Prospettive Emergenti

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Prospettive Emergenti TENDENZE ATTUALI DELLA FOTOGRAFIA ITALIANA TENDENCIAS ACTUALES DE LA FOTOGRAFÍA ITALIANA

30 NOVIEMBRE / 7 DICIEMBRE 2018 Palacio de Lombillo Plaza de la Catedral, La Habana - Cuba


una mostra di / una exposición de: Fondo Malerba per la Fotografia

a cura di / curadores: Alain Cabrera Mino Di Vita

progetto installazione / proyecto de instalación: arch. Licia Micolitti

segreteria organizzativa / secretaría de organización: Marco Spreafico

realizzazione grafica / diseño gráfico: Margherita Moretti


una mostra di / una exposición de:

in collaborazione con / en colaboración con:

progetto speciale del / proyecto especial de:

inserita nella / insertada en la:

XXI Settimana della Cultura Italiana a Cuba organizzata dall’Ambasciata d’Italia XXI Semana de la Cultura Italiana en Cuba organizada por la Embajada de Italia


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PROSPETTIVE EMERGENTI

Alessandro Malerba Presidente Fondo Malerba per la Fotografia

VIAGGIO VERSO UNA DIVERSA CULTURA Accompagnare artisti italiani in un viaggio verso una diversa cultura, quella cubana, non ha per il Fondo Malerba solo il significato di aprire una finestra ed offrire una visione su come in Italia, giovani artisti interpretano la realtà sociale e del quotidiano attraverso il mezzo fotografico, ma ha l’ambizione di essere un vero e proprio ponte tra culture differenti, immaginando un percorso non univoco ma a due vie. Come già in precedenza ribadito nella seconda edizione del IPP (Habana, Milano, New York) tenutasi lo scorso anno, ciò che appare è la capacità del mezzo fotografico, inteso come espressione artistica contemporanea, di unire e dividere percezioni ed opinioni; chi guarda con occhio esperto o da neofita trae dall’opera la condivisione di una immagine, ma nel contempo la divisione e la differente opinione di ciò che la stessa immagine suscita, elaborando così dall’iniziale unione una finale divisione. Quanto sopra si enfatizza ancor di più quando il confronto è fatto tra diverse culture in diverse geografie, infatti la percezione non è più vissuta unicamente per il singolo scatto, ma viene elaborata nel suo complesso ed avvolge le diverse realtà indagate dagli artisti. Il gruppo di artisti italiani che presentiamo in questa occasione si esprime con immagini che suscitano nei fruitori percezioni apparentemente diverse rispetto a quelle proprie dell’ambiente artistico cubano, ma nel contempo contribuiscono alla costruzione di un ponte che porta ad una inevitabile contaminazione tra culture. Questo è uno degli obiettivi della mostra, esplorare come nelle diverse culture la fotografia artistica di giovani autori conduce a percorsi differenti di unione e divisione, in relazione al contesto socio politico in cui si sviluppa l’esperienza fisica del fotografo ed alla capacità degli artisti di intraprendere differenti percorsi anche in relazione alla connotazione geografica. Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questa esibizione, gli esponenti delle Istituzioni cubane ed italiane (per la loro comprensione ed appoggio), i membri della commissione scientifica del Fondo che hanno sposato con entusiasmo e professionalità il progetto, tutti gli artisti dell’Archivio FMF che hanno risposto alla call e che hanno contribuito con le loro opere, tutti gli addetti ai lavori per i loro interventi critici e costruttivi, i collaboratori che con il loro quotidiano impegno hanno reso possibile questo evento, e per finire il pubblico che mi auspico ne confermerà il successo.


PERSPECTIVAS EMERGENTES

Alessandro Malerba Presidente Fondo Malerba per la Fotografia

VIAJE HACIA UNA CULTURA DIFERENTE Para el Fondo Malerba, acompañar a los artistas italianos en un viaje hacia una cultura diferente, la cubana, no sólo significa abrir una ventana y ofrecer una visión de cómo los jóvenes artistas italianos interpretan la realidad social y la vida cotidiana a través de la fotografía, sino que también tiene la ambición de ser un verdadero puente entre culturas diversas, imaginando un camino que no sea unívoco sino bidireccional. Como ya se dijo en la segunda edición del IPP (La Habana, Milán, Nueva York) celebrada el año pasado, lo que aparece es la capacidad del medio fotográfico, entendido como expresión artística contemporánea, para unir y dividir percepciones y opiniones; los que miran con ojo experto o como principiantes sacan del trabajo el compartir una imagen, pero al mismo tiempo la división y la diferente opinión de lo que la misma imagen suscita, elaborando así desde la unión inicial una división final. Lo anterior se acentúa aún más cuando la comparación se hace entre diferentes culturas en diferentes geografías, de hecho la percepción ya no se experimenta sólo para un solo plano, sino que se procesa como un todo y se envuelve alrededor de las diferentes realidades investigadas por los artistas. El grupo de artistas italianos que presentamos en esta ocasión se expresa con imágenes que despiertan en el público percepciones aparentemente diferentes a las del entorno artístico cubano, pero que al mismo tiempo contribuyen a la construcción de un puente que conduce a una inevitable contaminación entre culturas. Este es uno de los objetivos de la exposición, explorar cómo en diferentes ámbitos la fotografía artística de jóvenes autores conduce a distintos caminos de unión y división, en relación con el contexto socio-político en el que se desarrolla la experiencia física del fotógrafo y la capacidad de los artistas para tomar disímiles caminos también en relación con la connotación geográfica. Quiero agradecer a todos los que hicieron posible esta exposición, a los representantes de las instituciones cubanas e italianas (por su comprensión y apoyo), a los miembros del comité científico del Fondo que han acogido el proyecto con entusiasmo y profesionalidad, a todos los artistas del Archivo de la FMF que respondieron a la convocatoria y contribuyeron con sus trabajos, a todos los expertos por sus intervenciones críticas y constructivas, a los colaboradores que con su compromiso cotidiano han hecho posible este evento y, por último, al público espero que confirme su éxito.

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Aliana Martínez Rodríguez Direttore del Complesso Culturale della Cattedrale di L’Avana

Sapere che giovani cubani e italiani si sono gemellati per uno scambio culturale di progetti fotografici è un piacere e una grande responsabilità. Legare culturalmente nazioni come Cuba e l’Italia è una bella volontà e un’opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire tra le dita. Con profondo rispetto e ammirazione desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto all’interno degli spazi espositivi del Palazzo Lombillo nella Piazza della Cattedrale di L’Avana, luogo che tradizionalmente ha contribuito a promuovere gli artisti della fotografia.


PERSPECTIVAS EMERGENTES

Aliana Martínez Rodríguez Directora del Complejo Cultural de La Catedral de La Habana

Conocer que jóvenes cubanos e italianos se han hermanado para intercambiar culturalmente desde la perspectiva fotográfica es un placer y una alta responsabilidad. Enlazar culturalmente naciones como Cuba e Italia, es una linda voluntad y una oportunidad que no debemos dejar escurrir. Con profundo respeto y admiración deseo dar gracias a todos los que han contribuido para que este proyecto llegue a los espacios expositivos del Palacio Lombillo en la Plaza de la Catedral de La Habana, sitio que por tradición ha contribuido a promocionar a los artistas del lente.

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Mino Di Vita curatore

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Nell’esaminare la fotografia italiana, prodotta dall’ultima generazione, non si può individuare uno specifico stile o una particolare scuola dominante. Di questa evidente caratteristica se ne parla da sempre, senza mai appurare se la cosa è da considerare in senso positivo o in senso negativo. Anche la distinzione tra fotografi, fotografi artisti e artisti che utilizzano in parte il medium fotografico è stata tacitamente superata, complici la straordinaria diffusione di immagini che ogni giorni ci raggiunge attraverso la rete e l’atteggiamento che la società ha sviluppato di conseguenza. L’attenzione adesso si concentra su quella linea sottile che divide l’immagine di una bellissima cartolina, che tutti prima o poi sono in grado di realizzare, da quella dell’opera d’arte, espressione individuale, a volte sofferta, di un’artista. E’ proprio questo il punto fondamentale sul quale bisogna discutere. Le nuove tendenze, sostenendo l’idea di immagi-

ne fotografica, alimentano l’interesse per una visione duplice che considera contemporaneamente la singola immagine e il suo rapporto con le altre immagini, in quanto parte di un insieme. Dunque una “narrazione per immagini statiche” che si differenzia dalla “narrazione per immagini dinamiche”, propria della cinematografia, per una superiore versatilità. Ogni immagine statica da sola è potente, insieme alle altre innesca un processo di interconnessioni continue e reciproche in grado di riprodurre l’atmosfera celata nel pensiero dell’artista. E’ una condizione che ogni artista deve sempre tenere ben presente, fin dal momento dello scatto, in quanto modalità di conoscenza estetica e non di semplice tendenza artistica. Questo è anche il comune denominatore dei quindici progetti presentati all’interno della mostra Prospettive Emergenti, nonostante la diversità dei temi trattati e delle modalità adottate da ogni artista. Alcuni di loro hanno lavorato sulla rielaborazione della memoria personale come nel caso di Montale, Brero,

Cervini, Angeloni, Balzani, Di Finizio e Verdoliva. Luca Monaco concentra la sua attenzione sulle “diversità” dei simili. Milena Giacobazzi racconta se stessa attraverso la teatralità del suo corpo. Spoletini, Martelli, Mezzadri e Albertin si divertono a “giocare” con il medium fotografico, mentre Furnari e Marangon esplorano gli spazi alla ricerca di architetture più o meno “ingombranti”. Tutti, indistintamente, riescono a esternare il loro pensiero e comunicarlo senza alcun filtro allo spettatore, attraverso immagini che contengono una notevole forza derivata dalla sensibilità personale più che dall’argomento trattato. Un microcosmo all’interno del quale si può accedere anche attraverso la lettura delle parole che gli artisti hanno scritto per presentare il loro progetti e che proponiamo integralmente per entrare in modo più intimo, nel modo che gli artisti chiedono.


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Mino Di Vita curador

PERSPECTIVAS EMERGENTES

Al examinar la fotografía italiana, producida por la última generación, no se puede identificar un estilo específico o una escuela dominante en particular. Siempre se ha hablado de esta característica obvia, sin determinar nunca si esto debe ser considerado en un sentido positivo o negativo. La distinción entre fotógrafos, fotógrafos-artistas y artistas que en parte utilizan el medio fotográfico también se ha superado tácitamente, gracias a la extraordinaria difusión de imágenes que nos llega cada día a través de la red y a la actitud que la sociedad ha desarrollado como resultado. La atención se centra ahora en esa delgada línea que divide la imagen de una bella postal, que tarde o temprano todo el mundo es capaz de crear, a partir de la obra de arte, la expresión individual, a veces sufrida, de un artista. Este es precisamente el punto fundamental que hay que debatir. Las nuevas

tendencias, que apoyan la idea de una imagen fotográfica, alimentan el interés por una visión dual que considera simultáneamente la imagen única y su relación con otras imágenes, como parte de un todo. Así, una “narración para imágenes estáticas” se diferencia de otra “narración para imágenes dinámicas”, típica de la cinematografía, por una versatilidad superior. Cada imagen estática por sí sola es poderosa, y junto con las demás desencadena un proceso de interconexiones continuas y recíprocas capaces de reproducir la atmósfera oculta en el pensamiento del artista. Es una condición que todo artista debe tener siempre presente, desde el momento de la toma, como un modo de conocimiento estético y no sólo como una tendencia artística. Este es también el denominador común de los quince proyectos presentados en la exposición Perspectivas Emergentes, a pesar de la diversidad de los temas tratados y de los métodos adoptados por cada artista. Algunos de ellos han trabajado en la reelaboración de la memoria personal

como en el caso de Montale, Brero, Cervini, Angeloni, Balzani, Di Finizio y Verdoliva. Luca Monaco centra su atención en las “diversidades” de los demás. Milena Giacobazzi se representa a sí misma a través de la teatralidad de su cuerpo. Spoletini, Martelli, Mezzadri y Albertin disfrutan “jugando” con el medio fotográfico, mientras que Furnari y Marangon exploran los espacios en busca de arquitecturas más o menos “engorrosas”. Todos, sin distinción, son capaces de expresar sus pensamientos y comunicarlos sin ningún filtro al espectador, por medio de imágenes que contienen una fuerza considerable derivada de la sensibilidad personal y no de la temática. Un microcosmos al que también se puede acceder a través de la lectura de los textos que los artistas han escrito para presentar sus proyectos y que proponemos en su totalidad para adentrarnos de una manera más íntima, en la forma que ellos exhigen.


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Alain Cabrera curatore

PONTI PER UNIRE LE CULTURE

Alla vigilia del 500° anniversario dell’Avana, città cosmopolita come New York, Madrid, Parigi, Parigi, Londra o Milano, nasce una nuova opportunità di apprezzare le opere di giovani artisti italiani che solitamente si esprimono attraverso la fotografia. Il precedente immediato è stato nel 2017, a seguito dell’International Photo Project, tenutosi a Milano con la presenza dell’Italia come sede centrale, di Cuba e degli Stati Uniti. Con l’impegno congiunto degli organizzatori del Fondo Malerba per la Fotografia e la mia partecipazione come curatore della sezione cubana, abbiamo potuto esporre entrambe le selezioni (italiana e cubana) alla fine di quell’anno nell’ambito dell’evento “Novembre fotografico” dedicato alla manifestazione fotografica a Cuba e della “Settimana della Cultura Italiana” che si celebra sempre a dicembre sotto l’egida dell’Ambasciata d’Italia nel nostro paese. In quell’occasione l’abbiamo chia-

mato ITA-CUB: Proiezioni di fotografia contemporanea italiana e cubana. Ora, grazie ancora una volta all’iniziativa della Fondo Malerba, in particolare del suo direttore creativo Mino Di Vita, le proiezioni tornano all’Avana. Prospettive emergenti, come suggerisce il nome, offre una sintesi sulle tendenze della fotografia contemporanea italiana emergente, ovvero, quella che concentra l’occhio e la mente su un’idea, attraverso il mirino della fotocamera. L’obiettivo primario è quello di offrire altri percorsi di visibilità internazionale in un contesto di vasta cultura mediatica ai nuovi talenti della fotografia. Parteciperanno 15 autori e per ognuno saranno proiettate 10 immagini in loop con una cadenza tale da consentire l’adeguata fruizione al pubblico di appassionati di fotografia. In totale, 150 immagini espressione di tecniche raffinate e dal contenuto estetico originale, che continueranno a costruire ponti per future collaborazioni.


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Alain Cabrera curador

PUENTES PARA HERMANAR CULTURAS

A las puertas de cumplirse el 500 aniversario de La Habana, ciudad tan cosmopolita como New York, Madrid, París, Londres o Milán, una nueva oportunidad surge para apreciar las obras realizadas por jóvenes artistas italianos que habitualmente se expresan a través del medio fotográfico. El antecedente inmediato lo tuvimos en 2017, a raíz del International Photo Project (IPP), realizado en Milán con la presencia de Italia como sede, Cuba y E.E.U.U. Con esfuerzos mancomunados entre los organizadores del Fondo Malerba per la Fotografía y mi participación como curador por la sección cubana, logramos exhibir a finales de ese año ambas selecciones (la italiana y la cubana) en el marco de “Noviembre Fotográfico” evento dedicado a la manifestación fotográfica en Cuba y en la “20 Semana de la Cultura Italiana” que se celebra siempre en diciembre con el auspicio de la Embajada de Italia en nuestro país. En

aquella ocasión lo llamamos ITA-CUB. Proyecciones de fotografía contemporánea italiana y cubana. Ahora, gracias nuevamente a la iniciativa del FMF, en especial a su director ejecutivo Mino Di Vita, regresan las proyecciones a La Habana. Perspectivas emergentes, como su nombre lo indica, propone un imaginario fresco y sagaz unido al talento creativo de quienes lo profesan, en otras palabras, alinear el ojo y la mente bajo una idea a través del visor de la cámara. El objetivo primario, propiciar otros caminos de visibilidad internacional en un contexto de vasta cultura visual a nuevos talentos del lente. Serán 15 autores y cada uno hará gala de 10 imágenes proyectadas en loop con cierta cadencia para que el público, amante del buen arte, pueda disfrutarlas con sumo placer. En total, 150 fotografías signadas con exquisita técnica y valioso contenido estético, que seguirán tendiendo puentes para futuras colaboraciones.


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Arianna Angeloni

Enrico Balzani

Francesco Brero

Alessia Cervini

> IN ABSENCE EN AUSENCIA

> ARDUSIV ARDUSIV

> CASA «LA VITA» CASA «LA VIDA»

> TORRIDO MISTERO TORRIDO MISTERIO

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Gaia Marangon

Franco Martelli Rossi

Matteo Mezzadri

> SUSTAINABLE ARCHITECTURE ARQUITECTURA SOSTENIBLE

> DOUBLE-FACE DOUBLE-FACE

> LA MATERIA OSCURA - VENERE LA MATERIA OSCURA - VENERE

ARTISTI _ ARTISTAS


PERSPECTIVAS EMERGENTES

Angela Di Finizio

Maria Teresa Furnari

Milena Giacomazzi

Alberto Magrin

> WATERMARK WATERMARK

> ECOMOSTRO TOUR ECOMOSTRO TOUR

> ECLISSI ECLIPSE

> SCIENZA, COSCIENZA, CONOSCENZA. CIENCIA, CONCIENCIA, CONOCIMIENTO.

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Luca Monaco

Gigi Montali

Claudio Spoletini

Umberto Verdoliva

> GRIOTS, NATI LIBERI GRIOTS, NACIDO LIBRE

> TRACCE DI BLUES RASTROS DE BLUES

> COMPAGNI DI LATTA HOJALATA

> …E IL MIO SGUARDO SI ADDOLCISCE… ...Y MIS OJOS SE SUAVIZAN...

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Arianna Angeloni > Lodi, 1982

“In absence” “En ausencia”

Assenza. Questa è la parola a cui penso più spesso, da quando mi trovo in Australia. Qui, il cielo custodisce costellazioni in un ordine che non conosco e le stagioni sembrano scandite da un tempo lento, senza memoria. Ad agosto è l’ora delle balene e non si hanno occhi che per l’oceano, mentre tutt’intorno la natura tropicale rimane aggrappata a questa terra aspra. C’è il momento per passeggiare lungo la riva inquieta del Pacifico e un attimo per trattenere il fiato. Le emozioni si concentrano senza esitazioni sul passato, fino quasi a disgregare tutto quello che riguarda il presente. Le giornate iniziano con una luce incerta, nell’equilibrio mite del mattino, mentre rimango in attesa di fare un tuffo all’alba. Non resta che un tempo fantasma, imperfetto e imperturbabile, in cui i pensieri si lasciano andare, immergendosi nella suggestione dell’assenza.

Ausencia. Esa es la palabra en la que más he pensado desde que estoy en Australia. Aquí, el cielo guarda constelaciones en un orden que no conozco y las estaciones parecen estar marcadas por un tiempo lento, sin memoria. En agosto es la época de las ballenas y sólo tienes ojos para el océano, mientras que la naturaleza tropical se aferra a esta dura tierra. Hay tiempo para pasear a lo largo de la inquieta costa del Pacífico y un momento para contener la respiración. Las emociones se centran sin vacilar en el pasado, casi hasta el punto de desintegrar todo lo que concierne al presente. Los días empiezan con una luz incierta, en el suave equilibrio de la mañana, mientras yo espero para darme un chapuzón al amanecer. Sólo queda un tiempo fantasmal, imperfecto e imperturbable, en el que el pensamiento se deja llevar, sumergiéndose en la sugestiva atmósfera de ausencia.


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Enrico Balzani > Meldola (FC), 1962

“Ardusiv” “Ardusiv” Già prima del dopoguerra la montagna romagnola iniziava a perdere i suoi abitanti e nei decenni successivi il fenomeno è diventato inarrestabile. Le famiglie sono scappate verso valle dalle faticose vite di montagna nelle pianure romagnole, alla ricerca di uno stipendio fisso e di un lavoro stabile. Guardando questi luoghi, è possibile immaginare quanta fatica dovesse costare la sopravvivenza; i fazzoletti di terra coltivabile su pendii scoscesi ed i sentieri impervi rendono immediatamente l’idea. Lo spartiacque di crinale segna un confine ideale seppur non amministrativo tra Romagna e Toscana e le differenze tra i due versanti sono palpabili, quello adriatico così impervio e abbandonato, sembra riflettere il proprio carattere sulle genti del luogo. Questi posti mi sono famigliari e i

manufatti che ritrovo lungo il cammino “hanno per il mio spirito l’incanto”, un richiamo. Storie di amore e di abbandono. Ardusiv in dialetto romagnolo, significa letteralmente “riducetevi” ed è la raccomandazione della madre ai figli che escono la sera per divertirsi, ossia “tornate presto”. I ruderi delle case su questi monti mi appaiono come madri nell’interminabile attesa dei loro figli, manufatti ormai trasfigurati dalla mutazione implacabile che la natura selvaggia ha imposto, riprendendosi i propri spazi ormai abbandonati. Incluso antes de la guerra, las montañas de Romagna comenzaron a perder sus habitantes y en las décadas siguientes el fenómeno se hizo imparable. Las familias han huido al valle desde la agotadora montaña que habita en las llanuras de la Romagna, en busca de un salario fijo y un trabajo estable. Mirando estos lugares, es posible imaginar cuánto esfuerzo debe

costar sobrevivir; las áreas de tierra cultivable en laderas empinadas y los senderos impermeables dan inmediatamente la idea. La línea divisoria de la cresta marca una frontera ideal pero no administrativa entre Romaña y Toscana y las diferencias entre ambos lados son palpables, el Adriático tan impermeable y abandonado, parece reflejar su carácter en la gente del lugar. Estos lugares me son familiares y los artefactos que encuentro en el camino “tienen encanto para mi espíritu”, una llamada. Historias de amor y de abadía. Ardusiv en dialecto Romagna, significa literalmente “reducir” y es la recomendación de la madre a los hijos que salen por la noche a divertirse, “vuelvan pronto”. Las ruinas de las casas de estas montañas me parecen madres en la interminable espera de sus hijos, artefactos ahora transfigurados por la implacable mutación que la naturaleza salvaje ha impuesto, recuperando sus espacios ya abandonados.


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Francesco Brero > Alba (CN), 1989

“Casa «la vita»” “Casa «la vida»” Questa è una serie di fotografie prese all’interno di una casa abbandonata all’inizio del ‘900, di proprietà della mia famiglia. Si trova nel centro storico di Verduno, “la sentinella delle Langhe”, in Piemonte. E’ un breve viaggio attraverso le sue stanze, intatte. Custodite dal tempo e dal silenzio esse rivelano lo spirito delle persone che l’hanno abitata. Ridotta negli anni recenti alla funzione di ripostiglio e magazzino, tra le sue mura conserva le tracce di un lontano, semplice, rurale splendore. Credo che visitare una casa disabitata sia come entrare in una foresta di simboli che ci parlano di chi l’ha vissuta e di riflesso ci parlano di noi, come abitanti di luoghi, di case. Ci sono poi luoghi e case capaci di visitare il visitatore, (addirittura!), se quest’ultimo li frequenta in modo assiduo ed è sufficientemente aperto. A me è accaduto

con questa casa, cui sono molto legato perchè fin da piccolo molto spesso mi ci aggiravo accompagnato dai miei nonni. L’inverno scorso si è sviluppata l’idea di questo progetto, come breve viaggio a struttura circolare, una sorta di dettato del ciclo vitale per bocca di una dimora abbandonata. Ho iniziato a scattare le fotografie senza interferire con l’ambiente, lasciando ogni cosa al suo posto, salvo un paio di minime “intrusioni”. E’ una riflessione sul tempo, sul quotidiano e su ciò che ci lasciamo dietro; sulle nostre tracce di uomini. Se trata de una serie de fotografías tomadas en el interior de una casa abandonada a principios del siglo XX, propiedad de mi familia. Está situado en el centro histórico de Verduno, “el centinela de las Langas”, en Piamonte. Es un viaje corto a través de sus habitaciones intactas. Guardados por el tiempo y el silencio, revelan el espíritu de la gente que vivía allí. Reducida en los últimos años a la función de almacén y depósito, entre sus muros

conserva vestigios de un esplendor lejano, sencillo y rural. Creo que visitar una casa para discapacitados es como entrar en un bosque de símbolos que nos hablan de los que la han vivido y que, por lo tanto, nos hablan de nosotros, como habitantes de lugares, de casas. También hay lugares y casas que pueden visitar al visitante, (¡incluso!) si éste los frecuenta asiduamente y es suficientemente abierto. Me pasó con esta casa, a la que estoy muy apegado porque desde que era niño a menudo andaba por ahí acompañado de mis abuelos. El pasado invierno, la idea de este proyecto se desarrolló como un viaje corto con una estructura circular, una especie de dictado del ciclo de vida a través de la boca de una vivienda abandonada. Empecé a tomar fotos sin interferir con el entorno, dejando todo en su lugar, excepto un par de “intrusiones” menores. Es una reflexión sobre el tiempo, sobre la vida cotidiana y sobre lo que dejamos atrás; sobre nuestras huellas como hombres.


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Alessia Cervini > Roma, 1973

“Torrido Mistero” “Torrido Misterio”

Torrido Mistero nasce in una estate calda. Troppo calda. Ho vagato alla ricerca dell’ombra. Mi sono persa. A volte fermata. Ho provato a restituire l’annebbiamento e per farlo ho catturato immagini con un foro stenopeico, quello minuscolo di una scatolina in legno. Nessuna lente tra me e il mondo. Ho impresso la luce sulla pellicola in bianco e nero. In camera oscura ho scelto un basso contrasto. Il risultato è un’atmosfera, un’esperienza, un vissuto, che vuole portare lo spettatore lì, in quei luoghi. Come un tornare indietro nel tempo. Senza sapere quale storia. Senza sapere quando o dove. Ogni spettatore li raggiungerà solo con la sua fantasia.

“Torrido Mistero nació en un verano caluroso. Demasiado calor. He estado vagando por ahí buscando la sombra. Estoy perdida. A veces me detengo. Intenté devolver la niebla y para ello capturé imágenes con un estenopo diminuto de una caja de madera. No hay lente entre el mundo y yo. Imprimí la luz en la película en blanco y negro. En el cuarto oscuro, elegí bajo contraste. El resultado es una atmósfera, una experiencia, una vivencia que quiere llevar al espectador allí, a esos lugares imaginados. Es como retroceder en el tiempo sin conocer una historia. Sin saber cuándo ni dónde. Cada espectador llegará a ellos sólo con su propia imaginación”.


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Angela Di Finizio > Napoli, 1965

“Watermark” “Watermark” “La bellezza a basse temperature è bellezza” “La belleza a bajas temperaturas es belleza” Watermark racconta Venezia seguendo le suggestioni del poeta russo Josif Brodskij che trascorse molto tempo nella città lagunare esclusivamente d’inverno, pertanto queste immagini sono scattate dal 2016 soltanto a dicembre. L’inverno è una stagione astratta, smorza i colori e anche in Italia impone le leggi del freddo e delle giornate brevi. Quando la luce cambia anche la nostra percezione di ciò che ci circonda si trasforma e l’occhio si addestra a studiare il mondo con un’intensità maggiore e più intimamente.

Il contrappunto di immagini che l’artista propone parla di una geografia emotiva molto personale. Da Piazza San Marco nel gelo del mattino alle sedie legate dove nessuno si siede alla nebbia notturna che la rende evanescente fino al parco giochi dal sapore antico fermo nell’aria umida della laguna; ai battelli che vanno da un punto all’altro della città da cui si svelano architetture incredibili all’acqua sempre adornata di alghe. La presenza umana resta defilata e rispettosa come se questo periodo dell’anno libero, finalmente dalle folle, restituisca quella consapevolezza che Venezia “è” la sua bellezza, unica ed eternamente fragile. Watermark cuenta la historia de Venecia siguiendo las sugerencias del poeta ruso Josif Brodskij que pasó mucho tiempo en la ciudad de la laguna exclusivamente en invierno, por lo que estas imágenes fueron tomadas a partir de 2016 sólo en diciembre. El invierno es una estación abstracta, suaviza los

colores e incluso en Italia impone las leyes del frío y de los días cortos. Cuando la luz cambia nuestra percepción del entorno también cambia y el ojo está entrenado para estudiar el mundo con mayor intensidad y más íntimamente. El contrapunto de imágenes que propone la artista habla de una geografía emocional muy personal. Desde la Plaza de San Marcos en la helada de la mañana a las sillas atadas donde nadie se sienta en la niebla nocturna que la hace evanescente hasta el patio de recreo con su antiguo sabor aún en el aire húmedo de la laguna; las embarcaciones que van de un punto a otro de la ciudad desde donde se revelan increíbles arquitecturas al agua siempre adornada con algas. La presencia humana permanece oculta y respetuosa como si este período del año libre, finalmente de las multitudes, restaurara esa conciencia de que Venecia “es” su belleza, única y eternamente frágil.


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Maria Teresa Furnari > Messina, 1984

“Ecomostro Tour” “Ecomostro Tour” In italiano abbiamo una parola per definire gli edifici che sono considerati altamente incompatibili con l’ambiente naturale in cui sono inseriti: ecomostro. Ecomostro Tour è un viaggio fotografico da Milano a Palermo a caccia di ecomostri. 2400km per percorrere l’Italia in 7 giorni e 10 tappe. Ad ogni tappa corrisponde un ecomostro, una struttura che porta con sé una storia di abuso, speculazione o abbandono. Storie di una bellezza violata e sottratta, che ho reinterpretato attraverso l’installazione di uno specchio flessibile di 1x1m. Lo specchio è uno strumento sintetico e generativo che mi consente di guardare simultaneamente lo spazio che è di fronte e dietro di me, riportandolo nello stesso istante in un’unica e sola immagine fotografica. Si crea in questo modo un ponte visivo tra i due elementi contrapposti e compresenti, Natura-Edilizia. Due entità che condividono lo stesso luogo fisico senza per questo instaurare un dialogo, ma vivendo in opposizione.

Nello stesso tempo, lo specchio, racchiude e marginalizza la violazione, restituendo spazio al Paesaggio. Diventa recinto e al contempo squarcio, consentendo di svolgere due funzioni: redimere la violenza edilizia ed evidenziarla nel suo contrasto visivo e ambientale. Il risultato del viaggio fotografico è una serie di immagini che offrono una reinterpretazione ed una mappatura simbolica dei principali edifici che, in maniera legale o abusiva, deturpano la bellezza del nostro paesaggio italiano. En italiano tenemos una palabra para definir los edificios que se consideran altamente incompatibles con el entorno natural en el que se encuentran: ecomonster. Ecomostro Tour es un viaje fotográfico de Milán a Palermo en busca de ecomo-stri. 2.400 km para recorrer Italia en 7 días y 10 etapas. Cada lugar tiene un ecomonster, una estructura que lleva consigo una historia de abuso, especulación o abandono. Historias de una belleza violada y sustraída, que reinterpreté mediante la instalación de un espejo flip-flop de 1x1m. El espejo es una herramienta sintética y generativa que me permite mirar

simultáneamente el espacio delante y detrás de mí, devolviéndolo al mismo tiempo en una única imagen fotográfica. De esta manera, se crea un puente visual entre los dos elementos, Naturaleza-Eticidad, que son a la vez opuestos y presentes. Dos entidades que comparten el mismo lugar no dialogan, sino que viven en la oposición. Al mismo tiempo, el espejo encierra y margina la violencia, devolviendo el espacio al paisaje. Se convierte en una valla y al mismo tiempo en una brecha, permitiendo realizar dos funciones: redimir la violencia constructiva y resaltarla en su contraste visual y ambiental. El resultado del viaje fotográfico es una serie de imágenes que ofrecen una reinterpretación simbólica y una cartografía de los principales edificios que, de forma legal o abusiva, estropean la belleza de nuestro paisaje italiano.


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Milena Giacomazzi > Volta Mantovana (MN), 1975

“Eclissi” “Eclipse” Ogni volta che fotografo voglio poter raccontare attraverso la gestualità e la teatralità del corpo, nel tentativo di scoprire qualcosa di me, dell’altro da me, di altro ancora. Da molto tempo uso la mia persona per mettere in scena visioni oniriche, turbamenti, malinconie, desideri, diventando in questo modo attrice e regista di me stessa. Il progetto in questione è uno dei più rappresentativi di questa ricerca. In quell’occasione ho preparato la fotocamera e ho impostato l’autoscatto. In un limbo bianco ho vestito il mio corpo di cellophane. Desideravo sparire, abbandonarmi. Mi muovevo all’interno della guaina in cui mi ero costretta.

Del corpo grave e statuario se ne intravedeva la nudità. Tenevo stretto il sottile involucro, che protegge e separa, fino a faticare nel respiro. Le mani tentavano invano di liberarmi dalla costrizione. In questo spazio senza tempo le figure restano bloccate nelle loro movenze. Si tenta la libertà, si rivelano le proprie intenzioni. C’è solo solitudine. Cada vez que fotografío quiero ser capaz de darme cuenta a través de los gestos y la teatralidad del cuerpo, tratando de averiguar algo sobre mí, algo más sobre mí, algo más. Durante mucho tiempo he estado utilizando mi persona para escenificar visiones oníricas, disgustos, melancolía, deseos, convirtiéndome así en actriz y directora de mí misma.

El proyecto en cuestión es uno de los más representativos de esta investigación. En esa ocasión preparé la cámara y puse el autodisparador. En el limbo blanco, vestí mi cuerpo de celofán. Quería desaparecer, abandonarme. Me estaba moviendo dentro de la vaina en la que me habían forzado. El cuerpo serio y escultural se veía desnudo. Sostuve firmemente el sobre delgado, que protege y separa, hasta que luché con la respiración. Mis manos trataron en vano de liberarme de mis limitaciones. En este espacio atemporal, las figuras se quedan atascadas en sus movimientos. Tratas de ser libre, revelas tus intenciones. Sólo hay soledad.


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Alberto Magrin > Rapallo (GE), 1970

“Scienza, Coscienza, Conoscenza.” “Ciencia, Conciencia, Conocimiento.”

Dalla ‘Teoria delle Coincidenze’ nascono le opere di Alberto Magrin. La ‘coincidenza’ determina lo stato d’essere dell’uomo in equilibrio ed in armonia con l’universo. In tale istante il caso diventa la legge più pura che possa esistere in natura ed oltre la natura stessa manifestando il collegamento inscindibile tra relativo ed assoluto nonché la nascita di ogni forma di vita e d’amore. Punto di unione tra la realtà e l’immaginazione, tra il desiderio e il sogno, tra il corpo e lo spirito, tra la morte e la vita, l’importanza di codesto attimo dovrebbe essere posta alla base di ogni legge scientifica, artistica, economica, politica e religiosa in quanto può determinare o meno l’esistenza e la sussistenza di un essere umano sulla Terra come su qualsiasi altro pianeta. Essendo le leggi sopra citate come ogni loro istituzione inseparabili l’una dall’altra questa teoria è quel legante che potrebbe migliorare la ricerca, la crescita e l’evoluzione dell’umanità.

De la “Teoría de las coincidencias” nacen las obras de Alberto Magrín. La “coincidencia” determina el estado de ser del hombre en equilibrio y armonía con el universo. En este instante, el azar se convierte en la ley más pura que puede existir en la naturaleza y más allá de la naturaleza misma, manifestando la conexión inseparable entre lo relativo y lo absoluto, así como el nacimiento de todas las formas de vida y amor. Punto de unión entre la realidad y la imaginación, entre el deseo y el sueño, entre el cuerpo y el espíritu, entre la muerte y la vida, la importancia de este momento debe ser puesta en la base de toda ley científica, artística, económica, política y religiosa que pueda determinar o no la existencia y la subsistencia de un ser humano en la Tierra como en cualquier otro planeta. Dado que las leyes mencionadas anteriormente son inseparables entre sí como cualquiera de sus instituciones, esta teoría es ese aglutinante que podría mejorar la investigación, el crecimiento y la evolución de la humanidad.


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Gaia Marangon

> Vizzolo Predabissi (MI), 1986

“Sustainable architecture” “Arquitectura sostenible” L’intento di questo lavoro, realizzato durante i sei mesi dell’Esposizione Universale, svoltasi a Milano dal 1 Maggio a 31 Ottobre 2015, è stato quello di affiancare alla componente puramente estetica, quella di documentazione di un fenomeno di consumo sostenibile di architetture. Per la manifestazione sono state infatti progettate e costruite delle strutture ad hoc meravigliose, che hanno attratto milioni di visitatori da tutto il mondo, ma l’aspetto su cui si è voluto porre l’accento è proprio la caducità della loro essenza. Sono strutture che sono state di fatto consumate, ma che sono state concepite per essere riutilizzate. Alcuni

padiglioni sono stati ricostruiti in Paesi in via di sviluppo, altri nel Paese di origine, e infine qualcuno è rimasto all’interno del sito espositivo, ma per tutti è stata modificata la loro funzione originale: sono stati trasformati per diventare “altro”. La scelta della tecnica con la quale è stato realizzato questo lavoro è stata quella di un bianco e nero esasperato, in modo da enfatizzare i particolari delle forme, prima che dei colori, e aiutare la definizione di queste architetture come di qualcosa di ancora nuovo e riutilizzabile. La intención de este trabajo, realizado durante los seis meses de la Exposición Universal, celebrada en Milán del 1 de mayo al 31 de octubre de 2015, era combinar el componente puramente estético, el de la documentación de un fenómeno de consumo sostenible de la arquitectura. Para el evento, de hecho, se diseñaron y construyeron maravillosas estructuras ad hoc, que atrajeron a

millones de visitantes de todo el mundo, pero el aspecto en el que se hizo hincapié fue precisamente la fugacidad de su esencia. Se trata de estructuras que, de hecho, han sido consumidas, pero que han sido diseñadas para ser reutilizadas. Algunos pabellones han sido reconstruidos en países en vías de desarrollo, otros en el país de origen, y finalmente algunos han permanecido en el recinto ferial, pero a pesar de todo su función original ha cambiado: se han transformado para convertirse en “otros”. La elección de la técnica con la que se realizó este trabajo fue la de un exasperado blanco y negro, para enfatizar los detalles de las formas, antes que los colores, y ayudar a la definición de estas arquitecturas como algo nuevo y reutilizable.


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Franco Martelli Rossi > Padova, 1957

“Double-Face” “Double-Face” Double-Face prende vita dallo specchio di Alice nel Paese delle Meraviglie e soprattutto dal desiderio di attraversarlo, usando la fotocamera in presa diretta, senza alcun montaggio in post-produzione. Lo specchio generato dalle superfici riflettenti, non diventa solo una soglia da oltrepassare per sperimentare nuove visioni, ma un luogo dove vengono richiamate le sensazioni, i sentimenti e le storie della vita. Il luogo fisico, modificato da riflessioni e rifrazioni ottiche, produce la creazione di un luogo mentale nel quale si rivela il dialogo con il mondo circostante e l’immedesimazione nello stesso, in una condivisione e compenetrazione completa e totale. Gli scenari si compongono nel surreale, ma le immagini riflettenti, testimoniano la presenza nello spessore del luogo. Double-Face è la ricerca della molteplicità dei percorsi: il percorso fisico

dentro i luoghi reali e quello della luce che rimbalza ripetutamente da tutte le direzioni possibili, riproponendo ciò che sta dietro, di fianco e davanti per proiettarsi in una ambigua profondità, dove si forma il punctum visivo. Double-Face è, anche, una sperimentazione dialettica, fra l’accumulazione cromatica e la separazione tonale del bianco e nero. Ma è soprattutto un trasporto intimo affollato di pensieri contrastanti. Cercare il caos per trovare l’ordine, la moltitudine per assaporare la solitudine, l’urlo per sentire il silenzio. Double-Face nace del espejo de Alicia en el País de las Maravillas y sobre todo del deseo de atravesarlo, utilizando la cámara en directo, sin ningún montaje en postproducción. El espejo generado por las superficies reflectantes, se convierte no sólo en un umbral a cruzar para experimentar con nuevas visiones, sino en un lugar donde se recuerdan sentimientos e historias de vida. El lugar físico, modificado por reflexiones y refracciones ópticas, produce la creación de un lugar mental en el

que se revela el diálogo con el mundo circundante y la identificación con él, en un completo y total compartir abierto a la interpenetración. Los escenarios se componen en ambientes surrealistas, pero las imágenes reflexivas, atestiguan la presencia en el espesor del lugar. Doble -Face es la búsqueda de la multiplicidad de caminos: el camino físico dentro de los lugares reales y el de la luz que rebota repetidamente desde todas las direcciones posibles, proponiendo lo que está detrás, al lado y delante para proyectarse en una profundidad ambigua, donde se forma el punctum visual. Double-Face es también un experimento dialéctico, entre la acumulación cromática y la separación tonal del blanco y negro. Pero es sobre todo un transporte íntimo lleno de pensamientos conflictivos. Buscando el caos para encontrar el orden, la multitud para disfrutar de lo habitual, el grito para escuchar el silencio.


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Matteo Mezzadri > Parma, 1973

“La materia oscura - Venere” “La materia oscura - Venere” La serie fotografica intitolata “La materia oscura” affronta l’argomento dell’iconoclastia e della distruzione del patrimonio artistico come strumento di prevaricazione di una cultura ai danni di un’altra, un fenomeno antico, che nella società contemporanea della comunicazione di massa ha assunto un connotato di forte spettacolarizzazione: la distruzione diventa messa in scena e spettacolo, a volte ai limiti della performance, con lo scopo di raggiungere velocemente milioni di persone in tutto il mondo, amplificando all’infinito il messaggio mediante lo “spettacolo della morte dell’opera”. Cosa succede nell’esatto momento in cui un’opera d’arte muore, viene distrutta, cancellata per sempre? Cosa accade

allo spettatore che assiste a questo spettacolo violento e crudele? E quando tutto questo coinvolge delle icone del suo bagaglio culturale? Il desiderio di vedere trionfare la vita (l’arte) lotta col desiderio di distruzione, con “l’istinto alla morte” che ci portiamo dentro. Non ci sono risposte a queste domande, per questo ho chiamato il progetto “La materia oscura”, la stessa definizione con la quale la fisica moderna chiama tutta quella parte di materia che si è liberata dopo il Big bang ma che non possiamo né conoscere, né percepire. Si calcola che sia il 90% dell’esistente. La stessa percentuale di cervello che non usiamo. La serie fotográfica titulada “La materia oscura” trata el tema de la iconoclasia y la destrucción del patrimonio artístico como instrumento de variación de una cultura en detrimento de otra, un fenómeno antiguo, que en la sociedad contemporánea de la comunicación de masas ha asumido una connotación de fuerte espectacularización: la destrucción se convierte en puesta en escena y

espectáculo, a veces en los límites de la performance, con el objetivo de llegar rápidamente a millones de personas de todo el mundo, amplificando el mensaje infinitamente a través de la “muestra de la muerte de la obra”. ¿Qué sucede en el momento exacto en que una obra de arte muere, se destruye, se borra para siempre? ¿Qué pasa con el espectador que ve este espectáculo violento y cruel? ¿Y cuando todo esto implica iconos de tu bagaje cultural? El deseo de ver triunfar la vida (el arte) lucha con el deseo de destrucción, con el “instinto de muerte” que llevamos dentro. No hay respuestas a estas preguntas, por eso llamé al proyecto “La materia oscura”, la misma definición con la que la física moderna llama a toda esa parte de la materia que ha sido liberada después del Big Bang pero que no podemos conocer ni percibir. Se estima que es el 90% de la existente. El mismo porcentaje de cerebros que no usamos.


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Luca Monaco > Lecco, 1971

“GRIOTS, Nati Liberi” “GRIOTS, Nacido Libre” Un’Europa consunta dal potere, logorata dalle regole e dai mercati, un Eldorado da due euro, eppure quel colore, quel colore...quell’oro matrice di un continente ch’è stato culla dell’intera umanità: PanAfrica! Veniamo tutti da lì. Siamo tutti Africani. Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Domande antiche. Chi ha paura dell’uomo nero? Ho sentito piccoli uomini politici dichiarare in clima elettorale che le persone non si possono spostare liberamente in ogni angolo del pianeta perchè altrimenti sarebbe il caos. Siamo certi di questo? Perchè questo vorrebbe dire che un uomo ha il potere di conoscere dove il futuro di un altro essere umano può avere luogo, dove possa avverarsi. Affidereste ad un politico il vostro destino? E ad un pretoriano? Allora perchè chiediamo ai politici e agli eserciti di controllare i flussi migratori, alle questure di porre veti o autorizzazioni sulle future storie di esseri umani?

Nessuno ha il diritto di scrivere la storia di un altro. Ognuno è narratore di sè. Ognuno deve cantare al mondo la propria nota. La vita è uno scambio che non si può delegare. La vita non divide il mondo in gironi. I miei ragazzi hanno speso in questo progetto la loro presenza, i loro sguardi e le loro voci. Io ho risposto con il mio sentiero e con un pò di pellicola che è diventata derma di un racconto di coro. All’ossimoro del “reato di solidarietà”, che gli stati vorrebbero imporre, contrapporrei la legge naturale dell’eudemonia: ognuno ha diritto alla ricerca della propria felicità. Una Europa desgastada por el poder, desgastada por las reglas y los mercados, un “El dorado” de dos euros, y sin embargo ese color, esa matriz de oro de un continente que ha sido la cuna de toda la humanidad: ¡PanAfrica! Todos venimos de allí. Todos somos africanos. ¿Quiénes somos? ¿De dónde venimos? ¿Adónde vamos? Preguntas antiguas. ¿Quién le teme al hombre negro? He oído a pequeños políticos declarar en un clima electoral que la gente no

puede moverse libremente en cada rincón del planeta porque de lo contrario sería un caos. ¿Estamos seguros de eso? Porque esto significaría que un hombre tiene el poder de saber dónde puede tener lugar el futuro de otro ser humano, dónde puede hacerse realidad. ¿Confiarías tu tarea a un político? ¿Y un pretoriano? Entonces, ¿por qué pedimos a los políticos y ejércitos que controlen los flujos migratorios, y por qué les pedimos que veten o autoricen futuras historias humanas? Nadie tiene derecho a escribir una historia sobre otro. Cada uno es su propio narrador. Cada uno tiene que cantar su propia nota al mundo. La vida es un intercambio que no se puede delegar. La vida no divide al mundo en grupos. Mis hijos gastaron su presencia, su aspecto y sus voces en este proyecto. Respondí con mi camino y con un poco de película que se convirtió en la dermis de un cuento de coro. A la oscuridad del “crimen de solidaridad” que los Estados hegemónicos quieren imponer, me opondría a la ley de la eudemonía: cada uno tiene derecho a la búsqueda de su propia felicidad.


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Gigi Montali > Parma, 1962

“Tracce di Blues” “Rastros de Blues” Da anni vivo a ridosso del Po, il nostro grande fiume, qui ho iniziato ad amare le atmosfere nebbiose, quelle atmosfere lente che il Po porta con se. Certo il fiume o lo si ama o lo si odia, ma più lo conosci più lo ami. È qui che grazie ai festival blues che da vent’anni svegliavano luoghi addormentati della nostra pianura, ho conosciuto i bluesman Americani, dai loro racconti di luoghi simili ai nostri mi è nata la curiosità di andare a fotografare il Mississippi. La strada migliore per far questo è la HW61, la 61 parte da New Orleans e arriva al nord, il tratto che arriva a Saint Louis forma un itinerario leggendario lungo il fiume Mississippi evocativo di una deliziosa fetta di terra Americana rappresentato da un genere musicale noto come il blues del Delta. Una strada è una strada, ma a volte è più, a volte una strada canta. Guidare Lungo la Blues Highway alla ricerca della musica e dei luoghi dove essa è nata, questo è il viaggio.

Viaggiando in queste campagne accompagnato dalla musica Blues che la radio suonava costantemente, le immagini scorrevano tutt’intorno a me e le tappe servivano per raccogliere immagini/testimonianze di questo ambiente. Da qui è nato il mio libro “Tracce di Blues”, da questo viaggio è nata questa mostra che vuole evocare luoghi e persone di un’America spesso dimenticata dai media, ma anche dagli americani stessi. Un luogo lento, che scorre e suona come il fiume che l’attraversa, ma che a volte diventa irruento e pericoloso. Hace años que vivo cerca del Po, nuestro gran río, aquí empecé a amar las atmósferas nebulosas y las esferas lentas que el Po trae consigo. Por supuesto que amas el río o lo odias, pero cuanto más lo conoces más lo amas. Es aquí donde gracias a los festivales de blues que desde hace veinte años despiertan a los dormideros de nuestra planicie, conocí a los bluesistas americanos, de sus historias de lugares similares a los nuestros nació la curiosidad de ir a fotografiar el Mississippi.

La mejor manera de hacerlo es el HW61, el 61 sale de Nueva Orleans y llega al norte, pero en el tramo que llega a St. Louis forma una ruta legendaria a lo largo del río Mississippi evocando una deliciosa porción de tierra americana representada por un género musical conocido como el blues del Delta. Un camino es un camino, pero a veces es más, a veces un camino canta. Conduzca a lo largo de la autopista Blues Highway en busca de la música y los lugares donde nació, este es el viaje. Viajando a través de estas campañas acompañados de la música Blues que la radio tocaba constantemente, las imágenes fluían a mi alrededor y los escenarios se utilizaban para recoger imágenes/evidencias de este entorno. Aquí nació mi libro “Traces of Blues”, de este viaje surgió esta exposición que pretende evocar lugares y personas de una América a menudo olvidada por los medios de comunicación, pero también por los americanos. Un lugar lento, que fluye y suena como el río que lo atraviesa, pero que a veces se vuelve impetuoso y peligroso.


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Claudio Spoletini > Roma, 1949

“Compagni di latta” “Hojalata” Il corpus del presente progetto si compone di numerose immagini (tra le cinquanta e le sessanta), dal momento che, parallelamente ad altri miei progetti, viene seguito costantemente dai primi Anni ‘80. I soggetti rappresentati sono quasi sempre giocattoli di latta, con cui creo piccoli set di materiali poveri, ambientando il tutto nel paesaggio; in questo modo ricerco un legame - a volte per analogia, a volte per contrasto - tra il microcosmo dell’oggetto e il macrocosmo dell’ambiente circostante. La maniacalità che mi ha spinto alla ricerca dei miei pezzi da collezione (frequento mercatini, fiere e altri appassionati del settore) la esercito anche nello studio dei luoghi in cui mi reco, giacché prima di ogni

viaggio cerco sempre di identificare quali oggetti portare con me per poterli mettere meglio in relazione all’ambiente che troverò sul posto. Laddove possibile mi avvalgo di appoggi o supporti che mi consentano una certa stabilità o, se necessario, di prolunghe collegate al giocattolo, lasciate fuori inquadratura. Tutte le fotografie sono scattate con esposizione manuale preimpostata al fine di controllare meglio la profondità di campo. El cuerpo de este proyecto se compone de numerosas imágenes (entre cincuenta y sesenta), ya que, en paralelo con mis otros proyectos, se sigue constantemente desde principios de los ‘80. Los temas representados son casi siempre juguetes de hojalata, con los que creo pequeños conjuntos de materiales pobres, ambientando todo en el paisaje, de esta manera busco un vínculo -a veces por analogía, a veces por contraste- entre el microcosmos del objeto y el

macrocosmos del entorno que lo rodea. La edad que me llevó a buscar mis objetos de colección (asisto a mercados, ferias y otros aficionados del sector), el ejército también en el estudio de los lugares a los que voy, ya que antes de cada viaje siempre trato de identificar qué objetos llevar conmigo para poder relacionarlos mejor con el entorno que encontraré en el acto. Siempre que es posible, utilizo soportes que me permitan una cierta estabilidad o, si es necesario, extensiones conectadas al juguete, las dejo fuera del marco. Todas las fotografías se toman con exposición manual preestablecida para controlar mejor la profundidad de campo.


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Umberto Verdoliva

> Castellammare di Stabia (NA), 1961

“…e il mio sguardo si addolcisce…” “...y mis ojos se suavizan...”

Una serie di istantanee, lasciate in un cassetto e raccolte nel tempo. Momenti casuali, incontri improvvisi, percezioni visive di una umanità semplice, senza frastuoni. Il titolo è tratto da una frase di Marco Pesaresi, indimenticabile fotografo riminese. Parole che rappresentano la personale condizione mentale verso la vita di ogni giorno, attirato dalla ricerca di poesia in crescente contrapposizione alle brutture ed esasperazioni che la vita di oggi porta con sé. Visioni, solo in apparenza slegate tra loro, ma provenienti da un sentimento forte che implica un rapporto di familiarità tra l’autore e l’uomo, un dono che la fotografia offre per sentirsi meno soli.

Una serie de instantáneas, dejadas en un cajón y recogidas a lo largo del tiempo. Momentos aleatorios, encuentros repentinos, percepciones visuales de una humanidad sencilla, sin alboroto. El título está tomado de una frase de Marco Pesaresi, un inolvidable fotógrafo de Rimini. Palabras que representan la condición mental personal hacia la vida cotidiana, atraídas por la búsqueda de la poesía en oposición creciente a la fealdad y la exasperación que la vida de hoy trae consigo. Visiones, sólo aparentemente ajenas entre sí, pero procedentes de un fuerte sentimiento que implica una relación de familiaridad entre el autor y el hombre, un don que la fotografía ofrece para sentirse menos sola.


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Para los textos © los autores. Para fotografías © los autores. Los autores son los titulares de los derechos correspondientes. Ninguna parte de esta publicación puede ser reproducida o transmitidos de cualquier forma o por cualquier medio electrónico, mecánico o de otro tipo sin previo aviso consentimiento escrito del Fondo Malerba per la Fotografia.

Finito di stampare, Ottobre 2018.

Impresión terminada, Octubre de 2018.


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