La città accessibile per migliorare l’autonomia della persona con ridotta capacità motoria: ipotesi

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA

La città accessibile per migliorare l’autonomia della persona con ridotta capacità motoria: ipotesi per Foligno Relatore:

Laureanda:

Dott.Ft. Pierangelo De Dominicis

Francesca Eleonora Rumeo Matricola: 185793

Anno Accademico 2008-2009

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A mia madre che mi protegge da lassĂš

Alla mia famiglia che mi sostiene da quaggiĂš

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“ Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di

segni del linguaggio; Le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parola, di desideri, di ricordi. [….] D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda “. Italo Calvino, le città invisibili

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INDICE

INTRODUZIONE

Cap.1:

IL FISIOTERAPISTA 1.1

Cenni storici

1.2

Il profilo professionale: 1.2.1 Prevenzione 1.2.2 Cura e riabilitazione 1.2.3 Formazione 1.2.4 Ricerca 1.2.5 Gestione

1.3

Prospettive

1.4

Il Codice Deontologico

Cap. 2: DISABILITA’ ED HANDICAP DALL’ICIDH ALL’ICF 2.1

Concetti base e struttura dell’ ICIDH

2.2

ICF

Cap. 3: DIRITTI DELLA PERSONA PER UNA PARI DIGNITA’ SOCIALE 3.1

Accessibilità

3.2

Autonomia

3.3

Indipendenza

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Cap. 4: LA NORMATIVA ITALIANA SULLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

Cap. 5: CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE 5.1

Marciapiedi

5.2

Percorsi

5.3

Pavimentazione

5.4

Rampe

5.5

Arredo urbano

5.6

Parcheggi

Cap. 6: PROGETTO PER UNA CITTA’ ACCESSIBILE: “FOLIGNO C’ENTRO” 6.1

Scenario

6.2

Quesito di ricerca

6.3

Piano di studio: 6.3.1 Situazione attuale di Foligno, Città di Castello, Perugia, Spoleto e Terni 6.3.2 Strumenti e metodi 6.3.3 Raccolta informazioni e dati

6.4

Analisi dei dati

6.5

Conclusioni: Ipotesi per Foligno: 6.5.1 Progetti dell’amministrazione comunale di Foligno 6.5.2 Il nostro progetto

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INTRODUZIONE

Leggendo il “libro bianco su accessibilità e mobilità urbana” mi ha colpito la seguente frase: “ E’ l’ambiente che reca gli impedimenti, gli handicap, non la persona”. Da quel momento ho cominciato a riflettere sul fatto che i concetti di handicap e disabilità possono anche essere visti come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Infatti, in qualsiasi momento della vita, una persona si può trovare in una condizione anche temporanea di disabilità; tale disabilità sarà tanto più marcata quanto più l’ambiente risulta sfavorevole. Uscendo dal preconcetto che la persona disabile è la persona che vive in carrozzina, sono tanti i soggetti che, per particolari condizioni di salute, si trovano in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le capacità funzionali e di partecipazione sociale; basti pensare alle persone anziane od al numero abbastanza considerevole di persone colpite da infortunio, costrette per un certo

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periodo a subire delle limitazioni nella loro mobilità abituale, alle donne in gravidanza ed ai bambini. Operare per favorire l’inclusione della persona vuol dire, di fatto, occuparsi del benessere di tutti i cittadini e della comunità; Il preoccuparsi della persona disabile è la massima espressione di tale concetto. Proprio da queste considerazioni nasce l’idea di rendere le città “accessibili a tutto per tutti”; ciò concorrerebbe a disegnare un volto della città e dei suoi spazi qualitativamente migliore per tutti. Le figure professionali che si occupano di questi argomenti sono Architetti, Ingegneri, Geometri; potrebbe essere importante inserire in questa equipe lavorativa anche la figura del fisioterapista, in quanto, uno degli obiettivi del suo lavoro è quello di garantire il massimo recupero al fine di raggiungere la migliore qualità di vita possibile; per questo deve saper proporre eventuali modifiche ambientali che permettano al proprio paziente e/o a tutta la cittadinanza di poter godere appieno della propria città. Inoltre il punto 2 dell’ Art.1 del profilo professionale del Fisioterapista enuncia che “ il fisioterapista propone l'adozione di protesi ed ausili, ne addestra all'uso e ne verifica l'efficacia”.

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Infatti l’utilizzo dell’ausilio è finalizzato a restituire il massimo dell’autonomia possibile e a migliorare la qualità di vita della persona che ne usufruisce.

Questo è un concetto molto importante che non deve essere visto in maniera riduttiva: l’utilizzo e l’efficacia di un ausilio non va verificata solo

all’interno

della

palestra

riabilitativa

ma

deve

essere

contestualizzata all’ambiente dove vive la persona; per ambiente non si intende solo l’abitazione, ma il territorio in generale che deve avere caratteristiche tali da poter permettere a chiunque di poter soddisfare i propri bisogni e realizzare i propri obiettivi.

Il Fisioterapista, pertanto, può avere un ruolo fondamentale, grazie alle sue conoscenze professionali, sia nell’organizzazione che nella progettazione di interventi tesi all’indipendenza e autonomia delle persone con ridotta capacità motoria, per rendere la città fruibile a tutti.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di dimostrare che con piccoli accorgimenti e con una maggiore sensibilità sull’argomento si possono rendere le città accessibili.

Foligno per le sue caratteristiche quali la dislocazione in pianura e la presenza di un centro storico ben delimitato da una cinta di mura

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con quattro Porte d’ingresso direttamente al centro si presta bene per questo studio ed è un’ottima candidata per essere fruibile a tutti.

Dopo aver studiato l’accessibilità di esercizi commerciali, farmacie e medici di base, abbiamo proposto degli accorgimenti per migliorare la fruibilità di tutti i servizi e la vivibilità della città. Tali accorgimenti permetterebbero a Foligno di essere ricordata oltre che come città della Quintana anche come punto di riferimento per tutta l’Italia, per la qualità dei servizi offerti e per l’attenzione rivolta alle esigenze di tutti i cittadini.

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CAPITOLO 1

IL FISIOTERAPISTA

Quella del fisioterapista è una figura professionale di recente istituzione che negli ultimi anni si va delineando con maggiore precisione ed oggi può essere considerata al livello di quelle, in campo internazionale, più avanzate. La normativa italiana negli ultimi anni ha delineato con maggiore precisione ambiti, interessi ed azioni fino ad elevare il livello al gold standard internazionali.

1.1 CENNI STORICI: La storia delle scuole per fisioterapisti non è uniforme. Negli anni Cinquanta la loro istituzione veniva attuata con D.M. della sanità di concerto con il Ministero della pubblica istruzione.

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La prima fonte normativa che sancisce la presenza dei fisioterapisti è la legge 12 Febbraio 1968, n° 132 “ Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera ”, importante legge di riforma ospedaliera, cosiddetta legge Mariotti. All’art. 39 si elencava la tipologia del personale facente parte dell’organico degli enti ospedalieri, i fisioterapisti venivano inquadrati all’interno del “personale sanitario ausiliario”. Il successivo D.P.R. 27 marzo 1969, n°128, “ Ordinamento interno dei servizi ospedalieri ” inseriva i fisioterapisti all’interno del “ Servizio di recupero e di rieducazione funzionale”, che, unico per tutto l’ospedale, doveva prevedere

un numero di terapisti tale da

“soddisfare le necessità delle prestazioni ospedaliere e ambulatoriali ”. Fino ad allora la formazione era essenzialmente di carattere ospedaliero con caratteristiche non omogenee nelle varie parti d’Italia. Il riordino delle scuole avveniva con la legge 30 Marzo 1971, n° 128, in cui si prevedeva che i programmi, l’ordinamento dei tirocini e i requisiti dei docenti fossero stabiliti con D.M. del Ministero della pubblica istruzione di concerto con il Ministero della sanità. Il seguente recepimento avvenne con il D.M. 10 febbraio 1974 “ Riconoscimento delle scuole per la formazione dei terapisti della riabilitazione ” aveva la finalità di formare con un’unità di indirizzo e metodo scientifico “ tutte le nozioni teoriche e pratiche necessarie per

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esercitare l’attività di fisioterapia, terapia occupazionale e terapia del linguaggio” . I corsi erano di durata triennale. In seguito al D.P.R. 10 Marzo 1982, n°162, “Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento”, la formazione passava dalle scuole regionali a “scuole dirette a fini speciali” in ambito universitario. Negli anni Novanta venivano istituiti, analogamente alle altre professioni, i corsi di diploma universitario, sfociati successivamente nel sistema delle lauree.

1.2 IL PROFILO PROFESSIONALE: Il profilo professionale è una raccolta di norme che delinea gli ambiti, le caratteristiche dell’autonomia e della responsabilità del fisioterapista. Le origini giuridiche del profilo professionale sono nel diritto amministrativo. “Il

fisioterapista

(già

terapista

della

riabilitazione)

è

un

professionista della Sanità in possesso del Diploma di Laurea o titolo equipollente, che lavora, sia in collaborazione con il medico e le altre professioni sanitarie, sia autonomamente, in rapporto con la persona

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assistita, valutando e trattando le disfunzioni presenti nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori e viscerali, conseguenti ad eventi patologici, a varia eziologia, congenita o acquisita”, così viene definita la figura professionale del Fisioterapista nel D.M. 14/09/1994, n°741( v. allegato I). Con il D.M. n° 741 scompare il nome terapista della riabilitazione, e si stabilisce che gli interventi propri della professione possono essere eseguiti solamente dal personale abilitato quindi chi li esegue senza autorizzazione rientra nell’esercizio abusivo della professione. Si possono distinguere due ambiti d’intervento del fisioterapista, a seconda che esso operi “in via autonoma” oppure “in collaborazione con altre figure sanitarie”. Il decreto precisa anche che, in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell’ambito delle proprie competenze, il Fisioterapista: •

Elabora la definizione del programma di riabilitazione mirato

all’individuazione e al superamento della difficoltà del disabile, •

Pratica attività terapeutica per la rieducazione funzionale delle

disabilità motorie, psicomotorie e cognitive utilizzando le proprie competenze.

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Propone l’adozione di protesi ed ausili, ne addestra all’uso e ne

verifica l’efficacia. •

Verifica la metodologia riabilitativa attuata in riferimento agli

obiettivi prefissati e mette in atto i necessari aggiustamenti. Il fisioterapista quindi assiste il paziente nell’iter di recupero funzionale, partecipa all’elaborazione del progetto riabilitativo e realizza, per quanto di sua competenza, il/i programma/i terapeutico/i rivolto/i alle menomazioni e disabilità motorie, secondo le indicazioni del medico specialista in riabilitazione, ivi compreso l’aspetto educativo-informativo nei confronti del paziente e della sua famiglia, della scuola, dell’ambiente lavorativo ecc.ecc. Le funzioni principali sono: •

Prevenzione

Cura e riabilitazione

Formazione

(inclusa

autoformazione) •

Ricerca

Gestione.

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l’autovalutazione

e


Tale contesto normativo introduce due importanti concetti: quelli di autonomia

e

quello

di

responsabilità,

anticipando

i

grandi

cambiamenti sanciti poi dalle leggi emanati successivamente.

1.2.1 Prevenzione: Esistono varie interpretazioni semantiche del termine Salute: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel suo atto costituitivo, la definisce come la condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e quindi non soltanto assenza di malattia o infermità. L’educazione alla salute, pertanto, può essere intesa come un’attività di comunicazione finalizzata a fornire conoscenze, stimolare atteggiamenti e comportamenti al fine di tutelare la salute stessa. Tale educazione è sempre più necessaria alla luce del fatto che salute

e

malattia

appaiono

sempre

più

collegate

a fattori

comportamentali e sociali conseguenti alle scelte dell’individuo e della collettività. L’educazione alla salute, in questo quadro, si pone come uno strumento adatto a rispondere alle esigenze sociali, così come indicato anche dal più recente Piano Sanitario Nazionale. Essa è un mezzo attraverso il quale si perseguono i fini di incrementare il livello di

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salute, prevenire le malattie e ricercare la partecipazione del soggetto o delle persone risorsa, ovvero di ricercare il contributo personale di ogni individuo nel descrivere i propri bisogni e decidere quanto impegno e responsabilità voglia dedicare alla promozione e difesa del proprio “ sentirsi bene ” . Tale strumento non è un momento esclusivo degli operatori sanitari, ma questi ne sono certamente i principali detentori e, come tali, hanno l’obbligo etico-professionale di sviluppare le proprie competenze in questo settore. Da questo compito non può esimersi il fisioterapista, così come è indicato dal profilo professionale. L’educazione alla salute si avvale di approcci e tecniche comunicative al fine di ricercare la collaborazione del soggetto destinatario dell’intervento attraverso l’acquisizione di conoscenze, motivazioni e comportamenti nell’ambito delle seguenti attività: •

Promozione della salute, attraverso il potenziamento

dei fattori saluto geni e incoraggiando l’acquisizione di comportamenti corretti (diffusione e promozione di norme a carattere motorio-sportivo, norme di sicurezza, di igiene di vita, norme inerenti l’ambiente di vita e di lavoro, norme sociali e psico-relazionali,ecc.);

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Educazione terapeutica, attraverso l’insegnamento alla

gestione del problema di salute; •

Prevenzione primaria, secondaria e terziaria, ovvero

rimozione dei fattori potenzialmente patogeni, attraverso la modifica dei comportamenti a rischio già appresi e l’educazione a comportamenti alternativi (bilanci e valutazioni mirate alla identificazione di fattori di rischio ergonomico e fattori potenzialmente responsabili dell’aggravamento di una già esistente condizione di non completa abilità). Tali attività possono essere rivolte al singolo individuo, alle comunità (familiare, scolastica, lavorativa, del tempo libero, sportive….) e ai detentori del potere politico-economico, i quali possono facilitare la divulgazione e la applicazione dei fattori saluto geni preventivi; inoltre, per loro stessa natura, tali attività richiedono la partecipazione attiva e consapevole del destinatario, nel quale deve essere indotto un meccanismo di responsabilizzazione e auto-tutela della condizione di benessere. La promozione della salute, l’educazione terapeutica e la prevenzione sono funzioni svolte, mediante espletamento di differenti attività e in misura variabile, da tutti gli operatori preposti alla tutela della salute, intesa nelle sua dimensioni biologica, psicologica e

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sociale. Il fisioterapista svolge anche in questo ambito, attività di rilevante importanza con piena autonomia professionale, attraverso valutazioni e bilanci eseguiti in prima persona al fine di identificare i fattori di rischio e gli interventi di cura e riabilitazione mirati a contrastare l’effetto di tali fattori.

1.2.2 Cura e riabilitazione: Per dettagliare in maniera più chiara le funzioni del fisioterapista, si rende necessaria una definizione più precisa e propria dei termini cura e riabilitazione riferiti allo specifico professionale. Per il fisioterapista queste funzioni rappresentano lo “ zoccolo duro” della professione e lo definiscono rispetto alle altre professioni sanitarie. I termini “cura e riabilitazione” creano delle sovrapposizioni semantiche in quanto hanno diversi significati, ma è importante chiarire che con questi termini non definiamo solo alcune funzioni del fisioterapista, ma anche l’ambito del suo corpo sistematico di teorie. Infatti già da anni, i professionisti di questa aerea, che è appunto quella della riabilitazione, ritengono che si debba parlare di una scienza della riabilitazione.

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Per il fisioterapista, l’oggetto di studio di una scienza della riabilitazione si identifica sia con l’approfondimento delle conoscenze sui processi di recupero sia su come l’intervento terapeutico, inteso come interazione programmata con il paziente, determini una più soddisfacente ripresa. Pertanto, in un’ottica più scientifica, la riabilitazione non può essere considerata solamente come un insieme di interventi pratici finalizzati a un far muovere generico, ma deve essere riferita sempre a una teoria di base, dalla quale derivano gli esercizi e alla quale afferiscono i dati degli esercizi stessi. In particolare, sarà da potenziare lo sforzo di sottoporre tali interventi a verifica, in modo da ridurre progressivamente il ricorso ai “miti della riabilitazione” e incrementare l’intervento secondo la pratica basata sulle evidenze (EBP). Come sostiene Thomas Kuhn (La struttura delle rivoluzioni scientifiche) una disciplina può definirsi scienza quando è riferita a campi che evolvono in maniera evidente e una teoria della riabilitazione può essere intesa come un insieme strutturato e strutturantesi in continua evoluzione in riferimento sia alle nuove acquisizioni provenienti dalle scienze di base sia ai dati provenienti dall’attività di palestra e dalla ricerca clinica. Quindi una teoria non è un elenco di esercizi o manovre da eseguire nei confronti di un quadro diagnostico.

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In quest’ottica anche l’approccio che il fisioterapista ha ai problemi del paziente è più specifico e diverso da quello medico. In particolare, la diagnosi fisioterapica, eventualmente associata a quella delle altre figure del team riabilitativo, è riferita non alla malattia

ma

alle

modifiche/alterazioni

e

alle

capacità

residue/potenzialità a carico delle strutture e funzioni corporee (ad esempio ampiezza di movimento, deambulazione,ecc.), dell’attività (ADL) e della partecipazione (secondo la classificazione ICF). In

base

ad

essa,

il

fisioterapista

individua

l’intervento

fisioterapico/riabilitativo più idoneo; tale intervento deve essere costituito, oltre che da tecniche o approcci o modalità fisioterapiche specifiche, anche da componenti di tipo relazionale ed educativo comportamentali. L’osservazione e la valutazione del paziente-persona è una tappa fondamentale del percorso riabilitativo e corrisponde ad un processo di interpretazione dei dati raccolti in relazione alle conoscenze del professionista. L’esame del paziente prevede una serie di strumenti e strategie valutative proposte e realizzate con il paziente, per comprendere ad esempio quali funzioni sono state alterate dalla lesione, come sono state alterate e in che misura possono essere recuperate.

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Dai dati raccolti, che comprendono necessariamente anche quelli legati al contesto sociale e familiare, il professionista fisioterapista dovrà ricavare degli elementi prognostici (indici predittivi) che tengano conto non solo dell’entità del danno, ma anche degli indici di recupero. Questi elementi serviranno a definire il piano di trattamento, in termini di obiettivi da raggiungere e di intervento per il raggiungimento degli stessi.

1.2.3 Formazione: La formazione costituisce il momento fondamentale di ogni professione. È il processo attraverso il quale ci si prepara a svolgere un’attività lavorativa/professionale, a collaborare, a interagire ed a trasmettere ad altri il proprio “sapere“; la formazione è un “laboratorio“ dove si rielaborano, si rinnovano e si consolidano i saperi e i modi di agire sia del docente che del discente. I fisioterapisti, oltre all’intervento riabilitativo, svolgono un’azione di formazione “ sul campo” rivolta agli studenti fisioterapisti: per molti anni si è parlato di “affiancamento“, lasciando del tutto impliciti

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obiettivi e meccanismi del processo formativo/educativo in cui studente e fisioterapista erano coinvolti. Oggi si riconosce l’importanza del ruolo del fisioterapista tutor di tirocinio e la necessità che egli/ella gestisca razionalmente questo intervento formativo. Va sottolineato che tale azione formativa non è “opzionale“ ma costituisce un obbligo istituzionale e contrattuale, e dunque a pieno titolo si deve prevedere una competenza di tipo formativo che non coincide necessariamente con quella professionale in senso stretto. Esistono infatti “ottimi fisioterapisti“ che però non sanno creare le condizioni migliori perché altri apprendano tali capacità. Se desideriamo che il processo di apprendimento non venga lasciato puramente al caso la capacità di “ maneggiare “ gli strumenti di base della facilitazione dell’apprendimento, della valutazione di efficacia dello stesso e del counselling diventano cruciali, soprattutto in considerazione dell’importante ruolo di modello assunto dai fisioterapisti formatori in ambito clinico. L’intervento di fisioterapisti come docenti o formatori è frequente sia in corsi mono- o pluridisciplinari che pluriprofessionali: anche in questo caso l’efficacia dell’intervento è migliorata dall’utilizzo di metodologie didattiche mirate. Formare studenti universitari, colleghi

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o altri professionisti utilizzando una metodologia adeguata offre anche impulso alla miglior diffusione trasversale delle competenze e alla collaborazione interprofessionale. Né si deve dimenticare l’importante funzione educativo-formativa che il fisioterapista opera nei confronti della persona che sta trattando e della sua famiglia, o come attività a se stante o come parte integrante dell’intervento riabilitativo. Appare dunque opportuno che la formazione di base preveda, tra i suoi obiettivi, anche l’acquisizione degli elementi di base della metodologia della facilitazione dell’apprendimento nell’adulto. L’acquisizione di ulteriori competenze in questo ambito, per coloro che si dedicheranno soprattutto alla formazione, potrà essere prevista nel corso di laurea specialistica. Nella formazione si includono pure le attività relative ad aspetti di tipo “ metodologico “ quali l’autoformazione e l’autovalutazione. Esse rivestono un particolare significato nella formazione, in quanto è fondamentale che un professionista fisioterapista sappia valutare i proprio comportamenti per apportare eventuali modifiche e continui a studiare per dare risposte qualitativamente migliori in termine di salute e qualità della vita.

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Infatti, non sempre i risultati dei trattamenti corrispondono alle attese previste: questo deve essere lo stimolo per considerare se la previsione era corretta o se si presenti la necessità di mettere in discussione le proprie scelte. Questi punti critici devono essere la molla che determinerà approfondimenti mirati. L’autovalutazione deve far parte degli obiettivi formativi dei Corsi Integrati, si devono programmare esperienze di discussione, analisi dei casi critici, ecc. In una didattica attiva l’autoformazione fa parte del progetto formativo: lo studente è stimolato ad andare a ricercare le informazioni di cui ha bisogno e pertanto impara ad avere un atteggiamento attivo e non passivo rispetto al conoscere.

1.2.4 Ricerca: Anche se la maggior parte dei fisioterapisti pratica con entusiasmo e passione la propria professione e pone il paziente al centro del proprio operare, è noto tuttavia che molte delle proposte terapeutiche si fondano su elementi aneddotici, su “filosofie“ o su consuetudini. Alcuni lavori condotti in Gran Bretagna e in Australia ( Turner e Whitfield 1997, Turner e Whitfield 1999 ), sembrano indicare che le

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motivazioni che inducono i fisioterapisti a scegliere un determinato tipo di trattamento sono principalmente ciò che si è appreso nella formazione di base o in corsi post-base su specifiche tecniche o con il consulto con colleghi; ridotta è la quota che fa riferimento a prove d’efficacia derivanti dalla ricerca. Eppure il professionista etico non può più sottrarsi all’analisi dell’appropriatezza ed efficacia di quanto propone ( Harris 1996). La ricerca ha, in questo processo, un ruolo determinante. Secondo Dohomldt (2000), lo scopo della ricerca non è giustificare ciò che facciamo, ma piuttosto determinare cosa, tra le molte cose che facciamo come fisioterapisti, può essere giustificato. La ricerca significa sfida allo status quo: è la capacità di mettere in dubbio “ il consueto” , identificare il vuoto nella nostra conoscenza costituito da quella parte di pratica normalmente effettuata che tuttavia manca di supporto scientifico e trovare il coraggio di valutare in modo sistematico gli effetti di tale pratica. Ricerca significa creatività, ovvero capacità di porsi domande al di là della visione accettata come più autorevole. Ricerca significa sistematicità, ovvero il tentativo di isolare gli effetti del trattamento da altre influenze che non sono normalmente controllate nel setting clinico.

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Sostanzialmente si possono quindi individuare tre motivazioni principali perché i fisioterapisti “facciano ricerca“: Sviluppare il corpo di conoscenze, determinare l’efficacia dei trattamenti fisioterapici, migliorare il trattamento dei pazienti. Per facilitare l’acquisizione della “ forma mentis” della ricerca lo sviluppo di questa attitudine dovrebbe accompagnare tutta la didattica. Si dovrebbe, pertanto, dare grande importanza alla metodologia dell’apprendimento

autonomo

per

abituare

lo

studente

all’apprendimento auto diretto. È importante, fin dal primo anno di corso, che lo studente apprenda il metodo per acquisire in prima persona le informazioni attingendo a tutte le risorse disponibili. Lo studente deve essere spinto a ricercare le informazioni che gli servono. I docenti dovrebbero guidare gli studenti ad acquisire una mentalità critica per orientarsi nel panorama della letteratura scientifica. Il fisioterapista laureato dovrà possedere, in un ottica di evidencebased, le competenze necessarie ad essere almeno un “ utilizzatore di ricerca”: capacità di leggere e valutare criticamente i lavori pubblicati, le nuove e vecchie proposte, ed estrapolare i risultati applicabili al caso specifico. Le ulteriori competenze necessarie a diventare un “

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realizzatore di ricerca” potranno essere successivamente acquisite nel corso di laurea specialistico. Questo è forse uno dei contributi più innovativi e di miglioramento che il nuovo percorso formativo offre alla crescita e all’autonomia professionale del fisioterapista.

1.2.5 Gestione: Trattandosi essenzialmente di un compito nuovo, quello della gestione è un compito estremamente difficile, ma, allo stesso tempo, questa novità comporta che il compito stesso sia scevro da risentimenti vari che sfociano in teorie scientifiche, e anche da folclore che cristallizza un sistema di divieti, norme e regolamenti. Dirigere un lavoro intellettuale può significare guardare alle scelte anziché ai problemi. La produttività, anzi la coesione sociale poggia sempre più sulla capacità di rendere il lavoro intellettuale produttivo e di fare in modo che il lavoratore intellettuale si realizzi. L’essere umano non è una macchina e non lavora come una macchina. Queste lavorano meglio se svolgono una sola funzione, se questa viene eseguita in ripetizione e fatta nel modo più semplice. Funzioni complesse sono svolte nel

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modo migliore se scomposte in una serie progressiva di funzioni semplici svolte da macchine diverse: le macchine funzionano meglio se lavorano alla stessa velocità, con lo stesso ritmo e con il minor numero possibile di parti in movimento. L’uomo funziona in modo del tutto diverso, si adatta male ad una sola e unica funzione, ma eccelle nel coordinamento, nel mettere insieme percezione e azione; funziona meglio quando il suo intero essere, con muscoli, sensi e mente, è impegnato nel lavoro. Per essere produttivo, l’individuo deve poter controllare in una certa misura la velocità, il ritmo e il tempo di concentrazione con il quale lavora. Non solo, ma per fare in modo che gli operatori si realizzino e necessario che i manager considerino la forza lavoro una risorsa anziché un problema, un costo o un nemico da sottomettere. Finora in questo campo vi sono stati tre approcci di fondo: quello assistenziale, che considera le persone in funzione dei loro problemi e che bisogna aiutare a risolvere; quello riguardante la direzione del personale, che vede le attività e i compiti da portare a termine giorno per giorno, ogni volta che molte persone devono lavorare insieme; infine vi è l’approccio che considera i lavoratori come un costo da controllare e una minaccia da combattere superando periodiche crisi.

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Guidare significa rendere efficaci le energie le energie e le capacità delle persone, cosa alla quale non appaiono indirizzati e finalizzati né l’approccio assistenziale, né quello puramente gestionale, né quello del controllo o la vigilanza. Scopo di una organizzazione è di rendere produttive le energie degli uomini ed irrilevanti le loro debolezze. L’unica differenza tra un’organizzazione e un’altra è rappresentata dal modo in cui la gente vi svolge il proprio lavoro. Fra tutte le risorse, gli uomini rappresentano quella meno utilizzata, ben poco del potenziale umano di ogni organizzazione infatti viene messo in valore e reso operativo. Gli approcci tradizionali alla guida degli uomini persistono nel considerarli in termini di problemi, procedure e costi, anziché di risorse. Si rende invece indispensabile l’esigenza di creare responsabilità di realizzarsi sul lavoro a livello individuale e di forza lavoro. Ogni incarico deve avere i suoi obiettivi, stabiliti da chi dovrà conseguirli, d’intesa con i superiori. E chi lavora ha bisogno di una responsabilità che lo stimoli, gli imponga una disciplina e rappresenti per lui un incentivo. L’organizzazione moderna ha lo scopo di fornire servizi alla società e pertanto deve situarsi nella società, servendosi di un certo numero di persone. Scopo di un’Azienda Sanitaria non è quello di dare lavoro agli operatori sanitari, ma di curare persone malate. Per conseguire questo scopo, l’Azienda ha bisogno del personale, che

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costituisce una comunità di lavoro con compiti e problemi propri. Il personale per essere valido, cioè sempre più efficiente e produrre interventi efficaci, deve avere delle specifiche caratteristiche che lo distinguono e che lo rendono professionista. Per promuovere una politica sanitaria a partire dalla identificazione dei bisogni, occorreva definire per ogni professionista lo specifico professionale, inteso come spazio operativo autonomo, che implica assunzioni di responsabilità e dove le conoscenze e le teorie coerenti con il sapere attuale producono competenze e risposte appropriate. Il momento centrale del processo di miglioramento è stato l’assegnazione di responsabilità ad ogni livello, con l’organizzazione delle specifiche funzioni, non più legata, come precedentemente, ad una esclusiva operatività, ma a tutte le professioni sanitarie. Questo percorso di miglioramento in ambito sanitario è iniziato, in maniera

stabile,

nel

1994

con

l’emanazione

dei

decreti

sull’individuazione del profilo professionale delle varie professioni sanitarie. In realtà già con il decreto legislativo 502/92 e, prima ancora, con la riforma universitaria 341/90 il percorso era stato tracciato verso il completamento del processo di professionalizzazione degli operatori sanitari che si segnava in maniera indelebile con le leggi 42/99 e 251/00.

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Il decreto 14 settembre 1994 n°741, “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista”,

rendendo

autonomo

questo

operatore

con

l’affidamento della programmazione del proprio intervento, e, ancor più, con la verifica della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale, ha reso pregnante il processo gestionale che questo operatore deve ottemperare per la realizzazione del proprio intervento professionale. Ecco quindi l’esigenza di una specifica trattazione in merito alla funzione gestione, che, come tutte le altre, deve comprendere il corpo centrale di una formazione che sia capace di formare un fisioterapista rispondente alle necessità operative.

1.3 PROSPETTIVE L’ambito lavorativo del fisioterapista deve essere visto in maniera più ampia, in quanto il suo lavoro non si deve limitare a quello svolto in una palestra di riabilitazione, ma deve essere contestualizzato all’ambiente dove vive la persona; deve garantire il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile e della massima soddisfazione del paziente. Anche per questo il Fisioterapista deve essere sensibile a quelli che sono

i

problemi

che

interferiscono

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con

l’indipendenza

e


l’autodeterminazione della persona nella società e, grazie alle sue conoscenze

professionali,

può

avere

un

ruolo

fondamentale

nell’organizzazione e nella progettazione di interventi per rendere le città fruibili a tutti. A tal fine può divenire rilevante la collaborazione in equipe multiprofessionale con le figure che già si occupano di questi argomenti: staff tecnico(Architetti, Ingegneri, Geometri ecc.), equipe medica, fisioterapista e operatori nel sociale in diretto contatto con le persone con ridotta capacità motoria, per disegnare un volto delle città e dei suoi spazi qualitativamente migliore per tutti.

1.4 CODICE DEONTOLOGICO: La deontologia è un’etica condivisa tratteggiata da una serie di norme da cui derivano i diversi codici deontologici. Il codice deontologico si esprime in forma propositiva, suggerisce una condotta attiva conforme ad un agire responsabile. Il Codice Deontologico oggi in vigore fu approvato nel Congresso A.I.T.R. (ora A.I.F.I) di Fiuggi dell’Ottobre 1998 e contiene i precetti fondamentali cui egli deve ispirare la sua condotta: •

Dovere di operare per la salute

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Dovere di competenza

Dovere di assistere

Dovere di riservatezza

Dovere di documentare

Dovere di collaborare con le autorità

Tali principi si fondano sul rispetto della persona umana, sulla tutela della salute, sulla competenza e sulle capacità. Competenza e capacità comportano il pieno possesso dei nozioni acquisite nel corso di un programma di formazione e l’abilità di praticarle, quindi “sapere” e “saper fare” quello per cui si è stati formati. Il Fisioterapista ha il dovere di assistere il paziente fornendogli un’attività costante scaturita da un progetto, elaborato attorno al singolo paziente ed adeguato alle sue esigenze individuali. Segreto e riservatezza riguardano l’insieme dei dati relativi ad uno o più pazienti e l’organizzazione del lavoro. Il dovere di documentare emerge nel momento in cui il Fisioterapista viene a confrontarsi con attività quali l’elaborazione del

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piano terapeutico, la verifica dell’aderenza alle metodologie e ai programmi. Inoltre si deve ritenere valida la normativa sulla certificazione che egli non può negare se richiesta dal paziente. Circa il dovere di collaborare, l’interlocutore del Fisioterapista è l’Associazione, alla quale vanno denunciati abusi, scorrettezze e contrasti, sempre in vista della salvaguardia della salute del paziente e dell’autonomia professionale. Come per tutti i professionisti sanitari, l’attività del Fisioterapista deve mettere in atto una corretta informazione al paziente che si realizza in un vero e proprio percorso informativo finalizzato, non solo al consenso, ma a soddisfare un diritto fondamentale del paziente. Il Codice Deontologico ancora oggi in vigore ha contribuito a fare da guida anche agli interventi normativi successivi alla sua stesura in particolare per quanto riguarda il ruolo, la responsabilità e l’autonomia che venivano richieste dalla professione per meglio rispondere alle esigenze degli utenti.

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CAPITOLO 2

DISABILITA’ ED HANDICAP DALL’ ICIDH ALL’ICF

Nel 1980 l’OMS pubblicò un primo documento dal titolo International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH).

2.1 CONCETTI BASE E STRUTTURA DELL'ICIDH

Il concetto fondamentale dell’ICIDH è basato sulla sequenza: Menomazione -> Disabilità -> Handicap. •

Menomazione: qualsiasi perdita o anormalità a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche; essa rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e in linea di principio essa riflette i disturbi a livello d’organo.

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Disabilità: qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a una menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. La disabilità rappresenta l’oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello della persona. La disabilità si riferisce a capacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno.

Handicap:condizione

di

svantaggio

vissuta

da

una

determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona (in base all’età, al sesso e ai fattori socio-culturali). Esso rappresenta la socializzazione di una menomazione o di una disabilità e come tale riflette le conseguenze – culturali, sociali, economiche e ambientali – che per l’individuo derivano dalla presenza della menomazione e della disabilità. Lo svantaggio deriva dalla diminuzione o dalla perdita delle capacità di conformarsi alle aspettative o alle norme proprie dell’universo che circonda l’individuo.

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La sequenza descritta è sintetizzata nel seguente schema:

A seguito di un evento morboso, sia esso una malattia (congenita o meno) o un incidente, una persona può subire una menomazione, ovvero la perdita o anomalia strutturale o funzionale, fisica o psichica. La menomazione può poi portare alla disabilità, ovvero alla limitazione della persona nello svolgimento di una o più attività considerate “normali” per un essere umano della stessa età. Infine, la disabilità può portare all’handicap, ovvero allo svantaggio sociale che si manifesta a seguito dell’interazione con l’ambiente.

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La sequenza descritta non è comunque sempre così semplice: l’handicap può infatti essere conseguenza di una menomazione, senza la mediazione di uno stato di disabilità. Una menomazione può ad esempio dare origine ad ostacoli nei normali tentativi di instaurare dei rapporti sociali; essa determina l’handicap ma non la disabilità.

Inoltre, la sequenza può essere interrotta: una persona può essere menomata senza essere disabile e disabile senza essere handicappata.

L’ICIDH prevede per le Menomazioni e le Disabilità 9 macrocategorie mentre per gli Handicaps le macro-categorie sono 7:

Categorie delle menomazioni

1.

Menomazioni della capacità intellettiva

2.

Altre menomazioni psicologiche

3.

Menomazioni del linguaggio

4.

Menomazioni auricolari

5.

Menomazioni oculari

6.

Menomazioni viscerali

7.

Menomazioni scheletriche

8.

Menomazioni deturpanti

9.

Menomazioni generalizzate, sensoriali e di altro tipo

Categorie delle disabilità

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1.

Disabilità nel comportamento

2.

Disabilità nella comunicazione

3.

Disabilità nella cura della propria persona

4.

Disabilità locomotorie

5.

Disabilità dovute all’assetto corporeo

6.

Disabilità nella destrezza

7.

Disabilità circostanziali

8.

Disabilità in particolari attitudini

9.

Altre limitazioni nell’attività

Classificazione degli handicaps

1.

Handicap nell’orientamento

2.

Handicap nell’indipendenza fisica

3.

Handicap nella mobilità

4.

Handicaps occupazionali

5.

Handicap nell’integrazione sociale

6.

Handicap nell’autosufficienza economica

7.

Altri handicap

2.2 ICF

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Il 21 maggio 2001, 191 Paesi partecipanti alla 54ma Assemblea Mondiale della Sanità hanno accettato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health ICF) come “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”.

Lo scopo generale dell’ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati.

Quest’ultime sono descritte dal punto di vista corporeo, individuale e sociale in due elenchi principali:

1. Funzioni e Strutture Corporee, 2. Attività e partecipazione

La

classificazione

elenca

anche

i

fattori

ambientali

che

interagiscono a determinare una situazione di disabilità. Questa infatti viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo.

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L’ICF può essere utilizzata in discipline e settori diversi (clinico, statistico, ricerca, politiche di welfare, ad esempio) in quanto:

fornisce una base scientifica per la comprensione e lo

studio della salute, delle condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa correlate; •

stabilisce un linguaggio comune allo scopo di

migliorare la comunicazione fra i diversi utilizzatori, tra cui gli operatori sanitari, i ricercatori, gli esponenti politici e la popolazione, incluse le persone con disabilità; •

rende possibile il confronto tra dati raccolti in Paesi,

discipline sanitarie, servizi e periodi diversi; •

fornisce uno schema di codifica sistematico per i

sistemi informativi sanitari.

La classificazione è il risultato di un lungo lavoro di revisione, iniziato nel 1993 dall’OMS, della Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Svantaggi Esistenziali (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps - ICIDH) del 1980.

L’Italia è tra i 65 paesi che hanno attivamente partecipato alla validazione dell'ICF. A partire dal 1998 il lavoro di revisione della precedente classificazione ICIDH è stato svolto in Italia da una rete,

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inizialmente informale, di istituzioni, servizi, esperti e associazioni di persone con disabilità denominata Disability Italian Network-DIN, coordinata dall'Agenzia Regionale della Sanità della Regione Friuli Venezia Giulia. La stessa Agenzia ha organizzato la presentazione ufficiale della versione italiana dell'ICF tenutasi il 17 aprile 2002 a Trieste durante la “WHO-Conference on Health and Disability”.

2.2.1 Concetti base e struttura dell'ICF

A differenza della precedente Classificazione ICIDH, l’ICF non è una classificazione delle "conseguenze delle malattie" ma delle "componenti della salute". Nel primo tipo di classificazione l’attenzione viene posta sulle "conseguenze" cioè sull’impatto delle malattie o di altre condizioni di salute che ne possono derivare mentre nel secondo tipo si identificano gli elementi costitutivi della salute. In tal senso l’ICF non riguarda solo le persone con disabilità ma tutte le persone proprio perché fornisce informazioni che descrivono il funzionamento

umano

e

le

sue

restrizioni.

Inoltre, essa utilizza una terminologia più neutrale in cui Funzioni e Strutture Corporee, Attività e Partecipazione vanno a sostituire i termini di menomazione, disabilità e handicap.

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La sequenza Menomazione -> Disabilità -> Handicap, alla base dell’ICIDH, nella nuova Classificazione viene superata da un approccio multiprospettico alla classificazione del funzionamento e la disabilità secondo un processo interattivo ed evolutivo.

La classificazione integra in un approccio di tipo “bio-psicosociale” (in cui la salute viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni: biologica, individuale e sociale) la concezione medica e sociale della disabilità. È in sostanza il passaggio da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità.

La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale. Il termine disabilità, infatti,

non si deve

associare solo ai gradi estremi, come persone costrette all’uso della sedia a rotelle, ma, ad esempio, basta pensare alle persone anziane che aumentano sempre di più nella società odierna, e che sono spesso portatrici di numerose patologie a carattere degenerativo, o il numero abbastanza considerevole di persone colpite da infortunio, costrette

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per un certo periodo a subire delle limitazioni nella loro mobilità abituale, oppure le donne in gravidanza…

È l’ambiente che reca gli impedimenti, gli “handicap”, non la persona; e quindi in qualsiasi momento della vita , una persona si può trovare in una condizione anche temporanea di disabilità e tale disabilità sarà tanto più marcata quanto più l’ambiente risulta sfavorevole.

L’ICF correlando la condizione di salute con l’ambiente promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare perché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione.

Il modello concettuale alla base della Classificazione è presentato nello schema seguente: Interazioni tra le componenti dell’ICF

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L’ICF è suddiviso di due parti principali: Parte 1 - Funzionamento e Disabilità, Parte 2: Fattori Contestuali.

Ogni parte è poi composta da due componenti:

Parte 1 - Funzionamento e Disabilità:

o

Funzioni

e

strutture

corporee,

comprende

due

classificazioni una per le funzioni dei sistemi corporei e una per le strutture corporee o

Attività e Partecipazione, comprende la gamma

completa dei domini indicanti gli aspetti del funzionamento da una prospettiva sia individuale che sociale.

Parte 2- Fattori Contestuali:

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o

Fattori Ambientali, comprende l’ambiente fisico,

sociale e degli atteggiamenti in cui vivono le persone che possono avere un’influenza sulla capacità dell’individuo di eseguire azioni o compiti, o sul suo funzionamento o sulla struttura del corpo. o

Fattori Personali, sono il background personale della

vita e dell’esistenza di un individuo che possono giocare un certo ruolo nella disabilità ma non vengono classificati nell’ ICF.

Le componenti del Funzionamento e della Disabilità nella Parte 1 dell’ICF possono essere espresse in due modi. Da un lato possono essere usate per indicare problemi (per es. menomazioni, limitazione dell’attività o restrizione della partecipazione, raggruppati sotto il termine ombrello disabilità); dall’altro possono indicare aspetti non problematici (neutri) della salute e degli stati ad essa correlati, raggruppati

sotto

il

termine

ombrello

funzionamento.

I domini sono insiemi di funzioni fisiologiche, strutture anatomiche, azioni, compiti o aree della vita correlate tra loro e costituiscono i diversi capitoli e i blocchi all’interno di ciascuna componente.

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Queste componenti del funzionamento e della disabilità vengono interpretate attraverso quattro costrutti separati ma correlati che vengono resi operativi utilizzando i qualificatori.

I costrutti della Parte 1 sono:

o

Cambiamento nella funzione corporea

o

Cambiamento nella struttura corporea

o

Capacità (l’abilità di un individuo di eseguire un

compito o un’azione) o

Performance (ciò che un individuo fa nel suo ambiente

attuale)

I costrutti della Parte 2 sono:

o

Facilitatori nei fattori ambientali (fattori che mediante

la loro presenza o assenza limitano in funzionamento e riducono la disabilità) o

Barriere nei fattori ambientali (fattori che mediante la

loro presenza o assenza limitano in funzionamento e creano disabilità).

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CAPITOLO 3

DIRITTI DELLA PERSONA PER UNA PARI DIGNITA’ SOCIALE

La Costituzione Italiana agli articoli n°2 e n°3 enuncia quelli che sono i diritti inviolabili dell’uomo. Art.2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

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Art.3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Tra i diritti inviolabili per il riconoscimento della persona nella società ritroviamo: l’accessibilità intesa come accesso a tutto per tutti, l’autonomia e l’indipendenza.

3.1 ACCESSIBILITA’ Il concetto di accessibilità si inizia a delineare all’articolo 9 della prima Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del XXI secolo: “1. Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita, gli Stati Parti devono prendere misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli

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altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali. Queste misure, che includono l’identificazione e l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicheranno tra l’altro a: - Edifici, strade, trasporti e altre attrezzature interne ed esterne agli edifici, compresi scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro, - Servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i servizi elettronici e quelli di emergenza. 2. Gli Stati Parti inoltre dovranno prendere appropriate misure per: -

Sviluppare, promulgare e monitorare l’applicazione degli

standard minimi e servizi che sono aperti o offerti al pubblico, tengano conto di tutti gli aspetti dell’accessibilità per le persone con disabilità; - Fornire a tutti coloro che siano interessati alle questioni dell’accessibilità una formazione concernente i problemi di accesso con i quali si confrontano le persone con disabilità; - Dotare le strutture e gli edifici aperti al pubblico di segnali in carattere braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili;

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- Mettere a disposizione forme di aiuto da parte di persone o di animali addestrati e servizi di mediazione, specialmente di guide, di lettori e interpreti professionisti esperti nel linguaggio dei segni allo scopo di agevolare l’accessibilità ad edifici e altre strutture aperte al pubblico. - promuovere altre appropriate forme di assistenza e di sostegno a persone con disabilità alle nuove tecnologie e ai sistemi di informazione e comunicazione, compreso internet. - promuovere la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di tecnologie e sistemi accessibili di informazione e comunicazione sin dalle primissime fasi, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano accessibili al minimo costo”. È la prima Convenzione che nasce non soltanto dall’impegno dei governi ma soprattutto dal coinvolgimento attivo e costante delle associazioni di persone disabili. Le persone disabili hanno partecipato a tutto il negoziato in maniera attiva, collaborativa e competente: questa è la conferma che le persone con disabilità sono attori primari nella costruzione di un mondo a misura di tutti. I pilastri su cui è stata costruita sono, innanzitutto l’accesso a tutto per tutti, la promozione dei diritti, il rafforzamento della partecipazione

delle

organizzazioni

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di

rappresentanza

e

il


mainstreaming della disabilità nel processo globale di sviluppo. Accanto a queste si confermano principi fondamentali quali la dignità, l’autonomia individuale, l’indipendenza delle persone, la non discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società sulla base di eguaglianza, il rispetto delle differenze e l’accettazione della disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa. È l’accesso – a tutto per tutti – il perno della convenzione. Esso si consegue soltanto se si sarà in grado di eliminare progressivamente le barriere che l’ambiente reca, perché sono causa di discriminazione. Quelle architettoniche, quelle ambientali, ma anche le altre: quelle più “visibili” - le barriere che limitano l’accesso ai servizi, ai beni, alle informazioni, ai mezzi di comunicazione – e quelle più “invisibili” ma non per questo meno insidiose: culturali e sociali. È quindi sulla rimozione degli ostacoli che occorre operare per costruire un nuovo mondo a misura di tutti. Le barriere, qualunque sia la loro natura, possono diventare ostacolo alla relazione tra persone che vivono uno stesso luogo e che aspirano al pieno riconoscimento delle loro differenze; per scongiurare questo rischio, le Istituzioni devono darsi il compito di costruire contesti inclusivi, al cui interno, ciascun individuo, indipendentemente

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dalle proprie abilità, possa sentirsi valorizzato come persona portatrice di diritti irrinunciabili e partecipare a pieno titolo alla vita sociale, culturale e produttiva del territorio di appartenenza. Operare per favorire l’inclusione della persona con disabilità vuol dire, di fatto, occuparsi potenzialmente del benessere di tutti i cittadini. Soluzioni e progetti per le persone con disabilità concorrono a disegnare un volto della città e dei suoi spazi qualitativamente migliore per tutti. Il concetto di accessibilità risulta, quindi, molto affine al concetto di libertà, infatti nei vari contesti ove sussistono problemi di inaccessibilità l’essere umano riscontra limiti alla propria libertà di movimento, alla conoscenza delle cose ed alla fruibilità dei servizi. Si può affermare che la libertà risulta molto limitata dove non c’è accessibilità.

3.2 AUTONOMIA Si può definire come la capacità di "fare da solo", in questo caso possiamo parlare di Autonomia funzionale, cioè la capacità di svolgere autonomamente delle attività della vita quotidiana, seppure in

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modo differente da quello ritenuto normale, con o senza l'utilizzo di ausili. La persona può sfruttare tutte le sue risorse residue e riuscire a compiere le azioni con nuove modalità e/o con l'utilizzo di ausili tecnici. L'autonomia funzionale dipende ovviamente dalle possibilità motorie che la persona ha a disposizione, o dal grado di compromissione delle funzioni. L'età, il peso, la morfologia, le problematiche cliniche, la capacità di apprendimento motorio e la motivazione

sono altri parametri che condizionano l'autonomia

funzionale. E' importante però interpretare il significato di autonomia in senso più ampio superando il limite motorio del fare da soli ed utilizzare il concetto di indipendenza.

3.3 INDIPENDENZA è un atteggiamento mentale della persona, è la capacità di gestire e progettare la propria vita, di esserne protagonista, di utilizzare al massimo le proprie capacità.

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L'indipendenza è anche la capacità di utilizzare "l'ambiente" per soddisfare i propri bisogni e realizzare i propri obiettivi. Per ambiente possiamo intendere le persone che fanno assistenza nelle attività di vita quotidiana, i servizi messi a disposizione dalla comunità, i mezzi tecnici, ecc. È quindi la capacità di una persona con disabilità di autodeterminarsi raggiungendo gli obiettivi prefissati, avvalendosi delle proprie competenze e abilità. È la libertà di scelta, libertà di compiere errori e imparare da questi come per chiunque altro.

CAPITOLO 4

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LA NORMATIVA ITALIANA SULLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

La normativa relativa all’eliminazione e al superamento delle barriere architettoniche è caratterizzata dalla principale distinzione tra: -

Edifici e spazi pubblici e privati aperti al pubblico

-

Edifici e spazi privati.

Il primo provvedimento di rango legislativo è la legge n°118 del 30 marzo 1971: Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971 n°5, e nuove forme dei mutilati e invalidi civili che ha ad oggetto solo gli uffici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche, prescolastiche o di interresse sociale di nuova costruzione. Solo quindici anni dopo, il parlamento affronta nuovamente il problema disponendo, nella legge finanziaria del 1986, il divieto di approvare progetti di costruzioni e ristrutturazioni in difformità alle norme tecniche relative all’eliminazione delle barriere architettoniche e stabilendo che tutte le costruzioni in contrasto con dette disposizioni non potessero fruire di contributi o agevolazioni pubbliche. La disciplina delle barriere architettoniche nell’edilizia privata nasce, invece, con la legge 9 gennaio 1989 n°13 e con il regolamento

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di attuazione adottato con Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 14 giugno 1989 n° 236. Nella legge il problema è affrontato con una logica diversa da quella dei primi provvedimenti poiché si ha riguardo alla prevenzione anziché alla sanatoria di costruzioni; cioè tutti i progetti di nuovi edifici e le ristrutturazioni di interi edifici devono essere conformi alle prescrizioni tecniche contenute nel regolamento di attuazione. Il regolamento di attuazione riveste una grande importanza non solo perché contiene prescrizioni tecniche e soluzioni specifiche, ma anche perché ha introdotto i criteri di progettazione che rappresentano la qualità dello spazio costruito; ciò che ancora è parzialmente escluso sono gli

interventi di ristrutturazione e le opere di manutenzione

straordinaria, il restauro e il risanamento conservativo. Nell’intento di affrontare ogni aspetto possibile dell’handicap viene emanata la legge 5 febbraio 1992 n° 104 intitolata Legge quadro per l’assistenza,l’integrazione e i diritti delle persone handicappate, che, all’art. 24 richiama tutta la normativa vigente in materia di eliminazione e superamento delle barriere architettoniche, facendo riferimento non più agli edifici nuovi o esistenti ma al concetto di “opere edilizie”. Tale formula sembra estendere l’ambito di applicazione delle norme in maniera tale per cui non solo la

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ristrutturazione, ma anche gli interventi di ristrutturazione più blandi devono essere eseguiti nel rispetto della normativa. Altra disposizione rilevante della legge quadro è la previsione di un regime sanzionatorio, a carico del progettista, del direttore dei lavori e del responsabile tecnico degli accertamenti per l’agibilità e l’abitabilità e del collaudatore per le opere realizzate in difformità alla disciplina vigente. Negli anni novanta la disciplina delle barriere architettoniche nell’edilizia privata era più aggiornata e coerente con gli indirizzi comunitari di quella relativa agli edifici pubblici. A modificare tale situazione è intervenuto il D.P.R. 24 luglio 1996 n°503 che ha dettato nuove norme in materia di edilizia pubblica e riunito l’originaria dicotomia edifici pubblici / edifici privati, dettando disposizioni più specifiche per gli spazi ed edifici pubblici ed estendendo, al contempo, a dette categorie, le prescrizioni del Decreto Ministeriale 236/1989. Più in particolare, l’art. 4 del Decreto del Presidente della Repubblica 503/96 recita: “i progetti relativi agli spazi pubblici e alle opere di urbanizzazione a prevalente fruizione pedonale devono prevedere almeno un percorso accessibile in grado di consentire (…),

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l’uso dei servizi, le relazioni sociali e la fruizione ambientale anche alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale”. La normativa in oggetto non deve essere considerata una difficoltà aggiuntiva nella progettazione ma, come in F. Vescovo, “Progettare per tutti senza barriere”, Rimini 1997, << occorre chiarire con forza che

tutte

le

prescrizioni

legislative

derivanti

dai

numerosi

provvedimenti esistenti in materia di superamento delle barriere architettoniche non costituiscono un ulteriore “vincolo” alla buona progettazione. Si configurano invece come “valore aggiunto” alla stessa finalizzato ad una migliore qualità dell’opera in quanto maggiormente godibile e certamente più sicura >> . Egli ricorda inoltre come << è necessario altresì fare emergere che le prescrizioni e gli obblighi non debbano produrre soluzioni “dedicate” solo alle persone disabili ma devono invece avere come “target” di riferimento l’intera cittadinanza, con conseguenti benefici generalizzati >> . È un fatto che lo spazio pubblico non può sempre avere caratteristiche paragonabili agli spazi interni agli edifici (spazi dai quali proviene l’attuale normativa di riferimento), specie per ciò che riguarda il tessuto urbano più antico e per le sue porzioni dagli andamenti altimetrici più tormentati.

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I tre livelli qualitativi raggiungibili dalla progettazione senza barriere – così come introdotti dalla legge 13 del 1989 – sono: accessibilità, visitabilità e adattabilità: “ l’accessibilità esprime il più alto livello in quanto ne consente la totale fruizione nell’immediato, la visitabilità rappresenta un livello di accessibilità limitato a una parte più o meno estesa (…) che consente comunque ogni tipo di relazione fondamentale anche alla persona con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, l’adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità,

potenzialmente

suscettibile,

per

originaria

previsione

progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l’adattabilità è, pertanto, un’accessibilità differita” . È infine da ricordare che, con la legge n° 67 del 1 marzo 2006, il Parlamento italiano approvava misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazione che, come detto dall’art. 2 comma 3, avviene

“… quando una disposizione, un

criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone” . Ed è ulteriormente da sapere che il Governo italiano ha recentemente sottoscritto un’articolata convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità in corso di ratifica da parte degli stati membri, denotando ulteriormente, se possibile, l’attenzione sempre più

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accentuata che si intende portare sui problemi della disabilitĂ e le loro soluzioni.

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CAPITOLO 5

CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE

Un progetto che sia concepito senza barriere architettoniche non deve essere appiattito da una lettura semplicistica dei requisiti richiesti, ma deve essere portatore di un proprio valore in cui l’analisi del rispetto della norma si inserisce armonicamente, non banalizzando – anzi contribuendo – ad arricchire la creatività del progettista e il rispetto dei caratteri dell’ambiente urbano sul quale si va ad operare.

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Inoltre, progettando, bisogna sempre provare a immedesimarsi nei fruitori tutti, ed è comunque importante sottoporre il proprio lavoro all’esame preventivo di altri, meglio se portatori di disabilità. Per barriere architettoniche si intendono: •

Ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità

di chiunque e in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea. •

Ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la

comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti; •

La mancanza di accorgimenti e segnalazioni che

permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, gli ipovedenti e per i sordi.

5.1 MARCIAPIEDI: (rif : art 5 e 6 D.P.R. 503/96) Il dislivello tra il piano del marciapiede e zone carrabili ad esso adiacente non deve, salvo giustificate eccezioni, superare i 15 cm. In

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relazione alla bidirezionalità del marciapiede e all'ingombro della sedia a ruote si ritiene idonea una larghezza di 150 cm. Il dislivello consentito nel raccordo tra il marciapiede e le zone carrabili (ma possibilmente da evitare) è di 2,5 cm. II dislivello massimo non deve comunque superare i 15 cm. La pendenza delle rampe di raccordo deve essere al massimo del 15 % ; Eventuali contropendenze devono presentare una somma delle due pendenze non superiore al 22%. Ad ogni cambio di pendenza è opportuno prevedere un piano di sosta di almeno 150 cm. È necessario tenere conto delle sporgenze di siepi ed alberi sulla sede del marciapiede, utilizzando in particolare piante dotate di radici consone e di fiori e frutti adatti a non imbrattare la pavimentazione. Inoltre i grigliati ad uso della protezione delle radici degli alberi non devono ridurre la sede pedonale al di sotto dei 90 cm. L’uso di espositori mobili e infissi(arredo urbano) non devono limitare la larghezza usufruibile del marciapiede. Così pure si deve tenere adeguatamente conto degli spazi appositamente creati per i contenitori dei rifiuti in modo che questi non vadano a sottrarre spazio ai marciapiedi o comunque costituiscano un ostacolo alla mobilità.

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Nelle strade ad alto volume di traffico gli attraversamenti pedonali devono essere illuminati nelle ore notturne o di scarsa visibilità. Il fondo stradale, in prossimità dell’attraversamento pedonale, potrà essere differenziato mediante rugosità poste su manto stradale al fine di segnalare la necessità di moderare la velocità. Le piattaforme salvagente devono essere comunque accessibili alle persone su sedia a ruote ma è preferibile che alla loro corrispondenza il percorso di attraversamento pedonale sia complanare alla sede stradale. In caso di percorsi pedonali realizzati con pavimentazioni in acciottolato e/o porfido bisogna prevedere, oltre alle fasce per il transito degli automezzi due fasce ad interasse (70-80 cm.) per consentire il movimento delle carrozzine. Dal marciapiede stradale all'interno di edifici aperti al pubblico, compresi esercizi commerciali direttamente prospettanti sulla pubblica via, non ci devono essere dislivelli. Eventuali deroghe sono ammesse in casi di effettiva impossibilità per i quali è necessaria l'apposizione di campanello e contrassegno relativo alla fruibilità assistita.

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Fig. 5.1 Marciapiede sconnesso in corrispondenza di un attraversamento pedonale

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Fig. 5.2 Acciottolato e fasce di percorrenza.

5.2 PERCORSI: (rif art 4 comma 2.1, D.M. 236/89) Nello spazio pubblico deve essere sempre garantito almeno un percorso preferibilmente in piano con caratteristiche tali da consentire la mobilità delle persone con ridotte o impedite capacità motorie e che assicuri loro la piena accessibilità, al pari delle persone normodotate, a tutti i punti dello spazio pubblico, con particolare riferimento a tutti gli accessi degli edifici, a tutti gli attraversamenti stradali, alle fermate dei mezzi pubblici e ai parcheggi. I percorsi devono presentare un andamento quanto più possibile semplice e regolare in relazione alle principali direttrici di accesso ed essere privi di strozzature, arredi, ostacoli di qualsiasi natura che riducano la larghezza utile di passaggio o che possano causare infortuni. La loro larghezza deve essere tale da garantire la mobilità nonché, in punti non eccessivamente distanti tra loro, anche l’inversione di marcia da parte di una persona su sedia a ruote. Quando un percorso pedonale sia adiacente a zone non pavimentate, è necessario prevedere un ciglio da realizzare con

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materiale atto ad assicurare l’immediata percezione visiva nonchĂŠ acustica se percorso con bastone. Le eventuali variazioni di livello dei percorsi devono essere raccordate con lievi pendenze ovvero superate mediante rampe in presenza o meno di eventuali gradini ed evidenziate con variazioni cromatiche. Le intersezioni tra percorsi pedonali e zone carrabili devono essere opportunamente segnalate anche ai disabili visivi. Il percorso pedonale deve avere una larghezza minima di 90 cm. ; deve però prevedere l’inversione di marcia da parte di persona su sedia a ruote, allargamenti del percorso da realizzare in piano almeno ogni 10 m. di sviluppo lineare.

68


Qualsiasi cambio di direzione rispetto al percorso rettilineo deve avvenire in piano; ove sia indispensabile effettuare svolte ortogonali al verso di marcia, la zona interessata alla svolta, per 1.70 m. (o, dove possibile, per almeno 1.40 m.) su ciascun lato a partire dal vertice piĂš esterno, deve risultare in piano e priva di qualsiasi interruzione. Ove sia necessario prevedere un ciglio, questo deve essere sopraelevato di 10 cm. dal calpestio, essere differenziato per materiale e colore dalla pavimentazione del percorso, non essere a spigoli vivi ed essere interrotto almeno ogni 10 m. da varchi che consentano l’accesso alle zone adiacenti non pavimentate. La pendenza longitudinale non deve superare di norma il 5% ; ove ciò non sia possibile, sono ammesse pendenze superiori.

69


Per pendenze del 5% è necessario prevedere un ripiano orizzontale di sosta, di profondità di almeno 1,50 m., ogni 15 m. di lunghezza del percorso;

per

pendenze

superiori

tale

lunghezza

deve

proporzionalmente ridursi fino alla misura di 10 m. per una pendenza dell’ 8%. La pendenza trasversale massima ammissibile è dell’ 1 % (art. 8.2.1, D.M. 236/89).

70


Questo punto richiede una riflessione specifica, perché la pendenza trasversale di un percorso può essere una barriera difficile e pericolosa da superare per il disabile su sedia a rotelle, in quanto composte da due ruote motrici (con spinta a mano) di grande diametro e da due ruote di piccolo diametro anteriori e piroettanti. Questa caratteristica permette di agire, per la direzionalità della sedia, esclusivamente sulla spinta differenziata delle ruote grandi, ma comporta che la stessa sedia, quando si trova su di un piano inclinato tenda ad assumere il verso della massima pendenza, a meno di imporre un elevato sforzo muscolare per frenare la ruota motrice opposta al verso della discesa. Ora è vero che non è sempre possibile rimanere con assoluto rigore entro l’1% trasversale, però questo è un obiettivo da avvicinare il più possibile perché può davvero generare situazioni di grande scomodità e di pericolo, sia per i disabili in piena autonomia che per quelli accompagnati.

71


In presenza di contropendenze al termine di un percorso inclinato o di un raccordo tra percorso e livello stradale, la somma delle due pendenze rispetto al piano orizzontale deve essere inferiore al 22%. Il dislivello massimo ammissibile tra il piano del percorso ed il piano del terreno o delle zone carrabili ad esso adiacenti è di 2.5 cm. e l’angolo del piccolo gradino deve essere adeguatamente smussato per facilitarne la salita con sedia a rotelle. In realtà è più opportuno che questo minigradino sia annullato da un raccordo perfettamente realizzato senza soluzione di continuità altimetrica. Quando il percorso si raccorda con il livello stradale o è interrotto da un passo carrabile , sono ammesse brevi rampe di pendenza non superiore al 15% per un dislivello massimo di 15 cm. Fino ad un’altezza minima di 2.10 m. dal calpestio, non devono esistere ostacoli di nessun genere, quali tabelle segnaletiche o elementi sporgenti dai fabbricati, che possono essere causa di infortunio ad una persona in movimento.

5.3 PAVIMENTAZIONE (rif. Art. 4, comma 2.2, D.M. 236/89) La

pavimentazione

del

percorso

pedonale

deve

essere

antisdruccevole. Eventuali differenze di livello tra gli elementi

72


costituenti una pavimentazione devono essere contenute in maniera tale da non costituire ostacolo al transito di una persona su sedia a ruote. I grigliati sia per aerazione di ambienti interrati che per raccolta delle acque, utilizzati nei calpestii, debbono avere maglie con vuoti non attraversabili da una sfera di diametro uguale o superiore a 2 cm. ; se realizzati a elementi paralleli devono comunque essere posti con gli elementi ortogonali rispetto al verso di marcia prevalente e devono essere tali da non costituire ostacolo o pericolo, rispetto a ruote, bastoni di sostegno e simili. I pavimenti devono essere di norma orizzontali e complanari tra loro e non sdruccevoli. Le ipotesi di condizione della pavimentazione (asciutta o bagnata) debbono essere assunte in base alle condizioni normali del luogo ove sia posta in opera. Gli strati di supporto della pavimentazione devono essere idonei a sopportare nel tempo la pavimentazione e i sovraccarichi previsti, nonchĂŠ ad assicurare il bloccaggio duraturo degli elementi costituenti la pavimentazione stessa.

73


Gli elementi costituenti una pavimentazione devono presentare giunture inferiori a 5 mm, stilati con materiali durevoli, essere piani con eventuali risalti di spessore non superiore a 2 mm. Ăˆ poi da ricordare che eventuali differenze di livello devono essere contenute ovvero superate tramite rampe con pendenza adeguata in modo da non costituire ostacolo al transito di una persona su sedia a ruote. Infine, e soprattutto nel caso di ampie superfici pedonali senza riferimenti volumetrici e/o altimetrici, in cui domini una tipologia di pavimentazione monotona e monocroma, è preferibile provvedere ad una chiara individuazione degli eventuali percorsi di maggiore significato, mediante una adeguata differenziazione nel materiale e nel colore delle pavimentazioni che identifichi il percorso stesso.

Fig. 5.3 Uso corretto del grigliato.

74


Fig. 5.4 Esempio di raccordo corretto tra sede stradale e marciapiede

Fig. 5.5 Pavimentazione dotata anche di superfici tattili.

5.4 RAMPE (rif. Art. 4, comma 1.11, D.M. 236/89)

75


La pendenza di una rampa va definita in rapporto alla capacitĂ di una persona su sedia a ruote di superarla e di percorrerla senza affaticamento anche in relazione alla lunghezza della stessa. Si devono interporre ripiani orizzontali di riposo per rampe particolarmente lunghe. Non viene considerato accessibile il superamento di un dislivello superiore a 3,20 m. ottenuto esclusivamente mediante rampe inclinate poste in successione. La larghezza minima di una rampa deve essere:

O.90 m. per consentire il transito di una

persona su sedia a ruote

1.50 m. per consentire l’incrocio di due

persone. Ogni 10 m. di lunghezza e in presenza di interruzioni mediante porte, la rampa deve prevedere un ripiano orizzontale di dimensioni minime pari a 1.50 x 1.50 m. , ovvero 1.40 m. in senso trasversale e 1.70 m. in senso longitudinale al verso di marcia, oltre l’ingombro di aperture di eventuali porte. La pendenza delle rampe non deve superare l’8% . La pavimentazione deve essere antisdrucciolevole;

76


Il parapetto deve essere alto almeno 1 m e inattraversabile da una sfera di 10 cm di diametro; nel caso il parapetto non sia pieno, la rampa deve avere un cordolo alto almeno 10 cm. Su entrambi i lati della rampa deve essere disposto un corrimano, di altezza compresa tra 90 a 100 cm; se la rampa è larga piu di 6 m, di norma

si

deve

disporre

anche

un

corrimano

centrale.

In

corrispondenza dei ripiani il corrimano deve essere prolungato per almeno 30 cm; è consigliabile disporre un segnale al pavimento (ad es. una fascia in materiale differente) percepibile da parte dei non vedenti, a segnare l'inizio e la fine della rampa;

Fig. 5.6 Esempio non corretto di rampa di raccordo

77


Fig. 5.7 Abbinamento corretto tra rampa e scalini

Fig. 5.8 Rampa di raccordo

78


5.5 ARREDO URBANO: (rif. Art 4, comma 1.4, D.M. 236/89 e art. 9, D.P.R. 503/96) La disposizione degli oggetti di corredo urbano(fissi e mobili) deve essere tale da consentire il transito della persona su sedia a ruote e l’agevole utilizzabilitĂ di tutte le attrezzature presenti. Deve essere data preferenza ad arredi non taglienti e privi di spigoli vivi. Le tabelle e i dispositivi segnaletici devono essere installati in posizione tale da essere agevolmente visibili e leggibili. Le tabelle e i dispositivi segnaletici, nonchĂŠ le strutture di sostegno di linee elettriche, telefoniche, di impianti di illuminazione pubblica e comunque di apparecchiature di qualsiasi tipo, sono installate in modo da non essere fonte di infortunio e intralcio, anche a persone su sedia a ruote. Possibilmente è sempre opportuno generare un certo contrasto cromatico tra gli oggetti di arredo urbano e la pavimentazione per permettere una chiara individuazione da parte degli ipovedenti.

79


Ăˆ altresĂŹ tassativo non ingombrare le sezioni normali dei passaggi pedonali con oggetti di arredo che intralcino la percorrenza della sedia a rotelle o che costituiscano pericolo per i non vedenti. Quando nello spazio pubblico sono presenti degli elementi di arredo urbano di servizio (ad esempio cestoni per rifiuti, nicchie telefoniche, parcometri, panchine‌.), questi devono sempre essere raggiungibili senza sforzo o pericolo dalle sedie a rotelle.

Fig. 5.9 Palo sul marciapiede in corrispondenza di un attraversamento pedonale

80


Fig. 5.10 Posizionamento e sagomatura corretta del palo della segnaletica stradale.

5.6 PARCHEGGI (rif. Art, 4, comma 2.3, D.M. 236/89 e art. 10 e 11, D.P.R.503/96) Si considera accessibile un parcheggio complanare alle aree pedonali o a esse collegato tramite rampe. Nelle aree di parcheggio devono comunque essere previsti, nella misura minima di 1 ogni 50 o frazione di 50, posti auto di larghezza non inferiore a 3.20 m. , e riservati gratuitamente ai veicoli al servizio di persone disabili.

81


Detti posti auto, opportunamente segnalati, sono ubicati in aderenza ai percorsi pedonali. Ăˆ opportuno ricordare che il posto deve essere accessibile, per cui – ove il parcheggio non sia complanare e non sia presente a distanza ragionevole uno scivolo – bisogna provvedere la realizzazione di un opportuno scivolo di raccordo.

Fig. 5.11 Parcheggio riservato con esempio di pavimentazione

82


Fig. 5.12 Parcheggio riservato e rampa d’accesso al marciapiede

5.7 ATTRAVERSAMENTI PEDONALI: Uno dei punti più critici per la mobilità urbana delle persone portatrici di disabilità sono gli attraversamenti stradali. Oltre alle soluzioni ampiamente descritte per il più opportuno raccordo altimetrico dei percorsi pedonali è il caso di segnalare che i cosiddetti “nasi”, vale a dire le penisole che rompono la continuità della sezione dei marciapiedi sostituendosi alle fasce riservate abitualmente alla sosta veicolare, hanno una funzione sia dissuasiva rispetto alla sosta abusiva che di garanzia di maggiore visibilità per il pedone che deve attraversare la strada. La loro presenza è indicata non solamente nelle

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aree di incrocio ma anche dove sussistono degli attraversamenti pedonali a metà isolato. L’allontanamento delle auto in posteggio dal punto di attraversamento e l’avanzamento del marciapiede fino al ciglio della vera e propria carreggiata costituiscono un seri passo avanti in termini di sicurezza. Inoltre il “naso” permette un deciso accorciamento del percorso di attraversamento della carreggiata, determinando un minore affanno e una maggiore sicurezza percepita da parte della persona in difficoltà, sia essa disabile o, ad esempio, anziana. Nel caso poi di attraversamenti inusuali a metà di un isolato – o comunque ritenuti particolarmente pericolosi – l’Amministrazione comunale dovrebbe mettere in atto la realizzazione di impianti di segnalazione luminosa e specifica illuminazione per rafforzare la percezione da parte del veicolo transitante

dell’attraversamento

pedonale. Una soluzione con protendimento del marciapiede nell’area di sosta (un “naso”) per quanto più costosa è sempre preferibile alla indicazione normativa del codice della strada, che prevede una semplice zebratura gialla sui lati del passaggio pedonale, similmente a quanto previsto per segnalare le aree di avvicinamento e allontanamento dei mezzi pubblici su gomma in corrispondenza delle fermate.

84


La larghezza minima dell'attraversamento pedonale deve essere pari a 250 cm per i centri urbani e 400 cm per quelli extraurbani. Per facilitare l'individuazione dell'attraversamento può essere impiegata sul marciapiede una pavimentazione a rilievo per tutta la larghezza dello stesso (risalti max 5 mm); può inoltre essere prevista una guida tattile indicante la mezzeria dell'attraversamento pedonale qualora la lunghezza dell'attraversamento sia maggiore di 12 m è opportuno prevedere l'inserimento di isole salvagente per la sosta. Le opera di canalizzazione del flusso pedonale, come transenne a bordo marciapiede, devono essere rilevabili anche ai non vedenti per mezzo di una traversa posta a 20 cm da terra.

Fig. 5.13 Gradino in corrispondenza di un attraversamento pedonale.

85


Fig 5.14 Esempio corretto di un attraversamento pedonale.

Fig. 5.15 Abbinamento corretto tra marciapiede e attraversamento pedonale.

86


CAPITOLO 6

PROGETTO PER UNA CITTA’ ACCESSIBILE: “FOLIGNO C’ENTRO”

6.1 SCENARIO: La città di Foligno per le sue caratteristiche quali la dislocazione in pianura, il suo centro ben delimitato da una cinta di mura con porte d’accesso, con una notevole offerta di servizi e la non eccessiva grandezza che rende tutto a portata di mano e a misura d’uomo ha tutte le caratteristiche per essere accessibile e fruibile a tutti. Quando si parla di fruizione agevole degli spazi collettivi, in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia, non ci si riferisce soltanto al mondo della disabilità ma anche a tutti quei soggetti che per particolari condizioni di salute si trovino in un ambiente con caratteristiche che possono limitarne o restringere le capacità funzionali e di partecipazione sociale; basta pensare alle persone anziane od al numero abbastanza considerevole di persone colpite da

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infortunio, costrette per un certo periodo a subire delle limitazioni nella loro mobilità abituale, alle donne in gravidanza ed ai bambini. Uscendo dal preconcetto della simbologia della sedia a ruote, si parla così, in senso più ampio, di attenzione rivolta ai "bisogni speciali", che

comprendono quindi oltre all’handicap motorio,

l’handicap fisico più in generale, ivi compresi gli stati patologici temporanei, ed anche gli handicap sensoriale e psichico. Da ciò si evince che il numero di soggetti che ogni giorno non può adeguatamente fruire, nella massima autonomia, della propria città è notevolmente più alto di quanto si è soliti pensare considerando il problema nell’ottica, riduttiva e sbagliata, della “conta” dei soggetti disabili presenti nel proprio territorio. Soluzioni e progetti che hanno quale obiettivo riqualificare le città rendendole “città accessibile a tutto per tutti” concorrono a disegnare un volto della città e dei suoi spazi qualitativamente migliore per tutti e qualificano il “vivere civile”. Tale obiettivo si potrà però conseguire soltanto se si sarà in grado di eliminare progressivamente sia le barriere che l’ambiente reca, che le altre, le più “visibili”, che limitano l’accesso ai servizi, ai beni, alle informazioni, ai mezzi di comunicazione, e le più “invisibili”, ma non per questo meno insidiose, quali quelle culturali e sociali.

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6.2 QUESITO DI RICERCA Qual è la situazione attuale in Umbria riguardo l’accessibilità dei servizi? Qual è la situazione di Foligno rispetto alle altre città umbre? Quali interventi si possono effettuare per rendere la città di Foligno accessibile a tutto per tutti?

6.3 PIANO DI STUDIO “Studio pilota” dove si è verificata l’accessibilità agli esercizi commerciali, ai servizi pubblici essenziali, alle farmacie ed agli studi dei medici di medicina generale ubicati all’interno del centro storico di Foligno, Città di Castello, Perugia, Spoleto e Terni. Affinchè il campione studiato fosse rappresentativo si è garantita un’osservazione superiore al 50% totale dei siti eleggibili, scelti in modo randomizzato. Gli osservatori hanno proceduto alla rilevazione dopo adeguata formazione di gruppo.

89


6.3.1 Situazione attuale di Foligno, Città di Castello, Perugia, Spoleto e Terni Per quanto riguarda la città di Foligno, la situazione attuale evidenzia che la maggior parte degli esercizi commerciali del centro storico risultano inaccessibili alle persone con disabilità a causa della presenza di gradini o di ingressi troppo stretti per far passare una sedia a ruote. Le farmacie del centro risultano tutte accessibili. Il dato che più risalta agli occhi riguarda la non accessibilità dei medici di medicina generale in quanto gli studi si trovano in palazzi che presentano ingresso con più gradini, senza scivolo e spesso presentano ascensori troppo stretti a garantire l’ingresso di una sedia a ruota. La situazione è simile nelle altre città umbre, per quanto riguarda gli esercizi commerciali, risultano più accessibili quelli di Città di Castello, mentre Spoleto ha i dati peggiori; il contrario vale per le farmacie che risultano per lo più inaccessibili a Città di Castello; i dati per i medici di medicina generale non sono positivi in nessuna città.

6.3.2 Strumenti e metodi

90


Per verificare l’accessibilità degli esercizi commerciale, farmacie e medici di medicina generale abbiamo utilizzato una griglia di monitoraggio (v. allegato II), che ben descrive ed evidenzia la presenza o meno di barriere architettoniche. Per quanto riguarda le esigenze e i bisogni delle persone con ridotta capacità motoria, abbiamo intervistato la sig. Daniela Zipeto (v. allegato III), vive in carrozzina da 52 anni, esito di poliomielite.

6.4 ANALISI DEI DATI: Dalle rilevazioni fatte nelle varie città abbiamo ricavato i seguenti dati: Farmacie

Foligno Spoleto Perugia

Città di

Terni

Castello N° totale

4

5

5

3

8

N° accessibili

4

4

3

1

8

N° non

0

1

2

2

0

accessibili

91


In percentuale Foligno Spoleto Perugia

CittĂ di Terni Castello

% accessibili % non accessibili

100%

80%

60%

33%

100%

0

20%

40%

67%

0

92


Studi di Medicina Generale Foligno Spoleto Perugia

Città di Terni Castello

N° totale

22

10

10

10

10

N° accessibili

5

3

0

0

9

N° non

17

7

10

10

1

accessibili

In percentuale Foligno Spoleto Perugia

Città di Terni Castello

% accessibili

23%

10%

0

0

90%

% non

77%

90%

100%

100%

10%

accessibili

93


Esercizi commerciali Foligno Spoleto Perugia

Città di Terni Castello

N° totale

169

183

144

149

154

N° accessibili

70

40

53

93

88

N° non

99

143

91

56

66

accessibili

94


In percentuale Foligno Spoleto Perugia

CittĂ di Terni Castello

% accessibili

38

22

37

62

57

% non

62

78

63

38

43

accessibili

95


Su Foligno è stata effettuata un’indagine più dettagliata, prendendo in considerazione tutte le strade principali del centro storico. Il dato complessivo sull’accessibilità degli esercizi commerciali è il seguente:

96


I dati dettagliati per le vie principali del centro sono i seguenti: Foligno

N° totale

N° accessibile

negozi

N° non accessibile

Corso Cavour

76

22

54

Via Gramsci

26

13

13

Pz. Della

14

5

9

Corso Umberto I

37

13

24

Via Garibaldi

44

21

23

Via Mazzini

55

22

33

Via XX Settembre

32

13

19

Repubblica

97


In percentuale % accessibile

% non accessibile

Corso Cavour

29%

71%

Via Gramsci

50%

50%

Pz. Della

36%

64%

Corso Umberto I

35%

65%

Via Garibaldi

48%

52%

Via Mazzini

40%

60%

Via XX Settembre

41%

59%

Repubblica

98


Dallo studio dei dati emerge che l’accessibilità agli esercizi commerciali presenta situazioni notevolmente diverse tra le varie città oggetto dello studio. Tali differenze non sono imputabili e non si possono spiegare solo con la diversa ubicazione urbanistica dei centri storici medioevali rispetto agli altri, o con la geometria stradale tra via e via o piazza e piazza; è verosimile pensare che queste siano frutto di una diversa attenzione al problema sia degli organi istituzionali che delle associazioni di categoria territoriali. Per quanto riguarda le farmacie, a Foligno ed a Terni soddisfano pienamente i requisiti di accessibilità richiesti. Quanto agli studi dei Medici di Medicina Generale in tutte le città studiate questi risultano per lo più essere non accessibili. Ciò fa

99


riflettere su quanto sia necessario lavorare e sia possibile ancora fare nelle nostre città ed in particolare a Foligno affinchè ogni cittadino possa, con pieno riconoscimento dei suoi diritti, godere appieno della propria città.

6.5 CONCLUSIONI: IPOTESI PER FOLIGNO

6.5.1

Progetti dell’Amministrazione Comunale di Foligno:

Il comune di Foligno si sta movendo su due fronti per migliorare la fruibilità della città: •

Rifacimento della pavimentazione del centro storico

Lavori

per

la

realizzazione

di

un

collegamento pedonale meccanizzato tra il parcheggio

“il

Plateatico”

e

“palazzo

Candiotti”. Per quanto riguarda la pavimentazione, dopo le Conferenze dei Servizi del 20/06/2000 e del 29/05/2003, volte alla ricerca di una coerenza formale valida per tutto il centro storico, sono stati individuati dei materiali da utilizzare per tutta la pavimentazione: basoli di pietra arenaria sia liscia che subbiata, selciato suddiviso in due categoria tipologiche, asfalto e pietra sintetica.

100


I materiali previsti sono funzionali all’identificazione di tre specifiche situazioni urbanistiche del comparto: 1. L’utilizzo della pietra arenaria, anche quale materiale tradizionale in Umbria, sottolinea le vie e le piazze di maggiore importanza urbana; 2. L’impiego del selciato è funzionale all’identificazione della viabilità storica minore (vicoli) di impianto medievale, all’interno di questa tipologia di pavimentazione sono state operate ulteriori differenziazioni, date ad esempio, dalla presenza della fascia centrale “canaletta” in pietra arenaria; 3. Ove non vi è una significativa rilevanza storica, o non sono state rilevate pavimentazioni storiche sottostanti l’attuale bitume, si è previsto il semplice rifacimento del tappetino in asfalto. L’utilizzo della pietra sintetica è stato previsto solamente nella ricostruzione delle pavimentazioni di marciapiedi in adiacenza a strade asfaltate. Quindi per le vie e per le piazze principali si è prevista la posa in opera di lastricato di pietra arenaria, mentre per i vicoli si è ritenuta opportuna la realizzazione di pavimentazioni in selciato sul modello di

101


quelle residuali storiche, costituite da elementi derivanti dalla lavorazione di ciottoli di fiume. Nella progettazione si è comunque prestata particolare attenzione a garantire una percorribilità pedonale agevole e sicura, assicurando la massima accessibilità ad ogni funzione pubblica o di uso collettivo presente all’interno del Centro Storico. Esclusivamente per le strade di tipo prevalentemente carrabile ed ubicate nelle zone caratterizzate da un edificio privo di particolare importanza dal punto di vista storico architettonico, si è scelto di procedere al ripristino del piano viabile mediante bitumatura.

Fig. 6.1

Fig. 6.2

La fig.6.1 rappresenta la disposizione della pietra arenaria che caratterizzerà le grandi piazze e le vie principali.

102


La fig.6.2 rappresenta la disposizione nelle vie più piccole della pietra arenaria centralmente, mentre lateralmente verranno lasciati i ciottoli di fiume. L’intervento per la realizzazione del collegamento pedonale meccanizzato pedonale tra il Parcheggio del Plateatico e Palazzo Candiotti che attraversi Via Fratelli Bandiera e Via Madonna delle Grazie, in unica soluzione, mediante sottopasso allineato con Via Giorgio Guarella (lunghezza di canna pari a circa mt. 35.00) è inserito nel PUC2 con la denominazione “IP3”; Tale intervento viene coordinato con la previsione della riqualificazione del Parcheggio del Plateatico (IP1) e con quella del ponte ciclo-pedonale (scheda Ip4). La meccanizzazione viene prevista mediante l’adozione di tapis roulant. La zona interessata è la seguente:

103


Attualmente le relazioni di traffico vengono soddisfatte tramite percorso costituito da: •

attraversamento zebrato su Via F.lli Bandiera, assistito

da impianto semaforico a chiamata presidiato, negli orari di entrata e uscita scuola, dal Corpo dei Vigili Urbani; •

marciapiede su Via F.lli Bandiera (con restringimento

di sezione, all’altezza dell’attraversamento idrico con il Canale dei Molini”);

104


Scala in acciaio con sbarco su Via madonna delle

Grazie, lato Via F.lli Bandiera; In alternativa alla scala in acciaio è disponibile, nelle immediate vicinanze, lato Fiume Topino, un percorso alternativo che sottopassa Via Madonna delle Grazie e che risale sulla stessa tramite rampe di scale in cemento armato. I percorsi descritti non sono idonei per le persone diversamente abili. Queste,

per

superare

le

barriere

architettoniche,

devono

oltrepassare le suddette scale, percorrendo il vialetto pedonale che costeggia l’area del Liceo Scientifico G. Marconi e continuare il percorso attorno all’IPSIA. Si aggiunge agli itinerari di cui sopra quello che utilizza il marciapiede di Via F.lli Bandiera in direzione Porta Todi, idoneo per le persone diversamente abili e servito sia dall’attraversamento pedonale semaforizzato, sia da un altro attraversamento lato Porta Todi. Da evidenziare la mancanza del marciapiede in Via F.lli Bandiera in fregio all’Istituto Tecnico Commerciale Scarpellini. L’intervento vuole mettere a disposizione dell’utenza pedonale caratteristica della linea di desiderio “Plateatico-Centro Storico” un

105


percorso svincolato dal pesante traffico veicolare di Via F.lli Bandiera che permetta di diminuire i costi generalizzati del trasporto. La realizzazione dell’intervento non vuole significare fare a meno degli attraversamenti pedonali esistenti su Via F.lli Bandiera ma potrebbe voler significare la possibilità di rimuovere le scale in acciaio di collegamento tra Via F.lli Bandiera e Via Madonna delle Grazie, a beneficio di un minore afflusso sul’attraversamento pedonale semaforizzato e quindi a beneficio dei costi generalizzati del trasporto caratteristici di Via F.lli Bandiera. A fronte di ciò occorre sottolineare anche degli aspetti critici che sono legati sia alla scelta di adottare un attraversamento sotterraneo sia alla scelta di dotare l’attraversamento di sistemi meccanizzati, nella fattispecie i tapis roluant. Per la fruizione sicura del sottopasso è stato previsto un impianto di video sorveglianza e interfonico con terminali allocati nella stanza del personale di controllo di cui si dirà nella parte riservata alla palazzina servizi. Il sottopasso dovrà essere posto in esercizio in base a tabella oraria di apertura/chiusura e a tal fine si sono previsti cancelli in tutti i varchi.

106


I cancelli dovranno essere manovrati da personale autorizzato (servizio di guardiania) come già accade per il sottopasso della Stazione. Riguardo alla meccanizzazione, si è verificato già che i tapis roulant, come anche le scale mobili: •

non sono idonei per le persone diversamente abili;

hanno costi di gestione e di installazione elevati

incompatibili con le risorse assegnate; •

sono sistemi soggetti, come gli ascensori ad uso

pubblico, ad un regime speciale di autorizzazioni che dipende dall’Ufficio SIIT del Ministero delle Infrastrutture (ex USTIF) e, quindi, l'autorizzazione della loro messa in esercizio, è subordinata alla condizione che possiedano i requisiti indicati dalla norma per l’uso pubblico (in genere sistemi e dispositivi di sicurezza con standards più elevati degli impianti ad uso privato; presidiati in continuo e in loco da personale, allocato in opportune postazioni dotate di monitor e dispositivi di comunicazione interfonica; Oltre a ciò occorre dire che gli impianti meccanizzati, più che ogni altra opera, devono essere gestiti in un contesto economico – finanziario sostenibile.

107


L'intervento prevede la realizzazione di una palazzina per servizi al trasposto che nello specifico accoglierà: •

bagni pubblici;

rivendita giornali;

attività informazioni/biglietteria servizio pubblico e

postazione per monitoraggio ascensore uso pubblico; •

attività noleggio bici

La struttura dovrà essere dotata di impianti elettrici, termici, telefonici, citofonici, trasmissione dati, TV e idrici.

6.5.2

Il nostro progetto

Il centro storico di Foligno è un anello (quasi) ovale di circa 3300 metri di circonferenza, con diametro maggiore di circa 1150 metri e 750 metri il diametro inferiore. La piazza con Palazzo Trinci e il Duomo si trovano quasi al centro e distano dalla circonferenza delle mura tra i 300 e i 500 metri. Una persona, senza fretta (circa 4 km/h) , farebbe il giro della città (attraversandola

in

lungo)

in

circa

45

minuti;

Stazione-

Plateatico/Canapè in circa 15 minuti; in largo, Ponte Firenze-Campo de li giochi in circa 10 minuti. Da ciascuno di questi punti la Piazza sarebbe raggiungibile tra i 4 e i 7 minuti.

108


Oltre al centro storico ben delineato, un’altra caratteristica importante di Foligno è la sua dislocazione in pianura. Queste qualità rendono il centro storico ideale a diventare un’isola pedonale accessibile a tutti. Con piccoli accorgimenti si potrebbero rendere fruibili tutti i servizi, in modo che ogni cittadino possa, con pieno riconoscimento dei propri diritti, godere appieno della propria città. Esistono dei criteri che guidano la progettazione, la realizzazione, la manutenzione e la gestione degli spazi all'aperto: 1.

individuare e segnalare l'ingresso o gli ingressi accessibili:

preferibile che l'ingresso principale sia anche l'ingresso accessibile, quando ciò non può avvenire (si pensi ad esempio ad interventi sull'esistente) le opzioni possono essere: •

individuare un altro ingresso e farlo diventare l'ingresso accessibile per tutti; in ogni caso l'ingresso va ben segnalato;

• scegliere come ingresso accessibile quello più comodo, la cui raggiungibilità è agevolata dalla vicinanza a zone parcheggio, fermate dei mezzi pubblici di trasporto, presenza di altri servizi (punto telefono, bar, zona ristoro, servizio igienico pubblico, erogatore di bevande, etc.);

109


2. superamento agevolato delle lunghe distanze: è bene controllare le lunghe distanze, nel senso di agevolare la possibilità di percorrere lunghi tratti pedonali con il supporto ad esempio di piccoli mezzi di trasporto ecologici e non inquinanti (ad es. a trazione elettrica, a gas metano come elettroscooter, minicar, etc.); 3. superamento agevolato di dislivelli; 4. eliminazione delle barriere di tipo percettivo che limitano la capacità di comunicazione e di relazione delle persone con disabilità sensoriali o con difficoltà intellettive. Tali barriere dipendono da problemi di ricezione ambientale di un segnale (barriere sensoriali) e da problemi di interpretazione di un segnale (barriere cognitive). In particolare per le persone con limitazioni visive si può ricorrere sia all'orientamento spontaneo (punti di riferimento e linee di riferimento) sia a quello guidato (attrezzature dedicate e idonee soluzioni progettuali); 5. disponibilità di parcheggio nelle vicinanze dell'area; 6. presenza di un centro visite o di un punto informazioni; 7. nel caso di aree di notevole estensione e di numerosi percorsi di visita e centri di interesse, è bene predisporre un servizio di assistenza per persone in difficoltà;

110


8. presenza di attrezzature di servizio all'interno dell'area all’aperto (cabine telefoniche, punti vendita giornali, erogatori biglietti pubblici, affitto bici, etc.); 9. presenza di uno o più semplici e non faticosi percorsi pedonali da adeguare per una facile fruizione da parte di chi ha problemi motori o sensoriali; 10. presenza di solidi corrimani di facile presa e piacevoli al tatto; 11. segnaletica efficace (semplice, comprensiva, non ambigua né ridondante); 12. accorgimenti sensoriali nella progettazione; In base a questi criteri la nostra idea, per migliorare la fruibilità della città, è quella di: •

Creare parcheggi di scambio auto-mezzi pubblici;

Creare, dove non presenti, aree di sosta in varie zone del centro;

Sensibilizzare tutta la popolazione, in particolare tutti coloro che offrono servizi nel centro storico, sui concetti di accessibilità, importanza dell’abbattimento delle barriere architettoniche, autonomia e indipendenza.

Divulgare il progetto.

111


Parcheggi di scambio I parcheggi di scambio sono importanti sia per la riduzione dell’impatto

ambientale

del

traffico

veicolare

che

per

l'implementazione e la gestione di servizi e tecnologie che puntano a rendere il diritto alla mobilità dei cittadini compatibile con il miglioramento della vivibilità, dell’ambiente e della sicurezza individuale e collettiva. Il principio di funzionamento prevede che, allo scopo di decongestionare i centri delle città dai mezzi privati, gli automobilisti in arrivo dalle periferie o dai centri limitrofi possano parcheggiare in opportuni parcheggi di interscambio custoditi e serviti da una flotta di bus-navetta che li portano direttamente al centro città. Per convincere gli utenti a lasciare l’auto a casa o nelle vicinanze occorre:

-

Organizzare il trasporto pubblico come una RETE efficiente che offre tempi di percorrenza comparabili con quelli del trasporto privato;

-

Riservare un numero adeguato di posti auto per l’utenza e posti auto per disabili;

-

Garantire l’accessibilità dei bus-navetta e delle fermate alle persone disabili;

-

Garantire la sicurezza in queste aree di sosta.

112


In più si potrebbero offrire altri servizi quali il noleggio di biciclette elettriche e/o di motorini elettrici, sedie a ruote elettriche garantendo stazioni di ricarica per questi veicoli. Per quanto riguarda Foligno si potrebbero creare i seguenti parcheggi di scambio: •

Plateatico, il principale, dove potrebbero fare capolinea i bus-navetta

Stazione ferroviaria, per agevolare sia lo scambio treni-bus navetta, sia quello con le auto provenienti dall’uscita Foligno sud.

Porta Firenze per le auto che provengono dall’uscita Foligno nord.

Fig. 6.3 Autobus accessibili

113


6.4 Esempio di carrozzina elettrica

Fig.6.5 Esempio di biciclette elettriche e colonnine di ricarica

114


Aree di sosta Le aree per la sosta, con collocazione prossima ai parcheggi, ai giardini e lungo i percorsi, rivestono una grande importanza per tutti, soprattutto per gli anziani, per i disabili motori e sensoriali. La funzione è quella di consentire il riposo, la riflessione e la socializzazione tra le persone, pertanto devono essere confortevoli e devono essere attrezzate con una serie di oggetti di pratico utilizzo. Un’area di sosta, per garantire la sua funzione ed essere fruibile, deve avere determinate caratteristiche: -

Una o più panchine per riposarsi;

-

Una pensilina, una zona ombreggiante e una fontana;

-

Un cestino per i rifiuti;

-

Un bagno chimico accessibile ai disabili;

-

Pannelli informativi;

Le panchine Il mercato offre una scelta molto ampia e varia di questo prodotto. Chi ha difficoltà nel controllo del corpo, gli anziani e le persone deboli apprezzano la presenza dello schienale e di braccioli (meglio se mobili) su entrambe i lati del corpo. Chi si muove su sedia a ruote deve avere la possibilità di sistemarsi a lato della panchina, in posizione parallela agli occupanti della stessa,

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per poter guardare nella stessa direzione. Ăˆ opportuno, pertanto, assicurarsi che su almeno un lato della panchina ci sia uno spazio sufficiente affinchĂŠ una persona su sedia a ruote possa sostare comodamente, e possa compiere agevolmente le necessarie manovre per posizionarsi. Almeno alcune delle panchine deve poter essere facilmente raggiungibili anche da persone con deficit di vista; tali panchine dovranno essere raggiungibili attraverso percorsi adatti anche per persone non vedenti, e dovranno essere adeguatamente segnalate sia sul posto, che su eventuali mappe. Requisiti di accessibilitĂ per la seduta con schienale: Rapporti antropometrici : Ai sensi del D.P.R. n 503/96 questo componente svolge la sua funzione se vengono perfettamente considerate le proporzioni dimensionali utili a facilitare la seduta. Saranno dunque da tenere presenti innanzitutto: - l'altezza del piano di seduta; - la larghezza del piano di seduta; -

l'altezza e l'inclinazione dello schienale in modo da permettere un facile rialzamento;

- la profonditĂ degli appoggi rispetto allo sbalzo del piano di seduta.

116


Specifiche prestazionali tecnico-funzionali : -

incolumità d'utilizzo: mancanza di sporgenze vive, sigillature e sbavi delle saldature, ancoraggi a cerniere con bullonature o chiodature sporgenti; smussatura a arrotondatura di tutti gli spigoli delle doghe di legno del piano di seduta;

-

fruibilita/accessibilità: dovrà essere presente almeno un bracciolo su uno dei due fianchi; quest'ultimo dovrà avere una finitura e una sezione ottimale per permettere una corretta presa della mano; dovrà essere ridotta la sporgenza verso il filo della seduta degli appoggi inferiori, per rendere confortevole la posizione delle gambe durante la seduta; particolare attenzione dovrà essere dedicata anche all'inclinazione corretta dello schienale per consentire un facile rialzamento anche a persone in sovrappeso;

-

collocazione: il componente non dovrà essere inserito in contesti che ostacolino il passaggio.

Criteri generali di Fabbricazione: Devono essere rispettati i seguenti criteri generali di fabbricazione:

117


-

la struttura e la forma della panchina devono essere tali da consentire il completo deflusso dell'acqua piovana e/o di lavaggio;

-

la forma della panchina deve essere tale da non trattenere lo sporco e da consentire un'agevole ed efficace pulizia;

-

se per la realizzazione dei vari elementi componenti la panchina s'impiegano materiale di natura differente, questi non devono presentare incompatibilitĂ chimico-fisica tra loro.

Requisiti per la sicurezza Resistenza meccanica e stabilità : ogni parte della seduta (strutture portanti verticali, piedi/sostegni di fissaggio a terra, piano di seduta ed eventuale schienale) dovrà essere concepita in modo che le azioni a cui può essere sottoposti durante la sua utilizzazione non provochino danneggiamenti e rotture a se stessa. I fattori di sicurezza che dovranno essere considerati: -

sicurezza alle azioni dinamiche di esercizio;

-

sicurezza alle sollecitazioni accidentali (urti, atti vandalici ecc.);

-

sicurezza alle vibrazioni.

Requisiti per il comfort :

118


I materiali componenti dovranno essere progettati e realizzati per ottenere il massimo benessere anche nel rapporto di contatto: soprattutto i piani di seduta e di schienale dovranno offrire flessibilitĂ e ridotta durezza. Si dovrĂ anche tener conto della possibilitĂ che la seduta possa risultare esposta a forte irraggiamento (in particolari condizioni di inclinazione dei raggi solari) e determinare una dissuasione dal contatto se il materiale risultasse adatto a reagire opportunamente.

Fig. 6.6 Esempio di panchina con schienale e braccioli per ogni singolo posto

119


Fig. 6.7 Esempio di panchina con schienale e braccioli solo ai lati.

Pensilina, area ombreggiante, fontana, cestino per rifiuti e bagno chimico. Sono molto importanti per garantire riparo da intemperie, dal sole nelle ore piÚ calde e possibilità di rifocillarsi; devono garantire l’accessibilità a persone su sedia a ruote e a persone con passeggini.

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Esempio di fontana

esempio di cestino per rifiuti

Esempio di bagno chimico

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Pannelli informativi Devono essere collocati in prossimità dell’ingresso all’area di sosta e fornire informazioni sui luoghi di interesse storico-naturalistico, sulla collocazione dei servizi e sullo sviluppo dei percorsi stessi. I pannelli informativi principali dovrebbero prevedere per i disabili visivi dei modelli tridimensionali o delle mappe tattili (realizzate in braille, con lettere ed elementi a rilievo) con indicazione dell’articolazione dei luoghi e la dislocazione dei servizi.

Le aree di sosta dovrebbero essere collocate circa ogni 200 metri lungo i percorsi.

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Tenendo in considerazione l’idea dei parcheggi di scambio a Foligno nelle zone precedentemente elencate e i relativi percorsi per raggiungere il centro storico, le aree di sosta, alcune già esistenti, si dovrebbero dislocare nei seguenti luoghi: -

Per quanto riguarda il parcheggio di scambio principale, nonché eventuale capolinea dei bus-navetta, il Plateatico un’area di sosta è già esistente e si trova nel parco dei Canapè; altre potrebbero essere create nei pressi di Piazza San Domenico, Piazza Don Giovanni Minzoni e Piazza San Francesco.

-

Per il parcheggio zona Stazione Ferroviaria, l’area di sosta si potrebbe creare in Piazza Piermarini

-

Per il parcheggio a Porta Firenze si potrebbe creare un’area di sosta in via del Corso Nuovo, vicino alla chiesa di San Giacomo e un altro in via Meneghini.

-

Per il parcheggio a Porta Romana si potrebbe valorizzare l’area di sosta in via Piermarini e anche della piazzetta Beata Angelica da Foligno. La Piazza Principale, Piazza della Repubblica con Palazzo Trinci, ha già un’area di sosta che dovrebbe essere curata e valorizzata

con

tutti

precedentemente.

123

gli

accorgimenti

definiti


Porta Firenze

Porta todi

Porta Romana

Fig. 6.8 Piantina 3D del centro di Foligno con gli accorgimenti previsti dal progetto. Legenda: Porte di ingresso alla cittĂ . Parcheggi di scambio, differenti a seconda dei colori: Parcheggio del Plateatico Stazione ferroviaria Porta Firenze Aree di sosta: i colori rispettano la dislocazione in base ai parcheggi di scambio Piazza della Repubblica.

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Sensibilizzare la popolazione Per quanto detto fin’ora è evidente che ogni cittadino, ed in particolare ogni amministratore della “cosa pubblica”, deve riflettere circa il fatto che non è la persona ad essere portatore di handicap bensì è l’ambiente che reca gli impedimenti e gli “handicap” alla stessa persona rendendolo handicappato. E’ necessario allora comunicare che ognuno, per la propria parte e con le sue azioni, può indirizzare il superamento e/o l’abbattimento di barriere nell’ambiente circostante contribuendo alla costruzione di un nuovo mondo a misura di tutti.

Divulgare il progetto: Sarebbe molto importante riuscire a divulgare il progetto perché solo mantenendo alta l’attenzione su questo argomento si può sperare di ottenere dei risultati positivi. Ciò si può realizzare organizzando giornate di incontro con le persone

disabili,

attraverso

iniziative,

eventi,

promozioni,

manifestazioni, presidiando luoghi e spazi perché viverli è lo strumento perché siano e restino accessibili.

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ALLEGATI :

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Allegato I Decreto ministeriale 14 settembre 1994, n. 741 Gazzetta Ufficiale 9 gennaio 1995, n. 6 Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista IL MINISTRO DEL LA SANITA' Visto l'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante: “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, nel testo modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517; Ritenuto che, in ottemperanza alle precitate disposizioni, spetta al Ministro della sanità di individuare con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili, relativamente alle aree del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione; Ritenuto di individuare con singoli provvedimenti le figure professionali; Ritenuto di individuare la figura del fisioterapista; Ritenuto che nell'ambito del profilo del fisioterapista vadano ricondotte, come formazioni complementari, le figure del terapista occupazionale e del terapista della psicomotricità; Visto il parere del Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del 22 aprile 1994; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza generale del 4 luglio 1994; Vista la nota, in data 13 settembre 1994, con cui lo schema di regolamento è stato trasmesso, ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al Presidente del Consiglio dei Ministri; ADOTTA il seguente regolamento:

127


Art. 1. 1. E’ individuata la figura del fisioterapista con il seguente profilo: il fisioterapista è l'operatore sanitario, in possesso del diploma universitario abilitante, che svolge in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita. 2. In riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell'ambito delle proprie competenze, il fisioterapista: a) elabora, anche in equipe multidisciplinare, la definizione del programma, di riabilitazione volto all'individuazione ed al superamento del bisogno di salute del disabile; b) pratica autonomamente attività terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilità motorie, psicomotorie e cognitive utilizzando terapie fisiche, manuali, massoterapiche e occupazionali; c) propone l'adozione di protesi ed ausili, ne addestra all'uso e ne verifica l'efficacia; d) verifica le rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale. 3. Svolge attività di studio, didattica e consulenza professionale, nei servizi sanitari ed in quelli dove si richiedono le sue competenze professionali; 4. Il fisioterapista, attraverso la formazione complementare, integra la formazione di base con indirizzi di specializzazione nel settore della psicomotricità e della terapia occupazionale: a) la specializzazione in psicomotricità consente al fisioterapista di svolgere anche l'assistenza riabilitativa sia psichica che fisica di soggetti in età evolutiva con deficit neurosensoriale o psichico; b) la specializzazione in terapia occupazionale consente al fisioterapista di operare anche nella traduzione funzionale della motricità residua, al fine dello sviluppo di compensi funzionali alla disabilità, con particolare riguardo all'addestramento per conseguire l'autonomia nella vita quotidiana, di relazione (studio-lavoro-tempo

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libero), anche ai fini dell'utilizzo di vari tipi di ausili in dotazione alla persona o all'ambiente. 5. Il percorso formativo viene definito con decreto del Ministero della sanità e si conclude con il rilascio di un attestato di formazione specialistica che costituisce titolo preferenziale per l'esercizio delle funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite prove valutative. La natura preferenziale del titolo è strettamente legata alla sussistenza di obiettive necessità del servizio e recede in presenza di mutate condizioni di fatto. 6. Il fisioterapista svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o liberoprofessionale. Art. 2. 1. Il diploma universitario di fisioterapista conseguito ai sensi dell'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, abilita all'esercizio della professione. Art. 3. 1. Con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica sono individuati i diplomi e gli attestati, conseguiti in base al precedente ordinamento, che sono equipollenti al diploma universitario di cui all'art. 2 ai fini dell'esercizio della relativa attività professionale e dell’accesso ai pubblici uffici. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 14 settembre 1994 . Il Ministro: Costa Visto Il Guardasigilli: Biondi Registrato alla Corte dei Conti il 24 dicembre l994 Registro n. 1 Sanità, foglio n. 357

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ALLEGATO II

GRIGLIA DI MONITORAGGIO

DESCRIZIONE EDIFICIO Ufficio postale…………………………………………………. Servizio Sanitario……………………………………………… Cinema………………………………………………………… Banca………………………………………………………….. Via…………………………………………………………..N°……… Città…………………………………………………………Prov……

ACCESSO ALL’EDIFICIO Accesso al marciapiede 1. L’inizio del marciapiede è servito da: Scivolo nel senso di marcia Scivolo nel senso trasversale

1.1Al momento della rilevazione, gli scivoli sono: Entrambi praticabili Uno solo praticabile

130


Entrambi non praticabili 2 Il termine del marciapiede è servito da Scivolo nel senso di marcia Scivolo nel senso trasversale 2.1 Al momento della rilevazione, gli scivoli sono Entrambi praticabili Uno solo praticabile Entrambi non praticabili Larghezza del marciapiedi 3 Il marciapiede ha una larghezza tale da consentire il passaggio di una carrozzella per disabili? Si No 3.1 E’ possibile, almeno in un punto del marciapiede l’incrocio di due carrozzelle? Si No 3.2 All’interno del marciapiede sono presenti Alberi

N……

Pali di illuminazione

N……

Altri ostacoli permanenti

N……

3.3 Tali ostacoli formano barriera al passaggio di Carrozzelle da bambini Carrozzelle per disabili

131


4 In prossimità dell’edificio, esistono aree di parcheggio in cui vi siano posti riservati a disabili? Si, sul marciapiede antistante Si, ma in altro isolato No Ingresso all’edificio 5 L’ingresso all’edificio è al piano? Si No (Se no) 5.1 Sono presenti scivoli o rampe per l’accesso? Si No 5.2 Se non sono presenti scivoli o rampe C’è un citofono per ingresso disabili e aiuto del personale per superare gli scalini C’è un ingresso riservato, differente dall’ingresso principale 5.3 Nel caso in cui sono presenti dispositivi a chiamata(citofono), al momento del monitoraggio risultano funzionanti? Si No 6 Esiste un percorso per non vedenti sulle scaple o sulle rampe? Si No

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7 La porta di ingresso dell’edificio è adeguata al passaggio di una carrozzella( almeno 80 cm.di larghezza)? Si No 8 L’apertura della porta è Automatica Manuale verso l’interno Manuale verso l’esterno Girevole 8.1 Nel caso di apertura manuale, la maniglia può essere raggiunta da una persona in carrozzella? Si No Percorsi interni all’edificio 9 I servizi sono tutti sullo stesso piano? Si No (Se no) 9.1 sono presenti dispositivi meccanici per raggiungere i piani superiori? Si, sono presenti ascensori di dimensioni adeguate Si, sono presenti ascensori ma di dimensioni NON adeguate Si, sono presenti piattaforme elevatrici o servo scala No, sono presenti solo scale

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9.2 Al momento del monitoraggio, tali dispositivi risultano funzionanti? Tutti La maggior parte Metà Solo alcuni Nessuno 10 I corridoi per l’accesso ai singoli servizi hanno una larghezza Inferiore ad 1 metro Pari o superiore ad 1 metro 11 I corridoi per l’accesso ai servizi presentano ostacoli permanenti che ne riducono la larghezza rendendo cos’ difficile il transito di una carrozzella? Tutti La maggior parte Metà Solo alcuni Nessuno 12 Le porte di accesso ai diversi servizi sono di larghezza adeguata( 75-80 cm.)? Si No 13 Sono presenti servizi igienici per disabili all’interno dell’edificio? Si No

134


14 Esiste almeno uno sportello il cui piano di utilizzo per il pubblico è posto ad un’altezza di 90 cm. dal pavimento? Si No 15 I depliant informativi sono posti su piani posti ad una altezza di 90 cm.? Si No 16 Il servizio esaminato è dotato all’interno di percorsi per non vedenti? Si No 17 In caso di presenza di dispositivi taglia code, esiste la chiamata sonora? Si No (In caso di banche) 18 Il bancomat è accessibile (posto ad una altezza compresa tra 90 e 120 cm.)? Si No

ELENCO DETTAGLIATO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE RISCONTRATE DURANTE L’OSSERVAZIONE 1...............................................................................................................

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2............................................................................................................... 3............................................................................................................... 4............................................................................................................... 5............................................................................................................... 6............................................................................................................... 7............................................................................................................... 8............................................................................................................... 9............................................................................................................... 10............................................................................................................. 11............................................................................................................. 12............................................................................................................. 13............................................................................................................. 14............................................................................................................. 15............................................................................................................. 16............................................................................................................. 17............................................................................................................. 18............................................................................................................. 19............................................................................................................. 20……………………………………………………………………….

Allegato III

Intervista alla Sig. Daniela Zipeto:

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1) Breve presentazione della sig. Daniela:

56 anni; in carrozzina da 52 anni, esito di poliomielite.

2) Quali sono gli ostacoli visibili/invisibili legati alla sua condizione che interferiscono con i concetti di autonomia, accessibilità, mobilità, viabilità?

Barriere architettoniche in genere, ostacoli vari sui marciapiedi tipo pali per segnaletica, insegne, arredi urbani, pubblicità, contenitori raccolta rifiuti. Nelle pavimentazioni è di grande ostacolo la ghiaia, i commenti troppo larghi, la posa non piana dei laterizi e i dislivelli per la raccolta delle acque. Creano problemi tempi tropo brevi dei semafori, sono macchinosi e pericolosi gli attraversamenti alle rotatorie concepite per velocizzare il traffico e molti attraversamenti poi sono posti dietro curve ceche anche dove l’ampiezza della sede stradale, nonostante i divieti, invoglia ad elevare la velocità. Spesso sono di difficile utilizzo gli elimina code, che non sono strutturati, dove previsto, per eventuali precedenze e infine sono spesso inaccessibili gli sportelli. Negli esercizi commerciali è una limitazione la presenza di una o poche casse accessibili, spesso difficoltosa l’accessibilità di percorsi, bilance, banconi, visibilità dei prodotti, ecc. anche per la collocazione di bancali, espositori ecc. Negli ospedali paradossalmente gli strumenti per indagini diagnostiche (radio, eco, ecc,) sono concepiti per standard fisici normodotati con il risultato di essere spesso inaccessibili. Sono quasi assenti negli ambulatori lettini regolabili, utili anche per bambini, anziani, ecc, e spesso gli spazi sono angusti per l’uso delle carrozzine ortopediche.

3) Quali sono secondo lei i servizi essenziali che dovrebbero essere accessibili?

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Certamente i servizi essenziali sono quelli per l’esercizio della cittadinanza, ospedali, farmacie, studi medici, i servizi culturali come cinema, teatri ed eventi in genere e infine i servizi commerciali e bancari, le strutture di accoglienza e per la mobilità. Ovvio poi che rispetto alla storia e alle ambizioni individuali per ciascuno possono essere essenziali cose diverse. Stabilire una graduatoria di essenzialità rischia trattamenti non rispettosi delle pari opportunità di tutte le persone.

4) Quanto le istituzioni sono sensibili alle necessità dei cittadini?

A Foligno, in particolare ogni volta che ho sollevato qualche problema, ho sempre trovato disponibilità, risposte pronte, spesso pratiche, velocemente operative ed efficaci. Nel ‘97 quando mi sono trasferita qui c’era un’attenzione alla mobilità accessibile assolutamente evidente. In un tessuto sociale che rimane assolutamente ben disposto, l’attenzione strutturale è notevolmente diminuita, basta vedere i numerosi nuovi esercizi commerciali con ingressi inaccessibili.

5) Lei si sente sostenuto (su chi può contare) da…?

Certamente la famiglia. Per la vita sociale il mio punto di riferimento è lo sportello del cittadino, sempre disponibili a semplificare e intermediare per qualsiasi servizio. Peccato che nonostante il bello e comodo scivolo le pesanti porte vetro non automatiche a volte sono un ostacolo che mi costringono a desistere dall’utilizzare autonomamente il servizio. Ho poche esperienze nella nuova struttura ospedaliera, nella vecchia sede in ripetute occasioni ho riscontrato un’ottima presa in carico per quanto riguarda i servizi e i reparti, per la quale a suo tempo ho anche inviato una positiva segnalazione alla stampa locale. Più difficoltoso il rapporto con gli uffici preposti alla concessione degli ausili, forte anche di normative

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e indicazioni che non supportano adeguatamente i tecnici nelle relative autorizzazioni.

6) Se si, quanto pensa che possa aiutarla?

Certamente lo sportello del cittadino, magari con una porta automatica, e adeguati protocolli perché le operatrici possano svolgere il maggior numero possibile di servizi, sarebbe ancora di maggior aiuto. Anche la disponibilità, la conoscenza e una vera cultura degli ausili piuttosto che una restrittiva e automatica applicazione di norme e tariffari, potrebbero essere un vero “servizio” protesi e ausili.

7) Nella sua condizione a Foligno si vive….?

Discretamente; di tutti i posti che ho conosciuto, in Italia, e tra i molti dove ho vissuto, certamente Foligno è la città dove sono stata e sono più autonoma.

8) In quale città dell’Umbria pensa potrebbe vivere meglio? In Umbria le città oggettivamente, a prescindere dall’impegno delle amministrazioni, accessibili sono Terni e Foligno. In effetti quando poi mi stabilii qui ero indecisa tra questa due città. Ho scelto Foligno perché qui ho trovato una casa comoda di suo e facile da rendere straordinariamente comoda. A conti fatti forse la dimensione più ridotta rispetto a Terni ptrebbe essere un punto a suo favore.

9) Faccia un confronta tra Foligno e le altre città dove ha vissuto finora?

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E’ un confronto difficile perché negli anni in cui vi ho abitato certamente c’era meno attenzione a questi problemi, attenzione che spero aumentata anche la dove io ho incontrato difficoltà.

10) Quali sono i punti di forza di Foligno?

Intanto è una città pianeggiante; ha un centro ben delimitato con una notevole offerta di servizi; non è eccessivamente grande e tutto è a portata di mano. Ancora di più ci potrebbe essere se ci fosse una politica coraggiosa di promozione e sviluppo del centro storico, riempiendo l’accessibilità naturale e gradevole del dentro le mura di servizi, botteghe, agenzie culturali e sociali, ecc. che invece vedo tristemente emigrare verso le aree commerciali esterne.

11) Quali sono i punti deboli?

Certamente il traffico automobilistico all’interno delle mura, soprattutto nelle strade strette, i manti stradali difformi spesso a favore di soluzioni che limitano l’accessibilità e la vivibilità, ad esempio i ciotoli di porfido sono fastidiosi praticamente per chiunque, la mancanza almeno apparente di un piano organico, di ampio respiro, coerente e coraggioso di accessibilità e promozione del centro storico.

12) Quali interventi pensa che possano essere utili per migliorare la fruibilità di Foligno?

Limitare o evitare il traffico nel centro storico; possibilmente una grande isola pedonale dentro le mura; rifare le strade con rigorosi criteri di accessibilità, senza soluzione di continuità con esercizi commerciali, locali, edifici, ecc.; offrire gratuitamente l’uso di biciclette e magari anche tricicli per piccoli trasporti, ad esempio, una spesa con la confezione dell’acqua; parcheggi di scambio, servizi per la mobilità

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individuale con carrozzine e scooter elettrici, per i disabili, persone anziane, o semplicemente un comodo trasporto degli acquisti; aree di sosta numerose e con numerose panchine, magari ombreggiate e illuminate; potrebbe essere utile e interessante prevedere dei percorsi pedonali coperti; infine è fondamentale attraverso iniziative, eventi, promozioni, manifestazioni ecc. presidiare luoghi e spazi perché viverli è lo strumento più perché siano e restino accessibili.

BIBLIOGRAFIA: 1) A.I.F.I. associazione italiana fisioterapisti, “linee guida per la formazione del fisioterapista”, C.E. Masson,2003.

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2) Luca Benci “le professioni sanitarie(non mediche) aspetti giuridici,deontologici e medico-legali”, C.E. Mc Graw- Hill. 3) Maurizio Sacconi, Giovanni Paolo Bernini, libro bianco su accessibilità e mobilità urbana. Linee guida per gli Enti locali, edizione 2009. 4) Accolla A., Design for all. il progetto per l’individuo reale, Franco Angeli, Milano 2009. 5) Aifo e DPI, Manuale di formazione sui diritti umani delle persone con disabilità, 2007. 6) Andrich R. (a cura di), Progettare per l’autonomia, Giunti, Firenze, 2008. 7) Andrich R., ausili per la relazione e la comunicazione, www.portale.siva.it. 8) Argentin I., Clemente M., Empler T., Eliminazione delle barriere architettoniche. Progettare per un’utenza ampliata, DEI, 2004. 9) Colleoni C. (a cura di), Per-correre la vita. Autonomia e mobilità delle persone disabili, Franco Angeli, Milano, 2008. 10) Norman D., The design of future things, 2007.

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11) A.I.T.R.(Associazione Italiana Terapisti della Riabilitazione) Codice deontologico. Atti del Congresso nazionale ATIR di Fiuggi, ottobre 1998. 12) N. Basaglia, Progettare la riabilitazione, il lavoro in team interprofessionale, ED. ermes 2002 13) Bird K., Mathis A. (a cura di), Design for accessibilità: A Cultural Administrator’s Handbook, 2003 14) Commissione Europea, 2010: un’Europa accessibile per tutti, 2003 15) Commissione Europea, Costruire per tutti, 2006 16) Consorzio Eustat. Commissione Europea, Tecnologia per l’autonomia. Linee guida per informatori, 1999 17) Fantini L., Superare le barriere architettoniche, Maggioli, Rimini, 2001. 18) Johnson I. “Le tecnologie per l’autonomia delle persone disabili”, in J. Cunningham Piergrossi (a cura di), Essere nel fare, Franco Angeli, Milano 2006.

SITOGRAFIA:

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1) www.AIFI.net 2) www.FisiOnLine.it 3) www.gazzettaufficiale.it 4) www.riabilitazioneitalia.it 5) www.fisioterapia.org 6) www.fisiobrain.com 7) www.progettarepertutti.org, lezioni dell’Arch. Fabrizio Vescovo 8) www.ittig.cnr.it 9) www.handicapincifre.it 10) www.asphi.it 11)www.triesteabile.it 12)www.lacittaditutti.org 13)www.servizi.comune.fe.it 14)www.comune.mantova.it 15)www.comune.torino.it 16)www.comune.foligno.pg.it

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RINGRAZIAMENTI Ringrazio veramente di cuore: o Il mio relatore, Dott. Ft. Pierangelo De Dominicis, mi ha seguito con attenzione in tutto il percorso per realizzare questa tesi. o Il Coordinatore del Corso di Laurea, Dott. Ft Pierangelo De Dominicis che ho imparato ad apprezzare in questi tre anni di corso e che mi è stato vicino nei momenti di difficoltà .

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o Tutti i professori e i tutor che mi hanno trasmesso l’amore e la passione per questo lavoro; grazie a voi, oggi, mi sento una persona migliore. o Un ringraziamento particolare va alla tutor Maria Cristina Spitali, grande donna oltre che brava fisioterapista, mi ha fatto riflettere sulle esigenze che hanno le persone disabili e mi ha trasmesso la voglia di aiutarle per renderle nuovamente “libere”. o Grazie di cuore alla Professoressa Saiu, mi è stata vicina in un momento tanto difficile, mi ha dato la forza di affrontare le situazioni con coraggio; grazie a lei ho riscoperto il valore di un sorriso, dà tanta luce e non costa nulla!!!!! o Il Comune di Foligno e i funzionari per la loro gentilezza e disponibilità. o I ragazzi del terzo anno, i miei “inviati” per questa tesi, Claudia Del Gallo, Melody Protasi, Angela Tomassini e Salvatore Amato. o Piero Fabbri, ha sostenuto fortemente questo progetto insieme a noi. o Giorgio e Daniela Zipeto, attenti, sensibili e attivi su questi argomenti; coppia meravigliosa, nei loro occhi si legge l’amore. o Tutti i pazienti e tutte le persone che ho incontrato in questi tre anni di corso, ognuno di loro, inconsapevolmente, mi ha donato qualcosa che porterò sempre nel cuore. o Tutti i colleghi che spero di non perdere di vista; siamo cresciuti insieme in questi anni, tra sorrisi, lacrime, uscite e anche qualche litigio!!! o Tutti i nuovi amici che mi hanno “adottato” facendomi sentire meno la nostalgia di casa.

Un pensiero particolare va…… o A mia madre che mi ha sempre protetto da lassù e che sento sempre vicina a me.

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o A mio padre, uomo straordinario che amo più della mia stessa vita, mi ha sempre sostenuto da quaggiù, facendomi sentire il suo affetto e la sua stima in ogni momento. o A mia sorella, la distanza ci ha unito ancora di più, nei momenti difficili è l’unica che riesce sempre a trasmettermi la forza per reagire. o A tutta la mia famiglia, unica e speciale, che mi ha donato amore e mi ha sempre seguito e appoggiato in tutte le mie scelte. o Ad Olimpia, la mia “sorellina piccola”, abbiamo affrontato questi anni insieme, ci siamo sempre aiutate in tutto, abbiamo condiviso gioie, sorrisi, lacrime e ansie….mi hai sempre supportata e soprattutto SOPPORTATA!! Grazie di cuore. o Ad Azzurra e Silvia, compagne di studio, abbiamo divorato libri, ma ne è valsa la pena, visto i risultati!!!!! o A Jessyca, Carmela e Michela, grazie per la vostra amicizia! o A tutto il “gruppo latino” che mi ha accolto e ha reso piacevole quest’ultimo anno, spero che la nostra amicizia si rafforzi sempre di più, mi avete fatto riscoprire la passione per il ballo e il piacere di stare insieme, grazie!

Spero di non aver dimenticato nessuno; In ogni caso un ringraziamento va a tutte le persone che fanno parte e che hanno fatto parte della mia vita, anche se l’hanno incrociata solo per qualche attimo, perché ognuno lascia sempre qualcosa di se e prende qualcosa di noi, e se sono così, è grazie a tutti voi….

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