Fotografia e comportamento
Franco Vaccari e le esposizioni in tempo reale
Fotografia e comportamento
in copertina Franco Vaccari, Photomatic d’Italia, 1973
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Franco Vaccari e le esposizioni in tempo reale
«Mi trovavo nello scantinato del condominio e avevo con me una Polaroid. C’era una luce strana, diffusa dai vetri smerigliati, che investiva una donna mentre cercava di sollevare alcune bottiglie di acqua minerale e così ho scattato una foto. Abbiamo attaccato discorso. Non l’avevo mai vista prima d’allora. È rimasta prima sorpresa e poi interessata alle fotografie che continuavo a farle. Adesso se volessi ripeterle identiche saremmo costretti tutti e due a far finta di non conoscerci. […] A volte le macchine fotografiche alterano talmente le situazioni in cui vengono adoperate da rendere praticamente impossibile ripristinare le condizioni iniziali»
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sopra Franco Vaccari, Esposizione in tempo reale n.1: maschere, Galleria Civica, Varese, 1969
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Franco Vaccari e le esposizioni in tempo reale
Fotografia e comportamento Posizionare una macchina fotografica e scattare una fotografia non è un fatto passivo: il solo avere un obiettivo che ci osserva cambia i nostri comportamenti e ne scatena di nuovi. Proprio su questo assunto si basano le sperimentazioni di Franco Vaccari che pone la questione del rapporto tra fotografo, macchina e soggetto fotografato al centro dei suoi scritti teorici sull’inconscio tecnologico e della sua serie di esposizioni in tempo reale. In un contesto come quello che si ha nella seconda metà degli anni ’60 in cui le più varie correnti artistiche e filosofiche indagano sui limiti delle forme tradizionali di pittura e scultura e sulle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, Vaccari si propone di usare la fotografia come “azione e non come contemplazione” comportando “una negazione dello spazio ottico a favore dello spazio delle relazioni.” “Mi interessa sparire come autore per assumere il ruolo di ‘innescatore’ e regista di processi. […] Le mie operazioni risultano indissolubilmente legate all’occasione che le ha determinate e incidono sull’occasione stessa e di tale occasione saranno in seguito irripetibile testimonianza. In altre parole sono interessato alla riscoperta del rischio, inteso come rifiuto di ogni garanzia aprioristica.”1
1 scritti per l’esposizione in tempo reale n.1: Maschere, Galleria Civica, Varese, 1969
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Le esposizioni in tempo reale Le opere di Vaccari sono quindi sempre in divenire, volutamente tenute fuori dal controllo diretto dell’artista che si limita a innescare e documentare un evento lasciando che sia il contesto ad indirizzarne l’esito. Il fine è portare la fotografia stessa ad indicare qualcosa del reale che nemmeno l’autore conosceva.
sopra e a destra Franco Vaccari, polaroid da Esposizione in tempo reale n.2: viaggio + rito, Galleria 2000, Bologna, 1971
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Franco Vaccari e le esposizioni in tempo reale
Le prime tre esposizioni in tempo reale sono infatti spesso incentrate proprio su una sorta di dialogo che si viene a creare tra l’evento e la documentazione dello stesso: nella seconda, svoltasi nel 1971 presso la Galleria 2000 a Bologna, e intitolata viaggio + rito Vaccari era accompagnato nel suo viaggio in treno verso la mostra da due fotografi che scattavano delle polaroid. Arrivati in galleria, le foto sono state appese alle pareti dall’artista, mentre i due fotografi continuavano nel loro lavoro incorporando nell’opera la costruzione dell’opera stessa e il pubblico che era arrivato per osservarla.
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sì no
PHOTOMATIC
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no sì
Schema di funzionamento dell’esposizione in tempo reale n.4: Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio, XXXVI Biennale di Venezia, 1972
spazio di accumulazione delle strip
S d e i d f s
P
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SELEZIONE AMBIENTALE del materiale esposto dovuta a: interventi censori delle forze d’ordine furti, strip sovrapposte
POSTA
altre photomatic sparse in tutta Italia
LIBRO Franco Vaccari
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Nel 1972, per la XXXVI Biennale di Venezia che verteva proprio sul tema Opera o comportamento, Vaccari sottolinea ulteriormente la valenza della macchina fotografica come generatrice di comportamenti consentendo direttamente al pubblico di scattare delle foto tramite una photomatic. L’opera consisteva in una stanza dalle pareti completamente bianche in cui si trovavano una macchina photomatic e la scritta in quattro lingue “Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio�.
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Vaccari innescò l’evento scattandosi il primo ritratto e appendendolo alla parete ma successivamente si limitò ad osservare e documentare l’evento confondendosi tra il pubblico.
a sinistra e sopra Franco Vaccari, Esposizione in tempo reale n.4: Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio, XXXVI Biennale di Venezia, 1972
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Rimuovendo se stesso dall’opera consentì al pubblico, che accettava la realtà dell’opera pagando per poter utilizzare la photomatic, di essere più libero nel proprio rapporto con la macchina fotografica. Era il pubblico che poteva scegliere in totale autonomia che posa assumere, che personaggio essere, che comportamento tenere, ma anche a determinare, attraverso la sequenza dei quattro scatti e il posizionamento della foto sulla parete, che cosa raccontare, facendo diventare quella che nella quotidianità è una foto che ha il solo scopo di essere una riproduzione in piccolo di un volto per un documento, una sorta di ready-made artistico.
Franco Vaccari, alcuni scatti da Esposizione in tempo reale n.4: Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio, XXXVI Biennale di Venezia, 1972
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L’evento scatenò una reazione che andò al di fuori dell’ambiente artistico della Biennale quando un’azienda produttrice di photomatic mise a disposizione dell’artista oltre mille cabine per raccogliere ulteriori fotografie che finiranno nel libro “Photomatic d’Italia”. È proprio questa reazione/feedback (o “contro reazione” come viene definita dall’artista) data alla presenza e attraverso l’utilizzo della macchina fotografica a caratterizzare la struttura delle opere di Vaccari che, a differenza degli “happening”, non hanno un andamento lineare, ma vogliono innescare una continua revisione e modifica dello svolgimento dell’evento.
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alcuni degli scatti inviati per il progetto “Photomatic d’Italia”
Francesco D’Agostino
Storia dell’arte e delle comunicazioni visive Politecnico di Milano - Scuola di Design A.A. 2016-2017