UNA CALLAS DIMENTICATA di Dario Fo e Franca Rame
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[prologo musicale; cabaletta de I Masnadieri: “Carlo vive?”]
DARIO: Appena terminata la seconda guerra mondiale, in verità qualche anno dopo, proprio sullo stupendo palcoscenico del teatro romano di Verona debuttò una delle più grandi cantanti di tutti i tempi: Maria Callas. Era venuta apposta dall’America per debuttare in quello spettacolo, esattamente da New York, su un transatlantico. Un viaggio previsto di quattro giorni, ma ne impiegò cinque per via che nell’attraversata si trovarono per giorni letteralmente inseguiti da una terribile tempesta. Ecco il racconto fatto dalla giovane Callas in persona, attraverso la voce di questa brava attrice. ATTRICE: Il vapore faticava barcollando e io, che da sempre soffro il mal di mare, appena potevo mi affacciavo alla balconata della prima classe e vomitavo di sotto, dove i viaggiatori sdraiati sulle chaise longue prendevano il sole e anche le mie sbroffate copiose. ATTORE: “Posseno ammazzatte!”, gridavano di sotto. Era una comitiva di romani… di seconda classe…
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ATTRICE: Non era la prima volta che mi capitava un’avventura del genere: io sono nata a New York, ma sono di origine greca tant’è che mio padre e mia madre mi hanno concepita ad Atene qualche mese prima di attraversare l’Oceano Atlantico e io viaggiai nel ventre di mia madre, senza pagare il biglietto… ero già una scroccona! DARIO: Fu un’avventura degna degli Argonauti che sulla loro nave portavano una nobile selvaggia di nome Medea, anche lei già gravida di una creatura. Giunti in America un po’ frastornati, dopo due mesi Maria si decise a sortire e ad affacciarsi alla vita spuntando dal grembo della sua fattrice, la madre. ATTRICE: La mamma soffrì molto nel partorirmi… DARIO: Come mai? Cos’era successo? 8
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ATTRICE: Perché ero una neonata di dimensioni non comuni: sei chili abbondanti di peso. DARIO: Per una creatura sballonzolata per tutto il viaggio nel ventre della madre, era davvero fuori norma! ATTRICE: Che strano, hai detto Norma; questo è proprio il titolo dell’opera che mi procurò il più grande dei successi, guarda caso in Italia. [accenno pianoforte a Norma]
Ma tornando alla mia venuta al mondo, mia madre rimase molto delusa quando la levatrice mi presentò alla partoriente sollevandomi con fatica, e guardandomi esclamò: “Oh no, che mi va capitando!”.
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ATTORE: La mamma non era sconvolta per via della sua mole, ma per il fatto che si aspettava di partorire un maschio che avrebbe sostituito il figlio da lei perduto proprio durante il primo parto. ATTRICE: Tant’è che per quattro giorni non mi degnò di uno sguardo. “Attenta signora – l’avvertirono le infermiere – che questa bimba non prende cibo da troppi giorni! Vuole perderla?”. E allora la mamma si decise a prendermi in braccio e a incollarmi il viso ai suoi seni. DARIO: Sua madre raccontò più di una volta che in pochi secondi le aveva svuotato entrambe le mammelle rigonfie. ATTORE: Un’ostetrica chiese al padre della neonata che nome dovevano segnare sul certificato di nascita per la figliolina. Ed egli rispose imbarazzato: DARIO: “Mah, veramente, dal momento che noi si aspettava un maschio non abbiamo pensato a nomi di femmina… A ogni modo, andando così a caso direi: Cecilia, Sofia, Anna, Maria… ATTRICE: In mezzo a tanta abbondanza mi chiamarono Maria. ATTORE: Nella lingua primordiale di Corinto, la città delle origini antiche della famiglia di Maria, ‘fama’ e ‘fame’ hanno lo stesso suono. La fama per la piccola Maria verrà dopo, ma per adesso aveva solo una gran fame. ATTRICE: Sì, è così, durante tutta la mia infanzia ebbi sempre un appetito da dieci orfani tant’è che un giorno mia madre, tornando a casa all’improvviso (io avevo tre mesi), mi sorprese abbracciata a un cotechino, sì, a un cotechino! Sapete, quegli insaccati succosi di carne di maiale tritata… Buoni! Mi sorprese, dicevo, intenta a succhiarmelo con voluttà.
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DARIO: Tentò di toglierle quella salamella dalle mani, ma la bimba vi era talmente abbranchiata che non ci riuscì! Per distrarla sua madre allora si spalancò la camicetta e le presentò le sue rigogliose mammelle invitandola alla degustazione. In poche parole provò con l’offrirle il suo seno: la bimba ben volentieri affondò nella propria bocca il capezzolo della mamma, ma ogni tanto tornava a succhiarsi il cotechino. ATTORE: A parte la voracità, Maria si era sempre dimostrata una bimba delicata e gentile, salvo quando cercavano di toglierle il cibo di cui si stava nutrendo o qualsiasi oggetto con il quale stesse giocando: allora la creatura che si era permessa di derubarla si trovava scaraventata al suolo e malmenata da una furia davvero greca.
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ATTRICE: Ma un giorno quella bimba vorace, che ero io, cominciò a cantare. Dal soffitto scendeva una corda che sorreggeva una gabbia abitata da quattro canarini e io cominciai a gorgheggiare con loro, imitandoli e sorpassando i loro cinguettii con acuti da soprano. ATTORE: “Stupendo, figlia mia! – esultò il padre applaudendo – Sai cosa farò di te? Non ti permetterò di esibirti nei rigonfi della donna cannone, ma in quelli di una soprano di grande successo”. DARIO: La prima maestra del bel canto alla quale fu affidata si chiamava Sandrina (Sandruzza), era di origine napoletana e fu lei che le insegnò i solfeggi, i vocalizzi… e le prime parolacce in napulitàno verasce. “Bèlla zuzzulona tutta nateghe, tè magnerebbe senza lu ppane!”. ATTRICE: Già. Devo dire che per le parole oscene non c’è popolo al mondo che ne possa esibire una collezione tanto abbondante! A ogni modo al primo esame la maestra esclamò: ATTORE: “È proprio dotata, peccato che il suo fisico non sia dei più adatti alle romanze d’amore, assomiglia alla sorella di Pantagruel!”. DARIO: Ma intervenne la madre: ATTRICE: “Come si permette, screanzata?! Non so chi sia questo Pantagruel, a ogni modo sappia che questa mia Maria la stupirà, nel senso di farla apparire una stupida! Mia figlia sarà un fenomeno. E attenta a lei a non fare allusioni a certi numeri da circo equestre. Siamo al quarto piano, sarebbe un volo davvero spettacolare… per lei!”.
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DARIO: Cantare era diventata la sua grande passione e fu stupita dall’accoglienza che tutti le dimostravano appena si esibiva; la applaudivano perfino in chiesa quando cantava la domenica al vespero. ATTORE: Addirittura mandavano grida quando gorgheggiava alla trattoria greca del quartiere, cantando pezzi famosi come La donna è mobile. DARIO: Sì. È un canto da tenore, ma avendolo Maria imparato nell’originale italiano, con accento napoletano, pochi se ne accorgevano. ATTRICE: LA DONNA È MOBBILEEEE…! DARIO: ‘Na pizza al tavolo dieci! ATTRICE: Un cliente, alla fine, applaudendomi commentò: DARIO: “È la prima volta che mi capita di ascoltare un vitello da latte che canta come un angelo!”. PAM! Mi è arrivato subito un pugno netto nell’occhio! Ma che ho fatto? ATTRICE: Io… stavo piangendo… DARIO: “Ma chi mi ha colpito?!”. ATTORE: “Io, suo padre! Guai a chi si permette di offendere con battute da osteria mia figlia!”. DARIO: “Ma siamo appunto in osteria! Che battute volete dica?”. “Ma perché l’hai fatto? – lo redarguì un amico – Dopo tutto le aveva fatto un complimento, no?”.
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ATTORE: Un baritono di origine greca che aveva ascoltato Maria canticchiare in casa esclamò: “Sarebbe un delitto se un talento del genere voi non la educaste come merita”. ATTRICE: La mamma rispose: “Ma sta già studiando con una maestra molto dotata, scherziamo?”. ATTORE: “Non ci vuole una maestrina da periferia, ma insegnanti del conservatorio e purtroppo qui a Brooklyn non ce ne stanno”. ATTRICE: Così la mamma decise che lei, mia sorella più grande e io saremmo partite per la Grecia, dove io non ero mai stata. O meglio, ne ero partita, ma solo in forma di ovulo materno fecondato da mio padre. DARIO: “No, no, no!”. Il padre infatti aveva tentato di dissuaderla dicendo: “A 10 chilometri di qui, nella Terza Avenue, c’è il conservatorio più importante degli States!”. ATTRICE: E mia madre di rimando: “Sì, lo so, mi sono anche informata di quanto ti chiedono di retta. Con un decimo di quella cifra riusciremo a vivere in tre nel centro di Atene e non dovremo neanche sborsarli noi quei quattrini, giacché i miei fratelli, tutti cantori di talento, saranno ben felici di educare questo mostro del canto che offrirò loro”. Mi ha detto ‘mostro’: mia madre non mi voleva bene.
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