Lorenzo Canozi da Lendinara di Francesco Lucianetti

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LORENZO CANOZI DA LENDINARA GRANDE ARTISTA DELLA TARSIA E PRIMO STAMPATORE PATAVINO

Disegni FRANCESCO LUCIANETTI Testo BRUNELLO GENTILE


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E’ con particolare soddisfazione che l’Amministrazione Comunale di Lendinara si fa promotrice di una pubblicazione dedicata ad uno dei più talentuosi figli della nostra città, Lorenzo Canozi, geniale intarsiatore ligneo e pioniere dell’arte della stampa. Tratto distintivo di questo prodotto editoriale è l’utilizzo di un particolare strumento comunicativo: sfogliando le pagine che seguono, ci si potrà immergere in alcuni passaggi di una vicenda umana ed artistica che ha segnato il Rinascimento in area padana, non attraverso le parole di un saggio storico e nemmeno con una galleria fotografica di mirabili tarsie e raffinati incunaboli, ma tramite un inatteso racconto sviluppato lungo una sequenza di tavole a fumetto. La scelta di affidarsi a questo genere di espressione grafica, nella sua potenzialità di coniugare il contributo creativo con le capacità divulgative e al contempo di aprirsi ad un allargato orizzonte di lettori, è sottesa al lodevole scopo esplicitato dall’autore Francesco Lucianetti nel titolo di apertura: “Dall’Arte esclusiva alla Cultura per tutti”. Luigi Viaro Sindaco di Lendinara

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L’opera grafica che abbiamo il piacere di presentare si inserisce in un percorso di valorizzazione delle eccellenze artistiche di cui è intessuta la storia della nostra città che negli ultimi anni va sempre più rafforzandosi e definendo i propri obiettivi. Fra questi ultimi, non esaustivo ma prioritario, risulta essere il consolidamento di quelle condizioni che consentano la conoscenza e la condivisione di un ricco patrimonio culturale con destinatari e interlocutori al di là di circoscritti vincoli territoriali. L’affascinante percorso che condusse Lorenzo e Cristoforo Canozi a decantare la formazione acquisita negli anni di apprendistato nella città natale per condurla alla maturazione di un linguaggio artistico con cui seppero imporsi in un raggio sempre più dilatato, da Ferrara a Padova, da Modena a Parma, fino a Lucca e Pisa, può in questo senso costituire un modello ispiratore per tutti coloro che hanno a cuore la Lendinara di oggi. Nicola Gasparetto Turismo & Cultura Coordinatore progetti di valorizzazione culturale e turistica di Lendinara


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Un fumetto per i Canozi Nel mondo dell’arte, i due fratelli Canozi di Lendinara, vissuti negli anni centrali del XV secolo, si qualificarono come originali rappresentanti di quella entusiasmante stagione creativa che prese il nome di Rinascimento. Un’epoca caratterizzata da una prodigiosa messe di produzioni d’arte, all’insegna del rinnovamento, con uno sguardo amorevole verso le opere del mondo classico, spesso individuate come esempi di ispirazione. I due fratelli Lorenzo e Cristoforo - le cui vicende e realizzazioni sono illustrate nelle pagine successive di questa pubblicazione - espressero al meglio il loro genio nell’ebanisteria, ovvero nella realizzazione di opere di alto valore artistico prodotte lavorando il legno: dapprima esercitandosi nell’intaglio (vedi la grata monacale conservata nella Sala Canoziana del Municipio di Lendinara) poi nell’intarsio, divenendo artisti acclamati e ricercati in importanti centri dell’alta Italia: Ferrara, Modena, Parma, Pisa, Lucca e Padova. Francesco Lucianetti, architetto padovano, amante non solo della storia dell’arte, ma anche dell’arte praticata, ha colto la suggestione che ancora oggi promanano i lavori dei due fratelli lendinaresi e, dopo un confronto con il concittadino dott. Brunello Gentile, appassionato di eventi del passato e di invenzioni narrative, ha dato vita a sei tavole a fumetto dedicate ai Canozi Lendinaresi. Egli incentra il suo racconto in un momento topico della vita di Lorenzo, che nel 1469 a Padova stava terminando di realizzare lo stupefacente coro della basilica di S. Antonio (opera purtroppo distrutta da un incendio nel corso del ‘700) e già si stava dedicando alla grande novità dell’arte della stampa, che doveva rivoluzionare il mondo aprendo nuovi orizzonti alla diffusione delle conoscenze. Di qui il titolo del racconto a fumetti: “Dall’arte esclusiva alla cultura per tutti”, con il sottotitolo “Lorenzo Canozi da Lendinara, grande artista della tarsia e primo stampatore patavino”. Nella prima tavola a fumetto, Lucianetti immagina l’arrivo di Cristoforo col figlio Bernardino a Padova, presso la bottega di Lorenzo, che ha da poco completato i pannelli intarsiati realizzati per la basilica del Santo. Lorenzo, disegnato di spalle, indica a fratello e nipote forse la più importante di queste opere ad intarsio (una delle poche successivamente scampate all’incendio) che rappresenta proprio l’architettura del tempio padovano. La seconda tavola vede l’intervento di Cristoforo che si congratula con il fratello definendo l’opera un “capolavoro di prospettiva”, mentre Lorenzo è intento a dare ordini ad un suo inserviente, Checco, affinché predisponga legni e colla per portare a compimento un altro pannello. Nella terza tavola si svela la grande novità. Cristoforo, che da poco ha ultimato la realizzazione del coro del duomo di Modena, invita Lorenzo a dargli una mano per un analogo impegno a Parma. Ma Lorenzo lo conduce in un locale attiguo al laboratorio di ebanista, svelandogli l’occupazione rivoluzionaria a cui si sta dedicando: “Guarda… come Guttemberg… Metterò in macchina le opere di Aristotele”. La sorpresa del fratello è grande! La quarta e la quinta tavola, legate tra di loro, mostrano nel dettaglio le varie operazioni per stampare fogli di grande formato che, successivamente ripiegati, saranno rilegati in volumi. La sesta tavola vede infittirsi il dialogo tra i due fratelli: Cristoforo esprime delle perplessità, mentre Lorenzo appare convinto della sua scelta, non escludendo però di tornare ad esercitare l’attività di intarsiatore nel caso che qualche ostacolo giunga a fermare la sua impresa innovativa, che lo qualificherà come primo stampatore assoluto in Padova. Si chiude qui il fumetto che rivela tutta la grandezza del personaggio, il quale effettivamente tornerà poi a realizzare una serie di opere ad intarsio, tuttora apprezzabili nella sagrestia del Santo a Padova. Artisti poliedrici i fratelli Canozi, il cui testimone, alla loro morte, sarà preso dagli eredi; ed in particolare da Bernardino, figlio di Cristoforo che - restando alla narrazione del fumetto - di fronte alle perplessità del padre, nei confronti dell’innovativo procedimento della stampa attuato dallo zio Lorenzo, ebbe ad esclamare: “Ho capito padre, ma forse qualche ragione l’ha anche lui!” Una narrazione coinvolgente, con la tecnica del fumetto, quella che ci propone Lucianetti, portandoci, assieme ai Canozi, nel mondo del Rinascimento; un’epoca di innovazioni, in cui l’artista intese percorrere vie nuove, esplorando le proprie potenzialità di “faber”, non sottraendosi a difficili sfide per affermare i valori più peculiari dell’uomo, tuttora fondamento della nostra civiltà. Lino Segantin


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LORENZO CANOZI DA LENDINARA GRANDE ARTISTA DELLA TARSIA E PRIMO STAMPATORE PATAVINO Dis. FRANCESCO LUCIANETTI Testo BRUNELLO GENTILE

PADOVA: BASILICA DEL SANTO. LABORATORIO DEL CHIOSTRO. POMERIGGIO DEL 25 OTTOBRE 1469

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SALVE CRISTOFORO! SALUTE ANCHE A TE BERNARDINO! QUAL BUON VENTO VI HA CONDOTTO A PADOVA? ACCOMODATEVI…. SONO SUBITO DA VOI


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QUESTA TUA FACCIATA E’ TROPPO VERA, FRATELLO! CI IMPIEGHI MOLTO TEMPO, SPLENDIDA PERO’! MAI VISTO UN TALE CAPOLAVORO DI PROSPETTIVA! COMPLIMENTI! IO SONO PIU’ PORTATO PER PARTICOLARI E DECORAZIONI

MA NO! SONO SUE INVENZIONI… LA PITTURA STINGEREBBE. SUE INVENZIONI, CREDIMI! A MODENA MI HA INSEGNATO A FAR BOLLIRE IL LEGNO ORE INTERE PER TINGERLO CON OLI SPECIALI, FOGLIE E PETALI COMBINATI E SCALDATI ASSIEME. RIESCE AD OTTENERE OGNI TINTA!

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UN MOMENTO SOLO… CECCO, PREPARA SUBITO GLI OLII… QUESTO E’ UN TETTO, VA SCURO. QUESTO INVECE E’ SOLO UN INTONACO… E’ CHIARO !! PREPARA ANCHE DELLA NUOVA COLLA DI PESCE!

PAPA’, COME E’ POSSIBILE USARE TANTE TONALITA’ DI LEGNO? LI DIPINGE? SO CHE STAI REALIZZANDO UN CORO A PARMA


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E’ VERO, SONO A PARMA. ALLORA MI DAI UNA MANO?

NON POSSO, FRATELLO

GUARDA QUANTI TORCHI DA STAMPA! TUTTI TEDESCHI! COME GUTTEMBERG… HO GIA’ I SOVVENZIONATORI!... METTERO’ NELLE MACCHINE LE OPERE DI ARISTOTELE PER L’UNIVERSITA’ DI PADOVA

STO PER APRIRE BOTTEGA A PADOVA

QUI MI PARE RAGGIUNTA LA FINE

ANCORA LA TUA MANIA DELLA STAMPA…

UN FILOSOFO GRECO!?... MA, LORENZO, AVRESTI PIU’ SUCCESSO CON SANT’AGOSTINO … UN DOTTORE DEL CATTOLICESIMO! UNA F DI LEGNO! QUANTE NE DEVI INTAGLIARE PER UNA SOLA PAGINA?

NO, FRATELLO! IL CARATTERE VIENE FUSO IN ACCIAIO E POI, CON LO STAMPO, IN PIOMBO! NE SERVONO CENTINAIA

3 PENSA… ANCHE LE DECORAZIONI E I CAPIVERSI! GLI AMANUENSI CI METTONO GIORNI PER FARNE UNA SOLA

POI I CARATTERI SI COMPONGONO IN PAGINE! VEDI COME SI FA?


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LE RIGHE VANNO LEGATE FRA LORO E FATTI DEI BLOCCHETTI

I BLOCCHETTI POI VENGONO UNITI E LEGATI IN UNA STRUTTURA A GABBIA… E TUTTO E’ PRONTO PER L’INCHIOSTRAZIONE, FERMATO CON MORSETTI A VITE CHE IMPEDISCONO MOVIMENTI SOTTO LA PRESSIONE DEL TORCHIO

L’INCHIOSTRO SPECIALE FATTO DA ME MESCOLANDOLO CON DEL GRASSO, VIENE STEMPRATO CON UN RULLO SU UNA SUPERFICE LISCIA IMPERMEABILE… IO USO UNA LASTRA DI MARMO

ED ECCO LA PAGINA A FINE TIRATURA, ANCORA UMIDA DI ACQUA E DI INCHIOSTRO! UN PASSAGGIO PER OGNI COLORE

POI LA GABBIA VIENE INCHIOSTRATA CON UN TAMPONE DI CUOIO SEMIRIGIDO… A PRESSIONE SENZA STRISCIARLO

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IL TAMPONE DEPOSITA L’INCHIOSTRO SOLO SULLE PARTI IN RILIEVO, SENZA TOCCARE I DISTANZIATORI DELLA GABBIA CHE SONO PIU’BASSI… IL FOGLIO NON DEVE TOCCARE I DISTANZIATORI!


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I FOGLI VENGONO STESI AD ASCIUGARE. POI SARANNO MESSI SOTTO PRESSA PRIMA DELLA RILEGATURA

ALLORA, CRISTOFORO… E TU, BERNARDINO… VI PIACE?

QUESTA ERA L’ARTE DELLA STAMPA AI SUOI ESORDI. IL LAVORO LENTO ED ACCURATO, MA CERTO CENTO VOLTE PIU’ CELERE DEL LAVORO DEGLI “AMANUENSI” MEDIOEVALI! I TIPOGRAFI ODIERNI PROVEREBBERO ORRORE PER SIMILI LAVORI CON QUEI MACCHINARI ANCESTRALI.

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PER AVERLA SARANNO POCHI AD AVERE IL DENARO! IL TUO CORO LO VEDRA’ CHIUNQUE, SOLO ENTRANDO IN CHIESA

GUARDA! E’ LA BIBBIA DI GUETTEMBERG… 200 COPIE STAMPATE IN SEI MESI! I MONACI NE COPIANO UNA IN TRE ANNI

SE UN INCENDIO LO DISTRUGGESSE, NESSUNO LO VEDREBBE PIU’! DELLA BIBBIA RESTEREBBERO MOLTE ALTRE COPIE! PUBBLICHERO’ UN LIBRO DI MEDICINA TRADOTTO DALL’ARABO: IL MESLE! COSTERA’ MENO E FATTO DA LAICI! PER CONSULTARLO OGGI DEVI FARE UN VIAGGIO IN ORIENTE!

CAPITO, BERNARDINO, IL NOSTRO MAESTRO LORENZO NON VERRA’! DOVREMO FARCELO DA SOLI, IL CORO. RICORDALO, ANCHE TU POTRESTI ESSERE COSTRETTO A FINIRE DA SOLO UNA TUA OPERA

SE LA MIA OPERA NON VA, IL PRIORE VUOLE CHE REALIZZI LE TARSIE NELLA SAGRESTIA DELLE RELIQUIE, FRA UN PAIO D’ANNI... RICORDA CRISTOFORO, E ANCHE TU BERNARDINO! NEL FUTURO SARA’ LA STAMPA A DIVULGARE LA CONOSCENZA!

HO CAPITO, PADRE, MA FORSE HA QUALCHE RAGIONE ANCHE LUI.

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1 - 2 TARSIE DELLA BASILICA DEL SANTO A PADOVA 3 LIBRO DI AVERROE’ SU ARISTOTELE, PRIMA OPERA EDITA DA LORENZO CANOZI

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COSI’, TRA TARSIE E LIBRI, LA VITA DI LORENZO CANOZI DA LENDINARA SI SVOLSE DAL 1425 AL 1477 NELA PIANURA PADANA, ALL’EST DELLA PENISOLA, TRA ROVIGO, LENDINARA, PARMA, PADOVA… EGLI FU SOMMO ARTISTA E GENIALE INNOVATORE IN ENTRAMBE LE ATTIVITA’

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Lorenzo e Cristoforo da Lendinara Riluce a Ferrara, Modena, Padova e Parma, Lucca e Pisa l’operato dei due fratelli, insigni artisti intarsiatori del Rinascimento di Lino Segantin

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a sezione rinascimentale, recentemente allestita presso il Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo (vedi in Ventaglio 90 n. 51 “Rovigo e il Rinascimento” di Sarah Lanzoni, pag. 8 e successive), propone, tra le altre immagini, la riproduzione di uno dei pannelli intarsiati, opera dei fratelli Canozi di Lendinara. Raffigura un libro aperto, simboleggiando l’amore per la cultura - uno dei valori fondamentali del Rinascimento - rappresentando una valida testimonianza della perizia degli artisti lendinaresi che, nella seconda metà del ‘400, espressero al meglio il loro talento in varie città dell’Italia centrosettentrionale. Ma chi furono i fratelli Canozi, eccellenti maestri nell’arte dell’intarsio, la cui attività già al tempo fu considerata davvero prodigiosa1? Va subito detto che la loro vicenda di vita ed arte si dilatò ben oltre i confini del Polesine, interessando in particolare le città di Ferrara, Modena, Padova, Parma, Lucca e Pisa. Una storia sviluppatasi nell’effervescente mondo dell’arte del tempo, proprio nel momento in cui si registrava il passaggio epocale dai canoni consolidati del Gotico a quelli innovativi del Rinascimento. E va anche sottolineato come i due fratelli lendinaresi, Lorenzo (1425? - 1477) e Cristoforo Canozi (1427? - 1489), proprio per il loro riconosciuto talento, non ebbero difficoltà a valicare i confini di realtà statali diverse, superando senza problemi, barriere politiche, doganali ed amministrative.

• Particolare della grata monacale realizzata per la chiesa di S. Agata (oggi S. Francesco) di Lendinara. L’opera è attualmente esposta presso il municipio lendinarese nella “Sala Canoziana”

A Lendinara I due fratelli Canozi, appresa fin dalla tenera età dal padre marangone (ovvero falegname)2 la tecnica dell’intaglio, iniziarono ben presto a realizzare nella cittadina polesana opere di un certo pregio, richiamando l’attenzione di eminenti personaggi del ducato estense. Presso la sede del municipio lendinarese è ancor oggi conservata l’unica realizzazione polesana attribuita ai Canozi: una grata monacale con artistici intagli chiaramente ispirati all’arte gotica. Un lavoro prestigioso che tradizionalmente viene fatto risalire a Lorenzo, la cui nascita, stabilita attorno al 1425, dovette precedere di qualche anno quella di Cristoforo. La grata si trovava presso il complesso monacale di S. Agata (oggi San Francesco) e serviva a separare la parte conventuale dai visitatori esterni: le monache, schermate dalla grata, potevano colloquiare con parenti e conoscenti nei ridotti tempi loro concessi per un rapporto verbale col mondo esterno.

Storicamente va ricordato come Lendinara, cittadina di sicuro rilievo nell’ambito del ducato estense, fruisse nel ‘400 di frequenti visite di dignitari della corte ferrarese, e tuttora la piazza principale è dominata dall’alta torre eretta alla fine del ‘300 da Alberto d’Este. Non sorprende pertanto che sia giunta ai giovani fratelli - riconosciuti come abili maestri nella lavorazione artistica del legno - la richiesta di esercitare la loro opera a Ferrara, capoluogo al tempo connotato da un accentuato interesse per molteplici realizzazioni di pregio che coinvolgevano artisti italiani di sicura fama.

A Ferrara Nella città estense i due fratelli si trasferirono dunque nel 1449, chiamati ad esercitare la loro arte inizialmente alla dipendenze di maestro Arduino da Baìso, ma poi operando in modo sempre più autonomo. Con Arduino furono compartecipi nella realizzazione, voluta


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• Coro del duomo di Ferrara con gli intarsi di Bernardino Canozi e del figlio Daniele

dal colto e raffinato duca Leonello d’Este, dei pannelli intarsiati dello studiolo della “delizia” di Belfiore, splendido palazzo appena fuori città, di cui oggi purtroppo non esiste più alcuna traccia. E la distruzione del nobiliare edificio ha irrimediabilmente portato con sé anche quella dell’artistico lavoro a cui avevano collaborato i fratelli Canozi: la prima realizzazione in grado di “marcare” il passaggio dalla prevalente attività di intaglio su modelli gotici, a quella innovativa e tutta rinascimentale dell’intarsio. Va ricordato che, proprio durante il fervore costruttivo e decorativo della delizia di Belfiore, si dovette registrare a Ferrara la presenza di rinomati artisti, tra cui in particolare il geniale Piero della Francesca, con cui, specie Lorenzo, stabilì un documentato legame di fraterna amicizia. Nella città estense iniziò dunque l’ascesa artistica dei fratelli lendinaresi che, prima per Leonello e poi per Borso, realizzarono, con la tecnica dell’intarsio, ammirati quadri prospettici, desunti da raffigurazioni forse suggerite proprio da Piero della Francesca.

Scomparse nel nulla le tarsie dello studiolo estense, da più parti si sono volute attribuire agli artisti lendinaresi altri pregevoli lavori quattrocenteschi, che tuttora costituiscono un motivo di vanto per Ferrara: i cori intarsiati della chiesa olivetana di S. Giorgio e di quella di S. Antonio Abate. Tali opere dalla critica più attenta sono definite “canoziane”, in quanto assimilabili alla produzione di Lorenzo e Cristoforo, ma prive di una solida documentazione che ne attesti la paternità. Per restare a Ferrara, notizie certe riguardano invece la realizzazione dell’aulico coro del duomo, opera di grande respiro che, avviata nei primi anni del ‘500, si protrasse per oltre vent’anni, vedendo, tra i principali artefici, i discendenti dei due fratelli ed in particolare Bernardino Canozi, degno figlio di Cristoforo.

A Modena Se Ferrara può a buon diritto essere considerata la “culla” dell’arte canoziana, ad assicurare ai fratelli lendinaresi il perdurare della fama nel tempo furono però le successive realizzazioni, a cominciare da quelle tuttora ammirabili a Modena. Nel duomo modenese spicca in particolare il Coro riccamente intarsiato, opus….. fratres de Lendenara, (opera dei fratelli di Lendinara) come si legge nell’iscrizione, apposta quale firma dell’importante realizzazione, sotto il bracciolo riccamente intagliato del primo seggio. La grande novità introdotta dai fratelli lendinaresi sta soprattutto nell’aver abbandonato i soggetti puramente decorativi (greche, girali e motivi ornamentali, che avevano fino ad allora caratterizzato l’attività degli

• Libro aperto e liuto su scatola, • Incisione nel primo scranno pannelli intarsiato del coro del coro del duomo di Modena del duomo di Modena che documenta l’opera dei “frates de Lendenaria, 1465”

• S. Giovanni, uno dei quattro pannelli con gli evangelisti, presso il duomo di Modena. Alla base l’incisione “Christophorus de Lendenaria hoc op. f. 1477”


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• Uno dei due pannelli superstiti del coro della basilica di S. Antonio di Padova, opera di Lorenzo Canozi, raffigurante la basilica del Santo

intarsiatori) per proporre visioni prospettiche: pannelli rappresentanti finti armadietti, caratterizzati dal gioco di sportelli semiaperti, che lasciano vedere un curioso contenuto fatto di libri, strumenti musicali o vedute fantastiche di città. Un’acquisizione, quella della prospettiva, che nel Rinascimento ebbe come maestro di primo piano proprio Piero della Francesca con cui, come detto, i Canozi strinsero salda amicizia. Per quanto riguarda il coro di Modena, va detto che la sua realizzazione, portata a compimento dal 1461 al 1465, è dovuta in larga misura a Cristoforo (e i suoi collaboratori), giacché nello stesso periodo Lorenzo visse a Padova (dall’inizio del secolo parte integrante dello Stato della Serenissima, vittoriosa sulla Signoria Carrarese) impegnato in un’opera analoga a quella cui attendeva Cristoforo a Modena, ovvero la realizzazione del coro della basilica di Sant’Antonio. Da allora i due fratelli scelsero ambiti territoriali diversi, pur restando sempre in stretto contatto e utilizzando, a varie riprese, anche alcuni collaboratori comuni, in particolare Pierantonio degli Abbati, genero di Lorenzo. Cristoforo metteva dunque saldamente le sue radici in terra emiliana, ed in particolare a Modena, nel cui duomo, oltre al sontuoso coro (1461-65), nel decennio successivo realizzò, anche il ciclo di intarsi della sagrestia (1474-77), nonché i quattro eccelsi riquadri degli Evangelisti. Opere che manifestano l’importante evoluzione artistica attuata dall’artista lendinarese, il quale non mancò di essere apprezzato anche come pittore: particolarmente interessante risulta la Madonna della colonna, datata 1482 e conservata presso la Galleria estense di Modena.

A Padova Mentre Cristoforo otteneva ampi consensi in terra emiliana, Lorenzo esercitava con altrettanto successo la sua opera di fine intarsiatore a Padova, divenuta la sua città di elezione, portando a termine il Coro del Santo (1462-69), opera grandiosa (più del doppio del coro modenese) che gli diede chiara fama, tanto che l’intarsiatore lendinarese fu a lungo conosciuto come “l’artista del coro”. Ma proprio a Padova, nei primi anni ’70, Lorenzo, improvvisamente, attuò un inatteso cambiamento di rotta, lasciando l’attività di intarsiatore, folgorato dalla innovativa arte della stampa, sulla scia dell’affascinante invenzione di Gutenberg. Dal 1472 al 1475 Lorenzo attivò infatti a Padova una tipografia (la prima in assoluto aperta nella città del Santo), utilizzando caratteri mobili di propria creazione, con i quali diede alle stampe, tra l’altro, le principali opere di Aristotele, volumi raffinati in lingua latina, impreziositi dal commento di Averroè, alcuni poi arricchiti da accurate miniature, pregevoli testimonianze delle prime realizzazioni venete di libri a stampa3. Alcuni esemplari delle edizioni canoziane sono attualmente conservati presso importanti istituzioni cul-

turali italiane, europee e degli Stati Uniti4, mentre è oggi purtroppo impossibile ammirare il coro del Santo, irrimediabilmente distrutto nel 1749 da un incendio, che ha risparmiato soltanto due pannelli (conservati al Santo nella Cappella di Santa Rosa da Lima) uno dei quali particolarmente interessante perché riproduce splendidamente uno scorcio della basilica di S. Antonio. Notevole è la perizia di cui Lorenzo dà prova in questa realizzazione, manifestando una chiara scelta “verista” con la volontà di riprodurre architetture reali, a differenza del fratello Cristoforo, le cui visioni prospettiche di ambienti cittadini appaiono sempre di tipo fantastico. Il mirabile composito lavoro del coro del Santo non era destinato a rimanere l’ultima opera attuata da Lorenzo con la tecnica dell’intarsio, giacché l’artista lendinarese venne ancora chiamato, una decina di anni dopo, a prestare la sua opera presso la basilica patavina nella Sagrestia delle Reliquie. Tuttora motivo di ammirazione sono i grandi quadri prospettici delle ante degli armadi, ultimo importante lavoro di Lorenzo, a cui si dedicò fino ad un paio di mesi prima della morte sopraggiunta il 20 marzo 1477. E al “maestro del coro” fu concesso, come da suo espresso desiderio testamentario, di essere sepolto nel chiostro della Magnolia della basilica di S. Antonio.

A Parma, Lucca e Pisa Più ampio si presenta il panorama artistico pervenutoci col suggello di Cristoforo. Oltre che a Modena egli infatti fu chiamato ad importanti realizzazioni a Parma, dove fu attivo in due riprese: dapprima dal 1469 al 1473 per la realizzazione del coro del duomo e poi, dal 1487 al 1490, anno della morte, per gli arredi della Sagrestia


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• Pannello con città ideale, opera di Cristoforo e del figlio Bernardino, presso la sacrestia dei Consorziali del duomo

• Pannello con congegno meccanico, opera di Cristoforo Canozi, presso il duomo di Pisa

dei Consorziali, opera questa caratterizzata da molte accattivanti prospettive urbane, ultimata dal collaboratore Luchino Bianchino. Nell’intervallo tra i due impegni parmensi, Cristoforo fu chiamato in terra toscana. Innanzitutto a Lucca dove con alcuni aiuti si dedicò alla realizzazione del coro e degli armadi della sagrestia (1483-88), dando vita a quadri di notevole suggestione, caratterizzati da fantastiche visioni di città ideali. Sarà poi la volta del coro della cattedrale di Pisa (1485-88), dove Cristoforo manifesterà una inattesa innovazione iconografica, proponendo, tra gli altri, ben 56 pannelli caratterizzati da fantasiosi congegni meccanici, che fanno pensare agli studi di Leonardo da Vinci.

Gli epigoni Il seme gettato dai due geniali fratelli lendinaresi non venne meno con la loro scomparsa, trovando ulteriori sviluppi in varie zone. In terra veneta, specie a Treviso e Vicenza fiorì l’attività di Pierantonio degli Abbati, genero di Lorenzo, mentre in terra emiliana, a Ferrara, l’eredità fu raccolta da Bernardino, figlio di Cristoforo, a cui, come detto, si deve una parte consistente della realizzazione del coro della cattedrale estense. E a Rovigo? Come detto, l’unica testimonianza polesana attribuita ai Canozi è rappresentata dalla grata monacale di Lendinara. Ma alcune documentazioni cinquecentesche affermano che un figlio di Lorenzo, Giovan Marco, avrebbe costruito il coro della chiesa rodigina di San Francesco, di • Pannello con città ideale, opera di Cristoforo Canozi per il duomo di Lucca (oggi presso il museo di villa Guinigi di Lucca) con l’iscrizione Cristophorus de Canociis de Lendenaria, fecit opus 1488

cui però non esiste traccia. In ogni caso è interessante osservare come la fama anche dei successori dei due fratelli, fosse rimasta legata alla primitiva origine lendinarese, come prova anche un messaggio scritto nel 1503 dal duca Ercole I a favore del figlio di Cristoforo che, nonostante la sua residenza emiliana, viene indicato come “Bernardino da Lendenara”5. E da Bernardino, dopo la sua scomparsa nel 1507, il testimone passò al figlio Daniele che con altri intagliatori attese al completamento del coro ferrarese. Quest’ultimo, identificato come Daniele da Lendinara (anch’egli dunque legato al toponimo polesano) intorno al 1510 operò anche a Modena nella chiesa di San Pietro, continuando l’attività artistica avviata con successo proprio a Modena dal nonno Cristoforo, del quale con tutta probabilità utilizzò anche alcuni modelli disegnati su cartoni a lungo conservati. Quella di Lorenzo e Cristoforo Canozi fu dunque un’arte sbocciata improvvisamente nella seconda metà del ‘400, protrattasi con continuità fino ai primi decenni del ‘500, quando all’orizzonte si profilarono altri artisti con nuove inclinazioni stilistiche. “Pitture lignee”, quelle dei Canozi, - come le ha definite Pier Luigi Bagatin, nel suo studio edito nel 2004 dalla trevigiana Antilia, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti; opere che affascinarono i contemporanei per la fantasia delle rappresentazioni e la mirabile tecnica costruttiva. E che a tutt’oggi conservano ancora intatta la loro mirabile suggestione artistica. Realizzazioni uniche, in alcune delle quali i fratelli Canozi, hanno inciso la loro firma seguita dall’appellativo “da Lendinara”, quasi a voler rendere onore alla nobile cittadina polesana ove hanno avuto i natali.

NOTE 1. “Videtur illa vera omnia…”. “Mi sembra tutto vero”. Stupore, incredulità, e incondizionata ammirazione sono i sentimenti espressi, tra gli altri, dal monaco siciliano Matteo Colazio alla vista dei pregevoli lavori dei fratelli Lorenzo e Cristoforo Canozi, indiscussi maestri del XV secolo nell’arte dell’intarsio. L’apprezzamento dell’attento monaco apre un ampio scritto elogiativo, pubblicato nel 1486 col titolo Laus perspectivae, all’interno dell’opuscolo De verbo civilitate. In riferimento all’attività degli artisti lendinaresi, il Colazio si effonde in ampi compiacimenti relativi alle mirabili opere realizzate in varie chiese, dove si possono cogliere sorprendenti visioni: “da un’angusta nicchia sporge fuori per metà una


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• Pannello con architetture urbane, opera di Piarantonio degli Abati presso la chiesa della Sacra Corona di Vicenza

cetra”, mentre in altre si materializzano “vari edifici: case, campanili, chiese, di cui si vedono le cupole, le gradinate, gli archi e le finestre, che proiettano l’ombra, le porte socchiuse che fanno intravedere il vano interno…”. La stupita ammirazione del Colazio - riportata da Pier Luigi Bagatin, nel suo volume Le pitture lignee di Lorenzo e Cristoforo da Lendinara, Antilia editrice, 2004, p. 206 - doveva al tempo accomunare molti estimatori delle realizzazioni dei fratelli Canozi, le quali ancor oggi destano l’ammirazione degli amanti delle opere d’arte, testimoniando la maestria degli artisti lendinaresi. Al testo del Bagatin si rimanda per ulteriori approfondimenti. 2. Originario di San Felice sul Panaro, dopo essersi trasferito per un certo periodo a Mirandola, il padre, a quanto pare per dissapori con i parenti, decise di stabilire la sua residenza a Lendinara, dopo aver chiesto e ottenuto l’avallo dei Signori della Mirandola e dei Rappresentanti della Comunità lendinarese, questi ultimi in nome del Marchese di Ferrara, a cui Lendinara soggiaceva. 3. Il primo volume di Aristotele fu il “De Anima”, edito nel novembre del 1472: “opera vero atque ingenio Laurentii Canozii Lendinariensis impresse Patavi anno Christi optimi MCCCCII et LXX decimo Kalendas Decembris” (Bagatin op. cit., p. 313). A seguire: “Metaphisica”, “De coelo et mundo”, “De generatione et corruptione” e “Meteorologica” 4. Tra le altre presso l’Ariostea di Ferrara, la Biblioteca Civica di Padova, Marciana di Venezia, la Marucelliana di Firenze, la Vaticana di Roma, la Pierpont Morgan Library di New York, la Bibliotheque Nationale di Parigi. A Rovigo presso l’Accademia dei Concordi è conservata una copia: Aristoteles “De generatione et corruptione liber cum comm. Averrois”, Padova, L. Canozi, 1474 5. Il duca Ercole I nel 1503 inviò un sollecito all’amministratore per un pagamento a favore di Bernardino figlio di Cristoforo, precisando che si doveva pagare “Bernardino da Lendenara intagliator, quale havemo deputato a fare li quadri cum casamenti, seu prospective che vano et hanno da andare in dicto coro…”. Citazione tratta da: Graziano Manni “I Signori della Prospettiva - Le tarsie dei Canozi e dei Canoziani (1460 -1510)” Vol II, edizione Cassa di Risparmio di Mirandola, 2002”, testo a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.

Articolo tratto dal Ventaglio novanta n.52 (gennaio 2016)

Francesco Lucianetti, autore delle tavole dedicate ai Canozi, è nato a Roma nel 1944 e vive e lavora a Padova. Di professione architetto, realizza il primo fumetto nel 1973, vincendo il concorso “Un fumetto italiano” indetto dal quotidiano “Paese sera”. Realizza altri racconti tra cui “Eric il rosso” e il “Caso Cnosso”. Si dedica successivamente alla professione di architetto e di illustratore di libri per adulti e per ragazzi. Ritorna alla grafica nel 1979, producendo più di 600 lastre tra litografie e calcografie. Ha dipinto numerose vetrate policrome a Milano, Padova e Vicenza; sua la vetrata della crocifissione nelle penitenzierie del Santo a Padova. Sue opere sono esposte nei musei di Padova, Vicenza, Mosca e Lubjana. Ha operato nel settore della medaglistica con la realizzazione di oltre 20 medaglie in conio e in fusione. Ha realizzato la medaglia ufficiale della Mostra del Bronzetto Dantesco a Ravenna e la medaglia commemorativa del restauro del Palazzo della Ragione di Padova. Si è ancora dedicato al bronzetto e alla piccola scultura. Ha realizzato per la Provincia di Padova il fumetto “Guglielmo da Carrara"; per L’Università di Padova il cartoon “Il mito di Fetonte", per La Difesa del Popolo “Cent'anni di storia", per la Provincia di Padova “Damnatio memoriae” sulla vita di Ezzelino III da Romano. Per la Pia Opera Croce Verde di Padova ha edito “Cent'anni insieme", sulla storia dell’Associazione. Più recenti “Cent'anni dopo", ciclo “Fumetti del mare”. Un successo le opere recenti “San Francesco e il Sultano”, sullo storico incontro del frate Francesco di Assisi con il Sultano dell'Egitto nel 1219, e “La vera Historia del Palio di Noale”. Una delle prossime opere dell’Artista sarà dedicata alla vita di Galileo Galilei. E’ stato insignito del Premio Montefiore 2015 alla Cultura.

Brunello Gentile, autore dei testi del fumetto, è nato ad Alghero nel 1942 e vive da sempre a Padova. Ha scritto il testo per il fumetto con disegni di Francesco Lucianetti “Cent’anni dopo”, che è apparso anche nell’edizione in lingua francese “Cent Ans aprés”, presentato a Parigi nel 2015 ricevendo il Premio all’eccellenza del World Literary Prize.

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Editrice:

Cooperativa Turismo & Cultura 45100 Rovigo - Piazza Tien An Men, 1 Tel. 0425 21530 E-mail: cedi@turismocultura.it Sito internet: www.turismocultura.it

Grafica e stampa: Fancy grafica sas - Rovigo Tutti i diritti riservati Finito di stampare nel mese di Aprile 2016


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Città di Lendinara

Informazioni su eventi culturali e proposte di visite alla città: Ufficio di Informazione e Accoglienza Turistica presso Biblioteca Comunale Gaetano Baccari - Cittadella della Cultura Via G. B. Conti, 30 Lendinara (Rovigo) Tel. e fax 0425 605667 Mail: iat@comune.lendinara.ro.it Sito web: www.comune.lendinara.ro.it

in collaborazione con

Editrice Turismo & Cultura nell’ambito del progetto SNAC


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