumore al nome E alla fine, al verbo. La cosa, poi l’azione e la storia che hanno raccontato insieme.
Se tu andassi, potresti restare là, muto come il fango ai tuoi piedi, a meravigliarti degli sforzi, le innumerevoli ripetizioni di pronuncia, il crescere e il decrescere delle voci nell’accentuarsi e non delle loro canzoni dall’approssimativo significato. E da quel principio Mentre le parole in sé sono cresciute più grandi Di coloro che meramente le pronunciano, poiché le parole hanno continuato ad evolversi, come la luce, cosa ne abbiamo fatto noi? E’ questo giorno presente e degno di nota Più luminoso o più buio per la nostra scrittura Il nostro linguaggio, o la nostra canzone? Al domani, non lasceremo nulla Se non le nostre ossa E le nostre parole, sparse dietro di esse Come ceneri.
The Routine Lather, Rinse… Instructions for living on the back of a bottle. Plodding through the days, head awash in the wounds of mindless tedium. Lying on a bed each night, like wilted flowers waiting for rain to rinse this death away to make some room for life. Repeat.
Routine (Traduzione di Federica Nightingale)
Insaponare, risciacquare… Istruzioni di vita Sul retro di una bottiglia. Camminare a fatica fra i giorni, la testa a galla nelle ferite del tedio noncurante. Stendersi sul letto Ogni notte, come fiori appassiti in attesa di pioggia per risciacquare via questa morte per far spazio alla vita. Ripetere.
David Blaine ©
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UN BLOG DI FEDERICA NIGHTINGALE federicanightingale@gmail.com