L’ASTRATTO E IL CONCRETO
L’astratto e il concreto. a cura di Francesco Saponaro
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MAX HUBER
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max huber | L’astratto e il concreto a cura di Francesco Saponaro matricola 748411
Storia delle comunicazioni visive Prof. Daniele Baroni Design della Comunicazione sezione C3 Politecnico di Milano A.A. 2010|2011
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Abstract
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Max Huber è stato un designer svizzero; la sua influenza sul design italiano è fortemente riconosciuta, a causa della notevole attività da progettista grafico in diversi campi, dalla fotografia all’editoria, dalla costruzione di identità visive alla progettazione di memorabili manifesti pubblicitari.
estremamente moderno, esemplare per evidenziare questa duplice faccia del design di Huber. (cap. 3) Senz’altro, la sua cultura visiva di stampo contemporaneo è stata fortemente influenzata dai movimenti dell’epoca, dal costruttivismo russo al futurismo italiano, sempre applicata e curvata alle sue esigenze di designer. (cap. 4)
Ho diviso questo testo in 5 capitoli. Dopo aver riportato una breve biografia (cap. 1), ho presentato il tratto distintivo di Huber, cioè quello di aver sempre lavorato e giocato tra due forze apparentemente opposte, la dinamicità e la rigidità, l’esuberanza e la misuratezza, l’astratto e il concreto appunto. (cap. 2)
Il progetto grafico di Huber trova nella carta stampata il suo naturale spazio applicativo sia nel senso della sperimentazione creativa, sia nella pratica del suo “mestiere” professionale. (cap. 5)
La stessa caratteristica è rintracciabile nelle operazioni tipografiche, come il logotipo per la Rinascente, ancora oggi
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1. Biografia
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2. La rigidità per una composizione dinamica
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3. La tradizione e l’innovazione tipografica
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4. L’influenza delle avanguardie
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5. Il campo editoriale
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Bibliografia
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Sommario
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“Era uno spleandido mix; aveva un incontenibile talento naturale e una mano da disegno impeccabile; possedeva il vivace candore dell’eterno bambino; era un vero prodotto della Scuola Svizzera; amava la ricerca innovativa; vantava una vivace curiosità, così rapida da afferrare - non senza ironia - la più imprevedibile delle idee, e ha lavorato con la precisione del professionista di prima qualità.” Giampiero Bosoni
Dal saggio di G.Bosoni ‘Max Huber, archigraphic designer’ in Max Huber, ed. Phaidon, 2006
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1. Biografia
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Max Huber nasce a Baar, nel canton Zugo (Svizzera) nel 1919. Dopo il ginnasio studia alla Kunstgewerbeschule Zürich dove segue con particolare entusiasmo le lezioni di Alfred Willimann. In questo periodo conosce Werner Bischof, Emil Schultess, Josef Müller-Brockmann, Carlo Vivarelli, Hans Falk, Hans Neuburg e Max Bill e si indirizza verso una cultura visiva di stampo contemporaneo, segnata dai movimenti dell’epoca (tra cui il futurismo russo) e l’influenza della fotografia nella grafica. Viene chiamato a collaborare all’industria grafica Conzett & Huber.
Bruno Munari, Luigi Veronesi, Albe Steiner, Remo Muratore e Saul Steinberg. A causa del difficile clima politico italiano, nel 1941 Huber torna in Svizzera. L’anno seguente Max Bill lo chiama a far parte del gruppo Allianz, l’associazione degli artisti moderni svizzeri della corrente “concretista”, che vede tra gli altri membri anche Hans Arp e Richard Paul Lohse. Nell’ottobre del 1945 ritorna a Milano e con Albe Steiner realizza il progetto grafico per l’VIII Triennale del 1947. Conosce Giulio Einaudi che lo incarica di curare tutta la grafica della casa editrice. Progetta la prima immagine coordinata per la società Braendli. Nello stesso anno organizza con Max Bill e Lanfranco Bombelli Tiravanti la mostra “Arte astratta e concreta” al Palazzo Reale di Milano. Nel 1950 studia il nuovo
Nel 1940 viene a sapere che a Milano, in Italia, nella fucina grafica più importante dell’epoca, lo studio Boggeri cerca un grafico e senza conoscere una parola d’italiano Huber si presenta ad Antonio Boggeri, presso il quale studio conosce
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logotipo per la Rinascente. Nello stesso anno partecipa a Milano alla nascita del MAC (Movimento Arte Concreta) formato insieme a Bruno Munari, Gillo Dorfles, Gianni Monnet e Atanasio Soldati.
presso l’Umanitaria, e ancora ripresa negli anni ’70 alla Scuola Politecnica del Design condotta da Bruno Munari con Nino Di Salvatore. Dal 1978 al 1984 porta la sua esperienza didattica in Svizzera insegnando grafica alla CSIA, Centro Scolastico Industrie Artistiche di Lugano.
Inizia in quegli anni l’intensa collaborazione con gli architetti e designer Achille e Piergiacomo Castiglioni, condividendo, con il suo progetto archigrafico, l’ideazione di numerosi allestimenti per la RAI, l’ENI e la Montecatini, in seguito Montedison. Nel 1954 vince, alla sua prima edizione, il prestigioso premio del design italiano, il Compasso d’Oro, con il disegno per un “tessuto plastico”.
Max Huber muore a Mendrisio il 16 novembre 1992.
Significativo è anche ricordare la sua lunga e continua attività didattica iniziata a Milano nel 1947 alla scuola Rinascita, continuata dal 1959 al 1962
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2. La rigiditĂ per una composizione dinamica
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Tratto distintivo della ricerca progettuale di Max Huber nel campo grafico è il dinamismo impresso nelle sue composizioni.
• la rotazione di lettere e loghi (3, 4); • le sequenze costruttive a spirale (5); • la sovraimpressione di immagini fotografiche atta a generare un orginale effetto di scomposizione del quadro grafico, che riprende alcune ricerche delle avanguardie nel campo fotografico, ambito nel quale anche Huber spesso si è cimentato sperimentando diverse tecniche (6, 7).
Quello che costituisce una prerogativa è il vitale carattere dinamico sempre giocato con grande abilità all’interno di una nitida gabbia grafica: l’energia impressa in queste costruzioni visive richiama l’idea di un travolgente ritmo musicale come quello del suono di una jazz-band, altra autentica passione di Huber. Le invenzioni grafiche affinate per creare varie occasioni descrittive e percettive in una dimensione dinamica, sono per Huber: • l’accentuata enfasi prospettica di alcune titolazioni (1, 2);
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2.
(1) Manifesto per Gran Premio dell’Autodromo di Monza, 1948 (2) Manifesto per Gran Premio di Svizzera, 1939
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(3) Manifesto per una esposizione personale, 1987 (4) Logo per Grafiche Nava, 1961
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(5) Diploma ufficiale dell’VIII Triennale di Milano, 1947
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(6) Manifesto per Chiasso Jass Week, 1985 (7) Copertina della rivista Jazztime, num.1, 1952
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3. La tradizione e l’innovazione tipografica
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Nella migliore tradizione della scuola tipografica svizzera e in particolare di quel gruppo più affine alle avanguardie storiche della grafica internazionale, Huber svolge un importante lavoro di sperimentazione nel campo tipografico.
dell’architetto Pagani, inaugura la ricca collaborazione grafica con il grande magazzino (9, 10, 11). Un discorso molto emblematico in termini archigrafici è la particolare importanza, a scala architettonica, assunta da alcuni marchi-logo come la scritta Supermarket, poi comunemente riconosciuta come esse-lunga (12), o il marchio Coin con il caratteristico grosso puntino sulla i (13): tutti segni che hanno rappresentato un importante landmark del paesaggio urbano, soprattutto milanese.
Significative sono alcune sue elaborazioni con caratteri innovativi come l’Helvetica. Un esempio emblematico della sua particolare sensibilità tipografica nell’accostamento originale dei caratteri è il logo per la Rinascente risolto con grande maestria ed elegante spregiudicatezza con l’avvicinamento della lettera elle in carattere Bodoni corsivo alla lettera erre maiuscola (8). Il nuovo marchio e logotipo per la Rinascente del 1950, su richiesta
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8.
(8) Logo per La Rinascente Grandi Magazzini, 1950
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(9) Copertina catalogo la Rinascente, 1951
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(10) PubblicitĂ per la Rinascente, 1951 (11) Depliant per la Rinascente, 1951
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(12) Logo per Supermarket, 1958 (13) Logo Coin, 1955
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4. L’influenza delle avanguardie
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Risalendo alle influenze di Huber si trova una lista infinita di conoscenze e amicizie, sia personali che professionali, figure intellettuali di varie discipline e rami. In primo luogo vi è il puritano background del costruttivismo svizzero: l’uso costante di figure piane nel suo progetto si collega alle sue fonti originarie: le prime avanguardie rappresentate da Moholy-Nagy, Piet Zwart e Max Bill.
La ricerca artistica di Huber si sviluppa intorno all’interesse per la composizione astratta ispirata dalle esperienze di alcune avanguardie europee (Neoplasticismo olandese, costruttivismo russo, scuola Bauhaus in Germania) che tanta influenza ebbero sugli ambienti della nuova grafica che gravitavano intorno alla Kunsgewerbschule (Scuola d’arte e mestieri) di Zurigo, dove Huber si forma alla metà degli anni Trenta.
Huber applica l’estetica utopica dell’avanguardia ad un ambiente aziendale e commerciale in tutta la sua vita. Nonostante la mancanza di un’apparente eredità futurista, Huber ha trovato ispirazione nelle loro idee: le tematiche principali dell’arte futurista sono le macchine e il movimento, elementi che ritornano in molti dei suoi poster per eventi sportivi.
Grazie ai buoni consigli del professor Alfred Willimann e all’incontro con gli artisti del gruppo Allianz in particolare con Max Bill, Huber si inserisce nella corrente del concretismo zurighese, un nuovo percorso dell’astrazione artistica legata alla metodologia matematica, alla psicologia della visione (Gestalt), ben diversa dall’astrattismo di tipo
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idealistico che si forma in quegli anni nel Nord Italia.
solo quei ritmi, quelle cadenze, quegli accordi, di cui è ricco il mondo dei colori”.
Sarà proprio Huber a portare nel primissimo dopoguerra questa nuova ricerca estetica nel dibattito artistico milanese, che la recepisce, per una parte, con grande entusiasmo come dimostra la nascita nel 1948 del gruppo MAC (Movimento Arte Concreta) formato da Munari, Dorfles, Monnet e Soldati, nel quale lo stesso Huber, sarà coinvolto in più occasioni.
I tratti dell’arte concreta derivano sia dal futurismo (Giacomo Balla organizzò una mostra antologica dei concretisti a Milano nel 1951) che dall’influenza di grandi artisti, quali Von Doesburg, Mondrian e Arp (15, 16). I principi di questa tendenza artistica apriranno per molti la strada verso il disegno industriale e per Huber costituiranno sempre un luogo di verifica della sua progettualittà radicata nella ricerca, mai banalmente applicativa.
Secondo la definizione elaborata dal teorico del gruppo Dorfles nel 1949, l’Arte concreta è “basata soltanto sulla realizzazione e sull’oggettivazione delle intuizioni dell’artista, rese in concrete immagini di forma-colore, lontane da ogni significato simbolico, da ogni astrazione formale, e mirante a cogliere
Oltre alle sue numerose opere pittoriche e grafiche, Huber ha progettato varie opere in scala tridimensionale in occasione di allestimenti fieristici,
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oppure per spazi pubblici o ancora in esterni spazi commerciali, a metà strada fra la scultura e l’oggetto di design (17).
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(15) Giacomo Balla, Seraluci, 1929 (16) Custodie per dischi di jazz, 1950 ca.
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(17) Orologio esterno a Omega, disegnato da Huber e realizzato dai fratelli Castiglioni, 1969
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5. Il campo editoriale
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Dal libro alla rivista, dalla collana editoriale all’immagine coordinata degli impianti aziendali, il progetto grafico di Huber trova nella carta stampata il suo naturale spazio applicativo sia nel senso della sperimentazione creativa, sia nella pratica del suo “mestiere” professionale.
in senso stretto: ha spesso mescolato elementi fotografici e tipografici piatti senza contorni con strisce di colore, per veicolare una certa sensazione di dinamismo e velocità; ha usato elementi riconoscibili nel suo design, senza che questi raccontino una storia.
In particolare si ricordano le fondamentali esperienze, per lo più nel campo pubblicitario, con lo Studio Boggeri negli anni 1940 (18), i progetti di coordinato immagine per la VIII Triennale del 1947, per la Rinascente negli anni Cinquanta e per le Grafiche Nava negli anni Sessanta (19), la puntuale collaborazione con l’Olivetti, le collane editoriali per la Einaudi (20), Jazztime, Imballaggio (21), Sci (22), e Design.
I suoi lavori si sono concentrati su una sperimentazione fotografica e una tipografia pulita combinate con l’uso di forme nette e colori primari; le sue griglie rigide erano facilmente identificabili. Huber ha promulgato la chiarezza, il ritmo e la sintesi. Ha usato testi concisi, composti da diversi gruppi gerarchici: un titolo generale, accanto a un sottotitolo informativo di corpo più piccolo e una sequenza di livelli. Attraverso gli anni non è mai stato influenzato dalla moda, ma ha sempre sostenuto le sue idee di base.
Huber non ha mai usato le sue immagini
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(18) Pubblicità per Lepetit, Studio Boggeri, 1940 (19) Pubblicità per Grafiche Nava, 1969
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(20) Copertina per Einaudi, 1946
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(21) Copertina per la rivista Imballaggio, 1952 (22) Copertina per la rivista Sci, 1963
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Carlo Belloli, Max Huber: silenziosa coerenza di un protagonista del concretismo, Arte Struktura, 1980 Daniele Baroni, Maurizio Vitta, Storia del design grafico, Longanesi, 2003 Matteo D’Ambrosio, Futurismo e altre avanguardie, Liquori, 1999 Richard Hollis, Swiss Graphic Design: The Origins and Growth of an International Style, 1920-1965, Yale University Press, 2006 Stanislaus von Moos, Mara Campana, Giampiero Bosoni Max Huber, ed. Phaidon, 2006 Max Huber, Progetti grafici: 1936-1981, Electa, 1982
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Storia delle comunicazioni visive Prof. Daniele Baroni Design della Comunicazione Politecnico di Milano | A.A. 2010|2011 38