Dalla Grande Milano al Paese Industriale

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ERNESTO FANTOZZI

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La Milano del “boom”


Mi è piaciuta l’idea da economista ed amante della fotografia di trovare uno spunto di riflessione nell’opera di un grande artista meneghino Ernesto Fantozzi attento osservatore degli anni della costruzione di una Milano traino dell’economia italiana. Nel 1959 l’Italia è un Paese con due Nobel, viaggia in Seicento con la patente di miracolo economico assegnata dai giornali esteri. Il malessere non manca, ma è legato alla crescita industriale e alla profonda trasformazione che svuota le campagne e riempie le città. La nazione sulla scia del boom tra marzo e settembre del 1959 contabilizzò sette mesi di diminuzione dei prezzi. Un fenomeno che non si è mai ripetuto nelle serie statistiche dell’Istat, se non pochi anni fa in una situazione economica opposta, di recessione. Milano, insieme a Torino è la nuova “America”. Come eravamo in quegli anni? Per la prima volta, gli italiani impiegati nell’industria e nei servizi superano gli addetti al lavoro agricolo. La citta cresce e la periferia si popola di stabilimenti ed industria. Ecco Ernesto documenta e spiega con i suoi scatti quell’atmosfera e ci fa percepire la naturale bellezza della “grande” Milano, città cui sono profondamente affezionato. La mostra raffigurata nel presente catalogo mi dà, inoltre, l’opportunità quale Presidente di FMF di inaugurare un percorso che spero lungo e proficuo per condividere con Voi le immagini del nostro paese sia di come eravamo che di quello che siamo. Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questa esibizione, in primis il maestro Ernesto Fantozzi, per il suo aiuto e la profonda verità delle sue opere e per aver donato alla Collezione Malerba le immagini della grande Milano, Elisabetta Masini per la sua vicinanza, l’enorme passione e competenza nel lavoro svolto come curatrice della selezione di immagini, i membri della commissione scientifica del Fondo che fin dall’inizio hanno sposato il progetto i collaboratori che con il loro quotidiano impegno hanno reso possibile questo evento ed infine il pubblico che sono sicuro apprezzerà e sovente ci sostiene. Alessandro Malerba Presidente Fondo Malerba per la Fotografia



“io non intervengo sugli atteggiamenti del soggetto, devono essere più semplici e naturali possibili” Ernesto Fantozzi

Dall’intervista a Ernesto Fantozzi condotta da Daniele Ferrini per Picture of you, Poliradio - ottobre 2017: https://www.mixcloud.com/pictures_of_you/fuori-fuoco-di-picturesofyou-ernesto-fantozzi/


L’occhio narrante Ernesto Fantozzi è di per sé un uomo pragmatico e così lo sono le sue fotografie: schiette e sincere. Del resto se, come lui, sei per lo più un fotografo “libero”, senza committenza alcuna (scelta che compì molti anni fa pochi giorni dopo aver ricevuto il tesserino di fotoreporter!), puoi fotografare efficacemente ciò che meglio conosci e certo le tue immagini ci diranno di te, come fossero proiezioni inconsce. Aggiungiamo poi che le sue fotografie oltre a documentare un luogo, un momento, un tempo, sanno narrare al punto che alcune potrebbero essere scambiate per fotogramma di un film. E la cultura delle immagini di Ernesto Fantozzi è stata fortemente influenzata da alcuni cult del cinema neorealista italiano, come lui stesso tiene a sottolineare. Alcuni mesi fa ho seguito una rassegna di film di Ermanno Olmi: ho pensato che loro due siano menti ed occhi affini. Basta guardare lo scatto delle donne che lavorano in una sartoria perche ti torni alla mente “Il posto”, film coevo del famoso regista milanese. Possiamo ritrovare poi le scenografie de “La notte” di Antonioni se osserviamo i paesaggi urbani che Ernesto ha collezionato proprio in quegli anni. Anche Ernesto Fantozzi, come ovvio, ha avuto i suoi maestri, primi tra tutti Henry Cartier-Bresson e William Klein, ma ‘un unico vero dio’: Robert Capa. Ha trascorso ore e ore a studiare tutte le loro fotografie e lo hanno forgiato.

Cosa ritroviamo nel lavoro di Ernesto Fantozzi di Loro tre? Se il primo è stato capace di scatti memorabili perchè, come afferma P. Assouline * ‘… sa perfettamente dove cade il numero aureo. Porta in sé, inciso più che iscritto, il famoso principio di un’armonia universale, il segreto del concetto assoluto di bellezza’. Tuttavia possiamo anche azzardare a dire che HCB ha fatto cadere su di noi le sue immagini “dall’alto”: e non vuole essere una battuta spiccia che fa riferimento alla sua altezza fisica, ma come Ernesto suole dire ‘è come se lui fotografasse da dietro un vetro’ perché è un attento osservatore, ma distante. William Klein, negli anni ’50, inizia a scattare esattamente nella maniera opposta: lui si butta dentro, in mezzo alla scena, tra le persone, davanti ai volti ed il grandangolo gli permette di cogliere il vortice della vita quotidiana e talvolta di esasperare espressioni e situazioni: è estremo, anche perturbante. Robert Capa è però quello che scatta d’istinto, con lucidità sagace e consapevole; è mosso dalle sue passioni e dai suoi credo politici e sociali, tanto da morirci per quel suo essere inarrestabile e focoso. Ora, per rispondere alla domanda, a mio avviso, nello fotografie di Ernesto ci puoi scorgere un po’ di ognuno: nessun vezzo celebrativo e nessun estetismo, ma una grande attenzione compositiva (l’armonia), il costante imperativo del reportage scarno, pulito, senza valutazioni a priori (l’istinto) che ogni tanto si spinge molto in avanti (l’estremo).

* P. Assouline, Henri Cartier-Bresson, Storia di uno sguardo, ed. Contrasto


Le sue fotografie non hanno quasi bisogno di didascalie, se non il luogo e l’anno (l’hic et nunc) perché le guardi e capisci tutto quello che c’è da capire. Non le devi interpretare, ma leggere e questo significa essere reporter. La serie di immagini del ’60 a Milano riportano infatti a quei momenti con molta naturalezza, anche chi, come me, quegli anni non li ha vissuti. Vedere che all’Ortomercato ci andavi a far la spesa imbellettata con tanto di guanti e cappellino (sarà stato almeno sabato mattina, spero!), mi sorprende, mentre lo sguardo di lei, rivolto a quel marito un po’ cavaliere, un po’ forzuto, un po’ padrone, mi trasmette insieme fierezza, sorpresa, ma anche sottomissione, silenzio. Poi scorgo il camion dell’Esselunga sulla sinistra e sorrido pensando “c’era già”! La signora devota poi, sorpresa all’inaugurazione del Quartiere S. Ambrogio, mi fa subito tornare in mente la suora cicciona e sdentata in Vaticano di Klein, ma poi penso che uno sguardo così ieratico quanto sarà durato?, pochi istanti: Ernesto lo ha visto e bloccato per sempre. Il contrasto tra il centro di Milano dove potevi trovarti intrappolato tra decine di utilitarie, ma anche camminare lungo una Via Larga vuota ed umida, cui segue l’immediata periferia dove, tra sterpaglie e gelo, si allenano degli impavidi eroi in mutandoni ci catapulta in quella realtà, raccontano e mettono in moto riflessioni. Io spesso mi sono ritrovata a pensare al prima e al dopo di quegli scatti o a immaginare quali fossero i pensieri dei suoi soggetti principali: come se queste immagini fossero anche fotogrammi filmici.

Ernesto Fantozzi fotografa pensando avanti: ha sempre saputo che quella Milano presto sarebbe stata diversa e lui, lucido e razionale, voleva documentarla. Non a caso poi è stato co fondatore del noto Gruppo 66 che si era spartito le zone di Milano e le aveva percorse, strada per strada: un lavoro interessantissimo e lungimirante. Nel ’64 poi, Ernesto che viaggiava molto per lavoro, un giorno ha una sorta di illuminazione: l’hinterland si sta modificando, lo sviluppo economico ed industriale sta agendo non solo sulle nostre condizioni e sulle persone, ma anche sul nostro territorio: la città avanza ed ingloba le periferie, la zona agricola sta lasciando il posto alla modernità e alle nuove esigenze. Questa l’intuizione che ha dato vita al Paese Industriale, lavoro particolarmente caro al nostro che per nove mesi (una gestazione insomma) è andato fotografando quel definitivo passaggio: si stava chiudendo un capitolo. Così vediamo campi dietro ai quali svetta una gru altissima che una coppia osserva, forse intimorita, forse solo dubbiosa o sorpresa. Possiamo notare automobilisti già disorientati appena fuori le porte di Milano che chiedono indicazioni all’uomo in bicicletta, mentre cascine e nuovi condomini hanno una parete in comune ed il pavé viene quasi del tutto ricoperto dall’asfalto. Intanto lavoro minorile e operai specializzati a lavorare al tornio si ritrovano poi al bar di paese per guardare la tv o per abbandonarsi a melanconici pensieri. Così eravamo, questo accadeva negli anni 60, tra il Paese Industriale e la “grande” Milano. Milano, febbraio 2019 Elisabetta Masini



“Adoroti” È il saluto che molto spesso chiude le mail che invio ad Ernesto; di rimando lui è riuscito un giorno a rispondermi “abbraccioti” e così si spiega quanto lui sia importante per me. Lui, il mio maestro, quando frequentavo il Circolo Fotografico Milanese (di cui sono stata vicepresidente per quattro anni), mi ha insegnato praticamente tutto ciò che so sulla fotografia di reportage e quel suo ‘non si deve modificare la realtà… se c’è una bottiglia di acqua sul tavolo che disturba la tua inquadratura, sei tu che ti devi spostare per scattare, non devi spostare la bottiglia. Oppure, ancora meglio, se disturba, non fare quella fotografia…’ è da anni il mantra dei suoi discepoli più affezionati. Sono rimasta folgorata quando grazie a lui ho capito che la fotografia di reportage deve essere una “buona” e non una “bella” fotografia: deve permetterti, guardandola, di capire che in quel momento, in quel luogo, in quel tempo stava accadendo proprio quello che stai guardando ora. Semplice. ‘Nessun fronzolo, nessuna ricerca estetizzante’, mantra numero due. Lui è sempre il nostro Grillo Parlante, in piedi, accanto a noi con le braccia conserte, quando abbiamo in mano la macchina fotografica o quando osserviamo uno scatto. Ma non è giudicante, è una sorta di saggio supervisore. Il nostro Maestro Yoda. Ammiro Ernesto anche per quella sua una fortissima vocazione pedagogica, pregna di autorevolezza e generosità insieme, perchè davvero lui desidera condividere il suo sapere con te. Credo che anche i suoi progetti fotografici lo siano: sviluppano un suo pensiero, la visione del mondo che lo circonda e tuttavia riesce a trasmettere una qualche conoscenza che ti torna utile e preziosa, sempre. Motivo per cui puoi guardare alle sue immagini tante volte, o anche una sola, e molte di loro diventeranno per te l’iconica rappresentazione di quel tempo, anche se non te ne rendi conto immediatamente. Se scatto ormai molto meno, ma mi guardo attorno in maniera diversa e soprattutto se vedo una buona fotografia, non la dimentico, lo devo a lui… Ernesto, ti sono grata.



LA “GRANDE” MILANO


12 LA “GRANDE” MILANO

Sul tram n°38 in Via Manzoni Milano, 1964


13 LA “GRANDE” MILANO


14 LA “GRANDE” MILANO

Paesaggio milanese: via Larga Milano, 1962


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16 LA “GRANDE” MILANO

Corso Buenos Aires Milano, 1963


17 LA “GRANDE” MILANO


18 LA “GRANDE” MILANO

Stazione di servizio sul raccordo all’Autosole Milano, 1966


19 LA “GRANDE” MILANO


20 LA “GRANDE” MILANO

Gioco del calcio in un campetto a Greco Milano, 1961


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22 LA “GRANDE” MILANO

Mercato ortofrutticolo di viale Umbria Milano, 1965


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24 LA “GRANDE” MILANO

Ortomercato di viale Umbria Milano, 1965


25 LA “GRANDE” MILANO


26 LA “GRANDE� MILANO

Termine della giornata lavorativa in un laboratorio di camiceria di via B. Cellini Milano, 1961


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28 LA “GRANDE” MILANO

Alla Rinascente di piazza Duomo Milano, 1966


29 LA “GRANDE” MILANO


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All’Upim di corso XXII Marzo Milano, 1967


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32 LA “GRANDE” MILANO

Festa di Carnevale Milano, 1961


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34 LA “GRANDE” MILANO

Inaugurazione del Villaggio S. Ambrogio Milano, 1966


35 LA “GRANDE” MILANO


36 LA “GRANDE” MILANO

Uscita degli alunni delle Scuole Elementari di via Dolci Milano, 1961


37 LA “GRANDE” MILANO


38 LA “GRANDE” MILANO

Rivendita di combustibili in via Ascanio Sforza Milano, 1961


39 LA “GRANDE” MILANO


40 LA “GRANDE” MILANO

Settimana Britannica, piazza 5 Giornate Milano, 1965


41 LA “GRANDE” MILANO


42 LA “GRANDE” MILANO

Stadio di San Siro Milano, 1962


43 LA “GRANDE” MILANO



IL PAESE * INDUSTRIALE * Le immagini che seguono sono parte di un progetto fotografico, svoltosi nell’arco di nove mesi, nel 1964.


46 IL PAESE INDUSTRIALE

Cusano Milanino


47 IL PAESE INDUSTRIALE


48 IL PAESE INDUSTRIALE

Cusano Milanino


49 IL PAESE INDUSTRIALE


50 IL PAESE INDUSTRIALE

Cusano Milanino


51 IL PAESE INDUSTRIALE


52 IL PAESE INDUSTRIALE

Cinisello Balsamo


53 IL PAESE INDUSTRIALE


54 IL PAESE INDUSTRIALE

Cinisello Balsamo


55 IL PAESE INDUSTRIALE


56 IL PAESE INDUSTRIALE

Cinisello Balsamo


57 IL PAESE INDUSTRIALE


58 IL PAESE INDUSTRIALE

Cinisello Balsamo


59 IL PAESE INDUSTRIALE


60 IL PAESE INDUSTRIALE

Rescaldina


61 IL PAESE INDUSTRIALE


62 IL PAESE INDUSTRIALE

Santa Maria Rossa


63 IL PAESE INDUSTRIALE


64 IL PAESE INDUSTRIALE

Cologno Monzese


65 IL PAESE INDUSTRIALE


66 IL PAESE INDUSTRIALE

Cologno Monzese


67 IL PAESE INDUSTRIALE


68 IL PAESE INDUSTRIALE

Cologno Monzese


69 IL PAESE INDUSTRIALE


70 IL PAESE INDUSTRIALE

Rho


71 IL PAESE INDUSTRIALE


72 IL PAESE INDUSTRIALE

Cusano Milanino


73 IL PAESE INDUSTRIALE


74 IL PAESE INDUSTRIALE

Desio


75 IL PAESE INDUSTRIALE


76 IL PAESE INDUSTRIALE

Cinisello Balsamo


77 IL PAESE INDUSTRIALE


ERNESTO FANTOZZI BIOGRAFIA

Classe 1931, inizia a fotografare, consapevolmente, nel 1957. La sua formazione, autodidatta, ebbe inizio quando, bambino, iniziò a sfogliare le riviste straniere, osservando e studiando immagini di sport e di guerra realizzate nel modo che ancora oggi preferisce: nessuno spazio all’estetica, ma grande attenzione al valore documentaristico che l’immagine può trasmettere. Ama il reportage. Iscritto dal ’58 al Circolo Fotografico Milanese, continua a frequentarlo e lì, per diversi anni, ha tenuto il corso di storia della fotografia di reportage. La sua attività è intensa: workshop, conferenze, mostre personali e collettive. Nel 1962 riceve la nomina di AFIAP (Artiste de la Federation Internazionale de l’Art Photographique). Nel 1965 è co-fondatore del Gruppo 66. Nel 2002 la FIAF lo nomina prima “Autore dell’anno” e nel 2003 “Maestro della Fotografia Italiana).


Le sue immagini continuano ad essere pubblicate su libri e riviste. Tra le diverse pubblicazioni ricordiamo qui i suoi libri: - Riflessi d’argento, 1998. Oreficeria Galbiati, Milano - Ernesto Fantozzi, FIAF, 2002 - Relazioni che curano, 2012, Casa di riposo Gallazzi-Vismara - Protagonisti di storie di Passione, ed. CMAE - Arese, ed. Comune di Arese, 2017 Si trovano inoltre suoi scatti in: - Popular Photography Italiana, ’63, ’65 - Pessina e il Gruppo 66 - L’occhio di Milano, 1975 - Gli anni del Neorealismo - Tra sogno e bisogno - Leica testimone di un secolo - Gli anni della dolce vita - Anni 50, Artificio , Skira - Neo Realismo, ed. Admira - Soria culturale della fotografia, ed. Einaudi - Le vie di Milano, ed. Hoepli - La cera del Tempo, ed. Contrasto Numerose anche le mostre personali e/o collettive, per citarne alcune: - “I Paesaggi milanesi” esposti alla libreria Einaudi, in Galleria Cavour, 1963 - “Fotografia e Realtà”, Bibbiena, Centro Storico 1997 - “Uno scatto lungo 40 anni”, Collegno, 2011 - “Fotografo dell’anno 2002”, Galleria FIAF - “I Ragazzi della Corsia dei Servi”, Castello del Pico, Mirandola, 2007 - “Antologica”, Fototeca Nazionale, Sesto San Giovanni, 2009 - “Storie Italiane”, Wave Gallery, Brescia, 2015 - “Ernesto Fantozzi un fotografo da corsa”, MO.CA, Brescia, 2017 Numerose le cessione di stampe fotografiche a musei o collezionisti degli States.


Ringraziamenti Questa non è la prima volta che curo una mostra fotografica, ma è la prima volta che lo faccio da sola grazie all’opportunità che mi ha dato il Fondo Malerba per la Fotografia, nella persona del suo presidente Alessandro Malerba, grande collezionista e del suo direttore creativo Mino Di Vita. Ringrazio anche Carlo Cavicchio per il suo costante nonché prezioso sostegno e la CDcromo per il contributo nella gestione dell’archivio, scannerizzazione e processo di fotolito delle fotografie (www.cdcromo.com). Last but not least Ernesto Fantozzi per aver stampato personalmente le immagini della Milano anni ’60.

realizzazione grafica: Margherita Moretti

una mostra di:

info@fondomalerba.org www.fondomalerba.org

© 2019 Fondo Malerba per la fotografia. Tutti i diritti riservati. Per i testi © gli autori. Per le fotografie © gli autori. Gli autori sono i proprietari dei relativi diritti. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro mezzo senza il previo consenso scritto di Fondo Malerba per la Fotografia.

Finito di stampare, febbraio 2019.




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