ARCOIRIS
A tutti quelli che con me hanno creduto e immaginato un Arcoiris al di là della recinzione.
Para todos los que junto a mi han creído e imaginado un Arcoíris más allá de las barreras.
ARCOIRIS Francesca Lauretta
Politecnico di Milano Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni Tesi di Laurea Magistrale in Architettura - Architettura delle Costruzioni Relatore: prof. Stefano Guidarini Docenti: prof. strutture Paolo De’ Angelis, prof. impianti Daniele Palma, prof. tecnologie Giancarlo Paganin Correlatori: arch. Luca Varvello, arch. Paola Ghiano a.a. 2018/2019
INDICE
CHILE. Un paese ai confini del mondo
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SANTIAGO. La capital
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BARRIO YUNGAY
28-40
MUSEO DELLA MEMORIA E DEI DIRITTI UMANI. Non c’è domani senza ieri
41-56
CONCORSO
57 70
ARCOIRIS INTRODUZIONE
73-75
PERCHÈ ARCOIRIS
76-77
COS’È ARCOIRIS
78-79
COME SI VIVE IN ARCOIRIS
80-81
COSA SI FA IN ARCOIRIS COM’È NATO ARCOIRIS COME SI SVILUPPA
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TECNOLOGIA
110-118
STRUTTURE
119-127
IMPIANTI
128-135
BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
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ICONOGRAFIA
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Silenzio. Profondo, attonito, accorato silenzio. Senza passato Senza futuro Eterno presente di sofferenza, rabbia, impotenza Respiro di morte Orgoglio di un popolo umiliato ma non spezzato E la speranza La rinascita La vita C’è poco da dire sul luogo Si può soltanto vivere l’attimo dentro e fuori dal tempo e dallo spazio Oggi, domani, sempre. Ad Auschwitz A Damasco A Santiago 2
CHILE
Un paese ai confini del mondo
Molina G.I., Compendio della storia geografica, naturale, e civile del regno del Chile, Bologna, Stamperia Tommaso d’Aquino, 1776 1,2
L’incanto di una terra posta ai confini del mondo coglie ciascuno straniero, avventuriero o conquistatore che qui si trovi a giungere. Pochi chilometri stretti tra la Cordigliera delle Ande e l’Oceano Pacifico con una larghezza media di circa 200 km, in cui è possibile convivere con la natura più selvaggia e ancestrali rituali, eredità di civiltà indigene. Un’isola in un continente dove esperire e conoscere il nulla e la solitudine in gran parte della sua estensione. Si tratta di ben oltre 4000 KM di costa che dall’Antartide si arrampica fino al Tropico del Capricorno snocciolando isole, ghiacciai perenni e deserti aridi. «I suoi confini sono all’Occidente il suddetto Mar Pacifico, a settentrione il Perù, all’oriente il Tucuman, il Cujo, e le terre Patagoniche; e al Mezzogiorno le contrade Magallaniche, da tutte le quali regioni lo separa perfettamente o per se stessa, o per i suoi rami la menzionata montagna degli Andes»1. Difficile resistere a tale ammaliamento. Già gli Spagnoli che arrivarono secoli fa si accorsero della bellezza dei luoghi e delle possibilità offerte da quelle terre abitate in parte da dominazioni Incas, in parte dal selvaggio e indomito popolo dei Mapuche. «Il Chile, quando vi entrarono gli Spagnoli, era talmente popolato, che tutti i monti non che le valli, e le pianure, erano piene di gente, la quale viveva dispersa qua e là sotto molti piccoli principi o re chiamati, nella lingua del paese, Ulmenes. Tutti questi abitanti non formavano che una sola nazione, benché divisa in molte tribù, poiché tutti parlavano lo stesso linguaggio, avevano lo stesso colore e gli stessi costumi, e si conducevano presso a poco con la medesima forma di governo. Essendovi arrivati gli spagnoli ed avendo signoreggiato tutto quel tratto di paese […] ne disparirono a poco a poco o perché s’incorporarono coi loro vincitori o perché, perduto il dominio delle loro terre, se ne ritirarono appresso agli altri loro compatriotti che difendevano con vigore la loro libertà»2. La pluralità etnica radicata all’origine del popolo Cileno non ha condizionato e non
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Placche tettoniche presenti nel continente sud americano
preclude la possibilità di convivenza tra le popolazioni di queste terre estreme sebbene esse stesse siano riluttanti ancora oggi a commistioni etniche. Anche in ambito religioso, la compresenza di una salda componente cattolica e di riti animistici legati alle forze della natura o altre dottrine crea una varietà di confessioni coesistenti nella stessa città, nella stessa comunità e talora nella stessa famiglia. Tra tanti elementi di pluralismo culturale e razziale, punto di coesione resta un forte senso di appartenenza ai luoghi, ai climi, all’oceano ma, soprattutto, alle Ande. La Cordigliera rappresenta un elemento fondante di queste terre e dei popoli tutti che ad essa legano la propria essenza e la propria vita. La Cordillera de los Andes è un’importante catena montuosa dell’America meridionale, situata nella parte più occidentale del continente tra Capo Horn, a sud e l’Istmo di Panama, a nord. Grazie ai suoi 7 200 km di lunghezza è considerata la catena montuosa più lunga del mondo e rappresenta l’ideale prosecuzione delle catene montuose occidentali dell’America del nord. La sua larghezza media è di 240 km e sfiora, nel punto più esteso, i 500 km (fra il 18º e il 20º parallelo sud), mentre l’altezza media è di circa 4 000 m. La catena attraversa sette stati dell’America meridionale: Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argentina, alcuni dei quali sono indicati con il nome di Paesi andini. L’etimologia del nome Ande ha destato da sempre curiosità e dibattito. Infatti secondo alcuni storici la parola ha origini Incas e deriva dal dialetto quechua antico che significa alta cresta o dal nome del popolo Incas degli Anti; secondo altre ipotesi la parola ha un’origine spagnola e deriva da Andén che significa terrazzamento e fa chiaramente riferimento alle tecniche di coltivazione praticate in tutte le regioni andine dagli Incas che gli Europei trovarono al loro arrivo in quel continente. Ancora oggi, in agricoltura, tale pratica è in uso dagli abitanti di quelle terre. Geograficamente questi territori sono situati nell’area della cintura di fuoco e presentano un elevatissimo rischio sismico a causa dei movimenti di subduzione della placca di Nazca (composta da crosta oceanica) contro la placca sudamericana (formata da crosta continentale). Il processo tettonico in questa parte del pianeta si fa risalire alla notte dei tempi. Ebbe inizio circa 200 milioni di anni fa con l’inabissarsi della placca oceanica sotto la placca continentale sudamericana. La pressione esercitata fece innalzare in quel momento la Cordigliera Orientale; i magmi andesitici formati dalla fusione della placca oceanica in subduzione lungo il piano di Benjoff determinarono la nascita di rilievi vulcanici. Successivamente ulteriori movimenti nella litosfera provocarono la formazione di un secondo arco montuoso parallelo al primo che fu chiamato Cordigliera Occidentale. Il territorio esistente oggi tra le due catene, nel momento della formazione orogenetica si presentava interamente sommerso dalle acque oceaniche. A testimonianza di ciò è possibile sottolineare la presenza di un Salar nel Deserto di Atacama, in territorio cileno, oltre al grandissimo
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La Cordillera de los Andes nel continente sud americano
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Politzer P., Miedo en Chile, Ediciones Chile y America, Santiago 1985
Salar d’Uyuni poco più a nord, in Bolivia, creati dal processo di evaporazione delle acque oceaniche che hanno lasciato depositato, ad un’altitudine di ben oltre 3000 m, spessissime stratificazioni di sale marino. La nascita degli altopiani interni alle due catene montuose fu genericamente dovuta ad un processo di sedimentazione verificatasi per erosione della crosta ad opera dell’oceano e in parte in seguito a fenomeni di stratificazioni magmatici conseguenti alle eruzioni vulcaniche. Il sistema orografico occidentale del continente latino è formato dunque principalmente da due grandi settori: la Cordigliera Orientale e la Cordigliera Occidentale. Le due sezioni montuose sono separate da una profonda depressione intermedia, in cui sorgono altre catene di importanza minore tra cui la Cordigliera della Costa cilena. Come tutti i paesi geograficamente coinvolti dal sistema montuoso, anche il Cile percepisce in modo profondo le proprie radici Andine e l’essenza della natura della propria discendenza originata da contaminazioni etniche che risalgono ad ere molto remote. Il popolo Cileno rivela una fisionomia differente dalle altre popolazioni latine e si presenta fiero e convinto assertore della propria unicità centrata su caratteristiche e peculiarità che ne sottolineano orgogliosamente la discendenza storica caratterizzandola all’interno di flussi culturali e commerciali globali cui, nei secoli, è stato sottoposto. «Cile è il popolo, la gente, i lavoratori e gli imprenditori, i pescatori e i contadini, i giovani e le donne»3. Il Cile con la sua storia si pone come un paese di contraddizioni geografiche, sociali, territoriali, politiche; un paese in cui si percepisce l’isolamento dal mondo, dove esiste la ricchezza più opulenta accanto all’estrema povertà, dove la cultura è appannaggio di pochi e il potere politico risente spesso di tendenze oligarchiche e di influenze esterne ai confini territoriali. Paese estremo dunque, geograficamente e culturalmente ai confini della realtà. Tuttavia, nonostante la distanza dal primo mondo e dall’Europa in particolar modo, il Cile ha attirato e cattura ancora l’attenzione del vecchio continente, definisce legami e punti di contatto forti e ben motivati e si pone come attivatore di scambi economici e culturali promossi nel segno di una forte tendenza al riconoscimento della propria unicità. In effetti, oggi solo il popolo Mapuche garantisce storicamente la discendenza autoctona e le origini tribali al popolo Cileno. Alla lingua di questa comunità, secondo alcune ipotesi storiche, si deve l’etimologia del nome Cile che sembra derivare dalla parola indigena chilli che fa riferimento alla posizione geografica estremamente periferica dei territori e che letteralmente significa dove finisce la terra. Secondo altra ipotesi invece l’etimo fa riferimento ad una delle più comuni lingue dei dominatori Incas, il quechua, che indicavano con il termine chin il freddo. Secondo il Compendio della storia Geografica, naturale e civile del regno di Chile 5
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Molina G.I., Compendio della storia geografica, naturale, e civile del regno del Chile, Bologna, Stamperia Tommaso d’Aquino, 1776 4
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Signora Mapuche
del 1700 «il nome generale di questo regno è anteriore all’arrivo degli spagnoli a quelle parti. Gli autori che scrivono dell’America ne adducono molte etimologie, le quali tutte, a dire il vero, o sono assolutamente false o si fondano sopra frivole congetture. La più verosimile, non di meno mi sembra quella che deduce la voce Chilé dal nome di certi uccelli chiamati Chiles, di cui abbonda questo paese, perché gli indiani solevano dare alle loro terre il nome di quelle cose che vi si trovavano in maggior numero. Qualunque sia la reale storia di questo nome, i primi spagnoli che giunsero su queste terre ne sentirono la denominazione dagli Incas qui stanziati che si definivano uomini di Chilli»4. Sebbene la storia propriamente detta di questo lembo di terra si faccia dunque risalire alla conquista spagnola del XVI secolo, le origini di queste popolazioni cominciano molto prima. Il rinvenimento di reperti, in seguito a campagne di scavi archeologici sul territorio, ha permesso la scoperta di tracce di insediamenti risalenti a circa 10000 anni prima della nascita di Cristo. Per quanto riguarda lo studio di questo segmento temporale, la maggior parte delle aree coinvolte aspetta ancora la promozione e il finanziamento di attività di ricerca, monitoraggio e valorizzazione. Numerose e importanti invece le testimonianze relative alle civiltà precolombiane insediate sul territorio. Il Cile preispanico fu popolato da una varietà di culture indigene, molte delle quali sottomesse politicamente agli Incas, stanziate da sud a nord su territori ben delimitati e dai confini reciprocamente riconosciuti. Nella parte centro - meridionale, sul versante occidentale delle Ande cilene, da Coquimbo all’isola di Chiloé, si stanziò la confederazione di tribù degli Araucani, conosciuti come popolazioni Mapuche, amerindi che si stabilirono secondo traiettorie trasversali alla cordigliera e arrivarono ad occupare le coste atlantiche, oggi in territorio argentino. Si tratta di popolazioni seminomadi, percepite come estremamente selvagge e irriducibili all’obbedienza da parte degli europei colonizzatori. Da qui la necessità di sterminarne le comunità, urgenza avvertita già dai comandanti delle prime spedizioni sbarcate in Sud America. Tentativo tuttavia fallito proprio a causa dell’intrinseca indipendenza e della grandissima capacità di adattamento ambientale di questa gente costretta a rifugiarsi nei boschi, in perenne fuga e in condizioni di vita e a temperature eccessivamente ostili. Lungo i canali australi e gli arcipelaghi della Patagonia si stanziarono minoranze indigene come gli amerindi Chono, Yámana, Alacalufe e Ona, cacciatori e pescatori i cui insediamenti furono a malapena toccati dalle incursioni degli Incas. Nella parte diametralmente opposta del paese, dalle zone desertiche di Atacama, a nord della moderna città portuale di Antofagasta, fino al confine attuale con la Bolivia, il Perù e l’Argentina, si stabilirono i gruppi amerindi Aymara, Atacameño e Diaguita. La stan-
Allende I., Il mio paese inventato, Feltrinelli, Milano, 2013 Molina G.I., Compendio della storia geografica, naturale, e civile del regno del Chile, Bologna, Stamperia Tommaso d’Aquino, 1776 5 6
zialità di questi popoli, a differenza degli altri, favorì lo nascita di comunità agricole nell’entroterra e di pescatori lungo le coste, sviluppate in seno all’impero Inca che, dal secolo XV, dominò sulle terre estese fino a queste latitudini e su gran parte del territorio attuale del Cile fino alla regione occupata oggi dalla capitale. Punta avanzata del Cile è l’Isola di Pasqua, situata in pieno Oceano Pacifico, a duemilacinquecento miglia dalla terraferma, più o meno a sei ore di volo da Santiago, dove in passato si sviluppò un’avanzata e misteriosa cultura polinesica, oggi estinta, molto lontana dalle origine amerinde del popolo cileno. L’arrivo degli Spagnoli in Sud America e la lotta per l’insediamento sui territori indigeni si avrà solo agli inizi del 1500. Ferdinando Magellano fu il primo esploratore europeo nel 1520 a visitare il territorio cileno percorrendo lo stretto che porta il suo nome. Ma soltanto nel 1535 l’impero Incas venne destituito e i conquistatori Spagnoli provarono a impadronirsi delle terre della valle del Cile ad opera di un esercito guidato da Pedro de Valdivia. Il comandante della spedizione, con una veloce marcia non ostacolata dalla presenza di resistenze locali, riuscì a raggiungere la parte centrale del paese un anno dopo l’avvio delle operazioni belliche, insediandosi lungo la Valle del Mapocho «perché, dopo aver vagato per mesi nelle terre deserte del Nord, gli sembrò di essere arrivato nel paradiso terrestre»3. «La provincia di S. Giacomo si trova tra l’Ame Maipo al Sud, e Melipilla ad Ovest. Ella da levante a Ponente occupa quindici leghe, e da Tramontana a Mezzodì dodici leghe. E’ irrigata dai fiumi Mapocho, Colina, Lampa e da parecchi bei rivi. Vi è ancora il lago Padaguel lungo tre leghe circa. Il suo distretto è il più fertile del regno producendo in quantità frumento, cino, e frutti, tra i quali le sue persiche superano per grandezza e sapore tutte le altre del paese. I monti di Caren abbondano di miniere d’oro, e quelli degli Andes d’argento. Ma il suo maggior pregio viene dalla capitale di tutto il regno [...] Questa bella città appellata Santiago o S. Giacomo giace in una vasta, e deliziosa pianura sulla riva Australe del fiume Mapocho [….]E’ discosta dal mare trenta leghe e sette dalla montagna degli Andes, la quale coll’elevazione e bianchezza delle sue vette fa vieppiù risaltare la bella veduta del suo sito. Le sue strade sono come quelle di tutte l’altre città e villaggi del regno, larghe trentasei piedi geometrici, dritte e tagliate a scacco. La piazza è quadrata avendo in ciascuno de’ suoi lati 450 piedi. Nel suo centro siede una bella fontana di rame. La banda settentrionale è occupata da palazzi del presidente, dell’audienzia, e della città, sotto il quale sono le carceri pubbliche. Nella banda opposta vi è il palazzo del conte di Sierra-bella. Nel lato occidentale si trova il duomo, e il vescovado, e nell’orientale tre case di signori particolari. Entro la città verso l’oriente s’erge una collina appellata Santa Lucia, la quale le servì la fortezza a’ primi spagnuoli contro gli assalti degli indiani»6. Subito dopo la fondazione di Santiago, lungo la costa, fu la volta di Valparaiso, La 7
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La Battaglia di Yungay
Serena poco più a nord, Concepción, Valdivia e Villarrica a sud. Durante l’era coloniale il territorio fu costituito come un governatorato e denominato Regno del Cile con capoluogo nella città di Santiago. Le continue ed estenuanti lotte interne con i Mapuche e la lontananza dai grandi centri e dalle rotte commerciali, determinarono un arresto nell’economia della colonia destinata a diventare una delle province più povere del Vicereame del Perù. Solo nel 1810 si diede inizio a un processo di autodeterminazione del paese nei confronti dei Conquistadores, processo che, tra conflitti e disfatte, si definì positivamente grazie all’apporto di truppe interventiste che liberarono il Cile e che, otto anni dopo, ne permisero la dichiarazione d’indipendenza. Da quel momento il Cile lentamente iniziò a svilupparsi e a stabilizzare le sue frontiere promuovendo una forte crescita economica basata sulle ricchezze interne e sullo sviluppo commerciale. Tuttavia gli antichi rancori mai sopiti nei confronti delle popolazioni viciniore erano destinate a risvegliarsi. La formazione di un patto confederativo fra il Perù e la Bolivia, a nord del paese, fu considerata una minaccia per la stabilità e l’indipendenza stessa del paese, e condusse velocemente a un conflitto culminato nella battaglia di Yungay (1839) che decretò la vittoria cilena e la dissoluzione della confederazione. A questa vittoria sarà poi dedicato uno dei primi e importanti quartieri urbani della capitale, il Barrio Yungay, caratterizzato ancora oggi come monumento storico della nazione e set di una festa nazionale dedicata che si celebra ogni anno il 20 Gennaio nonché location delle più importanti memorie del paese. Purtroppo la battaglia di Yungay non fu l’ultimo scontro affrontato dal popolo Cileno nel percorso verso l’autonomia. Si tornò infatti nuovamente alle armi 40 anni dopo in quella che fu chiamata la guerra del Pacifico, conflitto che vide coinvolte molte nazioni dell’America Latina. Anche questa fu coronata da una vittoria cilena sebbene, a conclusione del conflitto, il territorio intero fu sottoposto ad una ridefinizione dei confini. Nonostante le vittorie, la crescita economica e lo sviluppo commerciale dei porti di Valparaiso e Antofagasta, conflitti interni ed esterni caratterizzanti la fine Ottocento e la prima parte del ventesimo secolo, da un lato, instabilità politica causata da anni di dominio di minoranze oligarchiche e nascita di un movimento proletario dall’altra, spostarono l’attenzione nazionale e internazionale alla politica interna e a problematiche legate alla Questione Sociale. La tensione politica e sociale produsse una serie di scontri durante tutta la prima metà del Novecento, anni durante i quali i conflitti interni di matrice talora rivoluzionaria, si acuirono determinando una caduta progressiva del fronte di destra e un’ascesa del partito popolare. «Era il 1970 e il socialista Salvador Allende fu eletto con l’appoggio dell’Unità
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Il presidente Salvador Allende e il generale Augusto Pinochet
https://rabihbouallegueblog.wordpress.com/2019/02/24/la-lezione-della-storia/ http://lalucedelcinema.altervista.org/il-cinema-cileno-tra-momios-e-upelientos/ 9 http://www.destra.it/cile-due-o-tre-cosette-su-allende-co-che-il-tristo-moretti-dimentica/ 7 8
Popolare. Tuttavia, nonostante il consenso popolare, il suo governo si confrontò con moltissimi problemi economici e la forte opposizione del resto dello spettro politico e delle élite economiche, che dietro il forte appoggio degli Stati Uniti di Richard Nixon, tentarono di bloccare le riforme socialiste spingendo il paese verso il baratro economico»7. Per la prima volta al mondo un governo di sinistra era stato eletto con suffragio dal popolo e rappresentava la maggioranza reale del paese. Gli occhi di tutto il mondo erano puntati sul Cile. La vita del governo non fu certamente facile: furono proposte numerose riforme atte a sbloccare l’empasse socio-economica del paese nello scacchiere americano e mondiale, si dovettero affrontare numerosi e gravi problemi finanziari, accentuati da un embargo attuato da parte di altri paesi dell’America Latina e una forte opposizione governativa in politica interna ed estera. L’11 Settembre 1973 il colpo di Stato guidato da Augusto Pinochet, comandante delle forze armate nominato dallo stesso governo di Allende, con l’aiuto della CIA, mise fine alla brevissima esperienza socialista del Cile, bombardando e incendiando il palazzo presidenziale de La Moneda e uccidendo il presidente Allende. Augusto Pinochet passerà alla storia come uno dei più disumani dittatori del secolo scorso, tristemente celebre per la barbara eliminazione di tutti gli oppositori o delatori del regime. Il paese in effetti era già da tempo spaccato in due fazioni: i popolari e i conservatori. Upelientos e momios, in lingua locale. «Momio è un neologismo cileno che vuol dire mummia ed ha una connotazione peggiorativa ed ironica da parte del popolo verso i conservatori… dopo la caduta del governo socialista di Allende divenne sinonimo di virilità e forza contro il governo di Salvador Allende»8. I simpatizzanti dell’Unidad Popular, il partito politico sostenitore di Allende, venivano soprannominati Upelientos, ovvero puzzolenti, termine coniato dalle lettere iniziali del partito di Unidad Popular. Durante il governo di Allende, il confronto tra momios ed upelientos si radicalizzò e si assistette ad un’escalation di violenza incontrollabile, degenerata spesso in atti di terrorismo e vera e propria guerriglia urbana. In quel momento di estrema e pericolosissima instabilità sociale oltre che politica, anche la Chiesa cattolica prese posizione contro il governo popolare sostenuto dalla Russia di Breznev e, talora nemmeno velatamente, si pose a sostegno del governo filo-americano. Lungi da posizioni politicamente estremiste e per onore di una certa visione storica oggettivamente intesa, è importante sottolineare che durante i «201 anni di storia del Cile come repubblica indipendente quella di Pinochet è stata l’unica dittatura militare, un’eccezione nella storia politica di un paese che fino ad allora da questo punto di vista aveva rappresentato a sua volta un’eccezione nel continente latino americano. L’esercito era sempre stato il garante dell’ordine costituzionale ed era intervenuto 9
http://www.destra.it/cile-due-o-tre-cosette-su-allende-co-che-il-tristo-moretti-dimentica/ 10 Bauman Z. , City of fears, City of Hopes, London, Goldsmith College, University of London, 2003 9
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direttamente nella politica nazionale un’unica volta, nel 1924, ma solo per porre fine ad un periodo di pericolosa instabilità e ripristinare l’ordine costituzionale riconsegnando il potere al parlamento meno di un anno dopo»9. Non fu questo però il caso della lunghissima dittatura di fine secolo. I 17 anni di regime di Pinochet furono segnati da una durissima e cruenta repressione. Circa 30000 persone furono sottoposte a tortura e 3000 furono registrati tra morti e desaparecidos. Innumerevoli e indescrivibili le crudeltà e le sevizie cui fu sottoposto il popolo. La dittatura ebbe fine solo nel 1988 quando un plebiscito, per la verità inizialmente deciso e manovrato dal partito conservatore nel tentativo estremo di permanenza al potere, rovesciò il governo in carica, impedì un ulteriore mandato presidenziale a Pinochet e restituì il paese alla democrazia. Indelebili e strutturalmente radicati nel cuore del popolo Cileno gli esiti politici, culturali ed economici dettati dalla devastante esperienza dittatoriale. Se nell’analisi storico-sociale di ogni singolo territorio, struttura e sovrastruttura si condizionano reciprocamente fino a convergere su posizioni parallele, la storia e i processi di insediamento e sviluppo del Cile non vengono meno a tale prospettiva. L’accentramento politico attuato e perpetrato dal Governo oligarchico di destra, condizionò e direzionò flussi economici e, di conseguenza, sociali facendoli tendere a rotte convergenti in alcuni punti di affluenza facilmente sorvegliabili e militarmente controllati. Pochi agglomerati in tutto il paese. Periferia quasi assente. Potere politico, economico, giuridico, amministrativo concentrato nei centri urbani e, peculiarmente, a Santiago. Santiago, l’unica città sia storica che attuale con milioni di abitanti, ha presentato una crescita demografica esponenziale il cui dinamismo non è stato compensato da altri centri come i porti di Valparaíso e Concepción. Il processo di inurbamento in Cile si è dunque mosso su direttrici centripete convogliando la maggior parte della popolazione all’interno di un numero assai esiguo di centri urbani presenti nel paese. Anche qui l’evoluzione della funzione e del concetto di insediamento urbano fa sentire il suo peso facilitando il passaggio «da una città che era il mondo al mondo che è una città»10. In brevissimo tempo le «città tracimarono dai loro antichissimi confini e continuarono a estendersi in maniera disordinata e incessante, in quanto i confini venivano estesi per ricomprendere gli impianti industriali che cercavano di sfuggire alle moleste attenzioni delle municipalità e sistemarsi fuori dalla loro cerchia. La loro popolazione si dilatò, in quanto gli abitanti delle campagne e delle città minori, private dei mezzi di sussistenza, affluivano in massa in cerca di acquirenti di forza lavoro. Le città industrializzate si ritrovarono in un vortice di mutamento incessante, man mano che i vecchi e familiari quartieri sparivano per essere rimpiazzati da altri nuovi, dall’aspetto
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Distribuzione della popolazione Cilena nel territorio
Bauman Z. , City of fears, City of Hopes, London, Goldsmith College, University of London, 2003 13 Bannen Lanata P., Chile: urban configuration and reality of three metropolis Santiago, Valparaiso Concepción, in Area, 133 (2014), pp. 16
troppo bizzarro e dall’esistenza troppo effimera, per entrare davvero a far parte dell’abituale panorama cittadino»11.Quasi sempre ubicate sulla costa, le città cilene fanno registrare un altissimo tasso di presenza cittadina. La popolazione totale del Cile è censita oggi in oltre 16 milioni di abitanti. Di questi 6,5 milioni, il 40% della popolazione totale, vivono a Santiago, mentre altri 4 milioni circa si dividono tra Valparaiso, sulla costa centrale, Conception, a sud, e Antofagasta, a nord. Le aree metropolitane delle grandi città assumono oggi la funzione di catalizzatori di idee radicali e di un sistema che si fa promotore di confronto e sviluppo politico e sociale del paese. «In questo processo la partecipazione delle tre aree metropolitane di Santiago, Valparaíso e Concepción, è stata completamente asimmetrica. Indubbiamente, il ruolo svolto dalla capitale supera i restanti nuclei urbani del paese, allontanando sempre più la propria realtà urbana globalizzata da quella che può offrire qualsiasi altra città nella totalità del proprio territorio geografico. Santiago del Cile è il perno e il punto di contatto dell‘economia nazionale con l‘economia mondiale, così come l‘unico luogo considerato nella rete mondiale delle città in grado di gestire sia capitali che decisioni relative alla finanziarizzazione volatile di tutti i processi economici del mondo»12.
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Iconografia 1 https://scielo.conicyt.cl/fbpe/img/chungara/v30n1/fig02-1.jpg 2 https://books.openedition.org/ifea/docannexe/image/5508/img-1.jpg 3 https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/5b/Mujer_Mapuche. jpg/400px-Mujer_Mapuche.jpg 4 https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/0/0b/Batalla_de_Yungay.jpg/300px-Batalla_de_Yungay.jpg 5 https://latinmemories.org/2017/08/24/la-gran-traicion-de-augusto-pinochet/ 6 https://es.wikipedia.org/wiki/Archivo:Cl-cities.png
SANTIAGO La capital
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Allende I., Il mio paese inventato, Feltrinelli, Milano, 2013 https://www.welfarenetwork.it/santiago-del-cile-e-la-sua-storia-20110222/
La capitale amministrativa e politica del paese è la città metropolitana di Santiago del Cile, chiamata talvolta Gran Santiago o semplicemente Santiago. Considerata spesso un’unica città, in realtà si tratta di una conurbazione che comprende al suo interno il territorio di 26 comuni e parte del territorio di altri 11 comuni. «E’ stata fondata dai soldati con la spada e con la pala, secondo la classica planimetria delle antiche città spagnole: una piazza d’armi centrale dalla quale partono strade parallele e perpendicolari. Di tutto ciò ormai resta appena il ricordo»1. Il territorio ha subito tali trasformazioni e ampliamenti che alcune zone periferiche della città sono in realtà comprese nelle vicine province di Maipo, Cordillera e Talagante. Secondo statistiche recenti, Santiago è il settimo agglomerato urbano più popoloso dell’America Latina. La città è situata in un’ampia e fertile vallata, la Valle Centrale, compresa tra la Cordigliera delle Ande e la Cordigliera della Costa che corre lungo la costa del Pacifico, ad un’altitudine media di 567 m s.l.m. La scelta del sito fu determinata dalla mitezza del clima e dalla possibilità di difesa naturale che il luogo offriva. «Santiago venne fondata da Pedro de Valdivia il 12 febbraio del 1541 con il nome di Santiago del Nuevo Extremo in onore di San Giacomo e a ricordare che, come Santiago de Compostela in Spagna rappresentava per gli antichi l’estrema terra abitata in Europa prima dell’oceano inesplorato, analogamente la nuova città rappresentava l’estremo limite dell’esplorazione nel continente americano da poco scoperto»2. Il fiume Mapocho, il cui corso oggi è stato drenato e trasformato in zona pedonale nota come Alameda, già anticamente confine tra le popolazioni del nord e il popolo dei Mapuche, divideva originariamente l’area in due parti. All’inizio del XIX secolo Santiago era soltanto una piccola città con pochi edifici, fra cui il Palacio de La Moneda e alcune chiese. Tuttavia sin dai primi anni dell’Ottocento la città, in crescita costante, fu spesso teatro di scontri e battaglie. Da ricordare nel 1810, durante la
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Piano di Santiago 1831
Ferrando F., Santiago de Chile: antecedentes demográficos, expansión urbana y conflictos, Facultad de Arquitectura y Urbanismo de la Universidad de Chile, Revista de Urbanismo, Núm. 18 (Junio 2008) 5 Svampa M. y Enrique Viale. Maldesarrollo. La Argentina del extractivismo y el despojo, Buenos Aires, Katz Editores, 2014 3, 4, 6, 7
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Guerra d’indipendenza, la battaglia di Maipù, effettuata quasi interamente in territorio urbano che determinò la parziale distruzione della città. Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento lo sviluppo economico dell’intero paese favorì la crescita e la prosperità della capitale. A testimonianza dello splendore del periodo furono costruiti importanti edifici, fra i quali la Biblioteca Nazionale e il Museo delle Belle Arti. Nonostante la pericolosità e l’instabilità orografica dei luoghi su cui si erge la capitale, Santiago ha prodotto un forte impulso attrattivo nei confronti del mondo periferico circostante definendo, di conseguenza, anche un cambiamento nella fisionomia rurale di molta popolazione indigena. Sin dagli anni Trenta del Novecento Santiago ha modificato la sua fisionomia cominciando a diventare una città moderna. Con tale evoluzione la metropoli è riuscita ad implementare il processo di urbanizzazione sviluppando «una fase di concentrazione della popolazione in città che nella cornice dell’industrializzazione registra una crescita superiore rispetto ad altre aree a causa di migrazioni della popolazione dalle aree rurali e suburbane verso i centri urbani»3. Il fenomeno di attrazione di tali flussi di cittadini che da tutte le parti del paese raggiungono la capitale inseguendo il miraggio di una ricchezza più facile e di una migliore qualità della vita, coinvolge tuttavia altri sistemi correlati. Alla forte spinta centripeta nel tempo si è collegata infatti una contraria propulsione alla suburbanizzazione «che corrisponde a una fase di decentramento intra-regionale in cui le aree vicine alle città diventano attraenti a causa della scarsità di terra in città e il miglioramento delle strade e dei mezzi di trasporto»4. In effetti la storica persistenza di un pessimo sistema di trasporti ostacola lo sviluppo della città sottoponendo la stessa al rischio comune a tutte le megalopoli latinoamericane: il fenomeno dell’estrattivismo urbano e le conseguenti «mercificazione e supremazia dei mercati che operano nel processo della trasformazione urbana all’interno di un progetto di ristrutturazione di stampo neoliberista»5. La fisionomia del Cile e di altri paesi dell’America Latina riflessa in questa analisi parte da modelli urbanistici appartenenti ad aree sviluppate. Tuttavia in questi territori, «nonostante l’alto grado di urbanizzazione che è stato raggiunto, non ci sono ancora segni di controurbanizzazione»6. Il fenomeno, rilevabile in Occidente, corrisponde «ad una fase di decentramento interregionale basata sul flusso di Migrazione centrifuga dagli agglomerati alle aree rurali»7 che, grazie a processi di deurbanizzazione, garantisce un fisiologico deflusso degli abitanti e un maggiore controllo degli indici relativi alla qualità della vita. Santiago sembra diventare un esempio urbanistico emblematico del processo appena descritto. L’aumento della popolazione stanziale che vive nella capitale continua a crescere tuttora in maniera esponenziale non solo per motivazioni di politica interna ma anche a seguito di migrazioni esterne provocate dai conflitti che negli ultimi anni
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Piano di Santiago 1894
Bannen Lanata P., Chile: urban configuration and reality of three metropolis Santiago, Valparaiso Concepción, in Area, 133 (2014), pp. 16 9 http://www.sapere.it/enciclopedia/Santiago+%28citt%C3%A0+del+Cile%29.htm 8
infestano molti altri paesi del Sud America. Infatti oggi Santiago del Cile rappresenta una delle città più all’avanguardia dell’America Latina e un centro finanziario e culturale competitivo con il resto del mondo. Il processo di attrazione posto in essere e sviluppato inizialmente nei confronti delle regioni interne al paese e, in un secondo momento allargato all’interno di tutto il continente australe, oggi amplia la sua sfera d’azione coinvolgendo tutto il mondo. Nemmeno la vecchia Europa fa eccezione. Molti i giovani che oggi scelgono l’avventura di una vita oltreoceano tentati dalle numerose possibilità di lavoro e dalla qualità e prestigio riservate da tali connessioni transnazionali. Il Cile è una nazione in crescita, un paese da costruire e tutelare, tradizioni da difendere, memorie da custodire ma non dimenticare, un popolo da incontrare, origini con cui contaminarsi. In ogni ambito della cultura e della vita. Centro nevralgico di questo panorama resta dunque la capitale, Santiago, con le sue molteplici sfaccettature e contraddizioni. Il paese e la sua capitale sono sostenuti «da un‘economia di libero mercato radicata e applicata al suo territorio per oltre 40 anni [che]… influirà direttamente sugli abitanti e sull‘espressione morfologica delle città in cui abitano»8. La città oggi comprende 32 municipi sviluppati e cresciuti attorno ad un cuore antico rappresentato dalla Plaza de Armas, la piazza principale già progettata dagli Spagnoli e, prima ancora dagli Incas, oggi circondata interamente da edifici coloniali. La crescita urbanistica della città, inizialmente lenta, anche a causa dei crolli causati dai frequenti terremoti, seguì direttrici di sviluppo radiali rispetto al centro urbano, fatta eccezione per il versante orientale. La popolazione aumentò in modo vertiginoso nell’arco di un secolo. I primi sobborghi ad alta densità abitativa si svilupparono nel versante settentrionale, al di là del fiume Mapocho. L’area invece centrale della città, il nucleo originario, cominciò ad assumere caratteri di prestigio ospitando le residenze e i palazzi di famiglie signorili. L’ampia vallata a disposizione dello sviluppo urbanistico, garantì una facile sebbene disordinata crescita costruttiva. «Strutturandosi con vie a scacchiera, ampi parchi e famose avenidas, le periferie inglobavano disordinatamente i villaggi circostanti, formando, già nel 1940, un agglomerato vicino al milione di abitanti. Ciò creava notevoli problemi di inquinamento, traffico e, soprattutto, disagio sociale, per la carenza dei servizi pubblici»9. Una primordiale ma debole forma di pianificazione integrata fu sviluppata solo intorno agli anni Sessanta. Purtroppo l’espansione selvaggia, intimamente legata alla storia e alla cultura del popolo Cileno, non fu fermata e la città si espanse con la costruzione di nuovi quartieri sottratti in buona parte a ogni controllo urbanistico e pianificazione centralizzata. In Cile l’abitudine all’autocostruzione è stato un fenomeno che da sempre ha assunto una fisionomia istintiva, irrazionale, dettata da spinte 15
Lo sviluppo strutturale della città
Ciudad colonial: La ciudad compacta (1550-1820)
Ciudad al fin de la I fase de urbanización: La ciudad sectorial (ca. 1920)
Ciudad colonial: La ciudad compacta (1550-1820)
Leyenda Centro y amplificación Zona mixta Clase alta Clase media
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Clase baja
Ciudad al fin de la II fase de urbanización: La ciudad polarizada (ca. 1970)
Ciudad al fin de la 1a fase de urbanización: La ciudad sectorial (ca. 1920)
La ciudad actual: La ciudad fragmentada (ca. 2000)
Zona industrial tradicional
Barrio de viviendas sociales
Zona industrial moderna
Barrio cerrado urbano
Barrio marginal central (conventillo)
Barrio cerrado suburbano
Barrio marginal periferico
Barrio cerrado grande (tipo ciudadpueblo, Nordelta, Alphaville)
Barrio marginal antiguo, ya consolidado
La ciudad actu La ciudad fragmentada ( 2000)
Ciudad al fin de la 2a fase de urbanización: La ciudad polarizada (ca. 1970)
Mall, business park, urban entertainment center Ejes del transito principal, carretteras intraurbanas Aeropuerto
Santiago oggi
Leyenda Aglomerado comercial, Hipermercado, Shopping, Mall Barrio marginal perifĂŠrico Barrio marginal antiguo, ya consolidado Barrio de viviendas sociales Barrio cerrado urbano Barrio cerrado suburbano mega proyecto de barrio cerrado Centro y amplificaciĂłn Zona Mixta Clase muy Alta Clase alta Clase media Clase baja Zona industrial tradicional Zona industrial moderna Barrio Marginal central Particelas de Agrado Ejes de transito principales Rios
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Gruppi socio-economici predominanti
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http://www.sapere.it/enciclopedia/Santiago+%28citt%C3%A0+del+Cile%29.html
e da necessità che hanno fatto dell’abusivismo l’unica possibilità di sopravvivenza in una realtà territoriale e politica fortemente problematica. Tale fisionomia urbanistica appartiene alla maggior parte dei quartieri di Santiago ma nella fattispecie ai comuni più poveri, meno assistiti e più delinquenziali. «La città è il grosso emporio commerciale di gran parte della valle longitudinale cilena, trovandosi sulla linea ferroviaria che attraversa tutto il Paese e contemporaneamente sulla Carretera Panamericana… è uno dei centri industriali maggiori dell’America Meridionale, ospitando la metà circa delle industrie cilene: esse sono ben rappresentate in quasi tutti i settori, ma soprattutto in quello alimentare, tessile, chimico, farmaceutico, meccanico, dell’abbigliamento, della gomma, del vetro, elettrotecnico, della carta, della ceramica, del tabacco e del legno. I trasporti pubblici della città sono efficienti e la rete della metropolitana è la più estesa dell’America Meridionale: un sistema integrato fra linee sotterranee e linee di superficie, detto Transantiago, è in fase di completamento, ed è già in gran parte operativo. Lo sbocco sul Pacifico di Santiago è costituito dai vicini porti di Valparaíso e San Antonio. La città è servita dall’aeroporto internazionale Arturo Merino Benítez»10. La mappatura urbanistica odierna della città ci propone una scansione territoriale dai confini netti spesso rimarcati da strade ab origine pianificate come arterie extraurbane, alvei di fiumi, colline o quant’altro. Il nucleo originario della città corrisponde all’insediamento spagnolo del 1500 e coincide attualmente con il triangolo centrale della pianta urbana. Il quartiere, sviluppato a sud del fiume Mapocho, è cresciuto attorno ai palazzi del potere e alle residenze signorili e porta il nome di Santiago. Il centro storico oggi rappresenta una zona nevralgica della città e del paese tutto, sebbene il suo valore turistico e architettonico non sia all’altezza di altre zone. Il cuore del quartiere è la Plaza de Armas e poco più a sud, il Palacio de La Moneda. Tra le prime espansioni territoriali di questo nucleo urbano storicamente testimoniate, c’è il quartiere di Quinta Normal fondato nel 1915 nella zona nord occidentale del centro-città. Qui sorgono i barrios più caratteristici e culturalmente più importanti della città: Barrio Yungay e Barrio Brasil. Sebbene molti dei palazzi di Barrio Yungay siano già esistenti dal XVIII secolo, la sua importanza urbana non risiede solo negli edifici ma nella presenza del primo piano urbanistico della città di Santiago, dopo i blocchi che circondano la Plaza de Armas, presenza che segna e definisce le direttrici dell’espansione urbana della città. Barrio Yungay è sede oggi della maggior parte dei musei e, tra questi, del Museo della Memoria e dei Diritti Umani nonché della movida intellettuale della capitale tutta. Le case storiche dai colori vivaci e la prevalenza dell’eccentrica street art danno al quartiere un’atmosfera vagamente bohémien apprezzata da giovani artisti.
Comuni della città di Santiago del Cile, evidenziato come Santiago Centro
Lo Barrechea Huechuraba
Quilicura
Vitacura
Conchail Renca Cerro Navia Pudahuel
Recoleta Independencia
Quinta Normal
Providencia
Lo Prado Estación Central Cerillos
Maipù
Padre Hurtado
Las Condes
Santiago Centro
La Reina
Ñuñoa
Pedro Peñalolén San Macul Aguirre San Joaquin Cerda Miguel Lo Espejo La La Granja La Florida Cisterna San Ramón El Bosque
San José de Maipo
La Pintana San Bernardo
Puente Alto
Pieque
http://www.plataformaurbana.cl/archive/2012/11/24/guia-urbana-de-santiago-barrio-brasil/
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L’identità del Barrio Brasil è dinamica, artistica, culturale, turistica ma anche familiare. È un luogo in cui molti giovani trovano spazi di libertà per esprimersi. «Le vecchie case e gli edifici ricchi di architettura ornamentale costituiscono il volto più riconoscibile e distinto del quartiere. La maggior parte fu costruita a metà del diciannovesimo secolo quando l’aristocrazia del tempo decise di installare qui il distretto alto di Santiago»11. Il quartiere nacque come una naturale estensione del Barrio Yungay già esistente sulle tenute di antiche e nobili famiglie di discendenza spagnola. Per quasi un secolo il quartiere fu un centro commerciale e residenziale prospero e culturalmente attivo. Qui abitavano le famiglie più ricche della città che risiedevano in eleganti e vastissime case padronali. L’abbandono e il deterioramento dei palazzi fu un’inevitabile conseguenza della migrazione delle famiglie nobili verso altri quartieri nati nella zona orientale della città alle pendici delle Ande. L’esigenza di recuperare questo barrio, patrimonio culturale di Santiago, ha dato l’input ad un processo di rigenerazione e riqualificazione dei luoghi legato al restauro dei palazzi nobiliari. Il percorso di rivalorizzazione del barrio rientra in una scelta di cambiamento e ripristino in termini di funzione e identità del quartiere. Oggi il barrio rappresenta un punto d’incontro per l’intellighenzia accademica ed è teatro di convention e confronti culturali nazionali e internazionali. A sud del quartiere di Quinta Normal, si estende il Barrio della Estacion Central. L’aspetto originario e la natura rurale di questo settore della città fu dovuto alla costruzione nel 1857 della stazione ferroviaria e al conseguente aumento nel flusso di merci e popolazione che hanno dato vita al quartiere urbano. Estacion Central è la porta della città. Uno spazio comune nella zona centrale di Santiago che prende il nome dall’omonima stazione ferroviaria che garantisce un veloce collegamento con il porto di Valparaiso. L’area, precedentemente nota come Chuchunco, ottenne l’autonomia municipale il 1 ° febbraio del 1985 conformandosi all’organizzazione amministrativa delle altre aree periferiche di Santiago. Nel settore meridionale della metropoli sono situati quartieri popolari eredità di insediamenti rurali sviluppati nel tempo a seguito di lasciti e donazioni a compagnie clericali quali quella dei gesuiti o dei domenicani. Tali comuni presentano un basso profilo culturale, sono caratterizzati da insediamenti spesso fatiscenti, quartieri-dormitorio ad alto livello delinquenziale, scarsamente assistiti e mal serviti dai mezzi pubblici. Lungi da qualunque forma di stigmatizzazione legata al luogo di residenza e sottolineando il carattere multidimensionale del concetto di povertà, è possibile sostenere che gli abitanti di questi quartieri vivono sicuramente una forma di esclusione che si manifesta apriori nell’impossibilità di disporre di alcuni beni e servizi essenziali garantiti a coloro che usufruiscono di capitale spaziale maggiore. «La relazione diretta e sistematica tra le dimensioni della città e le condizioni di vita 19
Barrios del Comune di Santiago Centro, evidenziato Barrio Yungay
Balmaceda Centro Historico Yungay
Brasil
Santa Lucia forestal San Francisco
Concha y Toro
Estación
San Vicente
Lira
Almagro
Republica Ejercito
Parque club
Pedro Montt
Parque O’ Higgins
Huemul
Franklyn
Bogota
Sierra Bella
Rodríguez J., González D., Ojeda M., Jiménez M., Stang F., El sistema de ciudades chileno en la segunda mitad del siglo XX: entre la suburbanización y la desconcentración. Estudios Demográficos y Urbanos [en linea] 2009, 24 (Enero-Abril) : [Fecha de consulta: 8 de julio de 2019] Disponibile in:http://redalyc.org/articulo. oa?id=31221535001. 13, 14 Caceres G., Sabatini F., Barrios cerrados en Santiago de Chile: entre la exclusion y la integración residencial, Santiago, Lincoln Institute of Land Policy/Instituto de Geografía-Pontificia Universidad Católica de Chile, 2004 15 Gumas López A., La Modernización urbana de Santiago de Chile, Buenos Aires y Ciudad de México en la segunda mitad del siglo XIX, tesi universitaria, Universidad 12
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de Chile Facultad de filosofia y humanidades, a.a. 2014, relatore Rojo de la Rosa G.
è chiara nelle aree demografiche e con disponibilità di attrezzature tecnologiche domestiche (telefono, computer, internet)….persiste una differenza marcata tra aree urbane e rurali, chiaramente sfavorevole alle zone rurali; il divario è minimo o moderato solo nell’ambito dell’alfabetizzazione, della disoccupazione giovanile e nella disponibilità della telefonia mobile»12. Tuttavia l’arrivo di un gran numero di immigrati in città ha determinato il deteriorarsi radicale di alcuni indici relativi alla qualità della vita e l’amplificarsi e radicalizzarsi di problemi sociali, politici ed economici ad essa collegati. Ancora oggi l’integrazione spaziale non coincide con un reale processo inclusivo. «Osservando le relazioni all’interno del condominio stesso, si può vedere che la diversità dei luoghi di origine - che funge da riferimento per la classe sociale di origine - costituisce un’informazione che integra o discrimina, rendendo difficile la vita della comunità»13. Anche in città dunque è difficile trascurare lo stigma sociale dettato dalla diversità dei luoghi d’origine in vista della creazione di una vera comunità. A Santiago come in tanti altri agglomerati urbani, il condominio assume quasi i connotati di una comunità chiusa senza tuttavia far percepire ciò ai suoi abitanti. Dunque ai fini dello sviluppo consapevole dell’essere comunità, è importante capire che «oltre a un’integrazione funzionale, la riduzione della scala di segregazione implicherebbe una riduzione della dimensione soggettiva della stessa»14. Le forti contraddizioni socio-culturali nonché economiche intrinseche alla città, sono visivamente concretizzate proprio lungo la strada che fa da confine tra i comuni meridionali e i nuovi e moderni quartieri sviluppati nell’area orientale della città, verso la cordigliera e lungo le pendici della catena. La fisionomia e la vita della capitale viene descritta, a fine Ottocento, da Vicuña Mackenna, sindaco della città e Membro della Società dell’Uguaglianza, come quella di una città gemella. «Santiago è la sua topografia […] una sorta di doppia città che ha, come Pechino, un distretto pacifico e laborioso, e un altro distretto brutale, demoralizzato e feroce: la città cinese e la città tartara»15. Secondo il sindaco la contraddizione tra il centro e la periferia è stridente sia da un punto di vista urbanistico che culturale così come decisamente estranei gli abiti occidentali indossati su quelle strade dai rappresentanti dell’elitè cittadina. «Le nostre strade – dichiara Mackenna-presentano tutto il male che può avere una strada pubblica, nessuna ombra, il fango puzzolente mescolato a polvere soffocante, il calore e l’umidità che si confondono alternativamente a tutte le ore; il fango invernale che schizza fino alle grondaie dei tetti, e in estate nuvole di terra che oltrepassano i campanili, buche e dossi nelle strade diritte, piste dove si possono incrociare lumache nelle strade, canali di irrigazione senza livello, tacos che riversano sporcizia, latrine aperte al sole, stanze rotonde con il puzzo dei porcili e altre con il puzzo del
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Barrios del Comune di Santiago Centro, evidenziato Barrio Yungay
Gumas López A., La Modernización urbana de Santiago de Chile, Buenos Aires y Ciudad de México en la segunda mitad del siglo XIX, tesi universitaria, Universidad de Chile Facultad de filosofia y humanidades, a.a. 2014, relatore Rojo de la Rosa G. 17 Caceres G., Sabatini F., Barrios cerrados en Santiago de Chile: entre la exclusion y la integración residencial, Santiago, Lincoln Institute of Land Policy/Instituto de Geografía-Pontificia Universidad Católica de Chile, 2004 18 Secchi B., La città dei ricchi e la città dei poveri, Bari-Roma, Editori Laterza, 2013 16
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Allende I., Il mio paese inventato, Feltrinelli, Milano, 2013
bordello [...] ovunque due ceri che bruciano davanti ad un’immagine, come racconta il viaggiatore Head lui stesso testimone [...] E tutto questo è comune! [...]Li vedrai in poncho e chupallas in testa e i bambini, mendicanti seduti sui piedi sul sentiero, alcuni mentre sfoggiano le loro lepri, altri la loro puzzolente nudità, e tu dici che sono fieri Santiaguini, e continui a dire che Santiago è una deliziosa capitale»16. Purtroppo le contraddizioni tra un quartiere e l’altro, anche confinanti, sono ancora fortemente rilevabili. Nella zona sud-orientale, a fare parzialmente da filtro, i quartieri residenziali di La Florida nonché la zona industriale di Macul che identificano la società liquida contemporanea dai confini identitari incerti e mobili, una sorta di terra di mezzo importante nel ruolo di contenimento di qualunque forma di estremismo. «I poveri dell’America latina hanno sempre cercato di localizzarsi in settori vicini alle residenze a reddito più elevato e alle attività economiche concentrate nelle residenze di questi ultimi, perché la loro geografia delle opportunità migliora mentre diminuisce la loro vulnerabilità sociale. In questo senso se pensiamo alla povertà informale caratteristica della struttura sociale latinoamericana….si tratta di una inclinazione strutturale. Questa tendenza spiegherebbe la penetrazione di gruppi medi nei coni ad alto reddito e la marcata eterogeneità che questi settori presentano, nonché l’occupazione di spazi interstiziali che si affacciano su quartieri a reddito più elevato, da parte di famiglie povere»17. Purtroppo qui come in tante altre aree urbane del vecchio e del nuovo mondo sta emergendo una topografia sociale sempre più definita e caratterizzata; in tal senso «nel grande teatro metropolitano le ingiustizie sociali sempre più si rivelano nella forma di ingiustizie spaziali»18. «Ci sono città, come Caracas o Città del Messico, dove poveri e ricchi si mescolano, ma a Santiago i confini sono ben definiti. La differenza tra le dimore dei ricchi ai piedi della cordigliera, con le guardie al cancello e quattro garage, e le baracche dei proletari, dove vivono quindici persone ammucchiate in due locali senza il bagno, è esorbitante[…] una parte della città è in bianco e nero, e l’altra è in technicolor»19. Si parla dei comuni moderni di Providencia, Vitacura e Las Condes. L’impressione di non trovarsi in Sud America qui è molto forte. Sembra di essere a Manhattan o nella city di Londra o a La Defense a Parigi. Grattacieli, strade pulite e ben servite, illuminazione, servizi pubblici, centri commerciali, ristoranti, bar, palestre, centri culturali, parchi e quant’altro. Le élites hanno dunque progressivamente scelto un’area di insediamento e di crescita in settori periferici geograficamente ben definiti alle pendici della Cordigliera che formano una sorta di cono con l’apice nel centro storico. Las Condes, Mejor para Todos: questo il motto del quartiere che riassume la Vision e la Mission del ricco comune. In evidenza gli obiettivi che il Comune di Las Condes si prefigge di raggiungere: opportunità, garanzie e attenzioni alle esigenze del cittadino, garanzia di lavoro permanente, migliore sviluppo della qualità della vita e del 21
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Barrio Lo Espejo
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Barrio Las Condes
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https://www.vitacura.cl/municipalidad/mision_vision.html Caceres G., Sabatini F., Barrios cerrados en Santiago de Chile: entre la exclusion y la integración residencial, Santiago, Lincoln Institute of Land Policy/Instituto de Geografía-Pontificia Universidad Católica de Chile, 2004 20
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territorio, nonché nelle varie aree comunitarie. La compartecipazione dei cittadini alla gestione municipale, la solidarietà e l’attenzione nei confronti di chi ha bisogno, rendono efficaci gli interventi amministrativi e sociali destinati alla popolazione. La presenza di piani di consultazione cittadina e di ristrutturazione urbana, di aree di mobilità integrata unitamente all’uso di energie pulite rinnovabili, mercati biologici e attività di riciclaggio nonché investimenti in programmi speciali per l’educazione e lo sviluppo culturale restituiscono il profilo di una città all’avanguardia che nulla ha da invidiare alle metropoli del primo mondo. Al confine dei comuni di Las Condes, Providencia e Vitacura, nel cuore dunque della moderna Santiago, si sviluppa il distretto finanziario di Santiago del Cile: la città di Sanhattan. La presenza di uno skyline assimilabile a quello della grande mela americana giustifica la definizione di manhattanizzazione in relazione allo sviluppo urbano slanciato in altezza e alla presenza in questa area di torri di acciaio e vetro. Tra tutti l’ultimo nato è il quartiere di Vitacura, una bellissima zona residenziale oltre Las Condes. Qui i grattacieli di Sanhattan cedono il passo a palazzi residenziali di lusso e ville con splendidi giardini. La qualità della vita e la sostenibilità del territorio sono garantiti da una gestione innovativa e dinamica della città. L’immagine offerta all’esterno è quella di «comunità residenziale, tranquilla, verde e sostenibile»20. La discrasia tra le due parti della città è di tipo urbanistico, architettonico, culturale ma purtroppo anche politico, economico e sociale. A Santiago convivono due anime, due città, due popoli. Come in tante altre metropoli del Sud America e di tutti i Sud del mondo, accanto alla città dei poveri, c’è la città dei ricchi. E ogni sezione presenta caratteristiche e inclinazioni uniche e contraddittorie. Tuttavia la segregazione residenziale «sta diminuendo in larga scala metropolitana, ma si sta intensificando in scala ridotta, questo fenomeno è sostenuto e promosso in gran parte dalla proliferazione di comunità chiuse situate al di fuori dell’area di focus di reddito più elevato e nella periferia di basso reddito»21. In tal senso le élite hanno già da tempo cominciato a suburbanizzarsi trovando spazio in quartieri adiacenti grazie alla propagazione della speculazione terriera urbana e di periferia. Infatti «mentre il cono di affitto elevato manteneva il monopolio della localizzazione di progetti immobiliari intatti per i settori a più alto reddito, i proprietari di terreni al di fuori di esso hanno mantenuto le loro aspettative associate a usi di terreni non moderni […] Tuttavia la fine dei quartieri chiusi ha determinato un aumento delle aspettative di affitto che la terra può dare, il che si traduce in un aumento dei prezzi dei terreni in tutte le aree della città. In breve ciò contribuisce ad espellere i poveri dalla città, oltre a contribuire a densificare una periferia povera. In questo senso, l’espansione della segregazione dei poveri si traduce in patologie sociali e disintegrazione sociale»22.
23, 24 Bauman Z., City of fears, City of Hopes, London, Goldsmith College, University of London, 2003
Le differenze architettoniche e le strutture urbanistiche nascondono così delle distanze di pensiero che rivelano la profonda frattura interna alla civiltà cilena e all’umanità tutta. Le ipotesi avanzate relative alla scelta delle superfici da occupare all’interno del piano globale urbano della metropoli e della scansione spaziale dei comuni è da porre in relazione, sia per la sua portata territoriale che per quella temporale, alla crescita abnorme dell’area metropolitana di Santiago verso direttrici di espansione territoriale diversificate nei decenni nonché alle struttura urbanistiche e architettoniche scelte. Purtroppo il fenomeno rilevabile a Santiago è comune a tutte le città del mondo, comprese quelle del Sud America. «Apprendiamo che il terrore del crimine in agguato negli anfratti bui della città colse improvvisamente gli abitanti delle aree metropolitane d’America nella seconda metà del secolo scorso, portando alla fuga dei bianchi dai centri, benché, solo fino a pochi anni prima, questi stessi centri costituissero una potente attrattiva per le folle desiderose di immergersi nel genere di divertimenti di massa che solo queste zone, a differenza delle aree meno densamente popolate, sono in grado di offrire. Indipendentemente dal fatto che questo terrore avesse un fondamento o fosse solo frutto di immaginazione febbrile, i risultati furono l’abbandono dei centri cittadini»23. Ma perché in passato la città ha sentito l’esigenza di spostare i confini ampliando il territorio verso il mare? Perché le nuove generazioni discendenti dalle antiche famiglie di alto lignaggio hanno preferito abbandonare le residenze familiari del centro storico e spostarsi lontano dai centri amministrativi? Perché è nata questa fisionomia di quartiere che si è allontanata dall’idea di comunità? Si tratta solo di momenti evolutivi sociali e urbanistici distopici rispetto a quanto già registrato nelle città europee? O si tratta quasi di un rifiuto delle proprie radici, della negazione della storia, del passato? In effetti già «sul finire del secolo è iniziata una tendenza inversa. Dopo i molti anni grami della paura a uscire di sera e dei suoi effetti di desertificazione sulle città, le autorità locali, insieme agli operatori, hanno preso a lottare per restituire ai centri il loro destino di attrattiva per chi vuole divertirsi, così che ‘il divertimento è tornato in città’ e gli abitanti delle periferie sono nuovamente attratti dal centro, nella speranza di trovarvi qualcosa «di eccitante, sicuro e non reperibile nei sobborghi»24. E’ dunque necessaria una riflessione globale lontana da paradigmi di sviluppo strettamente eurocentrici che potrebbe condurre ad una lettura della realtà distorta e ad un allontanamento dalla focalizzazione del problema legata a parametri temporali e spaziali intrinsecamente connessi alla storia e al paesaggio di un paese. Pure nel vecchio continente «l’ambivalente alternanza di attrazione e repulsione, di passione e avversione, per la vita della grande città ha segnato anche la storia recente di molte, 25
forse di gran parte, delle città d’Europa»25. Sottrarre dunque all’immaginario collettivo l’indagine e restituire una lettura critica individuale, relativa solamente alla città metropolitana di Santiago, è l’unica alternativa possibile nonché intellettualmente onesta e realmente utile ad uno sviluppo integrale della città. L’obiettivo finale è quello «di sviluppare strategie che riducano la segregazione, risolvendo i problemi che essa genera in termini di vulnerabilità sociale e promuovendo una maggiore integrazione tra i diversi gruppi della società»26. La presenza di un lungo potere conservatore alla guida del paese ha determinato la creazione di rigidi confini politici e spaziali. «Non ci si può sorprendere se, come i gruppi dominanti del passato, il gruppo dei ricchi cerchi di far valere come proprio principio evolutivo e di autodifesa, in conflitto con altri gruppi sociali e anche a costo di restringere gli spazi della democrazia, un principio indiretto di cooptazione ed esclusione selettiva: cerchi cioè di utilizzare un insieme di dispositivi, anche di natura spaziale, per tenere a distanza chi non ne fa parte…»27. La cultura della paura in opposizione alle teorie dell’inclusione e dell’integrazione, già sperimentata nelle realtà urbane europee e nordamericane, diventa così giustificazione della chiusura alla permeabilità sociale e culturale oltre che blocco di qualunque forma di sviluppo isotropo e cristallizzazione di quella che viene indicata come la nuova questione urbana.
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Bauman Z., City of fears, City of Hopes, London, Goldsmith College, University of
London, 2003 Caceres G., Sabatini F., Barrios cerrados en Santiago de Chile: entre la exclusion y la integración residencial, Santiago, Lincoln Institute of Land Policy/Instituto de 26
Geografía-Pontificia Universidad Católica de Chile, 2004 26
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Secchi B., La città dei ricchi e la città dei poveri, Bari-Roma, Editori Laterza, 2013
Iconografia http://www.memoriachilena.gob.cl/602/w3-article-127132.html http://www.plataformaurbana.cl/archive/2014/08/07/fotos-como-era-santiago-segun-los-primeros-planos-de-la-ciudad/plano-de-santiago-1894/ 3 Elaborato realizzado da Francesca Lauretta 1 2
Elaborato realizzato da Francesca Lauretta http://www.plataformaurbana.cl/archive/2009/09/16/eligecolegio-cl-otro-mapa-ciudadano-y-otro-mapa-de-la-desigualdad-en-santiago/ 6 Elaborato realizzato da Francesca Lauretta 7 Elaborato realizzato da Francesca Lauretta 8 https://scielo.conicyt.cl/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S0718-83582014000200002&lng=es&nrm=iso&tlng=en 9 http://www.plataformaurbana.cl/archive/2013/07/26/cinco-comunas-de-santiago-registran-nula-inversion-inmobiliaria-privada/attachment/1792363/ 10 https://keepontravel.dk/rejser/marathonrejser-chile-santiago/ 4 5
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BARRIO YUNGAY
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Secchi B., La città dei ricchi e la città dei poveri, Bari-Roma, Editori Laterza, 2013
«La storia della città e del territorio, di qualsiasi città e di qualsivoglia territorio, può ovviamente essere narrata in modi diversi: come storia delle sue architetture e delle sue forme insediative, dei modi di occupazione ed uso del territorio, delle diverse tecniche che hanno aiutato e condizionato la sua costruzione e modifica; o come storia dei suoi abitanti, della loro cultura e dei loro conflitti. Ma può essere raccontata anche come storia della costruzione di alcune visioni e azioni geopolitiche e del loro risultato»1. Un popolo e una nazione tutta sono il risultato di scelte comunitarie non sempre democraticamente consapevoli ma selettivamente ereditate dal passato con retaggi di grande responsabilità. E se certe azioni lasciano traccia del proprio passaggio sul territorio, la storia, quasi si trattasse di un sismografo, rileva e registra tali movimenti, testimonianze, mutamenti epocali come esperienze coinvolgenti la comunità globale e sottese a qualunque forma di sviluppo. L’analisi dei cambiamenti successivi a profondi smottamenti politici o sociali sarà chiaramente leggibile, solo dopo tempo, nella fisionomia della città, nelle piazze, sulle case, negli occhi impauriti e piegati di chi potrà dire io c’ero, nella voce soffocata di chi eviterà di narrare o persino parlare. La città in questo modo diventa protagonista, vittima e carnefice nonché archivio ineludibile di storia. La storia scritta con la vita e il sangue dei suoi abitanti. Così la storia di un popolo può fornire dettagli relativi alla trasformazione del paesaggio di riferimento e ai cambiamenti sociali e alle evoluzioni linguistiche. O piuttosto si potrebbe affermare il contrario! «Come giornalista[…]ero autorizzata a fare domande indiscrete e a divulgare le mie idee, ma questo finì improvvisamente con il golpe militare del 1973, che scatenò forze incontrollabili. Da un giorno all’altro divenni straniera nella mia terra, al punto di dover alla fine partire, perché non potevo vivere e crescere i miei figli in un paese dove regnava la paura e dove non c’era posto per i dissidenti come me. A quei tempi
Spostamenti della popolazione dal comune di origine a quello di arrivo durante il periodo della dittatura
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I. Allende, Il mio paese inventato, Feltrinelli, Milano, 2013
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https://theculturetrip.com/south-america/chile/articles/spotlight-barrio-yun-
gay-santiagos-vibrant-neighborhood-on-the-rise/
curiosità e sfacciataggine erano proibite dalla legge»2. Così racconta Isabel Allende, testimone dei cambiamenti politici e sociali nel Cile degli anni Settanta. Chi la storia l’ha vissuta sulla propria pelle, chi ha subito torture o sevizie, chi ha sofferto la perdita della libertà, la morte di un amico o di un parente, chi ha assistito al naufragio della democrazia, chi si trovava a Santiago l’undici settembre del 1973 non potrà mai dimenticare, scindere la propria vita da quelle strade, quei luoghi, quella paura, quella memoria. Non potrà e non dovrà dimenticare. Per sé, per i propri figli, per l’umanità tutta. A imperitura memoria. Quando la storia di una nazione si confonde con quella di una città, sarà proprio nella fisionomia urbana di quest’ultima che si cercheranno i segni del passaggio, della violenza subita proponendo letture e interpretazioni plurime utili a promuovere consapevolezza e verità nei sopravvissuti e nei loro discendenti. Questo è quanto accade nel mondo. Questo è quello che è accaduto in Cile. A Santiago. Nel cuore della città. Si tenterà dunque di parlare dei fatti storici attraverso i cambiamenti culturali e urbanistici rilevati in città prima, durante e dopo il breve governo socialista di Salvador Allende e la lunga dittatura di Augusto Pinochet. Testimonianza reale di questa Storia, il Museo della memoria e dei Diritti Umani, forte presenza urbanistica, simbolicamente posizionata al centro della città di Santiago, monumento architettonico e monito etico contro qualunque forma di crudeltà e barbarie perpetrata nei confronti dell’umanità. La decisione di lasciare una traccia di disapprovazione nei confronti della condotta violenta del regime dittatoriale era stata sentita già alla fine del secolo passato. Si cercava un segno che si innestasse nel tessuto urbanistico e civico della città tale da non giustificare un passato di violenza ma da ostacolare l’oblio nel ricordo di tutto il paese. L’idea dunque di avviare un bando di concorso per la progettazione, la selezione e la costruzione di tale monumento nacque molto tempo prima la sua realizzazione. La scelta della sua collocazione cadde sul comune centrale di Quinta Normal, proprio nel Barrio di Yungay, luogo già testimone di lotte popolari e nome fortemente simbolico per la libertà della nazione intera. «Il Barrio Yungay è tra i quartieri più storici e tradizionali di Santiago, una delle prime zone residenziali della città realizzata dopo la costruzione del centro città, Santiago Centro. Sviluppato nel 19° secolo, il quartiere prende il nome dalla vittoria cilena nella battaglia di Yungay, quando le forze cilene combatterono e misero fine alla Confederazione Perù-Bolivia nel 1839»3. L’esercito che lottava per libertà del paese era allora comandato dal generale Manuel Bulnes, personaggio a cui sarà dedicata un’altra area urbanisticamente importante della città. Le origini del quartiere devono dunque essere cercate nella prima metà dell’Ottocento. Sulle terre prescelte per il nuovo insediamento urbanistico si estendevano latifon29
Barrio Yungay, evidenziata Plaza Yungay
http://www.memoriachilena.gob.cl/602/w3-article-3372.html http://www.plataformaurbana.cl/archive/2011/07/06/barrio-yungay-y-valoracion-comunitaria-del-patrimonio/ 4 5
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http://www.elsitiodeyungay.cl/index.php/9-sin-categoria/18-
di rurali pari a 350 ettari appartenenti a José Santiago Portales y Larraín, padre del ministro Diego Portales, terreni distribuiti nel 1835, alla morte del patriarca, in eredità ai figli e quindi venduti a diverse aziende. Originariamente dunque tutto il territorio era conosciuto come il Llanito de Portales. La vendita e l’urbanizzazione dei terreni di Mecedes Portales diedero origine alla formazione dei quartieri di Santiago Poniente. «La figlia del ministro Portales fu una delle prime a suddividere la proprietà, creando lo spazio per la futura Plaza Yungay e per la parrocchia di San Saturnino. Lo stato acquistò la parte più occidentale della Piana per creare la Quinta agricoltura normale. Allo stesso tempo l’attività commerciale della strada per Valparaiso - oggi San Pablo - promosse l’attrazione degli abitanti per la zona del Mapocho, che ha consolidato il settore come la prima espansione verso la periferia avvenuta a Santiago»4. Alla fine del conflitto contro la confederazione peruviano-boliviana il presidente José Joaquín Prieto, per onorare la fine della guerra e commemorare il trionfo del Cile stabilì, con Decreto di Fondazione, la nascita ufficiale del quartiere urbano sulle terre che erano già appartenute alla famiglia Portales. «L’urbanizzazione della zona è stato un atto del tutto ufficiale: il quartiere è stato fondato il 20 gennaio 1839 [...] La sua fondazione ha rappresentato l’inizio dell’urbanizzazione di Santiago Poniente: è stata la prima pianificazione urbanistica successiva a quella che circonda la Plaza de Armas, ai tempi di Pedro de Valdivia»5. Nel 1939 José Zapiola creò l’inno alla vittoria di Yungay che in breve diventò un nuovo elemento di identità comunitaria per il quartiere. Nella metà del XIX secolo, l’intellettuale argentino Domingo Faustino Sarmiento, definì Yungay come una città nella periferia di Santiago. Yungay in effetti, ab origine, rappresentò il primo quartiere repubblicano e la sua fondazione diede inizio ad uno sviluppo urbanistico pianificato. Il nuovo quartiere fu progettato dagli architetti Jacinto Cueto e Juan de la Cruz Sotomayor secondo la classica maglia urbana degli isolati con una struttura a scacchiera, tradizionale all’epoca. Le famiglie più ricche del tempo si stabilirono lì e abitarono in grandi ed eleganti case, alcune delle quali ancora oggi esistenti. «Insieme alle strade e alle case fu costruita un’agorà nel centro del quartiere, conosciuta come Plaza Portales[…] centro di riunione di quartiere, dove signore e signori andavano a fare una passeggiata durante i pomeriggi o per discutere di attività politica»6. Furono innalzate anche chiese di grande valore architettonico e storico come la Cattedrale dei Cappuccini, edificio in stile barocco costruito tra il 1853 e il 1861 con la progettazione del fiorentino Eusebio Chelli. Sempre in seguito alla vendita della fattoria di Dona Mercedes Portales nel 1873 ebbe inizio la creazione del confinante Barrio Brasil, quartiere che legherà il suo svi-
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Monumento al Roto Chileno
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luppo e la sua fortuna alla vicinanza a Yungay oltre che ad una certa diversificazione sociale dei suoi abitanti. Nel 1888 nel centro dell’agorà di Yungay fu inaugurato il principale simbolo urbano della città: una statua scolpita da Virginio Arias chiamata Il Difensore della Patria. Anni dopo il monumento cambiò nome e fu ribattezzato El roto Cileno, il Cileno rotto, in onore dei soldati Cileni morti per la vittoria creola nella guerra del 1839 e in ricordo della fortissima e radicata idiosincrasia cilena nei confronti dei paesi confinanti. La nuova denominazione sigillò il distretto come il settore del roto e della più pura identità cilena presente in città. Nonostante la presenza dunque di edifici e palazzi signorili, l’importanza urbana del quartiere non risiedeva originariamente solo nella sua ricchezza architettonica quanto piuttosto nel posizionamento territoriale all’interno di quella che cominciava già dal XIX secolo a configurarsi come una metropoli e nell’essere stata la prima testimonianza ufficialmente registrata di pianificazione urbanistica regolamentata. «L’arrivo accelerato di nuovi abitanti e il loro nuovo stile urbano richiesero una nuova pianificazione per la città»7. L’eterogeneità sociale divenne subito un elemento caratterizzante del nuovo quartiere in quanto declinava in termini architettonici la variabilità economica e la pluralità culturale degli abitanti. Fu possibile leggere la traduzione architettonica di tale molteplicità nella diversità di tipi e stili di case ed edifici, dalle grandi case a quelle più piccole con unico piano e la facciata connessa alla strada. Il periodo dello sviluppo costruttivo del quartiere fu ulteriormente amplificato dalla presenza della ferrovia che collegava il luogo con destinazioni diverse centrali, come la stazione di Alameda, o esterne al territorio urbano. I confini del barrio furono chiaramente definiti in un quadrilatero delimitato dal viale San Pablo a nord e l’Alameda a sud, dalla Matucana ad ovest e il viale Ricardo Cumming al confine con Barrio Brasil ad est. Negli anni venti furono costruite delle eleganti Cités nonché teatri nella zona di Cueto. Il fenomeno di attrazione e di sviluppo urbanistico fece dunque registrare flussi sociali e commerciali in entrata durante circa un secolo e il territorio occupato dagli insediamenti abitativi fu ampliato fino a raggiungere i limiti attuali. Solo a metà del Novecento ci fu un’inversione di tendenza e il quartiere cominciò a svuotarsi. Eventi politici, economici nonché fisici hanno determinato in tutto l’arco del XX secolo il crollo o la mutazione di parte della struttura urbana. Negli anni ‘40, famiglie di ceto alto vissute nella zona iniziarono a spostarsi verso est, abbandonando queste strutture storiche e optando per residenze più moderne. Il fenomeno determinò un cambiamento di rotta nel tessuto sociale residente dettato dal trasferimento delle famiglie nobiliari nel comune di Providencia, flusso che determinò l’inizio della migrazione 31
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Plaza Yungay
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della classe superiore nel settore orientale della città e il conseguente ampliamento territoriale di Santiago Oriente. L’esodo progressivo della popolazione venne determinato anche dal trasferimento della caserma militare, forte centro di attrazione per l’alta società, da Yungay sempre a Providencia. Queste migrazioni lasciarono il posto a nuovi abitanti che al loro arrivo si innestarono sul territorio avviando nuove forma di commistioni etniche tali da promuovere una caratterizzazione sociale che in seguito ha permesso l’identificazione del Barrio quale area pittoresca. Fu un momento di cambiamento profondo nella struttura sociale e architettonica del quartiere. Infatti, in seguito alla migrazione dell’alta società cilena,«..il barrio fu abitato dalla classe media e da famiglie con risorse limitate, originarie di circa 65 città»8 che modificavano la fisionomia del quartiere nel riflesso di una ricchezza urbana ancora più diversificata. Verso 1950 il Barrio Yungay era un mondo a parte nella vita urbana delle masse. La sua fisionomia provinciale e i legami comunitari erano strani in una città come Santiago e, mentre in altri quartieri il Carnevale scomparve, a Yungay si continuò a celebrare ogni 20 gennaio a ricordo della sua fondazione. In seguito a tali gravi stravolgimenti nel tessuto sociale e urbanistico del quartiere, il barrio fece registrare un periodo di declino e abbandono. Per un nuovo momento di splendore si dovranno attendere gli anni ‘90 quando l’insediamento di uffici, attività commerciali e turistiche, università e, soprattutto, installazioni artistiche locali e museali, determinarono un nuovo boom del quartiere. Da quel momento si è dato spazio ad attività culturali, è stata curata la costruzione di campi da gioco e la piazza principale, piazza Yungay, è stata ristrutturata e migliorata. Nell’analisi di questa altalenante fortuna del barrio, non bisogna dimenticare l’elemento geografico del territorio. Santiago nasce su punto di convergenza di due placche tettoniche ed è, da sempre, soggetta a forti sismi. Innumerevoli i terremoti e i disastri ambientali fatti registrare nell’area determinati principalmente dalle caratteristiche costruttive e dai materiali utilizzati per la realizzazzione degli edifici dell’area. Tra i tanti terremoti registrati in città, uno dei più gravi fu quello che colpì il territorio nel 1985 e che influenzò la fisionomia del quartiere. Nonostante le scosse fecero registrare il danneggiamento e il crollo di molti edifici già fatiscenti per la mancanza di manutenzione, gli abitanti del Barrio non si arresero e cercarono soluzioni al problema abitativo unitamente ad un processo di ristrutturazione urbana ma anche di salvaguardia e tutela dell’identità del quartiere. Per mezzo di interventi pubblici finalizzati alla ripopolazione dell’area, dall’anno 1990 si pose in essere un processo partecipativo di ricezione urbana con rivitalizzazione della funzione residenziale, regolamentazione delle attività commerciali e razionalizzazione dei trasposti. Nell’intervento di recupero si distinsero due tappe, una iniziale sviluppata con una scala
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Edificio tipico del Barrio Yungay
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http://www.plataformaurbana.cl/archive/2011/07/06/barrio-yungay-y-valora-
cion-comunitaria-del-patrimonio/ 10
Bauman Z. , City of fears, City of Hopes, London, Goldsmith College, University of
London, 2003 11
http://www.elsitiodeyungay.cl/index.php/using-joomla/extensions/components/
content-component/article-categories/2196-a-5-anos-del-terremoto-en-barrio-yungay-la-reconstruccion-la-hacen-los-propios-vecinos
adattata all’edificazione di modeste dimensioni (4 o 5 piani) preesistente, e, solo posteriormente, con edifici superiori agli otto piani in rottura con il tessuto urbano originario. Solo in seguito si preferirono nuove tipologie di interventi per riabilitare gli immobili esistenti con soluzioni di restauro idonei finalizzati alla creazione di residenze tipo loft dall’altezza massima di 12 metri. Purtroppo la presenza dei terremoti è sempre stata costante nell’area e ha determinato ricorrenti restauri o ricostruzioni. Uno dei più tragici sismi fu quello registrato il 27 febbraio 2010 verificatosi al largo della costa del Maule con una magnitudo di 8,8 Mw. Il più forte terremoto che ha colpito il Cile dal 1960 la cui violenza ha permesso la liberazione di un’energia 1.000 volte maggiore rispetto al terremoto di Haiti dello stesso anno. Gli scienziati della NASA appurarono che la violenza del sisma determinò lo spostamento dell’asse di rotazione terrestre di 8 centimetri con conseguenze permanenti per l’intero globo. Il Barrio Yungay fu profondamente colpito dall’evento calamitoso e reagì in maniera esemplare alla tragedia. Infatti la sua organizzazione fu un esempio nazionale di come affrontare la catastrofe. In poche ore fu strutturata una Brigata Patrimoniale di emergenza che riuscì a raccogliere immediatamente circa 1.000 volontari che si adoperarono per proteggere e raccogliere informazioni sullo stato di salute dei concittadini e per recuperare il patrimonio architettonico del quartiere nonché 50 professionisti per procedere con la valutazione tecnica e la messa in sicurezza degli edifici storici non crollati con il sisma. Su un totale di 450 proprietà valutate, 90 presentavano gravi danni. «Il danno in molti settori era considerevole, data la materialità delle case, che erano per lo più costruite in mattoni»9. La collaborazione con le autorità e i professionisti del settore garantì la ricerca e la pianificazione di nuovi piani di ricostruzione. La reazione solidale degli abitanti di Yungay e dei suoi stessi leader contribuì alla nascita e al consolidamento dell’identità di quartiere. In tal senso «la combinazione tra le spinte alla globalizzazione e una ricerca di identità, orientata in senso territoriale, che mette in moto e guida lo sviluppo strutturale della città, si riflette nei desideri e nelle aspettative, manifestamente contraddittori degli abitanti»10 che gradualmente imparano a sentirsi ed essere comunità, quella comunità che hanno rivendicato quale reale patrimonio da tutelare. Dalla storia della nascita e dello sviluppo del quartiere si possono facilmente comprendere le motivazioni che sottendono alla differenza rilevabile tra Yungay e altri quartieri storici di Santiago con vicende simili. «Educare a ripristinare»11 è la frase che mosse il prezioso lavoro comunitario post-terremoto. Infatti, mentre altre zone tipiche della città sono state trasformate radicalmente e distrutte come entità storiche e civiche, Barryo Yungay e i suoi residenti, negli ultimi decenni, hanno incoraggiato l’organizzazione di un comitato di quartiere legalmente riconosciuto che operasse per 33
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Protesta a sostegno degli edifici da tutelare del Barrio Yungay
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http://www.monumentos.cl/acerca/historia Decreto con toma de razón N° 0043 SANTIAGO – 19/02/2009
la promozione e lo sviluppo locale e assicurasse il riconoscimento al quartiere e la protezione idonea in qualità di monumento nazionale da parte del maggiore ente presente in Cile a tutela del patrimonio culturale: il Consiglio Nazionale per i Monumenti. Il Consiglio dei monumenti nazionali nacque con il decreto legge n. 651 del 17 ottobre del 1925. Tuttavia fino al 1970, il lavoro del CMN è stato circoscritto a interventi su edifici storici, monumenti pubblici, scavi archeologici e musei. Solo nel 1994 l’Istituzione ha iniziato a consolidarsi con la creazione del suo Segretariato esecutivo e, anni dopo, con l’identificazione di una sede istituzionale. Oggi «il Consiglio dei Monumenti Nazionali cerca di unire le forze con la comunità e con altre entità, al fine di ottimizzare l’uso delle risorse e collocare il patrimonio monumentale come una delle basi dello sviluppo armonioso della … società nonché garantire l’integrità di ciascuna identità culturale legata a beni materiali e immateriali nazionali»12. L’intervento e la richiesta della comunità di Yungay si innesta in questo tessuto sociale e mira al riconoscimento e alla tutela della propria identità. L’obiettivo di questa lunga azione legale è stato raggiunto solo nel 2009 grazie alla guida e all’instancabile attività dello storico, nonché assessore del comune, Rosario Carvajal. La lotta posta in campo, in risposta al tentativo del comune di modificare il Piano urbanistico comunale nel settore del Parco Portales, mirava al blocco della costruzione di edifici alti che istituivano un modello di città e di ambienti urbani in cui la comunità non avrebbe alcun diritto di intervento. Fondate le motivazioni storiche e sociali della risoluzione espressamente dichiarate nel Decreto con cui si sancisce l’identità e il diritto di tutela del quartiere e della sua popolazione. «…el sector que se protege se distingue por ser el primer barrio republicano de la ciudad. Su fundación genera una estructura urbana-arquitectónica homogénea y continua, con gran riqueza de tipologías constructivas, estilísticas y de espacio urbano» 13. Il risultato raggiunto come obiettivo guidato dal basso da parte del popolo e il successo della richiesta di riconoscimento di area urbana caratteristica è da ascrivere alla determinazione e al coraggio di tutta la comunità che si è mossa a difesa e promozione di un’identità civica che doveva e tuttora deve essere percepita e valorizzata nella qualità di patrimonio culturale alla stregua di qualunque altra presenza o bene culturale materiale e immateriale. L’intervento guidato da un gruppo di cittadini definiti Gli abitanti per la difesa di Barrio Yungay ha presentato uno Studio del patrimonio architettonico di Santiago Poniente supportato da 2.577 firme di proprietari e inquilini del quartiere unitamente a 72 istituzioni. L’approvazione della richiesta ha favorito, pochi anni dopo, la nascita della Corporazione Culturale del Barrio Yungay, categoria costituita da imprenditori culturali, gastronomici e di servizi del settore che intendono ulteriormente «sostenere e promuo-
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Peluqueria Francesa
http://barrioyungay.cl/ Decreto con toma de razón N° 0043 SANTIAGO – 19/02/2009 16 http://www.comunidadesdelpatrimonio.cl/ 14
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vere lo sviluppo sostenibile di progetti il cui asse strutturale è la creazione di valore nel territorio, aggiunto al benessere degli abitanti e delle comunità di Yungay»14. L’ottenimento da parte di Yungay del riconoscimento quale Monumento nacional en la categoria de zona tipica o pintoresca con Decreto Supremo n. 43 del 19/02/2009 da parte del Ministero dell’Educazione, Divisione Giuridica del Governo del Cile da parte della comunità di Yungay ha favorito, in altre zone della città e del paese, il risveglio del senso comunitario di appartenenza e del diritto di tutela e autotutela dell’identità sopito da tempo. Il Barrio dunque si presenta come fortemente rappresentativo del popolo cileno e del paese tutto. Sia da un punto di vista urbanistico che architettonico e culturale, l’originalità del quartiere affonda le radici nella storia e si rivela così in modo indiscusso quale emblema civico comunitario. La commistione sociale ha permeato la struttura del Barrio Yungay diventando uno dei parametri per la definizione dell’identità del quartiere basata su alti livelli di inclusione e un presupposto per la richiesta del riconoscimento della natura di Monumento Nazionale. «… Este nuevo sector habitacional se pobló con habitantes de diferentes estratos sociales. Por una parte, un estrato alto, especialmente, en el Barrio Brasil confirmando por mineros enriquecidos con la explotación del mineral de Chañarcillo y por intelectuales como Philippi, Domeyko, Gay y Eusebio Lillo y sectores medios y bajos entre quienes existían artesanos, zapateros, ebanistas, lavanderas, cocineros, cocheros, herradores, mozos, etc. hacia el Barrio Yungay. Esta constitución social de barrio heterogeneo es un referente de la sociedad chilena, un parámetro formal de cómo hacer ciudad con incidencia en la forma de expansión de la ciudad de la época»15. La gestione autonoma del quartiere e il coordinamento con gli uffici centralizzati del Consiglio dei Monumenti Nazionali ha dato origine a dialettiche mai sopite e a tentativi di riduzione e contenimento delle libertà centrifughe. La tendenza attuale del governo cileno si muove verso un accentramento del controllo periferico. D’altro canto la conquista di determinate libertà locali non può essere del tutto annullata o disinnescata.«Il progetto di legge sul patrimonio culturale, conferma e corregge una domanda pubblica dal 2009, con la creazione dell’Associazione Cilena dei Quartieri e delle Aree di Patrimonio, che è stata sollevata nelle successive riunioni con le autorità all’interno della Commissione Cultura della Camera dei Deputati durante congressi nazionali, incontri e seminari comunali e internazionali. L’inserimento di rappresentanti delle Associazioni di Quartiere e del Patrimonio eletti democraticamente, inseriti liberamente nei registri delle aree del Consiglio dei Monumenti Nazionali»16 senza essere stati scelti dal basso, sollecita il risveglio di tensioni e paure destabilizzanti all’interno della comunità. E’ il differente punto di vista che determina il confronto e il braccio di ferro tra 35
http://www.elsitiodeyungay.cl/index.php/using-joomla/extensions/components/ content-component/article-categories/2200-democracia-y-participacion-ciudadana-para-una-nueva-institucionalidad 18 https://www.thisischile.cl/barrio-yungay-cultura-e-historia-en-medio-de-la-moder17
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nidad/
autorità centrale e poteri locali: per il governo nazionale l’interesse del paese è da considerarsi al di sopra di tutto; per le comunità locali, la vera ricchezza non è nei beni materiali ma nella presenza della collettività responsabile e consapevole. Il vero patrimonio cileno è la comunità. La generazione di un Programma di Comunità Cittadina di Santiago, mira alla promozione di una gestione congiunta dei territori che punti al superamento delle diffidenze campanilistiche e al miglioramento della comunicazione tra i cittadini protagonisti del proprio territorio. La vision punta a riscoprire un senso di comunità che garantisca e faciliti i processi di cambiamento culturale e politico e potenzi in tal modo la comunità nazionale intera. E’ necessaria la reale e condivisa partecipazione del popolo alla gestione politica, c’è bisogno della sovranità dei cittadini per decidere realmente circa i propri destini. «La negazione di un processo di partecipazione dei cittadini a un progetto di creazione di nuova istituzionalità, indebolisce la democrazia e viola i diritti culturali dei cittadini. Oggi la società si esprime in migliaia di persone e organizzazioni interessate alla creazione e alla conservazione, che richiedono veri e propri processi di partecipazione. La situazione attuale contraddice tutti gli accordi e i trattati internazionali che il paese ha sottoscritto in materia culturale. Il Cile fa parte del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, un trattato multilaterale adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che riconosce i diritti economici, sociali e culturali e stabilisce meccanismi per la sua protezione e garanzia. Il patto fa parte della carta internazionale dei diritti dell’uomo, unitamente alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e al Patto internazionale sui diritti civili e politici. Questo patto impegna le parti a lavorare per la concessione dei diritti economici, sociali e culturali delle persone, compresi i diritti del lavoro e i diritti alla salute, all’istruzione e a un tenore di vita adeguato»17. Così è chiaramente espresso nel Manifesto per il patrimonio e la cultura popolare. Democrazia e partecipazione dei cittadini per una nuova istituzionalità. «Oggigiorno, Barrio Yungay è un luogo turistico che ha molto da offrire: oltre ad essere un riflesso della cultura e del passare del tempo nelle sue costruzioni e nell’ambiente»18. E’ un quartiere residenziale tradizionale, che mostra la sua identità rispetto all’avanzata della modernità rilevabile in altri quartieri della capitale pur rimanendo in contatto con la parte avveniristica della città. La miscela di elementi presentati da famiglie differenti riguarda le origini e lo stato socioeconomico ma non compromette la possibilità di convivenza e i livelli di inclusione e integrazione civica che caratterizzano il quartiere. Il principale punto di riferimento è sempre la piazza centrale, dove ancora oggi campeggia il monumento del Roto Cileno. Da un punto di vista architettonico i distretti di Yungay, Brasil e Concha y Toro fanno
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Punti di interesse culturale nel Barrio Yungay
http://www.plataformaurbana.cl/archive/2011/07/06/barrio-yungay-y-valoracion-comunitaria-del-patrimonio/ 22 https://www.bibliotecaspublicas.gob.cl/sitio/ 19, 20, 21
registrare elementi strutturali simili ma si distinguono anche come unità identitarie diversificate. Nel caso di Yungay, l’analisi degli edifici abitativi fa registrare «sette tipi di abitazioni, dalla casa del datore di lavoro, situata in un grande parco, alle cosiddette città e abitazioni collettive e cortili a più piani […] cinque tipi di stili architettonici: repubblicano, classicismo popolare, classicismo, eclettismo e movimento moderno. Inoltre, la fisionomia del quartiere si distingue per avere patii interni nelle case, diverse masse vegetali nelle diverse vie e diverse forme di spazi pubblici»19. La principale caratteristica urbana è la continuità dell’edificato e l’omogeneità delle altezze, giacché dalla sua origine a oggi è esistito uno sviluppo pianificato dell’area. Infatti dal momento che in «termini architettonici, ogni distretto dichiarato patrimonio deve conservare altezze, stili e disposizioni spaziali armoniosi»20, l’omogeneità del costruito nell’area è garantita dall’altezza comune, limitata a 2 o 3 piani, e dalle facciate continue regolate da una simmetrica scansione ritmica nella distribuzione di finestre e porte. Regolari anche i tracciati delle vie pedonali e della rete stradale. Nonostante la successiva costruzione in altezza progettata sin dal 2000, la fisionomia urbanistica della città non ha subito stravolgimenti e non fatto registrare «distorsioni nell’immagine complessiva del quartiere»21. Il destino del distretto di Yungay è stato sempre fortemente interrelato e sottoposto a influenze esterne. Il periodo di declino e abbandono è oggi un ricordo e i due distretti, Yungay e Brasil, culle di famiglie importanti e personaggi dell’intellighenzia cilena del XIX e XX secolo, rappresentano un riferimento patrimoniale della storia, dell’architettura e della cultura della città di Santiago e del Cile. La presenza sul territorio del barrio di ben cinque musei, un centro culturale, un planetario, una biblioteca e un bibliometro definisce l’importanza rivestita dal quartiere all’interno del sistema urbanistico e culturale della città. Tale concentrazione promuove il quartiere quale polo d’attrazione per moltissimi eventi nazionali e internazionali favorendo visibilità di alto livello culturale al paese intero qui rappresentato. La mission di ciascuna delle strutture presenti nel territorio definisce gli obiettivi che ogni centro individualmente intende raggiungere per la promozione culturale e identitaria della comunità tutta. In relazione a ciò, importanza primaria rivestono la Biblioteca nazionale e il Bibliometro ubicati rispettivamente nella parte centrale e nella zona nord del barrio. Secondo la definizione espressa dall’Unesco, ogni biblioteca pubblica mira a «contribuire allo sviluppo integrale dei membri di una data comunità e della propria identità, con la partecipazione della comunità, fungendo da ponte tra la cultura accumulata e il libero accesso di detta comunità all’informazione, conoscenza e ricreazione»22. La biblioteca si pone cioè quale polo formativo e centro per la raccolta, conservazione e condivisione del patrimonio culturale comunitario, volano per la ricerca e la crea37
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http://www.bibliometro.cl/bibliometro/historia.html http://www.santiagocapital.cl
tività, luogo di incontro, confronto democratico e libera partecipazione al dinamico processo di sviluppo sociale. Nel libero accesso alla cultura vengono poste le basi per una possibile riduzione del gap esistente tra ricchi e poveri, la promozione di eque opportunità destinate ai differenti strati sociali e la promozione di azioni comunitarie. Se la biblioteca è un agente importante nel processo di apprendimento permanente della popolazione, la ricerca di modalità e strategie innovative per il raggiungimento di tali finalità costringe le istituzioni a un perenne cambiamento nei processi di lavoro e nella scelta degli strumenti da adottare. Tra queste innovazioni, importanza riveste il progetto che porta la cultura su tutti i mezzi di trasporto cittadini (bus, metro e taxi), idea lanciata per la prima volta proprio in Cile e poi estesa in molti altri paesi del Sud America. Il programma Bibliometro è nato nel 1995 a Santiago in seguito ad un protocollo d’intesa tra DIBAM (Direzione delle biblioteche, archivi e musei) e la Metro di Santiago per promuovere la lettura grazie all’implementazione di punti di prestito dei libri nelle stazioni della metropolitana al fine di consentire l’accesso alla cultura al più ampio e democraticamente diversificato numero di persone. Alla fine del secolo scorso «era molto evidente e certamente preoccupante la mancanza di opportunità per la comunità di accesso alla lettura, così la Direzione delle biblioteche Archivi e musei (DIBAM), iniziò ad attuare diverse iniziative innovative che avrebbero avvicinato il libro alle persone [...] i punti di prestito presentano una linea architettonica attraente, facilmente riconoscibile e con una certa somiglianza con i vagoni della metropolitana […] Ogni Bibliometro […] all’inizio è stato concepito come un servizio che avrebbe funzionato in una rete [...] grazie all’incorporazione di un software che consente il prestito automatizzato di libri e, in generale, facilita l’amministrazione di tutti i processi di libreria»23. All’interno di Yungay, nel quadrante di nord ovest del barrio si estende il Parco urbano di Quinta Normal. Il parco è delimitato da Matucana Avenue a est, Portales Avenue a sud e Santo Domingo Street a nord. Il Parco Portales fu fondato nel 1842 e nel 1875 fu sede dell’Esposizione Internazionale cilena. Ha circa 40 ettari di estensione ed è classificato come Santuario della Natura dal 1976. Solitamente teatro di eventi e attività culturali, rappresenta un’emblematica area verde della città e uno dei parchi più belli del mondo. In origine era nato come campo di sperimentazione agricola con l’obiettivo di impiantare delle serre per la coltivazione di specie vegetali straniere, trasformatosi poi in un punto di incontro delle famiglie capitaliste più benestanti. «Con l’esodo dell’élite nel settore orientale della città, il parco di Quinta Normal divenne un polo di intrattenimento popolare»24. Il Parco oggi è sede di numerosi musei, tra cui il Museo Nazionale cileno di storia naturale al cui interno sono custoditi manufatti appartenuti alle antiche popola-
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Luoghi di memoria
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https://www.m100.cl/
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https://www.museodelaeducacion.gob.cl/
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http://barrioyungay.cl/
zioni indigene nonché i più importanti reperti del ricco patrimonio culturale cileno e sudamericano. Accanto ad esso, il MAC (Museo di Arte Contemporanea) che, in collegamento con l’Università del Cile, accoglie la pluralità delle tendenze culturali e promuove riflessioni e confronti su tutti gli ambiti della conoscenza umana. La mission riguarda l’esplorazione di nuove opzioni creative con l’obiettivo di promuovere l’impegno sociale orientato ad una sintonizzazione con una realtà urbana e culturale in perenne cambiamento. Medesimo obiettivo si prefigge anche il Centro Culturale Matucana 100 unitamente alla promozione di forme di osservazione critica del presente e di analisi di linee di programmazione artistica. Il Centro organizza «diverse azioni progettate con la convinzione che l’arte canalizza le espressioni, apre spazi per il dialogo, allo stesso tempo costruisce e consolida nuovi campi di conoscenza»24. Sempre nello stesso quartiere è ubicato il Museo dell’educazione Gabriela Mistral (MEGM), un’istituzione statale specializzata nella storia dell’istruzione in Cile. Creato nel 1941 con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulla storia dell’educazione nazionale pubblica e privata, raccoglie gli elementi che permettono di comprenderne lo sviluppo. Il museo subì purtroppo gravi danni strutturali in seguito al terremoto del 1985. «Il disastro naturale, aggiunto alla mancanza di impegno per la cultura e l’istruzione durante la dittatura civile-militare, ha mantenuto questa situazione fino al 2000»25. Il museo è stato riaperto l’8 marzo 2006, sotto il nome di Gabriela Mistral Education Museum; il nuovo nome ricorda il primo premio Nobel per la letteratura in Cile e in America Latina ed è stato scelto con l’intento di valutare l’eredità dell’intellettuale come insegnante e teorico dell’educazione nella rappresentazione delle diverse pratiche sociali che fanno parte della storia dell’educazione cilena e della comunità con cui convive. L’ultimo museo pianificato, progettato e costruito a Yungay è forse il più importante per la storia passata, presente e futura non solo di Santiago ma del paese intero: il Museo della Memoria e dei Diritti umani. «Il Museo della memoria e dei diritti umani è uno spazio progettato per dare visibilità alle violazioni dei diritti umani commesse dallo Stato del Cile tra il 1973 e il 1990, per nobilitare le vittime e le loro famiglie e per stimolare la riflessione e il dibattito su importanza, rispetto e tolleranza»26. Aperto al pubblico il 12 gennaio 2010, il Museo della Memoria e dei Diritti Umani è stato concepito come un luogo in cui la terribile esperienza della dittatura poteva essere sottratta all’oblio e salvata attraverso una visione del passato testimoniata da documenti, foto, registrazioni, oggetti qui raccolti. Al centro di tutto, ieri oggi e sempre, la questione dei diritti umani.
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Iconografia 1 http://repositorio.uchile.cl/bitstream/handle/2250/141198/Politicas-y-luchas-por-la-vivienda-en-chile-el-camino-neoliberal.pdf?sequence=1&isAllowed=y 2 Elaborato realizzado da Francesca Lauretta 3 https://www.traiguennoticias.cl/2019/01/30/corrida-del-roto-chileno/ 4 https://www.espaciosrevelados.cl/en/portfolio_page/plaza-yungay-2/ 5 http://www.plataformaurbana.cl/archive/2011/07/06/barrio-yungay-y-valoracion-comunitaria-del-patrimonio/01barrios_yungay1/ 6 https://radiojgm.uchile.cl/organizaciones-del-barrio-yungay-y-suarez-mujica-exigen-la-proteccion-del-patrimonio/ 7 http://www.plataformaurbana.cl/archive/2011/07/06/barrio-yungay-y-valoracion-comunitaria-del-patrimonio/06barrios_yungay/ 8 http://www.plataformaurbana.cl/archive/2017/03/16/vuelve-el-circuito-cultura-santiago-poniente-gratis-18-de-marzo/mapa_circuito-01-1/ 9 Ortiz M. L., Gonzalez J. B., Sitios de memoria, Barrio Yungay, Santiago, 2015
MUSEO DELLA MEMORIA E DEI DIRITTI UMANI Non c’è domani senza ieri
http://www.rivistamissioniconsolata.it/2014/06/01/il-peso-della-memoria/ https://malba.org.ar/luis-camnitzer-el-museo-es-una-escuela/ 4 http://www.antennedipace.org/nuovo/aree-di-intervento/americhe/cile/ item/258-indagare-nei-ricordi-museo-della-memoria-e-dei-diritti-umani 2 3
«El museo es una escuela: el artista aprende a comunicarse, el público aprende a hacer conexiones»1. Il Guggheneim di New York, il Museo Reina Sofia di Madrid, il Malba di Buenos Aires e molti altri in tutto il mondo fanno dell’idea di Luis Camnitzer una filosofia di vita. L’installazione riprodotta a caratteri cubitali, su una parete di cemento, nei pressi dell’entrata del Museo della Memoria e dei Diritti umani di Santiago del Cile ha purtroppo una connotazione plurima: culturale, politica, sociale, nazionale. «Una frase apparentemente banale ma certamente vera. Al di là delle possibili, differenti visioni della storia (non soltanto cilena), mettere in luce le sofferenze e le miserie umane, le vittime e i carnefici non è mai un esercizio inutile»2. Tra le strutture testimoni di quella verità ancora visibili nella capitale e, da sud a nord, in tutto il paese, il Museo della Memoria e dei Diritti Umani di Santiago incarna un’ipotesi progettuale di riparazione morale dedicata a tutte le vittime della dittatura. Una proposta di riflessione che trascende ciò che è accaduto nel passato e che serve alle nuove generazioni per costruire un futuro migliore di rispetto illimitato per la vita e la dignità nonché per contribuire allo sviluppo della cultura dei diritti umani e dei valori democratici. Un’opera con cui il Cile intende abbattere i muri della negazione e dell’occultamento, per costruire il proprio futuro senza dimenticare il passato perché solo promuovendo il passato a fondamento etico condiviso di tutta la società si affronteranno anche questioni contingenti come la violenza, la discriminazione e, tra gli altri, i diritti violati delle popolazioni indigene Cilene. L’obiettivo è lo sviluppo di una formazione mediata che attraverso differenti canali di comunicazione punti al potenziamento di una responsabilità civile, promuova consapevolezza sociale e influenzi il cambiamento. Un processo informativo e formativo che permei il lavoro di architetti, progettisti,
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11 Settembre 1973, attacco al Palacio de la Moneda
Discurso de S.E. la Presidenta de la República, Michelle Bachelet, en inauguración del Museo de la Memoria y de los derechos humanos 5 quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP 6 https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/01/il-cile-tra-memoria-e-futuro/84451/ 4
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https://ww3.museodelamemoria.cl/exposicion-permanente
fotografi e tanti altri artisti trasformandolo in azione sociale, politica, istituzionale. «Si tratta di minimizzare l’impronta dell’ego e di accentuare la funzione pedagogica [...] costringere le istituzioni a smettere di funzionare come mausolei eretti in onore di alcuni individui o di una classe sociale, e […] stipulare un contratto sociale che ridistribuisca il potere [...] il pubblico sa quali diritti ha e […] fa pressione sulle istituzioni per cambiarle o, se queste non cambiano, saranno almeno esposte alla loro ipocrisia»3. Il Museo della Memoria e dei Diritti Umani di Yungay è un luogo sospeso tra passato e futuro dentro la città di Santiago in cui non si ha paura di ricordare e si tenta di recuperare una memoria storica e legislativa, un luogo dove si ricerca «un modo per fare memoria e costruire un cammino verso una scelta, nell’attesa del giorno in cui il processo storico di riconciliazione sarà sostenuto da una volontà politica e sociale»4, con l’augurio fermo che possa giungere il momento in cui tutti i Cileni osino affermare Nunca Más, mai più, e rendano la dignità degli esseri umani il vero fondamento condiviso di un paese per tutti. Lapidarie le parole del presidente Cileno Michelle Bachelet, vittima anch’essa di torture durante la dittatura di Pinochet, alla cerimonia di inaugurazione del museo. «Fortunatamente, il ricordo del Cile è molto più lungo e ricco di quello della tragedia che ricordiamo in questo museo. Ma quella tragedia è anche una dimensione ineludibile della nostra memoria come paese. Una dimensione che dovrebbe farci riflettere su ciò che accade quando la democrazia e lo stato di diritto vengono distrutti. Una dimensione che ci invita a sentire che il presente e il futuro sono responsabilità di tutti [...] Non possiamo cambiare il nostro passato. Non ci resta che imparare da quello che è successo. Questa è la nostra responsabilità e la nostra sfida»4. Le storie di chi ha pagato con la propria vita, sono tutte raccontate sulle pareti del Museo di Quinta Normal. Il luogo «rifletterà i vissuti delle vittime, però trascenderà le esperienze individuali per interpretare tutto il paese»5. Il museo diventa qui dunque uno spazio urbano ideale per la città di Santiago e la cristallizzazione del percorso e dello sviluppo sociale, politico, economico e culturale di tutto il popolo cileno. Una struttura che simbolicamente diventa segno potente, quasi un non-luogo in ‘un paese diviso a metà’ in cui ancora forte e radicale è la giustapposizione tra poveri e ricchi, tra destra e sinistra, tra violenti e violati, un paese dove ancora oggi «i processi per i crimini commessi durante il regime militare sono stati comunque molto pochi»6. Tangibili in queste sale il dolore, le aspettative, la dignità, il disincanto, la sofferenza; qui il buio, la speranza, la fuga, l’esilio, il ritorno; qui la fede, la comunione, il tradimento; qui la resistenza, gli scontri, la lotta, per la vita e per la morte. Purtroppo non si può parlare del Cile senza conoscerne le ferite, non si può visitare
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Estadio Nacional durante il periodo della dittatura
8 https://democracities.wordpress.com/2013/09/11/11th-september-1973-bombing-la-moneda-and-the-symbolic-destruction-of-democracy-in-chile/ 9 Politzer P., Miedo en Chile, Ediciones Chile y America, Santiago 1985
Santiago senza onorare chi per il paese e la sua libertà scelse il sacrificio, la resistenza, la fine. La propria fine per la speranza in un nuovo inizio. Di vita e di libertà. Martedì 11 settembre 1973: una pietra miliare nella storia del paese Sud Americano, una data in cui le vite di migliaia di cileni sono cambiate per sempre. «L’istituzionalità è infranta e viene dichiarata la fine dello stato di diritto. L’occupazione militare lascia il posto alla creazione del consiglio di amministrazione che, dopo la chiusura del Congresso nazionale, esercita l’autorità assoluta nel paese»7. Francisco Vergara Perucich, a proposito del colpo di stato e del bombardamento del palazzo presidenziale, annota in Democracities «Questo palazzo, considerato il simbolo dell’indipendenza nazionale e della tradizione democratica, una concreta espressione del progresso sociale, fu completamente bruciato e distrutto dalle stesse forze militari che avevano giurato lealtà alla nazione e alla sua costituzione. Immaginate due F-16 che bombardano la Casa Bianca, o due Typhoon che bombardano Buckingham Palace […] Una scena davvero difficile da credere. Questo attacco fu il segno della fine dell’era repubblicana e democratica»8. Quel giorno fu il generale Augusto Pinochet, capo delle Forza Armate Cilene e alla guida dell’esercito che cinse d’assedio La Moneda, ad ordinare il bombardamento del palazzo presidenziale dove si trovava il presidente Salvador Allende morto suicida dopo un ultimo ed estremo discorso al popolo. Nelle parole rivolte alla nazione e soprattutto a quella frangia che lo aveva eletto tre anni prima, Allende incita tutti a non perdere la speranza in un ritorno della democrazia dopo il buio della violenza. Da quella sera, dato alle fiamme il palazzo presidenziale, l’esercito golpista tenne saldo il potere per i successivi 17 anni. Tutti gli oppositori vennero via via arrestati, rinchiusi e torturati in strutture ancora esistenti nella capitale e in altri luoghi del paese. Tra queste, lo stadio nazionale che fu trasformato in un grande carcere a cielo aperto. Una massiccia e capillare politica di repressione seminò paura esercitando un controllo della cittadinanza attraverso il terrore. Da quel giorno un’intera generazione cilena fu condannata al dolore, alla fuga, alla brutalità, alla giustizia sommaria. La violenza interna andò oltre i confini e produsse un enorme impatto generando condanne nei confronti dei carnefici e solidarietà internazionale verso il popolo oppresso. I numeri dichiarati parlano di ben oltre 40mila vittime di esecuzioni, persecuzioni, esili, torture, sparizioni, prigionie. Le agenzie di sicurezza e i servizi segreti fedeli al governo di Pinochet (DINA, CNI, Joint Command, Dicomcar) garantirono sorveglianza permanente, coprifuoco per le strade della città, compilazione di liste nere e forte azione di censura. Migliaia di simpatizzanti per il governo socialista rovesciato furono costretti a ricorrere all’esilio volontario. Anche l’Italia, che aveva guardato con curiosità e attesa all’esperimento socialista di Allende, reagì e si attivò offrendo accoglienza a circa 20mila richiedenti asilo. «All’inizio delle proteste di massa […] la maggio43
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Museo de la Memoria y de los Derechos Humanos
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Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobierno de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010
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ranza del paese è vissuta con la dittatura sopra e dentro. E’ vissuta in dittatura. Che non è soltanto un regime politico autoritario. E’ anche una serie di meccanismi che regolano la vita quotidiana, ricorrendo all’instaurazione, senza limite alcuno, delle leggi di mercato e all’uso indiscriminato, senza criteri chiari stabiliti in precedenza, della repressione […] Questo è stato l’impatto del colpo di stato militare del 1973»9. Privati della libertà di azione, di parola e di pensiero, migliaia di cittadini in quegli anni furono vittime di persecuzione sia a Santiago che in altre parti del mondo. Esiliati, torturati, giustiziati o semplicemente fatti sparire: durante la dittatura, migliaia di Cileni subirono la stessa sorte per mano di organizzazioni repressive sia nazionali che internazionali. Operazione Condor e Operazione Colombo furono i nomi di complesse e oscure manovre di politica estera lanciate dagli U.S.A. nei confronti di alcuni paesi del Sud America volte ad impedire l’instaurarsi di governi di sinistra nei paesi latinoamericani e reprimere, tramite campagne punitive, le forze d’opposizione ai governi filo-statunitensi. Il piano si sviluppò tra l’inizio degli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta e riguardò soprattutto Cile, Argentina, Bolivia, Brasile, Perù, Paraguay e Uruguay. Il Cile fece registrare alti livelli di connivenza tra l’ala estremista governativa di Pinochet e la Casa Bianca di Nixon nonché gli uffici della presidenza statunitensi diretti allora da Kissinger. Coinvolti in questi accordi segreti internazionali anche i governi nazionali dell’Argentina, dell’Uruguay, Paraguay, Bolivia, Brasile nonché Colombia, Perù e Venezuela. Le procedure per mettere in atto questi piani furono di volta in volta diverse ma utilizzarono il ricorso sistematico alla tortura e all’epurazione degli oppositori politici. Solo nel 1992 gli archivi del terrore contenenti i dettagli sulla sorte di migliaia di oppositori sudamericani rapiti, torturati o assassinati videro la luce grazie alla ricerca e all’ostinazione di José Augustín Fernández, giudice paraguaiano che rese pubblici i numeri del terrore: gli archivi ritenuti fonti attendibili di quello che può essere definito solo come sterminio contavano 50.000 persone assassinate, 30.000 scomparse (desaparecidos) e 400.000 incarcerate. In seguito la lettura degli incartamenti relativi ai contatti e alla complicità tra la Casa Bianca e i governi dei paesi dell’America Latina e la pubblicazione dei documenti desecretati a partire già dagli ultimi mesi del secolo scorso, ha definitivamente chiarito le posizioni, le azioni e le responsabilità di ciascun attore coinvolto nelle diverse operazioni. Dopo la fine della dittatura e il ripristino della democrazia, è stata percepita «la necessità di recuperare una storia di luci e ombre, di allegria e dolore»10. Il paese ha così intrapreso un percorso di ricerca della verità attraverso la costituzione di comitati investigativi al fine di «riconoscere e riparare le vittime, fare giustizia e costruire il ricordo di ciò che è accaduto, […] imparare le lezioni di questa dolorosa
http://uir.ulster.ac.uk/33310/2/Valech%20TJ%20rep%20paper%20FINAL%20 FINAL%20dec%202015.pdf 13 Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobier12
no de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010
esperienza»11 e rivendicare con forza il diritto nonché la responsabilità di ricostruire il relato storico con l’innesto di voci multiple. L’origine dell’idea di costruire un luogo dedicato alla memoria si trova già nelle raccomandazioni della Commissione Verità e Riconciliazione, il Rettig Report, del febbraio del 1991. Il rapporto fu sottoscritto da una commissione designata dall’allora presidente Patricio Aylwin (proveniente dalla Concertación, la coalizione di centro-sinistra che pose fine nel 1990 alla dittatura in Cile) e da altri sette commissari provenienti da diverse affiliazioni: tre gregari di Pinochet, due esiliati dal governo del dittatore e Raúl Rettig, ambasciatore ai tempi di Allende. Il rapporto registrava le violazioni dei diritti umani negli anni della dittatura e si poneva attivamente a supporto delle politiche favorevoli alla costruzione di memoriali nazionali. Nel 2004 fu la volta della Commissione Valech, dal nome di Monsignor Sergio Valech chiamato a presiedere la Commissione nazionale sulla prigionia politica e la tortura per colmare le lacune lasciate dalla Commissione Rettig. La commissione presentò una relazione supplementare che documentava 28.459 casi di detenzione illegale nella maggior parte dei quali i detenuti erano stati torturati, le persone morte o scomparse 3.065, le vittime di abusi 40.018. «Il documento illustra la politica della contestazione riguardo ai crimini commessi durante il periodo della dittatura in America Latina, mostrando come e perché la commissione è stata progettata; al fine di presentare obblighi di verità e riparazioni nei confronti dei sopravvissuti alla repressione dello stato passato… Discute anche le implicazioni di associare la verità e le riparazioni in un singolo caso, e così facendo contribuisce al dibattito sui risultati potenzialmente contraddittori o controproducenti che possono derivare dal giogo unico delle funzioni di verità, giustizia e riparazione nella progettazione della politica di giustizia transizionale»12. La notizia della creazione di un Museo della Memoria era stata annunciata pubblicamente dal Presidente il 21 settembre 2006 presso la Biblioteca Nazionale, quando i parenti di Orlando Letelier avevano donato all’archivio nazionale, documenti, fotografie e oggetti dell’ex cancelliere assassinato dai servizi segreti cileni, su segnalazione della CIA, durante il suo esilio a Washington. Il 21 maggio 2007, nel suo intervento annuale al Congresso Nazionale, Michelle Bachelet, annuncia l’intenzione di procedere con la creazione a Santiago del Museo della Memoria e dei Diritti Umani. «Oltre a conservare documenti, fotografie, materiali audiovisivi e diversi oggetti, esporre e diffondere cataloghi ed elenchi, il museo promuoverà lo sviluppo di competenze per imparare a pensare, sentire e agire di fronte a situazioni in cui sono compromessi i diritti umani»13. Il giorno 11 giugno 2007 il Ministero dei Lavori Pubblici lancia un concorso nazionale e internazionale per la progettazione di un museo dedicato al ricordo delle vittime 47
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Museo de la Memoria e dei diritti umani, giorno dell’inaugurazione
della dittatura cui partecipano grandissimi studi di architettura cileni e stranieri. Il 28 agosto di quello stesso anno è annunciata la vittoria del lavoro presentato dal gruppo di architetti Brasiliani operanti nel team di Studio América di San Paolo. L’anno seguente viene indetto un concorso per l’assegnazione dell’impegno relativo all’allestimento museografico e all’organizzazione dei materiali delle fonti negli spazi dedicati. L’edificio inizia a essere costruito alla fine del 2008 in seguito all’aggiudicazione del bando di concorso da parte del team internazionale composto dagli architetti Mario Figueroa, Lucas Fehr e Carlos Dias. La posa della prima pietra avviene il 10 Dicembre per mano della presidente Bachelet che giustifica quella presenza culturale in città come Una profunda rebeldía ante la mentira, la violencia, la injusticia, la prepotencia y la falta de respeto a los derechos humanos (Una profonda ribellione contro menzogne, violenza, ingiustizia, arroganza e mancanza di rispetto per i diritti umani). La proposta progettuale di Studio América include anche la realizzazione del complesso posteriore che in realtà non verrà mai stato costruito. Il 16 giugno 2009, durante una cerimonia presieduta dal presidente al Palacio de la Moneda diviene ufficiale la donazione degli archivi e della documentazione raccolta dalla Casa della Memoria, testimonianze che oggi sono una parte fondamentale del vasto patrimonio materiale del museo. Il 22 agosto dello stesso anno, il ministro dei lavori pubblici, Sergio Bitar, procede al taglio del nastro e all’inaugurazione dei lavori per costruzione dell’edificio. Solo alcuni mesi dopo, esattamente il 23 novembre, il MOP (Ministero delle opere pubbliche) consegna l’edificio alla Fondazione per la raccolta di memorie e diritti umani. Già all’inizio di dicembre termina la costruzione dell’edificio e inizia l’attività di ricognizione e assemblaggio del materiale iconografico, filmico e di registrazione e la campionatura di fonti e testimonianze museografiche. Il 3 dicembre è nominato il Collegio direttivo del Museo, composto di rappresentanti provenienti da organizzazioni attive per la difesa dei diritti umani. Il 6 gennaio 2010 Romy Schmidt è nominato direttore esecutivo e rimane in carica fino a maggio 2011, quando è sostituito da Ricardo Brodsky e in seguito da Francisco Javier Estévez Valencia. Lunedì 11 gennaio 2010, a soli sei giorni dalla giornata che deciderà il futuro presidente Cileno, mentre i due candidati alle elezioni presidenziali, Piñera e Frei iniziano la settimana decisiva di campagna elettorale al grido dei rispettivi slogan sumate al cambio e no da lo mismo contendendosi gli elettori ancora indecisi, Michelle Bachelet, presidente uscente, sovrintende l’apertura ufficiale del progetto Bicentenario e inaugura il Museo de la Memoria y los Derechos Humanos. L’evento riunisce quasi tremila persone, tra cui rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani, rappresentanti del mondo politico e vittime della dittatura.
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Masterplan presentato per il concorso da Estudio America
Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobierno de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010 14, 15
La scelta di dedicare una struttura alla celebrazione della memoria Cilena è sentita in modo molto forte dalla cittadinanza che, sin dal primo mese di apertura, accorre in massa facendo registrare numeri di presenza veramente alti. Si parla di migliaia di visitatori che, nelle aspettative dei promotori, avrebbero dovuto coprire gli accessi di un anno intero. A distanza di 9 anni dalla sua apertura al pubblico, il Museo della Memoria e dei Diritti Umani accoglie circa 150.000 visitatori l’anno, cileni e stranieri. La struttura museale oggi dipende da una fondazione di diritto privato composta di rappresentanti del mondo accademico, rappresentanti di organizzazioni che si muovono per la difesa e la promozione dei diritti umani nonché una pluralità di presenze che garantiscono uno spazio di differente intervento all’interno dell’istituzione. I fondatori del museo sono la Mª Luisa Sepúlveda Edwards e la Mª Eugenia Rojas Baeza. Il suo direttorio è composto da accademici provenienti da università di tutto il paese che hanno centri per i diritti umani. È inoltre integrato da organizzazioni per la difesa e la promozione dei diritti umani in Cile, come il Vicario della Solidarietà, la Casa della Memoria e la Corporazione per la pace del parco Villa Grimaldi. Gli altri membri sono convocati a titolo personale, in seguito al loro impegno nei confronti dei diritti umani per sostenere la missione del museo. Il museo è situato nel Barrio Yungay, di fronte al Parco Quinta Normal all’angolo nord-ovest tra Catedral Street e Avenida Matucana ed è collegato al resto della città attraverso la stazione della metropolitana di Quinta Normal. «Il progetto Edificación pública – Quinta Normal sorge per la necessità di recuperare il lotto vuoto di 1.7 ettari ubicato nel lotto calle Matucana con Catedral, come risultato della paralizzazione della opera per il progetto della Estacion Intermodal Quinta Normal, dovuto alla decisione di prolungare la Linea 5 della metro fino a Maipù. In questo lotto sono rimasti gli scavi tra 6 e 11.20m. Si decide pertanto di recuperare attraverso una gestione che potenzi e reinserisca questo importante terreno nel tessuto urbano»14. Il progetto originario della Stazione Intermodale faceva parte sia dello schema operativo di Transantiago che del piano del Bicentenario. L’unità strutturale urbana formava parte del programma di concessione del MOP e, tra i suoi principali obiettivi, registrava la facilitazione e l’integrazione dei diversi mezzi di trasporto, i risparmi di costo sociale e lo sviluppo urbano integrato. La caduta della realizzazione progettuale aveva lasciato sul territorio una sorta di ferita, una frattura nella continuità architettonica del quartiere. Proprio su questa area fu deciso di intervenire al fine di una riqualificazione e rigenerazione dell’intero barrio. La scelta della localizzazione del museo su Matucana Avenue è legata alle caratteristiche culturali del luogo e alla relazione del settore con le violazioni dei diritti umani da parte della dittatura militare. Alcune sezioni dell’esercito ufficiale di Pinochet infatti in quegli anni erano di stanza proprio nel Parco di Quinta Normal e nella scuola 49
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Geometría de la Conciencia de Alfredo Jaar
16 Collao L.A., Rojas S. A., Estudio sobre el Imaginario Urbano del Barrio Yungay y su relación con el Museo de la Memoria y los Derecho Humanos, tesi uiversitaria Carrera de Sociología, Universidad Alberto Hurtado , relatore Mallea Toledo F. Santiago,
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Chile 17 https://culturizarte.cl/entrevista-a-jorge-tacla-el-arte-es-de-los-pocos-espaciosque-quedan-en-los-que-se-puede-hablar-libremente/
Nazionale di Barro Arana e avevano il controllo militare dell’area di Quinta Normal e Barrancas. Forte era inoltre l’intenzione di consolidare il luogo come sito urbano grazie allo sviluppo di un complesso di edifici pubblici destinati a concentrare in una sola area «settori disgregati che sono installati in immobili non adatti o deteriorati nel settore centrale di Santiago»15. L’accesso principale all’area avviene attraverso la stazione della metropolitana di Quinta Normal che immette il visitatore direttamente nel cuore di Yungay di fronte ad una struttura post-moderna che collide con l’idea di continuità stilistica con il territorio. «Perché il museo della Memoria si presenta come una rottura con lo stile tradizionale di Barrio Yungay? Rispetto a ciò, Bourdieau e Darbel suggeriscono che i musei europei, i centri dove si protegge ed espone l’espressione artistica materiale, sono configurati come un luogo d’incontro tra il sacro e il profano. La qual cosa spiega perché le loro infrastrutture, generalmente monumentali, non sono vincolate all’ambiente circostante: essendo il loro contenuto sacro, il concetto architettonico e il loro stile devono esserlo ugualmente. Gli atteggiamenti richiesti al loro interno: silenzio quasi religioso, intoccabilità degli oggetti e rifiuto alla didattica che corrispondono anche a questa divinità attribuita al mondo dell’Arte»16. Julio de 2015 Il museo apre oggi il suo accesso al 501 di Avenida Matucana presentandosi con un’ampia spianata di 8.000 metri quadrati quasi interamente scavata al di sotto del livello stradale, la Plaza de la Memoria, destinata alla promozione di eventi culturali e con un auditorium aperto alle opere pubbliche d’arte. Lo spazio aperto è pensato per arricchire il circuito culturale di Yungay e per armonizzarsi con le altre presenze museali esistente nel barrio con la finalità di riflettere sull’importanza dei diritti umani e di educare alla difesa e tutela degli stessi. Plaza de la Memoria fa parte integrante dell’architettura museale ed è concepita come un’agorà con gradinate esterne e scalinate che collegano la spianata con le tre strade adiacenti che facilitano l’accesso alla struttura. Nella Piazza trova allocazione la Geometría de la Conciencia, opera dell’artista Alfredo Jaar, in cui sono visibili in trasparenza 500 sagome che creano relazione e comunicazione tra persone scomparse e Cileni ancora vivi definendo in tal modo la sensazione di incommensurabile devastazione dettata per la collettività dalla perdita di vite umane. Lungo una delle pareti che conducono alla porta d’accesso della struttura d’ingresso è possibile leggere i trenta articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani redatti con caratteri di rame, metallo d’importanza economica e sociale rilevante per il Cile sia in passato che nel presente. I muri perimetrali della spianata ospitano una serie di grandi pannelli in cui si raccontano, con testi e immagini, le lotte dei popoli latinoamericani contro le dittature. Qui non si parla soltanto cileno: mai dimenticare
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Interno Museo della Memoria e dei Diritti Umani
http://www.rivistamissioniconsolata.it/2014/06/01/il-peso-della-memoria/ http://www.arcoweb.com.br/projetodesign/arquitetura/estudio-america-museu-santiago-09-06-2010 19 http://www.arcoweb.com.br/projetodesign/arquitetura/estudio-america-museu-santiago-09-06-2010 20 http://www.arcoweb.com.br/projetodesign/arquitetura/estudio-america-museu-santiago-09-06-2010 17
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che tutti i paesi del continente latino hanno conosciuto regimi repressivi interrelati a trame internazionali: Operazione Condor, Operazione Colombo, Plan Z. Sempre all’esterno, su una delle pareti laterali, si trova il murale dedicato al musicista Víctor Jara dall’artista visuale Jorge Tacla e da altri maestri ispirati dai versi composti dal cantante Cileno durante il suo fermo nello stadio del Cile, prima dell’esecuzione. Tacla e la sua arte sembrano sintetizzare il messaggio dell’intera costruzione architettonica: «Un esercizio di giustapposizione dei punti di interesse presenti, passati e futuri. Allo stesso modo [...] c’è una presenza permanente della domanda originale»17 . Il Museo della Memoria e dei Diritti Umani si presenta come una struttura importante pur nella sua linearità architettonica, uno spazio dinamico e interattivo progettato come sintesi urbanistica e di concetto dell’intero isolato della Matucana. Concepito come una corte aperta che filtri, dialoghi ed esalti la morfologia del costruito presente a Santiago, il complesso è pensato come catalizzatore di incontri e coesione sociale da promuovere e sviluppare in differenti spazi pubblici urbani. Con una forma che ricorda quella di una mela aperta, la proposta progettuale cattura l’attenzione concentrandola sulla «costruzione color verde smeraldo a forma di parallelepipedo che sovrasta una piazza ad anfiteatro, costruita sotto il livello stradale»17. Basata sul concetto di blocco aperto, la soluzione è progettata al fine di integrare la struttura di impianto decisamente moderno all’interno di un ambiente urbano storico. Il corpo dell’edificio è un complesso di ambienti e aree che nella definizione degli architetti è paragonato ad un’arca in cui è depositata la memoria del Cile, «a memória evidenciada, emergente, que fluctua, suavemente elevada»18. Il percorso di accesso costringe alla discesa nella fossa per poi proseguire ad una risalita che riporta il visitatore a livello marciapiede, annullando il dislivello e costringendo ad un ingresso alla struttura obbligato dal basso. Gli architetti hanno pianificato concettualmente il museo come scisso in due momenti: Barra e Base. La Barra è lo spazio museografico vero e proprio, mentre la Base costituisce la spianata esterna connessa al corpo elevato. «Il complesso sarà uno spazio aperto, ampio di possibilità e camminamenti, permeato da percorsi dove sarà possibile recepire l’isolato in modo naturale e quotidiano»19 ed è pensato nell’ottica di un processo democraticamente osmotico di sviluppo sociale e culturale. Il corpo architettonico costruito presenta una superficie totale sviluppata di 10.900 m², ed è descritto dagli stessi architetti brasiliani come una barra unica e senza interruzioni. Un grande volume cubico sospeso sopra la Plaza che levita oltre due fonti d’acqua e con il quale si sono volute sottolineare la necessità della verità su qualunque stortura storica e l’elevazione della memoria a monito dei popoli. L’interno è raggiunto da una luminosità naturale. Dalle zone perimetrali estreme e dal 51
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Interno Museo della Memoria e dei Diritti Umani
http://www.arcoweb.com.br/projetodesign/arquitetura/estudio-america-museu-santiago-09-06-2010 22 http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/esteri/cile/cile/cile.html 21
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tetto la luce naturale viene diffusa in modo direzionato mentre un’atmosfera sospesa viene creata dall’illuminazione mediata dai pannelli laterali di vetro segnati dalle strutture metalliche in rame e carbonio. «A differenza della maggior parte dei musei, che consistono in un susseguirsi di stanze isolate, questo edificio ha un grande spazio di tre livelli, che si integrano con un gioco ammirevole di vuoti con la virtù di offrire al visitatore sempre l’idea del tutto»20. Le strutture divisorie che organizzano gli spazi sono tutte in vetro e determinano una riduzione delle tensioni emotive generate dalla lettura di testimonianze e materiali raccolti, traumatici per qualunque visitatore, sia esso cileno o straniero. La mancanza di strutture murarie a cui affidare l’esposizione di materiali non è mai stata percepita come un limite in quanto ha permesso la ricerca di soluzioni innovative. Infatti le vetrate sono utilizzate come schermi per proiettare immagini che illustrano il dolore, l’angoscia e la paura scatenata tra la gente dalla violenza dittatoriale, ma anche permettono di esaltare il coraggio e la fede che hanno consentito il ritorno della democrazia e la fine del terrore. L’edificio si sviluppa su quattro livelli, tre in superficie più uno sotterraneo. La mostra permanente occupa i due terzi dell’edificio con una superficie occupata pari a 5.000 metri quadrati. Le testimonianze qui raccolte e offerte attraverso proposte interattive visive e sonore, sono destinate a diventare un’istituzione culturale della memoria e dei diritti umani di primaria importanza nella città di Santiago. L’intenzione è quella di salvare una parte della storia ricercando e rifondando la verità, o almeno, una verità finalizzata alla promozione di una cultura del rispetto per la dignità di ciascun cittadino. La storia dei periodi della dittatura è raccontata nei diversi piani. Nel piano sotterraneo si trovano le aree di parcheggio, gli uffici amministrativi e gli ambienti di supporto nonché l’accesso al museo e l’auditorium. Per l’ingresso al museo è stata costruita una piccola rampa innestata sulla spianata. «Entrando al primo livello, emerge l’imponente vista della navata alta 15 metri, a cui i piani intermedi convergono attraverso balconi vetrati, che ora proiettano e poi collassano. L’architettura ha deliberatamente smaterializzato il muro»21. L’ingresso al museo, dalla piazza interrata conduce alla prima sala in cui, sulla parete di fondo che si alza a tutta altezza, campeggia una gigantesca mappa politica del mondo, costruita con 1200 fotografie di prigionieri e torturati, mappa che rivela e sottolinea l’interconnessione sottesa a fatti ed eventi accaduti nel trentennio dell’ultimo squarcio di secolo in tutto il mondo e non soltanto in Sud America nel contesto di regimi dittatoriali, guerre civili e invasioni straniere, torture, esecuzioni extragiudiziali e sparizioni forzate e in cui la violenza ha lasciato una scia di genocidio e crimini contro l’umanità. Il riconoscimento pubblico della sofferenza inflitta alla popolazione
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Interno Museo della Memoria e dei Diritti Umani
23 “Discurso de S.E. la Presidenta de la República, Michelle Bachelet, en inauguración del Museo de la Memoria y de los derechos humanos” Santiago, 11 de Enero de 2010 24 http://www.rivistamissioniconsolata.it/2014/06/01/il-peso-della-memoria/
dai regimi dittatoriali ha spinto i governi di tutto il mondo a creare commissioni di verità, riparazione e riconciliazione al fine di ripagare seppur moralmente le vittime e i loro familiari. La sala è intitolata a Diritti umani, sfida universale. Accanto, la mappa del Cile dove sono segnati i 1.132 centri di detenzione aperti in tutto il Paese da Sud a Nord: «commissariati, prigioni, stadi, case e appartamenti privati, semplici uffici nei quali transitarono circa 28 mila prigionieri»22. Sulle lastre rocciose che simulano la mappa del Cile, le fotografie presenti alludono agli oltre 190 memoriali distribuiti in tutto il paese. Nella sala espositiva è presente anche una croce di ferro ottenuta dal Patio 29 del Cimitero Generale di Santiago dove furono rinvenuti i resti di alcune vittime del colpo di stato militare e ancora una vetrina con l’esposizione del Rettig Report e del Valech Report. «Nessuno può negare, disconoscere, minimizzare o banalizzare la tragedia dei diritti umani in Cile. Ci saranno differenti interpretazioni circa le cause della frattura democratica. Ci saranno distinte interpretazioni sull’eredità del regime autoritario. Però sul costo umano che il Cile pagò, non dovrebbero esserci divergenze»23. Michelle Bachelet con forte partecipazione pronunciò queste parole il giorno della posa della prima pietra del museo, nell’ottobre 2008. Infatti lei stessa insieme a sua madre era stata rinchiusa a Villa Grimaldi, uno dei più temuti luoghi di tortura del regime mentre suo padre Alberto era morto in carcere. Il fenomeno che risalta in questa prima sala è relativo ad una forte saturazione visiva che rende impossibile leggere i dati individuali, discernere le singole foto, leggere ogni scritta. L’effetto finale si ottiene solo dalla lettura dei blocchi complessivi che annullando le individualità, generano una chiara idea globale. Al primo piano del museo sono installati vari schermi che mostrano immagini relative all’11 settembre e ai giorni subito successivi. Nella sala centrale viene proiettato senza soluzione di continuità un video che riprende gli aerei dell’esercito mentre sorvolano e bombardano il palazzo de La Moneda. Nella stessa sala schermi più piccoli mostrano immagini e video di episodi avvenuti a Santiago nelle ore immediatamente successive al golpe. E’ facile fermarsi, catturati dalla voce di Allende registrata nel suo ultimo comunicato radio alla nazione. In quelle sale il tempo all’improvviso perde il suo valore. Sulla parete laterale ci sono grandi immagini del fotografo Chas Gerretsen che mostrano file di persone arrestate nelle prime retate operate dai militari, molte delle quali sarebbero state successivamente uccise. Man mano che si salgono le scale sono affrontati aspetti differenti e correlati alla dittatura quali l’esilio e la solidarietà internazionale, la copertura mediatica e la tortura. E’ possibile anche osservare foto scattate dai prigionieri nei luoghi di tortura nonché oggetti destinati alle sevizie come la sedia prodotta dalla General Electric utilizzata come dispositivo per torturare i prigionieri con scariche elettriche. 53
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vhttp://www.antennedipace.org/nuovo/aree-di-intervento/americhe/cile/ item/258-indagare-nei-ricordi-museo-della-memoria-e-dei-diritti-umani 26 Ciudad y Memorias - Desarrollo de Sitios de Conciencia en el Chile actual – Encuentro internacional - Seminario y Taller - 5 y 6 de junio de 2010 Corporación Parque por la Paz Villa Grimaldi - Mesa Ciudad y Memorias - Fundación Heinrich Böll 25
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Motto per la propaganda del NO + Pinochet
«Il cuore emozionale della struttura è però un balcone interno che si trova al secondo livello. Ha pareti di vetro e candele elettriche che delimitano i suoi lati. Davanti a esso si apre una vasta parete su cui sono state collocate migliaia di foto in bianco e nero, piccole e grandi, nitide o meno: sono i ritratti delle vittime della dittatura. Che però (e per fortuna) non rimangono volti anonimi e senza voce»24. Al centro del balcone, posto a più di otto metri di distanza, è stato infatti posto un leggio elettronico con schermo tattile che riproduce la parete di fondo. Attraverso tale strumento qualsiasi visitatore può conoscere nome, cognome e storia di ogni persona ritratta nelle immagini appese e isolate da uno schermo di vetro, filtro posto lì simbolicamente a proteggerci. Si tratta di persone comuni di diversa età, provenienza, condizione sociale la cui esistenza fu spezzata dal regime di Pinochet. Il livello è dedicato agli anni terrificanti della dittatura, alle torture, alla repressione, agli omicidi. Sono gli anni del sospetto, del silenzio, del terrore. A testimonianza dei fatti accaduti, nelle sale sono esposti poster, manifesti, articoli di giornale dell’epoca ed è possibile assistere a proiezioni video e registrazioni storiche. L’ultimo piano ha diversi spazi aperti a mostre temporanee come la Galleria della Memoria e narra del ritorno alla democrazia e delle campagne d’informazione sviluppate per il ritorno alle urne con il plebiscito del 1990 con cui si chiedeva al popolo cileno di decidere sul prosieguo o meno del regime dittatoriale alla guida del paese. Coinvolgente ed emozionante ascoltare le varie canzoni di protesta nonché vedere il video della campagna Chile l’alegria ya viene che invitava a votare NO alle urne. Nonostante una evidente disparità nella pubblicizzazione dei programmi dei due partiti contendenti, dalle elezioni dell’11 Marzo del 1990 uscì vincitrice una Concertación de Partidos por la Democracia (Concertazione di Partiti per la Democrazia), una coalizione politica di centro e sinistra moderata che ha riportato la democrazia nel paese e che ha governato il Cile fino al 11 marzo 2010. Le elezioni del 2010, svoltesi il 17 gennaio, sono state infatti vinte da Piñera, candidato che ha presieduto il Parlamento alla guida di una coalizione di destra della quale hanno fatto parte anche persone che avevano avuto incarichi, ruoli di potere e responsabilità negli anni della dittatura. Il momento della vera rinascita è ancora lungi dall’arrivare dal momento che, non solo i politici, ma anche i Cileni, hanno scelto ancora una volta «di voltare pagina alla storia del paese, auspicando un cambio del quale purtroppo non hanno piena consapevolezza, un cambio non verso qualcosa ma da qualcosa, dalla stanchezza dei 20 anni di governo della Concertación»25. L’appartenenza politica ha determinato nel paese differenti schieramenti e discordanze ideologiche. Le voci dissonanti sono state chiaramente presenti anche tra storici e accademici e si sono basate sul concetto di visione parziale e distorta della storia cilena testimoniata nelle sale del museo. La replica di docenti come Franci-
http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/esteri/cile/cile/cile.htm Report of the Working Group on Enforced or Involuntary Disappearances Addendum Mission to Chile - United Nations - General Assembly A/HRC/22/45/Add.1 Assembly Distr.: General 29 January 2013 - Human Rights Council Twenty-second session Agenda item 3 “Promotion and protection of all human rights, civil, political, economic, social and cultural rights, including the right to development” 29 https://it.globalvoices.org/2013/12/foto-cinque-luoghi-a-santiago-cile-per-ricordare-la-dittatura-di-pinochet-e-dire-mai-piu/ 27
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sco Javier González sottolinea infatti che la costruzione di mausolei di questo tipo non contribuisce alla nascita dell’unità nella coscienza del popolo Cileno in quanto propone una lettura unidirezionale della storia, dei processi sottesi e degli eventi interconnessi. Così facendo, sempre secondo lo storico, si sottrae la verità dei fatti all’imparzialità e all’oggettività necessaria tacendo quindi su quello che sarebbe invece dovuto essere un resoconto globale del contesto storico-politico e delle cause connesse. Tuttavia «la verità non è assoluta. Non esiste una verità assoluta. Ma il riconoscimento della maggioranza di quei Cileni che non vivevano in quel tempo a Santiago e che non hanno un immaginario, non hanno ricordi e cercano qualcosa che sia relativamente oggettivo e vicino alla realtà permette di riconoscere alti gradi di obiettività nella trasmissione e nella nascita di tendenze ideologiche»26. Non può essere disconosciuto, da parte della destra, il tentativo di insabbiamento degli accadimenti avvenuti nei 17 anni di dominio dittatoriale all’indomani del’11 Marzo e l’epurazione dei luoghi di tortura. Infatti «una volta finita la dittatura, nel 1990, i militari smantellarono e distrussero la maggior parte di essi. Molti, tra i peggiori per i crimini commessi al loro interno, si trovano a Santiago [...] inseriti in un percorso della memoria»27e riconosciuti quali monumenti storici al fine di dare una risposta all’imperativo etico del disvelamento ultimo della verità. Dal 13 al 21 agosto 2012, su invito del governo del Cile, una rappresentanza delle UN al lavoro sulle sparizioni involontarie nel periodo della dittatura, ha visitato il paese «riconoscendo che dal ritorno alla democrazia, passi significativi sono stati fatti per assicurare la verità, la giustizia, la riparazione e per preservare la memoria di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani commesse durante la dittatura militare. Questi risultati sono stati il risultato di iniziative intraprese, promosse o svolte principalmente dai parenti delle vittime, dalla società civile e da alcuni attori statali. Il gruppo di lavoro ha notato che lo Stato avrebbe dovuto affermare la propria responsabilità e leadership assicurando alle iniziative respiro di una politica globale, coerente e continua»28. «Il compito di foggiare una memoria storica dev’essere guidato da un indicatore morale; dobbiamo costruire una lettura del trauma collettivo che vada oltre e trascenda ciò che è evidente, una storia di vittime e criminali, colpevoli e innocenti. L’obiettivo del museo è di costruire una memoria e di divenire uno spazio che aiuti la cultura dei diritti umani e i valori democratici a trasformarsi nella base etica condivisa della nostra presente e futura coesistenza. Solo in questo modo possiamo realizzare la nostra rivendicazione: MAI PIÙ»29.
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Iconografia 1 https://wayka.pe/crimenes-de-usa-en-latinoamerica/19-3/ 2 https://www.citma.es/11-de-septiembre-de-1973-golpe-de-estado-del-general-pinochet-en-chile/ 3 https://www.plataformaarquitectura.cl/cl/author/equipo-editorial/page/5 4 https://diariocorreo.pe/mundo/chile-apoyan-museo-sobre-la-dictadura-y-honran-sus-victimas-fotos-836236/ 5 https://www.archdaily.co/co/611010/museo-de-la-memoria-estudio-america 6 https://live.staticflickr.com/8488/8170872661_d294019cdf_b.jpg 7, 8, 9 https://www.archdaily.co/co/611010/museo-de-la-memoria-estudio-america 10 https://bukowskininsucune.wordpress.com/2017/02/01/bir-referandum-hikayesi-1-pinochetin-karanligini-yirtan-gokkusagi/
CONCORSO
Quando nel giugno del 2007 il Ministero dei Lavori Pubblici bandì il concorso pubblico per la costruzione di un Museo dedicato alla memoria delle vittime della dittatura, tantissime furono le proposte che giunsero da parte di studi di architettura nazionali e internazionali. Nonostante i tempi brevissimi concessi per la presentazione delle proposte, oltre cinquanta progetti furono inoltrati con differenti prospettive di sviluppo architettonico e urbanistico. Il lavoro di progettazione presentava una complessità non indifferente in quanto la struttura richiesta si innestava in un quartiere storicamente rilevante della capitale con importanti inferenze culturali, storiche e politiche. La presenza di un piano regolatore finalizzato a contenere e regolamentare il ricorso all’abusivismo incontrollato e al fenomeno dell’autocostruzione nel quartiere metropolitano di Yungay, non eludeva il sorgere di problemi relativi all’impianto architettonico e urbano dell’area. Numerose le tipologie abitative storiche presenti nel quartiere, ricordo di lontani splendori, sviluppate lungo i principali assi viari che tagliano, ieri come oggi, con assetto regolare, gli isolati presenti nell’area. Nonostante dunque una mappatura territoriale sufficientemente omogenea e ordinata, innumerevoli quesiti di ordine tecnico e culturale si presentarono ai team iscritti al bando di concorso. La difficoltà maggiore riguardava l’assenza di un programma di fondo risolto che costringeva i professionisti a ipotizzare di definire e ridimensionare spazi senza una mission pianificata ab origine. Bisognava dunque pensare una struttura aperta, flessibile a qualunque forma di evento culturale ma in grado di relazionarsi con un costruito storico da tutelare e contenuti sociali da veicolare. Si trattava di creare un’opera singolare, senza precedenti in Cile e con pochi esempi in tutto il mondo. Coerenza e congruenza sono stati i punti nodali che hanno legato i differenti segmenti
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Schizzi di progetto, Estudio America
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Concept sezione, Estudio America
Hacia una politica nacional de museos - Documento Base para la construcción de una Política Nacional de Museos- ubdirección Nacional de Museos - Dirección de Bibliotecas, Archivos y Museos – DIBAM (Dirección de Bibliotecas Archivos y museos) – Enero 2015 1
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https://www.archdaily.com.br/br/01-715/museu-da-memoria-estudio-america
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Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobier-
no de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010
pianificati e i momenti operativi. Coerenza sociale, politica, culturale, etica ma anche tecnica, artistica. Congruenza atemporale con un’ipotesi progettuale totale che intendeva sottrarre il costruito all’evoluzione e al cambiamento determinato dal tempo. Immediato il ricordo dei modelli Rinascimentali quando figure come Leonardo e Michelangelo dominavano le tecniche di creazione artistica sia in architettura che in ingegneria e davano vita a opere che ammiriamo ancora per la loro profonda organicità. Pensare dunque di innalzare un inno alla memoria di un popolo che affondi le radici non solo nella storia del paese ma anche nella sua geografia, nella sua lingua, nelle sue tradizioni, significa leggere l’anima di quel popolo e restituire ad essa dignità e spazio. Significa «collegare la portata dell’azione e la portata dei musei, alla generazione e trasmissione della conoscenza della società e alla costruzione della memoria collettiva e dell’identità»1. Gli architetti e le maestranze a quel punto diventano solo mediatori all’interno di processi sociali, tecnici e politici, artefici della concretizzazione fisica, materiale di un’idea che esiste già culturalmente come patrimonio condiviso di un popolo, di una comunità. Non si ricercava dunque un’architettura monumentale espressione della dominante linguistica di un solo maestro ma piuttosto una pluralità di atteggiamenti e intenzionalità. L’urgenza dunque di celebrare le vittime della dittatura è andata a incontrare l’esigenza di materializzare in un solo luogo qualcosa che accogliesse le memorie o, per meglio dire, il ricordo di quanto accadde tra il 1973 e il 1990 in Cile. «I ricordi sono immagini che vivono in un mondo incompiuto. Sono frammenti di fatti che non si ripetono che non possono accadere due volte. Non intendiamo la memoria come il desiderio giovanile di tornare indietro, di sostituire l’insostituibile. Per noi la memoria non è un pentimento: è un guardare al futuro, conoscendo il passato»2. Così presentano il proprio lavoro Mario Figueroa, Lucas Fehr e Carlos Dias, architetti del team di Studio America di San Paolo, vincitori assoluti della competizione davanti a Sebastián Irarrázaval Arquitectos Asociados e Juan Cristóbal Fernández, entrambi di Santiago del Cile e alle menzioni d’onore affidate a Mario Marchant Arquitectos, di Santiago del Cile e al brasiliano Víctor Paixao di San Paolo. La motivazione dell’affidamento del Primo Premio al team di Studio America recita: «Questo progetto risolve tutte le richieste intorno allo spazio pubblico. Gerarchizza i suoi componenti nella sua giusta misura e nella sua carica simbolica. Pone in evidenza il museo e gli edifici pubblici e gli attribuisce l’importanza adeguata. E’ costruibile per tappe grazie alla sua autonomia. Riconosce il quartiere e affronta adeguatamente la facciata della scuola creando un’unità. Il museo rivela simbolicamente la questione dei diritti umani e lo fa in maniera trasparente, luminosa e affronta il tema della tecnologia e modernità che lo rende un edificio del Bicentenario»3.
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Concept, Estudio America
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Vista interna vesto Est, Estudio America
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https://www.domusweb.it/it/architettura/2005/11/15/elemental-aravena-.html https://pixelbook.tecnichenuove.com/newsstand/area/viewer/guest/com.tecni-
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chenuove.area.ar.2015.143/
L’importanza del progetto si fonda sulla sua più intima coerenza tra il costruito e l’idea che ha permesso la progettazione. Tutto ha ed è un messaggio: la dimensione temporale, il luogo di ubicazione, i materiali utilizzati, la disposizione delle aree del complesso, l’integrazione con la trama urbana, la valenza rappresentativa dei valori nazionali. L’annullamento dell’unidirezionalità del vettore temporale permette un’estrapolazione dei fatti da un contesto circoscritto per leggerli in chiave universale ed eterna. La visione etica dell’opera punta al raggiungimento di una forma di condivisione generalizzata che pone al centro l’uomo in quanto tale e non in quanto Cileno, bianco, meticcio, ricco o povero. Avenida Matucana raccoglie e sedimenta dunque significati e valori per rifletterli empaticamente in tutti coloro che da qui passeranno. Nessuno spazio all’indifferenza o all’astenia. Qui è la storia che parla e lo fa in modo ampio e imparziale. Non è solo informazione, cronaca ciò che qui è raccolto e archiviato ma un invito alla riflessione generata spontaneamente da un’emozione, da un’esperienza intima e profondamente dolorosa che ciascun cittadino del mondo può fare vivendo questi spazi. Sostenuto dal grande potere di sintesi dell’architettura, il progetto seleziona le priorità e riduce le informazioni senza cedere ad una eccessiva semplificazione della complessità dell’idea iniziale. La struttura è pensata al centro di Santiago e, come altri complessi urbani cileni esemplificativi di architettura civica, rappresenta «un frammento di città dove la stratificazione storica appare compressa in una temporalità ridotta»4. Il complesso è progettato in maniera profondamente intrecciata con la struttura urbana della megalopoli. Non è chiuso e completo in se stesso ma si offre alla città, accoglie la città e i suoi cittadini in un’ipotesi di osmotico flusso che generi e amplifichi il concetto di spazio pubblico democraticamente fruibile da tutti e che infine promuova una coscienza civica di appartenenza. E in questo senso «il progetto architettonico non crea esclusivamente una presenza di tipo fisico ma definisce le modalità di interazione con la comunità, o il modo in cui un’azienda opera all’interno di una regione»5. L’edificio centrale, destinato all’esposizione museografica, è moderno ma sobrio. Progettato con un’idea di grande semplicità, è stato realizzato in muratura, vetro, metallo, legno, rame e carbonio. Il complesso si sviluppa in parte sotto il livello stradale, in parte con livelli sopraelevati. La struttura postmoderna è avvicinata per certi versi al Centre Pompidou di Parigi. Nonostante i suoi tre piani elevati, si presenta leggera, dematerializzata. La luce definisce e costruisce spazi e ambienti contribuendo all’efficacia della narrazione interna. L’edificio principale si presenta come un lungo e alto corridoio che taglia l’area permettendo la permeabilità alla luce solo nelle due estremità. Un lungo passaggio che metaforicamente allude alla vita e al suo trascorrere. 59
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Piante Museo della Memoria e Ministerio de Educaciรณn, Estudio America
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Sezione longitudinale Museo della Memoria e dei Diritti Umani , Estudio America
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Piante Museo della Memoria e dei Diritti Umani , Estudio America
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Sezione Museo della Memoria e dei Diritti Umani, Estudio America
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6 http://www.arcoweb.com.br/projetodesign/arquitetura/estudio-america-museu-santiago-09-06-2010 7 http://www.arcoweb.com.br/projetodesign/arquitetura/estudio-america-museu-santiago-09-06-2010 8 https://www.archdaily.com.br/br/01-715/museu-da-memoria-estudio-america 9,10 https://www.archdaily.com.br/br/01-715/museu-da-memoria-estudio-america
«Strutturalmente, l’edificio è costituito da una serie di capriate metalliche che formano un tunnel e sovrastano la campata, con il carico dell’edificio scaricato in quattro supporti. Nella composizione plastica esterna, l’immagine con il maggiore impatto è dato da una sorta di scatola rivestita di rame che ospita il nucleo centrale del programma progettuale e si rivela dal basso dal percorso che lo lega all’isolato. In questa sezione in cui è attraversato, la barra sembra levitare»6. Il corridoio alto 15 metri , largo 18 metri e lungo 80 metri è un impianto che attraversa trasversalmente tutto il terreno, in direzione est-ovest e viene definito Barra. «Le robuste gambe in cemento situate nei quattro angoli di questa navata ricevono la struttura metallica, costituita da grandi travi progettate per accogliere il tessuto che sostiene le solette. Questa soluzione consente di ottenere una luce di 51 metri senza interrompere la continuità della piazza pubblica che si estende ai suoi piedi. In effetti, il museo galleggia sul terreno dove viene impiantato»7. Due sono dunque i segmenti costitutivi della struttura: una parte aerea ottenuta per elevazione e sedimentazione e una parte sotterranea conquistata per sottrazione. Nei tre piani elevati si sviluppa il museo con le sue sale espositive mentre nei piani bassi si prevedono uffici, sale di incontri e conferenze, cinema e altro. Il complesso progettato prevedeva una spianata sviluppata anteriormente al Museo, Piazza della Memoria, e un giardino progettato con diversi terrazzamenti, nella parte retrostante. «Gli uffici pubblici e privati sono organizzati attorno a un giardino, il Patio des Desires. La massa costruita ricompone la configurazione urbana tradizionale, ma consente, attraverso un piano terra rialzato, una permeabilità necessaria e desiderata. La regolazione delle maschere proposte nel bordo nord del progetto offre, più che una transizione tra gli edifici storici e il Centro Matucana, la possibilità di un’estensione aerea del patio, attraverso il giardino terrazzato»8. La presenza del vetro quale materiale principale utilizzato per lo sviluppo della struttura centrale garantisce leggerezza e un senso di continuità tra esterno e interno, tra città e storia, tra spazio e tempo. «Nel guscio esterno, il rame e il carbonio segnano l’intera storia dei minatori Cileni come uno dei ricordi dell’economia, del fare e del vivere […] Simbolicamente, il carbonio è la registrazione di ciò che è già stato. È il ricordo di ciò che sarebbe potuto essere»9. In tutto il complesso, importante è il richiamo alla terra, alle sue ricchezze, ai suoi valori, alle comunità, vera e indiscussa ricchezza del paese. E di ricordo si parla anche quando si osservano i materiali compositivi: il rame delle miniere, i colori dei costumi. «Il pavimento del Barra è un mosaico delle terre cilene, coperto di vetro, memoria dei luoghi, sfumature multicolori. Le limature di rame e di ferro sotto di esso, per effetto magnetico, segnano il corso dei visitatori»10. Il passaggio dalla progettazione all’esecuzione dei lavori ha fatto registrare coerentemente ai principi ispiratori insospettabili evoluzioni nel corso della loro concretizza-
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Progetto presentato al concorso da Sebastian Irarrazaval Arquitecto
zione. Infatti i due progetti di architettura e di museografia inizialmente giustapposti e incatenati si sono profondamente integrati fondendosi in un’unica mirabile simbiosi. Oggi è difficile discernere dove finisce uno e inizia l’altro. Il secondo posto va allo studio Sebastián Irarrázaval Arquitectos Asociados di Santiago del Cile. Il progetto, profondamente diverso dal precedente, mira ad una perenne fluttuazione tra passato, presente e futuro. La visita diventa una vera e propria esperienza che lascia il segno sia negli avventori che nella stessa struttura la cui evoluzione è determinata e modificata proprio dalla presenza e dall’intervento di quanti vorranno essere parte viva e integrante del processo di costruzione della memoria. All’ingresso il visitatore riceve un opuscolo che contestualizza e guida il suo viaggio e, al suo interno, un seme. Si passa quindi ad un’unica ampia sala con messaggi di rispetto e civiltà, regole di convivenza e tolleranza editate graficamente sul pavimento. La parte audio non è affidata ad un impianto centralizzato ma è parcellizzata grazie alla soluzione di cuffie sospese. Lo spazio museale vero e proprio dedicato al periodo della dittatura rileva la presenza di materiali e testimonianze differentemente rappresentati ed esposti. La linea temporale che cronologicamente sviluppa i 17 anni di buio è segnata sul pavimento dove, con l’ausilio di schermi, è possibile leggere titoli e articoli di giornale che contribuiscono ad una analisi storica non trascendente ma contestualizzata. Riproduzione di graffiti e murales richiamano le strade della città, vere testimoni di violenze e atrocità, nonché il silenzio e la solitudine della vita quotidiana dei Cileni in quegli anni. Dietro il muro, attraverso delle perforazioni della parete, è possibile vedere e leggere ciò che non sarebbe mai dovuto accadere. Né qui né in alcun luogo. Contemporaneamente attraverso una parete vetrata è possibile vedere altri visitatori che circolano nella piazza d’accesso alla struttura. E’ il presente che si muove davanti alla storia, è la vita che reagisce al dolore e alla morte e costringe alla reazione. La ribellione in Cile e nel mondo è celebrata con immagini e testi di cerimonie che trasmettono forte il desiderio e l’emozione per la ritrovata democrazia nel giorno della liberazione. La commozione e la trepidazione popolare si percepiscono qui come in quei giorni del marzo 1990 si coglievano per le strade di Santiago e del Cile tutto. La forza del progetto è dettata dal potere interattivo e in perenne evoluzione dell’intero complesso. Infatti sempre nella sala celebrativa, alcuni computer consentono di scrivere riflessioni, desideri, opinioni visibili da altri avventori sulla facciata esterna dell’edificio. Il Memoriale è composto da due parti: la prima dedicata alla riflessione, El Huerto, e la seconda da un labirinto vegetale nel quale è possibile interrare il seme ricevuto insieme al depliant all’ingresso e contribuire in tal modo alla crescita dell’area verde del complesso. 63
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Progetto presentato al concorso da Juan Cristóbal Fernández
11, 12, 13 Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobierno de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010
Ultima sezione è quella relativa alla sala espositiva temporanea, El Debate, che contiene tutte le informazioni di base raccolte sugli abusi dei diritti umani. L’area può essere attraversata per facilitare la consultazione interattiva di fonti e informazioni mediante schermi presenti nello sfondo. Il terzo posto nella competizione va al giovane architetto Juan Cristóbal Fernández di Santiago del Cile. Nato proprio a Santiago in piena era dittatoriale, vive la sua infanzia respirando la costrizione al silenzio ma anche lo stupore e la partecipazione al processo di liberazione. La sua idea progettuale è permeata da tutto ciò. E’ un invito a vivere la memoria come un’esperienza vitale e attiva che consente di integrare il passato per capire il presente e progettare il futuro. La costruzione della memoria è un percorso lento, attento, articolato che coinvolge l’esperienza, la testimonianza, la storia; è un cammino realizzato con ricordi, immagini, suoni, voci, oggetti, luoghi. La ricostruzione della memoria si sviluppa come «un labirinto dal quale speriamo di uscire con una storia articolata, capace di produrre significato»11. E’ necessario cercare, raccogliere, conservare e poi diffondere, condividere consapevoli che bisogna infine «trascendere la mera esibizione per provocare un’esperienza e una consapevolezza nella cittadinanza»12 grazie alla diffusione della cultura del ricordo delle violazioni dei diritti umani in Cile. Perché «difficilmente riusciremo a capire la nostra storia e il nostro presente se non sperimentiamo il processo della memoria»13. L’assemblaggio di fonti, reperti e testimonianze non deve essere solo preservata ed esibita ma sviluppata in spazi debitamente differenziati al fine di generare un’esperienza emotiva e consapevole completa. La proposta progettuale di Juan Cristóbal Fernández punta alla creazione di volumi solidi e chiari sospesi sul livello stradale a simboleggiare la trascendenza della memoria rispetto allo scorrere del tempo testimoniato nelle sale interne grazie alla raccolta ed esposizione di materiali museografici. Il complesso si presenta come due contenitori che delimitano il perimetro del terreno capaci di contenere e conservare la memoria del Cile. I volumi semplici e ben definiti presentano uno sviluppo orizzontale che serve a controbilanciare la geografia verticale della Cordigliera che circonda la capitale. Gli edifici presentano delle facciate traslucide e retroilluminate con cui creano effetti di galleggiamento. Un invito alla lettura e alla conseguente riflessione viene anche offerto dal parco che separa la struttura dalla strada: all’interno dell’area verde è esposta, incisa su placche verticali, la dichiarazione dei diritti umani. In direzione ovest un allargamento del marciapiede pubblico genera un ampio spazio libero che assume la funzione di piazza di accesso. Anche in questa proposta progettuale come in quella dei brasiliani vincitori, l’accesso è progettato dal basso cui si giunge attraverso una pendenza collegata al parco di
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Progetto presentato al concorso da Mario Marchant Arquitectos
14, 15 Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobierno de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010
Quinta Normal sviluppato nel quadrato urbano di fianco. «Il museo è strutturato su 4 livelli, tutti collegati da un patio interno che attraversa l’edificio in tutta la sua altezza e che, nella sua base contiene l’archivio, che per noi rappresenta il nucleo simbolico della memoria. Così da una memoria grezza e traumatica quali sono le testimonianze conservate nel seminterrato dell’edificio, è possibile che il cortile centrale generi uno spazio di consapevolezza presente durante tutto il viaggio»14. All’interno un flusso ascendente e progressista definisce e organizza lo spazio museale vero e proprio dedicato alla ricostruzione della memoria dei diritti umani in Cile che si sviluppa architettonicamente attraverso percorsi labirintici disegnati intorno al cortile centrale. Questo vuoto centrale è simbolico e permette lo sviluppo dell’esperienza attraverso un percorso fisico di progressione e visione interna ed esterna dei differenti livelli espositivi nonché un processo di maturazione nella conoscenza e nella consapevolezza della memoria della violazione dei diritti umani nella storia del Cile. Data la quantità e la qualità delle proposte progettuali presentate, la commissione ha deciso di attribuire, oltre i primi tre progetti vincitori, anche due menzioni d’onore. La prima è stata affidata allo studio Mario Marchant Arquitectos di Santiago del Cile per il piano progettuale definito Memory Rings. Il lavoro si fonda sull’idea di fragilità e selettività della memoria umana e sul fenomeno dell’oblio. «La memoria fallisce […] quando ci sono difficoltà nel recuperare, totalmente o parzialmente, le informazioni elaborate in precedenza. A volte, la dimenticanza si verifica rapidamente, altre volte più gradualmente. A volte, gli eventi che pensavamo fossero dimenticati sorgono causando intrusioni con il ricordo di altri eventi. Ma non solo, la fragilità della memoria umana si riflette anche nella memoria distorta delle esperienze precedenti»15. Se questo è verificabile nelle esperienze individuali in cui la mente è in grado di registrare, codificare e decodificare solo le informazioni non ritenute pericolose per la propria sopravvivenza, quanta difficoltà se rivolto ad una forma di memoria collettiva, quanta suggestione alla base del blocco che impedisce la riacquisizione e il recupero di esperienze brutali come la violazione dei diritti umani, la scomparsa e la morte di migliaia di persone. Eppure nulla dovrebbe essere più immanente e tangibile delle esperienze di dolore che hanno condizionato, determinato, guidato la vita di una comunità. E solo dal recupero e riconoscimento del ricordo si potrà migrare dal passato al futuro. Esattamente come si muove la natura. Questo centro nodale che diventa fulcro della memoria è costituito dall’anello di rame che si erge al centro della piazza antistante l’edificio, anello che è «un sistema che ricostruisce il tessuto urbano frammentato, diventando allo stesso tempo una zona cuscinetto tra la struttura razionale 65
12
Progetto presentato al concorso da Víctor Paixao
Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobierno de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010 17, 16, 18, 19
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imposta dalla scacchiera e la organicità del parco di Quinta Normal»16. Il complesso architettonico si muove nel segno dell’integrazione a più livelli: nel rapporto urbanistico con la città mediata e distante, nel lancio di uno spazio pubblico di forte impatto sociale, nel segno potente di aggregazione comunitaria che riconosce nella struttura se stessa e la propria storia. Strutturalmente l’edificio è composto da due parti: una relativa agli uffici e ai servizi e un’altra destinata al museo vero e proprio. «Il museo non è proposto […] non ha una narrativa lineare, ma al contrario presenta diverse alternative di accesso e percorsi interni ed esterni. L’intenzione è quella di lasciare che il visitatore prenda le proprie decisioni e costruisca la propria esperienza spaziale attorno alla memoria»17. Fortemente espressiva la presenza del rame «scelto come espressione materiale essenziale poiché incontra la possibilità di manifestare visivamente il passare del tempo e quindi il senso della propria memoria»18. E per finire, la seconda menzione d’onore aggiudicata ancora una volta da uno studio di architettura internazionale: Víctor Paixao di San Paolo in Brasile. Per questo complesso è adottato un progetto volumetrico e di impianto armoniosamente innestato nel quartiere metropolitano e di valorizzazione delle qualità paesaggistiche del luogo considerato sia nella sua specificità geografica che nella sua valenza di contesto storico: «il parco sullo sfondo e il suo patrimonio architettonico, la vecchia scuola e il nuovo edificio proposto, che per la sua configurazione e neutralità, rafforza la bellezza e la spaziosità del luogo»19. In considerazione del fatto che il museo è per definizione un luogo comunitario di incontro sia per i contenuti inclusivi delle testimonianze e delle registrazioni degli eventi che segnano e identificano la vita di un popolo, sia perché spazio in cui si progetta e proietta il futuro, nel piano programmatico del progetto presentato da Victor Paixao una parte rilevante è costituita dalla piazza centrale, un’agorà che identifica il concetto urbano più antico e democratico di luogo di incontro nonché la necessaria premessa nel percorso di recupero e tutela della memoria storica. Tra i cinque progetti premiati forse questo è quello che fa rilevare un’impronta più umanistica che scientifica, forte dell’intenzione di riportare valori e pensieri umani al centro della storia e finalizzata alla conservazione permanente della memoria degna del popolo Cileno. Lo spazio è scandito in modo fluido e segue i movimenti e i dislivelli topografici del territorio. L’edificio è strutturato su tre differenti piani in cui si sviluppano zone commerciali, uffici, parcheggi, aree pubbliche. Alla quota stradale di Matucana Avenue, è progettato uno spazio aperto di carattere essenzialmente pubblico. «Il pavimento di questa piazza, che costituisce anche la copertura della sala principale del Museo, è formato da moduli prefabbricati (1,25 x 1,25 m) di cemento e vetro, con quattro variazioni di luce di diverse intensità e trasparenza (pixel). La distribuzione della luce
naturale proveniente dal tetto nelle zone di permanenza e circolazione nel sottosuolo, può essere controllata da aperture e chiusure relativamente alle esigenze di utilizzo di ciascuna attività programmata. Questa luce che penetra attraverso il pavimento in modo apparentemente casuale e astratto, è caratterizzata dal volto di uno dei personaggi più significativi della storia politica del Cile (Salvador Allende)»20. Dalla trasparenza dell’immagine la luce filtra nei piani sottostanti garantendo luminosità naturale. Ad un angolo della piazza, la presenza di un totem di acciaio e vetro segna il punto d’ingresso alla struttura sotterranea e all’area destinata all’esposizione museale. Anche il piano interrato prevede un’ampia zona libera che garantisce permeabilità e integrazione logistica e culturale con tutti gli ambienti ad essa collegati. La visione aerea della sagoma del presidente definisce e consacra Santiago del Cile quale capitale universale contro ogni forma di violenza e a difesa della pace e dei diritti umani.
20 Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobierno de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010
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Secondo posto, progetto presentato al concorso da Sebastian Irarrazaval
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Terzo posto, progetto presentato al concorso da Juan Cristรณbal Fernรกndez
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Prima menzione, progetto presentato al concorso da Mario Marchant Arquitectos
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Seconda menzione, progetto presentato al concorso da VĂctor Paixao
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Iconografia 1,2,3,4,5,6,7 https://www.archdaily.mx/mx/611010/museo-de-la-memoria-estudio-america 8,9,10,11 http://saquelateral.blogspot.com/2007/09/el-nuevo-museo-de-la-memoriaen-quinta.html 12,13,14,16 Jorge Lobos, Quattro concursos de arquitectura publica, arquitectura MOP, Gobierno de Chile, Ministerio de obra publicas, 2010
ARCOIRIS
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INTRODUZIONE
Arcoiris è un complesso democratico che nasce per la comunità. E’ un abbraccio al quartiere, ai suoi abitanti. E’ un luogo libero da etichette di genere o colori politici dedicato a quanti, Cileni o stranieri, vogliono vivere il piacere dell’incontro e del confronto. E’ una declinazione differente di agorà pensata e costruita attorno all’uomo, cittadino consapevole del mondo. Scevro da qualsivoglia condizionamento culturale o razziale, Arcoiris accoglie tutti, ognuno con le proprie diversità e i propri sogni e spinge ad una riflessione riguardo alle dimensioni della socializzazione dello spazio. Al suo interno ambienti ampi o angoli discreti offrono varietà di scelta e differenti possibilità di fruizione. La diversità qui non è diffidenza, esclusione, allontanamento; è piuttosto ricchezza, curiosità, contatto. Le sale, gli spazi aperti o le aree verdi della struttura si propongono alquanto varie ma sempre intercomunicanti, offrono la possibilità di scegliere il proprio modo di occupare lo spazio, tra la folla o in solitudine ma sempre e comunque in compagnia. In un paese in cui forte è ancora la cultura del sospetto e della paura, abbattere i muri per creare luoghi di incontro rappresenta il desiderio di cercare, scoprire un cambiamento. Non si tratta di lanciare una rivoluzione ma di innescare la fiducia nel futuro, di coltivare fantasia e gioia per la vita. Arcoiris è un tentativo di sviluppare l’immaginazione di ciascuno accanto e a supporto di un immaginario sociale che identifica nei luoghi urbani l’essenza più intima della comunità. «Ogni individuo appartiene a una determinata società, usa un linguaggio specifico, si identifica in alcuni simboli, condivide valori, credenze, mete collettive, si uniforma a norme, usi e costumi, mettendo in atto una serie di strategie atte a modificare l’ambiente e le situazioni di vita […] I processi di socializzazione rendono l’individuo parte di una collettività ma risultano particolarmente complessi a causa delle grandi trasformazioni che caratterizzano le società occidentali rappresentabili come un contest plurale»1. La pluralità di intenti e la complessità dettata dalla frammentazione di interventi all’interno della struttura determinerà sviluppi sociologici sempre differenti legati ad una compenetrazione tra popoli diversi o tra cittadini di una medesima comunità. «Tuttavia, l’immaginario urbano è più specifico perché si propone di capire le soggettività che hanno origine negli usi quotidiani di spazi urbani. In questo modo, pensando che nella città coesistono diverse interazioni sociali, diversi immaginari urbani sono prodotti ogni giorno. Questi derivano dal rapporto tra le persone e uno specifico spazio urbano»2. All’elaborazione di tale indagine convergono due concetti fondamentali: la presenza di un Patrimonio Urbano e architettonico fenomenicamente visibile, che si riferisce allo spazio urbano fisico, e il Patrimonio Culturale immateriale e quindi 73
invisibile, costituito da mitologie, leggende, storie, iconografie, libri e filmati che parlano della città. Si tratta di singoli elementi costituenti un tutto immaginato, un’unità trascendente in cui nessuno di questi elementi ha la priorità sull’altro o è da considerare più importante. Arcoiris è tutto questo. E non solo. Nasce nel cuore di Santiago, nel quartiere di Yungay e intende essere un polo di aggregazione per il quartiere, per la città e il paese intero. La sua presenza è un tributo alla tragedia consumata in questa regione, ai confini del mondo, alla storia compiuta violentemente dagli uomini su altri uomini. Per cercare e ristabilire la giustizia e, infine, non dimenticare ma riconoscere i colpi inferti all’individuo e alla comunità e celebrarli con l’intento di insegnare ai propri figli o a quanti verranno in questo luogo in cerca di una verità. Nel segno dunque di un percorso di crescita e di consapevolezza «è necessario collegare il lavoro dei musei con l’educazione e la comunità territoriale. È necessario riconoscere e valorizzare i musei come spazi per generare e trasmettere conoscenze, ricordi e identità; come luoghi di diversità e incontro comunitario e come agenti di cambiamento sociale e sviluppo economico. In questo senso, il ruolo educativo dei musei deve essere posizionato e aggiornato concettualmente; si deve incoraggiare lo sviluppo di programmi educativi per diversi pubblici oltre a collegare la sua funzione allo sviluppo economico del suo ambiente»3. L’essenza profonda di Arcoiris è quella di un inno alla gioia di vivere, un appello all’allegria, quella stessa allegria che, ancorché promessa al popolo sin dalla fine degli anni bui della dittatura, stenta ancora a far sentire la propria forza. L’allegria di poter tornare a fare le cose, l’allegria di incontrarsi, di scoprirsi, di parlare, di agire. Solo un’esigua parte del popolo ha la libertà di essere se stessa; per molti non è ancora così. La tendenza all’annichilimento e allo svilimento di un senso democratico e patriottico operata nei 17 anni di terrore, lo smantellamento architettonico di qualsivoglia struttura destinata all’incontro tra la gente, la distruzione di spazi di aggregazione sono segni ancora visibili nel tessuto urbano della capitale. La gente non ha luoghi d’incontro, non ha piazze. Arcoiris, è una presenza discreta nata sulle cicatrici di una generazione in lotta, è un tentativo di presenza civica che aspira a un futuro diverso costruito sulle orme della storia. Non è una costruzione monumentale, viceversa si pone come anti-monumento e cerca nell’uomo e nei suoi bisogni la sua centralità. L’edificio fa riferimento al museo della memoria e si trova all’interno dello stesso lotto sviluppato lungo Avenida Matucana. La struttura museale vera e propria, realizzata nel 2010 in seguito ad un concorso pubblico aggiudicato dal team di Studio America di San Paolo del Brasile, risulta essere già una presenza importante all’interno dell’area progettuale sia da un punto di vista culturale che architettonico. E’ un monumento alle vittime della violenza e al popolo Cileno tutto e, in quanto tale, la sua importanza simbolica, costringe a discrezione e profondo rispetto nell’approccio. L’idea di Arcoiris è dunque quella di accompagnare il museo senza scontrarsi con esso per sostenerlo strutturalmente e culturalmente, abbracciarlo senza tuttavia distogliere l’attenzione dal focus e dalla mission della struttura principale. L’intervento mira dunque alla ricerca di un equilibrio sia strutturale che culturale con il costruito, un’azione operata nel più profondo rispetto della sacralità del luogo e coerentemente con le finalità dello stesso. Una proposta atemporale che non intende trascurare le testimonianze e le storie qui racchiuse ma sprona a guardare e capire perché solo dalla conoscenza nasce la consapevolezza, perché è storia dei nostri giorni e non deve essere dimenticata.
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La Socializzazione Primaria e le sue caratteristiche, Sintesi di Sociologia, Università degli Studi di Verona Sociologia, Scienze della formazione Prof. Maria Gabriella Landuzzi, Casa
editrice Edizione universitarie cortina 2 Estudio sobre el Imaginario Urbano del Barrio Yungay y su relación con el Museo de la Memoria y los Derecho Humanos, Carrera de Sociología Informe Final, Práctica Profesional, Universidad Alberto Hurtado (pag.35) Santiago, Chile Julio de 2015 3 Hacia una politica nacional de museos, Documento Base para la construcción de una Política Nacional de Museos, ubdirección Nacional de Museos - Dirección de Bibliotecas, Archi74
vos y Museos – DIBAM (Dirección de Bibliotecas Archivos y museos) – Enero 2015
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ICONOGRAFIA https://coloresbrillando.com/tag/pinochet/
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Slogan di dissenzo
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ARCOIRIS
E’ C H E
E’ curiosità DI CONOSCERE E E CONOSCERSI N E R G I A E’ la voglia di scoprire un tempo ammutolita
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Arcoiris è un sogno che forse non si è mai avverato. O magari non per tutti. E’ il sogno di quell’allegria tanto vagheggiata e attesa ma mai realmente raggiunta. Arcoiris è una lusinga, la promessa mai mantenuta. La promessa di un ritorno alla vera democrazia, la promessa di uno spazio uguale per tutti a prescindere dallo stato sociale ma all’insegna dell’incontro, dove non esistono privilegi ma solo condivisione. E’ uno spazio di tutti dove ognuno è libero di pensare e di manifestare la propria opinione o di esprimersi come preferisce. Un posto magico, dove ognuno può essere se stesso ed essere rispettato dagli altri. Qui non importa se sei dentro o fuori perché sei comunque travolto e accolto dolcemente allo stesso tempo. Arcoiris è il luogo dove andare quando non si ha spazio in casa, dove è possibile esprimere la propria arte o applicarsi ad un hobby. E’ un’area facilmente raggiungibile. Qui si può arrivare in monopattino, in macchina, in Uber, in metro, in bici o come si vuole.
E ’ l’ A G O R À n ega t a d ur ant e la ditt atu r a
PER CHÈ
INCONTRO
E’ il luogo di e confronto proibito. E non solo per gente benestante ma per chiunque ne senta la necessità e l’urgenza
S I P R O P A G A
E’ la comunità che si è persa
Nasce dall’idea di dialogare, adattandosi tanto alle persone che abitano e vivono il quartiere quanto al contesto urbanistico esterno. Le sue forme si generano dal museo e dalla piazza della memoria. Con l’idea di accogliere tutti in più direzioni e a diverse altezze, il progetto ha inizio da scalinate che svolgono la funzione di accesso e contatto alla città. Dalle scalinate si sviluppano delle passerelle in piano che costringono al movimento per scoprire scorci e ambienti da punti di vista sempre nuovi. E si continua fino al nascere del bisogno di una sosta per accogliere e godere i cambiamenti. Per poi ricominciare. Questi percorsi generano una piazza che non è mai allo stesso livello, uno spazio senza ostacoli dove si è chiamati a scegliere come viverla o dove fermarsi. Anche chi viene dalla strada viene accolto per sostare e godere Arcoiris. Il complesso ha origine dal museo della memoria porque nace el arco iris despues de la temesta. Non si confronta né si scontra mai con il museo ma umilmente si adagia accanto con la consapevolezza della sacralità del monumento che ha di fronte. In nessun caso gira le spalle al museo e al passato in esso racchiuso ma lo legge come un tempo prioritario da cui imparare, come una parte di storia da non cancellare, come uno spazio costruito indiscutibilmente presente. Arcoiris si sviluppa e si adatta al territorio come una conseguenza della tragicità del passato e della sua memoria epurata tuttavia da qualunque segno di violenza o forza e definita da una energia positiva, libera e accogliente. La struttura è sempre rivolta al museo ma attenta al quartiere in cui è innestata. Al contrario del museo non si sviluppa in altezza ma rispetta la quota media delle abitazioni storiche del quartiere, e delle case tipiche di Santiago senza essere una presenza determinante e invadente. Il disegno e i volumi curvi definitivi del progetto rispecchiano eredità culturali tipicamente cilene. I Cileni infatti sono abituati a spazi caratterizzati da circonferenze concentriche significativi delle miniere di rame in cui la maggior parte del popolo lavorava nonché causa scatenante di importanti interessi economici da cui ebbe origine la dittatura.
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E’ armonia E’ esperienza E’ speranza E’ grembo E’ gioco E’ rispetto E’ convergenza E’ moto perpetuo E’ curiosità E’ utopia
E’ accoglienza E’ ricordo E’ desiderio E’ nido per sognatori E’ rifugio E’ inclusione E’ legame E’ invito al cambiamento E’ esperimento E’ democrazia
E’ partecipazione E’ libertà…fluida, immediata libertà 78
ARCOIRIS
COS’È
Nasce dall’idea di dialogare, adattandosi tanto alle persone che abitano e vivono il quartiere quanto al contesto urbanistico esterno. Le sue forme si generano dal museo e dalla Piazza della Memoria. Con l’idea di accogliere tutti in più direzioni e a diverse altezze, il progetto ha inizio da scalinate che svolgono la funzione di accesso e contatto alla città. Dalle scalinate si sviluppano delle passerelle in piano che costringono al movimento per scoprire scorci e ambienti da punti di vista sempre nuovi. E si continua fino al nascere del bisogno di una sosta per accogliere e godere i cambiamenti. Per poi ricominciare. Questi percorsi generano una piazza che non è mai allo stesso livello, uno spazio senza ostacoli dove si è chiamati a scegliere come viverla o dove fermarsi. Anche chi viene dalla strada viene accolto per sostare e godere Arcoiris. Il complesso ha origine dal museo della memoria porque nace el arco iris despues de la temesta. Non si confronta né si scontra mai con il museo ma umilmente si adagia accanto con la consapevolezza della sacralità del monumento che ha di fronte. In nessun caso gira le spalle al museo e al passato in esso racchiuso ma lo legge come un tempo prioritario da cui imparare, come una parte di storia da non cancellare, come uno spazio costruito indiscutibilmente presente. Arcoiris si sviluppa e si adatta al territorio come una conseguenza della tragicità del passato e della sua memoria epurata tuttavia da qualunque segno di violenza o forza e definita da una energia positiva, libera e accogliente. La struttura è sempre rivolta al museo ma attenta al quartiere in cui è innestata. Al contrario del museo non si sviluppa in altezza ma rispetta la quota media delle abitazioni storiche del quartiere, e delle case tipiche di Santiago senza essere una presenza determinante e invadente. Il disegno e i volumi curvi definitivi del progetto rispecchiano eredità culturali tipicamente cilene. I Cileni infatti sono abituati a spazi caratterizzati da circonferenze concentriche significativi delle miniere di rame in cui la maggior parte del popolo lavorava nonché causa scatenante di importanti interessi economici da cui ebbe origine la dittatura.
Sala multiuso
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COME SI VIVE IN
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Ciò che si può fare all’interno di Arcoiris dipende quasi interamente dalle persone e dal loro modo di appropriarsi dei luoghi. Gli spazi sono distinti e molto diversi tra di loro ma si colgono come un unico grande ambiente. Nell’edificio, il gioco di movimento e di differenti percezioni dello spazio non è dato solo dalla copertura progettata a più quote, ma anche da uno sviluppo interno irregolare che incontra ambienti di diverse altezze con strutture murarie occupate da servizi e abitate da persone. È un luogo che stimola la creatività e in cui tutti possono immaginare il proprio punto di incontro. In Arcoiris si conosce l’altro grazie al confine quasi impercettibile degli ambienti. Qui è possibile manifestare, innescare e condividere eventi che coinvolgano il pensiero comune o di pochi. Si riscopre la comunità, scomparsa da tempo; si accoglie l’arte, la scienza, la cultura. Sono le persone a dare vita agli spazi scoprendo e creando dimensioni personali di utilizzo. In Arcoiris non si vive solo il proprio spazio ma anche quello degli altri. In Arcoiris sei dentro, sei fuori e sei comunque parte del tutto. Lo spazio esterno può diventare una piazza, un palco, un sipario, una platea, una pista, un campetto per giocare a palla. Uno spazio che diventa tempo. Dove si vive il presente, si riflette sul passato e si progetta il futuro. Arcoiris è un edificio senza età e senza etnia. Arcoiris è per tutti quelli che ne hanno bisogno o semplicemente per coloro che vogliono farne parte. È per le persone che desiderano fare e farsi domande. È per chi non si accontenta. È per chi è piccolo e vuole scoprire. Per chi non ha ricevuto in passato ma pensa che non sia mai troppo tardi. È per chi è timido e per chi vuole mettersi in mostra. È per chi pensa sia un gioco o per chi pensa sia un lavoro. È per gli abitanti del barrio ma anche per lo straniero. È per il lettore che fugge dalla coltre dello smog urbano. Per chi non sa dove costruire un sogno. Per chi non si è ancora arreso e per chi si è già arreso. È per chi sa che può suonare e per chi vuole solo ascoltare. Per chi non ha
ARCOIRIS
spazio e per chi non ne ha mai abbastanza. Per il piccolo skater e per la ragazza con l’aquilone. Per chi vuole solo un caffè o per chi il caffè lo vuole cucinare da sé. È per chi festeggia il compleanno. È per un mercato al coperto. È per chi crede che non finisca tutto con un museo. Per chi va oltre. Per chi è solo e per chi non lo è mai. È per i militari…no, per quelli qui non c’è spazio!
E ancora… per chi è alto per chi è sposato per chi vuole fare l’astronauta per chi disegna sul muro per il fratello per lo studente per il hueon per il commercialista per lo scultore per l’attrice per il meccanico
per il nullafacente per il comunista per lo scienziato per l’artista di strada per il pazzo del quartiere per Juan per la nonna per il musicista per il cartomante per il genio per chi ride per il buzzurro
Un dia en Arcoiris
¡Viva Chile! ¡Viva el pueblo! ¡Vivan los trabajadores!
A NC NU ÁS M
¿DONDE ESTAN ?
NO
AMOS OLVID
NDE ¿DO N? ESTA
NO
OLV
IDA M
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NUN C MÁ A S
¿DONDE ESTAN?
OLV
NO
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¿DONDE ? ESTAN
11 settembre, Giornata della Memoria
Huevón Carrete
Cachai
Bacán
Po
Pasarlo chancho
Buena onda
3 ottobre
s
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Fies
Cueca
Fies
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Patr ia
s
Cueca
18 e 19 settembre, Festa Nazionale
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COSA SI FA IN ARCOIRIS
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COM’È
N AT O
ARCOIRIS
Arcoiris ha origine dallo studio dell’esistente. Le curve che delimitano le coperture infatti non sono altro che un prolungamento delle curve generanti rispettivamente lo spazio di Piazza della Memoria limitato dalle scale, lo spazio di ingresso al museo prima del cambio di quota e lo spazio della copertura che si contrappone alla rampa di discesa. L’irregolarità nell’andamento del terreno, eredità della mai costruita Stazione Intermodale, favorisce lo sviluppo del risultato finale: una grande piazza abitata su più livelli collegati da diverse rampe. Le forme morbide, accoglienti non sono solo però conseguenza di un adattamento naturale al contesto limitrofo, ma appartengono a filosofie che ridefiniscono il concetto di spazio, visto non più come una somma di ambienti frammentati ma come un insieme fluido e continuo dove fare, produrre, stare. L’ispirazione al segno e al significato giunge da Noguchi e Sejima, architetti e artisti che hanno già affrontato il tema delle curve combinate con linee geometriche e della scansione ma non partizione dello spazio comune.
Nel complesso di Arcoiris la disposizione degli ambienti interni si struttura per garantire possibilità di scelta ai fruitori e disperde totalmente la distinzione tra spazi serviti e serventi in modo che questi si adattino alle esigenze sempre nuove della comunità. Spazio interno ed esterno si sviluppano in continuità e dialogo. La scansione dello spazio interno non è strettamente conseguenziale all’esterno anche se permane una relazione continua richiesta soprattutto da necessità strutturali e indicazioni normative.
I cambiamenti culturali e tecnologici cui siamo sottoposti determinano la generazione di idee, esigenze e attività in perenne evoluzione. La società contemporanea infatti vive in un momento di mutazione in cui è sempre più difficile definire quale sia l’ambiente di lavoro, di studio, di incontro, cosa sia privato e cosa sia pubblico. Oggi si può fare tutto in qualsiasi luogo. Consapevole di ciò, la piazza abitata propone luoghi flessibili, dinamici, volti a continua interazione e collaborazione fra le persone. Gli ambienti confortevoli a misura d’uomo suscitano senso d’appartenenza mentre aree dedicate a coworking promuovono chiara identità di gruppo. Inoltre lavoratori itineranti come freelance, possono trovare spazi formali e informali per riunioni, attività collaborative, scrivanie da condividere con colleghi o semplicemente con altri liberi utenti. La mobilità e la sperimentazione che caratterizzano il mondo del lavoro oggi in Cile, richiedono la presenza di spazi in grado di ospitare lavoratori dinamici e perennemente connessi. Nuovi equilibri si ricercano tra il sovrapporsi e l’incrociarsi di vita privata e lavorativa. Aree relax, caffetterie e spazi di incontro incoraggiano la condivisone e la permeabilità delle idee, ambienti a misura d’uomo stimolano lo stare, il permanere. La necessità di spazi formali e informali per incontri e attività collaborative si integrano con aree più intime in cui le scrivanie, spazi condivisi e non esclusivi di lavoro, sono disposte per promuovere comunicazione e collaborazione e diffondere un senso d’identità e favorire comunicazione e collaborazione. 83
Concept
I volumi
Livello 1 Livello 2 Livello 3
Museo de la Memoria
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Arcoiris
Disabile
Disabile
Pedone
Pedone
Ciclista
Ciclista
Automobilista
Automobilista
Piani non visibili
L’unione
Piani visibili
Numero piani totali
L’area di progetto
Piani visibili Piani non visibili
Numero piani totali
Piani visibili Piani non visibili
Numero piani totali
Livello 1 Livello 2 Livello 3
Museo de la Memoria Livello 1 Livello 2 Livello 3
Il focus
Gli accessi Museo de la Memoria
Arcoiris
Disabile
Disabile
Pedone
Pedone
Ciclista
Ciclista
Automobilista
Automobilista
Gli edifici che emergono
Arcoiris
Disabile
Disabile
Pedone
Pedone
Ciclista
Ciclista
Automobilista
Automobilista
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M
S I S E
AR C OI
IS CO 86
R
V
UPP L I A
Arcoiris è un edificio articolato in quattro livelli interconnessi e liberamente fruibili grazie alla presenza di collegamenti verticali quali rampe, scale e ascensori. Tre di questi si sviluppano sotto la quota stradale. Data la natura ipogea del progetto, la corretta nominalizzazione dei differenti livelli diventa elemento imprescindibile per la comprensione e l’orientamento nel sito. Punto di riferimento quale quota base è il livello su cui si estende Piazza della Memoria, l’area antistante la Barra identificato con livello 1. Il livello -1 si sviluppa sotto la Piazza della Memoria e contiene l’area parcheggi. Il livello 2 si eleva sopra il livello 1 e raggiunge con la sua copertura il piano stradale. Infine il livello 3, il più alto, è l’unico che fuoriesce sul livello stradale adeguandosi alle altezze costruite nel quartiere. L’accesso su strada è il più piccolo e presenta uno degli ingressi all’edificio nonché la presenza di collegamenti verticali con i piani inferiori. Livello -1 Il livello inferiore della struttura è occupato dall’area parcheggi e dalla zona impiantistica. L’accesso è garantito da una rampa esterna attraverso un varco opposto a quello pedonale. La costruzione della rampa si è resa necessaria per separare l’edificio dalla schiera delle case esistenti alla fine del lotto considerate patrimonio e quindi, come tali, non abbattibili. Livello 1 Al livello 1 si accede direttamente dalla piazza della memoria. L’entrata principale si trova quota -7,00 m, l’accesso principale non è in continuità con la piazza ma é là dove la vetrata continua si divide permettendo appunto l’accesso all’edificio. Il livello uno è sicuramente il più complesso. Lungo la grande vetrata continua vi sono dei punti in cui la stessa si apre creando permeabilità e continuità con la Piazza della Memoria. Il livello 1 si presenta come uno spazio totalmente libero e fluido, talvolta delimitato da tende che permettono maggiore intimità in caso di necessità, accoglie aree riservate al relax, all’incontro, al gioco, allo svago e al coworking. La disposizione interna è progettata in considerazione delle esigenze acustiche: le attività seguono un andamento radiale procedendo dalla zona rumorosa a quella più silenziosa. Muri abitati e patii definiscono gli ambienti. I primi contengono servizi quali bagni, guardaroba, armadietti e si adattano alle funzioni delle aree confinanti. Il primo livello può essere suddiviso in fasce concentriche: nella prima, quella più vicina alla piazza, vi è il bar, delle zone relax e delle zone studio più chiuse, nella seconda invece si trovano la zona ludica, la zona studio e il coworking infine con una zona lettura più privata. Internamente grandi muri abitati e patii sono gli unici elementi divisori delimi-
tanti zone e spazi caratterizzati da differenza nella distribuzione delle funzioni. Le cavità contenute nei setti murari accolgono al loro interno altri spazi fruibili o di servizio. Ad esempio il muro abitato presente alla sinistra del bar esterno racchiude i servizi dell’esercizio, bagni pubblici nonché uno spazio destinato al deposito di bici accessibile attraverso una rampa collegata alla piazza. Sul lato diametralmente opposto dell’edificio, oltre ai servizi igienici è possibile trovare degli accessi di servizio che connettono i due dislivelli (scale e ascensore). Distribuite all’interno dei muri abitati si trovano anche delle salette riunioni. Al primo livello si trovano anche le due sale multiuso. La sala multiuso vetrata può essere utilizzata anche per attività sportive dato che ha la possibilità di utilizzo degli spogliatoi. L’altra sala multiuso, che può essere considerata anche più formale per la sua forma cilindrica, può essere utilizzata anche quando il resto dell’edificio è chiuso in quanto ha un collegamento diretto sia con il livello 3 che con il livello -1 dei parcheggi. Livello 2 Al secondo livello, che si trova a +3.50 m dalla Piazza della Memoria, si può accedere esternamente grazie ad un’ entrata situata nel secondo terrazzamento
della piazza, internamente invece vi sono due blocchi scale e ascensori che collegano i piani e infine vi è una grande rampa che dal livello 1 conduce fino al livello 2 . Anche qui lo sviluppo degli ambienti non corre interamente alla stessa quota ed è caratterizzato da muri abitati e patii che attraversano tutto il piano. Una mensa, una cucina pubblica, uno studio di incisione e registrazione definiscono le attività principali di questo secondo livello. In corrispondenza dell’entrata si trova una prima zona di relax destinata a creare una continuità con l’esterno. Qui il suolo non procede con andamento pianeggiante ma inizia a scendere fino ad uno sprofondamento di 50 cm da dove poi continua in piano. Accedendo al piano tramite la rampa l’utente non è costretto a percorsi obbligati ma ha libera possibilità di scelta. Tra l’area del patio e il muro abitato di fondo si estende una zona ristoro, anch’essa raggiungibile direttamente dai collegamenti verticali quali scale e ascensori. Nel muro abitato di fondo trovano allocazione una mensa con un magazzino di deposito dedicato e una cucina pubblica autogestita dai fruitori. Le due funzioni, distinte all’interno del muro, sono invece un continuum con la zona dei tavoli dove democraticamente non vi è distinzione alcuna tra clienti della mensa e avventori della cucina comunitaria. Un piccolo studio di registrazione e incisione, con una sala insonorizzata utilizza-
Area studio
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bile anche come sala prove, si affaccia sulla sala Multiuso Due che si eleva con un soffitto a doppia altezza. Al piano si trovano anche dei servizi igienici e, in una zona separata, raggiungibili da scale dedicate, due stanze destinate agli uffici amministrativi della struttura. Il secondo livello presenta un’area calpestabile più ridotta del sottostante a cui si affaccia con balaustre. Queste contribuiscono a creare una successione spaziale e contemporaneamente, non ostacolando la visuale, garantiscono la persistenza di una corretta lettura dell’intero complesso.
Livello 3 L’ultimo piano è quello che permette l’entrata all’edificio dal livello strada ed è il piano di dimensioni più ridotte. La funzione di ingresso alla struttura e la presenza di un info-point dedicato al complesso e all’intero quartiere determina le tipologie di fruizione. Il livello si presenta strutturalmente come un muro continuo lungo tutto il perimetro e una vetrata in corrispondenza dell’accesso vero e proprio. Facilitato dalla continuità con la quota stradale, il livello presenta un ulteriore piccolo deposito biciclette destinato ai visitatori. Internamente lo spazio unico del piano viene interrotto solamente dalla presenza Entrata
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della Sala Multiuso cilindrica che si estende fino ad incrociare la copertura. Coperture Le coperture dell’edificio sono gli elementi che definiscono la forma e l’andamento della piazza esterna su più livelli. Partendo dal livello strada, la copertura presenta un corridoio piano, che si sviluppa a fianco del livello fuori terra, grazie al quale è possibile raggiungere agilmente l’ingresso e accedere all’edificio senza i problemi determinati dalla pendenza. Lungo questo percorso, vi sono progettate sedute continue che sfruttano la copertura superiore come tettoia per un ombreggiamento ristorativo. Da questo corridoio inizia un piano inclinato che raccorderà il livello stradale con la copertura del livello 2 che si trova a +1 m. I terrazzamenti continuano avendo sempre un punto più alto in corrispondenza delle entrate all’edificio e poi si raccordano con le altezze delle scale della Piazza della Memoria. Nel piano delle coperture vi sono dei lucernari che permettono il passaggio della luce zenitale. Questi sono posti in luoghi strategici distanti dalla luce naturale e dove si svolgono attività che necessitano o comunque sono favorite da una luce naturale, quali zone studio e lettura piuttosto che la zona reception.
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Masterplan Scala 1:1000
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Pianta - 7.50 m Scala 1:500
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Pianta - 3.00 m Scala 1:500
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Pianta +0.00 m Scala 1:500
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Pianta -13.00 m Scala 1:500
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Prospetto 101
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Sezione AA’ Scala 1:500
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Sezione BB’ Scala 1:500
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Sezione CC’ 107
DETTAGLIO FACCIATA PLAZA DE LA MMEMORIA
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1_Piastra di fondazione in calcestruzzo armato (C 35/45), con sistema di impermeabilizzazione vasca bianca, sp. 80 cm 2_Getto di sottofondazione in calcestruzzo livellato, sp. 12 cm 3_Muro perimetrale controtterra in calcestruzzo armato (C 35/45), con sistema di impermeabilizzazione vasca bianca, sp.50 cm 4_Solaio a piastra bidirezionale in calcestruzzo armato (C 35/45), sp. 45 cm 5_Piastra di fondazione in calcestruzzo armato (C 35/45), con sistema di impermeabilizzazione vasca bianca, sp. 45 cm 6_Parapetto in calcestruzzo armato (C 35/45), sp.25 cm 7_Membrana bituminosa elastomerica 8_Coibentazione termo-acustica in polistirene espanso estruso, conducibilità termica λ=0.036 W/ mk, sp. 5 cm 9_Doppio foglio di guaina impermeabilizzante 10_Geotessuto tridimensionale in PE 11_Strato di separazione in TNT 12_Strato di separazione e protezione in doppio strato in cartonfeltro bitumato 13_Coibentazione termo-acustica in polistirene espanso estruso, conducibilità termica λ=0.036 W/mk, sp. 8 cm 14_Coibentazione termo-acustica in polistirene espanso estruso, conducibilità termica λ=0.036 W/mk, sp. 6 cm 15_Sedute esterne in calcestruzzo alleggerito(1200 kg/m3 ), con casseri a perdere, altezza 40 cm 16_ Pluviale metallico di raccolta e smaltimento dell’acqua, larghezza 10 cm 17_Getto in calcestruzzo fibrorinforzato, con fibre di vetro, sp. 10 cm 18_Rele eletrosaldata, diametro 8 mm, 20 * 20 cm 19_ Giunto Schöck Isokorb calcestruzzo/ calcestruzzo, sp. di isolamento 8 cm 20_ Tubo per drenaggio ø 10 mm forato solo nella parte superiore 21_ vetrocamera composta da: strato interno in vetro di sicurezza 1B1 stratificato 6/0.76/7, camera d’aria con gas argon di 16 mm, strato esterno vetro di sicurezza 2B2 6/7 22_ Sistema per facciate in alluminio a montanti e traversi Schüco FWS 35 PD, 18.7 cm * 3.5 cm 23_Canale in calcestruzzo con telai zincati di drenaggio per la raccolta e il convogliamento delle acque superficiali, larghezza 15 cm 24 _Pavimentazione esterna in calcestruzzo rifinita con resina di rivestimento, sp. 8 cm, attrezzata per l’illuminazione e per la raccolta delle acque meteoriche 25_Getto di allettamento in calcestruzzo, sp. 18 cm 26_ Terreno di riempiemento con terra a granulometria mista 27_ Terreno
Sezione orizzontale facciata Plaza de la Memoria
DETTAGLIO SALA MULTIUSO 1_Setto strutturale in calcestruzzo armato (C 35/45), sp. 40 cm 2_Solaio a piastra bidirezionale in calcestruzzo armato (C 35/45), sp. 45 cm 3_Coibentazione termo-acustica in polistirene espanso estruso, conducibilità termica λ=0.036 W/ mk, sp. 5 cm 4_Doppio foglio di guaina impermeabilizzante 5_ Cappa di protezione in calcestruzzo, sp. 7 cm 6_Strato di separazione e protezione in doppio foglio di polietilene 7_Pannello rigido in lana di roccia non rivestito a media densità, sp. 5 cm 8_Getto in calcestruzzo fibrorinforzato, con fibre di vetro, sp. 10 cm 9_Rele eletrosaldata, diametro 8 mm, 20 * 20 cm 10_Montante verticale in pino piallato 4’ * 12’ 11_Montante orizzontale in pino pialalto 4’ * 12’ 12_Rivestimento con pannelli in legno Pino Oregon con tasselli in alluminio flessibile, con trattamento ignifugo, 5.5 cm * 2 cm 13_Tensori in alluminio appesi a soffitto, ø 5 14_Binario di sostegno in alluminio del rivestimento del soffitto, sp. 3 cm 15_Sistema di ancoraggio montante orizzontale a soletta con bullonatura 16_Trave nervata in calcestruzzo armato (C 35/45), sp. 50 cm * 60 cm 17_Rivestimento in doghe di legno di larice, con trattamento ignifugo, con sistema di binari a sospensione, 11 cm* 1.5 cm 18_ Montanrti verticali in alluminio di sostegno al rivestimento interno con sezione tubolare 10 cm * 4 cm 19_ Montanrti verticali in alluminio di sostegno al rivestimento esterno con sezione tubolare, 5 cm * 3 cm 20_Montanrti orizzontali in alluminio di sostegno al rivestimento esterno con sezione tubolare, 3 cm * 3 cm
Sezione sala multiuso
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TECNOLOGIA
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Attraverso sezioni dedicate, sono stati descritti tutti gli aspetti che riguardano l’opera in analisi, procedendo da una scala più ampia che si relaziona con il territorio circostante a livello del progetto, fino a giungere ad una scala di dettaglio dell’edificio. L’analisi sul contesto e sullo sviluppo storico e geografico in cui insiste il progetto di Arcoiris è stata già oggetto di indagine nella prima parte della tesi. Nelle riflessioni proposte è possibile percepire influenze e trasformazioni avvenute nel tempo all’interno dell’area in esame. Di seguito si affrontano gli obiettivi da perseguire attraverso opportunità socio-economiche presenti e quelli che sarà possibile fornire all’area attraverso ulteriori gesti progettuali. Dell’area dell’edificio in esame sono definite le unità ambientali ovvero tutti gli spazi presenti unitamente alle attività praticabili e reciprocamente compatibili nel tempo e nello spazio. Tali attività e bisogni sono da rispettare sin dalla fase di progettazione, con uno sguardo attento a qualunque tipologia di utenza. 1_VINCOLI E OPPORTUNITA’
1.1 Vincoli ambientale Barrio Yungay, il quartiere in cui è inserita l’area di progetto è composito sia per quanto riguarda le etnie presenti che per l’utilizzo del suolo. Qui possiamo trovare delle residente e edifici destinati al terziario. L’omogeneità architettonica è da affidare alla sua natura di quartiere storico in cui gli edifici non superano genericamente i tre piani fuori terra. Una tipologia costruttiva molto diffusa in questo quartiere è quella della Citè in cui le case presentano un’impostazione
simile con dimensioni molto ridotte, talora minime. Si tratta di abitazioni che non superano i 60/70 m2 e, pur nascendo per piccoli nuclei, possono tuttavia essere abitate anche da intere famiglie. Il barrio è un chiaro esempio di ciò che avviene a ovest della città di Santiago dove la gente è costretta a vivere in case minime e dove quindi gli spazi destinati allo svago o ad altre attività sono molto ridotti se non inesistenti. Yungay è anche il quartiere dei musei e, come tale, è una zona culturalmente molto attiva e turisticamente in perenne movimento. Proprio dall’unione di questi due elementi nasce Arcoiris. Arcoiris è una risposta alle esigenze di quartiere. È un edificio che si presta a soddisfare le esigenze di chi lo occupa. Aperto alla progettazione e alla realizzazione di spettacoli, eventi o semplicemente incontri. E’ possibile raggiungere Arcoiris in auto, in bici o in metro. Studenti e famiglie possono dunque spostarsi in modo agevole da e verso l’area senza aver bisogno di utilizzare l’auto o comunque senza lo stress della ricerca di un parcheggio. Inoltre essendo il Cile un paese in via di sviluppo, l’opzione del lavoro interinale o comunque operato via web si sta sempre più sviluppando. Sempre più persone hanno bisogno di un computer, di uno spazio ridotto e di una connessione wifi per poter lavorare e Arcoiris permette di farlo sia in maniera singola che collettiva. La grande affluenza di persone, attesa in determinate giornate e fasce orarie, potrebbe agire positivamente sulla fruibilità dell’area e sulla sicurezza, soprattutto in quanto è un tessuto urbano attivo non solo durante le zone diurne ma vissuto di notte.
l’opportunità di incontri e scambi di idee sia in ambito privato che pubblico.
1.2 Edificio nel contesto L’obiettivo del progetto è quello di creare uno spazio frequentato da differenti categorie di persone, fluido e attivo durante l’intero arco della giornata, amichevole, permeabile e senza delimitazioni o confini. Uno spazio eccezionale costituito da pieni (ovvero l’edificio in sé insieme al Museo della Memoria) ma anche da ampi spazi vuoti pubblici a servizio della collettività. E’ stato pensato e progettato come un sistema in grado di evolversi, ampliarsi e specificarsi nel tempo. Sono quindi state definite delle linee generali che rappresentano un punto di partenza per la progettazione successiva di ogni singola area e edificio, ma che non vogliono essere una forma di cristallizzazione bloccata in geometrie predeterminate. Le funzioni previste all’interno dell’area sono diversificate. Si tratta di luoghi polifunzionali di uso pubblico, destinate a studenti, famiglie e lavoratori. Le funzioni degli spazi presenti rappresentano un progetto che non vuole solo relazionarsi fisicamente con l’esistente e con la vita pubblica ma anche funzionalmente dare
2_ NECESSITA’
1.3 Edifcicio L’edificio è pensato come un elemento innestato nel territorio urbano, attivo sia durante il giorno che di notte. La possibilità di vivere e frequentare in piena sicurezza l’area durante tutto l’arco della giornata deve essere una garanzia per le diverse tipologie di avventori. Arcoiris è situato in posizione centrale rispetto ai collegamenti e agli assi principali del quartiere, in modo da essere uno snodo e un punto di incontro. L’edificio si trova nei pressi del Parco Quinta Normal, cuore verde del quartiere, all’interno dello stesso lotto del Museo della Memoria e dei Diritti Umani. Sia il contenuto funzionale che la forma architettonica della struttura devono contribuire a creare un centro attrattivo, una sorta di lanterna che accolga visitatori, visibile e riconoscibile senza però alcun intento di sovrastare il contesto di innesto. Deve essere un edificio dalle prestazioni elevate e ciò comporta impianti performanti, uso di materiali di qualità, ottima distribuzione funzionale spaziale, qualità tecnologica e tecnica, manutenzione facilitata e durabilità nel tempo. Sarà una vera e propria opera riconoscibile, un landmark per tutta l’area, in grado di attirare persone e utile al miglioramento della qualità dell’intero Barrio Yungay. Per questo si prevede un edificio dalle grandi dimensioni, sviluppato su una superficie di circa 10300 m2.
2.1 Resistenza meccanica e stabilità L’opera deve essere concepita e costruita in modo che le azioni e le forze cui può essere sottoposta durante la costruzione e l’utilizzo non provochino crolli, deformazioni e danni. 2.2 Sicurezza in caso di incendio L’opera deve essere concepita e costruita in modo che, in caso di incendio, sia garantita la capacità portante dell’edificio, sia limitata la produzione e propagazione del fumo, sia limitata la propagazione del fuoco e siano presenti vie d’uscita o di soccorso. 2.3 Igiene, salute e ambiente L’opera deve essere concepita e costruita in modo che non sia compromessa l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini e in modo da non provocare lo 111
sviluppo di gas tossici, particelle di gas pericolosi, inquinamento di acqua o suolo e formazione di umidità. 2.4 Sicurezza nell’impiego e accessibilità L’opera deve essere concepita e costruita in modo che la sua utilizzazione non comporti rischi di incidenti inammissibili. 2.5 Isolamento acustico e protezione contro il rumore L’opera deve essere concepita e costruita in modo che il rumore cui sono sottoposti gli occupanti si mantenga a livelli tali da non nuocere alla salute e tali da consentire condizioni idonee per lo studio, il riposo e le attività lavorative. 2.6 Risparmio energetico e ritenzione del calore L’opera e gli impianti di riscaldamento, raffrescamento e aerazione devono essere concepiti e costruiti in modo che il consumo di energia sia moderato, tenendo conto delle condizioni climatiche del luogo e senza pregiudicare il benessere termico degli occupanti. 2.7 Disabili L’opera deve essere concepita prestando particolare attenzione all’accessibilità e all’utilizzo da parte di persone disabili o con mobilità ridotta.
Sale multiuso Conferenze
Servizi igienici
3_AREE FUNZIONALI
3.1 Sala multiuso L’edificio prevede uno spazio per la rappresentazione di piccoli spettacoli, conferenze di diverso genere, riunioni e incontri di diversa natura, concerti musicali e eventi vari. Le sale multiuso hanno caratteristiche differenti in relazione alla tipologia d’uso e alle diverse esigenze. Uno dei focus fondamentali richiesti riguarda l’acustica in quanto deve essere possibile una diffusione del suono uniformemente in tutto lo spazio. Gli impianti di diffusione sonora devono essere inglobati nella struttura in modo da offrire un aspetto semplice, pulito e lineare. Il rivestimento, in accordo con gli altri materiali di qualità elevata usati nella sala, può essere tarato per esaltare, assieme al sotto sedile fonoassorbente, la qualità del suono. E’ necessario isolare anche internamente lo spazio per fare in modo che dall’esterno non permei rumore, di disturbo per le rappresentazioni. Inoltre all’interno devono essere presenti fonti di luce naturale al fine di miglio112
Spazi studio
ARCOIRIS
Spazi lettura
Piccola ristorazione (caffetteria) Spazi relax Spazi coworking Spazi per il ristoro
Spazio mostre/ installazioni temporanee
rare la qualità dello spazio nonché tagli nell’involucro per illuminare gli interni in modo indiretto. Deve inoltre essere possibile la presenza di una schermatura della luce nell’ambito di attività che prevedono luci artificiali direzionate e buio in platea o viceversa. A questo proposito è importante che gli spazi adibiti a regia (gestione del suono, luci, effetti speciali etc.) non siano visibili agli spettatori. 3.2 Piccola ristorazione (caffetteria) Nell’edificio è previsto uno spazio adeguato alla piccola ristorazione che funga da caffetteria. Esso sarà utilizzato principalmente da studenti ma anche da avventori passeggeri e deve prevedere spazi adeguati sia per la realizzazione di cibo e bevande, sia per la loro consumazione. La progettazione di questo tipo di locale prevede la presenza di un bancone bar con uno sviluppo preferibilmente lineare e di un mobile a parete da utilizzare per riporre oggetti. Indispensabile pianificare un office anche se le grandi attrezzature sono tutte posizionate nel banco bar. Sarà molto utile un grande piano di lavoro con sottostanti armadietti da sfruttare per usi diversi, e un eventuale frigorifero per vini tranquilli e spumanti. Un tavolo di lavoro servirà di complemento al lavoro di snack e smistamento di attrezzature in particolari momenti di intensa affluenza. 3.3 Spazi studio Sono necessari degli spazi destinati allo studio e al lavoro collettivo che accolgano gli studenti prima e dopo le lezioni o ancora durante i periodi degli esami per permettere loro di studiare in condizioni ottimali. Si richiede in questo caso un’ottima qualità degli spazi, condizioni di silenzio, luce naturale e artificiale, se necessaria, e un impianto elettrico prestante che offra ad ogni postazione prese di corrente e cavi per la connessione ad internet. Le postazioni devono essere caratterizzate da tavoli ampi e sedute comode e adeguate. 3.4 Spazi lettura L’edificio prevede anche spazi dedicati alla lettura e una libreria annessa in cui è possibile la lettura e la consultazione, oltre che l’acquisto di libri e riviste a carattere scientifico. E’ necessaria una progettazione flessibili dello spazio poiché il tema della libreria può essere caratterizzato in modi differenti in base ad esigenze che possono 113
cambiare nel tempo. Sono necessarie scaffalature e sedute, uno spazio adeguato per la lettura con luce artificiale indiretta e luce naturale; silenzio e comfort termico aumentano inoltre la qualità della fruizione. 3.5 Spazi relax In questo enorme contenitore multifunzionale sono necessari anche degli spazi relax in cui rilassarsi e tessere pubbliche relazioni. Tali aree non necessitano di particolari caratteristiche se non quelle descritte fino a questo punto. E’ fondamentale che tali spazi si trovino in posizione sopraelevata in modo da godere di un’ottima vista sull’area. 3.6 Spazi per il ristoro Il secondo livello dell’edificio prevalentemente verrà adibito a mensa e sarà presente una cucina pubblica. Si tratta di uno spazio molto ampio e flessibile con numerosi tavoli mobili che ospitino una grande quantità di persone. Sicuramente non verrà utilizzato solo durante le ore del pranzo ma nell’arco di tutta la giornata come spazio di lavoro e di studio alternativo alle aree esterne. 3.7 Spazio mostre/ installazioni temporanee All’interno dell’edificio progettato è previsto infine uno spazio destinato a mostre e installazioni. Per sua natura si tratta di uno spazio molto ampio, flessibile, con la presenza di luce naturale indiretta proveniente dall’alto, utile ad illuminare le opere esposte, ma anche di luce artificiale direzionabile e controllabile. Lo spazio mostre deve essere allestito in modo comodo e veloce. Per tale motivo è necessario predisporre una configurazione spaziale che consenta metodi di spostamento veloce delle opere e al fine di una gestione ottimale delle superfici. Se tale spazio verrà realizzato a quote sopraelevate, saranno necessari montacarichi o impianti di risalita simili. 3.8 Servizi igienici Come in ogni edificio pubblico sono necessari dei servizi igienici differenziati per uomo, donna e disabili. Le toilette devono essere presenti in ogni piano dell’edificio in modo da essere accessibili sempre in modo semplice e agevole. Anche il numero dei servizi deve essere adeguato, così da non causare affollamenti o disservizi.
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ATTIVITA’
BISOGNI
4.1 AUDITORIUM/ SPAZIO CONFERENZE L’auditorium o spazio conferenze ha come attività principale quella di ospitare: _Conferenze _Rappresentazioni/ spettacoli _Riunioni _Concerti _Eventi
_Flessibilità: lo spazio deve poter essere adattato velocemente ad ogni uso e necessità possibile in modo da rispondere alle esigenze di tutte le funzioni previste.
_Percorsi funzionali: ogni postazione deve essere accessibile in modo semplice e diretto. _File di dimensioni adeguate: per raggiungere il proprio posto con la presenza di persone già sedute nella stessa fila. A.6 Visione dello schermo o del palco
_Visibilità da parte di tutti gli spettatori: tutte le poltrone devono avere buona visibilità del palco o dello schermo. _Possibilità di schermatura: quando necessario, impedire l’ingresso della luce naturale mediante sistemi di oscuramento.
A.7 Ascolto ottimizzato
_Diffusione uniforme del suono: garantire un’acustica buona tramite impianti del suono e l’uso di particolari materiali. _Silenzio: isolamento acustico per evitare l’insorgenza di rumori dall’esterno.
Di seguito sono invece spiegate le attività e i relativi bisogni suddivise per le differenti utenze possibili. UTENZA A: SPETTATORE A.1 Acquisto biglietti
_Biglietteria: spazio all’ingresso per la vendita e l’acquisto di biglietti.
A.2 Deposito oggetti e soprabiti
_Guardaroba: spazio apposito per riporre oggetti e soprabiti scomodi nella sala. _Comfort termico: isolamento termico
A.3 Attesa di inizio spettacolo
_Foyer: spazio di ingresso che precede il vero e proprio teatro. Uno spazio di attesa dove il pubblico viene accolto prima dell’ingresso vero e proprio in sala.
A.4 Uso dei servizi igienici
_Servizi igienici: presenza di servizi igienici per uomini, donne e disabili.
A.5 Facilitazione dei percorsi interni (con particolare attenzione per i disabili)
_Dimensioni adeguate: per consentire l’accesso ai disabili sono necessarie dimensioni minime adatte.
A.8 Rinfresco al termine di uno spettacolo
A.9 Entrate da più livelli
_Spazio rinfresco: è utile uno spazio flessibile adattabile alle differenti necessità. _Locale di servizio: per l’accoglienza di catering e l’ultimazione delle vivande. _Ingresso diretto: permette agli utenti di accedere da più punti contemporaneamente.
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UTENZA D: TECNICI AUDIO E VIDEO
UTENZA B: ADDETTI ALLA PULIZIA E ALLA MANUTENZIONE B.1 Pulizia: in quanto edificio pubblico, deve essere facilitata la pulizia da parte del personale che se ne occupa.
B.2 Manutenzione: in quanto edificio pubblico, deve essere garantita una costante manutenzione di impianti e strutture tecnologiche.
B.3 Sicurezza
D.1 Gestione del suono
_Sala fonico
D.2 Gestione delle luci
_Sala luci _Comunicazione visiva con il palco
D.3 Effetti speciali
_Locale tecnico adibito alla gestione degli effetti speciali.
_Locale tecnico _Locale impianti _Impianti ispezionabili: presenza di punti ispezionabili agevolmente. _Servizi igienici: gli scarichi devono avere dimensioni maggiorate e facili punti di ispezione.
D.4 Sistemazione scenografia
_Magazzino _Collegamento con il palco _Impianti per il trasporto: in caso si trovi a una quota differente dal palco.
D.5 Deposito materiale di supporto alla scena
_Magazzino
_Ingressi controllati _Stanze di supporto: spazi antipanico connessi con la sala in caso di necessità.
D.6 Attività di regia
_Regia: gestione di tutti gli spettacoli.
_Magazzino: spazio per riporre l’attrezzatura. _Locale di servizio: spazio utile al personale addetto. _Rivestimenti dell’edificio con finitura facilmente pulibile.
UTENZA C: ORGANIZZATORI E GESTORI C.1 Organizzazione e gestione: incontri per l’organizzazione di tutti gli eventi.
_Office: spazio di ricevimento per incontri, riunioni e assemblee.
C.2 Deposito di oggetti e soprabiti
_Guardaroba privato
C.3 Lavoro
_Ufficio: ufficio privato per i dipendenti.
C.4 Uso dei servizi igienici
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_Servizi igienici per i dipendenti
4.2 PICCOLA RISTORAZIONE (CAFFETTERIA) _Food and beverage _Stoccaggio cibo _Cucina _Incontri _Pulizia _Manutenzione
4.3 SPAZI STUDIO _Studio _Lavoro
_Cottura e preparazione di cibi/bevande _Presenza spazio di stoccaggio e conservazione cibo _Spazi sedute e tavoli _Spazi ampi _Scarichi: devono avere dimensioni maggiorate e facili punti di ispezione.
_Silenzio _ Spazi attrezzati con tavoli e sedute adeguate _Comfort termico
_Luce naturale e artificiale _Prese elettriche e impianti 4.4 SPAZI LETTURA _Lettura
4.5 SPAZI RELAX _Riposo _Relazioni
4.6 SPAZI PER IL RISTORO _Mangiare _Sedersi
4.7 TEMPORANEE _Esposizione di opere _Trasporto delle opere 4.8 SERVIZI IGIENICI _Utilizzo _Pulizia _Manutenzione
_Silenzio _Comfort termico _Luce naturale e artificiale _Spazi adeguati attrezzati con sedute _Librerie _Flessibilità degli spazi
_Spazi ampi _Sedute adeguate _Luce naturale e artificiale
_Spazi adeguati attrezzati con tavoli e sedie _Possibilità di areazione o spazi all’esterno _Connessione con la mensa
_Luce naturale e artificiale _Spazi adeguati per guardare le opere _Impianti per il trasporto delle opere _Scarichi: devono avere dimensioni maggiorate e facili punti di ispezione.
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Flessibilità: lo spazio deve poter essere adattato velocemente ad ogni uso e necessità possibile in modo da rispondere alle esigenze di tutte le funzioni previste
Silenzio Comfort termico Luce naturale e artificiale Spazi adeguati attrezzati con sedute Librerie Flessibilità degli spazi
Sale multiuso Conferenze
Servizi igienici
Utilizzo Pulizia Manutenzione
Spazi studio
Scarichi: devono avere dimensioni maggiorate e facili punti di ispezione
Studio
ARCOIRIS
Spazi lettura
Lettura
Silenzio Spazi attrezzati con tavoli e sedute adeguate Comfort termico Luce naturale e artificiale Prese elettriche e impianti
Piccola ristorazione (caffetteria) Spazi ampi Sedute adeguate Luce naturale e artificiale
Spazi adeguati attrezzati con tavoli e sedie Possibilità di areazione o spazi all’esterno Connessione con la mensa
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Rappresentazioni/ spettacoli Riunioni Concerti Eventi
Riposo Relazioni
Mangiare Sedersi
Spazi relax Spazi coworking
Spazi per il ristoro
Spazio mostre/ installazioni temporanee
Esposizione di opere Trasporto delle opere
Lavoro condiviso
Food and beverage Stoccaggio cibo Cucina Incontri Pulizia Manutenzione Silenzio Spazi attrezzati con tavoli e sedute adeguate Comfort termico Luce naturale e artificiale Prese elettriche e impianti
Luce naturale e artificiale Spazi adeguati per guardare le opere Impianti per il trasporto delle opere
Cottura e preparazione di cibi/bevande Presenza spazio di stoccaggio e conservazione cibo Spazi sedute e tavoli Spazi ampi Scarichi: devono avere dimensioni maggiorate e facili punti di ispezione.
STRUTTURE
Arcoiris è un edificio sviluppato su quattro livelli, di cui tre ipogei realizzati sotto il livello stradale. L’intera struttura è realizzata in calcestruzzo armato. Nel livello inferiore che chiameremo -1 è previsto un ambiente adibito ad autorimessa. I locali in questione sono raggiungibili da tutti gli autoveicoli a motore attraverso una rampa d’accesso, e con collegamenti verticali, quali scale, montacarichi e ascensori, destinati ai pedoni. Nei piani superiori che chiameremo livello 1, 2 e 3 sono previsti ampi ambienti suscettibili di affollamento, come spazi di cooworking, di studio, aree culturali, ristoro e ambienti ludici. Tutti i piani sono collegati da blocchi di distribuzione verticale. La copertura che riveste l’ultimo piano, quindi il livello 3, quello sviluppato sul livello stradale, è accessibile solamente per attività di manutenzione e riparazione mentre sono previste delle zone a copertura praticabile negli altri livelli. Il materiale strutturale utilizzato è il calcestruzzo armato (rck 45, fck 35). L’utilizzo intensivo di tale materiale è comune nella cultura costruttiva cilena e preferito agli altri anche per la realizzazione di forme complesse. Difatti il progetto si presenta con forme strutturali complesse caratterizzate da setti, pilastri, solai bidirezionali piani ed inclinati nonché travi di rinforzo orizzontali. Si distinguono due tipologie di setti; la tipologia controterra e i setti interni alla pianta. Sono previsti 4 setti controterra. Tre di questi si elevano per tutta l’altezza dell’edificio e si sviluppano fino al piano stradale; il quarto è presente solo nel livello -1, l’unico interamente interrato, in quanto i piani superiori presentano un lato libero
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Solaio
Arcoiris è costituito da solai a pistra bidirezionale presentano una sezione costante ma non un andamento costante. Essi non sono sempre piani presentano, infatti, delle parti inclinate per permettere i vari collegamenti e percorsi. Ognuno con diverse inclinazioni e pendenze si adagiano e si connettono al contesto. All’interno dell’edificio vi è una percentuale maggiore di parti piane, mentre all’esterno avviene l’opposto dando vita a una piazza movientata.
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che affaccia sulla piazza della memoria. La tecnica costruttiva prevista è realizzata con un setto murario in calcestruzzo armato e tiranti di ancoraggio al terreno. Sono inoltre previsti dei setti interni con la funzione prevalente di assorbire le sollecitazioni prodotte da eventuali sismi nonché la funzione di sorreggere verticalmente tutto l’edificio. Sono previsti dei pilastri di forma circolare in quanto si integrano in modo più adeguato ad uno spazio libero e dialogano con l’architettura dell’edificio. Sono previsti dei solai di tipo bidirezionale. La scelta è dettata da motivi di tipo architettonico in quanto questa tipologia di solaio permette una grande libertà in pianta e la possibilità di progettare vani più spaziosi. Inoltre in questo modo è possibile ottenere, a parità di carichi e di luci, dei solai di spessore ridotto rispetto ai metodi tradizionali, e ancora luci più ampie a parità di spessore. Inoltre sono previste delle travi che vanno a compensare puntualmente zone dove il solaio bidirezionale non è in grado di garantire un corretto funzionamento strutturale. In fondazione è prevista una platea alleggerita con dei casseri a perdere. I principali carichi verticali che possono agire sulla struttura sono identificati da pesi propri strutturali, pesi propri non strutturali, carichi causati da ambienti suscettibili ad affollamento, sovraccarichi della neve, carichi per manutenzione delle coperture, carichi per coperture praticabili e carichi per autorimesse. I carichi permanenti sono costituiti prevalentemente dalla presenza di elementi strutturali realizzati in calcestruzzo armato con un peso specifico di di 25kN/m3. I carichi non strutturali sono generati dalla presenza della stratigrafia del solaio, dagli impianti e dalle pareti divisorie. Per quest’ultime due voci verrà utilizzato un sovraccarico di 0,40 kN/m2 per via della presenza ridotta in pianta di impianti ed elementi divisori. La destinazione d’uso prevede la presenza di ambienti suscettibili di affollamento con possibile svolgimento di attività fisiche. In questo caso verrà utilizzato un sovraccarico di 5kN/m2. I sovraccarichi causati dalla neve risultano poco influenti a causa di un tempo di ritorno dell’evento straordinario a lungo periodo con un carico di 0,53kN/m2. Data la presenza di un’autorimessa, i carichi generati dal movimento degli autoveicoli al piano interrato e sulla rampa vengono scaricati direttamente al terreno. E’ previsto un traffico di veicoli medi (peso a pieno carico compreso fra 30 e 160 quintali) che determina un sovraccarico atteso sulla platea di fondazione di 5kN/ m2. Nell’area relativa alla copertura praticabile è previsto un sovraccarico identico a quello relativo alla destinazione d’uso. La presenza di ambienti suscettibili di affollamento privi di ostacoli per il movimento e l’attività fisica delle persone
giustifica un sovraccarico di 5kN/m2. La fisionomia ipogea del progetto determina un’influenza notevole sulla struttura e sui parametri laterali da parte del carico del terreno. Attraverso un carico di tipo triangolare, considerando una Y del terreno di 18kN/m3 con un’ altezza del muri di 12 metri, si ottiene un carico di massimo alla base di 216kN/m2. Inoltre durante le fasi di realizzazione del manufatto architettonico, a causa della sua natura ipogea, sono previste delle strutture provvisorie con la presenza di diaframmi prefabbricati che facilitino l’edificazione verticale. I carichi orizzontali del vento non influiscono in modo ecessivo sulla struttura come quelli determinati da un sisma. Quindi in fase di progettazione strutturale, il carico di natura eolica è trascurabile. Predimensionamento solaio: G= Carichi permanenti: G1= Carichi permanenti strutturali _Piastra in calcestruzzo armato 25kN/m3 * 0.45 m tot= 11.25 kN/m2
= 11.25 kN/m2
G2= Carichi permanenti non strutturali _Massetto in cls fibrorinforzato 25 kN/m3 * 0.1 m= 2.5 KN/m2 _Isolante XPS= 0.3138 kN/m3 * 0.05 m= 0.0157 KN/m2 _Pareti di tamponamento 0.53 KN/m2 tot= 3.05 kN/m2
MyA= -0.1164 *Q*qx2 MyA= -0.1164 * 27.50 * 11.62= - 430.73 kNm MxA= -0.1766 * 27.50 * 122 MxA= -0.1766* 27.50 * 122= - 699, 33 kNm Classe del Calcestruzzo C 35/ 45 = Rck : 45 fck: 35 Verifica ad armatura doppia MxA= 699, 33 kNm fcd= 0,85* 35/1.5=19.83 N/mm2 Acciaio fyd= 391 N/mm2 Predimensionamento della sezione Base: 1000 mm Altezza: 450 mm c: 50 mm d: 450 mm - 50mm= 400 mm Mlim=0.1857 *19.83 N/mm2*1000 mm*(450mm – 50mm) 2/1000000= 589.29 kNm E’ necessaria la doppia armatura
Q= Carichi Variabili _qk= Cat C2 (luogo suscettibile ad affollamento) 5 kN/ m2 _qs= Carico neve = mi*qsk*CE*Ct = 0.69* 0.86* 0.9 * 1= 0.53 KN/ m2
c’= 30 mm M1= 589.29 kNm = 5.89 *108 Nmm M2= 699.33 kNm – 589.29 kNm = 110.05 kNm = 1.10 * 108 Nmm
tot= 5.53 kN/m2
As1*= 5.89 *108 Nmm/(350,49*(400 mm))= 4203.42 10 Φ 24 As1 =4523.89 mm2
Q= (11.25 * 1.3) + (3.05*1.5)+(5.53*1.5)= 14,625 +3.78+ 8,295 = 27.50 kN/ m2 qx=11.6 m qy=12 m Metodo di Bares, piastra su pilastri- soluzione analitica qy/qx=1
AS2*= 1.10 * 108 Nmm /(391 N/mm2*(400 mm – 30 mm)) = 760,71 mm2 10 Φ 10 As2 =785.40 mm2 Armatura tesa AS1+ AS2= 5309.29 mm2 121
Armatura compressa AS2= 785.40 mm2
Sistema di posa dei solai
x=391 N/mm2*(5309.29 mm2-785.40 mm2)/(0,8*(19.83 N/mm2*1000mm)) = 111 mm Armatura compressa snervata Mrd= 391 N/mm2*(5309.29 mm2*(400 mm - 0,4*111 mm)+ 785.40 mm2*(0,4*111 mm -30 mm))/1000000 = 742.28 kNm L’altezza del solaio supposta 45 cm è stata verificata.
Come si è detto nell’immagine precendete, i solai non presentano un andamento costante, per questo motivo è stato preso i n considerazione un sistema di posa che prende spunto da quello utilizzato da SANAA per la costruzione del Rolex Center a L osanna. E’ un sistema semplice caratterizzato da ponteggi e casserature che faranno da base per la costruzione sovrastante, quindi dell’armatura e in seguito del getto del solaio, difatti questo sistema può fa sì che la posa in opera del solaio segua le d irezioni, le pendenze e gli andamenti desiderati. Questa scelta permette di assecondare le esigenze di progetto
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Il punto di partenza nella progettazione e costruzione degli edifici in Cile è il sisma. Il territorio si sviluppa a ridosso di due grandi placche in costante movimento: quella di Nazca e quella sudamericana. La pressione determinata dal movimento di queste placche rilascia dell’energia elastica accumulata durante la deformazione che si libera improvvisamente provocando i terremoti. Il Cile nel corso della storia ha fatto registrato alcuni dei terremoti più violenti mai rilevati. Tra i più significativi vi è quello del 22 Maggio 1960 di magnitudo 9,5 gradi della scala Richter e quello del 27 Febbraio del 2010 di magnitudo 8,8 gradi della scala Richter. La violenza dei due eventi ha determinato catastrofici risultati nella tenuta delle strutture costruttive del paese influendo molto nell’ambito dell’aggiornamento della normativa antisismica. La cultura costruttiva del Cile ha sempre dovuto fare i conti con i fenomeni tettonici e di conseguenza ha adattato e modificato le regolamentazioni e le strategie ingegneristiche. Tale risultato è verificabile operando un confronto tra gli effetti rilasciati dai due sismi appena ricordati registrati alla stessa latitudine e a distanza di 50 anni. Infatti è possibile rilevare che mentre il primo ha determinato la rovina totale di alcuni edifici e gravi lesioni in molti altri con vittime umane sparse ma non numerose, il terremoto del 2010 ha fatto registrare la rovina parziale di qualche edificio e qualche vittima isolata. Le indagini sviluppate successivamente hanno dimostrato che gli edifici maggiormente lesionati erano manufatti che in fase di costruzione non avevano rispettato i parametri e le norme di legge e quindi presentavano armature inferiori a quelle minime consentite. Anche nella progettazione del complesso Arcoiris molte opzioni e ipotesi strutturali sono state valutate e individuate in funzione dell’elevata sismicità del luogo. Difatti i livelli in cui si articola la struttura hanno tutti dimensioni differenti e quindi si muovono e reagiscono in modi diversi in caso di stimolazione sismica. La struttura dell’edificio è progettata in calcestruzzo ed è composta verticalmente da setti strutturali considerati gli elementi rigidi del progetto. La presenza e la
Solaio più sollecitato
Per verificare lo spessore de solaio a piastra bidirezionale è stata presa in considerazione l’area più sollecitata. Questa è l ’area che presenta delle luci molto ampie nelle due direzioni (12 m e 11.6 m ). Quest’area presenta un solaio appoggiato s u pilastri, quindi elementi puntiformi. La porzione di solaio presa in considerazione non termina in corrispondenza dei p ilastri ma è continua nelle 4 direzioni, per questo motivo il momento massimo non sarà quello in corrispondenza al centro d ella porzione presa in considerazione ma sarà il momento negativo presente in corrispondenza dei pilastri. Da questo sono stati effettuati dei calcoli analitici che hanno portato a un predimensionamento del solaio equivalente a 45 cm.
predisposizione di questi setti verticali capaci di dare stabilità all’edificio contro le sollecitazioni cui sarà soggetto durante la sua vita garantirà stabilità nella progettazione strutturale antisismica dell’edificio. Inoltre, una maggiore stabilità è offerta alla costruzione anche dalle pareti perimetrali. Infatti trovandosi in parte interrata la struttura ha già in partenza una resistenza al movimento tellurico maggiore in quanto sono le pareti perimetrali a ricevere le spinte sismiche. La sovrastruttura poggiando su una struttura di elevata rigidezza riproduce una risposta dinamica simile a quella presentata da una massa isolata costruita su appoggi fissi. Naturalmente la verifica in termini di modi di vibrare e di spostamento della massa sismica di ciascun impalcato, andrebbe a rigore verificato di volta in volta. Se però la scatola di fondazione presenta, in termini tridimensionali, una distribuzione di muri, come posizione e rigidezza, molto uniforme e simmetrica, quelle due condizioni dovrebbero essere spesso soddisfatte. Gli elementi strutturali della costruzione sono stati pensati per resistere alle sollecitazioni e permettere deformazioni entro range consentiti. Le variabili basilari da osservare contemporaneamente sono la resistenza laterale e la duttilità degli elementi strutturali: la prima in quanto registra la resistenza orizzontale che si sviluppa in una struttura prima del collasso, mentre la seconda poiché rileva la capacità della struttura stessa di assorbire le sollecitazioni telluriche e conseguentemente disperderle prima di collassare. L’edificio è progettato in modo tale che gli elementi costitutivi devono garantire stabilità al sistema strutturale completo ed essere capaci di trasferire cariche tensive dalle zone danneggiate a quelle maggiormente resistenti al collasso e assicurare l’integrità strutturale anche in presenza di danni localizzati. La continuità strutturale dell’intero complesso favorisce la capacità di dissipazione dell’energia sismica. Arcoiris è un edificio sviluppato in pochi piani e nella maggior parte ipogei e questo determina la presenza di un periodo basso ma contemporaneamente di frequenza alta. Questo determinerà una maggiore sensibilizzazione dello stesso alle scosse e alle sollecitazioni in caso di sisma. Pur essendo inscritta in un’area quasi quadrata di 80 m x 80 m, la struttura ha un andamento radiale della pianta interna. Gli elementi strutturali verticali (sia setti che pilastri) sono continui e attraversano tutti i piani fino alle fondazioni accordandosi con l’andamento delle piante dei diversi piani. I pilastri circolari in calcestruzzo centrifugato con una sezione di 50 cm hanno una funzione statica e scaricano i carichi presenti in copertura mentre i setti murari sono gli elementi di irrigidimento che garantiscono resistenza al sisma. I pilastri hanno sezioni variabili che si muovono da un minimo di 50 cm e, con il loro andamento curvilineo, garantiscono una resistenza al sisma in più direzioni. La struttura orizzontale 123
Pilastro Centrifugato, Punzonamento
invece è costituita da solai a piastra bidirezionale con travi in spessore di 45 cm. I solai presentano tutti una dimensione differente e pertanto non si replicano nelle piante. In presenza di eventi calamitosi di origine sismica, il secondo piano della struttura è quello che fa registrare una maggiore criticità in quanto presenta irregolarità nella forma rispetto agli altri e non si sviluppa nel livello 3. In seguito a calcoli preventivi, si è constatato che l’eccentricità, ovvero la distanza tra il centro di massa e il centro di rigidezza, è valutabile in circa 5 metri, distanza questa considerata accettabile per gli effetti torsionali in relazione alle dimensioni dell’edificio. In tal modo la rotazione dell’impalcato solleciterà maggiormente le strutture più distanti dal baricentro delle rigidezze cioè i setti, strutture in grado di resistere. Ovviamente l’intera struttura dovrebbe essere verificata con programmi e metodologie idonee per avere dati più corretti e veritieri. Tra questi si propone il metodo degli elementi finiti. La struttura è molto omogenea anche se i pilastri non seguono una griglia o uno schema circolare e non presentano una distanza superiore ai 12 metri. Sono tuttavia presenti delle eccezioni. Infatti in alcuni spazi di grandi dimensioni, come nel caso dell’auditorium circolare e della sala multiuso, la struttura prevede dei rinforzi. Auditorium La struttura verticale portante dell’auditorium è in calcestruzzo e presenta tre piccoli setti equidistanti disposti lungo una circonferenza. I setti partono dal piano dei parcheggi con una sezione di 50 cm e proseguono con una sezione più ridotta di 40 cm. Questi ultimi sono quelli che sostengono il solaio di copertura. A fare da parete di tamponamento tra i setti, una struttura in legno a telaio con i profili verticali di 30 cm x 12.5 cm e orizzontali di 30 cm x 10 cm. Le pareti forniscono un punto d’appoggio al solaio e un supporto ulteriore per la copertura al di sotto della quale, lungo il bordo della soletta, si prevedono delle travi supplementari. A sostegno del primo solaio bidirezionale si aggiunge un sistema di travi nervate in calcestruzzo armato che corrono lungo la circonferenza, appoggiate sui setti, con sezione di 50 cm e un’altezza 60 cm, chiuse in centro con un anello di chiusura. Sala multiuso Nel caso invece della sala multiuso posizionata nella parte orientale dell’edificio, a supportare il primo solaio e il solaio di copertura (in quanto spazio a doppia
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altezza) vi sono delle travi in calcestruzzo armato con sezione 50 cm e altezza 1m. Le dimensioni sono dettate dalla distanza tra il pilastro e il muro perimetrale che è pari a circa 15 m. Anche in questo caso dunque il solaio ha bisogno di rinforzo lungo la direzione in cui la luce è maggiore. Un’altra trave dello stesso spessore e della medesima altezza è prevista al di sopra della rampa d’accesso ai parcheggi. La trave in questione serve a supportare la parete in calcestruzzo sovrastante che non può arrivare fino al piano dei parcheggi in quanto impedirebbe l’accesso all’area.
stri, si deve predisporre un’armatura ulteriore a taglio che verrà a diramarsi dal pilastro stesso per una superficie di 1,5 m che generalmente considerata area critica. L’armatura a punzonamento prevista è costituita da chiodi a doppia testa saldati su una barra piatta non strutturale. È una soluzione totalmente integrata nel calcestruzzo che permette sicurezza strutturale senza ricorrere all’uso di capitelli esterni.
Setto Il grande setto che si trova a nord dell’edificio mantiene le sue dimensioni fino ad incontrare la copertura del secondo piano. Nell’ultima parte dell’edificio, invece, la struttura si assottiglia in quanto deve sostenere solo la copertura. La diversità di dimensioni non compromette comunque la continuità strutturale. Patii Dal desiderio di creare continuità tra il solaio di calpestio del primo piano e i patii nasce l’esigenza di una progettazione omogenea nello sviluppo del livello. Il solaio del piano è dunque continuo ma presenta un dislivello strutturale di 60 cm per permettere la creazione di aree da riempire di terra al fine di favorire la crescita di bassa vegetazione all’interno della struttura. La copertura si abbassa dunque dell’altezza necessaria in corrispondenza dei patii senza tuttavia ostacolare la viabilità del piano sottostante. La soluzione individuata garantisce omogeneità e continuità all’area e permette la presenza e la fruibilità dei parcheggi progettati al primo livello di ipogeo. Rampa La rampa interna all’edificio connette il primo e il secondo livello. Si tratta di una rampa continua in calcestruzzo armato che prevede una struttura a “T”. La soletta e la trave sottostante quindi lavorano insieme formando una trave a “T” la cui anima segue le forme e la sezione della soletta sovrastante per far sì che lo sbalzo non sia mai eccessivo. Questo elemento unico si congiunge all’edificio grazie anche a travi aggiuntive presenti ai suoi estremi che servono da supporto ulteriore alla soletta nei punti in cui appoggia la rampa. Punzonamento Per non incorrere nel problema del punzonamento dato dalla dimensione ridotta della sezione del pilastro e dalle grandi luci, proprio in corrispondenza dei pila125
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I M P I A N T I
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In linea con quanto già pianificato e costruito nell’area, Arcoiris si presenta come un complesso architettonicamente articolato con grandi potenzialità ricettive pubbliche grazie alla presenza di numerose aree libere e/o attrezzate. Necessaria risulta dunque la predisposizione di una struttura impiantistica dedicata ben progettata e programmata in considerazione delle dimensioni di sviluppo dell’area calpestabile e della cubatura costruita. Elettrico All’interno dell’edificio si prevede l’assenza di materiali igniferi che, per qualità e per quantità, potrebbero determinare luoghi a maggior rischio di incendio. Pertanto i locali in cui sono realizzati gli impianti del presente progetto devono essere classificati come ordinari. Prescrizioni generali per l’impianto futuro Tutti i materiali e gli apparecchi impiegati negli impianti elettrici devono essere adatti all’ambiente di istallazione. Inoltre devono avere caratteristiche tali da resistere alle azioni meccaniche, corrosive, termiche o dovute all’umidità alle quali saranno o potranno essere esposti durante l’esercizio. Fornitura dell’energia elettrica La consegna di energia elettrica avviene tramite misuratore trifase di energia attiva. Immediatamente a valle del contatore è previsto un quadro elettrico in cui trovi alloggio sia lo scaricatore/limitatore di sovratensione, per la salvaguardia di tutte le apparecchiature elettriche/elettroniche installate, sia l’interruttore automatico posto a protezione della linea di partenza. La distribuzione dei quadri elettrici è di tipo radiale con un quadro generale da cui
si diramano i quadri di piano e, separatamente, i quadri per i servizi generali. Illuminazione artificiale L’ illuminazione degli interni è ottenuta con luce artificiale. Nonostante la tipologia di illuminazione attuale, condizionata dalla postazione di lavoro nelle salette, sia di tipo puntuale, l’impianto fisso dell’edificio deve prevedere flessibilità e soddisfare esigenze diversificate. Infatti richieste specifiche provenienti dagli avventori del centro, da educatori, fruitori o fornitori di servizi, potrebbero richiedere trasformazioni o adattamenti nell’impianto capaci di soddisfare attività innovative o specifiche urgenze. Questo vale per le sale polifunzionali che ben si prestano ad attività manuali collettive di gruppo; il locale in questione può anche essere utilizzato come auditorium, sala convegni, sala concerto, sala mostre, sala delle feste e a tante altre attività che la fantasia, l’estro, la genialità di adolescenti e giovani sapranno immaginare. Sempre gli stessi locali possono essere utilizzati per attività teatrali che necessitano versatilità degli allestimenti e, soprattutto, servizi elettrici idonei per l’illuminazione e l’amplificazione voce. Non meno impegnativo – dal punto di vista impiantistico – è il possibile uso della sala per attività ludiche con videogiochi per le quali spesso si organizzano kermesse che richiedono l’uso di internet e di maxi schermi. Sono alcune delle possibilità che il progettista intravede ma molte altre potrebbero venire dai diretti fruitori della struttura. Al fine di potenziare la versatilità dell’illuminazione e adeguarla alle differenti esigenze di utilizzazione dell’ampio salone, si è previsto l’uso di piantane tecniche da utilizzare al momento, secondo le indicazioni del responsabile della struttura. Protezione contro le sovratensioni Le sovratensioni possono essere di origine atmosferica e di origine impiantistica. Il dispositivo che permette di realizzare questa equipotenzialità temporanea è lo scaricatore/limitatore di sovratensione, in inglese “Surge Protective Device”, in forma abbreviata SPD. Impianto di illuminazione di soccorso e di individuazione delle vie di esodo L’illuminazione di sicurezza è destinata a garantire la sicurezza delle persone in caso di mancanza dell’illuminazione ordinaria. In tutti gli ambienti, pertanto, unitamente all’illuminazione ordinaria, è prevista l’installazione di apparecchi di illuminazione, in numero e disposizione opportuni, dedicati all’illuminazione, a livelli ridotti, nel caso di mancanza di rete, al fine di eliminare situazioni di panico indotte dal buio e, eventualmente, terminare operazioni in corso. L’illuminazione antipanico ha lo scopo di evitare che le persone presenti siano prese dal senso di sgomento alla assenza dell’illuminazione ordinaria e che questo, quindi, ostacoli o disturbi il raggiungimento di un luogo da cui possa essere individuata una via di
esodo. Pertanto l’incolumità delle persone è sicuramente garantita con l’illuminazione antipanico e l’illuminazione di sicurezza per l’esodo. Per semplificare l’impianto sono previsti apparecchi con alimentazione autonoma. Predisposizione impianto di rivelazione incendio In ciascun ambiente, tranne che nei servizi igienici e nei ripostigli, è stata prevista la segnalazione repentina dell’eventuale incendio tramite l’installazione di uno o più rivelatori di fumo ottici intelligenti, ad alta sensibilità, posizionati nel punto più alto dell’ambiente. Il fumo, infatti, è il prodotto della primissima fase dell’incendio, ben prima che si sviluppino temperature elevate capaci di coinvolgere nell’incendio beni anche lontani dal primigenio focolare. È importante quindi che nel più breve tempo possibile siano attivati degli allarmi capaci di allertare il personale presente nella struttura per un rapido intervento dei vigili del fuoco e degli operatori capaci di azionare gli estintori che si consiglia di cui si consiglia l’installazione indipendentemente dalla obbligatorietà. In ogni ambiente fruito dagli ospiti è predisposto un rivelatore di fumo collegato ad una centralina che attivi, in caso di bisogno, gli allarmi ottici e acustici. Riscaldamento acqua Per il riscaldamento dell’acqua si è pensata l’installazione di diversi boiler elettrici posizionati nelle aree riservate ai servizi igienici. La soluzione è dettata dal posizionamento dislocato dei servizi igienici e dalla esigua necessità di acqua riscaldata da parte degli utenti. Lo scaldabagno elettrico istantaneo non prevede un accumulo di acqua calda sanitaria prodotta solamente al momento della richiesta, ossia quando si attiva il rubinetto dell’acqua calda. La caratteristica principale è quella di produrre un gran quantitativo di acqua calda sanitaria in tempi ristrettissimi. Infatti, tendo accumulata una certa temperatura prefissata, facendo sì da poter utilizzare l’acqua calda all’apertura del rubinetto. Idrico L’impianto idrico sarà composto dall’impianto di adduzione dell’acqua che, a partire dal contatore misuratore di portata dell’ente distributore, provvede a distribuire l’acqua ai servizi presenti nei due livelli principali. Questa, misurata dal contatore volumetrico, entra nel serbatoio e da qui viene prelevata e spinta nell’impianto di distribuzione mediante un gruppo pompe. Questa tipologia di impianto evita il ristagno dell’acqua che renderebbe inutilizzabile la riserva in caso di mancanza della rete. Per il dimensionamento delle tubazioni per la portata di acqua fredda per le varie utenze si sono assunti i seguenti valori: lavabo, doccia, lavello, vaso cassetta di diametro 50 mm. Impianto di scarico fognante 129
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La rete di scarico è suddivisa in tre distinte reti di raccolta e smaltimento: una per le acque reflue provenienti dalle tazze dei servizi igienici; una per le acque usate (grigie) provenienti dai lavabi e una per le acque meteoriche. Tutte prevedono un recapito finale nella pubblica fognatura. Per il dimensionamento delle tubazioni di scarico delle acque usate si sono assunti i seguenti valori Lavabo 100 mm, lavello 50 mm Rete di scarico acque bianche È previsto un sistema atto a raccogliere e convogliare le acque pluviali dalle solette esterne. Al piede di ogni pluviale è prevista l’installazione di un pozzetto ed una rete orizzontale che, a gravità, fa defluire l’acqua verso la fogna comunale. Per le aree esterne è previsto un sistema di smaltimento delle acque pluviali con caditoie. Rete di scarico acque nere La rete di scarico delle acque nere è progettata mediante tubazioni in PVC con diametri di 150 mm. All’interno dell’edificio è prevista l’installazione di cassette sifonate a parete per ogni gruppo di utenze con immissione nella fecale più vicina. Ogni vaso si innesta su apposita fecale e colonna di ventilazione (ventilazione secondaria). E’ scelta una pendenza dei collettori orizzontali di scarico pari ad almeno il 2% in modo da ridurre, nei limiti del possibile, il deposito di liquami che possano determinare un rapido intasamento delle tubazioni. All’esterno la rete di scarico convoglia tutte le acque. Prima dell’immissione le acque nere si uniscono alle acque grigie e alle acque bianche in apposito pozzetto in quanto la rete fognaria comunale è di tipo misto. Impianto antincendio Sprinkler Nel piano dei parcheggi è prevista una rete Sprinkler a copertura di tutta l’area coperta del piano interrato. E’ prevista, a servizio di tale impianto, un’area tecnica appositamente dedicata, con serbatoi per una riserva idrica nominale della capacità di 135 mc ed annesso gruppo antincendio per il pompaggio. Areazione Sistema L’interramento quasi totale dell’edificio limita il ricircolo naturale dell’aria. La soluzione progettata prevede l’istallazione di U.T.A.(Unità di Trattamento dell’Aria). Si tratta di un tipo di impianto a tutt’aria che controlla la temperatura, l’umidità e la velocità dell’aria sia d’inverno che d’estate. In questa tipologia di impianti, l’unico fluido termovettore che arriva all’ambiente è aria, che viene preventivamente trattata nell’unità di trattamento dell’aria U.T.A. e distribuita mediante canali e
terminali di diffusione nei locali. La scelta è dettata anche dall’esigenza di evitare la rumorosità e l’ingombro negli ambienti degli impianti. L’ U.T.A. è collocata al piano interrato e si diramano tramite canali verticali e orizzontali raggiungendo in tal modo tutti gli ambienti dei quattro livelli. Questi stessi canali possono essere utilizzati per la climatizzazione dell’edificio a seconda delle necessità e delle situazioni. Nello schema sotto riportato si indica con: E: stato d’aria umida all’esterno del locale da climatizzare (condizioni termoigrometriche esterne di progetto) R: lo stato d’aria umida da mantenere all’interno per assicurare il confort termico (condizioni termoigrometriche interne del progetto) I: lo stato dell’aria umida immessa nel locale M: lo stato dell’aria umida all’uscita della sezione di mescolamento (o camera di miscela) dell’U.T.A. Si può osservare che usualmente un’aliquota della portata dell’aria uscente dal locale può essere ricircolata, sempre che siano rispettati i requisiti sulla qualità dell’aria (deve cioè essere garantito un minimo per l’aria esterna di rinnovo). In questo sistema si possono identificare tre blocchi principali quali il locale da climatizzare (quindi in questo caso l’intero edificio Arcoiris), l’unità di trattamento dell’aria U.T.A. e la centrale termica (pompa di calore). Con ciò si può dire che il locale è caratterizzato da un carico termico provocato dalle interazioni termiche con l’esterno (che in questo caso è molto ridotto in quanto l’edificio si trova interrato e quindi a contatto con il terreno) e con l’interno (persone, computer, apparecchi illuminanti). Nell’U.T.A. vengono realizzati i trattamenti necessari affinché l’aria sia portata alle condizioni termoigrometriche richieste per la successiva immissione in ambiente. A tal fine l’UTA richiede fluidi termovettori caldi e freddi e talvolta acqua per l’umidificazione eventuale dell’aria. Infine, nella centrale dove vi è la pompa di calore si realizzano i processi di conversione energetica per la produzione di fluidi termovettori caldi e freddi. L’aria emessa poi viene mandata tramite dei canali di mandata all’UTA mediante diffusori (a soffitto, come nella maggior partei delle aree presenti nel progetto) o più raramente bocchette (a parete, come si può notare nell’area studio, al piano -6 e nell’area ristoro al piano -3). Vi sono anche dei canali di ripresa dell’aria dei locali operanti mediante griglie di ripresa; qui l’aria viene veicolata verso l’UTA dove viene in parte espulsa ed in parte ricircolata. Inoltre, è presente una rete di tubazioni dell’acqua riscaldata (d’inverno ) o refrigerata (d’estate), veicolata mediante pompe dalla centrale termica alle batterie di riscaldamento e di raffreddamento dell’UTA e viceversa. Canalizzazioni, staffaggi 131
Le canalizzazioni, necessarie per collegare tra loro tutte le apparecchiature degli impianti di ventilazione, per realizzare le prese di aria esterna, le espulsioni, le estrazioni, i plenum, i raccordi e i pezzi speciali sono in lamiera di acciaio zincato a caldo di spessore variabile a secondo delle dimensioni adottate. Tutti i canali sono, inoltre, ampiamente rinforzati in modo da non subire deformazioni apprezzabili per effetto della pressione dell’aria e sono sostenuti da apposite staffe convenientemente assicurate alla struttura dell’edificio. I canali sono costituiti da pezzi unici in grado di generare curve tali da non provocare comunque alte perdite di carico. Le staffe di sostegno sono smontabili e raggiungibili mediante viti di taratura. La scelta di avere dei canali curvilinei è una scelta puramente progettuale ed estetica, dettata dal fatto che i canali saranno a vista e quindi un elemento importante anche visivamente all’interno dell’edificio. I canali di entrata e uscita devono essere coibentati con materassino di lana minerale, finitura esterna lamierino di alluminio e giunzioni nastrate. I collegamenti con condotte e unità motorizzate, U.T.A., valvole, motori ecc. devono essere dotati di giunti antivibranti. La distribuzione dell’aria negli ambienti trattati è impostata su parametri di velocità residua nelle zone occupate. Manutenibilità Si considera come indice di benessere la scelta impiantistica finalizzata alla maggiore ergonomia per le attività di gestione e manutenzione impiantistica. Questo indice è rilevato in forma diretta (gli operatori possono svolgere le loro mansioni nelle migliori condizioni) sia dal maggior benessere dei fruitori delle prestazioni impiantistiche, declinate sia in termini di maggior affidabilità che di maggior costanza nell’erogazione delle prestazioni medesime. Verranno quindi fatte le seguenti scelte: • definizione di percorsi di tubazioni e canali in zone di completa e continua accessibilità (soprattutto a soffitto nei corridoi e in locali tecnici e cavedi dedicati); • facilità di accesso a componenti interni agli ambienti (apparecchi sanitari, cassette regolatrici di portata, batterie di post-riscaldamento, complessi di regolazione, ecc.); • mantenimento di spazi di rispetto per tutte le apparecchiature che lo richiedano (estrazione di ventilatori, asportazione di batterie, estrazione di filtri, ecc.). Jet fan Il sistema di ventilazione forzata Jet Fan sostituisce il sistema di canalizzazione in
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un parcheggio. Prevede dei ventilatori a getto. La rampa d’ingresso al parcheggio può fornire aria fresca naturale. Se l’aria di mandata non può essere fornita naturalmente devono essere previsti dei ventilatori di immissione. Il sistema di ventilazione forzata Jet Fan supporta il naturale flusso d’aria tra mandata ed espulsione ed aiuta ad accelerare il flusso d’aria nelle zone del parcheggio in cui la velocità è troppo bassa per garantire un ricambio di aria sufficiente. In base alle normative di sicurezza, in caso di incendio, vengono creati settori di raccolta del fumo virtuali mediante carichi aerodinamici. Questo permette la progettazione di parcheggi ampi e spaziosi che normalmente devono essere separati da porte tagliafumo o da altri elementi fissi. Un sistema concepito per assicurare che i requisiti di legge siano rispettati e gli obiettivi di sicurezza garantiti.
Calcoli approssimativi: Mandata Dimensionamento canali AE e AX 1515 è il numero stimato di persone all’interno dell’edificio 1515 x 40 m2/h a persona= 4060 m3 40600 m3/3600 s= 11.28 m3/s 11.28 m3/s /7 m/s=1.6 m2 2 m2 AE=AX= 2 m2 Dimensionamento canali distribuzione interna 10000 m3 / 3600 s = 27.78 m3/s 27.78 m3/s / 7 m/s = 3.97 m2 4 m2 Canale di uscita dall’UTA 4 m2 /2 =2 m2
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Ringraziamenti/ Agradecimientos
A Guidarini per avermi sopportato per un anno intero e per essere stato sempre presente, ma soprattutto per avermi spronato a dare sempre di più. A Paola per aver assunto Juan come primo dipendente di Arcoiris ma soprattutto per essere stata la prima persona ad averci creduto insieme a me. A Luca per avermi accompagnato in questo percorso. A tutta la mia famiglia, nessuno escluso, per essere sempre la partenza dei miei arrivi. A mamma per aver capito. A Dario per essere sempre il mio complice. A Paul por haber vivido esta avetura a mi lado. A Nema perché senza di te il non sarebbe stato lo stesso. A Gui por haberme dado confianza y muchos cafes. A Stef, Carlo, Leo, Vale, Dafne por hacer que esta experiencia sea única. A Ctrl + S per esserci sempre, perché in fondo siamo come i moschettieri tutti per uno e uno per tutti. A Pecchio per essere comunque casa, soprattutto a Sus perché rendi tutto più divertente. 142
A E por haberme enseñado tu mundo y haberlo compartido conmigo.
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