Mantegna

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Dario Fo

Il Mantegna impossibile a cura di Franca Rame


6 Berlino, Staatliche Museen. Mantegna, La presentazione al tempio (1465-1466), particolare con autoritratto dell’autore.

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“Egl’è tanto molesto...” Qual è l’immagine fisica che abbiamo di Andrea Mantegna? Di lui conosciamo più di un autoritratto, a cominciare da quello che lo vede ancora giovane nella Presentazione al tempio, proprio alle spalle del sacerdote. Ma il primo autoritratto che di lui ci viene in mente risale a più di quindici anni prima. La scena è quella del Giudizio di san Giacomo nella cappella Ovetari a Padova. Davanti a un arco di trionfo si svolge il processo. Il despota, Erode Agrippa, è seduto su un alto scranno. Ai suoi piedi ci sono soldati e senatori che circondano il santo da condannare. Sulla sinistra, completamente isolato, c’è un ufficiale, con tanto di corazza finemente decorata. Il suo viso è l’autoritratto di Mantegna, ma non rappresenta un ragazzo di soli diciassette, diciotto anni – questa è l’età che il pittore aveva in quel tempo. Il suo è un volto severo, di persona matura, accigliato, con la fronte segnata da rughe. In poche parole Mantegna, nei panni del guerriero scorato, esprime un intenso dolore per il supplizio che il santo sarà prossimo a subire. Nella Camera degli Sposi dal fondo di uno degli affreschi il possibile autoritratto del pittore (per molti il personaggio ritratto è invece il re Cristiano di Danimarca) spunta con l’atteggiamento di un curioso forse privo dell’invito a partecipare a quell’incontro. Bizzarramente, però, Mantegna si ritrae nella stessa Camera anche in forma di maschera silvestre con pennacchi di rami e fiori. Ma il ritratto più conosciuto è il busto in bronzo che appare sulla sua tomba: ci mostra un Mantegna possente, aggressivo, in età matura, un personaggio con il quale di certo è consigliabile non aprire discussione di sorta. Come per la maggior parte dei pittori, scultori, architetti fra i più noti del Rinascimento, anche per Mantegna molti critici tranciano spesso giudizi drastici e definitivi, sia riguardo il suo carattere

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7 Padova, chiesa degli Eremitani, cappella Ovetari. Mantegna, Il giudizio di san Giacomo (1451), distrutto nel 1944, particolare con autoritratto dell’autore.

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8 Mantova, Palazzo Ducale. Mantegna, Camera degli Sposi (1474), parete ovest, L’incontro, particolare con possibile autoritratto dell’autore.

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9 Mantova, Palazzo Ducale. Mantegna, Camera degli Sposi (1474), particolare con autoritratto dell’autore.

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e la sua personalità, sia sui vari stili che ne definiscono il linguaggio e la forma d’arte. Di Andrea Mantegna si dice tout-court che fosse irascibile, attaccabrighe, prepotente… insomma un Caravaggio ante litteram. Tant’è che l’Aliprandi, suo contemporaneo, parlando dell’“Andrea pictore”, dichiarava di lui: “Egl’è tanto molesto e rincrescevole, che non è homo nè vicino che possa pacificar con lui”. Un pittore che presentava le sue figure come fossero di pietra: Andrea Mantegna “scolpiva in pittura”, diceva infatti di lui un altro suo contemporaneo, poeta, Ulisse Aleotti. Per alcune opere di un certo periodo, questo “scolpir pittando” fu un elemento palese del suo linguaggio, quasi una ricerca di monumentalità delle figure e del paesaggio. Non per niente all’inizio della sua carriera Andrea si scelse come maestro, fra gli altri, Donatello (1386-1466), presente in quel tempo (14431453) a Padova, dove era stato chiamato per eseguire il monumento equestre a Gattamelata e le sculture per l’altare maggiore 10 della Basilica di Sant’Antonio. Il giovane Andrea fu fortemente attratto dalle opere del maestro fiorentino di cui studiava i bassorilievi e le sculture. Come ci ha insegnato Bernard Berenson: “Un artista bisogna sa­perlo leggere nella sua totalità, seguirlo minuziosamente nei suoi vari periodi, partecipare come attenti testimoni ai suoi incontri con altri uomini e donne di grande personalità e prestigio”. Venendo al dunque, cominciamo con l’analizzare la sua origine, l’infanzia e la pubertà. Andrea Mantegna nasce nel 1430 o 1431 al confine fra Vicenza e Padova, a Isola di Carturo, una frazione di Piazzola sul Brenta. In quel tempo il fiume si allargava, abbracciando lo spazio dal quale affiorava il villaggio di Carturo, per questo detto l’Isola.

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10Â Padova, Basilica del Santo, altare maggiore. Donatello (1386-1466), Il miracolo della mula (1447-1450), particolare.

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11 New York, Metropolitan Museum. Mantegna, L’adorazione dei pastori (1450-1451), 37,8 x 53,3.

C’è un’antica ballata che si canta ancora oggi nelle lagune da pe­sca che così si esprime: “Tèra e acqua, acqua e ziélo, drénta e fòra su ‘ste lagune. Spigne la pèrtega pe’ navigare e no’ cascar de soto de soto al batèl. Voga ligér come fuèsse in del cielo”. Questo è il fondale che ritorna spesso nella memoria del pittore di Isola di Carturo. Infatti strisce di rogge e di fiumi spuntano fra le rupi scolpite dall’acqua nell’Orazione nell’orto di Londra e 34 nell’Adorazione dei pastori di New York, e un intiero lago appare 11 dalla finestra nella Morte della Madonna ora a Madrid. È lo stesso 12 lago, attraversato dai murali della peschiera, che ancora oggi appare affacciandoci da un finestrone del castello dei Gonzaga a Mantova. Il padre di Andrea è falegname. Egli per primo e con lui tutti i parenti notano nel piccolo Andrea una predisposizione straordinaria per le arti plastiche e figurative. Il padre a dieci anni

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12Â Madrid, Museo del Prado. Mantegna, La morte della Madonna (1461), 54 x 42.

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lo porta a Padova (da poco annessa alla Repubblica di Venezia) dove sa che è in funzione da tempo una scuola per apprendisti pittori e scultori, diretta da un maestro di nome Francesco Squarcione. Lo Squarcione si vantava di aver allevato nella sua scuola d’arte ben centotrentasette pittori di talento, ma nell’ambiente era ritenuto un mediocre esecutore. A testimonianza di 13 ciò, val la pena di citare il commento di un suo allievo: “Ei se sforsa a disegnar fughe in prospettiva, ma non ce ha vantaggio per lo che non l’è capace”. Come in ogni bottega del Quattrocento, anche in quella dello Squarcione, oltre ad apprendere le numerose tecniche del dipingere (pittura a tempera, disegno, incisione, pittura a olio, affresco), si imparava l’anatomia, lo studio del nudo, l’architettura, l’ornato, la scultura. Padova, inoltre, era una delle città più colte d’Italia e poteva vantare, fin dal Medio Evo, una prestigiosa università, e anche le scuole a disposizione del ceto medio inferiore (artigiani, piccoli mercanti) erano efficienti e in gran numero. Quest’ultimo particolare ci assicura che il piccolo Mantegna, ancora fanciullo, avrà certamente goduto di questo vantaggio: imparare a scrivere, a leggere e a far di conto. Tutti i grandi artisti nati in quel tempo, Leonardo, Michelangelo, Giambellino, Raffaello ecc., hanno appreso il mestiere stando a bottega, diretti da straordinari maestri. La bottega del Rinascimento era una vera e propria Accademia. In Toscana e nel Veneto i giovani apprendisti studiavano geometria e matematica, scenografia e prospettiva, s’applicavano nella fusione dei metalli (soprattutto il bronzo) e nella ceramica, nella pittura a fuoco, nell’ideazione e messa in atto di macchine per la costruzione di ponti, fortificazioni e dighe, nonché, in alcune botteghe, anche nella progettazione di armi da guerra, dalle colubrine ai cannoni.

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