LA TOSCANA CHE VERRÀ
I Quaderni di Symbola
COORDINAMENTO Fabio Renzi Segretario generale Fondazione Symbola Domenico Sturabotti Direttore Fondazione Symbola
GRUPPO DI LAVORO Piero Baronti Membro segreteria regionale Legambiente Toscana Sara Consolato Ricercatore Fondazione Symbola Francesca Loi Ricercatore CAMCOM Universitas Mercatorum Romina Surace Ricercatore Fondazione Symbola
PROGETTO GRAFICO Elisa Pasceri Ufficio Comunicazione Symbola
Realizzato grazie al contributo della Fondazione Florens in occasione di Florens 2012, Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali
INDICE 1. Toscana: culla del sapere e del saper fare
p. 3
2. Quanto pesa la cultura in Toscana?
p. 8
2.1. La struttura imprenditoriale del sistema produttivo culturale
p. 15
2.2 La proiezione internazionale del sistema produttivo culturale
p. 16
3. L’apporto della cultura alle economie provinciali toscane
p. 21
Allegato
p. 27
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1. TOSCANA: CULLA DEL SAPERE E DEL SAPER FARE In un contesto economico come quello attuale, caratterizzato da un progressivo ed inesorabile indebolimento dei tradizionali sistemi industriali, la cultura rappresenta senza dubbio una delle strade su cui agire per ridare nuovo slancio alla crescita. Il sistema culturale, infatti, così eterogeneo e multidimensionale, è in grado di mettere in moto un virtuoso percorso di crescita che si ripercuote sui territori non solo in termini di occupazione e valore aggiunto ma anche, grazie alla diffusione di conoscenze, in miglioramenti del benessere stesso dei cittadini. La diffusione di esternalità positive che l’industria culturale è in grado di sprigionare si ripercuote ovviamente anche sui sistemi imprenditoriali. Come è noto, infatti, la coesistenza di conoscenze, competenze ed informazioni, sostiene l’emersione di un contesto fortemente dinamico e stimolante che, autoalimentandosi, genera e, soprattutto, sviluppa idee ed innovazioni che rendono l’attività imprenditoriale non solo più competitiva, ma anche, fortemente identitaria, in grado cioè di assorbire all’interno di ogni produzione le caratteristiche del territorio in cui si ritrova ad operare. Secondo opinione condivisa, la consapevolezza dell’importanza e della strategicità rivestita dal sistema culturale per l’economia è un elemento quanto mai recente, frutto, del profondo processo di trasformazione che ha investito i sistemi economici, ampio tanto quello che sancì il passaggio dal sistema agricolo a quello industriale. Se quel cambiamento provocò il mutamento di alcuni fattori di produzione (terra e lavoro agricolo) in altri (materie prime e lavoro operaio), ora, la trasformazione in atto si basa sul ruolo cruciale assunto dall’intelligenza umana, dalla creatività e dalla cultura. Non a caso, difatti, nel corso degli ultimi anni, hanno acquisito sempre maggiore rilievo lo studio delle dinamiche e delle caratteristiche delle industrie culturali e creative. Nella consapevolezza che tali aspetti costituiscono da sempre dei fattori indispensabili ed essenziali per la vita degli individui, è cresciuta gradualmente la necessità di individuare delle modalità gestionali ed organizzative in grado di indirizzare tali attività su percorsi di maggiore efficienza. L’attenzione dei policy maker e degli studiosi si è, dunque, concordemente, rivolta agli aspetti intangibili dell’economia (quali la cultura, la creatività, l’innovazione, il know-how) con la convinzione condivisa, che proprio questi aspetti offrano maggiore sostegno al progresso economico e sociale. Ma se è vero che l’elemento culturale è solo recentemente entrato a far parte delle analisi economiche e delle politiche di sviluppo locale, è altrettanto vero che tale aspetto non costituisce in nessun modo una scoperta per la nostra Penisola. D’altronde, già 500 anni, fa Lorenzo di Piero dÈ Medici, meglio noto come Lorenzo il Magnifico, faceva della cultura il driver principale per lo sviluppo economico del suo territorio: la Toscana. La Toscana, in effetti, patria indiscussa del periodo rinascimentale, accolse, grazie appunto alla figura di Lorenzo Il Magnifico, migliaia di artisti, letterati e filosofi che, ospitati nelle magniloquenti corti toscane, apportarono idee e nuove conoscenze facendo della Toscana ed, in particolar modo, di Firenze, il baricentro del Rinascimento. Durante questo periodo, in Toscana ma anche nel resto della Penisola, si determinò una profonda evoluzione nel modo di concepire la stessa figura dell’artista. L’artigiano, infatti, non viveva più nella sua bottega o nei cantieri, ma diveniva un personaggio di corte, a contatto con letterati, matematici, politici e condottieri. E fu proprio tale situazione a decretare il successo di quell’epoca tanto acclamata, in quanto, l’intreccio di diversi saperi, tradizioni e competenze determinò un’esplosione di idee e di fervori artistici che resero quel periodo come uno dei più splendenti di tutta la storia dell’umanità. Ed in quell’ epoca fu proprio la concezione della cultura come fattore di crescita civile e di rilevanza pubblica (abbandonando quindi la visione classica della cultura come fattore di crescita individuale) a determinare una totale e completa esplosione dello sviluppo economico. Infatti, la cultura, se considerata come una serie di valori, tradizioni, usi e costumi e stili di vita caratterizzanti un gruppo, influisce sugli appartenenti di questa comunità, agendo sul loro modo di pensare e di comportarsi. Di conseguenza, ne determinerà anche il loro comportamento economico. Tale spinta è andata poi riducendosi nel corso dei decenni, ma per superare la crisi che sta soffocando il nostro sistema economico, è necessario proprio ripartire alla ricerca di quei saperi locali e di quelle forme d’arte uniche che, così tanto, sono in grado di generare prosperità di ricchezza, monetaria ed umana. E la Toscana, che proprio in quell’epoca fu la più grande officina di idee ed invenzioni, è il territorio che più degli altri, all’interno della nostra Penisola, è in grado di dare nuovo impulso alla crescita territoriale.
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La Toscana, terra di antiche origini e forti tradizioni vanta ancora oggi uno dei più vasti patrimoni storico – artistici presenti nella nostra Penisola che la rendono simbolo perfetto della bellezza e della ricchezza culturale italiana. L’altra regione in cui le dotazioni culturali superano il contributo al prodotto del Paese è il Lazio (in cui Roma svolge ovviamente un ruolo predominante), dove il rapporto tra i due valori evidenza uno spread meno accentuato (18,2% l’assorbimento di risorse culturali nazionali rispetto al 10,8% relativo al Pil). In termini relativi, la regione è la seconda (dopo il Lazio) per dotazione di infrastrutture culturali, pari a quasi 1,8 volte la media nazionale e una distanza significativa rispetto alla regione collocata in terza posizione, la Liguria.
FIG.1. GRADUATORIA DELLE REGIONI ITALIANE IN BASE ALL’INDICE DI DOTAZIONE DI INFRASTRUTTURE CULTURALI ANNO 2011 (INDICI ITALIA=100) Lazio Toscana Liguria Friuli-Venezia Giulia Marche Emilia-Romagna Lombardia Veneto Campania Piemonte Umbria Trentino-Alto Adige Sardegna Abruzzo Valle d'Aosta Puglia Sicilia Molise Calabria Basilicata
240,4 176,3 125,7 120,4 108,8 106,3 105,0 97,8 94,6 94,3
72,4 63,6 62,7 56,3 52,6 51,3 48,7 42,3 40,4 34,7 0
50
100
150
200
250
300
Fonte: elaborazioni Fondazione Symbola su dati Unioncamere- IstitutoTagliacarne
Lo stretto ed imprescindibile legame tra cultura ed economia viene esplicitato anche dalla stessa Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione delle diversità di espressione culturali, in vigore dal marzo 2007, nel cui secondo articolo si afferma il principio della complementarietà degli aspetti economici e culturali dello sviluppo, confermando quindi come non ci possa essere sviluppo economico senza sviluppo culturale (e viceversa). La stessa UNESCO ha riconosciuto in Italia il maggior numero di siti nella lista del patrimonio dell’umanità ben 45 tra città, paesaggi, siti archeologici a riprova di come il nostro Paese possa prendere nuovo slancio proprio dal territorio stesso, così ricco di risorse e di ricchezze. Di questi 6 sono toscani1. La consapevolezza dell’importanza rivestita dal sistema culturale per l’economia del territorio appartiene trasversalmente al sistema privato e a quello pubblico, rendendo la Toscana una realtà con tutte le carte in regola per poter superare, attraverso la cultura e la sua valorizzazione, l’attuale crisi economica. Ovviamente, in un contesto economico come quello attuale, le politiche pubbliche nazionali sono state necessariamente ridotte ed indirizzate verso politiche di sostegno al reddito ed al mercato del lavoro. Anche in 1
Di questi, ben 6 sono ubicati in Toscana e nello specifico: Centro Storico di Firenze (1982), Piazza del Duomo di Pisa (1987), Centro Storico di San Gimignano (1990), Centro Storico di Siena (1995) , Centro Storico di Pienza (1996), Val d’Orcia (2004).
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Toscana, chiaramente, tali aspetti hanno continuato ad assumere notevole rilevanza ed, infatti, come si osserva dal Bilancio di Previsione, la spesa complessiva prevista per il 2012 risulta pari a 9 miliardi e 264 milioni di euro, di cui il 76% (e precisamente 7 miliardi e 98 milioni di euro) saranno destinati alla sanità ed alle politiche sociali. Ma accanto a questi temi, di rilevanza imprescindibile, la Regione Toscana ha mostrato notevole interesse anche nei confronti del sistema culturale che, costituisce una delle strategie più importanti per il piano di sviluppo economico del territorio. Analizzando i dati relativi ai bilanci di previsione 2011 e 2012, emerge un dato particolarmente interessante ed, infatti, le risorse impegnate, nel 2012, hanno ripreso ad aumentare, dopo una lieve battuta di arresto avvenuta tra il 2009 ed il 2010. Nell’estate 2012, la Regione ha varato un piano pluriennale di spesa per la cultura toscana denominato Piano Cultura che interesserà il triennio 2012-2015. Uno strumento attraverso il quale la Regione intende concretizzare e progettare le proprie politiche culturali. Tre sono le linee individuate dal piano: implementazione della fruizione del patrimonio storico culturale, qualificazione dell’offerta culturale e valorizzazione del patrimonio. Il piano fa riferimento in maniera trasversale ad una visione più ampia di politica culturale, nella quale alla conservazione in senso stretto come preservazione del patrimonio di beni ereditati dal passato si affianca un concetto più moderno di sviluppo culturale, di riproduzione del patrimonio immateriale di conoscenze, saperi e sensibilità che fondano le condizioni ‘ambientali’ per la conservazione del patrimonio stesso. Le declinazioni settoriali presenteranno varie tematiche, fra cui le opportunità per la crescita delle “industrie culturali e creative”, con riferimento alle attività che impiegano “conoscenza tacita” e dall’altro quelle che mettono in campo “conoscenza codificata” e profili tecnologici d’avanguardia. Un progetto questo che si propone come scopo quello di valorizzare la cultura all’interno del sistema economico toscano e che si sostanzia nella messa a disposizione di un quadro finanziario così articolato: 60milioni e 252 mila euro per il 2012; 56 e 587mila nel 2013; 26milioni e 677mila nel 2014 e 26milioni e 712mila euro nel 2015. Peraltro, tale esperienza costituisce la continuazione di un piano progettuale iniziato già nel 2008 e che aveva interessato il triennio 20008-2010 alcune delle cui iniziative, essendo stato poi prorogato, hanno trovato concretizzazione anche durante il 2012. Ad esempio: “Musei di qualità al servizio dei cittadini e delle cittadine toscane”; “Promozione dei beni culturali nella Toscana di Galileo”; “Garantire a tutti il diritto all’informazione: biblioteche e archivi”, “Le arti dello spettacolo e le giovani generazioni”; “Una rete regionale per l’arte contemporanea”. Progetti che hanno profumo internazionale: basti pensare all’European Theatre Convention, un’assemblea generale che ha avuto sede a Prato e a Firenze e che riunisce 50 tra i più importanti teatri europei, testimoniandone le esperienze; l’iniziativa denominata “In biblioteca… perché c’é il futuro della tua storia” che rappresenta un invito diretto ai cittadini toscani a recarsi nelle biblioteche. Emerge dunque un territorio, quello toscano, che nonostante i tagli alla spesa e le politiche della spending review, continua a puntare sul settore culturale per la ripresa economica. Ma come già accennato, anche il sistema privato contribuisce in misura rilevante alla promozione del settore culturale. Ma come collegare realmente la presenza di patrimonio culturale con la crescita economica? questo avviene soprattutto nella figura dell’imprenditore che più delle altre incarna lo stretto legame, già esaminato, tra cultura ed economia. Ed in effetti, l’imprenditore altro non è che un agente di sviluppo locale che assume, tra l’altro, anche il ruolo di mediatore culturale. Ed infatti, così come nel Rinascimento i mercanti, attraverso l’incontro con altre culture, promuovevano lo scambio non solo di beni materiali ma anche di conoscenze, oggi, gli imprenditori, in un contesto di internazionalizzazione spinta, sono più che mai portatori di ricchezze culturali del proprio territorio ma anche degli altri ambienti con cui si interfacciano. La globalizzazione, infatti, non ha determinato come si potrebbe erroneamente pensare un’omologazione tra stili e culture ma anzi ha, al contrario, sancito un completo riassestamento dei ruoli ricoperti da ogni paese, decretando una sempre crescente importanza rivestita da ogni singolo territorio e non più dal sistema paese, i cui confini invece stanno divenendo più labili. Ed è per questo, che si può parlare di brand toscano, ancora più che di Made in Italy, perché le caratteristiche, le tradizioni e le risorse di cui gode tale regione, sono stati sapientemente incorporati all’interno di ogni prodotto venduto all’interno e fuori dai confini italiani, facendo in modo che la commercializzazione diventi anche un esercizio di marketing territoriale. Ed infatti, in Toscana, più che in ogni altro luogo, ad ogni territorio è associato un prodotto o una specializzazione: Prato per il tessile, Arezzo per l’oro, Carrara per il marmo e Lucca per la carta. Solo per fare degli esempi.
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Si tratta infatti di un territorio, ricco di tradizione e cultura, che ha saputo trasformare la propria vocazione manifatturiera in prodotti di eccellenza, riconoscibili nella forma imprenditoriale tutta italiana dei distretti industriali. I distretti industriali, caratterizzati da un’agglomerazione di piccole e medie imprese, costituiscono, peraltro, una delle forme di imprenditoria, dove l’elemento culturale costituisce un fondamento stesso del processo produttivo. Essi vengono definiti dall’economista Alfred Marshall, ovvero il primo studioso che ne se occupò, come “delle entità socioeconomiche costituite da un insieme di imprese, facenti generalmente parte di uno stesso settore produttivo, localizzato in un’area circoscritta tra le quali vi è collaborazione ma anche concorrenza”. In altre parole, il distretto industriale si configura come un sistema locale caratterizzato dalla compresenza di un raggruppamento umano e di un’industria principalmente costituita da una popolazione di piccole e medie imprese indipendenti, specializzate in fasi diverse di uno stesso processo produttivo. Tali elementi individuabili nella società locale e nella divisibilità tecnica del processo produttivo, costituiscono le caratteristiche principali di questo tipo di forma imprenditoriale e che, nei casi di successo, ne decreta lo sviluppo e l’impetuosa crescita economica. Da una parte la società locale esprime un sistema di valori favorevole all’intrapresa economica ed in grado di influire positivamente sulle relazioni industriali e sulla stessa efficienza delle amministrazioni locali. Dall’altra, la divisibilità tecnica del processo produttivo consente alla produzione di organizzarsi sotto forma di piccole e medie imprese indipendenti, tendenzialmente coincidenti con le singole unità produttive di fase, connesse da reti di transazione specializzate e coordinate da forme di cooperazione più o meno esplicita. Sono proprio queste realtà che, nel corso degli ultimi anni, hanno saputo con forza resistere alla pressione competitiva esercitata ai nuovi competitors, primi fra tutti i giganti Cina ed India. Ed infatti, la recessione ha intensificato la divisione dicotomica nella produzione di beni e servizi che premia i Paesi emergenti sul fronte dei costi in mercati maturi con produzioni altamente standardizzate, pur lasciando un vantaggio competitivo per le economie avanzate in quelle attività ad elevato valore aggiunto ed ad elevato utilizzo di innovazione e manodopera altamente qualificata, tale da poter vincere sul piano della qualità. Per questo, quelle imprese che più delle altre hanno saputo investire in un upgrading delle loro produzioni e dei loro prodotti, creando quel connubio visibile tra economia della qualità e crescita economica, sono riuscite non solo ad attutire gli effetti negativi indotti dalla crisi economica ma anche a costruirsi nuove nicchie di mercato. Ed in questo la Toscana rappresenta un eccellente esempio, in quanto, tale territorio è riuscito a coniugare saperi, tradizioni e cultura con innovazione e creatività resistendo alla pressione competitiva, pur mantenendo la propria identità territoriale. Successo questo che si è concretizzato in un sapiente intreccio tra centri di ricerca e distretti industriali a forte vocazione manifatturiera. Ne sono un esempio le storie di molte imprese toscane che, pur appartenendo a settori diversi e spesso maturi, attraverso inventiva, lungimiranza, capacità di innovazione di processo e di prodotto, propensione a fare sistema, forte radicamento territoriale, centralità del capitale sociale, qualità dei processi organizzativi, emergono nel panorama imprenditoriale del territorio. È il caso del settore vitivinicolo che, nel corso degli ultimi venti anni, ha saputo sviluppare una generazione di campioni internazionali. Una scelta non scontata tant’è che oggi il vino toscano è diventato sinonimo di vino di grandissima qualità. Il merito di questa crescita va senza dubbio al lavoro svolto in questi anni da una generazione di produttori che, a partire dagli anni Ottanta, hanno scelto la via della qualità. La valorizzazione del vino, inoltre, è stata accompagnata da una costante ricerca dei particolari ma, soprattutto, da un continuo processo di innovazione e miglioramento che si è tradotto nell’utilizzo di cantine sempre più moderne ed innovative, progettate per garantire il massimo dell’efficienza in ogni fase del processo produttivo. In questo ambito, c’è il caso pioneristico di Salcheto: 1,83 kg di emissioni di CO₂ fra produzione, imballaggio e trasporto. Questo è l’impatto sull’ambiente di una singola bottiglia di vino, secondo i calcoli effettuati dall’azienda toscana che, risultati alla mano, è passata immediatamente ai fatti per abbattere drasticamente la propria impronta di carbonio. Via dunque al calore prodotto con la combustione delle biomasse (sarmenti e scarti di potature), al freddo ottenuto grazie al geotermico, all’energia fotovoltaica, agli accorgimenti strutturali come l’isolamento con parete verde, la coibentazione interna e il tetto che, sfruttando il principio del raffreddamento adiabatico (secondo il quale una superficie bagnata se ventilata evapora cedendo calore all’aria) terrà freddo il tetto nei mesi caldi. In questo modo gli ambienti sottostanti della cantina (1.400 mq circa), non dotati di climatizzazione, saranno mantenuti a temperatura semplicemente sfruttando l’acqua del laghetto dove finiscono le acque recuperate e depurate da una pompa da 1kw, per un risparmio di oltre 3.000 kw/h all’anno. Anche l’illuminazione sarà 100% naturale in una cantina dove non esistono lampadine. Il sole è l’unica fonte di luce che entra in bocche dal diametro di circa
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35 cm e, grazie ad un gioco di specchi, si riflette illuminando fino a 25mq e garantendo (è stato certificato) il livello di illuminazione previsto dalla legge in un ambiente di lavoro. Questa cantina, dove si lavorerà meno ore l’inverno e più ore l’estate, entrerà a pieno regime con la prossima vendemmia e potrebbe diventare un modello di riferimento per il comparto vitivinicolo italiano. Questo processo di qualificazione culturale delle produzioni ha interessato in Toscana per esempio nicchie di mercato come quella del cioccolato. In Toscana si trova quella che molte riviste straniere hanno ribattezzato con Chocolate Valley, la vallata che da Prato va a Pisa, passando per Agliana, Monsummano Terme e Montopoli, ospita una vera e propria filiera produttiva artigianale – divenuta col tempo e con una sapiente azione di marketing anche un fenomeno territoriale – che si compone di tanti piccoli laboratori e negozi che realizzano un cioccolato di altissima qualità. Fra questi piccoli gioielli del tessuto imprenditoriale toscano, emerge, De Bondt, piccola azienda pisana che in poco più di dieci anni è riuscita ad imporsi come una delle migliori cioccolaterie al mondo. I due fondatori, grazie alla scelta delle migliori materie prime e a una fantasia inesauribile, provano e riprovano le loro creazioni fino ad individuare la combinazione “perfetta”. Un lavoro interamente artigianale nel senso più stretto del termine: a bando i macchinari, eccezion fatta per la temperatrice, tutto è fatto rigorosamente a mano, persino le confezioni. E proprio la ricercatezza nelle forme e nel packaging, improntati entrambi a rigorosi canoni di estetica e funzionalità, è uno degli elementi che fa del cioccolato De Bondt qualcosa di unico, capace di evocare il nuovo, ma di rimandare allo stesso tempo all’antica tradizione del territorio. Ma oltre il meraviglioso mondo enogastronomico, il territorio toscano è il luogo in cui la cultura tecnica si sposa con il gusto e gli stili di vita. Si può poi citare il caso di Digitart, specializzata nel campo delle arti digitali e che ha permesso la realizzazione di quella che potrebbe essere definita come “casa intelligente”. Una realtà nella quale gli elettrodomestici, le luci, gli impianti di riscaldamento e i climatizzatori si regolano da soli attraverso dei sensori, permettendo la gestione a distanza di molte funzioni di routine. In particolare, la Digitart si occupa di “domotica”, una disciplina nuova e in rapida evoluzione che studia l'automazione della casa e degli ambienti confinanti in genere, allo scopo di ottenere un'integrazione fra i diversi dispositivi e impianti installati nelle abitazioni. Ma soprattutto, scopo dell’azienda è quello di permettere l’utilizzo di una tecnologia “naturale”, intuitiva nell’uso, rispondente e adattabile alle esigenze degli utenti, capace di integrarsi con i sistemi esistenti, economica e poco intrusiva. Grazie alla “leggerezza” della tecnologia proposta e alla ricercatezza nel design delle apparecchiature hardware, Digitart ha introdotto una nuova concezione di qualità degli spazi in cui la funzionalità sposa l’estetica. E il progresso (e l’innovazione) in Toscana, si sperimentano anche nel campo della concia. Obiettivo: creare capi in pelle che siano compatibili con l’ambiente e abbiano effetti benefici per la salute. Un ossimoro, questo, in cui si muovono le nuove tendenze in atto nel settore conciario, dove si sta diffondendo una rinnovata sensibilità ecologica che sta cambiando a poco a poco il modo di lavorare la pelle. Una corrente ancora minoritaria, che coinvolge poche imprese intraprendenti che hanno deciso di seguire la strada della sperimentazione. E in questo la Toscana ha fatto da apripista. Fra le esperienze più interessanti vi è un gruppo nutrito di aziende delle province di Firenze e Pisa che ha dato vita al Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale, con lo scopo di realizzare prodotti di altissima qualità, certificati e non inquinanti. Alle spalle vi è la lunga tradizione del distretto della pelle toscano, dei suoi maestri artigiani custodi di abilità secolari che sono state tramandate sino ad oggi da padre in figlio. Quella della concia al vegetale è una lavorazione che ha origini lontanissime e di cui il territorio toscano è oggi l’unico grande erede. Nato nel 1994 con lo scopo di preservare e promuovere nel mondo l’antica arte della concia al vegetale, oggi il consorzio è una realtà composta da circa 26 aziende, con un fatturato di circa 161 milioni di euro e una forte vocazione all’esportazione, testimoniata dal successo riscosso in Europa, Stati Uniti e Giappone. Un’eccellenza del made in Italy in cui antichi processi di lavorazione che si compiono, come una volta, in grandi bottai di legno, vanno di pari passo con le più moderne tecnologie. Le storie di queste aziende costituiscono senza dubbio un piccolo esempio del panorama imprenditoriale toscano, ma permettono di fotografare le caratteristiche e le peculiarità tipiche di questo territorio. Una regione fatta di profonde ed antiche tradizioni amalgamate perfettamente con l’innovazione e la tecnologia più spinta e che permettono il tanto citato percorso virtuoso tra cultura-creatività e sviluppo economico.
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2. QUANTO PESA LA CULTURA IN TOSCANA? Il presente studio si inserisce in un filone di analisi della qualità Toscana che la Fondazione Symbola ha avviato nel 20072. Obiettivo del lavoro è indagare il contributo delle industrie culturali alla formazione del valore aggiunto nazionale. Considerando un concetto di cultura e di attività culturali che si distanzia dalla tradizionale visione limitata alla fruizione del patrimonio storico-artistico e che include, in linea con le evoluzioni di pensiero emerse in ambito europeo ed internazionale3, anche tutti quei mondi che partecipano alla definizione del capitale culturale o che comunque sappiano valorizzarlo attraverso il ricorso all’attività imprenditoriale. Sulla base di tale orientamento, e sulla base di analisi elaborate a livello nazionale in collaborazione con Unioncamere sulle industrie culturali in Italia, si è sviluppata una analisi del sistema culturale Toscano4. Per facilitare approfondimenti riguardanti le varie ed eterogenee tipologie che animano le trasversalità del settore culturale si è diviso l’ambito di analisi in quattro comparti (industrie creative, industrie culturali, patrimonio storico-artistico, performing arts e intrattenimento5) a loro volta suddivisi in ulteriori sotto-comparti6. Nelle pagine seguenti, sarà dunque analizzata la capacità dei comparti culturali di creazione di valore aggiunto ed occupati, a cui si aggiungeranno approfondimenti circa le dimensioni del sistema imprenditoriale culturale toscano e la capacità di esportazione dei valori culturali al di fuori dei confini nazionali. Visto l’obiettivo di associare al tema culturale i riflessi in termini di valorizzazione economica e occupazione, anche per ciò che riguarda la Pubblica Amministrazione e le istituzioni No Profit saranno stimati i valori ed il contributo che essi generano al settore complessivamente considerato. Sulla base della metodologia di stima appena definita, è dunque possibile calcolare l’impatto che, in termini di valore aggiunto e occupazione, viene offerto dal settore culturale toscano e dalle imprese che in esso operano. In riferimento al 2011, l’ammontare complessivo di valore aggiunto associato alle imprese culturali è stato di oltre 5.166 milioni di euro, ovvero il 6,8% di quanto complessivamente prodotto dal settore a livello nazionale. In termini di specializzazione, il peso sul totale regionale non si discosta molto da quanto emerso a livello nazionale, con il 5,3% del valore aggiunto toscano associabile alle imprese che rientrano nel perimetro culturale. Quanto appena osservato si riflette anche sul fronte occupazionale, con oltre 107mila addetti ad attività riconducibili alla cultura toscana che, lo si ricorda, non è da intendersi solamente nel patrimonio storico ed 2
2009
Fondazione Symbola, Banca delle Qualità Toscane, 2008 e Fondazione Symbola, PIQ Prodotto Interno Qualità Toscana,
3
Si faccia riferimento in tal senso a Kea European Affairs, The Economy of culture in Europe, 2006. Per il perimetro di analisi si veda Unioncamere Fondazione Symbola, L’italia che verrà, 2012. A partire dalla classificazione 4 delle Attività Economiche ATECO 2007 , un panel di esperti, sulla scia di quanto già fatto in ambito internazionale da altri istituti di ricerca che si sono occupati del tema, sono state selezionate una serie di tipologie imprenditoriali riconducibili all’idea di cultura che meglio descrive l’Italia, così da favorire confronti tra i vari sistemi culturali locali che la rappresentano. 5 Le industrie creative rappresentano l’immagine che l’Italia e i suoi territori rappresentano e riescono ad esportare al di fuori dei confini contribuendo coì a definire e rafforzare l’identità culturale nazionale e le sue declinazioni territoriali. Le industrie culturali (musica, radio, cinema, editoria, videogames) contemplano invece le tipologie creative più vicine alla fruizione delle arti e sono complessivamente considerate, sul fronte internazionale e secondo le nuove visioni dell’analisi settoriale, la componente più dinamica e su cui maggiori sono gli investimenti. Si tratta di quelle attività che riescono a valorizzare economicamente l’attività artistica spesso ricorrendo ai moderni mezzi di comunicazione di massa caratterizzandosi così per un elevato impatto sulla definizione del modello culturale che esternamente viene appreso e favorendo allo stesso tempo le influenze tra modelli culturali tra loro diversi. Le performing arts e il patrimonio storico-artistico, invece, hanno una elevata interconnessione con la concezione tradizionale della culturale pur mostrando minori capacità nella creazione di valore economico. Ciò è d’altronde facilmente intuibile anche dall’organizzazione che caratterizza le attività in esse ricomprese che non sempre è di tipo imprenditoriale ma anzi, molto spesso, lascia il posto alle istituzioni no profit e alla Pubblica Amministrazione. Nonostante, come si vedrà per la Toscana così come per l’Italia, la capacità di valorizzazione sia certamente secondaria a quanto espresso dalle industrie creative e culturali, i riflessi in termini di esternalità culturali e promozione dello sviluppo turistico sono di elevata portata, il che promuove un ruolo centrale di tali comparti nelle politiche di sviluppo del settore e dei territori. 4
6
Vedi appendice
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artistico e nella presenza di musei e biblioteche ma contempla anche tutte quelle imprese industriali che, attraverso la loro azione, veicolano le identità culturali che definiscono i territori nell’immaginario altrui. In termini occupazionali, gli addetti al settore in Toscana rappresentano circa il 7,7% del totale addetti nazionale e pesano per il 6,3% dell’occupazione regionale. Solo il Veneto (7,0%) e le Marche (6,9%) mostrano valori superiori mentre, a pari merito, troviamo aree ad elevata infrastrutturazione culturale quali il Lazio e la Lombardia (6,3% per entrambe). Il peso in termini occupazionali, più incisivo di quanto emerso sul fronte del valore aggiunto, lascia inoltre facilmente intendere come il settore, pur contando su minori livelli di produttività (per via degli effetti della crisi), continui a esercitare un ruolo primario in termini di sostegno agli equilibri sociali regionali. D’altronde, non potrebbe essere altrimenti visti anche gli stretti legami che insistono sul territorio e che, come vedremo successivamente, permettono alla filiera delle imprese culturali della regione di attivare tutta una serie di esternalità sociali derivanti dall’interazione tra mondo privato, pubblico e del no profit.
TAB. 1 GRADUATORIA DELLE PRIME DIECI REGIONI ITALIANE PER VALORE AGGIUNTO E OCCUPAZIONE CULTURALE ANNO 2011 (VALORI ASSOLUTI, QUOTE % SUL TOTALE NAZIONALI E INCIDENZE % SUL TOTALE ECONOMIA) Regione
Valore aggiunto
Valore assoluto (in milioni)
Quote % sul totale nazionale
Occupazione
Incidenze % sul totale economia
Valore assoluto (in migliaia)
Quote % sul totale nazionale
Incidenze % sul totale economia
1) Lombardia 2) Lazio 3) Veneto 4) Piemonte 5) Emilia-Romagna 6) Toscana 7) Campania 8) Marche 9) Sicilia 10) Puglia
18.671,6 10.615,2 8.471,2 6.402,3 5.753,7 5.165,9 3.751,0 2.339,6 2.495,1 2.425,7
24,6 14,0 11,2 8,4 7,6 6,8 4,9 3,1 3,3 3,2
6,3 6,8 6,3 5,8 4,6 5,3 4,3 6,3 3,2 3,9
288,3 160,7 160,6 119,2 106,8 107,1 74,0 50,0 60,6 57,0
20,7 11,6 11,6 8,6 7,7 7,7 5,3 3,6 4,4 4,1
6,3 6,3 7,0 5,9 5,0 6,3 4,3 6,9 4,0 4,5
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno ITALIA
26.542,6 17.619,2 19.029,1 12.614,9 75.805,8
35,0 23,2 25,1 16,6 100,0
5,9 5,5 6,1 3,8 5,4
438,4 330,1 337,5 284,0 1.390,0
31,5 23,7 24,3 20,4 100,0
6,0 6,0 6,3 4,3 5,6
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
Approfondendo l’analisi sulle performance del settore culturale toscano, è interessante suddividere in comparti di attività culturale (dati dall’aggregazione di più tipologie produttive tra loro trasversalmente affini per ciò che riguarda il tema) il contributo in termini economici offerto all’interno del settore e le differenze che emergono con l’Italia. In termini assoluti, le industrie creative e culturali, da sole, aggregano oltre 5 miliardi di euro di valore aggiunto e circa 100mila occupati. In Italia, i rispettivi valori si aggirano su cifre nell’ordine di 71 miliardi di euro e quasi 1 milione e 300mila addetti.
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TAB. 2 VALORE AGGIUNTO E OCCUPAZIONE NEI COMPARTI DEL SISTEMA CULTURALE IN TOSCANA E IN ITALIA ANNO 2011 (VALORI ASSOLUTI IN MILIONI DI EURO E MIGLIAIA DI OCCUPATI) Toscana Comparti culturali
Valore aggiunto
ITALIA Occupati
Valore aggiunto
Occupati
Industrie creative
3.143,9
72,5
35.716,5
743,4
Architettura
800,8
16,0
12.395,3
222,4
Comunicazione e branding
155,5
3,6
3.920,1
79,5
Design e produzione di stile
2.187,6
52,8
19.401,1
441,5
Industrie culturali
1.769,9
28,0
35.273,3
543,0
Film, video, radio-tv
296,4
3,0
7.838,4
73,0
Videogiochi e software
633,8
10,9
12.408,3
223,2
Musica
24,5
0,3
412,1
4,9
Libri e stampa
815,2
13,9
14.614,5
241,9
Patrimonio storico-artistico Musei, biblioteche, archivi e gestione di luoghi e monumenti storici Performing arts e intrattenimento
67,2
1,8
1.061,1
21,1
67,2
1,8
1.061,1
21,1
184,9
4,8
3.754,9
82,4
Rappresentazioni artistiche, divertimento e convegni e fiere
184,9
4,8
3.754,9
82,4
TOTALE CULTURA
5.165,9
107,1
75.805,8
1.390,0
TOTALE ECONOMIA
97.838,8
1.706,1
1.414.431,5
24.742,7
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
Si tratta di valori importanti, soprattutto, per quel che concerne il settore delle industrie creative che, da solo, contribuisce a determinare ben il 60,9% del valore aggiunto culturale toscano una cifra che, confrontata con l’omologo valore a livello nazionale pone la Toscana (contribuendo a creare quasi il 9% del valore aggiungo del totale delle industrie creative italiane) al terzo posto, preceduta unicamente da Lombardia e Veneto . Si tratta di un settore al cui interno si ritrovano molteplici attività che appartengono ai comparti dell’architettura, del design e delle produzioni di stile ed, infine, della comunicazione ed del branding. Realtà queste che incorporano al loro interno esperienze così variegate ed importanti che i soli dati quantitativi non riescono a cogliere. Basti pensare al fatto che il solo comparto del Design e produzione di stile toscano crea 2.187 milioni di euro contribuendo ad oltre l’11% del totale del valore aggiunto prodotto da tale settore a livello nazionale. Un valore al cui interno racchiude esperienze variegate che vanno dalle attività più tradizionali del Made in Italy a realtà dell’ingegneria più all’avanguardia. Basti pensare al caso dell’azienda Unoaerre Industries che, prima azienda orafa della città di Arezzo, fu fondata nel lontano 1926 ed oggi rappresenta, invece, un’azienda fortemente internazionalizzata che vanta una distribuzione in oltre 30 paesi del Mondo. Oppure l’esempio dell’azienda Marchesi de Frescobaldi che da ben 700 anni e 30 generazioni produce un vino di altissima qualità mantenendo sempre fermo il rispetto del territorio. Oppure ancora, l’azienda Perini Navi che coniuga qualità, tradizione e lunga tradizione marinara costruendo navi a vela ed a motore vendute in tutto il mondo. Oppure il caso del comparto dell’architettura che da solo crea 800,8 milioni di euro contribuendo quasi al 7% del totale del valore aggiunto prodotto dal settore a livello nazionale. Un comparto, anche in questo, che racchiude al proprio interno storie ed esperienze di un territorio ricco di creatività ed ingegno. Un tema particolarmente vivace nel territorio toscano, stimolato dalla presenza di uno dei centri di ricerca più prestigiosi nell’ambito dell’architettura e dell’urbanistica: “Fondazione Michelucci”. La fondazione, dopo 25 anni di attività, è diventata un originale e consolidato punto di riferimento sui temi dell'habitat sociale e del rapporto fra spazio
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e società: dalla salute all’assistenza, dalla devianza ai problemi legati all'immigrazione e alla convivenza. Storie queste che rappresentano solo uno piccolo spaccato di una realtà molto complessa ma che fanno chiaramente emergere come il territorio toscano sia una regione ricca di strutture ed idee che intrecciano la tradizione con l’innovazione e la creatività. Proseguendo nell’analisi dei dati emerge inoltre come le attività collegate al patrimonio storico-artistico e alle arti dell’intrattenimento (Performing arts), infine, contribuiscano in via marginale all’attività settoriale, con quote pari, rispettivamente, all’1,3% e 3,6%. Tali valori, tuttavia, non devono trarre in inganno nel giudizio circa il ruolo di tali tipologie culturali nella creazione di ricchezza sul territorio. Infatti, la presenza di un patrimonio architettonico e monumentale, unito ad un fervore artistico e culturale, come visto anche in precedenza, è da intendersi come un elemento imprescindibile per lo sviluppo della cultura intesa in senso più ampio. Non è un caso se la Toscana, da sempre ricca di un bagaglio storico ineguagliabile, riesce a vendere i propri prodotti all’estero con estrema facilità: le attività culturali tout court generano infatti immense esternalità territoriali che confluiscono nei prodotti e, più in generale, influenzano positivamente i rapporti tra agenti economici attivando quelli che potrebbero essere definiti “processi di relazionalità culturale”. Quanto appena osservato in termini di valore aggiunto vale ancor più se si fa riferimento ai dati sull’occupazione. Le industrie creative assorbono oltre i due terzi dell’occupazione culturale toscana (67,7%) mentre l’incidenza degli addetti delle industrie culturali scende rispetto a quanto visto in precedenza (26,1%). I settori più vicini alla concezione tradizionale di cultura, invece, più lontani dalle logiche industriali del profitto, incidono maggiormente in termini occupazionali rispetto quanto osservato per la ricchezza prodotta, con quote rispettivamente pari all’1,4% ed al 5,0%; valori inferiori a quanto emerso a livello nazionale che, tuttavia, lo si ricorda, sono da associare alla sola dimensione imprenditoriale dell’economia, tralasciando il ruolo del pubblico e no profit che, in queste tipologie di attività, risulta certamente rilevante, come è facilmente osservabile dai dati.
TAB. 3 VALORE AGGIUNTO E OCCUPAZIONE NEI COMPARTI DEL SISTEMA CULTURALE IN TOSCANA E IN ITALIA ANNO 2011 (COMPOSIZIONI PERCENTUALI) Toscana
ITALIA
Comparti culturali
Valore aggiunto
Occupati
Valore aggiunto
Occupati
Industrie creative
60,9
67,7
47,1
53,5
Architettura
15,5
15,0
16,4
16,0
Comunicazione e branding
3,0
3,4
5,2
5,7
Design e produzione di stile
42,3
49,3
25,6
31,8
Industrie culturali
34,3
26,1
46,5
39,1
Film, video, radio-tv
5,7
2,8
10,3
5,3
Videogiochi e software
12,3
10,1
16,4
16,1
Musica
0,5
0,3
0,5
0,4
Libri e stampa
15,8
13,0
19,3
17,4
Patrimonio storico-artistico
1,3
1,7
1,4
1,5
Musei, biblioteche, archivi e gestione di luoghi e monumenti storici
1,3
1,7
1,4
1,5
Performing arts e intrattenimento
3,6
4,5
5,0
5,9
Rappresentazioni artistiche, divertimento e convegni e fiere
3,6
4,5
5,0
5,9
TOTALE CULTURA
100,0
100,0
100,0
100,0
TOTALE ECONOMIA
5,3
6,3
5,4
5,6
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
la toscana che verr 11
In linea con quanto osservato nell’edizione nazionale del Rapporto “L’Italia che Verrà”, anche in quest’occasione si è voluta offrire una visione dinamica dell’evoluzione del settore culturale così da evidenziare, negli anni della crisi, contraddistinti dal periodo 2007-2011, eventuali indizi circa lo “stato di salute” del settore. In tale periodo, contraddistinto da una dinamica recessiva per quello che riguarda l’intera economia regionale, la cultura ha certamente risentito dell’ambiente poco favorevole al punto da registrare, in termini nominali e quindi al loro dell’inflazione, solo una lieve contrazione del valore aggiunto (-0,3% medio annuo), peraltro appena più evidente di quanto osservabile a livello nazionale. Incidono negativamente in tal senso certamente le difficoltà incontrate dal sostegno pubblico alle attività tradizionali del settore così come le avversità, sia sul fronte della domanda interna, sia dei mercati esteri, che la contrazione dell’attività economica complessiva ha generato. Soprattutto nel caso delle attività di fruizione del Patrimonio storico-artistico (-5,0%), i riflessi della crisi sembrano evidenti. La minor capacità di spesa della popolazione locale e i riflessi negativi che sul turismo ha generato lo stato di incertezza degli scenari economici internazionali, ha senza dubbio agito da ulteriore freno ad attività già peraltro interessate da profondi e strutturali mutamenti delle modalità di funzionamento ed organizzazione. Nonostante la capacità del sistema culturale di creare ricchezza sia messa a dura prova dal delicato momento cui versa l’intera economia, il numero di persone occupate nel settore culturale toscano risulta sostanzialmente stazionario in un contesto nazionale dove, tuttavia, si registra una crescita non certo irrilevante viste le condizioni in cui le nostre imprese operano. Ed in effetti, la variazione media annua nazionale, pari al +0,9% e non associata ad una spinta della domanda, suggerisce un percorso ampiamente diffuso di investimenti strategici sospinti dalla convinzione sempre più diffusa della reale economicità del settore culturale, soprattutto alla luce delle sollecitazioni in ambito comunitario a trasformare l’economia europea in immateriale e ad elevata creatività. Il sistema culturale così come concepito in questo approccio di ricerca concentra la propria attenzione sul ruolo che anche il sistema privato ha nel promuovere i valori e le identità culturali di un territorio, nello specifico, la regione Toscana. In verità, il successo dei sistemi culturali dipende dallo stretto connubio esistente tra sistema privato e pubblico a cui si aggiunge il ruolo di collettore esercitato dalle associazioni no profit. D’altronde, all’interno delle strategie di sviluppo del settore culturale a livello locale, esiste una vera e propria ripartizione delle attività, con il settore pubblico e del no profit che alimenta il potenziale culturale a favore della società e le imprese che sfruttano tale potenziale trasformandolo in valore economico e veicolando attraverso i mercati l’insieme di elementi che lo caratterizzano. All’interno di tale compito, tuttavia, sia le istituzioni no profit che la Pubblica Amministrazione apportano comunque il loro piccolo contributo in termini di creazione di ricchezza ed occupazione. A livello regionale, il valore aggiunto prodotto dal sistema culturale comprensivo di P.A. e no profit risulta pari a 5.661 milioni di euro (80 miliardi in Italia), il che evidenzia un apporto ulteriore di quasi mezzo miliardi di euro (5 in Italia); in termini occupazionali, lo stesso surplus risulta pari ad oltre 9mila addetti (quasi 95mila a livello nazionale). In termini di composizione percentuale che, per completezza di ragionamento, si è voluto qui sottolineare secondo quanto riportato nei grafici a seguire, è dunque possibile da subito evidenziare un ruolo certamente secondario in termini di creazione di valore economico che merita comunque essere ricordato.
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FIG. 2 COMPOSIZIONE DEL VALORE AGGIUNTO CULTURALE TRA IMPRESE, P.A. E NO PROFIT IN TOSCANA E IN ITALIA ANNO 2011 (VALORI PERCENTUALI)
TOSCANA INDUSTRIE CREATIVE Architettura Comunicazione e branding Design e produzione di stile
99,5 99,0 99,2 99,7
0,5 1,0 0,8 0,3
INDUSTRIE CULTURALI Film, video, radio-tv Videogiochi e software Musica Libri e stampa
88,7 90,4 100,0
11,3 9,6 0,0
49,2
50,8
82,9
PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO
17,1
23,7
76,3
PERFORMING ARTS E INTRATTENIMENTO
82,6
TOTALE CULTURA
17,4
91,3
0,0
20,0 40,0 Imprese
8,7
60,0 80,0 100,0 P.A. e No Profit
ITALIA INDUSTRIE CREATIVE Architettura Comunicazione e branding Design e produzione di stile
99,4 98,6 99,8 99,8
0,6 1,4 0,2 0,2
INDUSTRIE CULTURALI Film, video, radio-tv Videogiochi e software Musica Libri e stampa
94,5 96,5 100,0
5,5 3,5 0,0
PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO
45,2
54,8
91,9 32,1
PERFORMING ARTS E INTRATTENIMENTO
67,9 89,1
TOTALE CULTURA
8,1
93,8
10,9 6,2
,00 20,00 40,00 60,00 80,00 100,00 P.A. e No Profit
Imprese Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
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Nel complesso delle attività economiche che rientrano nel perimetro culturale, il valore aggiunto prodotto dalla Pubblica Amministrazione e dal No profit risulta in Toscana pari all’8,7%. Si tratta di un peso maggiore a quanto emerso nella Penisola che deriva sia da un ruolo più incisivo in ogni comparto culturale, sia da una specializzazione del settore (oltre la sola componente imprenditoriale) che premia le tipologie culturali più tradizionali (Patrimonio storico-artistico).
FIG. 3 COMPOSIZIONE DELL’OCCUPAZIONE CULTURALE TRA IMPRESE, P.A. E NO PROFIT IN TOSCANA E IN ITALIA ANNO 2011 (VALORI PERCENTUALI)
TOSCANA INDUSTRIE CREATIVE Architettura Comunicazione e branding Design e produzione di stile
99,4 98,5 98,9 99,7
0,6 1,5 1,1 0,3
INDUSTRIE CULTURALI Film, video, radio-tv Videogiochi e software Musica Libri e stampa
87,8 91,8 100,0
12,2 8,2 0,0
35,7
64,3 81,5
PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO
18,5
31,9
68,1
PERFORMING ARTS E INTRATTENIMENTO
85,5
TOTALE CULTURA
14,5 7,9
92,1
0,0
20,0 40,0 Imprese
60,0 80,0 100,0 P.A. e No Profit
ITALIA INDUSTRIE CREATIVE Architettura Comunicazione e branding Design e produzione di stile
99,2 97,9 99,8 99,8
0,8 2,1 0,2 0,2
INDUSTRIE CULTURALI Film, video, radio-tv Videogiochi e software Musica Libri e stampa
93,5 96,1 100,0
6,5 3,9 0,0
PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO
31,6
68,4 91,0
33,5
9,0 66,5
PERFORMING ARTS E INTRATTENIMENTO
90,0
TOTALE CULTURA
93,6
0,0 20,0 Imprese
40,0
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
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60,0 80,0 P.A. e No Profit
10,0 6,4
100,0
In tali attività, infatti, l’apporto della P.A. e del no profit risulta pari ad oltre i tre quarti (67,9% in Italia); si tratta di un valore che se da un lato evidenzia lo spessore culturale toscano, dall’altro ne dimostra una sostanziale arretratezza. Non a caso, infatti, i sistemi culturali dei territori europei mostratisi più vivaci, associano spesso un settore delle performing arts vivace ad un comparto di valorizzazione del patrimonio storico-artistico in cui il ruolo della P.A. scende progressivamente. Anche in termini occupazionali l’apporto complessivo dei settori istituzionali extra-imprenditoriali risulta secondario, anche se leggermente superiore a quanto emerso per il valore aggiunto. Anche in questo caso, però, emerge un contributo comparativamente superiore a quanto emerso per l’intera Penisola (7,9% rispetto a 6,4%) che è diffuso in ogni tipologia culturale qui analizzata, a partire da quella del patrimonio storico-artistico, di cui di è appena ricordata l’importanza.
2.1 LA STRUTTURA IMPRENDITORIALE DEL SISTEMA PRODUTTIVO CULTURALE Seguendo quanto emerso fino ad ora, si è compreso il ruolo che, in termini valorizzazione economica, il sistema delle piccole e medie imprese toscane esercita. Per dare contezza in termini numerici di quanto già emerso nell’analisi del valore aggiunto e dell’occupazione, si è quindi scelto di dedicare un paragrafo a se stante riguardante le imprese che rientrano nella definizione di settore culturale, attraverso l’utilizzo dei risultati derivanti dall’interrogazione del Registro delle Imprese. Ebbene, al 2011, il numero di imprese registrate in Toscana risulta pari a 417.200 unità, di cui 34.756 afferenti al settore culturale così come perimetrato in nota metodologica. In termini assoluti, la regione si presenta come quarta tra quelle italiane dietro alla Lombardia, al Lazio e al Veneto. In termini percentuali, il sistema culturale regionale incide per circa il 7,8% del totale nazionale e per l’8,3% relativamente al totale delle imprese regionali. Tale valore posiziona la Toscana tra le prime tre regioni italiane per specializzazione del sistema imprenditoriale, dopo la Lombardia (8,8%) e subito dietro al Lazio (8,4%). È interessante notare come proprio le realtà più ricche in termini di valore aggiunto e occupazione siano quelle a sperimentare una maggior attinenza ai temi culturali; ciò in quanto la cultura offre stimoli all’economia ed alla competitività delle imprese ed è essa stessa il risultato di un ambiente economico florido, dove saperi e capacità creativa interagiscono continuamente, facilitando la creazione di quelle esternalità ambientali necessarie ad implementare modelli di sviluppo efficaci e duraturi. A conferma di ciò, in effetti, è altrettanto vero come le realtà più in disagio – gran parte di quelle meridionali – mostrino valori di specializzazione culturale dei sistemi imprenditoriali evidentemente inferiori a quelli evidenziati dalla media nazionale. Ciò vale soprattutto per la Campania e la Puglia, che in entrambi i casi, non riescono ad arrivare ad una quota percentuale del 6%, fermandosi appena al di sotto di essa.
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TAB. 4 GRADUATORIA DELLE PRIME DIECI REGIONI PER NUMERO DI IMPRESE CULTURALI REGISTRATE ANNO 2011 (VALORI ASSOLUTI, COMPOSIZIONI E INCIDENZE PERCENTUALI SUL TOTALE ECONOMIA) Valori assoluti Regioni
Quote percentuali
955.088 608.462 505.467 417.200 557.207 467.671 475.716 557.207 463.475 385.856
Incidenza % sul totale nazionale 19,0 11,6 8,8 7,8 7,4 7,3 7,3 7,4 6,2 5,1
Incidenza % sul totale economia 8,8 8,4 7,7 8,3 5,9 6,9 6,8 5,9 6,0 5,9
1.604.266 1.200.883 1.299.584 2.005.341 6.110.074
29,1 19,7 23,7 27,5 100,0
8,1 7,3 8,1 6,1 7,3
Cultura
Totale economia
1) Lombardia 2) Lazio 3) Veneto 4) Toscana 5) Campania 6) Piemonte 7) Emilia-Romagna 8) Campania 9) Sicilia 10) Puglia
84.106 51.248 38.834 34.756 33.035 32.468 32.461 33.035 27.682 22.810
Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno ITALIA
129.184 87.376 105.285 121.809 443.653
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
In termini dinamici, sempre prendendo a riferimento gli ultimi cinque anni (2007-2011), nonostante una specializzazione come visto già premiante, si evidenzia per la Toscana una crescita del numero di imprese (+0,9%) che è in linea con la media delle regioni centrali (+0,8%) e superiore a quella media italiana (+0,6%). Ciò è da considerare di buon auspicio, soprattutto alla luce delle difficoltà cui versa l’economia in quest’ultimo periodo e che rende difficile per gli imprenditori cimentarsi in nuove attività e sopportare nuovi investimenti in tal senso, specialmente in un settore in cui difficilmente si riescono ad ottenere risultati nell’immediato.
2.2 LA PROIEZIONE INTERNAZIONALE DEL SISTEMA PRODUTTIVO CULTURALE Come si è precisato più volte nel corso dell’attuale rapporto, la nuova concezione del perimetro culturale emersa negli ultimi anni in ambito internazionale e recepita e riadattata sulla base delle specificità che caratterizzano l’economia italiana, pone l’accento soprattutto sulla capacità di valorizzare i tratti culturali dei territori attraverso la vendita sui mercati internazionali. D’altronde, un passaggio analogo già tempo addietro venne fatto per ciò che riguarda il turismo inteso come valorizzazione economica del patrimonio culturale presente a livello locale. La Toscana, che già eccelle per ciò che riguarda la capacità di veicolazione turistica, presenta elevati livelli di efficacia anche per quel che concerne il canale di esportazione dei prodotti, forte del connubio cultura e manufatti che trova nel made in Italy il canale prevalente di perfezionamento. Non è una novità, infatti, che all’estero il brand toscano sia facilmente riconoscibile nel campo della moda, della gioielleria, del cibo e che tale riconoscimento si basi proprio sui tratti culturali che tali produzioni incorporano e che finiscono per rafforzare l’identità culturale toscana a livello internazionale.
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Stante ciò, si reputa necessario approfondire la tematica dell’accesso ai mercati delle imprese rientranti nel perimetro culturale attraverso l’utilizzo delle stime già proposte nell’edizione 2012 del rapporto “L’Italia che verrà” qui concentrate sulla performance regionale toscana e sul confronto con quanto osservabile a livello nazionale. Le regioni che più prodotti culturali riescono ad esportare in termini assoluti, al 2011, risultano il Veneto (9.145 milioni di euro), la Lombardia (7.011 milioni) e la Toscana (6.669 milioni di euro) che, complessivamente, assorbono quasi i due terzi dell’export culturale italiano (pari ad oltre 38 miliardi di euro). Si tratta quasi esclusivamente di export proveniente dal comparto del Design e della produzione di stile, il che supporta l’impostazione metodologica che considera il comparto delle industrie culturali, e più nello specifico del design e delle produzione di stile, come strumento di veicolazione all’estero dei contenuti culturali dei territori e, nello specifico, della Toscana. In termini dinamici, mentre l’export culturale italiano è rimasto sostanzialmente stabile durante gli anni della crisi, quello toscano ha continuato a crescere a ritmi sostenuti (+3,2% annuo) sotto la spinta del rafforzamento del branding che da decenni fa della regione sintesi perfetta di turismo, saperi, storia, arte e qualità della vita.
TAB. 5 GRADUATORIA DELLE PRIME DIECI REGIONI ITALIANE PER EXPORT CULTURALE ANNO 2007-20111 (VALORI ASSOLUTI, VARIAZIONI % MEDIE ANNUE E INCIDENZE PERCENTUALI) In % sul valore aggiunto
Export culturale Regione 2011
2007
1) Veneto 9.144,9 9.265,1 2) Lombardia 8.024,9 7.011,2 3) Toscana 6.669,3 5.878,0 4) Piemonte 3.528,5 3.662,8 5) Emilia-Romagna 2.800,1 2.759,5 6) Friuli-Venezia Giulia 1.738,0 2.408,9 7) Marche 1.459,1 1.636,7 8) Campania 922,5 1.060,3 9) Trentino-Alto Adige 920,7 946,1 10) Puglia 757,8 1.056,6 ITALIA 38.094,1 38.258,8 Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
Var. % media annue -0,3 3,4 3,2 -0,9 0,0 -7,8 -2,8 -3,4 -0,7 -8,0 -0,1
2011 6,8 2,7 6,8 3,2 2,2 5,3 3,9 1,1 3,0 1,2 2,7
2007 6,8 2,4 6,2 3,2 2,2 7,1 4,3 1,2 3,1 1,7 2,7
In % sul totale export 2011 18,2 7,7 22,0 9,2 5,8 13,8 15,0 9,8 13,6 9,3 10,3
2007 18,3 6,9 22,2 9,8 6,0 19,4 13,1 11,2 15,3 14,7 10,7
Basti pensare come, tra le altri grandi regioni culturali, solo la Lombardia mostra altrettanto evidenti segnali di crescita (+3,4%), a cui si associano contrazioni del valore complessivamente esportato dal settore per ciò che riguarda il Veneto (-0,3% annuo) ed il Lazio (-4,1% annuo). In termini di specializzazione, e nello specifico di propensione all’export culturale, la regione risulta tra le prime, con una quota dell’export culturale sul valore aggiunto dell’intera economia (6,8%) che è più che doppia rispetto a quanto osservato mediamente in Italia (2,7%). Una performance che solo il Veneto eguaglia e che, in aggiunta, è frutto di un notevole miglioramento derivante dall’evoluzione del ruolo del settore nell’economia regionale durante questi anni di difficoltà ( quando il valore era del 6,2%).
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FIG. 4 PROPENSIONE ALL’EXPORT CULTURALE DELLE REGIONI ITALIANE ANNI 2007 E 2011 (VALORI PERCENTUALI)
2007 Friuli-Venezia Giulia Veneto Toscana Marche Piemonte Trentino-Alto Adige ITALIA Lombardia Emilia-Romagna Basilicata Abruzzo Puglia Campania Valle d'Aosta Umbria Liguria Molise Lazio Sicilia Sardegna Calabria
3,2 3,1 2,7 2,4 2,2 2,1 2,0 1,7 1,2 1,0 0,9 0,8 0,7 0,6 0,4 0,2 0,0
4,3
6,2
7,1 6,8
2011 Veneto Toscana Friuli-Venezia Giulia Marche Piemonte Trentino-Alto Adige Lombardia ITALIA Emilia-Romagna Abruzzo Valle d'Aosta Puglia Umbria Campania Basilicata Liguria Molise Lazio Sicilia Sardegna Calabria
1,8 1,6 1,2 1,1 1,1 0,8 0,7 0,7 0,5 0,3 0,2 0,1
2,2
3,2 3,0 2,7 2,7
3,9
5,3
6,8 6,8
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
Parimenti, anche in rapporto alle esportazioni complessive della regione, la Toscana è senza dubbio il più importante punto di riferimento per la veicolazione dei contenuti culturali dell’Italia. L’incidenza in questo caso è del 22% circa, sostanzialmente stazionaria durante gli ultimi anni e maggiore di quanto osservabile nelle altre realtà della Penisola. Per facilitare eventuali paragoni, basti pensare che il valore medio italiano risulta inferiore alla metà (10,3%) e stante gli ultimi cinque anni, tale differenziale sembrerebbe addirittura ampliarsi in termini
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proiettivi, favorendo la regione anche e soprattutto nei confronti delle principali realtà del Nord-Est, da anni competitor culturali nella vendita verso i mercati esteri delle caratterizzazioni culturali dell’Italia. In altre parole, quanto appena emerso conferma il sentiment comune di una regione che non solo è culla della cultura italiana ma che più di altre riesce a trasformare i valori culturali del territorio in prodotti e offerta per i consumatori internazionali. In un contesto in cui la domanda interna sembra sempre più contrarsi, ciò è da considerare un punto di forza, soprattutto alla luce delle possibili strategie di sviluppo del settore.
FIG. 5 SPECIALIZZAZIONE CULTURALE DELLE ESPORTAZIONI REGIONALI ITALIANE ANNI 2007 E 2011 (VALORI PERCENTUALI) 2007
2007
Toscana Friuli-Venezia Giulia Veneto Trentino-Alto Adige Puglia Marche Campania ITALIA Basilicata Piemonte Abruzzo Liguria Lombardia Molise Lazio Emilia-Romagna Umbria Valle d'Aosta Calabria Sicilia Sardegna
22,2 19,4 18,3 15,3 14,7 13,1 11,2 10,7 10,1 9,8 7,2 6,9 6,9 6,7 6,4 6,0 4,9 4,2 3,5 3,1 1,5
2011 Toscana Veneto Marche Friuli-Venezia Giulia Trentino-Alto Adige ITALIA Molise Campania Puglia Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Abruzzo Umbria Emilia-Romagna Basilicata Calabria Liguria Lazio Sicilia Sardegna
22,0 18,2 15,0 13,8 13,6 10,3 10,1 9,8 9,3 9,2 9,1 7,7 6,2 6,0 5,8 5,2 4,7 4,5 4,3 1,8 1,0
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
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D’altronde, la capacità del settore di sostenere lo sviluppo, nonostante una naturale inclinazione dell’imprenditoria locale verso i temi dell’identità culturale, sembra essere minacciata dalla trasformazione degli equilibri geo-economici su scala internazionale che la globalizzazione produce. Trasformazione che, in ultima analisi, potrebbe diluire quel potenziale culturale intrinseco al territorio toscano che già più volte permise alla regione di innestare prolungati sentieri di sviluppo economico e sociale. Solo puntando sulla qualità e sulla sostenibilità dei cicli sarà possibile allontanarsi da tali pericoli valorizzando il vantaggio che la regione manifesta in termini di bagaglio artistico, storico e artigianale. Vantaggio questo che deve necessariamente essere ancora più valorizzato da tutti i settori istituzionali, dalle imprese alle istituzioni, per poter far emergere sempre di più, anche sulle piattaforme internazionali, le ingenti risorse di cui dispone la Toscana e l’Italia in generale. Ed è per questo che attività come quelle svolte da alcune realtà italiane costituiscono un condizione necessaria per la ripresa della crescita economica del nostro territorio. Attività queste che valorizzando i prodotti ed i servizi delle numerose imprese culturali ne incrementano lo stesso valore aggiunto, veicolando le competenze e le conoscenze anche al di fuori dal territorio in cui si creano.
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3. L’APPORTO DELLA CULTURA ALLE ECONOMIE PROVINCIALI TOSCANE Come si è visto nel precedente capitolo, la regione Toscana presenta una serie di primati in riferimento al ruolo che la cultura esercita nella valorizzazione economica dei territori che la compongono, sia come apporto in termini di valore aggiunto ed occupazione, sia come capacità di veicolare tali contenuti all’interno dei prodotti esportati. Nel caso di alcune province toscane, tali vantaggi competitivi sono addirittura amplificati per via dello stretto ed inscindibile legame esistente tra storia, patrimonio artistico, artigianalità e saperi tradizionali, imprenditorialità e capacità organizzative e manageriali. Qui di seguito si propone una rapida visione dei principali risultati emersi dall’esperienza di ricerca che posizionano alcune province toscane ai vertici delle graduatorie nazionali per ciò che riguarda il contributo all’economia offerto localmente dalla cultura. Ed infatti, con riferimento ai valori relativi alle specializzazioni culturali delle provincie italiane, emerge come, nel 2011, il valore aggiunto prodotto dal sistema culturale aretino sia il più elevato (8,4%) e ben maggiore di quanto osservabile a livello nazionale (5,4%). Si tratta di un valore certamente elevato che, in aggiunta, permette alla provincia di conservare un evidente vantaggio nei confronti di altre realtà comunque caratterizzate per un ruolo premiante del settore nell’economia: Pordenone (8,0%), Milano (8,0%), Pesaro Urbino e Vicenza (7,9%), Roma (7,6%), Treviso (7,5%), Macerata e Pisa (6,9%). Di converso, le province che presentano una minore specializzazione culturale risultano essere quelle meridionali e nello specifico: Sassari (2,7%), Caltanissetta (2,6%) e Taranto (2,6%). Tra le ultime dieci posizioni si ritrovano, inoltre, due province toscane quali Massa Carrara (3,0%) e Livorno (2,8%): ciò evidenzia come la regione toscana sia estremamente eterogenea in termini di impatto economico della cultura, a dimostrazione delle profonde differenze che nella storia hanno caratterizzato le varie realtà che la popolano. Tra le province emerge il posizionamento di Arezzo, confermato anche dai dati relativi alla specializzazione occupazionale. Infatti, se a livello nazionale l’occupazione nelle imprese culturali risulta essere pari al 5,6% del totale occupati, nella provincia di Arezzo tale valore sale al 9,8%. Tra le altre provincie che presentano valori superiori rispetto alla media nazionale si ritrovano Pisa (7,9%) e Firenze (7,6%).
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FIG. 6 GRADUATORIA DELLE PROVINCE ITALIANE PER SPECIALIZZAZIONE CULTURALE DELL’ECONOMIA ANNO 2011 (INCIDENZE PERCENTUALI SUL TOTALE ECONOMIA DI VALORE AGGIUNTO E OCCUPATI) Valore aggiunto Pos.
Provincia
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10)
Arezzo Pordenone Milano Pesaro e Urbino Vicenza Roma Treviso Macerata Pisa Verona
Occupati Incidenza %
Pos.
8,4 8,0 8,0 7,9 7,9 7,6 7,5 6,9 6,9 6,8
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10)
3,0 3,0 2,9 2,9 2,8 2,8 2,8 2,7 2,6 2,6 5,4
101) 102) 103) 104) 105) 106) 107) 108) 109) 110)
Prime dieci
Ultime dieci 101) 102) 103) 104) 105) 106) 107) 108) 109) 110)
Reggio di Calabria Massa-Carrara Foggia La Spezia Agrigento Olbia-Tempio Livorno Sassari Caltanissetta Taranto
Provincia Prime dieci Arezzo Pesaro e Urbino Vicenza Pordenone Treviso Pisa Milano Macerata Firenze Monza e della Brianza Ultime dieci Sassari Crotone Brindisi Latina Massa-Carrara Caserta Livorno Foggia Caltanissetta Taranto ITALIA
Incidenza % 9,8 9,5 9,1 8,6 8,5 7,9 7,8 7,7 7,6 7,4 3,5 3,5 3,4 3,3 3,3 3,2 3,2 3,2 3,1 3,0 5,6
ITALIA Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
Al contrario, i territori nei quali l’occupazione culturale incide non significativamente sul totale dell’occupazione risultano essere soprattutto le provincie del sud Italia ed, in particolar modo, Foggia (3,2%), Caltanissetta (3,1%) e Taranto (3,0%), mentre, tra le provincie toscane i minori valori si riscontrano, ancora una volta, nelle provincie di Massa Carrara (3,3%) e di Livorno (3,2%).
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FIG. 7 CONTRIBUTO DEL SISTEMA PRODUTTIVO CULTURALE AL VALORE AGGIUNTO DELLE PROVINCE ITALIANE ANNO 2011 (VALORI PERCENTUALI)
Fino a 3,53 3,53-4,34 4,34-5,27 Oltre 5,27
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
La specializzazione culturale del sistema economico toscano è dunque, significativamente, confermata anche dai dati anche se, pur coinvolgendo l’intero territorio, interessa i diversi sistemi produttivi con intensità differente. Tale aspetto risulta particolarmente visibile dalla rappresentazione cartografica che evidenzia il diverso peso che la specializzazione culturale assume per i vari territori toscani. Una performance come quella evidenziata in termini di apporto alla creazione di valore economico che la cultura offre ad Arezzo, è ovviamente frutto di un sistema imprenditoriale ben strutturato e capace di indirizzare parte non certo rilevante dell’attività produttiva locale. Non è un caso, dunque, se tra le province italiane, Arezzo si presenti quinta per indice di intensità culturale, con quasi 4mila imprese (3.794 per l’esattezza) che, al 2011, incidono per il 10,3% dell’intero sistema locale di imprese. Solo le grandi realtà metropolitane di Firenze (12 mila e 800 imprese culturali che incidono per l’11,8%), Milano (dove l’analoga quota risulta pari al 10,3%) mostrano valori maggiori, a dimostrazione di quanto la realtà aretina presenti un modello di sviluppo progredito.
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FIG. 8 GRADUATORIA PER DENSIT IMPRENDITORIALE DEI SISTEMI CULTURALI PROVINCIALI IN ITALIA ANNO 2011 (VALORI PERCENTUALI) Pos.
Provincia
Incidenza %
Pos.
Provincia
Incidenza %
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10)
Firenze Milano Monza e della Brianza Como Arezzo Roma Pisa Lecco Trieste Bologna
11,8 10,7 10,3 10,3 10,3 9,5 9,3 9,1 8,6 8,6
96) 97) 98) 99) 100) 101) 102) 103) 104) 105)
Caltanissetta Trapani Brindisi Rovigo Crotone Viterbo Agrigento Grosseto Caserta Foggia ITALIA
5,0 4,9 4,9 4,8 4,7 4,7 4,7 4,6 4,5 4,3 7,3
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
Un valore quello mostrato dalla provincia toscana, che è eguagliato solo dalle province di Come e MonzaBrianza, che tra l’altro sfruttano la vicinanza con l’area metropolitana di Milano e comunque presentano valori di ricchezza decisamente più elevati.
FIG. 9 GRADUATORIA DELLE PRIME VENTI PROVINCE ITALIANE PER PROPENSIONE ALL’EXPORT CULTURALE ANNO 2011 (VALORI PERCENTUALI)
In termini di valore
In termini occupazionali
(esportazioni culturali su valore aggiunto)
(addetti imprese cultura esportatrici su totale addetti)
Pos.
Provincia
%
Pos.
Provincia
%
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20)
Arezzo Vicenza Pordenone Cuneo Pisa Treviso Alessandria Udine Asti Pesaro e Urbino Gorizia Firenze Matera Verona Siena Como Lucca Pistoia Parma Avellino ITALIA
19,9 17,9 11,2 10,3 9,0 8,7 7,7 7,5 7,2 6,9 6,2 5,9 5,7 5,4 5,3 5,3 4,9 4,6 4,6 4,2 2,7
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20)
Arezzo Pordenone Pesaro e Urbino Treviso Vicenza Macerata Pisa Como Verona Udine Firenze Gorizia Ancona Alessandria Milano Parma Forlì-Cesena Matera Teramo Avellino ITALIA
10,0 9,5 8,4 7,1 6,7 6,4 5,2 4,8 4,3 4,1 3,8 3,8 3,6 3,6 3,5 3,4 3,3 3,1 2,7 2,7 2,3
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Fonte: elaborazioni su dati Istat
Dopo aver esaminato i principali elementi strutturali dei sistemi economici provinciali, si è proceduto ad analizzare le performance ottenute dai diversi territori in termini di export, aspetto questo che permette di esaminare anche le performance ottenute dalle imprese nel contesto internazionale. Guardando alla graduatoria delle provincie stilata in base all’incidenza delle esportazioni culturali sul totale del valore aggiunto emerge ancora una volta il primato della provincia di Arezzo. Ed in effetti, proprio questo sembra essere l’elemento caratterizzante del sistema culturale aretino, così come in precedenza si era visto per il più ampio riferimento regionale toscano. Se le esportazioni culturali incidono sul totale del valore aggiunto nazionale per il 2,7%, ad Arezzo tale quota raggiunge un valore significativamente più elevato e pari al 19,9%. Solo Vicenza, tra le altre province italiane, mostra valori vicini a quello aretino (17,9%), mentre più staccati appaiono alcune realtà del Nord-Est quali Pordenone (11,2%) e Cuneo (10,3%). I prodotti aretini, primi fra tutti quelli del lusso (sistema moda, oreficeria e beni per la persona), costituiscono una eccellenza difficilmente replicabile e soprattutto un brand conosciuto e apprezzato a livello internazionale. Anche le altre provincie toscane presentano valori elevati: Firenze si colloca al dodicesimo posto con una quota pari al 5,9%, Siena al quindicesimo (5,3%), Lucca al diciassettesimo (4,9%) e Pistoia al diciottesimo (4,6%). Il primato della provincia aretina si conferma anche per quel che concerne la specializzazione in termini occupazionali, ovvero l’incidenza degli addetti delle imprese culturali esportatrici sul totale degli addetti. Nello specifico, ben il 10% del totale degli addetti della provincia di Arezzo risulta impegnata in imprese esportatrici appartenenti al settore culturale; una performance rilevante soprattutto nel confronto con la media nazionale che, al 2011, risulta pari ad appena il 2,3%. Valori elevati si riscontrano anche per quel che riguarda le province di Pordenone (9,5%) e Pesaro-Urbino (8,4%), coerentemente con i risultati ottenuti in termini di valore esportato. Focalizzando l’attenzione sulle altre realtà provinciali della Toscana, sono senza dubbio da citare i valori di Pisa (5,2%), Firenze (3,8%) e Pistoia (2,6%).
FIG. 10 PROPENSIONE ALL’EXPORT CULTURALE DELLE PROVINCE ITALIANE ANNI 2007 E 2011 (VALORI PERCENTUALI)
2007
2011
Fonte: Fondazione Symbola, Unioncamere, 2012
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Stante quanto osservato per la Toscana, anche e soprattutto per Arezzo è emerso un sistema culturale altamente competitivo, capace di valorizzare in termini economici l’immenso patrimonio storico e artistico che è frutto della sedimentazione di più periodi floridi sotto il profilo culturale e che hanno lasciato un bagaglio infrastrutturale abilmente utilizzato e reinterpretato dalla società e dagli imprenditori al fine di veicolare l’identità territoriale e quindi culturale della provincia al di fuori dei confini nazionali, dove elevata sembra essere la richiesta di prodotti connotati da tali caratteristiche, soprattutto nel campo dei beni di lusso e della cura della persona.
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ALLEGAT0 DEFINIZIONE DEL PERIMETRO DEL SISTEMA PRODUTTIVO CULTURALE (LIMITATO ALLE SOLE IMPRESE) Partendo dalla classificazione delle attività economiche Ateco 2007, il perimetro del sistema produttivo culturale è stato costruito scegliendo una serie di attività economiche, per l’esattezza 82 attinenti alla quinta cifra Ateco, per le quali sono state inizialmente stimati i dati sul valore aggiunto e occupati - sulla base dei dati dell’archivio Asia di fonte Istat (territorialmente a partire dal livello comunale) e in coerenza con i nuovi quadri di contabilità nazionale elaborati dall’Istat - con riferimento al solo settore privato. Quindi, trattasi di stime bottom-up, ovvero che partono dalle singole attività Ateco, declinate territorialmente su scala comunale, per arrivare, tramite aggregazione, ai valori relativi al sistema produttivo culturale, passando per i suoi subcomparti, qui di seguito descritti. Industrie culturali, dove sono ricomprese le attività collegate alla produzione di beni strettamente connessi alle principali attività artistiche ad elevato contenuto creativo. Nello specifico il comparto è formato dai seguenti sub-comparti: film, video, radio-tv; videogiochi e software; musica; libri e stampa Industrie creative, formato da tutte quelle attività produttive ad alto contenuto creativo che contribuiscono alla formazione e alla valorizzazione di quella cultura italiana del ‘saper produrrÈ di qualità. Di seguito i sub-comparti di cui è costituito: architettura; comunicazione e branding (attività di pubblicità e comunicazione); design e produzione di stile, costituito, oltre che dalle classiche attività direttamente legate al design, da tutte le attività manifatturiere tipiche del made in Italy maggiormente in grado di veicolare l’immagine del nostro Paese nel mondo, ovvero che grazie al design e stile originale dei propri prodotti riescono a competere sui mercati esteri Performing arts e arti visive, costituito dalle attività legate alle rappresentazioni artistiche, di intrattenimento e divertimento vario, comprese anche quelle di supporto, assieme a quelle associate alla gestione di teatri, sale da concerto e strutture artistiche varie, ai parchi divertimento e tematici, nonché alla organizzazione di convegni e fiere. Questo comparto si ripete nel suo insieme in un unico sub-comparto denominato: rappresentazioni artistiche, intrattenimento, convegni e fiere Patrimonio storico-artistico architettonico, il quale ricomprende le attività − svolte sempre in forma di impresa − che hanno a che fare con la conservazione, la fruizione e la messa a valore del patrimonio, tanto nelle sue dimensioni tangibili che in quelle intangibili (musei, biblioteche, archivi, gestione di luoghi o monumenti, ecc.). Anche in questo caso, il comparto si ripete nel suo insieme in un unico sub-comparto denominato: musei biblioteche, archivi e gestione di luoghi e monumenti storici .
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ALLARGAMENTO ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E AL NO PROFIT L’allargamento al settore pubblico e al no profit è stato realizzato stimando, per ciascuna delle 82 attività economiche perimetrate all’interno del sistema produttivo culturale, l’eventuale quota parte di valore aggiunto e occupati relativa alla PA e al no profit, che va ad aggiungersi a quella già precedentemente stimata per le sole imprese.
FILIERA DELLA CULTURA A partire dal valore aggiunto e occupati del sistema produttivo culturale si è proceduto alla stima di tutte le altre attività dell’economia (sia private, pubbliche che no profit) attivate direttamente e indirettamente da quelle perimetrate nel sistema culturale. Volendo definire tale filiera sono state prese in considerazione una serie di attività, per l’esattezza 94 codici Ateco alla quinta cifra, riguardanti: attività formative (corsi universitari e post-universitari, accademie, conservatori, istruzione e formazione superiore, corsi di formazione e aggiornamento, etc.); produzioni agricole tipiche; attività del commercio al dettaglio alimentare e non alimentare collegate alle produzioni dell’industria culturale; attività turistiche (alloggio e ristorazione - con specifico riferimento alle aree con città d’arte - agenzie di viaggio, guide e accompagnatori turistici); attività dei trasporti (terrestri, marittimi e costieri, aerei, sia con riferimento a traffico merci che a traffico passeggeri ma, in quest’ultimo caso, in analogia a quanto fatto per le attività turistiche, con riferimento ai territori con città d’arte); attività connesse all’edilizia (costruzione di opere civili e di pubblica utilità, recupero del patrimonio storico-architettonico, ecc.); altre attività (ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle scienze sociali e umanistiche, regolamentazione dell'attività degli organismi preposti ai servizi ricreativi, culturali e sociali vari, attività di organizzazioni nonprofit, ecc.); attività delle imprese corrispondenti ai codici Ateco del “design e produzione di stile” che non sono né artigiane e né esportatrici, escluse dal perimetro del sistema produttivo culturale, ma che in un’ottica di filiera è quanto mai opportuno includere. Per queste attività, al pari di quelle perimetrate per il sistema produttivo culturale, sono state realizzate le medesime stime di valore aggiunto e occupazione sempre sulla base dei dati dell’archivio Asia di fonte Istat (territorialmente a partire dal livello comunale) e in coerenza con i nuovi quadri di contabilità nazionale elaborati dall’Istat.
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PERIMETRO DELLE ATTIVIT ECONOMICHE DEL SISTEMA PRODUTTIVO CULTURALE Comparti
Sotto comparti
Codice Ateco 2007 59110 59120 26400
Film, video, radio-tv
Programmazione e trasmissioni televisive
59140
Attività di proiezione cinematografica
59130
Industrie culturali
Musica
Industrie creative
Libri e stampa
Architettura
Comunicazione e branding
Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi Attività di post-produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi Fabbricazione app. per riproduzione e registrazione del suono e delle immagini
60200
26702
Videogiochi e software
Descrizione attività
Fabbricazione di apparecchiature fotografiche e cinematografiche Attività di distribuzione cinematografica, di video e di programmi televisivi
60100
Trasmissioni radiofoniche
62010
Produzione di software non connesso all'edizione
62020
Consulenza nel settore delle tecnologie dell'informatica
62090
Altre attività dei servizi connessi alle tecnologie dell'informatica
58210
Edizione di giochi per computer
32401
Fabbricazione di giochi (inclusi i giochi elettronici)
59202
Edizione di musica stampata
59201
Edizione di registrazioni sonore
18200
Riproduzione di supporti registrati
59203
Studi di registrazione sonora
74202
Laboratori fotografici per lo sviluppo e la stampa
90030
Creazioni artistiche e letterarie
18120
Altra stampa
47610
Commercio al dettaglio di libri nuovi in esercizi specializzati
18130
Lavorazioni preliminari alla stampa e ai media
58140
Edizione di riviste e periodici
58110
Edizione di libri
58130
Edizione di quotidiani
17230
Fabbricazione di prodotti cartotecnici
63910
Attività delle agenzie di stampa
18110
Stampa di giornali
18140
Legatoria e servizi connessi
58190
Altre attività editoriali
82992
Agenzie di distribuzione di libri, giornali e riviste
71110
Attività degli studi di architettura
71121
Attività degli studi di ingegneria
71122
Servizi di progettazione di ingegneria integrata
70210
Pubbliche relazioni e comunicazione
73110
Agenzie pubblicitarie
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73120
Attività delle concessionarie e degli altri intermediari di servizi pubblicitari
74101
Attività di design di moda e design industriale
74102
Attività dei disegnatori grafici
74103
Attività dei disegnatori tecnici
74109
Altre attività di design
56101 10730 11022
Produzione di vino spumante e altri vini speciali
11010
Distillazione, rettifica e miscelatura degli alcolici
11021
Produzione di vini da tavola e v.q.p.r.d.
31091
Fabbricazione di mobili per arredo domestico
95240
Riparazione di mobili e di oggetti di arredamento; laboratori di tappezzeria
16294
Laboratori di corniciai
23410 23702 15110 23199 32122 Design e produzione di stile
32121
Fabbricazione di strumenti musicali (incluse parti e accessori)
13991
Fabbricazione di ricami
13992
Fabbricazione di tulle, pizzi e merletti
31095
Finitura di mobili
25993
Fabbricazione di oggetti in ferro, in rame ed altri metalli
23192
Lavorazione di vetro a mano e a soffio artistico
15120
Fabbricazione di articoli da viaggio, borse e simili, pelletteria e selleria
14132
Sartoria e confezione su misura di abbigliamento esterno
30120
Costruzione di imbarcazioni da diporto e sportive
31093
Fabbricazione di poltrone e divani
31011
Fabbricazione di sedie e poltrone per ufficio e negozi
31092
Perf orm ing arts e arti visi ve
Fabbricazione di prodotti in ceramica per usi domestici e ornamentali Lavorazione artistica del marmo e di altre pietre affini, lavori in mosaico Preparazione e concia del cuoio e pelle; preparazione e tintura di pellicce Fabbricazione di altri prodotti in vetro (inclusa la vetreria tecnica) Lavorazione di pietre preziose e semipreziose per gioielleria e per uso industriale Fabbricazione di oggetti di gioielleria ed oreficeria in metalli preziosi o rivestiti
32200
32402
Rappresentazioni
Ristorazione con somministrazione; ristorazione connessa alle aziende agricole Produzione di paste alimentari, di cuscus e di prodotti farinacei e simili
Fabbricazione di giocattoli (inclusi i tricicli e gli strumenti musicali giocattolo) Fabbricazione di sedie e sedili (esclusi per mezzi di trasporto, uffici e negozi)
31020
Fabbricazione di mobili per cucina
26520
Fabbricazione di orologi
31099
Fabbricazione di altri mobili (inclusi quelli per arredo esterno)
31094
Fabbricazione di parti e accessori di mobili
25121
Fabbricazione di porte, finestre e loro telai, imposte e cancelli metallici
90010
Rappresentazioni artistiche
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Patrimonio storicoartistico
artistiche, intrattenimento, convegni e fiere
Musei, biblioteche e monumenti storici
93299
Altre attività di intrattenimento e di divertimento nca
90020
Attività di supporto alle rappresentazioni artistiche
93210
Parchi di divertimento e parchi tematici
90040
Gestione di teatri, sale da concerto e altre strutture artistiche
82300
Organizzazione di convegni e fiere
91020
Attività di musei
91030
Gestione di luoghi e monumenti storici e attrazioni simili
91010
Attività di biblioteche ed archivi
Fonte: Unioncamere, Fondazione Symbola, 2012
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