classeoperaia

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Un testamento senza eredità. Una città dentro la città, una città-stato dentro e oltre lo Stato: difficilmente potrebbe essere coniata metafora migliore per descrivere il luogo simbolo della Fiat, Mirafiori. Difficilmente si potrebbe sintetizzare meglio il ruolo che la sua storia ha assunto nel determinare le sorti della politica economica italiana. Come in passato, le recenti vicende di Pomigliano d'Arco e Mirafiori hanno contribuito a riportare al centro del dibattito pubblico italiano la questione lavoro. Come in passato, la nuova strategia Fiat farà scuola: l'intero sistema delle relazioni industriali in Italia non tarderà a imparare da Marchionne come coniugare la

privatizzazione delle forme di contrattazione sindacale, la trasfigurazione di procedure democratiche in forme plebiscitarie (con l'annesso ricatto che vi fa sfondo) con una politica antisindacale (1). Quest'ultima, in particolare, non ha mai cessato di essere adottata dalle dirigenze aziendali per riconquistare il terreno precedentemente sottrattogli dalla classe operaia. Ci sembra certo azzardato riabilitare questo termine, rievocante un passato costellato di vittorie, di sconfitte, ma soprattutto di contraddizioni che hanno lacerato la storia del movimento operaio per oltre un secolo. Allo stesso tempo, l’esperienza di Pomigliano e Mirafiori e l’esempio della Fiom-Cgil sembrano voler ribadire una lezione davvero “altra”. Una lezione che non vorremmo mai dimenticare. Libri, riviste e articoli continuino pure a ribadire che il concetto di classe non possa più avere cittadinanza teorica e politica negli attuali assetti economici globali. Perché classe si può solo diventare, come i delegati sindacali della Fiom e gli operai che


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