Biblioteca di Latium, 29
Giornate di Storia del Lazio meridionale 1
Biblioteca di Latium, 29
Giornate di Storia del Lazio meridionale 1
Cori, 20 maggio 2023
a cura di Clemente Ciammaruconi e Ettore Di Meo
Istituto di storia e di arte del Lazio meridionale Anagni 2024
© Istituto di Storia e diArte del Lazio Meridionale
c/o Convitto nazionale Regina Margherita
Piazza Ruggero Bonghi, 8
03012 Anagni Italy
ISBN 978-88-947131-7-6
Finito di stampare nel mese di giugno 2024
Grafica e impaginazione eDiEmme
Stampa Universal Book srl – Rende (CS)
Premessa
Introduzione
Ettore DI MEO
Appunti sulle attività economiche nei centri medievali dei Lepini nord-occidentali (secoli XIII-XV)
Giovanni BARCO
I Lepini nord-occidentali tra mobilità territoriale e distribuzione demografica nei secoli centrali del Medioevo
Eleonora PALLESCHI - Roberta TRIFELLI
I siti minori dei Lepini nord-occidentali
Clemente CIAMMARUCONI
La translatio dei santi Eleuterio, Ponziano e Anastasio. Una fonte sugli assetti insediativo-religiosi del territorio negli anni del papato riformatore
Paolo PERIATI
Norma e il suo territorio nei secoli XIII e XIV. Uno sguardo d’insieme
Chiara PANICCIA
La tappezzeria dipinta del castello Caetani di Sermoneta. Postille iconografiche
Eleonora PALLESCHI - Guendalina VIANI
Cori, la ceramica da mensa: tre contesti a confronto
Anna DI FALCO
Sermoneta, la nascita di una comunità
Piero MANCIOCCHI
Cosa resta(va) del Medioevo lepino
Maria Teresa CACIORGNA
Conclusioni
A Cori, il 20 maggio 2023, si può dire che l’Istituto diStoria e di Arte del Lazio meridionale abbia celebrato l’“avvio di un completamento”, poiché è stato dato inizio alla fase finale di un progetto a cui demmo il via ormai alle soglie del nuovo millennio. In collaborazione con l’Associazione “Ciociaria storica” furono allora indagati i Lepini orientali e centrali: a partire da Villa S. Stefano, passando per Giuliano di Roma, Patrica, Supino, Morolo, Sgurgola, Gorga, Segni, Montelanico, Carpineto Romano e Artena, si studiarono sotto due diversi punti di vista – insediativo ed economico – l’area orientale e quella interna della catena montuosa.
Qualchetempodopo, sicominciòapensaredi mettereinattoancheun’indaginesui “rimanenti”Lepini(conlaricognizionedilocalitàpoconote, quali l’abbazia della Trinità di Cori e le terre che da Gorga, Montelanico e Carpineto Romano si spingono ad Occidente, verso la Pianura pontina), ma la buona volontà non fu supportata dalle numerose incombenze necessarie a portare a termine un simile piano di lavoro e per questo ci fermammo.
Nel corso del primo progetto sono stati realizzati due volumi1 e 26 video2 , a testimonianza di un impegno senza precedenti condotto da giovani studiosi con il supporto di altri più maturi (fra di loro, l’amico che oggi non c’è più, CarloCristofanilli, grandeconoscitore diqueste zone). Volumi chehannodettato la storia di uno spicchio importante del Lazio meridionale e che ora vogliamo siano accompagnati da altri che invece trattino dei Lepini occidentali Il relativo progetto, intrapreso nel 2022 grazie ad un modesto contributo regionale concesso nell’ambito dei progetti degli istituti culturali iscritti nell’albo regionale del Lazio, è cominciato con una prima indagine nelle aree dei Comuni di Rocca Massima, Cori (con Giulianello), Norma e Sermoneta; una seconda sta riguardando i territori di Sezze, Bassiano e l’antica comunità di Ninfa, mentre una terza concernerà l’ultima parte dei Lepini, quella che insiste sulla Valle dell’Amaseno, con Priverno, Roccagorga,
1 L’economia in età moderna sui Lepini orientali e centrali, Anagni2008(Biblioteca di Latium, 19); Insediamenti medioevali sui Lepini orientali e centrali, Anagni 2008 (Biblioteca di Latium, 20).
2 Documentari suddivisi in due serie: Conoscere e valorizzare i Lepini: paese mio a spasso per i Monti Lepini (video relativi ad Anagni, Artena, Carpineto Romano, Colleferro, Ferentino, Gavignano, Giuliano di Roma, Gorga, Montelanico, Morolo, Patrica, Segni, Sgurgola, Supino, Villa S. Stefano) e Conoscere e valorizzare i Lepini: risorse per l’alimentazione (video relativi ad Artena, Carpineto Romano, Giuliano di Roma, Gorga, Montelanico, Morolo, Patrica, Segni, Sgurgola, Supino, Villa S. Stefano).
Maenza e Prossedi. Ogni tranche, a seguire, prevede un Convegno di cui si pubblicano gli atti.
In queste indagini storiche abbiamo privilegiato l’attuale suddivisione amministrativacomunaleper evitare di dover farriferimento acontesti molto cangianti nel tempo e che riguardano territori occupati da più forme organizzative didiversa naturasocio-giuridica. Inunprimotempo, sono stateredatte e predisposte schede illustrative – maggiormente semplificate rispetto al lavoro svolto nella precedente indagine –, mentre in occasione dei Convegni si sonopresentatemolteindaginipiùapprofondite. Ilgruppodi lavoroècomposto, al solito, da studiosi qualificati, i quali sono legati a queste terre per varie ragioni, lestudianoda anni, sonoattiratidamonumenti emomenti della loro storia, oppure sono mossi da altre più personali motivazioni. Si tratta d’indagare città, paesi e località, ambienti naturali, personaggi singoli o aggregati in formazioni sociali e culturali. L’intento, in ogni caso, è di dare una visionechecercadi connetterel’insieme, al finedi conosceremegliolarealtà medioevale della catena montana dei Lepini, che separa in tre fasce geografiche buona parte del Lazio meridionale.
L’indagine del 2022 è stata condotta in un primo tempo da Clemente Ciammaruconi ed Ettore Di Meo, autori della schedatura preliminare. Per l’appunto, il 20 maggio 2023 si è organizzato il primo Convegno a Cori –che, fra le altre cose, è anche la prima delle Giornate di Storia del Lazio meridionale, manifestazione che celebreremo ogni anno, in date e località variabili, ma sempre in area pontina, e che intendiamo dedicare allo studio di tanti aspetti della storia locale – al quale hanno partecipato una decina di relatori e le cui conclusioni sono state tenute da Maria Teresa Caciorgna.
Ora le relazioni sono state raccolte per la pubblicazione, al fine di porle a disposizione degli studiosi e di coloro che vogliono approfondire o semplicemente informarsi meglio sulle vicende medievali di questi nostri centri. Rispetto al programma del Convegno, non sono presenti nel volume i contributi di Pio Francesco Pistilli e Alessandro Di Meo, però il panorama informativo è ulteriormente arricchito da quelli di Anna Di Falco e Chiara Paniccia.
Ogni scritto qui presente meriterebbe un attento esame ed un commento specifico, col rischio di redigere una piccola antologia commentata dei contenuti, cosadaevitareassolutamentepernondisturbarelaletturaedil piacere di apprenderedi piùedirettamentedagliscrittidegli autori, tuttaviamipreme fare almeno un paio di osservazioni. Innanzitutto, questi atti si allontanano sensibilmente dall’impostazione data all’indagine precedente sui Lepini orientali e centrali, in quanto si è deciso di prescindere dalla necessità di offrire un quadro dei singoli centri urbani in età medievale; ciò consente di passare direttamente alla fase successiva dell’approfondimento di aspetti rilevanti del loro panorama storico. Inoltre, c’è da rilevare che il volume, pur presentando un esaustivo quadro informativo, apre una serie di altre
questioni relative all’insediamento umano sia sui Monti Lepini che alle loro falde (riassumibile nella doppia questione della continuità insediativa tardoantica e del processo d’incastellamento), dunque alla presenza sparsa, fuori del quadro castellano conosciuto, di una popolazione probabilmente vissuta senzamaiesserestatainquadratanellaretedei castra. Infine, aprefinalmente alla questione del rapporto fra aree contermini, dando una visione d’insieme all’intero complesso della doppia catena lepina con la rilevazione (in una prospettiva più ampia, quasi interregionale) della viabilità trasversale, di fatto connessa con la transumanza e lo scambio interprovinciale nell’antica provincia di Campagna e Marittima3 .
Con quanto detto si aprono nuovi scenari, ma questa, per ora, è un’altra storia.
3 Senza dimenticare, nell’ottica della grande transumanza che riguarda l’intera Italia centrale, l’interrelazione fra Maremma ed Appennini, tema per il quale si vedano i diversi contributi presenti in La transumanza nel Lazio meridionale. Confronti peninsulari, a cura di G. GIAMMARIA, Anagni 2022 (Biblioteca di Latium, 24).
Introduzione
La scelta di dare all’indagine del territorio lepino nord-occidentale un’impostazione che si sottraesse alla tentazione di offrire una semplice repertoriazione degli insediamenti presenti nell’area (Rocca Massima, Cori con Giulianello, Norma e Sermoneta) nella loro facies medievale, nasce da una duplice motivazione: da un lato, la convinzione della scarsa utilità di ricondurre a sintesi la messe di qualificati studi che negli ultimi decenni ha interessato i più rilevanti tra questi centri demici – il riferimento è a Cori e Sermoneta1 –, dall’altro, l’esigenza di rivolgere finalmente la dovuta attenzione anche arealtàdipopolamentominori, finorapoco considerate, manon per questo meno importanti per gli assetti economici, sociali, religiosi e storico-politici non solo della fascia collinare e pedemontana, ma dell’intera Marittima.
Il Convegno di studi del quale si presentano qui gli Atti, è dunque stato concepito con l’intento di offrire un panorama il più possibile completo delle vicende insediative medievali nel versante nord-occidentale dei Monti Lepini. Proposito che, in ogni modo, sarebbe rimasto vano senza la coraggiosa disponibilità e il grande impegno dimostrati dai relatori – tutti con alle spalle comprovate esperienze di ricerca nel territorio – ad affrontare secondo approcci spesso inediti, tematiche complesse sia per la frammentarietà delle fonti documentarie a disposizione che per la difficoltà a trovare un adeguato supporto nello studio del Medioevo lepino nei risultati dell’indagine archeologica. Un lavoro non semplice, che si è giovato anche del prezioso apporto di Maria Teresa Caciorgna nel tirare con competenza le fila delle tante questioni poste in campo.
Il successo dell’iniziativa promossa dall’Istituto di Storia e di Arte del Lazio meridionale è apparso fin da subito evidente: a fornirne la prova l’attenta partecipazione da parte di un nutrito pubblico (fatto da non dare, oggi, assolutamente per scontato per eventi del genere), così come il proficuo dibattito innescatosi nel corso del Convegno stesso; un confronto che è proseguito in maniera davvero feconda anche durante l’elaborazione dei
1 Per Cori, basti qui rimandare alla ricca Bibliografia su Cori medievale (V-XVI secolo), in Cori nel Medioevo. Memoria e sopravvivenze, a cura di C. CIAMMARUCONI - E. DI MEO - P. F. PISTILLI, Cori 2021 (Quadernidell’Archivio storico, 5 - Quaderni del Museo della città e del territorio, 2), pp. 249-252; per Sermoneta, resta invece fondamentale il ponderoso volume Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo ed età moderna. Atti del Convegno della Fondazione Camillo Caetani. Roma - Sermoneta, 16-19 luglio 1993, a cura di L. FIORANI, Roma 1999 (Studi e documenti d’archivio, 9).
diversi saggi in vista della presente pubblicazione, arricchitasi in corso d’opera con i contributi di Anna Di Falco e Chiara Paniccia, grazie ai quali è stato possibile fornire un quadro ancora più omogeneo della realtà territoriale indagata. Si spera invece di accogliere nel prossimo volume della seriededicataaiLepinioccidentali lostudiodiPioFrancescoPistilli, purtroppo non ultimato per questa occasione.
In conclusione, intendiamo ringraziare il Comune e il Museo della Città e del Territorio di Cori per la piena collaborazione prestata all’organizzazione, nonché Paolo Fantini per il suo amichevole aiuto.
I curatori
Chiara Paniccia
La tappezzeria dipinta del castello Caetani di Sermoneta. Postille iconografiche*
Circa trent’anni fa, glistudidi Melinda Mihályi e diPioFrancesco Pistilli rendevano nota per la prima volta la più antica campagna pittorica del maschio del castelloCaetani diSermoneta:nel primocaso,nell’ambitodi un’indagine sulle pitture dell’abbazia di Valvisciolo; nel secondo, all’interno di una riflessione sulla produzione artistica e architettonica dei domini caetanei in Marittima. Da allorale pitture deltorrione non hannogoduto di particolare fortuna critica, complice l’estrema frammentarietà dei murali e il fatto che gli ambienti che li conservano non sono contemplati nell’itinerario di visita del castello1 .
Lenotecheseguonointendonoporrel’attenzionesul programmaiconografico di quei dipinti per inserirli nella compagine di una tradizione figurativa. A partire dal 1297, quando i Caetani acquisirono i domini Annibaldi in Campagna e Marittima, i castelli posti a presidio del territorio ne riverberarono le istanze politiche e amministrative. Ne sono segno tangibile il riadeguamento di edifici castellari preesistenti, come quello annibaldesco di Sermoneta, e la costruzione di nuove strutture difensive, come quella di Ninfa2 . In tale contesto di riordinamento territoriale, la rocca di Sermoneta assunse un ruolo di primo piano, sebbene in origine i Caetani avessero continuato a risiedere nei palazzi anagnini (fatta eccezione per Francesco Caetani, il quale trascorse gli ultimi anni di vita a Sermoneta, dove morì nel 1332)3
* Questo contributo lepino è dedicato alla memoria dei miei nonni setini Ugo Casciani e Filomena Di Giorgi. Desidero ringraziare Pio Francesco Pistilli, Giovanni Caratelli, Gaetano Curzi, Paolo Marini, Francesco Moschetto. 1 M. MIHÁLYI, Architettura dipinta nel territorio di Sermoneta. Il caso di Valvisciolo, in Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo ed età moderna. Atti del Convegno della Fondazione Camillo Caetani. Roma - Sermoneta, 16-19 luglio 1993, a cura di L. FIORANI, Roma 1999 (Studi e documenti d’archivio, 9), pp. 473-499; P.F.PISTILLI, Arte e architettura nei domini Caetani della Marittima dal 1297 alla fine del XV secolo, in Bonifacio VIII, i Caetani e la storia del Lazio Attidel Convegno di studi storici. Roma, 30 novembre2000 -Latina, 1° dicembre 2000 - Sermoneta, 2 dicembre 2000, Roma 2004, pp. 81-116: 83. Le pitture sono incluse nella rassegna del catalogo di pitture della tesi di dottorale di D. ANGELUCCI, La pittura medievale nella diocesi di Terracina-Sezze-Priverno (seconda metà XI-XIV secolo), Università degli Studi di Roma Tre 2017, pp. 120-123.
2 Cfr. P. F. PISTILLI, Arte e architettura, cit., p. 85.
3 Ibidem;cfr. D.WALEY, Caetani, Francesco,in Dizionario biografico degli italiani, XVI, Roma 1973, pp. 162-163.
Paniccia
Il maschio, già parte della rocca Annibaldi, fu investito di una funzione residenziale e i nuovi baroni vi addossarono sul lato meridionale un’ala di rappresentanza4. I murali di nostro interesse foderano le pareti perimetrali della prima di due stanze dell’ultimopiano del maschio. La parete che separa i due ambienti, tuttavia, è frutto di un intervento successivo a quello bassomedievale5 e sui muri perimetrali della seconda stanza affiorano frammenti di intonaco dipinto coerenti con i murali del locale adiacente6. Pertanto i due vani costituivano in origine un unico ambiente a cui era possibile accedere esclusivamente tramite il terrazzo sommitale della torre (questo dato è indicativo della funzione di quegli spazi, probabilmente adibiti a uso residenziale)7. Esso era articolato in due livelli divisi da un’impalcatura lignea: quello superiore è stato scapitozzato nell’ambito del rimaneggiamento borgiano del fortilizio8 .
Un primo brano pittorico si compone sulla parete meridionale in origine completamente rivestita da tappezzeria dipinta, decorata con una sequenza di motivi quadrilobati abitati da fioroni, nei cui spazi di risulta si inscrivono forme mistilinee. Nel registro superiore a quello della tappezzeria si snodano un motivo a meandri e un fregio geometrico serpentato. E ancora frammenti di una tappezzeria dipinta con forme mistilinee che inquadrano motivi a stella affiorano sulla parete occidentale. Si tratta di una campagna pittorica non particolarmente impegnativa, per maestranze che si avvalsero di strumenti come sagome e maschere al fine di realizzare serialmente (e velocemente) una decorazione ripetitiva che impegnasse un’intera parete (fig. 1).
4 In cui l’aula superiore, cosiddetta “Sala dei baroni”, è attestata come “Sala magna” e luogo assembleare nei rogiti tre-quattrocenteschi: cfr. P. F. PISTILLI, Arte e architettura, cit., pp. 83-84, in particolare nota 14; inoltre, G.CAETANI, Domus Caietana. Storia documentata della famiglia Caetani. I/2. Medio Evo, San Casciano Val di Pesa 1927, p. 139. Da ultimo, sul maschio sermonetano si veda M. T. GIGLIOZZI, Dalla “torre di Federico II” a Roma al mastio Annibaldi di Sermoneta: nuove proposte e riflessioni sul transito di modelli architettonici nell’Urbe e verso la Marittima, in Arte medievale, 4 (2014), pp. 147-162: 153-158.
5 Questo innesto murario mi è stato fatto notare da Giovanni Caratelli e Pio Francesco Pistilli durante un sopralluogo.
6 La seconda stanza, ricca di graffiti settecenteschi, in età moderna è stata adibita a carcere.
7 Le due stanze misurano rispettivamente 4,87 x 8,8 m e 4,84 x 8,59 m; l’altezza è di circa 9 m. Le misure sono state rilevate da Giovanni Caratelli che ha generosamente condiviso i dati delle sue scansioni.
8 P. LONGO - F. SASSOLI - A. LAGANÀ, Sermoneta, Roma 1992, p. 10; D. FIORANI, Tecniche costruttive nel Lazio meridionale: il caso di Sermoneta, in Sermoneta e i Caetani, cit., pp. 543-561: 549-551; P. F. PISTILLI, Arte e architettura, cit., p. 85; da ultimo, C. ANDREOTTI, L’intervento borgiano nel castello di Sermoneta, in Sermoneta nel Rinascimento tra Lucrezia Borgia e i Caetani, a cura di A. ESPOSITOG. PESIRI, Roma 2023 (I libri di Viella, 467), pp. 121-144.
La tappezzeria dipinta del castello Caetani 151
È opportuno separare le pitture appena descritte da quelle collocate sopra di esse, perché queste ultime vanno riferite alla zoccolatura dell’originario ultimolivellodel maschio, demolito a seguito del summenzionato intervento borgiano. Il piano superiore della torre era dunque decorato nel registro inferiore da un motivo a racemi su fondo bianco assai diffuso nella cultura
1. Sermoneta, Castello Caetani, Tappezzeria dipinta
visuale centro-italiana tardo-duecentesca9, e poi da pitture che simulano l’opus sectile e attingono i propri modelli da una consolidata tradizione romana, passata senza soluzione di continuità dall’arte antica fino all’età moderna. Un esempio prossimo ai dipinti sermonetani si rintraccia nella zoccolatura della facciata della chiesa abbaziale di S. Scolastica a Subiaco.
Nellestanzedel maschio, poi, vasegnalatalapresenzadi piccolenicchieda identificarsi come armaria nelle quali sopravvivono resti di intonaco dipinto10 . I murali della torre sermonetana sono stati già posti in relazione con la tappezzeria e le crustae dipinte del cosiddetto Palazzo di Bonifacio VIII ad
9 Come ricordano le decorazioni del ciclo della Vita umana e del dormitorio presso l’abbazia delle Tre Fontane e della torre abbaziale di S. Saba: cfr. da ultimo I. QUADRI, La decorazione duecentesca dell’Abbazia delle Tre Fontane, in Il Duecento e la cultura gotica (1198-1280 ca.). La pittura medievale a Roma. Corpus. V, a cura di S. ROMANO, Milano 2012, pp. 94-103; EAD., Il ciclo dei mesi e le raffigurazioni allegoriche nella torre abbaziale di San Saba, ivi, pp. 245-248.
10 Si scorge una decorazione a fiorellini a cinque petali dipinti in ocra rossa su fondo bianco.
Chiara Paniccia
Anagni (in particolare con la Sala delle scacchiere). L’analogia riguarda non solo la comune cultura figurativa, ma anche il fatto che entrambe le strutture – la rocca e il palazzo – furono acquisite nel 1297 dal nipote di papa Bonifacio VIII, Pietro Caetani. Questi dati inducono a ipotizzare una realizzazione delle pitture nel torno degli stessi anni11 . Il motivo della tappezzeria dipinta trova particolare diffusione tra la fine del Duecento e il Trecento nelle dimore baronali della penisola italiana, innanzitutto a Roma12, e si rintraccia con più ampio respiro già nell’avanzato XIII secolo in numerose residenze del Midi de la France, come per esempio nell’Isère, nel castello di Theys e all’hôtel de Clérieu, o in Occitania nell’hôtel des Carcassonne a Montepellier13; nelle livree cardinalizie avignonesi (come quella di Annibaldo da Ceccano)14; poi, endemicamente, nel Trecento dell’Italia centro-settentrionale (per esempio, nella Rocca di Angera, a PalazzoMaggi aBrescia, invariedimorefiorentinecomePalazzoDavizzi15).
11 Le mostre del Lazio meridionale e di Celestino V nel Palazzo di Bonifacio VIII in Anagni. Guida storica e descrittiva, in Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio meridionale, 6(1969-1970), pp. 30-33; M.MIHÁLYI, Architettura dipinta, cit.;P F.PISTILLI, Arte e architettura, cit., pp. 83-84. Sulle pitture anagnine cfr. anche E.CANIGLIA MOLA, La decorazione pittorica del Palazzo di Bonifacio VIII ad Anagni, in Latium,7(1990),pp.31-56.Aifinidell’inquadramentocronologico,èaltresìutileporre in relazione tale cultura figurativa con quella romana che intorno al settimo-ottavo decennio del Duecento interessava il sottotetto della basilica di S. Agnese fuori le mura, dove la parete interna del timpano absidale è decorata con un fregio geometrico segmentato nei colori del giallo e del rosso, di gusto analogo a quello caetaneo (e a quello altresì presente nella “Sala delle scacchiere” del cosiddetto Palazzo di Bonifacio VIII ad Anagni); nello stesso luogo si rintraccia il motivo a meandri, sebbene sviluppato differentemente. Sulle pitture si veda S.ROMANO, Gli affreschi nel sottotetto della basilica di Sant’Agnese fuori le mura, in Il Duecento e la cultura gotica, cit., pp. 285-293
12 Si veda la fortuna del motivo in W.ANGELELLI, Medioevo fatto in casa. Tracce di decorazione laica privata a Roma tra XIII e XV secolo, in L’officina dello sguardo. Scritti in onore di Maria Andaloro, a cura di G. BORDI - I. CARLETTINI - M. L. FOBELLI -M. R. MENNA - P. POGLIANI, 2 voll., Roma 2014, I, pp. 433-440.
13 Si veda T. LE DESCHAULT DE MONREDON, Le décor peint de l’aula du Châtel de Theys (Isère): une mise en oeuvre virtuose pour une commande prestigieuse, in Bulletin monumental, 180 (2022), 2, pp. 99-118, e più ampiamente ID., Le décor peint de la maison médiévale. Orner pour signifier en France avant 1350, Paris 2015.
14 Cfr. E. CASTELNUOVO, La pittura di Avignone capitale, in Roma, Napoli, Avignone. Arte di curia, arte di corte (1300-1377), a cura di A. TOMEI, Torino 1996, pp. 201-223.
15 Cfr. «Fabularum patria». Angera e il suo territorio nel Medioevo. Atti del Convegno. Rocca di Angera, 10-11maggio 1986, Bologna 1988; M.FERRARI, Quelques décors armoriés dans les palais privées de Lombardie: les princes et les familles notables, in Images de soi dans l’univers domestique, a cura di G. BARTHOLEYNSM. BOURIN - P.-O. DITTMAR, Rennes 2018, pp. 149-156; F. CARRARA SCRETI, Palazzo Davanzati. La sua storia dai Davizzi ai Bartolini, ai Davanzati, Firenze 2017.
La tappezzeria dipinta del castello Caetani 153
La tappezzeria dipinta in quegli anni foderava anche l’esterno di alcuni palazzi, come testimoniano le abitazioni raffigurate da Ambrogio Lorenzetti nell’Allegoria del Buon Governo delPalazzocomunalediSiena(1338-1339) e, tra i vari edifici dell’Italia settentrionale, le pitture del Palazzo Arcivescovile di Milano16 .
I dipinti caetanei dunque, sia i sermonetani sia gli anagnini, adottano un repertorio decorativo in voga nelle contemporanee dimore signorili europee.
Rispetto agli esempi citati, però, il maschio Caetani riserva una novità iconografica. Di particolare interesse è laparete settentrionale dellatorre: qui le maglie di un’altra tappezzeria dipinta, scandita da mandorle realizzate per il tramite di tralci viminei, accolgono la rappresentazione di castelli (fig. 2). Ogni mandorla si sviluppa da una base di due coni reticolati avvolti da fogliame, cifradistintivadi maestranze educate a una scuola centroitaliana duecentesca17 .
Sulla parete, il tessuto di mandorle è interrotto dall’apertura di una bifora che, nel registro superiore dell’architrave, è sovrastata da un tipo di lunetta dipinta – a guisa di tessuto coloratoa spicchi che imita la camera fulgens – diffusa nella pitturatardo-duecentesca
2. Sermoneta, Castello Caetani, Tappezzeria dipinta; fotoscattatadaGelasioCaetaniall’iniziodelNovecento
16 Cfr. S. NOVELLI, Le decorazioni pittoriche in esterno, in Le residenze viscontee da Palazzo Reale a San Giovanni in Conca, a cura di S. ROMANO - M. ROSSI, Cinisello Balsamo 2023, pp. 190-199.
17 Cultura che trova la propria radice nei cantieri del Terzo Maestro di Anagni. A titolo esemplificativo, è possibile confrontare il partito ornamentale sermonetano con la decorazione reticolata e avvolta da foglie del grande cratere ricolmo di fiori e frutta tra il Sole e la Luna nella parete orientale della cosiddetta “Aula gotica” dei SS. Quattro Coronati a Roma. Sul ciclo si veda A. DRAGHI, Gli affreschi dell’Aula gotica nel Monastero dei Santi Quattro Coronati. Una storia ritrovata, Milano2006.
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(fig. 3). Un elemento che si rintraccia per esempio a Roma nella cappella del Sancta Sanctorum, nel ciclo della Vita Umana della Tre Fontane, nel coro di S. Maria Maggiore e nella Torre Colonna a Tivoli. Allo stesso modo, la decorazione a tralci viminei abitati è diffusa di nuovo sullo scorcio del XIII secolo (a titolo esemplificativo, si veda la decorazione della “Stanza della Falda” del Palazzo apostolico vaticano). Nell’intradosso della bifora è dipinto su fondo bianco un motivo a volute vegetali di colore giallo ocra, dal quale si dipartono foglie e fiori; la stessa tipologia decorativa, rimaneggiata in epoca successiva, caratterizza l’intradosso della bifora del primo pianodel maschio dove si trova la stanza da letto di Gelasio Caetani (1877-1934). Forse un indizio questo di una campagna pittorica estesa ben oltre l’ultimo piano della torre.
3. Sermoneta, Castello Caetani, Tappezzeria dipinta
I castelli rappresentati a Sermonetasi ripetono serialmente nel tessuto pittorico: il loro ordinamento contempla una cinta muraria merlata, dotata di un ingresso archivoltato con porta bugnata, al cui interno svettano tre torri, di cui quella centrale più alta (fig. 4) Ogni mandorla ha un fondo di colore diverso, così come sono alternati i colori delle varie strutture castellari
4. Sermoneta, Castello Caetani, Tappezzeria dipinta
rappresentate. La reiterazione dell’immagine stereotipata di castelli, tuttavia, non esempla la messa in opera di un repertorio di modelli di tappezzeria dipinta circolante nella bottega di frescanti, come può invece essere avvenuto nello stesso maschio per le pitture della parete opposta. Essa è piuttosto concepita all’interno di un programma figurativo che si inscrive in quella tradizione iconografica di rappresentazione patrimoniale inaugurata dal paradigma epigrafico e figurativo della porta bronzea dell’abate Oderisio II per l’abbazia di Montecassino (1123-1126), dove sono elencati i possedimenti cassinesi e le relative chiese dipendenti, e proseguita per il tramite di altre porte derivate da questa tipologia, come quella di S. Clemente a Casauria (1182-1191), con la rappresentazione dei vari castra, castella, roccae o podia della Terra Sancti Clementi18. A seguire, la tradizione si è perpetuata presso l’abbazia romana delle Tre Fontane (secolo XIII exeunte)19, per poi trovare più ampio respiro nella pittura trecentesca, per esempio nel Palazzo pubblico di Siena20 e nel cosiddetto chiostro “cosmatesco” dell’abbazia di S. Scolastica a Subiaco negli anni dell’abbaziato di Bartolomeo II21. Tali
18 G. CURZI, Terra e potere. La porta bronzea di San Clemente a Casauria e il suo contesto, in Art History - the Future is Now. Studies in Honor of Professor Vladimir Peter Goss, Rijeka 2012, pp. 176-189.
19 M.FICARI, La Maremma nel portico: la perduta decorazione nel vestibolo dell’abbaziale delle Tre Fontane (Roma), in Benedictina, 64 (2017), pp. 45-62.
20 Cfr. M.SEIDEL, “Castrum pingantur in palatio”. Ricerche storiche e iconografiche sui castelli dipinti nel Palazzo Pubblico di Siena, in Prospettiva, 28(1982), pp. 17-41.
21 F.MARI, Il paesaggio legittimante. Intorno alle pitture del “chiostro cosmatesco” di Santa Scolastica a Subiaco, in Tracciati di Storia dell’Arte: Paesaggi, a cura di O. CELLURA - M. G. CERVELLI - V. STANZIOLA, in Horti Hesperidum, 11 (2022), pp. 35-66; C. PANICCIA, Il paesaggio legittimante. Un cartulario dipinto nel
Chiara Paniccia
rappresentazioni di possedimenti abbaziali, comunali e baronali concorrono a legittimare il patrimonio signorile attraverso la pittura murale: una legittimazione che, contestualmente, avveniva per il tramite di documentazione scritta in cui venivano profilati i confini territoriali. Un esempio documentario, grafico e figurativo, quasi contemporaneo alle pitture sermonetane, è la Carta di Asti del 1291 riprodotta nel Trecento nel Codex Astensis22, manoscritto confezionato per Gian Galeazzo Visconti che contiene una serie di diplomi e privilegi, comprensiva dell’elenco dei territori astigiani e di una carta topografica in cui sono rappresentati i castelli a presidio dell’area.
La scelta iconografica delle pitture del maschio sermonetano potrebbe dunque costituire una rappresentazione del patrimonio Caetani (post 1297). Il cantiere pittorico, in origine, doveva essere esteso almeno all’intera torre, se nell’ottobre 1324 è documentata una camera maiorj picta, in capite sale magne, individuata nell’ambiente al pianoterra del torrione23. Il 1324 costituirebbe dunque un termine ante quem per la datazione dei murali. Occorre tuttavia tenere presente l’interruzione delle committenze caetanee negli anni che succedettero alla morte di papa Bonifacio VIII (1303), come suggeriscono altri contesti monumentali della Marittima, per esempio, il mancato completamento del castello di San Felice Circeo e della cinta muraria di Sezze24 .
Questi termini storici, unitamente al dato iconografico e stilistico dei murali, permettono di ancorare la realizzazione della campagna pittorica agli anni tra il 1297 e il 1303. La rappresentazione dei possedimenti potrebbe essere stata infatti contestuale ai due atti del 10 febbraio 1303 con cui Bonifacio VIII confermò a Pietroe Francesco Caetani i loro acquisti inCampagna e Marittima25. Nella prima bolla, sono elencati diciannove castelli acquisiti da Pietro, tra cui quello di Sermoneta; il pontefice, inoltre, concesse a lui e ai suoi eredi la possibilità di incamerare qualsiasi tipo di bene proveniente
“chiostro cosmatesco” di Santa Scolastica a Subiaco, in Tracciati di Storia dell’Arte, cit., pp. 67-91.
22 Asti, Archivio storico comunale, Codex Astensis. Cfr. Le miniature del «Codex Astensis». Immagini del dominio per Asti medievale, a cura di G. G. FISSORE, Asti 2002.
23 P. F. PISTILLI, Arte e architettura, cit., p. 85; cfr. Regesta Chartarum. Regesto delle pergamene dell’Archivio Caetani, a cura di G. CAETANI, 6 voll., Perugia-Sancasciano Val di Pesa 1922-1932, II, p. 40 (11 ottobre 1324).
24 Cfr. P F.PISTILLI, Arte e architettura, cit., in part. pp. 83-84, e M.T.CACIORGNA, Marittima medievale. Territori, società, poteri, Roma 1996 (Pagine della memoria, 4), p. 211-215.
25 Cfr. Les Registres de Boniface VIII (1294-1303),acuradi G.DIGARD-M.FAUCON
- A. THOMAS - R. FAWTIER, 4 voll., Paris 1884-1931, III, p. 838, nn. 5338-5339. Sugli atti si veda G. FALCO, La signoria dei Caetani (1283-1303), in ID., Albori d’Europa, Roma 1947, pp. 293-333: 333.
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dalla provincia. Si tratta di una rideterminazione significativa dell’amministrazione territoriale da parte dei Caetani che, rispetto a quella annibaldesca, da una parte poneva in una relazione ancor più stretta la Campagna e la Marittima, dall’altra univa sotto un’unica signoria diocesi diverse26 .
Icastellidellanostratappezzeriacondividonoperòil proscenioconalcuni comprimari. All’interno di altre mandorle partecipano al programma iconografico tre strutture di colore giallo ocra e di forma quadrangolare provviste di tetto (figg. 4, 5). La superficie di tali strutture è marcata da un motivo a incannicciatura che suggerisce la rappresentazione di un graticcio (tecnica costruttiva che si avvale di materiali come il legno, le canne, ecc.).
5. Sermoneta, Castello Caetani, Tappezzeria dipinta, particolare
L’attenzione alla tecnica costruttiva di questi ideogrammi induce a riflettere sul fatto che si tratti di unprobabile elemento distintivo dell’oggettorappresentato. Una prima ipotesi identificativa riguarda la rappresentazione di un gruppo di tre arnie, a cui si associano i tre tralci viminei generati dalla mandorla che ospita l’immagine. Tuttavia, non compare un elemento iconografico che, come le api o il favo, possa ricondurre inequivocabilmente l’immagine a quel campo semantico. Gli studi sulle risorse e sulleattività economiche della Marittima medievale, peraltro, non rilevano una particolare diffusione di prodotti apiari27 In alternativa, l’immagine dell’arnia potrebbe essere rappresentativa delle virtù della famiglia Caetani, non tanto in considerazione del valore che il miele e le arnie assumono nell’arte sacra di età medievale, quanto quale em-
26 M. T. CACIORGNA, Marittima medievale, cit., p. 21.
27 Su tale attività produttiva nella regione lepina si veda il saggio di Ettore Di Meo in questo volume.
Chiara Paniccia
blema virtuoso di laboriosità e organizzazione sociale28. Un’immagine di questo tipo testimonierebbe un’impresa caetanea finora non attestata, sebbene a quest’altezza cronologica non si abbia riscontro di imprese nell’araldica di altre casate italiane ed europee. Un problema iconografico analogo si pone, peraltro, nel caso della tappezzeria dipinta di Anagni, dove la presenza di scacchiere nell’omonima sala del palazzo di Pietro Caetani alluderebbe forse a un gioco cortese associato alle virtù cavalleresche29 Oggetti alternativi alle arnie, che potrebbero essere associati ai nostri ideogrammi sermonetani e restituire altresì un’immagine di abbondanza legata alle risorse naturali della Marittima, sono le uccellande per la caccia dell’avifauna30. O ancora, fuori da quel campo semantico, le pitture potrebbero rappresentare scrinia perlacustodiadidenaroeoggetti preziosi, dunqueunemblemadi prosperità.
A queste ipotesi d’identificazione iconografica è forse possibile affiancarne un’altra. La struttura architettonica realizzata a graticcio e dotata di tetto richiama, del resto, untipodi abitazione assai diffuso nell’Agro pontino e in uso fino alla bonifica novecentesca per lo sfruttamento delle aree rurali: lalestra. Ineffetti, laparticolareconformazionenaturale dellaMarittima, una pianura in gran parte paludosa collocata tra il mare e la fascia preappenninica, ma ricca di boschi e pascoli, aveva condizionato l’addensarsi dei centri abitativi sulle alture. Il tenimentum della pianura, tuttavia, manteneva un’importante funzione economica in una società composta prevalentemente da agricoltori e pastori: la singolarità dell’ecosistema paludoso consentiva un’intensa attività piscatoria, l’allevamento del bestiame, il pascolo, la caccia, varie attività produttivelegate all’impiegodell’energia idraulica (mulini,
28 L’immagine è diffusa in età medievale: nella tradizione franco-romana dei rotoli di exultet, nellasequenzadella laus apium,conriferimentoallapartenogenesiapiaria e, parallelamente, alla verginità di Maria (altresì celebrata dalla cera d’api del candelabro pasquale), così come nei bestiari miniati. In area francese le api diverranno presto un emblema dei sovrani, probabilmente già a partire dalla dinastia merovingia. Cfr. T.F.KELLY, The Exultet in Southern Italy, New York-Oxford 1996, pp. 6569, e C. D. FONSECA, Lavoro agricolo e tempo liturgico, in Uomo e ambiente nel Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle ottave giornate normanno-sveve. Bari, 2023 ottobre 1987, a cura di G. MUSCA, Bari 1989, pp. 78-79. 29 Cfr. L.SPECIALE, Il gioco come status-symbol. Gli scacchi tra formule rappresentative e testimonianze materiali, in Il gioco nella società e nella cultura dell’Alto Medioevo. Atti della LXV settimana di studi. Spoleto, 20-26 aprile 2017, Spoleto 2018, pp. 241-270. Con particolare riferimento al valore delle scacchiere nelle pitture anagnine si rimanda a E. CANIGLIA MOLA, La decorazione pittorica, cit., p. 49, e G. MARCHETTI LONGHI, Il palazzo di Bonifacio VIII in Anagni, in Archivio della Società romana di Storia patria, 43 (1920), pp. 379-410. Sul metodo di lettura di stemmi ed emblemi nell’arte medievale si vedano almeno L. HABLOT, Manuel de héraldique emblématique médiévale, Tours 2019, e L’arme segreta. Araldica e storia dell’arte nel Medioevo (secoli XIII-XV), a cura di M. FERRARI, Firenze 2015. 30 Ringrazio Gaetano Curzi per questo suggerimento.
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segherie, gualchiere)31. Nelle fonti si rintracciano scarsi riferimenti alle abitazioni della pianura, al di là del fatto che vi compaiano – e non frequentemente – alcuni casali (intesi come nuclei edilizi al centro di un’azienda agricola)32. La continua espansione e ritrazione delle paludi imponeva però la realizzazione di strutture come le capanne (trulli), diffuse sia in forma circolare sia rettangolare, utilizzate non solo dai pastori dell’Appennino nei mesi della transumanza, ma anche durante l’intero anno quale forma insediativa per lo sfruttamento delle risorse dell’agro33 . Nel 1884 l’archeologo Marie-René de la Blanchere, il quale aveva compiuto un viaggio di studio nel Lazio meridionale con epicentro Terracina, scriveva: «[…] dans l’immense forêt pontine, chacun va trouver sa lestra, c’est-à dire un essart fait par lui ou par un devancier, – souvent par un ancêtre, car des familles se sont perpétuées pendant des siècles sur quelquesuns. Une staccionata, lice grossière garnie debroussailles, enferme les bêtes; des cabanes en forme de ruche, les gens»34. Lo studioso francese, dunque, ricorda precisamente le lestre come capanne a forma di arnia (ruche). Se così fosse, sulla tappezzeria del castello di Sermoneta potrebbe essere stata restituita un’immagine del complesso patrimoniale dei Caetani: accanto ai castelli comparirebbero perciò anche le lestre quale emblema del dominio di un’economia territoriale fondata sullo sfruttamento delle risorse idriche, agrarie e pastorali tipiche delle aree umide.
31 Cfr. M. T. CACIORGNA, Marittima medievale, cit.; G.FALCO, I comuni della Campagna e della Marittima nel Medio Evo, in ID., Studi sulla storia del Lazio nel Medioevo, 2 voll., Roma 1988 (Miscellanea della Società romana di Storia patria, XXIV/1-2), II, pp. 419-490, pp. 434-435; S. CAROCCI - M. VENDITTELLI, L’origine della Campagna romana. Casali, castelli e villaggi nel XII e XIII secolo, Roma2004 (Miscellanea della Società romana di storia patria, 47). Da ultimo, si veda qui in proposito il saggio di Di Meo.
32 M. T. CACIORGNA, Marittima medievale, cit., p. 172; cfr. S. CAROCCI - M. VENDITTELLI, L’origine della Campagna romana, cit., p. 21.
33 Sulla persistenza di questa tipologia insediativa nell’Agro pontino cfr. L. ZACCHEO, Pietra, fango, stramma. Tipologie abitative primitive dalla palude pontina alle barbagie, Latina 2006; Villaggi di capanne nei Lepini. Una prospettiva etnoarcheologica, a cura di V. PADIGLIONE, Roma 2012.
34 M.-R. DE LA BLANCHERE, Terracine. Essai d’histoire locale, Paris 1884, p. 11.