Francesca Zanella Quando la “convivenza” fa rima con “sopravvivenza”
“benvenuto... in SUA casa”
“Sono una donna, non sono una santa” ... così cantava Rosanna Fratello, e mai parole furono più azzeccate per descrivermi. Consapevole dei miei limiti, e pigra nel superarli, ho scelto la strada più facile, e di santo, in casa, mi sono messa l’uomo. Un “angelo” di cognome e di fatto, che con la convivenza ha deciso di abbandonare pace e tranquillità. A lui dedico queste poche pagine ispirate al primo piano di casa nostra; il garage è zona neutrale, dove tutto è più lascivo, o quasi. Al secondo piano ci penseremo più avanti, ma siamo prossimi a traslocare e la planimetria è destinata a cambiare!
Nutro un profondo senso di diffidenza nei confronti di quelle abitazioni le cui porte d’ingresso sfoggiano tappetini con messaggi rassicuranti del tipo “benvenuti” o “casa dolce casa”; quando poi lo stesso concetto è celato dalla lingua inglese, il raggiro si fa ancora più insidioso. “Home sweet home” trova infatti la sua più corretta traduzione nelle parole “lasciate ogni speranza voi che entrate”, mentre la scritta “welcome” ha di per sè un significato più ampio, apparentemente incorraggiante, segretamente sconfortante:
“benvenuto... in SUA casa”. Ed è così che - ignaro di ciò che ti attende, confortato e illuso da quel messaggio - varchi la soglia di casa ed è subito tutto più chiaro. “Fermo lì! cosa fai? togliti le scarpe.... non vedi che lasci impronte ovunque?” Poche e semplici parole ti fanno subito capire che quella non è e non sarà mai casa tua anche se affitto, spesa e bollette li dividi equamente; ma l’equità ha cessato di esistere nell’attimo stesso in cui tu, inconsapevole e fiducioso, hai deciso di addentrarti in un mondo che non comprenderai mai appieno, fatto di contraddizioni e paradossi, dove accettazione e rassegnazione sono spesso una facile via d’uscita.
Ingresso/ Sala da pranzo
Inventario: tavolo 4 sedie dispensa libreria e c assettiera
Partiamo dal presupposto che: 1) la libreria è zona off limit, regno di pupottini, libri e oggettini che LEI ha mal volentieri riposto in una “zona comune” e di passaggio, vista l’assenza di uno studiolo dedicato - della serie “guardare e non toccare”; 2) la dispensa è una riproduzione dell’ipermercato con una suddivisione maniacale e settoriale: ogni eventuale spostamento sarebbe immediatamente individuato e rinfacciato; 3) il tavolo e le sedie rappresentano una zona apparentemente neutrale purchè la si mantenga sgombra. Non resta che il mobile d’ingresso: sei cassetti a mia disposizione, un micromondo dove riporre oggetti, carte e tuttò ciò che un eventuale ospite non dovrebbe trovare fuori posto nella sala. Tuttavia, se uno scudo invisibile protegge la sua libreria da
sguardi troppo curiosi o mani avide di sfogliare e toccare le sue reliquie, il mio povero nascondiglio sprovvisto di tali poteri e forze oscure, si presta a facili incursioni da parte del “nemico”. Passano i giorni, i mesi... tutto tace; finchè arriva quel famigerato momento in cui le forze cosmiche si sono riunite per inviare a LEI - inconsapevole delle tue abitudini - l’irresistibile e irrefrenabile impulso di avvicinarsi al sacrilego mobile. Ripone lo spolverino, unico ed innocente strumento col quale aveva profanato sino a qualche istante prima i miei spazi, e si accinge ad aprire con energico slancio il primo cassetto. È finita. Non ci sono più scuse o giustificazioni che lei possa o voglia accettare. Il sadismo che scorre nelle sue vene la spinge altresì a tacere della sua scoperta cosi che possa rinfacciartela al momento giusto godendo fino in fondo delle sue abilità investigative. Ed è cosi che nel bel mezzo del dessert, o tra un sorso di vino e l’altro, fissando la tv con sguardo quasi indifferente pronuncia queste parole: “ho aperto il primo cassetto”. La frase in realtà è una sentenza... di colpevolezza! Non c’è bisogno di specificare il contenuto incriminato. Tu lo sai. Lei l’ha scoperto. Negare è impossibile. Pensi a una qualche giustificazione. Non serve. Non la capirebbe. Un sorriso da ebete si stampa sul tuo volto. Attendi una sua mossa. Ed eccola finalmente, ha un nome preciso e si chiama “romanzina da sovraffollamento e sovrappeso del cassetto causati da una miriade di cianfrusaglie, uniti ad un inizio di raccolta differenziata di plastica e carta”. E pensare che tutta quella confusione l’ho creata per non dar fastidio a LEI, per non “disturbare” l’armonia visiva della sala da pranzo che deve riflettere le copertine patinate delle riviste di arredamento e design, immagini improbabili di case impeccabili dove l’uomo mangia in piedi in un angolo per non rovinare il tavolo da pranzo. Per quanto riguarda la raccolta differrenziata poi mi dovrebbe solo ringraziare! È solo per comodità se ripongo nel cassetto alcuni involucri di cartone prima di gettarli l’indomani negli appositi cassonetti; che colpa ne ho se lei consuma quanto un esercito? La cosa più divertente è che, alla fine della storia,
chi si prende la predica sono ancora io: 1) perchè il cassetto pesava troppo e se le finiva sul piede poteva rompersi un dito 2) perchè è impossibile trovare qualcosa lì dentro 3) ma soprattutto perchè il cassetto non è un cassonetto (nota: ironizzare in sua presenza sull’assonanza delle due parole è altamente controproducente)
Imparo cosi una nuova sfumatura della parola “disordine”. Quello maschile è semplicemente un mucchio di oggetti mal riposti. Quello femminile è un disordine ordinato dove ogni cosa ha apparentemente una sua giusta collocazione. Questo consente alle donne di poterti rifilare in ogni situazione una bella romanzina, anche quando nei loro cassetti sembra sia esplosa una bomba.
S CUCINA
Esserci o non esserci?
hakespeariana
“SHAKESPEARIANA”. è così che si potrebbe definire la posizione dell’uomo in cucina. Non si tratta tanto di una questione esistenziale quanto fisica, che si riassume nel dubblio adamico di “esserci o non esserci”. Ad ogni modo, qualunque sia la tua scelta, sarà sempre quella sbagliata. Se di mia spontanea iniziativa mi accingo a sbrigare qualche faccenda domestica, come lavare i piatti per liberarle il lavello - e quindi agevolarla - devo assicurarmi di farlo prima che torni a casa dal lavoro. Posizionarsi tra i fuochi e le spezie costituisce infatti motivo di grande disturbo, che si comprende da pochi e semplici gesti: 1) nel prendere il sale vieni ripetutamente urtato come se lo spazio a disposizione fosse di 20cm quadrati 2) se parli non vieni più considerato e liquidato con la scusa: “sto cucinando” - quando sai benissimo che la donna, a differenza di te, è in grado di svolgere più azioni contemporaneamente 3) nella migliore delle ipotesi, la richiesta giunge lampante senza tanti giri di parole: “ ti cavi?” (i.e. = ti scansi?) Se invece decido di abdicare riposandomi davanti alla tv dopo una lunga giornata di lavoro, vengo prontamente richiamato nel suo regno nella duplice veste di “cortigiano” e “cenerentolo”. Tuttavia anche in questa situazione, l’uomo deve dar prova di conoscere perfettamente la sua esatta posizione, schivando, leggiadro come un ballerino alla scala, la propria compagna che si muove freneticamente da un lato all’altro della stanza. Ed ecco, ad un tratto mi è tutto più chiaro. Come dopo un temporale le nubi si dissolvono, cosi il vapore delle pentole svanisce e scopro che nel dubbio adamico di “esserci o non esserci” c’è una “o” di troppo. “Esserci E non esserci” questo è il problema!!!
CUCINA Chiamatemi “mani di fata”
Chiamatemi “mani di fata”. Più precisamente, “addetto al lavaggio delle stoviglie” e “aiutante cuoco per contorni e filetto”. In realtà ho acquisito solo il monopolio di zucchine trifolate, patatine in padella e filetto alla piastra. Ogni altro mio approccio culinario viene irrimediabilmente deriso e stroncato. Pensare che quando non convivevamo veniva spesso a cena da me e non si lamentava! Ad essere sinceri però la cosa non mi disturba affatto: ai fornelli è molto brava, si rilassa, se è rilassata non mi stressa e ci guadagnamo tutti! Pur pesando 50kg le piace mangiare, non è una tipa da insalatina e quando facciamo la spesa si gira e mi dice: “prendiamo qualcosa di bello peso? salsiccia? lardo?”
Già, la spesa. Li vedo in pausa pranzo al supermercato. Vagano come zombi fra le corsie, tra le mani un fogliettino con la lista... sì, “perchè la lista NON è vita” ma un suicidio programmato! Vai per comprare del pomodoro e ti trovi davanti al muro del pianto: passata rustica, vellutata, a pezzettoni, a dadini... Per te uno vale l’altro. Per lei, no. Lei ha la sua marca, il suo formato per non sprecare: tutte informazioni volutamente omesse per metterti alla prova. Per vedere se - come dice lei - “hai occhio”, per capire se prendi le cose alla rinfusa o se, sempre come lei, operi una scelta ponderata. Ti fermi un secondo. Ti guardi in giro. Incroci lo sguardo smarrito di un tuo simile, quando noti una cosa: sta telefonando. Con la testa annuisce, pochi accenni di parole, non
riesce a finire una frase. Tutta colpa della “romanzina”, già, sempre lei in agguato per svilirti, mortificarti ricordarti che sei un peso morto e che non aiuti, non impari, non vuoi imparare. A questo punto ti rendi conto che chiamare non ha senso, potresti in pochi secondi ritrovarti in quella stessa situazione ed essere additato come un incapace. Lei, anche se risentita della tua richiesta di aiuto, godrebbe del fatto che senza un suo cenno non ti sei mosso, alimentando cosi il suo potere e senso di autostima. Tutto a un tratto però eccola: la soluzione è lì, chiara, davanti a te, ti salverà la spesa e ai suoi occhi risulterai stranamente affidabile.
Si chiama “prodotto in offerta” (...anche quando non lo è). Ed è cosi che ritornando a casa e mostrando l’acquisto del vasetto - sbagliato - potrai dire orgoglioso queste parole: “cara, ho preso questo perchè aveva lo sconto del 40%... un vero affare”. Hai pensato, hai agito, non hai chiamato: per questa volta siete stati risparmiati entrambi, tu e il pomodoro.
CUCINA Sulle tracce del colpevole
Potrei intitolare questo capitolo, “Alla conquista del frigorifero”. Grazie alle moderne tecnologie, oggi il consumatore può scegliere tra una miriade di tipologie differenti: abbiamo frigoriferi con box esterno che fanno il ghiaccio, che ti consentono di guardare al loro interno senza bisogno di aprire la porta, che ti comunicano quando è arrivato il momento di comprare il latte o se sei stato per troppo tempo in giro a fare aperitivi e hai mandato a male mezza spesa. In caso di convivenza esiste però un’ulteriore modello in commercio: il frigo “spione” e solitamente è quello di cui disponiamo. Non si spiegherebbe altrimenti come in assenza di sms, e-mail o twitt il frigo comunichi segretamente con la tua compagna, vanificando ogni tentativo di nasconderle qualcosa. Premetto che anche qui LEI regna incontrastata: ripone ogni cosa in maniera maniacale in modo da avere tutto visivamente sotto controllo, suddivide il cibo per piani ed effettua periodicamente delle spedizioni punitive alla scoperta di quello in scadenza. Anche qui, prendere e spostare un alimento sul piano errato, fa entrare la donna in “modalità romanzina”. Il mio suggerimento pertanto è quello di munirsi di cellulare e scattare qualche fotografia, in modo da avere non solo un riferimento immediato nel caso nutrissimo qualche dubbio sull’esatta ricollocazione del cibo, ma anche una prova tangibile qualora ci venisse rinfacciato qualcosa.
Mai e poi mai credere di farla franca, perchè dove non arriva la donna entra in azione il “frigo spione”. Parlo per cognizione di causa! Di rientro dalla spesa, contento di averle preso le olive all’ascolana - di cui va matta - apro lo sportello del freezer per riporle e di colpo vengo investito da un brivido profondo. Niente a che vedere con la temperatura sprigionata dall’elettrodomestico, in questo caso il gelo mi scorre direttamente nelle vene quando scopro che uno dei cassetti ne contiene già una confezione. Sento le voci? Si si, mi pare di sentirle, piccole olive maledette pronte a fare la spia e prendersi gioco di me. “Posso sempre gettarle via” - penso - “non lo scoprirebbe mai”. Ma il cibo non si spreca! Preferisco correre il rischio, tanto il freezer non lo apre molto spesso potrebbe anche non accorgersene, potrebbe non sentire quelle vocine intriganti richiamare la sua attenzione, oppure trovarle e pensare di aver fatto un doppio acquisto. Per qualche giorno tutto scorre liscio, lei ignora il freezer e il freezer ignora lei. Quando ormai il misfatto sembra dimenticato e superato, eccola. È arrivato il momento del check-in: avanza come una valchiria verso lo sportello incriminato, apre tutti i cassetti per fare una sorta di inventario mentale e... tac! In stile moviola, lentamente ruota il capo, nella mano destra la confezione incriminata e sogghignando se ne esce dicendo: “e questa?” . Capisci allora che con lei non puoi competere, qualsiasi oggetto cercherai di nascondere, come un cane da tartufo, lo porterà alla luce. Fortuna? Semplice curiosità? ... o forse è una strega che parla con i mobili?
Maledetto frigo spione!
A Luca, che con tanta pazienza mi sopporta e dopo 8 anni sa guardarmi ancora come se fosse il primo giorno.
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... the end