Toscanini, la democrazia e i diritti umani
Sadikova: la contemporanea che coinvolge
Il ritorno di Chauhan
Community Music
Toscanini, la democrazia e i diritti umani
Sadikova: la contemporanea che coinvolge
Il ritorno di Chauhan
Community Music
Solamente la musica sa parlare differentemente a ciascuno
Editoriale p.3
Toscanini l’inespressibile p.4
Sotto i riflettori p.6
Protagonisti
Wellber: Solamente la musica sa parlare differentemente a ciascuno p.8
Protagonisti
Sadikova: Da quando ho capito che la musica contemporanea poteva essere qualcosa di fresco e coinvolgente p.12
Protagonisti
Il ritorno di Alpesh Chauhan con la Filarmonica Toscanini p.14
Protagonisti
Questionnaire de Proust p.16
Musica e Società
Per la vita, al di là della memoria p.20
Musica e Società
Musica senza barriere: i nuovi progetti de La Toscanini nel segno di MusicAccessibile p.22
Approfondimenti p.24
Narrare a colori
Almanacco
Una stella fra le stelle p.28
News
Anteprima Festival Toscanini 2023 p.30
Autori p.32
Fondazione Arturo Toscanini
Parco della Musica | Viale R. e P. Barilla, 27/A
43121 Parma
T. 0521 391339
E. info@latoscanini.it www.latoscanini.it
LATMAGAZINE
RIVISTA TRIMESTRALE DE LA TOSCANINI DIREZIONE EDITORIALE
Alberto Triola Sovrintendente e Direttore Artistico
PROGETTAZIONE E REDAZIONE
Emanuele Genuizzi Responsabile Corporate Identity e Visual Design
Alberto Castelli Direttore Ufficio Comunicazione, Marketing e Fundraising
Giulia Bassi
GRAFICA
Marea Management
STAMPATO DA
Graphital S.r.l. di Sodano E. & D.
Parma, Aprile 2023
La Fondazione Toscanini ringrazia quanti hanno contribuito, a diverso titolo, alla realizzazione del magazine.
In copertina Omer Meir Wellber © Rori PalazzoSoci fondatori originari
Regione Emilia-Romagna
Comune di Parma
Provincia di Parma
Soci
Comune di Busseto
Comune di Castelfranco Emilia
Comune di Modena
Comune di Sassuolo
Fondazione Cariparma
Fondazione Monteparma
Fondazione Teatro Rossini di Lugo
Unione Pedemontana Parmense
Presidente
Carla Di Francesco
Consiglio di Amministrazione
Cristina Ferrari
Giuseppe Negri
Sovrintendente e Direttore Artistico
Alberto Triola
Collegio dei Revisori
Angelo Anedda (presidente)
Elisa Venturini
Massimiliano Ghizzi
Cari lettori e Amici della Toscanini, insieme a Omer Meir Wellber che dirige la Filarmonica il 4 maggio, concludiamo il cartellone 2022/2023 de La Toscanini. Ma ancora con Wellber, a distanza di un mese, il 5 giugno, festeggeremo l’inizio del Festival Toscanini 2023: al Teatro Regio, in anteprima per il nostro pubblico, presenteremo gran parte del doppio programma che vedrà protagonista la Filarmonica l’8 e 9 giugno al prestigioso Dresdner Musikfestspiele
La conclusione di Stagione racchiude quindi un nuovo inizio, ma suggerisce anche percorsi che, dalla musica, ci portano lontano. Nel nome di Bach, che ispira la prima parte del programma, ascolteremo una nuova pagina della compositrice in residenza Aziza Sadikova, che con sua Chaconne fa rivivere attraverso la sensibilità del nostro tempo il contrappunto del Kantor di Lipsia, possibile modello di comunità ideale. La musica è un’arte insuperabile anche per questo – sosteneva Edward Said –: i suoi meccanismi ci possono aiutare a capire e quindi a favorire la convivenza, perché sia più tollerante e rispettosa. Ripartendo ancora una volta da Arturo Toscanini pioniere della democrazia e dei diritti umani, questo numero de laTmagazine propone una riflessione sulla musica e la disumanità dei campi di sterminio e, per contro, su come la musica intesa come strumento a servizio della comunità possa generare coesione e integrazione sociale, principio base del nuovo progetto Breaking Bach – dedicato alle ragazze e ai ragazzi dai 14 ai 18 anni – e delle Settimane Community Music di Primavera. Sullo sfondo, l’intensa attività della Filarmonica e dei suoi gruppi cameristici tra produzioni liriche, Concerti con la Gazzetta, Salotto Toscanini e concerti per il territorio. Nel prossimo mese di giugno il CdA in carica e il sottoscritto avranno completato il proprio mandato. Molto lavoro è stato fatto in questi anni, pesantemente influenzati dalla drammatica crisi pandemica, e oggi desideriamo condividere con il nostro pubblico e con tutti coloro che sostengono La Toscanini la grande soddisfazione per i risultati raggiunti, ben rappresentati dai dati di bilancio recentemente approvati. La Fondazione, chiudendo in attivo l’ennesimo conto economico, ha consolidato il proprio patrimonio e moltiplicato i ricavi (biglietteria, vendita diretta, sponsorizzazioni ed erogazioni liberali), superando i risultati pre-Covid con oltre 8,2 milioni di euro di valore della produzione, il livello più alto di sempre. Questi risultati, uniti al rafforzato rapporto con la città di Parma, la Regione Emilia-Romagna e le istituzioni che ne contraddistinguono la vita culturale e artistica, rappresentano oggi il prezioso punto di partenza per i progetti e le azioni strategiche dei prossimi anni.
Buona lettura!
Editoriale Alberto Triola Sovrintendente e Direttore Artistico Fondazione Arturo ToscaniniPuò sembrare singolare che un musicista meriti l’epiteto di pioniere della democrazia e dei diritti umani. La cosa, però, può stupire soltanto chi pensi che il diritto sia argomento solo da addetti ai lavori. In realtà, Toscanini, pur non essendo giurista, filosofo o uomo politico, dimostrò che, attraverso l’attività musicale, si potevano difendere non solo gli ideali repubblicani, ma anche i diritti individuali dagli attacchi dei totalitarismi nel periodo più buio della storia europea. La sua figura, perciò, fa riflettere ancora oggi, perché è il simbolo dell’artista che non si rifugia in uno spazio spirituale non abitato dagli uomini, ma è capace di sfidare i poteri forti in nome della libertà.
Come furono i suoi rapporti con il regime? Dal 1922 al 1931, Toscanini non prestò il fianco ad alcun tipo di compromesso e in numerose occasioni, anzi, si oppose agli ordini calati dall’alto. Il decennio è costellato di dinieghi. Nel dicembre 1922, ad esempio, Toscanini si rifiutò di suonare l’inno fascista dopo la marcia reale durante una recita di Falstaff. La musica non poteva servire da veicolo di legittimazione della dittatura.
Ancor più significativo è ciò che avvenne nel dicembre 1923, quando Toscanini reagì pubblicamente all’ingiusta destituzione, decisa dal ministro della pubblica istruzione Giovanni Gentile, del disinteressato direttore del Conservatorio di Milano, il compositore Giuseppe Gallignani, che si suicidò. Toscanini non esitò a prendere le sue parti, condannando sdegnosamente quell’atto privo di fondamento, con un telegramma indirizzato direttamente a Mussolini, in cui ebbe il coraggio di «dire la verità», che è uno dei tratti caratteristici di chi non cede alle tentazioni della dittatura. Altri gesti, tuttavia, non passarono inosservati a Mussolini, che lo redarguì pesantemente in un incontro alla prefettura di Milano il 28 dicembre 1925, a causa del suo rifiuto di celebrare il Natale di Roma con l’esecuzione dell’inno Giovinezza. Sappiamo quale effetto fece sul direttore quel richiamo all’obbedienza. Il 25 aprile 1926 Toscanini presentò alla Scala la Turandot di Puccini in prima mondiale, senza inni e senza il capo del governo, ripudiando così la commistione tra arte e politica.
di Giovanni ChiodiL’ennesima schermaglia con il potere fascista è rappresentata dall’aggressione squadrista subìta a Bologna il 14 maggio 1931, prima del concerto in onore di Giuseppe Martucci, provocata dal rifiuto di eseguire l’inno del partito per motivazioni artistiche. L’episodio è notissimo, anche perché riscosse vasta risonanza nella stampa, contribuendo a fare di Toscanini un traditore in patria e un eroe dissidente all’estero, specialmente negli Stati Uniti. Vi furono conseguenze anche serie per la sua libertà di movimento, dal momento che per la prima volta furono ritirati i passaporti a lui e alla sua famiglia. Il maestro era sotto sorveglianza da tempo e le sue idee erano quindi conosciute, non solo a chi lo spiava per conto della polizia, ma al duce stesso. La drastica reazione nei suoi confronti indignò Toscanini e lo indusse ad uscire allo scoperto. Scrisse infatti una lettera molto risentita, indirizzata «a chi di dovere», destinata alla pubblicazione, che poi non avvenne per volontà dello stesso autore. Tanto bastò per far nascere il «caso Toscanini».
A significare che i valori dell’arte richiedevano una dedizione assoluta, ad un certo punto Toscanini scrive senza alcun timore di aver detto ai musicisti dell’orchestra: «Siate, o signori, democratici nella vita ma aristocratici nell’arte». E per la prima volta compare una frase, quasi un motto, che ricorrerà spesso nelle sue lettere, ad indicare la linearità di condotta come specchio di rettitudine morale: «la schiena si curva quando l’anima è curvata». Toscanini, dunque, non aveva paura di dire la verità ai dittatori. Tant’è vero che nel 1933 scese in campo contro Hitler, come primo firmatario di un cablogramma reso pubblico dagli Stati Uniti contro le prime leggi razziali della dittatura, ripetendo il gesto contro il Festival di Salisburgo nel 1938. E furono proprio i suoi commenti sarcastici sulla politica antiebraica del fascismo, intercettati al telefono, a costargli l’esilio dall’Italia e a metterlo «out of place». Sì, perché le parole più dure Toscanini le riservò alle leggi razziali, alla cinica cortina di indifferenza innalzata dai più e alla guerra. In questa sua protesta, Toscanini ha ben pochi paragoni tra i musicisti, i giuristi e gli intellettuali.
Una prima assoluta, Respiro rosso, della compositrice in residenza Aziza Sadikova, più altri due pezzi espressione di scuole di pensiero differenti se non opposte - la francese e la tedesca - costituiscono il programma che il Quintetto di fiati della Filarmonica Toscanini propone l’11 maggio alle ore 20.30 in Sala Gavazzeni per il Salotto Toscanini. Espressione della scuola francese è il Quintetto di fiati in sol minore di Paul Taffanel, insigne flautista vissuto a cavallo tra XIX e XX secolo: la sua musica è flessuosa, elegante, intensamente espressiva. Mentre, a seguire, il Quintetto composto da Sandy Nagy (flauto), Gian Piero Fortini (oboe), Daniele Titti (clarinetto), Davide Fumagalli (fagotto) e Fabrizio Villa (corno), esegue la Kleine Kammermusik op. 24 n. 2 di Paul Hindemith che invece trova la sua definizione in una vera e propria architettura d’impronta bachiana. A inizio serata, Cristina Casero dell’Università di Parma illustra il quadro della collezione di Arturo Toscanini abbinato al concerto: Servetta (1889) di Antonio Mancini.
Chiude la rassegna I Concerti con la Gazzetta al Ridotto del Teatro Regio, il Duo d’Archi La Toscanini (Mihaela Costea, violino, e Antonio Mercurio, contrabbasso) che domenica 14 maggio alle ore 11 al Ridotto del Teatro Regio presentano un programma che si lega al significato di folìa: vale a dire “divertimento sfrenato, baldoria, sollazzo” e descrive il carattere originario del celebre tema musicale, evidenziando il carattere di gioiosità delle rappresentazioni che accompagnavano le danze rurali. L’idea su cui si basa la formula della Follia emerge nella musica di grandi compositori – da Corelli a Halvorsen – i quali si richiamano all’idea originaria per sondarne i limiti ed alimentarne le possibilità espressive. Il concerto è completato da brani di Gabrielli, Bartók, Mayer, Ysaÿe e Vivaldi e, come sempre, la musica sarà intervallata da incursioni teatrali, improvvisazioni tipiche della commedia dell’arte da parte di Centocani Branco Teatrale a cura di Davide Falbo. Il programma sarà anticipato il 6 maggio alle 16.30 nella Chiesa dei Santi Antonio e Fermo a Rubbiano di Solignano.
La Filarmonica Arturo Toscanini diretta da Andrea Battistoni chiude la Stagione Lirica 2023 del Teatro Regio di Parma con Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, che va in scena con la storica regia di Franco Zeffirelli, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. Le recite, dal 5 al 14 maggio, vedono protagonisti Valeria Sepe (Nedda/Colombina), Gregory Kunde (Canio/ Pagliaccio), Vladimir Stoyanov (al debutto nel ruolo di Tonio/ Taddeo), Matteo Mezzaro (Peppe/Arlecchino), Alessandro Luongo (Silvio). A proposito di questa sua regia, Franco Zeffirelli ha ricordato come Pagliacci fosse l’unica opera da lui realizzata in abiti contemporanei: «Leoncavallo aveva preso spunto proprio da un episodio di sangue dell’epoca che suo padre (un magistrato) era stato chiamato a giudicare. Questa attualizzazione, l’unica nella mia carriera, è stata possibile grazie al preziosissimo contributo della costumista Raimonda Gaetani, da anni mia collaboratrice».
Con le ultime due puntate, una nuovissima dedicata all’arpa e il Gran Finale con tutta l’orchestra, questo mese si chiude L’Arcipelago dei suoni, l’appassionante avventura - fra teatro e musica - in dieci appuntamenti, frutto della collaborazione tra La Toscanini e Fondazione Teatro Due, alla scoperta degli strumenti musicali a cura di Francesco Bianchi, con la ricerca musicale di Giulia Bassi. L’Arcipelago dei suoni è la storia di Arturo, un ragazzo che intraprende un curioso viaggio per salvare la sua città dal mostro Rugmor che mangia i suoni e produce rumori assordanti. Suo scopo è radunare una compagnia di eroi che lo aiutino a sconfiggere il nemico, e ridare felicità agli abitanti. Un’avventura a puntate per scoprire come nasce la musica e quali sono le caratteristiche e le “meraviglie” di ogni strumento musicale. Sabato 13 maggio alle ore 18 l’appuntamento sarà dedicato all’arpa -Il lago delle ninfe- con Nicole Pedroni e avrà luogo alla Sala Gavazzeni CPM Toscanini che ospiterà anche la puntata finale sabato 27 maggio ore 18 con l’la Filarmonica diretta da Miriam Farina.
Una sinfonia che agli ascoltatori torce le budella, la Patetica di Čajkovskij. Due meditazioni su Bach: Webern che nel Novecento ragiona sul Ricercare a sei voci dell’Offerta musicale mentre l’uzbeka Aziza Sadikova, oggi, riflette sulla Ciaccona. Ecco il concerto impaginato da Omer Meir Wellber per La Toscanini. Fatto di cuore e cervello. Ma forse più di cuore.
Maestro Wellber, quale idea portante sorregge il programma?
“Quella di metamorfosi, che in musica si attua attraverso la tecnica delle variazioni. Una questione che riguarda tanto le combinazioni di suoni quanto qualsiasi essere umano. Mi spiego: quando un individuo muta nel tempo per aspetto, psicologia, carattere, resta comunque, malgrado tutto, sempre la stessa persona
oppure diventa altro da sé? Allo stesso modo, se un tema musicale si trasforma rispetto a ciò che era in origine, perde nel cambiamento la propria tipicità o piuttosto si potenzia? Su questo si interroga la serata”.
Webern traveste la partitura bachiana di timbri trascoloranti. Ma le altre composizioni come trattano il principio della variazione?
“Prendiamo la Chaconne di Sadikova, che pure deriva da Bach, dalla Ciaccona per violino. Qui, al testo originale, intatto, si sovrappone l’orchestra, che gli sta dietro come uno spirito avvolgente. Invece nella Patetica di Čajkovskij un medesimo motivo percorre l’intera sinfonia, più o meno evidente, più o meno elaborato all’interno di ciascun movimento”.
In effetti la Patetica racconta una storia. E dolorosa. Di lì a poco Čajkovskij si sarebbe suicidato per sfuggire alla gogna pubblica che gli si preparava, con l’accusa di omosessualità.
“Ma questa sinfonia non racconta proprio nulla! Spesso storie e storielle vengono appiccicate su composizioni che niente hanno a che spartire con quelle narrazioni. Pensare, invece, che l’unico valore superiore ai libri che possiede la musica è quello di saper parlare differentemente a ciascuno: la mancanza di parole ne favorisce, infatti, la comprensione generale. Per giunta oggigiorno bisogna pure interpretare correttamente il titolo della sinfonia. Che deriva da pathos, passione. Mentre nel linguaggio comune l’aggettivo ‘patetico’ sa di piagnucoloso”.
Comunque, durante la stesura di questa Sesta Sinfonia l’esistenza di Čajkovskij stava scivolando rapida verso la tragedia.
“Certo, vi si riversa l’esperienza personale del compositore creando grande impressione all’ascolto. Ed è un’emozione, però, che travalica il sentimento del singolo, amplificandosi in commozione comunitaria. Dipende dal fatto che gli autori russi - non solo musicisti - penetrano nelle loro opere non soltanto come individui ma come voce del popolo cui appartengono. Ogni autore, cioè, si fa portavoce dell’intera nazione russa”.
Di questa tradizione l’uzbeka Aziza Sadikova è un’erede...
“Lei, a cui ho commissionato già una quantità di pezzi per varie orchestre d’Europa, discende direttamente da Čajkovskij, Šostakovič, Schnittke, Gubajdulina. Il che significa che ha radici nel passato e sguardo mistico. Appartiene a quel filone musicale, capeggiato da Stravinskij, che ha vinto la battaglia del Novecento contro i compositori di scuola austro-tedesca, contro Boulez, contro l’avanguardia italiana del secondo dopoguerra”.
Come si spiega che gli sperimentalisti radicali abbiano perso?
“Rispondo con una domanda. Chi conosce qualcuno che abbia voglia di ascoltare dall’inizio alla fine un pezzo di Boulez, di Varèse, di Luigi Nono? La ragione della loro débâcle è l’aver scritto musica intellettualistica
Giovedì 4 maggio ore 20.30
Parma | Auditorium Paganini
che rifiuta l’emozione, che scansa l’individuo. Finché questi compositori dalla personalità affascinante sono stati in vita, la loro produzione ha circolato. Dacché loro non ci sono più, ha perso d’interesse. Tutto al contrario di quella di Šostakovič, che invece era un uomo grigissimo, che non profferiva parola in pubblico. Eppure lui, con due note, riesce a buttarci nel terrore staliniano, costruendo musica che possiede la solidità di un grande albero, mentre il ricco, bianco, coltissimo francese Boulez ha scritto partiture che il primo vento ha disperso come granelli di sabbia. È anche questione di talento: Richard Strauss batte tutti i Webern del mondo, e così Piazzolla, le cui melodie si imprimono nel cuore di ciascuno”.
Lei, Maestro, è direttore musicale del festival dedicato ad Arturo Toscanini, la cui seconda edizione prenderà il via a breve. Ma che immagine ha un direttore della sua generazione, quarantenne, di questa leggenda del podio?
“Da adolescente lo adoravo. Possedevo tutte le sue incisioni, le ascoltavo compulsivamente. Mi colpiva il suo pathos: qualsiasi pezzo dirigesse, pareva stesse partendo per la guerra”.
Del resto, Toscanini è stato combattivo anche nella vita...
“Ed è davvero curioso come un uomo del genere, sanguigno antifascista, dinanzi all’orchestra si comportasse però da dittatore assoluto. Benché forse noi, oggi, ne abbiamo una visione parziale: lo sentiamo urlare e inveire contro gli orchestrali in certe registrazioni, ma non siamo più in grado di coglierne l’aspetto seduttivo, quello che soggiogava le folle. E le donne”.
Il programma ideato per il Festival in che modo si collega all’arte di Toscanini?
“Per esempio, c’è l’attenzione al folklore (che a Toscanini non era indifferente), qui rappresentato dalla congiunzione fra le Quattro stagioni di Vivaldi e quelle di Piazzolla. Inoltre, un concerto che accoppia due capisaldi del suo repertorio, Verdi e Wagner, con il quale la Filarmonica Toscanini e io andremo anche a Dresda”.
OMER MEIR WELLBER Direttore
JAKOB REUVEN Mandolino
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
Anton Webern Ricercata, fuga a 6 voci (da J.S. Bach)
Aziza Sadikova Chaconne per mandolino e grande orchestra (da J.S. Bach), Commissione La Toscanini, prima esecuzione assoluta
Pëtr Il’ič Čajkovskij Sinfonia n. 6 Patetica
Protagonisti
© Luca PezzaniLa sua musica spazia tra stili diversi. Echeggia diverse epoche della storia della musica. Sperimenta soluzioni strumentali non convenzionali e guarda con interesse al gesto e al teatro musicale. Rimanda spesso a immagini di tipo letterario, artistico o filosofico. Usa materiali elementari ma di grande forza plastica, e con queste crea percorsi ad alta intensità drammatica, che catturano l’ascoltatore. Aziza Sadikova, che ha da poco firmato un contratto esclusivo con Boosey & Hawkes, si sta imponendo con forza nel panorama della nuova musica. Nata a Tashkent, in Uzbekistan, nel 1978, è figlia (e nipote) d’arte: suo padre, Otlun Sadikov (1947), è compositore e direttore d’orchestra, e suo nonno, Tolibjon Sadikov (1907-1957), anche lui compositore, è stato tra i fondatori della musica professionale nel suo paese, e a Tashkent portano il suo nome una strada, un museo e la scuola di musica. Dopo aver studiato pianoforte dall’età di 5 anni in una scuola speciale per bambini “superdotati” è entrata al Conservatorio di Tashkent nella classe di Dmitri Yanov - Yanovsky (1963), compositore uzbeko formatosi ed affermatosi in Europa (ha studiato anche all’Ircam di Parigi).
Cosa ricordi dei tuoi studi con Yanov-Yanovsky?
Aveva solo cinque studenti e io ero uno di questi. Ci portava sempre nuove partiture e molte registrazioni. Aveva anche organizzato a Tashkent un festival di musica contemporanea, davvero incredibile, si chiamava Ilkhom XX. Invitava musicisti come Yo-Yo Ma, ensemble come Bang on a Can, diversi compositori italiani. Lì ho scoperto la musica di Sofia Gubaidulina: ne ero strabiliata, era così emozionante. Gli anni di studio con Yanov-Yanovsky sono stati molto fecondi. E tutto è nato lì: ho capito l’aspetto emotivo, ho capito che la musica contemporanea poteva essere qualcosa di fresco e coinvolgente. Per noi che eravamo stati educati sui modelli di Rimsky-Korsakov, è stata una vera rivelazione.
Poi hai proseguito i tuoi studi Inghilterra al Conservatorio di Birmingham con Philip Cashian, e al Trinity College con Alwynne Pritchard. Che influenza hanno avuto sulla tua musica?
Alwynne Pritchard è stata molto interessante perché è anche una performer, guarda alla musica in modo totalmente diverso. Spiegava che puoi prendere un oggetto musicale e capovolgerlo completamente, o prenderne una piccola parte, o smontarlo e ricombinarlo. E mi dicevo: “Wow! Non ci avevo pensato”, perché pensavo al fare musica in un modo molto conservatore, mentre lei mi ha fatto capire che c’è una grande libertà dentro di noi.
Però poi ti sei trasferita a Berlino. In Inghilterra ho studiato, ma non ci sono molte commissioni per giovani compositori, soprattutto stranieri. In Germania invece ho trovato subito un grande interesse per la mia musica. Rispetto a Londra, la scena musicale qui è più varia e vibrante, ci sono molti festival, e molti musicisti e artisti interessanti, giovani e pieni di talento. Ora sto scrivendo un concerto per violino, fisarmonica e orchestra, Labyrinthe du Temps, commissionato dalla Deutsche Kammerphilharmonie di Brema per Hilary Hahn. E il Gewandhaus di Lipsia mi ha commissionato un concerto per organo, fisarmonica e orchestra, Strahlen des Feuers
Nella stagione 2022-23 sei compositrice in residenza a La Toscanini che ha già eseguito Angelo di fuoco, per grande orchestra, con un finale dove una lunga sequenza delle campane si sovrappone al testo di una poesia, sussurrato dagli orchestrali. Da dove viene questa idea? Per questo pezzo mi sono ispirata ad alcuni versi di Nikolay Gumilyov («Ali che sbattono nel cielo come un vessillo / Lo stridore dell’aquila, il frenetico volo / Metà del corpo è fiamma / metà del corpo è ghiaccio»): parlano dell’Angelo che lotta per la giustizia, per questo c’è uno scampanio al culmine del pezzo: è come se l’angelo stesse volteggiando nel cielo. Ho preso anche qualche spunto da un pezzo corale di Pavel Chesnokov, Angel Vopiyashe (L’angelo ha pianto). Il mio brano fondamentalmente vuole esprimere la mia preoccupazione emotiva per i disordini del mondo in questo momento. E la mia speranza che l’Angelo ci aiuti.
Cosa vuoi dirci degli altri due pezzi che saranno eseguiti a Parma il 4 e l’11 maggio: Chaconne per mandolino e orchestra e Respiro Rosso per quintetto di fiati e percussioni? In Respiro rosso voglio ricreare il senso del respiro con gli strumenti, usando suoni sperimentali, che ricreino l’effetto dell’aria, del soffio, del sussurro. Sto cercando di fondere questi suoni percussivi e ariosi dei fiati con quelli delle percussioni. Chaconne è stata originariamente pensata per il mandolinista Jacob Reuven, come una sorta di continuazione di un mio precedente lavoro, Mirroring Contrapunctus, basato su temi bachiani. Jacob lo aveva ascoltato e mi aveva chiesto di fare una cosa simile con il mandolino: il solista suonerà quindi una ciaccona in stile barocco, mentre l’orchestra saprà creare queste texture intorno con molti suoni sperimentali.
Ho capito l’aspetto emotivo, ho capito che la musica contemporanea poteva essere qualcosa di fresco e coinvolgente.
«Non uccidere l’orchestra e la musica che ti sta dando, solo per riprodurre qualcosa che hai nella tua testa!» Questa frase è rimasta sempre impressa nella mente di Alpesh Chauhan, come un consiglio inestimabile che gli ha permesso di sviluppare una grande empatia con le orchestra che ha diretto.
Gliela aveva trasmessa Andris Nelsons, suo mentore, insieme a Edward Gardner, quando Chauhan era stato, ancora ventiquattrenne, Assistant Conductor presso la City of Birmingham Symphony Orchestra (CBSO). Ma nel periodo di formazione Chauhan aveva imparato ad assorbire ogni stimolo. Lui che era nato a Birmingham nel 1990, in una famiglia africana di origine indiana trapiantata in Gran Bretagna, cresciuto a pane (Naan) e Bollywood.
E anche quelle colonne sonore ascoltate da bambino lo avevano aiutato ad apprezzare il repertorio sinfonico, e a trovare ispirazione in un altro grande indiano come Zubin Mehta.
A 6 anni aveva cominciato a studiare il violoncello, a 17 anni era già primo violoncello nell’Orchestra giovanile di Birmingham. Poi sono venuti gli studi al Royal Northern College of Music, il debutto ai Proms a 27 anni, la nomina a Direttore principale della
Giovedì 30 marzo 2023 ore 20.30
Parma | Auditorium Paganini
Sabato 1 aprile 2023 ore 20.30
Modena | Teatro Comunale Pavarotti-Freni
Lunedì 3 aprile 2023 ore 20.30
Bologna | Teatro Manzoni
Fabio Massimo Capogrosso Città Nascoste, Commissione La Toscanini, prima esecuzione assoluta
Ernst Bloch Schelomo Rapsodia per violoncello e orchestra
Hector Berlioz Symphonie fantastique
Filarmonica Toscanini, i ruoli presso altre orchestre: Düsseldorfer Symphoniker, BBC Scottish Symphony Orchestra, Birmingham Opera Company, chiamato nella sua città natale da Graham Vick, dopo aver diretto una produzione di Lady Macbeth of Mtsensk di Šostakovič. Nella sua fulminante carriera internazionale è sempre stato apprezzato per la tecnica sicura, la fresca vitalità interpretativa, la grande energia, l’intelligenza musicale nello scavare a fondo il repertorio classico e molte partiture del Novecento, la curiosità che lo ha spinto a cimentarsi con diversi lavori contemporanei, da Brett Dean a Thomas Adès, da Anna Clyne a Justė Janulytė. Ma la stella polare è sempre stato quell’insegnamento di Nelsons.
Il valore di entrare in connessione con la propria orchestra: «un orchestrale può suggerirti un fraseggio o un colore che non pensavi nemmeno possibile. Come direttori, dovremmo sempre permettere ai musicisti di respirare, per fare musica in modo naturale, mentre li guidiamo attraverso le nostre interpretazioni».
Lavorando così con un’orchestra è sempre meno necessario parlare: ci si capisce al volo. E questa empatia, fa crescere nel tempo le qualità dell’orchestra stessa, oltre a creare un effetto di simbiosi tra gesto del direttore e suono. Che è poi la strada maestra per arrivare al pubblico.
Protagonisti
ALPESH CHAUHAN Direttore PABLO FERRÀNDEZ Violoncello FILARMONICA ARTURO © Benjamin Ealovega © Andrea Ranzi / Musica InsiemeDa quando, ai primi del ‘900, si diffonde la moda, essere chiamati a rispondere al Questionnaire de Proust costituisce un onore. Laddove la tipica intervista giornalistica adatta le domande alle qualità particolari di un soggetto, il rituale immutabile del Questionnaire conferisce un prestigio speciale, garantendo ai gusti, alle opinioni e alle preferenze delle celebrità un fascino filosofico senza tempo. È come dire: il tuo valore è affermato dal semplice fatto che ti siano state poste le domande!
Per questo lo sottoponiamo ai professori della nostra Filarmonica cercando di conoscere, attraverso di esso, i loro gusti, intercettare i loro pensieri e regalare ai nostri lettori dei racconti di vita nel segno della brevità e della leggerezza. Rispondono alle 30 domande: Francesco Migliarini (FM), timpanista, e Valentina Violante (VV), concertino dei primi violini.
1. Il tratto principale del tuo carattere?
FM La tenacia e la perseveranza.
VV Il senso dell’ordine sia mentale che nella quotidianità delle cose.
2. Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
FM L’affidabilità.
VV In realtà sono due: la sincerità e la gentilezza.
3. Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
FM L’affidabilità.
VV La sicurezza di sé.
4. Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
FM L’affetto incondizionato.
VV Dei veri amici apprezzo l’aiuto incondizionato e la fedeltà.
5. Il tuo peggior difetto?
FM Testardaggine e il rigore.
VV Voler ostinatamente avere tutto sempre sotto controllo.
6. Il tuo passatempo preferito?
FM La musica, allenarmi e passare il tempo con la mia famiglia.
VV Cucinare dolci.
7. Cosa sogni per la tua felicità?
FM Non veder soffrire i miei cari.
VV Riuscire a vivere abbastanza per vedere i miei figli adulti e felici delle proprie vite.
8. Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
FM Una grave malattia.
VV Veder soffrire uno dei miei cari.
9. Cosa vorresti essere?
FM Se non fossi timpanista vorrei lavorare per una grande organizzazione di aiuti umanitari.
VV Mi va bene quella che sono.
10. In che paese vorresti vivere?
FM In nord Europa: Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia.
Protagonisti
VV Mi sarebbe piaciuto tantissimo vivere a Parigi: adoro quella città e la lingua francese.
11 Il tuo colore preferito?
FM Viola.
VV Il verde perché è rilassante e il viola in tutte le tonalità.
12. Il tuo fiore preferito?
FM Il giglio, simbolo di Firenze, la mia città natale. VV L’orchidea.
13. Il tuo uccello preferito?
FM I rapaci mi piacciono molto: mi colpisce il loro modo di volare.
VV Il passerotto, così piccolo e indifeso.
14. I tuoi scrittori preferiti?
FM Li collego alle fasi della mia vita. Da bambino mi sono innamorato della lettura con Agatha Christie. In gioventù ho letto di tutto, ma mi sono affezionato a Tiziano Terzani; da adulto preferisco la saggistica di tutti i generi, le biografie e i romanzi storici. Una costante invece sono i fumetti: dai giornalini al graphic novel.
VV In passato sono stata una grande fan di Banana Yoshimoto, ora mi appassionano i romanzi di Isabel Allende.
15. I tuoi poeti preferiti?
FM Non sono mai stato un amante della poesia.
VV Non saprei, non sono un’amante della poesia.
16. – 17. Chi sono i tuoi eroi?
FM Ammiro molto gli atleti e gli artisti che usano e hanno usato la loro disciplina, la loro fama, la loro influenza per cause politiche, civili, sociali.
VV I medici chirurghi e tutti quelli che fanno volontariato.
18. Il tuo musicista preferito?
FM Beethoven.
VV Da sempre adoro tutta la musica antica: Vivaldi, Corelli, Bach, Handel...non riesco proprio a sceglierne uno in particolare.
19. Il tuo pittore preferito?
FM Edward Hopper.
VV Monet e Magritte.
20. – 21. Un eroe nella tua vita reale?
FM Tutte le donne della mia famiglia: la mia compagna, mia mamma e le mie splendide figlie.
VV Non ne conosco.
22. Il tuo nome preferito?
FM Giacomo... per Puccini e per mio figlio.
VV Ettore.
23. Cosa detesti?
FM La disonestà intellettuale.
VV La falsità e la maleducazione delle persone.
24. Un personaggio della storia che odi più di tutti?
FM Mussolini, un vile che molti hanno assecondato.
VV Hitler.
25. L’impresa storica che ammiri di più?
FM La Resistenza.
VV La costruzione delle piramidi.
26. Un dono che vorresti avere?
FM La capacità di viaggiare nel tempo.
VV La pazienza.
27. Come vorresti morire?
FM Nel sonno.
VV Di morte naturale, cioè di vecchiaia, ma rimanendo ben lucida mentalmente.
28. Come ti senti attualmente?
FM In tanti modi come sempre: preoccupato ma fiducioso. Soddisfatto ma sempre alla ricerca di qualcosa… con più certezze di ieri, comunque in divenire.
VV Eternamente di corsa e indaffarata.
29. Di cosa ti senti in colpa?
FM Del mondo che potremmo lasciare ai nostri figli.
VV Di non avere tempo sufficiente per i miei figli.
30. Lascia scritto il tuo motto!
FM I lost my count at the 100th measure of rest. I think I’ll just roll now.
(Ho perso il conto alla centesima battuta di pausa. Penso che adesso rullerò e basta!)
VV Non ragioniam di lor, ma guarda e passa! Ma… fosse facile!
18 marzo - 2 luglio 2023
Fondazione Magnani-Rocca
Mamiano di Traversetolo
Parma
Con il contributo di
Media partner Gazzetta di Parma, Kreativehouse Con la collaborazione di Angeli Cornici, Bstrò, Cavazzoni Associati, Società per la Mobilità e il Trasporto Pubblico Felice Casorati, Concerto (1924), tempera su tavola (particolare). Collezione Rai - Direzione generale, Torino. © Felice Casorati, by SIAE 2023 La mostra è realizzata dalla Fondazione Magnani-Rocca in collaborazione conNel momento più critico della propria vita e nel pieno possesso delle facoltà mentali, uomini e donne fanno testamento; talora il presentimento della morte coincide con l’apice della vita, l’esistenza nella sua manifestazio-
ne più adrenalinica e accade che essa si manifesti nei luoghi più impensabili attraverso un moto incontrollabile di istinto di sopravvivenza dell’ingegno e cuore in perfetta simbiosi.
Tutti cantavano, suonavano e facevano musica in quel wormhole che, nel calcolo spazio-temporale umano, va dall’apertura del Lager di Dachau nel 1933 alla morte di Iosif Stalin nel 1953 ossia dall’alba del nazionalsocialismo al crepuscolo dello stalinismo.
In siti di cattività inimmaginabili – Ghetti, Lager, Stalag, Oflag, Gulag – l’uomo scatenò meccanismi creativi, educativi e rigeneranti che oltrepassano la differenziazione cronologica di passato, presente e futuro; mentre 8.000 opere recuperate – oggi patrimonio dell’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria di Barletta –riscriveranno la Storia della Musica del Novecento, altre migliaia e migliaia di pagine cameristiche, sinfoniche, teatrali giacciono tuttora nell’anonimato della Storia in attesa di riprendersi il proprio ruolo nel grande gioco tra reale e immaginario.
Da Treblinka ad Auschwitz passando per Varsavia, da Magadan a Pechora passando per Uchta, immaginari convogli pieni di partiture approdano a Barletta dove vengono catalogati, studiati, vissuti.
Nel 1942, chiuse in un vagone del treno che conduceva ebrei da Lublin-Majdanek a Treblinka per la gasazione, due sorelle presero per la cintola il loro fratellino di nove anni e lo scaraventarono fuori dal treno attraverso la piccola finestra dell’aria (solo lui poteva passarci); amare significa talora allontanare da noi stessi coloro che amiamo per salvargli la vita.
Quel ragazzino si chiamava Hershel Taichman, sopravvisse; anni fa rilasciò la sua testimonianza per Steven Spielberg, durante l’intervista cantò Lublin, Lublin che un Anonimo creò a Majdanek.
Dobbiamo mettere in gioco un concetto molto più rivoluzionario della Memoria.
Il futuro è già scritto, pietrificato nella parte solida delle nostre più lungimiranti visioni mentre il passato è invero una storia da riscrivere, non nel falso senso revisionista del termine ma nelle sue immense energie nebulizzate da macigni crollati sull’ingegno umano e da crimini inenarrabili che attendono ben più profondi e radicali processi di quelli di Norimberga.
Molti musicisti deportati abbozzarono canovacci di opere che spetta a noi completare, rifinire; i loro manoscritti non vanno conservati come reliquie ma vanno sfogliati per captare ogni spia che si accende nell’orchestrazione e distribuzione del materiale.
Bisogna ricostruire tali opere come i loro autori le avrebbero presumibilmente scritte, non interfacciarsi con le fonti mediante criteri archeologici ma ridare vita alle opere incompiute immaginando cosa l’autore avrebbe scritto al flauto o al pianoforte o al violino in questa o quella battuta se ne avesse avuto la possibilità, fiutare come segugi quali parole si nascondono dietro simboli apparentemente senza senso talora usati per bypassare la censura, compiere micro-interventi di riparazione
dell’opera così come un chirurgo preleva lembi di pelle o frammenti ossei da parti sane del paziente per ricostruire parti malate o danneggiate.
Nel marzo 1942 Ervin Schulhoff iniziò a stendere la partitura pianistica della VIII. Symphonie op.99 presso lo Ilag XII Wülzburg, il primo movimento contiene un inno per coro maschile di ispirazione comunista e alla fine di ogni strofa ci sono virgolette incomprensibili; il testo fu redatto su un foglio clandestino successivamente portato alla luce da suo figlio Petr ed è un’ode a Marx, Lenin e Stalin (Schulhoff morì di tubercolosi nell’agosto 1942).
Sull’autografo del Nonet del prigioniero politico Rudolf Karel scritto presso il Vazební věznice di Praha-Pankrác apparentemente manca del materiale ma non è così poiché Karel lasciò numerose indicazioni che ne consentono la ricostruzione; Karel era gravemente dissenterico e proveniva da numerosi turni di tortura, pertanto era indispensabile per lui economizzare materiali e tempistica.
Il canone dell’opera in un atto Der Kaiser von Atlantis di Viktor Ullmann non fu chiuso dal suo autore a Theresienstadt, le ultime integrazioni risalgono a qualche giorno prima che egli fosse trasferito a Birkenau; dopo un lungo lavoro di ricostruzione, oggi il canone può dirsi completo.
Sembra che l’autore di ognuna delle suddette opere avesse gettato un immaginario ponte con futuri ricercatori affinché gli stessi scoprissero i filoni aurei interrotti delle loro musiche e proseguirli, estrarne la materia sino all’ultima particella, intraprendere una riparazione storica, umana e artistica nei riguardi di questa gigantesca incompiuta dell’ingegno umano qual è la musica concentrazionaria.
In fondo, tali operazioni non sono dissimili dal completamento del Contrapunctus 14 dall’Arte della Fuga di Bach, della Nona Sinfonia di Bruckner o del finale della Turandot di Puccini.
La musica concentrazionaria è una Letteratura, ha maturato proprie prerogative e deve essere approfondita e promossa da addetti ai lavori e Istituzioni artistiche e musicali all’uopo; la tragedia umanitaria del Novecento è la sala motori di questa ricerca, essa sta alla Letteratura musicale concentrazionaria come il motore sta al veicolo, la diffusione di questa Letteratura produrrà valide difese immunitarie e armi adatte a combattere negazionismi, riduzionismi e antisemitismo.
Pochi altri lasciti testamentari come questa Letteratura ci renderanno immuni da qualsiasi sciagura intellettuale per traghettarci verso un’era che collochi al centro degli interessi individuali e collettivi l’uomo, la sua dignità, la sua capacità creativa e costruttiva.
Questa musica ha poteri taumaturgici, salva, redime uomini e ideologie; un giorno nulla rimarrà di Ghetti, Lager e Gulag poiché sarà musica e basta.
Considerando la musica come un’interazione sociale e una relazione di mutua armonia, da qualche anno La Toscanini ha avviato nuovi importanti processi trasformativi per mettere al centro la comunità. In tal senso si sta sviluppando il nuovo programma di sviluppo, Community Music imperniato sull’ampio progetto MusicAccessibile, che punta alla realizzazione di attività performative, didattiche e ludico-ricreative altamente accessibili rivolte nello specifico ai giovanissimi e alle famiglie, con un’attenzione specifica per l’accoglienza e la fruizione accessibile di pubblico con bisogni speciali e disabilità.
Tra le diverse iniziative che hanno preso il via vi sono Breaking Bach, dedicato ai giovani residenti nei quartieri più problematici di Parma e Tutte e tutti per 1, progetto in rete con As.Li.Co, Fondazione Haydn di Trento e Bolzano e Fondazione Orchestra Regionale Toscana, istituzioni che si sono aggiudicati un bando ministeriale per coprodurre concerti-spettacoli ad alta accessibilità.
Al centro di Breaking Bach sta la musica trap e rap, per arrivare alla musica barocca di Johann Sebastian Bach, passando dall’hip-hop e dalla street-art. Da qui il nome del progetto ideato insieme al Comune di Parma in collaborazione con Unione Nazionale Camere Minorili e Musicians for Human Rights. Si sviluppa in una serie di momenti formativi e performativi – incursioni musicali, rivolti a Adolescenti Neet (14-18 anni) in dispersione scolastica e in percorsi di educazione e/o recupero da comportamenti a rischio. Ma si chiamano anche in causa adulti impegnati a livello professionale e volontario nel settore educativo-formativo, che lavorano con e per i giovani in età di sviluppo. Principio fondamentale alla base del progetto, è creare pratiche innovative di educazione e confronto ludico-ricreativo per la trasmissione di “pillole di legalità” utili per la prevenzione e/o il contrasto di comportamenti a rischio per i minori. I laboratori si tengono il 3 maggio al Centro Giovani Casa nel Parco / Scuola del Fare (laboratorio di danza hip-hop a cura di Sonia Bianchi della Scuola di Danza Studio84) e il 10 maggio al Centro Giovani Montanara (laboratorio di musica a cura di Tommaso Olivieri con la partecipazione dei musicisti de La Toscanini).
Porta il titolo significativo di Tutte e tutti per 1, ispirato al lavoro di squadra messo a punto dai mitici Tre Moschettieri (anzi quattro), il progetto che La Toscanini ha confezionato come capofila di una rete costituita da altre tre realtà tra le più prestigiose As.Li.Co (Associazione Lirica e Concertistica) e altre due Istituzioni Concertistiche Orchestrali italiane, affini per identità, produzione culturale-musicale e obiettivi di sviluppo sostenibile: la Fondazione Haydn di Trento e Bolzano e la Fondazione Orchestra Regionale Toscana. Insieme si sono aggiudicati il bando per coprodurre concerti-spettacoli ad alta accessibilità. In questo senso le quattro istituzioni organizzeranno da ottobre 2023 a giugno 2024 una rassegna di concerti di musica accessibile per quartetto d’archi, voce e LIS, da realizzare con la partecipazione di artiste e artisti con disabilità in quattro regioni italiane: Emilia-Romagna, Trentino Alto-Agide, Toscana e Lombardia. Assieme ai tre quartetti d’archi di ciascuna delle orchestre coinvolte, saranno protagoniste il mezzosoprano Martina Debbia e Diana Anselmo, performer e cultural worker sorda, presidente di Al.DI.Qua. Artists, all’interno di un progetto Educational firmato da Manuel Renga.
Le Settimane Community Music di Primavera (2 - 11 maggio) si inseriscono nell’iniziativa Maggio dei Libri 2023, il viaggio letterario guidato dal Centro per il libro e la lettura del Ministero della Cultura. Per l’occasione, La Toscanini ha programmato attività culturali e musicali per pubblici di ogni età a partire dalla valorizzazione de La Biblioteca di Arturo, la biblioteca per l’infanzia del CMP Arturo Toscanini realizzata con il sostegno di Fondazione Cariparma attraverso il bando “Leggere crea indipendenza”. Il 4 maggio, per Scrivere (e leggere) musica e libri il direttore d’orchestra Omer Meir Wellber e la compositrice in residenza Aziza Sadikova – protagonisti del concerto serale all’Auditorium Paganini – incontrano il pubblico alla Libreria Fiaccadori alle ore 16. Il giorno seguente, alle ore 17, la Casa della Musica ospita il nuovo spettacolo Il viaggio di Arturo. Le iniziative continuano il 6 maggio alle ore 10.30 al Parco della Musica, nello spazio esterno adiacente al CPM Toscanini dove arriva Libri con le ruote… in Musica con il sostegno di Parmalat e in collaborazione con ParmaKids, con letture musicali a cura
di Andrea Saccon (La Sajetta) e la partecipazione di Miriam Caldarini, clarinettista della Filarmonica Toscanini.
LIBERaVOCE, Festa della Lettura ad alta voce organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma insieme alle realtà aderenti al Patto di Parma per la Lettura, accoglierà due attività in programma il 10 e l’11 maggio in collaborazione con l’Istituto Comprensivo “Toscanini”: lo spettacolo di lettura performativa Il libro più bello e delle letture musicali presso il Centro Diurno Molen Bass. Anche i laboratori per i più piccoli del 2 maggio alle ore 17 e le tradizionali Playlist con la Filarmonica diretta da Antonio De Lorenzi del 9 maggio alle ore 18 e del 10 maggio (riservata alle scuole) avranno come tema i libri.
L’esecuzione della Sinfonia fantastica di Berlioz il 5 dicembre 1830 segna una vera cesura nella storia della musica Ottocentesca. Berlioz prendeva le mosse dal sinfonismo beethoveniano ma lo declinava secondo gusto, estetica e pratica francesi ad esso profondamente estranei. La Sinfonia fantastica sviluppa “per ciò che hanno di musicale diverse situazioni [autobiografiche] della vita di un artista” e lo fa con una inaudita gestione della eloquenza timbrica di Beethoven. I colori strumentali costruiscono qui gli ambienti sonori in cui la vicenda narrata si svolge. Sono due aspetti che avrebbero segnato profondamente la musica ottocentesca, nelle ballate di Chopin e nei poemi sinfonici di Liszt, per esempio, e che ritroviamo oltre quaranta anni dopo nei Quadri da una Esposizione di Musorgskij (1874). Per raccontare al pianoforte la mostra pittorica dell’amico Viktor Hartmann, Musorgskij attinge al suo linguaggio essenziale e scarno e ruvido ma suggerisce implicitamente una grande quantità di colori per trasportare l’ascoltatore nel clima espressivo proprio di ciascun quadro. Nel 1922 Ravel avrebbe poi dato loro concretezza timbrica con lo stile analitico che contraddistingue la sua musica: impasti puri, quasi asettici si sposano con il raggelato pianismo del compositore russo e ne evidenziano le stratificazioni sonore.
di Paolo RussoCome si deve ascoltare la Sinfonia fantastica? Domanda sciocca in apparenza, ma molto seria nella sostanza, al punto che, se la potessimo porre al Berlioz che negli anni Trenta e Quaranta dirigeva la sua partitura su e giù per l’Europa, avremmo con tutta probabilità una risposta convinta: con il programma in mano.
Fin nel suo stadio embrionale la Sinfonia fantastica fu associata dall’autore a un intreccio narrativo poi diventato per l’appunto un programma (negli anni più volte ritoccato, al pari dalla partitura), stampato su fogli volanti da distribuire in sala agli ascoltatori. Episodio della vita di un artista il titolo del «romanzo» (così Berlioz in una lettera del 1830), che racconta l’innamoramento di un giovane musicista per una donna irraggiungibile: il primo sconvolgente incontro, l’affiorare ossessivo del ricordo di lei durante un ballo festoso e una scena campestre, l’apparizione fantasmatica dell’amata negli incubi di un patibolo e di un sabba demoniaco provocati da un avvelenamento da oppio. Gli empiti di passioni incontrollabili, il compiacersi nel grottesco e nel fantastico, il sovrapporsi di arte e vita (musicista e donna amata altri non sono che Berlioz stesso e
la sua futura moglie, l’osannata attrice inglese Harriet Smithson) sgorgano dalla vivida fonte del romanticismo letterario (quello di Hugo, di Chateaubriand, dello Shakespeare da poco riscoperto) alla quale si era abbeverato il giovane autore nella Parigi degli anni Venti dell’Ottocento.
L’intenzione drammatica della sinfonia emerge in tutta evidenza anche nei sincronismi fra testo verbale e testo musicale. L’entrata in scena della donna amata e le successive riapparizioni del simulacro di lei hanno per contrassegno sonoro l’idea fissa, una melodia di ampio respiro presentata da violini e flauto nel primo movimento (Fantasticherie – Passioni) e che ritorna lungo l’intera sinfonia, di volta in volta variata, trasfigurata, grottescamente parodiata. Di chiaro sapore scenico è l’arpeggio di arpe che prepara il valzer in apertura del secondo movimento (Un ballo), così come il ranz de vaches all’oboe e al corno inglese che «due pastori» si scambiano nel terzo movimento (Scena ai campi). Teatralissimi sono i movimenti quarto (Marcia al supplizio) e quinto (Sogno di una notte di sabba), musicalmente costruiti su autentici gesti scenici: i passi del condannato al patibolo, il
colpo di ghigliottina, il rintoccare a morto di una campana, il danzare sguaiato di streghe e demoni su una citazione blasfema del Dies iræ… Sotto la superficie della partitura si intravvedono i modelli delle sinfonie beethoveniane, delle ouvertures operistiche, dell’effettismo sonoro mélo, ma l’originalità delle soluzioni formali, delle combinazioni timbriche, dei presupposti estetici, fanno della Sinfonia fantastica un’opera di assoluta novità nel suo genere.
Nel 1855, un quarto di secolo dopo aver licenziato la prima stesura completa della partitura e assistito al debutto al Conservatorio di Parigi, Berlioz avrebbe ammesso la possibilità di ascoltare la sinfonia anche senza il suo programma, confidando nel fatto che essa potesse «offrire in se stessa un interesse musicale indipendentemente da ogni intenzione drammatica». Una concessione per certo influenzata dai dibattiti furenti che il genere appena nato del poema sinfonico aveva acceso attorno alla musica a programma, ma che, nei fatti, nulla rinnegava: il rivoluzionario capolavoro di Berlioz restava agli occhi del suo autore anzitutto un «dramma strumentale».
Non fu forse sulla suggestione di una perdita dolorosa, quella dell’amico Viktor Hartmann, che Modest Musorgskij (parole sue) si mise a «scarabocchiare» musica «su un pezzo di carta»? Era la primavera del 1874 quando all’Accademia degli artisti di San Pietroburgo fu allestita una grande mostra coi dipinti di Hartmann, stimato pittore e architetto russo scomparso pochi mesi prima. Subito Musorgskij pensò di illustrare in una suite per pianoforte la sua visita: nella Promenade che fa da cornice e ritornello mostrò sé stesso muoversi all’interno della sala e in dieci movimenti dai caratteri contrastanti ridipinse in musica altrettanti quadri dell’amico. E ancora: non v’è forse la presenza fantasmatica della morte nella relazione che Maurice Ravel instaurò nel 1922 con Musorgskij? Il grande russo era scomparso da oltre quarant’anni quando l’altrettanto grande francese prese i Quadri e li orchestrò. Ravel aveva ben presente che
la sua era una sorta di riesumazione passibile d’essere percepita come profanazione: in una lettera al committente Serge Koussevitzky illustrava le limitate licenze che s’era preso rispetto al dettato musicale originale, sperando così di cautelarsi da quelle «accuse di “vandalismo”» che erano state mosse alla prima, edulcorata, edizione per pianoforte dei Quadri confezionata da Rimskij-Korsakov nel 1883.
Riconoscendo i Quadri di Musorgskij-Ravel come monumento due volte in memoriam, dove troveremo il loro senso profondo? Non nella melodia gagliarda della Promenade; non nella violenza grottesca di Gnomus e della Cabane sur des pattes de poule (Baba-Jagà); non nella cantabilità ovattata del Vecchio castello; non nelle agilità fragranti di Tuileries e di Ballet des poussins dans leurs coques; non nel grave incedere popolaresco di Bydlo; non nel dialogare penoso di
Samuel Goldenberg e Schmuyle; non nella vitalità cangiante di Limoges - le marché; non nella maestosità solenne della Grande porte de Kiev Sarà sull’oscurità densa di Catacombæ - Sepulchrum Romanum che dovremo concentrare la nostra attenzione. Accordi lenti e pesanti che Ravel assegna a ottoni, legni gravi e contrabbassi ci introducono nelle catacombe di Parigi, l’ossario che da fine Settecento raccoglieva le spoglie mortali di milioni di donne e uomini, e che nell’Ottocento alimentò l’immaginario (letterario, teatrale, figurativo, musicale…) dei romantici. L’alternarsi dinamico di piano e forte (e pianissimo e fortissimo) mima l’incedere timoroso fra i cunicoli di un visitatore, alla luce fioca di una lanterna. Dal silenzio il corno inglese e gli oboi pronunciano il tema della Promenade, ma non v’è traccia della sua vitalità originale: le dissonanze rendono il profilo cupo, quasi trasfigurato. Gli archi tracciano ampie campate, dalle quali
Fra le molte cose che è e può essere, Quadri da un’esposizione è anche, e forse soprattutto, un dialogo con la morte. Pensando alla vitalità che questo capolavoro trasuda, l’affermazione potrebbe sembrare quantomeno stravagante. Eppure, è così.
emergono lente figurazioni ai legni: è il bagliore della lanterna che si riflette misteriosa sui teschi. Il gusto per il macabro e il sepolcrale è solo la crosta superficiale di questo quadro: al di sotto, il mistero insondabile della morte.
Come ogni prodotto d’arte, Quadri da un’esposizione gioca un’interminabile partita a scacchi con la memoria. La fortuna eccezionale che quest’opera gode da oltre un secolo è forse una risposta al mistero: la continua ri-creazione nel presente è la lanterna che ci restituisce dal passato scintille di Hartmann, di Musorgskij, di Ravel.
La sterminata quantità di colori non sempre può corrispondere a semplici oscillazioni umorali ma a volte indica una rassegna di caratteri e di situazioni le più variegate, in ogni caso questa volta viene superata l’apparentemente insormontabile contraddizione “Vorrei, non vorrei, ma se puoi…” Egli, Musorgskij, può e come: non si cura di venti contrari, estremismi pericolosi, scosse telluriche e cambi di copione: per cui il pezzo Quadri da una esposizione appare inossidabile, anzi freschissimo, e l’equilibrio sempre salvo: tra gnomi (non proprio burloni), carri pesanti che invadono la strada, la possibilità di visitare un vecchio castello, il mercato di Limoges, fredde catacombe, o partecipare a dei balli assicurandosi di essere muniti di zampe di gallina, in quanto la presenza è molto varia tra poveri, ricchi arroganti, streghe insieme a dei pulcini ancora nei loro gusci… Ascoltare per credere! Anche perché, Musorgskij, purtroppo, offre l’unica maniera di contemplare la bellissima porta di Kiev… altrimenti, dati i tempi, sarebbe impossibile!
Oroscopo: Tema Natale di Toscanini Fondo Grubicy-Toscanini Archivio-Documenti del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto MART, Rovereto
La New York Public Library di New York conserva l’archivio di Arturo Toscanini. Partiture, lettere e memorabilia del maestro, dalle scarpe da concerto ora esposte in una piccola mostra, alle sue bacchette. Ma è un museo italiano, il Mart di Rovereto, a regalarci un prezioso disegno: l’oroscopo di nascita del maestro, con tanto di testo scritto a mano, che ne descrive pianeti e case astrologiche. Delizioso. Peccato che l’analisi astrologica redatta secondo le tavole del Giuli
Firmico Materno - il più vasto trattato di astrologia conservatosi dall’antichità - di Francesco Giuntino, teologo e astrologo della seconda metà del Cinquecento sia… inesatto. Quel disegno, in buona sintesi, fa riferimento a una disposizione di pianeti che non corrisponde al vero. Poco importa: il “reperto” è prezioso e resta la curiosità di capire se il Maestro ne fosse a conoscenza.
Arturo Toscanini è nato a Parma il 25 Marzo 1867 alle 3:00 a.m. e leggere la sua carta significa ritrovare preziose indicazioni su una carta di identità parallela al comune certificato di nascita, in grado di descrivere, attraverso i simboli planetari, la sua personalità.
Uomo dallo «smisurato orgoglio», artista incapace di tollerare «il fare musica in modo superficiale o trascurato e la cui specialità era la scontentezza», scrive Harvey Sachs, musicologo americano e biografo del Maestro. In queste brevi frasi, scolpite nella magnifica biografia, si trovano, in controluce, tracce del suo carattere. Che gli astri confermano.
Toscanini è nato sotto il segno dell’ariete, segno di fuoco, nella casa seconda che corrisponde all’immagine e al denaro; il sole, dunque, a distanza ravvicinata da Mercurio e Nettuno, ci parla di un destino agiato in termini economici, ma anche dell’aspirazione verso l’infinito, un desiderio latente, che soggiace però a una razionalità che tende a dominare la fantasia. Grati alla musica che ne ha incanalato l’energia inconscia e i desiderata, troviamo un magnifico Giove congiunto a Venere nel segno dell’Acquario, che spiegano il narcisismo felice di una personalità egocentrica, la visione di un uomo che si nutre di sé stesso, con felici esiti per il suo pubblico. I tre pianeti che formano la personalità del Maestro sono però Saturno, Marte e Plutone. Il pianeta Saturno, nel segno dello Scorpione, è uno degli astri più potenti nel cielo del Maestro. È il dinosauro che dorme accanto a una luna sensuale e sensibile, che vive nel timore che lui prima o poi la divorerà. Cronos divora i suoi figli, come ci mostra il celebre dipinto di Francisco Goya, e la luna del Maestro è il lato nascosto, protagonista di un’affettività esacerbata, di emozioni intense, ma segrete, profonde, e “responsabile” di un magnetismo che seduce. Saturno: severità di un pianeta in casa decima congiunto alla luna significa una sensibilità governate dalla razionalità, per certi versi frustrata e annientata. Quando a soli trentuno anni diventa direttore musicale della Scala, vieta la richiesta del bis e l’ingresso in sala ai ritardatari, così come la strenua opposizione al regime fascista o il rifiuto di dirigere Turandot con la presenza in sala di Benito Mussolini: è la severità del pianeta a manifestarsi. Saturno o della rinuncia: avere abbandonato l’Italia per gli Stati Uniti, lo renderà triste per una scelta dettata dalla ragione e non dai sentimenti, nonostante la sua “casa” rimanga per sempre oltreoceano.
Incontri e scontri rapidi e improvvisi come suoni: Marte nella casa settima, dove il Maestro incontra - e cerca - la radicalità di opinioni contrarie alle sue, il piacere del rischio e le sue traiettorie ricche di significato. Non avrebbe potuto che diventare un leader “imperioso”.
Infine Plutone, pianeta del sommerso, dell’impulso vitale e del sesso, una vera ossessione che permea la vita (e molte pagine epistolari) di Toscanini.
Tutto scritto nelle stelle dunque?
Anche, ma l’arte costruisce il mondo e non si limita a riprodurlo e, come scrivono gli antichi, “astra inclinant, non necessitant” ovvero “gli astri influenzano, ma non costringono”.
Figuriamoci un genio della direzione d’orchestra!
di Paola CalvettiNella seduta del 26 aprile 2023, il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Arturo Toscanini – in scadenza nel mese di giugno – ha approvato il bilancio 2022 chiudendo ancora una volta in utile il conto economico e consolidando il patrimonio netto (924.027€). Di rilievo il valore della produzione (8.227.415€), che ha superato i risultati pre-Covid registrando il livello più alto di sempre, i ricavi da biglietteria e vendita diretta (1.475.281€, +19% rispetto al 2018) e i risultati dell’attività di fundraising (508.496€, +402% rispetto al 2018), dati che si sommano all’incremento del contributo assegnato alla Fondazione dal Ministero della Cultura (2.143.353€, + 7% rispetto al 2018). Il risultato di bilancio trova corrispondenza nella straordinaria intensificazione dell’attività in Emilia-Romagna, in Italia e all’estero, che nel quinquennio 2018-2023 ha visto la Filarmonica Arturo Toscanini, i suoi ensemble cameristici e La Toscanini NEXT impegnati in 533 concerti sinfonici, 238 concerti cameristici, 191 recite d’opera, 192 concerti della “NEXT” e 89 eventi Community Music.
A due decenni dall’ultima volta, La Toscanini è stata chiamata dal Comune di Busseto a organizzare nuovamente il 59° Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto, insieme al Teatro Regio di Parma. La competizione, che nella sua lunga e prestigiosa storia ha lanciato grandi artisti del calibro di Aprile Millo, Jaume Aragall, Ferruccio Furlanetto e Michele Pertusi, avrà luogo dall’8 al 15 settembre 2023 e sarà presieduta dal Sindaco di Busseto, Stefano Nevicati. Soddisfazione per l’incarico e per la nuova sinergia con Busseto e il Teatro Regio è stata espressa da Alberto Triola, chiamato a dirigere il Concorso. «Abbiamo voluto imprimere al “Voci Verdiane” una decisa apertura internazionale – ha dichiarato il Sovrintendente e Direttore artistico de La Toscanini – coinvolgendo nella giuria i Sovrintendenti e i Direttori artistici di alcuni tra i più importanti Teatri e centri musicali del mondo e organizzando per la prima volta le selezioni in sei paesi stranieri: Argentina, Spagna, Austria, Bulgaria, Georgia e Cina. Un doveroso riconoscimento alla prestigiosa storia della competizione e al valore della grande tradizione verdiana».
I riflettori internazionali tornano ad accendersi sulla Filarmonica Arturo Toscanini. L’8 e 9 giugno 2023 l’Orchestra sarà protagonista di due concerti sinfonici al Dresdner Musikfestspiele, uno tra i festival più importanti di tutta Europa, insieme al direttore d’orchestra Omer Meir Wellber, Direttore musicale del Festival Toscanini, e a due solisti di fama internazionale del calibro di Jan Vogler, violoncellista, e Mikhail Pletnëv, pianista. In programma musiche di Verdi, Wagner, Čajkovskij, Shostakovich e Respighi. Il prestigioso invito è stato ricevuto per la prima volta nella storia de La Toscanini, unica orchestra italiana tra le 15 compagini internazionali in cartellone.
Il doppio programma di Dresda sarà presentato in anteprima al Teatro Regio di Parma nella serata inaugurale del Festival Toscanini 2023: un vero e proprio happening, dalle 18.30 alle 23, con un intermezzo musicale firmato La Toscanini NEXT e una proposta di street food a base di prodotti regionali. Il Festival proseguirà toccando luoghi di prestigio storico-artistico dell’Emilia-Romagna (dalla Casa Romei di Ferrara all’Antica Pieve di Vernasca, dalla Villa Peroni di Langhirano al Palazzo Milzetti di Faenza) fino a spazi non tradizionali quali la Solignano Arena. La Filarmonica sarà protagonista anche in Piazza Duomo a Parma (16 giugno) insieme al soprano Anna Caterina Antonacci e al direttore Alessandro Bonato con un programma intorno alla Carmen di Bizet, a Palazzo Farnese a Piacenza (18 luglio) con Omer Meir Wellber e il mandolinista Jakob Reuven impegnati nelle Otto Stagioni di Vivaldi e Piazzolla, e in alcune “incursioni sinfoniche” in Regione con la Sinfonia n. 5 di Beethoven. Evento-simbolo dei principi di inclusione e accessibilità che caratterizzeranno il Festival sarà quello con la danzatrice e performer Simona Atzori al Teatro Due di Parma (26 giugno). Completeranno il cartellone i concerti degli ensemble cameristici della Filarmonica e de La Toscanini NEXT e i nuovi spettacoli curati da Davide Gasparro e dal Collettivo Lynus (al Museo Cervi di Gattatico), fino all’appuntamento conclusivo ad Argenta (1 agosto) nel 100° anniversario dell’uccisione di don Giovanni Minzoni.
Giornalista, ha lavorato alla redazione milanese de «la Repubblica» e scritto per il «Corriere della Sera» e «Io Donna». Ha diretto l’ufficio stampa del Teatro alla Scala, è stata capo ufficio stampa di Baldini&Castoldi Editore, direttore della comunicazione del Touring Club Italiano e direttore comunicazione e marketing del Maggio Musicale Fiorentino. Ha pubblicato saggi per il Teatro alla Scala e curato il volume Riccardo Muti, dieci anni alla Scala. È stata finalista al premio Bancarella con il romanzo d’esordio, L’amore segreto (1999). Tra i suoi ultimi romanzi Parlo d’amor con me (2013), Gli innocenti (2017) e il saggio Elisabetta II Ritratto di regina (2019). I suoi libri sono tradotti in Francia, Germania, Spagna, Albania, Giappone, Olanda, Stati Uniti.
Professore ordinario di Storia del diritto medievale e moderno nell’Università di Milano-Bicocca. È stato borsista del Max Planck Institute for European Legal History (Frankfurt am Main), Visiting Fellow presso università straniere, coordina progetti di ricerca, fa parte di comitati di riviste e collane. È Presidente della Commissione per la supervisione delle attività musicali dell’Università di Milano-Bicocca e componente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Giuseppe Verdi di Milano. I suoi interessi di ricerca spaziano dal medioevo all’età contemporanea. Si occupa di diritto comune, diritto privato, giustizia criminale, law and humanities. È critico musicale di classica e opera lirica. È direttore responsabile e condirettore di LawArt. Rivista di Diritto, Arte, Storia.
Si è diplomato in pianoforte al Conservatorio “Piccinni” di Bari; ha studiato presso l’Accademia di Musica “Liszt” di Budapest con Kornél Zempléni e si è perfezionato con Aldo Ciccolini. Nel 1989 ha intrapreso il recupero della musica creata dal 1933 al 1953 nei Campi di concentramento civili e militari; è autore dell’Enciclopedia in 24 CD-volumi KZ Musik. Nel 2015 è stato realizzato il documentario The Maestro sulle sue ricerche; nel 2019 la CBS gli ha dedicato 30 minuti nella trasmissione 60 Minutes e l’anno dopo il Simon Wiesenthal Center di Los Angeles gli ha assegnato la Medal of Valor già conferita a Yitzhak Rabin, Raoul Wallenberg, Winston Churchill, Giovanni Paolo II, Andrei Sakharov. È docente di pianoforte presso il Conservatorio “Piccinni” di Bari.
Nato a Roma, vive a Parma. Ha insegnato Composizione al Conservatorio di Cagliari, e nell’Università della stessa città dov’è attualmente docente di Storia della Musica. Ha pubblicato monografie e saggi su alcuni aspetti analitici e teorici della musica del XX e del XXI secolo, e su compositori come Aldo Clementi, Ivan Fedele, Toshio Hosokawa, Domenico Guaccero, Francesco Filidei, Stefan Prins. È membro del Consiglio scientifico del nuovo Dizionario della Musica Contemporanea Treccani. Esperto di teatro musicale contemporaneo, ha recentemente curato l’aggiornamento del Dizionario dell’Opera. All’attività di ricerca, affianca quella di critico musicale, collaborando con le riviste Classic Voice, Il Corriere musicale, Music Paper. È vicepresidente dell’Associazione Nazionale dei Critici Musicali.
Fiorentino, insegna Storia della musica al Conservatorio “Boito” di Parma e alla Scuola di Fiesole (dove è stato chiamato da Piero Farulli).
Collabora da 25 anni con La Repubblica; inoltre, con le riviste Amadeus, Music Paper, Archi Magazine, Opéra Magazine. Diplomato in pianoforte, laureato in Lettere con tesi in Storia della musica, dottore di ricerca in Storia dello spettacolo, è autore del volume Mena la lanche su per le banche. Musica nella commedia italiana del Cinquecento (Bulzoni) e di una ventina di voci per il Dizionario Biografico degli Italiani (Treccani), di cui è stato anche redattore. Saggista e divulgatore, scrive regolarmente note illustrative per stagioni liriche e concertistiche.
Tra il 2010 e il 2013 è stato consulente musicale di Carla Fracci, allora assessore alla Cultura della Provincia di Firenze.
Insegna nell’Università di Parma. Collabora regolarmente con teatri ed enti lirici italiani ed esteri per la stesura dei testi storico critici. Le sue ricerche vertono principalmente sull’opera francese settecentesca, sull’opera italiana del primo Ottocento, sulle drammaturgie operistiche all’incrocio con altri generi drammatici, coreutici, tragici e sulle metodologie didattiche della storia della musica. Si è anche occupato di musica rinascimentale, di musica sacra sei e settecentesca e di musica strumentale dell’Ottocento francese, di musica nelle colonne sonore dei cinema muto. Tra le sue pubblicazioni: H. Berlioz, Sinfonia Fantastica. Una guida (2008), Metamorfosi laterali. Migrazioni di drammaturgie e soggetti nell’opera italiana tra Sette e Ottocento (2020) e In ascolto. Mappe sonore per la Storia della musica (2022).
È ricercatore in musicologia e storia della musica nell’Università di Palermo. Dottore di ricerca a Tours e Milano, già titolare di borse post-dottorali a Milano e Bologna, si interessa soprattutto di teatro musicale italiano e francese dell’Ottocento. La sua tesi di dottorato Verdi e il Théâtre Italien di Parigi (1845-1856) è stata premiata dall’Associazione per la musica De Sono (Torino) e pubblicata nel 2019 per i tipi di LIM. È managing editor della rivista Studi verdiani e membro della segreteria di redazione del Saggiatore musicale. È autore di saggi apparsi in riviste, volumi miscellanei ed enciclopedie; i suoi studi più recenti sono usciti sul Bollettino del centro rossiniano di studi, su Studi verdiani e su Donizetti Studies.
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