IL TEMPIO PERFETTO® L'immagine di un mito
IL TEMPIO PERFETTO.L'immagine di un mito Testo a Cura di Claudia Angelozzi, Dario Finardi, Taeho Kim, Francesco Colosimo
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Storia
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Questioni 2.1 Premessa 2.2 Il valore del Partenone
2.3 La materia del Partenone 3
Conclusioni
Il Partenone: il Monumento di Atene La ricezione del Partenone Emulazione di un mito L'unico Partenone La questione dei restauri Delocalizzazione del Partenone: Elgin marbles
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Tutta l’arte del mondo classico va considerata sotto l’aspetto di un altissimo artigiano. […] nell’antichità l’artista è un artigiano e le stesse fonti antiche lo considerano tale […] si lavora come si è imparato in bottega, ma ogni artigiano di talento aggiungerà piccole varianti che sono espressione della sua genialità e che verranno riprese dai successori. Ranuccio Bianchi Bandinelli – 1976 – Introduzione all’archeologia
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1.STORIA
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BREVE CRONOLOGIA
431-404 a.C. Guerra del Peloponneso.
454 a.C. Il tesoro della Lega Delio-Attica è trasferito ad Atene.
307 a.C. Il re di Macedonia Demetrio Poliorcete, passando per Atene, dimora nella cella posteriore del Partenone.
VI secolo Il Partenone è trasformato in una basilica cristiana, dedicata alla Nostra Signora di Atene.
200 a.C. Invasioni distruttive da parte di Filippo il Macedone.
1018 Basilio II, Imperatore bizantino, fa un pellegrinaggio al Partenone.
438 a.C. La costruzione del Partenone è terminata; alla dea Atena è dedicata una colossale statua crisoelefantina, posta all'interno del tempio.
27-26 a.C. Tempio di Roma e Augusto eretto di fronte al Partenone. 267 Invasione degli Eruli:
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XII secolo L'edificio viene ristrutturato sotto il vescovo metropolita Ayiotheodoris Nicholas
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447 a.C. Inizia la costruzione del Partenone, riutilizzando i marmi del pre-Partenone.
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480 a.C. Invasione di Atene da parte dei
477 a.C. Fondazione della Lega Delio-Attica.
362-365 Interventi di riparazione del Partenone.
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485 a.C. Realizzazione di fortificazioni difensive ad Atene; possibile sospensione della costruzione del tempio.
il Partenone è incendiato e l'interno del tempio è completamente distrutto.
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490 a.C. Battaglia di Maratona; costruzione del pre-Partenone.
432 a.C. Completamento delle ultime sculture dei frontoni del tempio.
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510 a.C. Caduta dei Trenta Tiranni e istituzione della democrazia.
Persiani. La città è danneggiata e il tempio, ancora in costruzione, distrutto.
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566 a.C. Pisistrato riorganizza le Feste Panatenaiche, in onore di Atena. Viene costruito un tempio dedicato alla dea (Hekatompedon).
1834 L'Acropoli cessa di essere un accampamento militare e viene riconosciuto come sito archeologico. 1834 Prima restauri.
fase
dei
1898 Restauri ad opera di N. Balanos.
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1975 Restauri guidati dall'ESMA (Committe for the Preservation of the Acropolis monuments).
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e decorata con affreschi sotto il vescovo metropolita 1458 I Turchi trasformano Michail III di Atene. il Partenone in Moschea. 1204 a.C. Assedio da parte dei Franchi. 1645-1669 Prima guerra tra i Turchi e i Veneziani. 1311 Assedio da parte dei Catalani. 1685 Inizia la seconda guerra tra i Turchi e i 1388 Assedio da parte Veneziani. dei Fiorentini. 1687 I Veneziani 1397 Occupazione dei attaccano l'Acropoli e Veneziani. danneggiano gravemente il Partenone. L'Acropoli 1403 Rioccupazione da rimane in mano dei Turchi parte dei Fiorentini. che edificano, all'interno dei resti dell'Acropoli, una 1436 Visita di Ciriaco de nuova moschea. Pizzicolli di Ancona. 1833 I Turchi si arrendo 1456 Atene viene ai Greci. conquistata dai Turchi.
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1.1 PARTENONE ANTERIORE - XIII secolo a.C. L’acropoli si presentava come un’altura calcarea terminante in uno spiazzo che misurava circa 270 metri da est a ovest e circa 130 metri di larghezza. È la sede il signore, il wanax, e delle dimore che circondavano il palazzo, occupando il luogo dove sarà edificato l’Eretteo. Attorno a questo nucleo viene eretto il complesso della città fortificata. L’Acropoli di Atene si trova in una naturale posizione di difesa e di dominio sulla regione circostante e all’età micenea risalgono i resti del palazzo e del muro di cinta messi in luce durante gli scavi moderni: le fonti letterarie e greche, da Tucidide a Pausania, attribuiscono il muro più antico alla popolazione dei Pelasgi (da qui il nome “muro pelasgico”). La distruzione del palazzo è probabilmente dovuta a un terremoto o a un incendio. Non ci sono comunque prove sufficienti per stabilire con certezza l'esistenza di un palazzo miceneo sull'acropoli; se tale palazzo è esistito, sembra che sia stato soppiantato dalle costruzioni successive.
Probabile sviluppo dell'Acropoli micenea.
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- V secolo a.C. Sui resti del palazzo miceneo viene edificato l’antico tempio di Atena Poliàs, idividuato attraverso gli scavi condotti dall'archeologo Wilhelm Dörpfeld nel 1883. Le fondazioni sono rinvenute vicino l’Eretteo e suggeriscono un tempio di 21,3 per 43,15 metri, con un orientamento est-ovest, circondato da una peristasi di 6 per 12 colonne, il cui interasse è di 4,04 m; nel pronao e nell'opistodomo due colonne ciascuna sono tra due corte ante, la cella è molto corta, quasi quadrata, e suddivisa in tre navate da due file di tre colonne ciascuna, il retro del tempio era suddiviso in un ampio opistodomo rettangolare seguito da una coppia di camere per lato. Wilhelm Dörpfeld assume che la struttura originale fosse un tempio doppio in antis risalente a circa il 570 a.C. ed esteso con l'aggiunta della peristasi tra il 529 e il 520 a.C., sotto Pisistrato. Sotto il governo di Clistene, nel 490 a.C., è progettato un altro tempio, accanto al tempio di Pisistrato, dedicato sempre ad Atena Poliàs. Viene eretta un’alta piattaforma di pietra, per sostenere il futuro tempio, e disposti i tamburi di base del colonnato. Nel 480 a.C., a causa dell’invasione persiana, sono dispersi questi rocchi e altro materiale da costruzione. Il tempio progettato da Clistene è conosciuto come il “Partenone anteriore”. Iviusquisum iac morum det vis die cluterum iam porsuam edicaeconsum norent. Ibemni se re confes cludam senitra cae novil horescr isquiderur. Locuspe
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Ricostruzione delle Pendici sud dell’Acropoli nel periodo pre-persiano, disegno di M. Korres
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1.2 ACROPOLI PERICLEA - V secolo a.C. Tra l’invasione persiana e la salita al potere di Pericle, lo storico Hill Bert Hodge ipotizza, sulla base dei suoi scavi, che per iniziativa di Cimone, principale statista ateniese dell’epoca, viene progettato un nuovo tempio per Atena. Il capomastro e direttore dei lavori è identificato in Callicrate. Il tempio viene realizzato solo per metà poiché i lavori sono interrotti da Pericle, nel 450 a.C., nell’atto di assumere il potere dopo la morte di Cimone.
In neo ipotesi della planimetria del Partenone ipotizzato da Hill Bert..
- Metà del V secolo a.C., Quando l'acropoli ateniese diviene la sede della lega delio-attica, Pericle avvia un progetto di costruzione ambizioso destinato a durare per tutta la seconda metà del secolo: nel corso di tale periodo vengono eretti oltre al Partenone, i Propilei, l'Eretteo e il tempio di Atena Nike. Il Partenone è costruito sotto la supervisione generale dell'artista Fidia, incaricato anche della decorazione scultorea, mentre della
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progettazione viene incaricato Ictino, uno dei più importanti architetti nell'Atene dell'epoca, secondo Plutarco in collaborazione con Callicrate. Nella costruzione sono usati anche i materiali dell’edificio non ultimato da Cimone: il tempio viene realizzato in marmo pentelico ed è octastilo, periptero, in stile dorico, anfiprostilo. Lo stilobate misura 30,88 metri per 69,61 metri (in rapporto “aureo” di 9:4). Tale rapporto è riscontrabile in tutte le parti fondamentali dell’edificio, come tra la lunghezza della facciata e la sua altezza e tra l’interasse delle colonne e il loro diametro inferiore. L’accesso avviene dal fronte orientale dove, sul peristilio, si apre il pronao con 6 colonne che dà accesso alla Cella. Il naos misura 29 metri per 13,28 metri, anch’essa in rapporto 9:4 tra le dimensioni, divisa in tre navate da una doppia fila di 9 colonne, generando un ambiente percepibile come largo, arioso e solenne, modellato sulle esigenze della sua destinazione, cioè la salvaguardia e la valorizzazione della statua colossale di Atena Parthenos. Questa cella viene inoltre divisa da un muro, senza possibilità di accesso, dallo spazio dedicato all’opistodomo. Le colonne del tempio vengono realizzate in stile dorico, poggiando direttamente sullo stilobate, senza piedistallo, con una scanalatura continua fino al capitello, sobriamente decorato di quattro anelli sovrastanti l’echino. Le misure delle colonne, poste a distanza di 2,50 metri circa l’una dall’altra, sono di 10,43 metri di altezza e del diametro
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di circa 1,9 metri alla base e di 1,48 metri alla sommità (non contando l’entasi). Il complesso di sculture composto da 92 metope lungo la peristasi (32 su ciascuno del lati lunghi e 14 su quelli corti), oltre 160 metri di bassorilievo del fregio sulle pareti esterne del naos, più di 50 statue sui frontoni. Ciascun lato del tempio viene dedicato ad un mito diverso, con il tema comune del trionfo dell’ordine sul caos: la Gigantomachia, a est, celebra l’instaurarsi dell’autorità degli olimpi nel mondo; la Centauromachia a sud e l’Amazzonomachia a ovest ricordano le lotte dei greci contro i barbari; la Guerra di Troia a nord ripete il tema dello scontro fra i greci e il mondo orientale, con allusioni alle recenti vittorie contro i persiani. Il tema del fregio è la processione delle feste Panatenee, celebrate annualmente in primavera in onore di Atena. Nel 438 a.C. sono completate anche le statue dei frontoni: il timpano orientale ospita la Nascita di Atena dal capo di Zeus alla presenza degli dei; il frontone occidentale rappresenta la contesa tra Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica. Questa è la struttura che il tempio di Atena Pallade, poi chiamato Partenone, conserverà fino all’epoca bizantina, mentre sull’acropoli verranno erette altri monumenti: i Propilei finiti nel 433 a.C. ad opera di Mnesicle, il tempio di Atena Nike realizzato fra il 430 e il 420, il nuovo tempio di Atena Poliade ed Eretteo realizzati fra il 421 e il 409 ad opera di Filocle.
Sopra: dispozione dell'apparato scultoreo e disegni di Carrey del fregio orientale. Pagina a fronte: schema del sistema costruttivo
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1.3 BASILICA BIZANTINA - 267 d.C. Il Partenone viene danneggiato durante l’invasione degli Eruli, da un incendio che causa il crollo del tetto, l’indebolimento della struttura e la perdita della grande statua di Atena; tale considerazione e deriva dai risultati degli scavi effettuati nell’antica Agorà. Secondo l’ipotesi di Travlos (1970) la riparazione del Partenone sarebbe avvenuta fra il 362 e il 365. Il restauro rispetta la planimetria della fase precedente ma, le stanze interne saranno le uniche ad essere dotate di copertura. - 694 d.C. Viene realizzata un’incisione su una colonna del peristilio in memoria del vescovo Andrea: durante questo periodo il Partenone cessa di essere un tempio pagano e diventa una chiesa cristiana, dedicando il luogo sacro a Maria, la Madre di Dio di Atene. Il tempio è quindi oggetto di adattamenti architettonici, distinguibili in due fasi. - VI secolo, prima fase L’ingresso principale precedentemente a est, viene chiuso, mentre nella parte occidentale, attraverso il muro della cella viene realizzato l’ingresso alla Chiesa, con una apertura non centrale rispetto al prospetto. Tale ingresso non viene usata, mentre viene preferito l’ingresso da una porta aperta lateralmente. Quindi l’opistodomo viene convertito in nartece interno, dotato di battistero e
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fonte battesimale, posti in un angolo. La porta del periodo precedente, a ovest, viene allargata e viene realizzata un’abside semicircolare, riutilizzando pietre di antichi monumenti. Vengono realizzati i matronei interni, sfruttando i due livelli dell’antico colonnato interno. Per illuminare lo spazio interno, vengono inserite delle finestre in alto, su ciascun lato lungo del monumento, tagliando in molti punti il fregio scolpito. Inoltre l’apparato scultoreo del periodo pagano viene modificato, adeguandolo al nuovo credo o eliminando alcune parti, come la scena della nascita di Atena. tra il XII secolo e il XIII secolo, seconda fase Michele Coniate prende il seggio episcopale nella cattedra di Nostra Signora di Atene e vengono promosse nuove modifiche. Viene costruita una nuova abside, più larga e con muri più spessi a pianta semiesagonale, inglobando due colonne dell’antico pronao; tale operazione rende necessaria la rimozione della lastra centrale del fregio a Est, lastra che sarà ritrovata dagli operai di Elgin, murata nelle fortificazioni dell’Acropoli. Il peristilio viene chiuso, realizzando muri inter-colonnari. Viene aggiunta una torre nell’angolo destro del portico d’ingresso della Chiesa, chiudendo la porta d’ingresso della prima fase, che verrà sostituita da un ingresso centrale. Si lavora anche sulle finiture, come un dipinto del Giudizio Universale sul muro del portico d’ingresso e un mosaico collocato nella zona dell’abside.
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- 1388 Gli Acciaiuoli, potenti mercanti e banchieri fiorentini, invadono Atene, impossessandosi del Ducato di Atene. Tra il 1388 e il 1456 si registrano consistenti segni di attività edilizia: l’Acropoli prende l’aspetto
di una rocca medievale fortificata, la residenza degli Acciaiuoli viene ricavata nei Propilei, la cui ala meridionale viene occupata la cosiddetta Torre Franca e l’Eretteo diviene sede vescovile.
Vista dei Propilei usati da Nerio Acciaiuoli come residenza ducale. Carl Wilhem von Heideck,1835, Olio su tela
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Prospetto e pianta dei Propilei usati da Nerio Acciaiuoli come residenza ducale. Acropolis Restoration, R. Economakis, pag. 61
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1.4 MOSCHEA - 1460 II turchi ottomani invadono Atene e il Partenone viene trasformato in una moschea: l'abside diventa un mihrab, la torre viene alzata e trasformata in minareto, l'altare cristiano e le iconostasi vengono rimosse e le pareti sono imbiancate per coprire le immagini cristiane. Nonostante le trasformazioni subite dal Partenone, prima in chiesa e poi in moschea, la sua struttura rimane sostanzialmente intatta. - XVII secolo La superficie dell’Acropoli viene coperta da molte case di famiglie turche e dalla sede del presidio militare e del comandante. Per la sua importanza come fortezza, l'entrata all'Acropoli viene negata ai cristiani a meno che non avessero una particolare licenza. I turchi fortificano l'acropoli e usano il Partenone come polveriera, pur conoscendo i rischi, poiché in precedenza, nel 1656, tale uso aveva causato un'esplosione, danneggiando i Propilei. La scelta dei turchi è legata al credenza che nessuno avrebbe colpito un monumento di così grande valore e importanza storica. - 1687 La Repubblica di Venezia invia una spedizione guidata da Francesco Morosini per attaccare Atene e catturare l'acropoli. Il 26 settembre, un colpo di mortaio veneziano colpisce l'edificio: l'esplosione
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interessa la porzione centrale dell'edificio e causa il crollo dei muri della cella. L'architetto e archeologo greco Kornilia Chatziaslani, in Archaeology of the City of Athens, scrive: "tre dei quattro muri del santuario quasi crollarono e tre quinti delle sculture dei fregi caddero. Probabilmente nessuna parte del tetto rimase al suo posto. Caddero sei colonne sul lato sud, otto sul lato nord, così come tutto ciò che rimaneva del portico orientale, eccetto una colonna. Le colonne portarono giù con loro le enormi architravi di marmo, i triglifi e le metope". Dopo avere ripreso l'acropoli, i turchi utilizzano alcune delle macerie prodotte dall'esplosione per erigere una moschea più piccola dentro il guscio del Partenone in rovina. Durante gli anni successivi vengono saccheggiati tutti gli oggetti di valore e alcuni pezzi della struttura ancora integra, usati come materiale da costruzione, o esportati in altri Stati. - 1798 Thomas Bruce, conte di Elgin viene nominato "Ambasciatore Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà Britannica alla Sublime Porta di Selim III, sultano dell'Impero Ottomano". Lord Elgin decide di intraprendere un viaggio Grecia e, quindi, contatta i funzionari del governo britannico chiedendo loro la possibilità di ottenere degli artisti per eseguire calchi e disegni delle sculture del Partenone. Ottenuta dal Governo
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inglese una risposta negativa, Lord Elgin decide di effettuare i lavori a proprie spese e assume degli artisti per prendere calchi e disegni sotto la supervisione del pittore napoletano Giovanni Lusieri. Durante le ricerche scopre che alcune delle sculture del Partenone, erano mancanti, forse prelevate e bruciate per ottenere della calce. Elgin, giunto in Grecia, ottiene sono il permesso di eseguire degli studi ma, nel 1801, inizia a rimuovere le decorazioni dal Partenone e dei monumenti circostanti, come una delle cariatidi dell’Eretteo sostituita con una colonna. Nel 1803 consulta anche lo scultore Antonio Canova, considerato il miglior restauratore di sculture del tempo, per individuare il modo migliore con cui prelevare e trattare i Marmi; ma lo sculture rifiuta, temendo di danneggiare ulteriormente i Marmi con le operazioni previste da Lord Elgin. Per facilitare il trasporto delle sculture, Elgin fa tagliare in piÚ parti alcuni elementi, causando danni irreversibili. Inoltre un carico di marmi, a causa di una tempesta al largo di capo Matapan, affonda nei pressi di Citera, e viene recuperato a spese del conte solo dopo due anni di lavoro. Lo scavo e la rimozione sono completati nel 1812, con un costo sostenuto interamente da Elgin. Desiderando collocare i marmi al British Museum, li vende al governo britannico, che li acquista per meno del costo di scavo e trasporto, pur con la presenza di altri acquirenti, tra cui Napoleone, che intendono fare un offerta maggiore.
Loggia delle Cariatidi. Si osserva la sostituzione della Cariatide da parte di Luisieri, a seguito dell'operazione di spoliazione di Lord Elgin. Disegno a cura di Edward Dodwell, "Views in Greece", Londra 1821
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1.5 ULTIMA ACROPOLI - 1830 Regno di Ottone e riconoscimento dell’Indipendenza dello Stato Greco. Si avvino i primi restauri per la difesa e la rivalorizzazione delle antichità classiche e l’architetto della corte di Monaco, Leo von Klenze, traccia le linee guida degli interventi sull’Acropoli: sistemazione dell’acropoli inteso come spazio archeologico e negando ogni altra funzione incompatibile; demolizione delle fortificazioni medioevali dell’acceso occidentale dell’Acropoli, dei resti del palazzo medioevale ai Propilei, della parte visibile del minareto, lasciandone intatte la base e la scala a chiocciola, fino al livello dell'architrave e demolizione di tutti i resti di monumenti di fasi anteriori, resti che vengono giudicati come arte di decadenza, creazioni di epoca barbara. Viene fondato il primo museo dell’Acropoli e utilizzata la piccola moschea come spazio espositivo, fino alla sua demolizione nel 1844. - Prima metà del XX secolo. Dal 1894 al 1898, anno in cui iniziano i lavori, si sviluppa una discussione circa l’entità del restauro da svolgere sul Partenone. Viene composta così una commissione internazionale formata dagli Architetti L. Magne, J. Durm, F. Penrose, al fine di redigere il primo report analitico riguardante le patologie del Partenone e i possibili metodi per contrastarle. Si decide di svolgere il lavoro in accordo con “i metodi tradizionali” usando staffe di ferro e tasselli di piombo
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rivestiti di malta o cemento. Il contesto culturale in cui si inserisce questa discussione è quello sviluppato partendo dalle teorie di Camillo Boito, espresse durante il Terzo congresso degli Ingegneri e Architetti del 1883 e articolate in otto punti: 1. Differenza di stile tra vecchio e nuovo; 2. Differenza tra i materiali aggiunti e quelli originali; 3. Nelle parti aggiunte soppressione di sagome ed ornamenti; 4. Esposizione dei pezzi rimossi in prossimità del monumento; 5. Incisione su ciascun pezzo aggiunto la data del restauro; 6. Epigrafe descrittiva incisa sul monumento; 7. Descrizione e documentazione topografica; 8. Divulgazione e pubblicazione delle notizie. Il restauro di Balanos al Partenone si svolge fra il 1898 ed il 1933. Fra il 1910 e il 1933 si attuano i lavori di manutenzione sulla trabeazione dei lati occidentali e orientali del tempio. Viene rialzato e restaurato tutto il colonnato Nord e parte di quello Sud, parte di quello ovest e parte di quello est, con l'intenzione di restituire la linea prospettica originaria. Balanos nei completamenti e nelle sostituzioni dei pezzi originali usa lo stesso tipo di marmo, il pentelico, ma non nei colonnati nord e sud del Partenone, dove usa cemento armato. Inoltre, nell’atto di rialzare il colonnato caduto o per rafforzare gli elementi portanti, per collegare i blocchi lapidei, usa giunti di ferro solo parzialmente o per nulla protetti da
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piombo o coperti da malta di cemento; nei casi più complessi, per motivi statici, non esita a inserire travi di ferro di notevole dimensione negli elementi architettonici. Dal 1902-1909 Balanos porta a termine anche un’importante operazione sull’Eretteo: nel Portico Nord, tutti gli architravi, una parte di fregio e i cornicioni sono ricostituiti e il tetto ricostruito; sul lato ovest è ripristinata la trabeazione. Inoltre è eretto nuovamente il muro a sud. Dal 1909 al 1917 Balanos lavora invece sui Propilei, dove sono ripristinati gli architravi del portico est, ricostruito l’angolo nord-est e la parte nord del soffitto a cassettoni; sono ricostruiti, nel passaggio principale centrale, la colonna sudest in stile ionico così come il corso superiore del muro della porta che gli ha permesso di ricostruire l’angolo sud est del soffitto. Balanos procede con il restauro di grandi parti di monumento con tutto il materiale originale a disposizione, senza troppo curarsi di accertare l’effettiva posizione originaria dei vari elementi, usando inoltre elementi architettonici, come capitelli e cassettoni, composti con frammenti antichi di varia provenienza; in alcuni casi, al fine di ottenere superfici lisce, taglia le superfici di frattura; progetta di procedere con operazioni di anastilosi. Tali operazioni, alla conferenza internazionale dell’ ICOM tenutasi ad Atene nel 1931, trova approvazione e consenso; l’articolo 4 della Carta
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di Atene, scritto durante la conferenza, proclama infatti l’affidabilità della nuova tecnica del cemento armato e la fiducia nella sua efficacia applicata all’ anastilosi. Dal 1940 sono evidenti i danni provocati dall’ossidazione del ferro usato nel restauro Balanos. Nei decenni successivi i monumenti si deteriorano rapidamente, con la rottura dei blocchi di marmo e al verificarsi di nuove problematiche legate all’insufficienza statica, ai cambiamenti fisici, chimici e biologici nelle superfici di marmo a causa dell’inquinamento atmosferico e alla mancanza della protezione antisismica necessaria.
Pagina a fronte: le foto a sinistra raccontano lo spostamento delle Cariatidi dall'Eretteo al Museo dell'Acropoli e la loro sostituzione con delle copie; nelle foto a destra il Partenone viene raffigurato, dall'alto verso il basso, le fasi prima dei lavori di Balanos, durante e a lavori conclusi.
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- 1975 Nasce l'ESMA, Commissione per il Restauro dei Monumenti dell'Acropoli, istituita dal Ministero della cultura, costituita da un gruppo di lavoro composto da specialisti, archeologi, architetti, ingegneri chimici e civili, con il compito di studiare, pianificare, curare e programmare i lavori necessari per la conservazione dei Monumenti dell’Acropoli: i lavori di questa associazione intendono risanare i danni provocati dai precedenti restauri. Dal 1977 in poi il Partenone viene quindi studiato e indagato e nel 1983 viene pubblicato uno studio per il suo restauro. Dopo aver aperto una discussione durante il Secondo Incontro Internazionale per il Restauro dei Monumenti dell’Acropoli, tenutosi ad Atene nel Settembre 1983, si da inizio ai lavori. Sul lato sud del Partenone vengono raccolti e catalogati i reperti architettonici che appartengono al Partenone, prima sparsi per tutta l’Acropoli. Si avvia quindi lo smantellamento del tempio e vengono sostituite le barre in ferro con pinze in titanio. Nel 1978 viene realizzato il percorso pedonale tra i Propilei ed il Partenone. Nel 1979 avviene il consolidamento delle pendici della collina dell'Acropoli con il fissaggio delle parti pericolanti e con ancoraggi pretesi in lega d'acciaio inossidabile, nascosti in profondità della roccia. Vengono quindi adottati i principi della carta di Venezia:
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Collaborazione tra studiosi (art.2), assicurata dalle molteplici specializzazione che eseguono le ricerche e da coloro che le esaminano. Inoltre viene assicurata la conservazione dei monumenti intesi come testimonianza storica, scientifica e come opera d’arte(art.3) e la conservazione dell’ambiente circostante (art. 6); il rispetto dell’autenticità del monumento e la redazione di uno studio archeologico prima di un qualsiasi intervento (art.9), l’uso di nuove tecnologie parallelamente a metodi tradizionali (art.10), il rispetto di tutte le fasi del monumento (art.11), l’inserimento armonico degli elementi nuovi e la loro riconoscibilità rispetto a quelli originali (art.12), il reinserimento degli elementi fuori posto (art. 15), la meticolosa documentazione prima e durante l’intervento, la pubblicazione dei lavori una volta terminati (art.16) sono i principali fondamentali adottati durante i lavori di restauro. - 2007 Chiusa la vecchia sede del museo archeologico, la collezione viene spostata nella nuova e più ampia sede, ai piedi dell'acropoli. Il nuovo museo, progetto di B. Tshumi, riproduce le dimensioni e l’orientamento del Partenone e al suo interno riunisce tutte le parti del fregio appartenenti al governo greco e quelle in corso di restituzione.
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Principali fenomeni di degrado segnalati dall'ESMA. Il deterioramento del marmo Pentelico è dovuto a una combinazione di fattori meccanici, chimico-fisici e biologici, in aggiunta all'inquinamento atmosferico, alla microstruttura della pietra e all’intervento dell’uomo. I degradi vengono così classificati:
- Disgregazione di cristalli di marmo. Colpisce le zone più esposte alla pioggia resa acida dal biossido di carbonio, biossido di zolfo e ossidi di azoto (imm. 1) - Fratture, fessurazione e delaminazione. Rottura dei rocchi causata dal l’arrugginimento e conseguente rigonfiamento dei rinforzi di ferri utilizzati durante l’intervento di restauro di Balanos. - Esfoliazione Formazione di una o più porzioni laminari, di spessore molto ridotto e subparallele tra loro. Essa è dovuta alla struttura propria del marmo e la circolazione di sali solubili provenienti dall’utilizzo del Cemento Meyer balanose altri materiali durante i lavori di . Solfatazione del marmo. Il marmo, non soggetto a pioggia diretta, ma soggetto a umidità, si trasforma in gesso (solfato di calcio disidratato), (imm. 2).
- Biodeterioramento. È stata rilevata la presenza di una colonie microbiche, costituite da batteri, alghe, funghi e licheni. Oltre ad alterare il colore delle superfici, la secrezione di composti erosivi provoca la dissoluzione del carbonato di calcio e gran parte della microflora esercita micro-pressioni sulle superfici. - Pitting Formazione di fori cechi, numerosi e ravvicinati. È stato riscontrato soprattutto nelle aree nord dei monumenti (imm. 3). - Deposito/Incrostazioni. Particelle in sospensione di fuliggine, idrocarburi, ossidi metallici, alternano la colorazione delle superfici. Le croste nere si sono formate dalla ricristallizzazione del carbonato di calcio con i vari inquinanti atmosferici (imm. 4). Informazioni tratte dal sito ufficiale dell'ESMA (http://www.ysma. gr/), con integrazioni provenienti dalla Normativa UNI 11182
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Principali metodi di intervento definiti dall'ESMA Gli interventi si concentrano sullo sviluppo di metodi per la prevenzione e la sospensione delle cause dei meccanismi di deterioramento della pietra, attraverso un'attenta documentazione dei lavori. Le parti più sensibili della decorazione scultorea sono state rimosse dai monumenti per proteggerle e sono esposte nel Museo dell'Acropoli.
- Interventi di soccorso e primo consolidamento. Inizialmente, le superfici soggette a polverizzazione, vengono consolidate al fine di rallentare il fenomeno (imm. 5). - Rimozione del vecchie malte. Dopo il consolidamento, le vecchie malte che hanno provocato danni al monumento, vengono rimosse con mezzi meccanici (imm. 6). - Rimozione del ferro. Dopo il consolidamento, le vecchie malte che hanno provocato danni al monumento, vengono rimosse con mezzi meccanici. - Pulizia delle fessure. Tale pulizia mira alla rimozione di frammenti sciolti, particelle e microorganismi. - Rimozione chimica delle macchie di ruggine.
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- Smontaggio e unione di frammenti di pietra. Si esaminata caso per caso la possibilità di distacco dei frammenti di pietra. Se è richiesto maggiore sostegno, per i frammenti più grandi, vengono inseriti perni in titanio, dimensionati da un ingegnere appositamente designato (imm. 7). - Sigillatura dei giunti. Volta a impedire l’ingresso di particelle solide, garantire il deflusso dell’acqua piovana. Viene applicato un protettivo che inibisce la solfatazione (imm. 8). - Patina artificiale. Per ridurre il contrasto di colore delle nuove complementi marmo, è applicata una patina artificiale, solo in casi particolari. Informazioni tratte dal sito ufficiale dell'ESMA (http:// www.ysma.gr/), con integrazioni provenienti dalla Normativa UNI 11182
Vista dei propilei durante le operazioni di restauro
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2.QUESTIONI
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2.1 PREMESSA “Tuttavia, l’opera d’arte conserva sempre la caratteristica, rispetto alle cose di natura, di essere un prodotto dell’attività umana. E come opera d’arte e come prodotto pone allora una duplice istanza: l’istanza estetica, che corrisponde al fatto basilare dell’artisticità per cui l’opera è opera d’arte; l’istanza storica che rispecchia la sua emergenza come prodotto umano in un certo tempo e in un certo luogo […]. Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella duplice polarità estetico-storica, in vista della sua trasmissione al futuro.” (C. Brandi, voce “Restauro”, Enciclopedia Universale dell’Arte, Ist. per la collaborazione culturale, Venezia 1963)
Sin dalla nascita della teoria del restauro, molti sforzi sono stati finalizzati alla definizione del concetto di “monumento”, inteso come “segno che fu posto e rimane a ricordo di personalità o eventi”, per stabilire l’atteggiamento da assumere nei confronti delle opere che in tale categoria rientrano. Come afferma Cesare Brandi, uno dei teorici di riferimento nell’orizzonte della cultura italiana del Novecento, la natura del monumento e delle opere d’arte è complessa e si rispecchia nella dicotomia tra anima e corpo dell’arte, tra forma – immagine, eidos, idea – e materia, che ne veicola il significato. L’immagine del monumento è pura, staccata da ogni implicazione esistenziale, è “chiusa e perfetta e sottratta al divenire”, configurandosi come realtà ideale, invariante immutabile nel tempo; essa è legata al valore che, al di là della materia, l’opera esprime e quindi all’importanza che gli uomini le attribuiscono. La materia, la fisicità del monumento connessa al suo essere opera dell’uomo, è invece
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deperibile e soggetta agli effetti del trascorrere del tempo; per questo presuppone il suo rispetto ai fini della conservazione. I due aspetti di cui l’opera d’arte è costituita sono intimamente congiunti; secondo Brandi, il restauro deve mirare a far sì che “la componente materiale dell’opera, che rappresenta il luogo stesso della manifestazione dell’immagine al futuro, possa continuare ad esprimere l’immagine ideale nella sua indissolubile unità”. Il significato si esprime quindi attraverso la materia, che ne costituisce il supporto. Il particolare valore attribuito ad un monumento si ripercuote necessariamente sulla materia fisica: esso stabilisce il peso, la “preziosità” - per usare le parole di Ruskin - dell’edificio e condiziona quindi l’atteggiamento degli uomini nei suoi confronti. L’immagine di un monumento rappresenta un aspetto piuttosto complesso, poiché tiene conto di una pluralità di aspetti legati al periodo in cui
l’opera è stata concepita, alla situazione storica, alle vicende che hanno portato alla sua realizzazione, alle personalità che vi hanno contribuito ecc. Si tratta, inoltre, di un aspetto non puramente oggettivo, in quanto presuppone un giudizio di valore che, nel corso del tempo, può variare in relazione ai cambiamenti che l’uomo, la sua cultura e, in generale, la sua mentalità subiscono (basti pensare alla condanna e al conseguente rifiuto del Gotico o del Barocco, poi rivalutati nel corso dell’Ottocento). Questo ragionamento, applicato al Partenone, mette in luce una serie di questioni che rivelano la complessità delle vicende che lo hanno riguardato
e che, ancora oggi, lo riguardano. Il Partenone è infatti un monumento a tutti gli effetti, riconosciuto universalmente come simbolo di una città, di una nazione e di una cultura. Esso rappresenta la perfezione del tempio greco classico, concepito nell’età d’oro di Pericle del V secolo a.C.. Lo studio della sua storia, dal suo concepimento fino ad oggi, rivela come il Partenone conosciuto sia in realtà uno dei Partenoni, legato ad una sola fase della sua ben più complessa esistenza. La sua materia è stata infatti protagonista di eventi che ne hanno mutato sensibilmente l’aspetto e il valore, e che hanno sollevato questioni ancora oggi irrisolte.
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2.2 VALORE 35
2.2.1 IL PARTENONE: IL MONUMENTO DI ATENE Il cammino verso la celebrità
La creazione di un monumento politico, religioso, culturale Dopo la battaglia di Platea del 479 a.C., le poleis greche avevano stabilito tramite un giuramento che i santuari distrutti da Serse non sarebbero stati ricostruiti, affinchè servissero come monito per le generazioni future. Anche l'Acropoli di Atene rimane quindi a lungo un luogo desolato, occupato dalle rovine degli antichi templi. Trent'anni dopo, però, il pericolo sembra lontano e la città ha riacquistato la ricchezza e la potenza passate: le macerie dell'Acropoli paiono indegne della polis che ha conquistato il controllo dell'Egeo. A capo di Atene si trova Pericle, uomo politico e militare ateniese che, grazie alla carica di stratega, esercita una forte influenza sulla politica e sulla vita della città. Utilizzando il tesoro della Lega DelioAttica, egli avvia un ambizioso programma di rimonumentalizzazione della polis e, al contempo, di esaltazione della gloria ateniese, che prevede la costruzione sull'Acropoli di quattro edifici, tra cui il Partenone.
Il tempio di Atena Parthenos è stato concepito quindi sin dalla sua origine come un grandioso edificio, che fosse degno di simboleggiare la potenza acquisita da Atene sotto la protezione della dea e grazie alla guida di Pericle. Esso viene posizionato nella parte meridionale dell'Acropoli, quella più elevata, dove già sorgeva il basamento di un tempio dorico di più modeste dimensioni, rimasto incompiuto. "Le caratteristiche costruttive, il lusso, la ricchezza senza precedenti della decorazione scultorea dicono chiaramente che il Partenone è stato pensato con l'intento di superare in magnificenza tutte le altre fabbriche templari greche" (Bora-Fiaccadori). Ictino, ingegnere del tempio, progetta infatti un edificio dalle dimensioni imponenti, che comunica un senso di solidità ed equilibrio. Le singole parti sono tra loro legate da precisi rapporti (è dibattuto se l'applicazione del rapporto "aureo" di 9:4 tra gli elementi del tempio sia stata intenzionale o, invece, determinata casualmente), che danno all'insieme rigore e armonia, anche grazie alle attente correzioni ottiche messe in opera.
"Pericle voleva creare una città di dei, nella quale i monumenti stessi fossero specchio della grandezza dei valori civili e religiosi. [...] L'ammirazione per le opere che immortalavano il prestigio universale di Atene, l'orgoglio per le magnifiche conquiste formali, la totale aderenza tra immagine figurata e concetto pubblico del divino, in una città dove gli dei vivevano tra gli uomini." E. La Rocca, L'esperimento della perfezione, Arte e società nell'Atene di Pericle, Electa, Milano 1988
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La decorazione fa del Partenone un unicum: è costituita da un monumentale complesso di sculture, che nessun tempio aveva mai potuto vantare. 92 metope lungo la peristasi, oltre 160 metri di fregio ionico continuo, più di 50 statue sui frontoni. La sua esecuzione, durata dal 447 al 432 a.C., è stata probabilmente ripartita tra diverse maestranze, coordinate da Fidia, e ha richiesto un impiego ingente di manodopera. Secondo quanto riporta Plutarco in Vita di Pericle, i costi molto elevati imposti dall'ambiziosa opera avrebbero suscitato lo sdegno dei rivali dello stratega, che l'avrebbero definita come "uno spreco colossale di denaro, oltre che come un insulto agli 'alleati' di Atene" (M. Beard). La qualità delle sculture è però riconosciuta tanto dagli antichi quanto dai moderni, per l'abilità
tecnica dello scultore e per la varietà e la raffinatezza delle scene rappresentate. L'eccellenza del Partenone ha ragioni non solo materiali, connesse alla sua perfezione formale e alla qualità delle sculture, ma anche ideali, per il suo ruolo all'interno della città, tanto dal punto di vista politico quanto religioso. Il tempio è dedicato ad Athena Parthenos, protettrice della città di Atene. Parte della ricca decorazione riproduce infatti scene di cui la dea è protagonista: la sua nascita dalla testa di Zeus, la contesa con Poseidone per il possesso della città, la processione panatenaica. Quest’ultima avveniva in occasione delle Grandi Panatenee, la principale festa religiosa ateniese cui potevano partecipare tutti i cittadini liberi, comprese le donne. Partendo dalla porta
Ricostruzione dell'Acropoli ai tempi di Pericle, nel V secolo a.C.
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del Dyplon, la processione giungeva all’Acropoli e si fermava proprio di fronte al Partenone, dove si svolgevano i riti. La cella è invece un luogo sacro, dimora della dea e inaccessibile ai cittadini. Il naos era destinato ad ospitare una grande effigie di Atena, realizzata da Fidia in oro e avorio e descritta dalle fonti antiche come un capolavoro (secondo alcune stime moderne, la statua sarebbe costata più della costruzione del tempio stesso). Secondo quanto riporta M. Beard, la questione del ruolo religioso del Partenone è piuttosto dibattuta: a causa dell’assenza di sacerdoti legati al Partenone e di un vero e proprio altare posto all’esterno dell’ingresso, alcuni studiosi sostengono che non si sia trattato di un tempio, ma di una tesoreria dove erano accumulate le riserve ateniesi, rafforzando così l’ipotesi del legame tra Partenone e politica. Al di là di queste controversie, il Partenone nasce come progetto molto ambizioso, come edificio celebrativo della gloria di una città. Può essere considerato monumento per molteplici ragioni: la sua qualità, le ingenti risorse impiegate per costruirlo, il suo essere simbolo di un'età d'oro e dell'alto livello che la cultura classica aveva raggiunto, ma soprattutto l’essere non un tempio ma il tempio di Atene. Il monumento nel tempo Nei secoli successivi il Partenone, pur non conservando la sua funzione, preserva il suo ruolo di centralità nella città. Esso rappresenta ciò che A. Rossi ha definito come elemento primario, una permanenza nel tessuto urbano, segno della
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Uno dei pannelli deturpati durante il periodo cristiano.
volontà collettiva e parte integrante delle dinamiche urbane. Non a caso, i cambiamenti che avvengono ad Atene nel corso dei secoli hanno sempre delle ripercussioni, più o meno evidenti, sul monumento principale nonchè simbolo della polis. Una serie di decreti che pongono fuori legge il culto pagano è emanata da imperatori romani e bizantini, a partire dal IV secolo d.C.; nel corso del VI secolo, anche il Partenone viene convertito ad uso cristiano. Quando i cristiani si impossessano dell’Acropoli, ciò che essi trovano è un tempio pagano, simbolo di una religione non più riconosciuta. La trasformazione del Partenone in basilica prevede perciò anche la cancellazione dei segni del passato, al fine di occultare il significato originario dell’edificio. Vittime di questa operazione
sono i pannelli scultorei, sistematicamente sfigurati e scalpellati fino a renderne irriconoscibili i soggetti. “I cristiani si fecero strada intorno ai fregi scolpiti staccando le teste e i volti dei cavalieri, dei funzionari, delle donne recanti giare d’olio e acqua e del bambino che reggeva la veste sacra: si trattava di idoli pagani, dimora di demoni” (E. Hollis). Significativo il fatto che una sola metopa sia stata risparmiata dalla distruzione, poichè la scena classica viene interpretata come l’Annunciazione. I cristiani tentano in questo modo di mutare il valore del più importante edificio religioso di Atene, ancora simbolo della Grecia classica, considerandolo alla luce dei princìpi del nuovo credo.
Quando sull’Acropoli si insediano i Turchi, la chiesa di Nostra Signora di Atene viene trasformata in moschea. Le fonti passate dipingono il dominio turco come distruttivo e poco rispettoso: i Turchi non apprezzano l’importanza delle rovine da cui sono circondati, anzi trattano il Partenone più come cava che come edificio, raccogliendo i frammenti di marmo presenti sul luogo per frantumarli e ricavarne la polvere usata per la calcina. Probabilmente la dominazione ottomana è descritta in maniera interessatamente negativa; i Turchi non sono infatti gli unici a non considerare il tempio di Atena e gli edifici dell’Acropoli come monumenti da valorizzare.
Le Roy, Raffigurazione del Partenone nel 1755: in basso a destra, una figura si allontana portando con sè una pietra antica.
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Il riconoscimento dell'importanza del monumento crea i presupposti per la sua conservazione: il Museo dell'Acropoli.
Dopo l’esplosione del 1687, causata dal bombardamento da parte dei Veneziani, il Partenone si trasforma in una vera e propria rovina. Le forze ottomane si arrendono a Morosini che si considera padrone di ciò che resta del tempio: sua intenzione è rimuovere le statue per portarle a Venezia come trofeo della vittoria contro gli Ottomani. Nei successivi cento anni, le pietre del Partenone sono oggetto di caccia aperta: usate come materiale da costruzione, raccolte (o staccate) e vendute ai viaggiatori come souvenir, comprate dai musei. Un primo passo verso la rivalutazione del Partenone come monumento da salvaguardare (benchè si tratti di una questione oggi ancora controversa) è compiuto da Lord Elgin, nei primi decenni dell’Ottocento. “Nell’accumulare questi antichi reperti a beneficio del mio Paese e nel salvarli dall’imminente e inevitabile distruzione che li minacciava se fossero rimasti ancora per anni nelle mani malvage dei turchi, che le mutilavano per puro divertimento o allo scopo di venderle un pezzo alla
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volta ai viaggiatori di passaggio, ho agito senza il benchè minimo interesse di lucro privato”. Durante il XIX secolo inizia ad affermarsi l’interesse verso le opere degli antichi, viste non più come bottino ma come parte di un patrimonio culturale da valorizzare. Il riconoscimento del tempio di Atena Parthenos (e delle antichità ateniesi) come monumento è testimoniato anche dalla decisione di Ottone di Grecia, poi tradotta nel progetto di Von Klenze, di vietare costruzioni ex novo sull’Acropoli e di farne un parco archeologico. I frammenti di marmi privi di una precisa collocazione vengono raccolti e conservati nel primo Museo dell’Acropoli, all’interno della piccola moschea. La consacrazione ufficiale del Partenone è avviene con una solenne cerimonia bavarese il 28 agosto 1834. Sulla stessa scia si collocano i successivi restauri di cui è oggetto il Partenone a partire dagli inizi del Novecento, assieme alla creazione del Committee fot the Conservation of the Acropolis, nel 1983, e alla realizzazione del Museo di Tschumi, ai piedi dell’Acropoli.
2.2.1 LA RICEZIONE DEL PARTENONE Dall'antichità fino ai tempi moderni, il Partenone ha suscitato l'interesse di innumerevoli viaggiatori e studiosi recatisi ad Atene per ammirare le sue bellezze. Se le fonti antiche, anche a causa della loro scarsità, forniscono poche informazioni sullo stato del tempio di Atena e sul ruolo che esso rivestiva, nei secoli successivi si assiste invece alla proliferazione di raffigurazioni e di opere ad esso dedicate. I viaggi verso la Grecia e l'Oriente diventano infatti sempre più frequenti (tanto che il Grand Tour sarà considerato tappa fondamentale per la formazione dei giovani aristocratici); la riscoperta e lo studio delle antichità alimentano la passione per le opere del passato, che devono essere salvaguardate. Il Partenone, per la complessità delle vicende che lo riguardano, si trova da subito al centro di queste dinamiche e su di esso è puntato lo sguardo di molti studiosi, intellettuali ma anche semplici curiosi, che lasciano traccia della propria visita sotto forma di annotazioni, diari di viaggio, disegni, fotografie. Tali testimonianze, siano esse elogi del monumento o critiche, costituiscono un importante punto di riferimento per la ricostruzione della vita dell'edificio. Si ripercorre qui il cammino della ricezione del Partenone, dalle prime testimonianze a noi pervenute, nel II secolo a.C., fino ai tempi moderni, in cui esso è ormai riconosciuto come una celebrità indiscussa.
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"Entrando nel tempio che chiamano Partenone, tutte le sculture nel cosiddetto 'frontone' riguardano la nascita di Atena; il soggetto del frontone posteriore dell'edificio è la contesa tra Poseidone e Atena per il territorio di Atene. La statua stessa è costruita in avorio e oro. In mezzo all'elmo è rappresentata una immagine della Sfinge e da entrambi i lati dell'elmo sono scolpiti dei grifi. La statua di Atena è eretta in una veste che giunge fino a piedi e sul suo petto la testa di Medusa è scolpita in avorio; e ha una nike (statua della dea Vittoria) di quattro cubiti e nella mano stringe una lancia, sui suoi piedi è posto uno scudo e vicino alla lancia c'è un serpente, presumibilmente Erittonio. Sulla base su cui poggia la statua è scolpita la nascita di Pandora". Pausania, II secolo d.C.
"...Arrivai ad Atene e vidi da ogni parte grandi muri edificali ridotti in rovine dal tempo, presenti per ogni dove, dentro città e fuori, per la campagna, edifici di marmo inimmaginabili, palazzi e templi sacri, e sculture d’ogni tipo, opere mirabili per l’arte stupenda di chi le aveva eseguite; ed enormi colonne. Il tutto però in stato di grande rovina, in tanti mucchi da ogni parte. Ma ciò che soprattutto meritò attenzione era il sovrastare della rocca cittadina con il suo imponente e meraviglioso tempio marmoreo della divina Pallade, opera, anch'essa divina, di Fidia. Esso consta di ben 58 colonne del perimetro di sette piedi, ed è da ogni parte ornato con sculture di nobilissima fattura, sull’una e sull’altra fronte, nonché sulla fascia più alta delle pareti. All’esterno, sugli architravi, si può ammirare una battaglia di centauri, prodotto meraviglioso dell’arte dello scultore” Ciriaco de’ Pizzicolli, 1436
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Nella pagina accanto, il possibile aspetto interno del Partenone in tempi antichi (illustrazione del 1880). In questa pagina, il piĂš antico disegno del Partenone conservato, opera di Ciriaco de' Pizzicolli.
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"[Il Partenone è] come una fortezza impenetrabile, non dovuta all'azione umana. [...] Un'opera meno creata dalle mani dell'uomo che da quelle divine dovrebbe resistere per sempre" Evliya Çelebi (viaggiatore turco), Seyahatname,1667
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In questa pagina, due disegni dei frontoni dell'Acropoli realizzati da Jacques Carrey nel 1674. Nella pagina accanto, una vista di Atene e dell'Acropoli opera di Babin, pubblicata da Spon (1676).
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"Quale sgomento ha provato Sua Eccellenza per la distruzione dello splendido tempio che era esistito per tremila anni e che è chiamato Tempio di Minerva! Invano, tuttavia: le bombe hanno fatto il loro lavoro in modo così efficace che mai, in questo mondo, il tempio potrà essere rimesso a posto". Anna Åkerhjelm , 1687
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In questa pagina: in alto il bombardamento del 1687 secondo F. Fanelli (disegno del 1707); a lato un'illustrazione di M. Korres. Nella pagina accanto, una veduta veneziana dell'esplosione.
"Dopo alcuni lanci colpĂŹ il suo bersaglio [...] e finĂŹ in macerie un trofeo del genio umano che in un'intonsa gioventĂš lunga ventidue secoli ha resistito a tutte le tempeste del tempo, a tutta la barbarie dei piĂš diversi popoli guerrieri, e all'incalzare dei predicatori bizantini". Ferdinand von Pfister, capitano di artiglieria tedesco, 1688
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"Freddo è il cuore che ti guarda, o bella Grecia!E che non sente come gli amanti sul sepolcro di chi hanno amato. Spento è lo sguardo che non piange nel vedere i tuoi muri deturpati, i tuoi templi in rovina portati via da mano inglese [...]" George Gordon Byron, Childe Harold, 1812-18
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"Sono entrato all'Acropoli e ho visto pezzi di marmo ammucchiati in mezzo alla massa caotica di capitelli, frammenti di colonne, marmi grandi e piccoli; c'erano proiettili, palle di cannone, teschi umani e ossa" Cristopher Neezer, 1833
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"Esso è il più incomparabile trionfo di scultura e di architettura che il mondo abbia mai visto" Edward Dodwell (viaggiatore irlandese), 1819
"L'impressione che mi fece Atene è senza dubbio la più forte che io abbia mai provato. Vi è un luogo in cui la perfezione esiste; non ve ne sono due, è questo. Non avevo mai immaginato nulla di simile. Dinnanzi ai miei occhi appariva l'ideale fissato in marmo pentelico. Fino a quel momento, avevo creduto che la perfezione non fosse di questo mondo.[...] Il Partenone è una cosa esistita una volta sola, una cosa che non si era mai vista e non si rivedrà mai più, ma il cui effetto durerà in eterno". Ernest Renan, Preghiera sull'Acropoli,1869
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"Nulla di simile è mai esistito in nessun luogo e in nessuna epoca" Le Corbusier, Verso una nuova architettura, 1923
"Già, che cosa posso dire del Partenone: che il mio spirito m’incontrò, ragazza di ventitrè anni, con tutta la vita davanti: questo posso dire; e poi che esso è più compatto, più splendido e più robusto di quanto ricordassi. [...] Il tempio come una nave, così vibrante [...]. E’ più grande, e meglio conservato di quanto ricordassi” Virginia Woolf, 1932
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Il Partenone sulla copertina di riviste (Eikones-1967 e Super Katerina-1989) e in due manifesti pubblicitari. Nella pagina accanto, alcuni prodotti commerciali ispirati al Partenone.
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"Una noia...Alcuni si annoiano persino a guardarlo. Sembra meglio nel depliant.� W. Percy, romanziere americano,1984
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"Il Partenone, dopo tutto, è tanto un'icona moderna quanto una rovina antica.� Mary Beard, Il Partenone, 2002
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2.2.3 EMULAZIONE DI UN MITO "Quasi inevitabilmente, all'entusiasmo ha fatto seguito l'emulazione". La convinzione che il Partenone sia uno dei più importanti edifici al mondo, il tempio perfetto del mondo classico, è profondamente radicata nel pensiero moderno. La forte ammirazione e il riconoscimento del suo assoluto valore hanno contribuito a rendere l’edificio un vero e proprio punto di riferimento, fonte di ispirazione ma anche oggetto di emulazione. Come modello architettonico, il Partenone è una scoperta relativamente recente: prima della pubblicazione, nel 1758, dei disegni di J.D. Le Roy, esso era meno conosciuto e l’idea che l’opinione pubblica aveva del Partenone era molto distante da quella reale. Sulla base della descrizione di Ciriaco di Ancona, che visita Atene intorno alla metà del 1400, esso era raffigurato come un antico tempio, immerso in un’atmosfera vaga e senza tempo, completamente privo di rapporti con il contesto medievale in cui era inserito. Questo immaginario è ancora prevalente nel XVII secolo, quando Jacob
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Spon pubblica “Voyage d’Italie, de Dalmatie et de Grèce...” (Lione, 1678): il Partenone rappresentato dal francese è un’immagine convenzionale di tempio classico, completamente isolato dall’ambiente circostante. Come sottolinea P. Tournikiotis in “The place of Parthenon in the history and theory of modern architecture”, “La somiglianza all’edificio reale non era considerata un problema”. Durante la prima fase della dominazione turca, Atene e l’Acropoli non erano facilmente raggiungibili dai visitatori occidentali; l’immaginario del Partenone era perciò creato sulla base delle poche descrizioni disponibili del Partenone. Dopo la metà del XVII secolo, Atene diviene una meta più frequente per i visitatori occidentali, in particolare per gli aristocratici interessati alla scoperta del mondo antico. Perciò, e grazie anche alla diffusione dei disegni di Jacques Carrey, che documenta gran parte delle sculture allora conservate, il Partenone diviene un monumento molto noto e
una destinazione molto ambita; i resoconti dei viaggiatori in Grecia diventano talmente popolari che ne vengono generati anche falsi (esemplare il racconto di un certo Guillet de la Guilletière, che, si scoprì, non visitò mai la Grecia). L’opera che consacra il Partenone a modello assoluto è probabilmente "Antiquities of Athens" di J. Stuart e N. Revett, che creano un vero e proprio inventario dei monumenti antichi più importanti di Atene, fornendone vedute, piante, prospetti e riproduzioni dettagliate degi apparati decorativi. L’architettura greca rappresenta in questo periodo il modello obbligatorio per gli architetti contemporanei, al punto che la comprensione dell’antichità equivale alla sua imitazione. Insieme ad altre costruzioni antiche il Partenone, conosciuto come tempio classico simbolo dell’età d’oro di Atene, è quindi preso a riferimento per la sua perfezione costruttiva, ma anche per i valori che esso simboleggia (valori che il classicismo ottocentesco mirava a riaffermare): “The Parthenon expresses not only his Greek equivalent but also the context of the age of Pericles, in terms of political, social and cultural ideas”. Dal XIX secolo il tempio di Athena Parthenos è stato - ed è - oggetto di emulazione e ha costituito un modello per edifici pubblici, monumenti nazionali, residenze private, mausolei e altre costruzioni accomunate da un carattere di solennità. In questa pagina: in alto, il Partenone rappresentato da J. Spon (1678); in basso, studi sui particolari archotettonici del tempio tratti da Antiquities of Athens di Stuart e Revett. Nella pagina accanto, disegni del fregio ionico di J. Carrey.
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Le copie dell'edificio
A sinistra, il celebre Walhalla, un tempio neoclassico ispirato al Partenone costruito nei pressi di Ratisbona (Germania), e progettato dall'architetto Leo Von Klenze nel 1814. Una copia del Partenone doveva essere costruita anche ad Edimburgo nel 1816, per commemorare la battaglia di Waterloo (immagine sotto). L’esaurimento delle risorse ha però costretto ad interrompere i lavori e quindi a lasciare la costruzione incompleta. Nella pagina accanto, in alto: a Nashville, “l’Atene del Sud”, si trova una vera e propria riproduzione del Partenone, pensata inizialmente come costruzione temporanea per l’Esposizione per il centenario del Tennessee, poi realizzata in muratura (1920). Al suo interno ospita una replica della statua di Atena. In basso: a sinistra, la Seconda Banca degli Stati Uniti a Philadelphia, realizzata da W. Strickland, 1818-1824; a destra, Custom House a Wall Street, New York. L'edificio, realizzato tra il 1833 e il 1842, è opera degli architetti Ithiel Town e Alexander Jackson Davis.
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Le copie dei marmi “Intorno alla metà del XIX secolo quasi non esisteva città di grandi dimensioni, in Europa o nel Nord America, che non possedesse il calco di almeno uno dei marmi Elgin” (M. Beard). Accanto all’interesse per l’edificio, gli studi sui monumenti dell’antichità greca alimentano anche l’interesse per la decorazione del Partenone. Le sculture che ornavano il tempio, conosciute fino alla fine del Settecento solo attraverso raffigurazioni più o meno accurate, sono toccate con mano dagli europei agli inizi del XIX secolo: tra il 1801 e il 1811, Lord Elgin e i suoi agenti portano in Inghilterra circa la metà dei pannelli del fregio, delle metope e dei frontoni ancora esistenti, suscitando così un
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interesse crescente, per l'alta qualità dei marmi e per l'esigenza della loro salvaguardia. Le sculture vengono quindi riprodotte e diffuse in tutto il mondo. Comprendendo l’importanza dei marmi a livello internazionale, copie del fregio sono state date in dono dal Tesoro inglese alle corti di Roma, Toscana, Napoli e Prussia; San Pietroburgo, la Baviera e il Wurttemberg hanno invece investito ingenti somme di denaro per impossessarsi di ulteriori copie, oggi conservate nei musei.
Una copia del fregio ionico del Partenone è stata realizzata da Decimus Burton, per ornare la quinta monumentale dello Hyde Park Corner di Londra (1825). Sotto, le sculture della facciata principale dell'Accademia di Atene, opera di Leonidas Drosis, 1870. Nella pagina accanto, un calco del fregio del Partenone all'Istituto Superiore d'Arte Venturi e una copia di un pannello conservata nel Museo di San Pietroburgo.
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Le copie della statua crisoelefantina “La statua di Atena è eretta in una veste che giunge fino a piedi e sul suo petto la testa di Medusa è scolpita in avorio...” Pausania. La statua di Athena Parthenos, custodita all’interno della cella del tempio e oggi perduta, è stata descritta dalle fonti antiche come un grande capolavoro attribuito alla mano esperta di Fidia. Proprio per la qualità dell’opera, su cui si sofferma anche Pausania, essa è stata imitata fin dall’antichità: una grande varietà di versioni in scala ridotta erano distribuite in tutto il mondo antico, realizzate in marmo, bronzo e terracotta, oltre che riprodotte
su monete e gemme. La stima più recente fornisce un totale di più di duecento esemplari, escluse le monete: da copie ragionevolmente accurate dell’originale di Fidia fino ad imitazioni di fantasia del famoso capolavoro; da opere grandi più o meno la metà dell’originale fino a miniature alte non più di un centimetro. Nel Partenone di Nashville ne è conservata una riproduzione a grandezza naturale (12 metri circa).
Esempi di copie della celebre statua: una moderna interpretazione risalente agli anni '60 (Royal Ontario Museum) e due copie romane in marmo (Museo Nazionale di Atene); nella pagina accanto, la statua a grandezza naturale collocata nella cella del Partenone di Nashville, opera di Alan LeQuire.
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Le copie del Partenone nel Mondo
Copie dell'edificio Copie dei marmi
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La mappa mostra la distribuzione delle copie del Partenone nel Mondo: vi sono indicate sia le riproduzioni dell'edificio nel suo insieme, sia le copie dei marmi dell'apparato scultoreo del tempio.
2.2.4 L'UNICO PARTENONE
Le riproduzioni del Partenone e delle sue sculture fanno sempre riferimento all’immagine comune, universalmente riconosciuta, che vuole che esso sia il tempio perfetto di Athena Parthenos della Grecia classica. Come afferma la Beard, “Tutto ciò che il visitatore può vedere oggi è quello che gli archeologi del XIX secolo hanno deciso di preservare: una manciata di monumenti con un «pedigree» classico di V secolo a.C., che si stagliano in isolamento, spogliati quanto più possibile della loro storia successiva”. Le numerose fasi della vita dell’edificio, divenuto basilica cristiana, moschea, deposito di polvere da sparo e infine rovina, non sono conosciute, anzi si assiste ad un rifiuto della memoria degli avvenimenti successivi all’età della gloria ateniese. All’opinione pubblica è sconosciuto che il tempio di
Atena Parthenos sia stato anche Nostra Signora di Atene, Notre Dame d’Athènes, Seu de Santa Maria de Cetinas, Sta Maria di Atene. Ciriaco de’ Pizzicolli, che visita Atene nel 1436, è considerato dalle fonti antiche il primo viaggiatore dell’antichità ad aver fornito una descrizione del Partenone; la notizia è però inesatta. L’italiano Niccolò da Martoni ha infatti descritto il Partenone nel 1395, prima di Ciriaco; a differenza di questi, che raffigura il tempio come “opera divina di Fidia” senza tempo nè contesto, egli non elude i particolari cristiani e considera l’edificio alla luce delle sovrapposizioni successive all’età periclea. Ancor di più è stato ignorato il periodo in cui il tempio è stato moschea, poichè i Greci non sono interessati a serbare memoria delle “buie reliquie del passaggio di ondate di barbarie”. Da quando
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l’Acropoli è consacrata a parco archeologico, per opera di Ottone di Grecia, le operazioni di restauro hanno mirato a restituire ai monumenti di Atene l’immagine della loro gloria passata: la Torre dei Franchi viene distrutta e lo stesso succede alla moschea che sorgeva ancora sulle rovine del Partenone; esse vengono in parte riassemblate usando rocchi sparsi sul sito; il tempio di Atena Nike viene completamente ricostruito. L’interesse esclusivo per l’Acropoli del V secolo a.C. è stato criticato da Arthur Evans, che nel 1877 scrive sul “Saturday Review” : “E’ davvero angusta questa interpretazione dell’Acropoli di Atene che ne fa semplicemente il luogo dove conservare le grandi opere dell’età di Pericle come modelli in un museo. Soltanto ieri la Torre dei Duchi di Atene era ancora in piedi [...]. Ma la torre era tarda; era barbara. [...] Non possiamo concepire niente di più contrario al vero spirito del sapere, di questi tentativi di cancellare la storia di qualunque epoca”. Al di là della questione sulla correttezza dell’atteggiamento nei confronti delle fasi storiche vissute dal monumento, è opportuno interrogarsi piuttosto sulle ragioni che l’hanno causato. Se l’immagine che oggi prevale del Partenone è quella del tempio classico, ciò è dovuto ad una scelta più o meno inconscia: l’età d’oro di Pericle è il periodo in cui il Partenone viene concepito e manifesta con vigore, e con un’intensità che non avrà pari nei secoli successivi, il proprio valore di simbolo e monumento. E’ inevitabile quindi che nell’opinione pubblica si sia fissata l’immagine del tempio classico, cui non si può che guardare con ammirazione e, al contempo, nostalgia.
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2.3 MATERIA 67
2.3.1 MATERIA: LA QUESTIONE DEI RESTAURI
Balanos Nikolaos (1860-1942)
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Nel libro “Madre Materia” l’autore Fernando Espueles ripercorre i temi della materialità in architettura e ci ricorda che “il termine materia deriva dal latino mater che indica sia la madre, ma anche il legname, ripulito da rami e corteccia, pronto per essere utilizzato in falegnameria”. Allo stesso modo Ranuccio Bianchi Bandinelli, nel suo “Introduzione all’Archeologia” del 1976, afferma che “Tutta l’arte del mondo classico va considerata sotto l’aspetto di un altissimo artigiano […] che lavora come si è imparato in bottega, ma ogni artigiano di talento aggiungerà piccole varianti che sono espressione della sua genialità”. Le due affermazioni si rivolgono al manufatto come prodotto di uomo, uomo che lavora la materia, materia che contiene e intrappola il gesto del suo demiurgo. Ecco che in quest’ottica le vicende riguardanti il Partenone, dall’asportazione da esso di sculture, ai lavori di restauro più o meno recenti, tornano ad essere un’importante campo di discussione. L’anima del Partenone è destinata a durare per sempre, mentre la materia dev’essere curata e protetta per evitare che i marmi del “tempio perfetto” si rovinino, fino a distruggersi, privandoci della testimonianza dell’edificio emblema dell’architettura greca. Camillo Boito, nel 1893, afferma che “Gli Architetti […] non devono dimenticarsi mai che il fine dei loro sforzi è la conservazione dei monumenti e che il migliore mezzo per raggiungerlo è il mantenimento di essi. […] il restaurare deve considerarsi pur
sempre una triste necessità. Un mantenimento intelligente deve sempre prevenirla”: per poter comprendere i lavori che si stanno effettuando o che sono stati effettuati nell’Acropoli è necessario tenere a mente queste parole e studiare le vicende storiche che hanno interessato Atene e i suoi Templi. La capitale greca registra una rapida evoluzione demografica a partire dalla prima metà del 1800 che la porta da essere una “piccola città” ad un centro di 300.000 persone nel corso di un secolo; in questo periodo di tempo, a causa del carattere accentrato dello stato e della totale mancanza di pianificazione, la città cresce con uno sviluppo urbano spontaneo e conseguentemente gli equilibri urbani entrano in crisi; la costruzione d’industrie nel centro cittadino, la scriteriata edificazione di abitazioni per rispondere una massiccia inurbazione e il conseguente aumento di automobili portano ad un innalzamento preoccupante dei livelli di inquinamento. Questa questione, unita alla mancanza di valutazioni storico artistiche e ad uno scarso rispetto verso l’eredità architettonica, ha avuto effetti distruttivi sui monumenti ateniesi. Ai giorni nostri la capitale greca che è arrivata a contare più di tremilioni di persone, una metropoli che ha continuato a svilupparsi in maniera abbastanza casuale e che ha visto aggravarsi le condizioni ambientali riguardanti l’inquinamento, in questo contesto le condizioni del Partenone sono da considerarsi incredibili: il monumento è ben
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conservato se confrontato con altri edifici classici. Questo è dovuto all’oculata scelta dei materiali e alla perfezione costruttiva, fattori che hanno permesso al Partenone di resistere alle avverse condizioni naturali e soprattutto ai vari interventi dell’uomo. Il primo intervento di manutenzione effettuato sul Partenone è conseguente all’assedio dell’acropoli da parte delle truppe veneziane. I Turchi, una volta ripreso il comando dell’acropoli si trovano a doversi confrontare con gli effetti dei bombardamenti dei cannoni di Morosini, devastanti nei confronti del Partenone, principale bersaglio dell’attacco: “L’esplosione fece tremare la terra. La parte centrale della moschea andò in frantumi e i colonnati del lato sud e nord furono rasi al suolo. Frammenti di marmo taglienti caddero sulle colline a un miglio dall’Acropoli. Per due giorni infuriò un incendio e quasi tutte le persone che avevano cercato rifugio nell’edificio persero la vita”. I turchi procedono ad un lavoro di rimessa in opera dell’edificio, sostituisono le parti lignee, inevitabilmente perse nell’incendio e ricostruiscono il tetto, oltre a risistemare parzialmente le due facciate. L’intervento, comunque, non è da intendersi come un’opera di restauro ma piuttosto come un lavoro necessario per poter usare nuovamente l’edificio. È intorno al 1830, durante il Regno di Ottone e successivamente al riconoscimento dell’Indipendenza dello Stato Greco che si avviano i primi ragionamenti riguardanti la conservazione e la rivalorizzazione delle architetture classiche dell’Acropoli. Due sono le proposte di intervento, diametralmente opposte tra loro. L’architetto della corte di Monaco, Leo von Klenze, propone di
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Acropoli: Propilei e Tempio di Atena Nike prima dei lavori di restauro di N. Balanos; disegno di Thomas Hartley Cromek, 1834
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trasformare l’acropoli in un sito archeologico e concentrarsi perciò sulla conservazione dei reperti, Karl Schinkel, architetto della corte di Prussia, invece, progetta di trasformare i resti presenti nel sito in un palazzo sfarzoso pronto ad accogliere la famiglia reale. A ricevere l’incarico di guidare gli interventi è Von Klenze che, in linea con la sue idee, decreta le sistemazione dell’Acropoli intesa come spazio archeologico, negando la possibilità di ogni altra funzione incompatibile con la primaria destinazione d’uso. L’importanza di questa decisione è evidente: sottolinea il valore culturale e storico che il Partenone ha già nel diciannovesimo secolo. Negli ultimi anni del 1800 inizia a farsi evidente la necessità di un intervento di restauro del Partenone. L’edificio a causa di condizioni climatiche avverse, lievi terremoti e un storia ricca di avvenimenti traumatici non si trova in buone condizioni: gran parte dei materiali che lo compongono, se non è stata trafugata, si trova sparsa a terra nell’area circostante e la parti del tempio che resistono sono pericolanti e in pessimo stato. Viene allora composta una commissione internazionale di specialisti a cui si affida il compito di redigere un report analitico che studi e cataloghi le patologie del Partenone, la loro gravità e i possibili metodi di intervento: viene deciso che il lavoro si dovrà basare in accordo con i metodi tradizionali e basandosi sulle teorie espresse pochi anni prima da Camillo Boito. La direzione dei lavori viene affidata all’archeologo ed architetto
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greco Nikolaos Balanos, i lavori all’Acropoli iniziano nel 1898. Inizialmente vengono interessati l’Eretteo e i Propilei mentre il restauro del Partenone ha inizio dal 1910 e finirà nel 1933. Balanos lavora in maniera molto differente dagli standard odierni: effettua completamenti e sostituzioni dei pezzi originali usando marmo pantelico, non permettendo quindi la riconoscibilità delle aggiunte; in altre zone i completamenti sono effettuati usando cemento armato che mal si combina al resto dell’edificio; taglia le superfici di frattura al fine di ottenere facce lisce compromettendo permanentemente i marmi originali, usa elementi strutturali in ferro dove necessario, scelta che avrà risvolti tragici; completa il restauro di grandi parti di monumento il materiale originale che ha a disposizione, senza accertarsi del’effettiva posizione originaria, offrendo così un’immagine distorta dell’edificio che nella perfezione delle sue parti aveva un tratto caratteristico. Le conseguenze degli interventi di Balanos, gravosamente errate, non hanno tardato a farsi evidenti. Balanos ha davanti a se un monumento carico di storia, ma decide di concentrarsi solo su una parte di questa, sul Partenone di Ictino, ricercando la sua possibile forma.
Pagina a fronte: Partenone, prima e dopo i restauri di Balanos;
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Anche se il fine del suo intervento può essere discusso, sono invece oggettivamente valutabili i danni provocati dai metodi adottati da Balanos: già nel 1940, poco dopo la chiusura del cantiere, si manifestano le prime reazioni di ossidazione che negli anni successivi portano ad un rapido deterioramento delle superfici, con la comparsa macchie ferrose e in alcuni casi la rottura dei blocchi di marmo con le conseguenti problematiche statiche. È incredibile che si sia optato per l’uso del ferro, quando i greci stessi si erano resi conto dell’incompatibilità tra il quel tipo di metallo e il marmo ripiegando quindi con l’uso del piombo. Inoltre, la totale mancanza di una progettazione antisismica e a difesa dall’inquinamento atmosferico ha aggravato le condizione dell’edificio contribuendo a cambiamenti fisici, chimici e biologici nelle superfici di marmo. La pratica di anastilosi non supportata da un’aduguata attenzione riguardo la corretta posizione degli elementi ha, forse irrimediabilmente, compromesso la forma originale dell’edificio. Malgrado gli interventi di Balanos siano approvati dalla Carta di Atene, 1931, risultano danneggiare l’edificio. Non c’è dubbio che il Partenone, come l’intera Acropoli, necessitino di un’opera di restauro, data la mancanza di manutenzione, ma le modalità di intervento non sono adeguate e portano ad un risultato per nulla soddisfacente: i monumenti versano in condizioni peggiori rispetto a quelle precedenti alle opere di Balanos. Nel 1975 il governo greco, preso atto della situazione disastrosa in cui si trova l’Acropoli, decide di procedere con un nuovo intervento di restauro. L’opera, ovviamente, raccoglie gli interessi Partenone dopo i restauri di Balanos
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di tutto il panorama architettonico internazionale e nel 1983 viene creato il Committee for the Conservation of the Acropolis (ESMA), formato da una squadra interdisciplinare di specialisti finanziati della Commissione Europea e incaricati di svolgere accurati studi sulle strutture finalizzati alla produzione di un intervento di restauro ed alla sua supervisione. Un principio generale del ESMA è la volontà di arrivare alle conclusioni nel modo più oggettivo possibile e mantenendo trasparenza in tutte le fasi. Per raggiungere questi obiettivi la pubblicazione di studi generali e specializzati riguardanti il restauro dei monumenti sono frequenti (a tal proposito si segnala il sito internet dell’ESMA, strumento fondamentale per comprendere l’attuale stato di avanzamento dei lavori). Conferenze internazionali si svolgono ad intervalli regolari e in queste occasioni gli specialisti possono confrontarsi sulle ricerche in corso e discutere delle proposte d’intervento. L’importanza di questa parte del restauro non è da sottovalutare: il confronto può avere la funzione di individuare possibili problemi prima della loro messa in opera e porta sicuramente ad un progetto
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più completo e funzionale. Le proposte d’intervento sono condotte nello spirito della Carta di Venezia (1964), internazionalmente accettata come codice dei principi per il restauro dei monumenti e possono essere riassunte come segue: -Reversibilità degli interventi -Rispetto del materiale autentico, attenzione all'autonomia strutturale delle diverse parti architettonici e alla loro funzione originaria. -Interventi limitati alle parti dei monumenti che sono stati danneggiati in restauri precedenti o che mostrano carenze strutturali. -Utilizzo di materiali innocui e compatibili con i materiali autentici. -Per l’unione dei frammenti, le barre di titanio richieste dal studio strutturale, dovrebbero essere usati il meno possibile così come i fori per rinforzi in titanio, in modo da non danneggiare il materiale antico. -Unione di frammenti antichi qualora si individuino pezzi unici che provengono dallo stesso membro architettonico. -Impiego limitato di nuovo marmo. La decisione
viene sempre effettuata sulla base dell'autonomia strutturale ed estetica del membro interessato e l'integrità della zona in fase di restauro. La lettura dei principi evidenzia quanto l’opera in atto sul Partenone non sia un restauro, quanto più un’intervento di ripristino e conservazione. L’incredibile qualità delle tecniche di costruzione antiche ha permesso la conservazione del monumento dall’azione della natura ma non completamente dall’attività umana. Lo studio effettuato nell’ambito del ESMA ha evidenziato proprio questa considerazione: i lavori si sarebbero concentrati sul ripristino dell’edificio, cercando di rimediare agli interventi umani effettuati nel corso del tempo, primo su tutti il restauro di Balanos. Questo presupposto è da intendersi come un’opera di derestauro, una negazione di una parte della storia del Partenone, finalizzata ad allungare la vita al tempio stesso. L’attività dell’ESMA è tutt’ora nel vivo, un lavoro che procede da più di trent’anni che dimostra l’importanza e l’attualità del Partenone. Il tempio è il ricordo più vivo dell’architettura classica e simbolo di una nazione. Il lavoro dell’ESMA
procede sottotraccia, gran parte dei materiali che compongono il Partenone sono catalogati e collocati negli spiazzi erbosi limitrofi al tempio, reperti e testimonianza del Partenone. Leon Battista Alberti diceva che “La bellezza perfetta e quella a cui non si può aggiungere ne togliere nulla”, questa definizione è perfetta sia se applicata al Partenone originale, architettura perfetta, sia se applicata alle contemporanee rovine del tempio in quanto la Bellezza del Partenone non risiede più solo nella sua materia ma anche nello straordinario immaginario collettivo che la storia gli ha donato.
Pagina precedente e sopra: fasi del cantiere condotto dall'ESMA
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2.3.2 DELOCALIZZAZIONE DEL PARTENONE: ELGIN MARBLES
Elgin Room, British Museum
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La materia che compone il Partenone, quando non è stata distrutta, non è comunque tutta presente nell’Acropoli. Il Partenone, infatti, ormai non si trova soltanto ad Atene. Repliche a parte, di cui si è già parlato, una porzione consistente delle sculture e decorazioni che adornavano il monumento originale sono sparpagliate nei musei d’Europa. “C’è una tradizione, inaugurata da Lord Byron, che impone le lacrime sull’Acropoli, non per la travolgente bellezza del Partenone, bensì per la sua tragica rovina e per quello che Byron percepì come il suo orribile smembramento”. Mary Beard, Il Partenone Possiamo perciò parlare di delocalizzazione della materia: l’immagine mentale che abbiamo del monumento si compone, si nutre di tutti i frammenti sparsi nelle regioni più disparate d’Europa. Atene è in possesso di circa la metà delle parti decorative originarie e dal 2009 conserva la quasi totalità di queste nel nuovo Museo dell’Acropoli. Una struttura progettata ai piedi dell’Acropoli stessa, uno spazio ricostruito delle esatte dimensioni e orientamento del Partenone pensato per tenere le opere al riparo dal famigerato inquinamento ateniese. L’esposizione, che si compone di alcune sezione del fregio, metope, cariatidi e statue, come detto non è completa: diverse città possono vantare il possesso di alcuni frammenti del Partenone e
una parte considerevole delle decorazioni del tempio si trova nel British Museum di Londra. L’Inghilterra è proprietaria di alcune pregevoli parti del Partenone grazie a Thomas Bruce, conte di Elgin, che vendette al governo britannico nel 1816 oltre 75 metri del fregio scolpito, che una volta correva intorno all’intero edificio, 15 delle 92 metope originariamente esposte nella fascia sopra le colonne e 17 figure a grandezza naturale, scolpite dalla Mano di Fidia, che in passato si trovavano nei timpani. La questione dei “Marmi di Elgin” è più che mai attuale e per poterla capire bisogna analizzare la storia che ha portato i marmi a Londra. La Grecia nel contesto internazionale del XV secolo è un dominio dell’Impero Ottomano, sotto la protezione degli Inglesi. Il sultano Turco non è quindi nelle condizioni di rifiutare ad Elgin, ambasciatore Britannico a Costantinopoli, la richiesta fatta nel 1800 di effettuare sopralluoghi sull'Acropoli di Atene, inizialmente unicamente al fine di effettuare rilievi, disegni e calchi. Elgin però mira ad andare ben oltre i limiti imposti dall'autorizzazione e l’anno successivo ottiene dal Sultano stesso un’estensione che lo autorizza a prelevare qualsiasi scultura o iscrizione, il cui asporto non metta a rischio le strutture degli edifici. Tra il 1801 e il 1805, quando l'autorizzazione viene revocata, un ingente numero di operai si dedica ad un’invasiva opera di smontaggio delle decorazioni che interessa l'Acropoli in più punti, in particolare
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il Partenone e l’Eretteo. Parte di esse era già caduta dalla sua collocazione originaria ed è raccolta dal suolo circostante ma una quantità considerevole viene rimossa dall’edificio stesso, con operazioni che implicano una serie di interventi invasivi che in alcuni casi danneggiano la struttura. "Ha voluto togliere i bassorilievi del fregio: per poterlo fare, gli operai turchi hanno prima spezzato l'architrave e atterrato i capitelli; poi, invece di estrarre le metope dai loro alloggiamenti, i barbari hanno trovato più agevole frantumare la cornice.. " François-René de Chateaubriand, Viaggio in Grecia, itinerario da Parigi a Gerusalemme, 1811
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I marmi vengono imbarcati su di una nave predisposta da Elgin e spediti in Scozia, nella residenza del conte. Le 65 casse contenenti i materiali sottratti all’Acropoli vengono acquistati dal governo inglese nel 1816, circa dieci anni dopo il loro arrivo in terra britanica. Lo stallo è dovuto alla cattura di Elgin in Francia e, una volta rilasciato, alla grande differenza tra le valutazioni economiche effettuate dal conte e la perizia inglese che addirittura in alcuni casi è incerta sull’autenticità dei pezzi, datandoli al periodo romano. Elgin, in rovina, è costretto a vendere i marmi alla cifra decisa dal governo inglese, marmi che quindi diventano proprietà statale e vengono affidati al British Museum, museo che li ha custoditi
in una galleria appositamente allestita fino ad oggi. Uno dei principali personaggi contrari all’opera di Elgin è Lord Byron, contemporaneo del conte. Byron sostiene che l’asportazione dei marmi sia avvenuta in modo barbaro, senze alcuna sensibilità verso la preservazione dell’integrità del monumento, convinto che privare il tempio di alcune delle sue parti sia un gesto scorretto nei confronti del Partenone stesso, un furto alla storia greca. Varie sono state le discussioni in materia e si concentrano soprattutto su quali fossero le motivazioni di Elgin e se avesse l’autorità legale per fare quello che fece. Elgin viene dipinto sia come uomo senza scrupoli, disposto a violentare il Partenone, architettura perfetta, in cerca di qualche
bella scultura per arricchirsi ed abbellire la sua patria, sia come eroe, persona interessata a preservare e tramandare alla posterità dei capolavori che altrimenti i turchi avrebbero smantellato per farne cemento, oppure sarebbero stati distrutti da qualche guerra, o sarebbero stati consumati dalle piogge acide e dall’inquinamento. A questo riguardo va comunque ricordato che effettivamente Lord Elgin al suo arrivo all’Acropoli trova i templi in uno stato di degrado. I Turchi non si curavano dei marmi e li usavano come materiale da costruzione, anche frantumandoli per ricavarne calce o distruggendoli per ricavare Sopra: British Museum, Frontone Est del Partenone.
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il piombo delle staffe che li legavano alla struttura architettonica. Per quanto i metodi di Elgin siano discutibili e le sue intenzioni non chiare, senza il suo intervento probabilmente il lavoro di Fidia sarebbe interamente compromesso. Non essendoci strumenti che permettano a una di queste due versioni di imporsi la disputa resta irrisolta e più che mai accesa. Dal 1997, infatti, i governi inglese e greco hanno iniziato una trattativa ufficiale riguardo il ritorno dei marmi in patria. La questione è incredibilmente complicata: il British Museum, oltre a non volersi privare delle suo opere, è legalmente obbligato a non restituirle, ciò infatti creerebbe un caso e tutti gli stati potrebbero mobilitarsi per richiedere la restituzione delle proprie opere esposte in terra straniera; la Grecia ovviamente si sente danneggiata e privata di una parte del suo monumento più importante. Anche il prestito delle opere non è permesso in quanto le leggi in materia lo vietano quando non si ha la certezza assoluta del rientro delle opere, come sarebbe in questo caso. La trattativa tra i due stati quindi non sembra destinata ad arrivare alla restituzione dei marmi e ha l’unica funzione di venir strumentalizzata e sfruttata dai politici per fini elettorali. In materia di restauro ci si augura che i marmi del Partenone possano tornare a far parte della collezione Ateniese, anche seguendo le disposizioni di Camillo Boito che nel quarto dei suoi otto punti del restauro suggerisce che i pezzi rimossi vengano mostrati accanto al monumento, in questo caso nel museo ai piedi dell’Acropoli che riserva
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uno spazio predisposto ad accogliere i marmi, se un giorno dovessero tornare. In ogni caso la diaspora dei marmi, soprattutto quella legata al British Museum, imprime un nuovo impulso alla storia moderna del Partenone: frammenti, decorazioni, calchi e copie dell’edificio arricchiscono un gran numero di città e musei. Il fatto che le sorti del manufatto e delle parti che lo compongono sia così viva non fa altro che evidenziare l’importanza del Partenone, anche ora che la storia ha drasticamente mutilato e rovinato forma e materiali. Il valore del monumento non si trova solo nelle pietre che lo compongono: i marmi sono piuttosto gli strumenti, le testimonianze dell’anima del Partenone, universalmente riconosciuto come l’ “Architettura perfetta”, che senza quella materia modificata dall’uomo, dal tempo e dalla storia, non sarebbe mai stata così ricca.
Pagina precedente: Campagna per far ritornare i Marmi di Elgin ad Atene; Sopra:Cariatidi, Museo dell'Acropoli, Atene
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La materia del Partenone nel Mondo
Marmi originari del Partenone
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La mappa mostra la dispersione della materia originaria del Partenone in diverse parti del Mondo. La dimensione del punto è indicativa della presenza di uno o piÚ elementi allontanati dal monumento.
3.CONCLUSIONI
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“Il fatto che tutti i grandi edifici si trasformino nel corso del tempo è spesso considerato alla stregua di un vergognoso segreto, o nel migliore dei casi come motivo di malinconica riflessione”. Edward Hollis, La vita segreta degli edifici La relazione rispecchia le diverse fasi da noi affrontate nel lavoro di ricerca sul Partenone. Un primo momento è stato necessariamente dedicato allo studio oggettivo degli avvenimenti storici che hanno riguardato il monumento dalla sua origine fino ai giorni nostri, ponendo particolare attenzione al contesto storico-culturale e cercando di tenere presente quali fossero gli sviluppi, nelle diverse epoche, della teoria del restauro. L'acquisizione di informazioni relative alla vita del Partenone, prima sconosciute, ha permesso di affrontare la fase più significativa dello studio, ovvero i ragionamenti e le riflessioni che cercano di trovare risposta alle domande che l'edificio e gli eventi che ha vissuto pongono. La relazione è stata impostata perciò in modo tale da mettere in luce la questione della dicotomia tra valore e materia, che è stata ritenuta fondamentale per comprendere - o quantomeno fare un primo passo per farlo - il monumento. Questa scelta è dovuta alla constatazione di una forte contrapposizione tra la materia del Partenone, fortemente deteriorata, segnata dal tempo, dagli uomini e dagli eventi, e il suo valore, che si conserva invece intatto, quasi intoccabile, nell'immaginario comune. Ci si è chiesti quindi in che rapporto si trovino questi due aspetti, che, in quanto parti di
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una sola individualità, dovrebbero essere, teoricamente, intimamente congiunti. Il valore del Partenone è indiscutibilmente riconosciuto, come le innumerevoli raffigurazioni, testimonianze scritte, fotografie e riproduzioni dell'edificio e delle sue parti dimostrano. Esso è identificato come il tempio perfetto dell'Atene periclea, concepito dalla mente rigorosa di Ictino e nobilitato dalla maestria di Fidia. L'immaginario comune tende a far coincidere l'eidos del monumento con un particolare momento storico, intrappolandolo in esso. Come messo in evidenza nel capitolo dedicato alla Storia, il Partenone ha in realtà vissuto una molteplicità di vicende, che hanno lasciato traccia sulla sua materia. L'aspetto del tempio è stato modificato più e più volte: nel corso dei secoli, le colonne sono state murate, sono state aperte e chiuse vie di accesso, costruite scale, realizzata una torre poi divenuta minareto; le pietre di marmo pentelico hanno visto il Partenone diventare basilica, moschea, ammasso di rovine e cava di materiali e infine monumento meta di turismo di massa. Alla luce di tutti questi avvenimenti, è risultato naturale chiedersi le ragioni di questa incongruenza. Se le fasi storiche che il Partenone ha attraversato dopo l'età d'oro di Pericle non sono presenti
all'opinione pubblica, ciò significa che esse non hanno aggiunto alcun valore al monumento? O, al contrario, l'immagine 'originaria' di tempio classico, simbolo della potenza della polis, era tanto forte da prevalere, attraverso i secoli, su tutte le aggiunte successive, e ad imporsi su esse? Il tentativo di trovare una risposta a questi interrogativi spinge a riflettere sull'importanza che il suo valore riveste: esso va oltre la materia, in quanto è in grado di resistere indipendentemente dalle condizioni fisiche dell'edificio e dalla sua stessa integrità. Si può considerare quindi più importante della materia? La rilevanza che si attribuisce ad un'opera dipende da numerosi fattori legati al particolare contesto (livello culturale, capacità tecnica, forma di governo, ideali, religione...); l'idea che viene a crearsi attorno al monumento si ripercuote inevitabilmente su di esso e determina il modo in cui la sua materia è trattata. Nel caso del Partenone, esemplare è stato il selvaggio scalpellamento dei pannelli marmorei del tempio ad opera dei cristiani, nel tentativo di cancellare il significato pagano che essi evocavano. Sullo stesso piano potrebbero essere considerati il bombardamento di Morosini, che causa gravissimi danni all'edificio e lo riduce in stato di rovina, ma anche il restauro di Balanos, che cancella i segni
di secoli per mettere in evidenza la perfezione originaria del tempio antico. Secondo Brandi, già precedentemente citato, obiettivo degli interventi è che “la componente materiale dell’opera, che rappresenta il luogo della manifestazione dell’immagine al futuro, possa continuare ad esprimere l’immagine ideale". Fondamentale è però stabilire fino a che punto questa affermazione possa spingersi, per evitare di effettuare restauri che mirino alla restituzione di un'immagine ideale, non più esistente, piuttosto che alla conservazione della materia e, al contempo, della complessa varietà di significati che essa porta con sé.
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