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MUSICA E SOCIETÀ Community Music: La Toscanini per la comunità pag
COMMUNITY MUSIC: LA TOSCANINI PER LA COMUNITÀ
«Noi non siamo forse fatti, come le note musicali, / L’uno per l’altro, anche se diversi?». È un verso di Shelley, tratto del suo Epipsychidion, la citazione in esergo - anzi in homepage - del sito di Musicians For Human Rights, l’associazione internazionale di musicisti fondata nel 2009 dal cornista e direttore d’orchestra italiano Alessio Allegrini e presieduta da Julian Fifer, che La Toscanini ha scelto di incontrare in questa Stagione nel suo percorso, che è fatto di musica ma non solo di musica. Così, dalla lingua poetica di Percy Bysshe Shelley datata 1821, facciamo un balzo di due secoli sino all’inglese contemporaneo e al termine Community Music scelto per definire questo progetto parallelo e complementare all’attività concertistica della Toscanini. Attenzione, perché il termine community qui è inteso nella sua accezione meno social e più sociale, quello di comunità: musica di comunità, musica per la comunità. All’interno del programma Community Music 2022/2023 trova spazio la Human Rights Week. Il che significa una tavola rotonda sui diritti umani a partire dal libro The Routledge Companion to Music and Human Rights e workshop, prove aperte, uno spettacolo per bambini sull’energia eolica (per strumenti a fiato ovviamente) intitolato Zeffironia e i concerti con Musicians For Human Rights, network di solisti, musicisti freelance e membri di grandi orchestre di città come Vienna, Berlino, Amsterdam, Londra, Milano e Roma che donano le proprie prestazioni per raccogliere fondi per progetti sociali e umanitari. Può sembrare scontato, ma non lo è purtroppo e la guer-
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Perché la musica, l’arte, la cultura, la bellezza sono un diritto da condividere
di Paola Molfino
Bolero-Preludio
© Kaiming Liu per Fondazione Toscanini
ra di nuovo alle nostre porte lo conferma: la musica, l’arte, la cultura, la bellezza non sono un privilegio ma un diritto da condividere. Diritto affermato proprio dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata e proclamata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Basta leggere l’articolo 22 che parla dell’esistenza di “diritti culturali indispensabili”: Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione (…) dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità. Proseguendo con i due comma dell’articolo 27 che sono ancora più espliciti. Il primo dice: Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici. E il secondo: Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore. Diversità, pace, comunità, diritti umani, educazione: parole alle quali dai tempi di Shelley e dal 1948 a oggi se ne sono aggiunte molte altre e nuove, entrate ormai nella comunicazione, nel linguaggio comune e nel Dna di aziende e istituzioni culturali: inclusione, integrazione, disabilità, identità di genere, responsabilità sociale, protezione ambientale, sviluppo sostenibile… Piccole grandi cose danno il senso di una nuova consapevolezza, parlare di accessibilità LIS, sovratitolazione o audiodescrizione rivolta ai casi di iposensorialità, per esempio, si unisce allo sviluppo di attività più frontali:
portare la musica fuori da teatri e sale da concerti, nelle scuole e negli ospedali certo, ma anche nei luoghi di detenzione o nei campi profughi.
La pandemia, l’isolamento, la paura, hanno reso ancor più evidente questa necessità e il potere della musica. A ricordarcelo sono - fra i molti - artisti di gran valore umano oltre che musicale come Yo Yo Ma (con il suo mantra anti-Covid “Make it personal, because it’s always personal. Pick a person, pick a person a day”) oppure Yannick Nézet-Séguin (“Oggi voglio usare la musica per costruire un futuro più inclusivo che onori la bella tradizione delle opere del passato, ma che allo stesso tempo dialoghi con l’epoca che viviamo”). Cultura significa saper leggere i segnali del presente e avvertire la responsabilità di contribuire a formare le coscienze del domani, lo sostiene non da oggi anche il sovrintendente della Toscanini, Alberto Triola. E fare musica è un atto sociale, lo è per la sua natura stessa. Arturo Toscanini a cui questa istituzione è intitolata ne è un caso esemplare, come Leonard Bernstein, pioniere delle battaglie per i diritti civili made in Usa.
Nel 1987, trentacinque anni fa, dedicando alla moglie scomparsa il Fondo Felicia Montealegre Bernstein di Amnesty International Usa, il direttore d’orchestra americano rifletteva così, con parole che hanno il suono di un lascito da raccogliere: “In un mondo compassionevole, i diritti umani non dovrebbero essere conquistati grazie alle lobby o alle raccolte fondi […]. Ma prendersi cura degli altri è un’attività adulta e il mondo in cui abitiamo è lento nel maturare. La compassione è ancora una cosa da insegnare e da imparare, purtroppo, visto lo stato adolescenziale della nostra evoluzione. Ma quelli di noi che si sono evoluti abbastanza da comprendere la grazia e la semplicità del prendersi cura devono lavorare per insegnarla agli altri, incessantemente…”.
All’interno della 47ª Stagione di Concerti e nell’ambito del programma Community Music, La Toscanini propone dal 24 al 29 ottobre la prima Human Rights Week, una settimana di concerti e attività formative realizzata in collaborazione con Musicians For Human Rights, nel comune obiettivo di utilizzare la musica e le arti per valorizzare la diversità, creare comunità, promuovere la dignità umana e incentivare il rispetto dei diritti umani.
Al centro della settimana, il concerto che vede protagonisti la Filarmonica Arturo Toscanini con il suo Primo violino solista Mihaela Costea, Musicians For Human Rights e il direttore Alessio Allegrini.
«Questo concerto ha un significato molto importante – commenta Allegrini –. Si tratta infatti di un programma dal forte valore simbolico, per i suoi contenuti e per il messaggio che intende portare. Le Ebridi di Mendelssohn rappresentano la natura e il suo rapporto con l’uomo, tema di grande attualità. Seguono due prime esecuzioni italiane: Dances in the Canebreaks di Florence Price, prima compositrice afroamericana ad essersi imposta sulla scena musicale statunitense del Novecento, si concentra sul tema della schiavitù e sull’esperienza nera americana, e introduce I Will Not Remain Silent, Concerto per violino e orchestra di Bruce Adolph dedicato a Joachim Prinz, un rabbino e attivista del 20° secolo che si è battuto contro l’ascesa dell’antisemitismo in Germania negli anni ‘20 e ‘30. Rabbino della città di Berlino, Prinz fu perseguitato dal regime nazista e fu costretto a trasferirsi in America, dove si schierò a fianco di Martin Luther King, diventando una voce di spicco del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Chiude il programma la Settima di Beethoven, autore toscaniniano per eccellenza e simbolo della fratellanza universale contro ogni forma di tirannia».
Scopri il programma completo della Human Rights Week