Testi e disegni: Francesco De Pietro
(Parco Nazionale Arcipelago Toscano)
Progetto grafico, impaginazione e stampa: www.sesamo.net Foto: Francesco De Pietro Archivio Parco Nazionale Arcipelago Toscano Per la revisione dei testi si ringraziano: Franca Zanichelli, Francesca Giannini (Parco Nazionale Arcipelago Toscano)
Parco Nazionale Arcipelago Toscano Loc. Enfola - 57037 Portoferraio (LI) Tel: 0565 919411 Fax: 0565 919428 parco@islepark.it - www.islepark.it Regione Toscana (capofila del progetto) Direzione Generale delle Politiche Territoriali e Ambientali, Settore tutela delle acque interne e del mare - Servizi idrici Via di Novoli, 26 - 50127 Firenze www.mo-mar.net - info@mo-mar.net Tel: 055 4383780/814/918/319 - Fax: 055 4383137
L’INQUINAMENTO MARINO - Che cos’è l’inquinamento? Chiese a voce alta l’insegnante di scienze entrando in aula. I ragazzi cominciarono a guardarsi l’un l’altro, cercando di capire dove volesse andare a parare il prof con quel tipo di domanda. - Lo sapevo, questo è un compito a sorpresa - sussurrò Marco dal banco vicino alla finestra, mentre Giulia e Sabrina al primo banco, bloccate con occhi sgranati e l’espressione di chi non sa cosa rispondere, cercavano di non muovere alcun muscolo, per non essere notate. I quattro del gruppetto in fondo alla classe invece, erano ancora occupati nel chiacchiericcio rituale del cambio dell’ora e si accorsero che stava succedendo qualcosa di diverso dal solito solo quando tutt’attorno calò il silenzio. Stupiti, smisero di confabulare e iniziarono a guardarsi intorno allungando il collo e cercando di capire il motivo di tale atmosfera. Tre o quattro coraggiosi provarono a cimentarsi per dare una risposta. Sara, presa dalla fretta, agitando il braccio, senza nemmeno riflettere, esclamò: - L’inquinamento è quando… cioè… praticamente… la gente butta… no, però anche le fabbriche quando fanno lo smog… - ma, sapendo di non aver dato una buona risposta, ritirò il braccio, chinò la testa ed aggrottò la fronte. Cominciò un mormorio generale ben presto interrotto dalla voce del professore che ripeté: - Allora, cosa è l’inquinamento? Silenzio generale incuriosito. Un argomento di cui si sentiva parlare così spesso, nei Tg, nelle pubblicità, sui giornali, eppure… niente. Nessuno voleva fare brutta figura e non voleva sbilanciarsi in una definizione.
- Forza ragazzi, pensate, e provate a spiegarmi cosa è l’inquinamento, con parole vostre! Non ho certo intenzione di darvi un voto... Di fronte ad una così buona notizia, l’aria si fece meno pesante e qualcuno accennò timidamente ad alzare la mano: - Bene! Mauro, vediamo un po’ cos’è per te l’inquinamento! - L’inquinamento è quando si butta tutta la spazzatura in giro, ma non nel bidone! - Ma è anche quando viene buttato il petrolio in mare - aggiunse Giacomo. Ormai si era rotto il ghiaccio: - Il buco dell’ozono! - qualcuno disse. - Le centrali nucleari! - La plastica! - Le pile! - Calma, calma… mi avete detto quali sono le cose che provocano l’inquinamento, ma l’inquinamento di per sé… cos’è? (E tu? Sì, dico proprio a te che stai leggendo questo testo: saresti in grado di dare una definizione di inquinamento?) - Vediamo di costruirla insieme, questa definizione - e scrisse sulla lavagna:
L’inquinamento è tutto ciò che - Sporca! - gridò Sara con una certa voglia di riscatto. - Fa male alla salute! - Fa danno - mormorò quella peste di Giuliano mentre scarabocchiava la copertina del libro di matematica. - Bravo Giuliano! Il resto della classe lo guardò sbigottito: non era abituato a vedere un insegnante complimentarsi con Giuliano, il quale, sentendosi stranamente al centro dell’attenzione, non mosse nemmeno la testa, ma si limitò a guardarsi intorno alzando un sopracciglio.
L’inquinamento è tutto ciò che crea disturbo o danno A questo punto, anche un po’ risentita, esplose Sara: - All’ambiente!!! - Bene!
L’inquinamento è tutto ciò che crea disturbo o danno all’ambiente naturale - Ma chi è che inquina? Si alzò un coro di “NOI!” e il prof seguitò a scrivere.
L’inquinamento è tutto ciò che viene prodotto dall’uomo e che crea disturbo o danno all’ambiente naturale - Adesso che abbiamo la nostra definizione, vorrei fornirvi un po’ di notizie su un tipo di inquinamento particolare: quello del mare. Il nostro mare, il Mediterraneo, ha la caratteristica di essere un mare quasi chiuso: ciò comporta un ricambio molto lento (circa 100 anni) delle sue acque. È per questo motivo che il Mediterraneo ha proprio bisogno di essere salvaguardato e protetto dalle varie forme di inquinamento. Il nostro mare è stato sempre sfruttato per i trasporti e per la pesca; é come un grande bacino naturale di scarico, ma le fonti inquinanti di un secolo fa non erano certamente così numerose e così pericolose come quelle di oggi. I rifiuti industriali erano costituiti da sostanze biodegradabili e da pochi elementi metallici e il Mediterraneo era in grado di smaltire ciò che di estraneo veniva immesso dall’uomo.
Purtroppo però, l’aumento dei trasporti marittimi e l’uso sempre maggiore di prodotti chimici impiegati sia nel settore industriale che in quello agricolo, hanno provocato un innalzamento della concentrazione di questi inquinanti nelle acque dei fiumi e, di conseguenza, anche nel mare. Ma quali sono le principali cause di inquinamento marino? Strano ma vero, la maggior parte dell’inquinamento del mare viene… dalla terraferma! Le sostanze nocive contenute negli scarichi di ogni tipo, finiscono nelle acque interne (torrenti, fiumi, laghi) e, da qui, direttamente nel mare, che rappresenta purtroppo l’ultima tappa del percorso di questo tipo di inquinanti. Gli scarichi fognari ad esempio, immettono nell’ambiente una grande quantità di materia organica che, decomponendosi, sottrae l’ossigeno che serve alla sopravvivenza della flora e della fauna acquatica e crea un ambiente favorevole per la diffusione di batteri e germi portatori di malattie. Ma negli scarichi che vengono dalle industrie e dall’agricoltura ci sono molte altre sostanze. Ad esempio, molti prodotti detergenti non sono biodegradabili e creano uno strato schiumoso sulla superficie, impedendo gli scambi gassosi, necessari all’ecosistema marino. Gli scarichi industriali invece, contengono metalli tossici come il mercurio e il piombo che possono giungere all’organismo umano poiché assorbiti dai viventi più semplici diventando cibo per le forme più grandi, infiltrandosi così in tutta la catena alimentare. L’uso in agricoltura di fertilizzanti, insetticidi e diserbanti, determina invece l’immissione nel terreno di composti chimici che vengono dilavati con le piogge, raggiungendo i fiumi. In particolare, i fertilizzanti hanno la proprietà di favorire in modo eccessivo la crescita di alghe e piante acquatiche, creando così una serie di effetti negativi sull’ambiente e sull’uomo.
Spesso gli elementi inquinanti sono incolori e inodori… e per questo non ci rendiamo conto del pericolo che si nasconde e quindi sarà bene riflettere su una cosa: l’inquinamento “non sempre si vede”. E quando qualcosa di nocivo non si vede, è molto più difficile porvi rimedio. Fortunatamente esistono enti pubblici e organi scientifici che periodicamente effettuano analisi e studi che servono proprio per tenere sotto controllo lo stato di salute dei nostri mari. - Prof! Ma il petrolio? - Calma calma… ci stavo giusto arrivando… L’inquinamento da idrocarburi (in pratica quasi tutti i derivati del petrolio) rappresenta una grave minaccia per gli ecosistemi marini e i litorali. Gli sversamenti di petrolio in mare possono avere cause accidentali, come in caso di incidenti di navigazione (collisioni, incagliamenti, etc.), ma i danni maggiori vengono provocati da eventi come gli scarichi abusivi, oppure dai lavaggi delle cisterne delle petroliere che trasportano quotidianamente il greggio o a causa di fuoriuscite da impianti di trivellazione su piattaforme poste in mare aperto. Il petrolio, poiché è più leggero dell’acqua, tende a galleggiare formando chiazze più o meno grandi che vengono disperse dalle correnti. Prima di raggiungere le coste possono essere in parte degradate e affondare raggiungendo il fondo marino. La frazione che continua a galleggiare prima o poi può depositarsi sulla costa a danno delle specie marine animali e vegetali, compromettendo attività come la pesca e la balneazione. - E se c’è una chiazza di petrolio come si toglie? - chiese Mauro, anche un po’ preoccupato.
E senza nemmeno dare al tempo al professore di rispondere, Michele urlò: - Non si toglie! È impossibile! - E invece è possibile, purché il fenomeno non abbia dimensioni enormi; i metodi utilizzati per rimuovere il greggio galleggiante sono oggi abbastanza efficaci. Vengono utilizzate imbarcazioni equipaggiate con vari strumenti studiati appositamente per limitare i danni. Se le condizioni del mare lo permettono, ad esempio è possibile circondare la macchia di petrolio con dei particolari “cuscini”, legati l’uno con l’altro che hanno la capacità di assorbire l’inquinante. Non appena si sono riempiti, essi vengono sostituiti con altri nuovi e portati in centri particolari per lo smaltimento. L’importante, in questi casi, è intervenire il prima possibile: è per questo che si stanno sperimentando sistemi automatici di controllo che, attraverso l’utilizzo di satelliti in orbita intorno alla Terra, riescano ad individuare e localizzare per esempio del combustibile galleggiante. Oltre a questi, che rappresentano la percentuale maggiore degli inquinanti presenti in mare, ve ne sono un altro paio che solitamente non vengono considerati come tali: la luce ed il suono. L’elevata presenza di luce infatti, soprattutto in prossimità della costa può ostacolare la sopravvivenza di alcune specie modificando il loro comportamento e danneggiando il loro ciclo riproduttivo. Ad esempio le tartarughe possono essere disorientate dalle luci artificiali, non riescono a far ritorno alla spiaggia in cui sono nate e sulla quale erano abituate a deporre le uova. Infine, da non sottovalutare, è l’inquinamento acustico prodotto dall’esplorazione dei fondali con l’impiego di attrezzature che emettono segnali sonori a diverse frequenze, dalla pesca e dai traffici marittimi, che rappresenta una fonte di disturbo per i cetacei ha un impatto negativo sul loro comportamento.
Infatti... A questo punto il professore venne interrotto dalla domanda di Davide, un ragazzino sveglio ma di poche parole, forse uno dei pochi che aveva seguito la lezione senza distrarsi un attimo. Cosa chiese Davide? Potrei dirvelo, ma rischierei di anticipare qualcuna delle vostre domande che sono sicuro essere tante. Quello dell’inquinamento è un tema molto vasto, impossibile da esaurire con un semplice racconto, ma se avete il tempo e la voglia potete prendere come spunto ciò che è stato scritto per approfondire l’argomento. Rivolgetevi ai vostri insegnanti che sapranno certamente rispondere alle vostre curiosità ed aiutarvi anche nel reperire materiale utile e interessate.
PREPARIAMO L’ATTIVITÀ Adesso che sapete qualcosa di più sull’inquinamento marino e sulle sue varie cause, vorrei porre l’attenzione su un determinato tipo di inquinamento che ci riguarda un po’ più da vicino: quello cioè dell’abbandono dei rifiuti in mare. Un buona parte di questi rifiuti galleggia e, come saprete, va inevitabilmente a finire sulle spiagge, portato dalle onde e dalle correnti. Un’attività che la vostra classe potrebbe fare riguarda proprio l’indagine di quanti e quali rifiuti sono presenti sulle spiagge nel periodo che precede la stagione estiva, quando cioè vengono organizzate le pulizie degli arenili per accogliere i turisti. Il materiale necessario per organizzare un vero e proprio “campionamento” dei rifiuti spiaggiati è di facile reperibilità e può essere acquistato tranquillamente al supermercato o nei negozi di prodotti per la casa. Ecco cosa vi occorre: • Guanti monouso in lattice o in gomma; • Nastro per segnalazione bianco e rosso o, in alternativa, circa 20 m di corda colorata per ogni gruppo di lavoro (preferibile perché riutilizzabile); • Sacchi per la spazzatura (ne esistono anche in plastica riciclata o biodegradabili); • Pinzette per raccogliere materiale tagliente (vetro, oggetti appuntiti, etc.); • Penna o matita
Non appena vi sarete procurati tutto il necessario, è ora di scegliere insieme al vostro insegnante il posto in cui andrete a fare il campionamento: spiaggia di sassi o di sabbia? Dobbiamo considerare che in una spiaggia con i sassi, il materiale depositato tende a restare più in superficie: ciò eviterà di dover scavare troppo nel momento in cui verrà effettuata la raccolta. Avete scelto dove andare? Bene! Adesso c’è da decidere il giorno! Tenete presente che in molte spiagge, appena arriva la buona stagione, vengono organizzate delle pulizie: l’attività andrebbe quindi effettuata dopo le forti mareggiate invernali ma comunque prima di trovare la spiaggia priva di qualsiasi oggetto da raccogliere. Adesso che abbiamo il “dove” e il “quando” non resta che prendere i nostri strumenti e raggiungere il punto scelto. Ops... quasi dimenticavo! Portatevi questo blocco: contiene delle pratiche schede che vi permetteranno di registrare il materiale che raccoglierete.
LA RACCOLTA Tutto pronto? Siete già arrivati sul luogo di campionamento? Sperando che abbiate trovato una splendida giornata, adesso potete procedere con l’organizzazione dei gruppi di lavoro. Avete la possibilità di creare diversi gruppi di 4-5 componenti, oppure uno solo comprendente l’intera classe. Più gruppi significa più aree da confrontare e un lavoro finito più completo: l’importante è che a coordinare ogni gruppo vi sia un insegnante od un responsabile che vi segua durante tutta l’operazione. Scegliete un punto a caso della spiaggia e delimitate un’area quadrata di 5 m di lato con il nastro o la corda: la raccolta del materiale andrà effettuata solamente dentro questa zona. Questo metodo, detto del quadrato, viene usato normalmente in attività di questo tipo (scavi archeologici, censimenti di specie animali e vegetali, etc.) e permette, valutando ciò che vi si trova all’interno, di ottenere una stima della situazione generale, in questo caso, la situazione generale della spiaggia. Alcune raccomandazioni prima di cominciare: • La raccolta va effettuata con cura, stando bene attenti a cosa raccogliete; • All’interno dell’area sceglietevi uno spazio ciascuno e operate solo su quello: così facendo non vi disturberete a vicenda; • Non prelevate solamente il materiale che si trova sulla superficie, ma eventualmente smuovete un primo strato di sabbia o di ciottoli; • Attenzione: non tutto ciò che estraneo alla spiaggia deve essere considerato rifiuto: legnetti, ossa di animali, piume di uccelli e parti di piante marine, sono cose naturali!
• Annotate ciò che avete raccolto sulla scheda suddividendo il tutto per categorie; • Confrontate le vostre schede compilate e commentate i risultati. Quando avrete terminato, la scheda dovrebbe essere così:
Scheda di campionamento
Scuola Media G. Pascoli IA Spiaggia dei sassi morbidi
Scuola e classe Località Data
04/04/2011
Ripetizioni 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Altro
X X X X X X X X X X X X X
Note
accendino, penna
Plastica Tappo Cotton fioc Bottiglia Cannuccia Lenza Sacchetti Polistirolo Sigarette Vetro Lattine Catrame
X X X
X
X
X
X
X
X
X
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X
X
X
X
X
ANALIZZIAMO I DATI Finito il campionamento avrete tutta una serie di dati riguardanti i rifiuti spiaggiati… Perché non organizzarli in modo da ricavare un ristretto numero di informazioni che possano descrivere il fenomeno osservato? E cosa meglio di un grafico può rappresentare in modo sintetico e immediato tale fenomeno? Proviamo a costruirne uno… Dopo aver assemblato le schede di tutti gli “operatori”, calcolando la somma totale per ogni categoria di rifiuti raccolti, si procede con la compilazione di una tabella. Costruite due colonne: una elencherà le varie tipologie di oggetti, mentre l’altra la frequenza con cui ogni oggetto è stato raccolto. Oggetti
Totale
Plastica 120 Tappo 34 Cotton-fioc 65 Bottiglia 7 Cannuccia 13 Lenza 4 Sacchetti 6
Adesso che i dati sono stati organizzati nella nostra tabella, scegliamo il tipo di grafico che vogliamo utilizzare, consigliandovi anche con l’insegnante il quale, a seconda di cosa vuoi mettere in evidenza, utilizzerà un tipo di grafico piuttosto che un altro.
Per il lavoro che stiamo facendo, potrebbe andare bene un istogramma a barre rettangolari: cominciamo quindi a costruire gli assi. Su quello orizzontale metteremo le varie categorie di oggetti e su quello verticale le frequenze. 140 120 100 80 60 40 20
tti Sa
cc
he
a nz
uc
Ca
nn
Le
cia
ia gl tti Bo
Co
tto
n-
fio
c
po Ta p
Pl
as
tic
a
0
Non resta che tracciare, per ogni oggetto, una barra rettangolare tanto alta quanto il valore della frequenza relativa all’oggetto. Se nel nostro esempio i pezzi di plastica raccolti sono stati 120, disegniamo la barra in corrispondenza di tale valore: 140 120 100 80 60 40 20
tti Sa
cc
he
a nz Le
cia
Ca
nn
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ia gl tti Bo
nfio c
Co
tto
po Ta p
Pl as
tic a
0
Completiamo il grafico per ogni categoria di oggetti inserendo le barre mancanti. Potreste decidere di colorarle di colore diverso, in modo da personalizzare il lavoro. 140 120 100 80 60 40 20
tti cc
he
a Sa
nz Le
cia nn
uc
ia gl
Ca
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tto
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Pl
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tic
a
0
Visto che è diventato un bel ritratto della quantità e qualità dei rifiuti spiaggiati, per concludere vi invito a riflettere su ciò che avete potuto osservare di persona durante la fase di raccolta del materiale, sul tipo di materiale che è stato raccolto e sulle sue quantità. Discutetene in classe con il professore e compagni, fate domande, chiedete e cercate di approfondire il tema trattato e, datemi retta, fate così per qualsiasi argomento vi venga presentato, siate critici e cercate di non dare mai niente per scontato ed infine, citando un famoso film, “Siate cauti nell’accettare consigli, ma siate pazienti con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga. Ma accettate il consiglio... per questa volta”.
CARTA La carta è un materiale di tipo organico (è costituita cioè da un elemento che si trova in natura: la cellulosa) ed è riciclabile. Tanto più essa viene trattata con materiali che la rendono particolare (patinata o plastificata), tanto più difficile risulta il processo di riciclaggio. Quanta carta usi normalmente? A scuola, si sa, se ne usa tanta! Cerca quindi di non sprecarla: usa i fogli da entrambi i lati o riusa i fogli già scritti solo da un lato per i tuoi appunti.
PLASTICA Questo materiale artificiale, inventato nel secolo scorso, viene oggi impiegato per un’infinità di oggetti. Essendo un materiale molto resistente, se abbandonato in mare può venire ridotto in pezzi molto piccoli che rischiano di essere ingeriti dai pesci o da altri animali che vivono in mare. Vi sono tantissimi tipi di plastica: alcuni di questi sono riciclabili, altri no. Pensa che dalla plastica riciclata si possono ottenere imbottiture, maglioni in pile, borse, vasi, tappi, panchine, etc. E tu, hai mai comprato qualcosa confezionato con plastica riciclata?
VETRO Da secoli il vetro è stato utilizzato per la conservazione dei cibi e delle bevande, in quanto ha l’ottima proprietà di non alterare le qualità del contenuto. È un materiale formidabile: può essere riutilizzato più volte e riciclato all’infinito! Hai mai pensato quanta plastica in meno occorrerebbe, se usassimo per le bevande solo contenitori in vetro… ?
POLISTIROLO Esso è usato comunemente per gli imballaggi di un gran numero di oggetti, poiché leggero e poco costoso. È un materiale che ha lunghissimi tempi di degradazione e, come altre materie plastiche, tende a sbriciolarsi e disperdersi con grande facilità. Sono di polistirolo le cassette che vengono usate per movimentare il pescato, ed è per questo che una grande quantità di questo materiale si ritrova in mare e sulle spiagge.
SIGARETTE, FILTRI E MOZZICONI Secondo un recente studio rappresenterebbero circa il 40% di rifiuto marino nel Mediterraneo. Le sigarette (oltre che far male alla salute), rappresentano un tipo molto comune di rifiuto: i mozziconi vengono semplicemente gettati in terra o, ancora peggio, spenti e nascosti sotto la sabbia della spiaggia nelle calde e assolate giornate estive. Forse non sai che occorrono circa 2 anni prima che un filtro di sigaretta gettato in terra scompaia del tutto...
SACCHETTI DI PLASTICA Inventati più di 50 anni fa, hanno trovato largo uso soprattutto nei supermercati. Dal 2011 il loro uso è stato vietato: al loro posto si usano borse “usa e getta” fatte in bioplastica oppure borse riutilizzabili, più resistenti e sicuramente non inquinanti. I vecchi sacchetti di plastica, che ancora costituiscono una buona parte dei rifiuti presenti in mare, vengono ingeriti per sbaglio sia dalle tartarughe che dai mammiferi marini, provocando loro gravi lesioni e, in alcuni casi, la morte.
LATTINE Le lattine che vengono usate più comunemente sono quelle in alluminio (soprattutto per le bevande) e in acciaio (per es. scatolette per il tonno, tappi per bottiglie etc.). Questi due materiali sono riciclabili al 100% e possono essere usati per creare altri contenitori, oppure rifusi per la produzione di altri oggetti. Sapevi che riciclando 150 lattine è possibile costruire il telaio di una bicicletta? E che con 2 milioni e mezzo di scatolette di acciaio si realizza 1 Km di binario ferroviario?
CATRAME Il catrame fa parte di quella grande categoria di composti inquinanti chiamati idrocarburi (petrolio e suoi derivati). Le tracce di catrame che ritroviamo sulle spiagge derivano per la maggior parte dalle operazioni di lavaggio delle navi-cisterna, oltre che da eventi accidentali. Dagli anni ‘70, una serie di norme internazionali, hanno imposto che le petroliere vengano progettate in modo da limitare al minimo la fuoriuscita di greggio, sia in fase di lavaggio, sia in caso di incidenti. Purtroppo però non è stato ancora possibile eliminare completamente il rischio di fuoriuscite accidentali.
Scheda di campionamento Scuola e classe LocalitĂ Data
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