Scenario - Experience Design for Brand Communication

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SCENARIO

EXPERIENCE DESIGN PER IL PROGETTO PLUSTIC



SCENARIO EXPERIENCE DESIGN PER IL PROGETTO PLUSTIC

Francesco d'Agostino elaborato di laurea politecnico di milano scuola di design Corso di Laurea in Design della Comunicazione relatore: Francesco E. Guida a.A. 2016/ 17




scenario | plustic experience design | introduzione al progetto

Plustic

Laboratorio di sintesi finale

gruppo di progetto: Martina barri nicola brignoli Francesco D’agostino Gianluca dellara

docenti: Francesco E. Guida Andrea Braccaloni Pietro Buffa Alessandro Masserdotti


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PLUSTIC

Nelle pagine che seguono si trova la storia del progetto plustic, inquadrata nel contesto generale dell'Experience Design. Per questo progetto, partendo da un oggetto (fin troppo!) comune come una bottiglia di plastica, ci si è posti l’obiettivo di produrre una comunicazione efficace tenendo conto di caratteristiche, proprietà e valori dell’oggetto stesso. Nel primo capitolo si trova una breve descrizione dei temi principali del discorso sull'esperienza. Nel secondo si descrive più in dettaglio, con riferimento a casi studio, come si può utilizzare l'Experience Design per veicolare la comunicazione di un brand. Il terzo vede una breve panoramica sulla progettazione di uno scenario e conduce al quarto che racconta le fasi di preparazione, ricerca e sviluppo del progetto con accenni alle problematiche e prospettive future.


scenario | plustic experience design | indice

scenario finito di stampare: luglio 2017 info e codice del progetto plustic: molecularsynthesis.github.io


8|9

// INDICE


scenario plustic experience design | indice

sezione

/*

INTRODUZIONE

01

USER EXPERIENCE E DESIGN DELLA COMUNICAZIONE, CONCETTI E CONSIDERAZIONI


10 | 11

//

INDICE

capitolo

pag.

00a

Scenario

14

01a

Empatia – L'importanza della risposta

18

CS

Robot, dialogo ed empatia – Dunne & Raby, Technological Dreams Series: No.1, Robots

22

01b

Storia – Dove UX Design, storytelling e comunicazione si incontrano

28

01c

Customer, target, utente o persona?

30

01d

Esperienza

34

01e

Tecnologia

37

CS

Online e offline – Jonathan Harris, Cowbird project Reddit, Place Ogilvy + IBM, People for Smarter Cities

38


scenario plustic experience design | indice

sezione

02

BRAND EXPERIENCE

03

PROGETTARE L'ESPERIENZA

04

PLUSTIC - DIARIO DI PROGETTO

*/

BIBLIOGRAFIA


12 | 13

capitolo

pag. 52

02a

Oltre la “customer experience”

02b

L'esperienza di marca – Brand Experience

CS

“Vivere” i valori di un brand – Coca-Cola, The friendship machine

56

CS

Macchine comunicative – TODO, #Egizio2015

62

CS

McKinney, Beercade

68

03a

Costruire uno scenario

72

03b

Attrazione e trigger

73

03c

Engagement e conclusione

74

03d

Scenario ed esperienza

74

03e

La bellezza dell'inaspettato – Gestione dell'errore

77

04a

Brief

81

04b

Ricerca

82

04c

Brand

88

04d

Identità visiva

92

04e

Scenario e macchina comunicativa

102

04f

Considerazioni, problematiche e possibilità future

128

05a

Bibliografia

134


scenario | plustic experience design | introduzione


14 | 15

/* INTRODUZIONE


scenario | plustic experience design | introduzione

Nell’ambito dell’User Experience [UX] Design, uno scenario è invece uno strumento usato per progettare una “visione” di utilizzo dei prototipi che si stanno creando, una esperienza.

Scenario

Da un lato uno scenario è un “prototipo costruito di parole”1 che serve a dare forma alle varie funzioni progettando i vari feedback – dall’applicativo all’utente e dall’utente all’applicativo – che ne determineranno l’interazione. Dall’altro gli scenari raccontano una storia, la storia dell’esperienza che verrà fatta tramite l’artefatto che viene progettato .

1 “In a sense, scenarios are prototypes built of words” Saffer, D. Designing for Interaction, New Riders, Berkeley 2010, p. 144.

L’obiettivo di questo approfondimento è quello di mostrare come si può espandere il concetto di scenario - sia nella sua componente di interazione (lo scenario come prototipo), sia in quella di storytelling (lo scenario come storia) per passare da un’esperienza costruita sulla carta e, a volte, ricreata in fase di testing – e quindi mai davvero vissuta – al progetto di una esperienza vera e propria tramite la quale comunicare un messaggio significativo (in particolar modo in riferimento a un brand). Da uno scenario potenziale, ad uno scenario reale ed immersivo.


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Uno scenario era la bozza da cui gli attori partivano per costruire, ogni volta diversa, la Commedia dell’arte. Uno scenario è il luogo fisico in cui avviene la performance dell’artista. Uno scenario è un caso di studio, un esempio. Il nostro scenario sarà il progetto dell'esperienza per il pubblico


scenario | plustic experience design | concetti e considerazioni


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01

USER EXPERIENCE E DESIGN DELLA COMUNICAZIONE, CONCETTI E CONSIDERAZIONI


scenario | plustic experience design | concetti e considerazioni

Per poter successivamente affrontare la costruzione di uno scenario e quindi il progetto della esperienza sono qui definiti alcuni concetti propri delle due discipline per poi andare a indagare l’area in cui design della comunicazione e UX design si incontrano.

Schema minimo di una comunicazione rivisitazione da: Munari, B. Design e comunicazione visiva, Editori Laterza, Roma 2012, p. 85


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01a

EMPATIA L'IMPORTANZA DELLA RISPOSTA

RISPOSTA

emittente del RICEVENTE

filtri sensoriali, operativi e culturali

MESSAGGI

rumore – disturbi ambientali

EMITTENTE


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Risposta

1 Munari, B. Design e comunicazione visiva, Editori Laterza, Roma 2012, p. 85

Una schematizzazione comune da cui partire per definire un progetto di comunicazione è quella che appare in “Design e comunicazione visiva”.1 Tramite questo schema, Bruno Munari mostra come un messaggio, partendo da un emittente, debba superare il rumore di fondo dell’ambiente e i filtri sensoriali, operativi e culturali del ricevente per arrivare a suscitare in lui due risposte, una esterna (“suggerita” dal messaggio) e una interna (che porterà – o non porterà se chi lo riceve decide che il messaggio non è rilevante – ad un’azione di risposta vera e propria). Concentrandosi sul “fare arrivare il messaggio”, spesso si perde di vista quello che succederà una volta che questo è arrivato; la risposta invece va recepita e ascoltata con la volontà di indirizzarne il contenuto (in particolare per quella interna), ma soprattutto con l’intento di comprenderla, estraendo da essa bisogni e punti di vista del “ricevente” che verranno poi integrati nel progetto (che sia questo progetto di un brand o di un singolo artefatto comunicativo) costruendo un dialogo vero e proprio in cui l’emittente non è l’unico a mandare messaggi.

2 Levine, R.- Locke, C. Searls D.- Weinberger D. The Clutrain Manifesto, 1999

Feedback

Come asseriscono anche Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weinberger2 – in un mondo sempre più interconnesso in cui la comunicazione non è più controllata da pochi brand o media è indispensabile ascoltare l’opinione di chi riceve – o riceverà – il messaggio che si vuole inviare e quindi instaurare un dialogo continuo.

In questo discorso il mondo dell’User Experience design – forse per il suo essere intimamente legato allo sviluppo tecnologico che ha portato allampliamento delle reti sociali e comunicative – ha molto da dire. Infatti il suo obiettivo principale è quello di instaurare un dialogo aperto ed efficace tra applicativo e utente affinché l’esperienza risulti efficace.


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If you want us to talk to you, tell us something. Make it something interesting for a change. the Cluetrain Manifesto

Questo obiettivo viene (anche) raggiunto tramite l'uso di feedback: una serie di messaggi dalle tipologie più disparate (sonori, visivi, testuali, ecc.) che sono costituiti sia dagli input che l’utente invia tramite l’interfaccia, ma anche e soprattutto dai segnali che l’applicativo invia all’utente per renderlo consapevole dello stato e del corretto svolgimento della sua interazione.

Empatia

La necessità dell’ascolto e quella della ”umanizzazione” delle tecnologie portano al primo punto di contatto tra experience design e design della comunicazione che è quello dell’empatia, il mettersi nei panni della persona con la quale si interagisce, e ascoltare quello che pensa e ha da dire sul tema di cui si vuole parlare, è il primo passo verso la creazione di uno scenario. Unire quindi il concetto operativo di feedback (dialogo schietto, orientato sia a dare che ricevere informazioni utili) proprio dell’user experience design a quello semantico di risposta (per cui ogni comunicazione efficace deve generare una risposta) deve essere uno degli obiettivi da porsi nel progettare un’esperienza che tenga in considerazione sia ciò che il designer ha in mente sia ciò che chi approccerà il progetto si aspetta.


scenario | plustic experience design | caso studio Technlogical Dreams Series: No.1, Robots

Dunne & Raby designer

ROBOT, DIALOGO ED EMPATIA

Technological Dreams Series: No.1, Robots

caso studio

progetto

curato da Z33, in collezione a MoMA, NY – 2007 luogo e data


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I see designers as designing not anymore objects, per se. But also scenarios that will help people understands the consequences of their choices. Paola Antonelli sul design di Dunne & Raby Intervista da Hustwit, G. Objectified, 2009


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Tra i designer che tentano di sfruttare l'esperienza utente per comunicare un messaggio si trova la coppia di designer inglesi Anthony Dunne e Fiona Raby. Dunne & Raby progettano – molto spesso per musei o gallerie d'arte – quelli che loro stessi hanno definito lavori di “Design Fiction” e affermano di voler sostenere il “Design in the service of the society” piuttosto che quello “in the service of the industry”3 anteponendo le necessità di comunicazione a quelle di produzione.4 Pur collocandosi spesso in un area più affine all'arte che al design il lavoro di Dunne & Raby è un ottimo esempio per spiegare come si possa creare un legame forte – che porta quindi ad una comunicazione efficace – creando uno scenario in cui il pubblico a cui ci si rivolge possa fare esperienza diretta di ciò che gli si vuole comunicare. Nell'esposizione Technological Dreams Series: No.1, Robots creata nel 2009 per la galleria z33 e poi successivamente portata alla mostra “TalkToMe” al MoMA, lavora proprio sul concetto di feedback nel rapporto uomo-macchina: si è abituati a pensare i robot come delle macchine con un comportamento prestabilito – solitamente orientato al lavoro – che diano risposte precise ad input predefiniti e che garantiscano benefici a chi li utilizza.

3 Dunne, A.- Raby, F. Work in Progress, a Manifesto, 2009 4 “We're interested in mass communication more than mass production” Dunne, A. intervista da Hustwit, G. Objectified, 2009

These objects are meant to spark a discussion about how we'd like our robots to relate to us: subservient, intimate, dependent,


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Ognuno dei quattro robot interagisce con il pubblico in maniera diversa Foto da MoMA.org, 2011


scenario | plustic experience design | caso studio Technlogical Dreams Series: No.1, Robots


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a sinistra: "Robot 4" Foto da MoMA.org, 2011

Il tema centrale è quindi l'empatia, in questo caso non tra persone, ma tra persone e macchine.

scenario

Introducendo una serie di feedback atipici nei loro robot, Dunne & Raby ribaltano infatti il rapporto costruendo uno scenario in cui sono i robot a richiedere attenzioni e feedback e quindi a portare avanti la relazione con l'uomo. Lo scenario consiste in una sala in cui uomini e robot sono liberi di muoversi e interagire tra di loro. Ogni robot ha una “personalità” e fornisce degli stimoli sensoriali diversi. “Robot 2” ad esempio è nervoso e oscilla dall'attenzione ossessiva per chi entra nella stanza alla paura per i rumori. “Robot 3” al contrario necessita di un'attenzione costante poiché non è in grado di muoversi in autonomia per la stanza e quindi non può svolgere la sua funzione senza che il pubblico lo aiuti.

"Robot 4" inverte il rapporto tra utente e macchina: non avendo un sistema di movimento sviluppato richiama l'attenzione del pubblico tramite segnali acustici per muoversi all'interno della sala.

L'aspetto più interessante del caso studio è l'assenza pressoché totale all'interno della stanza di informazioni che non siano i robot stessi a dimostrazione di come l'interazione e l'esperienza possano bastare per veicolare correttamente un messaggio.


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01b

STORIA DOVE UX DESIGN, STORYTELLING E COMUNICAZIONE SI INCONTRANO

Industrial Design

Interaction Design

Architecture

Information Architecture Sound Design Experience Design Communication Design

Storytelling


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Uno dei campi in cui è possibile sperimentare con la progettazione di esperienze è quell’area in cui le discipline di experience design e design della comunicazione e i concetti di storia, esperienza e messaggio si intrecciano. Progettare un’esperienza utente e un artefatto comunicativo hanno in comune numerosi strumenti concettuali (come feedback/risposta, interazione/dialogo, concetto di storia) e operativi (uso di storyboard e moodboard). Tra questi strumenti vi è l’utilizzo e la creazione di storie [storytelling].

Storytelling ed Esperienza

5 Saffer, D. Designing for Interaction, New Riders, Berkeley 2010, p. 144

Come riportato nell’introduzione, per Dan Saffer la storia ricopre un ruolo importante nel progetto dell’interazione5. Inoltre, secondo numerosi studi di psicologia e design6, l’esperienza stessa viene descritta, raccontata e ricordata come una storia al punto che è impossibile parlare di un’esperienza senza raccontare una storia. Si può dunque assumere che un’esperienza possa essere sfruttata (invertendo di fatto il rapporto storia-esperienza che si ha nel design dell’interazione) per raccontare una storia e, quindi, per veicolare un messaggio.

6 Grimaldi, S. Narrativity of Object Interaction Experiences: A Framework for Designing Products as Narrative Experiences contenuto in Experience Design, Bloomsbury Academic, London 2015, p.57

Si può pensare di progettare uno scenario che preveda qualcosa in più che mettere un utente di fronte ad un applicativo e vedere come questo reagisce. Uno scenario che ponga una persona in un’ambiente immersivo capace di generare un’esperienza e veicolare un messaggio significativo e durevole tramite la stessa.

a sinistra Rivisitazione basata su: Saffer, D. The Disciplines of User Experience, 2008

Sia questo messaggio l’opera di un artista, il messaggio pubblicitario di un brand, i valori di un museo o altro,.


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01c

CUSTOMER, TARGET, UTENTE, PERSONA? DEFINIRE IL LEGAME TRA DESIGNER E INDIVIDUI O COMUNITÀ OLTRE LE ETICHETTE


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Un’altra delle questioni che emergono nel momento in cui si inizia un progetto – specialmente se, come nei casi di studio e nel progetto di tesi che seguiranno, il focus è sulla comunicazione di un brand – è quello della definizione della persona a cui il progetto stesso si rivolge.

Customer e Target

Quando si progetta la comunicazione di un brand si finisce spesso per utilizzare termini mutuati dal marketing come target e customer (cliente) che riducono le persone a numeri su un datasheet o, nel caso di comunicazione su social media, a like, condivisioni e retweet.

Utente

Un approccio un po’ meno disumanizzante si ha nell’ambito dell’user experience design che si occupa appunto di un utente (user, appunto), termine generico che indica chiunque utilizzi il dispositivo che si sta progettando. Anche qui però chi interagisce con l’artefatto progettato spesso viene in qualche modo ridotto a una lista delle esigenze e aspettative che si pensa possa avere nei confronti dello stesso, ma raramente viene considerato come qualcosa di diverso che un semplice fruitore di un prodotto che si farà a prescindere dalle sue opinioni in merito. Lo stesso Donald Norman – il quale ha introdotto il termine “User Experience” negli anni ’90 – ha infatti spiegato che è riduttivo intendere il design dell’esperienza solo come orientato all’utente (e quindi solo nell’ambito della tecnologia e delle applicazioni), ma va inteso come il progetto della totalità dell’esperienza, un design di sistema.7

Persona

7 Nielsen Norman Group, The Definition of User Experience (UX), 2016

Un altro concetto che cerca di definire l'insieme di referenti è quello di persona. Termine spesso usato nel design dell'interazione e nell'Experience Design, indica una persona “tipo” a cui vengono attribuiti nome, età e caratteristiche fisiche come psicologiche che dovrebbe rappresentare un'insieme più ampio di individui.


scenario | plustic experience design | concetti e considerazioni

Anyone involved in design education will recall students blithely assuring that projects will be involuntarely appreciated by “distal end users”, the “target end users”, the “target market”, or similar dehumanizing

Benz, P. Experience Design, Bloomsbury Academic, London 2015, p.5


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Sebbene sia un'astrazione utile in fase di progetto e che cerca di comprendere più caratteristiche – sviluppando un personaggio a tutto tondo, ma pur sempre un personaggio – è ancora limitante se perso troppo alla lettera.

8 Benz, P. Experience Design, Bloomsbury Academic, London 2015, p.57

Il rapporto tra designer, brand e pubblico, infatti, “it’s a crowded two-way interaction”8. È necessario quindi andare oltre le etichette e cercare realmente di empatizzare ed immedesimarsi nelle persone che renderanno possibile l’esperienza che si è progettato. È inoltre fondamentale cambiare il modo di progettare o includendo i futuri fruitori del progetto in fase di design – come nelle esperienze di co-design o design partecipativo – oppure ottimizzando ricorsivamente i vari elementi dell’esperienza in base a come questi saranno interpretati. Un individuo non è una variabile fissa che segue acriticamente un percorso che il progettista ha scelto per lui come nei “customer journey”, ma ignora, riadatta e modifica le diverse componenti dello scenario in maniera spesso inaspettata. Quindi, sebbene, le etichette e una definizione di massima del “pubblico” a cui ci si rivolge sono necessarie – anche solo per questioni linguistiche e di comprensibilità del testo – e verranno infatti usate anche qui, è necessario non dimenticare la componente umana e l’imprevedibilità intrinseca della stessa.


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01d

ESPERIENZA PANOMARAMICA, DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE

Arrivati a questo punto è però fondamentale definire un concetto che è stato spesso utilizzato in precedenza ma non ancora analizzato a fondo. Numerosi trattati sono stati scritti nell’ambito della filosofia, ma anche delle neuroscienze, con l’obiettivo di definire cosa si intenda per “esperienza”9.

Il concetto di esperienza in filosofia

Spesso si è distinto, come fanno parecchi filologi tedeschi10 tra esperienze forti, singole e vissute personalmente (Erlebnis), esperienze che scorrono senza che ci si faccia particolare attenzione (Erfahrung) e l’insieme di esperienze che compongono i ricordi e la vita di una persona (Erlebnisse). Riferendosi al primo concetto di esperienza (Erlebnis) – più rilevante per il discorso che si affronterà, quasi tutti i ragionamenti partono dalle riflessioni fatte attorno agli anni '20 del secolo scorso dal filosofo e psicologo

9 Per una panoramica storica completa sull’argomento: Jones, C. A. Mather D. Uchill R. Experience, Culture, Cognition and the Common Sense, MIT Press, Cambridge (MA), 2016

10 Benz, P. Experience Design, Bloomsbury Academic, London 2015, p.14


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statunitense John Dewey. Per Dewey un’esperienza si ha nell’interazione tra l’uomo e il suo ambiente11 . In questo senso però “experience occurs continuously because the interaction of live creature and environing conditions is involved in the very process of living”12 ed è per questo necessario approfondire il tema per ottenerne una definizione operativa. Innanzitutto si distingue un’esperienza materiale – l’interazione tra l’uomo e l’ambiente di cui si scriveva prima – ed una immateriale, ovvero la riflessione, mediata dal pensiero, dal ricordo, dal desiderio e dalle aspettative di chi la compie. Si ha davvero un’esperienza quando si trova un appagamento e questa passa da essere materiale a immateriale. Un’esperienza vera e propria ha dunque un inizio ed una fine ben definite che ne caratterizzano l’unità e la distinguono dal flusso continuo di esperienze che è la vita:

«An experience has a unity that gives it its name […]. The existence of this unity is constituted by a single quality that pervades the entire experience in spite of the variation of its constituent parts.» 13

Definizione

Materiale e immateriale

Esperienza come unità

11 “The philosopher John Dewey (1922, 1925) views experience as the intertwining of human beings and their environments.”, Brakus, J. - Schmitt, B. H. Zarantonello, L. Brand Experience: What Is It? How Is It Measured? Does It Affect Loyalty? in Ama Journal Issue 3, 2009, p. 54

12 Dewey, J. Having an experience, saggio riportato in Jones, C. A. Mather D. Uchill R. Experience, Culture, Cognition and the Common Sense, MIT Press, Cambridge (MA), 2016, p. 270. 13 Ibidem, p. 270, enfasi nell’originale.


scenario | plustic experience design | concetti e considerazioni

If we can only know reality through experience, how should we understand the production of experience itself ? 14

«Because of continuous merging, there are no holes, mechanical junctions, and dead centers when we have an experience. There are pauses, places of rest, but they punctuate and define the quality of movements.» 15

Definizione operativa

Ritmo

14 Jones, C. A. Mather D. Uchill R. Experience, Culture, Cognition and the Common Sense, MIT Press, Cambridge (MA), 2016, p. 8

15 Ibidem, p. 270, enfasi nell’originale.

Questo ritmo porterà poi a una conclusione che completa infine l’esperienza, non un momento distaccato dall’esperienza stessa, ma la realizzazione finale di un movimento. Si intende qui per esperienza dunque l’insieme di azioni e situazioni (sensoriali, emozionali, intellettive, di comportamento o sociali) – caratterizzate da una determinata qualità che le rende uniche e dà loro un ritmo – che avvengono in determinati luoghi e tempi che


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01e

TECNOLOGIA La tecnologia – ed in particolare internet – hanno consentito di allargare l’orizzonte della comunicazione di massa potenzialmente a chiunque. Ha insomma ingrandito e reso davvero rilevante la freccia di ritorno – quella della risposta – nel progetto di comunicazione. 16 Dolor sit, Lorem Ipsum, volevo vedere se eri attento

Non solo, ma ha consentito alle comunità su internet di proporsi come generatrici di contenuti oltre che consumatrici degli stessi. Esempi ne sono i progetti open-source come arduino o processing [che si ritroveranno, come strumenti, nel progetto dell’esperienza di Plustic] e le comunità di makers16. Non essendo i media tecnologici il tema centrale di questo progetto quanto uno strumento attraverso il quale eseguire lo stesso – si è preferito trattare l’argomento attraverso tre casi studio che mostrano come si può usare un mezzo come internet per creare comunità e relazioni [nei primi due casi] sfruttando le caratteristiche tecniche del mezzo o, come, paradossalmente, un’azienda che ha fatto la storia dell’informatica come IBM utilizzi i metodi di inclusione e di interazione propri della tecnologia in una comunicazione “fisica”.


scenario | plustic experience design | casi studio Online e offline

Jonathan Harris designer

ONLINE OFFLINE

Cowbird Project

casi studio

progetto

p. 40


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Reddit + community

Ogilvy & Mather

designer

agenzia

Place

People for smarter cities

progetto

progetto

p. 43

p. 46


scenario | plustic experience design | caso studio The Cowbird Project

The Internet is enabling conversations among human beings that were simply not possible in the era of mass

Sesta tesi del �cluetrain manifesto“ AA. VV. Cluetrain Manifesto, 1999


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Cowbird Project Foto da cowbird.com Jonathan Harris, 2011


scenario | plustic experience design | caso studio The Cowbird Project

Cowbird project

Jonathan Harris è un designer e fotografo che sfrutta l'interazione come parte principale di tutti i suoi progetti. Tra questi c'è “cowbird”, “fast and agile like a bird, slow and ruminant like a cow, designed to be a narrative alternative to the data mayhem that fills the Web — a place where people can go deeply into the ‘ecstatic truth’ of human life.”17 Cowbird è una piattaforma per condividere “storie di esperienza umana”. Al contrario di altre piattaforme web si concentra sul contenuto e non sulla forma. Lascia molto spazio e pochi limiti agli utenti (che possono usare video, audio, testi, foto o un mix di questi) e concentra l'attenzione sul contenuto. La questione del tempo in internet diventa fondamentale, per molti la chiave di tutto sembra essere la velocità con cui si creano e distribuiscono contenuti. In Cowbird la prospettiva si inverte e l'attenzione è rivolta totalmente al contenuto e la sua fruizione richiede tutto il tempo che serve, non di meno col fine di creare non la quantità massima di connessioni, ma dei link più riflessivi e profondi. “I wanted to create a space for a slower, deeper, contemplative kind of self-expression. I wanted to create a space for the kind of content that would still resonate 50 years from now. It's designed with a lot of sensitivity and care. At the same time, it violates just about every principle of viral content strategy, which means that its growth has been slow.”18

17 Dalla pagina about di Cowbird Project, cowbird.com, 2017 18 Petrovic, K. Inside Story,in Print Magazine, Issue 67, ottobre 2013, p. 64

È interessant come il progetto giochi su tutti i livelli forniti dalla tecnologia e la sovrapposizione di esperienze: euelle che si fanno davvero, quelle che si condividono tramite la piattaforma e l'esperienza stessa della e nella piattaforma.


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Hyperlinks subvert hierarchy. the Cluetrain Manifesto

Place Foto da reddit.com Reddit, 2017


scenario | plustic experience design | caso studio Place

Place Immagini estratte dal timelapse dell'evento


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Place

Un altro progetto che sfrutta internet è Place di Reddit. Radicalmente opposto nelle modalità [si colloca in un arco temporale ristretto e fornisce agli utenti uno spazio di manovra veramente limitato] dimostra come una comunità ampia e attiva possa generare un'esperienza/evento utilizzando internet. Place ha avuto inizio il primo aprile del 2017 ed è durato solamente 72 ore. In questo arco temporale agli utenti di reddit che si recavano su questa pagina veniva messo a disposizione uno spazio di 1000x1000 pixel di cui potevano colorarne uno – scegliendo da un set di colori predefiniti – ogni cinque minuti. Nelle prime ore la pagina era un insieme caotico di punti colorati, ma già dalla metà del primo giorno le varie comunità di utenti presenti sulla piattaforma hanno iniziato ad accordarsi per creare immagini di senso compiuto fino a giungere a vere e proprie lotte a colpi di pixel per la conquista di porzioni di “canvas”. Il progetto dimostra come da una conoscenza profonda delle persone e delle comunità a cui ci si rivolge e tramite la collaborazione con queste possano nascere esperienze che uniscano ulteriormente la comunità e che riescano poi a uscire dalla comunità stessa e raggiungere altre persone al di fuori. È anche da sottolineare la fiducia che è stata data da Reddit ai suoi utenti. Sebbene a livello tecnico l'interazione fosse molto limitata [un pixel ogni cinque minuti ciascuno, con la possibilità di creare bot per automatizzare la selezione dei pixel] le possibilità creative erano pressoché infinite, soprattutto nel caso di collaborazioni tra più utenti.


scenario | plustic experience design | caso studio People for Smarter Cities

People for smarter cities

Un progetto che invece riporta l'interazione e l'Experience Design ad un livello esclusivamente fisico è quello progettato da Ogilvy & Mather per IBM e chiamato “People for Smarter Cities” che punta a coinvolgere i cittadini nel cambiare modalità in cui sono vissute le città. In questo progetto di advertising, per mostrare come IBM voglia costruire città più intelligenti si è pensato di dare un esempio progettando manifesti pubblicitari interattivi e utili. Comprendendo appieno il concetto di “empatia" descritto in precedenza, sono stati posizionati dei cartelloni che interagissero e facilitassero la vita quotidiana, riparando dalla pioggia, consentendo l'accesso a luoghi con scalinate o di sedersi in posti in cui non ci sono panchine. Inoltre – sfruttando l'interazione – il cartellone non necessita contenuti particolari che attirino l'attenzione, ma contiene solo le informazioni strettamente necessarie per partecipare all'iniz i a t i v a e nient'altro. È proprio il suo essere un manifesto interattivo che lo distingue dagli altri e gli consente di comunicare in maniera efficace i valori del brand cui fa riferimento come si spiegherà nel capitolo seguente.


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People for Smarter Cities IBM, Ogilvy & Mather 2013


scenario | plustic experience design | caso studio People for Smarter Cities

People for Smarter Cities IBM, Ogilvy & Mather 2013


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People for Smarter Cities IBM, Ogilvy & Mather 2013


scenario | plustic experience design | brand experience


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02 BRAND EXPERIENCE


scenario | plustic experience design | brand experience

Si è spiegato cos’è un’esperienza, quali sono le sue caratteristiche e si è accennato a come può essere usata per comunicare, ma – siccome il progetto finale vedrà l’utilizzo dell’Experience Design col fine di veicolare i valori di un brand – è necessario fare un ulteriore passo e definire cosa si intende per Brand Experience e come una marca possa usare uno scenario per veicolare i propri valori.

Oltre la customer experience

Brand Experience

1 Brakus, J. - Schmitt, B. H. - Zarantonello, L. Brand Experience Ama Journal Issue 3, 2009, p. 52

2 Ibidem, p. 53

3 In originale: “Sensory, Affective, Behavioural, Intellectual” Ibidem, p. 53

Nell’ambito delle ricerche di marketing – a volte riprese nell’advertising – si usa il termine esperienza per indicare l’interazione – fisica o virtuale – che una persona ha con il prodotto [“product experience”], l’insieme di scelte, contatti e ricerche che si fanno nel momento in cui si procede all’acquisizione di informazioni che porteranno alla scelta e all’acquisto di un prodotto [“shopping” e “service experience”] e infine l’interazione con il prodotto ad un livello più ampio nel tempo ed emotivo [“consumption experience”]1 . Come si può notare questo tipo di esperienze è intimamente legata al prodotto, al suo acquisto e consumo. Josko Brakus ha esteso il concetto di esperienza legato al brand includendo invece tutta quella serie di stimoli che non sono quantificabili in senso stretto ma sono derivati dalla comunicazione e dai valori del brand e dal rapporto che si viene ad instaurare tra brand e persona. “They include specific sensations, feelings, cognitions, and behavioral responses triggered by specific brandrelated stimuli”2 . Brakus e i suoi collaboratori approfondiscono ulteriormente il concetto di Brand Experience individuando quattro aree principali in cui l’esperienza di marca e il consumatore si influenzano a vicenda: sensoriale, affettiva, intellettuale e comportamentale3. Nonostante si corra nuovamente il rischio dell’effetto “topo di laboratorio” tentando di ridurre


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relazioni complesse ad elementi quantificabili, l’esistenza e l’efficacia di un progetto di esperienza di marca è dimostrato dal successo delle “tech company” come Apple, Google, Facebook o Amazon che partendo da un concetto di User Experience tradizionale, legato all’interazione con tecnologie digitali, lo hanno esteso all’intera esperienza di marca, trasportando l’interazione sul livello più alto della relazione, “turning interactions into relationships”4.

«Experiences are sensations, feelings, cognitions, and behavioral responses evoked by brand-related stimuli. Over time, brand experiences may result in emotional bonds, but emotions are only one internal outcome of the stimulation that evokes experiences.» 5

4 Sergio, F. Experience Strategy Now Designmind [Frog Design Webzine], 2013

5 Ibidem, p. 58

A questo proposito l'Experience Design può dire la sua. Come sostiene Donald Norman, infatti, questa disciplina non si occupa solo di definire l'interazione e l'interfaccia di un'applicazione, un sito web o un sistema operativo, ma si occupa di tutto quello che riguarda la relazione tra un brand e un individuo, dal negozio al sito web, passando per il packaging e la scelta dei materiali di un prodotto.


scenario | plustic experience design | brand experience

Once upon a time – a very long time ago – I was at Apple and – you know – we said «the experience of using these computers is weak. The experience when you first discover it, when you see it in the store, when you buy it, when you discover “oh, it can’t fit into the car in this great big box” and when you finally do get it home and it looks scary, “I don’t know if I dare put this computer together”». All of that is User Experience; everything that touches upon your experience with the product. And it may not even be near the product. It may be when you're telling somebody else about it. That’s what we meant


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when we devised the term “User Experience” and set up what we called the “User Experience Architect’s Office” at Apple to try to enhance things. Today that term is horribly misused. It is used by people to say “I’m a user experience designer, I design websites, I design apps” and they have no clues to what they’re doing. They think the experience is that simple device, the website or the app, or who knows what. No, it’s everything: it’s the way you experience the world, it’s the way you experience your life, it’s the way you experience the service, or – yes – an app or a computer system – but a system that’s Donald Norman sul termine User Experience e la sua origine Intervista dal canale YouTube di Norman Nielsen Group


scenario | plustic experience design | caso studio The Friendship Machine

Ogilvy Argentina agenzia

VIVERE I VALORI DEL BRAND

Friendship Machine

caso studio

progetto

Buenos Aires Friendship Day – 2011 luogo e data


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Uno dei distributori automatici installati per la giornata dell'amicizia a Buenso Aires Coca-Cola, Ogilvy Argentina 2011


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The Friendship Machine

Come nel caso di IBM di cui si è discusso in precedenza, anche Coca-Cola ha deciso di utilizzare l'Experience Design per comunicare i valori del proprio brand. Utilizzando due simboli della Coca-Cola come il distributore automatico e la bottiglietta, Ogilvy è riuscita a comunicare i valori di amicizia e dello stare insieme che la marca vuole fare propri. Questi valori per non sono resi espliciti, ma sono impliciti nell'esperienza che se ne fa: il distributore consegna due bottiglie al prezzo di una, ma solo tramite una bocchetta posizionata troppo in alto perché una sola persona ci possa arrivare. Di conseguenza, per ottenere l'offerta è necessario fare gioco di squadra con i propri amici. Il concetto è molto semplice, ma essendo vissuto in prima persona e non letto/visto/sentito risulta trasmesso in maniera efficace. Efficace a tal punto che Coca-Cola ha deciso negli anni successivi di creare degli altri distributori speciali per comunicare diversi suoi valori, tra cui l'inclusione e il senso di comunità [“Small World Machines” nel 2012 e “Hug Machine” nel 2013].

Small World Machines

Particolarmente interessante il caso di “Small World Machines” in cui le persone di due paesi tra i quali la tensione non accenna a scendere venivano messi in comunicazione tramite una sorta di portale creato da due distributori automatici della Coca-Cola a sottolineare come la Coca-Cola unisca il mondo. Che poi sia la Coca-Cola a doversi occupare di queste tematiche – o che lo faccia sempre con sincerità e senza secondi fini – sta a chi interagisce col brand stabilirlo.

a destra: Coca-Cola Small World Machine Coca-Cola, 2012


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scenario | plustic experience design | progettare l'esperienza


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03 PROGETTARE

L'ESPERIENZA


scenario | plustic experience design | caso studio #Egizio2015

TODO Torino agenzia

MACCHINE COMUNICATIVE

#Egizio2015

caso studio

progetto

Torino – 2015 luogo e data


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La clessidra con il countdown per la riapertura del museo Todo – Torino 2015


scenario | plustic experience design | caso studio #Egizio2015

In questo capitolo si descrivono più nello specifico alcuni aspetti della progettazione dell'esperienza. Per farlo più agevolmente sono utili due casi studio che offrono lo spunto per parlare di macchine comunicative. Artefatti – creati ad hoc per un evento – attraverso la cui interazione si riesce a comunicare un messaggio. Due di queste sono state create in occasione del restauro del museo Egizio di Torino nel 2015. Entrambe partono dal concetto di scoperta – fondante per un museo che si basa sull'archeologia e sull'esplorazione – e costruiscono un'esperienza la cui durata si protrae nell'arco dei sei mesi precedenti alla riapertura del museo. La scoperta è data da una clessidra – posta in una delle piazze principali della città – che scorrendo rivela la copia di una statua contenuta nel m u s e o . Lo stesso concetto è amplificato attraverso la creazione di alcune macchine interattive – collocate in varie aree pedonali della città – in cui sono gli utenti, soffiando, a controllare un braccio meccanico che a sua volta sposta la sabbia fino a rivelare gli artefatti nascosti. Un concetto complicato – e a volte noioso per i più piccoli – come l'archeologia diventa divertente e semplice attraverso l'uso di tre soli elementi simbolici, la sabbia, le statue e la clessidra e una interazione molto semplice come il gesto di soffiare. È inoltre significativo l'uso del tempo – come concetto all'interno delle macchine e scandito dalle stesse – ma anche come strumento per costruire l'attesa di un evento. Le macchine inoltre sono collegate ad internet in modo che gli utenti possano partecipare da remoto e condividere la loro esperienza sui social network. a destra: #Egizio2015 Todo – Torino 2015


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L'installazione interattiva, azionata direttamente Todo – Torino 2015


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L'installazione interattiva, azionata tramite il sito web Todo – Torino 2015


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McKinney agenzia

MACCHINE COMUNICATIVE

Beercade, The Last Barfighter

caso studio

progetto

North Carolina – 2013 luogo e data


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Beercade, The Last Barfighter McKinney – 2013


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Un altro progetto che sfrutta una macchina comunicativa è “Beercade”, un videogioco arcade che funge da pubblicità per un brand di birre nel North Carolina. Anche qui invece di sfruttare le solite locandine e i sottobicchieri come si fa nei bar di tutto il mondo, McKinney ha pensato di utilizzare un videogame per promuovere la birra. Il funzionamento è piuttosto semplice, invece di pagare una birra intera si acquistano due bicchieri vuoti che fungono da gettoni per la macchina. Una volta posizionati i bicchieri il gioco comincia chiedendo di scegliere un personaggio con cui sfidare l'avversario in un gioco di lotta arcade. Una volta finita la battaglia il bicchiere del vincitore verrà riempito, mentre l'altro rimarrà vuoto. Oltre che a far vincere premi all'agenzia che l'ha creato e a far aumentare le visite sul sito web del produttore, il videogioco fornisce un'interfaccia con cui gli utenti interagiscono con il brand. Anche se in realtà – ed è un problema piuttosto comune per questo tipo di comunicazione quando fatta da grandi brand – non è poi chiaro se la macchina sia stata effettivamente utilizzata in qualche bar o se – com'è più probabile – sia stata creata per poi essere utilizzata su internet semplicemente come mezzo per una campagna tradizionale. È importante invece che quando si sceglie questo tipo di comunicazione si abbia il coraggio, la coerenza e l'empatia [cfr. capitolo 01] di portarla avanti davvero e non lasciare che sia un'esperimento di facciata.

a sinistra: esperienza utente di Beercade McKinney – 2013


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03a

COSTRUIRE UNO SCENAAPPUNTI PROGETTUALI SULL'EXPERIENCE DESIGN

In questo capitolo sono riportati una serie di spunti operativi1 – messi in pratica nel progetto dell’esperienza Plustic descritta nel capitolo successivo – che danno una panoramica degli aspetti chiave della progettazione di un’esperienza e della costruzione di uno scenario. Costruzione perché il processo di progettazione e prototipazione sono spesso contigui e interlacciati; la componente realizzativa è altrettanto importante rispetto a quella concettuale, e spesso la influenza.

1 Per la descrizione completa del progetto dell’esperienza a cui si è fatto riferimento per la compilazione di questo capitolo: Shedroff, N. Experience Design 1.1, a manifesto for the design of experiences, 2009


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Poggenpohl, S. H. Design Moves: Approximating a Desired Future with Users, 2002, p.2

Design envisions the future by taking a felt need or problem or what is a vague and often abstract idea and making it tangible - making it exist in the world so that various stakeholders in the idea can imagine together, socially and interactively, what ‘it’ might be like.


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03b ATTRAZIONE E TRIGGER

Come definito nel secondo capitolo un’esperienza è costituita essenzialmente da un inizio, un’unità centrale definita da una qualità costante che perdura fino ad una conclusione. Ogni esperienza per emergere dal lungo flusso di esperienze che vengono vissute quotidianamente deve chiaramente cominciare con un elemento che la separi e la renda indipendente. In questo senso si utilizzano una serie trigger che spingano all’interazione. Si possono dividere, semplificando molto, in due categorie. La prima punta ad attirare l’attenzione tramite un elemento nuovo o inatteso che quindi emerge rispetto al contesto. Ad esempio nel caso studio sull’evento Technological Dreams [p. 23] di Dunne&Raby le forme e i colori inattesi dei robot puntavano a stimolare la curiosità dei visitatori del museo e a spingerli ad interagire. La seconda invece sfrutta un elemento comune e noto che attiri per familiarità. Solitamente si cerca di creare una sorta di “dissonanza cognitiva”, posizionando l’elemento fuori contesto o con delle caratteristiche molto diverse da come si è abituati a conoscerlo oppure, ad un livello più alto, cercare di andare in contrasto con le credenze di una persona su un determinato argomento. Un esempio può essere quello della “friendship machine” di Coca-Cola [p. 56] in cui un comunissimo distributore automatico di lattine della bibita ha la bocchetta a diversi metri di altezza.


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03c ENGAGEMENT E CONCLUSIONE

Una volta attirata l’attenzione, un elemento, un luogo/percorso, un obiettivo o una storia devono fornire la qualità che definisce l’esperienza. Nel momento in cui questa qualità viene meno l’esperienza giungerà alla conclusione. L’abilità sta nel fare coincidere la conclusione dell’esperienza soggettiva con la conclusione dell’esperienza che era stata progettata, ovvero, mantenere l’attenzione dell’utente alta fino alla fine. In seguito sono analizzati alcuni aspetti progettuali che dovrebbero contribuire a raggiungere questo obiettivo.

03d SCENARIO ED ESPERIENZA

Nonostante si possano trovare numerose dimensioni di un’esperienza, quelle da tenere maggiormente in considerazione nel progettare uno scenario riguardano gli aspetti temporali, sensoriali e spaziali e la dimensione del significato, che può essere in stretta correlazione con quella della memoria.

Sensi, spazio e tempo

I primi possono essere sfruttati per dare l’idea di un’immersione in un nuovo mondo [basti pensare a come sono strutturati i vari “expo”, soprattutto quelli a tema futuristico], ma anche più semplicemente per creare un percorso coerente che colleghi i vari elementi dello scenario che si è creato. La questione del tempo è in particolare fondamentale. In un periodo in cui innumerevoli input si contendono l’attenzione è necessario considerare bene l’utente che si cercherà di attirare e il contesto di fruizione dell’artefatto. Ad esempio nel contesto di un bar in cui i tempi sono più rilassati e il numero di persone non eccessivamente alto un progetto come Beercade [p. 68], supportato dall’alto engagement di un videogame, può avere un grande successo anche facendo durare molto l’esperienza.


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Al contrario, nell’altro caso studio riportato in questo capitolo [p. 62], dovendo fare pubblicità ad un museo negli spazi di una città e tramite internet, la necessità era quella di comunicare il messaggio coniugando l'efficacia alla necessità di ridurre all’osso il tempo impiegato per singolo utente.

Significato e memoria

L'altro aspetto, meno tangibile e “programmabile”, è quello legato al significato e alla memoria. Non essendoci metodi rigorosi e oggettivi per stabilire cosa avrà un impatto significativo e cosa no, l’unica soluzione è affidarsi all’empatia di cui si è già parlato in precedenza. Per quanto riguarda la memoria invece, oltre a sfruttare l’impatto sensoriale/scenico dell’esperienza o artifici retorici di comunicazione, si può ricorrere a quelle che Shedroff chiama “estensioni”, ovvero ulteriori esperienze [di solito tramite altri media] che creino un collegamento con quella principale.

«The lesson of complexity and chaos theory for Experience Design is that such a myriad of sall, fluid elements in multiplex projects will have unexpected outcomes that defy forecasting and elude impact assessment. Yet, at the same time, the lesson of experience design for more settled branches of practice from fashion to graphics, is that in essence all design may be chaotic.»

Benz, P. Experience Design, Bloomsbury Academic, London 2015, p.11


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03e

LA BELLEZZA DELL’INASPETTATO

Come si può facilmente intuire gli elementi di complessità, sconosciuti o non controllabili nel progetto dell’esperienza sono parecchi proprio perché sono nella natura dell’uomo e dell’interazione tra uomini. Questo non vuol dire necessariamente che non ci siano dei vantaggi dal non poter definire completamente il come una persona reagirà una volta messa davanti a uno scenario. Anzi, spesso cercare di controllare troppo l’interazione può lasciare nell’utente una sensazione limitante di chiusura e innaturalezza, mentre il lasciare più libertà di movimento può portare ad un coinvolgimento maggiore. L’Experience Design e il design dell’interazione forniscono comunque dei modelli e strumenti per testare lo scenario durante la fase di progettazione e prototipazione, ma si può anche puntare a coinvolgere direttamente l’utenza in questa fase.

In altri casi la libertà d’interazione che si può lasciare può entrare a fare parte dello scenario stesso il quale avrà un finale aperto che dipenda dalle scelte di chi decide di partecipare. Questa strada è stata intrapresa nel progetto di Plustic che viene descritto nel prossimo capitolo.


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04 PLUSTIC


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Molecular Design designer

MESSAGE ON A BOTTLE

Plustic IdentitĂ visiva e comunicazione

diario di progetto

progetto

Politecnico di Milano - 2017 luogo e data


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04a

BRIEF COMUNICARE UN OGGETTO DI USO COMUNE

L'obiettivo del progetto Plustic è quello di creare un progetto di comunicazione innovativo e originale a partire da un oggetto molto semplice e di uso comune come una bottiglia di plastica. Per farlo sono state affrontate diverse fasi progettuali, dalla ricerca all'evento finale di presentazione, passando per la prototipazione e il testing.


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04b

RICERCA ANALISI E CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO BOTTIGLIA DI PLASTICA

Le prime settimane di lavoro sono servite a studiare l'oggetto da ogni punto di vista per poterne definire caratteristiche, punti di forza e debolezze.

Storia

Fin dall’inizio della storia, l’uomo ha sempre avuto la necessità di trasportare con sé liquidi per la sopravvivenza. Molti materiali e forme sono stati utilizzati allo scopo, ma dal 1973 – hanno dell'invenzione del PET che rendeva possibile imbottigliare anche le bevande gassate – la bottiglia di plastica è diventato il mezzo più utilizzato per trasportare bevande.

Materiale e caratteristiche

Il materiale a causa delle sue caratteristiche è allo stesso tempo il punto di forza e la debolezza maggiore della bottiglia di plastica. La plastica è economica, leggera ma allo stesso tempo resistente e in grado di fornire un'adeguata protezione a ciò che viene in essa contenuto. La sua resilienza – ovvero la capacità di resistere a situazioni avverse sia dal punto di vista fisico [non si rompe] che da quello chimico [resiste bene ad agenti chimici e si degrada difficilmente] – le ha consentito di imporsi come prodotto di riferimento nell'ambito dell'imbottigliamento di


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1500 a.C.

Fa la sua comparsa la prima bottiglia di vetro

1861

Alexander Parkes brevetta il primo materiale plastico

1875

Viene prodotta e venduta la prima bottiglia di plastica

1973

Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia in PET


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resiliente La bottiglia di plastica resiste e si adatta alle deformazioni fisiche e chimiche

economica Produrre una bottiglia di plastica è un processo complesso ma meno costoso rispetto ad altri materiali

pervasiva L'insieme delle due caratteristiche sopra descritte ha portato la bottiglia di plastica ad essere


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bevande, ma rende purtroppo difficile lo smaltimento di tutte le bottiglie che vengono prodotte.

Problemi di smaltimento e percezione pubblica

A peggiorare ulteriormente la situazione il fatto che la plastica sia un materiale economico e facilmente lavorabile – perlomeno in riferimento a vetro, alluminio e tetrapack – spinge le industrie a produrre ed utilizzare bottigliette monouso che spesso non sono smaltite correttamente. Tutto ciò porta al tema principale del prodotto industriale bottiglia: il riciclo. Il problema dello smaltimento delle bottigliette di plastica ha raggiunto infatti proporzioni talmente grandi che la bottiglia di plastica stessa è divenuta il simbolo per eccellenza del riciclaggio, ma anche e soprattutto dell'inquinamento. Le campagne in merito vanno dall'invito al riciclo e dalla sensibilizzazione fino ad arrivare alla demonizzazione totale delle bottiglie viste come un grande problema anche a causa della materia prima da cui viene ricavata la plastica: il petrolio. Questo aspetto è talmente importante nella società contemporanea e travolge a tal punto qualsiasi altra considerazione sulle bottiglie di plastica che è impossibile non partire da questo dato per pensare la comunicazione di una azienda produttrice di bottiglie di plastica e per rivederne il ruolo all'interno della società.


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WWF India 2013

Un esempio dell'iconografia cui la bottiglia è associata


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filterforgood.com DDB San Francisco - 2008

La meno inquietante della serie


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04c

BRAND VALORI E STRATEGIA DI MARCA

Come già detto il punto di partenza non può che essere il rivedere il ruolo di un'azienda che produce bottiglie di plastica all'interno di una società che spinge sempre di più verso la sostenibilità e il riciclo – almeno in Europa, area all'interno della quale l'azienda opera.

Sostenibilità?

Potrebbe sembrare un paradosso che proprio un'azienda che produce bottiglie di plastica si ponga l'obiettivo di essere sostenibile, ma in realtà i produttori sono gli unici che hanno davvero un potere reale nel dibattito del settore e che, insieme ai consumatori, possono puntare a cambiare davvero il modo di pensare, progettare, utilizzare, produrre bottiglie di plastica.

Economia circolare

In questo senso la già citata resilienza della plastica può aiutare a costruire un'economia circolare.1

1 Una definizione strutturata di circular economy si trova sui siti [presenti anche in bibliografia]: newplasticseconomy.org e circulardesignguide.com

L’economia circolare è un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. Quella circolare è una forma di economia collaborativa, che mette al centro non tanto la proprietà e il prodotto in quanto tale, ma la sua funzione e il suo utilizzo.


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Dare nuova vita alle bottiglie riciclate vuol dire rigenerare un elemento considerato scarto quando in realtà è ancora una risorsa preziosa. Questo è il principio a cui farà riferimento la nuova filosofia dell’azienda.

Storia del brand

Plustic è un’importante realtà del settore delle materie plastiche fondata nel 1986 dall’ing. Mario Platerotti. All’inizio degli anni settanta l’ing. Platerotti intravede nel PET il futuro del packaging dei liquidi e, nel clima favorevole della crisi petrolifera, decide di investire su questo nuovo materiale. Plustic si rivela, con il passare degli anni, un’azienda stabile, con un notevole know-how e con una particolare attenzione nella sezione ricerca e sviluppo. L’impegno di ingegneri specializzati ha portato lo stabilimento all’elaborazione di nuovi metodi di produzione, che puntano a salvaguardare l’ambiente grazie a una riduzione sostanziale dell’utilizzo di idrocarburi lungo tutto il ciclo di produzione. Gli anni 90, caratterizzati da un notevole successo da parte del packaging plastico, si rilevano molto produttivi per l’azienda. Ma gli anni 2000, con la crescente coscienza dei consumatori verso il tema dell’ecologia e dell’impatto ambientale, portano Plustic a investire e a prestare ancora più attenzione ai processi produttivi sostenibili già attuati in passato. Il 2016 è stato un anno particolarmente importante per Plustic: con l’entrata in gioco di Luigi, figlio di Mario, l’azienda vuole rinnovare la propria strategia comunicativa, con il desiderio di rimanere coerenti con la propria filosofia aziendale.


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Naming

Il concetto di circolarità è un punto cardine del brand Plustic. Da questo concetto deriva il nome scelto per l'azienda e i suoi prodotti. La plastica è un materiale comune, ma quella di cui sono fatte le bottiglie di Plustic ha qualcosa in più. Quel qualcosa è proprio il fatto che queste bottiglie non verranno abbandonate una volta prodotte, ma si cercherà in ogni modo di farle rientrare nel ciclo produttivo in modo che da una bottiglia possa nascere qualcosa di nuovo. Questo è il valore aggiunto cui il "plus" nel nome fa riferimento e che si rispecchia nella vision e nella mission:

Vision

Renew our nature "Pensiamo sia possibile rinnovare e innovare l’utilizzo delle materie plastiche, in particolare delle bottiglie, allo scopo di generare nuovo valore dall’esistente. Creando un ciclo infinito da materie prime finite.”

Mission

Together, we can shape a new world “Vogliamo coinvolgere la società per creare una comunità dell’economia circolare che consenta alla bottiglia di plastica di essere un oggetto utile e allo stesso tempo un prodotto sostenibile.”


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Claim e valori

Renew, Rigenerazione

Creare nuovo valore dall'esistente è l'obiettivo principale di Plustic.

Protezione

Trasportare e proteggere liquidi è il compito principale delle bottiglie plastiche e occorre farlo in sicurezza.

Sostenibilità

L'attenzione alla natura e alla sostenibilità ambientale caratterizza ogni scelta che Plustic compie


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04d

IDENTITÀ VISIVA ELEMENTI E APPLICAZIONI DELL'IDENTITÀ VISIVA DI PLUSTIC

L'identità visiva è stata creata utilizzando forme circolari che rimandino ai valori e alla vision del brand. Il segno + ricorda la volontà di differenziarsi ed il valore aggiunto che il brand può offrire, mentre i caratteri e la griglia regolari danno risalto alla natura industriale di Plustic che – pur tentando di sensibilizzare i cittadini sul tema dell'economia circolare rimane sempre un'azienda che lavora nel settore B2B

Applicazione generativa

Il logo è accompagnato da un'applicazione generativa che, a partire dai tre cerchi che rappresentano i tre valori del brand traccia le sole otto circonferenze tangenti alle tre iniziali che simboleggiano la comunità che si costruisce attorno all'economia circolare. Il colore azzurro è stato invece scelto per simboleggiare la trasparenza della plastica e per distaccarsi dalle altre aziende che hanno a cuore la sostenibilità che spesso usano il verde


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Logotipo plustic


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Applicazione per generare gli sfondi


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Applicazioni cartacee


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Applicazioni digitali


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04e

MESSAGE ON A BOTTLE SCENARIO E MACCHINA COMUNICATIVA

Concept

La bottiglia di plastica è un oggetto quotidiano, di largo consumo e breve utilizzo, nonostante il materiale sia molto più duraturo. La dispersione nell’ambiente ha portato a situazioni di emergenza, e la questione, negli ultimi anni, è sempre più sentita dall'opinione pubblica. Partendo da una situazione problematica, si è deciso di volgere a proprio favore le caratteristiche di durevolezza e riutilizzabilità della plastica attraverso l’attuazione di un’economia circolare in cui, attraverso la partecipazione attiva delle varie realtà, il rifiuto, correttamente smaltito, torna ad essere materia prima. In questo senso la bottiglia diventa essa stessa portatrice del messaggio. Il “message on a bottle” che punta al coinvolgimento dell’intera società è proprio il contributo che ognuno di noi può dare. Un semplice gesto, come quello che facciamo per buttare una semplice bottiglia, è fondamentale per far sì che un effettivo cambiamento avvenga. La bottiglia diventa così simbolo di qualcosa di nuovo, una possibilità, in quanto potrà avere nuova vita diventando qualcos'altro, e poi qualcos'altro ancora.


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Economia lineare

Riciclo


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Economia circolare


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Con la macchina comunicativa plustic ha voluto tradurre il concetto di “messaggio in bottiglia” in qualcosa di più moderno e attuale, facendo diventare la sua bottiglietta di plastica il supporto di un messaggio di cambiamento. Il messaggio quindi non viene più trasportato dalla bottiglia, ma diventa essa stessa il messaggio. “Message ON a bottle”


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ESPERIENZA UTENTE MESSAGE ON A BOTTLE

Un luogo adatto a veicolare questo massaggio sono i grandi eventi e le fiere di settore. Si è pensato – all’inizio di queste manifestazioni – di distribuire bottigliette d’acqua e contestualmente invitare il pubblico a restituire e quindi riciclare le bottigliette vuote. In questo modo si può fornire un’esperienza diretta di come una comunità compatta e informata può creare qualcosa di nuovo da un rifiuto. Ricreare in piccolo quello che Plustic vuole fare su grande scala. Facendo così si rende inoltre parte attiva il pubblico che, riportando le bottigliette, rende possibile l'evento. Un elemento importante sarà poi il confronto dei risultati ottenuti nella fiera con quelli ottenuti a livello globale in Italia, per dimostrare che il contributo delle singole persone

1

TRIGGER All'ingresso dell'evento vengono distribuite delle bottigliette d'acqua a marchio Plustic che invitano a visitare lo stand del brand


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2 3

L'utente è invitato a consumare l'acqua durante la fiera per poi riportare la bottiglietta allo stand Plustic

ENGAGEMENT Giunto allo stand l'utente può osservare i dati sull'economia circolare e sugli obiettivi di Plustic e interagire con la macchina comunicativa

CONCLUSIONE Dopo aver utilizzato la macchina l'utente può decidere se tenere la bottiglia con i dati per riutilizzarla o reinserirla davvero nell'economia circolare lasciandola nello stand consentendone il riciclo


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SCENARIO MESSAGE ON A BOTTLE


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Essendo Plustic una realtà essenzialmente B2B uno scenario pensato [e in parte realizzato durante la mostra “what if” era quello di una grande fiera di settore in cui i dati mostrati nello stand servono sia a sensibilizzare sia a mostrare le capacità del brand.


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TRIGGER INTRODUZIONE ALL'ESPERIENZA

L'esperienza ha inizio nel momento in cui – all'ingresso della fiera – vengono distribuite delle bottigliette d'acqua a marchio Plustic. In questo momento possono anche essere viste delle infografiche riguardanti la produzione e il riciclo delle stesse bottigliette di plastica in Italia in tempo reale. Infografiche che verranno poi richiamate all'interno dello stand.


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SPAZIO ESPOSITIVO INFOGRAFICHE E INTERAZIONE CON I DATI

Lo spazio espositivo [da brief di grandezza 3x4x3m contiene la macchina comunicativa e le infografiche. Una volta entrato nello spazio il pubblico è immerso nei dati in tempo reale che riguardano produzione e riciclo delle bottiglie.

Infografiche

Le tre pareti dello stand sono divisi in “passato”, “presente” e “futuro”. In ognuna di esse si proietteranno i dati che riguardano: la produzione e il riciclo di bottiglie di plastica, i Kwh di energia, i litri di carburante, di acqua e di CO2 risparmiati riciclando. Nella parete del passato saranno proiettati i dati relativi al 2007. Nella sezione “presente” compaiono invece i dati del 2017, in cui rientrano anche gli utilizzatori della nostra macchina comunicativa. La parete del futuro mostra invece la volontà e l’impegno di Plustic nel migliorare ulteriormente questi valori.


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Modello dello spazio espositivo


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Rendering 3d dello spazio espositivo


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Interazione con i dati

Lo scopo di questa rappresentazione è mettere a confronto la situazione di tre periodi diversi tra loro, in cui comportamenti e pensieri riguardo a questo tema sono mutati, puntando a contribuire ad una visione più sostenibile del nostro pianeta. Le grafiche sussulteranno nel momento in cui la bottiglietta verrà inserita nella macchina comunicativa per trasmettere il fatto che il semplice gesto di riciclare una bottiglia porta a un cambiamento effettivo nel mondo. Il gesto di una singola persona può modificare dati che sembrano assolutamente intoccabili.

Locale e globale

La parete divisoria – nel lato rivolto verso l'interno – contiene invece i dati locali relativi alla mostra, per vedere se la percentuale di riciclo degli spettatori è stata maggiore rispetto al dato nazionale.

3.036.622

242.882

637.799

Bottiglie di plastica riciclate

Kg di CO2 non emessi

KWh di corrente risparmiati

941.394 Litri di carburante risparmiati

10.223.047 Bottiglie di plastica prodotte

20.949.792 Litri di H2O risparmiati

Il riciclo, adesso. in Italia // 4 marzo 2017 - 14:55:35

Esempio di dati su una parete


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MACCHINA COMUNICATIESPERIENZA E INTERAZIONE CON LA MACCHINA

Struttura

Azionamento

Stampa

La meccanica della macchina comunicativa, che richiama una stampante 3D o un pantografo, vuole rimandare alla produzione di bottiglie di plastica. Una produzione complessa e che richiede un’alta precisione dei macchinari. Il trigger per azionare la macchina comunicativa è un gesto semplice e quotidiano come quello di gettare una bottiglia. Questo gesto però scatena un cambiamento nell'atmosfera e nelle luci della stanza e una serie di azioni descritte in seguito I dati delle infografiche sono collegati, tramite Arduino, alla macchina comunicativa. Un sensore attiva la macchina all’inserimento della bottiglia e aggiorna i dati del pannello relativo al presente innescando un “buzz” che fa fluttuare i dati. La macchina riceve i dati relativi all’ora, alla data e al numero di bottiglie riciclate nel giorno fino a quel momento e le stampa sulla bottiglia utilizzando inkShield che trasferisce i dati ad una cartuccia HP azionata tramite un motore.


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Modello dello spazio espositivo


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Prototipo macchina comunicativa


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Ingresso per la bottiglia e piano di stampa


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Consegna bottiglia stampata

Una volta stampata, la bottiglia viene riportata verso l’alto da dei motori stepper collegati a due viti. Una volta che la bottiglia viene ripresa la macchina ritorna nella posizione iniziale e aspetta un’altra bottiglia. L'utente può quindi confrontare i dati stampati sulla bottiglia con quelli in tempo reale presenti sulle pareti e vedere se il risultato locale è migliore o peggiore di quello globale.

Locale e globale

Da notare che la buona riuscita dell'esperimento dipende totalmente da chi partecipa allo stesso. Ma in ogni caso si dimostrerà la necessità di migliorare nella messa in pratica dell'economia circolare. Il messaggio stampato è costituito da due parti: una ricorda il valore totale del riciclo in quel dato luogo e in quel dato momento; l’altra, costituita da un “+1” che richiama l’identità visiva di plustic, rimanda alla bottiglia riciclata dalla singola persona (che va ad aggiungersi al totale sulle infografiche) sottolineando che tutti i singoli sono importanti in una economia circolare. La bottiglia così riconsegnata a chi l’aveva gettata, può essere riutilizzata, utilizzata come “reminder” o biglietto da visita o reinserita effettivamente nel “ciclo del riciclo”.


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Esempi di bottiglie stampate dalla macchina


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PROTOTIPAZIONE DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Dati e infografiche

Per testare l'esperienza, oltre alla ricerca dei dati e alla creazione delle infografiche in digitale [create associando un database a Processing] sono stati utilizzati vari tool.

Elettronica e meccanica

In particolare per realizzare il prototipo della macchina comunicativa si sono utilizzati due Arduino, con relativo IDE e linguaggio di programmazione, una serie di motori [di cui una parte recuperati da stampanti in disuso], uno “shield” che consentisse di collegare la cartuccia di una stampante al microcontrollare e una serie di componenti meccaniche ispirate agli elementi dei pantografi e delle stampanti 3D. Tutto ciò a rimando della compenteza in ambito tecnologico del brand.

Elementi di recupero

Stampa 3D

Come già accennato, ad esclusione del rivestimento esterno in plexiglass e delle parti elettroniche, la macchina è composta di elementi di recupero come cartone pressato per le basi e vecchi tondini di alluminio e plastica per la struttura nascosta. Gli elementi creati appositamente per la macchina sono invece stati progettati e stampati in 3D utilizzando il filamento PLA, completamente


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Codice e le infografiche generate per la mostra what if


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Il primo prototipo della base di stampa e del meccanimo di risalita


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Dettagli degli elementi custom stampati in 3D


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Motori, Arduino e Shield


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La base che consente di fare ruotare la bottiglia durante la fase di stampa è stata progettata ad hoc per la macchina


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CONCLUSIONI CONSIDERAZIONI, PROBLEMATICHE E POSSIBILITÀ

What if

Per testare davvero la macchina comunicativa è stato creato un piccolo “design show” intitolato “what if” in cui sono state esposte le varie macchine comunicative. Sebbene le condizioni non fossero esattamente quelle progettate soprattutto per quanto riguarda gli spazi e la disponibilità dei proiettori, il test è stato significativo.

L'esperimento

Da un lato il tema è stato accolto con discreto interesse essendo molto attuale [il dibattito sulle elezioni di Trump e le sue dichiarazioni sul riscaldamento globale erano di poche settimane precedenti] e quindi la percentuale di bottiglie riconsegnate – oltre il 90% – ha superato di molto il dato nazionale – circa 25%. Dall'altro, rivedendo l'esperienza e discutendone con gli utenti sono stati rilevate alcune problematiche e possibilità aggiuntive.

Problematiche

La problematica principale – dovuta anche, come già accennato, al fatto che la struttura era dissimile rispetto a quella presa come riferimento nel progetto – è dovuta al fatto che l'ambiente non era immersivo come avrebbe dovuto essere.


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La macchina comunicativa in funzione


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La macchina comunicativa in funzione


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Le persone gettando la bottiglia nella macchina focalizzavano l'attenzione sulla macchina stessa, ma non guardavano il display con le grafiche ignorando spesso le animazioni sui dati. Probabilmente il problema si risolve utilizzando i proiettori – e quindi variando la quantità di luce nella stanza – come inizialmente previsto, ma la questione rimane da tenere presente nel caso in cui la macchina sia spostata in ambienti in cui la luminosità debba rimanere fissa o gli ambienti siano ristretti.

Possibilità future

Un elemento – che in verità era già stato considerato, ma poi scartato in virtù della semplicità del prototipo – che è stato suggerito dagli utenti è quello di poter personalizzare il messaggio di sostenibilità, scrivendo sulla bottiglia qualcosa di personale. Facendo diventare il messaggio un vero e proprio “message on a bottle”. Magari – acquisite ora le competenze e la dimestichezza necessarie per utilizzare al meglio gli strumenti tecnici di prototipazione e coding – potrà essere il prossimo passo per Plustic.


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/* BIBLIOGRAFIA


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sezione

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INTRODUZIONE

01

USER EXPERIENCE E DESIGN DELLA COMUNICAZIONE, CONCETTI E CONSIDERAZIONI


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BIBLIOGRAFIA

cap.

fonte

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sezione

02

BRAND EXPERIENCE

03

PROGETTARE L'ESPERIENZA

04

PLUSTIC - DIARIO DI PROGETTO


140 | 141

cap.

fonte Benz, P. Experience Design: Concept and Case Studies, Bloomsbury Academic, London 2015.

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sezione

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ALTRE FONTI


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