laTmagazine 2022 / 2023 - numero 01

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la magazine ENRICO ONOFRI “CREARE” UN’ORCHESTRA MISCHA MAISKY LA MUSICA È SEMPRE LA COSA PIÙ IMPORTANTE La Toscanini per la Comunità FATO E DESTINO L’ineluttabilità nelle due “Quinte” di Beethoven e Čajkovskij COMMUNITY MUSIC 2022/2023 numero 01

EDITORIALE pag. 3

TOSCANINI L’INESPRESSIBILE pag. 4

SOTTO I RIFLETTORI pag. 6

PROTAGONISTI “Creare” un’orchestra: Enrico Onofri pag. 10

PROTAGONISTI

Mischa Maisky: la musica è sempre la cosa più importante pag. 14

PROTAGONISTI Questionnaire de Proust pag. 18

MUSICA E SOCIETÀ

Community Music: La Toscanini per la comunità pag. 22

MUSICA E SOCIETÀ

Emozioni collettive pag. 25

APPROFONDIMENTI Fato e Destino pag. 27

APPROFONDIMENTI

Toscanini e Grubicy, tra suoni, colori e forme pag. 30

APPROFONDIMENTI Dall’Oratorio al Musical pag. 34

MECENATI

Dallara: 50 anni sulle ali del vento pag. 40

NEWS pag. 42

ALMANACCO pag. 43 AUTORI pag. 44

Fondazione Arturo Toscanini

Parco della Musica | Viale R. e P. Barilla, 27/A 43121 Parma T. 0521 391339

E. info@latoscanini.it www.latoscanini.it

LA OSCANINI

In copertina

Enrico Onofri © Chico De Luigi

LATMAGAZINE RIVISTA TRIMESTRALE DE LA TOSCANINI

DIREZIONE EDITORIALE

Alberto Triola Sovrintendente e Direttore Artistico PROGETTAZIONE E REDAZIONE

Emanuele Genuizzi Responsabile Corporate Identity e Visual Design

Alberto Castelli Responsabile Ufficio Comunicazione, Marketing e Fundraising

Giulia Bassi

Veronica Boldrin Ufficio Stampa GRAFICA Marea Management STAMPATO DA

Graphital S.r.l. di Sodano E. & D. Parma, ottobre 2022

La Fondazione Toscanini ringrazia quanti hanno contribuito, a diverso titolo, alla realizzazione del magazine.

INDICE

Cari lettori e Amici della Toscanini, mi fa particolarmente piacere introdurre il primo numero del nuovo laTmagazine, che dopo l’esperienza più che positiva della scorsa Stagione diventa trimestrale e si rinnova, per raccontare ancor meglio la vita della Filarmonica e della Fondazione Toscanini e raggiungere un pubblico ancora più vasto. Ogni numero della rivista si aprirà con una foto di Arturo Toscanini, che troverà corrispondenza in chiusura in una immagine tratta dai concerti più recenti della nostra Orchestra: un cortocircuito visivo tra passato e presente che ci ricorda come il lascito artistico e umano del Maestro resti l’irrinunciabile punto di riferimento del nostro agire quotidiano, indirizzato, attraverso la musica, al miglioramento del nostro tempo. Ecco allora che in questo numero lo sguardo del Maestro, immortalato sul lago di Costanza nel 1939 – un anno denso di presagi funesti, che avrebbe cambiato per sempre la storia dell’Europa e del mondo – si riflette nella Sinfonia n. 9 di Beethoven, titolo toscaniniano per eccellenza, che col suo messaggio di speranza e fratellanza tra gli uomini ha chiuso il Festival Toscanini 2022 con la direzione del M° Fabio Luisi, in una gremita piazza del Duomo di Parma.

Tra le due immagini, una nutrita serie di contributi a firma di autorevoli studiosi e giornalisti e di giovani leve della musicologia italiana illustrano con un taglio trasversale le molteplici attività de La Toscanini: dalla Stagione della Filarmonica con i suoi protagonisti – direttori, solisti, professori d’orchestra – alla Human Rights Week, realizzata in collaborazione con Musicians For Human Rights nell’ambito del programma Community Music, dagli appuntamenti straordinari di Natale e Capodanno all’impegno sul territorio regionale, palcoscenico di riferimento per tutte le nostre attività produttive.

Il mio auspicio è che le storie e le prospettive condivise in queste pagine possano trasmettere la motivazione e l’entusiasmo che ci animano in questo nuovo avvio Stagione, la prima – finalmente – a segnare un pieno ritorno alla normalità dopo la pandemia.

Buona lettura!

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EDITORIALE
Alberto Triola
Pasquali
Sovrintendente e Direttore Artistico Fondazione Arturo Toscanini
© Masiar

Toscanini: direttore, per forza del destino di Marco Capra

Toscanini a Kastanienbaum (Lucerna), estate 1939.

Da tre giorni sono qui… il sito è bello – quieto – in riva al lago – la casa comoda-grande ammobiliata bene… Ma non è il mio Isolino…

(dalla lettera ad Ada Mainardi del 6 giugno 1939)

Archivio di Stato di Milano, Fondo Arturo Toscanini Numero di protocollo: 4219 del 21.09.2022

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TOSCANINI L’INESPRESSIBILE

Partecipando nello scorso mese di giugno al convegno internazionale che il Festival Toscanini ha dedicato agli esordi di Toscanini e Puccini, davo al mio intervento un titolo la cui seconda parte era «Certezze e presagi negli esordi toscaniniani». Adesso, quando nella stagione della Fondazione Toscanini figura la Quinta Sinfonia di Beethoven, con il celeberrimo motto iniziale di quattro note, che secondo tradizione lo stesso compositore definì «il desti no che bussa alla porta», è impossibile sfuggire alla suggestione che crea la coincidenza tra il motto di Beethoven, che di Toscanini era, com’è risaputo, tra gli autori prediletti, e i primi passi del direttore in una carriera alla quale fin dall’inizio pareva sotto molti aspetti predestinato. Come tutti sanno, dopo aver debuttato in Brasile nel 1886, appena dician novenne, in un modo tanto occasionale e sui generis da divenire subito leg gendario, Toscanini iniziò una carriera vera e propria in Italia. Fin da allora, i primi passi del nuovo direttore erano destinati a fissare per sempre alcuni tratti della sua immagine futura. Ce lo ricordano alcune righe che la Gaz zetta musicale di Milano, la più longeva e prestigiosa rivista musicale ita liana dell’800, gli dedicò dopo la rappresentazione dell’Edmea di Alfredo Catalani a Torino nel novembre 1886: «Il Toscanini, direttore d’orchestra, un giovinetto pensoso, studioso, intelligente, ha posta solida base di fama duratura. Dico giovinetto, perché non ha ancora 19 anni!... [20, in realtà] Ed ha diretto dalla prima all’ultima sera senza lo spartito!». Era quella l’immagine del primo Toscanini che si sarebbe fissata per sempre nell’immaginario collettivo: quella del giovanissimo talento che alla ferma dedizione alla musica univa doti naturali non comuni. Un’immagine che, maturata così precocemente, avrebbe colpito la fantasia di tutti sino al mo mento della sua scomparsa più di settant’anni dopo, quando una rivista a fumetti stampata a Bruxelles, Tintin, uscì con l’«histoire complète» della sua vita. L’autore era il disegnatore italo-belga Dino Attanasio che in quattro pagine condensò tutto ciò che nel tempo aveva trasformato Toscanini in un personaggio conosciuto non solo dai cultori di musica di tutto il mondo, ma, inaspettatamente, anche dal pubblico di una rivista come Tintin: cioè i «jeu nes de 7 a 77 ans», come si leggeva nel sottotitolo della testata.

Ma del Toscanini delle origini e dei presagi di ciò che sarebbe diventato –quei presagi che nel mio intervento al convegno trasformavo, col senno di poi, in certezze – ci parlano ancora le cronache del tempo, quando egli era solo una giovane promessa dalla spiccata individualità.

Torno allora a quel periodo, e alla prima parte del titolo che avevo dato al mio intervento al convegno – «Questo finalmente è un maestro» – che ri prendeva la frase finale di un articolo del mensile Il teatro illustrato, dopo la rappresentazione della Francesca da Rimini di Antonio Cagnoni a Geno va nel 1889. Il maestro era ovviamente Toscanini e quel «finalmente» non aveva il senso di una rivelazione messianica, ma era l’affermazione schietta di chi gli riconosceva una vera tempra di direttore d’orchestra: conclusione niente affatto ovvia, in un contesto storico in cui la figura del direttore in senso moderno era ancora in via di definizione. Di quella nuova figura – tal mente capace e autorevole da essere in grado di assumere la piena respon sabilità dell’esecuzione, in tutti i suoi aspetti – Toscanini, dopo quei chiari presagi giovanili, sarebbe diventato assai presto il modello per eccellenza. Per forza del destino, verrebbe da dire, pensando al famoso filmato che lo avrebbe immortalato a New York molti anni dopo, settantaseienne, alla dire zione della NBC nella sinfonia dell’omonima opera di Verdi.

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LA FILARMONICA TOSCANINI AL FESTIVAL VERDI

Al Festival Verdi 2022 la Filarmonica Toscanini, diretta rispettivamente da Riccardo Frizza e Sebastiano Rolli, è protagonista nel Simon Boccanegra al Teatro Regio di Parma con la regia di Elisabetta Courir e nel Trovatore al Teatro Magnani di Fidenza nel nuovo allestimento di Valentina Carrasco. Di particolare interesse il Boccanegra, eseguito nella prima versione del 1857, per il quale il maestro Frizza ha avuto a disposizione l’edizione critica che integra gli ultimi ritrovamenti autografi di Verdi. “Ho potuto lavorare su un testo dettagliato sul piano musicologico, con maggiori informazioni rispetto a quelle finora disponibili – ha dichiarato il direttore –. Ovviamente la prima cosa è stato confrontarle: cercando di individuare non tanto, o solo, le differenze musicali. Mi interessava capire com’era cambiata la mano di Verdi. Le sue intenzioni. Soprattutto nelle parti rimaste o identiche come testo, o abbastanza simili per idee musicali […]. Considero Simon Boccanegra come la sua opera più importante. Non per fare una classifica di valore assoluto ma per sottolineare quanto qui Verdi abbia saputo guardare avanti – per me è l’opera che musicalmente prepara di più Otello – con una mira di ricerca che ebbe il coraggio di deviare, di distaccarsi quasi, dal suo stesso modo di scrivere musica”.

DELL’AMORE E DELLA GUERRA: RAMEAU ALLA MALATESTIANA

Nel giorno della scoperta dell’ America, il 12 ottobre, al Tea tro Galli di Rimini va in scena Les Incas du Pérou, ovvero la seconde entrée dal ballet-héroïque delle Indes galantes di Jean Phi lippe Rameau (1735). Con que sta singolarissima opera in un prologo e quattro entrées, cia

scuna immaginata come episodio con cui presentare il tema dell’a more e della guerra (fra Turchia, Perù, Persia e Nord-America), la Filarmonica Toscanini con il Coro Universitario del Colle gio Ghislieri di Pavia, direzione musicale di Giulio Prandi, è nel cartellone della Sagra Musicale

Malatestiana. Al gruppo teatrale Anagoor, Leone d’Argento alla Biennale di Venezia, è affidata la regia di una produzione dal forte carattere progettuale che fa incontrare musica e teatro di ricerca con il cinema: le riprese confluiranno infatti in una produ zione video firmata Kublai Film.

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SOTTO I RIFLETTORI
© Festival Verdi/Teatro Regio di Parma © Anagoor / Sagra Musicale Malatestiana

LA “NEXT” DA OSCAR A CESENA

La Toscanini Next inaugura la stagione del Teatro Bonci di Cesena il 28 ottobre con il coinvolgente programma Colonne Sonore da Oscar: musiche da film in cui convivono sonorità jazz, musica sinfo nica, estratti di musical, elettronica e musica pop. Sono 12 i musicisti dell’orchestra a salire sul pal coscenico del Bonci guidati da Roger Catino, uno dei suoi maestri storici e autore delle riletture che costellano i suoi programmi. Con sapienza, Catino sovrappone generi diversi e s’inventa nuovi arran giamenti anche per i grandi classici. “Questo non sarebbe possibile senza l’oggettiva bravura dei giovani musicisti della Next, delle loro qualità so listiche e polistrumentistiche e in parte autentici talenti animati di un’energia speciale”, puntualizza con profonda modestia Catino, alludendo al fatto che alcuni dei componenti dell’orchestra come An drea Coruzzi, Rosita Piritore e Alessandro Salaroli firmano oltre a lui gli arrangiamenti delle musiche in programma.

MUSICA E DANZA, TRA ANTICO E

CONTEMPORANEO

Musica e danza si combinano nella nuova produzione, frutto della colla borazione tra Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto e La To scanini, comprendente Stabat Mater di Arvo Pärt, coreografia del cubano Norge Cedeño Raffo, per tre dan zatori, tre musicisti e tre cantanti, e With drooping wings della canade se Danièle Desnoyers basata su An English Suite, con musiche di Henry Purcell “ricomposte” da Federico Gon. Ombra, atmosfera tetra legate a Pärt, si contrappongono alla dimen sione estroversa e alla luce chiara del le nove cangianti arie di Purcell-Gon. In scena, insieme ai danzatori, anche il Quartetto Motus, selezionato da La Toscanini per lo spettacolo Double Side, al debutto in prima assoluta il 23 ottobre a Reggio Emilia, Festival Aperto, Teatro Municipale Valli.

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SOTTO I RIFLETTORI
ph. Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto © Fondazione Toscanini / Luca Pezzani

VIRTUOSISMO PIANISTICO

Doppia presenza in cartellone per Jae Hong Park, trionfatore al Concorso Pianistico Internazionale “Ferruccio Busoni” 2021. Il pianista ventitreen ne interpreta con la Filarmonica Toscanini diretta da Kristjan Järvi il pezzo che gli ha dato la vittoria nella competizione di Bolzano: il Concerto n. 3 in re minore op. 30, famigerato e dalla difficoltà ti tanica, composto da Rachmaninov (1909) per sé stesso e le sue mani, grandissime ed agili. Di que sto concerto, che richiede al pianista una presen za costante e quasi ininterrotta, Jae Hong Park si è dimostrato un interprete in grado di esibire una solida preparazione tecnica nutrita da una perso nalità interpretativa capace di dialogare con lineare fluidità con l’orchestra. Park è anche un fine interprete cameristico, talen to che è stato riconosciuto al “Busoni” dove, oltre al Primo premio, ha vinto il Premio speciale per la musica da camera. E a Parma, nel programma del Salotto Toscanini, è impegnato anche in due pagi ne beethoveniane di grande difficoltà: la Sonata op. 106 Hammerklavier e la Sonata op. 47 per violino e pianoforte A Kreutzer, con Michaela Costea, Pri mo violino della Filarmonica.

LA TOSCANINI IN ALGERI

Grazie all’invito e al sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Algeri diretto dalla Dott.ssa Antonia Grande e del Ministero della Cultura e delle Arti di Algeri, la Filarmonica Toscanini e il suo Diret tore principale Enrico Onofri sono ospiti del Fe stival Internazionale di Musica Sinfonica di Algeri (FCIMS), la cui 12a edizione accoglie all’Opéra d’Alger “Boualem Bessaih” orchestre provenienti da 13 Paesi diversi. La Filarmonica si esibisce in un programma dedicato all’opera italiana, compren dente l’Ouverture da Medea di Cherubini, la Sonata

a quattro n. 1 e due Sinfonie (da La Cenerentola e Il barbiere di Siviglia) di Rossini, il Preludio da La Traviata di Verdi e le Variations sur La Traviata de Verdi per violino e archi di Dupin, interpretate da Mihaela Costea, Primo violino della Filarmonica. Per l’occasione, l’Ambasciatore d’Italia ad Algeri, Sua Eccellenza Giovanni Pugliese, riceve una dele gazione della Fondazione guidata dal Sovrintenden te Alberto Triola e il Primo oboe, Gian Piero For tini, è invitato a tenere una masterclass all’Institut National Supérieur de Musique.

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SOTTO I RIFLETTORI
© Tiberio Sorvillo, Luca Guadagnini © Opera d’Algér

LA MEGLIO GIOVENTÙ

“Giovani per la Toscanini”. Potrebbe essere questo il titolo del terzo con certo del cartellone 2022/2023 della Filarmonica, in programma il 25 novembre, che vede protagonisti quattro artisti ospiti la cui età media è inferiore ai 30 anni: da Michele Spotti, classe 1993, una tra le più interes santi bacchette italiane della nuova generazione, fino al trio tutto al femmi nile composto da Clarissa Bevilacqua, violino, Miriam Prandi, violoncello, e Costanza Principe, pianoforte, tre soliste che a dispetto della giovanis sima età hanno già guadagnato la ribalta internazionale. Nella prima par te del concerto, i quattro giovani musicisti affrontano insieme il “Triplo Concerto” per violino, violoncello, pianoforte e orchestra di Beethoven. Nella seconda, il virtuosismo strumentale lascia spazio a quello orchestra le con la Sinfonia n. 5 di Čajkovskij nell’interpretazione di Michele Spotti. Il concerto è replicato il 26 novembre al Teatro Municipale di Piacenza e il 27 novembre al Teatro Ebe Stignani di Imola.

L’ARCIPELAGO DEI SUONI

Introdurre i più piccoli alla grande musica con uno sguardo leggero e intelligente: è l’obiettivo dell’Ar cipelago dei Suoni, il progetto curato da Francesco Bianchi e Giulia Bassi e giunto alla terza edizione che La Toscanini e Fondazione TeatroDue dedicano alle famiglie. Dieci concerti-spettacolo da novembre 2022 a giugno 2023, rivolti ai bambini tra i 7 e i 10 anni, con l’Ensemble Attori TeatroDue e i Musici sti della Filarmonica Arturo Toscanini, per scoprire come nasce la musica e quali sono le caratteristiche e le “meraviglie” di ogni strumento musicale. Prota gonista delle vicende è Arturo, un giovane ragazzo che intraprende un curioso viaggio per salvare la sua città dal mostro Rugmor, che mangia i suoni e produce rumori assordanti. Al centro dei primi due appuntamenti, domenica 27 novembre e sabato 10 dicembre, sono Valentina Violante (violino) e Behrang Rassekhi (viola) ne Il potere della musica, Fabio Gaddoni (violoncello) e Antonio Mercurio (contrabbasso) ne Alla corte dei Re

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© ROF Amati Bacciardi © Fondazione Toscanini / Luca Pezzani

ONOFRI

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© Chico De Luigi
ENRICO

“CREARE” UN’ORCHESTRA

ENRICO ONOFRI

Il Direttore Principale della Filarmonica Arturo Toscanini e il suo approccio al suono, per una modalità flessibile, eppure coerente, sui differenti repertori

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di Nicola Cattò
PROTAGONISTI

La figura del diret tore d’orchestra, per l’ascoltatore medio, rimane spesso enigma tica. Eppure, è centrale non solo per garantire un corretto funzionamento della “mac china” orchestrale, ma soprattutto per conferire all’orchestra un’identità, una personalità riconoscibile e dare un approccio alle partiture che sia insieme estetico e – direi – filosofico. Ecco quanto Enrico Onofri, Direttore principale della Filarmonica Toscani ni, ci ha detto al riguardo.

Il ‘900 ha creato la figura del di rettore demiurgo, sorta di tiranno onnipossente capace di imporre la propria personalità su quel la dell’orchestra, spesso ridot ta a mero esecutore: una visione oggi forse invecchiata che certa mente lei condivide poco. È così? Come si trova l’equilibrio fra neces sità di sintesi e dialogo con i profes sori d’orchestra?

È un equilibrio delicato, poiché parte del ruolo tradizionale del di rettore, nonostante tutto, resta tale: sua è infatti la visione dell’opera, suo il lungo e minuzioso lavoro di stu dio della partitura e delle fonti, sua la responsabilità sul podio. Inoltre, dietro a un’interpretazione ci sono forze personali, legate al sentimento, al mettersi in gioco dal punto di vista umano, esistenziale, un andare oltre la conoscenza razionale della partitu ra e delle fonti. Tuttavia, l’obiettivo è condividere tutto ciò con altri musi cisti: far sì che l’orchestra comprenda tale sintesi e vi partecipi attivamente è fondamentale, anche dal punto di vista umano, poiché la musica – se si vuole trasmetterne al pubblico i contenuti –dev’essere innanzitutto un percorso spirituale. Comune.

Il movimento “storicamente informa to” e le orchestre “tradizionali” negli ultimi decenni hanno saputo fecon darsi reciprocamente, con vantaggio

di entrambi: è quello che vuole fare, e che già ha iniziato a fare con la Filarmonica Toscanini?

Con la Filarmonica proseguo un lavoro già svolto negli anni all’estero con altre orchestre sinfoniche. È un gesto reciprocamente didattico, in cui si mette a disposizione la propria co noscenza delle fonti storiche; ogni or chestra reagisce però in modo diver so, e il direttore deve quindi trovare di volta in volta i mezzi appropriati per renderle suono concreto. Un compito affascinante che oggi ho il piacere e l’onore di svolgere con la Filarmonica Toscanini.

Il repertorio che proporrà quest’an no spazia da Vivaldi a Beethoven, ossia fino al periodo di transizione fra Classicismo e Romanticismo: è anche quello più difficile da indivi duare stilisticamente, per cui trova re una chiave esecutiva appropria ta?

Sì, soprattutto Beethoven è una sfida. Nel leggerne le partiture, si è sempre divisi tra il desiderio di dare voce alla palese tensione verso il nuo vo in esse contenute, e ciò che per ragioni di prassi esecutiva non poteva manifestarsi all’epoca come lo sentia mo oggi. Occorre ripulirsi da ciò che è sedimentato nella nostra memoria, dalle interpretazioni novecentesche, ma senza rinunciare a quelle tensioni verso il futuro che sembrano schizzare fuori dai pentagrammi. Si tratta talvol ta di gestire impasse di una responsa bilità enorme.

Nelle sue intenzioni c’è l’accosta mento di autori noti e di compositori minori: perché?

Forse non minori, ma meno noti al pubblico italiano. Purtroppo, le situa zioni generate dalla pandemia non han no permesso di realizzare appieno tali accostamenti. Tuttavia, nella stagione scorsa, sono riuscito almeno in uno dei programmi a far incontrare Mozart e Josquin, due compositori le cui spalle stanno alla stessa altezza: semplice mente, il maggior numero di secoli ha affievolito la memoria del secondo.

Si parla spesso, per un diretto re musicale, della necessità di dare una propria impronta all’orchestra: ma di che cosa si tratta?

Di un colore riconoscibile? Di un ap proccio ben identificabile su qualsiasi repertorio? Di una flessibilità musicale marcata?

È un processo che implica una me diazione tra personalità del direttore e materiale sonoro disponibile. È l’inte razione tra le personalità dei musicisti che forma il carattere di un’orchestra: credo che il ruolo del direttore musi cale sia coglierlo e plasmarlo seguen do il proprio senso estetico a seconda dei repertori. La flessibilità è uno de gli obiettivi: oggi le orchestre devono poter spaziare agilmente tra repertori. Inoltre, nell’ottica “spirituale” di cui parlavo, essa diviene un elemento im

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prescindibile sia per l’orchestra che per il direttore stesso.

Nei suoi concerti, la Filarmonica Toscanini affronta da sempre un re pertorio centrato marcatamente sul grande sinfonismo tardoromantico e primonovecentesco: musiche, in somma, in cui la figura del direttore è fondamentale. Un approdo naturale anche per lei, oppure non fa parte oggi dei suoi obiettivi?

Mi occupo del Novecento storico e del contemporaneo con le altre or chestre di cui sono direttore stabile in Germania e Francia – soprattutto a Monaco, dove il binomio classici smo-Novecento è il punto di forza. Mi sono particolarmente cari Stravinskij, Bartók, così come mi intriga esplo rare nuove musiche. Con la Filarmo

nica Toscanini stiamo percorrendo un sentiero di approfondimento tra classicismo e romanticismo, ma già in questa stagione in un concerto di “Fenomeni” presentiamo due autori di oggi: Hendrik Hofmeyer e Moritz Eggert in cui è solista al flauto dolce Stefan Temmingh.

A dicembre sarà impegnato anche come violinista, insieme alle prime parti dell’Orchestra, per un pro gramma cameristico: è da qui che parte la sua visione dell’orchestra e del ruolo del direttore?

Senza dubbio fa parte del percor so di cui parlavo: nei passati mesi altri direttori hanno infatti messo a dispo sizione le loro capacità di strumentisti per interagire ancor più profonda mente con gli artisti dell’orchestra.

21 ottobre ore 20.30 |Filarmonica 23 ottobre ore 18.00 | La Toscanini per Tutti Parma | Auditorium Paganini 22 ottobre ore 20.30

Lugo |Teatro Rossini ENRICO ONOFRI Direttore FILARMONICA ARTURO TOSCANINI Händel Music for the Royal Fireworks in re maggiore HWV 351 Rossini Sinfonia da La Cenerentola BeetHoven Sinfonia n. 5 in do minore op. 67

7 dicembre, ore 20.30 Parma | Auditorium Paganini ENRICO ONOFRI Direttore FILARMONICA ARTURO TOSCANINI SANDRINE PIAU Soprano SARA MINGARDO Contralto LEVY SEKGAPANE Tenore LUCA TITTOTO Basso CORO UNIVERSITARIO DEL COLLEGIO GHISLIERI LUCA COLOMBO Maestro del coro Händel Messiah Oratorio per soli, coro e orchestra HWV 56

15 dicembre 2022, ore 20.30 Parma | CPM “Arturo Toscanini”, Sala Gavazzeni ENRICO ONOFRI Violino

QUINTETTO D’ARCHI DELLA FILARMONICA ARTURO TOSCANINI BoccHeRini Quintetto in si bemolle maggiore op. 39 n. 1 Quintetto op. 30 n. 6 in do maggiore G 324 La musica notturna delle strade di Madrid Haydn Quartetto in re maggiore op. 64 n. 5, Hob:III:63 Lerchen (L’allodola)

10 febbraio 2023, ore 20.30 |Filarmonica 11 febbraio 2023, ore 18.00 | La Toscanini per Tutti Parma | Auditorium Paganini ENRICO ONOFRI Direttore

STEFAN TEMMINGH Flauto dolce FILARMONICA ARTURO TOSCANINI vivaldi

Concerto per flauto traverso, archi e basso continuo op. 10 n. 3 RV 428 Il Gardellino eggeRt

Außer Atem (Senza respiro) per tre flauti dolci e un esecutore HofmeyR

Concerto per flauto dolce, clavicembalo e archi BeetHoven Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 Pastorale

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© Fondazione Toscanini / Luca Pezzani

MISCHA MAISKY

14 laTmagazine © Hideki Shiozawa
violoncellista,
COSA
Il grande
protagonista di un progetto di residenza onoraria triennale, si racconta in un’intervista esclusiva LA MUSICA È SEMPRE LA
PI Ù IMPORTANTE di Luca Baccolini

Non si può dire che a Mischa Maisky sia no mancati i modelli cui ispirarsi:nei corridoi del Conserva

torio di Mosca sbatteva letteralmente contro mostri sacri come David Oi strakh, Sviatoslav Richter, Leonid Kogan, Dmitrij Šostakovič. A man cargli, semmai, era la libertà. Per questo lasciò l’Unione Sovietica nel 1972, prima ancora del suo maestro Mstislav Rostropovič. A vederlo oggi, felice 74enne, padre di sei figli (con due di loro, Lily e Sascha, si è anche esibito con la Filarmonica Toscanini nell’ultimo concerto di Capodanno), si fatica a immaginare Maisky confina to in un campo di lavoro sovietico. Ma è esattamente quello che gli successe nel 1970. Un ricordo che il conflitto in Ucraina rende ancora più attuale, e che il violoncellista ha voluto raccon tare prima di tornare all’Auditorium Paganini nel primo appuntamento della sua residenza onoraria triennale con La Toscanini, suggello di una lun ga collaborazione artistica: il 7 aprile nel Concerto n. 1 per violoncello di Saint-Saëns ed Élégie di Fauré sotto la direzione di Kristjan Järvi e, nella prossima stagione, anche in un pro gramma come solista e concertatore con gli archi della Toscanini.

Maestro, cosa accadde in quegli anni di fuoco?

Nel 1970 fui spedito a lavorare in un centro di detenzione mentale vici no a Gorky. In realtà mi posso consi derare fortunato. La pena minima era tre anni, a me ne toccò la metà esatta. Neanche il mio avvocato ci voleva cre dere. Mi è sempre piaciuto vedere i lati buoni anche nelle disgrazie, e in verità mi vedo incredibilmente fortu nato. Certo, a quell’epoca in Unione Sovietica nessuno poteva stare tran quillo: anche Rostropovič, che pure aveva molta influenza, finì per avere seri problemi.

Cosa ricorda di Šostakovič?

Ebbi modo di parlargli nel 1966 dopo aver ricevuto un premio al Con corso Čajkovskij, dove ero il più gio vane a gareggiare. Ricordo la circo stanza dell’incontro: il 25 settembre 1966, per il concerto del suo 60° compleanno. Dirigeva suo figlio Ma xim. Era una persona talmente intro versa da risultare inafferrabile. C’è un episodio che dice tutto...

Lo racconti.

Lui e Rostropovič vivevano nello stesso complesso residenziale. Un giorno Dmitrij gli telefona: ‘Vieni da me, ho bisogno di parlare’. Msti slav si precipita. Entra in casa e vede Šostakóvič al tavolo della cucina. Non dice una parola e resta così per un’ora. Dopodiché, all’improvviso, esclama: ‘Grazie per essere passato’. Evidente mente non gli serviva parlare.

Che consigli le dava Rostropovič?

Mi diceva sempre: ‘Ricordati di mettere il cavallo davanti al carro’. In altre parole: non mischiare mai le pri orità. La musica è sempre la cosa più importante. Lo strumento è il veicolo. Non bisogna mai usare la musica per far vedere quanto si è bravi.

Lo dice anche ai suoi allievi?

Sì. Non sono di quelli che incitano a esercitarsi 25 ore su 24. E non mi piacciono quelli che suonano veloce tanto per mostrare i muscoli. Preferi sco la chiarezza.

Altri suoi maestri?

Piatigorsky (mostra la foto sul te lefono, ndr). Qualcuno ha scritto Ca sals, ma l’ho solo incontrato. In realtà ho imparato da tante personalità e non solo da violoncellisti. Considero mio maestro Leonard Bernstein, col quale ho suonato una ventina di volte. Ma anche Maria Callas e Toscanini, che

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Mischa Maisky al Concerto di Capodanno 2021 de La Toscanini © Fondazione Toscanini / Luca Pezzani

pure non ho mai conosciuto. Quarant’anni fa il suo primo di sco con Deutsche Grammophon (il Doppio Concerto di Brahms con Gi don Kremer). Il tempo vola. Dipende. Sono un tipo molto filo sofico. E penso che tutto sia relativo. Negli ultimi 40 anni ho avuto sei figli. L’ultimo ha 7 anni. Mi sento più gio vane oggi rispetto al 1982.

Anche se i tempi attuali non sono i più favorevoli.

Ci sono poche situazioni in cui ri mango senza parole. La guerra ai dan ni dell’Ucraina è una di queste. Ora ci siamo svegliati. Nel 2014, quando Pu tin si prese la Crimea, non tutti erano in grado di vedere.

Meglio parlare al futuro: la residen za con la Toscanini la impegnerà

tre anni di fila. Partendo dal Primo concerto di Saint-Saëns il 7 aprile.

Sono legatissimo a questa compo sizione: fu quella che portai al Con corso Čajkovskij.

Cosa non ha mai eseguito tra le cose che vorrebbe suonare?

Lutosławski: l’ho conosciuto per sonalmente e mi piacerebbe eseguire il suo Concerto per violoncello. Di Britten ho interpretato la Sonata ma non la Cello Symphony

Chissà che il suo Montagnana del 1720 non le chieda di suonarla.

Mai dire mai. Devo molto al mio strumento: è il rapporto più longevo che ho mantenuto. Dura dal 1973, quando mi fu donato. Altra dimostra zione di quanto sono stato fortunato nella mia vita.

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7 aprile 2023 ore 20.30 Parma | Auditorium Paganini KRISTJAN JÄRVI Direttore MISCHA MAISKY Violoncello FILARMONICA ARTURO TOSCANINI fauRé Élégie saint saëns Concerto n. 1 per violoncello e orchestra siBelius Sinfonia n. 2

QUESTIONNAIRE DE PROUST

30 DOMANDE PER CONOSCERE MEGLIO I PROFESSORI DELLA FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
©
Behrang Rassekhi
Fondazione Toscanini / Luca Pezzani

Chi vorresti essere?

Dei professori della Filarmonica conosciamo i volti, apprezziamo le qualità musicali ma siamo all’oscuro sui loro gusti, desideri e opinioni. Cerchiamo di saperne di più, invi tandoli a rispondere al famoso que stionnaire de Proust: trenta doman de apparentemente semplici e dal tono leggero ma che nell’insieme arrivano a ben definire la personalità di chi risponde. In questo primo numero del magazi ne della Stagione 2022/2023 sono coinvolti Behrang Rassekhi (BR) e Pietro Nappi (PN), Prima viola e Pri mo violoncello.

1. Il tratto principale del tuo carat tere?

BR Forse l’idealismo. PN Lento all’ira.

2. Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?

BR L’onestà.

PN L’onestà.

3. Qual è la qualità che apprezzi in una donna?

BR Penso lo stesso che in un uomo.

PN La saggezza.

4. Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?

BR L’essere come sono, magari di versi da me, così mi regalano esempi e

punti di vista diversi dai miei. PN Gli amici ci sono nel momento del bisogno.

5. Il tuo peggior difetto?

BR La rigidità o forse l’ipercorret tismo.

PN Voler controllare tutto.

6. Il tuo passatempo preferito?

BR Fare quelle attività che mi dan no l’impressione di imparare qualco sa, anche se sono una scusa per diva gare e perdere tempo. Cerco di fare sport con regolarità, anche se al mo mento è più difficile, avendo un bimbo piccolo. Per il resto, fin da ragazzino, sono sempre stato un divoratore di enciclopedie: aprivo una pagina a caso e leggevo gli articoli, per appren dere cose nuove. Ora, con Wikipedia, sono capace di avere 90 voci aperte sul telefono ripromettendomi di ap profondirle in un secondo momento, quando i temi trattati mi catturano. Gli interessi spaziano dalla linguistica alla geografia passando per la storia...

PN Andare in mountain bike.

7. Cosa sogni per la tua felicità?

BR Poter, un giorno, essere libero dal giudizio mio e degli altri e poter vivere in un eterno presente.

PN Migliorare come uomo e mu sicista.

8. Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?

BR Non poter stare con chi amo o non poter fare quello che amo. PN Deludere chi mi stima.

9. Cosa vorresti essere?

BR Non saprei, non ho mai avuto il desiderio di essere qualcos’altro. PN Il mare.

10. In che paese vorresti vivere?

BR Non so. Ho vissuto in paesi di versi e, in ognuno, ho notato bellezze e brutture. Penso sia difficile trovare un equilibrio… forse il luogo ideale non esiste nella realtà. L’abbiamo solo nella nostra testa.

PN Dove vivo ora: l’Italia.

11. Il tuo colore preferito?

BR Il verde, fin da piccolo. PN L’azzurro.

12. Il tuo fiore preferito?

BR Non sono uno da fiori… forse la margherita, per la sua semplicità. PN Le orchidee.

13. Il tuo uccello preferito?

BR Non me ne vengono in mente... i gabbiani di Alla ricerca di Nemo… al meno fanno ridere. PN I gabbiani.

14. I tuoi scrittori preferiti?

BR Durante la mia vita, ho attra versato delle fasi, come penso tutti. Quand’ero più giovane, quale lettore molto eclettico, passavo da Tolkien a Fenoglio, da Nick Hornby a Bulga kov, con un po’ di Garcia Marquez e Vasco Pratolini. Il fatto che ultima mente sia appassionato ai romanzi di Wu Ming mi ha fatto “riconciliare” con mia madre che mi rimprovera di leggere soltanto della saggistica che, peraltro, è il mio genere preferito!

PN Grazia Deledda e Andrea Ca milleri.

15. I tuoi poeti preferiti?

BR Altro tasto dolente! Da persia no, non riesco ad apprezzare la poe sia, che penso sia il genere letterario più importante della mia terra d’ori gine! Ammetto che faccio fatica ad

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Nappi: “Il mare” Il tuo passatempo preferito? Rassekhi: “Fare quelle attività che mi danno l’impressione di imparare qualcosa”
PROTAGONISTI

Cosa sogni per la tua felicità?

Rassekhi: Poter, un giorno, essere libero dal giudizio mio e degli altri e poter vivere in un eterno presente.

Nappi: Migliorare come uomo e musicista.

23. Cosa detesti?

BR Spesso me stesso… ma detesto ammetterlo pubblicamente. PN L’arroganza.

24. Un personaggio della storia che odi più di tutti?

BR Hitler senza dubbio. Aggiungo i grigi burocrati del male: autentiche figure inquietanti, descritte alla perfe zione da Hannah Arendt ne La bana lità del male. PN Nessuno.

25. L’impresa storica che ammiri di più?

apprezzarla, in qualsiasi lingua. Ogni tanto provo a cimentarmi con Petrarca piuttosto che il poeta persiano Hafez, Lee Masters, Hikmet, Machado… ma di fatto non mi coinvolgono, non mi risuonano dentro.

PN Leopardi.

16. – 17. Chi sono i tuoi eroi?

BR Oddio che parolona! L’eroe musicale è stato il mio maestro Piero Farulli, mito indiscusso del mio pan theon personale. Un dio iroso da Vec chio Testamento; chi ha avuto modo di conoscerlo sa di cosa parlo! Inol tre, penso ai partigiani. Da ragazzino, mi emozionavo e tuttora mi viene la pelle d’oca quando leggo che, duran te la guerra, dei giovani andavano in montagna a combattere per la libertà.

PN I miei genitori.

18. Il tuo musicista preferito?

BR Non saprei dare un’unica ri sposta! Ho sempre amato Mozart, Beethoven, Mahler… ma anche Stra vinsky o Monteverdi. Col tempo - di ventando meno impaziente - ho in cluso Wagner e Bruckner. Essendo portato a scavare, a volte ascolto com pulsivamente per mesi interi lo stesso brano o lo stesso autore. È successo con l’ultimo movimento della Nona di Mahler, con Kid A dei Radiohead, ma anche con il Quartetto n. 11 Serioso di

Beethoven. PN Dvořák.

19. Il tuo pittore preferito?

BR Gauguin. Da bambino rice vetti un libro su di lui e da allora ho impresso nella mente le sue tele ed i suoi viaggi in Polinesia. Attraverso quel libro ho iniziato ad interessarmi all’altro, ad avere la curiosità di sco prire culture diverse dalla mia.

PN Antonio Ligabue.

20 – 21. Un eroe nella tua vita re ale?

BR Ne ho ben più di uno. Sono le tante persone che mi hanno dato la possibilità di fare quello che altri menti non avrei potuto. Spero che ci saranno sempre eroi così, e spero un giorno di poter diventare io un eroe per qualcun altro.

PN Il mio maestro Marco Scano. Le sue lezioni al Conservatorio “Ver di” di Milano e il suo esempio in ge nerale mi hanno fatto crescere umana mente e musicalmente. Lo considero il mio mentore.

22. Il tuo nome preferito?

BR Non saprei! Scordo sempre i nomi delle persone! Bado più a come sono, piuttosto che a come si chiamano. PN Angelo.

BR Quanto è successo nel 1453 che può essere considerato in due modi: la Caduta di Costantinopoli per noi europei o la Conquista di Costan tinopoli per i turchi! Perché, spesso, la vittoria e la felicità di uno può esse re la sconfitta e la disperazione di un altro… Credo che sia questo uno degli insegnamenti della storia.

PN In generale le scoperte medi che. Per me sono imprese!

26. Un dono che vorresti avere?

BR Uno? Tutti! PN La saggezza.

27. Come vorresti morire?

BR In modo dignitoso. PN Nel sonno.

28. Come ti senti attualmente?

BR Bene, grazie. Un po’ stanco forse, con un bambino piccolo in casa! PN Felice della mia vita.

29. Di cosa ti senti in colpa?

BR Mamma che domande! Di non apprezzare appieno quello di bello che ho nella mia vita.

PN Degli errori fatti in passato.

30. Lascia scritto il tuo motto!

BR Riciclo una frase di Roberto Be nigni: “Ama e fatti amare e sii felice”. PN Viva la musica!

A cura di Giulia Bassi

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PROTAGONISTI
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Pietro Nappi © Fondazione Toscanini / Luca Pezzani

COMMUNITY MUSIC: LA TOSCANINI PER LA COMUNITÀ

«Noi non siamo forse fatti, come le note musicali, / L’u no per l’altro, anche se diversi?». È un verso di Shelley, tratto del suo Epipsychidion, la citazione in esergo - anzi in homepage - del sito di Musicians For Human Rights, l’associazione internazionale di musicisti fondata nel 2009 dal cornista e direttore d’orchestra italiano Ales sio Allegrini e presieduta da Julian Fifer, che La Tosca nini ha scelto di incontrare in questa Stagione nel suo percorso, che è fatto di musica ma non solo di musica. Così, dalla lingua poetica di Percy Bysshe Shelley datata 1821, facciamo un balzo di due secoli sino all’inglese contemporaneo e al termine Community Music scelto per definire questo progetto parallelo e complementa re all’attività concertistica della Toscanini. Attenzione, perché il termine community qui è inteso nella sua ac

cezione meno social e più sociale, quello di comunità: musica di comunità, musica per la comunità. All’interno del programma Community Music 2022/2023 trova spazio la Human Rights Week. Il che significa una tavola rotonda sui diritti umani a partire dal libro The Routledge Companion to Music and Human Rights e workshop, prove aperte, uno spettacolo per bambini sull’energia eolica (per strumenti a fiato ovvia mente) intitolato Zeffironia e i concerti con Musicians For Human Rights, network di solisti, musicisti freelan ce e membri di grandi orchestre di città come Vienna, Berlino, Amsterdam, Londra, Milano e Roma che dona no le proprie prestazioni per raccogliere fondi per pro getti sociali e umanitari. Può sembrare scontato, ma non lo è purtroppo e la guer

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Perché la musica, l’arte, la cultura, la bellezza sono un diritto da condividere

di Paola Molfino

ra di nuovo alle nostre porte lo conferma: la musica, l’ar te, la cultura, la bellezza non sono un privilegio ma un diritto da condividere. Diritto affermato proprio dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata e proclamata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Gene rale delle Nazioni Unite. Basta leggere l’articolo 22 che parla dell’esistenza di “diritti culturali indispensabili”: Ogni individuo, in quanto membro della società, ha dirit to alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione (…) dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità Proseguendo con i due comma dell’articolo 27 che sono ancora più espliciti. Il primo dice: Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al

progresso scientifico ed ai suoi benefici. E il secondo: Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifi ca, letteraria e artistica di cui egli sia autore Diversità, pace, comunità, diritti umani, educazione: parole alle quali dai tempi di Shelley e dal 1948 a oggi se ne sono aggiunte molte altre e nuove, entrate ormai nella comunicazione, nel linguaggio comune e nel Dna di aziende e istituzioni culturali: inclusione, integrazio ne, disabilità, identità di genere, responsabilità sociale, protezione ambientale, sviluppo sostenibile… Piccole grandi cose danno il senso di una nuova consa pevolezza, parlare di accessibilità LIS, sovratitolazione o audiodescrizione rivolta ai casi di iposensorialità, per esempio, si unisce allo sviluppo di attività più frontali:

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MUSICA E SOCIETÀ
Bolero-Preludio © Kaiming Liu per Fondazione Toscanini

portare la musica fuori da teatri e sale da concerti, nelle scuole e negli ospedali certo, ma anche nei luoghi di de tenzione o nei campi profughi.

La pandemia, l’isolamento, la paura, hanno reso ancor più evidente questa necessità e il potere della musica. A ricordarcelo sono - fra i molti - artisti di gran valore uma no oltre che musicale come Yo Yo Ma (con il suo man tra anti-Covid “Make it personal, because it’s always personal. Pick a person, pick a person a day”) oppure Yannick Nézet-Séguin (“Oggi voglio usare la musica per costruire un futuro più inclusivo che onori la bella tradi zione delle opere del passato, ma che allo stesso tempo dialoghi con l’epoca che viviamo”).

Cultura significa saper leggere i segnali del presente e avvertire la responsabilità di contribuire a formare le coscienze del domani, lo sostiene non da oggi anche il sovrintendente della Toscanini, Alberto Triola. E fare musica è un atto sociale, lo è per la sua natura stes sa. Arturo Toscanini a cui questa istituzione è intitolata ne è un caso esemplare, come Leonard Bernstein, pio niere delle battaglie per i diritti civili made in Usa.

All’interno della 47ª Stagione di Concerti e nell’ambito del programma Community Music, La Toscanini propone dal 24 al 29 ottobre la prima Human Rights Week, una settimana di concerti e attività formative realizzata in colla borazione con Musicians For Human Rights, nel comune obiettivo di utilizzare la musica e le arti per valorizzare la diversità, creare comunità, promuovere la dignità umana e incentivare il rispetto dei diritti umani.

Al centro della settimana, il concerto che vede protagonisti la Filarmonica Arturo Toscanini con il suo Primo violino solista Mihaela Costea, Musicians For Human Rights e il direttore Ales sio Allegrini.

Nel 1987, trentacinque anni fa, dedicando alla moglie scomparsa il Fondo Felicia Montealegre Bernstein di Amnesty International Usa, il direttore d’orchestra americano rifletteva così, con parole che hanno il suono di un lascito da raccogliere: “In un mondo compassio nevole, i diritti umani non dovrebbero essere conquistati grazie alle lobby o alle raccolte fondi […]. Ma prender si cura degli altri è un’attività adulta e il mondo in cui abitiamo è lento nel maturare. La compassione è ancora una cosa da insegnare e da imparare, purtroppo, visto lo stato adolescenziale della nostra evoluzione. Ma quelli di noi che si sono evoluti abbastanza da comprendere la grazia e la semplicità del prendersi cura devono lavorare per insegnarla agli altri, incessantemente…”

«Questo concerto ha un significato molto importante – commenta Allegrini –. Si tratta infatti di un programma dal forte valore sim bolico, per i suoi contenuti e per il messaggio che intende portare. Le Ebridi di Mendelssohn rappresentano la natura e il suo rapporto con l’uomo, tema di grande attualità. Seguono due prime esecuzioni italiane: Dances in the Canebreaks di Florence Price, prima com positrice afroamericana ad essersi imposta sulla scena musicale statunitense del Nove cento, si concentra sul tema della schiavitù e sull’esperienza nera americana, e introduce I Will Not Remain Silent, Concerto per violino e orchestra di Bruce Adolph dedicato a Joachim Prinz, un rabbino e attivista del 20° secolo che si è battuto contro l’ascesa dell’antisemitismo in Germania negli anni ‘20 e ‘30. Rabbino della città di Berlino, Prinz fu perseguitato dal regime nazista e fu costretto a trasferirsi in America, dove si schierò a fianco di Martin Luther King, diventando una voce di spicco del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Chiude il pro gramma la Settima di Beethoven, autore tosca niniano per eccellenza e simbolo della fratel lanza universale contro ogni forma di tirannia».

Scopri il programma completo della Human Rights Week

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MUSICA E SOCIETÀ
Yannick Nézet-Séguin: “Oggi voglio usare la musica per costruire un futuro più inclusivo che onori la bella tradizione delle opere del passato, ma che allo stesso tempo dialoghi con l’epoca che viviamo”

EMOZIONI COLLETTIVE

Il palcoscenico degli spettatori secondo il sociologo Massimo Cerulo

Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro en trate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti… Shakespeare esprime al meglio il con cetto della vita come palcoscenico, che è il cuore di un pensiero enunciato da tanti poeti e scrittori del passato (tra gli altri anche Pirandello). Nella nostra epoca natu

ralmente è stato assimilato e allargato ad altri contesti divenuti oggetto di studio anche da parte di psicologi e sociologi della “teoria delle emozioni”. A uno di loro, Massimo Cerulo, professore di sociologia all’Università di Perugia e alla Sorbonne di Parigi, abbiamo proposto una riflessione in occasione della ripartenza a pieno regime dei teatri, dopo due anni di chiusure forzate ed

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MUSICA E SOCIETÀ
eCity (2020) di Marco Borciani Il progetto eCity nasce con la pandemia e il primo isolamento forzato. Dall’impossibilità di viaggiare e visitare altre città, Borciani avverte la necessità di assemblare un luogo virtuale utilizzando componenti elettronici e di immaginare di visitarlo e ritrarlo. Un’evasione verso un altro mondo che si rivela però altrettanto cupo e arido.

In sala anche noi siamo attori. In occasione della ripartenza a pieno regime dei teatri, Cerulo illustra con un ritmo incalzante il nostro copione: dall’entrata in scena, all’ingresso in foyer, fino al ritorno a casa a concerto terminato.

incertezze, e la voglia di assistere agli spettacoli dal vivo. La richiesta gli viene rivolta nella consapevolezza che ciò avviene non solo perché spinti dal desiderio di assistere ad un evento musicale unico. Anche per Massimo Ceru lo, c’è molto altro. «Diversamente come classificherem mo tutte le emozioni che scatena in noi la partecipazione all’evento? Sì, perché ai concerti oltre al palcoscenico dei musicisti, occorre considerare il palcoscenico de gli spettatori, in quanto chi frequenta è chiamato ad un impegno di socialità che sottende regole legate al com portamento, in riferimento al luogo e al rapporto con gli altri. Altrimenti? Noi sociologi diremmo: “adesso cade il teatro” per dire: “cade la società”: subisce uno scosso ne il processo che determina lo svolgersi dell’evento in pace e serenità». (volendo si potrebbe citare “lo strappo nel cielo di carta” da Il fu Mattia Pascal). Varcando la soglia di un teatro, o di una sala da concerto, per Cerulo diventiamo attori; quindi, recitiamo una parte sul nostro palcoscenico e il fatto che il genere (concerto o opera) rientri in un contesto culturale elevato rende maggiore lo sforzo cognitivo per gestire le emozioni secondo quel copione. Entrando nel merito della nostra performance sociale ed emotiva, Cerulo inizia ad enunciare quelle regole. «Pensiamo ad una società di corte. Al concerto si deve andare con l’abito congruo: no di certo in costu me da bagno e non perché si scoprono alcune parti del corpo, ma perché si è fuori contesto sociale; e occorre conoscere i momenti del concerto: come la scansione dei tempi, il silenzio assoluto durante l’esecuzione, il poter parlare durante le pause… ma sempre attenendosi alle regole della conversazione». Il tutto, secondo Cerulo, comporta un lavoro emotivo che non concerne soltanto la fruizione dell’evento (lavo ro emotivo in situ) ma comprende il lavoro emotivo co gnitivo o preparatorio e il lavoro emotivo retrospettivo «La “preparazione” che riguarda i momenti di avvicina mento all’evento può avvenire anche ore prima: vivo l’at tesa dell’evento anche al lavoro dove, per distrarmi, pen so che tra poche ore godrò di un momento di svago, avrò il piacere di sentire quella musica con determinati inter preti, incontrerò quelle persone, indosserò un vestito particolare. L’appassionato, inoltre, ascolta dei pezzi, o s’informa leggendo testi inerenti al programma della serata per focalizzarsi sull’emozione ambientale. Invece, coloro che sono obbligati a partecipare, come le perso nalità politiche, dovranno fare più attenzione a mantene re l’abito istituzionale intatto, per non farsi trovare im

preparati, perché, se non lo mettesse in atto, potrebbe essere etichettato come “deviante emozionale”, colui che non sa come comportarsi… e considerato o cafone, o ignorante, snob, supponente… Queste sono “coltellate” da parte della società che inficiano la loro identità socia le». Secondo il sociologo Cerulo la nostra entrata in sce na, nella sala da concerto o in teatro inizia dal foyer sotto gli occhi degli altri che osservano e giudicano. «Essendo àmbiti fortemente etichettati, si deve attuare un lavoro profondo di gestione delle emozioni anche in termini corporali ed espressivi. Esempio: se incontro una perso na che detesto non posso urlare contro di lei, ma devo controllarmi in modo ferreo, cominciando a “gestire la respirazione”. In quel caso potremmo sostenerci con un “pensiero felice”: quella valigia mentale cui attingiamo per non affondare emotivamente (ricordare una bella po esia o la deliziosa nipotina che ci vuole bene…). Il lavoro riguarda le espressioni del corpo, a partire dal sorriso di circostanza, o il blocco delle mani per non esondare, il fuggire dagli abbracci impetuosi e dai baci (bisogna ac cennarli sforando appena la guancia). Una volta seduti - lavoro emotivo in situ - si salutano i vicini di posto in modo sobrio, senza pacche sulle spalle o “dammi il 5”, o soffermarsi a fissare a lungo una persona. A concer to finito, dopo i saluti, riprendiamo l’auto pensando a quanto è avvenuto - lavoro emotivo retrospettivo -: una sorta di autoanalisi che compiamo su di noi chiedendoci: mi sono comportato bene? Come è stata la mia perfor mance? Ho utilizzato le parole giuste? Il lavoro cognitivo serve per correggersi e commentare eventuali comporta menti di altre persone, sempre per il bisogno di ricono scimento da parte della società e la conferma con un “ti accetto!”» La consapevolezza, dunque, di essere sotto i riflettori sembra anche legata a una sfida che finiamo per accettare con piacere. Nel recente passato, quando per il lockdown gli spettacoli e i concerti erano solo “da remo to”, le situazioni- sfida legate al “nostro” palcoscenico - non potendole affrontare - ci mancavano! Ribadiamo per questo, la nostra preferenza per i concerti dal vivo e, nonostante i limiti dettati dall’etichetta, sentiamo ora più che mai la necessità di esserci per godere dell’incon tro con agli altri, condividere le esperienze e, perché no, rientrare nel gioco di quelle emozioni che, nonostante tutto, ci fanno sentire vivi.

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MUSICA E SOCIETÀ

FATO E DESTINO

L’ ineluttabilità nelle due

“Quinte”

di Beethoven e Čajkovskij

Fato e destino, nonostante le apparenze, non sono sino nimi. La radice etimologica della parola “fato” provie ne dal latino fatum, derivato di fari, che significa “dire, parlare”. È insomma la parola, la sentenza definitiva pronunciata dalla divinità. Un principio irrevocabile al quale nessuno si può sottrarre, nei confronti del quale la volontà umana è rassegnata e impotente. Diverso il caso della parola “destino” che risale invece – secondo gli studiosi di etimologia – alla radice indoeuropea stadalla quale deriva il verbo greco istemi, ossia “io sto”. Destino è dunque l’esito finale di un avvenimento che “sta”, che “si trova”, che è dunque prestabilito, deter minato da una catena di cause ed effetti. La differenza, però, rispetto alla ineluttabilità della parola divina, è che il destino, al contrario del fato, è nelle mani dell’uomo e dunque lascia aperta la porta alla volontà e alla ragione, a due facoltà, cioè, in grado modificare più o meno sensi bilmente il corso degli avvenimenti.

27 APPROFONDIMENTI
di Guido Barbieri Karl Wilhelm Diefenbach, Geige Spielender Knabe [Ragazzo che suona il violino], 1928 ca.

GUIDA ALL’ASCOLTO (S)RAGIONATA E (IN)CONSAPEVOLE

Non devi parlare di Operazione Beethoven per dire Lasciamo fare al destino! Le cose non stanno in questi termini. La vita senza una meta è un mero vagabondare… Ti assicuro che, se l’autore della Quinta era un po’ spigoloso, iracondo, avrà avuto i suoi motivi… tu invece devi ammorbidirti. In ogni caso: stai sereno: non puoi fare nulla per evitare il destino. Verrà a cercarti!

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Artur Paunzen, Phantasien uber Beethoven 5. Symphonie op. 67 1 Satz [Fantasia sopra il primo tempo della Sinfonia n. 5 di Beethoven], 1918 (Muggia, Trieste, Biblioteca Beethoveniana – Collezione Carrino)

Questa dicotomia semantica si rispecchia perfettamente nel dittico “virtuale” costituito da due sinfonie che no nostante appartengano al dominio della cosiddetta “mu sica assoluta” vengono tuttora associate, in modo più o meno legittimo, alla sfera extra musicale della “fatalità” e della “ineluttabilità”: la Sinfonia n. 5 in do minore op. 67 di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64 di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Le due “quinte parallele” nascono ovviamente in epoche e contesti ra dicalmente diversi: la Quinta par excellence, ossia quella beethoveniana, nella Vienna imperiale e illuminista tesa tra il declinare del diciottesimo secolo (i primi schizzi risalgono al 1795) e l’aurora del secolo romantico. La Quinta “rivale”, invece, ottant’anni più tardi, nel 1888, in un’altra città “imperiale”, San Pietroburgo, nemme no sfiorata, però, dai bagliori dei Lumi. Due cornici “esterne” che non possono non influire sulla luce dei rispettivi quadri. Anche se l’evidenza do cumentaria è fragilissima e si riduce ad una inverificabi le affermazione orale dell’autore (“Così il destino bussa alla porta”) la Sinfonia di Beethoven è attraversata da una concezione “filosofica” dell’idea di “destino” che con segna comunque nelle mani dell’uomo, della sua ratio e della sua determinazione, il compito di segnare il cam mino verso l’ineluttabile, assegnando dunque alla mu sica il compito, esplicitamente “umanistico”, di essere veicolo del pensiero. La Sinfonia di Čajkovskij sembra al contrario ripiegata su una dimensione più angusta mente individuale e autobiografica, più scopertamente emotiva, priva, insomma, di ogni pretesa di “universa lità”. Anche in questo caso i dati documentali non sono solidissimi e si riducono ad una affermazione affidata dall’autore ad un “foglio sparso”: “Introduzione: sotto missione totale di fronte al destino e alla predestinazio ne ineluttabile della provvidenza”. Ma per Čajkovskij la prigione del fato sembra davvero non possedere alcuna finestra di luce, alcuna feritoia aperta verso l’esterno. E acquista, al contrario, la gelida imperscrutabilità di un invincibile vaticinio.

IN CUFFIA

21 ottobre ore 20.30 |Filarmonica 23 ottobre ore 18.00 | La Toscanini per Tutti Parma | Auditorium Paganini 22 ottobre ore 20.30

Lugo |Teatro Rossini

ENRICO ONOFRI Direttore

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI Händel Music for the Royal Fireworks in re maggiore HWV 351 Rossini Sinfonia da La Cenerentola BeetHoven Sinfonia n. 5 in do minore op. 67

25 novembre ore 20.30

Parma | Auditorium Paganini Sabato 26 novembre, ore 20.30

Piacenza | Teatro Municipale Domenica 27 novembre, ore 21.00 Imola | Teatro Ebe Stignani MICHELE SPOTTI Direttore

CLARISSA BEVILACQUA Violino MIRIAM PRANDI Violoncello COSTANZA PRINCIPE Pianoforte FILARMONICA ARTURO TOSCANINI BeetHoven Triplo Concerto in do maggiore op.56 Čajkovskij Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64

I consigli di ascolto digitale degli artisti della Stagione Beethoven, Sinfonia n. 5 Ferenc Fricsay, Berliner Philharmoniker Deutsche Grammophon Carlos Kleiber, Wiener Philharmoniker Deutsche Grammophon

Arturo Toscanini, NBC Symphony Orchestra Columbia di Enrico Onofri

Čajkovskij, Sinfonia n. 5 Leonard Bernstein, New York Philarmonic Sony

Mariss Jansons, Oslo Philarmonic Orchestra Chandos Digital

Gianandrea Noseda, London Symphony Orchestra LSO Live di Michele Spotti

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APPROFONDIMENTI
La sinfonia di Beethoven è attraversata da una concezione “filosofica” dell’idea di “destino”, la sinfonia di Čajkovskij sembra al contrario ripiegata su una dimensione più angustamente individuale

TOSCANINI E GRUBICY TRA SUONI, COLORI E FORME

Fra il pittore e il direttore d’orchestra nacque un prezioso legame artistico-spirituale

“Una fra le più deliziose giornate regalatemi dalla mia arte”. È con queste parole che Vittore Grubicy descrive, in un ricordo personale, il suo primo incontro con Arturo Toscanini, avvenuto a Milano nell’ottobre del 1911, prima della partenza del direttore per New York, dove avrebbe aperto la sta gione concertistica del Metropolitan Opera House con l’esecuzione dell’Ai da di Verdi. Quando i due si conoscono personalmente, Toscanini ha qua rantaquattro anni ed è tra i direttori d’orchestra più apprezzati e affermati sia in Europa che negli Stati Uniti. Grubicy, più anziano di lui di sedici anni,

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APPROFONDIMENTI
di Alessandro Botta

La lettura puntuale di quei valori emozionali – tanto ricercati da Grubicy nei suoi dipinti –appare come una vera rivelazione al pittore e costituisce la base per un rapporto reciproco di stima, non privo di importanti risvolti collezionistici. Toscanini sarebbe divenuto in breve tempo il maggiore collettore di pittura grubiciana.

è unanimemente considerato come un esempio di inte grità artistica e critica, nonché figura centrale e fondante del gruppo divisionista italiano.

L’incontro tra i due non è certamente frutto del caso. Lo scultore Leonardo Bistolfi, amico comune, crea l’oc casione per far convenire nella casa-studio di Vittore il noto musicista. L’interpretazione arguta del direttore verso le sue opere – e in particolare del dipinto Un ad

dio penoso (entrato poi nelle collezioni del musicista), opera cruciale nel percorso artistico di Grubicy trattan dosi di uno dei primi quadri realizzati durante il suo sog giorno ad Anversa – assume un significato nodale nello stesso rapporto col direttore d’orchestra, a tal punto da essere considerato dal pittore come “la causa” del loro “prezioso legame artistico-spirituale”. La lettura pun tuale di quei valori emozionali – tanto ricercati da Gru

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Vittore Grubicy De Dragon, Brumettes d’octobre (collezione privata)

bicy nei suoi dipinti – appare come una vera rivelazione al pittore e costituisce la base per un rapporto reciproco di stima, non privo di importanti risvolti collezionistici. Toscanini sarebbe divenuto in breve tempo il maggiore collettore di pittura grubiciana. Una spinta a raccoglie re le opere dell’artista (anche dopo la morte di questi, avvenuta nel 1920) che l’avrebbe portato nel 1933 a possedere ben sessantacinque suoi lavori, tra dipinti e disegni.

L’immaginario figurativo e musicale, condiviso e in terpretato in chiave sinestetica dai due, secondo quel principio di unitarietà delle arti ricorrente nella cultura di fine secolo, non manca di trapelare non soltanto nelle parole dell’artista (atte ad evocare metaforicamente quel processo di suggestione tra immagini ed emozioni che è alla base della sua pittura) ma dalle stesse dichiarazioni espresse in tempi diversi dal direttore d’orchestra. Un gioco di associazioni – tra suoni, colori e forme – che si rende evidente in alcuni passaggi che Toscanini in dirizza nelle sue lettere al pittore, anche quelle inviate anni dopo il loro primo incontro, occasionate – come nel maggio del 1913 – dall’osservazione di un gruppo di sue opere raccolte nella propria abitazione milanese, ormai tappezzata di dipinti dell’amico artista:

“Passo molte ore della giornata nel più delizioso angolo della mia casa reso così prezioso da te […] seduto davan ti al tuo soave canto Brumette d’octobre vivo per il pen siero - per l’estasi del pensiero che l’anima - estasi vaga, indefinita, che s’innalza su, su in alto tra le nubi, lontano lontano… […] Che musica misteriosa va insinuandosi a poco a poco! Musica leggera, inafferrabile, eppur così calda d’armonie! Ma ci vuole l’anima non le orecchie per sentirla. Beato te, caro Vittore, che hai potuto e saputo

16 novembre 2022, ore 20.30

Parma | CPM “Arturo Toscanini”, Sala Gavazzeni MIHAELA COSTEA Violino

JAE HONG PARK Pianofort<

FILARMONICA ARTURO TOSCANINIe

BeetHoven

Sonata n. 9 in la maggiore per pianoforte e violino op. 47 A Kreutzer

Sonata n. 29 in si bemolle maggiore per pianoforte op. 106 Hammerklavier

15 dicembre 2022, ore 20.30

Parma | CPM “Arturo Toscanini”, Sala Gavazzeni ENRICO ONOFRI Violino

QUINTETTO D’ARCHI DELLA FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

BoccHeRini

Quintetto in si bemolle maggiore op. 39 n. 1 G337 Haydn

Quartetto n. 63 in re maggiore op. 64 n. 5, Hob:III:63 Lerchen (L’allodola)

BoccHeRini

Quintetto in do maggiore op. 30 n. 1 G 324 La musica notturna delle strade di Madrid

“In arte non c’è una sola sensibilità che ci fa vi brare per un quadro o un accordo e viceversa… E allora non rimpiango più di essere musicista...”, così scrive Arturo Toscanini all’amico Vittore Gru bicy. Quando musica e arte visiva si incontrano possiamo godere delle Melodie pulviscolari, frut to di un connubio legato a una modalità di fruizio ne diversa che nel Salotto Toscanini 2022/2023 trova forma nella visione di un’opera della colle zione d’arte del Maestro illustrata da Cristina Ca sero, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università degli Studi di Parma.

far cantare la voce della tua bell’anima!!” Durante una giornata piovosa sulla Presolana, nell’e state del 1917, che costringe Toscanini a rimanere for zatamente recluso in casa (“Leggo moltissimo e passo lunghe ore al pianoforte”), l’arte di Grubicy viene invece associata ad un preciso immaginario sonoro, ricondotta alle predilezioni e alle esperienze musicali più intense vissute dal direttore:

“E Debussy? Non è forse il Grubicy della musica? Quan ta analogia tra la tua e l’arte sua! Come la tua, quella di Debussy è un’arte semplice, tenera, profonda che sem bra sbocciata nel silenzio, e cresciuta nella pace nell’a more. L’essenza di quella musica come quella della tua pittura è di essere una rivelazione. Poche parole, mezzi limitati, bastano a voi per dire le cose più profonde. Die ci anni sono ormai scorsi dalle mie rappresentazioni di Pelléas alla Scala; eppure, quel miracolo d’arte e d’inspi razione mi appare ancor più sovrumano”.

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APPROFONDIMENTI
Ritratto fotografico di Vittore Grubicy De Dragon, Courtesy Mart Rovereto, Fondo Grubicy

GUIDE ALL’ASCOLTO (S)RAGIONATE E (IN)CONSAPEVOLI

Siate buoni con voi stessi, non continuate a torturarvi. Innamorarsi in maniera morbosa, durante l’ascolto della Sonata a Kreutzer, capita. E non importa se vi hanno sorpreso, se hanno portato in piazza la vostra passione! (Tolstoj approverebbe)

Siete malinconici perché pensate di essere soli al mondo e di non piacere? Pensate che la vita non sia stata generosa con voi e vi sentite inutili? Volete tirarvi su il morale? Chiedetemi come, e vi rispondo. Recatevi alla fantastica notte spagnola per le strade di Madrid il 15 dicembre e vedrete che la musica, questa volta, farà miracoli. Ma non posso esimermi dal ricordarvi che, come sempre, il mattino ha l’oro in bocca!

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Vittore Grubicy De Dragon, Un addio penoso, 1885, Livorno, Courtesy Fondazione Livorno, Archivio Foto Arte

DALL’ORATORIO AL MUSICAL

Georg Friedrich Händel compone oratori nell’arco di quarant’anni, dal Trionfo del tempo e del disinganno (1707) sino a Jephta (1752), in italiano, in tedesco e soprattutto in inglese. È infatti a Londra che Händel riesce a fare dell’oratorio – eseguito senza rappresenta zione scenica – un genere di forte impatto drammatico e di potente comunicativa al punto da rivaleggiare con

l’opera, grazie alla narrazione di vicende nelle quali il pubblico inglese contemporaneo può facilmente imme desimarsi, alla caratterizzazione musicale di personaggi a tutto tondo e all’impiego spettacolare del coro. Così gli oratori di Händel, dei quali il Messiah (1742) è certo il più famoso, si possono considerare teatro vir tuale in musica dove l’assenza della dimensione scenica

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favorisce la sperimentazione drammaturgica. Sperimentazione che, sempre a Londra, nel 1728 indu ce John Gay e Johann Cristoph Pepusch a comporre The beggar’s opera, una commedia (ballad opera) di satira sociale e culturale in cui la recitazione è inframmezza ta da pezzi musicali e che, rielaborata due secoli dopo da Bertolt Brecht e Kurt Weill nella Dreigroschenoper

(1928) costituisce un antecedente della moderna com media musicale. Quest’ultima, nel Novecento, conosce la sua stagione più entusiasmante nel musical classico di Broadway con autori come Jerome Kern, Irving Berlin, Cole Porter, George Gershwin e Leonard Bernstein, de stinati a lasciare un segno incancellabile nel Great ame rican songbook Cesare Fertonani

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Paolo Simonazzi, Mantua, Cuba, 2015

Argle-bargle in salsa Händel

di Attilio Cantore

«Perché non sei più venuto a sentire l’oratorio, James?», saetta il generale FitzPatrick raggiungendo a grandi fal cate Mr. Hare e stringendogli la mano, massonicamente. «Perché non posso certo essere dappertutto, Richard» (un po’ evasivo e un po’ salace).

Poi, irrigidendo il visetto smunto aggiunge con vago di sappunto Whig: «La mia discrezione mal si accorda con queste pompose parate regali» (tira distrattamente del tabacco).

In effetti, quella mattina del 29 maggio 1784, His Maje sty come da programma faceva il suo ingresso a West minster Abbey, a mezzogiorno in punto, fra l’euforia generale. E l’evento non poteva essere dei più pomposi, appunto. Sotto lo sguardo compiaciuto di Giorgio III e della sua

corte, si eseguiva il famoso Messiah di Händel, terzo evento di una gloriosa Commemoration per i venticin que anni dalla morte del venerato compositore tedesco – a dirla tutta, la prima di una lunga serie nella storia britannica, ma i nostri due gentiluomini non potevano ancora saperlo, naturalmente.

«Che cosa ci troverai mai in questa musica antica, dio solo lo sa» (simula stupore).

«Vorrai scherzare! Mi tolgano pure il posto alla House of Commons se non è vero che questa musica è la quintes senza dello spirito inglese: nobiltà e dolcezza, maestosi tà e sentimento».

«Certo, Richard, il Messiah è un autentico monumento nazionale e ancora oggi non c’è suddito che non ne fi schietti almeno dieci cantilene o più. Ero un ragazzino quando mia madre mi portava al Foundling Hospital a sentirlo, e all’epoca era ancora vivo quel parruccone di Händel».

«Gli affetti più sublimi e delicati, adattati alle più elevate e commoventi parole del testo di Charles Jennens, non possono che trascinare e affascinare il cuore e l’orecchio di ognuno».

«Eppure, te lo confesso, ho sempre preferito il melo dramma».

«Ma è come se lo fosse. Anzi, proprio per l’assenza di scenografie e orpelli vari, trovo che gli oratorî siano an cor più sperimentali a livello drammaturgico».

«Oh, ti prego illuminami!»

«Mi limiterò giusto all’inizio, James. Dopo una sinfonia alla francese in tono minore, si passa al tono maggiore:

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APPROFONDIMENTI
Il Messiah è un autentico monumento nazionale e ancora oggi non c’è suddito che non ne fischietti almeno dieci cantilene o più. Un trionfo scultoreo della fede ma anche una celebrazione della fratellanza universale
Abbazia: Le commemorazioni händeliane nella Cattedrale di Westminster, 1784

bianco e nero, capisci che intendo, come camminando sul pavimento a scacchi di St. Paul’s Cathedral. Ed ecco subito un arioso idilliaco che si trasforma in un recitati vo accompagnato e sfocia in un’aria pirotecnica incorni ciata da festosi ritornelli orchestrali. E, infine, un coro sfolgorante che dissimula una scrittura mottettistica». «Da come ne parli, sembra che ce ne sia proprio per tutti i gusti».

«Puoi ben dirlo, old bean». «Ma quella Pifa, così lagnosa e manierata?»

«Al contrario, è un mirabile bozzetto pastorale. Immagi na di guardare qualche Staffordshire porcelain a motivi campestri o le tue greggi nella campagna di Knaresbo rough. O forse, meglio, un presepio napoletano. Mi confrontavo poco fa su questo punto con Charles Bur ney, che a Napoli è stato per davvero, come Händel molti anni prima, ovviamente, quando…»

«D’accordo, ma vai avanti ora…» (gesto impaziente) «Ecco, sulle arie non avrai da obiettare, mi auguro». «Persuadimi…»

«Sai, non è certo un caso se la statua di Händel scolpita da Roubiliac, quella che da una ventina d’anni si trova nel transetto sud di Westminster Abbey, regge proprio lo spartito del Messiah mettendo in bella mostra una pa gina dell’aria I know that my Redeemer liveth».

«Non ci avevo mai fatto caso…» (occhi sgranati).

«Tu fammi il nome di una pagina più d’effetto di Rejoice greatly e The trumpet shall sound o più suggestiva di He was despised».

«Su due piedi ora non saprei…»

«Appunto, non ce ne sono. E i cori? Che magnificenza!»

«Ricalcano i fasti cerimoniali dei nostri amati anthems». «Senz’altro, e l’Halleluja ne è l’apoteosi. Parti in con trappunto e in omofonia efficacemente intrecciate, in un crescendo potentissimo».

«Da togliere il fiato…»

«Mi piace considerarlo non solo un trionfo scultoreo della fede ma anche una celebrazione della fratellanza universale».

«In tal caso, non mi resta che andare ad ascoltarlo, an cora una volta».

7 dicembre ore 20.30

Parma | Auditorium Paganini ENRICO ONOFRI Direttore

SANDRINE PIAU Soprano SARA MINGARDO Contralto LEVY SEKGAPANE Tenore LUCA TITTOTO Basso CORO UNIVERSITARIO DEL COLLEGIO GHISLIERI LUCA COLOMBO Maestro del coro FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

Händel Messiah Oratorio per soli, coro e orchestra HWV 56

GUIDA ALL’ASCOLTO (S)RAGIONATA E (IN)CONSAPEVOLE

Sicuramente quella turbolenza inaspettata che sentirete il 7 dicembre non deriverà dai venti settentrionali che in quel periodo imperverseranno sul Lago di Garda; piuttosto, sarà dovuta al flusso di forti correnti emotive legate al Messiah di Händel e al loro potere di catturare le più sottili sfumature del sentimento. Parliamoci chiaro, sbalordisce, perché è musica immediata capace di appianare anche le situazioni più intricate ed irrisolte. Dunque, cogliete l’attimo, senza riserve!

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William Blake, Albion Rose da “A large book of designs”, 1793-1796

Con le jazz songs: dal musical di Broadway a Hollywood

Epitome dell’approccio cinetico che caratterizza il mu sical di Leonard Bernstein (1918-1990), le Symphonic Dances (1961) rappresentano un estratto di nove sezioni dalla versione cinematografica di West Side Story. Del musical di libera ispirazione shakespeariana che nel 1957 aveva portato sulle scene di Broadway la rivalità tra due bande di adolescenti, por toricani e bianchi, era in fatti appena stata appronta ta una versione filmica, con orchestrazione curata da Sid Ramin e Irwin Kostal. L’occasione per ricavarne delle danze sinfoniche si era presentata a Bernstein grazie all’organizzazione di un concerto per la rac colta fondi la Filarmonica di New York: la trascrizio ne celebrava così non soltanto il sodalizio che lo aveva legato all’orchestra fino a quel momento, ma anche il rinnovo del contratto che avrebbe garantito altri sette anni di collaborazione. Grazie a un lavoro di editing condotto dallo stesso Bernstein, la sequenza delle danze era stata modificata in favore di una maggior coerenza musicale: i contrasti ritmici, dinamici, agogici e timbrici traspongono infatti la narrazione del conflitto tra gangs su di un piano au tenticamente “sinfonico”, dove le vivaci combinazioni strumentali si alternano in una gamma quasi camaleon tica di colori, e la pulsazione incessante, che si giova di un’amplissima sezione di percussioni, trascina il flusso del discorso musicale. L’azione scenica di ciascuno dei nove quadri, - Prologue (Allegro moderato), Somewhere

(Adagio), Scherzo (Vivace e leggiero), Mambo (Meno Presto), Cha-cha (Andantino con grazia), Meeting Scene (Meno mosso), Cool Fugue (Allegretto), Rumble (Molto allegro), Finale (Adagio) - può dunque rimanere il fil rouge sullo sfondo di questa esuberante suite orchestrale. Le songs in programma sono tra le più celebri di George Gerswhin (1898-1937), su versi del fratello Ira. Si parte con Fashinating Rhythm (1924), prima collaborazione tra i due fratelli e Broadway impie gata nel musical Lady be Good, per proseguire con Let’s call the whole thing off, meglio nota attraverso il suo incipit: «You like tomay-to and I like to-mahto», gioco di allitterazioni che si fa burla della pronuncia, aperta o chiusa, del suo no vocalico ‘a’: British English versus American Engli sh, certo, ma anche demarcazione dell’appartenenza a differenti ceti sociali. Dal ritmo incalzante di Nice Work If You Can Get It, su cui un ballerino, cantante e attore della caratura di Fred Astaire eseguiva un’esilarante se quenza di danza alla batteria, si passa attraverso le sfu mature blues di The Man I Love, per chiudere con I Got Rhythm e le sue caratteristiche progressioni armoniche. A contrappuntare questo excursus nel repertorio dei fratelli Gershwin, altri celebri jazz songs che si legano al musical di Broadway e alle esperienze hollywoodiane dei loro autori: così i successi di Cole Porter (18911964) Night and Day (dal musical Gay Divorce del 1932), I’ve Got You Under My Skin (da Born to Dance

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Melodie orecchiabili e versi dal cinismo pungente caratterizzano gli standards più celebri del cosiddetto “GAS” [Great American Songbook].
APPROFONDIMENTI
di Silvia Del Zoppo

del 1936), What Is This Thing Called Love? (da Wake Up and Dream del 1929) e I Get a Kick out of You (per la commedia musicale Anything Goes del 1934). Melodie orecchiabili e versi dal cinismo pungente caratterizzano quelli che sono oggi annoverati tra gli standards più celebri del cosiddetto “GAS” [Great American Songbook]. Tra questi, anche The Way You Look Tonight, scritta da Jerome Kern (1885-1945): il suo nome, insieme a quello di Irving Berlin (18881989), si aggiunge al parnaso dei compositori più rap presentativi del teatro e del cinema americano. D’altronde, successi quali Puttin’ on the Ritz, prima

song ad essere cantata da un ensemble multietnico (il titolo, nello slang dell’epoca, allude al “vestire elegan te”), o Blue Skies, che fa capolino nell’unica sequenza dialogata del primo film sonorizzato della storia del ci nema, The Jazz Singer, del 1929, ma anche Heat Wave (1933), o ancora Let’s Face the Music and Dance, scrit ta nel 1936 per il film Follow the Fleet, testimoniano la divulgazione del jazz “classico” e delle sue caratteristi che idiomatiche - sincopi, sfumature ritmiche e infles sioni swing - attraverso il grande schermo e offrono un compendio ricco e articolato del variopinto patrimonio musicale collettivo statunitense.

1 gennaio ore 12.00

Parma | Auditorium Paganini TIMOTHY BROCK Direttore

CELINDE SCHOENMAKER Soprano CHRISTINA ALLADO Soprano ROB HOUCHEN Tenore

ADRIAN DER GREGORIAN Baritono

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

I più grandi successi del musical internazionale, da Londra a Broadway leonaRd BeRnstein

Symphonic Dances from “West Side Story” geoRge geRsHwin

Fascinating Rhythm, Let’s Call The Whole Thing Off, Nice Work If You Can Get It, The Man I Love, I Got Rhythm

jerome kern The Way You Look Tonight cole PoRteR Night and Day, I’ve Got You Under My Skin, What Is This Thing Called Love?, I Get A Kick Out Of You

iRving BeRlin Puttin’ On The Ritz, Blue Skies, Heat Wave, Let’s Face The Music And Dance

GUIDA ALL’ASCOLTO (S)RAGIONATA E (IN)CONSAPEVOLE

Un cambio di guardia stellare! Per Capodanno 2023 il direttore d’orchestra non regalerà il solito mazzo di melodie colorato e… profumato. S’interromperà così, dopo anni, la catena che va di padre in figlio (alias: di Strauss Johann, in Strauss Johann). Non possiamo affermare che il direttore non ami i valzer, ma i tempi cambiano e fa bene ad adeguarsi sfoderando quella musica, anzi… quei musical! Il direttore desidera soprattutto che le songs (canzoni) di uno diventino la gioia di tutti. Buon anno!

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Shinn, Teatro di varietà londinese

Dallara

50 anni sulle ali del vento

Dallara festeggia i primi 50 anni. Mezzo secolo di suc cessi – dalla fondazione, nel 1972, all’affermazione ne gli U.S.A. con l’IndyCar e le vittorie alla “500 Miglia” di Indianapolis – che hanno portato l’azienda di Varano de’ Melegari ad essere leader mondiale nella progettazione e produzione di auto da corsa. Ma Dallara è anche una comunità che investe in modo sostenibile per garantire un futuro migliore al territorio in cui opera, con riconoscenza e gratitudine. Ed è con questa visione di responsabilità sociale di impresa che da diversi anni l’azienda affianca la Fondazione Toscanini, sostenendo la realizzazione della Stagione della Filarmo nica e della serie “Fenomeni”. Ne abbiamo parlato con l’Ing. Giampaolo Dallara, fonda tore e Presidente di Dallara Group, che insieme alla pas sione per le auto da corsa coltiva da sempre anche quella per la musica.

Ing. Dallara, il 2022 è un anno di grandi festeggiamen ti per la vostra azienda. Abbiamo deciso di festeggiare durante tutto l’anno. Per questo è stato definito un palinsesto di eventi e di mani festazioni che ci permettessero di ripercorrere quello che abbiamo fatto in 50 anni di attività ma soprattutto di por re le basi per i prossimi 50 anni dell’azienda. Tra le varie iniziative abbiamo organizzato il primo “Family Day”, sia nella sede italiana che in quella americana, pubblicato un libro dedicato a 50 aneddoti sulla nostra azienda, pro dotto uno spettacolo teatrale ad opera di Federico Buffa e promosso una serie di eventi tecnico-divulgativi nella nostra Dallara Academy.

Tra i protagonisti dello spettacolo teatrale c’è anche la “Next”, l’orchestra Under35 de La Toscanini. Si tratta di una scelta in linea col nostro proposito di va

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L’azienda leader nella progettazione e produzione di auto da corsa, sponsor della Stagione della Filarmonica e della serie “Fenomeni”, taglia il traguardo del mezzo secolo
© Dallara Group

lorizzare i talenti giovanili, e di attingere ad una realtà musicale che rappresenta con successo il nostro territo rio. Da sempre credo nei giovani. Nel nostro gruppo (che oggi conta più di 600 dipendenti, n.d.a.) l’età media è 35 anni, ed il 60% dei dipendenti ha meno di 35 anni di età.

Tra i progetti de La Toscanini, l’azienda ha sostenuto con particolare convinzione la serie “Fenomeni”: una partecipazione culminata nella performance del percussionista Simone Rubino che ha ‘suonato’ oggetti provenienti dalle fabbriche Dallara. Nella serie “Fenomeni” abbiamo trovato una affinità con lo spirito del nostro staff, giovane, all’avanguardia, e portatore di un grande potenziale, a cui viene richiesta nel proprio lavoro la capacità di innovare e di uscire dagli schemi canonici per elaborare soluzioni nuove. Parecchi di loro si rivelano dei fenomeni nel proprio campo, così come gli artisti che si esibiscono nella rassegna, ed han no sorpreso il pubblico con il loro estro nell’esprimere un modo diverso di fare musica. L’esibizione di Simone Rubino è stata veramente sorprendente! Non avrei mai

immaginato la possibilità di dare vita a tali sonorità tramite oggetti abituali nel nostro lavoro, né di renderle armoni che al punto da creare un’espressione artistica. È stato un cambio di prospettiva interessante, soprattutto per un in gegnere come me abituato ad un uso puramente tecnico di quegli oggetti.

“Radici e futuro crescono insieme”: il payoff Dallara potrebbe essere anche quello de La Toscanini! La Dallara è, da sempre, un’azienda profondamente radi cata nel suo territorio dal quale, negli anni, ha imparato tanto. Questo legame non è mai stato un vincolo alla cre scita, anzi, è stata la sua forza per guardare sempre avanti con curiosità e voglia di imparare, senza perdere di vista le proprie radici. Pensando invece al legame col nostro pas sato, per noi indispensabile fare tesoro delle lezioni che provengono dalle nostre origini e dalle esperienze tec niche che ci hanno portato ad essere quel che siamo ora. Pur essendo un’azienda proiettata in avanti per rimanere competitiva, uno dei nostri punti di forza è la reputazione che deriva dal nostro passato.

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MECENATI
© Dallara Group

DAFFUNCHIO E MAURO SALUTANO LA FILARMONICA

Dopo Sabrina Fontana, Julia Geller e Laurentiu Vatavu, altre due figure storiche dell’orchestra lasciano la Filarmonica per il raggiungimento della pensione: sono i violinisti Maurizio Daf funchio e Mario Mauro, che vinsero il concorso insieme nel 1988. Ad accomunarli la totale dedizione alla Filarmonica, la personalità forte per idee e convinzioni e nello stesso tempo una profonda riservatezza. La comune origine piemontese di Daffunchio e Mauro li ha resi amici. “Una volta diplomati abbiamo capito subito che suonare in orchestra era la nostra strada” rac conta Mauro. “Possiamo ritenerci fortunati perché, allora, ci fu data l’opportunità di fare quello che volevamo – puntualizza Daffunchio – purtroppo oggi non è così scontato”. I due violinisti, che hanno condiviso l’impegno quotidiano in orchestra per quasi 35 anni, ora ricordano con emozione (e un pizzico di nostalgia) le prime tournée nell’ex Germania est, Russia, Cina, Giap pone… le grandi serate concertistiche all’Auditorium Paganini che negli anni si sono susseguite, i tour estivi e la lirica nei teatri della regione.

ALLA PARMA MARATHON A RITMO DI MUSICA (CLASSICA)

La maratona di Parma si corre quest’anno a ritmo della musica de La Toscanini, grazie alla nuova par tnership con Parma Marathon. Sabato 15 ottobre al Parco della Cittadella lo spettacolo Il libro più bello con l’attore Marco Fragnelli (Collettivo Lynus) e il cla rinettista Alessandro Schiavetta (La Toscanini Next) accoglie i partecipanti della “corsa dei bambini” sui plaid azzurri della Biblioteca di Arturo. Domenica 16 ottobre La Toscanini dona a tutti i runner una playlist creata in esclusiva per Parma Marathon 2022 con le registrazioni “live” dagli archivi della Filarmonica Ar turo Toscanini, aperti per la prima volta: un omaggio supportato dalla certezza che correre alla maratona a ritmo della più bella musica mai scritta sarà ancora più divertente. Ad accompagnare i podisti saranno le note di alcune tra le più celebri sinfonie di ogni tem po: la Jupiter di Mozart, la Sinfonia n. 7 di Beethoven e la Sinfonia Dal nuovo mondo di Dvořák.

CONCORSO TOSCANINI, UN ANNO DOPO

Per i tre premiati al Concorso Internazionale di Direzione d’Orchestra “Arturo Toscanini” 2021 si sta prospettando un’entusiasmante carriera fatta di prestigiosi incarichi. A partire dal vincitore, il bielorusso Vitali Alekseenok, che dopo il debutto al Teatro alla Scala nel Piccolo Principe, nuova opera di Pierangelo Valtinoni, commissione del Teatro milanese, è stato nominato Kapellmeister alla Deutsche Oper am Rhein, ruolo ricoperto in passato da nomi illustri quali Carlos Kleiber e Christian Thielemann. Sasha Yankevych, Secondo Premio e Premio speciale dell’Orchestra, ha debuttato con suc cesso di pubblico e critica all’Estate Musicale Trapanese con Elisir d’amore, al Festival MITO SettembreMusica e al Kungliga Hofvkapellet di Stoccolma, continuando a collaborare con la Filarmonica Arturo Toscanini al Festival Toscanini e al Festival Respighi di Bologna. Nel 2023 debutterà alla Staatsoper di Amburgo e al Teatro Comunale di Bologna. L’austriaco Felix Hornbachner, Terzo Premio, è divenuto assistente della direttrice australiana Simone Young che lo ha scelto per produzioni all’Opéra de Paris (Salome), con l’Orchestre de la Suisse Romande e con i Berliner Philharmoniker. È Direttore Principale della Pannon Youth Orchestra con sede al Castello Esterhazy di Eisenstadt. Prossimamente dirigerà diversi concerti con l’Orchestra del Wiener Concert-Verein a Linz e al Musikverein di Vienna.

KAIMING LIU VINCE LA OPEN CALL FOR ARTISTS UNDER35

L’artista ventitreenne Kai ming Liu sarà la Visual Artist per la Stagione 2022/2023 de La Toscani ni. È stata scelta a seguito di un apposito bando “per la freschezza della proposta e l’ampio portfolio di immagi ni ricche di dettagli prezio si”. Nata in Cina nel 1999 e residente a Bologna, è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Firenze. I suoi lavori – per i quali utilizza acquerelli, matite colorate, penne e pennarelli – sono stati selezionati in numerosi concorsi a livello nazionale ed internazionale, su tutti l’International Festival of Book Illustration and Visual Literature MOPC (Mosca, 2021). “Da piccola studia vo disegno e pianoforte –ha raccontato Kaiming Liu –, ma per vari motivi ho do vuto scegliere di proseguire lo studio di uno dei due, quindi sono molto felice di questa vittoria, perché mi dà la possibilità di lavorare con la musica e, dunque, di unire le mie due grandi passioni”.

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NEWS
© Fondazione Toscanini / Luca Pezzani © Fondazione Toscanini © Fondazione Toscanini / Fabio Boschi

dal caPo al segno… zodiacale: BeetHoven secondo gli astRi

Nasce a Bonn, Germania, domenica 16 dicembre 1770 alle ore 3:40 ed è Sagittario, segno dominato da Gio ve che simboleggia la giustizia. Le persone-Sagittario sono attive e oneste; a volte la loro franchezza ferisce gli altri, senza che ne siano con sapevoli. Luna in Sagittario. Per sentirsi appagati, hanno bisogno di credere in qual cosa con un obiettivo, una missione, una filosofia che dia un significato alla loro esistenza. La loro fede deve essere volontaria ma può capitare che, per estirpare i dogmi, ne abbraccino degli altri. Ascendente in Scor pione.

Devono combattere contro una forza oscura e distrutti va che, per alcuni, nasce dalla gelosia, dall’invidia o dalla brama di potere. Discendente in Toro. Mentre lo Scor pione lotta e cambia le cose, il Toro è paziente, ha i piedi saldi a terra e immagazzina tutto!

I nati il 16 dicembre hanno un’opinione chiara su ciò che è giusto o sbagliato. Combattono l’intolleranza, hanno il senso dell’armonia, sono compassionevoli, bravi ascoltatori, ma anche am biziosi. Dotati di una forte personalità, hanno un buon pensiero analitico ma a volte vivono di illusioni! (g.b.)

accoRdi vegetali

A cura di Villiam Morelli Immergendoci nella natura, sperimentiamo una conta minazione tra musica ed etnobotanica che studia le rela zioni tra le piante – i lori ritmi e le loro proprietà – con l’uomo. L’arte dei suoni è portatrice di emozioni, e l’intreccio tra natura e musica tiene conto del nostro stato d’animo, spesso riflesso nei brani che ascoltiamo. Villiam Morelli, membro della Società Italiana di Botanica, esperto di etnobotanica e consulente di importanti chef e scuole di cucina, ha accettato il nostro invito ad abbi nare una pianta a un compositore e alla sua musica, regalandoci un’inte ressante descrizione della liaison e la ricetta per preparare un infuso per il dopo concerto.

Il papavero, pianta annuale (Papaver rhoeas), non si cura di occupare spazi per tanto tempo, muore ogni anno e affida a una moltitudine di semi la sua successione. Cresce in spazi sgraditi ad altre specie, con gioia e allegria che sprigiona anche dalla copiosa fioritura rosso vivo. Da considerare come simbolo di spensieratezza e gioia di vivere. Nel linguag

gio dei fiori, il papavero simboleggia l’orgoglio sopito, mentre il colore rosso è collegato alla passione. L’effetto medico del papavero comune fu sopravvalutato nel Me dioevo, a causa della sua parentela e somiglianza con il papavero sonnife ro (Papaver somniferum) da cui viene estratto l’oppio. Descritto come cal mante, antidolorifico e antispastico, i suoi fiori rossi vengono utilizzati anche come colorante nei farmaci.

Abbiniamo il papavero a Händel e in particolar modo ai pezzi in pro gramma nella Stagione 2022/2023: Music for the Royal Fireworks e l’Oratorio Messiah, ricchi di colori, leggeri ma anche delicati e soprattut to gioiosi.

L’infuso di papavero rilassa, prepara al sonno e scioglie le tensioni della giornata. Per prepararlo fate seccare i petali in un luogo ventilato e riparato dal sole. Portate a ebollizione un litro di acqua e immergetevi i petali; lasciateli in infusione per 10 minuti e poi filtrate. Si può bere sia caldo che freddo. (g.b.)

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ALMANACCO
© Kaiming Liu per Fondazione Toscanini
© Kaiming Liu per Fondazione Toscanini

LUCA BACCOLINI

Giornalista, classe 1987, scrive dal 2010 per l’edizione bolognese de La Repubblica e dal 2016 è redattore del mensile Classic Voice. Autore di numerosi libri su storia e costumi di Bologna, ha condotto per sette anni programmi radiofonici di intrattenimento culturale. Nel 2019 ha scritto il soggetto teatrale per Opera Show Cooking, spettacolo andato in scena al Teatro Coccia di Novara con la partecipazione di Antonino Cannavacciuolo. Collabora con svariate istituzioni musicali ed enti lirici.

GUIDO BARBIERI

Dopo aver praticato per trentacinque la critica musicale (negli ultimi due decenni per La Repubblica) collabora attualmente con le pagine culturali de Il Manifesto. Non ha mai scordato lo storico debito di gratitudine che lo lega a RAI Radio 3, per la quale conduce tuttora alcuni programmi. E continua a svolgere anche la nobile professione dell’insegnamento, occupando la cattedra di Storia ed estetica della musica presso il Conservatorio di Cesena. La sua attività prevalente è però, oggi, quella che lo lega alla drammaturgia musicale. Ha scritto testi, libretti e reading per alcuni dei maggiori compositori italiani, condividendo spesso il palcoscenico, come voce narrante, con musicisti di grande valore.

ALESSANDRO BOTTA

Storico dell’arte, si è formato a Torino e ha svolto il dottorato di ricerca in Storia dell’arte presso l’Università degli Studi di Udine. Si è occupato di arte italiana tra Ottocento e Novecento, nonché di problemi legati alla critica d’arte a cavallo tra i due secoli. I suoi interessi di studio si concentrano, inoltre, sul rapporto tra arti figurative e letteratura. È coautore del catalogo generale della pittrice Nella Marchesini (Cinisello Balsamo, 2015). Nel 2017 ha pubblicato il volume Illustrazioni incredibili Alberto Martini e I racconti di Edgar Allan Poe (Macerata, 2017).

ATTILIO CANTORE

Nasce nel suo feudo pugliese sotto il segno del Cancro, trenta giri di zodiaco or sono. È musicologo e giornalista per passione. Vive a Milano, solitamente leggendo cose random e scrivendo, più che altro per sé stesso. Talvolta, suona e disegna, ma in realtà preferisce cucinare. Ama la musica (tutta) e gli uomini (quelli di buon cuore, che sono molto pochi). Diplomato in pianoforte, è PhD Candidate presso l’Università di Milano, docente di storia della musica al Conservatorio di Piacenza, è redattore di Music Paper. Ha partecipato alla prima edizione di Scuola Pound e ha pubblicato il romanzo La Musica e la Grotta (Chimienti, 2013).

NICOLA CATTÒ

Nato a Milano nel 1979, ha studiato musicologia a Milano con Emilio Sala e Francesco Degrada e ha proseguito gli studi con un Master (SDA Bocconi / Teatro alla Scala) in Management per lo spettacolo (MASP). Già responsabile marketing dell’Orchestra Verdi di Milano, è direttore della storica rivista MUSICA dal 2014. È inoltre attivo come conferenziere, traduttore (dall’inglese, francese e tedesco) e storico della musica; è autore di programmi di sala per diversi teatri italiani ed esteri e collabora regolarmente con la Rete Due della Svizzera italiana e con Radio MCA.

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AUTORI

SILVIA DEL ZOPPO

Ha compiuto studi musicali e filosofici, conseguendo il Dottorato di ricerca in musicologia presso le Università di Milano e Heidelberg (cotutelle de thèse). Il suo lavoro di ricerca, sostenuto dalla Fondazione Confalonieri (Milano) e dall’Exzellenzinitiative der Graduiertenakademie Heidelberg, è stato pubblicato da Peter Lang (Berlino, 2021). Ha svolto un postdoc presso l’Università di Torino sul fantastico nel teatro musicale e collabora con diversi enti (Levi - Venezia, MEIS - Ferrara, Appiani - Monza). È attualmente docente di discipline musicologiche presso l’Università di Milano e i Conservatori di Pavia e Gallarate, e redattrice per la rivista Music Paper

MARCO CAPRA

È docente di Storia della musica all’Università di Parma. Dal 1985 al 2016 è stato archivista e infine direttore del Centro Internazionale di Ricerca sui Periodici Musicali; dal 2005 al 2015 ha presieduto la Casa della Musica, istituzione del Comune di Parma; dal 2019 è membro del Comitato scientifico dell’Istituto Nazionale di Studi Verdiani. Tra le sue pubblicazioni si segnalano quelle dedicate alla critica e alla stampa musicale; a teatri, editori e associazioni musicali; alla storia del teatro musicale a Parma; ad Arrigo Boito, Luigi Cherubini, Giovanni Pacini, Giacomo Puccini, Arturo Toscanini, Giuseppe Verdi.

CESARE FERTONANI

Insegna Storia della musica moderna e contemporanea e Metodologia della critica musicale all’Università di Milano. È direttore scientifico della collana di edizioni “Archivio della Sinfonia Milanese” (Ricordi), membro del Comitato editoriale dell’edizione delle opere di Vivaldi (Fondazione Cini) e membro del Comitato direttivo del “Saggiatore musicale”. Autore di volumi e saggi sulla musica dal Settecento al Novecento, si è occupato soprattutto degli aspetti semantici, rappresentativi e narrativi della musica strumentale. Come critico musicale ha scritto per Il Corriere della Sera e per Amadeus

PAOLA MOLFINO

Giornalista, da più di 30 anni fa informazione culturale e racconta la storia e le storie della “grande” musica. Le piace dire che non servono diplomi di Conservatorio o lauree per ascoltare e amare Bach, Mozart, Beethoven o Puccini. Bastano orecchie, mente e cuore aperti. Nel 1989 è stata tra i fondatori del mensile Amadeus, che ha anche diretto sino al 2021. Ora è direttrice responsabile di Music Paper, testata di informazione e cultura musicale, nuova avventura giornalistica nel mondo digitale. È sempre convinta che la bellezza ci salverà, che la divulgazione e la formazione del gusto siano fondamentali per la sostenibilità e il benessere di una società civile.

45 laTmagazine AUTORI
La Filarmonica Arturo Toscanini diretta da Fabio Luisi esegue la Sinfonia n. 9 di Beethoven a conclusione della I edizione del Festival Toscanini Parma, Piazza del Duomo, 12 luglio 2022 © Fondazione Toscanini / Fabio Boschi
r t ner I s tituzi o nal e La Toscanin i Mai n Partner La To sc a n i n i Mai n Sp o n s o r La To sc a n i n i S po n s o r Stagione Fi l a r monic a e Fenomeni
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