John pawson

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John Pawson

il Rito


Book di presentazione dello studio svolto sull'Architetto John Pawson Studente:

Francesca Della Giustina

Matricola: 274413 Anno Accademico:

2011-2012

Corso: Teoria della progettazione architettonica Docente:

Giancarlo Carnevale

L'analisi seguente si propone di indagare la teoria della progettazione architettonica di John Pawson facendo particolare riferimento ai Riti della vita

dell'Architetto

ed individuando

le

possibili relazioni tra le sue passioni, ossessioni, abitudini

ed

il

suo

modo

di

affrontare e

sviluppare il progetto. Ad una breve introduzione biografica seguirĂ il resoconto dello studio fatto sulla vita e sul modo di progettare di John Pawson ed in chiusura una sezione dedicata alla produzione grafica dello stesso. L'indagine sarĂ supportata da

puntuali

citazioni

dell'Architetto

riferimenti ad alcune sue opere.

e da


John Pawson

il Rito



Cenni biograf ici


John Pawson nasce nel 1949 a Halifax, una città industriale dello Yorkshire che ricorda la Coketown di Charles Dickens, dove regna un paesaggio

monotono,

privo

di

alberi

e

caratterizzato in gran parte da costruzioni in pietra di York, fabbriche con facciate vittoriane e vicoli stretti.

Ricorda un aneddoto riguardante la sua infanzia che dimostra come fin dalla tenera età fosse ben consapevole degli spazi e di come lo facessero sentire: quando suo padre decise di dividere la casa familiare in due perchè troppo grande, il giovane Pawson dovette dimezzare la sua camera da letto per far posto anche alla sorella. Successivamente i fratelli più grandi se ne andarono di casa e a lui restò una grande camera con poche cose: ricorda esattamente il senso di benessere che provava in quella condizione.

A 24 anni va in Giappone per provare a diventare un monaco. Raggiunge un monastero Zen, ma dopo poche ore se ne riparte, deluso dalle aspettative.

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John Pawson, http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303459004577361930955290016.html

2

JP, "Domus" n. 901, marzo 2007, pp. 68-71

3

JP, http://www.telegraph.co.uk/culture/art/architecture/7975043/John-Pawson-interview-Plain-speaking.html


"It (Halifax) had everything that I liked: compression, attenuation, repetition."

1

"Possedevo pochi vestiti, poche cose per la scuola, poche cose nella mia stanza."

2

"I’d seen a f ilm about Zen Buddhist monks in the mountains. It was the most exquisite visual thing I’d ever seen."

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Il primo incontro con il designer giapponese Shiro Kuramata avviene nel 1968 nelle pagine di Domus. Durante la sua permanenza in Giappone, Pawson decide di incontrarlo ed ottiene la possibilità di lavorare nello studio del designer (1974-1976). Secondo Kuramata, l'oggetto di design si genera prima di tutto nella testa fino alla sua forma definitiva e solo allora il progetto pensato può essere steso sulla carta. Una volta che lo schizzo è tracciato, il progetto è concluso.

Nel 1977 torna in Inghilterra e si iscrive alla Architectural Association School of Architecture di Londra che frequenta per tre anni.

Il

suo

primo

progetto

realizzato

è

un

appartamento per la sua ragazza. E' proprio lì che nel 1981 incontra Bruce Chatwin in quale, affascinato commissiona

dallo la

stile

di

Pawson

ristrutturazione

del

gli suo

appartamento di Londra, ora non più esistente.

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JP, http://www.johnpawson.com/essays/shirokuramata/

5

JP, http://www.johnpawson.com/essays/shirokuramata/

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JP, "Domus" n. 901, marzo 2007, pp. 68-71


"For the f irst time in my lif e I f ound myself looking at work which I could recognise, which set something resonating inside me"

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"It was due largely to Kuramata that I f inally decided to go to architecture school: I had tried to put several projects his way and in the end he told me to get on with it myself ."

5

"Il rapporto con Bruce è stato per me piÚ interessante di quanto un piccolo progetto come quello mi abbia permesso di imparare. (...) (i suoi libri) mi hanno f atto scoprire come f osse pref eribile descrivere uno spazio architettonico e catturare la sua atmosf era a parole - se a f arlo era uno come Bruce - che con la f otograf ia."

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Con i progetti per Calvin Klein non cambia soltanto la scala del suo lavoro ma si evolve anche la natura dello Studio, sia da un punto di vista finanziario che di organizzazione.

Calvin costituisce il trampolino di lancio per lo Studio Pawson: continua nel corso degli anni l'evoluzione in termini di scala e di tipi di progetti, ma il concetto che sta dietro alla progettazione rimane invariato.

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JP, "El Croquis" n. 127, John Pawson 1995/2005, 2005, p. 4

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JP, "El Croquis" n. 158, John Pawson 2006/2011, 2011, p. 7


"Calvin always wanted everything done at a certain level - the graphics, the photography, and that changed things too."

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"It's not so much me as the medium that has changed. ( ...) the principles you use, the sort of rules you make f or yourself , those are always the same, whether it's doing the small installation in St Paul's Cathedral or the hotel in Jaf f a.�

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Rito e vita


Tutto ciò che attira l'attenzione di John Pawson viene catturato dal suo obiettivo. La fotografia è per lui quasi un dovere morale, un'ossessione di dover immortalare ogni istante per poterlo guardare ancora in un momento successivo. Ma la macchina fotografica è anche un funzionale strumento di lavoro: usa le foto per comunicare le sue idee ai ragazzi in studio, o ai clienti.

Spesso fotografa texture o figure modulari e veste tessuti con una trama ricca e sottile come il lino: ricerca lo schema, l'ordine ovunque.

Non è attaccato alle cose materiali da quando, a sei anni, durante una gita scolastica, ha perso in mare un set di penne Parker che custodiva gelosamente. Non è affezionato nemmeno alla sua macchina fotografica (Canon S100).

Per il vestiario preferisce il bianco o il beige, e tessuti naturali come la lana e il lino.

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JP, "A Visual Inventory", p. 6, 2012, Phaidon

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JP, http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303459004577361930955290016.html

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JP, http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303459004577361930955290016.html

4

JP, http://www.1stdibs.com/introspective/style_compass/john_pawson/


"Each achitect in my of f ice carries a camera ( ...) If I am unf ailingly tetchy when there are shoots missing or things that are out of f ocus, it is because I rely on people to be my eyes."

1

"I was a sports photographer f or a year, but I was always photographing pattern and texture, so I missed the race f inishes."

2

"I don't have any emotional attachment to it. If there's an S101 I'll probably get it."

3

“I am a crature in unif orm, but only because it's the easiest way to keep things simple: a white shirt with cotton trousers in summer and wool trousers in winter.�

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Non ascolta musica quando lavora, ad essa bisogna dedicarsi con concentrazione, non va sentita distrattamente.

Pawson ama i deserti, è attratto dalla loro purezza e dalla semplicità essenziale che vi regna.

Durante la sua vita, Pawson si è dedicato anche al design e in particolare agli arredi per la cucina.

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JP, The Wall Street Journal: http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303459004577361930955290016.html

6

JP, "A Visual Inventory", p. 25, 2012, Phaidon

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JP, "El Croquis" n. 127, John Pawson 1995/2005, 2005, p. 23


"I like Wagner, cool jazz and some of the artists on my son Caius's record label, the Young Turks."

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"The atmospheric conditions mean that everything is brighter and sharper and you realize quite how much there is too see, even in this pared back environment."

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"How can you do a building if you don't know what is going on inside it? ( ...) I wanted to write a cookbook and talk about my ideas and experience with f ood as part of the domestic rituals."

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Rito e progetto


Nelle

primissime

fasi

della

progettazione

Pawson e i colleghi usano raccogliere e consultare tutto il materiale utile, visitano il sito, preparano una serie di vocaboli chiave.

In studio viene preparato ogni giorno un foglio con le cose da fare e i nodi progettuali da risolvere.

Pawson ha una certa riluttanza nei confronti del disegno a mano e della carta da schizzo arrotolata. Gli schizzi che fa per sĂŠ in fase progettuale sono perlopiĂš annotazioni veloci sull'interazione tra i volumi.

Pawson sembra ripetere le parole del suo maestro Kuramata quando parla dell'edificio che prende forma e si definisce nella testa dell'architetto prima di essere tracciato sulla carta: lo schizzo è solo la coda di un lungo processo di progettazione puramente mentale.

1

JP, http://www.metropolismag.com/story/20120413/john-pawson

2

JP, "El Croquis" n. 127, John Pawson 1995/2005, 2005, p. 23

3

JP, "Minimum", p. 13, 1996, Phaidon

4

JP, "El Croquis" n. 127, John Pawson 1995/2005, 2005, p. 24


"I like to research the geology, the climate, the wind, local f auna, history. It’s having as much inf ormation as possible, and then you edit"

1

"There is a daily to-do sheet of ongoing projects and the f inished projects which need tweaks, as well as the things I think about, like the need to come up with a f resh way to do pools or windows or doors" 2

"I don't draw much. When I design, I have a very strong mental picture of a space, and how I want it organized. I make quick stabs at drawing it on paper, just as I am analyzing the elements – ceiling, walls, stairs. I look f or a balance of proportion, scale, light and geometry."

3

"Kuramata was right when he talked about the dangers of sketching too early - you risk f ixing things when your mind should still be open."

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A volte ricorre a degli "artifici costruttivi": in Baron House ad esempio utilizza dei muri apparentemente molto spessi ma in realtĂ cavi all'interno, o ancora in Casa delle Bottere la copertura appare molto leggera e snella alla vista, mentre si tratta di uno spessore di quasi un metro.

Il colore predominante nelle sue architetture è il bianco.

Durante il rito ogni oggetto diventa simbolo e la sua essenza si palesa. Nella scelta del materiale, una componente essenziale per Pawson è che esso comunichi la sua sostanza, la sua storia, che si dimostri vivo. Per questo ama usare materiali tagliati alla loro massima grandezza, come i pannelli di vetro di 7 metri del Calvin Klein Store di New York o la panca di abete di Douglas di 12 metri esposta al Design Museum nel 2010.

5

JP, "Minimum", p. 13, 1996, Phaidon

6

JP, "A Visual Inventory", p. 174, 2012, Phaidon

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JP, "Minimum", p. 13, 1996, Phaidon


"Usually I make walls thick and let the doorways show the thikness. It is a question of substace. To pass between very thik walls can be a wonderf ul experience."

5

"When people say that white walls are cold and characterless, I wonder if they have ever stopped to look at one. It's not just about the drama of light and shadow (‌), but the way the smallest nuances of texture and tone come alive in certain conditions."

6

"I like large pieces ( ...) and I generally choose natural materials because of their sense of depth, because they are living materials, which I suppose is what distinguishes a natural material f or me f rom an artif icial one."

7


Il modo in cui gli elementi architettonici orizzontali e quelli verticali si incontrano è un'occasione progettuale che Pawson tratta con eleganza: spesso posiziona delle luci al confine tra un muro e il pavimento o ai bordi delle scale per spingere l'osservatore a notare come i diversi materiali dialoghino tra loro, come

nel

caso

dello

scalone

di

granito

nell'areoporto Cathay Pacific di Hong Kong.

La percezione degli spazi non dev'essere falsata da specchi.

Il suo stile viene definito Minimalista, ma Pawson

preferisce

chiamarlo

"the

simple

expression of complex thought".

Usa moltissimo i modelli e i render per mostrare gli effetti della luce, o come i vari elementi del progetto dialogheranno tra di loro.

8

JP, "Themes and Projects, p. 9, 2002, Phaidon

9

JP, "Minimum", p. 13, 1996, Phaidon

10

JP, "El Croquis" n. 127, John Pawson 1995/2005, 2005, p. 7

11

JP, The Telegraph, intervista: http://www.telegraph.co.uk/culture/art/architecture/7975043/John-Pawson-interview-Plain-speaking.html


"The solidity of the granite is emphasized by lighting at base level, heightening the texture of the stone and its materiality."

8

"I don't like mirrors. I f ind ref lections distracting."

9

"Minimalism ( ...) is def ined not by what is not there, but by the rightness of what is and the richness with which this is experienced."

10

"They seem real to me"

11



Produzione graf ica


Come accennato nelle pagine precedenti, lo schizzo non è tra gli strumenti preferiti da Pawson durante la progettazione. Si può comunque individuare un'evoluzione nel suo

modo

di

disegnare

che

corrisponde

all'avanzamento dell'idea progettuale mentale. Alle prime fasi, in cui l'Architetto annota perlopiĂš informazioni riguardanti i volumi, la posizione di porte e finestre, le viste interne ed esterne in relazione al paesaggio circostante, corrisponde

un

disegno

veloce

a

matita,

pastello nero o penna.

JP, "El Croquis" n. 158, 2011, p. 178, Two houses in Okinawa, Okinawa, Giappone, 2008 JP, "El Croquis" n. 158, 2011, p. 186, Moutfort House, Lussemburgo, 2008 JP, "El Croquis" n. 158, 2011, p. 179, Two houses in Okinawa, Okinawa, Giappone, 2008



L'analisi successiva riguarda i materiali, la collocazione delle luci e il loro modo di incidere sulle superfici, l'atmosfera: si tratta di uno

studio

approfondito

sulla

percezione

dell'uomo dell'architettura che lo circonda. In questa fase il tratto a china - con rari accenni all'utilizzo del pennarello giallo per mostrare l'illuminazione - si fa pi첫 pulito.

In alto e in basso a sinistra: JP, "El Croquis" n. 158, 2011, p. 206, Stone House, Milano, Italia, 2009-2010 In basso a destra: JP, "El Croquis" n. 158, 2011, p. 218, Set Design, 2006



Avvicinandosi alla conclusione del progetto, nel disegno

si

riconoscono

chiaramente

gli

elementi essenziali dell'architettura, ma il tratto, sebbene piÚ sicuro, è ancora frammentato. Prevale l'utilizzo della penna e del pennarello nero.

JP, "El Croquis" n. 127, 2005, p. 120, Tetsuka House, Tokio, Giappone, 2006 JP, Los Angeles House, California, Stati Uniti, 2002-2009 JP, "El Croquis" n. 158, 2011, p. 132, Casa delle Bottere, Veneto, Italia, 2006-2011



Solo quando l'idea progettuale è definitiva e compiuta il disegno diventa preciso e fedele, quasi ricalcato da una fotografia dell'edificio realizzato. C'è una perfetta corrispondenza tra lo stile essenziale dell'Architettura di Pawson e la sua produzione grafica definitiva: il tratto sottilissimo, rigorosamente a penna nera su foglio bianco e privo di altri colori, va a segnare solo le linee fondamentali senza appesantirsi con manierismi grafici, e pur dando una chiara idea dello spazio puro che rappresenta.

In alto: JP, The Young Vic Theatre, Londra, Inghilterra In basso a sinistra: JP, Pawson House, Londra, Inghilterra, 1995 In basso a destra: JP, Casa delle Bottere, Treviso, Italia, 2011




Rif erimenti


Fotogrammi dal video "John Pawson, Londra, 2011

Visual Inventory",


Casa delle Bottere Treviso, Italia, 2011

Sezione


Baron House Skane, Svezia, 2005

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Pianta piano terra


Baron House Skane, Svezia, 2005

Pawson House Londra, Inghilterra, 1999


Calvin Klein Store New York, Stati Uniti, 1995

Design Museum Londra, Inghilterra, 2010 Panca in legno di abete Douglas

Design Museum Londra, Inghilterra, 2010


Installazione 1:1 Fondazione Bisazza, Montecchio Maggiore, 2012

Cathay Pacific Hong Kong, Cina, 1998 Scala di granito



Bibliograf ia

I riferimenti specifici di ogni citazione sono riportati nelle note a piè di pagina. Riviste:

Casabella n. 810, Febbraio 2012 El Croquis n. 127, John Pawson 1995/2005, 2005 n. 158, John Pawson 1996/2011, 2011 Domus n. 901, marzo 2007

Testi:

John Pawson, Minimum, Phaidon, 1996 Londra

John Pawson e Bruce Chatwin, John Pawson, GG, 1998 Barcellona

John Pawson e Deyan Sudjic, John Pawson Works, Phaidon, 2000 Londra

John Pawson, John Pawson Themes and Projects, Phaidon, 2002 Londra

Alison Morris, John Pawson: Plain Space, Phaidon, 2010 Londra

Alison Morris, John Pawson: Puro Spazio, Mondadori Electa, 2012 Milano

John Pawson, A Visual Inventory, Phaidon, 2012 Londra

Le fotografie sono tratte da una libera ricerca in internet.





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