International Photo Project Milano round
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In linea con i principi che lo ispirano, il Fondo Malerba per la Fotografia ha ideato questo progetto finalizzato all’incontro di artisti di ogni nazionalità. Si tratta di un momento di confronto tra le poetiche che caratterizzano i progetti di autori accomunati dall’utilizzo dello stesso strumento espressivo, ma appartenenti a paesi diversi. Ogni anno, infatti, artisti italiani dialogheranno con artisti provenienti dalle nazioni che di volta in volta saranno invitate a partecipare. Inserita in un contesto fertile di stimoli nuovi e contrapposti, questa vetrina di grande visibilità mediatica ha come obiettivo quello di valorizzare i talenti emergenti giovani e non che hanno intrapreso un personale percorso progettuale. Per tutti gli artisti coinvolti è l’opportunità irripetibile di entrare in contatto con altre culture simili o completamente differenti dalla propria, da cui trarre ispirazione e suggerimenti per migliorare la tecnica personale o per consolidare le proprie convinzioni artistiche. Per il pubblico è la possibilità di ammirare quanto di più interessante è disponibile tra la fotografia del panorama artistico internazionale; una sorprendente esperienza multipla che consente all’osservatore di percepire e, forse, condividere le molteplici idee celate nelle immagini presentate da ogni autore. Per il Fondo Malerba è l’opportunità di realizzare un’osservatorio internazionale che possa monitorare le diverse poetiche nazionali presenti all’interno della fotografia artistica, favorendone l’inserimento nel circuito delle istituzioni e delle gallerie.
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La fotografia è una cosa semplice; a condizione di avere qualcosa da dire. (Mario Giacomelli)
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E’ questa la frase che mi ha ispirato nel voler capire se oggi, in un contesto in cui le immagini vengono fruite continuamente ed in mille modi c’è ancora spazio per dire “qualcosa” attraverso l’uso del mezzo fotografico, qualcosa che vada oltre il trasmettere una mera informazione. La volontà di ritrovare la passione che mi spinse trent’anni fa a iniziare la collezione quando il vedere un solo scatto destava emozioni e riflessioni che altrove non trovavo, cosa che ancora spesso mi accade e rinforza la convinzione di voler divulgare a tutti tale sensazione. Lo spirito del progetto International Photo Project, fortemente voluto dal Fondo Malerba è proprio quello di capire e divulgare il qualcosa da dire, invitando e selezionando alcuni progetti di artisti contemporanei italiani e stranieri non ancora affermati sulla scena internazionale, che possono però proprio per questo trasmettere attraverso le loro opere un messaggio puro e talvolta più diretto. La fortuna, è anche quella di avere incontrato nella sensibilità delle Istituzioni l’opportunità di avere a disposizione uno spazio prestigioso come lo Spazio Soderini che ha stimolato ancora di più il mio entusiasmo nella ricerca di progetti fotografici contemporanei, non solo nazionali; questa ricerca in occasione dell’International Photo Project vuole essere condivisa e portata all’attenzione del pubblico sia amatoriale che non, con la presunzione che a partire da oggi arrivino sempre più contributi da parte di chi anela ad esprimersi utilizzando l’immagine fotografica come sintesi artistica di un progetto da divulgare. In tale direzione è volta l’attività dell’archivio FMF, strumento per documentare nel tempo l’evoluzione della poetica che lega l’immagine fotografica al progetto artistico. Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile il Milano round, gli esponenti delle istituzioni italiane e straniere per il loro appoggio, i membri della commissione che hanno sposato il progetto, tutti gli artisti che hanno contribuito con le loro opere, tutti gli addetti ai lavori per i loro interventi critici e costruttivi, i collaboratori che con il loro quotidiano impegno hanno reso possibile questo evento e il pubblico che mi auspico ne decreterà il successo. Alessandro Malerba (Presidente FMF)
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Nell’ambito degli impegni istituzionali il Fondo Malerba per la Fotografia ha dato il via ad un progetto di carattere divulgativo nazionale per la valorizzazione della produzione fotografica contemporanea italiana. Lo scopo è quello di realizzare un archivio digitale all’interno del quale conservare le immagini di tutto quanto prodotto, rendendolo disponibile in rete agli operatori del settore e al pubblico di appassionati. Ambito fondamentale dell’intervento è tutta la fotografia emergente realizzata dai fotografi italiani in modo progettuale dal primo gennaio 2001 in avanti, in Italia o all’estero anche se inedita o non inserita all’interno del sistema artistico ufficiale. La raccolta sarà uno strumento efficace per testimoniare le diverse e numerose tendenze artistiche che si sono sviluppate e continueranno a svilupparsi nel panorama fotografico italiano del ventunesimo secolo. Ogni anno, mediante un bando nazionale, una commissione interna al Fondo selezionerà i progetti inviati da tutti i fotografi italiani che intendono contribuire allo sviluppo della raccolta.
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ITALIA
Fulvio Ambrosio Napoli, 1986 Nasce a Napoli nel 1986. Si accosta giovanissimo alla fotografia, appassionandosi al mondo del reportage. I suoi primi lavori sono incentrati sulla fine della guerra nei Balcani. Nel 2011 vince il premio “Incontri pou l’image” ed espone al museo MADRE di Napoli. Lo stesso anno entra a far parte di LAB, laboratorio irregolare curato da Antonio Biasiucci. All’interno di LAB partecipa a due mostre collettive al Castel dell’Ovo di Napoli e al Festival Internazionale della Fotografia di Roma. Nel 2013 consegue la laurea in Psicologia con una tesi sulla trasmissione transgenerazionale dei contenuti psichici. Psicoanalisi e fotografia si intrecciano nel suo lavoro ibridandosi ed ispirandosi a vicenda. Nel 2015 lavora per La Biennale di Venezia per la realizzazione di un reportage sul Padiglione Italia. Attualmente vive e lavora a Napoli.
1:1, 2012 Fotografo ciò che tocco con la mano. Accarezzo i soggetti dei miei ritratti, ognuno reagisce diversamente, sono nell’inquadratura assieme a loro: siamo in contatto. Ibrido la fotografia con i miei studi in psicoanalisi sulle relazioni. Riproduco degli elementi del setting clinico con azioni performative fotografiche. E’ una situazione sperimentale, inusuale: la mano spunta all’interno delle inquadrature, protesa verso il soggetto. Il muro simbolico creato dalla presenza della macchina fotografica viene attraversato, rendendo permeabile la barriera che separa cio che si trova davanti e dietro l’obiettivo. Il fotografo, che in genere rimane al di qua di questa barriera, in questo caso pone una parte di se stesso dentro il campo inquadrato, e diventa egli stesso parte della composizione.
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Lorenzo, 2012
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Elisa, 2013
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Rosa, 2012
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Enrico Balzani Meldola (FC), 1962 Dall’inizio degli anni ’90 usa il mezzo fotografico come mezzo creativo. Inizialmente orientato verso le situazioni tradizionali tendendo a privilegiare il valore grafico dell’immagine, ha successivamente indirizzato il proprio lavoro, dalla metà degli anni ’90 ad oggi, verso ricerche intime, inizialmente rivolte alla scoperta della propria essenza originale e successivamente, volgendo lo sguardo all’aspetto di simbiosi armonica del tutto (o del nulla).
La luce delle cose, 2007 (Ho trovato un sasso che pareva un cane, mi ha seguito fino a casa…) La trasformazione è il filo conduttore di questo lavoro. Segue e continua quel lento divenire che la natura ha già da tempo avviato e che prosegue in evoluzione verso l’infinito. Le opere sono nature morte, o meglio si tratta di semplici allestimenti realizzati con le “cose” rinvenute nel corso delle mie “camminate”, fatte mie e fotografate nella mia casa. Riporto alla luce “oggetti buttati”, “perduti”, spesso dimenticati o, più semplicemente, “scarti naturali”. In questo modo celebro la bellezza di inusuali articoli abbandonati, rifiuti arcani. Oggetti che riciclo, lavoro e manipolo per mezzo della fotografia: “trasformazioni totali”. Sono affascinato dall’oggetto, non in quanto tale o nella sua funzione originale, ma estrapolato e riproposto nella mia visione, alterato dal reale e privato di ogni funzione. Percepisco la sua energia, il suo lento divenire, le vibrazioni emanate dagli avvenimenti vissuti e la libertà estrema irradiata da trascorsi ancestrali. Mi interessano la forma, il materiale, la sua plasticità, sempre la sua estetica. Mi scopro creatore non solo dell’immagine, ma artigiano dell’oggetto e l’opera finale è la metamorfosi della “cosa” inizialmente (ri)trovata. Le immagini, lievi e semplici segni di luce impressi sulla carta, sono un esercizio di Shodo alla ricerca dell’esperienza del “vuoto”.
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Stefano Bossi Busto Arsizio (VA), 1976 Vive a Milano dal 2007 dove si laurea in Ingegneria al Politecnico di Milano. Presso la scuola di fotografia Bauer di Milano frequenta il corso Annuale di fotografia analogica e digitale, quello di Storytelling e di Stampa digitale. Durante questo periodo di approfondimento artistico, conosce e inizia a collaborare con BAM, Bottega di Antonio Manta. Questa nuova amicizia gli permetterà di approfondire e mettere in pratica sul campo il tema del Reportage. Interpreta il reportage come ri-portare un evento ad altri, ponendo particolare attenzione all’intensità e alla partecipazione dello spettatore all’evento.
Inmormantare, 2014 Il progetto fotografico si è svolto nella regione del Maramureș in Transilvania nel mese di ottobre del 2014. In quel periodo mi trovavo ospite di Padre Vasile, parroco di un piccolo paesino. Quello che segue è il racconto fotografico del rito Ortodosso che accompagna il defunto nell’aldilà. I volti e i gesti mostrano forza e orgoglio; la narrazione della ritualità racconta la consapevolezza e il senso di appartenenza della comunità che si raccoglie attorno alla famiglia per l’ultimo saluto. Ho inteso sottolineare la sospensione del tempo e per questa ragione ho scelto il bianco e nero che astrae, annulla la contingenza, sposta la realtà da se stessa per consegnarla alla sua rappresentazione e rende assoluti i gesti: mi è parso coerente con la tradizione, anche quella del reportage.
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Patrizia Burra Udine, 1960 Quando la fotografia e la pittura si incontrano prende forma la fotografia Fine Art. Ed è proprio di questa espressione delle arti visive che Patrizia Burra, fotografa professionista con 30 anni di esperienza, si occupa raccogliendo consensi in tutto il mondo. Una passione che le ha permesso nel tempo di ottenere numerosi riconoscimenti prestigiosi come il MQEP (Master Qualified European Photographer) o il FIIPA come vincitrice assoluta svelando un’indubbia abilità nel produrre fotografie di grande impatto visivo. Il lavoro di Patrizia si deposita su tre cardini: un’ insolita immaginazione femminile, il concetto e l’amore, in parti uguali. Questa fotografa apre nuovi varchi per affrontare luoghi inesplorati, a volte temuti e tenuti sotto controllo. Pubblica per numerose riviste del settore ed è stata inserita nei prestigiosi libri: • 200 Best Ad Photographers Worldwide 2014/2015 by LÜRZER›S ARCHIVE • 200 Best Digital Artists Worldwide 2013/2014 by LÜRZER›S ARCHIVE
Donna Peixote’s house, 2014 Il progetto è stato realizzato in una casa disabitata a Rotterdam. L’ambientazione, carica di magia e di storia, mi ha portata a creare delle immagini che evocano il sogno. Le enormi finestre emanavano una luce naturale perfetta per illuminare il soggetto e per donare un delicato risalto di luci e ombre all’intera scena. L’idea di base era quella di ritrarre i protagonisti come individui sognanti, persi all’interno del loro stesso immaginario, in un’ unica visione comune e nello stesso spazio. Ho cercato di accendere speranze, di aprire la strada ai desideri, di cogliere l’anima nascosta dietro allo sguardo dei miei modelli. Io e loro siamo tornati bambini. Liberi, mai arresi e ricchi di stupore.
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Emanuela Carone Sermoneta (LT), 1945 Vive e lavora a Velletri, si dedica da anni alla fotografia, ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive. La sua prima mostra fotografica risale al 1988. Nel 1991 inizia la collaborazione con la storica galleria Il Fotogramma di Giovanni Semerano, la prima galleria a Roma che cura esclusivamente fotografia ed espone grandi artisti internazionali. Collabora poi con il figlio di Giovanni, Andrea, nella galleria La Camera Verde, dove espone il ciclo Geografie, espressione visiva delle proprie situazioni ed emozioni esistenziali. In altri cicli cattura immagini di ambiente urbano; oppure colleziona scatti di volti disparati, dalla fisiognomica inesauribile. Il filo conduttore di tutti questi lavori è la rappresentazione del rapporto tra oggetti e soggetto, tra la realtà e l’immagine come vissuto mentale ed emotivo, dove l’osservatore fotografo - spettatore è un fantasma in filigrana.
Geografie, 2001 I luoghi, gli oggetti e le persone segnano per ognuno una mappa esistenziale simile a un territorio che percorriamo, più o meno consapevoli, nella speranza che ci sia agevole e ameno; un paesaggio complesso, a momenti anche desolato e refrattario. Procediamo lavorando incessantemente per renderlo praticabile, amabile e anche appassionante nel presente e a ritroso, nella memoria. Questa serie di foto tenta di fissare persone e cose della mia vita cercando di intrappolarne il nucleo emotivo e restituirne (anche comunicare?) lo spessore e la vibrazione.
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Matteo Cirenei Schio (VI), 1965 Matteo Cirenei vive a Milano, dove si è laureato in architettura al Politecnico. In Facoltà subisce il fascino delle immagini realizzate in bianco e nero dai fotografi del novecento (E. Stoller, J. Shulman, B. Korab, O. Savio, etc.), per descrivere il lavoro dei grandi architetti nei libri e sulle riviste. In quel periodo (primi anni ’90) inizia la sua ricerca fotografica in bianco e nero sull’architettura, fotografando gli edifici più salienti di Milano e di alcune città europee sedi di architetture famose. L’evoluzione di questa ricerca sfocia, nel nuovo millennio, in un approccio estetico che annulla la visione complessiva dell’edificio, ricrea un’equilibrio di forme in una nuova composizione tra elementi architettonici e giochi di luce ed ombra, atti plastici puramente figurativi.
Sundials, 2007 Le architetture, oltre a essere luoghi da vivere, sono anche oggetti estetici, grazie ai giochi di luce che le forme solide determinano in relazione a un certo momento della giornata, come le meridiane solari. E diventano opere d’arte, ogni volta diverse, in funzione di spazio e tempo. La luce mette in risalto i dettagli, la materia, mentre le ombre servono da contrappunto, sostengono la nuova vita che l’immagine fotografica riesce a cogliere dalla realtà fisica dell’edificio. La fotografia rende così l’architettura come un cristallo, ma non nel senso della compiutezza geometrica come intendeva Gio Ponti, bensì ricreando un equilibrio di forme che solo attraverso l’interazione con la luce la struttura riesce a generare, e questa estasi momentanea, puramente estetica, è, se vogliamo, un’istantanea.
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Jewish Museum, Berlino, 2011
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Potsdamer Platz Metro Station, Berlino, 2011
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Palazzo Sormani, Milano, 2012
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PavilhĂŁo do Portugal, Lisbona, 2014
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Piscina das MarĂŠs, Matosinhos, 2014
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Luigi Fieni Velletri (RM), 1973 Luigi Fieni ha fotografato i paesaggi, la cultura ed il patrimonio artistico dell’Himalaya dal 1999 mentre lavorava come restauratore per The American Himalayan Foundation. Il suo lavoro è parte di collezioni private in varie parti del mondo, vantando acquisizioni in musei di rilievo quali il Manggha in Cracovia, Polonia, e la Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani. Molte sue fotografie sono state nominate in concorsi internazionali come la selezione Voies Off, The Black and White Spider Awards, menzioni d’onore al Photography Masters Cup e al Photo Annual Awards così come un secondo posto, due argenti ed un bronzo al One EyeLand Award. Fieni è attualmente rappresentato da: PhotoEye Gallery (Santa Fe, USA), Streaming Art (The Hague, Olanda), Dream and Art (Cracovia, Polonia) e Pandora Art Gallery (Bangkok, Tailandia).
Tears of stone, 2012 Questo portfolio è stato realizzato in Mustang, una regione remota dell’Himalaya nepalese. Luogo dove ho lavorato, spazio dove sono cresciuto per quasi due decenni: una prigione incantata in un deserto d’alta quota. E come in una prigione, il tempo diventa il mezzo per osservare, il silenzio la chiave d’interpretazione. Le mie foto come occhi che cercano di catturare le fuorvianti forme di bellezza nella natura che solamente l’attesa riesce a svelare. Ogni scatto diventa contemplazione attraverso il silenzio, l’attesa di quel momento dove la conoscenza di quello che abbiamo davanti ai nostri occhi si trasforma in qualcos’altro. La realtà non è che una menzogna e la sua percezione semplicemente ingannevole. Lo stato delle cose come esistono non è altro che una mera interpretazione di quello che cambia, incessantemente, attorno a noi: luce, pioggia, neve, sole, stati d’animo. La verità delle cose non esiste se non nella nostra mente.
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Tea Giobbio Buenos Aires (Argentina), 1958 Nasce a Buenos Aires da genitori italiani. Torna in Italia nell’infanzia, si laurea in Medicina e si specializza in Oculistica dedicandosi alla microchirurgia dell’occhio. Da una quindicina d’anni ha affiancato al suo lavoro la fotografia come mezzo di ricerca personale lavorando spesso sul tema dell’identità. Ha iniziato con immagini in bianco e nero ma negli ultimi tempi usa prevalentemente il colore, creando immagini che “inventano una realtà”, spesso grazie ad una sorta di “chirurgia “ della fotografia. Ha partecipato a molte mostre nazionali ed internazionali ed ha vinto vari premi.
Gli assenti, 2006 Il tema de “gli ASSENTI” è l’abito. L’abito come identità. L’abito non fa il monaco? Chissà… l’abito “è” il “ monaco “, il vestito è il soggetto e la persona è appena accennata da un particolare, una mano, un piede... e spesso l’abito femminile nasconde un particolare umano maschile e viceversa. Un discorso sull’identità e sui suoi molteplici volti e risvolti.
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Marco Introini Milano, 1968 Laureto in architettura presso il Politecnico di Milano. Fotografo documentarista, è docente di Fotografia dell’ Architettura e Tecnica della Rappresentazione presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano. Nel 2006 viene pubblicato all’interno del catalogo del Padiglione Italiano della X Biennale di Architettura curato da Franco Purini. Inserito nei venti fotografi di architettura protagonisti degli ultimi dieci anni, viene intervistato da Letizia Gagliardi per il libro La Misura dello Spazio (Roma 2010). Ha al suo attivo diverse mostre e pubblicazioni, attualmente è impegnato nella campagna di documentazione dell’architettura dal dopoguerra ad oggi in Lombardia per la Regione Lombardia e il MIBAC.
Milano illuminista, 2002 Dal trattato di Raastadt del 1714 che stabili il passaggio del ducato di Milano dagli spagnoli agli austriaci la città subisce un grande rinnovamento urbano regolato dalle teorie illuministe nella volontà di farla diventare un caposaldo del pensiero; per un lungo periodo che arriva ai piani napoleonici, Milano e stata ridisegnata attraverso progetti urbanistici ed architettonici. Anche se parte di questi progetti non sono stati realizzati, la realizzazione di edifici pubblici, privati, di parchi, la risistemazione di alcune facciate di monumenti precedenti, delle mura con la costruzione delle porte e dei caselli, e la parziale realizzazione del piano dei rettifili hanno dato a Milano una forte identità e rappresentatività del pensiero illuminista, diventando anche testimonianza della coincidenza tra pensiero e opera. Il progetto fotografico nasce con la volontà di rappresentare questo momento storico, questa coincidenza tra pensiero e opera, per riportare alla memoria un processo di costruzione civile. Il progetto è in progress.
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Alfredo Macchi Sorengo (Svizzera), 1967 Vive e lavora a Roma. Giornalista ha seguito come inviato per Mediaset alcuni degli eventi più importanti degli ultimi anni ed è stato in diverse zone di guerra: Kosovo, Afghanistan, Libia, Egitto, Medio Oriente, Iraq, Libano e Sud Sudan. Ha lavorato come fotografo per alcune organizzazioni umanitarie, in Asia, Africa e Sud America.
War landscapes, 2001 War Landscapes (Paesaggi di guerra) è composto da una mostra e un libro fotografico (Tempesta Editore, maggio 2015) con un centinaio di immagini in bianco e nero scattate da Alfredo Macchi in quindici anni di lavoro come inviato nei più importanti conflitti del mondo. L’autore ha scelto scatti lontani dalla cronaca di guerra, puntando invece l’attenzione sui paesaggi delle zone di combattimento, nella quasi totale assenza dell’elemento umano, dove prevalgono i segni lasciati dalla follia umana e dove regna il silenzio. Un modo per riflettere, al di là del singolo conflitto, su quello che sono tutte le guerre contemporanee. Nell’epoca in cui siamo bombardati di immagini di sangue, decapitazioni e violenza che tendiamo ad allontanare da noi, l’autore intende mostrare la guerra senza farla vedere, senza i morti, i feriti, le folle urlanti. Si è scelto di ritrarre le rovine delle città, i campi di battaglia, gli scheletri degli aerei e dei carri armati, i muri di cemento, le trincee, le postazioni militari. Qualcuno sostiene che i grandi popoli siano diventati tali con la guerra. Non è vero. La guerra non costruisce, ma distrugge le vite degli uomini, le loro abitazioni, i loro monumenti, le loro città, il paesaggio, la bellezza. Le grandi civiltà che si sono sviluppate grazie alla cultura, alla convivenza pacifica, alla lungimiranza di chi le governava. La guerra è sempre stata un passo indietro nella storia e ha portato altro odio. Le rovine che si ergono sui campi di battaglia ne sono una prova.
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Herat, Afghanistan, 2009
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West Bank, 2004
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Kabul, Afghanistan, 2001
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Tiziano Rossano Mainieri Bologna, 1982 Dopo la laurea in Storia del mondo contemporaneo all’Università di Bologna si diploma con lode in Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha frequentato il Master di Alta Formazione sull’immagine Contemporanea di Fondazione Fotografia Modena dove ha iniziato ad approfondire la sua ricerca sul paesaggio. All’attività di fotografo freelance affianca quella di insegnante di fotografia nella scuola secondaria di secondo grado. Ha partecipato a diverse residenze artistiche in Italia e all’estero tra cui: Stills Gallery (Scozia), Blob Art (Livorno) e Accademie Eventuali a cura di Fondazione Furla e Fondazione Carisbo (Bologna). La sua ricerca fotografica è concentrata sul tema della memoria che viene indagata attraverso un meticoloso studio del paesaggio, da quello umano a quello naturale. Vive e lavora tra Bologna e Modena. Cramond island, 2013 Cramond Island è un progetto sul paesaggio nato durante la Residenza d’Artista presso Stills Gallery di Edimburgo svolta ad ottobre 2013. In gaelico Eilean Chathair Amain, Cramond Island è un’isola alla periferia della capitale scozzese. Ogni giorno c’è un momento in cui la marea si ritira facendo emergere un lunga lingua di sabbia che la ricongiunge alla terraferma. Durante la bassa marea in questo spazio prende forma un paesaggio transitorio, accessibile solamente in quelle poche ore in cui il mare, attratto dalla gravità lunare, lo rivela. In questo spazio ho raccolto una serie di tracce, indizi in un paesaggio in continuo mutamento.
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Luca Monaco Lecco, 1971 Vive e lavora tra Milano e Modena. Diploma Istituto Italiano di Fotografia, Milano. Tecnico luci per compagnie di teatro, Como. Assistente fotografo strutture e studi fotografici, Milano. Master di alta formazione sull’immagine contemporanea di Fondazione Fotografia Modena. Fotografo freelance specializzato settore still life.
Malerba, 2014 Il mio progetto prende le sue mosse dall’osservazione botanica di un campo lasciato a maggese. Queste erbe spontanee oscillano fra le loro qualità e il giudizio “sociale” che si ha di loro. Le si categorizza come infestanti. Antagoniste dei cicli di buona coltura, come se in natura possano realmente esistere semi buoni e semi cattivi. A rafforzare l’idea che la natura in sè sia madre o matrigna e che i semi non siano tutti uguali ma abbiano un comportamento morale o ancor di più una natura morale sono le sacre scritture e le parabole o l’interpretazione che si da di esse. Una per tutte è la parabola della Zizzania (Matteo 13.24-30). Osservando queste erbe si può notare in loro una tenacia, una pulsione vitale e un’adattabilità alle condizioni del terreno molto spiccate. Questa forza viene tradita però da una geometria formale, una struttura il più delle volte prettamente aerea, fatta di sottili legami di punti, quasi cesellati nell’aria. E’ come se queste piante desiderassero il cielo più delle altre e esponessero per intero il loro corpo all’oscillazione del vento, dell’inatteso, dell’imprevisto. Sicuramente la Fragilità è il loro secondo volto. Questa loro natura mi ha portato a intrecciare nella fotografia di ritratto una trama identitaria fra erbe e persone le cui vite potessero assomigliare alle caratteristiche di queste piante. Da qui nasce la collaborazione con il Centro Osservazione e Diagnosi di Modena e un laboratorio didattico sulla percezione di sè e dell’altro attraverso il ritratto e l’autoritratto fotografico.
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Marco Piersanti Piacenza, 1975 Si avvicina all’arte come autodidatta e successivamente frequenta l’istituto d’arte di Piacenza F.Gazzola, con quattro borse di studio e si diploma nel 2004. Frequenta il corsi di specializzazione sulle tecniche sperimentali. Il figurativo delle prime opere è stato via via contaminato dalla fotografia, prima con sporadici inserti sulla tela a completamento e rottura dell’immagine principale, poi divenendo essa stessa, la fotografia, la protagonista. Realizza diverse mostre e pubblicazioni e successivamente abbandona la pittura per dedicarsi completamente all’arte digitale e alla fotografia,dopo una lunga ricerca e sperimentazione trova un suo linguaggio,elabora in digitale diversi scatti da lui realizzati, per dare vita ad una sola immagine nella quale racconta storie fantastiche, dove le rotaie narrano il percorso di ognuno di noi e della propria valigia piena di ricordi.Nel 2012 si aggiudicata il Premio Arte Cairo Editore e il Premio Terna 2014 per la sezione fotografia. Piersanti lavora contemporaneamente a diversi progetti fotografici e sculture in Plexiglass.
Hotel California, 2013 Hotel California e’ un progetto aperto iniziato nel 2013 , ispirato ad una vecchia canzone degli “The Eagles” che da il nome alla serie fotografica nella quale voglio raccontare e documentare quei luoghi affascinanti e di antico splendore, ma ora abbandonati. All’interno di questi Hotel o Castelli abbandonati e’ pieno di racconti che noi non vediamo ora , ma un tempo erano teatro di gente di ogni tipo, ognuno con una sua storia e una valigia piena di ricordi. Questo progetto e’ itinerante , mi ha portato a fotografare luoghi in Italia e negli U.S.A.
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Claudia Rossini Ponte dell’Olio (PC), 1986 Laureata in Arti Visive presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e lo IUAV di Venezia - Facoltà di Design e Arti. Vive e lavora a Venezia come fotografa. Tra il 2005 e il 2011 studia fotografia sotto la guida dei Maestri Lewis Baltz e Guido Guidi, e dei Proff. Antonello Frongia e Guido Cecere. In questo periodo elegge Venezia come soggetto preferito delle sue osservazioni e si delineano le questioni principali dei suoi esperimenti: la natura evolutiva del digitale, la necessità storica dell’archivio, il nuovo paesaggio del web, il fascino della iper-rappresentazione odierna, la falsa categoria dello sguardo femminile, l’importanza dell’immagine pornografica, l’inutilità dell’autorialità esclusiva. Dal 2011 decide di sostituire il suo nome con lo pseudonimo d’arte Yamada Hanako, inizialmente utilizzato come nickname in Internet. Modus operandi della sua creazione è l’appropriazione di foto altrui, l’utilizzo di webcam, screenshot e software inusuali piuttosto che la mera macchina fotografica, la preferenza a comporre serie e archivi, il riconoscimento di co-autorialità ai soggetti rappresentati, l’affiancamento di testi alle immagini. La poetica della sua ricerca si può sintetizzare nella frase “Noi cerchiamo la bellezza ovunque”.
Hic requiescet corpus tuum, 2010 “Hic Requiescet Corpus Tuum” è un progetto in progress cominciato nel 2010: il suo intento è di documentare lo stato odierno di tutte le strade del centro storico di Venezia, fotografandone le estremità alla stessa altezza dal suolo, e raccogliendo i dati GPS e di ora e data dello scatto. Poiché l’architettura della città non è uno sfondo ma il soggetto principle di queste immagini, le persone sono sempre state escluse dall’ inquadratura. Il titolo si può leggere nel libro aperto tra le zampe del leone alato rappresentazione del patrono della città lagunare: essa significa “Qui riposerà il tuo corpo”. Nel 2013 le fotografie prodotte sono state stampate suddividendole in 9 volumi, ciascuno di 99 pagine, in edizione unica.
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Vol.1 p.88-89, 2010
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Vol.2 p.58-59, 2010
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Vol.3 p.82-83, 2010
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Vol.4 p.2-3, 2010
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Vol.9 p.74-75, 2010
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Patrizia Zelano Brescia, 1964 La Fotografia viene da lei vissuta quale introspezione artistica ed al contempo per appagare un’ esigenza estrema di libertà. Dapprima avviene una ricerca sull’approccio estetico del vedere, in seguito sposta i confini del suo fotografare verso oggetti e luoghi generalmente trascurati. Le sue fotografie si fanno metafore, evocano sentimenti, lei trasforma i soggetti più banali e poveri in rappresentazioni della caducità, malinconici. Gli elementi visivi ripresi inoltre si animano di nuove fattezze, sino a divenire idealizzati e trasformati in sculture evocative già fluttuanti nella nostra memoria. In seguito la produzione artistica si arricchisce del suo intervento scultoreo-installativo. Un nuovo modo per lei di “creare fotografia” unendo scultura contemporanea-transeunte e scatto. Le sculture realizzate, hanno un tempo brevissimo di vita, sono delle geometrie recondite, forme dell’inquietudine, poetiche. Espone in Musei Internazionali e gallerie nazionali ed estere.
Plastica animistica, 2013 Plastica animistica è un progetto di installazione estemporanea e fotografia realizzato da Patrizia Zelano. È la presenza del vento che crea una scultura, un’epifania che si manifesta cambiando -in un tempo minimo - la cifra visiva del luogo, configurando attraverso un disordine compositivo un’alterazione semantica del vedere. È un intervento sul paesaggio, attraverso un gesto ed un telo di cui non si controlla totalmente il raggio di azione. È la summa del paesaggio codificato, qualunque esso sia, e del vento percepito come elemento divino (animistico). È un’alterazione di visione del conosciuto.
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Pineta #1, 2013
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Pineta #2, 2013
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Land #9, 2013
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Land #2, 2013
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Land #10, 2013
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CROP Collective Milano, 2014 CROP Collective è un collettivo di fotografi fondato nel 2014 da Barbara Barberis, Francesca Barzani, Valeria Ingrao, Chiara Panariti, Enrico Pani, Stefano Gio Semeraro e coordinato da Giuliano Manselli. I sei fotografi provengono dal CFP Bauer. Giuliano Manselli è curatore indipendente. CROP Collective si propone di produrre progetti culturali collettivi nati dall’esigenza di riflettere su vari aspetti della fotografia, sulla sua natura e il suo significato. Nel corso del 2015 CROP Collective ha esposto nell’ambito del Photofestival 2015 con ENDLESS VACATION project; presso RAM Studios-Fabbrica del Vapore e Palazzo Marino con UNDERCOVER MILANO; nella manifestazione Letti di Notte (la notte bianca delle librerie) presso la Libreria Popolare di via Tadino con BY NIGHT.
ENDLESS VACATION projecT, 2014 ENDLESS VACATION project è una ricerca condotta su foto di vacanza ritrovate, effettuata presso alcuni archivi pubblici, tra le vecchie fotografie di famiglia, ed attraverso il recupero di foto digitali conservate su hard disk e schede di memoria. Il progetto si pone come riflessione meta-fotografica sul modo in cui i differenti supporti, analogici e digitali, e le mutevoli modalità di archiviazione ad esse legate, influiscano allo stesso tempo sulla percezione e formazione della nostra memoria condivisa e individuale. Il progetto, che ha dato vita ad una pubblicazione indipendente, è stato esposto nell’ambito del Photofestival 2015 all’interno dell’evento HTTP. HyperText Transfer Photography dedicato proprio al rapporto tra evoluzione tecnologica e produzione di immagini.
PROGETTO SPECIALE 102
Endless vacation project, 2014
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COREA
In-Mo, Hwang Pohang-Si of Korea ,1975 • 2013 Reports of Jung-gu, Daegu. (Artory Gallery, , Daegu) • 2012 Project Commemoration for the Space of Appointment in Daegu (Gallery Hue, Daegu) • 2010 Hometown of the Father (Gallery Tyche, Changwon), • 2010 Invitation Exhibit of Young Artists of the Year (Culture & Arts Center, Daegu) • 2009 Commemoration of Bangcheon (Alternative Space Daegu) • 2009 People of Guman-ri (Doyo Gallery, Daegu) • 2008 Portraits of the People (Goto Gallery, Daegu) • 2004 Transformed Scenery (Daeil Gallery, Daegu) • 2004 Wait and See (Goto Gallery, Daegu)
Mu-dang (Korea shamanist), 2015 Korea shamanism is a religion, traditionally appeared in Korean life and culture in which it is party in its role as connector between God and people. I think the most natural waysto meet shamanists of Korea is when they appear innature of Korea. When they are in the nature, I could express them best.
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Mu-dang (Korea shamanist) _1, 2015
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Mu-dang (Korea shamanist) _2, 2015
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Mu-dang (Korea shamanist) _3, 2015
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Mu-dang (Korea shamanist) _4, 2015
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Mu-dang (Korea shamanist) _5, 2015
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HYUN-MIN RYU Daegu, Year of Born, 1979 • 2015 ‘HYUNMIN RYU EXHIBITION’ show, Daegu Art Museum, Daegu, Korea • 2015 Terra/Earthbound, A.I gallery, London UK • 2015 Among Images, Space291, Seoul, Korea • 2015, In Barry Bonds / See the future, IMT gallery, London, UK • 2015 North Sydney Art Prize, Coal Loader Centre for Sustainability, Sydney, Australia • 2015 AF screenings, KARST, Plymouth, UK • 2014 Daegu photo biennale “Encounter”, Daegu art centre, Daegu, Korea • 2013 Invitation exhibition of young artists, Daegu Art Centre, Korea • 2010 “Giggle” Nikon Salon, Tokyo, Japan • 2010 Singapore International Photography Festival, Singapore
GIGGLE, 2009-2012 I am curious in some kind feeling like loss of human beings who has been frustrated to face the reality in due course of pursing their ideal. They are some kinds of moments of response that face the constraints, distance between the ideals and the realities, when the human have sense to feel the ideals but it can be soon realised that they are destined to be constrained in the reality.
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Centipede, 2010
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Charging Monkey, 2012
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Dog, 2010
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Extinguisher, 2009
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Red Plastic Bag, 2010
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Yonggeun, Jang Daegu, Korea, 1970 • 2014 Manufactured Landscape, Kyungpook Nat.University Art museum, Daegu • 2014 Jinan Photo Biennale, Jinan, China • 2013 Portraits in Modern Era, Portraits Today, Seoul museum of art, Seoul • 2013 Original Face, Beomeo Art Street Gallery, Daegu • 2012 Daegu Photo Biennale Special Exhibition, Daegu Art Factory, Daegu • 2012 FacStory, Gallery Tin, Seoul • 2011 Seoul, City Exploration, Seoul museum of art, Seoul • 2010 Ideal beauty & Images, ilmin Museum of Art, Seoul • 2010 Collection of City images, jinsun gallery, Seoul • 2009 Dashanzi Korea Photo Festival, On Space, Beijing
Collection of city images The subject matter of my work is about the city I’ve lived and will live in. The city is a space for the present, reminiscences, where we will still live in the future. We spend most of our times in the city. My work is about contemplation of the city, imagining and reconstructing it through photography. A series of my work, ‘Collection of city images’ started when I collected banners expressing condolences for the victims of the Daegu subway fire, a mass murder in 2003 that killed 200 people. While witnessing the shocking accident, I started examining how the megalopolis has effects on our lives both inwardly and outwardly. I don’t intend to take view of the entire city. I would rather collect various images of spaces that belong to the city, images of the smaller units of the city. Wandering around lots of spaces in the city, I document traces of capitalism, desires and preferences hovering in the city. Without giving perspective, I fill in the rectangle of my work with my photographs taken in a documentary style. By recomposing and rearranging them, I make unfamiliar scenery that is very different from the city. These images of the scenery seem to be hieroglyphic symbols of the city.The city is an unlimited text that changes continuously. I will keep examining my city passionately. 118
Asphalt, 2009
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Wall, archival pigment print, 2014
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Placard, 2014
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Scan, 2014
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Tree, 2015
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Jeon Rihae Daegu, 1981 • 2015 SeMA shot, Seoul Museum of Art, Seoul, Korea • 2014 SUPER ROMANTICS, Daegu Art Factory, Daegu, Korea • 2014 YAP - Young art project, exco, Daegu, Korea • 2014 Man, Place, Thought, and Space between Them, Gallery ArtFactory, Seoul, Korea • 2013 SPACE INVADERS, space K, Daegu, Korea • 2013 Re-photography, Artspace NEMO, Seoul, Korea • 2012 Busan Biennale special exhibition, Busan Cultural Center, Busan, Korea • 2012 Invitation exhibition of young artists, Daegu Culture and Arts Center, Daegu, Korea • 2011 A scene of traces, Gallery On, Seoul, Korea
Still life, 2012 If one finds a dusty school bag he used during his childhood, isn’t he thrilled to rediscover his lost self? Of course, contemporary art rarely provides this experience. This experience can rather be gained through emotional objects without any rational use. In this sense, Jeon’s pursuit of her true identity is quite natural and meaningful. Jeon’s work is to explore something common and eternal, transcending space and time. Her work is a juxtaposition of past space and time, things staying in the present yet not the present, and painting and photography.(By LEE Soukyoun, Art Critic)
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Still life, 2012
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Still life, 2012
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Still life, 2012
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Still life, 2012
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Still life, 2015
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Ji-Young Rhee Daegu, South-Korea, 1968 • 2014 Jung Dong301-What they’re saying or not, Bonsan Cultural CenterBonsan Cultural Center, Daegu Korea • 2014 Super Romentic, Daegu Art Factory, Daegu Korea • 2014 GAP(Galssbox-Artstar Project), Bonsan Cultural CenterBonsan Cultural Center , Daegu Korea • 2013 Communication and harmony, Kim Jong Bok Art Museum, Daegu Korea • 2012 Galssbox-Artstar ver. 5 Framing-Reflected Reality, Bonsan Cultural Center, Daegu Korea • 2012 Daegu Photo Biennale, Daegu Art Factory, Daegu Korea • 2012 Open Studio 2012, GCC (Gyeonggi Creation Center), Ansan Gyeongido • 2011 Young Artist of Local Young Nam, Pohang Museum of Steel Art , Pohang Korea • 2009 Occupied Space-Space Project of Artist, KT&G, Daegu Korea • 2008 Dongchon New Media Art, Dong Gu Cultural Center, Daegu Korea
Object in space, 2011 My work was started from painting. So, my main image could be regarded as the composition of colors and shapes. I was attracted by buildings through working media art, especially architecture located at suburb. This architectures what I mean are structures that only informal intention of landlord (or informal artist) was intervened in process to build or renovate as not so contemporary and traditional building. Without esthetic base, informal intention means to build with block and paste with cement, also use with primary or mixture color, and compose the split of color. In the process, disharmony medium and color is united, and in the viewpoint of contemplation looking it, I am fascinated with the intention and shape, also enchant of color.
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Object in Space, 2011
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Object in Space, 2011
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Object in Space, 2011
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Object in Space, 2011
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Object in Space, 2011
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GIAPPONE
Ryu Ueno Nagoya, Japan 1963 • 2015 “Nuno wo oku” Roonee 247 photography, Tokyo Japan • 2015 “Nuno wo oku” Monokoto, Nagoya Japan • 2015 “Axis Photo Marche”Axis gallery,Tokyo Japan • 2014 “Go out Roonee”Gallery Toriko, Shizuoka, Japan • 2012 “Tew how 2012” Roonee 247 photography, Tokyo Japan • 2011 “Uzura-ginu” Monokoto, Nagoya Japan • 2009 “Tew-how” Roonee 247 photography, Tokyo Japan • 2007 “Uzura-ginu” Roonee 247 photography, Tokyo Japan • 2006 “A-ura” Roonee 247 photography, Tokyo Japan • 2005 “Kyoujitu” Roonee 247 photography, Tokyo Japan
Tew- how, 2007 Rye tried to cut text from newspaper, remained photos without rule. He found disappear meaning from them as information. Just a “photo”. Chou kan is newspaper in Japanese. Tew you is old Japanes. He added “-” between few & how to disappear of mean as newspaper. Ryu Ueno’s greatest concern is to accept all of what he happened to see through my photography work process. Talking about printing process, he uses his own method. By diluting Breach and Toner which may be said “the wrong use”, he can’t realize the result until everything is finished. He used to be a free improvised music player, so this method is my way of life itself, which is reflected against his photography work scene.
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Tew - how, 2011
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Tew - how, 2009
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Tew - how, 2009
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Tew - how, 2009
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Tew - how, 2009
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taiju fubuki Osaka, 1971 • 2015 The Days (Tokyo,Japan) • 2015 The Clouds that are in the far reaches of the solar system (Osaka,Japan) • 2014 Journey for sometime part 3 (Osaka,Japan) • 2014 Things I Forget (Wakayama,Japan) • 2013 Journey for sometime part 1 (Osaka,Japan) • 2013 Somewhere in time / Reconstruction version (Kobe,Japan) • 2013 Journey for sometime 2 (Osaka,Japan) • 2009 a Members of the “HOLGA INSPIRE” (HONG KONG) • 2009-2013 HOLGA INSPIRE INTERNATIONAL Photo Exhibition (USA) • 2002 Representative of “HOLGA association” in Japan
Any given day, Any given time, 2012-13 All human beings will die someday. It’s just a matter of course. Some people live longer, some people also will die suddenly in an accident or disease. So, when you are told that you will die in six months later, what would you do? ... I decided to take a picture of the my daily life and my wife. It’s a life of ordinary people, such as worthless in history. However, it’s evidence that I was alive in this world. When someone looks at these pictures, my memory will be resurrected. It means that, even if I died, is that I am alive. Given so, I need not fear anything. Finally, the disease is cured, I survived. And these pictures were remaining. That’s fine with me.
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“photo of shoes”usual_everyday #3 , 2011
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“photo of Christmas tree”usual_everyday #10 , 2011
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“photo of wife with hat “ usual_everyday #13 , 2011
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“photo of balloon”usual_everyday #20 , 2011
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“wife at the road of Y shape “ posthumous work, 2011
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yasu matsumoto Kumamoto, Japan, 1976 • 2015 Px3 Prix de la Photographie Paris - Gold Prize in Fine Art • 2014 ”past time kingdom” - Roonee247Photography, Tokyo, Japan • 2014 “alchemist’s dream” Gross gallery, Okayama, Japan • 2013 ”curiosity is my father” - Spectrum Gallery, Osaka, Japan • 2013 Lucie Foundation IPA International Photography Award - 1st Place in Fine Art • 2011 “alchemist’s dream” - Spectrum Gallery - Osaka, Japan • 2011 “fragments” - CROSSROAD GALLERY - Tokyo, Japan • 2008 “oam” - ZAIM - Yokohama, Japan • 2006 “glimpses of the world” - Art Space Motor - Tokyo, Japan • 2000 “one” - Diego Rivera Gallery - San Francisco, USA
alchemist’s dream, 2010 This series is like a children’s illustration book without words. The images you see here are the fragments of daydreams that are created in a head of an alchemist who is set to be a main character of this fairly tale. With this series, I am trying to cross the boundary between real and imaginary. I want to show such imaginary world could exist in this daily life in you wish to see. In order to do so, I actually create the imaginary world on a small table in my atelier, and simply shoot them with film straight forward. No manipulation should be done in this process. Besides the beauty of Gelatin Silver, using film is very important to me in the point that film don’t lie. Creating photos in this way is not that easy, but I love seeing the world in my head actually come alive. I hope that you’ll have some unusual experience from my works, and then start traveling in your world of imagination. All works are shot with 8x10” film, printed with Gelatin Silver Print.
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Balance, 2010
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Calling, 2010
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Fish wish, 2010
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Past time kingdom, 2010
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The fly, 2010
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Yasuko Oki Tokyo, 1971 • 2015 “Another Eye” BJCafe, Kawasaki • 2015 “Hitohira” 1010 Art Gallery, Yokohama • 2014 “Looking for the Bright Light” Gallery Two Plus, Tokyo • 2013 “Stories around the water” Gallery Two Plus, Tokyo • 2012 “Trips with a water bottle” Gallery SORA, Tokyo • 2011 “Looking into a glass” Shimokita-ekimae Gallery, Tokyo • 2010 “Aquarium” Gallery Two Plus, Tokyo • 2009 “Looking into a glass” Roonee 247 photography, Tokyo • 2007 “Aquarium” Roonee 247 photography, Tokyo
Hitohira, 2011 In this series, I take photos of a leave, a petal or a blossom which has fallen off on the ground after fulfilled their roles but still remain beautiful. I want to retain their beauty, so I pick them up and put them in front of my pinhole camera to cover the pinhole in order to take photos with the sunlight penetrating through them. Water running in the veins of a leaf. A view through a wormhole. And the warmth of the sun. You can see beautiful sights which are slightly different from the ones you see with your own eyes.
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A leaf has pinhole, 2013
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Red leaf, 2010
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Green leaf, 2011
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Camellia has pattern, 2011
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Camellia with stamen’s shadow, 2014
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yoshie akita Kagoshima, 1938 • 1981 “Two persons -nude-” Konishiroku gallery, Tokyo, Japan • 1989 “Sublimation-Nude-”Kyocera Contax salon, Tokyo, Japan • 1990 “Kagoshima amamioshima art exhibition” Kagoshima, Japan • 1990 “Portrait of pregnant - sublimation” Kodak photo salon,Tokyo, Japan • 1991 “Modern women’s art show”Ueno no mori Museum, Tokyo, Japan • 2000 “The music of moment and eternal” Kyocera Contax salon, Tokyo, Japan • 2005 “Baby” Tashkent international-photo biennale, Tashkent, O’zbekiston Respubrikasi • 2007 “La male” Kodak photo salon, Tokyo, Japan • 2008~11 “Various colors” Olimpus gallery Tokyo,Tokyo, Japan
Sublimation, 1989 Yoshie Akita takes nude to appear the special moment of wonder in life from women’s body. She saw the light of life from pregnant woman, beauty of flexible dancer’s body. Her picture was printed in monochrome. You can find again the beauty in woman.
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Sublimation, 1989
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Sublimation, 1989
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Sublimation, 1989
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Sublimation, 1989
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Sublimation, 1989
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SELEZIONATI 2015 ALTRI PROGETTI
Piero Arianos Amavenezia, 2015
Chiara Arturo 18 miglia, 2013
Francesco Attardo InVita, 2015
Antonella Bucci Riflessi, 2012
Nina Carini Doppio, 2015
Laura Castro Silenziose esistenze, 2010
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Claudia Cavazzuti La stanza Bianca, 2011
Carlo D’Orta (S)Composizioni - Metafora della vita, 2012
Giuseppe Firenze Il mio Magritte, 2014
Alessia Cervini Litorali del Lazio, 2007
Roberto Contini Barbieturici, 2008
Gianluca De Simone Passato Prossimo, 2014
Valter Faedda Ritratti di poesia, 2013
Elena Franco Hospitalia, 2014
Antonella Gandini Reale instabile, 2004
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Cristian Gelpi Peregrinos, 2014
Milena Giacomazzi Il volto, 2007
Ludovico Maria Gilberti Women in Africa - NoColor OneColor, 2011
Mauro Guastalli Un soggetto due stili, 2009
Paolo Maggiani Marmo in guerra, 2008
Claudio Manenti Milano in 8mm, 2012
Roberto Mari La coscienza del marmo, 2010
Franco Martelli Rossi Foglie, 2011
Libera Mazzoleni Mutazioni/Tecnofagia, 2013
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Magda Minguzzi Looking for myself, 2014
Massimo Motta Light and night, 2011
Orlando MYXX MaschilitĂ XX, 2013
Roby Novello The language of the hands, 2006
Gianni Otr Illusions, 2014
Francesca Pompei Passato Prossimo, 2014
Ilaria Rupil Caccia alla balena, 2014
Pasquale Sanseverino Neapolis, 2015
Paolo Schifano Percezioni, 2008
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Giovanni Maria Soglia Enterprise, 2014
Roberto Spotti Harmony of beauty, 2014
Danilo Susi Acquastratta, 2003
Giorgio Lamperti Tornaghi Un soggeto due stili, 2009
Maurizio Vatteroni Da qualche parte in Liguria, 2001
Diego Zitelli Hommage Ă Magritte, 2001
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