ALIGHIERO BOETTI. MAPPE

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Progetto editoriale / Editorial project Forma Edizioni srl, Firenze, Italia redazione@formaedizioni.it www.formaedizioni.it Realizzazione editoriale / Editorial production Archea Associati Coordinamento editoriale e redazionale / Publishing and editorial coordination Laura Andreini Supervisione redazionale / Textual supervision Riccardo Bruscagli Redazione / Editorial staff Valentina Muscedra Maria Giulia Caliri Beatrice Papucci Elena Ronchi Grafica / Graphic design Elisa Balducci Vitoria Muzi Mauro Sampaolesi Fotolitografia / Photolithography Art & Pixel, Firenze, Italia

ALIGHIERO BOETTI. MAPPE Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento 4 – 22 Novembre 2015 4 – 22 November 2015 Progetto scientifico e mostra a cura di / Scientific project and exhibition curated by Sergio Risaliti Promosso da / Promoted by Comune di Firenze In collaborazione con / In collaboration with Fondazione Alighiero e Boetti Archivio Alighiero Boetti Tornabuoni Arte Main sponsor Leo France MAG JLT Organizzazione mostra / Exhibition organisation Direzione Musei Civici ed Eventi Allestimenti / Staging supervision Enic Eventi Allestimenti Movimentazione opere / Art handling Arteria

Stampa / Printing Cartografica Toscana, Pistoia, Italia

Assicurazione opere / Art work insurance MAG JLT

Traduzioni / Translations Kathy Hannan Miriam Hurley Maureen Fay Young

Ufficio stampa / Press office Ufficio Comunicazione Comune di Firenze

Crediti fotografici / Photo credits Courtesy Eredi Boetti Archivio Giorgio Colombo, Milano, pp. 74-75 Caterina Boetti, pp. 26-27 Paolo Bressano, pp. 79 Robert Cagnoli, p. 82 Gianfranco Gorgoni, pp. 4-5, 59 Paolo Mussat Sartor, pp. 46, 52 Courtesy Tornabuoni Arte IF Industrial Foto, Firenze, pp. 64-65-66 Digitarca, pp. 14-15, 30-31 Serge Domingie, pp. 8-9, 20-21, 25, 71, 72

Testi / Texts © Gli autori / The authors © Alighiero Boetti by SIAE 2015 L’editore è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche non individuate / The editor is available to copyright holders for any questions about unidentified iconographic sources.

Catalogo / Catalogue Forma Edizioni Un ringraziamento particolare a / Our special thanks to Dario Nardella, Nicoletta Mantovani, Caterina Boetti, Agata Boetti, Matteo Boetti, Giordano Boetti, Roberto Casamonti, Michele Casamonti, Judith Ammann, Barbara Gladstone, Gianfranco Benedetti, Franca e Lorenzo Pinzauti, Alberto Magni, Antonio Addari, Mara Martini, Laura Andreini Marco Agnoletti, Massimo Barrettone, Georgia Bistolfi, Manuele Braghero, Maria Giulia Caliri, Antonella Chiti, Eduardo Cicelyn, Giorgio Colombo, Rita Corsini, Simona Cresci, Elisa Di Lupo, Serge Domingie, Mario Andrea Ettorre, Gabriella Farsi, Carlo Francini, Carla Francioni, Francesca Franco, Stefano Gabrielli, Valentina Grandini, Isabella Lastrucci, Barbara Mucci, Valentina Muscedra, Sonia Nebbiai, Rosella Nesi, Francesca Piccolboni, Serena Pini, Patrizia Pisani, Cristina Poggi, Mauro Sampaolesi, Francesca Santoro, Paolo Mussat Sartor, Carmela Valdevies, Miriam Zamparella

© 2015 Forma Edizioni srl, Firenze, Italia Nesssuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore / All rights reserved, no part of this publication may be reproduced in any form or by any means without the prior written permission of the publisher. Prima edizione: Novembre 2015 First edition: November 2015 ISBN: 978-88-99534-06-6

Pagine 4-5 / Pages 4-5 Studio di Sant’Apollonia, Roma, 1975. Foto di / Photo by Gianfranco Gorgoni

ARCHIVIO ALIGHIERO BOETTI


INDICE / CONTENTS

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Presentazione / Presentation Dario Nardella

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Introduzione / Introduction Nicoletta Mantovani

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Alighiero Boetti. Mappe / Alighiero Boetti. Mappa [World Maps] Sergio Risaliti

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Mappe e altre opere correlate di Alighiero Boetti / Alighiero Boetti’s Mappa [World Maps] and several related works Jean-Christophe Ammann

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Il Salone dei Cinquecento e la Sala delle Carte Geografiche / The Salone dei Cinquecento and the Sala delle Carte Geografiche Carlo Francini

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Nota biografica sull’artista / A short biography of the artist Francesca Franco


Salone dei Cinquecento, Palazzo Vecchio 8


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ALIGHIERO BOETTI. MAPPE — ALIGHIERO BOETTI. MAPPA [WORLD MAPS] Sergio Risaliti

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Tra gli artisti del secondo Novecento, Alighiero Boetti (Torino 1940 – Roma1994) incarna la figura dell’artista nomade e cosmopolita che ha rinnegato l’immagine dell’artefice demiurgo a favore di una creatività partecipata e perfino delocalizzata, come nel caso delle celebri Mappe, opere concepite dall’artista in Italia ma poi realizzate da ricamatrici afgane a Kabul, o nei campi profughi di Peshawar in Pakistan: “Il lavoro della Mappa ricamata è per me il massimo della bellezza. Per quel lavoro io non ho fatto niente, non ho scelto niente, nel senso che: il mondo è fatto com’è e non l’ho disegnato io, le bandiere sono quelle che sono e non le ho disegnate io, insomma non ho fatto niente assolutamente; quando emerge l’idea base, il concetto, tutto il resto non è da scegliere”1. In fondo, con Boetti, l’idea di opera unica che dal Rinascimento in poi ha coinciso con la genialità di un solo individuo, è superata a favore di un’opera processo, di un’opera sistema. In altre parole, si dovrà parlare di autore collettivo: in quanto “la qualità, alienata dalle mani dell’artista, rientra nel suo lavoro attraverso l’apporto delle ricamatrici afgane”2. È importante leggere la diretta testimonianza dell’artista che spiega e motiva la decisione presa di delegare a persone lontane la realizzazione di Mappa: “L’arazzo è fatto da donne afgane che si rifanno a una tradizione antica propria di quell’area. La tessitura si bloccò negli anni Venti ma è stata ripresa grazie ai miei contatti. Queste donne sono estremamente abili nella loro scelta di colori… Io non sarei in grado di supervisionare la scelta dei colori. Mi trovo davanti a una cultura vecchia di duecento anni, e quando ci sono cento versioni realizzate della stessa frase, ci sono cento donne che svolgono il lavoro e ciascuna possiede un gusto proprio”3. In ogni Mappa le intenzioni e passioni artistiche e politiche, le curiosità intellettuali e le esperienze umane di Boetti si riassumono e si assestano in un’immagine contemporanea di rara icasticità e bellezza. La sinfonia cromatica dissimula un’epica rendicontazione geopolitica, i confini degli stati nazionali dialogano con secoli di storia dell’arte, le bordure o cornici descrivono il mondo e il momento con la voce di un cantore omerico che racconta in lingue diverse – inglese, italiano, francese o farsi – la

Among the artists of the second half of the twentieth century, Alighiero Boetti (Turin 1940 – Rome 1994) embodies the figure of the nomadic and cosmopolitan artist who repudiated the image of the demiurgic creator in favor of a shared and even delocalized creativity, as in the case of his celebrated Mappa, works the artist conceived in Italy but then had made by embroiderers in Kabul, Afghanistan and in the refugee camps of Peshawar, Pakistan: “I consider the embroidered Mappa project of the greatest beauty. I did nothing for that project, I chose nothing, in the sense that the world is how it is and I didn’t design it; the flags are what they are and I didn’t design them; in other words, I did absolutely nothing; once the basic idea, the concept, emerges, nothing else is left to be chosen.”1 It is basically thanks to Boetti that the idea of the unique work of art, which from the Renaissance on coincided with the genius of a single individual, has been superseded by the idea of the work as process, as system. In other words, “quality, transferred from the hands of the artist, reenters his work through the participation of the Afghan embroiders.”2 It is important to read the artist’s own statement in which he explains and justifies the decision he made to delegate the creation of the Mappa to distant peoples: “The tapestry is made by Afghan women who hark back to an ancient tradition of this specific region. Weaving was halted in the 1920s but was resumed thanks to my agreements. These women are extremely skilled in their choice of colors.... I would not be capable of supervising the choice of colors. I find myself in the presence of a two-hundred year old culture, and when one hundred versions of the same phrase are created there are one hundred women who carry out the work and each one has her own taste.”3 In each Mappa, Boetti’s intentions, political and artistic passions, intellectual curiosity and personal experiences are summed up and arranged in a contemporary image of rare beauty and vividness. Their symphony of colors dissimulates epic geopolitical record-keeping; the borders of the nation states dialogue with centuries of art history, their edges, or frames, describe the world and the time in history in the voice of a Homeric bard who tells histories and stories in many languages – English, Italian, French

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Rakaposhi, catena montuosa del Karakoram, Pakistan, 1992 Foto di / Photo by Caterina Boetti 26


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MAPPE E ALTRE OPERE CORRELATE DI ALIGHIERO BOETTI — ALIGHIERO BOETTI'S MAPPA (WORLD MAPS) AND SEVERAL RELATED WORKS Jean-Christophe Ammann

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“M’illumino I d’immenso” Giuseppe Ungaretti1

In questo testo esamineremo con particolare attenzione le Mappe di Alighiero Boetti. Le Mappe sono una parte di un tutto più ampio: il complesso ordine/disordine/espansione. L’espansione comprende l’entropia. Ordine e disordine sono termini che Boetti usa nel loro senso effettivo, ma anche considerandoli concetti generali nei quali l’entropia è sempre immanente come un termine subordinato. Alighiero Boetti ha mappato un territorio completamente nuevo investigando dei sistemi caratterizzati da forti legami con I’entropia. Esamineremo alcuni di questi sistemi. L’entropia ha a che fare con la prima e la seconda Iegge della termodinamica. È una materia molto complessa, ma vorrei riportare la spiegazione formulata dal biologo molecolare e premio Nobel Jacques Monod nel suo libro del 1970 Le hasard et la nécessité (II caso e la necessità) in termini tanto semplici e comprensibili che ben si adattano a questa nostra discussione. “Nella sua prima formulazione, puramente termodinamica (e enunciata da Clausius nel 1850 come generalizzazione del teorema di Carnot), il secondo principio prevede che, in un sistema energicamente isolato, tutte le differenze di temperatura tendono ad annullarsi spontaneamente. O ancora – ciò che è lo stesso – il principio stipula che, in un tale sistema, in cui la temperatura sarebbe uniforme, è impossibile che si instaurino differenze di potenziale termico tra diverse regioni. Da qui la necessità di consumare energia per raffreddare, ad esempio, un frigorifero. Ora, in un sistema a temperatura uniforme, in cui non sussista più alcuna differenza di potenziale, non può verificarsi alcun fenomeno (macroscopico). Il sistema è inerte. In questo senso si afferma che il secondo principio prevede la degradazione ineluttabile dell’energia in seno a un sistema isolato come l’Universo. ‘L’entropia’ è la quantità termodinamica che misura il livello di degradazione dell’energia di un sistema. Per il secondo principio dunque, ogni fenomeno,

“M’illumino I d’immenso” (I illuminate myself with immensity) Giuseppe Ungaretti1 I will be looking here in particular at Alighiero Boetti’s Mappa. But the Mappa are a part of a larger whole: the complex order/disorder/expansion. Expansion comprises entropy. Order and disorder are terms utilized by Boetti in their real sense, but he also understands them as master concepts in which entropy is always immanent as a subordinate term. Alighiero Boetti charted entirely new territory in investigating systems with strong links to entropy. I will be examining several such systems. Entropy has to do with the First and Second Laws of Thermodynamics. This is highly complex material, but since molecular biologist and Nobel laureate Jacques Monod formulated it in such simple, comprehensible terms well suited to our present discussion in his 1970 book Le hasard et la nécessité, I would like to reproduce his explanation: “In the form originally put forward (by Clausius in 1850, as a generalization of Carnot’s principle), the Second Law specifies that within an energetically isolated enclosure all differences of temperature must tend to even out spontaneously. Or again – and it comes to the same thing – within such a space, if the temperature is uniform to begin with, no differences of thermal potential can possibly appear in different areas of the whole. Whence the necessity to expend energy in order to cool a refrigerator, for example. Now, within an insulated and enclosed space at uniform temperature, where no difference of potential remains, no (macroscopic) phenomenon can occur. The system is inert. In this sense we say that the second law specifies the inevitable degradation of energy within an isolated system, such as the universe. ‘Entropy’ is the thermodynamic quantity that measures the extent to which a system’s energy is thus degraded. It was the development of the kinetic theory of matter (or statistical mechanics) that brought out the deeper and broader significance of the Second

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verificarsi innumerevoli distribuzioni di tale tipo”4. Nell’introduzione all’edizione tedesca de Le hazard et la nécessité di Monod, il fisico e chimico Manfred Eigen aggiunge una importante riflessione: “Una delle caratteristiche principali dei sistemi viventi è che assorbono costantemente energia in una forma adatta al performing work e così facendo evitano di cadere in uno stato di equilibrio, lo stato di massimo disordine”5. Questa è l’esatta descrizione di ciò che fa Alighiero Boetti quando si accosta al suo lavoro non in una maniera lineare, quanto piuttosto estrapolando dalle più diverse sfere della vita i princìpi base descritti sopra, con l’intenzione di prevenire che questi sistemi divengano ridondanti, in altre parole di trasformarli in uno stato freddo. EXCURSUS I L’influenza centrale che l’arte americana aveva avuto in Europa dal 1945 in avanti iniziò a diminuire all’inizio degli anni Settanta; l’Arte Concettuale a New York e l’Arte Povera in ltalia segnarono la fine delle avanguardie storiche. Nelle sue prime opere (1966) Alighiero Boetti prese come punti di riferimento l’Espressionismo Astratto e il Minimalismo, perché allora l’arte della East Coast americana era una sorta di parametro imprescindibile. La linearità dell’Arte Concettuale americana è consistita nell’aver pensato in maniera formale un concetto. Questa pratica deriva dalla cultura filosofica anglo-sassone, che era orientata verso lo studio del linguaggio. In contrasto, la filosofia continentale aveva un background più ontologico, addirittura metafisico. La linearità dell’Arte Concettuale americana favorì il suo stesso avvicinarsi alla “morte termica” entropica. Non c’era spazio nel pensiero strettamente formale per il “contenuto”. La ridondanza era virtualmente inclusa in questo tipo di pensiero. Un aneddoto. Mentre stavo preparando Documenta 5 nel 1971, mi imbattei in Carl Andre e Sol LeWitt all’aereoporto Kennedy di New York. Stavano andando a incontrare Konrad Fischer a Düsseldorf e continuavano a strepitare, farneticando di un certo

Gemelli, 1968 Fotomontaggio stampato su cartolina postale / Photomontage printed on postcard 15×10 cm 42

which allows them to avoid falling into a state of equilibrium, the state of maximal disorder.”5 This precisely describes what Alighiero Boetti does when he approaches his work not in a linear fashion, but instead by extrapolating the basic principles described above into a variety of different spheres of life, his intention being to prevent these systems from becoming redundant, in other words to transform them to a cold state. EXCURSUS I The key influence that American art had had in Europe starting in 1945 began to diminish in the early 1970s, and Conceptual art in New York and Arte Povera in Italy marked the end of the historical avant-gardes. When Alighiero Boetti took Abstract Expressionism and Minimal art as his points of reference in his early work (1966), he did so because the art of the American East Coast was serving as a sort of yardstick. The linearity of American Conceptual art consisted in the formal thinking-through of a concept. This practice relates back to the AngloSaxon understanding of philosophy, which was oriented toward the philosophy of language. In contrast, continental philosophy had a more ontological, even metaphysical background. The linearity of American Conceptual art caused it to approach entropic “heat death.” There was no place in strictly formal thinking for “content.” Redundancy was virtually written into this sort of thought. An anecdote: while I was preparing for Documenta 5 in 1971, I ran into Carl Andre and Sol LeWitt at Kennedy Airport in New York. They were flying to see Konrad Fischer in Düsseldorf and kept ranting and raving about a certain “European psychologist.” Since I was catching their conversation in the middle, I asked whom they were talking about. “Bruce Nauman,” they said. This statement gave me a lot to think about, but it also clarified a distinction. I began to see the work of Neil Jenney, for example, with completely different eyes. I realized that in his painting he was consciously translating the concepts of order and disorder into value-based


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IL SALONE DEI CINQUECENTO E LA SALA DELLE CARTE GEOGRAFICHE OVVERO LA SALA DEL CONSIGLIO MAGGIORE O DELLE GUERRE E LA SALA DELLA GUARDAROBA

— THE SALONE DEI CINQUECENTO AND THE SALA DELLE CARTE GEOGRAFICHE (OTHERWISE KNOWN AS THE SALA DEL CONSIGLIO MAGGIORE, OR THE SALA DELLE GUERRE, AND THE SALA DELLA GUARDAROBA) Carlo Francini

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Palazzo Vecchio rappresenta uno dei simboli della Città di Firenze e ne incarna il valore civico e politico. Al suo interno il Salone dei Cinquecento è l’espressione della quintessenza di questi valori, trovando fin dalle sue origini il fondamento nella politica. Difatti Girolamo Savonarola, frate domenicano e vero leader politico e spirituale della città alla fine degli anni novanta del Quattrocento, volle far erigere una grande sala che potesse contenere tutti quei cittadini in grado di poter esercitare una nuova funzione politica nel Consiglio Maggiore in una Firenze vista come nuova Gerusalemme, punta di diamante del rinnovamento dell’intera cristianità. Eretta in tempi rapidissimi accanto al Palazzo dei Priori dall’architetto Simone del Pollaiuolo detto il Cronaca, la Sala Nuova del Consiglio ospitò, anche dopo la scomparsa nel 1498 del Savonarola, le funzioni assembleari della Repubblica Fiorentina almeno fino al 1530 con l’avvento della signoria medicea. Di particolare importanza l’episodio della competizione tra Leonardo da Vinci e Michelangelo nel 1505 per la decorazione delle pareti con episodi di glorie militari fiorentine che vide solo la sfortunata realizzazione da parte di Leonardo dell’affresco con la Battaglia di Anghiari, ora perduta, e con il Buonarroti che portò avanti solo i cartoni preparatori per la Battaglia di Cascina, anch’essi dispersi. Per più di un decennio l’intero palazzo non fu più il centro delle funzioni politiche della città. I nuovi signori di Firenze, Alessandro de’ Medici e, per pochi anni Cosimo I duca di Firenze, risiedettero nel palazzo di famiglia in via Larga. Solo nel 1540 Cosimo decise di trasferire la famiglia e la corte ducale nel Palazzo della Signoria avviando così tutta una serie di adattamenti e trasformazioni del palazzo. Anche la Sala del Maggior Consiglio fu oggetto di nuovi inserimenti e radicali interventi architettonici e decorativi. Il primo, già a partire dagli anni quaranta del Cinquecento, fu la creazione nel lato settentrionale della sala di una Udienza per le funzioni cerimoniali della corte realizzata

Palazzo Vecchio is one of the symbols of the City of Florence and its civic and political values. The Salone dei Cinquecento (Hall of the Five Hundred) located within, is the quintessential expression of these values, having been the seat of political processes since its inception. Girolamo Savonarola, a Dominican friar and the true political and spiritual leader of the city towards the end of the 1490s, commissioned a room that would be large enough to hold all citizens who were eligible to sit on the Grand Council. The new republic was in fact viewed as a modern-day Jerusalem, the spearhead of the renewal of the whole of Christendom The new council hall was built in record time adjacent to Palazzo dei Priori by the architect Simone del Pollaiuolo, known as Il Cronaca. After the death of Savonarola in 1498, it continued to host the assemblies of the Florentine Republic at least until 1530, when the Medici returned to power. A particularly interesting moment of the history of this chamber took place in 1505, when Leonardo da Vinci and Michelangelo competed against each other to decorate its walls with episodes of Florentine military victories. Da Vinci’s fresco of the Battle of Anghiari was unfortunate from the beginning due to his experimentation with pigments, while, on the opposite wall, Michelangelo only had time to create the preparatory drawings for his fresco of the Battle of Cascina before he was called away to Rome. Both works have been lost. Following the return of the Medici, for more than a decade the entire building was no longer the center of the city’s political activities. The new rulers of Florence, Alessandro de’ Medici and, for a few years, Cosimo I, Duke of Florence, resided in the family palace on Via Larga. It was only in 1540 that Cosimo decided to move his family and the Ducal Court to Palazzo Vecchio, known at that time as Palazzo della Signoria. The move initiated a series of adaptations and transformations. The Sala del Maggior Consiglio, as it was called in that period, also underwent new additions and radical architectural and decorative modifications. The first work, in the 1540s, consisted in the creation of the Udienza. A raised stage in the north side of the hall, it was designed by Baccio

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NOTA BIOGRAFICA SULL’ARTISTA — A SHORT BIOGRAPHY OF THE ARTIST Francesca Franco Fondazione Alighiero e Boetti

Alighiero Boetti con il gufo René, giardino del One Hotel, Kabul, Afghanistan, 1972 Elaborazione da un fotocolor di autore non identificato / Processed colour photo by unknown photographer Archivio Giorgio Colombo, Milano 74


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Potomac (Maryland), USA). Espone le nuove opere nel 1972 nella prestigiosa rassegna Documenta 5 a Kassel (dov’è di nuovo presente nel 1982), alla X Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma curata da Filiberto Menna nel 1973 e nel 1974 approda al The Museum of Modern Art di New York, per partecipare alla collettiva Eight Contemporary Artists. Seguono, tra il 1974 e il 1976, viaggi in Guatemala, Etiopia, Sudan. Nel 1975 è nuovamente a New York poi alla XXIV Bienal de São Paulo (1975) e nel 1976 è invitato alla XXXVII Biennale di Venezia. Il sottile gioco linguistico e formale che ispira l’accostamento di parole simili di significato opposto, come Ordine e disordine (1973), o l’alternanza grafica tra lettere e sfondo all’interno di una griglia quadrata caratterizzano anche le “opere matematiche” che Boetti compie tra il 1975 e il 1977, affascinato dalle leggi che governano la progressione numerica e le potenzialità di accelerazione implicite nella moltiplicazione. Legato a tale ricerca è il progetto del 1975 Da mille a mille per la decorazione del fronte interno del portico di recinzione nel centro scolastico del Dar Al Hanan Institution a Gedda (mai realizzato). Data al 1978 l’antologica curata da Jean Christophe Ammann alla Kunsthalle di Basilea, che raccoglie opere storiche insieme ai lavori più recenti: gli Aerei (1977), nati dalla collaborazione con il disegnatore Guido Fuga (1977), e le opere tratte da fatti di cronaca ed eventi politico-culturali resi noti dai giornali (Gary Gilmore, 1977, Fondazione Maramotti, Reggio Emilia). L’interesse per i mezzi di comunicazione sfocia nel 1980 nella collaborazione con il quotidiano “Il Manifesto” di Roma, per il quale realizza ogni giorno, per un anno, un disegno, portando a compimento l’idea di un’opera seriale di larga fruizione. Segue nel 1983 la serie di disegni ricalcati a matita dalle copertine delle riviste più popolari, a formare una sorta di sintesi dell’eredità visiva di un anno (Anno 1990, 1990, Fondazione Alighiero e Boetti, Roma). In questo decennio le opere s’infittiscono di lettere e interi racconti scritti con la mano sinistra, acquistando al contempo un cromatismo vivace, che culmina nella saturazione totale dei Tutto, realizzati con la collaborazione delle

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He exhibited new works in 1972 in the prestigious Documenta 5 in Kassel (and again in 1982), at the X Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma curated by Filiberto Menna in 1973, and in 1974, he was invited by the Museum of Modern Art in New York to take part in the collective exhibition Eight Contemporary Artists. Between 1974 and 1976, he travelled to Guatemala, Ethiopia, and Sudan. In 1975, he returned to New York and then to the XXIV Bienal de São Paulo (1975). In 1976, he was asked to show his work at the XXXVII Venice Biennale. The subtle formal linguistic play that inspired the juxtaposition of similar words with contrasting meanings, like Order and disorder (1973) or his graphical alternating of letters and ground inside a squared grid, are part of the “mathematical works” that Boetti created between 1975 and 1977, fascinated by the rules that govern numerical progression and implicit acceleration in multiplication. Connected with this research is the 1975 project, From a thousand to a thousand for the decoration of the internal façade of the boundary portico in the Dar Al Hanan Institution in Gedda (never realised). In 1978, Jean Christophe Ammann curated a retrospective exhibition at the Kunsthalle in Basel, combining early works with much more recent pieces: Planes (1977), in collaboration with the designer Guido Fuga (1977), and works inspired by news items and politicalcultural events published in the press (Gary Gilmore, 1977, Fondazione Maramotti, Reggio Emilia). Boetti’s interest for means of communication appeared in 1980 during his collaboration with the newspaper, “Il Manifesto” in Rome. He created a drawing every day for a year, to complete the idea of a widespread serial work. This was followed in1983, by a series of drawings traced from very popular magazine covers, forming a kind of synthesis of the visual heritage of a year. (Anno 1990, 1990, Fondazione Alighiero e Boetti, Rome). During this decade, his works were filled with letters and complete stories written with the left hand, while acquiring a vibrant colour palette at the same time, which concluded in the total saturation of his “Tutto” works, realised with the collaboration of Afghan refugee women living in Peshawar, Pakistan, after the Soviet invasion. At the


Ritratto e autoritratto in negativo, 1968 Fotografia scattata da Paolo Bressano su indicazione dell’artista / Photo taken by Paolo Bressano following artist’s instructions 79


Questo volume è stato stampato nel mese di novembre 2015 da Forma Edizioni This volume was printed in November 2015 by Forma Edizioni




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