Del Cenacolo di Leonardo da Vinci

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DEL

CENACOLO DI

LEONARDO DA

VINCI.


ènsi'Joig

à^eràf, x-^/ve» nemi^uvrcii.

Non

è

certamente vietato

il

dar giudizio su quelle

arti in

cui furono eccellenti Àpelle,

Zeusi e Protogene ed altri Pittori

rinomati, nè anche a coloro

i

che allevano quagli

quali

non hanno la

stessa abilità

artefici.

Dionie;i d' Alicarnasso, flel carattere di Tucidide.




DEL

CENACOLO DI

LEONARDO DA VINCI LIBRI QUATTRO

.

DI

GIUSEPPE BOSSI PITTORE.

MILANO DALLA STAMPERIA REALE M D C C C X.



AL DUCA DI LODI L'AUTORE.

Un

vostro antenato o dello stesso vostro

nome fu

amico ed erede del divino Leonardo da Vinci, e senza strane ingiurie di tempi e d'uomini, tra

discepolo,

le i i

rare cose

da

Voi

stesso raccolte vantereste ereditati

preziosi volumi lasciati da que II' artefice singolare, quali son ora tra' primi ornamenti di varie reali

biblioteche.

Permettete adunque che

io

v

intitoli

,

e


,,

con

lieta fronte accogliete

quanto ho potuto radunare

intorno alla maggior opera di quel

non mi muove

tanto piÚ che a ciò /'

amor

ma

sommo

Pittore

solo

nome

il

e

che da quel suo discepolo ereditaste,

dell' arte

mia riconoscenza alt amichevole protezione (quale mi avete in ogni tempo cresciuto t animo

la

colla

ne' pittorici studj

,

volgari cP operare. (questa

candida

unendo

E

come

offerta se

ai consigli occasioni altro fine io

non

non ho

non che di darvi del

in

rico-

noscente animo mio quel migliore pubblico testimonio

che

per me

vostre lodi si

ne

;

si

possa , non udrete qui

che nulla d' (dtronde

aggiungerebbe alla il

vostro

nome

fama

per

il

le

suono delle

mie parole

del benefico vostro genio,

da ripararsi fra le oscure produzioni , da che Voi stesso

è tale

dediche delle letterarie

provvedeste (dia sua vera gloria

scolpendolo

,

nelle

menti e ne' cuori degli uomini con isplendidi beneficj e colf operosa devozione alla patria.

\

I

)


DEL

CENACOLO D

I

LEONARDO DA VINCI LIBRO PRIMO.

/

INTRODUZIONE.

Ho

deliberato

Leonardo

da

di

Vinci

scrivere

nel

alcune

convento

finora fu scritto di sità

intorno

cose

delle

al

Cenacolo

Grazie in Milano

,

dipinto

perchè

da che

ciò

si mirabile opera non mi è sembrato bastare nè per la curioné per l'istruzione degh studiosi delle cose del disegno. Sebbene tempo e T ingegno sufficiente onde tessere tale lavoro che intero ,

degli eruditi

mi manchi

il

,

ottenga lo scopo di soddisfare agli uni ed agli

altri

;

pure

ita

me-

queste mie

morie spero di meglio ad esso avvicinarmi che non fecero coloro che in questo argomento mi precedettero, de qtiali altri poco o nulla seppero di pittura, altri sapendone non istudiarono abbastanza \ opera per degnamente parlarne. ,

altro

fondamento so

io

giori e più lunghi studj

da

ebbi speciale

in

Viceré col

occasione

d'Italia.

vantare a sostegno di tale lusinga, se

me

fatti

su

questo prodigio

una copia che

di

esso

non

delF arte

,

e

più

le

mag-

mi venne commessa

Considerato successivamente lo stato dell'originale ed

quale fui costretto a ritrarlo,

i

de' quali

il

dal

modo

molte cose che l'esame delle opere


,,

s

mi

e de" precetti dell'autore

mi

anche

le varie

mezzo

tal

costrinse d'introdurre o di lasciare nella

poco a poco sforzato

trovai a

copie

a

ne esistono, e finalmente

clie

copie

,

,

ma

mia, rendendo conto per

perchè diverso

arbitrario,

o dai ritocchi da' quali V originale fu de-

Per una naturale conseguenza

turpato.

la

mia copia,

I opera per sè

solo

nuovo ed

di ciò che in essa potrebbe parer

o dalle stampe o dalle altre

per quanto mi

non

descrivere

e specialmente

ad oggetto di avvicinarmi,

mente dell' autore nelle parti che ora sono perdute affatto ho dovuto stendere le mie indagini sulle di lui opinioni intorno varj rami dell' arte sempre in tutto servendomi dell' autorità o de' suoi è stato possibile

alla

,

,

,

Pel

o delle sue opere di disegno.

scritti

modo

tal

questa descrizione,

dare una idea più ampia del dipinto del Vinci a scessero,

ed

oltre

renderà manifeste

qualche notizia che potrà somministrare le fonti alle quali io attinsi

che copiare questo lume della pittura alla

mia, potrà,

le sue

aggiungendo

la perfezione la restituzione di

A

questi diversi fini

quello cioè

alla

storia dell'arte,

se

altri

avrà un' occasione pari

fatiche, portare

sempre

piri

verso

originale.

uno ne aggiungo per me qualche vantaggio

recare

di

mie

degno

si

il

per, direi quasi, ricomporre anzi

talché

,

alle

oltre

che non lo cono-

coloro

di

non minore importanza

a que' giovani

del disegno, studiandomi in questo scritto,

che praticano

le

arti

senza la gravità spesso nojosa dei

sia di vedere le opere altrui di raffinare la loro maniera sia di comporre le proprie. Pei quali siccome per gli altri che per diverse rami è sembrato comodo il gioni non isdegneranno di scorrere questo volume riducendo cosi sotto un solo punto di vista ciò dividerlo in quattro libri e non isforzando che può essere più importante a tale o a tal altro lettore di tutto lo scritto onde avere sott' occhio ciò che ai piiì tediosa alla letmra

trattati

,

,

,

,

,

,

,

,

,

ciascheduno preferisce a norma de' proprj

studj.

Perciò in questo primo libro

darò ragguaglio degli autori che scrissero del Cenacolo: la descrizione

alcuni

altri

;

nel terzo ragionerò delle copie

all'

prontamente a memoria

anche da coloro

chi

fosse

l'

ma

digiuno

ove tralascio di copiare fatti

storia

pittorica

da

spero che epoche più importanti della sua vita rammentandole, mi verrà concesso ,

brevemente accennarle. Io non prometto

non per

della

per quelli pure che amano richiamarsi

alla cui dottrina si fa torto

cose uè pellegrine notizie

e

finalmente tratterò

autore.

non solamente per

ignorare chi e qual fosse Leonardo,

di qui

secondo ne conterrà

il

nel quarto

argomenti che a questa dipintura possono aver relazione o diret-

tamente o rispetto Intanto

:

:

gli

come fanno

mio

solo vanto è

altrui; l'esporre le

taluni

;

e

il

in questo

il

non

compendio né nuove mio

sostituire errori del

congetture unicamente per

dare in fine per

fatti

che sono provati e sostenuti da una o più ragionevoli autorità sono in contrasto colle

storie

contemporanee di cose maggiori.

tali,

soltanto quelli ,

e che

non


COMPENDIO DELLA VITA DI LEONARDO. Ljeonardo, figlio di Piero e d'una ignota donna da questo amata probabilmente prima del suo matrimonio con Giovanna Amadori nacque in Vinci l'anno 1453. La bellezza, la grazia e gT indizj d'un ingegno maraviglloso lo ,

distinsero

fino

dall' infanzia.

Destro

,

irrequieto

,

intraprendente

riusci nelle cose più difficili, e specialmente in quelle

doppio

che

si

,

si

provò e

compongono

del

profonda della mente e della industriosa ed elegante imitazione della mano. Scoperta il padre una tal indole che porta con forza r ingegno e F animo verso le ard del disegno il pose sotto la disciplina di Andrea Veroccliio che tutte le professava lodevolmente. Egli progredì della speculazione

artifìcio

,

tanto neir esercizio di esse che in breve

tempo fece cose per 1' età sua miraspecialmente in pittura ed in plasdca. Pare che la sua emancipazione dalla scuola del Verocchio avvenisse allorché questi, vedendosi vinto in pittura dal

bili

,

discepolo, raviglia di fatto

,

non volle più dar mano ai pennelli. Se un tal fatto eccitò tanta medee necessariamente essere avvenuto nella prima età di Leonardo Vasari, cui però vuoisi credere con discrezione, lo chiama a questa :

il

epoca giovinetto al pari di

Giovami

anzi fanciullo.

,

Michelagnolo

apersero con gloria una

di ciò osservare

,

onde

fiir

vedere che

di Raflaello e di altri molti che in qualsivoglia facoltà , strada mal tentata o sconosciuta, anche Leonardo lasciò

di buon'ora la scuola, e da solo attese allo studio della natura che direttamente

non per mediatori ama di confidare i suoi segreti agl'ingegni che predilige. Che SI facesse Leonardo in questa prima epoca della sua vita pittorica, è assai incerto. Si in questo tempo come nel seguente, la tradizione è spesso in e

lite

colla critica. Si dice che vivesse splendidamente, e

casa

che quantunque di sua

non

ricco, signorilmente esercitasse le varie sue professioni, mantenendosi servi e cavalh. Da ciò apparisce ch'egli guadagnasse assai, e questo difficilmente

avviene a giovane artefice che poco sia stato di

Gh

si

affiitica.

Però è da credere che a torto

ciò accasato.

uomini d'ingegno pronto ed acuto, che sciohi dagl'inviluppi

disciphne cercano da sè

delle felse

vero nella natura, imparano rapidissimamente; e sebbene diano gran tempo allo studio, ne avanza loro ancora molto da constessi

il

sumare nelle brigate, fra le quali per lo più non sono spind da vana curiosità e da leggerezza, ma dal desiderio di conoscere i costumi degli uomini, scienza

non men che

al filosofo

non Che se

allo svagarsi,

fanno

fede.

necessaria al pittore.

era perduto per l'arte, si

suoi precetd in più luoghi ne legge nelle storie, che grandissimi re e legislatori e filosofi

gravissimi solean rallegrare

indegne di quelle gravi

magisteri

tempo che Leonardo spendeva

Il

come

alte

i

loro ozj con piacevolezze che agl'ignoranti sembrano

condizioni;

delle arti

i

non

della fantasia

sarà da farsi stupore in vedere

accompagnati da qualche

i

men

lieta bizzarria


IO

ài costume. Il vero artefice, pari

ragione

ed a

di vita,

Dante eccitava attendendo niera

alle

,

ragione

,

a

non

al filosofo,

Bruni

l'Aretino

un tempo

ai

ride di coloro

si

,

i

parla

profondi studj

cose dello stato ed agli scherzi e

dico

esce di scuola che coU'uscir

dove

della

meraviglia che

scientifici

d'

ogni ma-

giuochi de' giovani suoi pari, a

a'

quali credono che per apprendere qualche

arte o scienza sia necessaria la severa e continua solitudine e selvatichezza.

Ma

per tornare a Leonardo che con questa corta digressione volli difendere dalla io penso che in quegli anni taccia datagli da taluni, di distratto e bizzarro ,

suoi primi gli

possano attribuire quelle sue pitture che tengono ancora della e che sebbene non manchino di forza nel chiaroscuro sono

si

maniera vecchia

,

,

languide di colorito e peccano di livido.

Per molte ragioni che forse mi avverrà di più diffusamente esporre in seche Leonardo partisse assai per tempo da Firenze, non sembrandomi sopra tutto credibile che ne sia uscito mentre principe di quella guito, io son d'avviso

città

con

fioriva

tutte le arti belle

chiamato a dirigere lo

stato

dopo

o ben pochi anni

il

fino dal

magnifico Lorenzo de'Medici, 1470. Avrà

lasciata la sua patria

,

il

quale fu

dunque o intorno a tal anno onde altrove cercare occasione

d'impiegarsi nell'arte e poter godere di quella quiete tanto ai buoni studj necessaria, che sotto il governo debole di Pier di Cosimo fu sempre mal sicura

congiure,

fra

le

nel

nuovo ordine

d'allora ei

di

né parca potere prontamente ristabdn-sl Giudico che fin

cose che Lorenzo andava componendo.

recasse in

si

e le guerre,

le parti

Lombardia ed

a

qui forse chiamato dal

Milano,

neroso premio della decantata rotella comprata, a quanto dal

duca Galeazzo allorché nel 1471

Continuati in Milano

si

recò pomposamente a Firenze colla moglie.

preparossi a poco a poco la strada alle grandi opere la

riputazione.

sua

tempo

,

non

Che non rimanga

è meraviglia

tempo famoso,

suoi studj e rendutosi in processo di

i

,

ge-

può congetturare,

si

suoi

de' lavori

ricordo

dee principalmente

cui

di

quel

priiuo

perchè forse versarono principalmente intorno

alla

che non suole di sè lasciare piacevoli memorie; e ciò lo induco da una sua lettera in cui assai più che delle altre arti che pure egregiamente professava, egli fa gran pompa di questa, e vanta, probabilmente meccanica militare,

a

buon

di molti

in

arte

diritto, grandi invenzioni

anni

(o.

Lombardia

cesco Sforza

,

egli venisse,

allo

proponendosi di

della quale opera è verisimile

immediatamente dopo alcuni versi

che suppongono

del

la

che pongo

fra

le

stesso oggetto fa eseguito dal Veroccliio.

primi anni

nome

governo di Galeazzo

ricerche

taluno

e

l'esperienza

che

arguire

equestre

statua

la

di

Fran-

che vi fosse pubbhco argomento

morte di quel grand' uomo

Taccone,

lieto principio del

fare

le

anche

senza fondamento potrebbe

note

,

(•),

come può giudicarsi da e da un modello che

Forse anche

Maria

il

chiamò

fra

noi

che pari a Nerone ebbe

di ottimo e libéralissimo principe.

Chè

se poi

non

si

il

nei

volesse


,.

credere

antico fra noi

,

parmi non

Lodovico

si

possa

suo spatriamento collocare più

il

relegazione di Pisa nel 1477, alla qual congettura potrebbe in qualche modo rispondere un passo del Bellincione (3). tardi del ritorno di

ultimamente

Salito

al

velo alla sua tirannide di

Leonardo fu

stabilita.

dalla

governo della Lombardia Lodovico

Una

ricchissima pensione e

del principe lo misero in istato di attendere alle

che lo studio ed

fece

arti

generosi doni

replicati

i

con

que'

tutti

comodi

di

liberale esercizio di esse abbisogna. Allora fu ch'ei rifondò

il

l'accademia milanese, istituendone una nuova cui diede

dovi tutto ciò che

Moro che

il

col prestar favore a tutte le nobili discipline, la sorte

il

suo nome, e insegnan-

disegno appartiene, col fondamento delle scienze e colle attratdve dell'eloquenza, nella quale era maraviglioso non solo per l'avvenenza al

dell'aspetto e per la grazia de' modi e

sentimento, per

la

Oltre minori opere delle quali è assai incerto allora

l'

incarico

ma

del sermone natio,

per

la forza

del

perspicuità delle sentenze e per la profondità della dottrina.

del

il

catalogo

e

l'esistenza,

ebbe

gran Cenacolo delle Grazie e del colosso equestre

del

duca Francesco. Quesd due grandiosi lavori l' occuparono probabilmente tutto il tempo eh' ei servi la corte presso Lodovico. Sedici anni impiegò egli a fare

modello del colosso

il

Cenacolo

dirà

si

,

molte opere d'ogni genere, le

si può giudicare che ne impiegasse La direzione dell' accademia di pittura e

quanti

:

in altro luogo.

lo studio delle scienze tutte,

idrauliche e delle meccaniche

esercizio

1'

,

ma

specialmente del-

dell' architettura

in fine della musica e della poesia, avranno renduto

al

di

,

passatempo

il

ore che a Leonardo avanzavano dalle dette due grandi opere di scultura e di pittura. Caduto il Moro nel i5oo, e involta la Lombardia in tristissime vicissitudini, o fosse amore di patria riacceso dall'avversa fortuna, o fosse quello stesso amore della quiete

del

civile

che io suppongo lo allontanasse da Firenze

governo di Piero

non

della sant'Anna,

parte

d' Italia

,

egh

,

vi

tralasciando gli

stipendiato

dal

ghiari,

tutti

m

col cpale

,

un luminoso

come

già

saggio

restituì

si

suoi

altri

duca Valentino

Tornato nuovamente a Firenze, fece patria

il

a Milano della

le

vi

col

,

Dopo

durante

fece

il

la

tempesta

famoso cartone

Nel i5oa viaggiò gran come architetto militare

studj. ,

(4)

Cenacolo e col Cavallo, diede in

sua nuova maniera

non eccettuati Michelagnolo cose di Lombardia nel 1607 egli

stipendio dal re di Francia.

e

celeberrimo cartone della Vittoria d'An-

approfittarono,

meglio

assai brevi le

altri

della

e Raffaeho.

ritornò a

viaggi o incerti

quale gli

artefici

Mentre piegavano

Mdano

ed ebbevi

,

o poco importanti

Roma nel pontificato di Leone ma poco vi si trattenne male accomodandosi la sua vita filosofica ed il suo lento meditare le proprie opere ad una corte romorosa, brigante ed avvezza in fatto d'arti, specialmente dopo

recossi a

,

,

,

la furia

da

di Giulio

,

a veder

prontamente poste ad

artefici risoluti, vivacissimi, quali

effetto imprese grandissime erano Bramante, Raffaello e Michelagnolo.


,

In

sempre di quella

traccia

gli

venne turbata ora

che se in Toscana e in Lombardia

tranquillità

dalle vicende

fazioni, ora

dalle

guerra

della

venivagli

,

Roma dalla vigile emulazione e forse dalle brighe, non de' suoi grandi ma de" cortigiani loro fautori, s'appigliò al partito di andare in Francia

tolta in

rivali,

agli stipendj

gran re Francesco. Ivi poco operando

del

sua morte che avvenne

Melzo ed alcuni

del

passi del

del chiarissimo signor Venturi

zione

che d'altronde

,

fa

,

Lomazzo

non può ammettere

la critica

più onore

assai

Pochi lavori sembra che facesse

nuove perfezioni

seguendo

,

non sapea

ne accrebbe

opere

il

leggono

si

di quadri

si

,

diminuì certamente

pregio e l'eccellenza. Se

ed

,

ai

torre le

numero

il

si

crede

ai

si

,

ammira

in

Parigi

delle sue

condotte, in breve,

w

i

trattati

,

danno, per

le gallerie

.

Quale

de'

la

due

ritratto di

il

partiti

che di molte facoltà

ei

altresì

gli

si

sia

il

e specialmente

,

monna

Lisa che ancora

ragionevole

,

è

facile

porrà a considerare

il

compose; chi esaminerà, a dir

tutte le scienze

abbia poco operato di pittura e di rilievo storie

minori

,

delle tre maggiori sue opere, tutte

ingiusti

a la

il

gran

invenzioni in meccanica, le grandi opere idrauliche da lui

quanto debbangli

varj ritratti e

mercanti

i

perfezione con cui soleva con-

che chiunque

,

e

con cognizione

chi osservasse

opere veramente sue

le

che ne rimane, e

la parte

Certo parmi però

giudicarlo.

numero

attribuitegli

e della quale sono testimonio

Cenacolo per

sue produzioni,

ingiusta la taccia data da più scrittori

troverebbe forse

durle

cjuale,

dalle sue opere

delle

maggior parte delle opere che da tre secoli gli

il

il

cataloghi che delle sue

ma

si

tradi-

ora imaginava

,

mani

questo grand" uomo, d'aver poco dipinto;

elogi

sommo,

ora trovava

,

Leonardi che vantano

tanti

troverà fuor di dubbio

incerta

Questa lodevole insaziabilità, propria

e tutte a parer suo le lasciò imperfette. de' grandissimi ingegni,

l'

Francesco che a Leonardo.

al re

in sua vita questo artefice

le quali

silen-

il

e d'altri, e più le recenti ricerche

(')

profondissimo indagatore della inesauribile natura

ma

fino alla

secondo alcuni

e

,

nelle braccia stesse del re. Della quale circostanza, osservato

scrittori,

zio

trattenne

si

a di maggio del iSig a Cloux

il

si il

e ,

tutte le arti,

il

tutto

troverà ch'egli

quando non facendo parola dei

abbia riguardo

Cenacolo,

non

alla

grandezza ed importanza

Cavallo e la Vittoria d'Anghiari,

ora quasi interamente perite con incalcolabile danno

dell'arte.

L'angusto

confine d'un compendio

non mi permette di qui parlare delle altre opere sue, nè de' suoi scritti de' quali mi venne fatto di scoprirne alcuni del tutto sconosciuti ed importantissimi. Mi limiterò dunque a dire che Leonardo una intera età prima di Galileo, di Bacone e degli altri luminari della moderna filosofia, pose per fondamento universale d'ogni scienza, l'osservazione della namra e l'esperienza: che primo spinse le arti del disegno alla perfezione degli antichi; che ,

in

fine fu

superiore

al

suo secolo in ogni parte

dell'

umano

sapere

molte parti di esso non è stato ancora dai moderni sorpassato.

e che in


,

SCRITTORI CHE FANNO MENZIONE DEL CENACOLO. Troppo

lungo sarebbe

qui riportare Y intero catalogo degli

il

cialmente moderni, che parlarono del Cenacolo; accennerò soltanto che giunsero a

mia

notizia; e

dell'

importanza e della

i

spe-

,

principali

cominciando dai più antichi, scenderò

per ordine fino a quelli de" tempi nostri a seconda

autori

dunque

dandone più o men lungo ragguaglio

,

rarità delle loro opere.

'LUCA FAGIOLO. (1498W) primo ne' cui scritti veggo lodata cpesta pittura è frate Luca Paciolo Borgo S. Sepolcro. Nella prima sua opera pubblicata sul finire dell' anno 1494 che ha per titolo Summa de Aiithmedca , Geometria, Froportioni et FroporIl

,

dal

,

tionalità

sebbene

,

nardo non

si

faccia onorevole ricordo di molti artefici illustri

si

parla affatto

ignoto di persona

il

;

al frate

che

fa

congetturare

Vasari

ma

credere

fa

,

Leofu

Moro, ma Lombardia, nè prima, come

innanzi che questi venisse alla corte del

che la fama sua non era a quel tempo uscita di il

di

,

che non solo Leonardo

Perchè siccome il frate aveva avuto pricommercio in tutte le grandi città d'Italia, eccetto

stabilita altrove.

di quell'epoca stanza e

se avesse trovato grande il nome di Leonardo o a Firenze o altrove, non r avrebbe dimenticato là dove nomina tanti artefici inferiori a lui. Ciò volli dire per avvalorare la mia congettura che Leonardo uscisse di Toscana innanzi

Milano

,

fiorire

al

governo di Lorenzo, e che fra noi facesse gran parte de' suoi quella riputazione che gli diede in seguito il primato fra i

del

e ottenesse

studj

suoi pari.

Nella seconda opera poi dal Paciolo composta intorno alla

i

Sog e che porta per

Leonardo e del Cenacolo

di il

luce nel

,

ma

titolo

al 1498, che venne Divina Froportione, non solo si parla

ancora del famoso colosso equestre di cui e fin anche il peso del metallo che vi

Paciolo dà esattamente la misura

,

abbisognava per fonderlo. Nella dedica

Soderini

al

osservare scalpta

,

1'

la

inesatta

espressione

mano

di

Nel primo

a lui

dì 9 di febbrajo del

distinti

.

Leonardo

.

capitolo diretto al

(s).

Vincii nostri Leonardi tal

opera

Leonardo da Vinci, nel qual caso

segnate.

più

.

assicura

di

quale fece dire al Tiraboschi dove parla di

jìgure scolpite per

il

Scliemata

che

ci

mano

del codice della Divina Proporzione erano di

Moro accenna un

si

,

le

figure

È

ivi

da

manibus

Aggiuntevi

doveva dir

le

di-

consesso tenuto avanti

1498, al quale intervennero gli uomini della corte per dignità e per sapere e fra questi era Leonardo da Vinci ,

qual, die' egli, de scultura, getto e pittura con ciascuno

el

cognome

verifì,ca,

cioè


Ì4

vince

tutti

O).

A

prova di questo freddo elogio; dopo aver citata e descritta la Francesco Sforza, rammenta il ligiadro de F ardente desiderio

statua equestre di

de nostra salute simolacro nel degno e devoto luogo de fectione del sacro tempio de

Nel capo

mano

Cratie de sua

le

enfaticamente lodando la pittura

III

corporale e spirituale re-

penolegiato.

Ohimè

,

dice

,

,

chi

è quello

che vedendo una ligiadra figura con suoi debiti liniamenti ben disposta, a cui solo

par che manchi

el fiato

non

,

la giudichi cosa

più presto divina che umana

E

?

tanto la pictura imita la natura quanto cosa dir se possa. El che agli occhi nostri

evidentemente appare nel prelibato

salute

non

nel qual

,

è possibile

simulacro de

l'

al suono de la voce de l'injallibil verità, quando disse:

TDRUS

Dove con admiratione par EST.

ardente desiderio

con maggiore attentione

a

acti e gesti l'uno

vivi gli apostoli

de

nostra

imaginare

unus vestrvm mh tradi-

l'alao a l'uno con viva e af-

l'altro, e

che parlino, si degnamente con sua ligiadra mano el nostro Lionardo lo dispose. Al capo XXIII avendo negli antecedenti parlato de' tredici principali effetti della sua divisione proporzionale, si protesta di non voler oltrepassare questo

flicta

,

numero a

sacro del

qual

duodena

reverentia de la turba

collegio

continua

,

singoiar dcvotione per haverlo

il

frate

e

,

nel preaducto

luogo

sanctissimo capo

del suo

comprehendo

V.

D.

sacratissimo

.

.

.

Celsitudine

havere

tempio de

Cratie

dal nostro prefacto Lionardo con suo ligiadro penello facto disporre. Al capo VI delle cose arcliitettoniche ci assicura di nuovo ciò che disse al

Soderini intorno

alle figure de' corpi.

del Cenacolo

tizia

a

,

compenso

Ho

della

sperato invano cjualche più utile no-

nojosa lettura di questo libro del quale

avrò nonostante occasione di parlare altrove.

Panni dover qui avvertire essere necessario di procedere con cautela nel fede alle proposizioni di questo autore. L' incerto ed imbrogliato suo fraseggiare è cagione di mille dubbj ed ha indotto molti in errore. Egli introdusse con pessimo esempio, e in ciò fu forse il primo, lo stile contorto, prestar

,

e ripieno di tropi

affettato

,

che in quel tempo applaudivasi

sul

pergamo

,

nelle

materie didascaliche che più d'ogni altra esigono scrupolosa lindura, semplicità e proprietà, sia ne' vocaboli sia ne' modi. La maniera con cui all'epoca del libro,

non

sopra

intorno

al

principiare

cioè abbozzata.

La

al

frase

Un

passo tre

(.»)

ma

,

fa

non

fosse

soltanto disposta,

che indicai usata per dire di Leonardo

in legno.

soli

dell'anno 1498, descrive il secondo e terzo passo qui

termine a cui lasciolla l'autore,

Divina Proporzione

che

Il

Ceitacolo fanno cjuasi sospettare che quest" opera

tempo condotta

libro della

der.e

al

equestre, lo fa credere fuso in bronzo.

citati

a quel

stampa di esso, cioè

della

già

colosso

le figure del

pensare che quelle fossero incise in rame o

dove parla della sua partenza da Milano farebbe cre-

anni fosse stato Leonardo pensionato dal duca Lodovico.

così dicasi di altri luoghi di detta

E

opera che ogni paziente può esaminare, e


«5

fbe risvegliano non irragionevoli congetture di cose

Intorno

false.

duLbj qui

ai

sopra indicati esistono fortunatamente notizie e ragioni in contrario che tolgono

ma

ogni pericolo di errore:

può da

si

in grazia delle frondose sue frasi

che da

nello della

Ad

opere, sebbene ora quasi dimenticate, sono per molti

le sue

voli,

con quanta precauzione,

questi imparare

deliba usare della sua autorità nelle cose

si

dichiarate o confermate.

non vengano

autori

altri

,

modo però

ogni

prege-

titoli assai

hanno gran debito, come può vedersi siasi poi o no fatto bello delle opere di Piero Se egli altri. ed in Ximenes solennemente il Vasari è difficile il attesta maestro come suo Francesca ed è certo che

le

Matematiche

gli

,

,

ad evidenza

chiarirlo

,

vi riusci

Paciolo perchè anch' egli

dell'

il

Tiraboschi.

Della Valle

Il

ordine di san Francesco

confratello del

difende assai debol-

il

,

,

men forti ragioni. mente colla gran fama della quale godeva di addurne una più valida, e che La lettura de' suoi libri mi ha posto in istato Valle credetil Della sola a mio parere può bastare all' intento. Il Tiraboschi e fatti; e l'opinione tero morto Piero della Francesca prima d'assai che non fu in ch'egli abbia cessato di vivere intorno al 1484 fu anche ultimamente accreditata con

in Italia e

altre

dall'egregio abate Lanzi nell'uhima impressione della sua Storia Pittorica. Se gli

che scrissero del Paciolo

autori

nome

Piero col

di

,

avessero

avrebbero trovato

stampata nel 1494 <),

Monarca a

della pagina

el

il

menzione

vi

,

ma

ancor vivente,

di

che non avrebbe

XIX

delle

aggiunge quanto basta onde

Più chiaramente poi

a tergo

,

68 parlando di Piero con nuove lodi, lo dice non solo, a

li

di

recentemente autore d'un degno libro di prospettiva^

nel qual altamente de la pictura parla e la

bel principio

enfatica frase al capo

la stessa

nel iSog a Venezia

che a quel tempo più non vivesse.

far credere

nostri

scritte

al

tempi nostri della Pictura,

li

detto s'egli era morto: che s'ci ripete

cose di architettura

sua Simiina de Aritlunctica

la

letto

forvisi

ponendo sempre al suo

dir ancora ci

modo

figura del fare. El cpiale, continua frate Luca, tutto habiamo lecto e discorso: lui feci vulgare

qual

suo assiduo consotio latina

,

poi

e

;

el

le

10 parole

le

la

Summa

sarà stata

rlietonco

exquisiti

9 recercano la proportione.

proportionare piani e figure con quanta facilità

So bene che

e

conterraneo maestro Matteo

ad verhum con

ornatissimamente de verbo

opera de

famoso oratore poeta

e similmente

E cosi

mai

si

lo

vocaboli.

greco

De

con instrumenti

possa

e

latino

a lengua

l'ecò

la quale li

insegna

e vie apertissime ecc.

composta in parte alcuni anni prima, come

apparisce in qualche luogo dell' opera e specialmente nelF articolo Idem noian-

duni de caratteribus algebraticis data di Perugia del 1487. frate,

della

a tergo

pagina 67

siccome l'edizione fu

,

fatta

dove sotto

si

gli

legge una occhi del

e dice egli stesso in fine che liane summam... impressoribus assistens die

noctuque proposse

manu

correre errori di fatto a quel

,

Ma

tempo

si

propria castigavit gravi

,

fosse stato morto.

come

il

,

non

dir vivo

da credere che vi lasciasse

è il

famoso suo maestro quando


,

Se poi

libro

il

dedica

nella

,

lungamente qui sopra descritto

duca

al

pictorìa e de la lineai forza in perspectiva ,

il

C|ual era

Paciolo

il

tore dell'opera trafugata,

dedicandola a

)

da Montefeltro e Pier Soderini.

\

Vasari,

nare

;

rebbe

distinto e stimato

per

tanti

^

per propria un' opera

lo spacciare

,

che

se

il

frate avesse

il

altrui

Moro, Guidubaldo fatto come attesta il

uomini quali erano

tali

Il

plagio

,

assai col titolo di

piià

stata

immediatamente scoperta

e vergogna perpetua. \^

uomo

il

pazzo che di sfacciato parmi dovrebbesi nomiperchè o da que' principi o dai letterati delle lor corti , l' impostura sa-

I li

arte

l'

supponendo morto l'audiventa una impudenza incredibile e del tutto nuova è improbabile

,

negli annali delle ruberie letterarie

virente l'autore,

citato

de

tractcuo

lascio volentieri all'altrui giudizio.

Ciò che parrai sicuro egli è che se in un titoli,

che quello

sia lo stesso

Urbino e che chiama Compendioso

d'

edizione

eh' ei

Restami

a

e

,

l'

pubblicò delle Vite

impostore ne avrebbe avuto danno

che

notare

Vasari istesso

il

tralasciò

,

l'

f

stampato nella prima, nel quale veniva infamato

il

Paciolo

(>),

seconda

nella

Piero

di

epitaffio

la

che

aveva

qual cosa fa

supporre che l'autore dell'epitaffio avesse cangiato opinione intorno al frate, senza ragione. Aggiungasi in fine che il Paciolo pro-

e temesse di offenderlo

mette di dare un compendio da lui

che I

prova quanto

si

fatto

dell'

opera

fosse lontano dal defraudarlo

ei

del suo maestro

(.s)

non che del

libro

,

,

con della

lui anzi con cieco amor patrio esagerata ad ogni occasione. Della quale esagerazione, perdonabile ad un riconoscente discepolo, può esser

lode dovutagli, da testimonio la

'.^

non

esaltato,

architettonico

solo

del

di monarca della pictara con cui Piero fu da lui Sumnia pubblicata nel 1404, ma anche nel Trattato epoca in cui Milano e Firenze godevano le meravi-

frase

citata

,

nella i

$09

,

Roma

gliose opere del Vinci e del Buonarroti, e

per •

mano

Ma

Vasari non

il

più antico

,

fu

accusatore

che pubbhcò jleury

in

solo

il

di

cpiesto

1.529

della

il

corpo e

pagina xxxiv pretende

porzione della lettera dire

eh' ei

A

ragiona

,

si

menzione

cose

è esagerato

autore di

riforme,

come prima

,

ne copia

di lui, senza dirne

il

ricca

A

tergo

il

frate

sulla

pro-

Proporzione

,

prete ragionerebbe d'armi, e

lettera

tutto

ma

stravagante,

correggere

Cliamp

romane o

dette

della sua Divina

come un

,

intitolato ,

di varj artefici italiani.

due righe

come qua e là pel libro si studia non solo ma del tutto disdicevole

Paciolo in cose piccolissime

libro attiche

umano, opera

viso

che cominciando a sbagliare dalla prima tutte l'altre,

lettere

fa

cjuesto

tai

curioso

delle

il

e citando di

suo

il

nel quale diede le proporzioni

di varia erudizione, e nella quale

osa

Romani. memoria del Paciolo. Un altro povero frate fu Goffredo Tory de Bourges

nemico

l'anno

Parigi

antiche, regolate secondo

della

già vedea risorgere in Vaticano

di Raffaello l'antica eleganza de' Greci e de'

,

allo

stesso

d'avvertire.

nel

Il

modo procede

in

quale rimprovero

Tory che mentre accusa

il

sistema con poche aggiunte o

nè bene nè male, aveva

fatto

Alberto


,

>7

Durerò. Aggiunge poi ciò che più mi preme di qui notare, cioè ch'egli aveva inteso dire che l' opera del Paciolo fosse stata da lui segretamente rubata al fai messire Léonard Vince, qui

Ma

estoit

gmnt

Mathematicieii , Paintre

et

Imageur.

non adduce il Tory prova veruna, ed egli che fu in Italia e a Roma, e che potè conoscere Leonardo in Francia, avea ficile via di verificare ciò che aveva udito susurrarsi né avrebbe mancato di farlo cjualora per effetto delle di ciò

,

,

sue ricerche avesse sperato verificare la colpa del frate

non

,

contento di screditar l'opera del Paciolo onde dar credito

positivamente asserir nulla del suo plagio

con che non detto che

il

,

si

l'

innocenza.

Ma

sua, nè potendo

alla

accontenta di dargli mala voce

accorge di una patente contraddizione, cioè che poco dopo aver Paciolo tratta della forma delle lettere, camme clerc d'armcs, dice che si

lavoro dato per suo era del grande matematico, pittore e scultore Leonardo. Col qual colpo in fallo verrebbe a dire che Leonardo parlava di tali cose da il

presontuoso ignorante,

il che non accordandosi con gl'infiniti elogi da lui ripetuti a questo grand' uomo, scuopre all'evidenza la sua cattiva fede contro frate Luca. Che se poi il frate si fosse servito per f opera delle lettere della mano di Leo-

nardo

,

come

fece pei corpi regolari da

non avrebbe mancato

onde accrescer pregio al suo lavoro Leonardo delineatigli. Con tale ingenuo modo egh si professava di cavare la maggior parte della sua grande opera non solo da Euclide e da Boezio ma da Leonardo da Pisa dal Giordano da Biagio da Parma da Giovanni Sacrobosco e da Prodocimo Padovano. E se finalmente il frate avesse tolto a Leonardo il sistema delle lettere, il che sarebbe avvenuto di di parlarne

,

,

,

,

,

,

reciproca intelligenza, ciò in sostanza è

si

poca cosa per un tanto

artefice, e

piccola parte della gloria matematica del frate, che la fama di questo

non avrebbe

detrimento da tale mancanza o superchieria, anche qualora venisse provata (.4). avvertire che dopo tante vane ricerche la fortuna mi ha renduto nel mio ultimo viaggio d'Italia possessore del libro di Prospettiva di Piero della

Mi rimane ad

Francesca, prezioso codice colle figure di sua mano e colla traduzione latina di Matteo dal Borgo quale in somma il Paciolo lo descrive e nulla in esso ,

si

legge che

il

Paciolo

;

abbia usurpato nelle opere sue.

Solo dalia maniera di

molte teste in tal codice disegnate, si scorge ad evidenza che le due incise in legno nel libro della Divina Proporzione sono prese da disegni di Piero, e male furono da taluni attribuite a Leonardo; e da ciò si può congetturare che anche le

cose architettoniche abbiano

la stessa origine, perchè, al pari delle accennate sono di troppo lontane e dallo stde di Leonardo e dalla perfezione cui questi era giunto tanti anni prima dell'epoca di quel libro.

teste

,

Dalle quali osservazioni, sfuggite alla diligenza del Tiraboschi del padre Della Valle e d'altri che parlarono di questo autore, sembrami aver sufficiente ,

argomento onde sia

assicurargli la proprietà e il merito de' suoi scritti. Bramo mi perdonato questo lungo diviamento dalla materia: io ho creduto di dovermivi


,,

abbandonare per conservare all'Italia in frate Luca, non l'inventore delle lettere che ciò poco monterebbe, ma uno de" ristauratori delle matematiche, il

attiche,

cui

nome, siccome

scomparso dalla

di plagiario, sarebbe

sarebbe rimasto con infamia. Così, restituendogli della Francesca,

volea fare

un

parmi d'aver

fatto

o vi

storia letteraria,

suo senza tor nulla a Piero

il

due grandi uomini di coloro de' quali il Vasari una falsa tradizione (").

solo, seguendo inconsideratamente

G IO ROTO EOVECNATINO. i5oo

(

Da un i

Dialogo MS.

domenicani

alle

domo multomm per

vero in refectioms est, quarìi

Giorgio Rovegnatino colTaegio, opera ch'esisteva presso

di

Grazie ,

)

,

trasse ipsius

il

Pino

(«> il

seguente passo circa

( Ludovici) pariter

jiissu

il

Cenacolo: Quce

apostoloriun tabula depicta

,

E

longissirnas horas defixit obtutus.

a

lungo e più volte deb-

bonsi osservare le opere famose da chi ne brama vera istruzione e vero

diletto.

POMPONIO GAURICO. (

Nel

i5o3

)

Libro de Sculptura di Pomponio Gaurico

et ipse Alverochii discipulus

Leonardus

Vmcms

,

equo

Bois maximo, Pictura Symposii , nec niinus

in

et

loda

si

Cenacolo e pel Cavallo. Postremo ( commendatur )

,

ilio

,

Vinci in ispecie pel

il

ecco

le

quem

parole

dell'

ei perficere

autore

non

licuit,

archimedeo ingenio notissimus.

RAFFAELLO MAFFEL i5i6 = 17

(

)

Ne' Comuientarj urbani di RaiTaello Volterrano al libro dove r autore ricorda alcuni illustri artefici e qualche

ragione

cita

il

si

in

cede

genitricis

(Uvee

sottintende dipinse). Scrisse

come apparisce

dalla

recentissimo

L' inesattezza circa

("7).

dell'Antropologia

Cenacolo in proposito di Leonardo. Leonardus Vincius

XII Apostolos Mediolani (vi

XXI

lor opera principale

il

de gratiis

Volterrano un

morte di Giovanni Bellino, il

,

presso accennata

luogo ove trovasi

a

opus prcedicatissimum

passo poco dopo

tal

ivi

,

,

die' egli,

la pittura, è

il

t5i6,

come

caso

compensata

dal giudizio nella scelta dell'opera che l'autore elesse per saggio del valor dell' artefice. Il

contrario fecero a gran

torto

affastellarono ne'loro brevi articoli sul

il

Moreri e

Vmci,

e del

il

Milizia che molte inutilità

Cenacolo non fecero parola

(n).


•9

BERNARDINO ARLUNO. iSao = 3o

(

Tra

)

molti valenti uomini di ogni facoltà riccamente stipendiati da LodoMoro, novera Arluno Leonarduin pictorem inoUissimum cujiis in lume diem picturce vivunt. Quantunque il Cenacolo non sia qui specificato è chiaro accennarvisi complessivamente e il non leggersi anzi in questo passo verun

vico

i

il

l'

,

,

;

ulteriore l'

ragguaglio di

Arluno non avesse

tinista

scrisse

opera

tal

prima del i53o, e

dell'edizione delle

deU'Oporino, e

,

fa

pensare che

epoca dello

all'

essa soffèrto alcun detrimento notabile.

sue storie

le

parole qui citate

leggono

si

alla

la-

pagina 56

procurata dal Magioragio in Basilea co' 98 del codice ambrosiano della stessa opera.

al foglio

del-

scritto

Questo lezioso

,

torchj

PAOLO GJOFIO. (i5.,)

La

vita di

Leonardo

scritta

latinamente dal Giovio, e già

Tn-abosclii, doveva ricomparire alla luce unita a cpelle di

fatta

pubblica dal

Michelagnolo e di

Raffaello similmente stampate nella Stona letteraria, illustrate tutte da copiose note

del conte

Anton Giuseppe Rezzonico. Questo eruditissimo

tutte tradotte

in italiano, o

il

scrittore

dopo

averle

seducesse l'ainenità dell'argomento o l'allettasse

la messe abbondante de' materiali raccold per le note s' invogliò di fare una più ampia storia di Leonardo nelle due lingue ma qual che ne fosse la cagione, sgraziatamente non la condusse a termine. Il signor Marco Cigahni degno erede de' Rezzonici mi ha cortesemente comunicato l'autografo dal quale ,

;

,

,

comprende che il conte Anton Giuseppe non era contento del modo con cui le dette vite furono pubblicate, e che riconosciutivi molti errori e mancasi

menti

,

pubblicando

sua di Leonardo

la

date di vane illustrazioni. la

metà circa

di cpello

0 Cenacolo

La nuova

storiche

dice

,

noi prova

finita la testa

,

e

tale

pensava a quella premetterle corredel Rezzonico , quantunque sembri

che parrebbe doversi estendere, non giunge a de-

a

un opera appartiene, comecché scrivere

,

vita

solo foglio volante lo scrittore appaja

che

cose della pittura.

nelle

alla

descrizione di

sempre buon

Imperocché

in

questa

nelle

critico

cose

quel foglio

del Salvatore, e loda la mediocrissima copia del

Loniazzo,

eseguita da questo negli anni giovanili senza badare altrimend all'originale, con pessimo colorilo e con grandissime scorrezioni di disegno.

La

brevità

e

l'

eleganza

corretta la vita del Giovio

dell' ,

opera mi consigha di

alla

cpiale

unisco

la

cjui

riprodurre intera e

traduzione del Rezzonico.


,

\

'20

Ex

codice Paul. Jovii extante in hibliothecala Antonii Joseph a Taire Rezzonici.

Leonardi Vinci i Leonardus a Vincio, ignobili Etmrìce negans ab

iis

rccte

vico

vita.

magnani

,

picturce addidit claritateni,

nobilesque artes velati necessario

posse tractari, qui disciplinas

pictum famulantes non attigissent. Plasticeni ante alia penicillo prceponebat, velati archetypum ad planas iniagines expiiinendas. Optices vero praceptis nihil antiquius duxit, quorum subsidiis fretus luminum et unibrariun rationes diligentissime vel in

m

nuninus custodwit. Secare quoque noxiorum hominuni cadavera ex

omnium formam

in

Sed dum

excuderentur.

ad annorum

usque

tabellis

ut ex eo tot

solertia figuravit,

in

venidas

exiles

conatus

et

ad

initiis

absolvit.

,

diruto

Christus in tabula

eo

an

Ccenaculo

insigni

cum mave

pugna

juglandino oleo

inexpeclatce injaricB juslissimas videtur.

tolli

asportaretur.

posset

Extat

ut in

,

infans

et

Annaque avia colludens, quam Franciscus collocavit. Manet etiam in comitio Carice Flo-

atcpie Victoria de Pisanis,

tectorii colores

circuniciso pariete

protiniis

Virgine

Calila coemptani in sacrario

rcntince

semper

Mediolani in pariete Christus cimi di-

est

ut anxie sjxctando proximos interrogavit vel

niorosius

repudiatis

cujus operis libidine adeo accensian Liidovicum regeni feriint,

scipulis discuinbens ,

Calliani

utilitatem

artis

qimrendis plunbus angustw arti admimculis

In admiratione tamen

mira

ossium

interioraque

opere infinita exempla

vacaret , paucissima opera levitate ingenii naturalique fastidio,

vitio

medicorian

nervorum vertebranunque naturali ordine pingerentur. Propterea panicularum

vi

rcx

ipsis

inhuniano fasdoque labore didicerat, ut vani menibroruni Jlexus

scholis

preclare

intritos

dolor

admodum

sed infeliciter inchoata

singidari contumacia respuentis ; cujus

interrupto

plurimum

operi gratice

addidisse

Finxit etiam ex argilla colosseum equum Ludovico Sfortice, ut ab eo panter

ceneus superstante Francisco paO'e illustri imperatore Junderetur; in cujus vehementer incitati

stissimo; et

ac arbiter

cum esser,

elegantim omnis delitiarumque

ad lyramque

mire placuit. Se.ragesimum eo majore ejiis

summa

ac anhelantis habitu et statuarice artis et rerum naturce eruditio

deprehenditur. Fuit ingenio vcdde comi, nitido, liberali, vultu

amicorum

luctu,

et

scite

cancret,

maxime

cunctis

venu-

theatralium mirificus inventar

per

omnem

septimum agens annum in Callia

quod

longe

aiitem

in tanta adolescentium turba

cetatein principibus

vita

functus

qua maxime

est

officina

jlorebat , nullum celebrem discipulum reliquerit.

Traduzione. «

Leonardo nato

in Vinci, terreita della

Toscana, recò

alla pittura

»

onore col dichiarare non potersi esercitar rettamente da quelli

11

avessero apparate le scienze e

l'arti liberali

grandissimo i

quali

non

che servono di sostegno necessario


,

» » »

cuore che parti

le ottiche istruzioni,

minutissime

»

della natura

1'

differenti

» li

i>

w y>

li

»

» 1)

,

non tralasciando

ncella,

con

rame innumerevoli

1.

le

sottili

m

Milano,

muro

,

sebbene con un

tal

fatto

1)

1)

ogni

esile par-

la tessitura interiore si

delle ossa,

dovessero

incidere

minasse

il

famoso

Gesù scherzante

refettorio

ove cam-

colla

i

Pisani

,

in-

cominciata con una grandezza incomparabile, ma che ebbe un esito infelice per difetto dell'intonacato il quale non sosteneva i colori stemprati alf olio

sebbene grande fosse

stata la

diligenza nell' applicarli.

tale

accidente

abbia accresciuto

Moro

il

Sembra che

il

in creta

pregio

un

all'

il

rammarico

opera lasciata

cavallo

colossale da susseguentemente in bronzo e sopra vi doveva figurare il di lui padre Francesco celebre guerriero, nella stessa materia. Ammirasi in questo travaglio la veemente disposizione al corso e lo stesso anelito, nelle quali cose

fondersi

,

comprende

genza in

somma

la

perizia dello scultore, e quanta fosse la sua intelli-

che appartiene agli

tutto ciò

'

effetti

della natura. Spiccarono in

Leonardo doti di grande compitezza, accostumatissime generose maniere accompagnate da un bellissimo aspetto; e poscia che egU era raro e maestro inventore d'ogni eleganza e singolarmente dei dilettevoli

» la »

scuole anatomiche a

in tavolette

del Consiglio di Firenze la battaglia e vittoria riportata contro

» si

«

si

fanciuUetto

d'un

i>

le

apprendere

Vergine madre e r avola sant' Anna , quadro che comperato dal re Francesco venne da lui posto tra gli ornamenti più preziosi del suo gabinetto. Campeggia nella sala il

Travagliò per Lodovico

1)

venuzze e

stesse

in

tracce

rappresentare

era stancato di

si

le

quale tanto piacque a Luigi XII che rimirandola con passione, si avesse potuto trasportare in Francia col tagliarla

la

» imperfetta.

»

attenne per fino

Per seguire

agli ascoltanti se

» giustissimo

»

quali

Mentre però nella ricerca di moltiplicati sussidj ad un arte ristretta soverchiamente moroso affaticavasi, condusse a termine pochissime opere, spinto da naturale leggerezza e volubilità di talento a scartarne sempre le prime idee. Si ammira non pertanto con istupore la Cena di Gesù Cristo co' suoi Apostoli dipinta sul muro

dal

.1

membri, non

co-

Niente ebbe più a

sposizioni a benefizio dell'arte.

peggiava. Esiste in tavola

).

delle

e della luce.

accuratezza che da un travaglio di tanti anni

tale

m

1)

»

ombre

immagini.

e dalla disposizione dei nervi e delle vertebre

piegature e sforzi dei

»

»

pianate

coli' agiuto

teoria delle

la

travaglio di plasma la precedesse,

il

le

con applicazione inumana e stomachevole nelle tagliare i cadaveri dei malfattori. Figurò con ciò

» richiese

»

che

egli

modello da cui trarne

vero

51

»

Voleva

alla stessa pittura.

me

musica esercitata

grado a

tutti

li

principi che lo conobbero.

i>

di sessantasette anni cessò di vivere

V

amici,

che

» disciplina

,

tra

non

possedendo anche divenne caro in supremo Trovandosi in Francia nell' età

teatrali

spettacoli,

sulla lira in canto dolcissimo

,

con pena tanto più sensibile de' suoi grande copia di giovani i quali studiavano sotto la di lui

lasciò

verun scolare

,

di

primo grido.

»


Troppo aspro altro

era

è

giudizio del Giovio intorno

il

del modesto Raffaello

giudizio

il

Cesare da Sesto,

e

del Boltraffio e del

ai

si

confondersi con quelle di Leonardo

il

Luino che pure può

dirsi della

Ben

discepoli di Leonardo.

che quasi

mettea del pari con le

opere del Melzi,

sua scuola, distrugge l'opi-

onor grande ai discepoli non meno che al maestro. Ho creduto per ordine di tempo dover qui porre cjuesta vita, perchè quantunque non si sappia in qual anno sia stata scritta, non debb' essere di molto posteMichelagnolo non riore alla morte di Leonardo; imperocché quella che segue, di credere che il parla della famosa pittura del Giudizio universale, con che è da nione del Giovio, e

fa

,

Giovio divi,

Le

la scrivesse

ma prima

non

solo vivente Michelagnolo,

che fosse

fatta

o almeno

migliori cose inedite de conti

come

fecero

il

Vasari e

scoperta quella pittura, cioè verso

il

Con-

il

1540.

e Gastone Rezzonici

Anton Giuseppe

non

rimarranno ignote lungamente. Il lodato erede le ha di già in gran parte dihgentemente ordinate onde elegantemente pubblicarle.

MATTEO BINDELLO.(

i5..

)

Le vicende della guerra che lungamente turbò la Lombardia , ruppero il in cui preparacorso felice delle arti e delle lettere in Milano nel momento per gettare in stava Leonardo allorché appunto vano frutti migliori e per l' al Cenacolo. finimento l'ultimo dare per forse e bronzo il colosso equestre gli autori di tal pochi sono quale sì la per ragione la Questa è, a mio credere, ad altro là nè qua Sbandati e insigni. opere due queste epoca che parhno di ,

volti

opere

che

alla

altrui

propria salvezza, male potevano dar pensiero a commendare le si volsero a lodare i potenti , e allorquando attesero a scrivere ,

;

mezzo alle pubbliche da che se traevan poca fama, avean oro e protezione in ogni nazione ed in presso che avviene scrittori degli fame questa calamità. Da ogni tempo abbondano

umana,

della forza

onorano che de

1'

e

umanità. L'

tanti

feroci ed

i

più minuti ragguagli intorno agli abusi sanguinosi le memorie delle opere d'ingegno che più

mancano Italia

certamente

si

onora

astuti guerrieri del secolo

assai

XV

e

più

dell'

XVI,

unico Leonardo

e pure di costoro

non abbiamo abbiamo lunghi elogi e storie minute di ogni azione, mentre il poco che ho citato, per quante Dopo notizie. certe mal poche e dell'altro che non mi venne alle mani altro scrittore che parli del diligenze mi abbia fatte ,

Novelle. Mi è Cenacolo, più antico di Matteo Bandello autore delle famose della nostra opera, menzione fa che passo il intiero riportare necessario di ,

congetperchè sparge moldssima luce sulla storia di essa, e rinforza diverse della dalla dedica tratto Esso è eseguita. cui fu con modo sul ture sul tempo e Gonzaga. Rangona Ginevra a diretta I , della Parte Novella LVIII


,

Erano

Milano al tempo

in

refettorio

cheti

di Cristo con

se

il

quale aveva molto

Uberamente dicesse sovra quelle

il

Vesconte

Duca

di

Milano

V eccellente

pittore

Leonardo Vinci Fio-

caro che ciascuno veggenda

le

sue pitture,

suo parere. Soleva anco spesso, et io più volte veduto e considerato, andar la mattina a buon'ora e montar sul ponte, perché

Cenacolo

alquanto da terra alto: soleva, dico, dal nascente non levani mai il pennello di mano, ma scordatosi

bere, di continovo dipingere.

avrebbe

il

è

brunita sera

v'

Sforza

Grazie dei frati di s. Domenico , e nel ne stavano a contemplare il miracoloso e famosissimo Cenacolo delle

suoi discepoli, che allora

i

rentino dipingeva;

Fho

Lodovico

di

alcuni gentiluomini nel monastero

messa

mano ,

solamente contemplcwa

,

Se

n<ì

sarebbe poi stato dui,

tre

sole sino il

all'

mangiare

o quattro di che

im-

et il

non

dimorava talora una o due ore del giorno , e considerava et esaminando tra sé le sue figure giudicm'a. e

tuttavia

L'ho anco veduto ( secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava partirsi da ) mezzo giorno, quando il sole è in liane, da corte vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto alle Grazie et asceso sul ponte pi; il pennello, et una o due pennellate dare ad una di quelle figure, et di subito

gliar

partirsi et il

vecchio,

andar il

altrove.

quale

in quel tempo che il

si i

Era

in quei dì alloggiato nelle Grazie

abbattè

ad

il

cardinal Gurcense

entrar in refettorio per vedere

sovradctti gentiluomini

v'

erano adunati

d detto Cenacolo Come Lionardo vide

cardinale, se ne venne

colto

e

giii a farli riverenza, e fu da quello graziosamente racgrandemente festeggiato. Si ragionò quivi di molte cose et in particolare

dell'eccellenza della pittura, desiderando alcuni che si potessero veder di cpielle pitture antiche che tanto dai buoni scrittori sono celebrate, per poter far gimlicio se i pittori del tempo nostro si ponno agli antichi agguagliare. Domandò il cardinale che salario dal duca il pittore avesse. Le fu da Lionardo risposto che d'ordinario aveva di pensione duo mila ducati, senza i doni et i presenti che tutto il di liberalissimamente il duca gli faceva. Parve gran cosa questa ed cardinale, e partito dal Cenacolo, alle sue camere se ne ritornò. Lionardo allora a quei gentiluomini che quivi erano, per dimostrare che gli eccellenti pittori sempre furono

onorati, narrò una bella istorietta a cotal proposito. Io che era presente ed suo ragionamento, quella annotai nella mente mia, et avendola sempre tenuta nella memoria , quando mi posi a scriver le Novelle , quella anco scrissi ecc.

La Novella che segue è di

fatto

farsi beffe

,

e che conta

un caso avvenuto

a frate Filippo Lippi

posta in bocca di Leonardo, dell'

che incomincia la sua narrazione dal ignoranza del cardinal Gurcense e della sua poca pratica dei

buoni autori che narrano la

mi

le glorie della pittura. Li qual tempo sia stata scritta prefazione, non trovo indizio alcuno onde congetturarlo. Siccome però parda credere che tutto il libro delle Novelle sia stato dal frate

composto

avanti eh' et fosse fatto vescovo, ciò delle

notizie

del Vasari

le

mi

basta per porre questo suo passo prima

cui Vite videro

la

luce nel i55o,

cioè

appunto


neir anno

diede

Francesco I

cui

in

vescovado

il

Agen

di

per giudicare dell' elà del Bandello

anche da osservarsi , neir ultimo decennio

del

antecedente

secolo

Novelle, se male conveniva

al

vescovo, non

e

,

,

clie

al

licenza

la

È

Batidello.

era già frate

eli egli

sue

delle

anzi diventa incredi-

è naturale,

bile nel settuagenario. Aggiungasi in fine che è nota la data di molte sue Nodelle Vite del Vasari, velle che retrocede d'assai dall'epoca della prima edizione

che ognuno può scorgere dalle sole dediche; e chi di ciò bramasse piili ampie notizie, le cerchi nelle opere del Napione e del Mazzucchelh. Per le Biondo stesse ragioni ho citato il Bandello prima del Sabba da Castighone e del menzione. si fa c^ui quaU libri de' Vasari co' che d' un solo anno prevennero il il

Di

ciò volli avvertire

perchè

lettore,

il

dopo

quattro anni

pate, la prima volta,

Novelle del Bandello furono stam-

le

la detta

prima edizione del Vasari.

SABBA DA CASTIGLIONE. (1549) di monsignor Sabba da Castiglione, al della casa, nel quale vengono acornamenti Circa gli ricordo centesimonono le camere secondo il gusto abbellire soglionsi cui cennate le opere varie con

Nei Ricordi ovvero Ammaestramenti

di ciascheduno, leggesi

adorna di opere

)

il

mano

di

seguente curioso passo intorno a Leonardo. E chi ( le di Leonardo di Vinci, uomo di grandissimo ingegno e

Vìrocchio

nella pittura eccellentissimo e famosissimo discepolo del delle arie si conosce, e

cezza

delle figure

primo inventore

delle lucerne, ancora che dal Cenacolo di santa

fuora (opera certamente divina, lavori si trovano di sua

mano

e

per

tutto

tria,

all'architettura e

Milano ove tale che non

sedici

notomia

;

e

oltre

anni contimd consumò,

poteva dire avere perduto

si

trascuragine di alcuni (li quali siccome

mano )

la

e

il

il

dico )

una

cosi

come

alla dol-

ombre

Grazie eh Milano in e

celebre) pochi cdtn

tutto

,

diede alla geome-

si

occupò nella forma del cavallo certo che

tempo

e la fatica.

et io

vi

le

di

dignità dell'opera era

la

non conoscono

lasciamo vituperosamente roinare,

e dispiacere strieri

ciò si

,

tolte dalle

doveva attendere alla pittura nella

sarebbe

quale senza dubbio un nuovo Apelle riuscito

delle

mondo famosa

il

perchè quando

,

Maria

grandi

Ma

virtù

ricorda ( e

nobile et ingegnosa opera fatta

,

la

ignoranzia e

cosi nulla l esti-

non senza dolore bersaglio

a'

bale-

guasconi.

In niun

altro autore, cred' io,

tranne questo,

si

legge

come invenzione

di

delle lucerne. Quest'uso debb' essere

le figure coli' ombre l' ingrandire certamente di grande antichità, e secondo alcuni retrocede fino all' invenzione della pittura attribuita a varj nomi favolosi. Ma io opino che egh si servisse

Leonardo

delle lucerne

/

non

già per ingrandire le figure

,

ma

per disegnare prontamente


25

metodo usato anche dal Buonarroti, secondo che narra questa invenzione, sia pur sua, trattandosi di cosa volgare e continuamente sotto gli occhi di ognuno non è tale da far onore ad un ingegno qual era quello di Leonardo; e l'uso che se ne può fare per gli scorci il

Cellini.

i

più

Ad

difficili

,

modo

ogni

,

non potrà esser tal mezzo

ritrarre figure in iscorcio,

utile

bero disegnare anche senza un

che per coloro che

presto senza notabili scorrezioni. L' eccezioni per altro

va soggetto e per

bra

alle

sapreb-

le

non gioverà che per

e

,

più

farle

quali questo

modo

collocazione del lume, e pel piano su cui dee battere Y

la

om-

e per gli angoli degli aggetti del corpo ombreggiante varj secondo le di-

,

stanze, e per le diverse distanze del corpo e dal

sono tante, che

vera di quest'uso

l'utilità

lume e

dal piano ombreggiato,

riduce a pochissimo, e

si

il

peri-

colo di gravi errori è grande e continuo, quanto in copiare le figure dal vero

Può

direttamente.

bra

ma

;

forse giovare ad abituare

1'

occhio allo scorciare delle

mem-

per comporre con esattezza una figura stranamente atteggiata, sarà più

sicura guida

molto prima

comunemente

era

,

che

telajo graticolato

il

L'edizione dalla quale

trassi

tempo del Paciolo,

dal

fin

e

certamente

in uso neh' arte. il

passo citato, è la veneta del i555, che credo

l'edizione originale dell'opera accresciuta, in vece di quella del i56o ripor-

sia

tata

per

tale dall'

Ltaym.

Sabbà debbe aver conosciuto Leonardo personalmente: egli era vecchissimo nel 1 549 nel c|ual anno scriveva la prefazione de' suoi Ricordi. Egli scriveva 11

colla

mano manca

conforme dicesi essere

,

stato

uso del Vinci.

MICHELAGNOLO BIONDO. (

1549

)

Fka le tante mediocri opere mediche e filologiche pubblicate da Michelagnolo Biondo avvi un raro libercolo di piccola mole e di prolisso titolo , in cui questo autore tratta della pittura come ne avrebbe trattato il noto calzolajo d'Apelle.

mette, esso

buito

si :

Nel

Non

alla

ha cosa delle

vi

opale

il

leggerebbe intorno ecco ad ogni capitolo

XIV

infinite

libro soddisfaccia al

modo

il

che

il

fronuspizio

fastosamente pro-

ragionevolmente. Nulla, a dir vero, in

Cenacolo, se

si

badasse all'autore cui viene

attri-

passo che riguarda a quest' opera.

che ha per

titolo

Della memoria di Mantegna mantovano

e delle sue pitture e dove, per accrescere gli esempj de' grandi artefici. Sappiate,

dice, o voi innamorati della pittura, che non molti anni addietro

tegna mantovano pittore raro di quei tempi, ziabìl pittura

,

come

si

dice

Cristo e delli sua discepoli,

e

cioè

il

vede , cotesto pittor eccellente la

vi è stato

Man-

che vi accerta la sua quasi impre-

tavola della

Cena

U istoria

di

tal pittura

si

dipinse

di Jesà

,

e


26

Milano,

in la città di

vede

qual pittura Frcmcesco

la

cia volse portare nel suo reame.

per

Nondimeno

Cristianissimo

non potè

egli

di

re

Fran-

soddisfare al suo desio

pinta nel muro.

essere tal cosa

Ognun vede che

F ignorante medico confuse

potendosi dubitare

queste parole

clie

non

Mantegna con Leonardo

il

,

riferiscano al nostro Cenacolo.

si

non Di

Leonardo poi appena fa menzione nel capitolo di Maturino e d'altri, nel quale dopo molti nomi di secondo grado è chiamato raro pittore e autore di un libro di anatomia. E pure il Biondo era scolaro del famoso Nifo che scrisse wa. libro del bello era amico del Doni e delV Aretino eh' entrambi facevano da dottori in pitttira ed era nato ventidue anni in punto prima che Leonardo ,

;

;

morisse. Ciò prova che

manchi

combinazione che

buon

solo

il

giudizio fa T autorità degli scrittori; e dove

,

poca autorità procacciano

i

più rari

giudizio

il

libri siano

tempi e

i

per lo più

le circostanze.

E

utile

cattivi.

GIORGIO VASARI (i55o)

Un

gran nitmero di valenti

d'errori la oltre

dilettevole

istoria

critici

di

ha ora purgato da una notabile quantità

ma

questo scrittore;

che non sono sempre senza eccezione, non

siccome

tali

correzioni,

possono introdurre nel

si

senza ruinar l'opera, rimarrà ad ogni giudizioso lettore

il

testo

dispiacere di ricor-

commenti pei passi dichiarati, e il dubbio intorno a monumenti o di notizie non ci lasciò verificare. Sa-

rere, leggendola, a nojosi ciò che la

mancanza

di

rebbe lungo r elenco delle inesattezze nelle quali incorse

il

Vasari nella vita

Leonardo, facendolo ora nipote, non figlio di Piero (-s); ora conducendolo a Milano sotto il duca Francesco, ora dopo la morte di Galeazzo, ora solo nel 1494 regnante Lodovico; ora infine confondendo le òpere, ora l'epoche, di

E

ora le persone.

gli

sbagli

seconda ch'egli ampliò, sto

della

prima edizione

ma

a dir vero, d'assai,

di

s'

incontrano ripetuti nella

poco

corresse.

Pure

in cjue-

autore le cose ch'egli fu costretto ad apprendere dalla tradizione, debbonsi

considerare diversamente da quelle che dice sulle opere che prende a descrivere,

perchè da

Cenacolo

lui

viste

cjuale

sta

ed esaminate per nell'edizione del

l'arte.

Ecco pertanto

la

descrizione

del

i55o, pubblicata da Lorenzo Torrentino.

Fece ancora in Milano ne' frati di san Domenico a santa Maria delle Grazie

un Cenacolo, cosa maestà

e

bellissima e maravigliosa;

bellezza che quella

dare quella divinità celeste che

rimanendo

cosi

per finita ,

sima venerazione

,

e

dagli

del all'

è stata

Cristo

ed

lasciò

immagine

alle teste degli apostoli diede tanta

imperfetta,

non pensando

di Cristo si richiede.

La

poterle

quale opera

dai Milanesi tenuta del continuo in grandis-

altri forestieri

ancora

,

attesoché

Lionardo

s'

imaginò


17

e riuscirli di esprìmere quel sospetto che era entrato negli apostoli di voler sapere chi tradiva

paura

La

il

maestro.

loro

sdegno, ovvero

e lo

Per il

che

il

dolore

di

vede nel viso

si

non poter

qual cosa non arreca minor maraviglia che

nazione

l'

,

odio

di tutti loro l'amore, la

intendere

lo

animo

di

conoscersi allo incontro

il

tradimento di Giuda, senza che ogni minima parte

e'I

Cristo. osti-

l'

dell'

opera

mostra una incredibile diligenza. Avvenga che insino nella tovaglia è contraffatto r opera del tessuto d' una maniera che la rema stessa noti mostra il vero meglio. La nohdtà di questa pittura , sì per il compimento , si per essere finita con una incomparabile diligensia

,

onde tentò per ogni via di ferri l'avessino potuta

considerare

a spesa che

fece venir voglia ed re di Francia di condurla nel regno; se ci fossi

stato

vi si fosse

se

che con travate di legnami

eli ella si fosse

potuta fare

muro fece che Sua Maestà

fatta nel

architetti

armare di maniera

,

tanto

la

desiderava.

ne portò la voglia

e

condotta salva, senza

,

ed

Ma

ella si

V esser

rimase ai

Milanesi.

Nella edizione poi del i568 dopo l'elogio della tovaglia aggiunge: Dicesi che

il priore di quel luogo sollecitava molto importunamente Lionardo che finisse F opera ; parendogli strano veder talora Lionardo starsi un mezzogiorno

per vota

astratto

in considerazione , et avrebbe voluto

zappavano nelt orto stando questo,

eh' egli

,

non

avesse

mai fenno

come faceva il

pennello.

che

delle opere

E

non

gli

ba-

ne dolse col duca, e tanto

se

dar per Lionardo

e

che tutto faceva per

lo rinfocolò che fu costretto a manPapera, mostrando con buon modo importunità del priore. Lionardo conoscendo /' ingegno di

destramente l'

sollecitaiii

quel principe esser acuto e discreto, volse (quel che non uvea mai fatto con quel priore) discorrere col duca largamente sopra di questo. CU ragionò assai dell'arte, e lo fece capace che gl'ingegni elevati talor che manco lavorano, pià adoperano,

cercando con la mente

mono

le

invenzioni

e

formandosi quelle perfette idee che poi espri-

mani da quelle già concepute nell' intelletto. E gli soggiunse che ancor gli mancava due teste da fare, quella di Casto della quale non voleva cercare m terra, e non poteva tanto pensare che nella imaginazione gli paresse poter e ritraggono

concipere

quella

incarnata. Gli

le

bellezza e

mancava poi

celeste

grazia che dovette essere

quella

della

divinità

Giada che anco gli metteva pensiero , non credendo potersi imaginare una forma da esprimere il volto di colui che dopo tanti benefizi ricevuti , avesse avuto l' animo si fiero che si fosse risoluto di tradire il suo signore e creator del mondo: pur che di questa seconda ne cercherebbe; ma che alla fine non trovando meglio , non gli mancherebbe quella di quel priore tanto importuno

et indiscreto.

La

quella di

qual cosa mosse

disse ch'egli uvea mille ragioni.

V opera pare

cosi il

il

duca maravigliosamente a

riso,

e

povero priore confuso attese a sollecitar

dell'orto, e lasciò star Lionardo. Il quale finì bene- la testa di Giuda che vero ritratto del tradimento et inumanità. Quella di Cristo rimase, come si

il

è detto

E

,

imperfetta.


.

Dopo

questa aggiunta segue ,

come

prima edizione

nella

:

La

nobiltà di questa

pittura ecc.

Nella nel

vita

566

1

poi di Girolamo da Carpi leggiamo

scorgeva più se s.

cosa strana che

intorno

sulla quale veggasi

,

terzo

il

lijjro.

poco o nulla si dica dal Vasari sua prima edizione, mentre, eccettuatane la storia

legge precis miente altrettanto quanto nella seconda.

del priore,

vi si

reggere

errori

gli

Vasari fu a Milano

Bottari 0°) asserisca che

il

Cenacolo nella

al

il

il

Benedetto di Mantova

E

che

Cenacolo di Leonardo tanto mal condotto che non vi si non una macchia abbagliata. Quivi pai;la anche della copia di

e vide

,

di

giudizio e di fatto che

Ma

il

cor-

abbondano nei lunghi commenti

di diversi al Vasari, sarebbe lunga impresa, ed è meglio dare al Vasari stesso studj

siffatti

Ho

ciò anche qualora

e

,

posto sotto

un

osservazioni di diverse epoche e risparmierà

cilità,

e degli

aver i

altri

meno

tempi,

un

scrittori

di

:

il

lettore le

accomoderà

articolo dello stesso autore.

di

inconvenienti

su

non si abbia qualche cosa di meglio a fare. due edizioni che parlano dell' opera con

solo articolo le

cui cito più dell' altro

che troppo

d'un' opera.

che ponesse

i

Farò

alla

cronologia con fa-

lo stesso del

Lomazzo

Questo metodo mi sembra passi d' ogni autore

secondo con-

incertezze e

sovente s'incontrano oscurità,

traddizioni. Il

Lanzi, umanissimo scrittore, gentile ed elegante sempre, e non di rado felice

nel dipingere Vasari

i

caratteri veri,

sia delle

un mirabile squarcio che

scuole sia degli artefici, diede intorno al

vorrei posto in fronte a tutte

1'

edizioni delle

sue Vite, acciò fosse letto da chiunque imprende a scorrerle, ignaro o mal pre-

venuto Il

dell'

autore ()

ComoUi che ne

o non deliito

descrisse diffusamente le varie edizioni,

solo

seppe esservi un diverso frontispizio all'edizione seconda, di notare essendosi assunto

l'impegno di dare

gl'interi

non avvisò il

titoli

che avea di

tutti i

libri della sua Bibliografia.

GIOVAMBATISTA GIRALDI. (

L'opera del Giraldi che dei romanzi, delle tesa col

i554

)

fa al caso nostro, intitolata Discorsi intorno al

commedie

e delle tragedie ecc., fu quella

che

il

comporre

pose in acre con-

Pigna che ne stampava una simile nel tempo che rjuesta veniva alla luce; il Fontanini e il Barotti. Molte utili cose leggonsi in questi

su di che può vedersi Discorsi, e

non

vi

manca qua

e là qualche paragone pittorico che prova che

raldi dilettossi o della pittura o del conversar co' pittori. Allorché,

il

Gi-

per esempio,

ci

parla della perfezione alla quale condusse Virgilio la latina poesia raccogliendo


,

\

»9

un

in

bellissimo corpo

Mi

zioni greche e latine. dipintori,

lenti

bello sparso nella moltitudine delle antiche composi-

il

donnesca bellezza, mirano

toghono

le

pare

dicagli, che Virgilio in ciò imitasse gli ecceluna imagine singolare che rappresenti la

,

quali volendo formare

i

tutte

donne che mirar panno;

belle

le

parti migliori, ed accoltene tante, quante

da ciascuna

e

pajono bastare a com-

lor

pire la idea

ch'hanno nell'animo, si danno poscia a fare la conceputa figura la quale essendo composta delt eccellenti parti di molte bellezze, riesce ella non pur

ma

bella le

eccellentissima

tale

,

possa rassomigliare

si

che non

trova

si

tanto desiderano

:

i

forma umana che

nobili artefici asseguire

donna

in viva l'

ultima perfe-

Dal qual periodo ognuno scorge finamente sviluppato il principio del bello ideale, e con tanta chiarezza che sarebbe desiderabile che akrettanta ne zione.

splendesse ne'

di cpesta pericolosa materia.

Vi si trova ancora una cuquadro di Calatone descrittoci da Ebano, una dehnizione della bellezza pittorica (") e degli esempj d'Apelle e di Leonardo. Ma l'esempio che riguarda il nostro pittore, vuol essere trascritto per intiero. Ciova dice il Giraldi , anco ed poeta far quello che soleva fare Leonardo trattati

riosa spiegazione del famoso

,

Vmei

eccellentissimo dipintore.

Questi ,

qualora voleva dipingere qualche figura

considerava prima la sua qualità e la sua natura

o plebea, giojosa o severa tranquillo,

sapea che visi

le

,

,

turbata o lieta

buona o malvagia: si

egli SI

egli teneva

aveva

vecchia o giovane

ragunassero persone di tal qualità

lor mciniere

gli

,

abiti

ed

i

a

cintola.

E fatto

l'esser suo,

riponeva collo

la

la faceva

e

o d'

riuscire

animo

ne andava ove egli

trovata cosa

e

:

suo

al

stile

maravigliosa.

eli

E

egli

voleva

posto

i

lor

che gli

libricino

ciò molte volte e molte, poiché tanto

quanto gli parca bastare a quella imagine

dava a formarla

irata

,

se

ed osservava diligentemente

;

movimenti del corpo

paresse atta a quel che far voleva,

sempre

,

poi conosciuto

e

,

cioè se doveva ella essere nobile

:

che

raccolto

dipingere

eh' egli

questo in fé con ogni sua diligenza in quella tavola ch'egli dipinse in Milano nel convento dei frati predicatori , nella quale è effigiato il Redentor nostro co' suoi discepoli che sono a mensa.

ogni sua opera facesse,

Mi

soleva dir

M.

sovente), che avendo

aveva dipinto

Laonde

i

il

nardo

,

e

dipintura. si

gh

ore

intere.

disse

,

Vinci finita

il

si

che

Giuda

l'

imagine di Cristo

solo insino

si

Vinci eh' egli

il

d duca a

della tardanza del Vinci

il

e di umlici discepoli,

testa,

né più

egli

procedeva.

oltre

quale per questa dipintura dava

duca, intesa la querela dei frati, fe' chiamare a sé Leomaravigliava eli egli tanto prolungasse il fine di quella si

maravigliava che Sua Eccellenza di ciò

perchè non passava mai giorno

Acquetassi

alla

lamentavano col duca

Vinci. Il

Gli rispose

lamentasse

,

corpo di

frati di ciò

gran premio al

mio padre che fu uomo di acutissimo giudicio e quando del comporre egli meco ragionava ( il che era

Cristoforo

grandissimo discorso

di

il

,

disse

eli

queste parole

egli

,

egli intorno e

non

tornando

loro che n' aveva parlata

i

vi

spendesse due

frati a

con

lui

,

querelarsi e

che gli


So

aveva risposto che non era mai giorno ch'egli non spendesse intorno a quella tavola

due

ore.

A

cui dissero

per fare

altre

le

teste

Eccellenza che fa

non

intero che

a

è stato

ed avuto

;

ornai compita tutta la tavola

non che

vederla,

come

,

ma

;

ha speso

egli

a

dice

Vostra

un anno Allora il duca

più

è

abbia messa mano.

vi

Giuda, che

la testa di

tempo cK

al

rispetto

due ore di un giorno

vi lavorasse

se

,

sarebbe

,

a fare

frati: Signore, vi resta solo

i

imagini sono compue

tutte le altre

d'

mandò a dimandare il Vinci, e con viso_ turbato gli disse: CK è cpicsto mi dicono questi frati? tu mi di che non passa mai giorno che tu non spenda due ore intomo alla tavola ; ed essi mi dicono eli è più d' un anno che tu non adirato

che

stato al lor convento. Il Vinci allora disse

sei

dicono

negando

E

,

egli ciò

rispose :

essere

disse

,

duca

il

che a tanta scelleraggine

forse più, che ogni giorno,

se

malvagio.

in

c/ie

,

Giuda: nondimeno per non ed

un

ad ora

insino

fine

i'

Rise

le

confarà.

quanto

sue figure

inondo

egli gli

non

,

gli

il

iinagine.

Vinci , quasi

il

quantunque

ci avessi

io

quale

il

con

dipinto

viso

potuto aver molti

mi son

viso

ridotto in

che fosse atto

fare.

ora mi è

che

,

Borghetto ove abitano

maggior parte malvage

la

tosto ch'egli

O si

e scellerate

a compir l'imagine se

mi

,

,

e

con cjuanto

conosciuto

parve maraviglia

se

quella

solo

quel

verrà innanzi,

forse noi troverò

molesto

,

di

,

io

vi

che maravigliosae

giiidicio egli

tavola riusciva

restò

ap-

componeva

negli occhi del

cosi eccellente.

Avvenne dopo queste parole

,

disegnò

,

che

Giuda con costumi,

ed

,

e con quello e con le altre parti

viso

tale

Cosi deve anco fare

trarre se

un giorno

conforme

gentemenle raccolte in varie facce di

i

Allora

ci vai ?

duca a queste ultime parole del Vinci,

disse

eh' aveva viso al suo desiderio il

dicono già vero,

a quella

merita essere

V ho potuto trovale:

mente

si

non

e però

:

a quanto mi avanza a padre priore

di

,

mattina,

per

e

j)orrò quello di questo gli

se

ma non

là;

ore intorno

sariano maravigliosamente assimigliati a quel di

si

se?ri e

venisse veduto

un giorno darò

pagato

scarno questi frati di dipingere ?

ito

far vergognar di lor medesimi, ha già un anno e

gli

ignobili persone

mi

E

confaccia.

si

mi accusano

tra quelli che

per vedere

Che

Signore Eccellentissimo , restami a fare la testa di Giuda

è stato quel gran traditore che voi sapete

tutte le vili

:

non sono

eh' io

non spenda ogni giorno almeno due

eh' io

come può

ridendo

gran tempo

vero eh' è

il

i

non

il

die pare

vili e

eli egli

gli

venne per ventura veduto uno

preso lo

egli subito eli

egli in tutto cpiello

stile

grossamente

,

anno aveva

dili-

malvage persone, andato ai frati, compi

abbia

il

tradimento scolpito

nella fronte.

poeta, volendo egli co' colori delle scritture mostrare gli abiti,

ragionamenti,

le

azioni

di

diverse persone,

perchè non potrà indi

utile incredibile.

Sembra che

da" questo squarcio

del Giraldi traesse

il

Vasari V aggiunta che

fece alla storia del Cenacolo nella seconda edizione delle sue Vite. tcsse prestar fede intera a questo scrittore in alla

sua professione

alF

Se si jJouna cosa che non appartiene nè

argomento del suo libro

,

si

potrebbero da questo


3i

passo dedurre varie conseguenze che

si

oppongono parte

alle altre

storie

parte

,,

costume di Leonardo. Primieramente converrebbe credere che Leonardo avesse compiutala testa del Salvatore al che contraddicono il Vasari e il Lomazzo, entramal

,

buon

bi pittori di

di dipingere di

Converrebbe poi cangiare opinione intorno

giudizio.

Leonardo, o

ceva le sue figure, cjualora si

al

voglia credere che in

un giorno

ei

potesse,

legge, cominciare e finire la testa eh Giuda, sebbene da oltre

un anno

si

metodo

sua lentezza, o alla perfezione colla cpiale condu-

alla

studiando. Neil' accennare le cjuali cose sarebbe stato più circospetto

come qui l'andasse il

Giraldi

qualche idea della pratica dell'arte, come pare che intendesse e soprattutto se avesse conosciuto i metodi pratici di Leonardo il

se avesse avuto la teorica

,

,

quale per quanto

si

mano

apparecchiasse innanzi di por

al

lavoro, sappiamo

dalla storia che sempre vi si accostava tremando. È dunque da giudicare che il Giraldi dica finita la testa del Salvatore, perchè da quel tempo nulla più il pittore vi facesse, o perchè come di cosa finita se ne accontentavano i frati, sebben Leonardo volesse forse riporvi le mani. Similmente parrai da credere che non vi man-

casse già del tutto la testa di Giuda, soltanto que'

stavangli egli

il

tratti

lunghe ricerche. In

costume

necessario

un

come

il

Giraldi asserisce,

principali coi rpiali voleva fatti,

tempo

tra

ma che

vi maucassei-o

caratterizzarlo, e che co-

essendo l'opera dipinta a olio, ed avendo

che non è d'uopo,

di ripassare più volte

certo

Leonardo

i

suoi lavori, ed essendo

l'uno e l'altro ritocco acciò

il pi-ecedente sia ben secco, chi credesse altrimenti, mostrerebbesi allatto ignaro dell'arte. Il costume poi di Leonardo , qui proposto dal Giraldi in esempio agli scrittori , non si può abbastanza raccomandare agli studiosi del disegno come il ,

metodo onde perfezionarsi nell' espressione degli affetti eh' è la vera vita e quella pane che la rende più cara alla generalità degli uomini, essendo non solo una imitazione muta delle loro forme, ma, direi rpasi una solo

,

dell'arte,

,

parlante rappresentazione degli animi loro.

LEANDRO ALBERTI. (

Vedi Francesco Sansovino

=

iSyS

,

alla

i56i

)

pagina 56.

GASPARE BUCATI. (

Nel

iSyo

)

libro sesto della sua Storia universale dà

qualità e della fortuna del

Moro,

tuosi, e della sua liberalità, dice: trecento

il

Bugati un ragguaglio

delle

e ragionando dell'amore ch'ei portava ai vir-

Diede mille scudi E anno a Giasone Maini, a Ciorgio Menda d'Alessandria istorico cinquecento a Leonardo da Vinci ,


,

~

3i

pittore eccellente fiorentino

amò grandemente fare la chiesa di

e

La pensione qui ,

die

il

che pinse

miracoloso Cenacolo di Cristo alle Grazie:

il

donò a Bramante grande

architetto e pittore

Satiro e piantare quella di

s.

Basate dotto in ogni cosa

di sopra

,

,

Caradosso statuario

stabilita dal

Moro

e

,

il

da quando notarsi che tetto

pose

si il

,

e che

cinquecento scudi

i

del duca,

al servizio

Bugati nella postilla

accorda con la notata

si

lui

,

presente

Moro

il

fossero

gli

il

la

,

stati

cardinal

pensione

,

gli

assegnati fino

cioè forse intorno al 1477

luogo qui citato

al

egli fece

Bandello conversò col Vinci

cioè negli ultimi anni della dimora di questo presso fosse stata aumentata

da cui

,

furono cari Ambrosio

Giacobo lapidario.

a

epoca in cui

all'

gli

:

Leonardo non propria bocca di

Bandello udì dalla

Gurcense. Potrebbe darsi che

Celso

s.

È

(«s).

da

chiama Bramante archi-

nnkuiese, per distinguerlo dall'urbinate che forse fu suo discepolo e certa-

mente fu maestro del Cesariano. Si aggiunga anche questa provano esservi stati almen due Bramanti contemporanei,

alle tante autorità

che

oltre varj Bramantini.

FRANCESCO BOCCHI. 1571

(

Nel Ragionamento

)

del Bocchi sulla statua di

parti allo scnltore necessarie

costume

il

poi del costume. Fu, die' egli

,

yè&e

dice del miracoloso Cenacolo che in

,

in questo

Milano

(

m

a questo rispondesse degnamente

,

il

e

,

(

si

stampò

i5-3

fogli, fa

morire

il

la

il

nella

Questo

come

scritto

prima volta nel i503.

M.

piano del Vasari, di cui

tutte le arti in Italia

Quindi pianta Cimabue, sebbene

il

questi fosse in fasce

solito

albero genealogico pittorico

quando

funerali a varj artefici forse migliori di lui, fra

Da Cimabue scendendo

in

Gaddo,

fa

un epilogo

in

per poi risuscitarle per opera de' suoi

quale

fatti i

ma

)

concittadini.

già

;

nella sua Difesa di Firenze e dei Fiorentini, ove parla delle glorie

pittoriche della sua patria, seguendo

sta

commendato

suo avviso, e non trovando co' suoi pensieri

PAOLO MINI

pochi

dove negli apostoli espresse

tutti è srato

lasciò quella senza fine e imperfetta.

fu composto dal Bocchi nel i57[

Mini,

e la bellezza. In proposito Leonardo a maraviglia, come si

cui sovrana bellezza e maestà mirabile e ogni divina perfezione

volea dimostrare ) non potè fornire

Il

Giorgio di Donatello, diconsi

egli dipinse;

costume tanto nobilmente, che sempre perciò da testa di Cristo

s.

la vivacità

,

alla

radice del

in altre città d'Italia s'eran i

quali a

Guido da

Siena.

in Giotto e nella scuola di cptest' ultimo che

tempi fu in vero uom grande e meraviglioso, passa a Masaccio, a fra Giovanni, alGozzoli, alLippi, ed in fine a Leonardo, intorno a cui ecco le sue parole:

pe" suoi


33

Lìonardo da Vinci fnalmente abbracciando tutte queste forze vendute alla pittura , con la vivacità , con la grandezza è con la perfezione del disegno gne né che non pure per risuscitata, ma mani fu conosciuta ritornata in tutto e per

confermò di maniera sue onorate

Testimonio ne zato

e finito

è lo

efficacissimo ne è

braccia

nelle

il

Milano

di

città

in

Luigi duodecimo

re

non

si

tutto

sendo

,

ammez-

principiato ,

testimonio

e

,

sdegnò dì

si

peritò

le

al suo antico fiore.

Grazie

delle

quale non

il

là onde Ciovambatista Strozzi

:

Maria

s.

ne' suoi tempi per

ella

mano

stupendissimo Cenacolo che di sua

nella

è

,

,

et gli

morisse

morto

egli

,

di

dire di lui,

Vince costui pur solo Tutti altri,

E E

tutto

notizie e F epigramma

le

e

vince Fidia e vince Apelle

lor vittorioso stuolo.

il

come ognun vede,

sono,

vi aggiunse di suo lo sproposito di far

tratti

dal Vasari. Egli

morire Leonardo nelle braccia di Luigi

XII che mori molti anni prima di lui. Rimarrebbe ad investigare che si voglia intendere con quel principiato amparlando del Cenacolo. Forse volle con ciò asserire che mezzato e finito Leonardo non permise che alcuno dessegli ajuto o ponesse mano in questa ,

,

opera

o pure che in diversi tempi

;

e forse ia tre riprese la conducesse.

,

RAFFAELLO BORCHINI. i584

(

Un

brève

epitaffio

ghini

estratto dal Vasari senz'

che ha per

,

,

,

se

titolo

il

Riposo.

A

si

onta di moltissimi

della pittura.

Lo

,

difetti

la pittura.

,

i584

e

errori

debbe

iSgo e

)

pregiudizj

de' quali

sono sparse le che

ci

rimanga

aureo libro di Leonardo, quale dalle stampe

si

conosce,

a lui

stesso

opera del Bor-

PAOLO LOMAZZO. (

opere del Lomazzo

un freddo

eccettua nell"

parer mio , che però volentieri sottometto

questo libro è più utile per la lingua che per

GIO.

Ad

alcuna aggiunta

è tutto quello che intorno a Leonardo abbiamo

,

air altrui

)

si

il

più compiuto

trattato

ottimo per lingua e per filosofia nelle parti che tratta, è troppo breve in altre; d'altre,

come

lavoro incompiuto,

della Storia pittorica

rebbe

tale

editore

,

brama

che

,

la

non

parla

ristampa degli

per usar di sua

affatto. scritti

A

ragione l'illustre autore

del

Lomazzo

,

frase, sceverandone le foglie.,

e

ne vor-

ne serbasse


è

34

Ma

un editore di tal tempra è più difficile a trovarsi che non si erède, e accoppjno in un solo ingegno il sapere la costanza e il giudizio che sarebbero necessarj ad un simile lavoro, è difficilissimo che un tale ingegno s'impieghi in opera altrui con poca speranza di fama, mentre con minor fatica e maggiore lusinga potrebbe tentare cpalche cosa di proprio ed originale. E ad ogni modo le opere per chi meglio sa vogliono essere frani.

i

qualora

si

,

,

rono

scritte,

bramo

ed

lette

,

giudizio

che

nel lettore. Se questi

non

il

come

lodato Lanzi vorrebbe nell'editore,

il

fu-

lo é in grado di scernere le Ijuone dalle cattive io

autorità storiche e poetiche

che il Lomazzo prende a fascio indistintamente; non è erudito abbastanza per intendere ove Fautore è troppo credulo o si abbandona a pazzie astrologiche, che in lui sono piuttosto modi se

d'esprimere munito di molta pazienza e discrezione per penetrare dentro la mente dell'autore, supplendo anche, ove bisogna, ai gravi errori tipografici che accrescono sovente le difficoltà del testo poco' profitto trarrà da queste opere, e non compenserà il tempo e la fatica eh' d'uopo impiegarvi. Che pei lettori d'altronde leggieri e di minor vista, che non conoscono l'oro se non quando è depurato da ogni lordura, bastano e parranno auree molte opere minori delle quali abbiamo gran copia in molte lingue poiché se non erro .non giungereljbero ad intendere le cose buone

che opinioni scientifiche

;

non

se in fine

è

,

;

,

di queste,

dissima, e

Ma

,

comunque si riducano, le quali esigeranno sempre attenzione grannon volgare acume d'ingegno ond' essere intese e proficue.

venendo al proposito nostro, nel capo nono del primo libro del gran dove questo autore ragiona della proporzione del corpo virile di otto

Trattato teste

leggesi

,

Fra di

s.

il

seguente passo

:

moderni Leonardo Vinci, pittore stupendissimo, dipingendo nel Maria delle Grazie in Milano una Cena di Cristo con gli apostoli, i

refettorio e

avendo

dipinto tutti gli apostoli, e

fce Ciacomo Maggiore e il Minore di tanta bellezza maestà, che volendo poi far Cristo mai non potè dar compimento e perfzione

a quella scuna faccia, con VI potendo far altro,

tutto eh' egli fosse

non

se

ne

quale per confortarlo gli disse:

O

commesso, dì nò

ci:

altri

cdtro che Iddio

andò a

Leonardo,

non

può

lo

di dare maggior divinità

singolarissimo; onde cosi

è

hcd dato a Ciacomo Maggiore e Minore,

si

,

il

tanto e tale questo errore che hai

levare.

bellezza

e

disperato,

con Bernardo Zenale

consigliarsi

Imperocché non è ad alcuna figura,

che sta di

in potestà tua

di cjuella

buona voglia,

e

che

lascia

Cristo cosi imperfetto, perchè

non lo farcd esser Cristo appresso quegli apostoli; Leonardo fece , come oggidì si vede , benché la pittura sia rovinata tutta. Al capo secondo poi del secondo libro dove ragiona de' moti ^ secondo la diversità delle passioni ed affisiti dell' animo dice che in questa parte Leonardo , non fece mai alcuno errore. Del che aggiunge egli tra tutte l' altre e cosi

,

,

fa chiarissinm prova

la maravigliosa

Cena

,

sue cose

di Cristo e de suoi apostoli, che

si

vede


,

dipinta nel refettorio di santa di maniera

Maria delle Grazie in Milano ; nella quale espresse moti delle passioni degli animi di quelli apostoli, nei volti ed in

i

tutto il resto

da

del corpo , che ben si può dire che il vero non fosse punto diverso quella rappresentazione; e che queir opera sia stata una delle maravigliose opere

di pittura,

che

lente cAe fosse

giammai a

,

olio

Giovanni da Bragia. mirazione, che

;

in alcun

tempo fosse fatta da alcuno pittore, per ecceldi dipingere ne fu a quel tempo imentore

modo

del qual

Imperocché in quelli apostoli appartatamente

lo spavento, la doglia, il sospetto,

tutti allora

si

l'

amore

trovarono; e finalmente in Giuda

il

si

e simili passioni

vede

ed

tradimento concetto

l'am-

affetti, in

neW animo

con un sembiante di punto simile ad un fettamente intendesse

i

traditore. Si che ben dimostrò quanto permoti che l'animo suol cagionare ne corpi , de qucdi siccome

di

necessarissima parte ed pittore quasi in tutto questo libro ne sarà trattato. libro terzo al capo quinto dove parla del colorare a pastelli, segue a dire: Il che si fa in carta, e fu molto usato da Leonardo Vinci, il quale fece le teste di Cristo e degli apostoli a questo modo eccellenti e miracolose in carta.

Nel

Nel capo secondo finalmente e della necessità che gli

maestà di

del settimo libro, parlando della forma di

che

atti

gli

si

Dio

attribuiscono, siano corrispondenti alla

soggiunge che T artefice deve sforzarsi di rappresentarvi dentro forma , statura , moto , collocazione e lume dagli altri corpi che si fingono attorno a lui, cosa tanto difficile che F istcsso Leonardo non potè consegidrla nel Cristo che dipinse nel refettorio delle Grazie di Milano. lui

la deità con

In

,

l'

eccellenza e differenza della

cinquanta e più

altri

nostro pittore

luoghi

del

Trattato

fa

menzione

il

Lomazzo

del

senza però parlare del Cenacolo. Chi fosse curioso di vederli li riscontri coi numeri delle pagine che pongo fra le notet.^). Trovo poi nuovamente ricordo della nostra opera nel capo decimoterzo della sua Idea del Tempio della Pittura, libro che sebbene fosse composto, per quanto apparisce prima del Trattato fu stampato dopo di quello sei anni. Nel qual capo dopo aver detto che Leonardo ha colorito a olio quasi tutte le opere sue, continua come qui trascrivo: ,

,

,

,

Ora Leonardo fu usava di sue

si

quello che lasciato

assottigliare

^

con

i

lambicchi,

sono spiccate dai muri

,

l'

uso della tempera passò

all' olio

onde è causato che quasi

siccome fra

le

altre si vede

tutte

il

qualé

le

opere

nel Consiglio di Fio-

renza la mirabile battaglia, ed in Milano la Cena di Cristo in santa Maria delle Grazie, che sono guaste per l'imprimitura ch'egli gli diede sotto. Di che abbiamo grandemente da dolerci che opere cosi eccellenti si perdano restando solamente , i

disegni,

i

per vincere,

quali certo ne

ma

il tempo né la morte né cdtro accidente sarà mai con grandissima lode e gloria di lui viveranno in eterno.

In una ventina occorre

il

nome

d' altri

luoghi ne quali in questa Idea del

e Y esempio di Leonardo

,

non

si

parla

Tempio della Pittura Cena sebbene

della

,


36

non ne manchi occasione

,

sopra tutto dove

Lomazzo rammemora

il

le migliori

Bla ciò avvenne probabilmente perchè era in allora del tutto perduta. questa perdita di si gran danno per Y arte , già accennata dal Vasari sotto

opere di

E

lui.

,

l'anno i566, non dee credersi dal Lomazzo confermata sotto la data delle opere stampate, ma prima di molto; perchè tanto il Tempio quanto il Trattato furono dall'

autore composti in età assai giovenile

risce chiaramente.

Che

come

,

dalle sue stesse parole appa-

se in taluno de' suoi capricciosi sonetti ne' quali

e la bizzarria lo allontanano per costume e sistema dalla verità altrimenti

debb' essere

,

senza ignominia

pio

preferita

l'

autorità de" suoi

dediche a re ed a principi contemporanei

nelle

pano

è

e quanto assicura

trattati

non potea mentire nè avrebbe mentito con vantaggio. Imperocché del suo Tem-

,

che usci da

me

ai

Spagna,

cosi egli parla nell'epistola al re di

Questo

estro

l'

dice a caso

ei

,

quali

che

sta in fronte all'opera:

anni della mia gioveimi

negli

concetto in quelle

,

ore che stanco del dipingere avea bisogno di ricreazione ecc.

E con

sione concetto avvalora la mia congettura che

sia stata

opera

quella espres-

da lui comsebbene a taluni semlsri un compendio ( nel qual caso dovrebb' essere posteriore nè quella espressione sarebbe opportuna , )

posta prima del Trattato

;

di cui

cpiest'

,

,

è piuttosto un apparato o prolegomeno

mermi

anzi il primo seme per cosi esprimaggior opera che divenne un Trattato compiuto , allorché

di quella

,

,

,

fu arricchita in tutte le sue parti di tutto ciò che la susseguente pratica dell'arte e gli studj profondi nelle materie d'erudizione

Del

Trattato poi

l'assicurarci che

sono

tati,

vecchiaja

,

,

i

da

stati

mai fu

se

primi

come

,

dove trovansi

libri

lui scritti assai

come male

vi

é probabile i

stesso

E

di ciò

poche

avverte che

prima della sua cecità,

asserisce l'Orlandi,

verremo facilmente

linee il

ma

nel fiore dell'età e nel

il

ecc.

che da giovane: per mi pongo a volerne trattare

che,

neir ultimo capitolo del Trattato dice nella dedica del

dei Grotteschi

che

il

età giovenile

quanto

( il

che

si

gran Cardano ed in

cui

;

o

o

ponga

si

Tempio

,

trascritto

Vicenza

assicura

gii

si

momento alla

che scrive egli

opera piuttosto da

stabilisca

l'

i568, come

epoca della sua

egli stesso avvisa

di tre anni più tardi

un

nella sua Vita e in

avevano predetto

aver comjoosti

ci-

nel qual luogo

,

è

conciha col corso della malattia eh' ebbe il

basti

ho

per sempre

tolse

affetti

,

continua egli, non senza qualche

E

cecità all'anno trentesimo della sua vita, cioè nel

ei

lo

,

prima del secondo passo sopra moti delle passiorii e degli

trattare de'

uomo consumato

anni

quale non già in

la

assicurati dall' osservare ciò

rossore io

quanto

fatica di molti

passi più importanti che

migliore di mettere in pratica le sue speculazioni pittura.

poterono recare in tributo.

,

gli

scritti

),

,

secondo

distico in fine il

funesto fine

avuto riguardo

suoi

,

è evidente

alla

che

ei dice intorno al Cenacolo si debbe considerare anteriore non che contemporaneo a quanto ne fu detto dal Vasari il che si scorgerà ancora più ,

,

patentemente da alcuni suoi versi che

fra

poco mi accadrà

di citare.


, ,

37

Nulla

d'

importante allo scopo nostro ho tratto dalle

di questo autore

,

Versi del compare

che sono

i

Zavargna

ecc.

Grotteschi

Forma

la

,

opere stampate

altre tre

delie

Muse

e

poco di alcuna di esse che

Il

Rabisch

i

o

qualche

vi avrà

relazione, verrà citato nel corso dell'opera o nelle note.

Filippo Picinelli nel suo Ateneo, forse

coli' autorità

un'altra opera stampata, intitolata Esposizione sopra

Io credo che non

esista aflfatto,

pare assai probabile

forma

)

introduzione

d'

l'Idea del al

cosa eh' egli stesso non

almeno

sqo Trattato

manca

cui

,

avvisare nell'

d'

Lomazzo

il

sebbene

,

del Morigia

,

registra di lui

Trattato dell' arte della pittura.

stampe, se pure non fosse

alle

Tempio

il

,

che mi

( il

come vedemmo

,

diede

pubblicasse alcuni anni dopo

la

uldmo

Dal quale avviso

capitolo.

prova r errore del Tirabosclii che suppone esservi una edizione dell' Idea del Tempio contemporanea al Trattato, come altro errore del Tiraboschi del Du si

,

Fresne e perduta fatto in

d'altri è

la vista.

il

Su

credere che eh

prima gioventù

CIÒ che spetta ai

me

il

Lomazzo

il

che abbiamo già osservato eh' egli stesso

due opere sue principali suoi versi comechè pajano per le

,

,

Lanzi nota facetamente

s'

,

egli fece

come

,

dopo aver

dettasse le sue opere

dice

lo

più versi da cieco

asserisce

il

,

colle insegne di principe dell'

;

e per sicco-

,

proprio

aver

d'

almeno in gran parte

ritratto

accademia della Val di Bregno è facile il vedere ch'egb si era ottenuto quell'onore per mezzo delle sue poesie anche anteriormente alla sua cecità. A provare più ampiamente che i Grotteschi suoi furono scritri prima che perdesse la vista , mi è venuto alle mani un curioso codice ,

suo pugno che ha per titolo CU Sogni e Ragionamenti composti da Ciovan Paolo Lomazzo milanese con le figure de' Spiriti che gli raccontano da tutto di

,

,

non

esso disegncue. Nell'avviso al lettore

solo ei parla delle sue poesie,

ma

si

scorge che questi Sogni furono da lui composti per farne una sola opera con quelle, frammezzando la recita de' versi con dialoghi e ragionamenri stranissimi.

E come

nel decorso del libro scritta

anno

morte di quel

di lutto per la

ragiona di Michelagnolo vivente

si

che quest'opera fu

prima del

del gran Galileo: Cosi essendo

i56.3

all'uso fiorendno

sommo uomo

tal

,

e

64

è chiaro

,

al

volgare,

ristorato in parte dalla nascita

opera posteriore

ai suoi

poedci capricci,

si

può giudicare che quesd siano di ben due dozzine d' anni anteriori alla stampa. In fatd, checché si dica circa d tempo di tali scritd dal Lanzi, dal Ghihni, dal Le Comte e da molti altri autori, e fin anche dal Lomazzo stesso in qualche luogo

(-5)

,

quelle sue poesie

,

poche eccettuate

sfrenata e confusa fantasia giovenile

alcune ne aggiunse di poi cogli

,

,

sembrano più esuberanze di

che produzioni

stessi

griUi

d'

uomo

maturo.

Chè

se

e stravaganze insignificanti onde

sono

stipate le antecedenti, ciò fu per mighorare ed arricchire d suo volume senza allontanarsi dal metodo tenuto negh anni primi del suo furore poetico./ Cosi rendendo all' età del molto estro e del poco giudizio queste bizzarre com-

posizioni

,

se

ne viene a scusare

la stranezza

e la mediocrità.

Ma

chi

non

fosse


,

38

appieno soddisfatto delle prove da me qui addotte e ne volesse sott' occhio una più autentica e solenne che smentisce quanto dal più degli scrittori fu asserito intorno all' epoca di questi ghiribizzi legga le terzine deUo stesso ,

Lomazzo

,

a

Carlo Emanuello duca di Savoja da lui cantate veramente da cieco in ogni senso nel iSSy. In queste egli dichiara d'aver composti i suoi sette libri di Grotteschi nella etade terza, quella, cioè, che vien dopo la puerizia ,

e l'adolescenza; e per toghere ogni dubbio intorno alla sua espressione, soggiunge: Se quella vuol supere il fermo chiodo , Ciò che la terza età

ho detto

c'

,

,

Acciò non sia lasciato oscuro nodo

Ella è quella di Fener

La

sia

,

;

dove stia

(»7)

forza del mostrar di ciascun opra

Quel che dianzi Mercurio ha fatto

in via.

Ove col fare ancor convien adopra Il dir unito insieme in cotal

Dai

sedici a

venti

li

,

anni

qua

e

si

scopra.

Allor cosi scrivendo quanti affanni

Recava

Ai quali

versi

il

finger seco,

debbonsi aggiungere

altri

avere parlato del suo maestro e delle sue

E

mi scemava.

io

gli

della

,

cpiali

,

dopo

soggiunge:

ne' ritratti ancor io posi il piede

Di

piccioli e di grandi

Mi

E

da

dipartii

lui

in prosa tutti

Che

La

strani

i

i

,

et aljin

poi

spiegando in versi

,

miei varj concetti;

mi venian qual

gioventude

lieta

In rime

,

recar suole

e cosi scrissi

miei Grotteschi, dove espressi

Molti caprizzi

Ai guai poi

c

havea in cor concetti,

cieco ancor molti ne aggiunsi.

Poco da poi

trattai della pittura

In molti

,

E

sua vita ne'

prime opere

libri

or

si

veggon fuori.

allor

fu eretta ancor l' alta Accademia Di Biegno ecc. Da che si vede anche cfuanto per tempo stendesse il suo Trattato cioè poco dopo i vent' anni: per la qual cosa i passi che riguardano il Cenacolo, verrebbero a riportarsi intorno al i56o circa. Nè men chiaro apparisce che non da cieco, ma una quindicina circa d'anni prima della sua cecità, compose il Lomazzo in ,

gran parte

le sue poesie che in buon numero sono citate coi jsrimi versi nel codice di CUI ho parlato di sopra. E si scorge parimente che qualora s' imprende a parlare di coloro che hanno pubblicato delle opere, è necessario prima di


39

oppure

tutto di leggerle diligèntemente,

Ciò però

due

storie

lavori

con

sia detto

mi

intorno a quanto ,

la

è in pericolo di cadere in gravi errori. pace de' chiarissimi uomini che furono d' altra opinione

sforzai di provare

Letteraria

e

ed in ispecie degli egregi autori delle

,

La

Pittorica.

la

che di sua natura dispensa

,

si

vastità

autori

gli

dalle

merito cospicuo di quelle opere nell'essenziale,

Europa, scusano abbastanza

tali

Cenacolo

il

sapere a qual epoca

possano

si

classici

più

e

,

oramai da

mi prendo

io

qne

mediocri

perché importa

e

,

altronde di

riconosciuto

nei che

piccioli

notare unicamente per amor del vero

cV

letture

alla

la libertà

mia

il

tutta

di

storia del

Lomazzo che

riferire cjue' passi del

parlano di questo singolare dipinto.

BATISTA ARMENINI

CIO.

i586

(

Quantunque precedente,

maggior numero

II

porti la data del

iSSy,

come prova non

esemplare del

raro

egli

è

)

degli

esemplari

certo che

del

quest'opera

libro

solo la dedica dello stampatore,

i586 che soltanto in pochi

dell'Armenini

vide la luce nell'anno

fogli

ma anche

differisce

qualche

dall'edizione

posteriore.

Anche

Precetti dell'Armenini appajono composd assai prima che venissero pubbHcatl. Egli stesso assicitra nella conclusione del suo libro, che gli avrebbe condotti a miglior perfezione, se, oltre varie disavventure, la poca età in cui era allorché gli scrisse , non glielo avesse Impedito. In qual tempo però fossero comi

posti, noi trovo scritto

da nessuno.

che

[58o.

fioriva intorno

al

Il

stampatore Francesco Tcbaldini d'aver fadcato

sommamente

Da

l'opera sia postuma. chci anni recossi a

il

Mdano prima d'

si

dice

,

che farebbe dubitare che deduce che 1" autore di quin,

,

si

ordine di chi potea disporre di lui quale dice

(-s)

trovasse f originale il

che dopo avervi passato qualche tempo, corse per Passati quesd ritiratosi non so se In Faenza sua patria

lasciò la pittura e forse

d

diede,

il

e

tutta Italia.

presso

comunque

quale,

varj passi pertanto

Roma,

o altrove

fosse Slato a

MazzucchellI non dice altro di lui se non non fu pubblicato dall'autore, ma dallo

a ridurlo cpale

nove anni ,

Il

libro

,

fece frate

,

cangiando

abito e professione.

del 1546, anno in cui mori

il

,

Si

com'

ci dice

,

per

crederebbe eh'

ei

marchese di Pescara,

aver visd alcuni maravigliosi ritratd di Sebastiano

Dal Genova al passaggio di alcuni pittori che andavano in Ispagna fra i quaU nomina il Rtiviale che mori nel i55o. Trovossi poi certamente in Roma nel i556, anno da lui notato all' occasione che racconta la vendita de' disegni di Ferino Del Piombo. Concorre a

farlo credere fra

noi

anticamente

,

il

sentirlo in

,

Vaga.

Ma

pare che in quell'anno stesso ne uscisse, se

si

avverte

ai

disordini


,

40

che

capo ultimo dice avvenutivi

che rispondono esattamente al primo anno IV, e che il costrinsero a cercare altrove inighor sorte e quiete. Dopo quel tempo avendo peregrinato qua e là lungamente tornò di nuovo a Milano e stette con Bernardino Campi cui abbozzò un quadro e pare che il servisse bene poiché il Campi il volle seco qualche al

,

del feroce governo di Paolo

,

,

mese.

,

Non

parve contento degli studj pittorici della nostra città, e parlando de nostri giovani, dice d'averli trovati più dediti all'ornarsi con varj abiti e con belle armi lucenti, che all' adoprare penne ovver pennelli. Da questa ultima

epoca sembra dover avere principio questo tempo fino poco oltre nato con accrescimenti

chelagnolo

ed in un

,

che uscì l'anno nato tra

iSóy.

iSao e

il

il

il

suo libro

altro

sua stabile dimora ovunque fosse

la

iSyo può essere

il

Il

Sembra da

i53o, e eh"

,

e da

riordi-

accennandovisi in un luogo morto Mi-

,

ciò

tutto

ci

o

steso

recasse a

si

del Barbaro

congetturare

potersi

eli ei

Roma poco dopo perchè non

,

vi

fosse

Mi

1540.

il

è libro che

lui.

passo più importante che

Ragionando

carte 173.

lui

pubblicata di fresco la Prospettiva

sono alquanto dilungato intorno a questo autore dia conto di

da

stato

tratta

del Cenacolo

degh ornaiuenti

trovasi

,

nel libro

terzo a

Fra gli altri, dice, io vidi in Mdano quello de'frati di san Domenico in santa Maria delle Crasie nel quale a man manca vi è dipinto a olio sul muro un Cenacolo da Leonardo Vinci, che, abbenchè fosse allora mezzo guasto , mi parve però in tal modo un miracolo molto ivi

de'refettorj

,

,

grande per aver

egli espresso

mirabilmente negli apostoli

trato in loro di voler sapere chi era che tradir volesse

quel sospetto eh' era enloro maestro.

il

Nel libro antecedente poi, a carte 148, già aveva parlato delle difficoltà che Leonardo sostenne onde comporre la testa di Giuda ma nulla vi si legge di nuovo anzi sembra ripetere ciò che già aveano pubblicato il Vasari ed ;

,

Giraldi intorno al modo di studiare di Leonardo. Non ostante 1' accordarsi l'Armenini con quegli autori contemporanei, aggiunge loro autorità iiitorao il

alle

cose che a Leonardo hanno relazione. Imperocché l'Armenini che sembra

essere stato più volte a Milano

del Vinci in

ed essendo

,

mano com'

di alcuni egli

dice

,

aver

vecchi pittori

asserisce

,

suo uso

ivi

veduti alcuni

mirabili

disegni

probabilmente della sua scuola

,

d'

interrogare

tutti

gli artefici

;

spe-

ai modi de" migliori antichi maestri è da credere che Cjuanto Leonardo ei lasciò scritto, non fosse tolto soltanto dal Vasari e dal Giraldi, ma anche dalle informazioni eh" ei prese dove esisteva più grande la memoria

cialmente intorno

,

di

di lui. Il libro

diletta

non

de' Veri precetti di

("9)

dell'

Armenini può giovare

rado raccontando alcuni piacevoli

assai

fatterelli

nella pratica

avvenuti

ai

,

e

grandi

maestri di quel tempo. Scarso però nella teorica, e, senza la Ijase della filosofia,

fondato in gran parte

sull'

esempio

,

è per

l'

essenziale dell' arte

dannoso anzi


41

che

utile.

I veri precetti

dalla ragione

:

gli

non

dell'arte

esempj dichiarano

possono trarre che dalla natura e precetti e li confermano ma ove H fac-

i

si

;

ciano, l'arte è caduta, perchè perde l'originalità.

Ben

altrimenti furono

i

precetti

Leonardo ed è bello lo scorrere tutti i suoi libri senza trovarvi un solo esempio quasi eh' egli credesse far torto all' evidenza delle verità che si tragdi

,

,

gono direttamente

dalla natura,

troppo debole autorità a petto di

sostenendole colle prove dell'arte,

figlia

di

madre.

siffatta

GREGORIO COMANINL (

1591

)

Il seguente passo, importantissimo per la singolare notizia che copia del Cenacolo, eseguita probabilmente a cesello in argento,

Francesco I

,

della Pittura. nense.

:

Ove quistionandosi

più

dà d'una ordine di

è estratto dall' opera che ha per titolo // Figino ovvero del Fine Dialogo del Rever. Padre D. Gregorio Comanini, Canonico Laterase

il

fine della Pittura sia E utile ovvero

tratta dell' uso di quella nel Cristianesimo

fetto e che

ci

-d"

diletti

,

il

pittore ovvero

il

,

diletto,

il

si

mostra qual sia imitator più per-

e si

poeta. L' opera fu scritta

,

a quanto ap-

parisce, nel 1690, e fu subito pubblicata

fanno seguente in quarto espone in essa un dialogo, a

coi torchi

Osanna in Mantova. Si dir vero, prolisso, ma non povero di buona erudizione e di utili notizie, tra il padre don Ascanio Martinengo, Stelano Guazzo e Giovanni Ambrogio Figino pittore milanese. Si il Martinengo come d Guazzo si resero celebri al declinare del di Francesco

secolo decimosesto

Martinengo fondò

e in

opere proprie e col prestar favore

colle

Padova l'accademia degli Animosi,

della

alle

lettere.

Il

quale trovansi

memorie nelle lettere di Diomede Borghesi e presso altri autori e di cui furono membri Sperone Speroni il Tomitano \\ Macino il Piccoloniini. Il Guazzo poi fu fondatore dell' accademia degl' Illustrati in Casale di Monferrato, ,

,

,

,

che fu pure feconda di non ignobili ingegni. E il Figino da idtimo in casa del quale accade il dialogo essendo egli visitato dai detti due illustri ospiu ,

,

che noi conosceano che di fama, fu d preddetto scolare del Lomazzo, e valse lui, sebbene fosse ineguale assai nelle opere e perdesse spesso la gloria dell" originalità , dandosi troppo all' imitazione de' grandi maestri ed abbando-

più di

nando

lo studio diretto della natura. Egli merita

nella storia pittorica

,

e fa dispiacere

il

nondimeno un posto

distìnto

vedere tanto silenzio sopra questo de-

gno maestro ne' prolissi cataloghi de' troppo lodatt artefici di quest' epoca. I suoi disegni furono sovente confusi con quelli di Batìsta Franco, del Salviatì, del Parmigianino , e talora fin anche del Buonarroti di cui ritrasse più volte le

opere principali. Oltre ciò che da questo dialogo

si

può

ricavare,

trovansi


42

sparsi grandi elogi di lui nel Trattato e ne' Grotteschi del suo maestro

,

nelle

poesie del Marino, in quelle di Giuliano Goselini e in quelle del Borgogni. Ecco il passo posto in sua bocca nel dialogo del Comanini , a carte 264.

Francia Francesco

Il re di

volle portare di là dall'Alpi tutto

torio delle Grazie di questa città, dove

Qùal

Scdvatore.

cosa stimava egli più?

spesa avrebbe

quel re fatta

stato possibile

il

nella

i

il muro del refetLeonardo Vinci avea dipinto la Cena del denari o pure la pittura ? pensate voi quanta

trasportazione di tanta macchina

reame, ne fece fare un estratto in argento mandato a donare a papa Clemente Settimo al tempo

trasferire nel suo

da

luì

gherita de' Medici e di Enrico

il

quando fosse non la potè

Ma poiché

conducerla senza pericolo di guastamento.

quale poscia fu

il

delle

nozze di Mar-

Secondo.

riò scorse alcune altre opere del Comanini, e nulla vi ho trovato di pittorico.

Il

Pigino aveva un libro di disegni

Lomazzo

quel volume inèditi di

Du

dal

,

,

di

(j-ì

Leonardo

,

Fresne e più chiaramente dal Venturi.

come sappiamo Qual

spero poterlo indicare allorché pubbhcherò molti

Leonardo

dal

fosse

in parte

scritti

e disegni

perchè in un gran numero di schizzi che ho raccolti del Figino molti ne ho scoperti che sono bensì di sua mano ma che traggono origine da altri del Vinci senz' alcun dubbio. ;

,

,

GIROLAMO CATTICO. 1600 dica

(

)

In una stona manoscritta di Girolamo Gattico domenicano, la quale tratta appartenenti al convento delle Grazie, là dove si fa parola

di tutte le cose

delle pitture del refettorio, Icggesi

Leonardo Vinci dipinse refettorio

(cioè

,

e il

duca

Il

come

segue:

Cenacolo che alterato

duchessa che

la Crocifissione dipinta dal

sono mfracidite per

muri

e la

il

essere dipinte

si

Montorfano dirimpetto

a olio

,

e l'olio

nel fine del medesimo

non

si

al

Cenacolo), quali

si

conserva in pitture fatte sopra

ed egli contro suo volere la face, perchè cosi onninamente volle il duca. manoscritto del Gattico che conta due secoli circa, stava altre volte nella

e pietre,

libreria del

convento delle Grazie.

Non

s'intende al^bastanza a che

quella frase ed egli contiv suo volere la fece. al

vede

si

vede a'fianchi della suddetta Gerusalemme

Cenacolo, né

al

metodo

Ad

ogni

di dipingere a olio ch'era

modo non il

si

riferisca

si

può

riferire

consueto di Leonardo.

Io inchno pertanto

a credere che Leonardo contro volere s'inducesse ad aggiungere air opera del Montorfano i ritratti della famiglia ducale e che però o h facesse eseguire da qualche suo discepolo o li trascurasse assai perchè a giudicarne dagli avanzi, che che se ne dica dal Vasari e da altri, sono, a dir vero, opera assai mediocre. Egh è ben certo che se essi erano consunti ;

,


,

4S

già da dugento anni per testimonio del Gattico

hanno anch'

fuor di dubbio del Bellotti o

non

può

si

cV altri sia

permettono

pittorici

prima

Ma

giudicare.

subito

essi sia

evidentemente

io

,

,

Cenacolo

il

Quindi

lui.

oserei dire che tali

si

la

mano

,

Primieramente

ritratti.

antico

stato

de" fasti

allorché

,

dove

,

trovi

si

stesso

non

,

sono troppo

essi

il

e

,

micidiale

degli scrittori

Montorfano

dal

giudicati opera intrusa o aggiunta. In secondo luogo

parso del tutto,

sono adesso

vero loro

il

asserzioni

false

il

rimanente della composizione per dover

accordo col

d'

di

molte

Leonardo, fossero eseguiti

già da

come

piti

congettura a quelle contraria

cjualche

r appoggio di buone ragioni

dopo

le

se

,

tanto

essere

colore è scom-

vede trasparire chiaramente rintonaco generale della pittura,

con sola calce senza alcun' altra preparazione o mistura, modo diverso dalVedesi in terzo luogo impiegato F oro puro col mordente l' usitato da Leonardo. ne' panneggiamenti contro il sistema di Leonardo che voleva che 1' oro s' imifatto

tasse

come ogni

,

cosa, coi colori. Finalmente la maniera dell'opera

altra

solo è

conforme, come

ma

è

lo

come

parimente nello

Leonardo.

torto a il

resto

dico che

,

,

tanta angustia

ritratti,

1"

che non

esser

tali

si

potrebbe asserire senza far grave

ritratti

pittore fu costretto

il

a

fatti

i

debbono

si

del pittore

si

prestano all'arte de' cui

nell'

operare e finalmente

la

mediocrità

dell'

questo tempo migliore della sua

vita.

che a Leonardo

opera del Montorfano

come

fe'

attribuire

Cenacolo

il

,

gli

,

diversità del genere in

prestato

come

,

Comunque però pieghi

e

1'

non

fresco

a

opposta

olio la parete

tieri

il

può

ritrarre principi e

Ne

a fresco

alla

mia

a credere di

che per niun

;

il

stia

ed

,

il

la

tali ritratti,

le

,

poche sue

pitture in

origine dell'errore

1'

nelF esser essa eseguita

di

di farli a olio

stesso lavoro,

il

,

alla

Montorfano

qual cosa sarà

si

,

per

mal volen-

Gattico dice essere avvenuto a Leonardo. il

fittto

,

io

non pretendo mai che

un

tanto

uomo, qual

lato dell' arte é superiore a

nella nostra scuola.

Cosi giudico

sarà scusato per la diflì-

e solo oso esporre questa congettura, perché

mano

nota

contrasto

crocifissione. si

la

fa

duca che vedeva Leonardo dipingere a

avrà ordinato

uno

come

aggiunge

opera che

Parrai anche travedere

Montorfano richiesto dal duca di

coltà d' improvvisarli

la

si

poi sono rare volte

effetti

troppo visibile colla perfezione a cui Leonardo portava

il

,

Aggiunge peso a questa mia congettura il sapere, all'epoca di questi cioè intorno al 1495, impiegalo Leonardo nel Cenacolo, nel colosso

sua lentezza

che

a fresco

perchè è

quali per pochi istanti e con molta loro noja e con altret-

equestre ed in varj lavori idraulici di grande importanza.

a olio

non

e

olio

questo genere

a

e eh' è sopra tutto necessario allorché

personaggi grandi,

contenti.

il

,

conceda quel tempo e comodo che dal dipingere a fresco non

solo che

ottenere

stile

poi

Circa

non

disse, al rimanente del dipinto nella composizione,

si

era Leonardo,

quanto

si

l'

altrui

non

opinione

so risolvermi

un lavoro dozzinale

facea da' suoi contemporanei,


,

44

GIOVANNI BOTERÒ. iCo8

(

Nel

libro

primo

Facezie riporta

Detti memorahili di personaggi

de' suoi

Boterò

)

illustri

sotto l'articolo

,

seguente fatterello, già variamente narrato da altri. Leonardo Vinci fu pittor di molta eccellenza. Hor mentre eli egli dipingeva in Milano nel convento delle Grazie la Cena di nostro Signore, menava V opera più il

in lungo di quel

che

dopo averlo pregato ,

il

e

il

padre priore di quel convento avrebbe voluto. Il padre e più volte instato a finire veggendo dì egli non si ,

più

moveva, ricorse ed duca Francesco Sforza. Il duca, chiamato molto seriamente che non mancasse di por quanto prima fine rispose egli, io spero di darvi tosto soddisfazione

due

teste

,

cioè quella di

s.

Pieao

e quella di

abbozzata assai a mio gusto; la seconda, cioè altra invenzione

Con Il

la

mi

io

,

sue

le

storielle

curandosi di confrontarle cogli

non

è strano

,

scrittori

il

duca,

donde

dai

se

non

pare d" averla

se

mi mancherà

assai a proposito.

d'impaccio.

cortigiani

(3.) ,

e

non

narratori le prendevano.

Quindi

leggono da

narrate

i

si

Giuda,

mi pare

disse

Signor

mi mancano

e si sbrigò

Fa però meraviglia che un uomo

diversamente.

di

gli

all' opera.

La prima mi

cpiella

raccogliendole

molte cose nel suo libro

se

perchè non

servirò di questa del priore che

qual risposta fece rider non poco

Boterò scriveva

,

Giuda.

Vinci,

il

altri

autori

tanto versato nella storia

,

e

che fu lungamente a Milano segretario di s. Carlo cadesse nelV errore di confondere il duca Lodovico col duca Francesco assai minor fallo fu Y accennare la testa di Pietro in vece di quella di Cristo, anche in ciò senz'autorità. I Detti memorabili furono stampati la prima volta in Torino nel 1608, e ristampati in Brescia ed in Venezia. La seconda edizione torinese, posta in luce ,

:

da Domenico Tarino nel cpesta,

alla

pagina 536,

si

1 6 fu notabilmente accresciuta dall' autore. Da 1 4 scorge che il Boterò compose un'altra opera intito,

lata // Pellegrino, la cjuale sfuggì alla diligenza dell'accuratissimo

che

d'

Mazzucchelli

ogni altro lavoro di cpesto autore dà esatte notizie.

PIETRO PAOLO RUBENS (

II

De

1

6 1 o circa

un manoscritto latino di Pietro Paolo Rubens, dal secondo asserisce egli ha tradotto il seguente squarcio.

Piles possedeva

quale fedelmente

,

,

Léonard de Vinci commenqoit par examiner exacte

)

Théorie

,

et

en faisoit ensuite

se servir. Il obsérvoit les hienséances

,

toutes choses selon les regles d' une

V application et fuioit tonte

sur

le

Nettarei dont

affectation.

il

vouloit

Il sqavoit donner


4S

à chaque ohjet quii

caractere le plus vìf,

le

est possible

et

,

mesure quii gardoit dans

et la

V élever par des parties la confusion des objets

qu'il

,

,

les

c' étoit

caractere qui leur fui propre

yeux par une

,

s(^avoit

et

,

dit

,

et

soin d'éviter

à souhaiter dans

cliose

mais en

:

à donner aux choses un

,

la solidi té de son

jugement ,

donner aux hommes

une

Livres. Il en avoit tire il

,

qui poiivoit convenir à l'expression de son sujet et

Jiiimaines

minuties

les

grand

et qui le distinguàt l'ime de l'autre.

,

commenda par consulter plusiews sortes de de lieux communs dont il avoit fait un Kecueil

par

si

scrupuleuse. exactitude

camme nous avons

Il

aussi-hien que

un

ni avare. Il avoit

,

aimoit mieux laisser quelque

que de rassasier

excelloit le plus,

il

plus comhiable

le

par

plutót que de la remplir

ni prodigue

,

quoy

et

Expressions étoit de remuer l'imaginatioìi, et de

les

essentielles,

tàchoit de n'étre en cela

son Ouvrage

plus specificatif

le

poussoit celuy de la majesté jusqu'à la rendre divine. L'ordre

il

ne

laissoit rien

par

feu de son Imagination,

le

clevoit les chosés divines

degres differens qui

les

infinite

échapper de ce

par

les

portoient

les

jusqu'au caractere de Héros.

Le premier Milan de dans

les

des e.vemples qu'il nous a laissez

Céne de JVótre-Seigneur

la

plaees qui leur conviennent

milieu

de

cutes.

Son

tous

d'autre

par

la

Il

De

le

,

il

presse

pendant que

est

a répresenté

il

ni

,

qui

som dans une

arrivé

ses

tei

dcgré de perfection

ne

il

Enfin par un

la bienséance.

à un

néanmoins

dans laquelle

,

effet

me

quii

,

impossible d'en parler assez dignement , et encore plus de l'imiter.

Rubens veniva

Piles dice che

Leonardo

servazioni fatte da ,

Pompeo

presso

de

près

trop

soit

situation libre et dégagée,

quali

delle

Di

Leoni.

sulla

gh

in seguito dichiarando

mici di Leonardo tanto su gh uomini quanto sui cavalU

corpo umano

Apòtres

les

Aputres paroissent agites de coté

les

aucune action contre

ni

,

de ses profondes spéculations

camme

,

Tableau quii a peint à

le

Nòtrc-Seigneur dans la plus lionorable au

et ses bras

,

est

,

laquelle

véhémence de leur inquiétude

parott aucune bassesse

parott

et

,

n ayant personne qui

,

attitude esc grave

polir marquer plus de grandeur et

dans

,

Fisionomia

,

e

all'

anato-

studj

indi spiegava le

:

uhimo

cose tutte egli aveva esaminati

gli

os-

proporzioni del

le

disegni

originali

cjuanta importanza sarà stato questo scritto

si

,

può

giudicare dal frammento conservatoci, dalla gravità degli argomenti, dall'ingegno

grande del Rubens del suo esame. tutto, colla

E

dalla

e

eccellenza delle opere

fu in vero perdita notabile che

perchè intorno

al

famosa raccolta di

nelle note dell' edizione

1720 un incendio consumò stampe e disegni

romana

diversa

,

e

Fu

anch' essa

,

a dir

che facevano

De

si

Piles noi

Bullo

,

titolo

tradotta dal latino

giudicandone dal solo saggio conservatoci

inferiore alla perduta d' iiuportanza e di pregio.

,

creda riparato

177 3, che ha per vero

soggetto

il

pubblicasse

insieme

lo scritto originale

dell' eljanista

del Vasari.

dall'opera del Rubens pubblicata nel figure humaine.

il

dal

,

De

coiue

un

si

tal

legge

danno

Théorie de la

ma

è in tatto

Piles

,

d" assai


,,

46

FEDERICO BORROMEO. (

Quanto finamente

sentisse

1635

)

delicate bellezze

le

dell' arte

l'

insigne

cardinale

Federico Borromeo scorgesi dal libretto eh' egli stampò per descrivere le pitture da lui raccolte e donate al pubblico. Tale operetta ha per titolo Museum , e vide la luce nel 163 5. Io tradurrò alla meglio il passo che bramo noto" al 'let,

tore

può leggere

chi lo

:

e lo legga fra le note

nella lingua in cui fu scritto

,

tralasci

traduzione

la

(33).

Ove l'ottimo porporato, all'occasione d'una copia eh' ei fece fare del Cenacolo, prende a ragionare di quest'opera. Del mo pregio, die' egli, comechè da

molti ne sia stato scritto, io dirò soltanto ciò eh' agli altri è forse sfuggito, cioè che negli affetti varj e ne' diversi moti dell' animo sta la principtd gloriarceli 'questo lavoro ; lode , alla quale specialmente mirò Plinio nelU esaltare la tavola del Giudizio di Paride , nel cui solo volto ammiravansi riuniti tre affetti fra loro differenti. Nè limitassi il pittore ad esprimere il dolore e le lagrime il che altri per avventura fcirehbe i

gli suonino

ma

,

sentimenti

dell'

nel movimento di tutte animo che a chiunque

air orecchio

pronunciò quella

Cristo

PIATTO, MI TRADIRÀ.

terribile

modo

certo

su

scorge e

si

tanta atrocità e

di udirli.

al suo signore

sentenza:

si

fattamente aperti descrisse

riguarda questa pittura si

Quei che

U uno

il

.meco intinge

il

la

mano nel

la

mestizia profonda

da gravissima moderazione.

velata

dialogare e fra

minaccia

sembra

,

a vicenda allorché

dissero

Veneranda fiiccia del Salvatore indica

dell'animo, che soppressa degli apostoli

membra

parole che gli apostoli

le

La

le

attento

traditore

loro e col maestro

altri

:

,

promette soccorso

I

detti

pare in e difesa

taluno stupisce penetrato dall' enormità del misfatto : avvi chi si sforza di allontanare da sè il sospetto dell'orrido attentato: avvi chi interrogando ' insistendo vuol sapere il modo e V ordine della preparata congiura : chi si ""adira chi ammutolisce, chi si maraviglia, chi attende a ciò che dagli altri vien detto. sovra tutti distinguesi il volto di Pietro acceso di furore e di desiderio di vendetta e vi si legge F animo impaziente d' indugio per V amore del maestro : notinsi :

Ma

,•

m

lui la

forza

minacciare

il

sè volgerlo

e

,

la

fermezza

,

la genero si tìi:

traditore di castigo

maturarlo

:

,

ma non

così adirato

tu

a un tempo

vanni che gli spieghi gli arcani del tradimento Presso d principe degli apostoli così atteggiato tore,

acciocché per l'opposizione,

le

contrarie facce potean

la deformità del fellone inoltre

Giuda inquieto

,

il

essere

pià fra e

V odio

la

e

vedi

e ,

il

significato

delle

artefice collocò

loro diverse:

pieno di dignità

paura

ira secreta

suo intento

,

fra

dissimulante, ei chiede a' Gio-

e

l'

avvampar d' altri il

contrario talento meglio e

come onesto tra

il

palesando ad

d' essere

divine parole.

Giuda

il

tradi-

pià chiaro apparisse:

torva,

ispida

é il volto vivace di

scoverto

,

tende

l'

e

vile

è

Pietro; orecchio

I


,

47

oìrde ascoltare

il

colloquio tra Pietro e Giovanni, e sembra raccoglierne le parole

codardo a un tempo nel VISO di Giuda

i

fermo

e

nell'

conoscesse quest'arte: imperocché

fece fosco

il

,

pessimo abito

dell'

irti

veramente spiegò Leonardo mostrò quanto addentro

e

,

con occhi incavati, squallido

irsuto,

di adusta magrezza, con naso schiacciato e con essere indizio del

E

infame proposito.

profondi misteri della Fisionomia

capelli

quali cose sogliono

le

animo presso coloro che

dalle fattezze ne giu-

V

dicano. Alle stesse leggi di Metoposcopia corrisponde al contrario

con

espressa

dal pallore delle labbra

artifizio

tumide nari; siccome

il

naso curvo e

di nobile ed elevato animo.

I

e

virile

eli

,

e giuchcasse le cose pittoriche

veramente degno

dell'artefice

descrizioni accanto alla sua

non sono fuori

i

passi

cjuanto

più in là la cui

d'

i

del limite dell' arte loro,

non provano

questo valente mecenate

d'

ogni altro anche

risponde a

come

squisitamente e in

pittore;,

affetto

descrive.

Le

modo altre

ne' loro autori quella fina maniera di i

secreti dell' arte 1"

e che per

,

dono un

ottimo cardinale in

ogni buona disciplina debbe

pubblica biblioteca ambrosiana e

di lui

antichi

si

sentisse

arte già corrottissimo.

1"

magnifiche

altre utili e

riuniti

Borromeo

per certo esercizio possedeva assai bene

e

secolo per

qui

varj il

opera con tanto

vedere eh' è necessaria per penetrare dentro

dopo

dalle

tali considerazioni.

Chiunque confronterà con questo moderni potrà facihiiente scorgere

A

e

occhio severo sogliono essere segnali

l'

rado commetterà errore quegli che crederà necessario V occuparsi lunga-

mente di

naturale

ira di Pietro

infiammata

quali indizj della natura io volli avvertire acciocché

nostri dipintori intendano che siffatti studj e che

dalla guancia

,

,

fu

il

1'

istituzioni.

la nostra città

annessavi accademia di pittura

Suo non meno

,

oltre

la

oltre infinite

sebbene eseguito in parte

progetto del colosso in bronzo di san Carlo

rjuella di

,

duemila e settecento uomiiii

,

,

la cui

mole unica

massa

di tal ge-

nere in Europa.

BARTOLOMMEO DA

SIENA.

(1636)

Nel

libro che

ha per

Canusiani, Ticincnsis sanese

,

monaco

Certosa di Pavia dissimi elogi artefice.

della Certosa

De vita et monbus beati Siephani Maconi Senensis ohm Ccenobiarchai etc. composto da Bartolommeo ,

di Firenze

,

dove

parlandosi della copia che

,

dell'

Leggasi

titolo

Cartiisioe

originale di

il

Leonardo

ivi

si

descrive

eonservavasi

il ,

refettorio si

della

fanno gran-

e delle virtìi pittoriche di questo grande

passo che riporto intiero nelle note

(h)

.


48

VINCENZO CARDUCHO. i633

(

di

Vincenzo Carducho o Carducci Spagna vi fece molte opere di ,

dicono

il

essencta,

Lanzi

e

il

definicion

fiorentino pittura

Baldinucci,

ma ben

modos y

diferencias.

,

)

da giovinetto

stabilitosi

,

e vi pubblicò

,

De

otto,

la

alla

non un dialogo

Pintura, su defensa

,

corte

come

orinen.

,

Leggonsi in quest'opera molte

utili

notizie specialmente circa le pitture de' palazzi reali di Spagna. Intorno alle altre

cose

quantunque

,

ed

altri

e--)

,

poco

furono di scorta

l'opportunità,

succede

altri

Bermudez

il

scritto in castigliano

al

tra

al

Pacheco ed

chiami

lo

nostro autore al

il

di originale vi ,

miglior libro di pittura che si

com'

legge

;

e

Vasari

il

egli lo fu in seguito

Palomino. Nel primo dialogo

m che

al

sia

Borghini

il

,

,

secondo

pari degli

discepolo e maestro, parla del Cenacolo di Leonardo per bocca

del discepolo che dice aver vista a Milano questa insigne opera tanto dai dotti ammirata, nella quale si vede a qual alto punto di perfezione sali l'ingegno di questo

uomo

Poiché, segue

divino.

al volto non dimostri

l'

egli a dire,

intenzione

e

V

ìion avvi apostolo che al

affetto

moto

,

all'atto,

che internamente ed esternamente

il

commuove, il turbamento , la santità, la pietà, la fedeltà e V amore come non meno si scorge la malignità e il tradimento nell'atto plebeo e nel viso falso e :

discortese di Giuda.

Dice da poi d'ignorare

lasciò imperfetta la testa del Salvatore,

rare la storiella del priore, imitando

la

cagione per la quale Leonardo

con che dà occasione

Si rinnuova menzione del Cenacolo nel dialogo terzo che ed essenza della pittura e delle sue differenze nel quale ,

e fisionomico

ed interni

Le

dell'

altre

,

conoscendo

animo

e

cose di questo autore che ,

discorsi

il

manoscritti

il

concetri dell'ani-

grande

si

affetti

filosofo

esterni

si

titolo

di

gran danno e desiderio

di Osservazioni.

Michelagnolo dell' arte.

non sono immi parve opera di Leonardo ,

Leonardo

riferiscono a

,

dal Borghini e dal Loinazzo. Solo

cosa notabile un Trattato di Fisionomia di

sotto

i

e del corpo.

cui

,

come

dà cenno nel dialogo primo, e che è indicato dal

Rub ens

definizione

maestro dice che

applicando a misura delle cause gli

portanti o sono tratte dal Vasari

del

tratta della il

Leonardo non avrebbe potuto sì egregiamente esprimere negli apostoli che dipinse in Milano, se non fosse stato

dotto

mo

maestro di nar-

al

racconto del Vasari.

il

,

Parla

ivi

di

De Pdes

nel manoscritto

anche di alcuni mirabili

ora sconosciuti

o perduti,

non senza


49

FRANCESCO BISAGNO. (1642) Dalle opere

del

Lomazzo principalmente

e

dall'

Armenini

estrasse

il

Bisagno

suo libretto che intitolò largamente Trattato di Pittura, stampato nel 1643 e nel 1644. Nel capo decimosesto fa menzione degli studj che Leonardo fece il

per più mesi intorno

alla testa di

opp)ortune ne' refettorj

varie

Giuda. Nel vigesimottavo consiglia come cose

apostoli con esprimer mirabilmente

sapere chi era che tradir volesse

nardo Vinci in

Maria

s.

il

,

e

fra le

loro quel sospetto

in

altre

il

eh' era

un meschino ed

Domenico

s.

Cenacolo degli

entrato

come divinamente

loro maestro,

Crazie dei frati di

delle

del Bisagno è

Il Trattato

di conviti

storie

del voler

lo significò

Leo-

in Milano.

inutile libro.

FRANCESCO SCANNELLI. (

\

Lo

medico

Scannelli,

mano

sparse a larga

secolo nel

qmde

fisico forlivese

nel suo

)

scrisse

Microcosmo

die egli a chi gU

,

1642

i

vuol credere,

di perfezione l'arte della bella dicitura. Egli

mezzo del seicento,

nel bel

modi

affettati

e ridicoli del

e

suo

riconosce cdt ultimo segno

si

non professava

pittura,

ma

l'amava,

per quanto egli asserisce, per una inesplicabile simpatia, come si volge al polo la pietra, che ( mi sia qui permesso di cogliere uno de' suoi fiori) tiene lapidati

gF ingegni

tutti

nasce gravida di meraviglie

,

,

e

col

nome

di calamita partorisce

ccdamitadi alla messe degli

umani

cosa sia

negli scritti di cpesto genere.

cercare

il

notizie

ne contiene molte non per lo

tivo libro

importante

per

stile

la

inutili

,

pensieri.

Giudichi

che non trovansi altrove

sempre e pel giudizio pittorica

storia

assai

:

mi

è d'

Al cui proposito di cosi rinomato

uopo riportarlo intiero. ( di Leonardo ) sarà forsL a grado

Cenacolo

;

sendo che

si ritrova

d' ogni professore e gustoso eh questa virtù

pare che per

spesso,

,

è

l'

il

di

Microcosmo un cat-

è però abbastanza

nelle

hbrerie degli

luogo dove parla del

inserir qui cpial sia l'opera

talmente viva la memoria appi-esso

che la straordinaria

fama

di tal

nome

per far conoscere il migliore fra gli operati un raro prodigio della buona pittura ; di maniera tale

,

et

che IO in estremo stimolato dal comune grido de' virtuosi le

il

e sebbene sia

stessa sia sufficiente

se

del famosissimo maestro

cV incontrare

,

quanto fastidiosa

Pure

da meritare un posto

amatori della pittorica erudizione. Importantissimo

Cenacolo

lettore

il

maggiori eccellenze

Romagna per

,

godere una tal opera

,

bramoso in ogni tempo

dell'anno 1643 partii come nel centro di Lombardia i più rari

di tcd professione, sino


5o

da Correggio

dipinti cV Antonio

nacolo

,

tantosto

tanta avidità

mi

restasse

poche

e

,

rn'

vestigia,

posso attestare in tal caso che in riguardo

nelle figure

lividi e

non siano che fatte

,

con modo

e

meze

tinte

tutto mutile

,

Ce-

una

riscorar

cV incontro

inaspettato

che a gran fatica potei di-

cosi confuso

come mani

e

piedi ed altre parti ignude

trovcd quasi affatto annichilate , et ed presente stimo

,

del tutto estinte

,

appena

scoprendo opera tale non conservare che

,

per

e le figure

,

oltramodo oscure davano a conoscere

del passato.

dove

,

avanzai nel refettorio de' padri predicatori per

stinguere la già stata historia , e le teste

con chiari,

a Milano

sino

straordinarj del commendatissimo

effetti

gusto in estremo instupidito

il

mi portai

e perciò

,

giunto, reso impaziente di scoprire gli

più dal muro

lo

buone

le

divise

,

et in

parte

opera già resa del

reliquie d'

non restando al riguardante horniai che il credere olla buona fama mi potrei anco rammaricare di non haver procurato una tal vista

E

qucdche tempo avanti per ritrovarlo di bramata conservatione autore del secolo passato seguenti parole.

»

cioè rAriiieiiini

non

quando nel leggere

,

havessi sentito in cpuesto caso

le

Vidi nel refettorio delle Gratie di Milano ad aglio dipinto

il

(

Cenacolo di Leonardo da

)

Vinci mezo guasto

,

benché

pensavo che indarno di ritrovare in buon stato

E

bellissimo. »

però non

/' opera la quale un secolo prima non era che in parte rovinata. Segue indi a ragionare della cagione di tanta mina intorno a che ci accadrà di nuovo ricordare T autore nel quarto libro. Per quanto poi non gli si debba negar fede circa il misero stato che descrive del Cenacolo è facile ,

,

,

r avvedersi della sua abitudine

che pure vantava ancora

d'

buone

delle

,

un opera

esagerare dal chiamare del tutto inutile reliquie.

ILARIO MAZZOLAR! 1648

(

Compilò grandezze

il

dell'

)

Mazzolari monaco girolomino

il

libro

che ha per

copia del Cenacolo, descrive e loda ampiamente l'originale. sbaglio intorno agli

degna

d'

essere

accessorj

riportata

Stanno, die' egli,

,

la

reali

descrizione di questo

tutti gli apostoli

come

un

conosce chiaramente un riposo ritenuto

inquieti e che

di loro l'avea e

che abbi a parar quel ragionamento.

Sta

egli

come

sembrami

a

non

trovino

posa udendo

In

Giuda

vendere.

solo

appoggiato col braccio

chi

di quel celestiale collegio; maggior peccato che anco il

onta di qualche frate

si

fìnto come di traditore che sta aspettando

sulla tavola, e col destro getta la saliera,

pigliò e mise sottosovra

Ad

buon

per intero.

dire al loro maestro e signore che

in

Le

titolo

Escuriale di Spagna, ed in esso alla pagina 87 ove jaarla d'una

cielo e la terra.

Nella

infungeva

e

sinistro

guastava la pace

quello di Lucifero che scom-

stessa

mano

tien vicina al petto


5i

la borsa,

quello

d

vecchio inquieto

marnili e

i

le

Non

mano.

a

tutti

il

tengono molti che

in

ammirazione

gradisce

Questo

,

mutato

(

A

colore e

'l

se fossero

le

a Leonardo

quanti la veggono,

che

;

'l

benché non

ben fatto

tutti

e

il

mezzo

Le robbe

in piedi.

i

,

cose medesime.

Saj-ebbe bastante

quando non

vi avesse lasciata

) ,

s'

ned eccellenze che qui veggono

hanno

conforme

sappiano

che sembra essere

scrittore

vive.

so io pondera.r altri segreti

quei che sanno dell'arte.

pone

e

come

tovaglie,

a dargli eterno nome

quest' opera

altra di sua

gli

Le facce pajono

Pare udiamo san Pietro addimanda a san Giovanni sopra quel caso per cavarne il delinquente,

secondo sta vasi,

o quello in essa, ove

la tenea nel cuore,

rassomigliano non poco.

gli

se

come chi

all'

in ciò alcun sentimento,

arte imitatrice della natura

perchè.

stato osservator diligente, è

il

solo in cui

leggo che essendosi lasciato imperfetto da Leonardo il Cenacolo, fu di mestieri cercare un altro pittore che lo finisse cosa inverisimile anzi ridicola. Le reali grandezze ecc. descritte dal Mazzolari videro la luce nel 1648, sebbene ,

il

più degli esemplari porti

dica

dell'

la

,

data del i65o

si

nel frontispizio

come

nella de-

autore al Malvezzi.

FRANCESCO P AC IIECO. (

1649

)

Nel libro che ha per titolo Arte de la Pintura su antiguetad, grandezas ecc. y por Francisco Pacheco Vezino de Sevilla (37J, trovasi un breve cenno del Cenacolo e del vano desiderio ch'ebbe il re Francesco di portarselo in Francia. Tutto quello però che in

tal

libro

si

legge intorno agli

artefici

italiani,

per lo più anche ciò che spetta all'arte per teorica e per pratica, è nostri

autori

(

fra

i

quali

Solo mi parve nuovo stro di Raffaello d'

il

Carducci

il

leggervi sempre nominato

Urbino

stenuta da alcun' altra

comprendo

,

)

e

autorità a

me

nota

Leonardo col

(3=).

dai

specialmente dal Vasari.

cosa per Leonardo molto onorevole

buona

come

tratto

Che

se

titolo ,

di

mae-

ma non

so-

Leonardo insegnò

a Raffaello in Firenze col suo cartone della Battaglia o in Roma coi consigli, SI può du-e che Raffaello ebbe a maestri non solo fra Bartolommeo, Bramante e Michelagnolo , ma tutu coloro dai cpiali crcdea poter imparare per opere o per parole , non esclusi il Masaccio e il Ghiberti che fiorirono un secolo

prima di lui. Palomino che molte cose prese dal Pacheco, dice al capo decimo del secondo libro, ch'ei scrisse con sensillo y darò estjlo , y copiosa explicacion de la theorica Il

y

pratica de està arte

,

cioè della pittura

nelle Vite de' pittori. Giacché

si

,

e molti elogi ne fece al

tomo

era utilmente servito del suo libro,

terzo

avrebbe

potuto per gratitudine risparmiargli quel satirico epigramma (s?) in cui è sato di secchezza, e che pur volle riportare al fine delle sue memorie.

tas-


,,

DU

RAFFAELLO TRICHET i65i

(

Nella

vita di

Leonardo che in

)

italiano scrisse

suo gran Trattato che vide la prima volta

al

bene

il

più di essa

sia

preso dagli autori

nuove, specialmente intorno

ai

Lomazzo ed anch' sopra un muro umido ,

egli

Du

Fresne

Leonardo

(4») ,

illustre

nel i65i

leggonsi molte cose a quel

,

tempo

Cenacolo è

al

eh' essendo

ripete

stata

quell'

tratto dal

Vasari e

debbono dell'

infinita rico-

aureo libro di

tanto più che la sua edizione supera tuttavia in eleganza

essere conservata

,

allorché porrò in luce

che con

,

seb-

tempo

opera dipinta a olio

francese per la pubblicazione

ricchezza le molte posteriori in tutte le lingue

nostro pittore filosofo

,

del tutto guasta.

Tutti gli artefici del disegno, e specialmente gl'italiani,

noscenza a questo

e pose in fronte

,

famosi codici de' quali Leonardo aveva lasciato

era al suo

,

il

la luce in Parigi

italiani

erede Francesco Melzi. Ciò però che spetta dal

FRESILE.

l'

intero assai più

lungo Trattato del

singolari suoi scritti la fortuna e la

altri

piacenza di dotti amici mi ha posto fra

e in

e sarà la sola che meriterà di

,

com-

mani.

le

CIANDOMENICO OTTONELLI E PIETRO BERRETTINI. i652

(

)

L' Ottonelli da Fano e il Berrettini da Cortona l'uno teologo 1' altro pittore, composero un Trattato della pittura e scultura, uso et abuso loro, e nascondendo ,

,

per cristiana modestia li

i

loro

nomi

,

siccome scrissero

trasfusero poi in barbari sciocchissimi

nell"

anagrammi nel

avviso a chi legge

frontispizio

(4')

.

Il libro

è ricco di erudizione, specialmente teologica, profusavi spesso inopportunamente;

ma

diretto

ad insegnare

la

più

morale cattolica

stretta

nell' esercizio

nulla insegna che alla pratica e alla teorica di essa appartenga alla

sua storia vi è tratto

vi si faccia

dai libri

più

menzione del Vinci, nulla

noti.

affatto

,

dell* arte

e ciò che spetta

Così quantunque non di rado di

nuovo

vi si

legge, e ciò che

spetta al Cenacolo, è copiato di pianta dal Vasari.

FRANCESCO SCOTO. (

Nell' Itinerario Grazie , Se

d' Italia dello

desideri , dice

1'

Scoto

i654

,

)

ove parlasi della chiesa e convento delle

autore , vedere

le

più

illustri e

maravigliose pitture che


,

53

possano veder in

si

vedrai la

tutto

mondo, fa che quei padri

'l

Cena del nostro Signore con

maravigliosa maniera ha dimostrato che

stupore

Dimostrano

muovano.

si

dolore

,

suspizione

,

Particolarmente nel volto

amore

,

una

qualità

cdtre

et

hr

nei

apostoli

Giuda

uno

vivacità e

dove

refettòrio

che par veramente

spirito

chiaramente tremore,

volti

che allora avevano.

d' affetti

vede espresso

si

il

Leonardo Vinci con

gli apostoli, nei qucdi

questi

di

mostrino

ti

tradimento

quel

che

aveva

concetto nelV animo.

Racconta in seguito

disperazione di Leonardo per la testa di Cristo, e

la

com'è narrato

consiglio di Bernardo Zenale,

non

V ha

si

dal Lomazzo. Altrove

M

il

dice che

scorgeva nel Cenacolo la maestà di prima, perchè la lunghezza del tempo

scemata.

ROLANDO FRÉART. 1663

(

In un libercolo che ha per il

Fréart parla a lungo del

di

metterla

in ivi

cosa di nuovo,

de

confronto

si

colla Istituzione

legge che importi

si

cui

non farebbe

dell' eucaristia

d' esser

suo amico Possino e

solo

si

Lo

porzione o simmetria

le

stesso dell'

delicato

non

,

dirò

opere

cui

parmi

uomo

meccanico: lo stesso, per tacer

Ove

scrittore.

gusto,

è

del Vasari o

si debba una cosa

ripetere facile

uno

di corpi

mozzi

che

il

suolo

,

moderni orribili

pittori

,

villanie,

ciò al

fanfarone della pittura,

ha pur

il

minimo

il

,

gli

si

fa

ma

,

del

grazia a

studio interamente

poca espressione

per darci un'idea del suo fosse

coperto

di braccia, di

e scannati, e simili leggiadrie.

ad onta delle sue eccezioni, Raffaello e Leonardo sono per di

il

allorché dice che la pro-

anzi

,

minori

d" altri

d'altri luoghi, allorché taccia di

avrebbe voluto

teste trinciate,

de'

egli porta a cielo

non poteva intendere

degl'innocenti di Raffaello, nella cjuale

buon

gambe, di

Possino.

ogni Itahano farà eco agli encomj di si degno e savio dorrà che non ricevano credito da miglior giudice. Ma

sublime Michelagnolo

la Strage

Nicolò

di

pur vi fosse qualche

e se

;

,

quando parla con disprezzo dargli del pazzo.

citato

autorità alcuna, tanto in quest'opera è, contro

suo costume, stravagante e bisbetico cpesto artefice,

de la peinture ecc.

la perfection

debbe rappresentare 1' ukima cena proposito ragiona dell'opera di Leonardo, tentato com'era,

di Cristo, e a tal

Nulla però

titolo Idée

modo con

)

lui

i

Che

se poi,

due gran capi

non può ridondare in loro lode dopo il lungo sfogo si abbandona contro il Buonarrori cui chiama temerario, empio, inetto, sterile, ridicolosissimo , che non cpale

talento di pittore ecc.

(43).

Intanto questo libro stampato la prima volta a

Mons nel 1662, in 4.°; tradotto quindi in inglese dall'Evelyn e pubblicato a Londra nel 1668, in la; recato di


54

poi in italiano da Anton Maria Salvini, e dimenticato sempre fu pubblicato

anno scorso

come meritava,

Onofrio Boni vi aggiunse per correttivo una dotta, forse troppo moderata difesa del suo grande compatriota senza la quale sarebbe stato cosa vituperevole il dar luce in Toscana a simile produzione. 1'

nella patria di Miclielagnolo. 11 cavaliere

,

Miglior giudizio mostrò

moderna

colla

,

opera, come in parte Lodoliana,

il

il

Fréart nel suo Paralello delV architettura antica

sebbene non manchino errori

Pompei

mostrarono

e

il

Ma

Milizia.

d'

Desgodetz

il

,

ogni genere anche in questa l'espositore dell'Architettura

dove a mio parere

si

rendè

commen-

pii!i

devole, egli è nella traduzione francese che fece e pubblicò del manoscritto di

Leonardo, che ornato delle figure del Possino era

dal cavalier Del Pozzo nel 1640.

acciocché

gli si

perdoni

fezione della pittura.

il

alla

libello del

non

torto eh' ei

Rimane però da

sua o pure del signor

premessa

il

Ma

De Charmois

si

ci

stato

donato a suo

è fatto

da poi colla sua Idea della per-

veramente

verificarsi se tale traduzione sia

siccome è

,

scritto nella vita di

edizione parigina del Trattato, uscita nel

Ad

17 16.

non meno che per

Fréart è dannoso per l'arte

fratello

voleva meno, se pur questo basta,

Leonardo,

modo

ogni

la

riputazione

dell" autore.

FÉLIBIEN. (

Intorno clie

alle

pubblicò

la

prima volta

i

opera

Parigi.

non

,

E

Trattenimenti sulle

suoi

il

de' lavori pittorici di

Leonardo

,

dice che

il

assai stimata a san

non abbia

anch' egli d' opinione che

fa meraviglia

da questo autore

e sidle

de' pià

opere cenasi

niuna

nostro argomento.

e che ve n' ha una copia

tori italiani in ciò

trarsi

vite

moderni l'anno 1666, e poi nel i685 con

diflerenza in quanto riguarda

d'

)

vecchie cose italiane, poco di nuovo può

eccellenti pittori antichi e

Parlando

1666

Cenacolo è

finito la testa di Cristo

perchè cpesto autore ha per lo più seguito che non aveva

sott'

il

suo capo

Germano d'Auxerre i

;

ma

vecchi

in

ciò

scrit-

occhio.

RICCIARDO LASSELS. (1671)

Nel

Viaggio d'Italia del Lassels

,

del

quale non ho potuto vedere se

non

si trova un cenno del Cenacolo che vi una traduzione francese del 1671 attribuisce a Lorenzo Vinci errore pur anche preso da Leandro Alberti. ,

,

si

Il


55

famoso codice poi di Leonardo vi sbagli di

nomi e

di cose,

numero ad ogni

legge attribuito ad Alberto Durerò.

si

più grossolani,

i

si

Gli

trovano in questo libro in gran

pagina.

AGOSTINO SANTAGOSTINO. (

Nel carte

poco

catalogo

44

si

ne

se

delle pitture

1671

)

milanesi pubblicate

rammemora la Cena, Ma, soggiunge può godere con U occhio.

dal

Santagostino pittore,

a

l'autore, per aver patito assai,

PIER PAOLO BOSCA. (

Nel il

libro dell' Origine

Bosca

il

Cenacolo e

e dello

la

1672

Stato

sua ruina,

cardinale Borromeo. Riporterò

il

)

della

Biblioteca Ambrosiana

in proposito

ci

ricorda

copia fattane fare dal

della

passo nella descrizione delle copie.

CARLO TORRE. (1674) Il canonico Torre nel suo Ritratto di Milano delle Grazie e

i

portici

del convento

,

,

dopo avere

Se volete poi stupire

descritta la chiesa

continua egli al

,

modo

del suo secolo, ritiriamcenc in refettorio, che sebbene egli è loco per togliere la fame, questi lascia famelici più che mai chi a lui si appressa, mentre s' ha

occasione di rimirare un avanzo del nominato

nardo

(hi

Vmei

eccovelo

:

sole sull'ultime ore del

danno però notizia

,

e

ri/nirandolo quasi

giorno,

i

Cenacolo di Cristo fatto da Leo-

amai smarrito

cui cadenti raggi, se

cV essere stati lucidissimi; veggonsi

dite esser egli

,

non appajono

ancora

vivi

un

risplendenti,

sembianti , figure

in iscorci sforzosi, colori risplendenti e positure a meraviglia disegnate.

cenno in appresso di alcune copie delle cpaali si ragionerà al loro luogo. Aggiunge una cosa osservabile, cioè che nello stesso refettorio dove è dipinto il Cenacolo fu aggregato Leonardo alla famiglia del Moro non già come pittore ma come musico sonatore di lira. Se ciò è vero può credersi fatto dal duca onde avere pretesto di accrescergU la pensione con che si verreb,

,

,

,

;

bero ad accordare

duca

gli

dava

,

le

differenze

dal Bandello suo

degli

scrittori

intorno allo

contemporaneo indicato

di

stipendio che duemila ducati.

il


S6

FRANCESCO SANSOVINO. ('575 ») Il Sansovino nel

Ritram

delle

più nobili

e

famose

città cF Italia

del monasterio delle Grazie, soggiunge che nel refettorio di esso

Cenacolo di Cristo con

da Finci

gli apostoli dipinto

tanto

,

si

ove ragiona dimostra

il

maravigliosamente da Leonardo

Nel quale appare il gran magisterio di lui, cosa da ognuno sommamente lodata. Questo passo è 'copiato dalla Descrizione F. Leandro Alberti. Solo in questa si legge per errore forse

fiorentino.

nella pittura perito di tutta Italia di di stampa

,

Lorenzo

,

Vmcio

in vece di

Leonardo

ciò

:

almeno neir edizione del

i56i che ho sotf occhio.

(')

Questo articolo dee porsi alla pagina 33 dopo

cj[ueUo di

Paolo Mini.

GIOACHINO SANDRART. (1675)

Anche il Sandrart ripete, come tant' altri, ciò che disse il Vasari. E strano che tanto nelF edizione tedesca della sua Accademia pubblicata nel 1675, quanto nella latina stampata nel i683, si dica Leonardo venuto a Milano nel 1434. È chiaro che questo errore va corretto coli' anno 1494 indicato dal Vasari, la cui autorità

sebbene non di rado contrasti col vero

camente

seguita.

ISACCO (

La

vita di

e delle Arti

,

,

é

sempre dal Sandrart cie-

BULL ART. 1695)

Leonardo pubblicata dal BuUart nella sua Accademia delle Scienze è estratta da quella del Vasari con poche aggiunte di nessuna Quindi non è meraviglia che

il Cenacolo vi sia abbastanza bene Giuda per la quale nacque cpiistione tra il priore e Leonardo dice che il pittore non mancò di mettere in quella figura qualche tratto del frate ignorante a cui attribuisce un visage chagrin et refroigné. Credo che il Btillart sia il primo che positivamente asserisca come fatto, ciò che presso gli scrittori precedenti sembra doversi intendere una anzi che altro minaccia scherzevole onde acchetare il fastidioso priore.

importanza. descritto.

Parlando poi della

testa di

,

,

,

,


,

57

DE

1699 = I715

(

Non

so se più

Cenacolo

si

debba

o pel passo eh'

,

lo scritto del

Rubens

// fit entr'autres

;

De

al

ecco

slio

il

n'en acheva pas

dans r unpaticnce de voir finir cet Ouvrage, pressa

Cena

un disegno

;

mais

di

'

le

les

celle

mano

di

bene di pubblicare per

parce qu

il

Prieur da Couvcnt,

fon Léonard^

que ce Peintre

de Judas.

Leonardo

alcun vestigio. Cita in fine lo squarcio del manoscritto del Rubens fatto

,

Cuerres V obli-

rappre-

,

soggiunge non rimanere più oi'mai

della quale

,

si

importun à la place de

Asserisce dappoi di possedere sentante rpiesta famosa

al

vedemmo

une Cène de

,

Christ

le

qu' il iniaginoit lorsque

caractère

Tcte de ce Religieux

Mdan

Dominicains de

cles

Il

gèrent de quiUer RIdan. Il cn avoit fait autant de Judas

peignit la

intorno

ci dice

:

Rcfectoire

un modcle proprc au

per quanto di suo

Piles

Notre-Seigneur d'une heauté exquise. cJierclìoit

)

conservò di Pietro Paolo Rubens. Già

ci ci

clans le

PILES.

,

che avrebbe

intiero.

FLORENT LE COMTE. 1702

(

Il

Le Comte,

peinture

,

autore del libro intitolato Cabinet des singiilariccz d' architecture

sculpture et gravare, diede

ad onta del suo piano compendioso Egli

fa

)

un brevissimo cenno ,

Pietro Perugino discepolo di Leonardo

di Raffaello presso

il

Pacheco

,

segtiito

del Cenacolo di cui,

avrebbe dovuto parlare più lungamente.

,

come come vedremo

già

,

DE ROGISSARD E

,

leggemmo

lo stesso

dal Palomino.

IP"

(1707) Nell' opera sard e II"*

,

intitolata Délices de l'Italie., si

nomina

al

quarfo tomo

il

che fu compilata dai signori RogisCenacolo del Vinci come quadro

tenuto in grande estimazione. Poche pagine doipo gior lode ricordato

mentre

vi

dell autore.

si

il

Cenacolo di Gaudenzio

legge che nulla

si

può veder

alla

si

trova poi con assai

mag-

Passione, e ciò eh" è strano,

di più

bello

,

non

vi

si

fa

motto


, ,

ss

SEBASTIANO RESTA. 1707

(

Fra lato

disegni raccolti dal padre Resta e descritti

i

Parnaso de

pittori

del padre priore

Cena

famosa

)

opera, segue

Francia per

si

(i^) ,

Grazie

delle

fa

menzione come

che viveva

di

ndY Indice del libro intitomano del Vinci d'un ritratto

tempo che Leonardo

nel

dipingeva la

padri

domenicani di Milano in tempo di Lodovico il Moro; Resta, die non potendo Francesco I re di Francia trasportar in

de' il

ad

dipinta

essere

copia e la pose in

s.

olio sopra

Germano,

muro

il

della quale

a papa Clemente Vili

quello che, donato dal re

largo

16 braccia

poi ne fece {

tessere

dee dir VII),

h^),

la portò in

un arazzo che si

è

espone tra gli

arazzi di Raffaele pel Corpus Domini. Il

però

resto

dell' articolo

pieno di errori

non

sopra Leonardo

,

specialmente circa

può contare nemmeno su quanto Ed anche questo disegno del priore sarà un sogno de tanti si

ai

clie

si

disegni antichi raccolti da Gli

si

1'

epoche

,

è

è c[ui riportato.

del Resta intorno

lui.

debbono valutarsi quando si aggirano intorno a cose del suo tempo prossime; non cosi cjuando trattano di cose antiche: sopra tutto poi non bisogna per cpalsivoglia epoca dar fede ai suoi giudizj del Resta

scritti

suo tempo o

perchè per

al

lo

più

falsi

ed

esagerati.

PALOMINO VELASCO. (

1715

)

SuLL autorità, cred'io, del Pacheco anche il Palomino nel capo nono del suo Museo pitorico chiama Leonardo maestro di Raflfaello. E nel capo undecimo dopo aver narrato varie novelle d' imagini mirabili fatte senz'arte umana, viene a far menzione del Cenacolo (46), e pretende che Leonardo non vi perfezionasse ,

la testa di Cristo

consiglia

i

vero, assai

mezzi

per modestia e per cristiana diffidenza di sé spirituali

onde vincere

le difficoltà dell' arte

comodo che risparmierebbe grandi

bastanza certo, a cpanto pare dalla

fatiche,

:

ma d'un

stesso.

Quindi

consiglio, a dir effetto

non ab-

Però Leonardo, Michelagnolo, Raffaello , Tiziano e Correggio preferirono i mezzi soliti e riuscirono sommi studiando la natura ed esercitando del continuo nell'arte la mano e la mente. Quindi per coloro che hanno sortito buon ingegno per l' imitazione , consistoria.

,

glierei

i

mezzi

usati

da cpesti maestri: agh

altri

che considerano

come

arte

gliati

dal Palomino, darei per parere di cangiar professione.

non umana

e che sperano di progredire in

la

pittura

essa coi mezzi consi-


ANONIMO. (1716) L'autore della vita di Leonardo premessa all'edizione francese del Trattato, sebbene abbia copiato quasi il tutto dalla vita del Du 1 7 1 6 Fresne , accresce autorità a quanto scrive , avvertendo nella prefazione eh' egli pubblicata nel

trasse varie

,

cose da un manoscritto del padre Mazzenta, che conteneva delle

memorie per

servire alla storia di Leonardo. Non vedendosi per altro in questa dell'Anonimo nulla di nuovo intorno al Cenacolo, è da credere che niente più di tal opera si leggesse nel manoscritto. Questo padre Mazzenta debb" esser quel Giovanni Ambrogio barnabita che diede la storia de famosi codici, pubvita

bhcata prima dal

Du

Fresne, poscia meglio dal Venturi.

ODOARDO WRIGHT. 1723

(

Nell' opera che ha per

Fmnce,

Italy

etc.

,

in

the

titolo

years

)

Some Observadons macie 1720, 1721 and 1723,

in travelUng scritta

Wright,

tJiroiigh

da Odoardo

si lodano i disegni posseduti dal marchese Casnedi. quelli, segue autore, che sono più da ammirarsi in questa raccolta sono i cartoni di , Leonardo da Vinci fatti a pastelli ( done in chalks e alquanto

a dire

Ma

1

rinforzati

)

altre matite. Egli,

Son

essi sì

eccellenti che

ha preso certamente da uno

gurazione^,

ed

è

quella figura

di quelli

eseguito

Due

'

l'

piano

nel

almeno V una mi fece ricordar V di tutte le teste e

Raffaele,

come

aria d'

ivi si

una

inferiore

assicura,

li.

delle teste della

che

tiene

il

copiò

con

tutti.

sua Trasfi-

fanciullo

ossesso:

In undici di que' cartoni sonovi i disegni di alcune mani che dipinse Leonardo nel celebre suo Cenacolo,

a fresco nel

refettorio

altra.

Grazie,

delle

opera

che

di tali cartoni contengono due teste per ciascheduno

È

dicati vi son tutte le tredici teste ecc.

orginah o copie, giacché ora non zioni intorno alla vendita di

si

difficile

il

ora ,

è pressoché ruinatà.

talché negli undici in-

sapere se

tali

disegni

hanno che vaghe e contraddicenti

erano tradi-

dicono passati a Venezia e di là in Inghilterra. Lo scrittore inglese segue a dire che il marchese Casnedi gU aveva comprati dal conte Arconati discendente da quello che donò i famosi volumi del Vinci alla biblioteca ambrosiana: la qual cosa si accorda con quanto ne ha scritto il padre Monti. L'origine sarebbe buona, ma non s'intende come I Arconati che fu si generoso verso il pubbhco ritenesse poi per sè il meolio oscuramente , e senza che ne rimanesse notabil ricordo. Al tempo pei'ò che questo autore scrisse, poca e trascurata era la critica dell'arte, specialmente essi.

Si

,

,


6o

circa

i

disegni

pessime che

e le raccolte fatte in quell'epoca ridondano

j

asseriscono

si

originali

per questo autore

critica sia

serzione che

copie sovente

di

Prova

autori.

poca

quella

di

novella de' disegni copiati da Raffaello, e l'as-

la

Cenacolo di Leonardo

il

sommi

di

dipinto a fresco.

sia

BÒHM. (

Du

Dal Vasari e dal

1734

)

Fresne trasse Giovangiorgio

Bohm

che prepose

la vita

traduzione tedesca del Trattato di Leonardo: quindi ciò che del Cenacolo

alla

vi è scritto

legge con poca differenza negli autori nominati.

si

,

primo che tentò

di ordinare

i

varj capi

del Trattato sotto

Bòhm

Il

fu

il

delle facoltà

titoli

i

come sarebbe Proporzione Anatomia, Ponderazione, Prospettiva La sua traduzione arricchita d" alcune note comparve la prima volta f anno 1734 in Norimberga. La seconda edizione del 1747 è una delle solile impo-

cui spettano,

,

ecc.

sture de' libraj

cioè è la prima

,

principio. Se ne cita

un

altra di

cangiato

,

frontispizio e qualche foglio

il

non mi

Lipsia del 1751 che

del

è riuscito di vedere.

RICHARDSON. (1728) Il Trattato di pittura de' due Richardson cato dagli autori

accrescimenti.

Io

prima

nacolo fosse ritoccato dal

tomo del che

i

mement visibles

dire

il

,

;

effciccs

cioè prima

,

che

il

Ce-

noi siamo

fra

preposta alla prima parte del

Cenacolo

di

lo stato della pittura in quel

( dans

Les figures

et :

tous le

les

le

eii

les

les

Ics

Cène

Richardson

tempo

Dommiccuns ) au

peiiit

,

e

il

figlio,

poco

qui

fìgures

se

La

clessus

d'une

en ìnule sur la muradle par que

le

naturel

trouvent à la droite

,

mais extrè-

du Sauveur sont

qui sont à sa gauche sont encore assez

couleurs en sont tout à fait ternies

ne reste que la simple muraille. qui croise

coiwent des la

sont aussi grandes

apócres

Christ et

à cela près, que

V apòtre

due volte pubbli-

fu

figlio,

seconda in francese con molti

epoca della sua venuta

la descrizione del

famcux tableau de

Vinci.

ruinées

entièrement

réfectoire

le

fort haute le

Léonard de

la

ne facevano.

frati

Oli voic dans

pone

,

Richardson padre

Ecco

possiamo conoscere

dalla cjuale (jonto

Trattato.

Dell'

Belletti.

assicurati dalla prefazione di

terzo

padre e

seconda edizione.

la

cito

,

volta in inglese

vide r Italia e fu a Milano nel 1720,

solo figlio

11

la

:

seconde figure après

il

le

y a

des endroits

Christ, je

veux

hras sur sa pottrine, est celai qui s'est le niieux conserve-


6i

et

Fon y remarque une

aucun dcs

étoit déjà gàté

per minuto

ciò racconta

opportune onde avvivarne il

di quel frate

ritratto

una

testa di

mai

si

la

quon

On y a

cloué

,

le

E si

voit encore

du Christ

clieveux

quon

un

segue a

débite,

très-finie selon sa

si

,

bas

come

,

dii-e,

de la

tète

n'avoirpuexé;

puisqu

il

est

manière ordinaire.

armes de l'empereur, qu

les

et couvrent

,

anche

se

altro ?

faux

tout-à-fait

est

,

est

,

,

al

naturale

elles

une bonne partie du tableau.

mentre sono una metà di più della statura ordi-

,

cioè circa quattro braccia e

mezzo

,

randola perfetta per alcune parti sua imperfezione

,

secondo

ma

con cui era condotta,

la

mente

nel mancarvi que' l'

una

,

del Salvatore

senza

non

,

,

riflettere

dichia-

che la

istava già nel

modo

che Leonardo ebbe in idea,

IL GIOVANE.

)

volume

delle Pittoriche

di Leonardo. Essa fu scritta da Gio. Pietro Mariette

forma una ope-

come

si

prova da una

il

Giovane

al

conte di Caylus

lettera dello stesso Mariette al cavaliere

Gaburri, che leggesi due carte dopo. Quanto contiene di relativo tratto dagli autori itahani. ,

inesatto

trentina di pagine, tutta conseerata ad illustrare gli studj e le opere

intorno al lySo,

e d'altri

anche

intendendo ragionar

,

arte.

1730

L' ottantesimaquarta lettera del secondo retta di

la testa

tratti

PIETRO MARI ETTE (

Cristo

Leonardo

di

€ che non potè da poi esprimere con

CIO.

il

che vi scorgeva

finite

È

se fossero in piedi.

r autore dove parla della seconda figura dopo della terza. Giudicò da ultimo assai male circa

è

frange

le

notabile in questa descrizione Y errore circa la misura delle figure che vi

dicono grandi

naria

qu'on en

Che

peintre a laissée imparfaite, pour

segue chiudendo l'articolo les

rapporta

suo Giuda

atto del

priore anzi che

il

cuter dignement l'idée qu'il en avoit con(;ue

touchent presque

aggiungendovi

del padre Resta.

c|uello

frate fosse

tal

prétend que

certain que la partie

V an i58o

cnviron

storia del priore,

Finalmente decidendo a suo modo, Ce

du Christ,

écrit

da Leonardo nelf

frate fosse stata fatta

potrà dimostrare che

beaucoup plus forte que dans

narrazione. Dice inoltre che suo padre possedeva

la

sogno pari a

;

et

m. Armeniiu quia à moitié.

dessins que j'en ai

que ce tableau

Dopo

cxpression meiveilleuse

egli

Contro

1"

opinione del

De

Piles

,

al

Cenacolo,

del D" Argenville

non crede che Leonardo ritraesse in Giuda il priore, ma che come si legge ne' nostri vecchi scrittori. Dà in fine molti

nel minacciasse,

ragguagli intorno

alle

stampe

tratte dalle

opere di Leonardo.

solo utili


,

62

CARLO DE BBOSSES. (

Nella,

lettera di

questo autore

istoriche e critiche sull'Italia

(47) ,

al

1738

signor

)

De Neuilli,

eli

è l'ottava delle sue lettere

dà un cenno del Cenacolo

colle seguenti parole

:

Notez ecc. , au réfectoire ( des GracesJ V Imtitution de l'Eucaristie, peinte àfresque par Léonard de Vinci ; je n ai rien vu de plus beau ici après la Famille Sainte du Raphael. Je puis dire que c' est le premier morceau de fresque qui m' aie véritahlement fait plaisir , tant pour l'expression de chaque partie en paniculier que , pour l'ensemble du tout; mais j'y trouverois à redire que tous les visages som fort laids. Il signor

De

Brosses deve aver vista cpesta pittura l'anno

quella stessa lettera che è

come

di

strano

il

senza data di tempo

,

si

perchè in

17,38,

parla della femosa Agnesi

m

un prodigio di scienza quantunque non avesse che vent" anni È vedere questo autore encomiare largamente quest'opera, e finire l'elogio con dire che le facce sono brutdssime. Gli si perdonerebbe più facilmente ,

.

l'errore da lui preso nell' asserirla dipinta a fresco.

D' ARQENVILLE. 1745

(

Già da

molti scrittori furono notati gli sbagli del D'Argenvllle nella vita di

Leonardo, parte suoi, parte sarebbe fatica di poca egli

fatto

degna

bellissime le

della testa

teste

Cristo

di

Se ne potrebbe accrescere il catalogo, ma Del Cenacolo non dice altro se non che avendo

copiati.

utilità.

;

degli e

apostoli

Il

D'Argenville è il

il

Verocchio

Duolmi che questa

,

non seppe imaginare perfezione

,

che non trovando

rappresentar Giuda, ritrasse in esso

lasciato

)

il

ceffo abbastanza

brutto per

priore del convento.

solo ché dica

che Leonardo venisse a Milano appena

e che

rendesse abile in tutte le parti

cpii

si

dell' arte.

non manca appoggio di fatti e di congetture, riceva discredito dalla penna poco autorevole del D'ArgenviUe , e vorrei trovarla in qualche più andco e più sano scrittore. asserzione,

cui

LÉPICLÉ. (1753)

Nel

catalogo ragionato de quadri del

dal signor Lépicié in

due volumi

in 4."

re di ,

si

Francia,

legge

pubblicato nel

una breve

vita di

1752 Leonardo


63

gran parte dalla famosa lettera del Mariette. In ciò che vi si dice del Cenacolo, non v' è novità alcuna, se non die l'autore sembra considerarlo come tratta in

r occasione la più importante eli ebbe Leonardo d' impiegare la sua pratica nel disegnare le fisionomie. Sembra anche attribuire parte della fiima di quest'opera insorta tra

alla lite

Leonardo

e

priore,

il

che non

in

giudizio che pur apparisce in varie parti di

due copie

cFEscovens, e

di Parigi e

il

manifesta quel

si

Loda

questo catalogo.

buon

in fine

le

disegno originale conservato nel gabi-

netto del re.

DE LA COND AMINE. (1757) Nell'

mi Giornale di viaggio (4,), scritto dal signor De la Condamine leggesi al proposito di Leonardo quanto segue Son chef d' oeuvre de peinture est un tableau à fresque représentant la Cène de J. C. estratto di ,

,

avec

les

douze apótres un j^eu plus grands que nature:

On

de haut.

le

volt

à Milan dans

trouver aujourd'hui très-frais

y a

quatre-vingts ans

suffit

un

inconnu

secret

réfectoire

il

a

vingt pieds de long sur dix

On

des Dominicains.

un tableau qui parut

si jioir et si

est

étonné de

gàté à Misson

,

il

,

convne on

,

C'est ce cjui ni

parence que la

a

le

un mot

aux voyagcurs: mais

dit

été confirnié

faut

il

de bonne part. Il

cquil cut été repeint

y a

clone bien de Vapclwix des attitudes, la distribution des ftgures, est cmjourd'hui prescpie la scule chose dcms ce tableau

belle orclonnance,

la composition en

le

appartienne bien surement à son premier

Vobjet que je

me

suis

ciuleur. Je ne ni écarterai point de propose dans ce mémoire en remarcpiant que non-seulement

règles de la perspective ,

les

le

que ce voyageur assure quii n'y put rien distinguer. Il ne clone pus de supposer cpie depuis vingt-cinq ou trenle ans il cut été nettoyé par

entièrement.

(fui

:

,

trop

soment

négligées

par

les

plus grands peintres , som

régulièrement observées dans ce tableau, mcds aussi celle de

V opticpie. On en peut juger par la differente position du point lumineux diversement réfléchi par les vases de cristcd sclon leur differente forme , et leur situation plus ou moins oblique par rapport

Se

il

cai

colla quale lità.

Du

rayon de lumière cpd

signor

De

la

les

ha misurato

il

Cenacolo

Egli lo dice largo venti piedi

Fresne d cui libro poteva aver

porzione.

Lo

frappe.

Condamine ha misurato ,

i

mentre è

,

sott'

dice poi dipinto a fresco

,

occhio

non

il

17 57.

ritocco

Torna

terra

colla

circa ventotto :

stessa precisione

,

,

una grande

il

il

perchè

,

ma

forse coli' autorità

e la sua descrizione ci assicura

del Belloui era ancora florido all'epoca eh' ci lo vide, a diventare stravagante

uti-

e trenta lo dice

nelf altezza ha sliagliato in prosa

si

del Cochin. Assai più ragionevole è nel resto

che

la

suoi calcoli saranno di

suo giudizio intorno

alla

cioè nel

prospettiva e


64

air Ottica di questo

quadro, desunta dai

seppe da buon canale che

poco

citerò fra

tratto

,

lustri de'biccliieri,

opera era

tutta Y

La Lande

dal viaggio del

dopo aver

stata ridipinta. ,

si

detto che

Nello squarcio che

vedrà con quale appoggio

non Y ho potuto non essendomi venuta alle mani niuna antica edizione di quell'autore. Nelle pili recenti nulla ho trovato che abbia relazione al Cenacolo. Del resto il La Condamine intendeva poco la pittura, e comprò a Roma e a Napoli, per dipinti antichi, degl intonachi moderni fatti da un impostore con arte medioegli

alibia

espresso

tale

opinione. Ciò che dice del Misson

,

verificare,

cre

Il

(Se) .

Barthclemi nelle cui lettere

r istesso errore ,

ma

ciò

non basta a

si

dà ragguaglio di questo

scusarlo , essendo anche

il

fatto

,

prese

Barthélemi poco

il cose pittoriche che non fa meraviglia nel bel mezzo dello non ancora fastoso per la pittura. La Condamine, anche allorquando voleva essere esatto, aveva poca fortuna.

esperto

delle

;

scorso secolo Il

A Roma

per essere sicuro della misura

fece formare e

gettare in gesso

dell' antico

senza pensare che

,

piede il

di

Campidoglio

,

gesso disseccandosi

lo si

accorcia notabilmente.

COCHIIV. 1758

(

Non mi

è caduta

sott'

)

occhio la prima edizione del Viaggio d'Italia del signor

Cochin, pittore e incisore parigino.

Il

passo seguente è trascritto dalla

terza.

Il

Cochin fu a Milano nel 1757; il Dizionario storico francese dice in vece ch'egli è morto nel 1704, in età d'anni sessantasei. Stando però al Pilkington e ad altri sembra che l' opera del Cochin non sia stata scritta prima del 1758.

Pilkington che lo cita, dice che

il

,

Farà meraviglia come un loni.

Il

testo

artista

possa in poche righe adunare

tanti farfal-

che qui copio non ha bisogno di commento.

Oli croit que c' est dans

couvent de cene église

( delle Grazie ) ou à s. Victor un grand tableau pcint à fresque sur le mur f figures plus grandes que nature ) de Léonard de Vinci il représente la Cène et saint Jean

qiie

l'on voit dans

le

le réfectoirc

:

appuyé sur tctes

la poitrine de notrc Seigncur.

sont belles

néral fort dans

Ce tableau a de grandes beautés

de grand caractère et bien coeffces

,

le

gout de

Saint Jean a six doigts.

lìapha'él.

Il

y a un

il

est bien

drapé

défaut assez singulier

:

,

la

et

,•

les

cn gé-

main du

'


,,

65

VOLFANCO KNORR. 1759)

(

Se

il

Cochin mostrò poco giudizio nel

citato articolo

intorno

Cenàcolo. Veggasi

al

meno ne mostrò

assai

,

Vólfango Knorr traducendolo in tedesco parola per parola , né

aggiungendo

altro

sua Istoria degli artefici ecc., stampata dal Bie-

la

ling in Norimberga.

LA LANDE. 1765

(

In meno di due anni politica,

uomini

arti

La Lande

corse tutta

e studj, costumi, critica,

l'Italia,

belle, arti utili, storia antica, storia naturale, antichità,

illustri

pubblicò nel

il

)

1

argomento del famoso viaggio che

tutto in fine fa

,

769

,

colla data

La

di Venezia.

sopra un paese, qual è l'Italia,

vastità

monumenti,

qitesto autore

del piano

di tal

ricco di materiali di ogni genere,

si

opera

fu forse

cagione

dell' enorme affastellamento di spropositi che vi s' incontra , e ne è la sola Chi volesse darne un elenco, limitandosi anche a qua' soli che spettano alle e alle lettere, avrebbe materia di molti volumi. Quanto egli dice del Cena-

scusa. arti

colo vuol essere riportato per intiero C'est daiis

le

réfectoire

Leonardo da Vinci, qui

de cette

,

d

et

lascio al lettore la cura di

qu

représente la Cène de

bien compose, vigoureux de couleur ,

peintre

:

maison,

il

N. ses

le

commentarlo.

plus

Ce tableau

S.

n' est point dans la

moins maniéré qu'aucun de

est

tableau

est le

est

célèbre

de

à fresque,

manière sèche de ce

ouvrages- la salle

y

est

bien en

y faudroit un peu plus d'intelligence de clair-obscur ; ora y trouve aussi quelques mouvemens de bras et de mains un peu outrés. M. Cochin T. I , p. 42 ) da que ce tableau a de grandes beautés (5>), les tétes som belles ( de grand caractère et bien coiffées , il est bien drapé et en général fort dans le

perspective

mais

,

il

,

gout de Raphael. Ce tableau du temi de Misson noir qu'on

nen

distinguoit plus

les fìgures.

rehgieux du coment, entreprit de l'avoit repeint, et

le

jecture, de manière

à

regarder que

le trait

le

Un

nettoyer.

dans

,

Anglois

M.

de la

le

dernier siede,

étoit sì

1735, au rappon des Condamine soupconne qu' il vers

cardinal Pozzobonelli , alors légat à Milan, approuva sa conlui

persuader qu'il

comme V ouvrage

pourroit avoir influé sur

les

du fait. Si cela le

est,

de VAcad.

reste le

tableau n' est point si frais

on ne peut plus

préjugé quant

jagemens qu'on en a portés dans

(Mém.

i-jS-j, p.

étoit sur

de Léonard j et

les

cui coloris

derniers

tems

Actuellement les rehgieux prétendent qu'on avoit seulement bianchi cette peinture, et que l'Anglois n' avoit fait qu' òter l'enduit; au

404

).

qu'on

soit obligé

de croire qu'il a été repeint.


66

RICHARD. 1766)

(

L' abate Richard intendeva le cose della pittura assai grossamente

veva

modo

allo stesso

,

non dilungandosi

oltramontani che hanno descritta

1"

ha

essere a olio

bene

quistione

ne

e

,

non pochi

dal costume di

altri

scri-

autori

senza vederla o vedendola male. Egli

Italia

o a fi esco il Cenacolo dicendue le maniere ad un tempo istesso, cioè cn huile à fresque, metodo segreto morto con lui. Egli è bello dopo si ridevole sproposito il sentirlo correggere, non dico il Cochin che a sproposid non cedeva la mano a nessuno, ma il Richardson che in ciò andava con maggiof parsimonia, e ne sciolto

dolo dipinto a

la

dell'

,

tutte

,

,

sapea cento volte più del suo censore. Eccone

Dans trée

,

réfectoire de cette

le

on voit

de Vinci

;

maison

fameux tableau de

le

{

il

delle Grazie

passo )

:

au-dessus de la porte d' en-

Cène , peint en huile à fresque par Léonard park fon au long de ce tableau,

la

je reniarquerai que ni Richardson qui

à ce sujet beaucoup d' anecdotes ni M: Cochin , qui parott l' cwoir cu, n'en parlent exactement. Le premier dit qu' il est efjhcó a plus de moitié ce qui n'est point vrai , et quii est placé si liaut , qu' on ne peut le voir v.^) ; il est

et qui rapporte

,

,

au-dessus de la porte du réfectoire qui est d'une hauteur médiocre

sont de grandeur plus

mieux conservées

Le

effacées.

s.'

les

que naturelle

unes que

nutre s

les

exactes

il

on ;

s' il

la

Il

la plupart des

et est précieuse

relations

et

,

y a

n'y en a point poitrine du Sauveur, il

les

figures

des parties

d' absolument cornine le die

à la main, pour montrer combien peu sont méme pour les faits dont ils sont

des

voyageiirs

nè più in

à

ait touché

est

digne de la réputation de son

par rapport à son ancienneté

correttore di Richardson ,

Il

l'avance. Je fcds exprès cette remarque

parok pas que Fon Belletti

très-bicn.

avoit effectivement six doigts

plus en état de juger. Cette grande composition auteur ,

voit

les

mais

Jean n'est point appuyé sur

M.' Cochin; je n'ai pas pris garde conime

et

,

conservation.

Il ne

Léonard de

Vinci.

vedendo abbastanza vivace T impiastramento del ammirò la rara conservazione d' un' opera da due secoli («). ,

sapendone

che air epoca sua era perita

et à sa

ce tableau depuis le tenis de

,

GIUSEPPE PIACENZA. (

Nelle giunte

al

Baldinucci

pose una Vita di Leonardo, dal Mariette

e

da

altri.

dell"

1770

)

edizione torinese

tratta dal

Vi riportò

i

Vasari, dal

,

1'

passi importanti

comFresne,

architetto Piacenza

Lomazzo

,

dal

di varj

Du

autori

che

gli


,

«7

ma

servirono di guida, corresse alcuni sbagli del D'Argenville e del Cocliin,

sebbene abbia diligentemente riunito scritto

Ciò che del Cenacolo vi

note per

si

legge, è copiato

stampe. Lagnasi in fine

le

che ancora non egli

suo tempo fosse stato

al

suo lavoro non presenta nulla di nuovo nè per

il

,

storia.

meglio che

il

,

con ragione

e

una stampa degna

esistesse

come

,

il

l'

arte

resto

nè per

tanto piiì al suo

,

di tanto originale

tempo

Intrapresa

;

la

da cose già

,

dice

,

che farebbe molto onore alla fioritissima città di Milano.

,

P ILKINGTON. (1770)

Nel una del

Dizionario deTittori che

linea di

Rubens

,

nuovo intorno

De

conservatoci dal

questo autore. Vi

si

il

Pilkington pubbhcò a Londra,

Leonardo. Circa

a

Piles

legge in fine che

Leonardo onde rappresentare

in

Giuda

il

e

,

il

Cenacolo, vi

non cita

si

dalla traduzione

tolto

ceffo del priore servì

tutta la perfidia del

si il

legge

passo

inglese

di

mirabilmente a

suo infame carattere.

DURAZZ INI. (1771)

Nel

libro pubblicato in Firenze, intitolato Serie degli uomini

pittura, scultura e architettura,

dal

medico Durazzini

può

stesso

,

i più illustri in che in ciò che riguarda a Leonardo, fu compilato

copiò specialmente

si

dirsi degli elogi varj

coli de' dizionari

storici italiani

,

il

Vasari e

il

Du

che corrono del nostro artefice

,

Fresne. e degli

Lo arti-

francesi e tedeschi.

FRANCESCO BARTOLI (1776) Nella Notizia che non teme d'

d' Italia il

,

il

Bartoli

asserire

Cenacolo quasi smarrito

fu un

non

giorno.

è

scritti

delle pitture

,

sculture

ed

architetture

co' suoi segreti

e che ha resa questa pittura stimabile e bella quale

Siffatti stranissinji

dunque da

nostre negli

,

pubblicò

che Michelagnolo Bellotti ravvivò

giudizj leggonsi ne' libri italiani di cose italiane

maravigliarsi se

oltramontani.

tante

stravaganze

si

veggono

circa le

;

cose


,

63

CARLO EOGERS. (1778) Fra

schizzi di varj maestri

gli

primo

gers, vedasi

dice,

della

d'un Bonfigliuoli

raccolta

Cenacolo in generale

del

aggiungendo del suo

e che

di Bologna.

da Carlo Ro-

disegno a matita nera,

fu Il

già, secondo ch'egli Rogers ragiona a lungo

raccogliendo varie cose dagli

,

e nulla che faccia

,

e commentati

tratto dal

gabinetto del re d'Inghilterra,

nel

esistente

incidere

fatti

,

Cenacolo di Leonardo,

il

scrittori

,

ma poco

caso nostro. Se la stampa di

al

di-

tal

segno che fu inciso dal Ryland, imita con esattezza l'originale donde é cavata, ognuno che ha qualche pratica del disegnare di Leonardo non vi riscontrerà ,

qua' le

tratti

molte cose che

mentre

che distinguono

caratteristici

le teste

mancano mai

mancano

sibile

teste.

imiti

Non

le

tratti

borchie e simili cose

,

ostante senza la presenza

dalla stainpa

,

basti

è pericoloso

il

Leonardo

di

Y andamento deh" originale

che chi schizza con pochi ,

,

e di forme a d' energia d' espressione

cose anche più trascurate

panneggiamento che non le cinture

opere di quella leggiadra mano.

fanno sospettare essere una copia

il

nelle

le

,

si

,

l'

osservare

Fra che

quahtà che non

,

non

finito

v'

è parte di

ed è impos-

;

abbandoni a pensare ove collocare

a poi

trascuri

del disegno

,

il

più importante, cioè le

per quanto

sia

bene imitato

giudicare dalla sua originalità.

FRANCESCO MARIA GALI ARATI. (1779) Fino dal 1768

il

padre Gallarati

miniatura del Cenacolo

,

e

,

dopo avere

abate olivetano

,

una Descrizione ragionata alla quale fece continue aggiunte e riusci una mediocre cosa opera di molte mani perché lo ,

,

una copia

intraprese

in essa lavorato undici anni

,

note.

zelo

in

ne cominciò

La copia buona

e la

volontà non erano agguagliate nel Gallarati dal sapere e dalla pratica dell'arte.

può dimeno

della meschina descrizione che non vide la luce. Nondebbe elogio a questo buon frate per aver dato il suo entusiasmo ad un' opera che n' era meritevole. Egli pensò inoltre eternar la sua copia col Si

dire lo stesso si

bulino del celebre signor

Morghen

,

allorché

1786; ma la cosa non ebbe effetto, perchè sebbene fosse moderato , superava le forza o

ambedue il

la

trovavansi in

Roma

nel

premio dall'incisore richiesto, voLìntà del padre abate.


CARLO BIANCONI. (

1787

e

1795

)

Nel 1787 pubblicò la prima volta il Bianconi la sua Guida di Milano, della quale diede nel 179.5 una ristampa con infinite riforme. La storia del Cenacolo e la sua descrizione occupa ben tredici pagine della prima edizione, ma fu ridotta nella seconda a un terzo andrò citando i passi importanti,

circa.

in guest' opera pose tante cose cattive

libro è nelle

Il

me

ove

ne occorra

che anche

,

DOMENICO

le

mani

di tutti

bisogno.

il

buone

vi

Il

perdono

;

io

ne

Bianconi il

pregio.

PINO.

(1796) Il padre

che

Domenico Pino

di

cui qui

sole girasse intorno alla terra,

il

ragiona, è quegli stesso che voleva

si

perchè

la terra

e stampò intorno a ciò mia dissertazione colla

non

girava a suo

modo,

quale egli credeva d'avere at-

terrato il sistema del Newton. Fu priore nel convento delle Grazie, e volle pubblicare una Storia genuina del Cenacolo insigne ecc., o gliene desse occasione, com'ei dice, la ristaiupa della Guida di Milano, o fosse, come appare, premuroso di distruggere la volgare credenza che i suoi frati avessero imbiancato la

parete dipinta dal Vinci il

modello di Giuda.

,

e

che un di

Comunque

antecessore nel priorato fosse stato

lui

stia il fatto,

la di lui storia

comparve nel 1796,

e ciascuno può riconoscere se meriti in ogni sua parte il titolo di genuina. Ei non sapea nulla di pittura; quindi non si dee badare alle cose del suo libro, che risguardano a quest'arte. Gh si debbe obbligo nondimeno e perchè fu il primo

che stampò ex professo su archivi

?

™i varrò

tale

di

argomento

lui

nelle

,

e per aver fatte alcune ricerche negli

poche cose non

quali entri l'autorità altrui, o la sua pei

fatti

soltanto,

dette da altri

non

,

e nelle

già pei giudizj.

CHAMBERLAINE. (1796) Il gabinetto del re d'Inghilterra vanta molti

ed

mirabili disegni

Leonardo

di

signor Giovanni Cliamberlaine nel 1796 ne pubblicò otto benissimo incisi dal Bartolozzi. Prepose a questi una vita deh' autore , nella quale però nulla di

il

nuovo leggesi intorno al Cenacolo quantunque già emendati da altri ,

errori

,

e (S4)

si .

riscontrano S'

copiati

ignora in Itaha se

molti vecchi l'

opera del


'70

Chamberlaine continui il che quanto a' disegni , è certo da desiderarsi perchè è un vero esempio del modo con cui dovrebbersi pubblicare quelli dei ,

,

,

grandi maestri.

FIORILLO. (1798)

La sappia di

,

finora tradotta.

Ramdohr

è poco nota in Italia

,

Debbo

tratto

tutto

il

non

ricevere d' altronde autorità dal resto

Primieramente

asserisce

si

In secondo luogo

a olio.

Dice

da desiderare.

tutto è

il

cita

;

ripete

,

una copia

gli

errori

Dice esser dipinta

sul

muro

opera che mi

quali

le

del

la

mano

citati ,

eh' io

,

degli

il

buona ed

De Pagave

l'

,

molte delle

si

il

:

che

meno

conformino

scende

autore

ac-

ed è in vece

,

merito non

cose quanto poco

Quando poi

possono

del Vinci

scolari

non

io

,

e che

dice

si

a fresco

copie hanno

eh' esse

al

al

novero

riportati dal Della Valle. Perciò

nel Monastero maggiore

Lomazzo

a fresco del

stata

Cenacolo di

il

autori

accordano col vero

Cenacolo dipinto

di

e

dimostrerò nel terzo libro.

delle copie

s'

dell'

il

inoltre

della bellezza che dell' esattezza ,

principali

dai

fanno grandissimi elogi delle copie

si

son dette essere eccellenti

quali

non essendo

compiacenza e gentilezza del signor barone

alla

farò che accennare alcune cose che

creditata.

,

traduzione di quanto in quell' opera risguarda

la

Leonardo. Essendovi però

fatto

pub-

Storia delle arti del disegno dal loro rinascimento fino a' nostri giorni,

blicata in tedesco dal Fiorillo

,

che non

copia in tela della Certosa di Pavia.

esiste.

Dice

sti-

matissima per l'esattezza dell'imitazione una copia del Luino a Lugano; ed è in vece opera originale del Luino con qualche figura imitata dall' opera del

Finalmente accusa

Vinci.

r antico disegno

vece

il

il

Della

Valle ed

già de' conti Casati

,

,

il

De Pagave

di

non notare che

è passato nel gabinetto di Parigi

disegno non è mai uscito di Milano

,

,

ed in

ed è ora posseduto dal signor

dottore Curti. Tralascio molte altre inesattezze, siccome di minore importanza; e delle qui notate scritto

mi scuso

e la verità che

,

coli'

egregio autore, cosi esigendo la natura del mio

parlando di cose presenti

,

io

ho potuto meglio riconoscere.

GIOVANNI SIDNEY HAWKINS. (1802)

Al

Leonardo tradotto in inglese dal Rigaud e fatto pubblico in venne preposta una Vita dall' Hawkins la quale nel frontiestratta da materiali autentici finora inaccessibili. La Vita è ricca

Trattato di

Londra nel spizio dicesi

1

802

,

,

,


,,

\ ri-

qua

di notizie prese

sono che quanto

1797 si

il

da

e là

vai j

ma que

,

materiali

Venturi aveva reso accessibile ad ognuno

Saggio intorno agli studj

il

scrittori

legge del Cenacolo

fisici

,

non

pubblicando nel

,

e matematici di Leonardo.

è copiato dal Vasari

,

inaccessibili

Ciò che vi

dal Giraldi e da altri già

citati.

GAULT DE SAINT-GERMAIN. (i8o3) Devesi nardo

al

signor di Gault la recente edizione francese del Trattato di Leo-

preceduta da una nuova prefezione in cui

si rende conto dell' opera da una Vita tratta dalle antecedenti e da un catalogo delle opere del Vinci. Sonovi oltre ciò varie note sparse nel Trattato. L' autore ebbe ottime intenzioni ; ma molte notizie gli mancarono e in molte cose fu negligentissimo. Non s' in,

,

tende come,

avendo

gU occhi il Saggio del Venturi, sbagliasse d'otto di Leonardo e trascorresse in altre considerabili

sotto

anni Y epoca della nascita

,

che non è qui luogo d'osservare. Circa il Cenacolo nulla dicesi da questo autore che non si legga in altre opere; ed anch' egh cadde nell'errore inesattezze

di asserirlo dipinto a fresco.

AMORETTI. (1804) Le Memorie

storiche di

contengono non solo

mi gran numero

Leonardo compilate dal chiarissimo signor Amoretti l'importante

tutto

altresì di notizie

da

lui

che trovasi nelle Vite stampate,

medesimo

potè trarre dalle annotazioni e dai ricordi

sebbene tutti

il

gli

di lui lavoro,

altri

,

che di cpanto

per

Leonardo è

la quantità tale

uomo

dell'

raccolte

,

ma

e cjuanto di utile

Oltrocchi e del

De

Pagave.

Ma

specialmente delle notizie, superi finora per la storia delle arti e della filosofia

appartiene, ci rimane ancor molto a desiderare.

Fu certamente gran danno che l'Amoretti non abbia avuto sott' occhio gli autografi di Leonardo in vece degli estratti dell' Oltrocchi che molte cose trascurava altre non intengli

,

deva del alle quali

Quanto

tutto.

non

Si fidò fors' si

anche

talvolta

troppo delle altrui relazioni

,

intorno

è mai abbastanza circospetto in materia di opere di disegno.

leggesi circa

il

Cenacolo nelle Memorie storiche

ditamente da varj degli autori qui

padre Domenico Pino.

citati

,

,

è

compendiato eru-

e specialmente dalla Storia genuina del


72

LUIGI LANZI (

CiÀ chiarissimo

Europa colta per 1793 un Compendio

metodo usato

brama mezzo

assai

del

e

,

egregio autore

illu-

comune

alla

volumi, che, non ha

dell'Italia in tre

la Storia pittorica

guari, ridotta a sei è ricomparsa cogli

l'

inferiore,

fossero

italiane

anni dopo stampò in Bassano per

quattro

circa

scuole

tutte le

in quel libro. Soddisfece

prontamente

Remondini

T abate Lanzi

,

di Storia pittorica dell'Italia

quale sparse grandissimo desiderio che

strate col

opere di erudizione

altre

nell'

pubblicò fino dal il

1809)

torchi, arricchita di notabili accre-

stessi

scimenti nel testo e nelle note.

In opere di

natura e di tanta estensione trovasi sempre qualche cosa da

tal

non ha

L' autore

ridire.

veder troppo presto scuola

,

dizio.

Sidle cose

di tale città.

relazioni. tratta

con

;

pratica

talora

Ecco

non

uopo

Queste relazioni e questi

libri

parzialità

e

,

,

sono per lo

de' giudizj

deboli epoche diocri

ineguali

dell' arte

,

dello

,

dee

spesso

;

di tale

,

ora di giu-

,

attenersi o ai libri stampati o alle altrui

per dirlo

,

al

piti di scrittori

modo con municipali

cui

Lanzi

il

spesso

,

l'arte colle sue forze generali,

in

d" artefici

stesso

un

fatti

non con

Ed

limite angusto.

all'

che

arte

ecco

entusiasmo nelle migliori e nelle

e finalmente delle lodi esagerate di molti artefici

cosa assai più dannosa

,

tutto

di tal pittore

per lo più da uomini che non hanno visto un sufficiente

numero d'opere per poter confrontare gli sforzi fatti da un piccolo numero r origine

non può veder

;

origini di alcuni errori ora di fatto

le

viste gli è d'

nemici del Vasari

i

dell' arte

vede ciò che meno importava

errori di fatto.

gli

me-

Se poi avviene

che col rinnovare dell' edizioni si facciano delle aggiunte che cangino c[ualnon si prevedono tutte le conseguenze di tali che punto essenziale di storia cangiamenti , e rimane sovente cjualche parte dell' opera , in cui si ragiona ,

come

se

il

non

cangiamento

fosse

queste inende nella Storia pittorica

dore stile,

;

e questo

classico

lavoro

,

introdotto.

stato ;

ma

ciò

condito

non

dall'

Non mancano dunque

basta ad offuscarne

amenità e

facile

eleganza

dai fiori dell'erudizione e dalle più vivaci pitture de' caratteri

considerato

non

,

sarà

dello

sempre

ultirna gloria della letteratura de" nostri tempi.

Nella descrizione del Cenacolo che vi milanese

,

di

splen-

lo

coinechè vi

ripeta

si

nerò alcune cose che non

si

si

legge nell'Epoca seconda della Scuola

molto di quanto abbiamo

citato

,

solo accen-

che non vorrei sostenute da di questo amabile scrittore. Die' egli pri-

trovano altrove

,

e

una sì degna autorità quale è cjuella mieramente che se Leonardo avesse dipinto il suo Cenacolo a tempera questo tesoro tuttavia si conserverebbe. Sembra che in ciò ei s' appoggiasse alle asser,

zioni del

Requeno

;

ma

è

però fuori

d'

ogni probabilità

,

perchè

la

ruina di


,

73

tanta opera fu principalmente cagionata dall' umidità della parete

fende egualmente la perdita, pili

tempere e

le

furono

che avrebbero minato, non

tali

tenace mestica

fosse

,

Dice in appresso

e gli altri malanni che

l'olio;

anche

triplicata

come

la

,

la

quale of-

ne precipitarono

tempera solo,

ma

qualsivoglia

quella del Gialiso di Protogene.

altri che rimangono ancora tre teste di mano non si verifica, perchè tali teste furono bensì salve del Mazza ma erano già state ruinate dalla mano del Bellotti ,

copiando

,

del Vinci, ed anche ciò dall'

ultimo eccidio

,

Di queste cose pertanto darò maggiori ragguagli dove ragionerò delle vicende di questa infelice pittura. E se credo dovermi in ciò allontanare dall' opinione di cpiesto autore mi vi soscrivo con alacrità allorché asserisce essere il Cenacolo il compendio non solo di quanto inseg?iò Leonardo , ma eziandio

e forse

d' altri.

,

di quanto comprese 00' suoi studj. Il cpale passo

mi valgono

rettamente

debbe animare può i principi

tre

assai gli studiosi del

^™

,

che sento verissimo,

artefice

disegno ad indagare in essa, per quanto

che superò

tutti

estensione di scienza, e che, precedendo d'età

chiamarsi

se a sentir

anni di meditazione e d'esercizio intorno a quest'opera,

profondità

in i

d'

si

ingegno ed in

primi luminari dell'arte, può

vero primo restitutore della pittura de' Greci.

il

CONCLUSIONE DEL LIBRO PRIMO.

JL/Ai principali testimonj che qui

me

si

è potuto

ho

riuniti colla

maggiore diligenza che per

potrà ognuno verificare quanto osai

d' asserire nel principio dell'Introduzione, cioè che di questa grande e straordinaria opera che segnò ,

r epoca della perfetta pittura delle ingegnose osservazioni Il

Pino e

dell' arte

il

l'

,

,

il

autori poi

si

è ancor fatto abbastanza grave

ne trattarono di proposito

Gallarati che soli

altro

sapendone poco e male

forze eguali al carico assuntosi agli altri

non

di quegli scrittori eh' erano

desiderio

che più

di

,

,

il

,

il

primo senza sapere

che è forse peggio

e rimane a loro

il

argomento

degni di parlarne.

,

non ebber

merito della buona volontà

sapere più e meglio di quanto essi insegnarono. Gli

al vero come il Vasari il Lomazzo il non parlarono del Cenacolo se non accessoriamente in opere vaste o 3' altro tema. Dal maggior numero degli altri non si possono raccogliere che alcune notizie storiche ma v' è sempre gran vóto di ciò che al progresso dell' arte può direttamente contribuire.

Borromeo

e pochi

si

altri

avvicinarono

,

,

,

,

,


74

Intanto dalla sopra esposta compilazione, che se è nojosa per chi la scorre, meno per chi la stese , potrà il paziente lettore comprendere

noi fu certamente

quanto in ogni tempo e presso ogni nazione fosse tenuta in pregio l'opera di

Leonardo. Avrà

altresì campo di farsi in mente un autorevole apparato della sua stona e della sua descrizione, attenendosi ai passi mighori che anche senza le brevi mie note avrà potuto facilmente riconoscere.

Sarebbero da unire ed

oltre

ai citati

commentatori

varj

altri

,

che non se ne vedrebbe

il

Bottari

giornalisti il

fine

,

,

il

Monti

,

viaggiatori

,

di alcuni

il

,

De Pagave biografi

mi accadrà

,

il

Della Valle

e critici

menzione

far

(55)

;

ma

ne' libri

seguenti, e varj ne lasciai o per la poca loro importanza, o perché ripeterono ciò eh' era stato detto senza aggiungere autorità alcuna per sapere o per tempo.

E da

se molti

infiniti

sono, come ognun vede,

dell'umano sapere in cui

riusci

di lui anche in que' libri ne' quali

che

SI

che parlarono del Cenacolo, sempre con ammirazione. I varj rami eccellente, fanno che si trovi spesso ricordo

poi fu scritto dell'autore,

meno

gli scrittori

e

si

aspetterebbe. Pure, ad onta del molto

è detto, molto ancora rimane da dire di tanto

come benissimo

scrisse

costante persistenza

compiuta

Pier Leone Casella

del suo finissimo

(s») ,

ingegno.

uomo;

nulla

Ma

non

il

lasciò si

quale veramente, d'intentato

speri

colla

una notizia

se non da chi otterrà di riunire e leggere , molti de' quali giacciono ancora dispersi ed incogniti in varj angoli dell'Europa.

tutti

gli

di lui e de' suoi studj

scritti

suoi

,


DEL

CENACOLO DI

LEONARDO DA VINCI LIBRO SECONDO.

DESCRIZIONE GENERALE. In

quelle arti nelle quali talora ha parte

razione di persone o di cose, dall', evento

rante; ed

,

non danno

e in molte diverse d'

imuazione

che parliamo

,

cu-costanze

il

sola operazione

la si

il

caso o la varia estranea

stabile

occasioni

ed

fama

di grandi se

confermano

coli'

in ispecie nel disegno

coope--

guerra, la nautica o simili, male giudicherebbe del valore dell'ope-

accordandosi a conceder vita

filosofi,

quelle facoltà

arti

una

felice di i

come sono

fortuna in

alla

non

opera

a coloro il

i

soccorso di

quali a lungo

loro sapere.

Ma

nelle

ed in argomenti come quello di

numero di figure , per varietà d' affetti o per altre anche di una sola opera è una giusta misura del sapere dell' autore , e da tal esito si dee giudicar^ la profondità delle ricerche e degli studj che alla meta proposta il condussero. Quante e quali pertanto ,

complicati per

buon

esito

fossero le indagini di al

suo Cenacolo

si

Leonardo, può a buon

fra

tutti

gli

artefici

ingegnosissimo, intorno

dedurre dalla riuscita eh'

ei n ottenne, e dalla meraviglia che quest'opera potè eccitare nel secolo migliore dell'arte. ,

titolo


76

non che

dal primato

ha mantenuto

essa

eli'

sostenendolo anche allorquando

doveva

ai c[uali

fino a noi per tre seeoh consecutivi,

allontanò

si

Mi

antica sua gloria e perfezione.

da que severi

verrà perciò

principj

spero

per, dall'abbondanza della materia, mi dilungherò forse talvolta oltre hmite conveniente al tema propostomi e sembrerò qua e là deviare dall'og-

donato, se il

1'

pittura

la

,

tratto

,

mia descrizione, per meglio internarmi dentro le intenzioni autore. Le minute osservazioni delle quali una tanta opera por-

getto diretto della

e gli studj

dell'

gerà occasione, non saranno

inutili alla

ricerca del bello ed al progresso della

vera arte di vedere.

Venendo adunque

proposito nostro, dico che

al

cui Leonardo die tanta fama

ed

cesco Sforza nel 1464;

,

il

refettorio

vasta ed ornata di ogni convento

namente

,

fu

allungato

nel

convento delle Grazie,

il

fu poveramente incominciato al

essendo già

,

1481

tempo di Franche suol essere sempre la parte piiì

a

meno meschi-

intrapreso

stato

braccia sopra la larghezza che di

sessanta

braccia quindici fu ad esso probabilmente da principio

Una

stabilita.

delle teste

di questo refettorio fu data a dipingere a Leonardo; e o per iscelta del pittore o

per comando di chi commise l'opera, ne fu argomento l'ultima Cena di Cristo cogli apostoli. E da credere che Leonardo abbracciasse con trasporto una sì bella occasione di mettere in pratica le profonde speculazioni da lui fatte sull'arte della pittura, altre arti,

temea

e di

d'asserire. Egli è certo

tanta dihgenza in eseguirla

poteva estendere a

il

colmo che

tal

Lo

che tanto studio che allorquando

,

si

d" allora

verso una gran mensa

maggiori del naturale,

poi

in

non

ei

pose in comporre quest'opera, scoperse

,

provò di quanto

che l'opera riusciva

alta la

sua composizione a

la

alla

quale

appunto convenivano

cjuali

fino a sessanta braccia di distanza. si

vegga con quanta finezza le

quest' opera

meraviglia e di ,

io

si

vario a

contempla

diletto.

si

,

tal

,

e tanta parte

circa della sua larghezza.

campo

,

ponendo per trasei per banda gli

Le

figure sono la metà circa

al

luogo che può ammettere

Converrà nominarle ad una ad una, Leonardo contrapponendo i carat-

d'artificio

fisionomie e le età, variando tutto

metà

seder Cristo nel mezzo e

fe'

acciocché

alternando

si

maggiore.

a

salì

spettatori

seppe comporre un

in

non

egli stesso

la

apostoli, collocando gli ultimi a seder di profilo.

fecero

come

spazio destinatogli prendeva tutta la larghezza del refettorio

Egli adattò perfettamente

pili

fosse,

confine dell'arte, e ne cangiò affatto l'aspetto, spingendola

dell' altezza della parete,

teri,

meno che

capace di fare in essa, non

mostrarsi

meglio di ogni suo competitore qual

un tempo

più occupa

gli affetti,

e

la

si

le attitudini,

mente

e

più riempie

creda che a capriccio o a congetture

proceda nella mia nomenclatura

:

essa

i

costumi,

equilibrato ed armonico

ha

l'

appoggio

l'

,

che animo di

come

nome

\

altri

dell" autorità

un'antica copia che descriverassi in appresso, sotto la eguale da sincrona

zione veniamo assicurati del

,

di ciascheduno degli attori del quadro.

in

iscri-


,

77

appoggiandosi alla Quel primo adunque alla sinistra dello spettatore che 1" del parole Maestro è apostolo Bartomeglio udire le si alza onde mensa appoggiando la destra alla spalla del il minore che, lommeo: lo segue Giacomo ,

,

,

vicino

tende la sinistra in

,

chiedere informazione delle parole pronunciate

atto di

Andrea che apre le mani in atto di stupore. Il quarto è chiede a Giovanni l' autore della congiura. oltrepassando Giuda Pietro che Non si può non riconoscere Giuda e Giovanni, col quale termina il gruppo alla destra del Salvatore. Alla sua sinistra il primo che apre le braccia in atto da

Cristo. Il terzo è

,

,

misto di orrore e di meraviglia alza

mani

al petto,

Giacomo

è

,

minacciando

dito, quasi

il

il

fratello di

,

traditore, è

è Matteo. Taddeo è il quinto Quanto finamente esprimesse Leonardo il vario

udì dal Maestro

seguendo

mente

,

sua natura

1"

analisi dell'

nomenclatura

,

ove

sia

opera

terzo che ponsi le

T ultimo è Simone. carattere di ciascheduna figura,

sarà prezzo dell'opera l'esaminarlo partita-

storia e la circostanza,

la

Un

cominciando dalla figura principale.

,

;

Il

in atto di confermare quanto

Quel giovine che volgesi

è Filippo.

Giovanni. L' altro che

Tommaso.

tale

esame che porta seco di

potrà anche servire a Confermare questa nuova

,

in contrasto colf altrui opinione.

CRISTO. Se in ogni parte del nostro quadro si manifesta la profondità del sapere di parmi in singoiar modo esigere ammirazione nella figura del SalLeonardo ,

vatore. In essa

può

locò in maniera

altre parti tutte del il

quale da essa Il collo

posto l'argomento di tutta l'opera, e l'autore la col-

dirsi

eh' essa vi chiede

,

quadro, è

non sembra

i

primi sguardi

di necessità

;

e poiché avrete scorse le

che su di essa torniate

potersi staccare senza

una specie

nobilmente elevato col capo inclinato lievemente a

con modestia e gravità abbassati

la

,

delle braccia

,

gambe

le

raccolte

,

sinistra

bocca semiaperta quale di chi

pena di parlare, una moderata commozione tutto

in

de' fine

coli'

occhio,

di sforzo. ,

gli

occhi

finisce

ap-

muscoli della fronte, l'apertura il

complesso della semplice a

un tempo e artificiosa attitudine annunzia un contegno un sentimento , un pensiero un affetto cosi proprio ed individuo alla persona ed alla circostanza, ,

,

che in vano

cerca fra le altre famose opere

si

grande imitazione

Ma

dell'

Uomo Dio

in

una

dell' arte

una più vera e più

singolare situazione morale.

questa stessa situazione è frutto dell'ingegno sublime del pittore filosofo.

Tutte le rappresentazioni di questo passo della storia evangelica che precedettero questa di

perchè

gli autori di

neir argomento derivare

,

non ottennero mai un effetto intero ed universale quelle, non penetrando abbastanza profondamente addentro

Leonardo

,

,

non conobbero la vera fonte degli affetd che da esso potevansi non avessero in vista altra imitazione che quella di una

e pare che


religiosa cerimonia,

mezzo

col

o

più della istituzione d'un sacramento.

al

delle stampe

ognuno può

sopra

fare

i

L'esame che

più celebri cenacoli, porrà

in chiaro quanto qui accenno di passaggio; e ciò che

questa mia asserzione non solo

si

verifica

debba far più meraviglia, opere dello stesso argomento,

delle

che prima della nostra furono eseguite, appresso,

i

ma anche di quelle che le vennero cai autori avrebbero potuto approfittare della scorta d'un esempio

cosi luminoso.

vangelo aveva narrato a

Il

radunati

i

suoi eletti,

tutti

i

pittori

anteriori a

aveva detto che uno di loro

Leonardo, che Cristo,

La conseparole egualmente dal vangelo descritte presentava uno , sviluppo felice di tutte quelle passioni, la cui iinitazione forma il pregio principale dell'arte. E pure chi prese di mira la frazione del pane; chi la benedizione del guenza

di

tali

Io tradirebbe.

terribili

vino; chi la distribuzione dell'uno o dell'altro, situazioni tutte egualmente consacrate dalla storia e dalla religione , ma non atte certo a destare passioni né vane nè forti , e quindi per loro natura di effetto debole e monotono tanto

più

,

m

una scena ove, come in questa, è grande il numero degli attori priiicipah. Il vero punto altamente degno dell' arte era ancora intatto allorché venne il pittore de costumi, il vero Aristide italiano, il divino Leonardo che ,

non

accontentò, come

si

degli occhi che

a sè

animi di

gli

religione;

suoi antecessori, del tributo degli animi rehgiosi o di una seducente superficiale imitazione; ma volle

i

appagano

si

uomini capaci di sentire, di ogni tempo e di ogni cuori cui non è ignota l'amicizia e l'orrore del

tutti

gli

tutt" i

volle a

tradimento. Egli ponderò colla scorta della filosofia di quanto e quale aumento sentimenti fossero capaci per rispetto al suo principale personaggio, cioè all'Uomo Dio; ma compose in tal modo l'opera sua, che, astraendo anche la divinità del protagonista, rimane ancora tanto d' importanza generale al soggetto, che nulla vi sagrifica l'arte alle private opinioni o alle cerimonie religiose^ noii eterne e non generali come i sentimenti umani. tali

Cristo aveva già annunziato ai suoi amici eh' egli

dare

il

stato

con

stesso

suo sangue a essi:

a ai

raduna

ad una vite,

riforma del

comun salvamento: aveva

mondo,

mensa solenne,

i

dodici più

eletti

e fedeli, quelli

chiamava suoi palmiti, quelli ai

quali preparava

era venuto al

per

ai

poco sarebbe che, paragonando sè

cpiali

aveva commessa la

dodici troni nel cielo;

ed annunzia eh' un d'essi è

mondo

già detto che per

il

traditore che

siede lo

con

essi

conseonerà

suoi nemici e alla morte.

Chiunque non comprende quale debba essere il non solo sarà affatto insensibile d'imitazione, ma debbe aver chiuso l'animo ad ogni virtuoso sentimento.

turbamento di ogni cuore a simile annunzio, alle arti

A

questo

appoggiò

momento

pertanto, sfuggito a

egli la sua

composizione, e

tutti gli artefici si

di Cristo negli undici amici e nel traditore.

che precedettero Leonardo,

propose d'imitare

La

l'effetto delle

diversità delle indoli

,

parole

delle età e


,

79

ciascheduno

de' caratteri di

affidata

,

per c^uanto potè

nita prodigiosa varietà che in quest' opera la

più fina

r amore

pore

desiderio della vendetta

il

,

monotono argomento

il

alla storia

fece base

all'

infi-

Leonardo introdusse, vincendo con

arte

,

E

di tredici figure tutte virili.

dolore

il

,

mentre

le proteste di fedeltà

,

l'ira,

lo stu-

,

sospetto che dovevano avere e tutti in fine movimento dalle parole del protagonista, preparavano all'ingegno imitatore di Leonardo una varietà infinita di espressioni e di attitudini questi stessi affetti raccolti attorno ad un movente universale e nati da una stessa origine sebbene diversamente modificati a seconda dell' animo di ciascheduno preparavano all' opera una non meno smgolare e meravigliosa unità. Pieno Leonardo la mente di questa morale situazione de' suoi tredici interlocutori li dispose come di sopra accennai brevemente. I pochi e deboli tratti

r orrore

,

,

il

quegli

,

affetti

;

,

,

,

coi quali in appresso descrissi la figura del Salvatore, sono certamente insuffi-

darne idea a chi non vide o

cienti a

ma

in

tiplici

originale

1'

o qualche copia ragionevole ,

,

presentare in questa figura con singolare cimento dell'arte e dell'ingegno,

con

esito

artificio

altre

la

1"

:

vano spererei di darne con parole un idea migliore tanto fine e molsono le degradazioni degli affetti la cui mistura prese Leonardo a rap-

,

ma

veramente unico e mirabile. Lasciando dunque questa parte del pittorico che si può assai meglio sentire che esprimere , parlerò alquanto delle

avvertenze

maestà e

1'

dell'

autore

che contribuiscono ad accrescere in questa figura

,

espressione.

Un ricco panneggiamento, composto di una tunica talare e di un vasto pallio, adorna con pieghe semplici e grandiose le cui linee si accordano con ag,

gradevole contrasto alternando

ed

al petto

fine

,

si

raccoglie sotto

delle quali

gemma

adorna

si

la

che dannosi

,

maniche larghissime, pieghe minori e più ,

si

scorge uscire alquanto presso le mani.

coprendo

,

alle

sono

tunica è a

maggiore e più stretto gruppo nel mezzo dove una gran Al di sopra di questa apparisce parte deìY ijueiida o

con pieghe larghe e molli dalla

ricco ai piedi

La

fimbria o scollatura in

la fimbria.

indusio che pure la figura

I piedi

fa

le direzioni.

le

le

pallio

attraversa

ginocchia e in parte le gambe. I colori sono

imagini del Salvatore, cioè azzurro è

tranne

Il

spalla sinistra al fianco destro, e

dita

,

coperti da sandali

,

il

manto, rossa

scende i

soliti

la tunica.

e sono posti parallelamente

,

l'uno di poco più avanti dell'altro, attitudine semplicissima che aggiunge decoro, e che fu imitata, sebbene con poco accordo col rimanente, da Tiziano nella sua

Cena

d'

Emaus

,

e

da Gaudenzio Ferrari nel quadro che ancora vedesi nella

nostra chiesa della Passione.

Di alcune cose che riguardano

1'

atto delle

mani

avrò occasione di parlare allorché darò ragguaglio della mia copia.

Sarebbe Salvatore l'

autorità

;

c|ui

luogo

ma non

d'

indagare se Leonardo perfezionasse o no la

è grave rischio di sana critica

del Vasari e

del

Lomazzo

,

1"

testa

abbandonarsi piuttosto

che assicurano che Leonardo

del al-

lasciolla


8o

anzi che credere

imperfetta,

per arte e per giudizio

,

contrario a chi ne sapea troppo

il

e vide

opera o del tutto guasta

1'

vicini, quindi ricoperta dai ritocchi,

Della Valle ed di

altri

(.)

.

Richardson

il

meno

o in tempi

nostri

Monti,

il

,

di loro ai

il

L' autorità poi di que' primi viene confermata dal costume

Leonardo che non

mano per

come sono

,

alcuna delle opere sue

fini

desiderio di perfezione.

Fanno

,

non sapendone

staccare la

di ciò testimonio le varie tavole

co-

mmciate di sua mano, indi abbandonate, che si trovano in Parigi, in Firenze ed m Mdano che nondimeno sono tenute in grandissima estimazione, come già presso gli antichi la Venere di Apelle F Iride d' Aristide e la Medea di Timomaco. Fmo d ritratto di monna Lisa che gli costò quattro anni di studio (•)

,

,

ddigentissimo

e in cui parca battessero le arterie,

,

vero

fu da lui dato per imperfetto. Tanto , gran Cenacolo imperfetto rimanesse nella

il

meno testa

tanta

era l'imitazione del

strano deve parere che anche del Salvatore,

nella

quale la

singolare misdone

perchè

dell'Uomo e del Dio doveva più che altri atterrire Leonardo, più che altri dovea colla profonda perspicacia del suo ingegno

egli

sennre

la difficoltà di tanta

non che

alla

propria

,

alla

imitazione, e se n era forse fatta un'idea superiore,

potenza

essere avvenuto ad Eufranore

Dei maggiori

dell' arte.

d quale

Cosi leggiamo in Valerio Massimo

nella tavola in

cui rappresentò

i

dodici

avendo consumato tutte le forze dell' arte e dell' ingegno in perfezionare la testa di Nettuno , dovette poi lasciare imperfetta quella di Giove. Ma l'imperfezione in senso di Leonardo era assai diversa da ciò che per ,

vocabolo comunemente s'intende, e panni si possa paragonare a quella di Virgdio d quale, anch' egh secondo il proprio giudizio, lasciò imperfetta l'Eneide

tal

eh' è forse tra

i

grandi poemi

più squisitamente finito che

il

sia

ci

rimasto di

tutta r antichità.

CIO FA IV NI. La figura di questo apostolo forma gruppo colle vicine Anche il singolare contrasto che risulta dalla vicinanza

di

Giuda

e di Pietro.

e daU' aggruppamento

di questi tre diversissimi personaggi, ha l'appoggio dell'autorità storica, e

vedo che da ninno

siasi

tratto profitto

nardo.

Questo divino ingegao non

stanze

che potevano giovare

alcune cose si

segue

donde

poste

sott'

Sacrifizio

si

,

acquistano un

l'

tal

trassero, tutta al pittore

occhio dall'arte della

lasciava

si

non

né prima nè dopo Leo-

sfuggire ninna di

sua composizione

talora semplicissime e di

autorità

1

fonte

Euripide

,

alla

di tale autorità

quelle circo-

sapendo benissimo

che ninna cospicuità nelle storie delle quali peso nell'imitazione, che, dimenticata la

rimane

,

la gloria dell'effetto

che producono

Cosi Timante trasse probabdmente da invenzione di quel velo con cui avvolse il capo d'Agamennone nel

che dipinse

d' Ifigenia

pittura.

;

ma

ninno

de' greci culri

,

non immemori

certo


8i

un tal felice ritrovato in Euripide, mentre tutti l'ammiravano in Timante come una singolare e mirabile invenzione (9). E sia pur questo un privilegio della pittura, o sia, com'è in fatti, d'

tragica rappresentazione tanto famosa

una

pregio de' scrittori

distintissimi ingegni

soli

secondarie

col disegno

ma

,

sapere scegliere quelle circostanze

il

ed

di grande opportunità

che questo

egli è certo

,

osservava

,

gnose della pittorica invenzione

artifizio

allorché

effetto

,

negli

sono imitate

forma una delle parti più inge-

e che Leonardo provò di possederlo in un

,

grado eminente.

Sappiamo dal vangelo dello stesso Giovanni che questo giovane apostolo sedeva a mensa vicino al Redentore, giacché dice che appoggiava, riposando, udite le parole del Maestro che Sappiamo che Pietro il capo al suo petto. interrogò Giovanni per sapere di chi intendesse annunziavano un traditore ,

,

,

Cristo di parlare.

Sappiamo che Giovanni

e che Cristo rispose che di

pane

intinto, che in

il

fatti

ripetè a Cristo questa interrogazione,

quegli

era

traditore

cui

un pezzetto

dato

avrelsbe

diede, senza muoversi dal luogo suo, a Giuda Isca-

Doveva dunque Leonardo seguendo la storia porre Giovanni vicino a come distinto e preddetto sopra tutti gli altri commen-

riote.

,

,

Cristo e alla sua destra sali

doveva poco discosto collocar Pietro

:

Giovanni intorno

alle

,

acciocché questi potesse interrogare

doveva parimente collocar Giuda

parole del Redentore:

poco discosto da Cristo

aflinchè questi potesse offerirgli

,

aveva parlato a Giovanni.

il

pane

intinto

di

,

che

frapporre adunque più d'un commensale fra Cristo

Il

e Giuda, fra Pietro e Giovanni, avrebbe posto ostacolo o difficoltà

corso di

al

que' piccoli avvenimenti renduti importanti dalla circostanza e dalla sacra tradi-

zione

,

dei cjuali l'artefice seppe

Leonardo

il

acconciamente approfittare. Serbò d'altronde

si

secondo luogo presso

Redentore pel

al

fratello del

suo diletto Gio-

Giacomo il Maggiore. Non gli rimaneva quindi per Giuda che un pos'to presso Giacomo; ma allontanandolo da Pietro e da Giovanni, avreblse dimezzata

vanni

,

l'attenzione e perduto tutto l'effetto che doveva produrre fellonia di quel vile

con

Giovanni

clie

scerato di

dunque come

l'

lo zelo ardente e

solo

seguì

il

il

divino

Maestro fino

i

soli forse

sua composizione

che

Dalle cose

1'

fin

,

arte poteva coi

più importanti per

i

mezzi proprj

al

amore

qui dette è facile

l'

r orribile tradimento.

È

naturale che

immaginarsi

un

tale

1"

(4)

.

In questo

sando col capo dietro le spalle

di

la storia rappresentata

,

Giuda,

,

e

il

Gio-

allorché questi annunziò

annunzio

istante Pietro si

alla sacra

Cristo, principa-

attitudine dell' apostolo

tornatolo sopra di sé, porlo in atto d'interrogare o

persona del traditore

dopo

svi-

Ecco

sepolcro.

far riconoscere senza confusione.

vanni. Stava egli quasi riposando nel seno di Cristo

alla

e coli'

,

arguto Leonardo rendè naturalissimo e consentaneo

autorità l'artificioso collocamento di questi tre personaggi, lissimi della

vicino confronto della

generoso di Pietro

lo

dovesse scuotere

maestro od

iracondo sorge

,

e

intorno

altri ,

e pas-

volge a Giovanni per lo stesso


82

motivo. Giovanni degli apostoli

dunque è

in atto di tender

ed alzando lievemente

,

1'

oreccliie alle parole del principe

spalla accennasi ignaro di chi intenda

la

Cristo di parlare, mentre nell' accigliamento e negli occhi modestamente chini mostra sentire l'orrore del tradimento ed il dolore profondissimo della vicina

sciagura dell'amato Maestro. Egli tiene inoltre le due

mani insieme incrocicchiate

e le posa mollemente sulla mensa, col quale atto indicò

quale

s'

era abbandonato in seno di Cristo prima del

Ciò mi suggerisce di imita, quanto

quasi

il

buon

che

due diverse atdtudini

,

si

attitudini di

la osserva,

due tempi

riposo al

il

rappresentato.

qualunque figura l'artista

che

la

diversi che fanno, direi

l' una antecedente che lascerà scorgere suppone precedere il momento rappresentato; ,

momento

esprimente lo stesso

pittore

momento

cagione, deve distinguere tanto

forte

critico

figura la situazione che

che nelle

osservare

far

mossa repentinamente da

il

e quel precipuo effetto che

si

nella l'altra

vuol far intendere

e sentire. Lascio qui da parte che questo è

un mezzo insigne onde far pensare a quanto è per avvenire in seguito al momento che si rappresenta oggetto ch'ebbero sempre di mira i migliori andchi, come ne fanno fede i monumend più singolari dell'arte loro che il tempo ci ha conservad, e le memorie degli scrittori intorno a quelli che più non esistono. Ma se l' arte dell' imitatore non ,

nella sua figura qualche

cenno

della situazione che precede

1'

atto

che prende

a rappresentare, difficdmente riuscirà a dare idea di atto pronto e momentaneamente eccitato: e senza questa prontezza e raomentaneità negli atd e movimenti,

ha poca

l'arte

perchè

vita,

la vita

e vivace con mezzi immobili è

E

il

sta nel

sommo

moto, e

il

dare idea di moto pronto

dell'arte.

giacché

lettore

il caso ci ha condotd a queste osservazioni non sia discaro al che alcun poco in esse io lo trattenga, avuto riguardo alla loro impor,

tanza per l'arte,

ed alla luce che se ne può trarre onde spiegare l'origine del pellegrino effetto di alcune più rare produzioni del disegno. Perchè al subentrare d' una nuova attitudine cessino in tatte le membra d' una figura le conseguenze d" un' attitudine qualsivoglia, sia di moto, sia di quiete, è un certo tempo , o , per ispiegarmi megho , una serie o successione

necessario di

momend,

de' quali l'artista accorto

dee sempre scegliere

Conseguenza d'una

che vuol dar anima

alla

sua imitazione,

primo.

che, oltre l' espressione dell'atto momenprimo momento indizio, o, direi quasi, avanzo precedente situazione che il nuovo stato non ha per anco intieramente

taneo e primario, della

il

si

tale scelta sarà

trovi a quel

distrutta.

L'effetto poi dell'unione di queste

rappresenta,

la

tanto maggiore, quanto maggiore sarà zioni fra loro.

due situazioni, delle quali

secondaria e precedente 1'

si

accenna,

opposizione e

la

primaria

si

debb' essere naturalmente il

contrasto di esse situa-


A loro

rendere più chiare queste proposizioni, e ad

mi gioverò

,

Michelagnolo

d'

un esempio solenne

,

tratto

dalla

maggiore opera del sublime

che, oppresse ed immerse da secoli nel

sonno della morte, sono improvvisamente

Chi non iscorge

in esse

tromba prima loro situazione, cioè di quel

risvegliate dal clangore della

della

resti

i

letargo mortale che le tenne iinmote ed insensibili tant' anni gli

occhi gravi e schivi della nuova terribile luce che

ma non

vita, il

scopo

dal Giudizio universale della cappella di Sisto. Osservinsi in esso

,

alla sinistra dello spettatore quelle figure

celeste.

effetto di avvicinarle allo

li

membra;

l'ha ancora disseminata per tutte le

uno apre

L'

?

percuote

a stento

questi riceve la

:

quest'altro solleva

petto respirando con meraviglia e sembra stare incerto fra la speranza e la tema:

quegli è scosso dalla potenza straordinaria di quel mirabile suono, e già tenta tórsi

impaccio

all'

de' lini raortuarj

delle sue polpe le ossa

sebbene non abbia ancora del tutto

,

denudate dai vermi e dal tempo

un

:

altro

rivestite

forse più re-

,

ma non ha ancora tanto di vita e di forza onde muoversi senza l' altrui soccorso. A dir breve la singolare mistura di queste due strane situazioni tanto fra loro contrarie questo meraviglioso iinpasto d' una nuova vita che combatte la morte fa un effetto tanto cente cadavere, è in tutta sua carne,

che

gli

basti

,

,

,

forte e potente in chi osserva quest d'

altronde inirabili

gono addietro

,

opera di Michelagnolo, che

ne' quali c|uesta o simile mistura

d' assai

bra, talché con forza propria,

la rivestita carne alleviando,

e ad onta della meraviglia eh' eccitano

per

la singolarità

Con

semplificata la cagione che la eccita

,

riuscire

1'

meno ,

gruppi

riman-

,

figure vicine tutte le

mem-

s'innalzano

al cielo,

dell' artificio

,

se

ne

potente e più breve,

minore e più semplice ne

effetto.

lo stesso principio era

composto dallo

della guerra di Pisa, nel quale

erano repentinamente chiamati

i

soldati all'

stesso Buonarroti

che pacificamente

armi

:

una unione di dolce e

celebre cartone

il

bagnavano nell'Arno, e per tornare onde siamo partiti con si

,

principio a cpiesto uniforme fu dal nostro Leonardo inventato cui ad

le

fatti

compiutamente e rianimò

avrà da chi ben sente ed osserva, una sensazione

debbe

gli altri

combina

si

in merito ed in lode. Osservinsi in

alle descritte, nelle quali la vita trionfò

forse perchè

non

religiosa

effusione

d'

il

amicizia

e

Cenacolo di

,

in

cordialità

succede ad un tratto il tumulto dell' inc[uietudine la paura del tradimento e r acuta amarezza del sospetto. La quale composizione poi gode di un vantaggio segnalato ed unico sulle due indicate, quello, cioè, d'avere per attori tredici ,

personaggi tutù nominati e famosi L' osservazione

che

lasci

ancora

aduncpe

,

scorgere nelle

figure

dente, osservazione inculcata in più facilmente

non

varj altri tra

i

solo

l'

atdtudine

commensali

e tutù assolutamente necessarj

sulla rappresentazione

degli effetti d'

cpalche resto

modi da Leonardo

dell'

della

all'

azione.

un movimento

situazione

prece-

ne' suoi scritd, spiegherà

apostolo Giovanni

,

ne' quali, a tutto studio, sicuro

ma

quella ancora

di

ed esperto del buon


,

84

sua teorica, cercò Leonardo di coraljinare artificiosamente cogl'indizj situazione le più vivaci dimostrazioni di cpella che

effetto della

della riposata precedente

pose per argomento della sua grand' opera.

Era dunque importantissimo serbare nell' atto dato del sonno o riposo, al quale prima delle

a

dell' effetto

consigliava l'ora del giorno o la stanchezza

:

Giovanni qualche vestigio parole di Cristo

terribili

lo

e questo vestigio serbò industriosa-

mente Leonardo, come abbiamo avvertito di sopra, col dare alle mani di Giovanni un atto di totale abbandono e di niuna prontezza a dimostrazione di risentimento o ad opera di vendetta. E sebbene la circostanza paresse disporre ogni animo alla vendetta o al risentimento non debbe parere esagerato questo in,

dizio dell'inazione di Giovanni,

avuto rispetto a quanto sono per aggiungere.

Egli è chiaro che quantunque l'effetto delle attitudini miste che abbiamo prese ad osservare, sia per riuscire maggiore allorché, come si disse, le due situazioni imitate saranno contrarie fra loro situazione

precedente,

che distrugga f

;

pure non

si

debbe tanto serbare

della

come primaria e

che

di quella

efFetto

momentaneamente

eccitata si prende a rappresentare. E in questo certamente farte corre pericolo di distruggersi colle forze proprie, se Kartista non è condotto dalla più squisita finezza di giudizio. Ma pel caso nostro converrà osservare

che si

il

detto effetto

cambia

in ragione de' caratteri morali; e per tale osservazione

avrà nuova occasione di sempre più ammirare

cuore amoroso di Giovanni,

Il

doveva essere prima

compagno

natnrale

trafitto

lo

altri

erano

:

ed

come

sarebbesi fatto; perchè

la

non poteva però mai costumi gravi e

solo

il

moderad

sua situazione

,

che in

nuova situazione subentrata e da fortemente scuoterlo ed

tale

spingerlo a dimostrazioni esagerate

compenso

e

:

dolore è

il

temperamento

Il

come

ritiro,

al

predicazione, esclude da un'imitazione bene

alla

sua dolce e temperata natura.

alla

ira

f ira del suo contrario.

cjuindi nella sua attitudine dovevasi conservare

giore indizio della precedente

maria, fjuantunque fosse

ingegno del nostro autore.

predestinato alla contemplazione ed

alf azione

ideata ogni atto violento

fino

il

minacciato tradimento dell'amico,

il

dolore che commosso dalf

dal

deh' inazione,

pacifico di questo apostolo gli

alV udire

di

magnon rappresentata come pri-

C|uella di

un

attristarlo

internamente,

siccome estranee

,

Rimaneva dunque

esprimere

la

delle labbra e delle ciglia

anziché con più forte espressione ledere

alf arguto

contristazione ,

la

ed

il

cui

di

era

affatto

imitatore dei

dolore coi moti

ed a questa sola preferì verità

altro

cf attenersi

sempre esimio

scrutatore e seguace.

Se

la

storia

avesse detto che Pietro

di temperamento pronto

o

al

sonno

,

e

che poi

,

,

ardente

,

risvegliato

o

Tommaso

vendicativo alle

si

,

o qualche altro apostolo

fosse

note parole

abbandonato

del Maestro

,

al

rappresentato con mani oziosamente incrocicchiate anzi che in atto di

un

ferro

o di minacciare

,

tale

rappresentazione

riposo

fosse stato

cercare

peccherebbe gravemente di


,

85

verità

e di convenienza.

nante

che

sostomo

Tommaso

mansuetudine

Giovanni

,

diventa

un

come

,

distintivo

Leggo poi con piacere

desidererebbe.

ragiona del significato degli

e che secondo san

,

attiva

l'

quel che in

,

Giampaolo Lomazzo

membra

combina che questo gesto

precedentemente

non è

,

contrario

come

,

dolore che que' detti dovevano eccitargli nell'animo.

al

chezza e

il

bisogno

fisico

e fortunatamente

,

di quiete, attissimo a rappresentare lo stato di

Cristo

detti di

ai

che

,

alieno dalle fatiche.

Egli sembra aver avuto di mira la positura di questo apostolo si

altri

dove

(5) ,

umano

del corpo

mani mostrano animo

le

domi-

carattere

proprio che di meglio in vano

si

e gesti delle

atti

insieme di tutte due

le dita avviticchiate

in

Pietro

cui

il

per testimonio del Cri-

è

,

V umiltà

la dolcezza e

,

figura la vita contemplativa

sarebbe stato mancanza si

nel giovinetto

acquistò la predilezione di Cristo

gli

incredibile

l'

Ma

del riposo

quanto

,

sono di loro natura contrarj a qualsivoglia sarà disanalogo ad esprimere T

una e

fatti

fatica fisica

:

lui

osservammo tanto la stan-

dolore profondamente

il

l'altra di

In

già

quindi un

sentito^

tal atto

queste situazioni che

non

riscon-

si

(«). È prova di ciò l'uso che un gran numero di grandi artisti fece di quest'atto per esprimere isolatamente il dolore, non che la contemplazione che in Giovanni è simboleggiata. La figura di

trano per l'appunto nel nostro apostolo

Giovanni

che guarda dolentemente Cristo fitto in croce ed or 1' una or Marie, come nel Cristo morto del Correggio, sono in molte tavole

stesso

l'altra delle

,

rappresentate colle dita delle mani incrocicchiate l'inattitudine fisica ad ogni fatica, che

Nella figura che descriviamo

,

anche

unicamente per dimostrare ha ogni persona profondamente addolorata. ,

piede che

il

vede

si

tra

i

sostegni

della

mensa,

si

ma

posando con abbandono. Molli parimente e semplici sono le pieghe d' una tunica verde e d' un pallio rosso colori vedersi nelle immagini di questo apostolo. Non ragionerò in questa

scorge appartenere ad un corpo riposato^ non

premendo

sul suolo,

soltanto

del panneggiamento composto soliti

a

prima descrizione

,

che spettano

teste

alle

né per questa nè per T

me

eseguita

in tutte le parti

,

,

altre figure

,

delle cose più

e alle fisionomie, perchè nulla affatto di ciò

di conservato nell' originale

copia da

,

,

mi riserbo

a ragionarne

e delle autorità delle quali

per c[uanto ho potuto

,

minute

trovandosi

dove renderò conto della

mi sono

meno indegna

servito di

un

onde renderla tanto

insigne

originale.

GIUDA. Alla

destra di Giovanni siede

meravigliato

cV essere

scoperto.

colla destra tiene stretta la

col quale dice

il

vilissimo venditore di Cristo. Egli

Tende

borsa in

in avanti

la

modo che rammenta

Dante che risorgeranno

si

ritrae

sinistra in atto di stupore

gli avari dal sepolcro.

:

quel pugno

chiuso

Nel mentre

eh" egli


86

tragge

si

in

facendosi

dietro

quasi a mezzo la mensa

villanamente appoggio del

i-ovescia

,

una

saliera e sparge

stissimo presso quasi tutte le antiche nazioni e fra molte

L'abito,

Ho a

sale

perversità

frode

la

,

,

il

latrocinio

spinto

augurio fune-

la

più vile,

la

mano

udito taluno inconsideratamente accusare Leonardo di aver posto in

Giuda

borsa

la

,

credendo

eh' essa

contenga

(/).

più

tradimento.

il

,

,

anche delle moderne

gesto, la fisionomia, tutto annunzia l'avarizia

il

inumana

cubito destro

il

il

Ben più

prezzo del suo misfatto.

strano è l'osservare questo istesso distintivo dato da Raffaello all'apostolo Matteo,

da

lui dipinto in

una

Vaticano

sala del

battere da Paolo

IV

pose tanto

considerazioni in

sottili

altri

lano.

Egli pose duncjue la

tarla

come

depositario (9) ,

questo singolare lavoro

(s).

,

appoggiandosi in

danaro

del

della

che secondo ci dimora né casa propria. Nel capo dove l'ingenuo evangelista, scoprendo

non aveva nè

società apostolica

,

,

stabile

questi lagnavasi dell'unguento pre-

zioso profuso sui piedi di Cristo, e diceva che sarebbe stato meglio il

frutto ai poveri, avverte

perchè de' poveri

ma

importasse,

gì'

E

mittebantar porrabat.

a Giuda, Quel che hai da fare

qualche ordine

Tertulhano,

al

venderlo

il

apertamente che quel vile diceva ciò, non perchè era ladro^ et: locnlos haheju ea (jua;

capo decimoierzo scrive che quando Cristo disse

nel

risguardasse

ab-

,

duodecimo del vangelo di Giovanni, là sì bene il carattere dell' Iscariote, scrive che per darne

fatto

tutti

Leonardo che

non poteva commettere un errore si grossoborsa in mano a Giuda, perché questi soleva jjor-

tutto air autorità della Scrittura

assicura Teofilatto

che fu poi cogli

,

per non so quale stravagante capriccio

fallo presto,

,

di

economia

capo undecirao del libro

si

credette dagli apostoli

che ciò

perchè Giuda loculos habebat. Così

,

De Anima,

lo dice a titolo di confidenza

e di onore deputato cogli Eletti usque ad localorum ojfcium. Egualmente leggesi in san

Da

Girolamo (>>).• Interroga eum cur Judam elegerit, cur ei loculos cominiserit, ecc. ciò si vedrà se fu sbaglio o capriccio di Leonardo il dare la borsa a

Giuda; o

come

s'egli, approfittando,

potergli dare cpiesto distintivo,

che anche mentre

egli d' altro

digia del danaro

per

osservazioni

dando

la

si

,

la

si

è occupato

tenere, ,

fa

anzi

meno

c^uanto

stringere

in

tale

atto,

scorgere in lui F infame cupi-

vadano

al tradimento.

Dalle quali

que' dipintori

i

quali,

borsa a Giuda, gliela fanno tenere di furto, talché pretendono

far in-

il

errati

prezzo della sua scelleraggine; nel

molti Alberto Durerò

altri

Narrano e

soleva in tutto, dell'autorità storica per fece

quale passò dal latrocinio

scorgerà non

tendere ch'essa contiene

con

glielo

,

come

dalle sue stampe

si

cjual fallo

cadde

può vedere.

u-) che Leonardo mettesse lungamente a tortura l'ingegno per ricercare forme di corpo e fattezze che convenissero

gì' istorici

affaticasse assai

al

suo Giuda, e che rendessero, per cosi dire, credibile quella vilissima atrocità

d'

animo

argento

inumana avarizia per cui il traditore potè vendere per poco sangue del suo benefattore ed amico. Piccolo e volgare appoggio gli

e quella il


8?

somministrava

minore

volgare tradizione de' suoi capelli rossi

la

cui

di

statura

memoria

trova

si

o quell" altra della sua

;

nelle rivelazioni

santa Brigida

di

(»).

Oltre la difficoltà dell'argomento, doveva egli combattere colla naturale ritrosia

un'anima gentile

di

rizia sanguinaria

in darsi a meditare le fattezze della viltà crudele, dell'ava-

dello spionaggio

,

del tradimento.

,

volentieri a rappresentare nelle sue

imitazioni

questi siano accompagnati da qualche

La

pittura nobile scenderà

anche

tratti

i

magnanimità. Così

la

de' vizj

qualora

,

vendetta

cru-

la

,

deltà, la fredda ferocia della gelosia, gli effetti tutti deh" ira nelle risse e nelle

battaglie sono cose delle quali fa volentieri uso e studio la pittura.

son

tutte di lor

compiacciono che

terribile

fa torcer

tanto

e

Da

si

fatta

come

poeta,

il

si

l'

vilissimi, cessa

vizj

che disgusta

orribile

si

in quelle, riesce nelle

rappresentano

eccita in sua vece

si

queste

come

,

ributta e

imitazione debbe diligentemente guardarsi

il

vuole

la

non che

ragione,

i

precetti e gli

^ ancora più pericolosa e da fuggirsi nella rappresentazione pittorica

'

che nella poetica

anche pessimi e il

contrario allorché

al ,

pittore quanto

il

esempi

diletta

occhio altrove.

1'

non meiio felicemente che

tragedie, cosi

le

opere di disegno: ed il

Ma

natura atte a destare cpiella specie di terrore del quale

perché

,

poesia può diligentemente descrivere personaggi

la

vilissimi, e al

che non può fare

tempo

mostrarne ed ispirarne disprezzo;

stesso

quale più sembra essersi compiaciuta della

pittura la

la

sua rappresentazione, quanto più diligente fu in eseguirla ed accurata nel porla in vista.

Allorquando pertanto

pittore e

il

poeta sono costretti dalla

il

ad introdurre nelle loro opere personaggi di

tal

storia

tempera, debbono aver riguardo

di non dar loro giammai il posto principale altrimenti le loro imitazioni sebben perfette, dispiaceranno perchè male scelte, e quantunque sleno atte a pro,

,

acume

vare molta industria ed

d'

ingegno

dando prova di poco giudizio Cosi abbiamo visto cadere le

,

vece di lode avransi biasimo e riprensione. gedie ben condotte e ben verseggiate

grandezza e virtù sioni

o

orribili

maggior opera

;

il

E

i

quadri di argomenti o di espres-

divino Alighieri che per

il

prese f Inferno per téma

eh' è

,

la

mondo

("^j

e

,

si

certa fiera

fe"

degli

prima parte della sua

quanto dire

di ogni vizio, sdegnò di far parole di coloro che ninna

una

in tra-

cui protagonista fu privo di qualche

cosi lasciamo inosservati

vili. si

,

,

fama

la

propria

città

di sé lasciaron nel

dannati nobile materia di discorso con dar loro

altri

magnanimità, un non so quale amor di gloria e un barlume di

spinto profetico.

Leonardo più

vili

collocò in gli

,

modo

spettatori

cioè il più ignobile modello dei un Giuda diede un posto meno che secondario e il niano degli attori del quadro volgendosi a lui anche

costretto a

ed inumani che

tra ,

pur

i

vizj

più tardi che

fare ,

,

gli

,

,

agli altri gli

rivolgono

tamente disprezzo e per giudicarlo di aspetto ed Io ebbi di ciò sovente esperimento e

gli

atto

occhi, per sentirne pron-

conforme

alla

sua iniquità.

prova, seguendo attentamente con l'occhio


,

88

mia

gli osservatori della

in

inducono a credere intorno

c"

figura

tema i

Noterà ancora, a

copia.

gloria della riuscita di

Leonardo

pericoloso argomento, che, oltre ciò che la storia e le presenti osservazioni

si

prova

altra valevole

,

1'

abbiamo

difficoltà

alla

,

ne' più celebri poeti

ebbe a comporre questa

eh' egli

sebben negativa

intorno

,

quali o col silenzio o con diverse stravaganti industrie

sembrarono temere

di profanare

quel traditore.

tratto di

Il

il

all'

asprezza di

si

fatto

che di Giuda ebbero occasione di parlare si

pennello delle muse, facendo con esso

Vida, freddamente accozzando

;

trassero d'impaccio, e

gli

aurei

modi

il

ri-

virgiliani,

ma neppur uno ci lasciò di quei con cui Virgilio, imitando Omero, è spesso guida ai pittori, e sembra talora più dipingere che verseggiare. Dante che non trascurava mai di caratterizzare le ci

diede qualche cenno delle ree qualità di lui,

tratti

fisionomie de' suoi attori, e che sembra talvolta maneggiare lo scalpello anziché la

penna

tolse d' intrico più destramente

mettendo a dirittura la testa delenormi bocche di Lucifero, talché ei non ne potè vedere springar delle gambe, e tranne il nome e il cognome, non ci lasciò di si

,

riscariote in una

che

lo

gegnoso il

d'un

saltò la difficoltà

,

modo

descrizione. In

lui verun' altra

tal

corporale, maggiore apparisse tipittoriche queste invenzioni

nostra composizione

non

,

la ,

mio parere più strano quantunque in^ modernamente il signor Klopstoch,

a

,

ritratto

quale diede a Giuda bella statura

solo con qualche tratto sinistro

molto

,

dell'

nobile portamento

,

acciocché

volto

sua perfidia ed ingratitudine. Quanto siano an-

ognuno per

poteva nascondere

si

bellissimo

e

fingendolo cosi dotato di bellezza

,

può facilmente giudicarlo. Nella il ceffo di Giuda senza perdere

morale dell'azione e del contrasto; e ( se pure è approvabile in niuna imitazione di disegno sarà mai permesso di )

dell'effetto

nella imitazione poetica

corpo aggraziato

farlo bello di aspetto e di

grazia

alla

è

il

grazia dell' animo.

meraviglia

s'

mezzo

solo

Da

,

perché

tante difficoltà

egli era ritardato nell'

perchè

,

modo ci

di

perfezionarle

,

assicurano

Farebbesi

,

il

rpii

cialmente dagli di

Giuda

finire

pagina Varj

danno

Vasari ed

d'

spesso rimproverato

come vedemmo

delle sue

il

ne' passi citati

invenzioni

finalmente vi riuscì mirabilmente

,

meditava

,

come

scritto

alla

tradizione ricevuta spe-

che Leonardo facesse nella figura del priore de' domenicani che nojosamente affrettavalo di oltramontani

scrittori

dal Monti

alla bizzarria

scrittori il

fatto

,

della

come

il

in ispecie

Giraldi.

luogo a dire cjualche cosa intorno

ritratto

essere

,

cioè

,

Cenacolo. Sebbene già troppo e forse troppo gravemente per

il

ne fu

il

non ancora contento e

congiunta

,

opera a segno

di lentezza, e se stava a lungo senza dipingere, di varj autori

la bellezza fisica

onde rappresentare la bellezza e la che Leonardo volea pur vincere non è

del disegno

,

dal Pino e dal Bianconi

non

già

vita

di

cosa certa

all'

si

la

materia

conceda ancora qualche

importanza di questo frivolo argomento. o che delle opere di lui parlarono

Leonardo ,

,

,

contenti di rallegrare

di

ridicolo

aneddoto

le


,

89

Gli autori nominati ed

loro storie o descrizioni.

altri

con loro

assottigliano

si

cervello per dimostrare questa tradizione priva affatto di fondamento. Io

il

poco importa

di sapere qual fosse

potendomene più afferma

)

,

trovo poco fondate le ragioni di

,

Mi prenderò dunque

e deboli quelle di chi nega.

mezzo

in

bisogno servire

al

nuova osservazione più

cj^ualche

pittorica

che io ne potessi sperare

per r avvenire per

sono

diffinire.

tempo in cui mancanza

alla

dice che

il

lasciasse del tutto

si

Cenacolo fu dipinto

il

solo

di quelle

padre Domenico Pino

Il

,

come

sortirebbe

la quale,

il

per

inutile

l'

miglior

arte e futde

che per loro natura non

male provvisto

chi

porre

che questa quistione

si

si

pos-

di ricerche intorno al

nè avendo notizia alcuna

,

di

dell' arte

onde

con ragionevoli congetture su quella fondate priore d'allora era il famoso teologo Vincenzo Bandello e colla de'

fatti

supplire

,

Monti che intorno

scorta del

non

,

ma anche come una

la storia,

giungesse a far

se

,

la libertà

che d'altra specie,

senza intaccare direttamente alcuna delle due opinioni, effetto

cui

,

vero modello del Giuda di Leonardo (non

il

a ciò fu richiesto dall' Allesrranza

,

asserisce ch'enli o

era bell'uomo, provandolo

cpindi

non

coli' autorità di Leandro Alberti testimonio di vista; sembra modello conveniente pel brutto traditore Iscariote. La-

gli

sciando ora da parte che cani, e perciò

non

tutti

sono

cjuesti autori

come

,

il

Bandello

del tutto esenti dal sospetto di parzialità; e

domeni-

,

menando buona

a favor loro la testimonianza dell'Alberti sulla bellezza del priore, sebben l'Alberti

dopo

fosse nato quarantaquattro anni

Pino mostra ignorare un'

parmi dover avvertire che il padre e che non è rara anche

di lui,

che vanta

abilità

la pittura

,

negli artefici d'ingegno mediocre, quella, cioè, di contraffare

qualsivoglia tali

anche bellissima

che pure tuttavia

tratti

ogni fisionomia rendendola deforme anzi orribile e serbando

,

,

riconosca donde è cavata.

si

in grado eminente questo artificio di cui se

non

Leonardo possedeva

fu l'inventore, fu certamente

sembra che molto se ne dilettasse. Egli era inoltre dotato di una tale memoria che anche senza il vivo davanti faceva ritratti similissiini al vero. Quindi non sarebbe stata strana cosa nè difficile per Leonardo il dare il

perfezionatore,

e

,

a

Giuda

quantunque brutto

,

più che sessagenario della noja eh" egli il

(h)

,

padrone.

Ma nemmeno

perchè

e salvare

il

l'

del bel frate priore a quell' epoca il

a leggersi nella

e discreto

,

,

capriccio di così vendicarsi storia del

e che però

non

scherzasse satiricamente

questa ragione è abbastanza valida

artificiosa

pittore,

tratto

avesse preso

gli

duca Lodovico

al

come avveduto

Leonardo

,

qualche

ne ricevea. Segue

Bandello era carissimo

detto

,

qualora

,

imitazione

sarebbe

stata tale

come può intendere chiuncpe

l'argomento dell'amicizia del

Moro

sua bella e dignitosa fisionomia potesse verificare con certezza che

padre Pino che è probabile

che

colf amico del

dopo

ciò

che

da conservare

sa alquanto dell'arte.

si

è

la satira

Di più

pel priore e quell'altra prima ragione della

potrebbero il

avere

qualche forza

,

qualora

si

priore che stimolava ed annojava Leonardo,


,

.

9f

fosse realmente lasciò

Ma

padre Bandello.

il

scritto

il

nome

siccome ninno de narratori del

del priore nò

anno

in

cui

ci

fatto

avvenuto

e siccome non vi è prova alcuna valevole che c'induca a crederlo awenuto negli anni ne" quali il Bandello tenne il priorato come potrà vedersi allorché parlerò del tempo che probabilmente Leonardo impiegò in quest'opera, cosi la novella l'

è

fatto

il

,

,

non cadrebbe per Il

simili ragioni

Bianconi poi vorrebbe

('s;

con un mezzo più singolare, col proil Cenacolo; quindi fuor di

farla svanire

vare, cioè, essere stato in brevissimo tempo dipinto

affatto l'accusa e la noja del frate. Ma ciò è si male da provato, come ognuno può leggere nella prima edizione della sua Guida, che non sarà per lui che la tradizione appaja incredibile. La soppressione in

luogo ed improbabile lui

oltre di quel passo nella

seconda edizione da

pubblicata l'anno 1795, j>rova

lui

medesimo avvisò dappoi diversamente. solo padre Monti più assennatamente l'agionando

eh' egli Il

sebbene prenda molti epoca della venuta di Leonardo in Milano quale segue inconsideratamente il Vasari, nota che il Giraldi stesso dice

abbagli e specialmente cpiello

per

la

che Leonardo propose scherzevolmente fatto

come vedemmo modelli

d'altri

ma

Anche

nel primo libro. il

Vinci

senso

riporta

Ma

più antiche autorità,

le

se

priore,

il

il

di

come

il

Le ragioni da

intendeva.

conto del

che

Giraldi

si

falsa la storia

nardo avvisò probabilmente

detto

;

eh" ci

memorabile,

la tradizione in gli

ritraesse

già

la testa,

quella

la

Per

altra parte,

delle

celie

gravità

gli

e

in cui la libertà del conversare,

degli

affari

scherzi

dello

stato

non ,

distoglieva

né diminuiva

i

la facilità

principi la

ed

i

il

,

rac-

nelle colla

panneggiamenti

quale difficoltà a al

suo principe

affabilità,

italiani

Leo-

eh' egli

ignoranza

loro

specialmente addotta dal padre Pino

è assolutamente ridicola.

lo

se-

autori,

citati

non s' impacciasse nelle cose addotte onde mostrare insussistente

credere che Leonardo proponesse scherzando una simile cosa

un tempo

i

della scherzevole minaccia colla quale

provano

,

troverà facilmente

,

fecero

priore che loro

Nello

fitto,

più gravi e moderati.

di fiuto

quale pretende provare che Leonardo non poteva finire prima

Giuda che

di

Milano. Cosi in fine

come

,

priore,

il

col duca.

non

scrittori

come

vorrà cercare,

ragionevolissimo,

é

materie di critica pittorica

in

che di

non accenni che

minacciasse ragionando

riportarono

il

contrario avverrà se

di distruggere

di

ma

e dal R.ichardson nel Trattato

,

Vasari, quantuncpie

tentare di distruggere la tradizione

il

appoggio;

non

e

il

Boterò che ne avrà raccolta

il

guendo

ficeta minaccia

di

il

non dice però

servisse,

si

che soltanto di ciò facetamente

stesso

Giuda

di ritrarre in

volse altrove per cercarne modelli più a seconda del suo intento, checché

si

dica dal Resta nelF Indice del suo Parnaso

si

,

dell'

l'amore

dal trattare

con

pubblica loro considerazione

?

Qual meraviglia che il Moro istesso, cui non dispiaceva il celiare, desse mano a Leonardo onde ne venisse satirizzato il Bandello ? Oltre ciò non parlerò


del

modo

che

erat

ridicolo con cui l'Alberti descrive le bellezze di cjuesto frate, dicendo

mediocri statura

risguarda anche

magna

facle

,

morale, non

il

gli

capite magno , ecc. , ma per quel che , guarentiscono una fisionomia molto amabile

e gentile né l'acrimonia con cui tratta

Concezione, nè

lata

suoi avversar] sostenitori dell'Immaco-

i

brighe secolari in cui era intricato, nè l'esser confessore di un principe qual era il Moro , che secondo gh storici avea per massima

da

lui

la

menzogna

le

spesso e pubblicamente

ripetuta

Se poi dopo

e peggio.

che

,

F utile proprio

tutto cjuesto

rendeva

onesta

padre Bandello che già

il

somigliava all'Iscariote nella statura,

come ne è testimonio il citato encomiatore anche nella fisionomia qualche tratto degno di lui, e che Leonardo per ragione di noja o di vendetta se ne fosse servito, e che il duca stesso si fosse di ciò divertito, non sarebbe poi così grande nè nuova meraviglia da menarne rumore, tanto più per chiunque sa alquanto della delle sue bellezze,

avesse avuto

stona di que' tempi.

Casi a questo

ed in personaggi

ben

A

simih non

sono

rari

nella

storia

pittorica

importanza che non è un priore di convento. chiunque ha scorso Plinio nelle cose che appartengono alle arti, risovverrà che di

altra

Cleside, adirato d'essere stato poco onorevolmente accolto dalla regina Stratose ne vendicò dipingendola in lotta amorosa con un pescatore che si

nica,

vociferava essere suo amante.

Il

d'Efeso, ed ognuno riconobbe somiglianze.

che

E

la tavola,

dal! autore.

Ma

pittore pose in pubblico la sua tavola nel porto la

regina e

pure, qualunque ne fosse

non che

distruggersi,

per lasciare

si

gli antichi

la

il

pescatore,

perfette

erano le

ragione, quella regina stessa proibì

togliesse dal luogo dove era stata posta e le storie troppo da noi rimote, basti

rammentare l'orecchiuto Minosso di Michelagnolo che con caso conforme a quello del nostro priore è anch'esso il ritratto di un cortigiano importuno; e il famoso motto che su di esso disse papa Paolo Farnese, può bastare per assicurarci dell indulgenza del

scherzato a danno

qualora

Moro verso Leonardo, qualora avesse artificiosamente come di parole, anco di pennello. Nondimeno

del frate,

abbia da credere che nel ceffo di Giuda fosse ritratto un frate qualnon credo che ciò si possa intendere del padre Vincenzo Bandello ma questo per ragione ben diversa dalle addotte, ed è perchè Matteo di lui nipote sivoglia

si

,

;

e scrittore delle Novelle, che nella citata prefazione alla novella cinquantottesima ed anche altrove parla con tanto rispetto di Leonardo in un" epoca in cui non era costume nè merito il perdonare le ingiurie, avrebbe fatto altrimenti o si ,

sarebbe taciuto, quando

ricamente

il

di lui zio di

pittore avesse realmente insultato o satirizzato pitto-

compagno ed amico. poi cosa osservabile che non solo ne" cenacoh ove Giuda interviene, ma in tutti gh argomenti dove entrano figure odiose o ridicole, è uso comune degli artefici ingegnosi di ritrarre in quelle qualche loro contemporaneo, ora per il

cui fu veneratore,

È

satirizzare

il

vizio

,

ora per vendicarsi

dell ignoranza

o

dell'

importunità.

E


.

1)2

quest' uso è talmente invalso

o

ridicoli

non

pittore

sono pochi

ci

figure con volti strani

tali

dice le persone in

quelli

ritratte

,

fieri

o se

,

il

ha pensato, l'invenzione spesso supplisce a cpiella mancanza, e cenacoli dove il Giuda non sia qualche frate seccatore, pochi gl'in-

ci i

dove non

ferni

che ove trovansi

non

se la tradizione

,

si

di chi lo dipinse.

e di simili

vegga

Ma

di qualche

pagatore o

cattivo

Andrea del Castagno non

si

vergognò

di ritrarre in

confessione che in morte fece

alla

nemico

d' altro

e di simili invenzioni di pittorici capricci, basti

fatti

preludendo

ceffo

il

per dar fine a questo tema e per diminuire la meraviglia

tolse a tradimento di vita

il

Giuda

dell' orribile

il

leggere che

medesimo, quasi con cui

assassinio

suo amico e compagno Domenico Veneziano.

PIETRO. Da

quanto

è detto delle figure antecedenti,

si

si

potrà con

facilità

l'attitudine del principe degli apostoli. Acceso di onesta collera

al

immaginare suono delle

divine parole, egli s'alza alquanto dal luogo ove sedea, per interrogare fidente di Cristo, l'apostolo Giovanni. Colla sinistra indica di

chiedere

significato de' suoi detti

il

,

mentre

la

il

il

con-

Salvatore in atto

sua destra va quasi

natural-

mente verso una specie di coltello o breve parazonio; con che il pittore diede cenno del desiderio in lui ardentissimo di vendicare il Maestro e della sua della quale ebbe poco dopo rimprovero da prontezza a dar mano alle anni ,

Cristo

È lo

medesimo nelf

orto di Getsemani.

singolare ed unica l'opinione del Bianconi intorno a questo coltello. Egli

crede un' aggiunta del temerario riattamento

quindi pare lo attribuisca

;

come

al

primo generale ritoccatore Michelagnolo Belletti. Sembra non sapesse che il che visse sempre fra gli artisti e fra le cose delle arti Cenacolo stette certamente piti d'un secolo e mezzo senza che alle altre sue impossibile

egli

,

disgrazie

da esso distintivo

si

aggiungesse quella dei ritocchi, e che nel gran numero delle copie anticamente non ve

tratte

di

E non

san Pietro.

è

una

n' è

meno

sola

in cui

strano eh' egli

non si vegga questo supponga aggiunto

lo

si vede in una rara bensi ma pessima stampa che pare opera d'un incisore che non ha visto l'originale, se pure non fu fatta da cjualche disegno o schizzo prima che l'originale fosse condotto a fine. Sembra

unicamente perchè non

però che

il

Bianconi stesso

conda edizione ed originale

Nel

resto

l'

della sua

si

ricredesse di questa stranezza, poiché

Guida cangiò

la

descrizione, e considerò

attributo del nostro apostolo

non

(«)

potrei seguire a descrivere questa figura senza ripetere quanto

accennai descrivendo quella di Giovanni dinale Federico

nella se-

come genuino

Borromeo

suo movimento pronto

,

il

,

,

a cui rimetto

furore

o senza usurpare le parole del caril

lettore.

del suo volto

,

il

Bastimi aggiungere che gesto

dell'

una e

il

dell' altra


93

mano, tutto in somma il complesso della sua attitudine eccitata da viva e sùbita commozione, contrasta mirabilmente colla patetica e dolce giacitura dell'apostolo Giovanni e richiama felicemente la dissimiglianza che hanno tra loro le due vite, l'attiva e la contemplativa, delle quali sono, come si disse, simboli questi due primarj tra gli apostoli. ,

colore poi delle sue vesti è

Il

che

vede fino nella cena

si

Firenze

un

di

cioè

;

chiaro la tunica.

Il

bel

giallo

qual metodo,

tazione r opinione volgare

e

l'

pallio

il

gli

attribuisce

si

comune

notammo per

e

e

,

un vivace azzurro alquanto

d'

buoni poeti, di secondare nella imi-

ai

autorità o delle

o delle antiche rap-

tradizioni

presentazioni, avremo luogo di notare in Leonardo per molte altre cose, già lo

,

che Giotto dipinse in santa Croce a

Cristo è

che volgarmente

solito

il

di

come

Giovanni.

le vesti del Salvatore e dell' apostolo

ANDREA. La

vicinanza di Pietro non sarebbe sufficiente argomento onde riconoscere in

questo apostolo

il

suo maggior

tovata che ci serve di scorta, zione.

padre Gallarati

Il

indótto specialmente da

che secondo

si

l'

non

Andrea,

piatto di pesci

uom

,

Ma

pescatore.

r agnello

,

apporta, è facile lo scorgere

come

giamente corrisponda a cpanto dalla

storia

zione

ci

Mansueto, pacato, costante j fedelissimo,

non

Dopo

piatto essenziale per la cerimonia.

ciò ,

e

cpesta cena ogni pescatore

se in ,

men-

appostavi iscri-

coli'

nome, a moderno risarcimento

di

forse

dovesse distinguere con un piatto di pesci

si

se l'antica copia di sopra

avvalorasse la congettura

abbattè fortuitamente a dargli lo stesso

un

indicano

lui

fratello

vi

la

rimarrebbe luogo per

che

luce

la citata iscri-

l'attitudine di questo apostolo egresi

egli

può raccogliere del suo carattere. fu il primo apostolo chiamato da

Cristo, e gli serbò, in ciò migliore dell'ardente fratello, la sua fede intatta fino al martirio

che

si

tenne beato di ottenere simile a quello che fu sopportato dal

suo Maestro. Egli siede gravemente, e colpito dallo stupore all'udire l'annunziato tradimento,

ne dà segno aprendo ambedue

le labbra e le ciglia. fiir

atti

da darsi

palme delle mani e inarcando

le

posso inoltrarmi nella descrizione di questa testa senza

uso delle parole stesse di Leonardo. Nel capo

descrive gli d'

Non

a

chi ascolta

un

CCLIV

oratore

,

alcun vecchio per maraviglia delle udite sentenze chiusa

tirarsi

molte pieghe delle guance,

indietro

quali creino molte pieghe per la fronte.

questa figura delle sentenze

cui aggiunse

,

,

come

e

con

le

Egli esegui

ciglia il

del suo Trattato, dove

Fa

e

alte

primo

Jielli

che uno de' suoi compagni

ratezza, e conscio di sè stesso e certo di

non

sia

esser egli

,

Za

estremi

bocca bassi

nella giuntura, le il

suo precetto in

quanto era richiesto dalla qualità

potrà scorgere chi osserva finamente.

bile a quel cuore onesto

die' egli

,

,

Non

dell'

oratore e

sembra possi-

capace di tanta scelleil

traditore designato.


,

94

sembra che la

non

meraviglia e la sorpresa

la

sapere chi volesse

il

lasci in lui

luogo

alla curiosità di

Maestro indicare.

Risplendono nel suo volto la probità pacatezza dell" animo che opportunamente contrasta

fede e l'amicizia unite alla

coir impeto del vicino Pietro.

Infino

modo con

il

cui

il

disposegli

pittore

il

pallio sulle spalle, coprendole entrambe, e facendolo discendere davanti attorno

confacente ad esprimere l'uomo tranquillo e quieto ne' suoi movi-

alle braccia, è

menti, e non disposto a far uso della propria forza o destrezza ove lo chiami

o

In ciò ben differente dalf iracondo

la vendetta.

volto sulla sola spalla sinistra in

modo da non

ove abbisognasse usarne, come in

che porta

averne ingombro

al

il

l

ira

pallio av-

braccio destro

prima occasione. Egualmente

fece alla

fatti

fratello

i

tuoni delle tinte delle sue vesti sono di poca forza e splendore in paragone della

maggior parte

freddo, e siccio

la tunica

che

si

essendo

dell'altre,

il

d'un verde alquanto chiaretto e

pallio

che discende in pieghe molli e finissime, d'un

Poco

accosta al color della noce.

in lui

gialletto ros-

scorge della fisionomia

si

poco ne' tratti generali che più certamente provano la comune dipendendo gli altri più minuti da abiti o passioni particolari all' in-

di Pietro, e quel

origine

,

Con

dividuo.

tanta dissimiglianza di carattere in questi

un

errore in

pittore

presentarli più fra loro somiglianti di quello che qui

GIACOMO Anche

fisicamente e moralmente

commento

il

il

si

rap-

che in

un passo

rico-

il

cugino del Redentore. lui

veramente

si

Lo

accorda

un testimonio degno di nota Là dove questo

di san Paolo.

,

divozione

speciale

poi può

testimonio le

,

il

,

e della quale abbiamo

,

il

veggano.

ai Corintj dice che Cristo risorto apparve separatamente a commentatore soggiunge che Giacomo ottenne questa grazia, non

solo per la sua

qui citare

figliuolo d'Alfeo

di Niccolò di Lira ad

scrivendo

Giacomo, ampio

sarebbe stato

IL MINORE.

sua somiglianza col Nazareno

assicura la

apostolo

fratelli

senza l'iscrizione della copia già più volte ricordata, è facile

noscere in questo apostolo

nel

due

esperto nella Fisiognomonica, qual era Leonardo,

,

vedersi

ma

per

la

sua somiglianza a Cristo.

nel camaldolese Malermi

di

cui

Più

piacemi

parole, poiché le Vite de' santi, che tradotte ed accresciute da cjuesto

autore, videro la luce coi torchi del Jenson nel 1475, cioè pochi anni prima

che Leonardo intraprendesse dal nostro pittore

parisce, gli

,

hanno

parti

si

nella loro

Cenacolo ciò che

,

debbono certamente

concerne

in molte cose servito di guida.

che r apostolo Giacomo le

il

almeno per è

edam

gli apostoli

gnale del basio

;

essere state lette

e da quanto ap-

Dice adunque l'autore

detto fratello del Signore,

citato

conciossiachè per tutte

dice essere stato simile a esso Signore: intanto che se effìgie.

,

ingannavano molti

Onde andando li Judei a pigliare Cristo ebbero da Juda perchè Juda per essere molto famigliare e domestico di

el si-

Cristo


,

95

Ottimamente da Jacoho cliscerneva

Questo etiam

Cristo.

testifica

Ignazio nella epistola

mandata a Joanne Evangelista , dicendo : Se a me è concesso , voglio venire alla parte di Jerusalem per vedere quello venerabile Jacobo cognominato fusto; el qual dicono essere stato molto simile a Cristo e della fiiccia e della vita , e con el modo della conversazione in tanto

un medesimo parto

e di

quanto che

suo fratello nato insieme in

se fosse stato

quel medesimo utero: el qual dicono che

parerà vedere esso Jesà Cristo secondo

tutte le parti del

se io

vedrò,

mi

corpo suo.

Quanto Leonardo fedelmente serbasse questa tradizione può vedersi e negli avanzi del Cenacolo originale, e in tutte le antiche e moderne copie nelle quali

,

mentre

le altre

meno,

più, ove

variano a capriccio

teste

losamente a questa tradizione

imprimere

poi allorché le forze e

questo apostolo

in

l'

si

questa sempre ritiene ove Anzi sembra che Leonardo si scrupoabbandonasse e che tanto studio ponesse onde ,

,

la fisionomia di Cristo.

pose intorno

si il

,

nobile e sublime carattere del Redentore, che

alla testa del

ingegno onde giungere

all'

Redentore medesimo ,

senti

idea eh' egli ne avea concepita

mancarsi ,

e cer-

cando intorno ad essa inutilmente consiglio, come leggemmo nel Lomazzo, lascioUa imperfetta j credendo probabilmente per tal modo di dare alla posterità maggiore saggio dell' altezza del suo pensamento di quello eh' egli dalla sua ,

mano

sperasse di poter ottenere.

Semplicissima è

Come Pietro si volge a Giovanni onde avere qualche dichiarazione della misteriosa sentenza di Cristo. Egh sembra sperare che Pietro otterrà da Giovanni il segreto del Maestro, e un beve alzamento di ciglia e una lieve apercosi questo

1'

attitudine di questa figura.

Giacomo

volgesi a Pietro

tura di bocca indicano abbastanza

l' inquieta ansietà di uomo che interroga con animo dubbio sospeso ed atterrito. Il di lui carattere moderato non permetteva commozion d' ira o altra violenta espressione. Egli appoggia la mano destra alla spalla di Andrea e stende la mano sinistra dietro di lui in atto di accennare ,

,

e cercare Pietro che in

cpiell' istante

riosità e la collera onesta

non bada

che dentro

a soddisfare

che

la

propria cu-

suo cuore zelante eccitossi alla parola

il

di tradimento.

Non meno Leonardo che

semplice è il

il

suo panneggiamento

ragione della possibilità degli scambj e Giacomo,

come sopra

si

è

letto.

che

che anche nel vestire volle

nobile e più tendente

al

,

a

porporino. Diede

a quello dato alla tunica di Cristo

mano una porzione

onde

,

,

cui però

volle

altresi alla

arte

,

meglio rendere

si

serbare la tinta

tunica

un

taglio

avpiiì

conforme

con maniche, cioè, larghissime, mostrando Per seguir poi la tradizione che ci

dell' indusio.

avvisa che questo apostolo vestiva diversamente dagli

modar r

così

la storia susurra avvenissero fra Cristo

Diedegli dunque una tunica rossa che

vicina al colore della tunica di Cristo

presso la

,

nostro apostolo somigliasse a Cristo

e pel decoro e per

altre ragioni

,

altri

,

nè potendosi acco-

ad imitare quanto intorno a


,

56

particolare ci narra

tal il

Epifanio e

accenna anche nella Vita del Malermi pallio alcuno o clamide, o altro che

si

non dandogli in fine da non

distinse dalle altre figure

E

sulla tunica si ponesse.

Leonardo

il

quale

teste somiglianti,

non

serbando però

suo soggetto principale

al

lasciarsi inosservata

costretto dalla storia a fare in

,

trascurò di mettere l'una

portunamente chiamavano

gli

la

una

di profilo

1"

avvedutezza di

composizione due

stessa

e l'altra di fronte,

veduta più intiera

che molto op-

,

antichi di maestà.

BARTOLOMMEO. mensa

Il sesto ed ultimo luogo della

Bartolommeo. Senza

è da questa parte occupato dall'apostolo

nota iscrizione sarebbe, a dir vero,

la

difficile

il

distinguerlo,

poco dal vangelo sapendosi di questo apostolo. Anzi è presso molli cjuestione s' ei sia o no lo stesso che Natanaele del quale parla incito 1' evangelista Giovanni che non nomina Bartolommeo e sul quale tacciono per l' apptinto gli ,

altri

che di

evangelisti

lui

fanno menzione.

Vi ha poi chi

sogna di stirpe

lo

egizia, chi di siriaca e regale; su di che veggasi la Storia apostolica del Sandini.

Sijnilmente

lo fa nobile,

altri

deUa Erudizione degli

come può

ortolano,

altri

vedersi nel libro che

compilò Giovanni Lami.

In mezzo a tanta indegno di nota il ragguaglio anzi ritratto che di questo apostolo leggesi nel Malermi, il cui libro volentieri preferisco ad ogni apostoli

certezza ed oscurità è singolare e

perchè certamente venne

altra autorità,

Li

capelli suoi,

occhi sono grandi, di statura eguale

:

diceva 1 idolo e'I

alle

mani

di

un idolo indiano, dentro

è descritto per bocca di

è vestito d'

Leonardo.

e diritto:

ammanto

la

la carne è

a dire ch'egli

indovino e potentissimo

Per quanto Leonardo non

spetta si

il

,

agli

bianco foderato di porpora ventisei e

li

che non

allontanasse

da

al

fa

al

;

el

quale

am-

anni, dal quale suoi.

d'umore allegro,

nostro proposito.

naso ed

cpiesta

candida: gli

calceamcnti

era nutrito e servito dagli angeli,

occhi,

ritratto

demonio.

il

barba lunga: ha pochi peli canuti:

manto per ciascuna parte ha le gemme purpuree ; e sono tempo non sono invecchiate nè deturpate le vestimenta sue Segue poi

Questo

quale parlava

sono negri e crespi:

,

naso uguale

il

al

colore

tradizione

,

de' capelli,

setnbra

che

avuta avvertenza alla età

diversa in cui lo ha rappresentato. Per quanto poi risguarda

è da credere che diani fra in vece

i

quali

un tuono

alle altre figure,

l'

il color della pelle, idolo lo chiamasse candido in paragone de' suoi cultori in-

abitava

allora

Bartolommeo.

gli

diede

non diede

o volesse con ciò contrassegnare in lui lorigine egizia, o precondizione più probabde cjuella , cioè di agricoltore.

ferisse indicare la sua

,

Finalmente per qtianto spetta descritto

Certamente Leonardo

di tinta quasi tendente al bruno, e piti robusto che

nella Storia di

Abdia,

al

vestimento che

dalla

,

piti

minutamente

quale sono in gran parte

si

tratte

legge le vite


,

97

degli apostoli che

Malermi ha

il

tradotte, consistendo esso di

un

cioè colletto o tunica senza maniche, e di

gemme

porpora e di

il

tutto di

la

leggenda o perchè un

tal

vestire

credesse usato da Bartolommeo dopo

chè in fine,

il

del quadro male

accomodasse

si

all'

o perchè lo

,

ombre,

e

un manto o

armonia della sua composizione.

vasto pallio cV

un nodo sopra la spalla diritta come con le La manica della tunica è ricca superiormente che

ove

la stringe

finisce

il

sebbene poco

e per

l'

se

e

La

allacciavano

si

dopo una

le

clamidi.

legatura o piccola

scende in pieghe minute,

deltoide,

e segue la grazia del braccio fino al polso. talare,

,

pavonaz-

al

un bel verde, aggruppato con

fibule

,

fascia gialletta

o per-

,

quel bianco in un angolo

tutto

Diedegli in vece una tunica celeste chiarissima tendente alquanto zetto nelle

in questo

seguire

che prese a rappresentare

fatto

che mi sembra più da credere,

il

di

paresse poco apostolico

gli

colohio bianco,

egualmente bianco, ornato

pallio

Leonardo non giudicò

,

un

tunica è,

come

tutte le altre,

ne vegga nella parte inferiore per l'ingombro del

incrocicchiamento de'

pallio

[)iedi.

L'attitudine di questo apostolo distinguesi notabilmente da tutte le altre, ed è

convenientissima

alla

mensali a lui vicini

sua collocazione distante da Cristo. il

oppresso e tacito per lo

Egli vede tra comminor Giacomo occupato a dimandar Pietro Andrea stupore, e Pietro rivolto ad interrogar Giovanni: quindi

Dunque

dispera di ottenere da essi utile ragguaglio.

che ha udito,

si

i

,

alza appoggiandosi delle

ad udir meglio ciò che Cristo

è

due mani

quasi dubitando di cjuel

,

mensa, onde accostarsi

alla

per soggiungere. Egli sedeva da prima colle

gambe incrociate Leonardo studioso di accrescere per mezzo del contrasto come sopra notammo, l'istantaneità e prontezza dell'atto, conservolle nella stessa :

posizione

:

e facendo piegare

le

ginocchia

piedi sostenendola mediante F appoggio sione che

dubbio

non

saprei

come meglio

male udito

di aver

,

Descritti partiti

i

,

,

e sopra

,

diede

le

IL

cominciando di nuovo

Abbiamo di già detto che Giacomo, figlio di Zebedeo e

destra di Cristo, è or da tornare dalle

figure

il

primo

fratello di

piìi

nell'atto

come

che

,

dar

compongono.

la

sinistra del Salvatore è l' apostolo Giovanni. Egli inorridisce in ascoltare

alla

ed allargando

nella fisionomia dimostra quella subitanea

che nasce dallo sdegno onesto in d'

dal

donde

a Cristo vicine

l'esecrabile attentato che da Cristo è predetto, e traendosi indietro si

i

espres-

MAGGIORE.

notizia del rimanente della scena e degli altri attori

braccia,

entrambi

giusta

un uomo perturbato

possa figurare

sei apostoli collocati alla

e

sua figura

mani

e desideroso di ascoltare cose di alta importanza.

GIACOMO siamo

si

alla

delle

uomo che oda non

imaginativa quasi vegga inopinatamente cosa che

solo

sia

,

ma

le

commozione

per prontezza

cagione di meraviglia


,

98

e di orrore. China alquanto è

samente incerti

si ritira

la testa,

aperta la bocca ed elevato

:

come naturalmente avviene

basse e congiunte sono le ciglia

:

petto ,

il

:

gli

sguardi

improvvi-

a chi

fissi a

un tempo ed

come accade per improvvisa

indi tosto

,

sospesa inspirazione alla vista impensata di spettacolo mirabile insieme e terribile. Per questo non meno che per gli altri suoi attori, ricercò Leonardo diligen-

temente

che

onde con qualche fondamento

sacra autorità,

la

attribuirgli

il

carattere

diede d'immaginoso, ardente e prontamente eccitabile all'ira; non però a quell'ira che ad ogni occasione consigliava a Pietro pronta opera di vendetta,

ma

gli

all'altra

mano

meno

pericolosa, socia dell'onesto zelo, la quale, senza spingere la

ed accende l'animo

sul ferro, turba

Leonardo congetturare

dal

poco che

che opprimono e

alla vista dei delitti

tradiscono la virtù e ne commette la vendetta

alla giustizia

Giacomo

di questo

del cielo. si

Tanto potè

narra ne' vangeli, e

specialmente dalla sua imprecazioné contro gT inospiti Samaritani. Con tali ricerche riuscì mirabilmente a diversificare questa figura dalle altre di Pietro e di

Tommaso,

nelle

ramente disposta

Quantunque

a

quah

ripetuta iscrizione,

ma

è sostenuta da altre forti ragioni che sole, senza quella,

Morghen

Pino e

Il

Tommaso, ed

diffusa in seguito colla

signor

Gallarati

voce e cogli

scritti

credono che questa figura

accreditare tale opinione che

è talmente radicata

si

dubbio

egli

vidisti crcdidisd.

è

Tommaso

san

superiore della veste.

mi

sia

affaticato

e fiicendo

rimasuglio

meandri

Ora né

le

famose parole dette da Cristo a

padre Pino che nella distribuzione degli

Il

antica

mistilinei

mentre

,

io

vi si legge

altri

ha mai

il

il

d'

o

una lente

moderna

forte

,

lettera.

che facevano ornato a

pieghe della tunica

primo

altri

Tomnomi

alla sinistra senza

il nome neW orlo nome, e per quanto per mezzo del ponte

tuttavia scritto visto questo

osservando diligentemente da vicino

uso anche di

che anche

l'ha adottata nella sua stampa del Cenacolo, inscrivendo nella

modestamente procede, dice qui francamente che

assai

io

il

La Lande parve

il

fimbria della tunica di questo apostolo

maso: Quia

minacce e chia-

alle

trovi qualche giova avvertire eh' essa non è soltanto appoggiata alla

,

farla prevalere.

rappresenti san

congiunta

effetto.

denominazione da noi data a questo apostolo

la

ostacolo presso alcuni

basterebbero a

sole rappresentò l'ira

mandarle ad

non mi

riusci di

Bensì potei cjuella

riconoscere alcun

scoprire alcuni

resti

di

specie di nastro che raduna le

alla scollatura il quale ornamento interpolato anticamente forme tendenti ora alla quadrata ora alla circolare, e guasto in appresso dal tempo e dai ritocchi potè ai prevenuti far travedere i frammenti delle lettere che latinamente compongono il nome di Tommaso. D' altronde se realmente in ,

di

,

antico vi fosse stato scritto altro de' tanti scrittori

per nominare

non dee

il

un

tal

nome

che precedettero

suo apostolo

si

,

il

se

ne avrebbe memoria in qualcun

dunque una iscrizione che non

novello scopritore. Se

fece autorità di

darsi valore alcuno alla sua asserzione.

il

Pino

esiste,


99

Non

diversamente dal Pino scrive

Gallarati essere questi senza alcun dubbio

il

Tommaso; ma siccome non si degna di dire prova alcuna di quanto non si può lagnare di non esser creduto. Nemmen egli fa parola del

l'incredulo

afferma

,

nome inscritto travisto dal Pino della quale circostanza qualora vi fosse stata veramente, non avrebbe mancato nè di procurarsene notizia in tanti anni ch'ai consumò intorno a quest' opera , nè di ragionarne nella sua descrizione in cui tenne conto di tutto ciò che vide e potè capire. Dietro questa falsa denomina,

,

il Gallarati descrive il suo Tommaso assai stranamente , ed in quel volto che in ogni antica copia ed anche nel guasto originale si scorge compreso d'orrore e di meravigha , egli travide un tal ghigno, con che, siccome incredulo, sembra farsi beffe delle parole del Redentore. La quale espressione quanto

zione

sarebbe sconvenevole e del tutto contraria ad ogni

sana ragione non che al onde poterlo giudicare. In conchiude che questo apostolo ha un doppio dito mignolo nella mano si-

sistema di Leonardo fine

nistra

,

cosa

,

die' egli

trascrivo tra le note

E tanti

,

non è necessario degna di

,

riflessione

sogni hanno fatto col Gallarati

nelle notizie degli autori

braccia,

su di che

sua

le linee

palma. Questa seconda

chiudono

,

mano manca

,

mano

il

di sei dita,

La Lande

,

sulla quale

come vedemmo

come sopra si è notato le mensa e cuopre parte d'una mano combina avere le dita quasi nella stessa ,

aprendo

,

,

sulla

si

mano

si vegga il dosso di quella la poco osservabile, e perchè, come si disse, isolata tra i panneggiamenti de' personaggi che

quale appartiene, nulla

dall'atto della

ne fu serbato che un solo

,

si

vede del suo cubito, e quannon ha alcuno apparente

persona cui spetta,

e l'imperizia del

di qualche sciocca tradizione

,

riraansi

richiamo di braccio o panneggiamento.

danno del tempo

legga la sua postilla che

quantiuique di cjuesta

e perchè sola

la figura alla

tunque richiamata

si

che parlarono del Cenacolo.

deU" apostolo a lui vicino, la quale

in parte coperta

Cochin e

il

quale ora ragioniamo

del

stende la

direzione per

il

;

(/).

qui tempo di dar ragione di questa misteriosa

L' apostolo

,

esser pittore

La

notata eguale direzione delle dita^

primo ritoccatore, congiunta

al

pregiudizio

mano meno visiliile e non aggiungere alla mano del creduto

fecero scomparire la

dito che

si

volle

Tommaso pretendendosi per tale mostruosità nome di Didimo o Gemello. Se poi eccesso ,

di dar conto

un

del di lui sopran-

una mano abbia qualche ragionevole relazione con siffatto aggiunto che a tutt' altro si suole dagli anatomici impiegare, oppure se di tal cosa esista cpalche antica leggenda o altro scritto che l'autorizzi, non mi è riuscito di poterlo sapere. Trovo bensì l'

di

dito

in

si sapesse storicamente che Tommaso avesse avuto una mano deformità, sarebbe dovere del pittore che dipingesse questo apostolo, di nascondergliela artificiosamente o di rappresentarla come la suol fare comu-

che quand' anche

con

tale

nemente

la

natura

Senza altrimend curarsi

della

storia.

In

fatti

sebbene nel


, ,

100

Supplimento

cronache di

delle

Jacopo Filippo da Bergamo

frate

che l'evangelista Marco

si

mi

mai alcuna imagine

è accaduto di vedere

con

si

Dopo

orribile difetto.

mozzo

fosse

che servi per

mano

non

è scomparso con gran

mano

unico avanzo della

del vero

mano che

fatti

quel dito dovea far sospettare, mentre trovasi cpiesta

ne" disegni che furono eseguiti tra

del Mazza. Dicasi però ad onore del vero che

gran miniatura

Mazza

,

di cattivo artefice,

modernamente, non escluso quello migliore stampa che vanti il Cenacolo, non si tenne conto nè

la

c[uesta stranezza

legga

si

(«)

essere sacerdote

nemmeno

di lui,

sesto dito,

è perciò che ne" disegni

del dito nè della

mostruosa

il

non

pollice per

l'ultimo ritocco del

dolore del padre Gallarati anche

Tommaso; ed

il

comprendendovi

,

meno che mediocri,

sono

,

e

ho

que" disegni ne' quali

che fece

qttello

ritocco del Bellotti e quello

il

tutti

il

provano

prima

Gallarati

la pratica dell'arte

giudizio dell'artefice. Osservando poi attentamente da vicino

dipinto,

il

visto

della sua

si

parlai scorge

sotto alle lordure de' ritocchi qtialche antica crosta di color di carne, in tale an-

damento che indica ancora abbastanza chiaramente male senza la quale , come ognuno può osservare

una mano

esser ivi stata si

,

sarebbe potuto render

conto del posto occupato dalla figura seguente. Un'altra prova finalmente dell'esi-

mano

stenza di cjuesta sei dita,

ancora

si

può vedere

e della in

sciocchezza di fare di due mani una

una copia o

esiste nell' antico refettorio del

In essa

la

dir

si

convento di san Vincenzo di questa

lunghezza del muro è maggiore

di quella

che convenisse

posizione, avuto riguardo alla grandezza delle figure: quindi partito di sviluppare e di dare visibili

per intiero

una all' altra. Perciò sono sovrapposte Maggiore e del quale non si vede che l'

,

tutto intero e

cjui

dalla

mano

Che

le

figure

il

maschera e

dopo Giacomo

dietro

quella

di

Giacomo

se in qualche copia, specialmente

il

giudizio

gli

e scancellata

barbaramente dal

altra.

moderna, arbitrj

rpiesta

ordinarj

a qual

figura

appartenga.

mano non

si

de' copisti

e per la

La qual sospensione

prodotta dalla incertezza di un' attitudine o da cpialche locato e di vi essendo

il

scorge

si

,

,

trova,

posizione di essa, che, sebbene naturale, genera imbarazzo e sospende un

mento

il

nell' originale

dhe mani

le

città.

com-

alla

pittore prese

che

apostolo che viene

la

barbaramente deformarne un'

non deve recare meraviglia e per

ciò

l'

di

precisamente nell'atto che un artefice pratico potea desumere

collocata

Bellotti per più

mano

voglia imitazione del Cenacolo che

non evidente pertinenza, debbe

membro

di

stranamente col-

a tutto potere fuggirsi dal pittore;

cosa che più prontamente distrugga

l'

effetto

mo-

giudizio,

non

morale della pittura

i dubbj che insorgono sulla conformazione fisica delle figure rappresentate. perdoni se, parlando di tant'uomo qual era Leonardo, oso dire che in questa

quanto

Mi

si

minuzia non fu eguale

a sè stesso, e

non merita, come

in tutto

il

resto, d'es-

sere imitato; merita bensì d'essere scusato per l'obbligo che avea di render conto

non

solo del posto occupato dalla sua figura,

ma

della sua espressione

,

e quel


che non meno importava della sua ponderazione della quale fu sempre Leonardo accuratissimo osservatore. Aggiungasi a sua discolpa che in una scena di tumulto e di disordine di affetti, cfuale è quella eh' ei prese a rappresentare, nella ,

,

moltiplicità de gruppi e nella varietà delle

mosse è impossibile che le parti tutte possano combinare in mostra chiara ed evidente ed il pittore è bensi costretto a renderne conto ma non debbe ad una vana dimostrazione di

una

di

figura

si

;

,

parti sacrificare

Abbiamo

l'

del tutto e specialmente

effetto

non

intanto osservato di sopra

ciò che spetta

fichi la denominazione del Pino e del Gallarati. Vediamo cheduna per giustificare quella dell' iscrizione.

A

sangue.

ulivi testimonj

queste prove

di

ordinar], e perchè privarli di

tima cena? Sappiamo per ;

il

un

non l'ebbe, perchè

ad interrogare Giovanni intorno

Abbiamo

uno

inoltre

due

cjuesti

li

dinota

il

vangelo

,

assidua

,

aln-o alla sua sinistra.

di

poco giudizioso ,

il

e

denominazione

il

e2;li

è

narra ch'ei

ci

volse

si

argomento delle

secondo Girolamo

,

ai

fianchi

della

,

madre

distinzioni

che Cristo

grandezza e costanza irremovibile (.»),

si

acquistarono

Siamo anche

dal desiderio di Cristo,

il

titolo,

accertati dell' abi-

che

non temè

la

buona loro

di manifestare,

Dopo

pittore

alla sua destra e queste osservazioni parmi che sarebbe da tacciarsi

che collocasse questo apostolo altrove che ai fianchi che il dargli un tal posto possa servire a farlo

anzi

esso riconoscibile per altro parricolar distintivo. positivo testimonio di antico

al

suo tempo

si

d' altra

specie nel

E

seb-

autore intorno a questa

Lomazzo

,

pel quale è facile

tenea che questa figura rappresentasse

il

fra-

di Giovanni. Egli ci avvisa che allorché

nardo che

lasciasse

parer Cristo presso

che

lato

ma

,

ciò che non avrebbe potendo di ciò interrogare Cristo me-

di fig,U del tuono.

ne abbiamo uno

,

congetturare che tello

,

speciale

compagna

mi sembra riconoscere, non essendo bene non abbiamo alcun di Cristo

dall' altro

anche in cielo collocati su due troni, l'uno

di vederli, cioè, 1"

vangelo

il

prediletti discepoli nella

tudine di Cristo di averli sempre

madre Salome

al fratello

agli oscuri detri di Cristo,

ne dovuto

,

della lor fede, per la C[uale virtiì

con cui

onore all'occasione sacra e solenne dell'ulche Giovanni gli era vicino da un

solo Pietro poteva aspirare a quest' onore

potuto fare in quel luogo desimo.

e se soleva averli vicini ne' conviti

?

altra parte dalla storia

Il

?

dimostrare che

concedea a

tal

di

e gli

,

perchè non avrebbe egli

confidenza

quale ragione non avrebbe conceduto

e per

posto corrispondente facile

figliuoli

sue angosce e delle sue lagrime

delle

speciale

aggiunto quella di averli vicini a inensa

lato

due

i

Li fece degni di vederlo segretamente trasfigurato sul Tabor

ebbe seco all'Orto degli di

espressione.

ve ne fosse qual-

se

aveva di preferenza compagni nelle sue spedizioni

Cristo

Zebedeo.

all'

ragione alcuna che giusti-

vi essere

le figure

de'

pur Cristo imperfetto gli apostoli

,

Bernardo Zenale consigliò a Leoperchè non sarebbe riuscito a farlo

che avea dipinti, non mette

due Giacomi. Egli è evidente per

tal

al

confronto di Cristo

paragone che queste due


ioa

figure

doveano avere qualche riscontro che

a Cristo;

di somiglianza alla testa

se fosse stato altrimenti,

il

si

suol dare

testa

di Cristo

che

perfezionamento della

non avrebbe avuto alcuno impedimento dalla perfezione delle teste de' due indicati apostoli. Ed in fatti la testa di Giacomo il minore rassomiglia notabilmente al Salvatore, come indicammo di sopra, e di tutte le altre undici teste non ve n' è

una

che abbia carattere che a

sola

che ora descriviamo^

dell'apostolo

per capellatura e per il

note,

altre

potrebbe anch'

vestimento,

ove Cristo non

egli

("),

Calvario

al

del

Lomazzo,

Da

che

si

che andarono

e

da un disegno originale di

tratta

somiglia evidentemente

errati

ridimeuto, e deformandola con

coloro che copiando questa

tali

maggior

figlio del

apostolo di

testa la carica-

di dolor fisico

nella

che d'inor-

bocca e negli

osservato,

da

ocelli

somiglianza col Redentore. Dal

fin

qui

Leonardo

solca

se-

mi pare non

si

dulsbio che in questa figura sia stato da lui rappresentato

il

fin

muover

])iù

la

come abjjiamo

detto e dalla sagacità colla quale,

possa

esagerazioni

forma umana, non che

guire e indagare

ali"

scorge più chiaramente esser vero quanto citammo

rono stravagantemente, dandole piuttosto espressione torle quasi la

generale, nelle forme

testa, nella distriljuzione delle parti in

del naso e delle lablira e in altre parti cui qui ragioniamo.

e

Cristo

,

Cristo strascinato

qual

la

parer

Per ultima prova della relazione che può passare tra la del maggiore de" Giacomi piacemi unire qui incisa

fosse.

testa di

per età,

l'espressione

diversificata

testa del Salvatore e cjuella

una bella Leonardo

avvicini, tranne c|uella

minor Giacomo,

pari del

al

si

per nobiltà di colore,

ne venisse

se

,

di Cristo

cjiiel

quale,

il

dove

l'arte

il

permette, le sacre tradizioni

,

tuono con espressione convenienlissima a quel carattere che

senza offendere la storia, anzi seguendone

traccia, poteva venirgli attribuito

la

dalla pittorica invenzione.

TOMMASO. Mentre

l'

aprendo

antecedente

apostolo

le

ed oscurando

braccia

le

ciglia

all'annunzio del tradimento ritraggesi compreso d'orrore nell'attitudine che ab-

biamo

descritta

,

Tommaso

cosi più presso al

qualsisia

il

passandogli col petto dietro

Maestro, alza

dito della

il

mano

traditore e di giurarne vendetta. Colla sinistra

gamente ragionato nello scorso articolo prendere un coltello con atto conforme che accendeva

C[uesto

deliberato

,

tiensi

ancora

alla forte

(").

Ivi al

giorni

i

alla

casa

di Lazzaro

,

offrendosi

Giudei cercavanlo per lapidarlo.

,

alla

della quale

si

è lun-

mensa ed accenna

,

e del quale al)biamo

capo undecime

giatore de' pericoli e della morte, far coraggio agli in Betania

e recandosi

,

di

espressione dello zelo animoso

seguace di Cristo

testimonio nel vangelo di Giovanni

spalle

le

destra in atto di minacciare

altri

di perire

onde con

Soli Pietro e

il

scortare

lui

,

un

veggiamo spreil

Maestro

perché in

Tommaso

,

cjue'

nella storia




,

evangelica,

Leonardo

diedero prove di coraggio intraprendente,

e questi

due

soli

fece

azione e movimento che esprime minaccia e brama di vendetta per opera propria. Il dare ad altri che a questi una espressione consimile non in

avrebbe avuto appoggio alcuno di sacra autorità. Gli stessi figli del tuono Giacomo e Giovanni, allorché volevansi vendicare delF inospitalità de Samaritani

non

fecero già azione alcuna di risentimento

terrogandolo se doveano invocare sopra

essi

ma

,

soltanto volsersi a Cristo in-

fuoco del

il

cielo.

Se ciò che abbiamo qui detto giova a provare che questa ìfigura rappresenta assai congniamente 1" apostolo Tommaso, si renderà sempre più sicura la denominazione dell'apostolo antecedente che gli avea usurpato il suo nome. È poi probabile che tale usurpazione sia avvenuta per isbaglio di tradizione cagionato dalla prossima collocazione del vero Tommaso perchè gli antichi ,

dimostratori del Cenacolo che lo avranno diclu'arato da principio secondo la mente dell' autore , a poco a poco costretti ad additare oggetti lontani, avranno :

tura scambiati questi

è per metà coperta

venner dopo

1" ,

per avvenche l'una testa sarà impresso nelle menti di qua' che

due apostoli che sono tanto dall' altra

e cosi

;

errore che qni

si

si

fra loro vicini

è combattuto.

FILIPPO. Anche

di Filippo

poco

ci

narra

contrassegno nella nostra pittura.

il vangelo e poco le leggende onde averne Troppo debole argomento per riconoscerlo

sarebbe F età sua giovenile che risponde abbastanza all' epoca assai tarda in che crede avvenuta la sua morte. Non ho pertanto altro appoggio per riconoscerlo che la tanto ripetuta iscrizione.

si

Prima ch'io descriva

l'atto

con cui r Epico tedesco zione della Messiade di

di questo

apostolo, piacemi trascrivere un passo

lo caratterizza. I versi

Giacomo Zigno

che

cito

e posti in bocca

sono all'

tratti

cosi distingue dagli altri l'apostolo confidato alla sua custodia.

L' affabile

Mortai che

e tranquillo

seco loro ivi tu scemi,-

Egli è Filippo: io su lui

CU Di

veglio. Sempre mito lampeggiare un riso benefico amore a prò dell' uomo ;

scorgi in

Nè 7

suo celeste cor altra conosce

Voglia più Come

viva che d'

fratel chiunque

Ad immagine Più

sua.

amar

fedele

ha Dio

dalla tradu-

angelo Libaniele che

creato

L' alto Fattore

che mei dolci d eloquenza i fiumi Nella sua bocca ha posti, e dal suo labbro


,

104

Colano in copia

Qual

dall'

soavi note

le

Ermon

le

rugiadose

Al raggio mattutin , o

Le Su cpale tere

autorità

stille

dall' ulivo

odorose a spirar fuggevoli aure.

appoggiasse questo poeta onde dare a Filippo un carataggiungendogli la gloria dell' eloquenza , ornamento

si

dolce ed amoroso

si

,

proprio degli animi teneri ed inclinati

amore non mi è riuscito di trovarlo. A buon conto anche Leonardo si convenne con lui anzi il prevenne in dare al suo Filippo un carattere precisamente conforme al descritto e qualunque sia l'autorità che ispirò il pittore e il poeta, non poteano andare meglio d'acall'

,

,

,

cordo in esprimerlo nelle circostanze rispettive e coi mezzi rispettivi delle due arti ("). Tra i caratteri delle altre figure di quest'opera non ve n'era ancora

un

solo totalmente

amoroso che suggerisse

del protestare fedeltà, dell'offerire

animi

Che

conveniente.

sia

il

pure

se

fra

i

l'espressione finora intatta

all'artista

cuore e

la vitaj

caratteri

o simile altra che a

tanto

si

fatti

da Leonardo

qui

fin

uno

se ne riconosce di tal tempra , egli era quel di Giovanni , al quale da particolare circostanza era qui impedito uno sviluppo analogo alla sua natura. In fatd rivolgendosi Giovanni a Pietro che l'interroga con instanza, variati

per

altro

non poteva

allo

stesso

tempo

proteste di fedeltà e d' amore.

rivolgersi a Cristo

in

Dunque sebbene un

che a

convenisse., avrebbe potuto adattarsi benissimo a Giovanni

diede, perchè potè dargliene uno più confacente

che esprimesse

attitudine

atto

,

fatd sentir.ienti

si

il

pittore

non

gliel

suo scopo e nello stesso

al

tempo appoggiato alla storia serbando tuttavia nella sua fisionomia l' impronta d'un animo profondamente commosso, ma tenero, mansueto e dolcissimo. Rimanendogli cosi libero l'uso di un'espressione affettuosa senza alcuna mistura ,

d'ira o di vendetta, a ninno meglio

si

confaceva che

al

giovane Filippo. Ciò

si

palesa ben chiaramente nella sua attitudine. Contristato egli improvvisamente nel sendrsi annunziare vicina la perdita dell'adorato precettore,

doveva accadere per tradimento

d'

uno degli

eletd

la sua fedeltà e la costanza della sua amicizia. al petto

,

quasi volesse con

suo cuore lui.

;

tal

atto

o pure per esprimere

,

Egli

udendo ch'essa

pone entrambe

si

attestare la propria la

e

sorge per protestare a Cristo

innocenza e

sua prontezza a dar

l'

le

mani

purità del

anima propria per

Li questo secondo senso anzi più strettamente intendevasi un

almeno una

la

tal

gesto dagli

anime risedere nel cuore ("'); ed anche adesso, quantunque si creda diversamente, poniamo naturalmente la mano al petto per esprimere l' anima nostra nelle promesse e ne' giuramenti.

antichi che credevano l'anima o

Il Gallarati

sia in

atto

Sebbene ribili

,

sogna che cjuesto apostolo, da

di lacerare

quest' atto

oltreché

si

non

con una delle mani

delle

lui

le

creduto

Giacomo

costumasse dagli Ebrei in casi dolorosi è naturale

che ad esso

il

Maggiore,

vesd per dimostrazione di dolore.

s'

,

disperati

od or-

impieghi una sola delle inani


io5

non

è qui certamente rappresentato; chè

collo

quando

fosse,

il

male

si

accorderebbe

sguardo affettuoso che questo apostolo rivolge al Salvatore, e col resto che esclude ogni contrassegno di quell'entusiastico furore che spingeva

dell'atto

A cptesto errore del Gallarati circa questo apomotivo l'aggruppamento del paUio artificiosamente combinato a dimoprontezza e momentaneità dell" attitudine alla quale improvvisamente egli

gli antichi a simili dimostrazioni.

stolo die

,

strare la

compone

si

profilo, e

,

appena udita

scorta delle copie

Richardson

il

al

si

profezia di Cristo.

scorge nella ruina

dell'

la

Il

La sua

,

mezzo

a

il

)

per la

e per ciò che ne scrisse

colore del pallio è di

tunica a maniche ricche di pieghe,

un fermagho

è quasi di

testa

più che da altro

(

originale

principio dello scorso secolo.

volgare: azzurra è tenuto da

la terribile

doveva essere espressivissima per quanto

ma

strette.

un rosso

Il pallio

è

petto e scende ricco fino ai piedi.

MATTEO. Molti si sono accordati a chiamar Matteo questo apostolo non so se per la risoluzione dell' atto o per la niighore coltura dell'abito e de' capelli o, in fine, , per la meglio conservata tradizione dell' intenzion dell'autore. Il Pino, il ,

Gal-

larati e

il

demmo

al

Giornale di principio

,

Roma

danno un

gli

dalla nostra iscrizione.

nome, confermatogli, come veEgli è in atto di volgersi ai due

tal

ultimi commensali

che appajono immersi nella costernazione e nell'ansietà del dubbio inquieto e del sospetto e pare che stia confermando loro la fatale predizione che da Cristo udi pronunciarsi. Mentre però a quelli si volge col ;

viso

che

vede di profilo, a Cristo tiene rivolte entrambe le mani, e mostra chiaramente di che ragiona. Con un tal movimento il sagace pitlore, oltre si

la viva-

cità della

con

pronta espressione

artificiosissimo

cipale,

ottenne di legare

,

avvedimento

men

gruppo mirabilmente

,

e salvò

direzione di questa figura all'oggetto prin-

la

quantunque da esso rivolga

Vario da ogni altro, non

il

la testa (m).

che l'atto, è

il partito del panneggiamento. Egli ha una tunica celeste chiaretta, tendente al color di cenere; ed il pallio è azzurro con fodera di una tinta tendente al giallo alquanto

sparuto.

della tunica è ricca in alto

giù

,

e

,

legata verso la piegatura del braccio

La manica

,

d' indi

in

va restringendo sull'andare di quella che abbiamo descritta parlando dell'apostolo Bartolommeo. Scorgesi nel complesso di questa figura un carattere più colto che non è nelle altre, e si riconosce d'una condizione si

superiore alla

pescatoria o alle altre umili professioni apostohche.

abbiamo un gran vóto nella all'

arte della pittura.

storia,

almeno

Anche

in quelle cose

circa questo apostolo

che possono servire


,

TADDEO. 1 soprannomi e gli epiteti perpetui usati dai poeti o riportati dagT istorici onde distinguere personaggi che la storia o la poesia prende a descrivere non debbono essere trascurati dal pittore, siccome quelli che servono a rendere i

personaggi più chiaramente conosciuti, e che non di rado esprimono cose

tali

con vantaggio per

La ragione per

imitabili dall'arte del disegno.

più sono opportuni

lo

citi

simili aggiunti

rappresentazione, nasce dall'officio co-

alla pittorica

mune

dell'arte dello scrivere e del dipingere, di rappresentare, cioè, e quasi

porre

sott'

sembra che allorcjuando sua ottiene

il

tivi dell' arte

io

stesso

vocabolo lo

come

cosi,

e

scriveie

quando

e

,

,

Greci avean disegnare

(«s)

,

questi a vicenda potrà esprimere colle pa-

pittore esprime col disegno, ciascheduno, dentro

propria

i

il

pittore coli' arte propria giungerà a fare ciò che dalla

il

descrittore

il

role quanto

Se però

E

occhio le imagini descritte o imitate.

costume di esprimere con uno

otterrà

non dubito

,

mi dilungo alquanto

dietro

effetto

,

grande

i

e gloria

limiti rispet-

non

volgare.

avvertenze, non sarà, credo, tempo

tali

perduto e per l'opera ch'esaminiamo, e per l'arte di cui è

figlia

quest'opera,

metodo con cui 1" autore la condusse. Or Giuda, or Lebbeo or Taddeo -\'enue chiamato l'apostolo del quale qui ragiona, e fu grecamente cognominato Zclote (««) per 1' ardore del suo zelo

e per più addentro conoscere

il

,

si

verso

il

divino Maestro, distinzione ch'egli ebbe

che ultimo

gli

gli etimologisti si

zione non terzo

venne

Di

distinto.

mancano

nome

Tommaso che suona

stato

questi

comune col suo fratello Simone cognome di Lebbeo, secondo da fiamma, la rjual derivazione

o forse

soprannome da citi per la indicata virtù nomi di due lingue e di analoga significa-

escmpj nella storia apostolica

altri

primitivo

come vediamo

,

Cosi, se credesi ad Eusebio di

nome

dotti nella lingua ebraica, deriva

accorderebbe in parte col greco

dello zelo

un

siede vicino. 11 suo

Ui)

,

anche

Tommaso

fanno spesso supporre

e

non che

chiamossi Giuda, ed

come Didimo

lingua ebraica

in

,

in questo apostolo

nella

greca

,

in il

gli

altri.

nome sarà

aggiunto onde distinguerlo da Giuda Taddeo e da Giuda Iscariote. Pari-

mente Simone venne chiamato Cananeo che secondo alcuni suona come in greco Zelote, acciocché si distinguesse da Simone fratello di Andrea, il cpialc, ond' essere a vicenda distinto, chiamavasi Pietro e talora anche Cefiis e Bariona.

r un Giacomo chiamavasi fra loro distinti dai

il

nomi

Allorquando pertanto

Giusto e F altro

il

se

Cosi

non venivano

soprannomi non hanno veruna relazione a quelle può esprimere, sicno fisiche, sieno inorali il

non debbo tenerne conto

paese natio di Giuda

mono,

paterni.

cjuesti

personali qualità che la pittura pittore

Figlio del

il

alcuno.

traditore, e se

poco lume e soccorso avranne

la pittura.

Così se Iscariote

Tommetso indica

Ma

il

indica la tribù o

eli ci

il

nacque gemello,

contrario avverrà allorché cpesti


,

107

aggiunti porteranno indizio

di

come

,

che divei

qualità

tali

spessissimo

Zelori e

gambe

rappresentare Achille con

Omero

da

,

Giacomo il Giusto, o in attitudine fredcome egualmente lo sarebbe il

Figli del tuono

i

usati

F espressione il costume o la forma Quindi sarebbe errore pittorico il rappre-

sentare in attitudine esagerata e furibonda gli

quelli

sificliino

della persona che per essi è distinta.

da ed indiiferente

osserva in

si

:

tarde e pesanti

,

o

dipingere con braccia

il

Ijrune e con occhi piccioli Giunone.

Leonardo lento meditatore ed indagatore acutissimo

di tutto ciò

che poteva

renderlo più inteso de' caratteri delle persone che aveva prefisso di rappresentare^

non ha certamente uomini

dotti

soprannomi

minima

di

apostolici.

sia

,

materie

La cura

d"

,

ch'ei

per mezzo informarsi si

piti

tutti

gli

autendca e piena di quella che

lume

recargli cpialche

la

,

sia col

significato

soccorso degli

nomi

de' molti

di cercar notizia di ogni

argomenti delle sue opere,

che parlarono di lui; e

scrittori

vano cpianto attentamente

de" hbri

del

prendeva

particolarità che avesse relazione agli

confermata da fede

trascurato

simili

storia

le

opere sue

e

benché ci

viene

con

stesse,

abbia diritto di ottenere

,

pro-

considerasse le più minute circostanze che poteano

ei

sui veri

costumi e sulle forme de' suoi personaggi, o pure ove mancasse l'autorità storica. Con sì fatti

servir di guida alla sua invenzione

sublime a un tempo ed acutissimo ingegno dare tanta verità ed

studj potè cpiesto

individualità di espressione e di carattere così a ciò che direttamente ritraeva dal

naturale,

come

alle imitazioni di cui la natura non presenta alcun tipo proprio Però l'analizzare minutamente tutto ciò che a questa sua principale opera appartiene, non dovrebbe, a mio parere, recar tedio a coloro che intendono

e diretto.

ed amano

le

cose pittoriche

tanto più che le

;

scopo ciò che riguarda l'imitazione degli sione fu sempre da Leonardo considerata

mie ricerche hanno per principale e delle passioni, la cui espres-

affetti

come

la

prima e vera gloria del disegno.

Tornando or dunque al nostro apostolo che sulla fede della ho chiamato Giuda Taddeo, giova avvertire alcune cose che si sua parentela e che potrebbero fare ostacolo

all'

solita iscrizione

riferiscono

alla

adottata denominazione.

Nelle antiche leggende e non senza gravi autorità chiamansi fratelli di lui il Cananeo e Giacomo il Minore. Ora, accettando senza riserva questa fra-

Simone ternità,

si

può osservare che

di somiglianza

luogo quale

,

,

,

notare che vi è tra

sebbene

tra

Minor Giacomo

il

e lui

tranne la foggia nazarena de' capelli.

sia

possibde

essi ,

non

vi è riscontro

Potrebbesi

,

alcuno

secondo

in

una troppo considerabile differenza di età la è però ordinaria tra fratelli uterini né cer,

non

,

tamente sareblje da imitarsi in pittura se non cpando la storia espressamente lo esigesse, il che non sembra avvenire nel easo nostro. Si può aggiungere in fine

che

la

collocazione di questo apostolo,

sarebbe scelta con

cjuel giudizio di cui

tanto

lontano dall'uno de'

Leonardo

ripetè

fratelli,

non

prove solenni in ciascuna

delle figure di qtiest' opera. «4*


,

io8

Se pertanto queste difficoltà sieno tali da muover dubbio intorno alla denominazione di questa figura, o se per esse sia da rimproverare Leonardo di averla qui e non altrove collocata veggiamolo nelle seguenti osservazioni. ,

Primieramente, per rispondere all'argomento che ci oppone la dissimiglianza giova rammentare ciò che abbiamo visto di sopra, cioè che Giacomo il Minore rassomigliava a Cristo segnale

il

del bacio

perfettamente che Giuda

l'

Iscariote diede agli sgherri

acciocché non accadesse scambio

tra Cristo

e

lui.

E

se

somiglianza non fosse stata singolare ed unica e non l'avesse notabilmente distinto dai fratelli non se ne sarebbero fatte si alte meraviglie. E se i fratelli

tale

,

avessero somigliato a lui e quindi anch' essi a Cristo

non sarebbe stata consiGiacomo o vi sarebbe pur qualche memoria anche della loro siccome vi fu di quella di Giacomo la quale parve stravagante e notabilissima in una parentela indiretta. Da ciò si può congetturare che Giacomo, se pure fu fratello carnale di Taddeo e di Simone, poco nel volto li somigliasse, come da essi si allontanava nell'istituto della vita solitaria e nell'estremo rio-or derata

miracolosa

si

la

,

somiglianza di

,

del costume.

Ma come

siccome nel vangelo vengono chiamati indistintamente sorelle le cugine o cognate

fraternità,

;

contano

ma non

;

l'altro di

Alfeo

bilmente

fratello

,

l'ultimo

e Simone

di

un Simone

ma come

pure fossero

fratelli fra

menzione

fa

erano mogli

si

scrittori

l'

,

al pari di

;

fratelli di

Cristo,

potrà verificare se loro

come erano

fratello di

poiché

figliuolo di

gli

tre se ne Zebedeo ,

e proba-

,

succedette nel ve-

questo da taluni non

questi

fratelli di

si pone tra gli Giacomo, Giusejjpe Giuda avessero, genitori comuni o ,

Cristo

delle sorelle di Cristo senza nominarle; ,

uno

diverso dal Cananeo che

vangelo di Marco dice

;

chiama

forse di Cleofa, cugino anch' esso di Cristo

scovado di Gerusalemme, e che Il

si

indica già di quale de' Giacomi egli intenda

secondo molti antichi e moderni

,

apostoli.

cugini,

i

,

Egli è ben vero che Taddeo nella sua epistola cattolica

Giacomo

fratelli

poco chiaramente apparendo la vera verrebbero a cadere, come la prima, anche le altre opposizioni. così

?

Lo

si

può giudicare

stesso evangelista

cugine o sorelle carnali de' quattro nominati discepoli.

parentado con Elisabetta e Zaccaria genitori del

Batista.

s'esse

Cresce

Non mancano

il

sorelle

Maria come a Giuseppe suo sposo, diverso naturalmente dal nomiDopo ciò ognun vede quanto sarebbe facile l'accordare quelle cuginanze che più accomodassero senza costringere a fraternità carnale.

e

a

fi-atelli si

nato fratello di Cristo.

Anche dice che fu della

intorno a Simone vi sono i

fratelli

tribiì di

non poche

ed imbarazzi. Teodoreto Giuda, e che Simone l'apostolo Beda credè da prima che quel Simone difficoltà

di Cristo erano della tribù di

Zàbulon o di

Neftali.

che dopo Giacomo fu vescovo di Gerusalemme di tal

ed

nome

altri.

Il

;

indi cangiò parere e

Klopstock

,

non

si

ritrattò.

Lo

,

fosse lo stesso che stesso fecero Isidoro

saprei dire su quale

autorità

,

lo fa

l'

apostolo

,

Eusebio

parente di


109

Giuda riscanote, se non è forse perchè questi vien cliiamato Giuda cU Simone. Per altra parte Simone l'apostolo fu, secondo

nella Scrittura

altri, uno de' pastori che alla nascita di Cristo furono avvertiti dagli angeli del luogo ove il Messia era venuto alla luce dunque si vegga di quanto dovea precedere in età a :

Giacomo il Minore, il quale non avrebbe altrimenti tanto somigliato a Cristo anche dopo la sua morte se non fosse stato o più giovane o almeno di pari età con esso lui. Anche il Sandini, che più chiaramente degli altri espose quanto potè raccogliere dai migliori autori intorno alle cose apostoliche afferma che soltanto de" fratelli di Cristo furono apostoli, cioè Giuda Taddeo e Giacomo; ,

due

qual cosa se fosse stata creduta da Leonardo , non sarebbe da lodare la posizione delle due figure che rappresentano questi apostoli, non atta ad esprimere la confidenziale amicizia di cui negli animi virtuosi è occasione la fraternità. la

,

Per

le quali cose tutte parrebbe più probabile che questi fratelli non fossero d'uno stesso padi'e, come diventa assai verisimile che fossero soltanto fratelH cugini, comechè chiamati sempre indistintamente fratelli nel vangelo, costume figli

Taddeo

seguito fors" anche da stiasi

cosa,

la

egli

è

bene

Ma comunque nel vero che anche presentemente chiunque si

nella citata sua epistola.

di osservare

volesse prendere la briga di porre in chiaro queste apostoliche parentele,

ne uscirebbe con onore, tanto è

folta l'antica oscurità di

queste materie.

non

E

se in tanta luce di critica qual è quella che nel nostro secolo risplende, e dopo i concilj che hanno tolto alla lettura de' fedeli un gran numero di libri apocrifi,

è ancora

tenebroso

si

argomenti

il

cammino che

si

quanto più lo doveva essere

onde scoprire

batte all'

la verità in questi

epoca di Leonardo

nella cpiale la , scienza, forse maggiore in alcuni, era poco suddivisa per potere in queste parti progredire, e mancava, specialmente nelle materie storiche , tradizionali ed anti,

quarie, di quella accurata critica della quale noi, deboli nel resto, assai opportunamente ci vantiamo.

Dopo e sopra

il

fin

qui detto, a giudicare e sopra

quanto nelle

credesse che

il

altre

figure

ha

la

provata diligenza di Leonardo

osservato

io sono di parere eh' ci suo Giacomo non fosse carnai fratello di Taddeo, ma beasi che

questi fosse fratello di

Simone

egli

che per

lo Zelote,

,

tal

ragione collocògli vicino. In

questo caso sarebbe giustificata la distanza del posto,

la dissimiglianza delle fattezze

e la diversità notabile della età che osservammo passare tra

Che

se si vuol credere ch'egli stesse

anche

Giacomo

e Taddeo.

in ciò all'autorità delle

leggende Malermi, che danno tre figli ad Alfeo ed a Maria figliuola di Cleofa, tutti apostoli, e sono Giacomo il Giusto e i due Zeloti, sebbene ninno di questi due venga mai chiamato figlio d' Alfeo nella Scrittura, allora crederei si potessero tradotte dal

accomodare l'esposte Per

ciò

che spetta

difficoltà nel alla

modo

fisionomia

,

in

seguente.

che Giacomo discorda dai fratelli si al suo somigliare a Cristo. Per ,

risponde con quanto già

si

è

detto

intorno


,,

I

IO

quanto concerne

differenza della età^ dovendosi dare a

la

o almen giovanile

nell'

anno

nascita di Cristo

della

Simone una

età virile

quindi quattro o cinque

,

pili di Giacomo è chiaro eli era in arbitrio del pittore di porre il fraTaddeo dentro 1" età di que' due in quel luogo che piiì convenivagli e considerati gli Zeloti compagni sempre ne' viaggi nell' evangelica predicazione e nel mardrio, non li volle di molto diversi di età, come, seguendo la tradizione

lustri

,

tello

,

,

e

i

soprannomi loro,

tere rigido,

due maggiori

fratelli

Trattato ripetuta

turalmente

li

si

visto,

il

l'

avvicinano

come

,

dispari

le

in

queste cose

la distanza alla

fanno

il

fratelli

,

dominante di Filippo, chiamava nel comun turbamento questo proteste ed ai giuramenti di fedeltà, l'amore unito allo zelo che

carattere

carattere di

Taddeo, dimandavano

l'inquietudine, la costernazione,

cerbato

all'udire

espressione per

1'

una espressione che annunziasse onde f animo suo doveva essere esa-

in lui

sospetto

il

prossima per tradimento

appunto

cendolo volgere alquanto

la

ruina dell'amico.

Ed

in c[uesta

Leonardo di rappresentarlo mirabilmente,

riusci a

fa-

vicino fratello, e col cenno della destra e col posare

al

della sinistra e col girare degli occhi in direzione diversa da quella

e coir r.bbassare gli angoli delle labbra al

contrario

quale fu posto dai

tempo di descrivere il carattere e 1' atto di cjuesto Zelote. amore il più intenso ed affettuoso che costituisce come abbiamo

apostolo alle il

carat-

il

da quello dei

è ormai

Mentre

fa

tanto differente

l' osservazione a Leonardo ben nota e nel suo persone di età e di costumi conformi volentieri na-

le

parmi sufficientemente scusata anche il minor figlio d'Alfeo.

Ma

Giacomo

di

e sopra

,

che

,

fece simili di carattere. Finalmente, considerato

aasterissimo

solitario,

,

diègli

un

atto

si

nuovo

e

della testa

si

conforme

suo scopo che a niun' altra cede questa figura in esprimere quanto sente, e

in far sentire e pensare

quanto esprime,

raddoppiassero sopra di essa

fatali

Lunga

^

barba

la

allo

spettatore.

ruina del tempo, pari

la e

cadeva al petto doppia

([uai

al

i

ritocchi

Catone di Dante,

di pel bianco mista

Portava ai suoi capelli somigliante

De'

Prima che

,

lista.

Ora quasi nessun tratto vi si scorge che si possa credere originale quantunque non sia giunto fino ad essa il pennello del Mazza. Ciò non ostante tanto ,

era

e tale

il

vigore dell'espressione in questa figura^ che forse

perdette nelle copie più autorevoli, /

r attenzione altre

di

chi

osserva

,

delle altre

me

segno per

evidente che in essa più che nelle

serbossi lo spirito del sublime autore.

Dopo

le riflessioni

stolo e nel vicino

due

1"

meno

più d'altre molte f ho veduta fermare

e

fatte

intorno

Simone imitò

zelanti seguaci di Cristo

,

il

sarà

alla

cura con cui Leonardo e

carattere ond'

bene

il

ebbero

il

in cjuesto

nuovo nome

apo-

questi

volgere lo sguardo dalf altro lato al

posto che risponde all'occupato qui da Taddeo per osservarvi

Giacomo

il

Giusto,


I

sia

o non sia per Leonardo fratello degli Zeloti. Egli

già notato, è assai

meno

turbato degli

secondo

,

perchè

tutti,

altri

principio di

il

virtù della giustizia

la

ond'ei prese

il soprannome, si accorda assai bene con un animo imperturbabile; e l'abbiamo in oltre osservato in atto d'interrogare, diversamente dall'iracondo Pietro, senza minaccia o alterazione considerabile, con eguale armonia alla sua

principale virtù. In

animi suscettivi di pronta perturbazione sono sovente

gli

fatti

dunque rpicsta istantanea buono non debbesi

in pericolo di ledere la giustizia:

tunque

sia

spesso indizio di carattere

,

nelle persone in cui la giustizia sia la primaria e caratteristica virtù

meglio d'assai

si

opportunamente

conviene

esempj

imitare

Di questo pericolo che

dall'atto dell'interrogare.

la giustizia sia

anche onesta, ce ne somministra due

evangelica, l'uno in Pietro che, sebben ottimo,

la storia

quale

alla

,

pacato desiderio della conoscenza delle cose, espresso

il

lesa dalla troppo vivace eccitabilità dell'ira

chiari

quan-

irritabilità,

dal pittore

avvilì

si

stranamente fino a rinnegar Cristo, l'altro negli energici figli di Zebedeo che, contro i principi del loro istitutore e dell'umanità, volevano invocare il fuoco celeste sui Samaritani che rifiutaronsi di riceverli ad ospizio.

Queste morali osservazioni non debbouo-parere troppo acutamente intorno a crederà favolosa tefici

se

la

cose

tai

E

speculasse Leonardo.

perfezione

chi

quale con argomenri

alla

a chi sa cpianto

sottili tali

aspirarono con successo, e di cui, sebbene le opere più famose

non

Agasia

descritte ne' ,

liljri

,

de' fratelli Rodiotti

abbiamo ,

di

esempj

sufficienti

Ghcone

nelle mirabili

Cleomene

di

,

giudicasse,

le

sottilissimi

e d'

i

greci ar-

non

esistano

sculture di

altri.

SIMONE. mi dispensa di Simone appartengono. Comunque

L'articolo antecedente stolo

intorno

ripetere in questo varie cose che all'apovarj

sieno

i

giudizj

degli storici e dei

Simone fratello di Giuda Taddeo, parrai cpii evidente aver Leonardo voluto fare due frateUi di questi due ultimi commensali. E come collocò vicini, sebben differenti di carattere, Pietro ed Andrea, c non critici

all'apostolato

di

divise che col Salvatore

i due Zelod non venissero disgiunti

dicazione e nel martirio,

di Zeljedeo

figli ,

ma che

eglino che il

sono

fin

non

,

era naturale

anche nelle leggende

Siede maestosamente questo apostolo nel luogo

occupa

veggano

dall' altro ,

lato

Bartolommeo

perchè poste di profilo

sembra dubitare

di aver

curioso e turbato, e

;

ai

sole

che anche

figure

due capi

i

due

solo furono indivisi nella pre-

di

tutta F

della

male udito, né trova chi

e nel calendario.

corrispondente a cjuello che

tra

opera che intere

mensa. i

si

Bartolommeo che

vicini l'informi, s'alza

sporge in avand sperando avere qualche spiegazione di ciò ch'eccitògli turbamento e stupore. Simone in vece, accertato da Matteo di cpiaiito asserì d Salvatore, rimane nelF angustiosa dubitazione sulla persona del si


,

112

traditore, e nella dolorosa credenza del vicino infortunio profetizzato dal Maestro. Entrambi questi affetti e di dubbio e di affanno sono ottimamente espressi in questa figura , consentaneamente a quel carattere infiammato di puro zelo che

come osservammo, di Cananeo.

ottennegli

I^a fronte

soprannome

il

calva aggiunge

apostolo che secondo le tradizioni era,

Ben gh

si

entrambe da

adatta

alla

le braccia, all'

e da

man

robusta veccliiaja di questo

come qui appare,

largo pallio che costretto a

il

sinistra rivolto

di Zelote, e nello stesso senso quello

maestà

mezzo

di tutti

il

più attempato.

petto, gli passa sopra

il

destra rientra a coprirgli le cosce e le

insù cuopre doppio

la spalla e

ricade

all'

gambe;

indietro con vaste

e ricche falde. Anche il sedile su cui siede Y apostolo rimane in gran parte coperto dal volume del panneggiamento. Leonardo raccomanda più d'una volta di vestir largamente i vecchi e con panni di moderati colori alla età e gravità loro convenienti. Il colore di questo pallio pende in giallo nelle parti illuminate ,

,

ed

m

rossiccio nelle

dt quel

tempo

ombrose,

tinta di cui

sono frequenti

e più ancora nel secolo seguente

gli

esempj ne' dipinti

in cui questi

moni

cangianti

portarono ad abusi ammanierati e bizzarri, e screditarono l'arte antica che li trattò con avvedimento e moderazione. La sua tmiica è bianca ed ha le maniche si

ricche e larghe,

Le mani

ma non

finalmente

quanto quelle del Salvatore e di Giacomo

non possono meglio accordarsi

il

Minore.

colf espressione delle altre

parti tutte di questa dignitosa figura.

Ecco dunque chiusa

Simone questa scena singolare

in

abbastanza ammirare Y ingegno

dell'

tanta varietà nelle forme, negli

in cui

non

si

può

autore in trovare ed autorizzare colla storia ne' moti e nelle passioni, e ciò tutto in

aiTetti,

argomento per sé sterile e monotono che non permette varietà di stature , nè di sesso , nè altri ajuti dell' arte. Se ricorriamo di nuovo con l'occhio i singoli attori di quest'opera, cominciamo ad osservare in Bartolommeo inquietudine perturbazione e curiosità di schiarimento intorno a ciò che pargli per avventura avere trainteso, e su di che vuol essere confermato da Cristo stesso e non da altri. Giacomo il Giusto più ,

pacatamente interroga quello raviglia e stupore

Giuda

tra'

che crede più atto ad informarlo.

vicini

comprendono Andrea.

stupefatto d'essere scoperto

Pietro

interroga

ricompone con

si

Giovanni dolente volgesi a Pietro che

l'

con

affettazione

ira

Me-

e minaccia.

ed impostura.

interroga , e lascia così maggior

campo

e trionfo alla figura principale. Cristo mansueto e grave mostra e c[uasi dissimula dolore profondo che nulla toglie alla sua bellezza, grandezza e maestà. Liorridisce Giacomo il Maggiore giura vendetta Tommaso protesta amore Filippo. ;

Matteo conferma dolente bita

i

detti del

;

Redentore; Lebbeo sospetta; Simone du-

(>9).

I segnali di queste morali situazioni,

si

naturali nella circostanza e

samente variate, non possono essere più evidenti negli

atti

e ne' volti:

si i

artificio-

moti non


ii3

possono essere né più pronti, né meglio a reciproco

forme

Ma

il

sono belle e

tutte in fine

scelte

pregio che, a mio parere, non

carattere impresso da

Leonardo

si

effetto posti in contrasto; le

per quanto simile argomento

può con

il

comporta.

lodi sufficienti erpiiparare, sta nel

in rpieste figure le quali nuli' altro fuor

mini galdei ed apostoli possono acconciamente rappresentare.

Ed

in ciò

che uo-

veramente

Leonardo pareggiò gli antichi e fu superiore ai primi luminari dell'arte risorta; perché Raffaello stesso ( non che altri, sehben grandi, dell'epoca posteriore) trascurando sovente cr improntare nelle figure questo carattere proprio ed individuo che ciascuna da ogni

dono con

altra distingue, fece talvolta degli apostoli

filosofi greci,

ed a vicenda de'

In prova della quale asserzione, lasciando

che

che possono passare

filosofi

confon-

si

p.er apostoli.

trasformazioni fatte da pittori

le

non

volgari delle sue Psichi in Maddalene, e di molte sue deità gentili in profeti e

che

sibille, voglio

nella qtiale

non

indótte per gli

parvero

basti

il

solo

esempio della per

,

stesso Vasari angeli

allo

altro mirabile scuola d'Atene,

ed Aristotile furono presi spesso da persone non apostoli Pietro e Paolo ma varie figure di giovani e di vecchi solo Platone

ed

evangelisti.

DEL LUOGO DELL AZ IONE. Di

grandissima dignità, dice Leonardo,

è

il

discorso de'

spesso e sottilmente ne ragioni nel suo Trattato, egli

ralmente, e più che per altro, serbate certe leggi

,

minare questa parte del quadro luogo dell'azione , pel quale la

tradizione

cipale

,

il

costume e

della sua storia.

osservare

il

per riguardo

possono arrecare

E

il

le

alle

al

rilievo

il

ed

,

,

sotto

c[uesto

jjunto il

di

giova

vista

qui

sjiecialmente

lettore per gli altri particolari a

la storia

recar meraviglia che

non

intorno agli augusti ci sien

giunte infor-

luogo in cui avvenne l'azione in esso quadro rappre-

Dagli evangehsti non si sa piti oltre se non che cena cogli apostoli in un gran triclinio che a tal uopo fn e da Giovanni in casa di un incognito loro amico. Questo Sion ed è ne vangeli replicatamente chiamato Coenaculum ,

,

non basta

giovamento che,

non solo debbe aver cura di seguire in quanto può circostanze accomodando il tutto all' oaa'Ctto nrin,

non dee

sentata.

ciò

al

pittore

,

mazioni chiare circa

ma sebbene

Noi abbiamo debito di esacome campo in generale ma come

quanto ne dirò ragionando della mia copia. Se tanto povera di notizie confusa e tenebrosa è cfuadro,

(i») ;

figure.

fondo del Cenacolo, rimettendo

attori del nostro

campi

considera soltanto gene-

li

a darci idea né della sua decorazione

Cristo fece

l'

ultima

preparato da Pietro

luogo era

sul

monte

grande stratum

;

ma

della sua forma. I teoioni

antiquarj attesero a lungo ad indagare a chi cjuesto cenacolo appartenesse, e poco del resto curandosi, niun soccorso prepararono alla pittura. Chi fosse curioso di

conoscere

le loro opinioni,

può leggerle nel Quaresmio

e

negh

autori eh' ei cita.


,

114

L'Adricotnio che compose una specie d'indice architettonico dell'antica Gerusalemme sotto r articolo Cosnaculum memora i fatti importanti ivi accaduti ,

ma

,

nulla dice della sua figura. Santo Brasca che pvtbblicò in Milano

Terra Santa, forse allorquando Leonardo

di

1481, nulla lasciò

non dicendolo

che

scritto

gli

disponeva

li

altri

mente

autori.

messero

L'Amico

nel suo

oscurità in cui ci lasciano

come

e dall'Amico,

pari-

Zuallardo, sono informi anzi ridicole, e quand'anche esprivero, sarebbero inutili al pittore. Vi si notano i luoghi dove si arrostì

il

D'

dove

mangiò, dove scese

lo Spirito Santo, dove mori la Vergine e cose sembra per molti storici che questo luogo venisse da prima un tempio edificato da sant' Elena; di poi fosse convertito in un consi

altra parte

rinchiuso in

vento; in appresso di nuovo in una chiesa giamenti, sebbene

non

suo Viaggio

le figure dello

l'agnello, simili.

il

suo lavoro, cioè nel

nostri frati minori.

non diminuisce le Le piante che abbiamo dal Quaresmio

Trattato degli edifizj di Terra Santa

^li

al

potesse servire, nè lo descrive altrimenti, se

suo tempo chiesia de

al

si

si

;

indi in

che un privato edifizio d'una

è probabile

resistesse alle ingiurie delle guerre e de' secoli

antico privato edifizio in tutta

Dopo

potè averc

Roma

parmi da credere che

ciò ela

ancor vigente

;

e

dopo

tanti

can-

,

città

qual

era

mentre non

,

vi è

Gerusalemme, orma di verun

maestra della solida architettura.

ad onta delle informazioni che Leonardo

Santo Brasca e ad onta delle altre relazioni de" pellegrinaggi

luoghi, nidla con tutto ciò per

al

scritte o verbali che l'uso Terra Santa poteva fornirgli intorno a quei

in

trovasse di abbastanza

sussidj

degno d'essere Quindi opino ch'egli siasi attenuto vangelo, col metodo che osservammo da lui praticato nelle parti

seguito per merito

semplicemente

un palazzo

volesse supporre religiosamente rispettata l'antica struttura,

tali

d'autorità o di

forma.

più importanti della sua composizione,

Dal vangelo pertanto sappiamo che contenere centoventi persone

mero ancora

i

il

primi cristiani vi

luogo era grande e che fu capace ài che in maggior nuadunassero in altre occasioni. Sappiamo in oltre il

di della Pentecoste, e semljra si

ch'era ornato, e pare appartenesse a persona facoltosa; in che gli antiquarj si accordano, come si accordano, ignoro su qual tradizione, iu asserire che non

colonne dalla qual cosa non dissentono le antiche icnografie e ne abbiam cenno nel Trattato del Lomazzo (j.). Su cpeste sole autorità appoggiò Leonardo l'invenzione del luogo della sua storia, e fece una gran sala ad angoli vi erano

retti

che

,

si

vede

,

sulla linea della sua

lunghezza

dare idea di una gran vastità in poco soffitta

a travicelli

ornamento. Sotto

spazio.

che incontrandosi formano

la soffitta

;

mezzo con Questa

sala

de' lacunari

girano due fasce d'architrave.

Le

cui

il

jiittorc

è coperta

quadrati

può

da una

senz' altro

pareti laterali sono

decorate di tappezzerie a grandi quadrati incassati alcjuanto in esse pareti, e veggonsene quattro da ogni lato. Fra l'uno e l'altro di questi quadrati sonvi certe aperture,

non

saprei

ben

dire se di porticine, di piccole finestre o di ripostigli.


Neil' originale queste vennero scancellate affatto

solo dalla parte luminosa del Indicherò altrove donde le lio e a qual uso probabilmente servissero secondo la mente dell'autore. Nel

quadro ne traspare ancora tratte

mezzo del fondo

bel

ornamento

per

,

vista del cielo

Le

la

sereno e delle montagne che

è distinto di fasce

lunghezza della

pavimento ove

e

i

riflessi

che concerne

CIÒ

che seguono

Tali

sala.

in rosso d' ocria

ombre

le

Per

di stipite, e

porta

tappezzerie sono ornate di rabeschi di

pavimento la

come per

,

;

fasce

non I il

,

si

un la

pendono

le pareti

:

indizio.

una porta ornata

avvi

le quali

sufficiente

due

finestre senz' alcun

viene rallegrato

il

campo

perdono nel lontano rosso gentile in

dalla

orizzonte.

campo

verde. Il

distribuzione de" travicelli secondo in giallastro

chiaro macchiato

in fine e la soffitta in

;

il

cenerognolo chiaro,

alterano.

costume, nella

solita oscurità intorno alla forma de' Ebrei, accontentossi Leonardo di dare al suo una tale architettura che non avesse troppo del carattere greco o romano. A tal fine escluse ogni ordine di colonne, accordandosi in ciò cogli antiquarj che sopra ho indicati. Abbondò poi nelle tappezzerie, seguendo fuso degli orientali ed anche

tnclinj

degli

'

la

sacra

tradizione

circa

abbiamo osservato avere si

81

la il

ricchezza

del

padrone del luogo.

E

nostro autore ne suoi apostoli impresso

cosi

un

come

carattere

proprio che, quanto in cpteste figure riesce a meraviglia, poco opportunamente adatterebbe ad altra rappresentazione, parmi lo stesso potersi dire della sua

scelta del

male ad

luogo dell'azione in che mantenne un carattere sì analogo al resto, che storia converrebbe la quale non fosse ivi accaduta. E mentre i molti

altra

cenacoli di varj autori per altro celeberrimi, tura

si

confondono con

non supera

triclinj

pel fasto e pel

greci o romani,

il

modo

modesto Cenacolo

dell' architet-

di

Leonardo

fortuna o la scienza architettonica degli Ebrei di quell'epoca. Né cura minore pose Leonardo alle circostanze della sua azione. Sebbene ci consigli sovente copia , ricchezza e varietà in tutte le parti delle composizioni la

pittoriche, servì qui

con ingegnosa sobrietà alla gravità dell argomento. Col cielo che dalla porta più largo si vede, fece campo alla sua figura principale e la

rese

così più distinta e cospicua.

Colla posizione della

sua

mensa secondo

la lar-

ghezza della sala, oltre 1 idea che, come già dissi, collo scorciare della lunghezza potè più facilmente dare di luogo vasto e capace, allontanò d'assai la porta da' suoi attori, e facendola

comunicare con luoghi che non appajono nè colti nè solitudine che la sua scena esigeva. Nell'orizzonte non si veggono distinti nè alberi nè edifizj. Tutto spira quella quiete che regnava sul Sion e che, secondo narrano gli scrittori sacri, fece a Cristo preferire quel luogo per la celebrazione de' suoi principali misterj. abitan,

fe'

meglio sentire

la libera


,

iiG

DELLA MENSA E DELLE ALTRE PARTI ACCESSORIE. Gli

moderni hanno qui campo di far mostra di dottrina antiquaria, e di accusare Leonardo di aver tradito il costume e la storia. Egli ha osato fare i suoi apostoli seduti a mensa, e non a giacere, come dalle proprie parole della eruditi

Scrittura

si

può giudicare che

stessero nell'occasione

c[uadro. Il Lazzarini

(3»)

manza

specialmente

del giacere

,

taccia in generale nell'

che

argomento del nostro

fa

che non seguono

pittori

i

uhima cena

di Cristo

tale

costu-

e crede quasi im-

,

possibde, se non isconcianiente, che l'apostolo Giovanni venga rappresentato in

dormire appoggiandosi

atto di

petto del Salvatore

al

non

facciano sdrajati sul

letto.

Io

combinazione di

tal

atto,

mentre,

fare sul naturale,

abbiamo non pochi

oltre l'osservazione in

tanto più che al suo

s'

egli

talora

tempo era

grande

si

per ciò che spetta

non prende

a considerare

al

che

il

Giovanni Maria Ciocchi

il

,

mensa

può

vede nella tavola altrove

dia pur ragione al Lazzarini,

si

seguirlo

troppo scrupolosamente può

dell' arte.

gli

quale trattando

voglio che

si

valuti

argomenti per altro ingegnosi

espressamente di

proposito della cena

in

settimo della sua Pittura in Parnaso

tale

di Cristo,

questione

nel capitolo

pretende dimostrare che gli antichi per sopra panche o sedili, e che non giacessero altrimenti sui se non le persone più molli delicate e lascive. In una copia eh' io tengo

costume letti

altri si

si

Giovanni senz' alcun

deviazione dalla buona strada nella

la

nuocere a cpialche parte più importante

del giacere o sedere a

si

costume, che non è da fargli aggravio

in conto alcuno l'autorità del Bellarmino, nè di

contrario che

antichi quadri ne'cjuah

mal garbo riposa in seno di Cristo, come fra gli citata di Gaudenzio da Varallo alla Passione. ]\Ta pittura, in ispecie

cpalora entrambi non

,

so perchè egli trovi tanto dilEcile e strana la

,

vi sedessero

,

leggonsi molte erudite prove contro tale opinione scritte di del dottissimo Anton Maria Biscioni ma maggiori e più chiare le ab-

di quel suo libro

,

pugno biamo dai migliori

:

monumenti che

classici e dai

dall' epoca delle postille del nel lyaS sono cresciuti notabilmente, e sono anche meglio spiegati nelle tante opere classiche d' antiquaria onde è illustre lo scorso secolo

Biscioni

scritte

,

come

l'

Ercolanese

,

quelle

d'

Le" spiegazioni poi

Ennio Quirino Visconti che

,

cpelle

Winkelmann

del

Ciocchi vorrebbe dare dei verbi accumbere e discumbere, provano che non avea molta pratica degli antichi scrittori, nè coe

d' altri.

nosceva molto addentro cririca e

il

la latinità

povertà di cognizioni

si

:

Leonardo non debbonsi prendere nè da il

seguirono nella sua opinione

vera ragion pittorica e dalla

,

sue ragioni dimostrano in lui poca

le altre

pittoriche

mentre

lui si

come ,

anticjuarie.

nè da

possono

assai

Però

che

le

difese di

prevennero o meglio desumere dalla

cpielli

il

filosofia.

Allorché una costumanza importante in un' opera di disegno

,

oltre

l'

essei'e

d'assai lontana dalle ordinarie, è fuori affatto della notizia volgare, in vece di


117

piacere qualora

tlar^

pittore

il

la

segua

,

apparirà stravagante

e

sarà

sovente

cagione di riso e ne' più moderati argomento di nojose interrogazioni che distruggono l'effetto dell'arte. Quindi in casi simili è dovere del pittore

tutto

l'acco-

modarsi all'opinione generale quantunque erronea; e così fece Leonardo, cui di commuovere per dilettare ed istruire moralmente, non di erudire in freddure, distruggendo quel die l'arte ha di meglio. Giudico pertanto ch'egli ciò

premea

facesse a disegno, e

H

esigesse.

de'

non senza aver prima ponderato

sapere che

Romani, non

giungere fino a

è

gli

se cosi o altrimenti l'arte

Ebrei cenando giacevano sui

recondita erudizione, nè

si

letti al pari de' Greci e lontana notizia che non dovesse

che pur tante cose sapea bene, e modestamente solca chieteniea- d'ignorare. Dunque è da credere ch'egli avrà benissimo saputo che gli apostoli stavano al convito in altra forma che quella da lui scelta, perchè generalmente nota e ricevuta; ma sapeva altresì che il pittore debbe dere

lui

altrui quelle

rifiatare

faecia

che

pennello a guel vero che, per usurpare

il

menzogna, o che

di

senza colpa

,

s'egli vorrà fare

la frase

altrimenti,

del nostro poeta,

quantunque nel

ha

resto

verrà biasimato.

Giova aggiungere che sebbene presso ed

gli Egizj

degT Iddìi

i

e

Greci

,

di noi non vi fossero, come già presso delle leggi destinate a prescrivere alle arti imitatrici le forme

modi

di rappresentare i principali mister] della religione pure parte per la tradizione, parte per la venerata autorità delle antiche imitazioni, i

;

comeché arbitrarie, si è stampato a poco a poco nelle diverse imaginative deoli uomini un idolo di tali cose si fattamente uniforme, che ogni idiota, senz'avere a lungo posto mente ad alcuno speciale ritratto o a storico qualsivoglia lavoro

di disegno, riconosce a colpo d'occhio le fisionomie di Cristo, di Pietro, di Giovanni, e le imitazioni delle principali storie evangeliche o bibliche. Da ciò nasce di necessità che se l' imitatore non seconda nelle sue opere questo idolo

volgare

scolpito in tutte le fantasie,

perchè non sarà

fetto,

prù

non potrà, anche bene operando, ottener buon efinteso dalla generalità; e cpand' anche si avvicinasse di

vero reale e storico combattendo fuor di pi oposito cpiel vero icastico insieme ed ideale che l'autorità antica imprime profondamente nelle menti umane, sarà biasimato o tenuto in non cale. Così un oratore dottissimo che egregiamente al

,

concionasse, in vece di

ma

con parole note a pochi e con modi fuori dell'uso comune,

commuovere l'assemblea,

fiirebbe ridere o sbadigliare.

Nè e

il

gono

dee recar meraviglia che questi due veri che abbiamo distinto, l'ideale reale, sieno spesso fra loro diversi, specialmente nelle cose che appartenalla nostra religione.

antiche

presentati Gentili

,

È

anzi naturale che le sacre rappresentazioni, sebbene

sieno sovente lontane dal vero

,

,

perchè

il

non permise

modo nel quale avvennero i fatti rapcristianesimo essendo fondato sulle ruine dell' idolatria dei le

imagini se non molto tardi e non senza gravi difficoltà Ed essendosi in oltre assai più tardi permessa la

di guerre e di persecuzioni.


scultura che la pittura

(

perchè furono

due

strane differenze fra queste sola), periti arti

ci

lo più

a'

le

più antichi e più

i

rimane, è

assai

arti

fragili

costituite

sorelle

per timore

,

cpantunrpie in

,

monumenti

tendei e che a que' tempi in cui l'arte era caduta,

costume

di

le storie della

mobili in tutto

ma

,

religione?

tali

ma, per

Come dunque

indicato

per natura tenaci di ciò che cpiell'

avrebbe condotto

l'

studio

arte a rappresentazioni

appartiene

alla religione

maestra e

la

della natura

diretto

l'im-

E

?

idolo uniforme che più sopra,

o no partecipi del volgare pregiudizio.

notabilmente ritardato lo

monumenti

come poter impedire

produrre in quelle rozze fantasie,

divenne necessariamente in appresso

,

artefici, fossero

pre-

rappresentassero con verità

altra parte,

monumend dovcano

intanto cpiesta impressione, per cui nacque

ho

si

d'entrambe

ed appartiene per

imitati,

fatti

delle

,

sieno un' arte

della pittura, quanto

lontano dalF epoca de'

secoli della più crassa ignoranza e della barbarie.

pressione naturale che

d' idolatria

fatto

Da solo

,

guida degli

la

tale necessità

perchè

diverse da cjuelle

che

i

tale

venne studio

più antichi

e le tradizioni aveano impresse nelle menti degli uomini. Cosi quella

per cui rinacc|uero e furono a lungo nutiite le arti d'imitazione, opponeva stranamente alla loro perfezione e ne ritardò di cjnalche secolo il conseguimento presso gl'Italiani e presso i Greci, come pare lo impedisse del stessa religione,

si

tutto presso gli Egizj.

preparare pertanto

Il

le fantasie

volgari a notabili cangiamenti in fatto di re-

ligiose rappresentazioni, è opera di molte età. Giotto

colla scorta del divino

Dante che anch'

fu ottimo disegnatore

senti la necessità d' imitare

gl'idoli fantastici italiani.

Ciò non ostante

sentazioni

;

prima d'ogni

direttamente la natura e

poco

scostò dagli antecessori nelle sacre rappre-

ei di

immensa

si

spintovi dall' obbligo di variare cui era

delle opere

dalla rara

e

fecondità del suo genio,

avvenne con poca sua lode e

La

sua scuola preparò quella degli Orcagna, poi altre di ricchi e

nate

che

culto

al

istruirle

Ma

1'

con rimprovero

talora

pittorica verità.

al

Ma

neppur

il

,

è

ben

altro

,

far

egli

meravigliare istruì

in

fatto i

meravigliare

miglioramento

dell'

i

cjuesta

parte

;

e

Donato

imitazione

delle

1'

prove

;

,

a cpielF

ma

Michelagnolo e e

il

Ghiberti

eccellenza del

figure

ed

contemporanei

posteri, e cpali posteri!

confermarono bensì con nuove opere mirabili

ma

e piacevoli

,

aveva non solamente

che

inventori

costume e renderle esigenti in questa delicata parte della

l'avesse interrotto nel fiore dell'età e nel vigore delle sue

sciato di

lieti

La totale rivoluzione del modo di studiare e di vedere, per quanto umana doveva operarsi dal gran Masaccio se la morte non

spetta alla figura

egli già

d' irreligiosa bizzarria.

assuefare le fantasie volgari a tollerare nelle tavole desti-

ed anche ad amare degli episodj bizzarri intorno

non

s'imitavano prima di lui dai maestri greci ed

ciò

per quel tempo.

altro, forse

per tesdmonio di Leonardo Bruni

men male

e se ardi talora scostarsene,

dalla copia

astretto

,

che più o

egli

e delle

e

epoca

aveva

la-

Raffaello. il

Lippi

nuovo metodo

passioni

,

umane non


119

portò nessun sostanziale cangiamento sacre istorie

e solo fu permesso

;

cura nessuna del costume

d'uopo del corso

se fu

modo

al

modello

ed applaudito F arricchirle a capriccio senza con danno del carattere e del decoro. Che

di più secoli per

è da credere che molto

,

di rappresentare le

e spesso

,

condurre

imitazione de' corpi umani e de" loro accidenti il

già ricevuto

ai

disegno

le arti del

alla retta

pur sempre presente

de' cjuali era

maggiore periodo dovesse essere necessario

per condurle a rappresentare rettamente spesso male descritti, e intorno

,

della storia lontanissimi di

fatti

i

cjuali la

comune opinione

tempo,

era pregiudicata

da antichi, cjuantunque pessimi, pur venerati monumenti. Intanto la ricchezza, le scienze e la filosofia cominciavano a sostenere e ad istruir l'arte, in Toscana sotto

il

Cosmo

vecchio

bardia sotto

gli ultimi

in

,

Roma

Viscond e

i

sotto

i

papi che

la

riedificavano

Ma

in

qucll'

primi Sforza.

tava dell'aureo secolo ch'era per nascere, e le scienze e la filosofia

devano che

alle

indagava già stimati

cose morali-,

volgo e degli

non potè contribuire

dell'arte,

artefici.

pregiudizio intorno

Il

rinforzato da opere eccellend per gli

al

l'arte osava

si

i

adattava all'opinione

Lom-

non

atten-

erudizione che pure

non abbastanza

dispersi e

a correggere

gli

errori

del

costume, in vece d'esser tolto, fu

altri lati dell'arte,

Aristotile e Virgilio col lucco fiorentino o in

parere strano,

e la

trascurando per anche

tutta l'antichità,

monumenti

teologiche,

e

civili

in

,

aurora che spun-

e spesso

si

videro

Omero,

abito da dottori, e ciò, anzi

generale e la

confermava.

che

Tanto meno

ancora di allontanarsi dai modi vecchi di rappresentare

i

misterj e

e rimasero a lungo sacre e quasi invarialjili le attitudini delle Nostre de' san Rocchi, de' san Bastiani e degli altri eroi della religione che più

le visioni,

Donne, comunemente

si

pard accessorie,

offrono all'adorazione de' fedeli. Cosi, ad onta della varietà nelle si videro quasi sempre le stesse disposizioni di figure ne'Presepj,

nelle sacre Famiglie

,

ne Crisd

in quella età eseguite.

che in

tutte le a^nriche

,

soltanto

al

altre

storie principali

vero ideale del volgo

fa si

sempre un embrione delle nuovi ornamenti ed ardfizj e

cpiasi

arricchite di

;

riguardo non sarà senza torto nostro ed ingiusto aggravio di quegli anmaestri 1' accusarli di poca originalità d' invenzione , giacché presso loro ,

un

debito

non possiamo

l'

accomodarsi

alla

tenace universale opinione

a ragione tacciarli d'introdurre

nelle sacre storie, perché ciò veniva

Ma

dell' arte

tal

tichi

era

o deposti, e nelle

rappresentazioni trovasi

composizioni susseguenti per

crocifissi

Questo rispetto

sovente

;

come similmente

d'uomini viventi comandato da coloro che pagavano le opere. ritratti

Andrea del Verocchio. Egli era filosofo e conosceva disegno per ragionevoli teoriche e per abbastanza lodevole praprimo rinnovò l'arte inventata da quel Lisistrato statuario^ fratello

finalmente apparve

tutte le arti del tica.

Egli

i\

di Lisippo

,

quella, cioè, di formare

anche per essa non poco di rilievo. Sì per lui

i

corpi vivi con cera o gesso, e contribuì l' imitazione , specialmente nelle cose

a perfezionare

come per

gl'illustri

ingegni che

il

precedettero, lo studio


120

della natura

s'

derisi coloro

che operavano di sola pratica seguendo

sempre

era di

renduto generale in

già

de' fautori più ostinati,

tutti

buoni maestri

i

il

ed erano metodo antico, che trova ,

quanto più. è lontano dalla ragione. Ma, ad onta

non si era per anco conosciuto il bisogno di rappresentare col disegno le cose, come l'erudizione insegnava ch'erano avvenute, e ciò era in parte riserbato alla imova scuola di cui Raffaello doveva essere il fondatore in Roma dove 1" abbondanza de' pubblici antichi monuinenti avea predisposte le di tutto questo,

,

,

fantasie a cpesta utile rivoluzione.

Intanto fino cui

un

all'

epoca di Leonardo non

rappresentassero antichi

si

per porsi a mangiare sareljbe

letto

assolutamente ridicola. Al contrario

ciascheduna

Cena

i

convitati

,

vedevano

anticlii

che non solo rappresenta

ghezza della mensa

Leonardo

(").

tutti

sopra panche o sgabelli,

di Firenze,

e

nelle

sedenti

apostoli

gli

su di una linea

al

modo

di

pochi che

parmi evidente che sarebbe

stata

,

un

a

gare una meschina erudizione e

una vera stravaganza

ma

li

di presso coinè si

se

ed in

si

trovano

duomo

di

mostra nella lunli

dispose

sedesse, e appena tutto l'esposto,

Leonardo

freddo giudizio di pochissimi

il

ma

come vedesi

molte che

Dunque, dopo

giacesse.

si

in

disegno e specialmente di

di

In fine era opinione generale che a mensa

poteva esser notizia

nuova,

solo cosa strana e

più sovente l'ultima di Cristo,

e

,

e una figura sdrajata su di

;

sopra tutto nell'antico bassorilievo del

e

,

non

stata

assisi

Croce

di Giotto a Santa

miniate ne' codici

Lodi

si

monumento alcuno noto

vi era

lettisternj

molte opere

,

rappresentavano cene sacre,

pitttu-a

nella

o

triclinj

,

,

per appa-

avesse nella

sua grand" opera posposto e sagrificato l'opinione universale, perdendo

l'effetto

dell arte nelle parti primarie e più sacre dell'imitazione.

Nondimeno, ad onta sia

di

quanto ho forse troppo diffusamente addotto, sembrami

bene che quegli uomini grandi

opinioni volgari verità.

Ma

sforzino

si

,

di

nelle arti d'imitazione ciò

comune

lontanarsi dal pensar

,

i

si

possono con

quali

cangiarle

non

appunto

il

gli

contrario

;

influire

si

dee fare che allorcjuando,

perchè volendo Leonardo

Nel caso nostro poi avveniva come altrove vedemmo com-

,

,

animi coU'imitazione delle passioni espresse per moti pronti e vivaci,

Orazio descrive

tal

né espressione nè e per

il

la

coli' al-

(34).

se avesse dovuto far giacere le sue figure e farle rimanere cubito presso

tenere

sulle

giunge ad ottenere uno sviluppo più vantag-

gioso delle forze dell'arte nelle sue parti migliori

muover

diritto

ove queste siano in contrasto colla

positura vita

,

non avrebbe potuto dare ad

,

o almeno

sarebl^e

stato

esse

,

come

nè prontezza

notabilmente impedito di ot-

suo intento, e ciò per darsi a seguire una costumanza dismessa, ignota, generalità ridicola ed incredibile.

figure in iscorci stranissimi,

Si

sarebbero in

come ne sono prova

i

oltre vedute

pochi cenacoli cosi

molte

trattati,

non escluso quello di Niccolò Possino i quali scorci a ragione disapprovati da Leonardo nel suo Trattato sono spiacevoli sempre ma sono tanto più ingrati ;

,

,

,


,

e da fuggirsi in argomenti gravi e maestosi, ed in figure nelle quali imitare

che Leonardo nella sua opera

sentimenti

i

mente ed

sua mano. Se pertanto dietro

alla

operato secondo

la

ragion pittorica e la

per seguire la volgare opinione,

Ciò che ho detto per accessori

non

E ha r

e pel

volevano

si

per segno

*^S^i

all'altrui

può

di starvi,

fu

discrezione dirsi

nostro

dal

sua

alla

abbia o no bene

posponendo l'erudizione

filosofia,

modo

principi

tali

ne lascio

ogni stravagante novità

"e' quali

'

mensa

la

io

pose

per

storica

giudizio.

il

tutti

gli

altri

autore sfuggita per

distrarre l'animo de' suoi spettatori dall'oggetto principale.

giacché da lieve argomento

ci

siamo condotti a ragionare dell'obbligo che

seguire le opinioni generali e volgari

artefice di

piacerai aggiungere a tale ed osservazioni che gioveranno a dichiararla esempio della poesia che la può confermare.

proposizione alcune e ultimamente

1'

,

distinzioni

Ciò elle chiamasi volgo che giudica delle arti d'imitazione, è un volgo diverso da quello che comunemente per tal nome si vuole indicare e debb' essere ,

norma

diversa la sua influenza sulle arti, a i

tempi,

costumi e lo

i

Deesi per un quali

norma

dar

alle

arti

Quanto più

,

come

secondo

è soggetto

civile delle nazioni.

le

arti

d"

pluralità

la

imitazione

ma

;

delle fantasie,

,

per

le

non ha oltre un

questa pluralità

invenzioni degli artefici, se non dove esiste,

temperamento nazionale

generale alle

cangiamend cui

volgo giudice intendere

tal

operano specialmente

dritto di felice

stato

de'

un sentimento una cultura ed una educazione un tempo e in varie epoche fu in Italia. ,

già in Grecia

meglio educate saranno le fantasie, migliorandosi dentro

colte e

esse gl'idoli de" tipi dell'imitazione, tanto più le arti progrediranno verso

d bello. Questo tipo è duplice^ l'uno in natura, l'altro in idea. Il primo produce il secondo e da ciò nascono i grandi errori intorno al costume nelle imitazioni di ,

Da

cose seguite in tempi diversi dai corrend.

opere

tratte

veggono

di

direttamente dai eccellenti

tipi

naturali,

anche allorquando

,

ciò nasce

come sono l'

arte

non meno i

ritratti

debole

è

bontà delle

la

de' quali se

neh' imitazione

ne del

tipo ideale.

Oltre ciò le

arti

sono senza dubbio opera della ragione

imitative

ma

;

la ra-

non già secondo l'esecuzione de suoi precetri ma secondo r effetto che producono sulle fantasie. Se i precetti bastassero per fare un opera bella il poema del Trissino sarebbe gione

le giudica,

,

,

migliore di cpello dell'Ariosto.

mulare nell'imitazione, de' pili gravi difetti

la scienza rigersi.

si

sia pittorica sia

la

si

deduce che

poetica, e che

cjuale l'imitazione

sè bella

ed

utile

,

ogni

artificio

non

visibde o

la il

scienza

si

deve

dissi-

far sentir l'arte è

uno

l'artista.

non

fa volentieri

viene da quanto

rivolge alla ragione e

Perciò

ciò

ne quali possa incorrere

La cagione, per quantunque per

Da

si

alla fantasia

sensibile

è

sentire

accennato

,

la

scienza,

cioè perchè

cui 1' arte vuol sempre diche di necessità risvegha il


commozione della inntasia, diminuisce o perde del un pittore che faccia inopportunamente pompa, anatomia, o un poeta che faccia il logico o il metafisico, non

raziocinio, interrompendo la

tutto l'effetto dell" imitazione. Cosi

per esempio, di

onore alcuno

trarrà

dall'

letti

avrebbe minato

,

Che si

se poi,

il

opera

e

al

vero ed

per

la

ragione se Leonardo jjer

stessa

avesse fatto

i

suoi

mensa

apostoli a

sui

sarebbe stato generalmente biasimato.

che una volgare opinione

talvolta avvenisse

che

al bello,

l'imitarla recasse pregiudizio all'arte,

che tenerne conto, dee fuggir l'occasione di farsene argomento. in oltre osservare che cjuanto si è asserito circa il rispetto dovuto

l'arte anzi

alla

antiquaria

che è però rarissimo,

opponesse talmente

E

l'

E

opera sua.

lusso di affettata erudizione

uopo

d'

volgare opinione

risguarda soltanto

,

neralità o pure appartenenti a cose

suo piacere seguire

1'

quando

arte

religiose.

Negli

le opinioni private o istruire

tratta

altri

temi noti

casi

ge-

alla

pittore

il

può

a

con opinioni nuove nelle sue

come fimno i poeti didascalici o d' altro genere diverso dall' eroico. , cpesto sarà sempre un grado minore dell'arte del disegno, la cjuale non è grande se non allorquando, come l'Epopea, si slancia con tutto il fasto delle

imitazioni

Ma

sue invenzioni dentro

E

che in

volgare

non

tutto

vi è

grandi argomenti della storia e della religione. sia debito dell' artista imitatore di seguii-e

come accennai l' esempio gran poema che non sia stato

prova

il

,

i

argomenti

fatti

si

,

,

avesse scritto in cofto

di tutti

i

scritto in

il

vero

grandi poeti.

Prima

volgare

se

;

che

di

Omero

Virgilio in greco. Dante in latino, come per disgrazia aveva cominciato, non so cjuale conto si sarebbe fatto de' loro mirabili poemi, ,

quantunque le stesse cose avesser detto che ora di loro si leggono. Dante anzi ed Omero non ebbero riguardo nelle loro opere di frammischiare alla lingua generale

voci e

le

i

modi

de' diversi volgari dialetti. Il Petrarca e

.sono grandi nelle opere volgari

nelle latine; e lo stesso

può

che son

tali

dirsi di tanti altri di

generali o di cose di rehgione.

che

,

E

mediocri

,

ogni nazione. In oltre

argomenti delle grandi opere poetiche sono o di volgo

Boccaccio

il

per lingua e per téma

storie

volgari o di

tutti gli

passioni

in esse è

tale il rispetto alle opinioni del offendere la teologia per seguirle Dante dispose le sue invenzioni sulle volgari cre-

Omero non ebbe

riguardo di

:

Virgilio offese la storia

denze e

E

:

sulla tradizione di varie visioni

da per

passioni

(ssj

e

affetn

gli

generalmente

raffreddi, particolarmente in

sentiti

Dante e più

pompa

di

d'imagini volgari, perdendo di vista

il

sceverandosi dal volgo, fanno

tasie

,

non

fredda ragione

alla

Queste cose

ed

in ispecie su quella di frate Alberico.

sono grandi e sublimi ove parlano

tutto

dalle quali

,

;

e se

v'

alle

fantasie e

ha luogo ove

assai nel Petrarca, ciò

dipingono la

lettura

le si

avviene quando,

qualche scienza ed obbliano

di vestirla

principio dell'arte che alle mobili fandirige la sua imitazione.

possono trarre molte

utili conseguenze avrebber d'uopo di più ordinata esposizione, di maggiore sviluppo, e in fine d'una diretta ,

si

,


123

applicazione alle

arti

del disegno

dal nostro argomento, basti

mi

la brevità

il

ma

;

fin

perchè ciò

ci

allontanerebbe di troppo

qui detto, e aggiunga ognuno per sé quanto

costringe di omettere.

DEI DIFETTI DEL CENACOLO. Abbiamo,

per quanto ho saputo mostrare, ammirato il raro artifizio e le bellezze di quest'opera; l'amore del ver» e dell'arte ci consiglia di dare un breve cenno anche sui difetti di che alcuni credettero accagionarla.

Ogni grande opera ne contiene,

anzi, parlando in genere,

difetti

i

venire riconosciuti più agevolmente che non

le fine e squisite bellezze,

sfuggono

le

gli

occhi volgari, e sembrano,

come

Dee

sogliono le quali

non mostrarsi

della favola,

ignude se non a chi è degno di giudicarle. Si aggiunga che gì' ingegni veracemente buoni, che son fatd degni di tal vista, sono in picciolo numero in paragone di que mezzi ingegni, i quali, contro il costume deprimi,

non fanno che

altro

indagare

difetti e porli

i

altrui

sott'

occhio, e parlarne e scriverne, non già per

ma per isciocca invidia, siccome esclusi dal godimento di parte migliore. Quindi non vi è opera, per degna ch'ella sia, che non abbia avuto detrattori, e che non abbia sostenuti talvolta paraggi vilissimi. Che se di questa del Vinci CIÒ non è avvenuto che per piccola parte, essa dee tal ventura all'antica ammirazione in cui lo straordinario suo merito la pose, dalla quale furono a lunoo " istruire,

disanimate l'invidia e la censura. Io non intendo pertanto qui ragionare di que' difetd di esecuzione che possono avere contribuito al suo pronto decadimento; né sarebbe possibile di parlare di CIÒ che risguarda l'effetto, il colorito ed altre pard che

non

come perdute,

È d'uopo dunque

giudicare.

intorno a quelle cose che ancora in difesa

dell'autore,

cose che

si

serbarono

temendo al

io

si

ponno esaminare, né molto stesso

nostro esame,

possono,

si

limitarsi a riferire ciò

accusa di parzialità.

io

Ma

che

si'

sic-

dice

aggiungerò anche nelle

dee procedere con qualche cautela norma de' costumi e de' tempi' secondo i quali debbono essere giudicate. È anche bene considerare le qualità' le circostanze e le passioni de giudici, e pesar quesd secondo la scienza e la' verità senza di che i giudizj sono cattivi o vani. Notisi in fine che avviene alle arti del disegno ciò che alle hngue, cioè che molte cose divennero difetti per noi che tali non furono per gli andchi. Ciò posto, ognun vede che a difetti di tal uldmo genere riguarda l'accusa che già riportammo, data a Leonardo perchè trascurò la costumanza de' letd ac cusa prima accennata dal Fréart indi dal Lazzarini e dal Rogers di poi 'ripe tuta da altri e che tuttavia si ripete leggermente. Lo stesso può dirsi de' censori di Leonardo per le forme de'bicchieri, de'piattelli e perchè

le

arti

del disegno

hanno modi

si

e vesri a

,

,

,

,

d'altre inezie, intorno alle


124

quali egli strarre

come

,

volle piuttosto seguire le opinioni

,

più gravi ed importanti

parti

pedantesche erudizieni

di

zelatori

già notai dalle

giudizi

i

sicura che

solesse

Che direbbero

,

Secondo tali abiti il Laocoonte di maniche lunghe, che Svetonio as-

maniera

portare alla

egli

che di-

bisognerebbe vestire

sacerdotali, e dare alle imagini di Cesare le

discendere.

volgari

opera.

dell'

de' Frigi

dai

di

afFettava

cpiali

eglino del povero Raffaello che diede nel suo Parnaso

un violino ad Apollo e ciò che è peggio un amanuense ad Omero ? Ma ben più grave è l' accusa fatta da alcuni a Leonardo per aver collocati tutti su di una linea i suoi apostoli, in che, se l'arte è ajutata, sembra offesa ,

la verisimiglianza.

,

Forse ebbe

egli, oltre le ragioni dell'arte e dell'uso,

ragione a noi ignota o qualche autorità

altra

ne dà indizio

il

citato bassorilievo di

Lodi

,

scritta

che non

qualche

pervenuta

ci è

;

e

cenacolo del Ghirlandajo e quelli

il

che in parte imitarono dal nostro, Andrea del Sarto e Raffaello. Offende anche la ragione il vedere questa stessa lunghissima linea posta in senso contrario della lunghezza della sala; intorno a che

ove

V ha

anche cui non piace

zontalmente

disse qualche cosa,

si

del hiogo dell' azione.

trattò

si

altri

:

Osservammo più sopra

mensa

di vedere undici figure dimezzate dalla

le trova collocate

mano

la

1"

una troppo presso

dell'

apostolo

Tommaso

quale imbrogliò

la

,

d'una mano vicina,

a segno le fantasie, che, congiunta a porzione

oriz-

dell' altra.

mano

pose, da chi ridipinse l'opera, un'altra ridicola e mostruosa

ne com-

se

di sei dita.

Vi fu ancora chi trovò troppo simmetrica la distribuzione delle figure che sembrano a primo aspetto comporre de' gruppi uniformi e ciascheduno di tre personaggi.

Nè mancò

chi avrebbe voluto

la

storia

dice avvenuta a vespro lentieri

,

,

per lui importantissima parte della

Venne

in

comuni per attori

ripete

1"

il

la

e a quest' ora vo-

;

alla forza

insieme ed

suo sistema in questa

alla

difficile

e

il

momento

rappresentato

da Leonardo

confini dell'arte, secondo le strette teoriche ora diventate

ingegnoso libro del Lessing.

Ma

sebbene

tutto

il

movimento

degli

del quadro dipenda dalle parole pronunciate da Cristo, che la pittura ,

del

;

vangelo

pittura.

mente anche a taluno che i

al

di notte

Ma

suo Possine.

siccome opportunissima

dolcezza delle ombre, con evidente analogia

eccedesse d'alquanto

il

cioè nell' ora che precede la sera

attenne Leonardo

si

lume

rappresentata a

quale avviso fu ilFréart, perchè cosi la fece

queste parole sono

si

non

generalmente note che pajono meritare un' ecce-

zione di favore dai più rigorosi.

Finalmente, come dal da

altri

si

trovarono

getto de' menti ,

De

Brosses

si

dissero bruttissimi

le teste esagerate nelle strane

i

visi

degli apostoli,

lunghezze de' nasi

negli archi delle labbra e delle ciglia

;

ma

tai

,

nell'

ag-

cose furono dette

o suir originale pessimamente ridipinto o sulle copie o sulle stampe.


125

Se però

censure qui esposte e quelle che

le

altri sia

per aggiungere, possano

essere di forza da offendere la fama di quest" opera, lo lascio all'esame de' sani critici

:

non

solo

Cenacolo

so

preterire

rivabile artifizio, al cui splendore si

E

tutti

questi

può accusare

per dar fine

,

,

anche

sarebbero sfuggite

assai

acconciamente

macchie

le piccole all'

a

,

Omero

,

tosto essere

in Archiloco

uno

o Eratòstene

,

,

mio credere

in Pindaro ed in Sofocle

di questi o

che per avven-

di

occhio del più gelido osservatore. ,

all'amico Terenziano, se ad onta degli errori o difetti che in

furono nel

difetti

tempo e dalla incuria degli uomini, poca parte mantenea dell' antico inar-

era svanita in esso la prima eccellenza e

tura

che

di osservare

notati, allorché, fatto cadavere dal

pure essere Teocrito per

,

le

chiedeva Longino

riconosceano

critici

i

avrebbe

egli voluto piut-

Buccoliche, o Apollonio,

o Jone Chio, ne' quali autori la critica non trovava menda.

Terenziano aveva buon senso dicesi degli scrittori

,

,

è facile

indovinare la sua risposta

l'

dee ripetersi degli

del disegno.

artefici

Il

;

e ciò

Se

che

compasso del

freddo critico trova nell'Apollo di Belvedere una gamba più lunga dell'altra, nel Laocoonte un' orecchia fuor di luogo del Quirinale: di

questi

il

;

occhi

gli

ne' miral^ili

storti

testimonj dell' eccellenza della

umana

industria

si

commuove ed am-

mira, ed esclama nell'ardore dell'entusiasmo: Questi divini ingegni sopra si

uomini

gli

colla sublimità de' loro concetd

,

quelle nuove creazioni: per

degli

tal

modo

la posterità,

,

e che solo agli

meravigliosa nobiltà

altri

dell' artificio.

soprastavano

elevarono

nell'

non

impeto di

mentre non cessa d'ammirarli,

disperarsi di poterli imitare, fatta certa ch'eglino erano

altri

si

e fu utile consiglio che

curassero di tórre dalle loro opere le imperfezioni sfuggitevi

non dee

colossi

vero artefice e l'osservatore che sa vedere e sentire, all'aspetto

coli"

altezza

della

uomini al pari mente e colla



DEL

CENACOLO D

I

LEONARDO DA VINCI LIBRO TERZO.

DELLE COPIE IN GENERALE J_j uso delle copie che gli antichi cliiamavano litratti, non divénne comune che allorquando, quasi per universale consenso, si acclamò giunta al colmo di

sua perfezione l'arte della pittura. trarre dal naturale o artefici volgari,

pur

veggendo

dall'

Fu

allora

che

si

abbandonò

idea le pittoriche imitazioni

;

il

metodo

meravigliose invenzioni de" sovrani dell'arte,

le

di

e fu allora che gli

co-

minciarono generalmente a temere delle proprie forze, e non si credettero capaci d' invesdgare per sè stessi nella natura quelle originali bellezze che ammiravano nelle opere altrui. La natura cessò di essere la maestra dell'arte, e l'arte

maestra

di sè stessa fa chiusa in angusto confine e

cominciò a ripetere

le

sue produzioni.

Quella

dappocaggine del più degli artefici, che non poteasl nascondere, fu. osservata da chi commetteva e pagava le opere, nè sempre si poteva per esse ricorrere ai primi nomi quindi , anzi che averle di vili e grossi magisteri , si preferirono imitate dalle migliori conosciute, con che si aveva un mediocre :

be'nsi

ma si

sicuro esito delle imprese.

per parte del proprietario,

a copiar per sistema.

La fretta e l'avarizia favorivano il nuovo metodo come per parte dell'artefice, e la pittura si degradò


,

3S8

Nel il

secolo decimoquinio e negli antecedenti, checché

quale dopo l'epoca di Giotto lagnavasi

dell'

si

dica dal Boccaccio

avvilimento della pittura,

avevano un'opinione abbastanza elevata delle forze dell'arte e

non

eccetto qualche ritratto di persona,

Quindi

zioni.

degnissima

E

dell' arte.

se

non

epe' tempi

di

pur

accadde che alcuna

talvolta

minori del niello, de'

lo pili nelle arti

copie propriamente

guarda con ragion

chi

ricercandosi per anche certe finezze

vetri

dell' arte

se

C[ualunque fosse

metodo

il

ne facesse

,

un

a

di presso

o

tale si

tal

Venne poi

da ])Ochi

l'età in cui

nacque

,

polosamente

il

desiderio di avere de

gli

ca-

opera

altra

dell' ori-

atti

non

vede

si

secolo decimosesto.

al

quali a ninno secondo di

tra'

)

ebbe

un

la pittura

Raffinatosi allora

il

al-

vedere e

delle opere eccellenti

ritratti

benché minimo; né fu

originali da ogni lato

simili agli

(

nostro Leonardo

in ogni sua parte.

tissimo grado di perfezione

giudicare

ingegni

rari

il

Ne

altra

accontentava di una

moti e

i

numerose nessuna vera copia anteriore

sapere e primo certo di epoca fu

storia

ciò avveniva per

,

ginale, senza riguardare per minuto alle forme ed ai colori. Perciò nelle quadrerie più

cosa

,

la

per religione o per

se

in cui la volesse eseguita, egli

che rappresentasse

tali

filosofica

delle terre smaltate e simili.

,

gione qualsivoglia vi fu chi esigesse una ripetizione di inesatta imitazione

perchè,

di sè stessi,

prestassero a ripetere le altrui inven-

si

incontrano

s'

da

osservata

d' essere

(•),

gli artefici

,

il

scru-

difficile

il

soddisfarlo, specialmente in quelle scuole nelle quali era grande l'affluenza dei

Pure anche

discepoli e la ricerca de' lavori del maestro.

desiderio limitossi

opere minori

alle

,

e

non

a quel

tempo un

fu esigente di precisa

tale

confornn'tà

non in quadri piccioli quali si possono avvicinare e confrondanno glande facilità alFcsaine ed all'opera di chi giudica e di chi imita. Ne" grandi dipinti avvenne altrimenti sì in allora come da poi, e perché gli originali non si possono confrontare colle copie e perché rarissime sono le occasioni di tali opere. L'arte non meno c]:e la ricerca de' curiosi si limitò per essi a dei cogli originali se

i

tare, e

ritratti in

piccolo, ne' quali

crebbero a disinisura

si

concesse molto all'arbitrio del copiatore. Gli

poche

le

volte

furono quasi sempre copie di copie

le quali

ed eseguite lungi daU" originale perchè

fatte

modo ed

il

il

numero

offuscarono

fosse

le

de'

capriccio

del

Ma

perché

,

tolte

arbitrj

grande,

da piccioli modelli soli

disegni e

di sola reminiscenza.

che lavoravano a vilissimo prezzo,

de" pittori dozzinali

le pareti

di fare delle copie in

perchè non di rado tradotte da

scematone

il

gusto

,

copie crebbero oltre-

le

per sino delle anticamere e delle

scale.

Gli affamati

meschini proventi che ottenevano ritraendo in diverse

opere più famose, e molti

che copiare.

originalità.

,

lusso delle pitture e

principianti viveano

altro

anche

talvolta fin

Moltiplicatosi cresciuto

misure

che accadde

anche

pittore

,

allora in

fosse

pittori

passarono la loro vita senza

ogni copia

talento

si

vedeva qualche

di chi pagava

,

fosse

far

diversità,

pretensione di


Venne anche il lusso de tappeti di arazzo, ne' quali la pittura non parca degna abbastanza se l'oro non l'arricchiva; e allora le più mirabili composizioni, perchè gravi e sempHci apparvero meschine e povere, e il copiatore ,

ag-

vi

giungeva architetture e paesi ne' campi, ornamenti nelle

vesti

,

raggi o diademi

dorati alle teste, è capricciosi contorni di putti, animaK, chimere , grotteschi ed stravaganze , colle quali cose tutte calpestavansi arditamente le leggi del bello per adulare gli occhi ignoranti di chi non vede luce e bellezza se non altre

dove loro risplende sovra moltiplici oggetti accozzati senz'arte a capriccio. Avvenne similmente che tal pittore che pure si sentiva tanto animo da far del suo era poi costretto a ritrarre opere altrui dall'arbitrio del commettente che diffidava della sua sufficienza. E l'artefice allora, copiando contro voolia si argomentava di pur mostrarsi originale in qualche parte, cambiando, alterando o aggiungendo secondo la perizia o la vanità sua. Mille altri cangiamenti ed aggiunte erano richieste nelle copie dalle rispettive circostanze di tempo, di luo^o e di uso. Vi fu non di rado chi volle servirsi di figure accreditate, appropriandole ad argomenti diversi da quelli per cui l'autore le compose. Cosi il cardinale ,

l'ederico

Borromeo

di Kattaello, e

evangelisti

i

fece,

come

avverte egli stesso, copiare molte opere profane

per mezzo di alcuni accessorj

numi

e

gli

eroi del paganesimo.

si piacque di nomar martiri ed Accade ancora che l'artista fa per

proprio studio ed esercizio qualche figura ritratta da famosa opera di buon maestro, e poscia per fame uso utilmente e trarne lucro vi a-giunge qualche sua invenzione onde compirla. Finalmente uno de guasd della pittura, per avviso

d.

moki, conforme all'espresso dal Lomazzo, fu

la scoperta e l' abuso delle cinquecento, e prestando a tutù gli artefici dozzinali le altrui invenzioni, distolsero le menti dallo studio, e la pittura cadde tanta bassezza da essere per sino confusa colle arti meccaniche Ma le stampe ste.se erano di già diverse dagli originali, ed anche i copiatori delle stampe rinnovavano altri cangiamenti secondo le ragioni o i capricci or proprj or altrui. E ciò che si faceva delle stampe, si faceva similmente de' disegni e gli artefici a centinaja ritraevano in carta le cose principali di Roma o d. Firenze, per ripeterle arbitrariamente quando erano tornad alle patrie loro 13a cpesto breve prospetto storico delle copie, il quale mi parve necessaria introduzione alla materia di questo terzo libro, ognuno può scorgere quanta diffidenza debbano ispirare queste povere produzioni dell'arte, e quanto sia d uopo essere guardingo in giudicare per esse del carattere e del merito deoli originali. Si vedrà non meno facilmente di quanto poca autorità esse sieno tanto negli accessorj, quanto nella maniera generale, allorcliè si osservano per

stampe

le

quali

ammorbarono

f Italia nel

m

;

Idea di arbitrj

un

originale perduto.

farsi

Si avrà

e varietà nelle copie una facile

anche dalle

tante

accennate cagioni di

spiegazione del vedersi

drerie infinite r.pet.ziom, tutte attribuite all'autore di

un unico

m

divefse qua-

originale

e tutte


,

i3c

affermate per originali in grazia di piccioli cangiamenti di forme, di colori, di

fondi o d' altro. S' intenderà altresì di quanta accm-atezza sia d" uopo onde scernere le produzioni originali dalle copiate, alla qual cosa spesso non è sufficiente il gusto ben disciplinato e finissimo, se non è soccorso da una grande memoria diligente esercizio. Si concliiuderà in fine che

un lungo e

e da

non sono vere

copie se non quelle nelle quali colla volontà espressa di buono e giudizioso conoscitore che le commetta , si accordi lo sforzo e la perizia dell' artefice copiatore in rappresentare con precisione ogni parte dell' origi'nale. Laonde è facile l'avvedersi che copie di tal fatta sono rarissime, e allorquando

non

appena

esistano gli originali con cui confrontarle,

carattere evidente dell'autore primitivo

la storia, la critica e

modo

possono in qualche

il

supplire alla

mancanza del confronto che sarebbe necessario per rettamente giudicarle. E disgraziatamente una sola copia di questo genere vanta l'elenco che son per dare di quelle del Cenacolo, ed anche questa, oltreché non è di tutta l'opera, fu ed essa stessa ha soffatta in tempo che 1' originale era in gran parte perito ferto per cattiva esecuzione un tale imbrunimento di colori che diminuisce ,

notabilmente

Premesse

suo pregio e ne ha distrutto interamente l'effetto. per le quali ogni discreto saprà giudicare e

il

cjueste considerazioni

mi sono proposto,

distinguere copia da copia, passo a descrivere, secondo che quelle del Cenacolo,

unendo

alle

da

distanza di luoghi o per altre ragioni terrò in queste descrizioni sarà lo

morie

del Cenacolo,

scritte

cioè

me

viste la

non mi

che per

di alcune

fu dato di vedere. L' ordine che

che usai nel primo libro per

stesso

quello

memoria

de' tempi

ne" quali

le

me-

copie per date

le

ripetere per cpieste si devono credere eseguite. Debbo anche che potrei chiamare memorie dipinte del Cenacolo, ciò che per le scritte ho di cioè che non è mio progetto di tutte qui registrarle , ma quelle solgià detto tanto che mi parvero atte a fare o per sè stesse o colle altre qualche autorità certe o presumibili

,

anche nelle dubbio

il

parri di

modo

o

1'

minore importanza ed

e in

mosso

accessorie

Chè

tutto di autorità e destituite d'

darne alcune prive del ciò fui

affatto

esistenza nel perduto originale.

delle quali

ogni nobile

fosse

di ricor-

artifizio

,

a

elogi in parole

udire sovente molte simih opere onorate di quali elogi, se di quelle opere io tacessi, sarebbero una patente alti

dall'

iscritti, 'i

,

mi accade

se

accusa del mio silenzio

,

e

si

crederebbe da ciascheduno che

io avessi

trascurato

di consultarle.

Pertanto j siccome è impossibile un generale accordo di pareri in queste mafossero se vi sarà qualcuno a cui per prevenzione o per altre cause non , io lo prego a non comparare quanto accetti i miei giudizj di lode o di biasimo

terie

,

io dico

con

ciò

che è

stato

detto da altri

poi a

,

ma

solo

con

l'

opera di cui parlo

ho potuto, ho scritto le mie osservazioni. Intorno quelle copie, per giudicare delle quali non ebbi altra scorta che l'autorità

in faccia a cui, ogni qual volta


,

i3i

degli scrittori

vorrei che

osservassero posatamente le circostanze di

tempo di luogo, di persona e d'opera, secondo le quali dotto o ignorante espone le proprie sentenze chi scrive, e dietro le quali chi ha discrezione pratica e amor sincero del vero e dell'arte, dee dare maggiore o minor peso agli encomj non ,

si

,

meno che

alle accuse.

COPIA NELLO SPEDALE MAGGIORE DI MILANO. (

1

5oo

circa

)

i

Questa è a mio credere la più antica delle molte copie che ancora si conservano del Cenacolo. Essa debb' essere stata fatta tra il finire del secolo decimoquinto e il principiar del seguente. È dipinta a fresco sulla parete destra ,

,

dell'antico refettorio degli orfani nello Spedale maggiore di questa città, luogo

ove, poco tempo

fa, si

ad

altri

figure sono alquanto minori

sia

largo poco

usi.

quest'opera

Le

riparavano le donne attaccate d'oftalmia e che ora serve

meno

di

eseguita

sia

tredici

braccia

ed

del naturale, alto

assai diligentemente,

più di

sebbene

cjuattro.

il

dipinto

Quantunque

mostra poco vigore di disegno, e

tiene assai dell'antica maniera diversa dalla leonardesca e prossima a quella del

Mantegna, non però distanze

aspra,

molte altre parti

la

vi

è imberbe caricato

capo

vede

si ;

mano

la

Andrea

come

dotta né

esatta.

La

le fisionomie cangiate e F

,

diversità delle

inosservanza di

dichiarano, anzi che altro, una servile imitazione della sola

composizione. San Pietro ha

Non

comechè nè

V alterazione delle attitudini

,

nelle

il

solito coltello negatogli

sinistra

di

Tommaso nè

è similissimo a Pietro altre

;

stranamente dal Bianconi. di Taddeo.

copie e distinguesi dagli

altri

dal

Bartolommeo

G iuda non

è

non aver cinto

il

Filippo a Giovanni.

aureola che orna tutte le altre figure (3). I colori soiivi posti a capriccio e senza progetto d'imitare gh adoprati da Leonardo. Cangiato affatto è il campo, anzi mentre la porta di mezzo è di maniera buona le finestre laterali dell'

sono di

,

maniera tedesca.

Fra

cfuelle

l'autorità: se

Sono da osservarsi molte cifre e parole ne lembi delle vesti. che ho potuto capire, trovansi tali errori che ne scemano a dir vero pure in questi antichi dipinti non sono inutili le minute osservazioni,

non per

scritto

altro, per le comparazioni con altre opere. All'apostolo Andrea trovai Post Pctrtim primi priiicipem Andreas , a Giuda luda Scarioc a Filippo

:

,

Jacobus Alpheas e

simili.

Cosi

lessi

Petrus; Mattheus a Matteo; S. Simon a

Thomas

lembo che circonda Giacomo il Maggiore;

sul

il

piede di Pietro,

Jac. a quel d'Alfeo;

Taddeo; o rex gloria; a Cristo. Non avrei deposto il pensiero d'indagare il resto, se gh errori grossolani di lingua e alcuni nomi evidentemente male appropriati non me ne avessero distolto. Non ho mancato di ricercare a

dilioente-

mente

se v'era scritto

il

nome

dell'autore,

ma

le

mie ricerche furono

inutili.


l32

Vi ho notato con piacere che posa

,

come

esige la natura

sul

,

variano molte copie seguendo l'autorità di

facendo

Fihppo

la figura di

piede destro

,

in quest' antichissima copia

perchè

si

volge a destra

Marco da Oggiono che

piedi ad arbitrio.

i

Senz' alcun ajuto di tradizione e colla scorta unica della maniera io

non

a chi attribuire questo singolare lavoro se

che

ed operò molto

fiori

al

come

Segnolle però talora si

al

non

Borgognone. Questo

saprei

artefice

del secolo XVI, chiamavasi Ambrogio soprannome con che segnava spesso le sue anche col primo nome e per sino con entrambi,

principio

Fossani, e ignoro onde traesse tavole.

in che

;

eseguì le sue,

c{uel

vede in una tavola nella

san Celso. Egli conservò la maniera

cliiesa di

E il Borgognone e il Montorfano ed altri seguaci di quel fare, tenaci degli ornamenti d'oro, timidi ed incerti nell ombreggiare freddi nel colorire e diversi in tutto dalla nuova maniera che insegnava Leonardo avranno anticamente composto una scuola a vecchia assai tardi, e

si

vedono sue

pittare fino al iSay.

,

,

parte

che dalla leonardesca

si

segregava,

E

stesso nel Trattato allorché dice;

Questa copia della in pericolo

d' essere

cpiale

desiderabile che

sono frequenti

gli

ciò

a

credo

non ho

trovato ricordo presso

imbiancata venticinque anni sono.

antichità patrie signor

E

e

si

alludere

Leonardo

tu pittore dell'una e dell' altra setta ecc. m.

Il

veruno

scrittore, fu

dotto amatore

delle

Giuseppe Vailati fu in tempo ad impedire tale disordine. trovi un modo onde por freno a simili arbitrj de quali

esempj anche recentissimi.

NEL REFETTORIO DEL CONVENTO DI SAN BARNABA IN MILANO

COPIA

(=>.

(

Debbesi

il

I

5

1

o circa

)

secondo luogo per antichità a

essere stata eseguita

poco dopo

il

cjuesta piccola copia che dovrebbe primo decennale del secolo decimosesto. Il

carattere, in ispecie delle teste, l'annunzia evidentemente per

opera di Marco da una tavola larga cjuattro braccia e mezzo ed alta due in circa. Non si comprende come nel catalogo delle copie del De Pagavo questa sia detta essere grande soltanto l' ottava parte dell' originale mentre a lunghezza ed altezza ne è più che la quarta a superficie ne è men che la duodecima. La parte che vi si vede più finita, è quella che è compresa

Oggiono.

E

dipinta sopra

,

,

dalla linea delle teste alla linea della mensa.

e

molte

parti

anche

,

fra

le

importanti

scorge assai chiaro che cpiesta copia fu delf artefice,

il

,

Non

v'

è indizio alcuno de piedi,

non sono che abbozzate. Da

fatta

quale poscia se ne servì per eseguire altre

Farmi concorra

a

provare lo stesso

il

ciò

si

sull'originale

unicamente per uso copie di maggior mole.

vedere che questa tavola fu preparata da


,

1

prima soltanto a chiaro scuro fede

panneggiamenti

luogo ogni parte dell'opera che

prende a copiare, permettendo che

si

non

rapidità dell'esecuzione, tralasciandosi per esso

tempo

il

sdegnarono

non

e

,

sempre zione

un tal metodo comune a tutte le scuole nè come può vedersi in varie opere imperfette, ,

Marco

Tiziano stesso a Napoli e

del

negli abbozzi ne' quali

al

disegno ed

ma

dell'

della Certosa di Pavia e dell'altra a fresco del

Vi

Vi

osservano

si

si

vede

il

coltello di Pietro

in nessuna delle sue copie. si

vede

e

la

Nulla

v'

mano è sulla

di

atten-

esecuzione di quella a olio impedite, e mani con moti

opere di questo autore.

altre

Tommaso

mensa, ed

non

ch'egli

trascurò

poco fondo che

il

vi

è di architettura fatta a capriccio.

,

Poche

l'

riconoscono nelle

si

l'

convento di Castellazzo.

teste pesanti e grosse, attitudini

e senza grazia: difetti che

falsi

usavasi però

:

diminuito

Se dunque questa copia è di

per

servito

grandi altrove

colori avrebbe

ai

espressione.

debbe aver

,

del Correggio in casa Doria a

d' ah.!

attendere

l'

forza

alla

come sembra

,

la

de' colori

migliori coloritori,

i

solo del Vinci e del Frate in Firenze,

Roma

solo le misture

di meditare le giuste collocazioni delle tinte e di unirle e di fon-

derle insensibilmente. Era anche lo

ritocchi

si

meno opportuno per

in infinito senza pericolo di confusione di tinte. INon è

ma

33

fanno

tuttavia

qual metodo monocromatico è sommamente comodo per porre a suo

il

;

di che alcuni de'

,

notizie

abbiamo

di

Marco da Oggiono, da

Uglon Oglono hanno poco merito Cesariano nel suo commento a Vitruvio loda detto da

altri

,

e Uggione. Si sa ch'era discepolo del Vinci, e le sue pitture oltre quello della sua scuola.

maxima et diligente come ognun sa, non la

poco disegno, queste non di

ed

è

il

migliore de'

principale

il

sempre eguale a

sia

gran rilievo

,

di

Ripete però sempre

che degrada con tendenti

Il

pratica universale di

forte

baffi

suo pregio sé stesso.

colorito

le stesse

questo artefice

critici

,

ma

;

Generalmente

c).

sta nelle teste,

Quando

Cesariano

Oggiono ha

sebbene anche in

vi attese a

comechè alquanto

il l'

dovere, è fiero,

caricato

e

monotono.

fisionomie copiate dalle migliori teste di Leonardo,

prolunga» per traverso e con capelli

triti

,

minuti

,

ora

color rosso cupo, ora bianchi argentini che staccano duramente dalle tinte di carne, vive bensì e calde, ma rustiche sempre e volgari. Nelle figure al

de' giovani e delle

donne

tiene altro sistema, e colorisce spesso assai freddamente

e con salto troppo notabile dai colori che suol dare alle

L'opera sua migliore,

se fosse

veramente sua, è

figure virili o senili.

che ancora si conserva nell'antico refettorio della Pace e che porta la data del i5io. Ma io credo a gran fatica che cpesta opera possa dirsi di lui e se si giungesse a dimostrarlo, bisognerebbe credere piìi antiche le sue copie del Cenacolo, nelle la Crocifissione

,

quali tal

si

vede minor possesso

opera,

gli

scrittori

dell'arte.

Quantunque poi da alcuni

più autorevoli, cioè

citano molte altre cose, nè, se

il

Vasari e

il

siagli attribuita

Baldinucci che di lui

ben mi ricorda, ilLomazzo, non fecero

affatto


menzione

Chè

di questa, la quale,

mai

se

scoprisse

si

di

come più importante di tutte, non doveva preterirsi. che poter dimostrare esser essa assolutainente di

sua mano, giudicherei ch'egli si fosse servito di cartoni altrui, e pai-mi vi traluca la maniera di Cesare da Sesto, ricca, pronta e bizzarra, sebbene ineguale e scorretta. Certo vi sono de gruppi mirabili in autore sconoscinto, dalla bellezza e novità de quali troppo si dilunga Marco nelle altre opere sue,

inventore sempre

Ignobile o

non

originale.

non

mai:

le

ripetè

Le

arie di alcune teste

hanno qui una

grazia ch'egli

invenzioni degli abiti, la nobile espressione di alcune figure,

specialmente nel gruppo della Vergine svenuta,

il modo dolce e pastoso del colorito, sono cose tutte in quest'opera allatto diverse e superiori a quanto di

sua

mano

si

da credere

vede

altrove.

Se

cartone fosse stato fatto da Cesare da Sesto, è

il

per recarsi in Sicilia o a Roma a lavorare nelle opere del Vaticano, probabilmente meglio pagate. Fra le tavole a olio di Marco parrai primeggiare quella che rappresenta la Vittoria dell'arcangelo eh" ei tralasciasse d' eseguirlo

Michele, ch'era una volta in santa Marta ed ora vedesi nella reale galleria. In questa 1 autore che non pose, ch'io sappia, il suo nome altrove, inscrisse seccamente Marcus senz' altra nota quasi compiacendosene. Chiunque confronterà ,

il

fare di questa opera e delle altre sue tutte

sono

in

che facilmente si riconoscono e che gran copia, vedrà quanta differenza passi tra il suo stile solito e quello

assai migliore della citata

Crocifissione,

la

cpiale se vantasse

mighor disegno,

potrebbe gareggiare coi primarj monumenti della pittura milanese.

CONVENTO DI CASTELLAZZO.

COPIA NEL

(

Doro

la

i5io =

1

5i4

)

copia dello Spedale maggiore e

per ordine di tempo seguente debbasi

il

la tavola di san Barnaba cui demmo secondo luogo, non saprei ben dire se a questa o alla

Entrambe però sono, almeno in ciò che più importa, non meno che la tavola descritta che per esse come già avvertii, dovette servire. È diflicile l'indagare con precisione in cpal tempo fossero eseguite queste due copie. Quella che or descriviamo di Castellazzo (7), di

mano

di

luogo de'

fiati di

terzo.

il

Marco

,

,

san Girolamo

,

lontano un miglio dalla

condotta a fine prima del 1514. La seguente che

città,

fu già nella

debb" essere stata

Certosa di Pavia, se

noi fu contemporaneamente dee^ di poco precederla o di poco venirle dopo. Congetturo L indicata epoca da una lapida che tuttavia si conserva incastrata esternamente nella parete meridionale del refettorio del convento di Castellazzo. ,

Leggesi in essa che un don Baldassare Sudato da Milano, a quell'epoca priore, ristaurò ampliò e adornò il convento. Però sembra probabile che fra gli or,

namenti

di cui

il

Sudato rese cospicuo

il

suo cenobio

,

fosse

anche

il

cenacolo


,

i3S

Marco per

dipinto da

che copio

I girolomini di Castellazzo e delle Grazie si

uno

poteva,

i

Intorno

vazioni.

refettorio

e vollero averne

,

Perchè

simile dalla scuola stessa del Vinci.

mano

fidassero tale impresa alla stessa

poniamo

certosini di Pavia invidiarono ai

famoso ornamento del

il

iscrizione

l'

note m.

le

fra

quale è appoggiata

l'apiDuiito nel refettorio, al

,

parmi

gli

uni e

per quanto gli

af-

altri

scorga per le seguenti osser-

si

secondo decennale del secolo decimosesto

al

domenicani

,

tempo

,

in cui

due opere. Cesare da Sesto e Bernardino Luino, primi lami della scuola milanese, dovevano essere assenti, e probabilmente s'eran recati a Roma,

dove

le

Sanzio

il

buoni premj

direttore di

,

da

ajuti

ed ottimi coloritori.

pratici

cure maggiori

come sono

,

,

BoltralFio,

Il

non doveva assumersi copie

le

opere del Vaticano , aveva chiamati con ed in ispecie da Lombardia che dava gran le

tutte

tutta Italia

ch'era ricco

lavori

di

sono

specialmente allorché

,

gentiluomo e che aveva

molta fatica e di poca gloria

da recente originale.

tratte

Dicasi lo stesso del Melzo che sembra in oltre non essersi dilettato di grandi

opere, e che forse unitamente

Dopo

questi

Pedrini

,

migliori

al

Salaino era anch' egli già assente col maestro.

o imitatori di Leonardo

discepoli

viene in ragion di merito

piiì

,

e

nidla sapendosi

,

1'

non poter poi

tempi per

opere grandi

le

venisse eseguita a olio

,

conferma nell'opinione che contemporaneamente discepoli o

lui e da' suoi

compagni

doveva avere

l'

Questa adunque de' girolomini che ancora del luogo

,

una e

;

il

costume

ed anche ciò mi

l'altra

da

venissero

eseguite. esiste nel detto

presso convento di Castellazzo e che cortesemente prietarj

ponesse

si

commissioni di Castellazzo e della

le

egli allontanarsi dalla città, nella cjuale

molti ajuti e molte opere, fu cagione che la copia de' certosini, contro di que"

del

assenza o le occupa-

padroni, e ch'egli come solo presente de' migliori venisse ricer-

contemporaneamente per entrambe

cato

Certosa. Il

Marco

nostro

furono motivo che sopra Marco

zioni de' cinque nominati soggetti

r occhio da

il

si

refettorio del sop-

mostra dai presenti pro-

fu eseguita a fresco con molta attenzione e diligenza.

È

alta

once dieci, e larga dodici braccia meno mezz'oncia, compresavi una vecchia cornice alta cinque once e un quarto, probabilmente contemporanea sei braccia

e

lati e in alto non però nella parte con gran precisione ed accuratezza, sebbene in moltissime cose l'autore operasse a capriccio, non secondo l'originale. Il paese è

al

dipinto

inferiore.

,

quale

la

il

Tutto vi è

cuopre alquanto ne'

,

fatto

arricchito di fabbriche e d'altre minuzie: la tappezzeria

nelle ricpadrature

mini di

,

azzurri

,

verde oscuro.

giallo:

)

rossi

,

La

gialli

,

violacei

soffitta

ornati a rabeschi sono

ha i

i

,

tutti

travicelli

tra

appesa,

(

che sembrano viole

è tessuta a fiori

non

convolvoli

isfondata e

gelso-

foglie di verde chiaro in

campo

decorati

all'

,

intorno

d'

una

linea

fianchi delle porticelle poste tra le tappezzerie:

pavimento è di un rosso vivace interrotto

d'alto in basso

da cinque

di il

strisce verdi.


,

i36

sono distribuiti ad arbitrio, e vi si ripetono in onta de precetti di Leonardo. L' azzurro oltramarino , forse per gusto ed ordine de frati vi è usato senza accordo e con tanta profusione che fe invito a mani non so se più ladre o indiscrete, a raschiarlo barbaramente in più luoghi con danno dell'opera. II cielo le montagne i panni di Matteo , di Cristo di Giovanni , di Pietro di Bartolommeo sono o in tutto o in parte dello stesso tuono di azzurro senzi I colori

,

,

,

,

,

varietà alcuna e con patente disarmonia. Anche le tinte delle carni sono monotone e pendono in rossiccio in tutte le figure eccetto il san Giovanni che è d'una tinta assai buona e contrasta assai bene col vicino Giuda ,

di color fosco

abbronzato.

Il

colorito in generale

non

è

nè armonico né piacevole:

le barbe bianche sono ombreggiate da un grigio ferreo, e staccano aspramente dalle tinte fortissime delle guance: i capelli, ove non sono come le barbe, foschi che danno in rosso cupo, secchi ed eguah tutti di colore e di maniera, con onde regolari e minute, non rammentano certo il sistema del maestro che tant'alto portò l'imitazione e la scelta in questa parte sì importante al decoro ed alla grazia delle teste. Ma il peggio sta nel disegno. Le figure sono generalmente tozze: le teste sono pesanti forse più che nella tavola di san Barnaba: le attitudmi non sono libere nè facili: le mani, se si eccettuano

quelle dell'apostolo

Giovanni, sono storpie, or piccole or corte, e generalmente mal fatte e spiacevolissime. Ve ne sono alcune in cui le dita hanno le articolazioni rotte o

forzate fuor di misura: altre,

falange delle dita fa

come una

dell'

apostolo Matteo , in cui la seconda

un angolo minore che non è nella prima, il che è conLe forme de' piedi sono barbare afflitto. Le orec-

trario all'operare della natura.

chie sono talora fuor di luogo e tutte mancanti notabilmente nella parte inferiore. figura del Salvatore non ha spalle, avendo un collo larghissimo senza muscoli: quasi tutte le altre figure hanno le parti mal corrispondenti fra loro e mancano sopra tutto, come quella del Redentore, nelle attaccattire delle spalle e decolli. Non ostante si enorme numero di difetti, quest'opera va tenuta in pregio per l'autorità della scuola, e per questa ragione io ne ho disegnato tutte ledeste e gran numero d' altre parti accessorie con che ne posso parlare con più cognizione che non farebbero gli osservatori superficiah ne quali il giudizio è spesso travolto dalla seduzione de' nomi antichi , dalf indisciplinata fantasia e talora anche dair interesse , iniquo sovvertitore delle opinioni. Ben è gravissima disgrazia che de varj discepoli di Leonardo , il solo Marco abbia fino a noi tramandate le sue copie, e però ci manchi una guida onde discernere quanta parte abbia egli in esse trasfuso delf originale quanta del fare suo proprio. ,

La

^

,•

mezzo, a mio parere, l'attribuire a

di ottenere qualche verità

Quindi il solo ne giudizj intorno ad esse, è

Leonardo quanto vi si riconosce di buono, e credere del copiasi vede di contrario si alle generali disciphne dell'arte, come

tore quanto vi

alle speciali di

Leonardo.

La

parte che

v'

è di più lodevole

parmi

il

carattere


'^7

vane

di

ed in ispecie di quelle nelle quali non fu esagerata l'espressione a danno delle forme. Ad ogni modo quest'opera è monumento da farne conto e si debbe pubblica lode ai presenti possessori del convento i quali fra le teste,

,

non

,

solo cercarono d'impedirne

il

deperimento,

ma

ne lasciano libero l'accesso

a chi vuol vederla o trarne disegni.

COPIA DELLA CERTOSA DI PAVIA. (

i5io = i5i4

)

Dalle cose

dette nell'articolo die precede questo, si può comprendere l'epoca, merito di quest'altra copia, di cui, perchè collocata in luogo famoso per altre opere, si trova menzione presso del Baldinucci che non ebbe

l'autore e

dell'

il

notizia incirca della stessa grandezza della descritta di Caeh' è quanto dire di forse un quinto più piccola dell' originale. Dalla

antecedente. Essa è

stellazzo

,

all'

Certosa di Pavia, in occasione di non so quah vendite di oggetti appartenenti a quel convento, passò nelle mani d'un negoziante milanese. È dipinta, come si disse, in tela, ed è sufficientemente

ove

la

biacca non sostenne le

in ispecie

Alcune altre

i

hanno

piedi che

come

teste,

ben conservata; solo è annerita di molto parti di essa sono d'altra mano, ed enormi, e sono in tutto pessimamente eseguiti. Alcune

tinte.

dita

nella copia di Castellazzo

sono esagerate

assai

in ogni parte

,

sono belle e di molto rihevo

:

e caricate oltremodo nell' espressione

:

,

alcune poi sono fuor di disegno affatto, come fra f altre quella del Salvatore, e più ancora quella dell'apostolo Fihppo. O l'Oggiono aveva mano assai ineguale, 0 si serviva di ajuti o discepoli troppo inesperti. Occorrono a quest' opera varie' cose delle notate neh' antecedente, eh' è inutile il ripetere. Non descrivo ciò che si può scorgere dalla stampa che ne trasse il signor Frey, nella quale per altro diminuiti e notabilmente migliorati di forme. Del 1 piedi sono colore e d'altre cose che la stampa non sa mostrare, non posso parlare a dovere, perchè quan-

tunque allorché

io abitava nella reale

e considerata molto questa tela

ne ragiono che

Accademia abbia per

varj anni vista spesso posta presso lo scultore Franchi , ora non

di reminiscenza, stante

di sè alla morte del Franchi

però proposto

ivi

,

l'affitto

che

l'attuai

possessore,

non mi ha permesso eh" anche per un anno per dugento ,

ritiratala

io la vedessi.

presso

Me

luigi d'oro, al

ne ha che non

mi parve dover accondiscendere soddisfatto coni' io era d' averla altre volte esaminata; e con ciò mi scuso di non saperne dare più minuto raaouaolio ,

71'

,

,

^ C i-i'i bantagostino nel suo hbercoletto, pubblicato nel 1671 , parla di questa copia, e la chiama, bella quanto V originale: ma quando poi parla dell'originale, dice , come già altrove osservammo che è tanto guasto , che poco se ne può godere con rocchio. Come abbia fatto il Santagostino a istituire il paragone fra •

11 pittore

,


,

i33

la

di

tela visibile

Marco

e l'originale di cui

difficile

l'indovinarlo: certo è che

quando

si

desse molto valore

ai

giudizj de' secentisti

passo nelle note

il

(«)

Un

.

non meno

giudizio

ha da Bartolomeo da Siena certosino, di Dice anch' egli al modo del Santagostino

esagerato in favore di questa copia cui leggasi

poco potea godere con l'occhio, è in enormi sbagli in fiuto d'arti,

cadrebbe

si

si

(«).

,

quantunque scrivesse quasi mezzo secolo prima ^ che vix cegj-eque si poteva al suo tempo godere del bello dell' originale. E ciò che prova che questo frate poco intendeva le cose dell'arte, anzi non sapeva che traintenderle è l'encomio ,

singolare che fa della testa del Salvatore di questa cojDia

come cosa Leonardo aveva in tal parte lasciato imperfetto e per l'appunto si combina che, come assai bene mi ricordo e la stampa in parte il dimostra, la testa del Salvatore di Marco, oltre i notati errori di disegno, è dura, affettata, e non solo lontana dall'espressione che ancora in mezzo a tanta divina sopra

ruina teste

poi

originale che

opera

;

la

ma lungamente

stessa e tra le altre a quella

entusiasmo

affettato di

di

inferiore altresì a molte

Giacomo

questo buon frate basti

il

Minore.

il

vedere che

In prova ,

sebbene

non si prese cura nemmeno d'informarsi dell'auqaal cosa non può non cadere in mente a chiunque osserva con amore

altamente decanti tore

:

va nell'originale indovinando,

si

dell' dell'

1'

esaltandola

,

un' opera

d' arte

la

che

sua tela,

si

Comunque però

crede stimabile.

del certosino e del pittore,

esagerati sieno

i

giudizj

questa pittura, ad onta d'esser opera di più mani

e ad onta di molti altri difetti, al pregio dell'antichità unisce, al pari di quella

Ma

di Castellazzo, l'autorità della scuola. della libertà

almeno

,

di

che

già

ragionammo

,

una

nelle parti più importanti d'

abbiamo per essa un solenne argomento delle andche copie perchè essendo ,

mano

istessa

e questa e la descritta di

non pertanto sono fra loro si differenti che posizione, quasi non si direbbero derivare dallo stesso conferma che Marco le ha tratte entrambe dalla copietta nè le tinte de' panni le quale non vi sono nè i piedi Castellazzo

,

,

,

gran parte

fatte

arbitrariamente

nell'

una e

nell' altra

se

si

eccettui la

Con

originale.

comciò

si

di san Barnaba, nella

quali

cose furono in

copia,

COPIA DI GIOVANNI PEDRINI i5..

(

Nel

)

manoscritto del Mazzenta, citato dal Venturi,

del Cenacolo di

mano

del Pedrini

Ignoro se

fra gli scolari del Vinci.

congetturare che fosse o quella

per ornare quell' edifizio

,

,

il

menzione d'una copia quale dal padre Sebasdano Resta è posto

esista e

dell'

dove

Escuriale

o quella di san

,

se

si

fa

esista tale opera.

non

Germano

,

fu

fatta

le quali

diconsi entrambe indeterminatamente della scuola di Leonardo.

da

Potrebbesi

espressamente varj

scrittori


i39

COPIA DI

GERMANO IN PARIGI

S.

Il

magnanimo

5

1

(

di tanto pericolo.

Ma non

ma non

,

conferma

cita in

che queste,

riflette

ne fosse

stato

richiesto

che

si

trattava di

,

vi

Roma

moli minori,

miglia, e che la bisogna sarebbe

quando con tali macchine si fosse trattato di scorrere le leghe il Moncenisio e la Savoja o qualunque altro sbocco in

riuscita altramente,

varcando

Che

se la difficoltà stava nel richiederne

del re Francesco in fra loro

tre

Ce-

incaricasse d' impresa

s'

le trasportazioni eseguite in

oltre

avvennero in luoghi piani pel corso di due o

Francia.

trovò chi

dice che se Leonardo

Il Bottari

sarebbe senz'altro riuscito, e

a centmaja

)

re Francesco Valese voleva far segare la parete intera del

nacolo onde trasportarla in Francia

dallo Zabaglia.

7 circa

1

ne fosse

tempo che

fatta

questi teneva

Leonardo, egh fu al servizio ed è probabile che

Milanese

il

parola, conchiudendosi essere

chi attribuisce a Lodovico

XII questo

ardito pensiero

il

,

ma

,

V ha

taglio dell'Istmo.

per

la

natura sua e

per più gravi autorità storiche appartiene al Valese, il quale non potendolo mandare ad effetto ordinò una copia del Cenacolo che parrebbe dover essere stata commessa ad artefice di buon nome. Essa fu da alcuni scrittori attribuita al Luino vecchio, ma non v' è intorno a ciò alcuna buona o antica autorità. ,

Fu

probabilmente portata in Parigi intorno

la vista

dell'originale

posta in san fabbricieri,

Germano

dove

al iSiy, cioè due anni dopo che aveva acceso tanto desiderio nell'animo del re. Ivi fu d'Auxerre e secondo il Lépicié nella sala d'unione dei ,

stette fino ai disordini

è da credere sia stata distrutta

dell'ultima rivoluzione, nel qual

non trovandosene ora

tempo

notizia o vestigio.

Cosi da più d'uno. Si legge ricordo di questa copia nelle opere del D'Argenville, del Le Comte e d'altri molti che copiaronsi al solito a vicenda. Certo che se fosse stata di mano di Bernardino Luino e quindi la

almeno mi fu

,

riferito

minliore

,

di quante

ne esistono, sembra che

de' tumulti di Parigi

,

nel cjuale

portand dell'arte; talché

la

si

ne sarebbe tenuto conto anche al tempo pensò sempre a porre in salvo le opere im-

sua perdita mi dà congettura della sua mediocrità.

COPIA (

Dalla copia Mommoransì fe' ne

fa

menzione

di

san

fare pel ,

la

se

Germano

D' I

Sao circa

fu

suo castello

nipote

dell'

ha origine, nuovo argomento

ESCOFENS.

copiata d'

quest' altra

Escovens

originale

della

)

poca

si

,

che

il

contestabile

di

ed è strana cosa che da chi

dice più

bella della

figlia

critica de' lodatori di tali opere.

donde Nelle


,

140

giunte del Bottari

alla

Vita

dond' è

tratta

che quella diocre

vatane

di san

chè

;

la

Germano ^

legge che questa d'Escovens era

si

Anche

suo tempo.

al

ignora V autore.

s"

,

Leonardo

di

ancora benissimo conservata

di

come

questa

L' esser questa detta migliore

dell' altra

pare assicurarci

lungi d'essere di Bernardino, fosse di mano menon sarebbe da credere che la copia ca,

se fosse stata altrimenti

vincesse

questa, e perchè

E

in bellezza. fatta

se quella

era

tempi di nessuna

in

questo genere, e perché destinata a

star

mediocre

critica e di

,

mediocrissima sarà

facile

contentatura in lungi assai dall'originale, e perché in

fine i Francesi a quell'epoca, secondo che dice il Cellini, in fatto d'arti erano ancora gente grossa, e non godeano che da pochi anni il frutto della protezion generosa con cui il gran re Francesco animò ogni nobile disciplina. Rimane da

aggmngere che non si andrà lungi dal vero credendo che quest' opera sia stata mal pagata ed eseguita da artefice di poca fama; perché se fosse stata ben pagata, sarebbe stata eseguita in Itaha sull'originale; e se fosse stata commessa ad artefice distinto questi non l' avrebbe copiata da un' altra copia. ,

COPIA DI SAN BENEDETTO PRESSO MANTOVA. iSaS circa

(

Ad

onta di lunghe ricerche e di viaggi

posso per anco parlarne che

sull' altrui

)

fatti

lamo Monsignore converso domenicano, scolaro pel convento di san Benedetto in Polirone.

Fu

per veder questa copia, Essa è attribuita a

autorità.

non Giro-

frate

Andrea Mantegna

,

e fu fatta

dipinta in tela a olio

,

e

di

vendu-

alcuni anni sono, cjuel convento coi mobili e co' quadri che l'adornavano,

tosi,

fu trasportata in Sassuolo in casa del compratore. Questi da oltre

non

con moltissimi Senza

non

un anno, per conseguenze della guerra e delle sedizioni, mandolla quadri in Modena, dove è di presente rotolata e incassata (<).

lasciarla esposta alle

l'

sia

fra le

scrisse

altri

autorità

del Vasari

altrimenti

due

per lo più di reminiscenza

refettorj di

san

questi possono essere fe'

sarebbe quasi da sospettare che questo cenacolo

ricordo

di

tali

dice altrimenti che

altri

di sua

opere e l'

uno

sempre Se

asserito.

Domenico

stati

,

dell'

in

Io lo pongo pertanto in serie

del Vinci.

copie appoggiato a quanto egli ne dice

e su quanto venivagli da ne'

,

copiato da quello

:

ma ogimno

di fretta

Mantova e

autore

,

che questo autore altrui

,

di san Benedetto in Polirone

e la prima volta che

il

Vasari

Giocondo non copiato da quello di Leonardo ed

cioè

de' cenacoli fosse

sa

e spesso coli' ajuto

Girolamo dipinse due cenacoli

frate

composizione

,

nella vita

di fra

,

;

ivi

certo era

il

luogo di dirlo

,

dove di

fra

Girolamo e

di

suo

fratello

Fran-

cesco più degno pittore ragiona largamente. Solo poi nella vita di Girolamo da Carpi, ove di nuovo parla delle pitture di san Benedetto, soggiunge: Nel medesimo


testa

colo

mano

un Jirue Cirolanio converso di san Domenico nel refettorio in come altrove s' è ragionato in un quadro a olio ritratto il bellissimo Cenache fece in Milano a s. Maria delle Grazie Lionardo da Vinci ritratto dico

luogo è di

,

,

,

tanto bene eh' io ne stupii

;

della qual cosa

nuovo memoria avendo

volontieri di

fo

veduto quest'anno i566 in Milano l'originale di Lionardo tanto

non

non una macchia abbagliata , onde

scorge pili se

si

padre renderà sempre testimonio in questa parte della

che in

Vasari credè aver già detto ciò

come

in molte altre occasioni

pendo cenacolo

,

de'

Forse accrebbe confusione

edizione.

nell'altro refettorio de' francescani

senta fatti

mezzo

Salvatore in

il

si

trova

memoria

pure in Mantova,

l'

i

un Giuda

quali vi è

con attitudine strana,

e gli

opera

la quale,

ai dodici Apostoli in prospettiva

con molte considerazioni, fra

differente dagli altri e

,

E

qui

il

s'inganna,

di questo

stu-

ricordo alcuno nella sua prima

sua

alla

ma

passo asserisce,

c|uesto

buon

di questo

Leonardo.

virtù di

e quel che è più singolare

;

Monsignori

mcd condotto che

la pietà

altri

,

Francesco

di

die' egli

rappre-

,

che sono bellissimi e

traditore

con

tutti intenti

viso

tutto

a Gesù che

parla loro essendo vicina Ut sua passione. La quale descrizione rammenta alquanto il Cenacolo vinciano, e può avere avuto parte ad illudere lo scrittore ed a fargli dire quanto abbiamo citato.

Aggiungo

a queste osservazioni, che

semlira però parlare anch' egli suU' altrui autorità

signore è nella libreria,

mantovano

sul

il

già nel refettorio,

coli'

come

scrisse

la

il

Lanzi (che

Vasari. Il

il

Mon-

copia del

Cadioh

il Vasari, egli che essendo pure dell'arte opera sott'occhio e servirsi poi per un di più, se il credea,

Vasari lasciò

In fine e per memoria di alcuni che videro l'opera

scritto.

luogo e per quanto asserirono in addietro

che ora

dice che

la dice nel refettorio e cita

potea ragionarne di quanto

non

)

la tiene in

Modena,

il

cenacolo in

è una imitazione di quel di Leonardo di

gli

tela

mano

agenti del presente possessore

che fu

tolto

da san Benedetto,

di Camillo Procaccino, eseguita

liberamente senz'altro ritenere dell'originale che l'ordine delle figure. Che se veramente (eh' è pur d'uopo far conto dell'autorità del Vasari ) esiste una copia

mano

del Cenacolo di

di fra

Girolamo

,

mi

ristora alquanto del

non

averla vista

leggere che questo sant'uomo trattava l'arte freddamente, e dal Vasari stesso

non

il

è

chiamato se non ragionevole dipintore: laonde non è da credere che l'opera sua potesse gran fatto somigliare alla vinciana e perchè egli era d' una scuola diversissima ne' principi in particolare del chiaroscuro e del colorito , e perchè ,

,

fatta

soltanto sopra qualche

qualche

modo

del Procaccino

disegno lungi dall'originale.

la perdita della ,

non

copia del Monsignore e

saprei altro congetturare se

la

non che

Per ispiegare poi in sostituzione di quella

quella prima sia stata

rubata o distrutta nell'orribile sacco di Mantova e de' contorni, avvenuto nel e che

i

frati

era morto,

nome,

t(ì.3o,

Milano, non già da Camillo che a quel tempo da qualcuno de' tanti suoi imitatori, le cui opere ne portano il

la facessero rifare in

ma

del quale colla ordinaria loro mediocrità

hanno diminuita

la fama.


J

ARAZZO VATICANO. (i5..)

Non mi

è riuscito

trovare

di

l'antica copia in arazz'o

con precisione

che credo

dal tempo.

Se

de' pittori

essa fu fatta eseguire da Francesco I

mente

,

e fu

,

si

crede

tratta

al

in

qual tempo

sia

stata

fatta

serbi tuttavia in Vaticano, assai consunta

si

padre Resta che ne parla nel suo Indice del Parnaso ,

Germano.

dalla copia di san

onde farne dono a papa CleSembra che questo arazzo sia

stato anticamente guastato per mala custodia o per altre ragioni poiché fino al tempo del Bottari, che ciò dice in una postilla ad una lettera del giovane Mariette era per 1' antichità tanto lacero che non se ne potea più far conto alcuno. Sembra anche che abbia subito varj risarcimenti. Ad ogni modo non può affatto ,

,

,

servn-e per dare idea dell'originale,

non

solo

come copia

tante alterazioni nelle fisionomie, ne'panni, ne' colori e in 11

fondo poi, forse per alludere

lato

che campeggia sul cielo,

oltremodo contraria

il

per isbaglio dell'arazziere vedesi

in

sei dita

in

,

Roma

la

per le

in ogni parte.

invenzione,

Lanzi,

il

ma

copia,

vino eucaristico, è convertito in un pergoma qui affatto fuor di luogo ed

al

lieta

alla severità della

parlano di quest'opera

di

somma

composizione. Oltre

Fiorillo

ed

altri.

quest'opera una

11

i

citati

Resta e Bottari,

Fiorillo

mano

anzi

di san

dice che

Giovanni con

qual cosa fu detta dal Cocbin sulF originale. Io ho visto più volte ma mi parve tanto esagerato e difettoso in ogni parte,

questo tappeto,

che non l'ho mai attentamente osservato, né mi ricorda d'aver

visto lo strano

errore rammentato dal Fiorillo.

DI GUGLIELMO DELLA PORTA. (

Nella Porta

in

Vita di

Milano

Leone Leoni attese

i53o

e d'altri,

racconta

con molto studio a

che gli fecero grandissimo giovamento.

Il

)

ritrarre

che principalmente sul Cenacolo di

tali

siffatte

opere.

da poterglisi

attribuire.

Vasari che Guglielmo della cose

eli

Lionardo da Vinci

de' pittori (^).

È

Anche

il

da credere

Guglielmo ignoro però se esista dar cenno per norma di chi qe trovasse

studiasse

Io ne volli

le

Baglioni ne dice altrettanto.

Resta dice lo stesso nell'Indice del suo Parnaso

avanzo di

il

:


(

t43

COPIA IN ARGENTO. i53o = 33

(

Di quest'epoca nini

la

,

all'

incirca

sarà

eseguita la copia accennata dal

stata

quale era probabilmente

)

fatta

a

bassorilievo

cesellato.

ComaLa pongo in

questo tempo, perchè nel i533 avvenne terina de'

Medici

,

passo a carte 42. Certosa di Pavia

rone

,

il matrimonio di Enrico II con Caper errore detta Margherita dal Comanini di cui riveggasi il Di queste copie in rilievo esisteva di già un esempio alla

dove

nostro Cenacolo fu imitato in

il

valente scultore, che mori l'anno

,

marmo da

Biagio Vai-

i5i3.

COPIA A OLIO GIÀ NEL CONVENTO DI CASTELLAZZO. (

Un'altra copia del Cenacolo lazzo

appartenente

,

ai

figure vi sono grandi

si

1640 circa

vede in un podere poco discosto da Castel-

signori Carli

poco

)

È

di Milano.

questa in tela a olio

,

e le

metà del naturale. Fu, a quanto apparisce, diminuita alquanto lateralmente ed accresciuta in altezza onde appropriarvi una cornice non sua, e adattarla a luogo più stretto del destinatole da principio. L'opera non è spregevole, ma non vanta autorità alcuna, essendo senza dubbio oltre la

copia della copia a fresco di

convento finché

alla

mobili per ottanta

il

Marco in Castellazzo. Essa fu sempre in quel soppressione de' girolomini fu venduta con altri quadri e

lire.

Il

coltello di Pietro,

copiatore la

non ha

tralasciata la

saliera rovesciata;

mano

Tommaso,

di

solo nella tappezzeria

ha

fatto

un drappo verdastro a suo modo, superiormente ornato d'una frangia male mutante l'oro. Anche le aperture che stanno fra le tappezzerie sono quah nella copia di Castellazzo, e quelle che stanno a dritta del Salvatore, veggonsi illuminate dallo stesso lume che rischiara tutto il Cenacolo, e ciò ancora più

evidentemente introdusse

come

i

il

piatti

rettangoli

non

che

è

nelF opera

eh

Marco.

copista altre cose di suo arbitrio, e le

giaUi

vivande variate a capriccio

e rossi

,

un cagnolino

nel

,

Oltre

l'

indicata

tappezzeria

ma il

sono di poca importanza, pavimento ornato di grandi

mezzo

del

cpadro

ecc.

Il

tuono

generale dell'opera supera in effetto l'opera a fresco per la maggiore armonia, per non avere que" grigi ferrigni ne' capelli d'Andrea, di Pietro e di Taddeo, e per aver tinte piti accordate ed alquanto meglio variate ne' panni. I capeUi però sono quasi tutti d' un colore uniforme tendente al rosso bruno , tinta prediletta

da Marco. La tunica di Giacomo di Zebedeo é di un bel giallo dominante, al verde, ed anche ciò prova che se tal panneggiamento

con ombre tendenti


144 si

vede

talora

adoperato

si

oscuro nelle copie

avvenne percliè inavvedutamente vi fa Questo lavoro d' ignota mano de'la metà del secolo decimosesto. Il

ciò

,

caduco colore.

giallo santo o altro

il

debb' essere stato eseguito poco prima

podere o cascina dove

conserva,

si

si

cb/àma Belcazzide.

COPIA PRESSO IL SIGNOR (

Questa copia

meno

di

1540 = 5o

DAY IN

ROMA.

)

poco più di due braccia e mezzo, e poco Sembra anteriore alla metà del secolo decimosesto.

a olio in tela è alta

cinque e mezzo

larga.

Nel piatto di mezzo v' è un agnello intero. Matteo è barbato: imberbe è Bartolommeo. Arbitrarie sono le tinte de' panni egualmente arbitrario è il fondo e gli accessorj. Vi si vede la mano di Tommaso. Giuda ha i capelli rossi. Y"è anche :

la sohta saliera rovesciata. Il

pregio principale di quest' opera è

quelle esagerazioni e caricature che in quasi tutte le altre

come moderne. Senza qualche Dai molti un semplice disegno

r autore.

autorità

si

non

il

veggono,

vedervisi

antiche

si

credo impossibile indovinarne

scritta

specialmente ne' colori si giudicherebbe tratta da anziché da bozzetto o copietta minore fatta direttamente

arbitrj ,

,

,

dall' originale.

COPIA NEL CONVENTO DELLA VETTABBIA IN MILANO. 1

(

Nel desi

ma

,

occupata dalla pittura

,

è

di

Leonardo.

incirca della

all'

due

tranne

piccioli

L'architettura vi è dipinta ad arbitrio.

non sono più grandi

figure

che neir originale

,

sono

che debbe aver ,

nella

fatta

tale

Ad

del naturale

assai

anzi riescono imbarazzate e

barda

circa

)

convento della Vettabbia a

refettorio del

una copia del Cenacolo

quello delle Grazie

56o

meno

opera

prima

sinistra dell' antico ingresso ve-

refettorio

stessa

pilastrini

alle figure

un tempo ed affettuose sembra un uomo stranamente

e pronte

conosco della

coli'

la

rimane

lato

e dall' altro.

nelle

attitudini

,

le

tutti

cruciato

quali

maniera di questo pittore della

scuola lom-

Egli ha forse creduto di

Giacomo

da tormenti.

minuti ragguagli intorno a quest'opera, non essendo

\

alto di

tutta

esagerare le mosse delle teste

nell' originale,

il

un

dall'

meno

che

,

rinnovazione

semplici a

conserva bensi in generale

assai

e sebbene fra loro discostate più assai

,

seconda metà del secolo decimosesto.

dare espressione maggiore

è

larghezza

onta della tanta indicata larghezza, le

facili

Non

false.

II

tale

movimento eia disposizione

Ma da

,

tanto

Maggiore sopra

il

è

inutile

il

dare

fare autorità.

Essa

delle figure,

ma non


145

v'é neppur a

man

ombra

1"

del

fare

Leonardo nel

di

Anche

resto.

lume

il

è preso

destra per servire alla posizione delle finestre, mentre per la stessa ragio-

ne nell'originale è a

sinistra.

NEL REFETTORIO DEL CONVENTO DELLA PACE

COPIA

IN MILANO. i56i

(

Il

Lomazzo

matura

età

,

Sembra ch'egli

i56i.

eh' ivi descrive.

Ne" suoi Grotteschi però ne

,

nel C{uale

,

fa

un

ricordo in

sonetto del libro

per ragionare del Chiocca suo allievo e

due seguenti quartine

le

condotta

,

non

la

stata

ne facesse poco conto,

stesso

perchè nella Vita che di sé stesso scrisse avendo circa tenne degna d'essere noverata fra tante opere minori

cinquantanni, secondo

die debb' essere

fece in sua gioventù questa copia

a fine al principiare del

almeno in

)

d' altri

,

prepone

:

Pianse mesto Francesco Re di Pranza,

Quando Il

il

Melzi che morto eia

gli disse

Vinci, che in Mila/i mentre che

La Cena Questa

pinse

eli

visse

ogni cdtra opra avanza.

anch' io in quella stanza

ritrassi

Dove mangicuio i frati senza risse Nella Pace ove da niun mai si misse Disturbo nella lor amica usanza. Quesd versi debbono essere di poco posteriori all'opera che, a dir vero, pari ai versi, è meno che mediocre, e non fa autorità alcuna, tanti sono gli arbitri e il mal garbo con cui fu condotta. La parete sidla quale è dipiata a fresco, è larga quattordici braccia e mezzo, ed alta sei e tre quarti. Il fondo ,

fatto a capriccio alla

testa

del

volte

r altezza

terali

in

luogo de'

sono

,

i

carni; trascurato in

mezzo

Tali

bizzarra

,

struccio dorico arbitrar]

ha due strane aperture divise da un

Salvatore.

soliti

e

mal

arazzi

cui risponde colori de' il

aperture

forma.

solida

e tra

,

l'

un unico

panni

un

sono

una

e

Esse 1 altra

triglifo a

che

fa

largo più

campo

due muri laavvi un meschino pila-

continuano

piombo

nel

fi

di

ne'

egio.

Non meno

sparute assai sono generalmente le tinte delle

;

carattere; storpiato in fine

alle strane

pilastro

rettangolo

malamente

il

disegno.

Il

fondo,

novità ed alla riprovevole architettura, ha almeno qualche

pregio d'esecuzione, e dimostra miglior pratica che non il resto, talché si direbbe d'altra mano. Mal a proposito il Du-Fresne, che pur era buon critico^ lodò questa meschina produzione e dal di lui giudizio su di questa si può argomentare c[uanto valga il giudizio del Santagosdno e di Bartolorameo da ,

'9


146

Siena sopra quella della Certosa, e d'altri

sopra

sua Guida fa le meraviglie che

,

Loraazzo

il

Bianconi nella prima

Il

altre.

quale in quest' opera gioveiille

il

come ci dice a ragione, piedi giganteschi da far paura (.3), divenuto cieco indicasse poi accuratamente le proporzioni del corpo umano. Quanto maggiore

fece,

sarebbe stato di

il

suo stupore

temporanei

alla

durre che nelle Un'altra

sua copia

copia di

singolare

1" ,

e la

piii facile

altri

hanno

imitate dagli apostoli del Vinci crocifissione di Cristo. Forse

,

ripetuto lo stesso

feci

il

tai

mio credere,

larghezza della parete che

nomi

prova

la

mente

colla storia,

buona origine

come

;

un cenacolo

fu

Fiorillo

la

copia di

(

i565

(m)

Della

fatto

inscritti

i

invenzione dello stesso ^

e ch'io, molti

CAPRIASCA.

)

quest'opera che occupa quasi

di

dicontro

nomi

nel secondo libro

di cjuesta iscrizione

all'aitar

maggiore della chiesa

di tutte le figure. L'accordarsi di

abbiamo diffusamente osservato,

che forse fu copiata da simile antica-

esistente sotto l'originale. Essa é pertanto nell'ordine che qui

BARTHOLOMEVS,

il

,

.

PONTE

principali sta

d'

volte in refettorio

trasportare nell' accademia reale

parrocchiale di Ponte, è l'avere

ma

il

non uno scrittore milanese furono probain una cappella della chiesa sono state

a tempra, che stava altre

de" pregi, a

fare.

e stanvi in rappresentazione di spettatori della

,

anche

.

Uno

il

in

COPIA NELLA CHIESA DI

tutta la

dire die

il

De

il

;

Di questo sbaglio stravagante bilmente cagione le poche figure che

Lomazzo, dipinto

Lomazzo sono

Pagave nel suo elenco delle dice dipinta nel Monastero maggiore e ciò eh' è più autore pose

esiste.

anni sono

precetti del

e di

assicura assai bella e conservata. Sulla sua fede

l'Amoretti ed

,

,

questo

,

i

poco posteriori se non concome dimostrai nel primo libro. Da ciò si può de-

del disegno è

arti

copie del Cenacolo

Valle

se avesse saputo clie

,

dieci anni anteriori alla sua cecità,

forse

lACOB MI,

ANDREAS,

si

trascrive:

PETRVS, IVDAS, S. lOHANES, lESVS XPVS, S. lACOBVS MAI S. THOMAS, S. FHILPPVS {sic), S. MATTHEVS, S. THADEVS, S. SIMON. S.

S,

S.

S.

(.r„,

L'opera cihtà,

aver

clic

tratta

ben conservata,

è alsbastanza

ma con poca

finezza.

Le

è

eseguila a fresco con molta fa-

figure sono grandi al naturale. Il pittore la

da mi semplice disegno a chiaroscuro

molta relazione

coli' originale.

V'è di notabile,

non vedendovisi che non vidi altrove, ,

debbe

ne' colori il

braccio


147 eli

Pietro ignudo dal gomito in avanti. Mancavi la

generalmente sono

caratteri delle teste.

i

Non

v'

cevole o di esagerato. L' autore ha abbandonato disposizione del

menti delle

campo

pareti.

Non

del Salvatore nel cielo; tato dal

mezzo

Lomazzo

fra quelle.

,

due

In

tali

istimò oltre

Circa

al

Tommaso,

e deboli

è però nulla in esse di dispia-

,

come molti

altri

,

la

semplice

ed ha moltiplicati inutilmente gli adornaciò opportuno di lasciar campeggiare la testa

ma

finsevi in vece,

con espediente consimile all'adottenendo chiusa la parte di ,

sole aperture lateralmente

aperture veggonsi

effigiati

di Getsemani.

deboH ed alquanto

pittore sono

di

dell'originale,

del calice a Cristo nell'orto

per generale abito

mano

trascurate

,

il

sacrifizio d'Isacco e l'offerta

Queste composizioni originali del e ciò appare essere fatto assai più

autore che per volontaria trascuranza di cose accessorie. tempo in cui l' opera fu dipinta e circa chi la dipinse piacemi qui dell'

,

trascrivere

una

lettera colla cpale

temente un amico che

di

tai

il

cose

il

cortese paroco di Ponte ragguaghò recenrichiese.

Ponte Caprìasca, 12 novembre 1809. Intorno all'autore della pittura di questa chiesa di Ponte non so dirle altro, che fa fatta da uno scolaro di Leonardo da Vinci, del die fui assicurato in occasione della visita qui fatta dalla felice memoria del fu nostro arcivescovo Visconti, solo

per memoria

nome non

esistente

neW archivio

so se vi resti registrato.

Ma

della cancelleria arcivescovile di Milano.

il

Noi qui

a Ponte non abbiamo altra cognizione di tal autore fuori che dall' antica tradizione pervenutaci dai vecchi di questo comune, ora tutti trcqmssati, da me con premura da loro indagata e ritenuta in mente, e porta questo: Che era un giovane brillante qui rifuggitosi da Milano ,

ove

per qualche sua bizzarria giovenile o pittoresca era venuto in disgrazia del Governo circa l'anno 1S20. Ponte allora era assai più popolato che adesso, e trovando qui ricovero, eccitò gli uomini di questo comune a provvedergli de' colorì , che per non istare ozioso bramava di occuparsi a dipingere qualche cosa in questa sua chiesa.

Fu provveduto

di tutto

e dipinse il cenacolo sul disegno di , quello che Leonardo quclV epoca aveva dipinto o dipingeva sul refettorio del monistero delle Grazie in Milano , ove si tiene che detto giovane lavorasse assieme e sotto la scuola del suo insigne maestro. Oltre il cenacolo nel quale imitò bene il maestro, fece qui altre pitture, ma a sua idea e con fretta, perchè dopo qucdche tempo nconcdiossi, e ripartì da Ponte. Si ha per costante tradizione, come sopra, che all'

intorno

di

questo

comune non gh faceva

altro che le spese del vitto, e che all'epoca della sua

tenza lo vollero questi uomini pagare , ma ricusò qualunque paga istanze 1' obbligarono ad accettare un donativo di scudi settanta

,

e

par-

dopo molte

del paese: s'indusse

ad

accettarlo

,

ma

poverì del comune,

subito

ad

andò in questa piazza di Ponte essi

tutù

li

distribuì,

ed anzi

,

esso

e tosto

chiamati i più donò a questa chiesa


,,

una

,

fascia di seta rossa che usava portare alla cintola, e qui esiste ancora

di Continenza feriale.

ad uso

Tutto questo ho rilevato per fatto certo dai vecchi miei par-

rocchiani ecc.

Anton Maria Meneghelli, curato di Ponte Capriasca.

Un

ragguaglio a questo esattamente conforme ebb'io, sono quasi tre anni,

dallo stesso paroco, e

ne

e disegnare quest'opera sia

il

valore che dare

si

mi

ricordo allorché

scrissi

coli'

recai a

Ponte per vedere

ajuto dell'ottimo signor Lavelli pittore.

Qualunque

voglia a questa tradizione, vi è di certo notabilmente

esagerata l'antichità dell'opera e vi è confusa l'epoca dell'originale. Per le

cerche che

feci fare

Ponte, se non un decreto del cardinal

trovai altro che risguardasse l'opera di

Federico Borromeo della chiesa,

il

,

quale ordina che

col

che non pare

dipingano

si

stato eseguitoci»).

sia

che contiene sempre qualche parte di vero

Questo Pietro

mano

fratello

Pure

le pareti

meridionali

se, dietro la tradizione

e dietro la

,

maniera del dipinto

non temerei

è permesso di spingere più in là le congetture, io

questa copia é di

in

di Pietro Luino. di Evangelista e di Aurelio,

un sonetto consacrato

tutti figli

del gran Ber-

a quest'amabile famiglia di pittori poeti,

aver portato Bernardino alle stelle per

E Ancor più In

,

di asserire che

nardino, male fu confuso dal Lanzi con Pietro Gnocchi discepolo d'Aurelio.

Lomazzo

ri-

da persona atta e diligente nell'archivio arcivescovile, non

vostra

in alto ,

per

l'

aggiunge:

sale

arte del porre

che in mente vi trascorre.

versi quel

E Ciascun dei

la virtù della pittura,

fama

Il

dopo

a questa meta corre

tre vostri figliuol

irci

,

quali

Evangelista e Pietro sono uguali A'el pinger

Tu Aurelio la Come per V opre ,

,

nm puì

:

più

cui mente

vali

alto spira

tue si vede e mira.

Oltre che in dolce lira

Dolce canti

i

pensier

Dispiegandoli in

E perchè Tutti tre

Qual fu

E

siete di

si

tuoi disegni

i

ognun

pel biondo

del vostro genitor

qui è da notare che non

solo vi

e

versi ornali e

si

il

e

vago

V imago

('7).

parla affatto del valor pittorico di Pietro,

dice che uguagliava nel dipingere

entrambi dal valore di Aurelio;

degni.

v uisegni

il

ma

di lui fratello Evangelista, lontani

quale artificioso silenzio prova che

il

Lomazzo


,

149

non aveva molto

di che lodare, e

che questi due non distinguevansi gran fatto con opere originali; e questa copia il dimostrerebbe per Pietro, come opera la quale, sebbene non priva del tutto della grazia di quella felice scuola, non vanta però alcun vigore di disegno nè altra potenza d'arte. in

uno

di qualche risarcimento o riadornamento, e quest'epoca

tamente

di

età

alla

che

Pietro

par de'

al

Cristo all'orto e

il

si

accorderebbe perfet-

amico del Lomazzo m. vedere introdotti in questa

fa

fratelli

Concorre a confermarmi in questa mia opinione copia

Lessi poi inscritto

degli archi della chiesa l'anno i565, che deve certamente indicare l'epoca

il

sacrifizio d' Abramo, le quali storie

già aveva dipinte Bernardino nel cenacolo che fece per gli zoccolanti di Lugano e che dietro la paterna autorità avrà Pietro introdotte nel suo. Ma per ultima conferma della mia asserzione osservisi neU' unica cappella della chiesa il cjuadro che sembra il

,

a olio, dipinto su finissima tela^ e

Casa portata da

sulla Santa

vedesi

un Dio Padre

non

si

legga su questo quadro

dell'

autore

suir altare

del

che rappresenta

neh' inferiore

,

desima

Nella

parte

superiore

Donna

Nostra

di

quadro

del

il

angeli

tengono da una mano un candelabro gentilizio.

Vergine col putto, sedente

,

quadro di

santa Caterina.

la

maniera

intagliati

con all'

una targhetta

essa

targhetta

che

abbiamo

Vergine

Sebbene

lo fa giudicare

osservinsi

,

rilievo

dall' altra

di sopra della

al

e

o data alcuna,

osservato

cappella due

dell' istessa

san Giovanni

nome

Ma

cenacolo.

la

Nello spazio

tre angeletti.

diligenza

Essi

antica.

scudo

svelta o

vedesi in piccolo la descritto

nella

;

me-

inferiore

un piccolo lupo. Se il piccolo lupo che nel paese si chiama prenon è lo stemma di Luini io non saprei qual alno potesse meglio a quella famiglia convenire. Che per altro il fosse mei fa credere anche vedesi

cisamente Lu'm

,

,

,

il

Vasari che forse per esso chiamò

come similmente a

Vitruvio

cappella

sotto

come

fe' il

padre di Pietro, Bernardino dal Lupino: Cesariano che Be Lupino lo nomina nel suo commento il

capo primo del terzo

il

libro.

Che poi

il

quadrò

della

copia del Cenacolo sieno di Pietro anzi che di EvangelistV r appoggio alle seguenti lettere inscritte in entrambe le targhette PE LV la

cioè Petrus Lupinus o Luinus.

Accordandoci ora

un giovane

spesa che del vitto e de' colori

pittore

,

senz' altra

pitture la chiesa, è facile il credere

col suo

che

vi lasciasse

colla tradizione

anche

il

,

,

che dice che adornasse di

dono de'candellieri

stemma, desideroso, secondo l'uso di que' tempi, che di lui rimanesse terra. Ma come non si può a queste opere concedere 1' anti-

ricordo in quella

chità che porta la tradizione

non si accorda troppo quel generoso disinprofugo per ragioni politiche o civili. Con un taglierebbe anche il nodo di quest'ultima difficoltà. ;

cosi

teresse dell'autore col suo esser altro

colpo da antiquario

si

Li un antico disegno che fu già del padre Sebastiano Resta ed ora sta neh' Ambrosiana, e che sebbene di poca importanza, non rappresentando che un piede,

pure è certamente opera del Vinci

,

lessi scritto di

pugno

del Vinci stesso

,

oltre


,

i5o

più cose che non fanno

al caso nostro il nome di un Bernardo da Ponte di Ora perchè non pohebbe questo Bernardo essere il famoso

Fai di Lugano.

,

padre di Pietro, che cosi senza diminutivo è chiamato dal Lomazzo in

pittore

prà d'un luogo?

Di lui, come di tant' altri artefici nostri, s'ignora la patria, cognome, senz' altra autorità, venne creduto di Luino sul Lago Ce resio 111 oltre fu sempre fecondo cF ottimi ingegni nelle arti

e dal solo suo

Maggiore.

Il

del disegno

ed

e da

più

manda

non che per tutta Italia , in Ispagna Ceresio l'elevazione de' suoi obelischi. Di casato de'Luini nel Luganese più frequente che altrove, l'incertezza della ,

in Russia. il

secoli

Roma

vera patria di Bernardino e la inosservati del tutto. Se

che Pietro

turale

artefici

deve

stessa

memoria

si

fatta

lasciarsi

gloria, diverrebbe in allora na-

Bernardino avesse passato cjualche tempo al paese cagione ch'ivi il conducesse: si spiegherebbe facil-

di

figlio

da Leonardo non debbon

scritta

Ponte vantasse

paterno, qualunque fosse

,

al

la

mente come per amor di patria sebben forse egli nascesse altrove gratuitamente vi decorasse la. chiesa di sue pitture si spiegherebbe finalmente come ,

,

:

suoi paesani volessero ad ogni modo compensarlo il meglio che poteano com'egli generosamente distribuisse agTindigend il premio a lui destinato. i

Ma

per uscire una volta dalle

alla copia

conchiudo che

,

è l'accennata iscrizione

intenzioni dell' autore

per

campagne

sterili

cosa per

la la

me

,

e

delle congetture e per tornare

importante che vi ho trovata quale ho potuto più facilmente penetrare nelle piiì

che nel secondo libro ho tentato di sviluppare.

,

COPIA NELL' ESCURIALE. (

Se

il

crede

si

al

Escuriale fu

dell"

Carducho,

la

1

565

circa

copia che ancora esiste nel refettorio del collegio

fare da Filippo II

fatta

Mazzolari, dice nella sua Descrizione

tata in

Valenza, e che è

Ximenes che aggiunse segnalati

artefici

alla

ben

;

e Francesco

dell'

l'

Escuriale

De

los Sautos

chea

che copia

quel re fu presen-

che poco più può essere l'originale.

fatta

Descrizione del

che abbellirono

questa copia ove parla

)

De

Lo

Santos un catalogo de' più

los

Escuriale delle loro opere

,

loda di

nuovo

Don

Leonardo.

Antonio Ponz nel suo Viaggio di Spagna la dice anch' egli assai buona e meritevole che se ne faccia gran conto. Il Fago Italiano nel tomo secondo delle sue Lettere ne fa pure grande enco-

mio

,

ed assicura

copie clie

si

da me veduto ghezza

( il

che non sarebbe però molto

conservano in ogni

di

all'

Escuriale

:

Conca

che

sia la

migliore delle

die' egli,

all' originale

sua bella parte, e massimamente nella maestà, nella va-

e nelle arie nobilissime delle teste.

copiato dal

)

Tanto rassomiglia,

Il

cjual giudizio

senz' altra aggiunta fu

nella sua Descrizione odeporica della Spagna.


,

i5i

In questa serie di

legge memoria di chi abbia

non

per chi

vede

la

che

scrittori

posta , considerata

1'

prima pietra nel

]

563

stata eseguita

quale,

che fanno testimonio

non

risulta

ed è anzi

;

alcun allievo di Leonardo

arti

grande

di

da credere

,

gli

tranne

il

e in cui scrittori

originale

l'

si

elevate

e

efletto

o

originale

Ciò non ostante,

signor

,

si

suo voto

il

a

In allora

si

non vantava più

aveva di già

nel primo libro.

sofferti

Da

tali

i

danni

osservazioni

paese lontano in

cui

le

dove trattandosi di un doveva con poco sforzo ottener

conosciute,

mirabile e fiimoso

Siccome

Escuriale di cui poscia

Melzo vecchissimo,

citati

non si manca,

si possa tal copia porre in che parecchi anni clopo sia

grande autorità per una copia destinata

non erano ancora molto

ritratto

dell'

adornandosi a poco a poco quel magnifico luogo.

,

tocca ad una età, la

di

Fihppo mandò ad

re

il

sontuoso edilìzio

il

sembra evidente che non

,

epoca a quella anteriore

l'altro,

espressamente pel luogo dove fu

sia stata fatta

epoca in cui

o l'idea di Carlo V, erigendo

un

onde giudicare del suo merito.

scorta

però mi par verisimile ch'essa

l'

quest'opera, e ignorandosene l'autore,

fatta

sola

la

,

copiarono a vicenda

si

e

Le Brun pittore francese che vidi Fanno scorso in Milano di ritorno dalla Spagna mi assicura che questa copia oltre r essere benissimo conservata è a molti titoli pregevole e in generale di buon carattere: non seppe però nemmen egh, sebbene esperto conoscitore delle manieeffetto.

il

,

,

,

re delle varie scuole, indovinarne o sospettarne l'autore. 11 signor Giorgio Wallis, valente pittor di paesi, che ha veduto quest'opera in questo stesso anno loio, mi assicura che è di molto annerita, e che il colore vi sta per cadere a cagione

dell'umido grande che domina quel luogo nel verno, e del gran caldo che vi regna l'estate. Un simile danno die' egli che hanno sofferto quasi tutte le dipinture in tela che sono all' Escuriale cioè che tutte sono degradate dalf esser loro antico per annerimento e per iscrostamento. La copia però da lui veduta ,

da vicino e da

lui

asserita

ragionevole,

non ha avuto verun ritocco. sebbene non si accordino

recenti autorevoli testimonj del suo pregio stato presente,

mi sembrano

poco

di scrittori

migliori elogi di quest'opera che

(

Anche

non

tutti

i

citati

esperti delf arte o pregiudicati per altre ragioni.

NEL MONASTERO DI

cenacolo.

I quali

sul suo

,

I

S.

Syo

VINCENZO IN MILANO. circa

)

refettorio del soppresso monastero di san Vincenzo vantava il suo Esso è dipinto a fresco e le figure sono grandi al naturale. La ma-

il

niera somiglia a quella de' discepoh di

più distinto

fra loro,

AureKo Luino.

aveva dipinta in gran parte

che sua parimente fosse

la pittura

del refettorio.

Pietro Gnocchi

la chiesa:

si

,

forse

il

potrebbe credere

Se è sua, non gU fa grande


102

onore

essendo lavoro mediocrissimo per disegno e per colorito. È però molto un nuovo sviluppo clie 1 artefice diede alle figure in (questa libera imi-

,

notabile

La

tazione anzi che copia. di

Giacomo

il

figura di san

Maggiore, vedesi qui

mano che

esattamente nell'atto che la detta di

che

si

Tommaso, isolata

in vece di stare dietro quella

e col braccio

in molte copie

mano

e la

si

vede

sinistra

fa supporre-

,

è di già ragionato nel secondo libro.

COPIA DI SESTO CALENDE i58i

{

Nell' antica chiesa parrocchiale

chiama anche

al

presente

1"

di san

abbadia

)

Donato

perchè

sinistra della cappella detta di san Pietro,

nacolo dipinta a fresco,

c).

in Sesto

fu

tale

Calende

auticaiuente

la eguale si

,

parete

sulla

,

vedesi una meschina copia del Ce-

alta braccia quattro

ed once otto, e larga braccia dieci

mezza. Nel fondo in luogo della porta e delle finestre che Fautore soppresse, si veggono due compartimenti o quadri, l'un de" quali rappre-

e once

sette e

Eva

senta la nascita d' il

peccare d'Adamo.

il

mancanze che

disegno

,

;

vi

scorgono

si

in

varie

Colla nascita

d'Adamo

col peccar

Osservansi in questa copia

sacrifizio di Cristo.

le

X altro

,

pittore alla cagione del peccato

iufiiiid

parti

,

d'

Eva

alluse

alluse alla cagione del

arbitrj.

E

inutile

poiché vi manca

il

notare

nel

tutto

colorito ed ogni sana parte dell' arte.

Marco tempo

assomiglia alquanto alle copie di

almeno per questa parte neir originale

,

fosse

Certosa di Pavia.

piamo per due storia dell' arte

la

quale

stata

tratta

Da due

'1

in

che

la

copia fu

fatta,

era già perduta

o dalla copia di Castellazzo o da cpella della

cartehi

iscrizioni chi

che

,

al

Nella disposizione delle gambe con che potrebbesi congetturare che

dipinti

nelle

pareti

laterali

del quadro sap-

fece e chi l'ordinò. Sarebbe desiderabile per la

simili iscrizioni

si

leggessero in tutte le pitture

piìi

ma

impor-

sventuratamente abbondano più nelle opere mediocri che nelle buone. La prima che vedesi a destra di chi legge porta le seguenti parole

tanti

;

:

(

sic

IOANNES BAPTISTA TARILLVS DE CVREIA VALLIS LVGANI PINCE BAT ANNO i58i

)

L' altra a sinistra dice

:

SOCIETAS SANCTISSIMI CORPOEJS XPI EX ELE MOSINIS HOC FIERI FECIT

- ANNO

i58i

m.


i53

Chi

si

trovasse ozioso a Sesto e fosse spinto dalla curiosità a vedere

copia, ristori

tempo che

il

composizione

bella e savia

leonardesca.

Un

vi

perderebbe, coir osservare

sebbene abbia molto

battistero, la quale,

gruppo

,

modernamente

bene

se

d'

un

allievo

scuola

della

che ragionan fra loro, è composto maestre-

in

forse

di

non che

rifatta,

tavola a scompartimenti

del

stile.

Questa abbadia è antichissima parte

la pittura a fresco

dà ancora sufiìciente idea di

ed é certamente opera

di dottori

volmente ed é di ottimo

sofferto,

questa

mille

anni

Vicino

risarcita.

ma

,

fu per la maggior

al battistero vi è

fondo d'oro, non senza merito per

ne ignori l'autore, può dare idea dell'arte

sagrestia della chiesa sotterranea

vi

di

un'antica

Seb-

l'età sua.

quattro secoli

In una

fii.

sono pure de' freschi di un'antichità assai

un angelo sedente che suona un violino tedesco. Sopra la porta poi della chiesa esternamente si vede una Vergine col putto e un san Rocco opera assai antica della quale è autore un Bernardino Molina. Vi è

remota.

di

singolare

,

COPIA DI PIETRO PAOLO RUBENS. 1600 = IO

(

Poco dopo

il

Rubens. Esiste

)

millesecento dee porsi la piccola copia del Cenacolo

al

presente in Madrid presso

il

duca

Ho

di Hijar.

chi l'ha veduta che è talmente tradotta nella sua maniera, che appena

nosce donde proviene. Forse è cpella che servi per

la

fatta

udito dire si

dal

da

rico-

stampa del Soutman.

COPIA NELLA PINACOTECA AMBROSIANA. i6ia = 16

(

Benedetto Sossago, nel quarto

)

libro de' suoi

Epigrammi pubblicati

alluse principalmente a questa copia ordinata dal cardinale

allorché cantò que' versi

Dum

;

caput expirans

Pictor Leonai de , reclinas , Callonim dominus hrachia supposuit. Ecce mas tabulas Feclericus servat ab cevo ;

Hic mentis

E

veramente questa copia

in su

,

servare

,

casto s

,

corporis

per quanto in allora

si

poteva,

la

,

'die fidt.

quantunque non presenti

le figure

è la sola pienamente autorevole e fatta assolutamente ,

nel 16 r6,

Federico Borromeo,

che dalla mensa

all'

oggetto di con-

memoria del moribondo

originale.

ragguaglio che sono per darne, é tratto da quanto scrisse e pubblicò lo stesso cardinale nel suo libro intitolato Museum Questo valentuomo che

Il

bene


,

i54

intendeva

imaginò

valore di tanta opera

il

modo con che

di trovar

diligente, e mostrandogli

copia

meglio che

il

il

veggendola prossima

Chiamò

ripararvi.

all'

ultima sua ruina

un

a sè

pittore

vicino pericolo di tutto perdere, lo

potesse. Ciò

si

,

impegnò

debb' essere avvenuto intorno

,

esperto e a trarne

1613 o poco

al

come si può giudicare dall'epoca in cui furono stampati i versi del Sossago. L'artefice, disperando dell'esito dal vedere le croste dell'intonaco cadenti, e il più delle figure guaste o svanite, deluse da principio la lusinga concepita dal dopo,

cardinale

d'

averne un intero

di quelle in cui era

contentossi

di

minore

mala voglia

cominciò ad averne due o

veggendo l'opera

pittore,

ritratto

e solo

,

cardinale,

il

offerse di copiarne Cjualche testa

si

danno del tempo e

il

teste

tre

delle altre circostanze.

non pertanto

e affrettando

delle

quali fu

il

Ac-

lavoro,

oltremodo soddisfatto

e

,

il

meglio che non s'aspettava, prese animo a seguire e accrebbe colle proprie le speranze del cardinale. Cosi dopo gran

tempo, con

infinito

riuscirgli

tedio e suo e d'altri, in molte riprese, tutte le tredici teste

furono ridotte come ora

si

E

veggono.

perchè

osservare le minute cose di ciascheduna,

per tutte,

modello

servì già d'una sola gran tela qual cosa l'avrebbe costretto a copiare lungi molte braccia dal in tante piccole tele quanti sono i principali gruppi le dipinse

la

ma

;

pittore volle poter d' appresso

il

non

si

,

indi compiuta

l'opera

riunì

Della fede ed accuratezza posta in questa imjiresa non

che

oltre

il

pittore graticolò e lucidò

,

con quell'esattezza che potè

tutto

il

ognuna

si

delle teste,

maggiore.

può dubitare, poiché ebbe

la sorte

di tro-

vare a quel tempo gh antichi dintorni della stessa grandezza, de' quali ora, per quante ricerche io m'abbia Ante, non ho potuto rinvenire memoria alcuna. In

modo

questo

giun-se ad ottenere

questo lavoro

carissimo

sopra

poteva un giorno riuscire

utilità

il

gli ,

suo intento altri

buon museo

cardinale

il

del suo

quale aveva

il

prevedendo

di quanta siccome solo vero deposito de' pochi rimasugli ,

della più grand' opera del Vinci. Egli vi fece inscrivere le seguenti parole che

dallo

stile

si

scorgono dettate da

lui

:

RELIQVIAE OOENACVLI FVGIENTES HAC TAEVLA EXCEPTAE SVNT

VT COSSERVARETVR LEONARDI OPVS. Cosi

quod

si

ill.e

può

dire

col

tinrum descripserat.

E

cjuale, segue a dire scevientis

Bosca

,

Ostendinms item exemplum vlnciani

(Vincius) pulchenimii/n in

aqudoms

ne abbiam il

Bosca,

afflatas

triclinio

deljito

carnee

illius

tm bonissimo

effetto

;

ma

il

al

imaginem pingi

tempo

in

che fu

genere de' colori che

tanto annerire che in alcuni luoghi

Canaculi

wdem

gni-

provida mente del Borromeo jiissit in

tabula,

dominicance cmnauoni historiam fere totani

Egli è certo pertanto che questa copia,

fatta di

alla

dominicani coenobii ad

non

si

vi

fatta,

,

la

cum

abstuleric.

doveva produrre

furono impiegati

,

giunge a scorgere qual

1"

ha

tinta


i5S

vi

si

Questo generale abbassamento de' colori che

volesse imitare.

r armonia

opera

dell'

opere insigni

,

e

l'

esser essa collocata in alto in

anzi precisamente

,

al

una

tolse tutta

sala ricca

di altre

di sopra del mirabile cartone originale della

Scuola d'Atene, furono cagione che rimanesse

a lungo inosservata, e che nesdisegno che studiarono l'opera di Leonardo, ad essa avesse ricorso. Del ragguaglio con cui il cardinal Federico illustra questo monumento sebbene fosse stampato al suo tempo non s' impresse che una dozzina al più d'esemplari per uso della Biblioteca e Pinacoteca, costume che

suno degli

artefici

del

,

,

quel cardinale tenne in

prime edizioni de'varj suoi opuscoli, per tal Rara parimente è la seconda edizione del suo Museo procurata in Firenze dal Gori né credo che altra ne esista. Oltre ciò nella Pinacoteca non se ne solca tenere nessun esemplare nò della prima né della seconda, e sarebbe stato, adir vero, poco utile per le continue mutazioni ed aggiunte, e negli ultimi tempi per le perdite fatali delle cose migliori. ragione quasi del

tutto

tutte

le

sconosciute.

,

Ad

ogni

modo non

degli elogi del

cose delle

arti

da questa

sola,

,

si

tenne questa copia in quel conto

che meritava, e ad onta

Borromeo che aveva buon giudizio e senso non volgare per le appena yenne modernamente chiamata non Spregevole. Intanto perchè per testimonio non solo contemporaneo, ma della per-

sona stessa autorevolissima che

la conunesse, £!vaftco/afa e lucidata, si ha un'idea giusta e precisa della disposizione esatta e del grado vero de' moti delle figure. Si vede parimente per essa dove era maggiore , dove meno sensibile il guasto dell'originale. La testa del Salvatore è la men buona di tutte, da che si può congetturare die nel dipinto del Vinci, non solamente era imperfetta,

come

da più sani

storici

siam

fiuti

certi,

ma

che anche quel primo imperfetto' lavoro

doveva, più d'altre molte parti dell'opera, aver sentite le ingiurie degli anni, tale da non potersene avere una ragionevole imitazione. Perciò il

ed esser

in questa testa più scigli

copista'

che altrove

si

opera degna del suo modello

apparisce ammanierato e licenzioso

Procaccino di cui forse

mente

abbandonò

fu

,

alla

Anche

propria maniera, e non riu-

nelle

mani del suo san Filippo

e richiama alquanto

discepolo.

Cosi trovansi

eseguiti, e alcune altre parti trasandate

bilmente non tanto per tedio d'una lenta

fatica,

di Giulio Cesare panni negligente-

il fitre

alcuni

con incuria, e tutto ciò probaquanto per la ruina e mancanza

totale di dette parti nella parete delle Grazie.

Resta ora a dire dell'autore, ignoto al Fiorillo e agli altri che di questa copia parlarono: e fu un Andrea Bianchi, milanese, soprannominato il Vespino. Ma nulla v'ha fra le opere stampate che ce lo ricordi, tranne alcuni passi del Sormani e del Torre che parlano di qualche suo lavoro, e d Fuessly che copiò quegli autori. Egli però fu slimato assai dal lodato fondatore dell'Ambrosiana , il quale non solo ricercollo per affidargh l'opera del Cenacolo, ma lo incaricò di gran numero di altre copie di opere insigni, come si può fra le note


i36

vedere desca

Dai suoi

('^. (

lavori appare assai diligente nell' imitare la

chè in quella quasi esclusivamente

0 da' suoi

imitatori

)

della propria.

affitto

carattere

e

,

Ma

si

vede

a

sì fatta

,

si

maniera leonar-

copiando o da Leonardo

esercitò

eccetto quanto al di sopra notai

precisione nell' imitazione

non aggiungeva che una mediocre

,

dimentico

del disegno e del

pratica di colorire

,

talché le opere

sue sono per lo più annerite e in molte parti presso che perdute, e specialmente in quelle nelle cpiali il colore non è sostenuto dal bianco di piombo.

Le

cose

sue migliori

oltre

,

alcune parti del Cenacolo

tavola tratte da opere distrutte del

Luino

,

sono alcune

teste in

vecchio, e forse d'altri della scuola vinciana. In cpieste ha evidentemente usato miglior metodo migliori mestiche , il

,

e forse imprimiture bianche o

almen

e quello in che mori questo pittore tant' altri

:

chiare.

forse fu vittima

valentuomini, della peste del i63o,

COPIA NEL MONASTERO DI

Dalla 1

si

nel

ogni parte

in

soppresso

del

dipinta a ,

fresco

:

le

e vi sono

delle vivande. 11 fondo imita la

quest' opera j

essa

si

monastero figure

vi

vede che

sia

degno

,

congettura intorno

come vedemtuo

nella libreria

\

,

Roveri ^

detti

di

san Michele

,

alla

Chiusa.

È

più aggiunte varie figure che portano continuazione della volta del refettorio e rimane

un

cartello, posto al di sopra stata

eseguita.

Nulla

in

dell' originale.

COPIA IN SAN

persone degne di fede da

può

fratelli

di

(

la

e

città.

sono di grandezza naturale.

legge l'anno 1636 in cui pare essere

si

NUOVA

Se

nostra

)

aperto con vedute di architetture e di paese. In di

come Daniello Crespi alla

debb' essere uscito l'autore della mediocre copia che ancora

,

refettorio

Quest' opera è arbitraria

,

fatale

scuola di Camillo Procaccino o pure da quella de'

Fiammenghini vede

si

MICHELE ALLA CHIUSA.

S.

1626

(

S'ignora l'anno in che nacque,

alla

me

BENEDETTO DI MANTOVA. i63i

)

copia del Monsignore e le asserzioni di alcune interrogate

collocarsi la copia

avessero fondamento

che venne

sostituita

,

a C[uest'

epoca

antica

fosse

all'

fosse nel refettorio di san Benedetto in Polirone.

,


'57

COPIA NELLA GALLERIA DI MONACO. (

Sono debitore Baviera a

della

di

notizia

ama molto

quale

il

,

i65o

circa

)

questa copia a

e protegge

S.

A.

generosamente

Pi-incipe

il

le arti

Reale di

e allorché fu

,

Milano nel dicembre del 1808 onorò più volte di lungo esame i miei Né limitossi la bontà del lodato principe ad informarmi

studj

sopra Leonardo.

opera che

si

in disegno lucidata dal

quadro

egli si

:

compiacque

della quale gentilezza

;

conserverò sempre infinita gratitudine. L'opera è attribuita a Niccolò Possine,

gli

su di che dalla vista del solo disegno chito di

molte colonne

parimente è de'

Monaco

conserva nella magnifica galleria di

mandarmene una copia

di

di tal

1'

due

non

accessorj

gli

può

si

giudicare.

sono cambiati ad

fondo è arric-

Il

arbitrio.

Cambiata

attitudine di Matteo ed alterate notabilmente quelle di alcuni altri

commensali.

oltre

e

,

Il

quadro è

un braccio

alto

e

un quarto

circa

poco

e largo

,

braccia.

COPIA CIA NEL CONVENTO DELL' OSPEDALETTO. (

1660

circa

Io vidi, molti anni sono, cpesta copia in

darmi

non che non era

se

grandezza naturale: sentita

da alcuni

il

tale

da

farsi

)

tela a olio,

ma

osservar lungamente.

altro

Le

non

so ricor-

figure sono di

disegno debole;

attribuire

il colorito sbiadato e senza vigore. L'ho ad uno de Piola di Genova. Esiste ora in Venezia.

COPIA NEL REFETTORIO DI SAN PIETRO IN CESSATE. (

Agostino e Giacinto Santagostino

,

sono

figli

,

1675

circa

)

e probabilmente

gli autori di

discepoli

di

Giacomo Antonio

questa copia fatta già pel refettorio de' gesuiti

in san Fedele, tolta poi di quivi per esser posta nel refettorio dell'orfanotrofio di san Pietro in Gessate

una

tela

ove

al

presente

si

vede.

Essa è dipinta a olio sopra

d'un terzo circa minore in grandezza della parete sulla quale è dipinto

r originale

,

essendo

la sua altezza di braccia

cinque e once

tre

milanesi

,

e la

larghezza braccia dieci e mezzo.

Desiderosi

gli

autori di conservare nello spazio staljilito la

massima grandezza

delle figure, le accostarono fra loro quanto poterono sulla linea orizzontale;

ma

per acc]uistar mole, perderò no infinitamente dal lato de' moti che divennero languidi

/


i58

e falsi

perchè

,

fra loro

per cui è mirabile

impediti e privi di quello slancio e di quella prontezza

Cenacolo vinciano.

il

cui furono impiegati colori

iinprimitura,

fumo

il

dita totale dell' effetto

trebbe degli

agli

meglio

,

tempo

troppo oleosi

e

cui da quasi

,

questa copia che

di

infiniti

un' imitazione

dirsi

anneramento dell'opera,

totale

non

,

si

la

tinta,

ma

di questi

in

cattiva sta

della perautori.

In

par di molte altre po-

al

scorgono

,

un secolo e mezzo

non solo dell'adombramento d'ogni sempre debolissimo in ogni opera

arbitrj

copiatori,

altri

Il

resistenti al

e l'umido de' cibi

esposta, sono cagione

mezzo però

non

ordinarie

le

caricature

Giuda specialmente conserva molta espres-

e la testa di

sione senza le stravaganti deformità che

osservano in particolare nelle copie

si

Marco.

di

I fratelli Santagostini

La

cui fu

di

furono,

pari del padre loro, mediocri pittori di pratica.

al

loro maniera è

una debole luistura di quella discepolo Giacomo Antonio, e dell'altra

Cairo. Agostino pubblicò nel 1671

di

Giulio Cesare Procaccino

piìi

librettino in 16.°

il

diede un catalogo delle più insigni pitture della nostra d' errori

d'

,

inesattezze e di ridicole esagerazioni

fiacca del cavaliere

pieno, a dir vero,

città,

ma non

,

Del

che già citammo, in cui pertanto di qualche

per non esservi di meglio a cjuella infelice epoca. A lagione l'Argelati desidera che quest' opascoletto venga riprodotto meliorc crìteiio e colle necessarie aggiunte e più sarebbe ora da desiderarsi e perchè venissero con miglior cura conservate le cose che ci rimangono, e perchè si potesse aver notizia del luogo ove stanno al presente le molte che vennero traslocate. utilità,

;

Questo Agostino Santagostini o dall'incisore dello stesso

Sant'Agostino non debb' essere diverso

di

nome, menzionato

dal

padre

De

Angelis nelle Notizie

degl'Intagliatori aggiunte all'opera del Gandellini.

VARIE ALTRE COPIE MINORI {Dal i55o Como ed

L'autore del libro intitolato CaUietra, scrive

Cena vi

di

come

Leonardo,

in avanti)

il

Larìo

,

segue: Insigne, per esempio ,

e tiensi fattura

dove ragiona de quadri della è la

copia della rinomatissima

di Francesco Monsignore. L'esattezza e l'abilità è sull'asse. Mi duole dovermi allontanare debhonsi molte notizie intorno alla storia

spiccano del copista, e questo dipinto

dal parere

dell' illustre

delle arti di

opinione

,

autore

cui

Como; ma non pretendendo

procedo

liberamente

oppongono

allorcjuando

si

la pratica e

l'amor dell'arte mi

che

tai

all'

nella

altrui fa

mai

io

esposizione

autorità

,

colla

mia distruggere

de' miei

sul cui valore

divisamenti ,

come

l'altrui

anche

su quanto

dire, giudicheranno, rjuando che sia, coloro

cose intendono ed hanno in pregio.


,

Questa tavoletta adunque, larga due braccia e un quarto circa, e poco oltre alta , è dipinta assai mediocremente ed è opera debole in tutte le

un braccio

,'

Nel modo generale somiglia alquanto alle note copie di Marco se non che è un poco meno caricata nelle fisionomie. Anche le tinte somigliano in gran parte alle usate da quell'autore, e capelli specialmente vi danno in quel solito suo rosso bruno come nella copia di Castellazzo. Le mani e i piedi annunziano la stessa origine, essendo in tutto senza grazia e mal disegnati. Vi parti dell' arte.

,

i

scorge la

SI

mano

Tommaso che prende

di

avvalora la mia congettura circa

tipo

il

coltello

il

donde

la

;

c[ual

circostanza

deriva. Tutta l'opera è

ritoccata

generosamente da mano inesperta, il che contribuisce a scemarne il pregio. Ciò che in essa sarebbe più degno di nota, se l'opera fosse più importante, è l'iscrizione F. C.

SI

M.

di carattere antico e originale, la quale vedesi sulla

Ma nemmeno

tovaglia a sinistra dello spettatore.

opinione del

Meglio

non ziali

si

almeno

fosse

degna

tali

lettere si

accomodano

alla

che attribuisce cpesto lavoro a Francesco Monsignore. accomoderebbero a. Fra Cimiamo Monsignore fratello, se l'opera citato autore

Ma

di lui.

di

mezzo secolo posteriore

chi fosse r autore di

e se la maniera dell' opera fosse credo impossibile indovinare dalle indicate inicopia, perchè il poco merito di essa lo dimostra

modo

ad ogni

tal

oscuro e lo condanna ad essere escluso dagh abbecedarj anche più numerosi. Chi avesse pertanto occasione di vedere questo quadretto si pascerà assai ,

meglio

la

vista

osservandone un

sentante la Vergine col putto,

altro

due

che

gli

collocato

sta

al di

sopra, rappre-

angeletti e sei persone benissimo ritratte dal

La composizione ne è semplice e graziosissiina. Osanche, come opera uscita dalla scuola di Leonardo, un quadro di ricca e bizzarra invenzione che rappresenta Enea che visita Didone in Cartagine. naturale in atto di orare. servi

Assai più pregevole

signor tre

Giuho

men

once

dovrebbe il

di

mi parve una

copietta esistente in Castelmarte presso il Essa è di pari altezza con la descritta, ma è di circa larga. Non ha nota veruna onde poterne arguire l'autore: l'epoca Terrario.

poco eccedere

la

prima metà del secolo decimosesto. Non vi si vede vi si veggono bensì le portine laterali da

sohto ornamento delle tappezzerie

:

molti copisti soppresse, e qui sono alte

Non

vi

si

veggono

altre

come

porta e le finestre del fondo.

la

cose notabili, ma, ad onta di varj

difetti e di molto abbassamento nelle tinte, panni doversi a questa il primo luogo fra le copie piccole da me viste, eccettuandone però la descritta di san Barnaba, la quale, sebbene non superi questa in disegno, la supera in antichità e in autorità di scuola.

Un'altra simile in grandezza a quella della Gallietta è posseduta in Milano Apparisce della stessa epoca delle antecedenti o

dal signor segretario Masera. di

poco

de' verdi

posteriore.

e

degli

Le

tinte vi

sono arbitrarie, e

azzurri prodotto

dell'indaco e d'altri colori

fallaci

dall'

vi

si

vede

il

uso del verderame

che non reggono

al

solito

,

tempo.

del

A

annerimento giallo

santo

differenza dì


i6o

molte altre questa copia pare derivare dall'originale delle Grazie: quindi le

sono moderate nelle forme

più di quelle che provengono dalle

non

ma

scorge;

si

Non

senza grazia.

come

inclinato

indovinarne

l'

il

disegno

manca

vi

la

nelF originale.

autore

non

,

n' è

mano

Le

debolissimo,

figure pesanti e

le

di Tojnnaaso. Il Salvatore

non hanno

teste

aureole.

ha

Non

in Milano presso

maniere conosciute.

riscoiitrandovisi alcuna delle

lontana congettura circa

Manca

la

,

sarcita.

del

Le

carattere.

non

lavoro

attitudini

carpo

,

è

fianco

al

tal

poco

la

:

della solita

saliera

Pietro tiene nella destra

quindi

l'

atto è

col-

il

meno pronto ed

Taddeo non tiene la sinistra stata modernamente mal rifu male restituito in seta bianca. Il com-

d' essere

La testa manca

mensa.

fondo antico

Il

plesso

alla

Vi è indizio

Tommaso.

sinistra di

,

appoggiata

conserva

si

con che potrebbesi avere qualche barlume di

:

la scuola dell' autore.

mano

ma non appoggia il espressivo ma non lascia tello

alquanto tozze, e richiamano un

in altezza: sono

maniera di Bernardino Lanino rovesciata.

capo poco

il

proposto di sant'Ambrogio. Le figure di poco vi eccedono

il

mezzo palmo

in

tutto

il

credo possibile

Dello stesso tempo apparisce eseguita una copietta in arazzo che

il

teste

copie di

In generale vi domina una semplicità ed un' armonia maggiore che

Marco. altre

assai

naturale.

del .Salvatore e

spregevole

e

,

vi

è

ha cpialche

testa

buon' aria e

di

però sono stentate e pochissimo serbano dell'espressione

dell' originale.

Un'altra copia parimente d'ignota mano, larga ventisei once circa ed alta venti,

mi venne comunicata descritte.

tore

il

,

dal signor Coramerio pittore. Si accorda in epoca colle tre

carattere di varie teste

Il

molta inclinazione di quella del Salva-

la

,

paese del fondo, certe righe gialle ne travicelli ed altre note

riconoscersi la fanno credere derivata

dalla copia a fresco di

facili

Marco. Le

a

tinte,

già alterate a capriccio dal pittore, soffersero anche grave alterazione dal tempo,

specialmente negli azzurri e ne' verdi anneriti

uso de' colori.

Tommaso

pavimento è

Il

fatto

a

al

solito

per mala scelta e mal

marmi di varie tinte Anche questa come

;

v'

è

la

mano

di

il più hanno le aureole. delle altre grandi e piccole non fa autorità che dove si accorda colle migliori. Neil' istesso tempo all' incirca in cui furono fatte c^ueste copie, fu, cred'io, :

le

teste

,

,

fatto

anche

il

che da molti ed è largo e che

disegno grande che stava per scrittori è attribuito a

tre braccia e

che ne dica

il

un

l'

addietro presso

Leonardo. Esso è

i

conti Casati e

alto circa quattordici

once

quarto. Il suo pregio principale sta nell'antichità,

Carli nelle note al poemetto

latino sull'Intaglio,

sembra

lavoro eseguito di reminiscenza o pure sopra qualche schizzo in piccolo, cosa usata sovente in que' tempi. Chi bramasse averne un' idea

ne

trasse

il

signor

Domenico Aspari,

però credette di dover sopprimere

,

vegga

la

stampa che

professore dell'accademia reale, nella quale i

piedi

segno sono di moderno risarcimento, dal

,

perchè quelli che vedonsi nel di-

De Pagave

attribuito al Sassi.

1

Coloro


che credettero disegnare

quest' opera

non che

,

di

mano

Leonardo non sapeano che

di

fosse

il

'

il

disegnare di tanto uomo.

Per un secolo circa, dopo l'epoca piccole copie nè in disegni

mena

le

,

quali

anzi

,

,

.

se

si

che copie

copietta poi a olio che

vede nella

si

once sedici e larga men

,

di queste opere, non mi avvenni nè in eccettuano due cattive miniature in pergapossono chiamarsi arbitrarie imitazioni. La

di ventotto

,

galleria dell" arcivescovado

sembra

dopo

fatta

alta poco oltre metà del secolo de-

la

,

cimosettimo e non ha pregio d'arte che vaglia. Un'altra, fatta forse al finire di quel secolo o al principiare del seguente, esiste presso il signor Marco Cigalini; nè vanta migliore autorità, eseguita, com'è, arbitrariamente in ispecie nel fondo d'infelice architettura, adorno di pilastri e bassirihevi. Non è però che dalla metà del secolo decimosesto alla metà del seguente non siensi fatte copie piccole e disegni in buon numero. Le stesse copie maggiori che abbiamo descritte provano che ne furon fatte varie minori, sulle quali quelle prime grandi soleansi

Molte

eseguire.

ne saranno

altre

state

conservare qualche parte sana, e almeno dell'

autore

Dopo

il

,

e

dovea bastare per

attirare

il

l'

vi

alla

mano

di sei dita data

si

per loro studio

generale, pure dovea

vedeva, era di

mano

studiosi.

risarcimento del Belletti che fu del 1726,

maniera e

pittori

effetto

poco che

gli

vedersi copie piccole, disegnate e dipinte. tiva

da

fatte

privato, perchè, sebbene f opera fosse perduta per

Sono

facili a

cominciano di nuovo a riconoscersi e alla cat-

barbaramente dal

Bellotti

a

Giacomo

Maggiore, creduto Touimaso. Ho veduto, da questo tempo fino al ritocco del Mazza, cinque disegni e alcune copie colorite, il tutto pessimo. Uno il

di

que disegni era

di

mano

del padre Gallarati

che ne fece anche una copia in

miniatura, larga circa due braccia, della quale

Roma

e nella

Guida

di

si

trovano elogi nel Giornale di

Milano stampata nel 1778

in francese.

Ma

ad onta di

quegU elogi e ad onta degli ajuti che il Gallarati mendicò da tutd i pittori del suo tempo che proverbiavano la sua opera col titolo di pila dell'acqua santa, la

copia riusci mediocrissima

nè poteva essere altrimenti non avendo il Gaiche una meschina pratica senza alcuna scienza. Migliori d'assai furono alcuni disegni fatti da poi da pittori francesi e italiani, jaer quanto però permise ;

,

larari

lo stato deir originale e la maniera di ciascheduno; nè dee rimanere senza ricordo una grande miniatura recentemente eseguita in avorio da una signora milanese, al cui proposito mi si fa luogo di accusare di troppa modestia e ritrosia in mostrare le loro opere, varie gentih e valenti coltivatrici del disegno della nostra città, per lo che a danno del vero, sebbene con apparente giustizia,

si

crede dagU stranieri che

pregiate presso

Ma

il

le belle arti

sieno fra noi

meno che

altrove care e

bel sesso.

per chiudere competentemente i ricordi delle copie, e per non lasciare incompiuta la serie cronologica delle autorità che hanno servito per la mia cui


serbo

ultimo capitolo del presente libro

l'

credo non poter senz' accusa tacere

,

stampe del Cenacolo, e panni non debba riuscir discaro che qualche cosa aggiunga intorno alle imitazioni più notabili di questa celebre opera.

delle io

DELLE STAMPE DEL CENACOLO. Cominciando adunque dalle stampe io son d' avviso che fra gli artefici primo grido nessuno sia stato dagT intagliatori trattato meno discretamente Leonardo. Nel tempo che le opere sue erano in buon essere e facevano ,

mondo, non vi modo che di quelle

meraviglia del

fu intagliatore di vaglia

darcele in

fosse

degno

occuparsene a qualche buono intagliatore spente del

tutto.

Michelagnolo

,

Se

il

Raimondi che

una caricatura del Rubens. Che

o egli o

se poi

tramandato un diligente intaglio del Cenacolo esso più assai

dell'

opera originale che non

Leonardo

di

che

quella

di

,

in pensiero di ,

erano

Ghisi o

il

altra idea

Vico

il

che

certo

ebbe da

ben

,

si

l'Edelink copiando

serbò

ci

son

,

si

la

qualche pezzo del cartone di

serbò

ci

di

traman-

a

opere che più importavano

di quello

avesse fatto lo stesso

avrebbe della battaglia d'Anghiari

quando poi cadde

:

le

,

che pensasse

di

si

ci

avessero

avrebbe per

licenziose

tante

copie

,

esagerate presso che tutte di espressione e di forme, e troppo in generale lon-

tane dall'idea che dell'opera del Vinci gli

avanzi

Ma

eccellenti.

fama

sola tanta sua

la

,

la

concepire, anche senza riguardarne

ci fa

ottenuta

,

Cenacolo sono di mano debole e sconosciuta tizia

dell'originale, lo storpiano

copie

dere che

rarità

tal

provenga

e

,

fecondo

si

di

opere

più antiche stampe

le

del

e lungi dal recarci qualche no-

,

malamente che pessime imitazioni anzi che sono pure rarissime non si dee crebellezza loro al contrario ne fu cagione il

E

dovrebber chiamare.

si

un tempo

in

fortuna ha voluto altrimenti

esse

s'

dalla

,

:

dispregio in cui fnrono tenute, siccome opere di rozzo magistcrio e inette allo

scopo

di

lezione

modo

rappresentare in qualche

La prima pertanto che di

si

il

dipinto di Leonardo.

conosca e che ho potuto osservare nella ricca col-

stampe antiche e rare

de" signori

Maino

e Storie

,

pare

fittta

del secolo decimosesto. Essa è larga circa tre quarti di braccio ed è Cjuarto

altrove

,

me

intendo l'esemplare da

alta;

e per largo

e per alto più

,

debb' essere

stata

eseguita

lungi

,

disegno scorrettissimo in ogni parte. Le

sono

maso

alterate

Pietro

:

borsa,

ha

in

;

ma non

le distanze cangiate

non ha

il

solito

ma

l'abito stravagante

seinplice

l'

;

che

si

il

quale fu diminuito per alto

Questa stampa dall'

teste

effetto

coltello:

vece una tuinca comune non

le altre,

visto,

notabilmente.

si

originale

Vi manca

IMatteo è baibato

come ho

avvertito

:

la

mano

di

mosse

Tom-

Giuda ha bensì

la

vede nell'originale e nelle copie migliori:

ristretta alla scollatura

ed aperta come

,

su qualche schizzo o

,

soiuigliano quasi tutte; le

nullo.

prima

mcn d'un

le tuniche volgari

da lembo ornato come

romane. In un cartellone


,

i63

appeso

alla tovaglia leggesi

me

con alcune abbreviature

:

Amen

dico vobis quia unus

Nel fondo vedo n si certe casette di cattiva forma e fuor Simone vedasi un brutto cagnolino piedi panni mensa tutto v è fatto ad arbitrio. Ogni cosa in fine dimostra che quest opera fu fatta soltanto per una memoria della composizione e sventuratamente si fatto progetto cadde in mente ad artefice ignorantissimo il quale vestrum

traditurus

di prospettiva. ,

est.

Presso

l'

apostolo

;

,

,

,

ornò l'opera a suo questi è notabile

modo

di

quegli accessorj

un gran pesce posto

che dettogli

nel piatto che

si

il

capriccio.

vede davanti

al

Fra

Salva-

tore. Se la cattiva maniera e le tante altre licenze dell' opera non dimostrassero che questo pesce vi fu posto dall'artefice a capriccio senz" alcuna erudita veduta, SI potrebbe in esso riconoscere il mistico pesce di Tobia, il simbolo di Cristo,

quello pel quale

i

cristiani

furono per sino chiamati

vedersi la Dissertazione del

Ansaldi, nelle quali

si

carne cotta sul Golgota

:

pescicoli.

camaldolese Costadoni e

Può

l'altra

in

tal

di Pier

proposito

Tommaso

ragiona a chiare note del gran pesce Cristo, anzi della sua opera lodata da Giovanni Lami nelle Novelle letterarie.

Che

peccato che que' dissertatori non conoscessero questa stampa Nella stessa collezione ho veduto un' altra stampa che sembra essere stata copiata dall'antecedente ed è in fatti a rovescio. Fanno anche così giudicarla !

le

teste barbate, le fisionomie, le

mani,

Nel fondo sono chiuse le finestre quadrad delle tappezzerie. In alto v'è una gran tenda, la qual cosa si vede ripetuta nella stampa del Soutman. Vedesi anche il pesce avanti a Cristo , con che confermasi l' indicata origine di questo meschino intaglio. La parte inferiore manca nell'esemplare da me veduto; e la porta

:

in vece sono da

quindi non so se vi fosse

un

ecc.

lato aperti

scritto

il

nome

i

dell'autore.

Dopo

creste che certamente sono le più antiche, avvene un' altra , all' acqua forte parimente, d'autore sconosciuto, la cjuale non supera in pregio le antecedenti

:

solo le agguaglia in rarità.

Non

so poi se dcbbasi porre per quarta quella

acqua forte dal Soutman o un' altra a bulino che sembra di scuola tedesca o fiamminga. Parlando di quella del Soutman dico riconoscersi meglio la Gerusalemme del Tasso nelle traduzioni in dialetto milanese o bergamasco, intagliata

all'

,

di quello

si riconosca in questa stampa la maniera di Leonardo. Il Manette non mostra buon giudizio dicendo in essa ben inteso il chiaroscuro. L' altra a bulino è pessima per ogni parte ed ha molte capricciose variazioni specialmente nel campo.

Da tratte

queste

da

si

salta fino alle

stampe che diedero

il

tre diversi disegni tutri creduti originali.

trecent' anni senza

Caylus,

A

il

Ryland

dir breve

e l'Aspari,

passarono ben

che il povero Cenacolo fosse onorato d' un intagho ragioneSon persuaso che la sua mina fu in gran parte cagione di questa dimenticanza ma non dubito che vi abbia contribuito non poco anche il mal gusto delle arti che dominò per l'appunto allorché fiorirono forse i più eccellenti vole.

,


164

In

intagliatori.

istima le

in

condotto

da

fu

,

mente nel

1

fatti

belle

quando

negli ultimi tempi cominciarono

opere anticlie

varj

tosto

,

Cenacolo

il

nuovamente

comunque

,

disegnato in misura da potersi intagliare

artisti

a salire

fosse

lual

e final-

;

800 r egregio signor Rafaele Morghen ne pubblicò in Firenze una la quale, come può dirsi la prima, così, non dovendosi

stampa diligentissima, contare

che ne fecero

rintagli

i

Rainaldi ed

il

altri,

è finora l'ultima dell'opera

di Leonardo. Dissi l'ultima, presa per quanto poteasi dall'originale, perchè la

stampa del signor Frey che apparve alcuni anni dopo, fu

sulla copia della

fatta

Certosa di Pavia.

La

finezza pertanto dell'esecuzione e l'eccellenza di alcune parti nella stampa

fanno riguardare come una delle più nobili produzioni

di Firenze la

non meno che

A

dell'arte.

coloi-o

però,

dell'

occhi de' quali non

gli

autore,

lasciano

si

abbagliare dal lenociuio de' tagli, duole di non trovare in rpiesta insigne stampa espresso del tutto

non

il

al

carattere di

suo

modo

Leonardo, mentre

non poche cose estranee

vi s'incontrano

E

pensare e d'operare.

di

meno

duole non

il

vedere che

è facile che alcun altro intagliatore tenti per ora lo stesso argomento, sgo-

mentato a ragione dal nome

dell'illustre autore

uniti alle attrattive della

che lo ha preceduto, non che

anch'essi di arduo conseguimento,

dai molti veri pregi dell'intaglio,

composizione ed

alla

nale, han fenduto la stampa di cui ragioniamo

fama universale

dell"

quali,

i

opera origi-

ricercatissima e preziosa in ogni

,

parte d'Europa. Pure a chi bene osserverà, sarà prontamente manifesto esservi

ancora molto a fare onde avvicinarsi al

già fatto precisamente le

nelle quali più

il

Vinci

si

jjarti

maniera del Vinci, e mancare

alla

fors'

distingueva

come sarebbero

,

menoma

distribuzione de' lumi motivata in ogni

come

parti simili ne' diversi personaggi,

parte

,

la la

de' capelli, delle

dolce ed equilibrata mirabile varietà delle

mani,

de' piedi, ecc.;

la finezza e forza dell' espressione, la concinnità delle parti col tutto; la

tezza

de'

moti

,

la

grandezza

de' caratteri

grandiosità senza negligenza; quello

il

,

la

prima stampa

,

somma morbido, non molle, il

non

per la

fossero sufficiente stimolo ad intraprendere di

da soddisfare, ove

il

intagliatore fra noi

tale

voglia,

più

i

,

la

de-

sublime Leonardo. Le quali cose,

c|ualora

che pure con lode d'ognuno intraprese due volte

bero accender l'animo di

pron-

senza minutezza

sapiente, profondo; quello in fine che

restitutore della greca pittura,

essendo ora esaurita

precisione

la

in

stile

non duro né aspro, vero sempre,

ciso,

caratterizza

anche

più squisite dell'opera, e quelle per l'appunto

sottili

l'

esimio autore di

quella

Trasfigurazione di Raffaello,

nuovo ("S),

il

Cenacolo

,

potreb-

che ha ingegno e

ed esigenti conoscitori.

1\

mano

che se av-

venisse, sarebbe avverato quel quasi augurio dell'editore torinese del Baldinucci,

che

vedemmo

nel libro

primo

,

e la nostra

l'opera originale, le avrebbe in allora resi le arti

tramandarne

ai posteri

la

memoria.

città tutti

nella

quale nacque

que' tributi con

e peri

cui poteano


i65

DELLE LIMITAZIONI DEL CENACOLO. VuoLSi ora dar qualche cenno

delle imitazioni

;

che anche per esse

si

può

avere qualche luce intorno Y opera da cui derivano.

La più

nammo

antica eh' io aljbla potuto rinvenire

Vairone

di Biagio

,

rilievo di

marmo

,

,

è quella che già altrove accen-

quale vedesi alla Certosa di Pavia in un basso-

la

La

bianco in piccole figure.

varietà

de'

panneggiamenti e

le

tante altre mutazioni farebbero quasi credere che l'autore avesse avuto intenzione di

mascherare un plagio

Ben

anziché dichiararsi imitatore.

,

altramente operò cjuel plastico

che tradusse fedelmente in tredici statue Leonardo, e ne ornò la cappella Sarono famoso per le mighori cose di

di terra grandi al naturale le tredici figure di

detta

del

Cenacolo

tempio di

nel

Bernardino Luino.

Dall'operetta

Sampietro nel i658

,

come pure

,

che sopra questo tempio

die

dall'altra di Giambatista suo

in

luce Luigi

pronipote, pub-

blicata quasi un secolo dopo si ricava che cpteste statue furono fatte da un Andrea da Milano nell'anno iSaQ. Camillo Procaccino poi, molti anni dopo, ,

dipinse nel fondo e ne' fianchi deUa cappella sopra tele a olio varie figure re-

con poco buona mistura di genere e di stile. Se il plastico avesse tenuto nelle sue figure la collocazione e 1' ordine che hanno nell' originale , la qual cosa vennegli impedita dalla forma della cappella quest' opera , lative al soggetto

potrebbe piuttosto

Fra

dirsi

una copia

imitazioni poi eh pittura,

in rilievo che un'imitazione.

non esistendo memoria

del come e dove imitasse Cenacolo Cesare da Sesto, di che si legge ricordo nel Vasari, debbesi il primo luogo al cenacolo di Bernardino Luino che vedesi dipinto a fresco nel refettorio degli le

il

zoccolanti di Lugano. Esso fa posto inconsideratamente fra le copie da molti scrittori sull'autorità del De Pagavo il quale scriveva tutto ciò che venivagli riferito("6).

Le

figure che in quest' opera di Bernardino si possono veramente dir tolte al Cenacolo del Vinci, sono il Cristo e gli apostoli Pietro, Tommaso, Bartolommeo e

Giacomo d Maggiore. Bartolommeo però è posto alla sinistra di Cristo, mentre nelLeonardo è alla destra. Le altre otto figure sono tutte di sua invenzione.

l'opera di Il

di

complesso

Leonardo;

sione

,

la

dell"

opera appar freddo e meschino a chi ha in mente

ma nondimeno non manca

quale

succede se non

di

una dolce, vera,

accresce quanto più

dipinto

il

affettuosa espres-

l' opera si riguarda effetto che non contemplazione di quelle ojiere che hanno in sé qualche Artificiosa molto è anche la fisionomia dell' Iscariote a pie

si

,

alla

verità e bellezza.

,

del C[uale latrocinio,

il il

pittore dipinse

un

gatto per simboleggiare

tradimento e l'impostura.

È

istoria

incomoda

con molta

architettura

,

il

Luino abbia superate

accomodandovi

sagacità ed avvedutezza.

il

poi degno d'esser notato da chi os-

serverà questo dipinto, quanto ingegnosamente del luogo e la

con volgare allusione

le

angustie

e distribuendovi

la

sua


/

i66

Di alcune figure tolte a Leonardo e dipinte dal Lomazzo, probabilmente almosse i primi passi nell'arte, già s'è parlato ove si ragionò della

lorch'ei

copia da lui

nel refettorio della Pace. Altre simili imitazioni

fatta

figure veggonsi in varie dipinture di

Ad hnea

d'

ma non

una o

piiì

ne conosco

,

veggano

si

,

si annoveri fra i quello del convento di san Salvi presso Fi-

mano

di Andrea del Sarto. Quest' opera eh' è tuttavia benissimo conottimamente è eseguita a fresco e vanta in generale molta espressione.

di

,

servata

,

merita d'essere con onore ricordato, ed è degno che

bei cenacoli che

renze

ptire in istampe

che meritino speciale ricordo.

tali

Ben

pm

come

,

imitazione di Leonardo eccetto

1'

vi dispose Andrea le sue figure estreme di profilo. Quel giovine apostolo che

tutte

su di una

con vivada sedere, ha una espressione si viva e vera, che è un danno non sia agguagliata da pari nobiltà nel carattere. È strana la mossa del san Giovanni che sembra spingere la destra nel piatto, mentre Cristo pare allontanamela perchè non si verifichi in lui la profezia con cui voleva accennar Giuda. Questi siede poco opportunamente alla destra di Cristo, e sta per prendere il tozzo di pane ,

si

alza

cità

che Cristo

gli porge; con che rimarrebbe finita l'azione e tolta quella sospend'animo, la cui bella imitazione valse tanta gloria a Leonardo. In ogni maniera l'idea generale dell'opera di Andrea è imitata dal Cenacolo del Vinci,

sion

e la seconda figura a dritta di chi vede, è presa dal suo Giacomo Minore. Rullane a desiderare più legame frale figure e maggior dignità, soprattutto in quella del Redentore che se non fosse nel mezzo, non sarebbe possibile il distinguerlo dagli altri apostoli. la

maniera

buono

,

il

Ben

variati poi

colorito e Y effetto

cangiante troppo ardito e

Raffaello,

del

cjuale

sono

solo

gli abiti,

spiace

bella generalmente

qualche tuono di color

affettato.

Finalmente è pur d'uopo annoverare di

:

non

esiste

il

anche quel cenacolo n'ha una bella e rara

fra le imitazioni

dipinto,

ma

se

Il modo con cui f opera è in generale trattata, il somibarbate, ed alcune altre note che dal confronto le persone dell'arte potranno distinguere, fanno giudicare che dalla più antica delle stampe

stampa del Raimondi.

gliarsi di

molte

descritte

traesse

teste

Raffaello

la

notizia

delf opera del Vinci.

L'imitazione però ed anche Raffaello, ad onta del divino ingegno e di tutte le rare doti pittoriche che in lui con singolare predilezione rmni la natura venne meno in questo periglioso cimento d' imitare le inven-

rimase

assai lungi dall'originale,

al solito

,

quando queste appartengono ad uomini sommi

zioni altrui, note.

L'imitare un'opera

come

il

Cenacolo,

la

e sono generalmente

quale determinò l'epoca della

rinnovata perfezione della pittura, non è come il far quadri e gruppi dietro gli avanzi delle antiche pitture greche o romane che Raffaello cercava nelle terme di

Tito a Pozzuoli ed in Grecia.

dissotterrate

;

in

parte

Queste anticaglie in parte perivano, appena

dopo disegnate venivano ricoperte

,

come ne abbiamo


167

testimonio in più scrittori; altre

qualche memoria dal

tempo o

si

dice

Era quindi merito

il

non

distruggevano

si

logore dal tempo, che, trattane

venivano disperse

facile a Rafaele

non essendo

,

si

e quelle in fine che

;

dalla propria caducità,

dalla gelosia.

ed averne

,

scoprivano

si

1'

non erano

dall'

annichilate

ignoranza o distrutte

abhellirsi di rare antiche invenzioni

donde

facile a trovare

egli le

traesse.

già per iscemare la gloria di quell'elegantissimo artefice,

ma

E

ciò

perchè,

che la storia asserisce le sue opere provano da per tutto che il suo genio non isdegnava di pigliare qua e là il bello fatto da altre mani, come cosa che fosse di sua ragione. Così spogliò Masaccio delle migliori figure ed

oltre ciò

,

manomesse il Ghiberti, Di fra Bartolommeo in

in ispecie di quel mirabile san Paolo,

Michelagnolo e l'antico senza il

san Marco, imitò

Sagramento, in Firenze

candone

disposizione

fra

Bartolommeo,

particolare, oltre

de' santi intorno a Cristo nella

dal Giudizio

che

frate dipinse a santa

il

Disputa del

Maria Nuova

Intanto finché Raffaello imitò le opere altrui meno note, appliinvenzioni in opere maggiori ed adornandole di quella sua grazia

(^7).

le

inimitabile

la

traendola

riserva.

egli

,

accrebbesi

Cenacolo del Vinci, non

riputazione lo

sorti

stesso

e

gloria

ma

:

per

effetto

la

dandosi

ad

notabile

imitare

diversità

il

della

Debbesi però notare in oror suo che ammessa la congettura che suo disegno ad imitazione del Cenacolo vinciano sia stato fatto colla sola vista dell'antica stampa, cpiesta, come s'è detto, è tanto meschina che chi non circostanza.

il

,

avesse per niun altro

derivare

da

mezzo

notizia del dipinto di

opera inferiore

di

merito

Leonardo

alf originale

,

giudicherebbe

la

Raimondi. Queste cose ho voluto avvertire per allontanare gli artisti dall' imitare il modo con cui altri trattarono con fortuna e gloria i dati argomenti invitandoli in vece ad indagare e svolgere la natura degh argomenti stessi onde trarne de modi dal

intagliato

,

nuovi, non tentati prima da fantasie

nuove cose che

altri;

dai quali

modi verranno

suggerite alle loro

incremento, e recheranno a loro onore grandissimo. Ciò eh' io qui dico lo conferma per tacere degli altri l' esempio di Raffaello, che imitando il Cenacolo di Leonardo, gli rimase lungamente inferiore; e f esempio di Leonardo che non imitando nessuna anteriore composizione, all'arte ,

trovò nella natura a farne la

un

tal

,

nuovo modo

di trattare

stupenda opera di che trattammo

quale rimarrà

memoria finché

fior di

,

il

cui

tema propostosi, che i-iusci è poca ogni lode e della

cultura durerà fra gli uomini.

,


i63

DELLA COPIA DEL VICERÉ Sogliono

primamente le cose meno importanti e più gravi temi delle loro scritture, onde così nutrire gra-

accorti scrittori esporre

gli

serbare per ultimi

i

datamente e mantener viva sempre miei

me

ha voluto per

scritti

D'ITALIA.

l'

1"

attenzion di chi legge.

appunto

contrario

il

L'ordine di questi

ed è pur forza

,

parli

eli io

mia qui dove sarebbe opportuno chiudere questo terzo libro recando soccorso alla debole dicitura con la nobiltà di qualche nuovo ed elevato di

e dell'opera

argomento.

Pertanto se

indulgenza del benevolo lettore mi è necessaria per

1"

ogni parte di queste memorie,

non posso

capitolo, nel quale

ma

vergli cosa alcuna piacevole,

mie

relatore delle

me

da

delle diligenze

Chè

fatiche.

ne

che accennai nella Introduzione,

mi

non che

lo stato dell' originale e

finalmente

l'importanza

ordinarmi un

come tal

tale

1'

^

commessami, dovrò non pertanto dovere che mi sono imposto e

il

natura

stessa

pel

genère che finora siensi

Io aveva veduto

e la

col

quale l'ho

difficoltà

dell'opera,

subhme autore

eccellenza del

mi

:

sia

scusa

quale piacque all'ottimo Principe di

quello, cioè, di farlo

impresa che supera per mole

l'originale,

modo

render conto del

la

dell'oggetto

lavoro

scusa

sia

di

meno

scusa non

sia

se per accorciare ch'io faccia la narrazione

poi;,

me

,

per questo

nessuna importante notizia, né descriunicamente gli debbo apparire innanzi prolisso

usate intorno alla copia

estendermi a molte pagine

coiidotta:

più caldamente la imploro

tanto

offerirgli

tradurre in mosaico grande

per

e

difficoltà tutte le altre di

tentate.

le principali fra le

copie descritte, allorché

principiare del

al

maggio del 1807 intrapresi con fervore la mia. Abbandonai primieramente ogni mio lavoro quantunque ne avessi d' importantissimi fra le mani e tutto mi diedi a Leonardo investigando giorno e notte le cose sue i suoi sistemi , le ,

,

,

,

sue pratiche

Mi

suoi

i

risolvetti

l'originale,

quanti

,

scritti.

prontamente di fare un cartone di

onde non aver pentimenti

disegni

ad agevolarmi

potei

,

tratti

da

quell'

opere

tutta l'opera, tale

dente io non era del tutto nuovo ,

al

che mi parvero

tutte

mio originale, perchè,

da disegni per altro

esaminato e studiato

,

cattivi

ammirandone sopra

veramente dell'opera antica

ci

rimanga.

le

,

tutto la

Mi

grande come

proposito misi insieme

piena notizia della maniera del maestro.

la

ne aveva copiate

Per

sulla tela.

teste

,

Per oltre l'

acci-

che da fanciullo

aveva poi sempre

composizione

giovò anche

opportune

forttniato

,

sola cosa che

la pratica del Trattato

Leonardo che mi tenne luogo di maestro, non avendone io avuto altro, non ben dire se per buona o se per mala fortuna. Ne rinnovai però subito una diligente lettura che replicai sovente^ estraendone quelle sentenze che mi di

saprei

parvero avere qualche relazione

al

lavoro che io era per intraprendere. Io

tenni convinto che Leonardo era tale

uomo da

eseguire con

l'

mi

opera ciò eh'

ei


.

169

dava per precetto

altri, ciò

e se ne' suoi

,

avvenne perchè

temette di destarla in

egli

sera

fatto dell'arte

minore

di troppo

altri

non pose mai

scritti

alla

esempio nè

in

un'idea tanto sublime, che

sua e vera, qualora agli aforismi

dalla natura e dalla filosofia avesse aggiunto la deljole

tratti

sé stesso

ed a

gran con-

si

fronto ineguale autorità delle opere dell' arte.

Intanto

note

mentre

,

io attendeva a queste

ricerche delle

cptali

disegnava del continuo varie parti del Cenacolo.

,

teste tutte e cjualche altra

parte della copia di Ponte Capriasca,

merito di quel dipinto, quanto per avere

i

teneva esatte

io

Aveva

già copiate le

non

tanto pel

principali ricordi di un'opera lon-

tana che potea per qualche lato giovare alla mia. Disegnai in appresso diligen-

temente

le

teste

mensa

della

tutte

molte mani

,

,

alcuni panneggiamenti e tutto

della copia di Castellazzo. Copiai similmente

il

di sotto

con molta accuratezza

tutte le teste e tutte le mani della copia dell'Ambrosiana. Ripetei sulla stessa copia, con cpalche tentativo di cambiamento, la testa di Cristo e ciucile di Giuda,

di Pietro e di Giovanni, in carta bianca, finite accuratissimamente. Osservai o copiai da per tutto quanto mi venne a notizia che al mio autore appartenesse,

pur anche varj disegni d'opere del suo tempo analoghe alla sua maniera. In questo mezzo le continue inchieste da me reiterate da per tutto avevano in molte parti felice esito. Ogni giorno io scopriva qualche nuova copia che e feci

descriveva fedelmente, notando

il

pregio di ciascuna parte, le forme degli ac-

cessorj, le varietà, le tinte d'ogni

panneggiamento, ecc. Così pure raccoglieva da varj corrispondenti dentro e fuori d'Italia or note, or libri, ora stampe, or disegni, talché in poco tempo crebbe notabilmente il materiale del mio lavoro e con esso la lusinga di non condurlo alla cieca. I custodi delle pubbliche biblioteche e i proprietarj delle private che sceltissime vanta la città nostra

(«)

,

favorirono

le

mie indagini con ogni

Marini e Jacopo Morelli arricchirono notizie d' ogni genere

la

mia

gentilezza. I chiarissimi

suppellettile leonardesca

Gaetano

con

utili

(-s)

modo colle note fatte su tutte le copie da me esaminate , coi predelT autore in mente e colla pratica acquistata uell' esecuzione d'un centinajo di disegni che feci per apparato del mio lavoro , mi posi finalmente a cominPer

tal

,

cetti

ciare

il

cartone.

La storia della copia del Bianchi stesa dal non mi lasciava nessuna ambiguità nella scelta ,

pel dintorno generale delle figure. dell'originale,

era

come

graticolata sopra di esso. pili

semphci

figure

:

del "Vinci

in

fine

,

1'

Ninna dava

come

forme

questa

,

un modo consentaneo

;

teste

aveva

delle altre copie,

fare,

tutte

men

stata

grandi

lucidata

e

più maestose senza caricatura, mani

sveltezza e prontitudine negli

guidava ai

fatta

di quella cui dovessi rivolgermi

questa, per irrefragabile testimonio,

ne' moti e nelle

ninna in

Ninna

cardinale che

suoi

la fantasia a

precetti.

A

atti

delle

rappresentarsi l'opera cpiesta

adunque mi


,

170

sebbene ne avessi di già lucidate con e le mani onde disegnarle con maggior precisione, colla esattezza che seppi maggiore e per quanto appigliai

ingommati le teste nuovamente

cristalli

e

,

la lucidai tutta

io

vi

scorgere

potuto

lio

ciò in mezzo ali" annerimento di molte parti ed in ispecie de' panni. Dopo di dell'originale, misure colle copia questa feci i confronti delle misure prese da

pere riscontratele corrispondere almeno fin dove dalla rovina dell' originale è delle teste. l'ombreggiamento messo il confrontare, intrapresi colla massima cura Io

mi teneva sempre

scorta di quelli,

alla

mettermi in idea ciò

tutti gli studj

intanto

fatti,

e colla

,

mal reso dal Bianchi o per istanchezza

e

di

originale o finalmente per imperizia.

dell'

andava progredendo

lavoro

il

disegnati che aveva

presenza della copia del Bianchi mi andava sforzando di che doveva essere l'originale e di avvivare nel mio car-

o per guasto

('•)

Mentre

occhio

mi parca debole

tone ciò che lavoro

sott'

vedendomi pur costretto a Leonardo era

,

copiar da copie, io mi fermai in mente la seguente massima.

grande in ognuna delle parti

dell' arte

dunque deduceva io ogni qual volta mi terrò per dimostrato che non già ,

;

scorgerò nelle copie un errore manifesto

ma

a lui,

all'insufficienza o trascuratezza

Rifletteva in appresso che fra

e la copia stessa

ed

di certo alla fatto

mi

fama

non

scorta

di

serviva

con cui fu eseguita

mezzi

ai

clie

de copiatori

copiatori

i

ed

,

,

,

si

si

debbe del

doveva

inoltre al fine

il

suo pregio

per cui fu

o alla straordinaria perizia delf artefice

considerabili opere originali,

il

tradurre

diligenza

alla

ma non non avendo

finta

quale

rimase mediocre ed oscuro.

si

seguiva io a considerare, dovesse

tutto imputare.

novera nessun nome grande,

,

A

,

chiuncjue

Euchde o Archimede, non

baste-

rebbe di certo il possedere le lettere greche; e se nelle matematiche fosse poco fiirebbe pessima traduzione. Lo stesso avverrebbe versato o del tutto ignorante ad un valente latinista che si mettesse a tradurre Vitruvio senza aver notizia ,

alcuna

mancavano che

difetti

Dietro

dell' architettura.

a tale o a

tal

altro

tali

principi io

copiatore, e

mi

posi ad esaminare quali parti

mi andava sforzando

più intima conoscenza

la successiva pratica e la

di supplire ai

in cui m'inoltrava

mi facevano riconoscere. Per esempio in Marco d' Oggiono oltre le teste, poco mi rimaneva ad osdelle parti servare; e quel poco versava sulf andamento generale degli oggetti e si

deir opera

come

dell'

autore

,

,

loro,

non mai

sul disegno in lui

sempre scorretto e negligentato, sebbene questo

autore nell'esecuzione fosse per lo più deciso, accurato e diligente. Parimente anche nelle teste io lo esaminava pel carattere generale e per la forza del chia-

roscuro fra loro

mostra

,

non

già per le parti spesso

e talora false affatto

del tutto.

ignorante.

E

in prova

disegno osservi nelle sue copie troverà quelle contraffatte

e

mal messe insieme e non corrispondenti poi per l'anatomia, della quale

Meno le

storte

di

teste ,

ciò

del Salvatore e

questi

si

di-

chiunque ha qualche pratica di i

colli

di ogni figura

senza muscoli o con muscoli

:

falsi


171

Parimente non troverà uh solo orecchio ben ftttto tutti hanno forme strane di traghi e di conche e per lo piii mancan del tutto dei o in falsa direzione.

:

,

Non

lobi.

mani o

parlo di

di piedi

,

chè

converrebbe dire con Dante

gli

:

Forse per forza già di parlasia Si travolse cosi alcun del

Con

gli

cose di Marco vedesi talvolta qualche rammenta la grande scuola donde egli

nel disegno

ombre

forza or d'

sistema dipendesse, trovava nel Bianchi, ginale in molti

tutto.

riguardi procedeva io nell' esame della copia del Bianchi. Nelle

stessi

d'

espressione che

è uscito. Nulla di simile

che da proprio

or

,

quale, attenendosi timidamente all'ori-

il

luoghi scrostato e mancante

né essendo gran

,

non poteva dare nelF opera sua quelle energiche

,

fatto

profondo

che

risoluzioni

caratterizzano con forza le cose, e che sono figlie della pratica ferma e dell'uso della scuola

allorché

,

incontrano in Marco

s'

Da

pere in Leonardo.

,

come

risolute, osservata la debolezza del suo sistema,

non

ma

conservate

più genuine e proprie

Con parte

opera

quindi

,

le

erano in oltre

opera in

tutte le

jjoteva attribuirsi alla

copie

maniera,

quello che poteva appartenere

,

argomentandomi

chiaroscuro dell' autore.

prospettiva

,

E

originale

per

colte dal cardinal

su, e, senza quasi

cipio

mi

fossi

tali

di cui

suo presente

stato

al

modello

si

,

concede

il

ginale. Ivi eseguiti varj

le tuie

ricerche per ogni

E

studj

cpiesti

alla

la

indagare lo

d'

stato

e tenendomi davanti

,

il

a

poco

de' precetti

ora

occhi

le

reliquie rac-

dalla

assai di quello

mensa

in

che da prin-

andava scoprendo.

vicinanza dell'opera e le più minute

la

trattava di fare si

,

nel refettorio delle Grazie davanti all'ori-

cambiamenti che

nell' originale,

agli

da

andava

per quanto dallo

mio cartone

in ogni parte di essa

mio cartone si

antico

,

insensibilmente dall'amor dell'opera e dalle

tratto a ciò

il

di sotto della

mensa.

maltrattata in ogni copia, che io il

Ma

questa

non aveva pericolo di

vera strada, o che da solo camminassi senza scorta, o che mi aflidassi

scorta infedele delle copie. Gli antichi,

dicavano

gli

che

ciò

carattere, forme,

compagnia e guida

alcuna ragionevole autorità da seguire. Nel mio caso era doppio

perdere

cose meglio

le

intento.

come disegno, moto,

continua

colla

pervenni a compire

,

poco

osservazioni consigliavano,

perduta

mio

sempre segregare

di

oiigiiiale.

avvedennene, più diligentemente

proposto,

al

mezzi alternando f osservazione ora delle copie

Federico

Fatto questo, recai

ecc.

mi sforzava

finezze artificiose che a

parte è

suo tempo

negligenza o aU' imperizia de' copiatori

alla

ripetendo per ciascheduna parte dell'arte,

dell'

al

queste e con altre simili riflessioni continuava

dell'

sa-

vivamente

solo dovessero essere assai

più ferme e decise nell'originale, dell'

sono del profondo

lo

ciò io giudicava che le cose del Bianchi più

alla

grossa circa

il

copiare

particolarmente nelle opere grandi.

,

come vedemmo, operavano

in ispecie

per

le parti

e giu-

accessorie e più

Oltre ciò nessuna copia in grande del Ce-

nacolo fu eseguita davanti l'originale, chè

i

domenicani non avrebber permesso


17^

che

loro

il

diventasse

refettorio

uno

studio da pittore

e

:

se

il

Bianchi potè

disgrazia farvi la sua, che fu per ordine del cardinale arcivescovo, la fece per quei fatto gran incomodò poi uè perduta era inferiore in tempo che la parte ,

padri, non facendone che una parte e cpiella stessa in molti piccoh pezzi facdi non fece sulf originale che la copietta a traslocarsi. Marco , come s è notato ,

non curandosi che della composizione ch'era la cosa alla quale sola si badava in allora, non ritrasse che la parte superiore, quantunque anche la inferiore al suo tempo, siccome di fresco eseguita, fosse conservatissima. Da quella copietta trasse le copie grandi; cpiindi non è meravigba, se aggmn-

di

san Barnaba,

gendo

i

e

piedi di reifiiniscenza,

si

allontanasse dall'originale e ne fiicesse la maggior

di ripetere parte a capriccio e male. Anzi nella copia della Certosa disgustato mano questa parte non piacevole dell'opera, li fece fare da altri, e scelse a caso ,

dipinto inesperta che nessuna delle copie ha piedi peggio eseguiti. Intanto nel composta di delle Grazie, questa porzione più vicina all'umido del terreno e sì

parti

che sia

ombrose, cpindi non sostenute da si

colori opachi e resistenti, fu la

prima

perdette; perciò le copie nulla da questo lato vantano che dell'originale

degno

,

e quelle tutte che

ho esaminate

peccano più o meno secondo

,

la

più delle volte sono scorrette e bizzarre a segno le gambe colle figure cui appartengono. combinare da modo si trova non che per tal parte del quadro altro dato aveva non io imbarazzo tanto a mezzo In nelle quaU trovava un generale cose quelle in non se pardre, donde probabile

perizia di chi le fece,

ma

il

le copie. Per quanto in molte di esse si veggan ripetuti i Marco, non poteva credere che d' altronde derivasse che dall'ori-

accordo in tutte

diviamend

di

ginale ciò che riconosceva ragionevole e che da per tutto riscontrava uniforme. Tale uniformità scorgevasi, per esempio, ne'piedi del Salvatore, in quelli dell'apostolo

Bartolommeo,

non erano al

le sole

disegno ed

alle

in quelli di

cose

alle

Simone

e d'ahri pochi.

forme, non meno che

Ma

attendere,

quali io doveva

alle

altre

modi

delle atdtudini

e se io

poneva mente

i

parti

tutte

sotto la

mensa,

rimaneva nuovamente nella massima È egli possibile, io mi andava intanto dicendo, è egh possibile che Leonardo, facesse piedi si ignobdi e spiacevoli, quali son quelh si esperto disegnatore, oscurità.

che

si

veggono

nelle copie del suo

Cenacolo? è

egli possibile

che

il

legislatore

mentre con

tutto il posar Filippo sul piede seguaci? de' suoi Marco e di corpo si volge al lato destro, come si vede nelle copie Pietro possibile che l'accurato osservatore del decoro facesse i piedi di san

sinistro

della ponderazione facesse

è

del tutto in profilo,

col qual atto,

disegnandosi ciò che la mensa toglie alla

mostra Pietro sconciamente seduto sulle ginocchia del vicino Andrea? E pure e queste cose e molte altre simih autorizzate da molte copie, non Fu'enze riescirebbero nuove, essendo già fatte pubbliche dalla celebre stampa di

vista,

si

,

che per

altri

riguardi è

ben degna

della sua fama.


173

Fra

dubbj

tanti

per giungere a scoprire qualche parte

e perplessità io che,

un maggior numero e forse una scelta fatto mi tenni in qualche

di vero in queste cose, aveva impiegato

migliore di mezzi che alcun altro prima non avesse

del Vinci che l'arbitrio e

cetti

La

trasparire.

per

me

piii

volte

men

pessimamente.

poco che dal Cenacolo originale

il

vicine era

dolorosa del rimanente perito ab antico e impiastrato

come già dissi ma non avvenivami lo

Per quelli trovava

oscuro e più uniforme

;

e specialmente in quelle che

altre figure,

pre-

i

in tal proposito,

distruzione de' piedi del Salvatore e delle figure

perdita assai

meno

sistema

Fermatomi

errori de' copisti.

gli

mi misi ad nidagare con nuove diligenze

può

,

allontanarmi dall'autorità altrui, e risolvetti di seguire piuttosto

diritto di

,

si

copie un

nelle

,

in

stesso

alquanto dai sedili

alzano

varie

come

,

Pietro, più ch'altri, e Filippo. Fui pertanto assai soddisfatto di trovare per l'ap-

punto

come dimanda

figura di Filippo posare nell'originale,

la

lato verso

quale

il

china

si

,

cioè sul piede destro

:

nè credo

la

natura, dal

di

aver errato

Mazza e gli altri che sopra pochi antichi frammenti rifecero quel piede non l' abbiano cambiato di lor testa di sinistro in destro. Così trovai dall'altra parte del quadro qualche avanzo che mi die maggior coraggio di scostarmi dal modo dagli altri tenuto e finalmente per non accrein pensare

che

il

Belletti

,

il

,

;

scere

tedio

il

di

minuti ragguagli

si

confronti sui disegni e sulle note da

Leonardo che

di sul

naturale

a tal proposito

fermai sul mio

,

rinnovati

,

me

del

hanno relazione,

cartone elianto

continuo

da ogni copia

tratte

dal

verificati

esami

attenti riletti

,

da ultimo

complesso

di

tali

e

scritti

gli

gli

atti

studj

ho

potuto dedurre.

Non

termi perù conto in questo cartone

nè del fondo

dell'

apparecchio

della mensa. Il chiaroscuro dolcemente degradato, l'espressione degli affetti,

movenze,

carattere, le

cura.

E

le

forme sono

veramente se, in vece

fare un'altra volta, e a quanto

da ciò che può

ha ottenuto onorata rata

,

,

,

di volger

il

pensiero a quello che io stesso potrei di

nuovo

sarebbe lontano

facessi,

l'animo mio del favore che quest'opera

e delle ricerche di molti grandi e reali personaggi

avrei certo di che

alla

rifletto

ampiamente confortarmi

della fatica

che vi ho consacrati per

vigilie

il

cose alle quali ho atteso colla massima

anche ciò che

far l'arte, io accontentassi

e de' pensieri e delle

quando

le

vera prima fonte di questo favore, che è

,

delle quali fu

che

molti il

vi

ho du-

mesi.

Ma

merito sulalime

il poco comune uso di vedere disegni tanto grandi e mio non v' è che C[ualche pratica del disegnare, e il merito mi tace ben tosto d' aver conosciuta la buona origine della copia del Bianchi neir animo ogni lusinga intorno a cjuanto ho fatto e non vi rimane che la

della

finiti,

composizione e e che di

,

,

speranza di

far

meglio

altra volta,

d' aver ottenuto. Il qttale giudizio

fondata sul profitto che da quest'opera credo ,

se

per avventura paresse troppo rigido

amici miei o a coloro che poco sanno

dell' arte

,

agli

o finalmente a quegli artefici


74 che poco amano lo studio e la fatica ( chè parrà certo dolcissimo a cpelli che io non ho altra appellazione se non alle delle altrui fatiche sono invidiosi ) ,

clie spero potere in processo di

opere

Posto adunque fine

al

che in parte ho descritte,

Aveva

pezzo con colla dolce

e

mezzo

ho saputo maggiori, e 1807 intrapresi tremando preparare una tela d'un solo

dell'ottobre

al finire

l'abbozzo dell'opera.

volte, col qual

tempo mostrare.

mio cartone con le cure che a tale

effetto

del

fatta

imprimitura di biacca soitdmente replicata

la

telasi conserva

morbida,

smo

a quattro

come

e dovendosi rotolare,

danni.

sempre avviene non va soggetta a screpolature o ad Per aver poi da principio una qualche sorta di guida per le tinte preparai quel poco di cielo che nel fondo si vede, la qual parte non essendo stata, come delle grandi tele

altri

,

,

brillante, il rimanente, ricoperta nell'originale, si conserva tuttavia chiara e siccome impastata di biacca candidissitna e di azzurro oltramarino. La biacca anzi vi è quasi pura là dove il cielo rimane interrotto dalla cima delle montagne, metodo se non che è alquanto riscaldata da un attimo di giallo e di cinabro, con

tutto

che vedesi usato tale

preparazione

pressoché

in

tutti

i

quadri del secolo decimoquinto

le teste di Cristo

abbozzai

,

Filippo. Costretto in appresso a colorire

prima

di

tal

Tominaso

,

di

panni delle figure, mi

alsbozzare quelli, circa la cui tinta, o per

ginale o

Con

i

,

0.).

Fatta

Jacopo e di feci

legge

di

qualche antico resto dell'ori-

non poteva aver dubbio. per autorità delle migliori fra le copie sicurezza, mettendo, maggior procedere con poter di mi parve norma ,

per quanto

io

sapea

,

d'

certe e perdute. Così di

accordo colle

mano

tinte

note e sicure quelle eh' erano in-

mano progredendo regolarmente

in

colore,

dove

e

con

assi-

varia natura de colori

tenendo uniformemente, e schivando sempre le ineguaglianze ed asprezze, a norma del sistema dell'autore che io aveva da imitare. E se la mala natura del luogo umidissimo e deserto, e l'eccesso delle fatiche non mi avesser proseguendo al modo con cui aveva cominciato , tolto la salute per più mesi

duità,

copersi la tela,

concede, ricco ed

il

fin

la

alto

,

io avrei

ho

condotto

1'

opera a fine un anno prima che per quella circostanza non

potuto.

Nondimeno

quel necessario e

dandomi maggior tempo

di

tristo

pensare

riposo

alla

mi

fu, se

non erro, giovevole,

natura dell'opera e di fermarmi

nella

maniera dell'autore. Impaziente dell'ozio, mi posi in quelF intervallo ad ordmare che al Vinci o alla sua opera, o alla sua i disegni, le stampe e le memorie allora acquisto della famosa Raccolta di in anche Feci appartenevano. scuola nella quale son molte ottime cose De Pagave quali piincipj procede Leonardo con studiai Contemporaneamente di Leonardo. que' libri che potei congetturare tutti cercando cjuadro e il suo nel comporre che aveva trovati sotto la nomi che i assicurai mi scorta, avergli servito di colla storia apostolica quale assai bene conformavano si copia di Ponte Capriasca

disegni che appartenne già al

,


,

175

Leonardo potè saperla di lui intenzione.

cialmente

i

mani,

alle

mio autore riguardava,

al

cose di Leonardo

le

mi

dalle opere sue

le

,

circa le quali le opere stampate

,

maneggiando o

non mi soccorrevano ,

me

assuntomi impegno mi verrà permessa

del continuo impiegati

,

mi procaccerò fede senza

la farà nelle

Ommettendo adunque

^

,

difficoltà

,

se

dico che, attenendomi

distanza dalla persona che parla ai

Leonardo

principi di

si

cj). ,

alla

vede

a

Le

stampa di Firenze tinte dei

copie

se

;

si

e

cominciando

copia dell'Ambrosiana,

scritto

al

Qnesta espressione è

,

:

vede un' imitazione della

in molte

le descrissi nel

sì il

modo

di con-

dall'

apostolo

feci

il

colla

attentamente a qualche sì

che non ebbi riguardo

naturale e

alle

copie di

con-

Marco

nelle quali tutte la testa di

bocca chiusa. Neil' originale

panni sono come

non che

:

sta in atto di ascoltare

nente di questa figura sono interamente perduti la

intorno

tenuto nel lavoro, onde

stessa a fine d'istrttirml nel

e ad alcune altre probabilmente derivate da quelle

questo apostolo

onde

resta

paragone dello

il

me

da

di parlare dell'ordine

bocca alquanto aperta, quale di chi sentanea

quanto mi

dirò

,

cose piccole c minute,

le

parlerò di ciascheduna figura in particolare

Bartolommeo

di autorità.

cose maggiori ottenere.

andare per gradi e servirmi dell'opera durla

da quelle

con quella maggior brevità che dalla na-

render conto dell'opera mia, tralasciando

me

i

e senza entrare in nuovi ragguagli dei

tura

cpiali

suoi disegni o

servirono a darmi luce in varie cose

mezzi da

fatto

i

riusciva di trarre, e specialmente quali

Finalmente potei tornare a dipingere

alle

che a

di

sempre più fondarmi nella sua maniera, scrivendo

che di recente aveva scoperte

dell'

,

mi poco a

Leonardo, parte miei, parte prestatimi gentilmente dagli amici.

ini studiava di

massime che

che

e spe-

,

secondo libro

il

materiale del libro primo. Copiai in oltre diligentemente

II

Così del continuo fra

le

da poi

antichi libri stampati e manoscritti che

gli

tutti

ciò

ttitto

fatto

varj autografi di

scritti,

queste memorie

di

ricordi e le osservazioni di che cooiposi

poco mi venne

suoi

esprimere fedelmente la

ritenni

li

anche a quel tempo parte

Stesi

e indagai, proseguendo, in

vennero

conseguenza

e per

,

la testa

come

il

rima-

perciò nel disegno che servì per

copia di Castellazzo.

testa della

secondo libro,

verde del pallio come

1'

in quasi tutte le

azzurrino della tunica

modo da non conoscersi. La mano sinistra l' ho fatta colle dita come vedesi nella copia del Bianchi con atto più pronto e naturalissimo non ispianata come mostra la stampa e alcune delle copie la destra poi la feci in atto di attaccarsi ed appoggiarsi alla mensa ma senza il tovagliuolo che vedesi in alcune copie, e di cui non v'è avanzo alcuno nell'originale, e molto più senza quel ridicolo uovo che vi si vede nella copia di Castellazzo con che volle forse Marco accennare il principio della cena. I piedi li feci perchè così dimanda l' attitudine momentanea di sollevati entrambi alcpianto sono anneriti in

raccolte

,

,

:

,

,

,

,

questa figura

,

che provai

io stesso

più volte e

feci

da molti provare.


176

Per l'apostolo che segue, che è Giacomo d'Alfeo, non ebbi da ricerche intorno

ai

colori

essendo

,

panno

l'originale, a farlo vestito di strarlo somigliante a Cristo

che

al

,

d'

accordo

non che

,

Sono egualmente d'accordo

rosso.

mi

tutto

attenni, ritenendo

molte

far

quasi tutte le copie

mo-

in

dintorni della

i

copia del Bianchi e aggiungendovi pel carattere ciò che dal Bianchi mi parve dimenticato. La mano sinistra poi di questa figura non la feci già come nella

stampa nella quale mostra la figura

atto

d'Andrea

,

qua del braccio

pollice al di

il

cosa in natura impossibile

;

Nella parte inferiore poi non feci vedere nulla cosi trovai in varie copie

del sostegno della mensa degli

la fronte

rugosa

,

feci

di

accordarsi

;

freddo che

si

1'

trapelare dall' originale

il

tenni

,

mi

sinistro

,

il

attenni ad

Salvatore

del

come

,

capelli grigi,

un vecchio

secondo libro nel il

più delle copie stando

,

al

un verdino chiaro e De' piedi non mostrai

perchè non mi parve secondo

ripetere F attitudine de' piedi

i

stesso descrive

capricciosamente

variar ,

in ciascheduno

della gran tunica rossa.

Bianchi

intorno a che riveggasi

,

tutto in

solo perchè

non

a]ipunto

chversifica dagli altri varj verdi dell'opera.

a questa figura che il

ripete per

si

vedendone molte

,

de' piedi,

Sul colore della tunica trovai

questo apostolo.

poco che mi parve

l'

come Leonardo

,

del

di accennare.

simil atto

un de' piedi sarebbe caduto nel mezzo

una continuazione

la Ijocca incurvata

pel pallio

affatto

sulle tracce della copia del

che ascolta un grave oratore capitolo

perchè

qual caso

il

Bensì

tre sostegni.

altri

In Andrea, sempre

ma

,

,

di Pietro e di tutta

la feci dietro

un

espresse Dante

come

di far insegna col dosso,

ma

le leggi del

Vinci

vede nella stampa ed

si

in alcuna delle copie.

Circa

al

san Pietro

l'azzurro chiaro

poco mi occorre tunica

della

si

non senza

nell'originale. I piedi,

verrebbe a confondersi egli

prima

atto

l'

stava a sedere

mosse, come

,

ma

,

in

gli

ho

posimra

tale

cigho tentai di rendere

da

Dante

Cjuello di

il

allorché

,

con che

dimostri che

si

caso a ciò

il

il

Pietro di Leonardo

,

Dalla

del Bianchi, oltre la viltà del carattere e l'

scoperto

,

testa

abito

1'

arbitrj ,

nel

quell' attendere

Giovanni, che argutamente

vi

alle

riconobbe

parole il

nelle copie.

Marco

dandogli sempre forme

che potei trarre daUa copia

ad opere e desiderj ignobili,

impostura colla quale sembra coprire e

narici,

che Leonardo parve aver imi-

,

apparisce anche

delle

(J4).

caricatissime ed espressione mediocre.

^

,

nell'elevamento

Nella figura del vilissimo Giuda ho trovato grandi tre volte il variò a suo modo il fece tre volte

che

d' essere

già in profilo

colla quale

s'è veduto a suo luogo. Nella testa, nell'anticipata canizie, nella

robusta virilità, nello sguardo minaccioso,

tato

copie, quantunque poco io

non

posti

e che prontamente alzossi

,

giallo vivace del pallio e

Il

la scorta di varie

piedi

abbia nelle copie contato pei

di notare.

scorge in molte copie ed anche cpianto basta

l'

improvviso turbamento

che fanno

fra

cardinal Borromeo.

loro

Farmi

Pietro

e

in 'oltre


"77

vi trasparisca

modo

della fronte al

Cercai

d'

ostinazione

1'

che

uniformare a

rada ed ispida,

l'irta

la perfidia

,

l'

,

Contorsi anche le rughe

metopòscopi danno a coloro che a Giuda somigliano.

i

queste cose

tutte

chioma

tuono ignobile del colore

il

la

,

barba

che col bruno aspetto d'Omero, che credo avesse convento. L' abito di Giuda che

di color fosco rossiccio,

ricorda assai bene lo Zoilo di Marziale o il

insensibilità.

Vinci assai più in vista che non

il

Tersite

priore del

il

per la diversità della forma distinguesi dagli

,

è anch' esso assai variamente

altri,

mi attenni al color cenerognolo per la tunica esterna un giallo oscuro per Y interna che quasi in ogni copia è cinta da un lembo azzurro alla scollatura nel quale talvolta come nella copia di Castelcolorito nelle copie. Io

,

e ad

,

lazzo

Tradicor nel

legge inscritto

si

,

Pi)

suo

il

Al cenerognolo o

.

m

Lomazzo

,

nome

aggiuntovi

,

mi

berrettino

cose

,

il

gli

feci la

conformi

un color perso cupo

feci d'

de' colori

sebbene

,

autori le varie opinioni circa

ciascheduna figura in i

i

certo

,

e

dietro

suo pallio

;

l'altre

al

fosco, cjueste

e giacché ci accade qui far

che hanno un più

indagare e ne' suoi

d'

significati

la scorta

Per ragioni a

scritti

de' colori diversi,

tali

cose così

chiaro fondae negli antichi

onde appropriarli a

grado che più convenisse, e trovare, s'era possibile,

cpiel

motivi che mosser Leonardo ad attenersi a tale anzi che a

Gli antichi

letto

tendono

nojosi che

Così

angustia e simili.

il

come in tutte natura, non ho mancato

nella

travagli e pensieri

che Leonardo non fosse in

io avviso

diligente sminuzzatore

mento

avendo

tunica di sotto di color giallo tirante

quale significa tradimento, travaglio,

motto

,

che quadrano a Giuda mirabilmente.

ttitte

Lomazzo

deir istesso

suo carattere colla parola

che questo colore significa povertà, inimicizia e disperazione^

e allorché somiglia al color della cenere

a morti

il

attenni poi volentieri,

specialmente

i

cinquecentisti

,

tal

altro colore.

portarono queste allusioni

punto, ch'erano diventate una specie di nuovo linguaggio, e un amante che non poteva né parlare né scrivere alla sua donna col solo variare de' colori a tal

,

i

colori degli abiti potea far intendere speranze,

Ciò può vedersi nella Selva del Passi che di

mise uno speciale

Ma

varj.

come pure

trattato,

Araldo, nell'Occolti e in

in Sicillo

nire colla

moda

mentre restarono sempre alcuni

,

tali

figure

;

e

e a quelli

soltanto

significati

,

siccome

ai

soli

,

che ne fosser degni.

colori consacrad dall' uso alla Vergine il

quale imita

alla

speranza

;

generalmente ricevuti

furono costantemente adottati per perché nella volgare opinione per na-

colori

cert' altri

tura o per tradizione avean saldo fondamento, avrà dell' arte

altri

queste sottigliezze erano meri abusi d'imaginazione, che dovevano sva-

a certi colori principali,

certe

mestizia, cortesia, ge-

d'animo, contentezza, disperazione, abbandono, disprezzo e tale argomento pro-

nerosità, altezza simili cose.

lutto,

,

a Cristo

,

Leonardo piegata

la

ragion

per non parlar dei ( a san Giovanni ) che il verde

In

fatti

prospera vegetazione lusingatrice di frutd behi e copiosi, alluda che il bianco per la difficoltà cU conservarne il candore simboleggi

la


,

innocenza e purezza

che

;

il

l'azzurro col suo somigliare

e volgare, perchè l'esprimere queste

modo

naturalmente

concepirle

adatto

in vece d'

,

Ma

si

con oggetti

quando

assottigliano

col

visibili

un

è

discendere a colori

modo che

cose per

tai

come pure d'una memoria

,

il

un

abbisogni d

tenace onde ricordarsele,

ed è probabile che

del limite della pittura,

necessità fuori

di

che

;

gentilezza, altezza d'animo,

essere un pronto giuoco della fantasia

dell'intelletto

escono

allora

,

cose,

differenti

fantasie.

alle

subalterni ed a minute modificazioni

lungo sforzo

nobiltà

sarà difficile ad intendere, e diventa linguaggio universale

non

origine celeste,

rosso significhi splendore e dia magnificenza al cielo figuri

Leonardo tenesse quest'arte in cjuel conto in cui tenea la chiromanzia ed arti simili da lui disprezzate , siccome prive d' appoggio nella sola eterna maestra dell' arte

,

la natura.

passando all'apostolo Giovanni, vestito, come già si disse, del consueto del palUo rosso e della tunica verde, io mi attenni, perla sua testa, al cpadro da tutte Bianchi, perchè l'ho trovata senza paragone più nobile d'assai delle altre

Ma

della osservate o disegnate. Solo volli indicare alquanto rilevate le tuberosità varj cenafronte onde darle un carattere più maschile di quello apparisca ne'

me

coh da

me

Batista

del Salaino

sono

visti

;

mi

e

fu di ciò autorità ed esempio

forse

,

sebbene

assai rilevate,

ritoccata il

ingegno

di

,

Leonardo

resto sia di

compagnate da leggiadro sorriso di forza d'

da

memoria

(37).

una

forme delicate

testa giovanile d'

quale

nella

,

e quasi femminili,

Questi rilievi nella fronte sono

e sopra tutto d' imaginativa

,

un

tuberosità

tali

non

ac-

ludizj

convenienti

cose

guardai però dal farvi muscoli con aspre all' enfatico scrittore mio autore, adoprai in modo che It del precetto il seguendo diffinisioni; anzi, e dilettevoli ombre, dal che nasce piacevoli nelle insensibilmente dolci lumi finissero tutto in questa figura è panni di tinte , mani, grazia e formosità (3=). Piedi, perla nella fimbria grossa Una atteggiato. o nobile, tutto dolcemente mosso candore di questo il altri, ed Lomazzo il della tunica simboleggia, secondo

Mi

dell' apocalisse.

amico del Redentore. Giacomo il Volgendo gli occhi agli apostoli dell'altro lato, nella testa di nel notammo come Nazareno, del Maggiore serbai alquanto della fisionomia in apparisce non che alquanto secondo libro. Tenni la sua tunica più chiara

prediletto

molte

delle

essendo

giamento

copie

più

per lo

stato

di

perchè

,

tal

tinta

bel

suol

non

si

vedersi

fu effetto

r osservare che nelle copie in cui dastro oscuro,

giallo

distinguono

che

con colori

imitato

apostolo

questo

r imbrunimento di

il

doveva vedersi felsi

fosco

del cattivo

un

tal

panno

nella

materiale

,

il

panneg-

In prova

impiegatovi,

che basti

la tunica di questo apostolo è di colore veraffatto le

pieghe, e non

ragionevole tra le parti illuminate e le ombrose. trova

ed

annerito.

originale

nell'

e passeggieri

copia a fresco di

v'

è relazione alcuna

Al contrario

Marco ed

in

assai

alcune

chiaro altre

si

nelle


.

179

usata maggiore

fu

quali pe' colori

con cui, per

l'alterazione

E

accuratezza.

da notarsi in questa figura

della sua espressione, fu contraffatta in

la difficoltà

quasi tutte le copie. In alcuna delle migliori sembra in atto di auento osserva-

un

di

tore

aln

modi onde

i

oggetto visibile

cjualsivoglia

tormento

soffrire tale

fisico

sfogare

il

,

per cui

L' intenzione

dolore.

sembra uomo cui

in altre

;

di

Leonardo fu

faccia

si

a rammaricarsi con

sia costretto

gridi

ed

mostrarlo

di

inorridito in udire le parole di Cristo e di conservare nelle sue fattezze cjualche tratto

che richiami

più

appresso

d'

mento

a far

si

Redentore. Dalla quale somiglianza che assai

la famiglia del

come

,

che

il

s'

è detto

serbò in Giacomo d'Alfeo

,

Redentore

secondo che

,

ebbe poi impedi-

,

espresse lo Zenale

si

,

paresse

Cristo fra que' due apostoli.

Tommaso mi sono

In

magnanima

cera e

(?9)

.

ingegnato di rappresentare zelo onesto e minaccia sin-

e accenna di prendere un si

è notato

sia in alcuni

,

vecchie copie

,

mano

Sulla sua

coltello

nè senza

,

colla quale

,

può

vi

frammenti nelf originale

certi

Intorno

Sarono.

scorta autorevole

attiene alla

si

esser quistione trovandosi

sviluppi di questa figura

sia negli

san Vincenzo e nelle statue di apostolo

,

ma

pochi

sinistra

non

che al

,

vedono

si

mensa come

sia nelle

più

nella copia di

braccio destro

di

questo

mostrai una porzione del pallio e gliel

,

onde meglio dichiarare a chi quel Giacomo alteranpiede appartiene dosene per tal modo V attitudine sconciamente. Accordandosi assai bene colle tinte vicine, tinsi questo pallio di un colore composto di lacca, di bianco e di azzurro, colore dal Lomazzo chiamato morello, forse alla maniera de' Lombardi feci

scendere attorno ;

del

suo tempo

Debbo

Cfui

,

al

suo piede sinistro

poiché in alcune copie fu dato al vicino

e che

secondo

entrassero nel sistema di Leonardo in acconcio in

Tommaso

meglio che a

profferì quelle

modo

convenire,

presso coloro che conoscono

opere di Leonardo. Anche in

a notar cjuesto m" indussi perchè vera,

non potendo

et nos, et si

a

nessun altro apostolo

per amore del maestro

tutti

moriamur ciun

parlò del

modo

quella del Bianchi

al

Bianchi

il

le

disegno

mani

sono

,

e

che hanno meditato

di

Leonardo

,

le

massime e

in questa figura sono pessime in tutte le

le

sole

che seiuano

la

maniera moderna ,

ve

;

le facesse

Perciò io ho per esse abbandonata la

della quale sono stato seguace

,

col rjuale posa

1'

meglio che seppe di suo.

il

sua autorità

co.

sistema di Leonardo,

talché é da credere che essendo del tutto perdute nell' originale il

b")

non credo che

come alla ragione ed originale nella parte inferiore, errore di Marco fu ripetuto de" copiatori. Ma tali ripetizioni non faranno mai autorità

Marco, contrario

dalla greggia servile

:

elevazione e morte per amore

quale solo fra

il

famose parole: Excamus

alla natura. Perito F

copie

ma

;

particolare

tenero ed anioroso Filippo. Già

al

nelle copie di

le

significa

lui

,

ripetere che cpesti troppo sodili significati de' colori

mente cade

Eccoci

,

e con quello de suoi precetti

finché

ho

col

lume

delle altre

riscontrato in lui

opere

un traduttore


i8o

modello;

esatto del suo

ma

l'ho lasciata senza scrupolo ogni qual volta ne

riati

nelle copie

Bensì

quindi non ebbi in ciò lunga esitazione.

;

ebbi pei panni del vicino Matteo che sono in ogni copia

n'

modo

capriccio, e nella sola fedele del Bianchi in distinguere.

si

accordano però quasi

Si

mostrano un

tal pallio

foderato

d'

una

anneriti da

un

tutte a dargli

tendente

tinta

pallio

che parmi contrario

il

,

vestono tutto intero

il

,

d'

un

modo

al

non

giallo

Leonardo.

,

altre,

solo colore azzurro di

alterati

In

la

alcune

:

qual fodera

come

carico

altre

a

potersi affatto

pallio azzurro

al

vede nel rovesciamento del pallio sul braccio sinistro:

Castellazzo

l'Iio

non furono molto va-

trovata in contrasto. I colori degli abiti di questa figura

quella di tunica e

,

non

vedesi

so

una fodera bianca della tunica aperta sul petto o pure parte deìV indusio. Anche nell'unione della manica col resto della tunica attorno al deltoide vedesi un ripiegamento che diversifica questa dalle altre tuniche. In mezzo alle varietà da me osservate in tante copie, e tutte da me o disegnate o descritte, io mi

bene

se

sono attenuto giudicare

La

poco che

al

nell' originale

sia

poi di questa

testa

il

guasto del tempo e de' ritocchi mi ha lasciato

sia nella

copia del Bianchi.

nella

figura

solite a vedersi nelle altre copie, cosi

copia del Bianchi come diversa dalle mi parve migliore, essendo nobile, gran,

diosa e di bella e forte espressione, senza molta alterazione delle parti, é difficilissimo.

sospensione

nardo e

mi

La quando ripassando ( il che faccio sovente mi venne fatto di osservare della sua scuola novità però del carattere

)

;

i

la

,

il

che

da principio qualche

lasciava

miei disegni di Leotesta

che riporto qui

incisa, la quale fu tolta dal naturale, e, sebbene in attitudine affatto diversa, ha la fisionomia di

questo apostolo a segno, che è facile

il

giudicare che

sembra

dell'uno

si

mano

di Cesare

dell'altra fu modello la stessa persona. Tal da Sesto, ed appartenne già al celebre Giosuè Reynolds. I tratti principali, dell' orecchio si riscontrano per modo colla i capelli e in sino la forma

come

testa

del ]3ianchi che la loro

come ognuno può qui

comune

,

non vedesi alcuna

scorrezioni nel collo e in altre parti

carattere

,

v'

copia del Bianchi

,

ma

:

esattezza in imitare

non

già da suo

capriccio

quanto nell'originale rimaneva

al

testa

ma

,

che

cambio no-

quel che più importa

e che la diversità che in questa

,

deriva

testa

alterazioni

di quelle

e vedonvisi per cattivo

;

è abbastanza per assicurarci che di questa testa

modello vivo e noto

l'età,

origine ne risulta ad evidenza. Solo nel disegno,

osservare

r espressione esigeva nel dipinto del Vinci tabili

di

,

cioè

il

Leonardo ebbe un si

riconosce nella

dalla

suo tempo

sua scrupolosa (^>).

Nella figura seguente non poche varietà trovansi nelle copie. Ora la sua mano sinistra è storpia, e sembra uscirle dal ventre; ora è slogato il collo; ora sembra

che

il

vento

e moderato

le

ne'capeUi.

sofifj

dintorno

;

Nulla di

tutto questo presenta l'antico

ognuno ammira per

esso

grave

quanta novità di espressione

seppe trovare Leonardo in un'attitudine così semplice.




,

i8i

Lo

può

che rappresenta F apostolo Simone. Lo strano lunghissimo naso dato a questo apostolo da varj copisti e specialmente da Marco ne ha fatto una ridicola caricatura. I tratti originali serbatici dal stesso

dirsi dell' ultima figura

,

Bianchi mostrano

sì in questa come nell' antecedente figura, che Leonardo sapea dare espressione grandissima senza grave alterazione delle parti del viso, e ciò

anche nelle figure

Ma

senili.

mi chiama ormai

sterebbero

molti fogli

a sé la figura principale per la quale sola se

,

volessi

scrivere

le ricerche

Ad

ogni

modo mi conviene

più dall'alto che non ho

fatto

per

sperienze che vi

Il

feci.

gli

altri

,

non mi ba-

considerazioni e le

le

per essa cominciare alquanto

personaggi di quest'opera.

vedere in tante istorie lo studio infinito che Leonardo pose in comporre

questa figura, e lo sforzo eh' ei fece, onde, tarvi dentro la divinità,

principi

si

per quanto

facesse gli

mi

il

disse

il

Lomazzo

,

rappresen-

Leonardo per inventarla in modo che all' idea sua adeguatamente rispondesse. Mi persuasi ben tosto suo costume, si bene dal Giraldi e dal Rubens descritto, se scorta

era possibile

ch'egH seguéndo

come

rese curioso d'investigare con ogni diligenza, di quali

,

per ogni figura solca ripetere diligenti e minute investigazioni tanto veva essere accurato e circospetto intorno alla figura del Redentore, e per esser la prmcipale e per la propria sublime natura la

potenza della mente e

una

giusta

esigeva

do-

piìi

,

la

quale

tutta

intera

Parvemi pertanto non esser possibile di farsi idea del modo tenuto da un artefice antico di tre secoli in rappredell'arte.

sentare, soprattutto, figure appartenenti alla religione, senza internarsi alquanto non solo nella sua particolar maniera di sentire e di pensare, ma ben anche nella generale del suo

tempo, siccome quella che imprime

nelle

d'imita-

arti

zione quasi a suggello dell'epoche un carattere suo proprio, da cui si desume lo stato più o meno rozzo o civile, molle od energico delle nazioni. Dall' osservare questo carattere

,

per certa abitudine

,

senza quasi pensarvi decidono

gli

antiquari filosofi delle età diverse delle opere di ogni genere, e a tale osserva-

zione converrei senza dubbio ricorrere ogni qual volta ristaurare un' opera d" arte arti

d'imitazione, avendo

,

il

saria rappresentazione degli

fatta in

si voglia con sana critica epoca dai tempi nostri lontana ; perchè le

tipo necessariamente nella natura,

uomini non meno che

sono una neces-

de" loro costumi e delle loro

opinioni.

Ora

è noto a ciascheduno, che sebbene alcune opere ascetiche

raddolcire le opinioni religiose,

il

tendessero a

costume universale del decimoquinto secolo

che serbava ancora una parte della scorza selvaggia degli antecedenti si prestava piìi volentieri ad attribuire alla divinità virtù energiche clie non virtù dolci ,

e mansuete, e a riconoscere dalla prima divina virtù della potenza le vendette celesti

pensare

non meno che il

le celesti

beneficenze.

culto di varie imagini antiche, le

Concorreva a rinforzare si quah perchè le forme che ,

fatto

dalle


182

fantasie

si

daniio alla divinità, ritengono necessariamente della natura delle fan-

generale costume de' tempi, erano tutte,

tasie stesse e del

età antiche le consigliava

potenza,

una

in

l'esser terribili le faceva

tutti

che

Cristi

i

si

imagini fino

al

o speranza

ed anche

,

secolo di

e minacciosi, e

mezzo

circa

ma

carattere,

e il

,

anche spavento, e che nel riprendere era

espressione di fierezza era lieti

uomini

erano

i

,

e

;

la critica il

che diede occasione al famoso non riguardava che alla ignobiltà del mise in fatti a far un Cristo col quale vinse

si ,

ma

noi fece

si

men

praticata

come può

,

cui Cristi

faceti

,

Per sino

rugge come

le storie apocrife

,

e

fa

l'

vedersi nel detto Brunellesco e più

Rinforzava

,

che sebben

siccome era

fatti,

onde

riuscire accreditate

,

si

urta

nella

con replicati prodigi vediamo Cristo ancor bambino

spalla

;

far

rimaner ciechi

che

i

far

parenti

antichi gli dettero

hac hora ejus

:

ociilos intueri

scorge che niuno

si

Seferitatem obtutus

,

dovean

è

cielo

simbo-

e gli

abissi.

attribuire

Nel

alle

antiche

a Cristo

vangelo di

un

Tom-

che di ciò alle loro

illius ferre

si

lagnavano

querele.

la fierezza di

nequeo

:

;

ri-

Ciò poi che

indi ,

fisionomia

Neque

enini

Poco appresso dal medesimo vangelo si provocai'e il divino fanciullo temendo di rimanerne

possum

ardiva di

il

ora con

:

scritto

cader morto un fanciullo che

legge detto dal pedante Zaccheo, esprime in tutto

gli

vediamo ora

accomodano

potenza.

di

prender Giuseppe perchè avesse dato orecchio ivi si

si

accordavano ad

carattere aspro e severo israelita

il

hanno sempre qualche imi-

tazione del vero nella rappresentazione de' caratteri , e tradizioni

e

,

profani venditori

tremare co' suoi ruggiti pei

i

opinioni

avrebbe molto di che

di potenza i

mentre

,

fatte

si

agnello celeste da cui Cristo

tali

questa

scorge nelle opere

si

imprimono spavento e paura

e piacevolissimi.

prenderlo. Similmente nell'Apocalisse

E

fiero e terribile.

eh' ella

,

opporre. Nel vangelo i primi impeti di Cristo sono da solo a colpi di flagello discacciare dal tempio una parola far cader tramortiti gli sgherri che poi

leone

andava migliorando

si

Brunellesco accusò Donato di

l'ermeneutica di quel tempo; né la critica posteriore

leggiato

terribile.

l'accusa

voluta e

si

e bizzarri

anticamente in Buffalmacco loro autori

ma

fece bensì più nobile

degli artefici più

di

ignobile, con

di aspetto e fa' tu:

che

storia

Redentore

il

Brunellesco che

il

,

vedono dall'epoca in cui si permise l'adorazione delle Leonardo, sono più ani ad inspirar terrore che amore meglio eseguiti de' tempi a Leonardo più vicini sono esprimenti potenza piuttosto che altra mansueta virtù (4").

di rappresentare

motto: To' del legno

Donato

i

tutti

averlo rappresentato

l'

leggiamo

leggesi che Cristo aveva faccia venerabile

,

cinquecento sappiamo dalla

il

modo

il

maso

simbolo di

cosi

Cosi nella lettera apocrifa di Pubblio Lentulo

sia stata inventata

che ispirava amore bensì,

A

esser venerabili;

,

qualunque tempo

fieri

cjuali la ferocia delle

a più chiaro

,

Franco Sacchetti a Jacomo di Conte da Perugia, che, per avviso teologi suoi amici il brutto Volto Santo di Lucca era venerato

la terribilità dell' aspetto.

Così

e sovente

,

lettera di

di certi valenti

per

E

colossali.

fiere e terribili

,

(43).

,


,

i83

monco

per natura e la

può agevolmente giudicare clie tanto per costume, quanto per autorità di monumenti scritti e di figurati,

o storpio. Dalle quali cose

tutte si

più importante espressione che in antico davasi a Cristo dalle

una

era quella di

fierezza e terribilità

certa

espressione, secondo l'intendere di

Cjue"

ad

atta

tempi

comun

fonte,

emanano da

del disegno,

E

esprimer potenza.

racchiudeva quella di ogni

^

divina virtù; perchè la potenza che, parlandosi di Dio,

verso, è madre necessariamente di tutte

arti

estende a tutto l'uni-

si

divine, le quali,

le altre virtù

tale altra

celiasi

da

essa a beneficio e conservazione del creato.

Rivolgendomi da poi ad indagare il particolar modo di pensare di Leonardo mi venner fatte le seguenti osservazioni. Primieramente al suo tempo l'arte perfezionata poteva con maggior estensione e verità esprimere concetti delle fan,

i

forme e

tasie; e migliorata la notizia delle

men

e severità eh' era quasi una necessità de' tempi signori

dell' arte

poteva

,

posposta

essere

come,

di Cristo fu perfettissimo,

nella citata lettera del Sacchetti

oltre a tante

sacre

fierezza

ancor servi anzi che

,

che

l'

intendeva e

arte

antichi sapevano che

gli

ma non avevano

;

colti

bellezza

alla

Anche

rappresentava a sua voglia assai meglio.

umani, quell'antica

de' moti

autorità

il

corpo

può vedersi

(n),

idea chiara della perfezione

d'un corpo umano, e stavan contenti a quelle loro rappresentazioni, attendendo più air espressione che alle forme. Leonardo che primo portò 1' arte al suo vero compimento debbe aver combinato nel suo Cristo la bellezza delle forme colla ,

forza dell' espressione

assunta

non

gli

operando

,

sant'Ilario vescovo

ds)

modo da

menti oltre ei

,

,

l'

wnilcà della

da Cristo

carne

conforme

della potestà,

sublimarne

mescolandosi colla umana le

fattezze

dovette stimare obbligo

mi parve che

dignità

detto di

al

Secondariamente avrà considerato Leonardo che

.

biltà della divina natura

per

modo che

in

facesse perdere la

doveva

la

l'

esprimere questa

difficile

mistura. In

proprio di pensare e per cjuello del

secolo

stto

dovette credere tra le virtù divine priina in Cristo mostrarsi la potenza,

virtù

che sola poteva attestare

no-

in c[uesta

influire

e quand' anche nel fatto fosse stato altri-

;

dell' arte

modo

e pel

,

la sua origine,

e

dopo quella

come

siccome

le altre

accessorie ed occasionali. Ultimamente (avuto riguardo alla drammatica situazione

del Cristo del Cenacolo) giudicai ch'egli, servate le leggi della bellezza, fattane

applicazione

alle

forme

di

generalmente riconosciute

Cristo

primitiva espressione caratteristica della virtù della potenza

r espressione di della

tutte le virtù

rassegnazione

dell'

,

certo naturale orrore

andò soggetto cjuale

ai

secondarie ed occasionali

amore.

patimenti

al pari degli altri

doveva antivedere

In fine riguardando

l'effetto

,

al

uomini, ed

che notammo

,

,

oltre ciò

di dare

gli

allo

mansuetudine della

Scrittura

spirito profetico pel

veniva

a questa

conservata la

e

umanità sua e ad un

per testimonio

del tradimento che

congetturai che Leonardo avrà tentato sioni

cjuale

della

,

all'

,

,

abbia poi aggiunta

fatto

figura,

da un amico,

oltre

quella profonda contristazione di che parlano

l'espresi

vangeli


,

i84

da

nella circostanza

ad imitare, e consentaneamente

lui presa

alle

dette

altre

virtù avrà velato quello stesso turbamento d'una sublime ed eroica moderazione.

Queste mi parvero dover essere state le intenzioni di Leonardo s' egli poi o no riuscito ad espriniere la sua idea non si può nè per le storie diffinire, nè dallo stato presente dell'opera giudicare. Secondo il Borromeo, sembra :

sia

,

che almeno in gran parte

Lomazzo ed Leonardo facile

altri

che

dall'arte piiì

il

suo

il

intento

secondo

:

il

Pare però certo che

mal contento dell'opera sua;

stesso rimanesse assai

credere che

il

conseguito

avesse

egli

dovrebbe giudicare diversamente.

si

,

ma

è poi

anche

suo giudizio fosse troppo severo, e che forse egli pretese

l'arte

non potea mostrare.

Intanto prima che io mi fermassi nell'esposte considerazioni, tratto dall'autorità del

Paciolo, stimai doversi nel volto di Cristo, da chi vede, raffigurare quel

desiderio

dell'

umana

Leonardo è

di

salvazione

del quale

,

simolacro. Perciò giudicai

secondo

,

che

vi

si

quell' autore

Cenacolo

il

,

dovesse scorgere

la

mansue-

tudine dell'agnello divino annunziato dal Batista, bramoso di lavare del proprio

sangue

le

gnazione lui

colpe degli uomini; volere paterno

al

parvemi che

e

fossero

la

dolcezza, la carità, la rasse-

miti virtù che dalla soave fisionomia di

le

E con tali principi mi sforzai di caratterizzarlo nel mio mal contento di altri tentativi da me fatti con mire diverse. A ciò mi anche l'autorità d'un disegno assai pregevole creduto di Leonardo e

dovessero trasparire.

cartone trasse

,

posseduto

dall'

egregio oblato Mussi

,

ora defunto

Ma

mistura di queste mansuete espressioni.

alquanto meglio

,

se

non erro

sforzato di rappresentare

il

manenti

;

,

di potenza e di

nel quale

mente

di Leonardo mi sono nella tela come mi parca dovesse risultare per le in somma che gl' indizj che la fisionomia

nella

Io volli

grandezza

,

dimostrassero in lui connaturali e per-

si

,

affetti

che

la

doveva commuovere.

circostanza

nell'arte f effetto pareggiasse l'intenzione,

va per lo più altramente, e dopo

si

vedrebbero meraviglie;

ma

il

fatto

ma

sciocco ed ignorante

accontentasse della propria. Perciò circa questa testa io non dirò altro se

non che voleva di far peggio

,

farci varie correzioni

e

il

cambiamenti ed aggiunte

,

me

consiglio di molti

dal pennello la prima volta che copersi

Resterebbe ora a dire qualche cosa

come intorno al rimanente dell' opera non presenta alcuna difficoltà ma la ;

forzata ed ai più spiacevole. ficarla

non

Se pertanto

che Leonardo che pur tanto potea, fu mal

contento dell opera sua, mostrerebbesi ardito non solo, si

scorge una dolce

e che accidentali e passeggieri apparissero quelli delle altre virtù,

che quelli degli

chi

si

Redentore

osservazioni dette di sopra.

permette

,

,

penetrando poi nel seguito dell'opera

,

ma

i

Mi

l'

la fecero lasciare

ma d

timore

è uscita

abbozzo.

delle mani intorno alle quali mi sbrigherò prontamente. La sinistra

dell' atto ,

,

quale mi

destra

,

apparisce in

sarebbe stato assai facde

pochi avanzi dell originale e

la

il

attitudine

alquanto

cambiarla o modi-

copia del Bianchi

me

ne tolsero


\

i85

r

Rimarrebbe a spiegare perchè

arbitrio.

desse Leonardo

le

un

tal atto;

panni

e

volesse per esso esprimere la contenzione colla cpale

il Salvatore reprimeva il da cui era compreso mentre profetizzava il preparatogli tradimento. Fors anche con quell' abbassamento dell indice volle accennare le proprie parole del vangelo di Matteo: Qui intingit mecum maimm in paropside, ecc.

dolore profondo

O

ìq fine chi più sottilmente raffinasse,

medio che pare

rivolto a

strare lui essere

il

del Bandello che

può vedersi

Giuda

traditore;

,

potrebbe in cpel lieve alzamento del dito

riconoscere

tal

mi

del qual gesto nelle note

Ad

(46).

gesto chironomico fe

ogni

modo

sempre del in natura

mani o accadono incontrano nondimeno sovente e

simili atd delle s"

,

storpia per la difficoltà di render

tutto

di

onde mo-

tal

mano

questa

in tale alquanto forzata posizione in ogni copia più accreditata

quantunque

,

nascer congettura un passo

atto

:

si

trova

bensì è c[Qasi

con naturalezza.

E

rado o rimangono inosservati

nelle opere del Vinci e in quelle

de suoi discepoh. Veggasi in prova di ciò, per tacer d'altre opere, il quadro della Concezione del quale si trovano varie copie, il bel ritratto del Morone di casa Scotd e il san Michele di Marco alla Galleria Reale. Per tali osservazioni mi sono sempre più confermato che non altrimend stesse questa mano nell'ori-

ginale, e mi sono ingegnato di renderla con quella naturalezza che potei maggiore, combinandola col dintorno determinatomi, come dissi, dalla copia del

Bianchi e dall'originale.

Anche

ridicoli delle copie,

mensa lasciava grandi ambiguità per gli arbitrj spesso non meno che pei ritocchi stravagand da cui si scorge al-

A

questo però mi attenni ove ho riscontrato cpialche minuto

l'ordine della

terato l'originale.

frammento mensali

di antico.

(47):

un gran

Un

piatto

,

piatto voto

del pane e

davanti

a

un bicchiere per ognuno Cristo:

alcuni

de'

com-

tagliernzzi minori:

alcune ampolle d'acqua di figura uniforme: due piatd grandi, ne' quali mezzo per piatto posi l'agnello arrostito; ecco le principali cose con che ho ornata la

mensa, seguendo

gli

avanzi

del

cose che mi parvero secondo

Pel

campo barbaramente

nardo anzi che

al

la

arbitrj

le

copie in

quelle

ridipinto alle Grazie ebbi ricorso al Trattato di

suo quadro.

nella distribuzione de' quadrati tali

Cenacolo delle Grazie, e mente di Leonardo.

Vi ho riconosciuti alcuni delle

tappezzerie

furono cagionati dal vantaggio di

far

arbitrj

ed anche in

Leo-

di prospetriva

altre

campeggiar meglio

le

cose;

ma

teste

con

quel principio del Vinci ripetuto infinite volte nel Trattato, che ogni oggetto debbe avere la sua parte luminosa più chiara del campo, come l'ombrosa più oscura.

Per

tal

quale campeggia

ragione egli

fe'

uscire

alquanto di lume dalla porUcella nella

Bartolommeo accomodando il tutto

e di Andrea, come similmente fe' ombrose altre parti all' effetto ed al rilievo senza ombre forti e sempre con dolcissime degradazioni. Finalmente gli ornamend della tappezzeria gli ho tratri per le linee generaU dall' originale non potendo credere la

,

testa

di

,

,

/


che

Belletti si

il

prendesse

un diverso ornamento

l'

incomodo

goffamente quello che aveva trovato

maggiore,

mai

il

inventare e diminuire

tanto più che

;

non avrebbe potuto

egli

di rifare

d'

in prospettiva

essendogli in vece assai facile lo storpiare

,

far

credere

Gli ho però per lo

dipinto.

,

cangiandolo

,

come

,

fece

oltre la fatica

non

frad di soltanto rinettare,

ai

stile

adattati

al

tempo

,

studiando

rabeschi di quelf epoca. Per le portine poi o aperture laterali colle quali in-

i

tese

Leonardo

forse

toghere cosi

come lazzo

il

di

bisogno

introdurre

i

il

Cenacolo

in ciò la migliore di quelle da

Taccio, per non prolungare

officine

colle

interne

famigli durante la sacra cerimonia

furono cancellate dal Mazza

nell' originale ,

comunicare

far d'

me

,

ho seguito

la

e

sic-

,

copia di Castel-

vedute.

tedio di questo ardcolo, di altre infinite cose

il

mio lavoro e mi basri Y avverdre che non non abbia avuta qualche autorità o ragione. Non debbo però tacere che in tutta 1" opera ho tenuto alquanto elevati i tuoni delle tinte e ciò per due ragioni. La prima è perchè all' abbassamento de" colori da

me

osservate con ddigenza nel

;

v'è minuzia per la quale io

,

pur troppo provvedono

gli

anni, ed è più sano consiglio l'offendere

presente

il

giudizio di qualcuno e far rimanere le opere armoniche per alcuni secoli che

non per

la

gloriuzza presente far tale impasto di dnte che poi presto

La seconda

o vada in fumo.

perchè

fu

la

s'

adombri

traduzione in mosaico a cui

il

mio

quadro era destinato, oscura di necessità le dnte e per gli smalti che non le hanno si vivaci , e per quella rete minuta che risulta dagV intersdzj de minuu pezzi di che l'opera a mosaico è composta; i cjuali intersdzj, sebben con arte si colorino delle dnte degli smahi vicini, sempre coll'andar degli anni

notabUmente, sopra lora

fanno sul

tutto nelle

totale

opera

dell'

oscurano

si

opere grandi, come l'esempio dimostra; ed l'

effetto

quasi

d'

un velo che diminuisce

alla

j)otenza generale de" colori.

Per si

tal

modo

è saputo

,

in

dell"

trenta

mesi circa mi sono sdebitato

onorevole

si

ma

difficilissimo

il

meglio che per

incarico addossatomi

me

di richia-

ed il giudizio che dell' opera di Leonardo mio lavoro ho ottenuto da persone altamente autorevoli, ed in ispecie dall' umanissimo Principe che me lo commise, fu tale da larghissimamente compensarmi delle tante sostenute fatiche M. Avrei avuto bisogno di molto maggior tempo tanto per giudicar meglio 1' opera mia cpianto per meglio condurre alcuni accessorj che ho lasciad imperfetd, come sarebbero fìmbrie ed altre piccole decorazioni. In tutte però le pard importand ho cercato d'impiegare la massima dihgenza imitando, secondo l' ingegno e il poter mio,

mare

in vita

quanta parte

si

poteva

in voce o in lettere intorno a

:

tal

,

,

la

maniera del Vinci

,

neha fusione e degradazione del colore e nella

finitezza

di ogni particolarità.

Se dovessi pertanto far anch' io palese il mio parere su questa mia qualsisia opera, direi che, confrontandola con cfuanto potrei fare io stesso una seconda


187

mi reggesse l'animo a ripetere

volta, se

inferiore

son

idea che per

all'

dell" originale.

fatta

poche vere opere

precetti e per le

li

di fatiche, la trovo

nelle parti più alte e delicate dell'arte,

ed oso di più asserire che nacolo

restano

ci

tamente

anima

Ad

stia

mi

molto

credo ancora,

il

farsi

che

di esso tale idea

vero compiu-

al

rinnovasse in alcuno

si

la

mente

antico autore.

dell'

onta di ciò, se poi confronto la mia copia colle copie antecedenti, non

mi pare

me medesimo

d'esser troppo liberale verso

periore nelle parti più importanti

;

uno scopo maggiore che

maggiori mezzi

d'

ogni genere

gli

non

e ciò

d'ingegno e di pratica a coloro che vista

io la

autore

lontana assai dall'opera di Leonardo;

assomigli, quand'anche per prodigio

si

dell'

tempi nostri e colle poche reliquie che del Ce-

ai

è impossibile

,

lungamente

Direi in oltre che per quanto questa mia idea

sopra di ciò che ho potuto e potrei eseguire, nondimeno

al di

e r

genere

tal

altri

non ebbero

io

in

impiegato per ottenerlo

lio

,

anzi credo d' averli

,

mi creda superiore

ma perchè, avendo

eseguirono,

le

giudicandola a quelle su-

già perchè io

esauriti.

tutti

E

quando a taluno recasse meraviglia ch'io abbia voluto non richiesto esporre il mio giudizio suir opera mia dirò che a ciò mi son mosso perchè ( oltre che ad alcuno può piacere di sapere ciò ch'io ne pensi de' pareri degli altri uomini, sebbene sieno stati finora per me lusinghevolissimi, sono costretto ,

)

me stesso a non tenere Cjuel conto che pur vorrebbe aver dritto di farne un animo desideroso di vera, onesta e ben meritata lode. Ogtuuio che ha letto

dentro

o storie di cose di disegno

libri

nascere di

nel disprezzo la

opere che

tali

posterità

;

e, a

coli'

troverà sovente

,

essersi

andar degli anni caddero

vicenda, essere

state viste

encomj

età nostra

,

de' la

contemporanei.

E

le

meraviglie

al

obblivione e talor

con indifferenza quelle

cpali

alle

Tale considerazione dovrebbe sola

preparava applauso e corone.

bastare a farci proceder con misura nel prestar fede agli

fatte

nell'

cjuantunque

ai

non meno che

biasimi,

questa

a

,

e schizzinosa

difficile

lode che viva oltre un giorno, comechè più ardua da ottenersi,

possa riuscire più lusinghiera e parere meglio fondata, pari del biasimo, sospetta, perchè

1"

ignoranza

^

la

essa è per lo più, al

mala fede e l'avarizia cor-

rompono troppo sovente giuclizj. Perciò chiunque ama daddovero e conosce r arte non dee troppo dare orecchio alle lusinghe de' lodatori né per altra i

,

,

parte intimidirsi alle punture di chi riprende, giovandosi, invece, de'giudizj di

biasimo onde correggersi e

farsi

come

stimoli a meritarne di più

cose,

non

dell'arte,

solo per

migliore

ampj ed

,

e

considerando quelli di lode

universali.

E come

me, ma per ciascheduno che segue con amore

debbo aggiungere che

rpie' voti

la

strada

che più all'artefice importerebbero,

difficilmente saranno sinceri, perchè,

dovendo egli averli da persone della sua ben certo se l'opinione che a lui manifesteranno, eguale a quella che con gli altri mostreranno d' avere e anche quando

stessa professione, sia

sic-

io volli dire C|ueste

non

sarà

;


i88

l'opinione gli sarà favorevole, detto

il

non potrà mai abbastanza

vero per animarlo e consolarlo

di tenerlo

in errore.

Dal che

tutto è

,

o

il

falso

per

manifesto che

l'

assicurarsi se gli verrà l'

iavido

artefice

d'ingegno e costanza d'animo, non dee

lasciarsi vincere

gno, ed allora andrà, come già disse

nostro illustre Parini

Lungi

E vita

tornando

al

proposito

che non ebbe

venire

,

dai

dall' arte

quali

il

dell'

il

a spaziar fra i campi. opera mia augurando ,

suo originale

soli è difficile

,

la

raccomando

infame gusto che ha vigore

nè da lode nè da sde-

alla

al

mia

volentieri

grande Alfieri,

tela ai

più lunga

giudici

aver lode o biasimo immeritamente.

av-


DEL

CENACOLO D

I

LEONARDO DA VINCI LIBRO QUARTO.

DEL TEMPO IMPIECATO DA LEONARDO NEL CENACOLO. Zeusi, udendo un giorno Agatarchide che

gloriavasi di dipingere presto,

Ed

mi glorio, rispose, di dipingere adagio, e mi sto lungamente attorno alle mie opere, desideroso di farle lungamente vivere. Non altramente la pensava Leonardo; anzi portava tale opinione all'eccesso, timido e lentissimo com'era neir intraprendere i lavori e non sapendone tor la mano da poi. Gli artefici io

,

ingegno

da continuo desiderio di un ottimo che forse all'uomo non è dato di ottenere, non sogliono esser contenti del buono e tormentando le opere e il proprio cervello consumano gran tempo in conside-

di

altissimo

stimolati

,

,

,

razioni ed esperimenti cjuel

,

si

curano di

meglio che hanno in idea. Tutta

Leonardo, nè pare che,

se

si

far

molto

,

solo

avendo

in vista

la storia pittorica ci assicura

eccettui la novella del priore,

mai

che

il

far

tale fu

fosse affret-

opere da chi aveva autorità sopra di lui. Apertissimo contrassegno d'imperizia, secondo la bella sentenza di 'V^arrone, è r esigere che si faccia presto ciò che a farsi è difficilissimo. Lodovico il Moro tato nelle


,

190

non amava Paciolo

,

già ciecamente le cose delle arti

del Vasari e cY

altri

al

:

contrario

intendentissimo

n' era

ci

,

per testimonio del

,

quindi non è probabile

:

ch'egli esigesse prontamente eseguita un'opera di tanta importanza e difficoltà,

come questa del Cenacolo e tanto meno è da credere uu artefice cpal era Leonardo cui egli aveva cV altra

eh' ei fosse per affrettare

;

parte affidate tante e di-

,

verse considerabili opere d'ogni genere, e sopra tutto del duca Francesco, suo padre. Se a ciò

grandezza notabile dell'opera,

la

aggiunge

si

gran colosso equestre

il

lento

il

la ricchezza e finitezza di

metodo

dell'autore,

menoma

ogni

parte,

e la insaziabilità di Leonardo in rinnovar ricerche ed investigar sempre nuove perfezioni

duca

al

è facile

,

congetturare che

il

Vasari asserisce apertamente che

Il

,

mentre già

stava lavorando al

Cenacolo fosse

il

fatica di molti anni.

cavallo colossale fu dal Vinci proposto

il

Cenacolo

e al

;

modo con

cui parla di

opera, prova egli stesso di quanto sbagliasse (se pure noii isbagliò l'impres-

tal

sore) assegnando la venuta del Vinci in Milano nel 1494. Sedici anni d'altronde ci assicura il Sabba da Castiglione essere stati impiegati da Leonardo in

condurre quel fu

celebre ed infelice modello

come vedemmo

,

In qual tempo sione

ma

,

bersaglio

,

che fu

due

fatto

il

quale

balestre de'

modello fosse condotto

tal

è certo

alle

volte.

'

al

all'

arrivo di

Guasconi

suo fine

,

non

,

Lodovico XII

ed andò in polvere. è noto

con preci-

In una lettera di Platino Piatto,

scritta

da Garlasco nel 1489 (o, leggesi che questo oratore e poeta fu richiesto da Leonardo di un epigramma da porre sotto la statua equestre di Francesco. Dalla stessa lettera si deduce che a molti altri letterati era stata fatta la medesima

domanda. Dunque

monumento strare, e

se

Leonardo già chiedeva epigrammi ed

è chiaro che

,

il

monumento

pel suo

iscrizioni

era condotto a segno da potersi

che come modello era assolutamente

finito.

Sembra anche che

mo-

sia stato

pubblicamente esposto in

cjuello stesso anno 1489 in occasione delle nozze di che furon ricche e grandi e per le quali fu dal Vinci <') macchina cui cliiamò Paradiso fatta ad imitazione di quelle che

Giovanni Galeazzo eseguita la

,

,

,

facevansi a Firenze;, delle quali

dopo

rilievo la

,

legge nelle Vite del Cecca e

suo pugno:

festa

A

non

Ma

poco

fosse

,

,

in fine mala soddisfazione

e Leonardo stesso nel codice

33

De

dell'

autore

luinine et

,

questo primo

umbra

scrisse di

1490 cominciai questo libro e ricomiiiciai il cavedio O). Paciolo poi circa otto anni dopo ne parla di nuovo come di cosa perfetta di

d' aprile

e dice che la sua enea massa era di 300,000 libbre, fosse già gettato finito

il

(iitture.

e

d'altri.

raro alle grandi opere di

rovina cagionata dalla trasportazione che se ne dovette fare per

fosse

indicata

modello disparve

Il

si

fosse effetto di qualche sinistro accidente

,

il

in

bronzo

secondo modello

Da

1484, e

,

e

Intorno dunque

.

i

sedici

con che

al finir

anni devono

fe'

credere che

del secolo

dee porsi

comprendere ambedue

ciò parrebbe che cpiesto colosso fosse stato cominciato ira se

il

il

le

1483

Cenacolo era già prima intrapreso, come vediamo dal Vasari,


191

può giudicare che Leonardo ne avesse commissione allorché il Moro fe' allungare il refettorio, che fu nel 1481 come si notò altrove, e forse fe' tale accrescimento di bellezza e di comodo al luogo avendo intenzione di farne campo ad un opera importante del suo pittore. Da ciò si verrebbe ad indurre che Leonardo desse al Cenacolo circa sedici anni nè in opera di tredici figure si

,

,

;

maggiori del vero sarebbe ciò meraviglia per colosso

contemporaneamente

cui però facea

,

che

lui

ne diede

altrettanti

che quattro ne diede

e

,

al

al solo

ritratto di monna Lisa in mezza figura grande al naturale. Se si aggiungerà poi che in quell" intervallo di circa tre lustri oltre al colosso di Francesco egli ebbe la direzione di varie splendidissime feste ordinate da Lodovico in più occasioni, e che richiedevano le cure e F opera di più mesi; e se si osserverà che dello stesso tempo egli condusse grandi opere idrauliche, compose molti trat,

tati,

nuova accademia, inventò macchine d'ogni genere, lungi dal meravigliarci perchè in sedici

diresse l'istruzione nella

e fece infiniti altri studj d' ogni maniera

,

anni abbia condotta

ci

cjuest'

,

opera, quasi

farem meraviglia come in mezzo a

diverse e tutte gravissime occupazioni gli rimanesse agio e

Contrasterebbe però

Cenacolo

Pino,

la

mia opinione circa

alla

una nota che

,

si

di dipingere.

tempo dato da Leonardo

al

stampa lesse e citò nel suo libro il padre Cenacolo nel 1496 e 1497. Ma c^uell' iscrizione

nell' antica

quale dice dipinto

manoscritta d'ignota

il

tempo

mano

il

e forse

moderna non può

alcuna h.

autorità

fare

maggior peso hanno le ragioni del Bianconi. Egli dice che Leonardo cominciò il suo Cenacolo dopo che Giandonato Montorfano fini la Crocifissione che

gli si

vede dicontro,

il

che fu nel 1496 come dimostra

la data sottopostavi;

e s'indusse a tale credenza solo perchè la parete che toccò al

parve al

la

più nobile; e però giudicò che Leonardo

suo lavoro prima di

lui

,

non avrebbe

fondato; primieramente perchè

il

molti anni, e l'iscrizione indica,

come

ma ha

le

si

di preferirla.

,

di più

alla

gli

messo

Giudizio mal sua opera da

suole, l'anno in cui l'opera fu finita;

Montorfano è per l'appunto

finestre lontane e di luce

men

diretta

lume a sinistra il che ogni incomodo facendosi ombra da sé stesso nell' operare. E a provare che Leonardo fu primo a dipingere nel opposta

Montorfano,

qualora fosse stato

Montorfano potea lavorare

in secondo luogo perchè la parete del

poiché non solo ha

lasciato

^

il

,

peggiore,

la

che non

pittore

sa

la

parete

quanto

sia

,

l'argomento da

gomento

in

lui

cui

scelto, suggerito

sarebbe stato prevenuto

fors'

,

basterebbe

,

se

altri

prima

di

lui

avesse

avuto

E

perchè l'ultima cena, come dice più d'una volta il anche secondo la mente di Leonardo, è sLmolacro dell' ardente de-

l'incarico di dipingervi.

Paciolo,

refettorio

evidentemente dalla natura del luogo; ar-

che Cristo ebbe dell'umana salute sacrificandosi, venne naturalmente in appresso il pensiero di rappresentare il suo sacrifizio sul Calvario , di che il siderio

Montorfano ebbe

l'

incarico.


192

In oltre della incontentabilità del nostro pittore in cercare miolioranienti e o perfezioni, senza ciò che risulta dall' osservare

i suoi dipinti e i suoi disegni, e senza quello che ne fu detto da tanti scrittori che A'issero poco dopo di lui,

come il Vasari il Lomazzo ed altri abbiamo anche un testimonio del suo tempo in Ugolino Verino, il quale disposto, com'era, a dargli corona su gli ,

,

altri artefici , se di tal pecca si fosse potuto difendere non l' avrebbe distintamente accusato di lentezza in operare, quando egli avesse in breve spazio di tempo condotto un quadro di tanta mole e momento qual è il Cenacolo. ,

Né il

le

scusa abbastanza col paragonarlo a Protogene

lo

Lomazzo da poi perché mani dall'opere sue, ma ,

le altre sue tavole

Protogene

di

(i)

eccetto

il

pare le conducesse

come

,

fe'

più d'una volta

non sapesse diede gran tempo,

dice bensì che

si

Gialiso

cui

speditamente,

assai

torre tutte

poiché, lasciando

i bronzi cui pure attese si è conservata fino a noi la memoria d' un numero grande di sue pitture il che non si può dire di Leonardo sebbene di tanti ,

,

,

secoli a noi più vicino.

Dietro il

tali

Vinci

osservazioni assicurati da

modello del

al

occupato a

tal

l'avrebber tolto

lungo

colosso

,

e

sincrona autorità che sedici anni diede

eh' era

in

segno che ove minore fosse interamente

modellare e

al

molte

stata

dipingere,

al

opere

altre

del

l'attività

non

corso di sedici anni onde condurre un'opera qual è

il

il

importanti

suo ingegno, ci

jmò parer

Cenacolo. Gli

non rari esempj di simili lentezze anche in artefici metodo né le gravi occupazioni di Leonardo. Lo stesso perfetto nel colorire stette per ben sett' anni intorno ad

annali pittorici ci portano

che non avevano Tiziano

rapido e

si

,

il

,

argomento per l'appunto simile a quello che cjuadro che ancora si conserva nell' Escuriale Ridolfi,

anni

si

Palomino ed

il

fa

altri.

luogo comodamente

studj

nota novella circa

alla

ed

alle

la

testa

con che

di Giuda.

si

di

si

esprime.

Io star saldo

mirabile

il

possono vedere

il

qualche ignorante e bi-

toglierebbe la controversia

Si fa altresì

molte cure contemporanee dell'autore.

precetto, con che vuole che di quando in quando

com'egli

si

poi quale l'indicato di sedici

governo biennale

al

Vinci, e fece

il

su di che

Con un periodo

sberico priore anteriore al padre Bandello,

intorno

trattò ,

si

Si

luogo a

concorda

a

gli

tutti

quel suo

lascino le opere, perchè,

nell'opera tifa forre ingannare M. Si conferma

finalmente la fama della sua eccessiva lentezza, e

il

metodo da

lui in altre

opere

praticato e ne' suoi scritti inculcato, quello, cioè, di cercare in esse tutte cjuelle

perfezioni

mano ed

cui conseguimento

al il

tempo.

possano contribuire

l'

ingegno

,

il

giudizio

,

la


93

COME

DIPINTO

SIA

Leonardo che, ad onta

di

IL CENACOLO.

quanto in contrario scrisse

più zelanti seguaci del metodo nuovo

Eeqneno,

il

uno

fu

suo tempo di dipingere a olio

al

preferi ad ogni altro nella sua più grande opera,

come

il

dei ,

a quel grado di squisita perfezione ch'ei giunse a conseguire. Egli ebbe anzi

primato

fra coloro

e ne è prova

si

secondo distico

il

prima edizione

che primi

delle sue Vite

il

diedero a quella migHor maniera di colorire dell' epitaffio

latino

riportato dal Vasari

,

nella

:

Perspicuas picturm umhras

oleoque colores

,

docta nianus posuit.

Illius ante alios

E

lo

solo adatto a condarla

cjuantunque in questi versi non

menzione del Cenacolo

faccia

si

egli

,

è

chiaro che Leonardo doveva impiegare in cjuesta sua maggior opera fjuel me-

todo che meglio possedeva, e in cui anche dagli

A

olio pertanto

dicono

nel primo libro^ e lo riportata dal Pino.

,

come

è in

fatti

,

conferma, qual ch'ella

A

olio

parimente lo

pittore venir talora in fretta dalla corte vecchia

dare due o

pennellate a qualche figura

tre

più gravi autori

i

sia, l'iscrizione

giudicare

fa

era tenuto più eccelleiue.

altri

Cenacolo

il

,

Bandello che vedeva

il

che è

il

correzioni o aggiunte che a Leonardo venivano in mente

attendeva ad altro

qualunque

in

Ma

,

altro

non avrebbe

olio, sarebbe facile

tiche

si

il

le

:

improvviso

,

quali

mentre

egli potuto effettuare senza guasto della pittura,

si

leggesse essere

il

Cenacolo dipinto ad

riconoscerlo cosi dipinto in quelle poche croste che an-

scorgono neh' opera.

gatissimi e dimagrati assai

allorquando

d'

luetodo di dipingere che ad olio non fosse.

sebbene presso nessun autore

,

il

presente Castello, per

andarsene altrove

indi

citati

deh" antica stampa

Appare bensì

con carte ed

procede tropp' oltre

eh' egli

altre industrie

usò

,

come

solca

,

olj

pur-

o; col quale dimagramento,

olio ottiene a dir vero una limpidezza maggiore e non ingiallisce, ma perde assai della sua consistenza e non dcà ai colori cjuel corpo sì resistente all' atmosfera che suole avere quando s' impiega

meno

si

assottigliato.

1'

,

,

Ci assicura di tale diligenza

non

,

solo la storia,

sappiamo per sino che queste sue troppe cautele dispiacquero

ma

la

chiarezza che tuttavia conserva la sola

teramente ricoperta

,

cioè porzione del cielo che ancora sembra risplendere.

questa chiarezza certo pare dovuta aH assottighamento degli nel Vasari che

dalla quale

papa Leone , parte del dipinto che non fu ina

Lorenzo

olj

,

E

poiché leggiamo

al par di Leonardo non avevano sofferto al suo tempo il menomo cambiamento di colore come in vece vediamo tutto giorno dare in giallo o in livido cjue' dipinti ne' quali specialmente per gli olj non furono i

dipinti di

fu accuratissimo raffinatore

d' olj

di

Credi, che anch' egli

e vernici

,

;

,

usate le debite diligenze.

,


,,

194

dipingere pertanto

Il

muri ad

i

con cui Leonardo dispose

la

una particolare preparazione. Quella un composto di pece, di mastice,

olio ésige

sua parete, è

di gesso e di qualche altra mistura, disteso a ferro caldo

probabilmente in-ventato da cui se ne attribuisce

snll"

metodo Piombo

arricciato;

e usato in appresso da Sebastiano dal

lui

,

invenzione dal Postillatore delle edizioni bolognesi del Ilo scoperto essersi da lui usata qtiesla mistura col prendere in un

Vasari.

l'

,

angolo estremo del dipinto un pezzetto d'intonaco ed annnollirlo ad un carbone acceso ed arderne la polvere: col quale esperimento si può aggiungere sicurezza circa

modo

il

del dijjinto

,

non ricevendosi bene

Oltre a cjuesto strato di mistura

zioni.

ogni futuro pericolo

clie

terre

giallolinij

vernici

fecero

,

si

composta come

forse

,

bello

,

Vasari

il

ma non

sero dallo screpolamento

accerta

ci

durevole

mantenca molle e

letto alla

fotte

si

prepara-

penetrasse ed offensia

usata

essersi

,

olj

una mestica biacche

di

e forse

con

più singolare industria che

primi primi danni di quest'opera provenis-

i

di qttesta imprimitura

fortemente allorché cominciò a mancarle la

muro

scorge un'altra base del. dipinto, o

tengo certo che

l'arte vantasse. Io

da

l'olio

campaiie e simili, che miste insieme con

di

un

non

nitro o altra malizia del

il

desse l'opera esternamente, chiara

se

con cui credette Leonardo allontanare

il

,

la

quale disseccandosi troppo

nutrimento oleoso del dipinto che

come avviene di molte gomme^ non più aderente alla sotto-

distesa, principiò a staccarsi

e contraendosi akjuanto fece ben presto un corpo

posta preparazione;

e

dove più

staccarono

e

caddero, e l'umido interno cominciò a scaturire più

croste

si

abbondantemente e ne produsse avvenuto

il

,

muro

cattivo

fu la

forte

il

e mille

screpolatura e la contrazione,

primo ammuffimento. Se

non

ciò però

le

fosse

malanni interni ed esterni avrebbero

altri

resa inutile ogni avvertenza e l'opera sarebbe ad ogni

modo

perita,

come pro-

seguendo dichiarerò più estesamente.

Abbiamo veduto a fresco

,

e questo

furono assai più

nel primo libro asserirsi da taluni

pregiudizio fatto pubblico da libri

letti

che molti buoni

,

si

Ma De

Brosses,

quando non ripeteano

cpialche

che questa pittura fosse che comuncjue

è sparso a segnp

cattivi

che nacque sovente

Cochin, i La Condamiue, i La Lande buon giudizio altrui solcano per lo più in pittura bestemmiare come provano ampiamente i loro libri e come avviene ed avverrà mai sempre a chi ragiona di cose non sapute. Altri buonamente dissero a fresco il Cenacolo perchè lo videro o il seppero dipinto sul muro non credendo che sui muri altrimenti che a fresco si possa dipingere. intorno a ciò quistione.

e simili

,

i

i

,

,

,

,

Altri in fine fatto

alcuni

copiarono ciò ch'era autori

peggio, cosi è stato

francesi fatto

stato scritto

moderni copiando

recentemente da qualche

cosi

hanno

lor più antichi, e, ciò

che ò

senz'altro i

esame, e

scrittore italiano, anzi

lombardo.

Ma

questa asserzione non uscì di bocca ad alcuna persona pratica di pittura e

tale

da fare autorità; nè mai persona

dell'arte

ne mosse quistione; e chi non è


tlell'aite,

non ne può ragionare che male, come dimostrò

quantunque decidesse bene,

trattò la

Nè mancò

ancora chi credette

ritocchi

che ne affrettarono

tanti

cosa assai male pei

padre Pino

rovina

trovano qua e

si

,

là de' ritocchi

tempera non so di qual mano. Nessuno però ch'io sappia osò esporre serzione in pubblico scritto distintamente del Cenacolo

,

nardo

lui la

Ma 1'

allorché trattando del

tempera

chiunque conosce alquanto

non ha bisogno fu

da

asserì preferirsi

,

Requeno

lo stesso

e

,

quale,

il

e pei ragionamenti.

l'opera dipinta a tempera, perchè fra

tutta la

il

modi

ne' suoi

modo

i

a

tale as-

Saggi non parlò

Leo-

di dipingere di

all' olio.

la storia e

modo

il

Leonardo,

di studiare di

per sapere di qual genere de' molti praticati dalf arte opera sua principale. Sa in oltre eh' egli non diedesi a dipingere a fresco , d'altro

perchè un

esige

quale

la

ei

tal metodo non ammette correzioni ed non osò sperare quella perfezione a cui

pitto?e che

assioma

non dubica

non

,

poco acquista

una sollecitudine dalla

sua mente aspirava.

solca dire e scrisse

,

Leonardo

è meraviglia s'egli diessi esclusivamente a colorire a olio,

che più d'ogni

permette

altro

Egli sempre diffidava di sé,

di dubitare, di

e ad onta

correggere e di acquistare

del suo molto

sapere,

Quel

e con

,

tal

modo

nell'arte.

l'opinione che

che non fu mai certo dell'ubbidienza della mano metodo rapido doveva di necessità disgustarlo. Molti cptel tempo erano della sua opinione e temeano il di-

dell'arte egli aveva, era tale all'

intelletto

:

e però ogni

grandi maestri di

altri

pingere a fresco per il

le dette ragioni.

vigore d'un' ardita gioventù,

la

anzi che atterrirlo, aggiunse vita nello.

Pare a quel

dell'umanità, e artifizio

si

tempo

11 fiero Michelagnolo finché gli giovò pensò diversamente, eia rapidità del metodo e nerbo alle miraluli produzioni del suo pen,

che un certo

direbbe che anch' egli,

ordinasse e desse in un attimo

divino

come Dio, volo,

il

il

furore

moto,

della Sistina. In oltre quegli argomenti ideali traui dal

il

il

dimentico

facesse

mente

colla

sola, senz'altro

rilievo alle sue figure

Genesi non richiedevano

quella individualità che negli argomenti storici dimanda la perfetta pittura, ed modi in cui le sue figure poteano star bene, non determinando i

erano molti

per loro natura un preciso confine di forme e d' espressione. Oltre ciò egli ebbe anche stimoli fortissimi ad affrettar l'opera dalla veemenza irrequieta di ,

papa Giulio allorquando

e dalle potenti inimicizie di in

età

richiedere maggiori

più matura attese considerazioni

,

Bramante e del Sangallo. Chè

al

mirabile Giudizio

trovandosi

comandata sollecitudine e di vigile rivalità accondiscendendo a fra Bastiano che voleva ,

aveagli di già disposta la parete a quello dell' olio

anni.

E

si

assomiglia

,

,

fuori

delle

se temette il

,

in vece, opera che parca

dette

di parer

angustie di

minore

di sé

dipingesse a oho, e che per ciò

tenne anche a fresco un

e condusse quelf opera

quantunque andasse reiterando

menti, riposi, come nelle lente opere

studj fatte

,

ad

tal metodo che ben penandovi molti e molti

preparativi olio dai

,

meditazioni

più dihgenti

,

cangia-

si

pratica,


196

rimanea non pertanto sempre mal soddisfatto delle cose sue chiamando beato e sè infelice che non avea il Bugiardini che trovava perfette le proprie opere ,

,

mezzi di rispondere colle opere pinte le camere vaticane

,

dopo aver

,

conservate e dipinte ad olio, e fors' anche la testa

due figure

le

san Silvestro,

di

freschi di Giulio

Romano, sebbene

parte disegnati

.

(9)

Fra Bastiano

da un giorno.

accanto

ai

stesso

modo

allo stesso al

abbastanza ben Mansuetudine e della Giustizia,

della

dallo

San Pietro a Montorio, che fino

quali dipind appajono

composd

Raffaello

dipinse ad olio

1068 pareva, secondo

il

Vasari

grande

istoria del naufragio di

tonno

Adone Doni ed

Enea

molti

altri

in casa Doria.

E

scuola,

di tutti

d nostro Cenacolo

,

egregi frescanu

tutti

dipinto

,

non temettero

,

mosfera ne' portici di San Michele in Bosco

tal

Caiacci e

i

,

fresco.

Cosi

a olio la sua il Fonun secolo

lo stesso fecero

del fresco

esperti

tutù

ad onta del noto deperimento di mold lavori di

,

del più famoso

i

gran

Vasari stesso dice nella propria vita di aver fatto felice espe-

Il

nel riunire insieme i due metodi di pittura a olio ed a pure Ferino, perfettissimo pratico nel colorire a fresco, volle fare

dopo

aspri

e in

Cristo battuto

il

rimeiito

,

di-

cominciolla ad olio, e quelle pareti vantano ancora,

Costantino,

in

Snnilmente Raffaello

alle idee.

desideroso di porre maggior perfezione nella sala di

e circa

;

genere ed in ispecie i

migliori

della

loro

esporre all'intemperie dell'at-

di

le migliori

cose che forse uscirono

dal loro pennelli.

]Nè perche; giudicai potersi

modo

di preparare

gere a olio

attribuire a

arrirciad

gli

sulle pareti.

gli

,

Egli forse

si

Leonardo l'invenzione d'un nuovo

debbe

attribuire

non avrebbe

l'

invenzione di dipin-

osato affidare la sua opera ad

una pratica nuova se non ne avesse già avuto buona esperienza. Frima di lui Domenico Veneziano, Andrea del Castagno e i due Follajuoh aveano già dipinte molte pareti con buon successo. Chè se generalmente simdi dipinti solcano sofferire annerimento, probabilmente non ne aveano dato ancor segno alf epoca che Leonardo intraprese il Cenacolo e se egli n' ebbe indizio o sospetto credè provvedere a tal danno non facendo uso degli olj bolliti che si solcano dare replicatamente sugi' intonachi e mettendo in opera in vece la sua nuova mi,

,

;

,

stura o impiegandovi soltanto olj crudi e purgati. In

nardo temeva

si il

conosceva pericolo

,

tutto

di

comodo

sid quale

perchè finalmente anche infette

il

i

e

il

però anche in questi tempi

epoca di Leo-

metodo, e ninno ne si

dipinti a fresco periscono presto

esagera da

ove

mohi

le pareti

;

sono

e di umido, e lo Scannelli, dopo tanto lagnarsi della rovina Leonardo incolpandone il metodo con cui fu dipinta, dice lo

stesso della cupola a fresco del Correggio,

Dalle ragioni e dagU esempj varj che lettore

bello di questo

all'

nitro

dell'opera di

il

somma

non

metodo. Se

il

potersi

,

se

non

opti

con evidente contraddizione. mi piacque accennare, vedrà, spero,

a torto, incolpare

Leonardo

circa la scelta del suo

suo Cenacolo fosse stato dipinto sopra una parete asciutta e sana.


,

197

e

non avesse avuto tant' come, senza dir d'altri,

altre

e della Mansuetudine di

mano

disgrazie,

vedono

si

vedrebbe

si

conservatissimo

tuttavia

in Vaticano le citate figure della Giustizia

di Raffaello.

VICENDE DEL CENACOLO. Accennato

modo con

il

cui

il

Cenacolo fu dipinto, dirò ora

la serie delle

sue sventure. Primieramente parrai non dover lasciare senza ricordo la spaventosa inondazione che afflisse la

Carlo Vili in

Italia.

porzioni basse stesso del

Vedemmo

della

convento

^

ed

città

Lombardia nel 1800

in ispecie

dove l'acqua

l'

anno che precedette

contorni delle Grazie e

i

più di

alta

per grandi piogge

solo

la

venuta di

alla2;arsi il

le

refettorio

palmi stagnò lungamente, e

tre

non v' ebbe esito se non per evaporazione per imbevimento del suolo e cedendo a poco a poco col disseccarsi del luogo esternamente. Dunque è da cre,

,

dere che

la

superiore

,

pioggia tempestosa e continua che

fe'

straripare tutti

i

fiumi deU'Italia

come un prodigio che annunFrancesi non facesse danno minore

e che è descritta dallo storico Bugati

ziava prossima l'inondazione militare

mentre Leonardo dipingeva

de'

E

Cenacolo.

,

sebbene

i frati che in allora abitavano convento avranno più prontamente posto riparo a tanto disastro, non è possibile che giungessero ad impedirlo del tutto poiché se la situazione del convento è

il

il

;

di già notabilmente bassa

vicini cortili

piano poi del refettorio è inferiore a quello dei ed anche de' terreni che il convento stesso circondano. Quindi io ,

il

credo che fino da quella lontana epoca

la

parete del Cenacolo

abbia contratta

una maligna umidità alla quale avrà contribuito la cattiva natura e struttura della parete stessa. Imperocché tutto il convento fu fabbricato assai male e sembra che i primi fondatori di esso non amassero quel lusso a cui pare che Lodovico il Moro li volesse in appresso quasi costringere. Guardinsi in fatti gli ,

,

si vedranno misere e mal lavorate colonne, archi grandi misti a piccioli, mattoni ineguali e tristi, e materiali in fine di vecchie demolizioni.

antichi cortili, e

Dal vedere anzi per povertà

si

tali

materiali impiegati ne' luoghi esterni

sia fatto

ne'

muri interni che

si

sospetto che di peggio dovevano intonacare di calce; e ,

se di vecchi mattoni già nitrosi fu costruita la infelice parete del

Cenacolo

,

essa

umido della detta inondazione. Accrebbe anche la infedeltà del muro la sua posizione esterna a tramontana, l'aver prossima la cucina e l'esservi annesso un luogo da riporre le vivande fumanti e da lavare. Con sì miseri principi e coli' apparato dell' intonaco che già abbiamo descritto non é da farsi stupore se si presto cominciò ad annebbiarsi il Cenaassai

più che le

altre

avrà assorbito

l'

,

colo, privo, com'era, del giuoco salubre dell'aria e cjuotidianamente profumato dal vapore delle minestre e dagli effluvj d'una cucina destinata a pascere una

numerosa comunità.


,

Pochi città

dopo tempo di

lustri

e al

,

finita sì

pensandosi per ciascuno

domenicani importasse donato del

tutto.

questa

fatti

alla

pittura

disastri

una peste

E

propria salute.

la pittura

la nostra

facile

il

credere che poco

ai

del lor refettorio, forse a quel tempo abban-

Ciò che fu cagionato dalla peste, fu parimente da poi cagionato altre disgrazie che desolarono la Lombardia nella prima

metà del secolo decimosesto. Lasciata

quest'

opera in abbandono

riguardi o cautele, la notata pessima natura del

riparo vi potesse esser

ne

anni senza

tanti

muro, congiunta

nella preparazione del dipinto o nel dipinto stesso, il

afflisse

da mille

dalla guerra e

che

terribile

cura de' pubblici monumenti

nulla è la

a cpialche vizio

affrettò la perdita

prima

utile.

Intorno pertanto alla metà del secolo si dee porre come nel primo libro abbiamo osservato , il passo dell' Armenini che dice il Cenacolo mezzo guasto. Non molto dopo si può tenere scritto il passo del Lomazzo che accenna essersi pel troppo assottigliamento degli olj e per la cattiva impriStaccate dai muri ,

,

mitura

due famose pitture

le

,

di

Leonardo,

della Sala del Consiglio di Firenze.

se

non una macclim

Cena

delle Grazie e la Battaglia

non vide nel Cenacolo piìi d'un secolo

Vasari

il

Finalmente era ormai scorso

per la infelice pittura di Leonardo e di vane lamentazioni de" buoni

di guai artefici

abbagliata.

la

Nel i566

per

la

sua decadenza anzi rovina, quando la pietà del cardinale Federico

Borromeo le a|5portò cjuell'unico soccorso che fare, come già vedemmo, una copia lucidata In quale stato fosse a quest' epoca

Borromeo

dallo stesso

()•

il

l'arte

potea somministrare, col farne

e graticolata da accurato pittore

Cenacolo

il

,

Gli autori posteriori seguitano a compiangerlo

perduta.

Bartolonimeo da Siena dice che appena e male

vedersi.

Lo

Scannelli lo dice inutile

tempi dicono

gli

altri

scrittori

del tutto.

Lo

(").

possiam leggere descritto

stesso

al

come cosa

suo tempo poteva

meno

più o

in varj

del secolo decimosettimo.

sulla

danno andava aumentando, e per portarlo al eolmo, domenicani, di entrare in refettorio per una porta bassa akpianto e stretta quale stava il Cenacolo, e volendo un più maestoso ingresso in luogo di

tanta

importanza, tagliarono, senza pietà nè di Cristo nè del pittore,

Intanto

il

i

mal contenti

pure

a Cristo

bellezza.

tamente

medesimo in ciò più non osarono rompere le gambe tocchi

apostoli e di Cristo

di alcuni

fu fatta grande più del bisogno

onde

rottura della parete

,

e

maggiore

costruirvi la volta.

A

muro

cadenti fin dal

dovette

gambe che

d' assai

fu cer-

quest'epoca d'infame

memoria, posta dal Pino intorno all'anno |652, comincia la vera dell'opera. La costruzione della porta occasionò i primi ritocchi, martelli nel

le

degli Ebrei

dalla sua tanta maestà e

,

La porta la

crudeli

,

totale rovina

l'urto dei

e

fare staccare gran parte delle eroste del dipinto già

tempo del cardmal Federico. Al guasto

della porta

si

aggiunse

in appresso quello d' inchiodare alla parete le armi imperiali tanto grandi che,

per testimonio del Richardson

,

toccavano quasi la testa del Redentore.


199

A

questo tempo dovettero nascere

grand' opera

e

;

al

progetti

varj

i

1726 fu finalmente presa dai

concederla all'arbitrio di Michelagnolo Bellotti

di

quindi ricco

madori

solito

al

un suo

,

l'incadaverita

vita

ingannò

la

segreto

Ne

pittura.

un

la

chiuse con

la

scoperse e fece meravigliare

Per giunta

assito

e

impudenza

a tanta

babilmente una delle

coperta interamente, fu

ridipintala

il

frati

da capo a piedi

con cui

estinta del

che

ciur-

i

si

tutto:

il

dopo molto tempo

,

suo segreto.

del

segreto che sarà stato pro-

rinfrescano

quadri.

i

co' suoi

empiastri

la

tempo un

pittura del Bellotti conservò qualche

Intanto la

porzione che non è

la sola

vivezza e lo

quale

tal

informati scrittori,

splendore.

effetto

del

ma ben

trovano nuove lodi non solo della pittura,

si

stata

non senten-

ritoccatore rispettò in parte,

il

come

sa

sua balia,

in

dovuto

stupenda composizione, e in quell'epoca di grossi giudizj presso

alla

mal

i

anche

risarcimento.

Ma

a

so bene

pera

poco se

come

,

poco un

a

nuovo

osassero

frati

i

annebbiamento universale

impiegarvi

il

Certamente qualche nuovo ritocco

Bellotti.

in

c[ualche patte ancora

vo e maggiore decadimento,

si

si

prezioso vi

può

fra quelli

nell'arte,

ma

i

11

si

dopo nuo-

,

di

pittore

rifiutò

risarciie

la

non meno

De

Giorgi

(is),

sebbene più

mai sempre, protestandosi

porre le proprie mani ove Leonardo avea poste

di

del

e questo fu a tem-

,

dispareri fra gli artisd

operazione.

fatta

,

segreto

onesto ed estimatore degli antichi,

volte a ciò fosse richiesto con instanza, vi

indegno

del

mosse un'altra volta discorso

che dovean commettere

uomo mediocre

ebbe luogo

ricoperse

la

deposito

scorgere. In apjj rosso

tormentata pittura, e furono molti e grandi

che

e chi

^

indi avuta l'opera

!

lasciò ai frati stessi

cielo

sogliono

ignoranti della potenza

frati

i

da poterne imitare

dosi da tanto

un piccolo esperimento

fece

solite vernici

Leonardo era

pittura vera di

La nuova

,

come

col quale avrebbe richiamato da morte a

,

inesperta crcdidità de'

flicile

determinazione

povero d'arte,

pittore

(»),

V avanzo di

risarcire

frati la fatale

Questi vantava,

di presunzione.

singolare

onde

le

sue.

Dopo

varj

per raccomandazione del conte di Firmian nel 1770, fu dato ad un Mazza l'incarico dell'ultimo strazio di questo infelice monumento dell'arie. diljattimenti

11

,

Mazza eseguì

la

cimento ferri,

,

un

per averlo migliore cV ocria

,

namenti,

rimaneano

erano un inciampo

c così fece

mano maestra. Le poche antiche croste quantunque deturpate dal forse doppio risar-

sua commissione con

originali che ancora

,

,

alla libertà del

letto liscio

suo pennello. Egli

le

raschiò con

su cui distendere la sua leggiadra fattura. Anzi

vi distendeva

da prima una mestica

di terra

d'

ombra

e

nostro professore Levati, valente dipintore di prospettive e di or-

e

il

si

ricorda benissimo di aver vedute varie teste in

Lo

tal

modo

sacrilegamente

mi assicurano avere udito i professori Zanoja ed Aspari. Intanto non v'era artefice di buon senso nella città nostra che non disapprovasse altamente il Mazza e chi lo pagava e chi lo proteggeva. Il Londonio, imjiiastrate.

stesso


,

2CO

uomo il

di vivace e bizzarro ingegno ne menava più degli altri romore , e fermento era divenuto generale. Intanto il Mazza che aveva cominciato a ,

ridipingere alla destra del Salvatore,

mancavangli ormai che lavoro del Belloiti

aveva inoltrata l'opera a segno cliè non Matteo, Taddeo e Simone, onde tutto coprire

gli apostoli

e dividere

seco lui la fama d' Erostrato. Volle in questo priore di quel tempo, padre Giacinto Cattaneo, il quale, per aderire cortigianescaiuente al Firmian , aveva perinesso al Mazza di rifare il Cenacolo venisse dal re di Sardegna chiamato in Torino per leggervi teoil

mezzo

la sorte

logia

ed ebbe

che

il

,

,

suo posto un Paolo Galloni

il

uomo

,

di

buon ingegno

in varie

cose ed erudito anche un poco in pittura, nella qual arte era stato allievo del Lazzarini di Pesaro. Appena il Galloni vide l'opera del Mazza, che senza por

tempo

mezzo gV impedì

in

da ognuno trattava

di

proceder più

di sano giudizio già se

oltre

tanto più

,

ne faceva per

la

città,

che

romore che

al

sebben

tardi,

pur

si

ad ogni luodo di sospenderla.

Per questa sospensione che dispiacque pennello

i

nominati

rimanessero

tre

apostoli,

Mazza, rimasero

forte al

e perciò

suo

salvi dal

corse voce che tre apostoli ancora

da ogni ritocco; voce però che non ebbe credito se non la prima rovina del Bellotti o pure che non in-

intatti

presso coloro che ignoravano

tendevano

anche

affatto le

cose dell'arte: talché mi

fa

meraviglia di trovare fra questi

Bianconi che pure aveva qualche pratica delle cose pittoriche. Dal Mazza in poi non vi furon ritocchi; e sebbene ne fosse talora mosso consiglio, non se il

ne fece però nulla, e sarebbe

Nel 1796,

allorché

un imbalsamare un cadavere

stato

l'esercito

francese

scese

vincitore

in

di tre secoli.

Lombardia,

il

giovane Generale Bonaparte che per propria virtù correa fin d'allora ah" imperio tratto dalla fama di Leonardo visitò il Cenacolo ed ordinò che quel luogo ,

fosse rispettato

ne

vi

si

desse alloggio militare o vi

che sottoscrisse

lasciò decreto

presenti varie persone, fra le quali

sul

Ma

poco dopo un

tere le porte e

fe'

altro

il

si facesse altro danno. Ei ginocchio innanzi di rimontare a cavallo,

padre Porro cui debbo questo ragguaglio.

Generale, facendosi beffe di quel decreto, fece aljbat-

del refettorio

una

stalla.

Il

raffazzonaiuento del

Mazza aveva

già cominciato a perdere la sua vivacità, allorché la traspirazione della cavalleria, sostituita

al

vapore

delle

vivande e certo più abbondante e permanente

ricoperse d'una nuova muffa, e l'umidità vi

si

colava a strisce lasciandovi una impressione biancastra

or magazzino or il

Mazza non

e

fino

forti

fienile,

vi fosse

colpi

di

sempre ad uso

,

la

attaccava in tanta copia che poi

militare,

il

(m).

Da

poi fatto

il

refettorio

Cenacolo, quantunque dopo

alcun nemico da temere, ebbe pur seiupre nuovi danni mattoni slanciati conn-o le figure, de' cpiali si veggono

tuttavia le tracce.

Riusci finalmente all'Amministrazione della rare quel luogo

,

e per

città

di

chiudere

far

molto tempo chi voleva vedere

l'

,

anzi

mu-

opera di Leonardo


20t

dovea discendere con una scala a piuoli da un pulpito de' frati pei lettori durante la

mensa. Nel 1800 vi fu

la di

dazione che accrebbe notabilmente l'umido del luogo.

dimanda

fatta

me come

da

clic servi

il

Viceré d'Italia ordinò che

e vi

Nell'anno 1801

poter esaminar

nuovo

si

l'

opera da vicino

Vi

risarcimento.

fece

si

e riconoscere se

,

in

eresse

si

ristaarasse,

si

un ponte onde

in

miglior situazione,

sulla quale fu posta la segueirte iscrizione dettata dall'egregio Stefano

ora vescovo di Faenza

ANNO

sopra

poteva tentare qualche

si

un'altra porta

oltre

,

l'Ammi-

Finalmente nel 1807

rimettesse questo luogo in onore e

fecero le finestre, e parte del pavmiento, e vi

si

già accennata inon-

segretario dell'Accademia delle belle arti,

nistrazione fece fare una porta e promise cure ulteriori.

tempo

già al

Bonsignori

:

IIECNI ITALICI

EV'GENIVS NAPOLEO ITAL.

III.

PROREX

LEONARDI VINCII PICTVRAM FOEDE DILABENTEM PARIETINIS REFECTIò EXCVLTIS AB INTERITV ADSERVXT

MAGNA MOLITVS AD OPVS EXIMIVM POSTERITATI PROROGANDVM.

Da

quel tempo in poi dipinto che

sisia

si

('i)

quantunque appaja alquanto più annebbiato quel

,

vede, pure non

vi

si

C[ual-

scorge alterazione notabile, e quell'an-

nebbiamento ora è maggiore ora è minore secondo

lo stato dell'atmosfera,

come

ebbi par troppo occasione di osservare per circa due anni che passai con grave

danno

di

mia

salute in quel tristo refettorio.

Intanto per cura del

suggeriva sarà

,

il

spero

Vincijion

rispetto

Governo questo luogo

dovuto da una

custodito anche per

,

si

1'

città

come si deve e come memoria di tanta opera. Così benché dell' antico dipinto del

è custodito

colta alla

avvenire

e

;

scorgano ora che pochi minutissimi frammenti

tanto

autore farà riguardare

quale

si

custodiscono

,

il

poco che rimane con

quantunque

inutili

,

le ceneri

cjuella

o

,

la

memoria

le relic|uie degli

grandi; giacché questo rispetto, oltre che nelle persone amiche delle

sentimento

non tali

,

è anche

un

uomini

arti

è

avviso a chi possiede o custodisce opere insigni

trascurarle o guastarle

;

ed

agli

artefici

che meritino altrettanto dalla posterità.

è

un

utile

di

venerazione colla

,

un di

stimolo a prodarne di


202

OPINION/ DI LEONARDO INTORNO ALLE PROPORZIONI DEL CORPO UMANO. Mancando

quasi

del tutto

dendosi nelle copie intere grazia

nel Cenacolo originale la parte inferiore

,

e ve-

generalmente tozze e senza

autorevoli le figure

ad indagare con attenzione

fui costretto

,

pivi

opinioni di Leonardo intorno

le

umano onde nella mia copia supplire alle mancanze in una maniera per quanto io mi potessi analoga ai suoi metodi e precetti. Spero, non sarà discaro specialmente al coltivatori del disegno, clie io mi proporzioni del corpo

alle

,

,

,

estenda alquanto esponendo ciò che dalle mie ricerche è

Già grande

ma

al

tempo

Leonardo doveva essere

di

opinioni degli artefici circa tale materia

le

prova

la disparità delle

tratti

de' canoni di

mente;

altri

misure da

essi

proporzione dai

risultato.

lo studio delle proporzioni

non erano concordi

,

(is);

come ne

è

osservate nelle loro opere. Alcuni avevano

libri

di Vitruvio

dalla natura diretta-

altri

;

ne avean composti di più maniere, aggiugnendo

le

proprie osser-

vazioni e qualche nuova industria di pratica agli esempj ed alle autorità altrui.

Coloro pertanto che da Vitruvio avean desunte cadere in gravi sbagli e discordanze, testi

di quell'autore

tissimo

,

pe'

senza

,

la

,

cjuelli

poca chiarezza con cui

la

,

si

modo

di operare^

che

c]uella

generale con cui opera la natura. ,

in fine,

che all'autorità vitruviana

servazione sul naturale, del vero e del bello,

si

degli

e"

antichi unirono l'os-

avvicinarono bensì ak|uanto più degli

ma non

diedero

a soddisfare quelli tra gli artefici il

i

tardi e scorret-

spesso per canoni cose male

offerirono

scelte, atte più a dare la storia del loro particolar

E

clie assai

scorta delle notizie già trovate da altri

diedero a stabdir misure sul uaturale

modo

dovettero

che deturpavano

espose.

la

Similmente quelli che

del

errori

per

dilTicoltà della materia, sia

misure,

le loro

moki

quale non vide luce di stampa

il

per l'ardua

sia

Vitruvio stesso

sia

alla

scienza tanto di

altri alla

ragion

lume che bastasse

contemporanei o posteriori che oltrepassavano

confine della mediocrità.

Non mancarono

anche alcuni ingegnosi uomini

matiche giunsero ad inventare nuovi metodi; e di

Bramante che

quali coll'ajuto delle mate-

i

genere fu forse l'opera di

tal

trattava delle quadrature de'corjii, dalla quale,

Loniazzo, nacque di poi l'altra di Luca Cangiasio che compose

come abbiam dal corpo umano di

il

dadi e di obelischi.

Loppa,

dalla quale,

come

il

Durerò

E

una mistura

di autorità, di osservazioni e di scienza

saranno

tria.

di Giotto, del Ghiberti

altrimenti doveva essere in gran parte quella di Vincenzo

,

lo stesso autore assicura, trasse

di Pietro della

Lrancesca

che trattarono anticamente di proporzioni umane che

tali

opere

ci

;

(?),

la sua

Simme-

stati gli scritti

del Ghirlandajo e d'altri

ed è certamente gran danno

sieno tolte dal tempo o dalla ignoranza di chi le possiede.

\


2o3

Leonardo avrà fondamente

certo conosciuli tutti

eli

di ogni altro investigando

i

i

migliori metodi altrui

ma

;

più pro-

principj e la ragion vera delle misure,

accorse che tale studio voleva essere considerato diversamente che noi

coloro che in esso

il

precedettero. Egli era inoltrato nella scienza generale assai

più de' suoi antecessori e de' suoi coetanei e le sue cautele

:

si

per

fti

cpiindi maggiori erano

:

i

suoi dubbj

e se le profonde meditazioni da lui fatte sulla natura universale

l'assicuravano ch'essa è governata da una legge uniforme, l'esame degl'individui

dimostrava un'infinita indeterminabile varietà. D'altra parte

gli

ei

sapea che le

leggi universali della natura passano al di là del limite della potenza dell'umano

ma non

intelletto, cui è concesso di giudicarne l'esistenza, qualità. alla

Al contrario

dava tutta

ei

la certezza

già di penetrarne la

che per l'uomo

esperienza ed alle osservazioni sugl'individui delle specie:

poi

tutti diversi fra loro,

per

le quali

misure e

i

meno per

si

può ottenere,

ma

riconoscendoli

non poteva ammettere come sane ed utili tali lengi Quindi non voleva che le tale individuo potessero per un altro servire, e tanto

l'imitatore gli avrebbe fatti uniformi.

lineamenti di la generalità:

perchè, diceva egli, del/e laudabili

appariscono nelle opere di naiura

con precisione

si

assomiglia

,

è

all' altro

attendi alla varietà de' lineamenti

m

:

.

che riud in cjucdunqne

meravigliose cose che

e

un particolare adunque tu imitatore di tal natura guarda e Da ciò appare eh' ei non facea gran conto specie

come di cosa di lieve discorso; e che la vera ammessa e riconosciuta di difficile investigazione, è unicaproporzione di un particolare riguardo a sé stesso, la quale, secondo

delle misure generali delle specie,

proporzione da

mente

la

lui

la retta imitazione,

come avviene

debb' essere diversa in

nella natura.

Cosi

sieno corrispondenti ed suo tutto

membro lunghe e

E

in sè corto sottili;

si

grosso;

:

e

die' egli

tutti

altri precetti

che

fa

le

è

di

particolari le

lungo

membra

d'una specie,

della

sic-

parti di qualunque animcde

e

sottile,

della

,

deve avere ogni

abbia

membra

le

medesima mediocrità

scorgere che^ allorché

debbe intendere ch'ei ragioni

un individuo anzi che

i

tutte

,

cioè che -quel che è corto e givsso

quello

mediocre abbia in sè

con questo e con

porzioni, di

e il

e

,

ei

parla

commodulazione

di

(">ì

.

pro-

delle parti

una norma generale dell'imitazione per

che

ciò

spetta alle misure.

In oltre

una proporzionalità di parti fra loro , le quali fossero divideva poi cinesta proporzionalità in equalità e moto ("ì;

egli eh' esigeva

corrispondenti

al tutto

,

colla quale sola divisione

nascono tante differenze nelle misure e tante

difficoltà

nel determinarle con precisione che sarebbe opera da non venirne a capo

nò sembra ch'egli stesso, che forse solo potea riuscirvi, mai la facesse. Per dare in fine idea della finezza con cui vedeva e sentiva in questa parte dell'arte, basti il dire che per la sola testa ch'ei divide scalarmente per dodici gradi, punti, minuti, minimi e seminiinimi, egli viene a stabilire di duecento quarantottomila e ottocento trentadue parti

Con

;

una divisione

che, a dir vero, a5 •


:

204

rimane in dubbio

si

modificabilità

delle

riconoscono fra loro; oppure volesse far

non determinabile

di cosa

Con iiaja

tutto ciò,

disfar concepire la infinita

intendesse piuttosto

s'egli

parti della testa, per cui avviene che

non

se

a

siccome avviene

la satira delle

danno del vero

una misura generale, specialmente per composizioni delle

istorie.

al pittore

quale comunemente fosse

l'

elezione della figura in che far

proporzione laudabile

eli

un corpo naturale, il debbono credersi

e a tal fine

disegni di Leonardo che spettano alle proporzioni, ed

i

Voleva ancora che questa misura fosse unicamente usata per larghezze

le

,

membra secondo

l'

piegamenti

(»3),

e intralcia finalmente

stabilisce,

che chiunque non è già notabilmente

Premessi

Leonardo

allungarsi

avvertimenti sul

Il

comperando

priiuo che qui

e grave carattere, e

Dal

ciglio

modo con

raccolta del

la

cui dagli

De

movimenti e

non potrà

scritti si

mi

,

può giudicare che

faccio a descrivere

i

soli

Pagave.

leggono

mano

scritte di

alla congiunzione del labbro col

d'un uomo maturo

di bello

dell'autore le note seguenti

mento

,

e la

un quadrato

punta

(»4)

della mascella

,

perfetto, e ciascheduna

testa.

lato

// ccwo dell' osso della

punta

de"

misure stesse ch'egli

inoltrato nell'arte,

riporta, rappresenta la testa

vi si

se è mezza Qui faccia vale per

le

materia che sieno giunti a mia notizia e de" quali feci

tal

si

faccia per

lunghezze e

e delle sue osservazioni.

e"/ fine di sopra dell'orecchio colla tempia Jia

fra la

la diversità

con tante distinzioni

pensasse nelle cose della proporzione

importanti disegni di accjuisto

delle

de' suoi precetti

tali

la

le

nelle quali esige più sensibile varietà. Osserva similmente

r accorciarsi e

molto giovarsi

più de" precetti

il

intorno tale materia.

lui lasciatici

non per

della

l'adoprare

uso privato di preparare con prontezza

1'

Volea però che

abito, fosse fatta con grandi avvertenze sopra la regola di

da

a centi-

comuni imitazioni minori

grandezza naturale, Leonardo riconosceva essere necessario

fotti

umani

corpi

i

e siccome ne' corpi belli le differenze delle parti per lo più sono piccole,

,

e diventano poi quasi impercettibili nelle pili

le

si

e dell' arte.

d'imitare

al pittore

uomini a milioni

misure generali, siccome

del naso e

del quadrato.

guancia '/

,

segue lo scritto di Leonardo

,

si

mezzo

trova in

confine della mascella colla punta di sotto

dell' orecchio

cioè dove concorrono le varie linee segnate nella testa una stella o asterisco. Questo passo fu malamente svisato la prima formando quasi pubblicato nel 1784 (^5). venne e sola volta che nella figurata

Dal zio

,

testa,

stella;

cantone, continua

cjuanto è

la

la

lunghezza

nota, dell'osso deU' occhio all'orecchio dell' orecchio

mentre dovrebbe dire volto o

secato questo disegno

,

provano

notabili quelle che circoscrivono

faccia.

eh' egli l'

o vuoi

Le

il

terzo

è tanto spa-

della testa.

Qui dice

varie linee dalle quali è inter-

andava indagando

altre divisioni

occhio e la sua incassatura.

:

sono






La tavola che vien dopo la descritta rappresenta la stessa testa a rovescio eoa nuove divisioni. Vi si legge la nota seguente, parimente di pugno del Vinci: Fa che il capo, cioè dalla sommitct dell' uomo al disotto del mento sia T ottava ,

,

parte

di tutto

l'

uomo

il

:

quale capo dividerai in cinque parti ; e una

d' esse

parti

fa che sia dal nascimento de' capelli in sino al pari della somma altezza del capo: un altra parte metti dcd taglio della bocca al fine di sotto del mento, e l'altre di mezzo resteranno in fra 7 taglio cV essa bocca e 7 fine del viso coi capelli. Oltre ciò in questa testa sono distinte molte parti con varie lettere e la,

teralmente vi sono indicate le distanze rispettive commodulate ora colla testa

Eccole esattarnente spiegate per chi non

intera ora colla sola faccia.

desse nel disegno

,

dove imbarazza

la

forma

e

il

confine superiore del mento segnato h e l'inferiore segnato

Il

le inten-

rovesciamento delle i

lettere.

formano

la sesta

parte della faccia.

la

Dalla divisione de' labbri segnata g al detto inferior confine del mento v' è quarta parte della faccia e similmente la quinta di tutta la testa come si ,

rileva

,

anche dalla nota antecedente.

Dalla linea inferiore del naso segnata

f al

confine inferiore del iTiento

v'

è la

terza parte della faccia.

La

comprende

stessa terza parte della faccia

lo spazio

che

sta fra

confine

il

inferiore del naso ciglia segnata c. f e la linea delle similmente una terza parte della faccia lo spazio che sta tra la linea c delle ci-

E

glia e la linea b

che determina

confine superiore del volto dove nascono

il

Leggesi poi che dal punto k del

mento

luogo

fa

,

vi sia la

evidentemente

cioè là dove quella grassezza molle

angolo colla gola o gorgozzule, sino

della fontanella

mastoidei

,

,

gola

della

o

sia

1"

metà della misura del volto

essendovi assai meno.

In vece

del volto dalla fontanella alla linea i, cioè

veva dunque scrivere

i,

in

l

Finahnente dal punto h

,

cambio

alla

inferiore

di k,

al

;

in

linea

attacco

l

cr

i

O

'

S f' '

che Leonardo prese errore

l.

confine

c

,

b.

del capo.

del volto.

i 3

del volto.

f

del volto.

c

del volto.

l

h.

del volto. 5

fi

il

sterno-

trova la indicata

6

i

capelli.

di sotto

che determina

de' muscoli

del

mento

del naso segnato f, corre la sesta parte della faccia. Queste sono le misure notate a numeri da Leonardo in questo i

i

aiusta metà D confine di sotto del mento. Dosi

cioè dal superiore

h.

al

volto.

del volto.

-

all'

inferiore

modo:


2o6

Alle quali misure potrebbero aggiungersi le seguenti

non sono precise ed

delle fin qui notate

esatte

ed essendovi segnate grossamente a mano

,

però

le quali

non essendo

,

finito

il

al pari

disegno

,

le divisioni e le linee.

Dividendo orizzontalmente in due parti eguali il volto il che fece Leonardo linea che dimezza il naso e Y orecchio si trova che la segnata q e larghezza del capo in quella direzione è eguale all'altezza del volto. E in ge,

colla

nerale

poco meno

volto è alto

il

,

,

,

,

che non è largo di profilo

capo nella

il

massima sua larghezza. Similmente dalla sommitcà del capo segnata a

una

taglio

al

delle labbra

g

v'

è

faccia.

La

stessa

distanza passa

fontanella

dalla

della

mezzo

gola a

ed a

naso

il

mezzo r orecchio.

La La

stessa in fine orizzontalmente dalla punta del naso

Trovo poi che gozzule col mento,

alla linea

l

della fontanella,

comprende un

Cosi dalla linea del nascimento de' capelli b

melle n vi stanno due larghezza del casso stessa distanza

teste

con lieve

ripetasi

di

altri

all'

confine

inferior

Una

angolo del gor-

,

terzo di tutta la testa.

circa

testa /

all'

mam-

delle

comprende

ascella

m

v"

la

è la

che passa orizzontalmente dalla detta fontanella

perpendicolare

visto di profilo,

passa tra la linea delle ciglia e stesso

divario.

Parimente dalla fontanella

di profilo.

principio del dorso sempre

Lo

occipizio.

ali"

misura da Leonardo sbagliata dal punto k

la

al

mammelle.

stessa dalla detta fontanella al confine inferiore delle

1'

ed è pari distanza

a quella

che

angolo del gorgozzule.

varj

rapporti

clic

ognuno può

che meglio

fare e

apparirebbero se Leonardo stesso avesse più difigentemente purgati questi primi schizzi o sperimenti, de' rjuali egli sesso

;

ma

L'eccezioni che nai

,

E

debbo aver

fatto

buon numero d'ogni

età e

sventuratamente sono ignoti o perduti.

cioè che

non

si si

possono fare a queste misure, provano quanto già accen-

debbono prendere per misure generali

sarebbe ora da descrivere

il

della specie.

più importante disegno che forse

si

conosca di

Leonardo il quale contiene quella universal misura delV uomo da lui promessa ma non data nel suo Trattato. Ma prima eh' io ni" inoltri in questo argomento, piacemi volger per poco ad altro l'attenzione del lettore, onde fargli sentire che ,

,

Leonardo sebbene in questa parte delle proporzioni vincesse ogni altro del suo tempo e al suo tempo anteriore non soddisfece in esse a se stesso anzi tale studio parvegli uno scoglio dell" arte più d' ogni altro malagevole da superarsi. Quello stesso Platino Piatto, suo amico, che gli fece l'epigramma pel Colosso di Francesco, composegli anche il suo epitaffio, lui vivente, anzi forse una ,

,

,

dozzina d'anni prima della sua morte, come del Platino,

allorché

si

in

cui

quell'epitaffio

si

legge.

applica a persone vive ed ove

si

può indurre

Questo genere

non abbia luogo

dalla data del libro di

composizioni,

la satira

,

non

si

usa


,

almen consenso di colui

senza richiesta o

poi

i

morto

si

pare da credere che sieno

stati

,

fanno dire, e che

poeta non

il

all'

soggetto

,

tutti

i

Fidia,

altrui

,

cioè la

sentiva quanto

il

quantunque

Policleto del suo

Allorcjuando

bocca del supposto

in

assolutamente dettati dalla persona cui la

si

veste dell'arte sua.

in qualche parte

il

conoscesse su-

era difettivo in faccia a ciò che ne faceva

immensa misteriosa

veri grandi,

da' poeti

abbia messo di proprio che

ci

Leonardo, conscio del suo sapere, sebbene periore

n è argomento.

clie

pongono

sentimenti ne son modesti e

Modesto

natura.

senz' affettazione

fosse lusingato dall' udirsi

tempo, come leggiamo

il

come

,

chiamare l'Apelle,

ne' libri del Bellincione

il

del

,

Paciolo e d'altri, sembra che dentro di sé sentisse di non giungere alla eccellenza di cjue meravigliosi antichi

Questi paragoni degli e

si

de' quali

,

vede che se ne facea sovente tema

avevano

affetto

alle

nel primo libro e da

Leonardo

di

,

come

altri

di

arti

Magnifico Lorenzo, che fu abbastanza vasi

gli

artifizj,

di

se

ma prima

che

delle sue maggiori opere,

non conosceva ancora prima scuola

la

,

fiìmoso

il

la

qual

città

Giardino

del

Però, o fosse

di Michelagnolo.

la

non ne penetrasse, secondo ch'egli credeva,

de" grandi esemplari, o

modestamente

,

di tutti,

Era poi cura e studio speciale di

autori.

pochissime anticaglie di Firenze

,

o che troppo tardi giungesse a comprenderli, egli lagna-

non aver posseduto

Si protestava poi d'aver fatto posterità

bocca

fra coloro

scorge dal passo di Matteo Bandello citato

si

varj

le

ne partì Leonardo

mancanza

in

ragionamenti

avvicinarsi per quanto poteva agli antichi nella vera e bella imita-

non aveva veduto che

allorché

moderni erano

di eruditi

zione della natura colla scorta della filosofia; egli

protestava ammiratore e discepolo.

si

dell'antichità co'

artefici

non aveva

il

di più.

fatto

neir epitaffio che qui trascrivo

T antico magistero

delle proporzioni.

poco che aveva potuto, e chiedeva perdono

Ecco

i

sentimenti che

il

alla

Platino espose

:

Leonardus Vincia

(

sic

)

Florcntinus

Stamarius Pictorc/ue nohilissìmus

\

de

parce loquitur:

se

j

Non

suìii

Nec

Sum

Lysippus

Zeusis

:

:

nec Apcllcs

:

nec

PoUdems

:

nec suin nobilis aere Myron.

Leonardus Vincia proles

Florentiniis

:

Mirator veterum discipidascjue memor. Defuit una mihi symmetria prisca

Quod potai

Ognun vede che sensi sì Anche il titolo posto

poeta.

•'

veniam da mdii

fatti

non

si

dal Platino

;

peregi

posteritas.

possono attribuire all'invenzione del all'

epigramma prova

eh' egli

non

vi


208

pose di suo che

il

metro e

gravi e serajslicissime

si

Comunque

lingua.

la

confanno perfettamente

vere di Leonardo. In fine qualora questo epitaffio

siensi

versi

i

modo

al

sentenze

le

,

di pensare e di scri-

in vece d' essere stato fatto

,

vivente Leonardo e probabilmente quando ei rivide il Piatto a Milano nel iSoy, della si supponesse composto dopo la sua morte da qualche moderato amico una tracome ritenere farebbero tuttavia il sensi che contiene sua memoria i

,

duzione fedele di parole a

Or dunque questo non misure

mentre nel

,

resto

contentarsi di

uomo

grand'

non parca temere Y

difficoltà di

grande idea della

proprie e consuete.

lui

determinare

le

nelF ardua materia delle

censura

altrui

ci

debbe dare una

leggi della bella simmetria, e di

conservarle nelle opere con quelf armonia che

sente

si

gli accidenti

e che varia in ogni figura secondo l'età,

,

ma

,

e

i

che non

spiega

si

caratteri particolari

di ciascheduna.

quest'unico

Riportato

cose sue

(-s)

ad esporre

la

Leonardo

giudizio che di

che mi parve necessario

e

,

osservazione

sola

sulla

dati

rimasto intorno

quanto segue

mi

,

alle

faccio

tavola della misura generale dell'uomo.

due disegni che abbiamo esaminad, sono,

I

sia

ci

di premettere a

sull'autorità di Vitruvio,

ed ha

quasi, precetti

direi

Questo terzo ha di più

naturale.

fon-

scritti

fondamento

il

vantaggio d'essere accuratissimo nelle forme

il

e mirabile nel carattere.

Ecco esattamente ciò eh' egh stesso vi ha scritto di suo pugno cangiata solo l'ortografia, come ho praticato altrove, onde togliere ogni imbarazzo a chi legge. Vhmvio architetto mene nella sua opera di Architettura che le misure dell" uomo sono dalla natura distribuite in questo modo cioè che quattro diti fa un palmo sei palmi fa un cubico ; quattro cubtti fa un uomo ; e qucutro palmi fa un piò e queste misure c quattro cubici fa un passo ; e ventiquattro paini fa un uomo ,

,

:

,

;

:

son ne

siui

edifizj.

Se tu apri tcmco tanto

le

si

che cu cedi da capo ^ di tua altezza

il

delle estremità

centro

delle aperte

membra

;

e

fia

il

bellico

è

il

decimo

fa le gambe fia triangolo equilatero. nascimento de capelli ed fine di sotto del mento

apn

e

alza

sommità del capo ,

,

lo

spazio

dell"

altezza

e

trova

Dal dell"

gambe

braccia che colle lunghe dita tu tocchi la linea della

sappi che che

le

,

uomo.

Bai Dal Dal

di sotto del

mento alla sommità del capo,

di sopra del petto alla di sopra

sommità del capo

del petto al nascimento

è ,

l'ottavo dell" altezza dell" fui

de" capelli

,

il

sesto

dell"

uomo.

uomo.

fui la settima parte di tutto

r uomo. Dalle

La

tette

al di sopra del capo

maggiore larghezza

Dal gomito

alla

,

fa

la quarta parte dell"

delle spalle contiene in sè

punta della mano

,

fa

la

la

uomo.

quarta parte

quarta parte

cicli"

uomo.

dell"

uomo.




209

Da

gomito al termine^ della spalla fia V ottava parte iV

esso

mano fia la decima parte dell uomo. membro virile nasce nel mezzo dell' uomo. Dal di sotto del ginocchio al nascimento del membro fia

uomo.

esso

Tutta la

Il

la quarta parte

del-

r uomo.

Le

parti che

quel de cigli

Ma

le

trovano

si

in

mento

il

fra

e

Ecco quelle che

divisione generale

Tutto r

uomo

siccome più

,

questa linea

facile a conservarsi nella

tra

umbilico

all'

allargamento sta

Tra

il

che

si

riscontrano

memoria.

imo del mento. tra T imo del mento mammelle. sta

,

le

porzioni carnose de'

nascimento del pene

al

sta la

nascimento del pene e

il

detto luogo e

settima sta tra

il

e

una linea dell'

retti

ad-

sta la terza.

quarta.

metà dell'anca o piuttosto

la

luogo dove comincia superiormente ad apparire

La

è il terzo del volto.

all'

luogo ove allargansi

al

domine per dar luogo tale

ed

le sole

dividesi in otto parti eguali.

orizzontale che passi per le areole delle

La quinta

nascimento de capelli e

,

potrebbero aggiungere, ricapitolandone una

si

La priina contiene dal sommo del capo La seconda è composta dallo spazio che

Da

e il -

misure qui da Leonardo accennate non sono

in questa figura.

Da

naso

il

ciascuno spazio per se è simile alV orecchio

,

il

il

vasto interno.

di sotto del ginocchio è la sesta.

il

ginocchio e l'angolo che

sotto del

di

fa

il

gastrocnemlo

interno col solcare. L' ottava

La stese

compie X uomo dal detto angolo

stessa

divisione per

otto

in direzione orizzontale

Allora una parte

come la

tra

sta

trova in

si

all'

estremità inferiore del tallone.

traverso

,

stando

l'

uomo

a braccia

nella figura.

fontanella

della

gola e

il

più lontano

confine

della spalla.

Da

quivi

La

terza, alquanto

porzion carnosa del bicipite è

finire della

al

meno

determinabile, sta tra

il

la

seconda.

confine indicato e

il

finire

della porzion carnosa dell' elevatore speciale del pollice.

La Le Si gli

luogo

cptarta sta dal detto altre c]uattro

parti

si

all'

estreinità del dito inedio.

ripetono dal lato corrispondente.

può anche aggiungere che un'ottava

angoli che formano, a braccia elevate,

Leonardo non

iscrisse,

ma che pure

parte dell'altezza i

dell'uomo

sta

deltoidi colle clavicole, misura

indicò con due punti

visibili

tra

che

nel suo disegno.

Così pure una decima parte del tutto, che è cpanto a dire una faccia, forma di prospetto la

somma

tronco sotto

petto.

Ed

il

larghezza d'una coscia; e due decime, la larghezza del

altre simili divisioni

ed

utili

approssimazioni da chi cerca

verranno in questa singolare figura che in

altre

tali

studj

,

si

rin-

certamente non è dato riscontrare.


210

E

quando finalmente

che quantunque Leonardo con

si rifletterà

indagasse in Vitruvio le misure che Vitruvio stesso sembra aver

buon

esito

Greci,

tratte dai

non aver posseduto la vera antica simmetria si comprenderà bene che per questa scienza egli non intendeva, come già accennai, una determinata misura generale dell'uomo, ma quella commodulazione diparti

nondimeno

lagnavasi

di

,

che a ciaschedun individuo conviene secondo di età Si

circostanze di sesso,

le respettive

di carattere e simili.

,

comprenderà

tempo che questa generale misura

allo stesso

,

qui

da

stabilita

Leonardo, può benissimo esser quella in che consiglia di far abito, perchè fatta, come r esperienza può ad ognuno mostrare sopra la regola cF un corpo naturale di proporzione laudabile , e di più confermata per la massima parte dall' autorità ,

degli antichi

ma non

;

dovrà mai dimendcare

pel suo Trattato egli ha sparse

porzioni è cosa contraria Intanto per

nardo è fecondo nella

gli

eccezioni

infinite

se

,

di

non

,

il

cui

la

erro

propria lor natura

più consentaneo

il

,

più

comprendere che

far

il

non

utile in

il

possono servire

simili canoni

usi limitati cui

nardo ne furon posti

variare pro-

rende soggetti

li

vero

al

,

all'

,

e ad onta delle

questo (h Leo-

più semplice

il

più armonico nel tutto,

somma

,

il

più facile

prima e dopo

arte di quanti

,

il

più

a serbarsi

di

Leo-

in luce dagli scrittori.

Voglionsi però qui eccettuare

marmi che possiamo

mirabili

onde

natura, e però gravissimo difetto dell'imitazione.

alla

misure armoniche,

memoria

,

avvertenze che cjua e là

le infinite

gli

Eglino

andchissimi Greci.

ci

lasciarono

si

non si nè da queho ddungati. Ben è

facilmente assicurarci

che

ne' lor precetti

saranno opposti al modo con cui operavano tutto sia stato preda gravissimo danno che quanto essi scrissero di simmetria di tale scienza certamente molto Vitruvio; e di linee le poche tranne del tempo, ,

,

fu scritto dai Greci, truvio

stesso

,

della simmetria facesse

done

,

come

testimonianze in Plinio, in Vi-

come ne abbiamo ampie

in Filostrato juniore

una scienza

è probabile

ed in a parte

,

commentar] o

Parrasio sembra

altri.

ed

il

primo che

alla pittura l'applicasse,

stenden-

Asclepiodoro perfezionolla a

trattari.

segno che ne ottenne ammirazione dallo stesso Apclle. Mirone e Lisip|jo la custodirono nelle loro opere colla massima diligenza e precisione, e anch'essi, secondo l'uso de' grandi artefici d'allora, o per norma delle opere loro o per render conto del

modo con

cui avevano operato

,

avranno commesso

alle scrit-

ture preziosi ragionamenti o precetri di cpesta loro prediletta facoltà. Eufranore

primato nel farne uso, ed a cpanto apparisce dagli scrittori, ne scrisse più ampiamente degli altri. Fra gli scritti pittorici di Antigono e di Senocrate, grandi encomiatori di Parrasio , non può a meno che lo stesso debbe dirsi de' libri di Melanzio citati di simmetria non si ragionasse

pare contendere a Parrasio

il

:

da Diogene Laerzio.

E

finalmente

,

per lasciare

metria specialmente citad da Vitruvio

1

("7),

i

tand

altri

Pohcleto non

si

greci autori di sim-

accontentò di dare


un commentario

rli

contenuti si

e

;

Ma

j

Canone

il

famoso per

perfetto

sua bellezza

la

di tanti

rimangono

ci

frammento

,

meno

di

,

nè è da sperare ormai che

,

cosa non esistesse pei posteri

quanto ho altri

asserito

che contenti

scritto

divenne

,

fra

,

perchè

tanti

ne

se

di Pellegrino.

pareggiare in eccellenza fé

più

è

scritti

facile

dico

,

trovi vestigio

ci

rimane

pure qualche

se

,

dar pre-

il

non

,

papiri ercolanesi.

i

consigliata dalle

,

venendo a men remoti tempi se , in prova di favore di Leonardo scorreremo i molti metodi degli

opere

loro

diede

si

Fatta questa rispettosa eccezione in favore de' greci maestri

impareggiabili

in esso

precetti

Mone

presso Luciano nella

che probabilmente

e

,

i

a ciucila statua

che passò in proverbio per esprimere un corpo

,

avranno superate

le

,

nome che

che dovevano per lo

scritti

che operare

che confermava

statua

di Policleto

come possiamo vedere

opere che cetti

questa facoltà, ma, per testimonio di Galeno, ad illustrazione

una mirabile

dello scritto fece

in

e

,

,

,

umano,

bilirono le misure del corpo

lo più

e per

di sè stessi

li

da legislatori e senza riserve sta-

riconosceremo prontamente essere d'assai

metodo vinciano. Vitruvio stesso che però non ragiona che incidentemente delle umane misure e che da Leonardo meglio può dirsi spiegato e cotumentato che non copiato non istabilisce oprale debba essere l'allargamento delle gambe, uè falzamento delle braccia, onde circoscrivere l'uomo supino in un cerchio facendo centro dell' umbilico. E sebbene sia probabile che da cpialche greco scrittore come si è detto compendiasse quanto scrive di simmetria, pure, non essendo egli dell'arte, sparse di tanta oscurità lontani dalla bellezza e facilità del

,

,

,

queir iiuportante passo, che basta

,

lo scorrere

i

tanti suoi

commentatori e traduttori

per vedere quanto da quelH variamente e stranamente fu inteso ove

fra loro diverse le figure

non

trovansi in Vitruvio

le

une

le

molte

studio

tratto

da quel classico

Da che

simmetria

alcuna luce,

è vero

,

materie.

ci

è

Leonardo

panni non

d'uopo venire

ma

Lnperoccliè

,

,

fino a

noi giovò però

sebbene

ci

si

non hanno

alla

io qui

dame

stessi

Leon

a

Leonardo

fatto

co' suoi

il

rpiale

studj

precedene,

circa

,

altre eccezioni, le sue divisioni a piedi,

in fra esse stesse

debbo

queste

aver desunta la sua simmetria da

nè col il

tutto

tenerle a

alcuna relazione ra-

mente con precisione.

le tante e varie

opinioni intorno

con molta cura e pazienza raccolte, per Cjuanto mi

di far ciò succintamente

,

w.

passi d' altri scrittori vecchi

Batista Alberti

gran d'

principi

resto di tale

che a questa scienza non arrecano

mi accorgo che volendo esporre

simmetria,

suoi

i

diedero a commentarlo

gionevole, talché è assolutamente impossibile

Ma

e quanto siano

concederà di troppo

si

ma

vanti

gran numero di corpi belli, per lasciare gradi e minuti

si

non curando alcuni pochi

,

,

copiate. Similmente

con che, non meno che col

possono applicare

si

,

:

coloro che primi

fra

Vitruvio in poi

alla

,

misure secondo

altre

da Leonardo egregiamente accordate dandogli un luogo

non furono

dalle altre

di necessità estendermi più che

studj

non vorrebbe


,

212 il

sistema negli

me

da

capitoli

altri

tenuto

e quindi recar noja al più de let-

,

allorché rifletto che a coloro che di queste materie sono curiosi Pure tori. numero di risparmierò con poche pagine il fastidio di ricorrere ad mi gran non temo rarità, loro per la trovabih difficilmente alcuni de quah sono ,

libri,

d'incontrar taccia di prolissità presso gh

altri

che possono

questa parte

saltare

conclusione.

quando lor piaccia , Luca Proseguendo adunque, per quanto si può, per ordine di tempo vengo a frate una fece Vitruvio, da copiò Paciolo, e trovo che nelle cose da lui aggiunte a quanto Basti prescrive. ei quanto tal confusione che nulla si può trarre di ragionevole da parallelogrammo con che pretende il dire che si d' un triangolo (>9) come d' un rimane determinare le principali misure della testa in profilo, un angolo solo alla

dello scritto ed andare

,

,

,

disperdono dentro o fuori della medesima. Né mollo di meglio abbiamo dal Dialogo di Pomponio Gaurico sulla sculper esempio, tura, stampato al principio del secolo decimosesto. Egli biasimava, e credea tutte che è certo la più armonica di la proporzione di dieci facce conservato oel dintorno:

gli altri tutti si

,

,

che ne potessero tollerare di sole otto e fin anche di sette proporzione apparisce, quanto conviene ai fanciulK di poco oltre cinque anni. Forse ei fu, a stesso rende divisione per tre, il qual numero moltiplicato in sé che

se

,

sedotto dalla il

nove

la faccia in tre parti e tutto

però divideva

:

aritmetiche

le relazioni

r armonia e

non sempre di

le parti degli oggetti

spazj che separano

il

corpo in nove facce

;

ma

accordano colF armonia degli

si

forma determinata, che col disegno

non che se ciò fosse molte cose che sono difllcilissime a spiegarsi alla mano. Però colla ed ali" intelletto fctcili piane e diverrebbero che a larsi, ad onta del bel giuoco che vi fa il divisione del Gaurico la figura umana e gh arti inferiori deboli. Nè più lungo torso il corto collo il s'

imitano

,

;

,

numero

tre

,

ha

,

esatto mostrossi allorché disse che

che non

teste

,

fede

al resto

il

verifica

si

i

che ne

delle sue misure

putti feti

sono

alti

quattro facce

cioè circa tre

,

immaturi. Simili errori procaccian poca

nehe quali più

si

diffonde

scljbene sieno

,

meno

intendono bene e sono riportate con noimportanti, oltre del suo Dialogo. E se Giovanni DeLaet, edizioni tabili diversità nelle diverse di quel libro, si studiò di rettifiporzione che in fine del suo Vitruvio diede e accomodando a suo modo la misura del piede ottenne di meglio che alcune non

carle

,

nulla

e del collo

capo e

la

,

;

non tenne poi nessun conto

sommità

neir altezza

dell'

della fronte,

uomo

il

,

quia

est

qual autore però

ommissione che rende alcuni imbrogli nel dizio degli altri e

e dice

dello spazio che sta tra

pars escremeiuosa.

si

in generale,

se

Non

Sclieff'ero

non

nel suo

riceversi

libro

De

Arte

caduto nella indicata

fosse

e

,

cui divise gli arti inferiori

attenne in gran parte a Vitruvio.

vertice del

so se per la stessa ra-

di più troppo svelta la sua figura

modo con

il

non debbe

che questa parte

similmente da Giovanni

gione fu ommessa j>ir>gendl,

s"

,

non badandosi ad

mostrò miglior giu-


,

2l3

l

Più chiaro certamente

Durerò il

che anzi parve

,

non elegante né comodo

se

,

niti di

è in parte migliore degli

altri,

memoria

ma

;

voglia o

si

per

e facendovisi divisioni minutissime

quando poi diventano per

figure che da

sua

la raoltiplicità

simmetria

(

risultano

divisioni

fatte

pure non fu

se

anzi che da Vitruvio

il

,

tolta

le sue tavole

tasmi lunghissimi mostruosi

musei

si

fuor di dubbio

,

minuzia

e

gusto ed allo

al

difficili,

delle

stile

Foppa

come

,

scritto

,

venne o

senza discrezione

vedranno ora

Lomazzo

il

(!»).

asserisce

la )

imitata dalla natura

scorrano in

Si

ridicoli e nani Sileni

,

flitti

ora fan-

somiglianti a certi idoli etruschi che trovansi nei

,

Doppiamente deformi riescono poi tali figure nel sesso femragione Michelagnolo, che per altro stimava il Durerò (come

il

merita quel ristauratore delle

questo suo libro

e debole cosa

Foppa curioso monumento

ora perduto del nostro di raro e

che

altezza

d'anticaglie.

minile, sicché a

poca

e

,

l'

possiam dire senza esitanza che

che da alcuni fu

senza scelta, o creata dalla fantasia

con r occhio

varietà

,

garbo

al

,

al

debba variare

si

giova eh' esse ad una ad una siano

nulla

Se riguarderemo in appresso

intricatissime.

complicata scala per ogni,

e

la prospettiva

,

benché minima, ha

da che nasce qualche giovamento

,

dovendosi comporre una aojosa

singola figura di cui

chiare,

tutto

né erano mu-

,

suo metodo di misurare

Il

perchè ogni divisione,

sempre una relazione aritmetica col alla

Quelli però che tale

Leonardo

di

,

sistema di Alberto

il

molti utilissimo ed eccellente.

a

non conoscevano di certo gli studj gusto buono e delicato in fatto di disegno.

giudicarono

fu

,

tratte

che non

le

da modelli

non

,

tedesche

saranno

solca dire esser

,

certamente

di

libro

il

non come proporzione media uno stile migliore

la perdita

e per le figure di state

)

se cosi fatto era

da piangersene

é

dell'arte,

italiani

arti

E certamente

(!).

,

se

^pubblicate da Alberto.

che nel cinquecento scrissero di proporzione, furono per lo più

Altri molti

cattivi copiatori or di Vitruvio

,

or dell'Alberti

,

or del Durerò

,

con poche ag-

giunte o variazioni e per lo più con grandi oscurità. Cosi fecero Mario Ecjuicola

,

(fra

i

Nicolò Franco quali

anche

c finalmente

Ma

altri

il

(!»),

Paolo Pino

Bertano, sebbene

non pochi

,

Flud^ sì

eh' é inutile

il

commentatori di Vitruvio

]iarecchi

piccola parte

commentò

quegli ancora che uscirono con metodi proprj

all'arte,

come

dal séguito di cpiesto

esame

di quell'autore)

nominare.

ci

,

poca

utilità

arrecarono

verrà fatto di osservare.

undecimo del suo libro De Suhtilitate dandone ventiquattro alla testa che è quanto a dire due cpiindicesime del tutto; misura media tra la rozza e l'elegante, ma anch'essa complicata di troppo e troppo minutamente divisa, e ben Il

fauioso nostro

divise

il

corpo

Cardano

umano

,

nel libro

in centottanta parti

,

,

,

dall' armonia della vitruviana perfezionata da Leonardo. Girolamo Ruscelli, nella seconda parte della sua Lettura sopra un sonetto del marchese Della Terza (53), volle similmente discorrere di simmetria. I principi

lungi in tutto


214

eh' egli trattato

espone in quel libro al

suo tempo

,

dicono presi da

si

ma non

si

varj

che di

cose avcau

tai

scorge chiaro quale possa essere stata

la

loro

Ruscelli abbonorigine principale. Qualunque però essa fosse, nelle misure del al vertice del gola della radice dalla dano errori e discordanze. Per esempio mentre non figura della l'altezza tutta , egli stabilisce una quarta parte di :

capo vi

suol essere che la

sesta.

Così asserisce che

la

lunghezza del piede

è la de-

soltanto cima parte di tale altezza, mentre i Greci, secondo Vitruvio, la voleaii quanto per E setriraa. la molto la sesta , ed è di deforme piccolezza se eccede di l'erronea inavvertita lasciarsi delle donne, non è da ci parh specialmente opinione di coloro che estimano tanto più

ivi

belli

piedi femminili

i

quanto più

della forma, sono piccioli. La bellezza de" piedi sta nella leggiadria e concinnità sarebdiversamente , non neir esser corti o estremamente piccioli che se fosse della quelli bellissimi i piedi delle donne cinesi e giapponesi , e mostruosi ;

bero

Venere

de' Medici.

riguardi per la sublime

Ben maggiori una stamprche

gira di

Michelagnolo

visato a penna.

Vedesi

in

,

eccellenza

tratta

dell'autore

da un suo

una figura virile cui canone acquista

essa

fiero

in profilo

,

si

debbono ad

disegno improv-

non lontana

dalle

autorità non dal Vinci , il maestro. Michelagnolo però grande sì di quello con d'accordo in generale delle può dirsi proporzione ad ogni figura sdegnando l' impaccio cam]3ÌÒ umana. macchina della cognizione sua profonda la per diritto misure, e a buon

misure

stabilite

,

,

,

lieve dal trovarsi

cautele, unito all'imCiò non ostante, quel suo forse eccessivo disprezzo di tali fu cagione che spesse marmi sui slanciava quale si col peto ed air entusiasmo e che talora tollerasse delle volte gli mancasse la materia sotto lo scarpello ,

,

può vedere nelle per altro meravigliose figure in sua difesa notare che le licenze che in però de' sepolcri di Firenze. Debbesi anche essere state cagionate dalla sommn possono queste figure si riconoscono, timore della vendetta medicea; poiché dal stimolato fretta con cui le ha eseguite, VII, dovette la sua salvezza al Clemente a avendo egli rilardata la resa di Firenze

come

scorrezioni importanti,

si

papa attorno a cjue sepolcri, suo valore nella scultura, e postosi d'ordine del quelle opere in pochi mesi, condusse vivente, dice che il Condivi che scriveva hii molte mende dal lato della però più dalla paura che dall' amore. Trovansi spinto

simmetria in

altre

lo scusa e le dimentica

zio

ninno sdegnerà

di

fra gli artefici

è da preterirsi

il

di certo chi intende l'eccellenza delle altre parti, al cui giudie ad onta di esse sappiamo che Raffaello Idea del disegno. la Michelagnolo chiamava

opere sue

;

ma

,

,

accomodarsi

,

che di questo tempo

ci

lasciarono

disegni

di simmetria,

figurina relativa a tal facoltà

una Benigno Bossi luganese. Chiunque però che le sue cose di quell'elegante pittore, si ricorderà facilmente Parmigianino

,

di

cui vedesi

nella Raccolta de suoi schizzi incisi da

ha

in pratica le

misure eccedono nella sveltezza, e ch'egh,

al

pari di alcuni artefici fiorentini,


2l5

in

sempre

traccia

grazia

della

carla del continuo nella natura

dimenticò non di rado

,

si

,

e che

fuor

di

eli"

è d'

uopo

cer-

essa la creduta grazia diventa

affettazione e mostruosità.

Ma

tornando

simil pecca di sveltezza eccessiva può acAgnolo Firenzuola per la figura virile eh' ei voleva di nove teste mentre poi per le donne accontentavasi di sole sette o al più sette e mezza tollerando sì notabile discrepanza tra le virili e le agli

scrittori

di

,

cagionarsi la misura esposta da ,

,

Da

femminili proporzioni. Bellezze delle donne

membra fino modo

del viso e delle

un

esatte,

tal

questo autore per altro

scrisse

un

potrà

,

che ne' suoi Dialoghi Delle

,

molte delicate e gentili cose intorno pittore imparare

se

,

che è di grande

di osservare,

alle forme non misure buone ed

utilità a

chi coltiva

il

Potrà in oltre trarne certe amorose ed aggraziate maniere di esporre

disegno.

con parole

osservazioni le più argute

le

in queste materie, se plari alla lingua

eccettua

si

non meno che

il

cosa del pari utilissima e della quale

:

Firenzuola

Per

all'arte.

e brevi dell' intento delle opere proprie

,

,

mancano,

si fatte

può

a

mio parere, esem-

esposizioni ingenue, chiare

artefice metter gli altri a parte

l'

appunto che un abile commentatore bellezze più squisite e recondite di una produzione poetica.

delle finezze dell'arte sua, in quella guisa fa gustare le

E

anche Baccio Bandinelli vuole un luogo

ma non

ha

dritto

di

un luogo

certo .ad

della testa in profilo, che

si

il

che

verifica

della bellezza.

miracoloso

Ma

il

si

ci lasciò

,

povero Bandinelli,

e

assai

la

fermezza delle sue misure

grossamente, e ne son prova

guzia di espressione da lui

la

proporzione

non

s'

incontra senza sfregio evidente

pure chiamato dal Doni disegnatore disegno e grazia nessuna. Egli soleva sia

in oltre dire che la testa era assai più facile clie ogni

per

umane misure;

dire che la fa tanto larga quanto alta; misura

non aveva che mediocre

,

Egli

legge nel libretto intitolato II Disegno del Doni, a

tergo della pagina 42, e basti in pochissimi individui

fra gli scrittori di

distinto.

le

alle

fatte

Lion-bue come benissimo disse

con che

;

il

fa

altro

qualsisia

intendere eh'

ei

la

membro

considerava

molte teste mediocri e prive di ogni arsue figure

Celllni. In

,

ed

somma

il

suo Ercole con faccia di

egli parlava

come operava,

ed operò sempre da uomo che non aveva senso alcuno per le misure delicate e per le finezze dell' arte. E parimente il Doni , suo gran lodatore e non dissimile da lui nel giudizio

poetico e pittorico ad

,

per darci una egregia prova del jjroprio buon gusto diceva di aver più diletto in leggere il Par-

un tempo

naso dell'Aretino che in vedere

E

giacché

ticanza

la

si

,

il

Parnaso

fece c£ui motto dell'Aretino

proporzione

che

posta

in

sua

di ,

Raffaello.

non bocca

si

debbe legge

si

Pittura di Lodovico Dolce.

abbiam detto

di quella del

onde accrescere

l'

lasciare

nel

in

dimen-

Dialogo

della

La ricorderemo però soltanto per ripetere quanto Gaurico che il Dolce copiò chiamando teste le facce

imbroglio e

,

1'

oscurità.


,

2l6

Questa pcrtatito del Dolce mi richiama a mente per Y uniformità sciataci dal Vasari

sembra che teste

iti

pure

facce

come

trova nel Vasari pittore,

si

che parole ad impresdto.

E

ommissioni

stesse

stessi errori, le

gli

nel Dolce

l'

altra la-

dal quale' autore

;

dovesse aspettare maggiore accuratezza intorno a

si

E

soggetto.

nella Introduzione alle

arti del disegno

tre

e fin lo

importante

si

chiamar

stesso

che dell'arte

non aveva

per la troppa confidenza nell'autorità del Vasari anche

Filippo Baldinucci in una lettera a Lorenzo Salviati (stampata a Livorno nel 1802) se pure vuo.. ripetè con precisione i medesimi sproposiri. La quale negligenza ,

farragine

Baldinucci, non potrà mai essere scusata nel Vasari nè dalla nè dalla fretta con delle opere dalle cjuali egli era sopraccaricato

cui scrisse

,

perdonarsi

al

,

perchè avendo egli per assunto memorie degli artefici non aveva obbligo nessuno di entrare e cpialora voleva pure per un di più ragionarne queste materie

nè da

di stendere le

cpialsivoglla altro

argomento ,

sottilmente in

;

nè volendo tacersi,

e darne precetti, professando l'arte,

meglio

modo da

era in dovere di studiare in

,

:

che sarebbe stato

il

scriverne bene.

testa era di sutsi accorse che la parte superiore della Selva eh vana Nella dell'uomo. misura nella entrare poter da ficiente dignità non potei che e spagauolo dallo tradotta , pubblicò Sansovino Lesione che il scultore, suigolare chiamato Borgogna, Filippo di un legge si trovare in originale, \\ secondo proporzione terzo un , facce e nove umano corpo il quale dava al

Non mancò

però chi

,

,

Filandro

,

attribuita

mente ricevuta

Varrone

a

pimento della testa da pertanto (almeno nella

nove facce,

confusa e

Ma,

vole.

non

ci

sia

tanti de'

con che m' induco a credere che

,

e

che quel terzo di faccia fosse

sola edizione di questo libro

comuncpe,

la

misura era allora general-

tal

mentovati autori dimendcato.

ripiena d'errori, che

dice che

si

e praticata dagli artefici

la solita proporzione delle

è

e vi

,

somma

non

La sua

il

sia

com-

divisione

che ho sott'oechio, del i56o)

è possibile trarne costrutto ragione-

della sua totalità spiacevolmente

inarmonica

dà a sperare intorno alle divisioni interne nulla di meglio di rpanto

si

notati di sopra.

ebbe dai canoni

pretendendo molto diversamente diede sue proporzioni Daniel Barbaro e le troppo Vitruvio di tenere un luogo di mezzo tra le misure troppo generali faccia una fanno quali tre de' minute d'Alberto. La sua divisione in pollici

,

,

ascende

,

come

l'

di Filippo

anzidetta

di

Borgogna

,

a

nove facce e un terzo

una e 1' altra riescono e ne ha quindi lo stesso inconveniente. Oltre poi che questa del Barbaro riesce corta tozzette e pesanti nella totalità , anzi che no 1'

,

,

nelle pard inferiori,

dandovisi dal nascer del

mézza, mentre cinque meno un il

sesto se

Barbaro è dal nostro Lomazzo accusato

fu forse

detto

membro

ne danno d'

aver

alla

in giti quattro facce e

parte superiore.

manomesso

il

,

ciò

ripetersi parte di

da lui, perchè nell'opera del Barbaro vide tratto da quell' antico autore. Se mai poi

quanto Alberto aveva

Toppa

Anche

ma

il

furto di che


,

217

accusa

Lomazzo

il

i

due

e da profili in diversi

atti

,

modo che

questo

mezzo

figura per

riguardasse a certe teste levate da piante

questa invenzione

,

anche da Piero della Francesca

trovata

Or

autori

citati

come

,

,

in

pure appartiene

se

un suo

al

Foppa

fu

,

libro io posso mostrare.

sovente è utilissimo, di ritrarre in diverse vedute l'istessa

delle piante e de'profih, fa risovvenirmi di

due

altre

opere di

autori oltramontani, nelle quali varie simili figure s'incontrano, l'una dello scultore e pittor francese Giovanni Cousin , Y altra del famoso orefice spaglinolo

De Arphe

Giovanni

dotti artefici

ciò furono

i

y

Giovanni Cousin, per esempio,

seguendo

l'

quarto dell'altezza del capo,

il

d'

forse

,

portando per regola

,

un quarto

e appena

autorità

che

si

fissa

della larghezza

C|uanto è tutta tale larghezza

Nella

;

il

fa

suo

del

tra

il

Filandro

maniera

divisione contraddice ;

tale alle

mento e la fontanella non pose che un ,

qual

senza ragione

,

i suoi volti in profilo non possono aver labbro inferiore più in dentro del superiore

del naso

,

e

mento

il

modo è contrario al men corrette figure ,

pone uno spazio

il

tanto

in dentro

praticato dagli antichi della scuola fiorentina. simile

testa tra la linea superiore delle spalle e la inferiore delle

seconda

e

e oltre

collo brevissimo, e tutta toglie la no-

il

in profilo il

vede in qualcuna delle

stessa

umana

distinti

slancio alla testa. Parimente

biltà e lo

grazia

essendo

,

umane misure^

primi che nelle patrie loro pubblicassero opere importanti di però errori in buon dato e discordanze anche

loro proporzioni.

gola

scrittori

Non mancano

argomento.

della

Entrambi questi

Villafaiìe.

trattarono con qualche miglior fortuna delle

,

all'

altezza

d'

mammelle. Con

suo sistema, per altro buono, di dare otto

una tal

teste alla figura

perchè cominciando dalla linea superiore delle spalle lo spazio della vi rimane poi gran parte del collo per di più nella metà supe-

testa

,

rimanendovi la qual parte oltre la troppa altezza che il petto ne verrebbe ad avere, la figura perderebbe il suo equilibrio, e la parte superiore a danno della bellezza sorpasserebbe in lunghezza l' inferiore come nella riore del corpo

,

;

,

misura del Barbaro ed in

altre

r orefice spagnuolo che facea e

un

terzo

,

e quel terzo

le

si

nota.

figure

si

E

di

virili

consimili

difetti

come femminili

può

accusarsi

di dieci facce

entrava per di più nella metà superiore.

E

queste

hanno in oltre le gambe fuor di modo gracili e corte vizio che il De Arphe non seppe fuggire neiumeno nella proporzione de' putti di cinque teste, ai quali non diede che un quinto della loro altezza per le gambe, sebbene vi comprendesse porzione non piccola del ginocchio- (34). Nel libro poi del Lomazzo, che venne in luce contemporaneamente all'opera del De Arphe abbiamo una lunga serie di proporzioni ma dalle infinite inesattezze della stampa e dalle difficoltà della materia, non che dall'oscurità dell'esposizione, è risultato an sì intricato labirinto che non è possibile uscirne essendo il suo libro senza figure. Esiste bensi di questa parte delle svelte figure

,

,

;

,

proporzioni un'antica traduzione francese

fatta

da un

Ilario

Pader e stampata


,

ai8

1649 (") ornata di tayclc ma non ne so affatto il pregio, non essendomi finora riuscito di trovarla in alcuna pubblica o privata libreria. Per a Tolosa nel

;

quanto però col mezzo di il

tali

possa raddrizzare

figure

si

arbitrj

o licenze

che non può avvenire senza

brogli del suo sistema, avendo in gran parte sia

per

E

divisione.

i

che propone,

la moltiplicità delle figure

stingua per pregio di misure e per chiarezza dieci facce, che per l'appunto le

si

Foppa

sue tozze

sono assolutamente capricciose

,

,

materiale inarmonica

la

di

modo

il

Lomazzo

fur poste dal

,

ove zoppica

in istorie nujnerose e di gran varietà stabilire regole

buon

abbia di

sopra cose

non avrà d'uopo

gusto,

natura

stranezze della

tali

ove non ne abbia

;

:

quale,

Precetti,

sebbene non

di rado

divisela in tre parti

egli

Ma

del Barbaro.

del mento

bocca a

anch' egli per testa intese dal

,

poco curandosi

,

sua testa

tal

,

nove

dall' altro

per

Separò anche

modo da

d'

un decimo

che abbia formi.

le braccia la

le braccia oltre

si

trova che

il

pollici

,

sommo

forse altri

dalla testa,

ad imitazione

varj

de' quali si

della fronte

all'

imo

Diè poi una gran

sesto

gli

occhi stranamente allonta-

porvi in mezzo ben due terzi di uno di

umana

stabilisce

,

la

due proporzioni, l'una l'uomo

la sua divisione,

qual cosa non può accadere se non in

misura lunghissime e

Nella divisione poi di dieci

fa apparire tanto

Lomazzo

orizzontalmente, verrebbe in larghezza ad oltrepassare

propria altezza

fontanella della gola alla

non

il

piacque chiamar Veri

si

Cominciando

Nella prima, secondo

teste, l'altra di dieci.

distendendo

ciò basti circa

facendogliela larga di tanto spazio quanto ne corre dalla

que' suoi pollici. Pel resto della figura di

E

della rimanente sede del cervello.

fine del naso alla fine del mento.

nandoli r un

,

scostino dalla verità.

chiamò nasi oppure

cui

l'artefice imitante

una piacevole imitazione farà sempre una sgraziata

sicuro dell' autorità del Vasari e d'

fatto

die cenno di sopra

si

e pazzo consiglio lo

inutile

l'Armenini ne' suoi che

ci lasciò

imitatore

e sveltissimi

e tnigliorate di materia e di forma.

avrebbe corrette certamente

regole migliori

all'

della vista allorché pubblicò le sue

goduto del benefizio

se avesse

le

dietro

cose non avvengono circa le

le quali

misure de' corpi di proporzione media e lodevole. il

sia

di regole per fare

imitazione ad onta di regole a migliaja

opere,

minud

Perchè ove

fattamente irregolari.

,

nè possono mai aver fondamento

sempre

sarà

,

di-

fra le sue figure svelte e le

corpi or larghi e grossi, or

sì fatti

si

Leonardo. Oltre di che del Durerò

sopra corpi naturali ben costruiti. Perchè se pure è talvolta lecito l'introdurre Cfualcuno di

altre

quella di otto teste e di

ella è

,

sia dietro

,

testo

ha che dalle

n'

accorda col canone

troppo esagerate differenze che

quello di Vincenzo

per

sia

molte figure proposte una ve

se delle

il

sempre saranno grandi gì' imdisordini di quello del Durerò,

,

,

stabilisce

teste

sommità del capo

,

il

torso e

il

E

uomo

mostruose, non che de-

un quinto

mentre in natura

come notò Leonardo.

più deforme

affatto

tale strana

del tutto

ne' corpi

ben

dalla fatti

lunghezza di collo

resto: e ciò che è più strano ancora,


21^

é

il

vedere che

di differenza

per

mensioni.

il

,

mentre V autore de" Feri Preceni

senza a lungo riflettere

cavalier Bisagno

,

nel suo libruccio che porta

,

bel titolo di Trattato di Pit-

il

tura, copia l'Armenini parola per parola, aggiungendovi solo

gV ignoranti senza temere

Anche

offendere né sé stesso

di

Figino nostro

il

prediletto

,

come segue punto

la

:

sommo

prima è dal

un esordio contro

suo autore.

il

,

ci

una sua

lasciò

Essa è di dieci facce

della fronte

son due

alla fontanella della gola

cpale feci parole ove

del

,

che fecero menzione del Cenacolo.

autori

,

del Loniazzo

allievo

proporzione nel libro del teologo Comanini degli

figura

della

conserva per entrambe le medesime di-

commodulare quanto si opponga al vero ed al bello, il può chiaramente capire. Ciò non ostante

sistema di

Il cjual

un decimo

stabilisce in altezza

l'una e l'altra proporzione, nella divisione poi

tra

larghezza a braccia stese,

la sua

ognuno

,

imo del mento La seconda è

all'

terzi di faccia.

trattai

divisa

,

dal cjual

,

dalla fon-

Da quivi all'umbilico è la terza. La quarta Dal pefiignone al ginocchio sono la quinta e la ginocchio contiene una mezza faccia. Dal di sotto del ginocchio al di polpaccio è la settima. Dal polpaccio al collo del piede l'ottava. Dal tanella all'imo del petto.

dall'

bilico al pettignone.

sesta.

piede

alla inferiore

nona

collo

fra

mento

il

spazio

dato

notabile tra

il

petto e

vare, cortissima.

Il

accresce

,

il

,

uomo

ginocchio

al

e la fontanella

Tal divisione

del capo.

notammo

estremità dell'

,

e lo spazio tra

sebbene non

bellico

,

la

la

il

Da

quale parte riesce,

Figino praticò ne' suoi dipinti

che non

meno che da Comanini

divisione riportata dal

che

il

teologo

,

della fronte e

tutto biasimevole

in

cattivo effetto della brevità del

troppo piccoli e bassi, non che vate.

sommo

il

piacevole la troppa altezza stabilita al piede

quanto

,

gambe

le

collo del

mezza faccia che forma la decima è formata dallo spazio

:

,

sommo

,

misura però

ne' quali

il

ha una mancanza

come ognuno può proil che, come altrove torso. Nè può mai esser

collo parimente riesce lungliissimo il

Il

sotto del

è un' altra

come

;

um-

anzi

contraria a

afflitto

fece

sovente

i

piedi

brevi alquanto e mollemente incur-

altre osservazioni intorno alla differenza tra la

e la praticata dal Figino

in cjuesta materia al tutto pittorica

,

m' induco a dubitare

,

abbia alterato le opinioni

del pittore.

Diversi il

ma non

cui canone

minori

difetti

può vedersi nel

Giambatista Trotto detto

il

s'

incontrano nel metodo di Bernardino Campi

libro di Alessandro

ma

sura del Barbaro e del Borgogna,

onde

parti alla

il

suo tutto è composto

pianta del piede

,

,

Un

del capo alla sommità della fronte.

sommità

al

d'

un

dal pittore

terzo di faccia la mi-

contrario del Barbaro di ventinovc

ne diede quindici

riserbandone quattordici

misura procede in questo modo. detta

Lamo, pubblicato

Malosso. Egli accrebbe

dall'

attacco del

membi o

superiore.

La sua

terzo della faccia è lo spazio dalla

sommità

La

faccia

alla

parte

occupa, come è naturale, dalla

della fronte fino alla estremità inferiore del

mento.

Da

indi alla


,

aio

mi

fontanella della gola è sotto ai capezzoli

altra.

Un

Un'

altra

da indi

quanto però sopra di

esso.

luogo

altra dal detto

all'

ma un

ginocchio, non però precisamente, terzi di faccia

occupa

ginocchio e

il

de'

della

gamba

col piede

attacco

l'

,

che in breve

,

osservammo per

altre

Sopra tutto

le

come

,

e

si

riconoscono a prima vista

il

appajono meschine

valente e nobile pittore

,

alla

tanto fu talora

concetto

difetti il

collo

,

che

principio del secolo decimosettimo

al

stile, fece tra

molte alcune opere degne

purgato e gentile nel disegno, elevato nel

leggiadro a un tempo e severo nella espressione degli

,

,

nè ben equilibrato né armonico. bisogna eli queste misure Enea Salmeggia da

generale corruzione dello

delle età migliori^

stessi

cosce pesanti

le

,

tutto

Assai meglio pare intendesse la

Bergamo in mezzo

è detto.

si

la divisione,

vi

Dal da

inconvenienti

scorgono

gli

Due

altra

si

gambe

tronco debole

il

un

:

vi

anche in questa misura, oltre che

notabili.

esso.

risponde ad un

del quale

altezza

terzo di faccia. Il che tutto ascende a nove facce e due terzi

Ma

della coscia al

sesto circa di faccia al di sopra.

muscoli gemelli un' altra faccia

al fine

al-

,

dal quale

,

poco indicato spazio sopra di

il

di sotto del ginocchio all'

umbilico

nascimento del pene

al

mezza coscia un'altra: poi un'altra dal detto mezzo

a circa

quivi

Dalla fontanella fino alquanto

altro terzo di faccia.

ne pone un"

affetti.

Ma

le

possono meglio desumere dalle sue figure dipinte che dai suoi Nel scritti. 1607 egli stese un libro intorno alle proporzioni umane, come si da un frammento pubblicatone dal Tassi nelle Vite de' pittori berpuò vedere sue opinioni

gamaschi

;

si

frammento che è

e da quei

egli aveva

trovati

de'

ottima la proporzione di

misure

non

sono, e

vi

il

facili

proemio

dell"

opera

,

degli usitati

migliori

si

,

comprende che

;

,

Ma

di tutte le età.

il

che approvava come dieci facce e che esponeva con metodo uniforme le le dimostrazioni che importavano più che il proemio,

modi

,

manoscritto che appartiene all'Accademia Carrara di Bergamo,

mi sarei pure sforzato di diciferare^ non si é potuto trovare. Ciò non Accademia, non essendo ancora ordinata cpiell' appaja il Salmeggia sì buono scrittore, sebbene per quel proemio non ostante e che, per quanto

il

Tassi lo dica logoro,

,

come buon mente più

pittore

dimostrano

il

a quanto promette

difficile

il

fare

che in molti hbri

,

,

io

penso che

si

possa credere larga-

perchè egli fece più e meglio che non disse

che non è si

le sue tele

danno

il

dire.

E

,

ed è

assai

mi cade cpi in acconcio di osservare

precetti d' arte

non

irragionevoli

ma

,

1'

autore im-

prudente vuol talora aggiungere le figure di cpianto propone e allora in vece di procacciar conferma a c[ue" precetti fa si che rimangano screditati e contrad,

detti

da quelle figure

m.

Salmeggia non trovo in grande spazio di tempo veruno scrittore di credito che ci abbia lasciato nuovi metodi intorno alla materia che trattiamo. Nulla si trova di umana simmetria nel libro di Filippo Esegrenio, ad onta di

Dopo

quanto

il

il

titolo

promette

:

men

che nulla

,

cioè

gravi errori

nel Discorso di


221

Gasparo Colombina

Giambatista Volpatti

che accompagnano il libro di Fagante Cornerò o la Ferità pittoresca rita-

lo stesso dicasi delle figure

:

intitolato II

,

mente svelata ecc.

Ma

giacche di

mediocri o

tanti

dell'umana simmetria

legislatori

tristi

si

è

non debbe ommettersi Pietro Antonio Barca, ingegnerò milanese, il quale in un sol foglio pubblicò un Trattato di pittura di scultura e di prospettiva emulo di Cornelio che in tre carte compilò la storia universale. Copiando alcune figure tolte ad AUserto Durerò e aggiugnendovi alcune cose prese dal Lomazzo statuì una figura virile di otto teste, la qual proporzione dice competere a Giove. Una simile ne dà poi di donna per Minerva; un'altra virile ne stabilisce di sette teste per Ercole un'altra di sette e mezza per Marte una nuova di otto con suoi aumenti per fare colossi; indi una di nove per Venere, parlato,

,

,

,

;

;

i

Muse

e finalmente una. di dieci per Ninfe o

da fare

e

meglio era dire per

le fantasime

un giojello tipografico o per dir meglio calcografico, essendovi impressa in rame anche la non Ijreve spiegazione: giojello ignoto al Mazzucchelli ed al Comolli né rammentato dai pochi altri che parlarono del Barca. Esso fa il compagno d'un altro simile che comprende tutta r architettura civile e militare ed entrambi si debbono considerare come spiritare

i

bambini.

Questo foglio

è

,

,

la

prima edizione

dell'

timenti e regole circa

V

opera del Barca

stampata nel

,

architettura civile

scultura

,

1

620

pittura

,

,

col titolo di Avver-

,

prospettiva

et archi-

Debbonsi, dico, tenere per prima edizione di quell'opera, grandi rami di que' due fogli furono tagliati in tanti piccoli pezzi, indi

tettura militare ecc.

perchè

i

sparsi nell'opera, interpolatovi scolpito.

I

opportunamente

il

che ne' rami

testo stesso

rami poi non furon forse mai pubblicati

,

si

legge

soppressi probabilmente

onde dare, in un libro, una più importante forma all'opera sua che dedicò al He di Spagna cui era troppo poca cosa il dedicare due rami. Ma l'esempio di tal comodi trattati in un sol foglio eragià per la pittura stato dato dall'autore,

,

da Giambatista Paggi nel 1607, ed anche in esso è probabile che vi fossero delle leggi di umana simmetria. Questo foglio però del Paggi chiamato dal suo biografo Raffaello Soprani giunsi ancora a vederlo

,

1'

e

acus nautica dei pittori

nemmeno

il

Ratti

,

è

si

raro cimelio che

che ristampò

le Vite del

non

Soprani,

potè mai rinvenirlo ad onta d'infinite ricerche.

Nel

resto di quel secolo

c[uella di

Gherardo Andran

non mi ,

valente incisore ebbe prurito ardi uscire in

si

affaccia altra

pubblicata l'anno

d'immischiarsi in

campo con canoni proprj

,

opera importante

i683, in questi

non Anche questo studj ma non ,

sottili

;

avendo in vece imaginato

di racco-

gliere e presentare agli studiosi le misure delle migliori statue antiche.

intenzione fu buona, ed

il

progetto nuovo ed ottimo;

gnate-^negligentemente e male il

dire

che secondo

lui

la

,

se

foglio.

ma

le statue

La sua

sono dise-

e le misure sono in molti luoghi sbagliate. Basti

statua del Gladiator

moribondo

,

se

fosse ritta

in


,

piedi

sarebbe più svelta

,

d'

ogni

altra

l'Apollo di Belvedere;

il

che cjuanto

modo non

si

può

E

ad ogni

disegna

all'

può vedere

Non sia

migliore statua conosciuta

prestare

gran fede grazia

ingrosso e senza finezza o

discendo a discorrere di Félibien

esteri

sia

nostrali

ci

sue misure,

alle

come

,

in

che circa

,

percbè chi

misurare. molti,

d'altri

decimosettimo trattarono di

finire del secolo

il

escluso

questo libro ognuno

modo nel Dupuy du Grez e

di

,

non

,

voglion seste per giudicarlo.

far credere d' aver tenuto altro

non può

,

non

sia falso

si gh uni coinè gli altri non fecero che ripetere le cose antichi, e non aggiunsero di proprio che nuove inesatpiù dette dagli scrittori proposero tezze o massime false. E sopra tutto è da osservare che fra coloro che

questi studj

,

o lodarono

k

perchè

teste e dieci facce

proporzione di otto

eh' è certo la più

,

degna

malamente non intendendola, come, di tutte, ve n'ha molti che altri non pochi. Perchè fu da questi Piles ed il De sull'esempio di Paolo Pino, ond" è composta la testa mentre parti quattro taU stabilito alla faccia tre delle di che non si ottiene la giusta senza ne dovevano dare quattro delle cinque, la storpiarono

,

misura reciproca delle

mezza

soltanto sette teste e

Perciò

il

Marchese

teste e delle facce

di

,

:

poiché o

le

Buffon che

si

facce

dieci

o le otto teste farebbero dieci

facce e

farebbero

due

terzi.

attenne al partito delle dieci facce, dovette

rinunziare alle otto teste per voler dare

un

terzo del viso allo spazio

modo

che

sta

la sua divisione,

sommità del capo e la sommità della fronte. Per sebben vanti una certa comodità per le misure è ricca de' difetti che notammo ed è lontana dal produrre quella bellezza di forma in varie che la somigliano che debb' essere lo scopo di questo genere di ricerche; di che chiunque sa tal

tra la

,

,

disegnare

Ma sure

,

avrà facile esperimento.

quanto questa forma bella e leggiadra

facili

ed armoniche,

si

sia

difficile

a

combinarsi con mi-

può giudicare

dai vani sforzi di tanti uomini d'altronde

comodo

degli artefici raccogliere. Tale difficoltà

ingegnosi, che qui mi piacque a

quanto è ardua cosa 1' accordare l'armofra loro le tre proporzioni che gli antichi distinguevano, la numerica, di un nica e la geometrica, e l'applicare tale accordo a formar regole e misure diventerà poi più evidente

oggetto visibile

si

,

allorché

si

rifletterà

vario nelle parti che lo

compongono

,

cpial è

corpo umano.

il

simmetria, Intanto, senza eh' io entri a far parole de' più moderni scrittori di dimostrato che dei per terrà ognuno che spero antichi degli copiatori tutti ,

tanti

metodi de'

che abbastanza Il

non al

tanti diversi autori

si

intorno a

tal facoltà,

non ve n'ha un

solo

avvicini alla ragion- del bello da oscurare gli studj di Leonardo. del modesto nostro legislatore, che pure si accusava di

canone dunque

aver posseduto la simmetria degli antichi

bello antico quanto alla bella natura

,

e

,

come

più già

d'

ogni altro

s'

avvicina tanto

mi sono espresso

di sopra

avanza tutti gli antichi e i moderni in armonia, in precisione, in facihtà e tutti que' pregi in somma de' quali sì fatte regole sono capaci.

in


223

E

per condurre finalmente

aggiungere alcune osservazioni

ad

lettore

il ,

conclusione mi

utile

dietro le quali

sime fondamentali da seguire nella ricerca di

potranno

si

studj

tali

concesso di

sia

mas-

stabilire certe

e sono le seguenti:

,

d'uopo guardarsi dall'abuso della geonon debbonsi inventare elementi di figura umana fuori della figura umana. Dunque il metodo di Luca Cangiasio e d' altri di fare il corpo umano di cubi e di obelisclu è un grillo pittorico di nessuna reale utilità. Rubens che dice che l' elemento della testa è il globo ( doveva almen dire delle teste tonde ) (37), e che f elemento del tronco è il cubo e che l'elemento delle braccia e delle gambe è la piramide dice parimente delle stravaganze

Prima

metria

di tutto io son di parere eli é

e elle

,

,

,

,

,

scolastiche

colle

,

fantoccio o burattino

zione di bella

umana

metriche certe

tali

forme

pittore o

II

dalle quali

una

umano

membra

lunghezze delle

principali

circa le

i

un quadrato

in

un cerchio

perfetto certe distanze

umano rimanga

mai un suo cubo Ciò che

è

si

matematiche.

circa le

in

inscritto

e in

testa in profilo e con un gambe, ommessa da Vitruvio, acciocché

di parti nella

,

un cerchio avendo

centro

a

Il

spieghi a suo talento le forme

,

,

umbilico.

l'

co' suoi

mezzi

le crei

a sua

un braccio;

di

darà idea cU un torso.

ci

dell'abuso

detto

della

geometria, dee

generale delle

dirsi in

tentare di accordare fra loro le tre dette ragioni di proporzione,

l'aritmetica, l'armonica e la geometrica,

del corpo

geo-

porge

Greci, secondo Vitruvio, in-

umane e ma non le possa con facilità ritenere perchè mai una sua piramide ci darà idea d'una gamba e

La geometria adunque ajuti la memoria onde posta;

si

non

,

un

bella imita-

un quadrato a certe condizioni, emergono note alcune importanti misure. Così Leonardo determinò con corpo

triangolo ecjuilatero la divaricazione delle

corpo

scultore fare

figura. Altro è bensì lo inscrivere in figure regolari

per lor natura variabili in infinito. Cosi

scrissei'o

il

uno

dimensioni, che è uso lodevole; imperocché per esso

memoria

ajuto alla

non mai un

,

qualche meccanico abbozzar meglio

potrà forse

quali

umano,

ed applicare

problema da porsi

é tale

fatto

si

accordo

bellezza

alla

colla quadratura del circolo e colla

duplicazione del cubo.

In secondo luogo porzioni

penetrare compiutamente la ragion naturale delle pro-

il

umane esigerebbe una conoscenza

della

fisica

che aU'

uomo non

è

dato di ottenere. L' equilibrio universale delle infinite parti costituenti la mac-

china

umana

,

ciascuna delle quali ottenga eminentemente

nata senza interrompere

corso che ogni altra parte ha

il

in che pare consistere la vera proporzione dersi.

E

potesse

sarebbe

,

cjuando anche direi cpasi

ancor

fatto

,

comporlo

poco

delle infinite parti che

il

,

,

,

si

sarebbe

fatto

il

desti-

suo fine respettivo,

fattamente

imitando esattamente

perchè

fine cui è

il

è cosa da dirsi più che

giungesse a conoscere

si

al

1'

da inten-

uomo

,

che

coiuposto naturale

un uomo

composto umano costituiscono, che

si

solo.

Una

debba

,

si si

sola

alterare,


,

234

r equiponderanza e respettiva relazione delle altre rimangono necessariamente in breve ogni uomo separatamente sarebbe subietto di tutta una nuova alterate ;

Ma,

scienza.

per ispiegarmi più chiaramente,

vogliono essere quelli

dell' arte

Queste quantità e qualità

qualità.

di sé nella superficie

tutti

fra

loro

siano pure interne

,

,

della natura,

come

quantità e di

diversi

di

seinpre

danno argomento

uom

noi non solo distinguiamo T

cosi

:

sono

,

uomini

gli

gracile e T

uom

vedono ma distinguiamo anche il flemsebbene non si veda nè bile nè fleinma nè il sanguigno matico il bilioso sangue. Queste stesse quantità e qualità oltre che hanno modificazioni e gradi infiniti dalle età diverse, vengono non meno alterate dall'abito individuale. L' uomo esercitato di gambe e di braccia nella milizia è diverso dall' uom di forte dalle ossa e dai muscoli che ,

si

,

,

,

,

lettere

che vive

lungo curvo e seduto. Socrate, appresso Senofonte

a

di volersi esercitare nel ballo per evitare che gli si

diminuiscano

come

le spalle

ai pugilatori

non

,

Ecco dunque cpante Così ogni

umana nasce

umana

come avviene gli

s"

s'

e gli

a qua' che corrono lo stadio ; o perchè

ingrossino le spalle e

varietà sono prodotte dal ballo

gli

si

spolpino le gambe.

dal corso

,

,

dal pugilato.

abitudine, di qualunque genere ella sia, influisce sulla forma

e dalla varietà indefinibile e dalla incalcolabile mistura di

,

accenna

("),

gambe

ingrossino le

delle forme.

la infinita varietà

Dunque

tali

che non

è evidente

determinare vere proporzioni generali senza offendere la natura che

abitudini

si

possono

l'arte

vor-

rebbe pur imitare.

E

quand'anche per l'uso

e

ragioni che

le

sopra abbiamo indicate,

di

si

riconosca giovevole all'arte l'avere qualche stabilità di misure, ne rimane notabilmente diminuita corpi stanti e

disapprovava

umani

in

rìtii l'

ed

l'utilità

come pali

ragione per cui Michelagnolo principalmente

Certamente di rado

opera di Alberto.

che

positura tale

le

pregio dal non darsi esse misure se non in

il

(39),

misure

Oltre di che, la prospettiva altera stabilisce

Dal

fin

che

s'

impari prima

qui detto

A

l'

al pittore

vi

imitan

,

e

che

per

riporre troppo

il

dall' arte

corpi

misure, e però Leonardo

tutte le

di tutto prospettiva

s'

possano aver luogo con lode. misure di ogni cosa.

le

debbe per ultimo dedurre che non

si

che proporzioni grosse inceppa

tutte

di

possono

si

stabilire

confidenza nelle misure

arte anzi che favorirla.

cui non mancheranno avversar] fra quelli che poco pensano e nulla operano si dia una breve occhiata alla e si vede che tenne tante pratica de' grandi uomini. Di Raffaello fu scritto ed è suo motto proporzioni quante fece figure. Michelagnolo fece lo stesso che chi non ha le seste negli occhi non troverà mai artifizio con che supplire

confermare cpesta opinione

parlan molto

,

,

,

,

,

,

a

tal difetto.

Vincenzo Danti che

nel suo libro

,

che

le

fe'

tesoro della dottrina di Michelagnolo

proporzioni non cadono

Di Leonardo abbiamo veduto

sotto

,

asserì

alcuna misura di quantità.

le infinite eccezioni circa

il

misurar l'uomo, e

le


225

poche sue opere le confermano. Non parlo degli altri minori fra i moderni e volgendomi agli antichi trovo che ogni statua lodevole ha proporzioni diverse ;

,

:

trovo anzi che gli antichi variarono stranamente le misure negli stessi caratteri a seconda delle attitudini

(4-).

E

parlando poi in generale delle opere di rilievo,

quali canoni potranno determinare la diminuzione o

onde

parti,

di materia

stanza

cpanto tnenti,

un migliore

ottenere

punto visuale e

di

,

secondo

effetto

simili

si

non

canone

Non

ne viene a capo, se non

se

di

si

Leonardo

di

Quindi per

certo.

monu-

frutto dalla fatica

me

da

utilità

a questo

fine

esempj e

gli

,

modo

misure all'ingrosso, cioè nel

in

ed in

,

tal

articolo

se

,

genere

tutte

in questa materia

gli studj

ragionarono che male o nulla operaron

misure

di

nell'arte.

Mi

,

qui

volessi

io

della quale molti

parrà intanto d'aver

buon

in cercare tanti nojosi libri, se ciò darà qualche

fatta

fede a quanto io sono per consigliare malti corpi di lodata bellezza

nessuno

?

confà assai bene colla maggior parte delle statue lodate.

si

vedrebbe però mai

riunire le opinioni

da

ingrandimento di alcune

cerchi di accordare fra loro le misure de' greci e de' romani

appunto che abbiam riconosciuto di qualche il

l'

le circostanze di luce, di di-

,

cioè

Che ogni studente di pittura misuri

:

facendone confronto

,

colle

più lodate imita-

zioni di pittura e di scultura ^ e che da queste misure ricavi un canone suo proprio,

a quel modo che puì al suo ingegno ed alla sua memoria

diviso

sia conforme.

Se

molti seguiranno questo metodo, l'arte guadagnerà e nella scienza e ne' prodotti.

Aggiungerà qualche forza artefici

al

mio consiglio

Ne

di notabile autorità.

gran numero di stravaganze e

la tanta

aggiungerà in fine

grande elogio della proporzione senza deformità.

iiattira

figure di dodici teste

leggere negli scrittori

Federico Zuccaro

d' errori.

con mirabile sproposito che l'Apollo di Belvedere fa

discrepanza di opinioni in il

svelta

,

per esemplo

,

e

non è

disse

Lomazzo

è alto dieci teste. Il

di dieci teste

,

trovabile in

Vasari asserisce che Michelagaolo fece per sino delle

Il

che non

si verifica nelle opere sue conosciute, e sarebbe fuor di modo mostruoso in arte, come è affatto impossibile in natura U'). Le stranezze crescono là dove, oltre le misure, si cercano ne' corpi umani ,

il

influenze, somiglianze e

astrologiche.

futilità

la divisione vitruviana in sei piedi

,

parti, cui appropriò le sette ard liberali i

nomi

all'

Muse

delle

altri le virtiì

arca di

,

altri

Noè

,

e di Apollo. i

Ma e

gli

umana

se nel raccogliere

accennati oscuri

il

corpo umano

in sette

o pure in dieci appropriandovi allora

similmente vi appropriarono

i

pianeti

,

Mancava chi assomigliasse l'uomo anche questo in più d' un libro e fin anche nella

i

del Rubens.

varj

pur qualche poco d'istruzione, libri

Altri

^

metalli e simili inezie.

e fu scritto

Teorica della figura

Tory de Bourges trovò volgare

Il

e preferì dividere

mi pajono

metodi di proporzione, unito il

tedio

al

raccogliere stranezze e spropositi è

sufficienti

a sconfortare

ed erronei intorno a ciò che

assai

ognuno

dall'

si

trova

mera noja,

aver ricorso a

più chiaramente

si

legge nel «9


,

326

Mi

libro della natura.

ingegno

dozzina di corpi belli

Chè

se

nè che

è

artefice

1

altro

sia

tluaque lecito di ripetere che un artefice di buon

più assai di profitto nella simmetria studiando e misurando una

trarrà

che non leggendo un centinajo di

,

d'

ingegno corto ed

voglia

si

ottu'so

condurranno a

il

tale

,

da intendere ed imitare

DELLE RICERCHE DI LEONARDO INTORNO DELLE ISTORIE. La somma

parte dell' arte

e principale

componimenti di ijualunque cosa

delli

dottissimi.

le bel-

umana proporzione.

lezze della

.

anche

libri

nò precetti né natura

libri

grado eminente

,

diceva Leonardo

,

e

,•

cjuesta parte

a

specialmente attribuire

devesi

COMPONIMENTI

AI

l'

,

la

investigazione

eh' egli

possedeva in

è

,

meraviglioso delle sue

effetto

opere e quell'alto grado di stima che ottennero nella opinione degli uomini. Sonvi certamente

Leonardo

alcuni

fra gli antichi

grandi maestri che da questo lato

altri

esempj degnissimi

distinsero e lasciarono

si

in copia d' invenzioni

,

ma

;

alcuno

se

superò

fu che

vi

ninno di certo potè uguagliarlo nella squisitezza

e novità de' suoi trovati e nell' artifizio difficilissimo di ottenere

il

massimo

effetto

con mirabile sobrietà di mezzi. Se duncjue

l'

invenzione de' componimenti è parte somma

lissima cosa lo studiare tutti

presenti

i

artisti

,

grandi originali antichi in

i

tal

dell' arte

da che le scuole cominciarono a migliorare

della solenne differenza nell'effetto che

,

sarà uti-

parte eccellenti. ,

si

Quasi

accorgono

produce una composizione del miglior

secolo, ed una de' secoli che venner dopo, ne' opali in ogni dipintura l'opera

mano superò

della

ordinario

d'

sono quelli che indagano

arrisa

l'

opera

l'

origine di

della

Pochissimi però

mente.

tal

lezza delle antiche composizioni e fuggire la snervatezza

tocco neir animo da un sentimento di venerazione o di altra

di

si

voglia affezion piacevole

Andrea,

di

Leonardo.

alla

Ognuno che

vista

gli

ed insulsaggine dellè

Certamente chiunque è fornito di un senso buono per

posteriori.

fra

differenza per ottenere la bel-

l'arte,

rimane

ammirazione o

di c|ual

d'una Sacra Famiglia

di Raffaello,

abbia qualche uso delle cose del disegno,

è costretto senz' avvedersene ad arrestarsi per contemplarne la maestosa amabilità

;

e di

momento

in

la piacevole intensità

momento

con cui

cresce

tu la vai

1'

affetto

con cui

bisogno di qualche riposo o distrazione onde potere ciò tu cangi di luogo

un

;

vai in cerca di miglior luce

giudizio che hai fatto da lontano

che per minuto osservasti altro

,

come

d'

;

appresso.

nelle quadrerie avviene

,

di pochi altri a lor prossimi in merito

ti

opera

però ciò

quando sei

si

si

ricerca

ti

avvicini

ti

sazia

1'

,

,

e

forte che hai

in quella continuare. ;

allontani per godere

Nè ,

l'

contemplando, diviene

Con

per verificare

effetto delle

cose

e se passi a veder

torni ad opere di cjuesti ottimi e

costretto a ricontemplarle di

nuovo


227

e finalmente non le lasci se non con dispiacere

,

riportandone nella mente e

nelF animo una impressione profonda.

Ora perchè Berrettini

,

non avviene

lo stesso

del Ferri

?

a questi superiori Caracci

Se

i

un quadro del Maratti del Cignani del non avviene delle opere dei tanto ,

,

?

sovente a sè

pittori facessero

spondersi adequatamente Pertanto

d'

anzi perché lo stesso

,

stessi

Y arte della pittura

se ciò tiensi per vero

questa dimanda

camminerebbe

e se sapessero

,

,

credo

,

ri-

assai meglio.

egli è chiaro che una gran parte di quelmerito della composizione; e perciò sarà, ripeto, di grande utdità l'indagare con assidua e pertinace curiosità dentro tah opere i modi, i .

1 effetto si

,

debbe

,

al

sensi, le intenzioni degli autori,

e tentare di conoscere

da

eguali

emanò

fonti

tanta superiorità ed eccellenza, e per quali vizj o difetti posteriormente di tanto degradasse. E tah ricerche non farannosi , come in parte si fece da alcuni scrittori nello scorso

di

forme e

secolo, ad oggetto di trarne frivoli ridicoli precetti di linee,

d'altre simili inezie; precetd che, fatd sulle

loro origine dichiarati quali

SI

falsi

fecero in appresso

perchè siamo ceru che

,

i

precetti

,

si

erano

essi

opere

,

sono dalla stessa

gli autori

delle opere sulle

stessi

fatn de' precetti

sulla

natura universale, senza de' quah non sarebbero uscite dai loro ingegni quelle egregie produzioni. Farannosi in vece le dette investigazioni per meglio godere il bello delle opere da chi ama queste professioni del disegno, e da chi le eserfaranno ad oggetto di migliorar l'arte col conoscere per esse quah ddigenze furono usate da que" valentuomini andchi quah fossero i precetd ch'essi

cita" si

^

trassero dalla natura, quali finalmente

rogarono con

Non

i

mezzi con cui

la

studiarono ed inter-

profitto.

è pertanto

mio proposito

nerali che dall'esame

delle

di

qui indagare e svolgere le

più fomose

opere andche

aver servito di scorta agli autori di quelle

si

teoriche

ge-

potrebbero giudicare

nè tampoco d' investigare in molti componimenti donde principalmente quelF andca perfezione derivi. Sebbene l'im;

portanza della materia e il desiderio di richiamar 1" arte alle antiche maniere mi abbiano condotto, senza quasi avvedermene, a consigliare sì fiuti studj sulle

belle

produzioni dell'epoche

nobih dell'arte,

mio intento principale in questo aggiungere qualche autorità a quanto ho scritto intorno al piti

il

luogo è quello di Cenacolo col riferire alcune osservazioni circa

quah non

solo

si

altre

scorge a parer mio evidentemente

opere il

di

Leonardo

,

nelle

suo gran sistema d'in-

vestigare ne' più semplici argomenti cose del tutto

nuove, sempre seguendo la ammira lo straordinario suo ingegno per averle sapute ritrovare leggiadre sempre e mirabili.

natura

,

ma

si

Pochi sventuratamente sono i componimenti del nostro autore che si possano all' analisi che proponiamo e perchè pochi egli stesso ne ha^ lasciad e perchè alcuni andarono perduti. Io mi limiterò pertanto a parlare di que offerire

,

due


228 soli

eccitarono anche

eli'

suo tempo maggior meraviglia,

al

cVAnghiari e la sant'Anna colla Vergine in grembo;

più volentieri e per

ai

cioè,

la battaglia,

mi

quali

anche

limito

più nota loro eccellenza, e perchè più facilmente che

la

non degli altri può il lettore averne idea dalle stampe che ne girano. Ragionando adunque della battaglia panni dover prima avvertire essere erronea la comune credenza degli scrittori che il gruppo che ne abbiamo, sia solmentre dal modo con cui il Vasari ne accenna tanto una parte dell' opera dalla spiegazione che ne daremo si vedrà che è l' opera intera r argomento e e come si dovrebbe fare mai trattata episodicamente come il soggetto voleva esigono un numero straoristorie che sempre, ogni qual volta si rappresentino ,

,

,

,

una gran

dinario di figure e

Sappiamo

dalla storia

e

,

moltiplicità di azioni.

il

vedemmo

dato argomento

Leonardo allorquando doveva trattare un con ogni accuratezza di tutte quelle cose che ,

potessero a attorno

ai

quello appartenere. Per tale

suoi soggetti,

esso ciò che più

,

non

allora

s'

eziandio più

lati

meglio rispondesse

alle

Niccolò Piccinino e

i

Leonardo ne

,

condizioni de' soggetti.

gran

imaginava nella natura di

fatto d"

un

utile

fisico

che

arme che avvenne

pugno una vivace descrizione

tantesimoterzo del famoso Codice adantico sistema di tutto raccogliere

il

vero

,

il

;

e

anche da quella

verisimile e

opportunamente e combinare meglio

il

poetico

trascritta

M,

,

si

al

foglio set-

scorge

La

il

suo

onde potere sce-

le circostanze pittoriche,

ìsinando e scegliendo fra la dovizia di moltiplice materia.

tra

di pittoriche circo-

Fiorentini presso Anghiari, era ricco tracciò di suo

lontani

tempo quando pareagli

egli stava

e della mostra di cjuel bello Il

come

,

informava

linguaggio dell'arte convenisse, col doppio scopo di

al

che nelle note ho

prima

risparmiando vigihe nè fatiche; e

sviluppo di passioni o qualità morali

gliere più

dai

investigazione

essere pienamente in possesso del suo tema,

stanze.

del Cenacolo

nella descrizione

coin-

detta descrizione,

somministra di che comporre una ventina di

sebbene un solo ne dovesse Leonardo comporre ma nel solo eh' ci fece, riunì ed espresse tutto il più importante dell'azione che volea rappresentare. Egli conosceva troppo bene i limiti dell'arte, e sapeva che non sarebbe giunto

quadri

:

,

giammai ad ottenere buon rappresentare

la battaglia,

effetto

dall'

direi cjuasi,

opera sua

,

qualora egli avesse

per intero, come

voluto

fa dal più de' pittori

si

con gran varietà e numero di gruppi tutti tali da attirarsi l'attenzione dello spettatore. Imitando in vece con ragion pittorica i poeti che nelle loro battaglie non trattengonsi a lungo a descrivere i movimenti d' un' oste in

si

fatti

intera

,

argomenti

ma

sui quali

,

,

descrivono volentieri

i

certami singolari o di pochi scelti personaggi

cade più viva l'attenzione e

l'affetto

che non

sulle

torme sconosciute,

pensò Leonardo caratterizzar quella giornata con un solo gruppo al modo seguente. Dallo stesso scritto di lui si ricava che il forte della battaglia fu tra le scpadre a cavallo che si combattè tutto il giorno con grande ostinazione e con :


,

229

varia fortuna

:

i

pedoni

all'

attacco

che

narono più volte

aneli' essi :

che in

combatterono con grande animo e torfine

diedero

si

i

fuga

vinti alla

e che

,

dopo lunga indecisione rimase la vittoria. Che fece duncpe Leonardo onde significare con pochi ma potenti mezzi

Fiorentini

ai

,

,

l'osti-

nazione terribile della zuffa, f ambiguità dell'evento, l'evento stesso vicino a mostrarsi la ferocia de' combattenti a piedi e a cavallo e finalmente la fuga ,

de' vinti

,

?

Ei compilò tutto questo in sole sette figure, c[uattro principali e tre accesLe quattro principali sono a cavallo, perchè la cavalleria decise in quel

sorie.

giorno

dell' esito

della mischia.

combattonsi una bandiera,

Ma

della vittoria.

primeggiano

l'

,

il

de' cjuali già posto

se sopraggiunto dall'avversario

cavallo,

il

suo sforzo è vano si

modo

e

,

non

in fuga

nemico

il

che poco più

già tiene ])otià

cavaliere a recargli soccorso. Il furore

gambe

si

nemico

del cavallo

,

ingegaosissimo avvedimento

il

morde

venga

gli

d'ambe

la

le

tolta

mani

cavalieri

soli

sua insegna

di

ma

L'esito dello

ecco sopraggiungere un altro

medesimo accende ,

Ma

mano.

l'asta dell'insegna

quel primo sostenerla.

con impeto ferocissimo

slancia

porterebbe

fosse costretto di arrestare all'istante sè e

scontro è imminente a danno del fuggitivo;

questo anzi

si

d'impedire che f insegna

sforzandosi

fatto

,

anche di queste quattro principali figure due

nno

il

per

Se ne veggono due per ognuno de partiti e riportar la quale sulV inimico è il noto segnale

il

cavaliere e

e incrociando

le

il

cavallo:

proprie colle

nel petto fieramente e quasi lo arresta

dell' artefice

onde sospendere

la furia

della fuga

;

ed

arrestare son per dire , l' azione per farne spettacolo. Il cavaliere intanto alza furibondo una daga e minaccia con quella le mani con cui il nemico si sforza di strappare lo stendardo a quell'altro che sta quasi per cederlo. 11 suo colpo ,

metterà nuovamente in forse valiere

il

quale, arrivando

la pugna, se non che è reso vano dal quarto cacon non minore rapidità e ferocia, rompe quella

breve sospensione, ed è evidente che il

momento

rappresentato

,

il

al finir

delfazione, cioè un istante dopo

fuggidvo avrà perduta

la

sua insegna

ad

onta

dell'avuto soccorso, e la vittoria rimarrà colf insegna all'assalitore.

Mentre intanto fierissimi

si

ed estremi,

disputa la bandiera dai quattro animosi cavalieri con moti i

fanti,

cui

sembra che f

ira

abbia

fotti

dimentichi del

rischio d'esser pesti dalla cavalleria, spinti dalf estrema esacerbazione dell'animo, con pari forza, sebbene con minor gloria, si disputan la vita. Quest' odio e questo

furore scorgesi espresso nel gruppo secondario che cavalli.

Un

pedone

avviticchiato con

,

si vede fra le gambe dei chiome il suo avversario cade morte con un pugnale. Il caduto

cui riusci d' afferrar per le

esso e

si

sforza di dargli

,

,

sebbene prossimo

morire, sembra ancora minacciare il soprastante nemico; e questi, sebben prossimo a vincere, mostra all'aspetto aver ancora l'anima in-

gombra

al

dallo spavento del presente e de" futuri pericoli.

Rimaneva

a rappresentare


,

33o la

fuga

ecco un altro pedone che coprendosi collo scudo

:

de' cavalli

e lascia la guerra

,

sottrae

si

al

furore

tenero più della vita che della gloria. Egli così

,

carpone tenta allontanarsi dal luogo periglioso della pugna

,

cui

si

volge gua-

tando spaventato ed incerto ancora del suo destino.

un semplice episodio seppe Leonardo, con vera ragion pittoQuanto abbiamo qui descritto vedesi nella stampa che l'Edelink trasse da un disegno che trasfigurandola alla sua maniera caricata e licenil Rubens fece di cjuest' opera ziosa può anche vedersi in un altro disegno che fu pubblicato nelV Etruria la prima per Y esagerazione e Pittrice. Ma l' una e 1' altra di queste stampe Ecco come

in

rica, epilogare

i

principali avvenimenti di quella grande giornata.

,

;

,

la caricatura

darci

seconda per

buon saggio

noscere nelle

la

,

la

dell'

freddezza e

la

opera di Leonardo

meschinità sono male adatte a

la

solo

;

si

debbono guardare per co-

composizione e l'invenzione delle attitudini, di che facciam soggetto

presenti

Le

osservazioni.

circostanze notate nello

varie altre

scritto

di

Leonardo e che potean essere contemporanee all'azione principale, saranno state rappresentate in gran distanza con figure diminuite notabilmente dalla prospettiva

U'}.

Io non dubito altresì che nell'opera originale, quella strana varietà d'armi avrà espresso le delle quali gli attori di questo mirabile quadro eran vestiti ,

scjuadre principali eh' ebber parte nell'azione. Fors' anche ne' quattro cavalieri

saranno

stati

rappresentati

quattro più illustri

i

non saran mancati

de' quali

personaggi di quest' opera delle insegne,

i

ritratti

egli

,

Ma

(43).

condottieri di sian

pure

è certo che Leonardo

degli steumii e delle altre

famiglie loro per lo più note ed illustri

,

,

avrà distinto

stati pei quali

gli

impresa

non istorici per mezzo dell' armi

cose accessorie,

o

quell"

ideali

,

i

o le

combattevano.

Neil' armatura in fatti del capo di colui dei quattro cavalieri che sta per per-

dere l'insegna, anche dalla stampa tratta dall'ammanierato disegno del Rubens, che forse è parte dello stemma di Filippo Maria si vede una coda di serpe ,

Visconti che perdè quella giornata.

Le

alterazioni

tramandata quest'opera, sono cagione che poco accessori

,

intorno

ai

si

capricciose

con cui

ci

fu

possa trarre dal resto degli

quali sarebbero in oltre necessarie più minute e diligenti

mio scopo inopportune. debbe opporre che di quanto io qui accennai intorno alla corrispondenza che la rappresentazione di questa istoria sembra avere coi fatti avvenuti secondo che Leonardo ne fu informato, non ci si debbe, dico, opporre ricerche al presente

ci

che nulla

si

si

trovi nel Vasari

che diede per

questa dipintura. Chiunque ha in pratica casione di vedere

eh' egli

che l'arte dimostra anche naturalezza

adattava

al

d' altro

al

non

volgo,

soggetto

del

si

il

altro

,

avrà sovente avuto oc-

curava se non che di riportare ciò

dilettando

suo

una vivissima descrizione di

suo libro

dire.

con uno

Ma

avrà

stile

che con molta

similmente

veduto




è

1 ,

23

non

prendea pensiero d'investigare nelle opere quei sensi reconditi che i primi più gravi maestri non trascurarono mai di porre nelle loro invenzioni. Da ciò nacque che tante opere insigni sono descritte dal Vasari con bei modi, a dir vero, e con vivace ed evidente dicitura, ma nel resto di' egli

si

leggerissimamente, e, ciò eh' è

che

allorché vedonsi

di Raffaello,

come la

E

se

Dal

fin

con tanta disparità dal vero, lui

non

,

si

crederebbe

fatta

ragion vera di un'opera al suo tempo perduta,

pena esistevano alcuni frammenti con brio e

talora

opere descritte da

negligenza usò nelle cose più note e famose ognuno può vedere ^ non è meraviglia s'egli fu trascurato

eh' ei d' esse ragioni.

neir indagare

peggio,

talune delle

dispersi, contento

o di cui apd'altronde di descriverla

vivacità.

qui detto panni intanto

possa conchiudere essere veramente nuovo

si

e bellissimo l'artifizio con cui Leonardo raccolse in e figurò 1 casi varj d' un cojnplicato fatto d' arme

un in

solo poetico episodio,

modo da

l'attenzione, sospeso piacevolmente l'animo, occupato con forza ed esprimendo al suo solito molto più che non espone.

tener viva

pensiero,

il

Ma vediamo ormai con quale industria la mente divina del nostro pittore trovò nobilissima invenzione in argomento per sè volgarissimo. Debb' egh fare una Nostra Donna col putto e la madre sant'Anna. Egli pose la sua sant'Anna a sedere in un paese amenissimo e sulle ginocchia di lei fece Maria che tiene il divino infente il quale scherza con un agnelletto. Ecco ciò che si vede ,

da

ogni occhio volgare;

ma

non

chi

vede più oltre,

un quadro del Vinci ed uno

vedrà collo stesso affetto di Pietro da Cortona o d'altro mediocre ed

ammanierato moderno. Ben agevolmente persuadercene,

osserveremo attentamente

imitato Il

dalla

prima idea

putto volgesi

verso

nelo: sant'Anna in vece, la

sinistra

dietro

altro è

se

eh' ei

il

concetto del nostro pittore, e possiamo

pose in carta

l'agnello:

stendendo

la la

,

Vergine destra

lo schizzo

qui unito

questo soggetto.

di

sembra dietro

sforzarsi

le

spalle

di

della

distorfiglia

e

l'agnello,

pare compiacersi che il putto divino si accosti all'agnello, e tenta impedire che la Vergine ne lo allontani. Ora chi crederebbe 'che questo semplice gruppo che superficialmente considerato non

rappresenta che un giuoco puerile e uno scherzo

damente

si

invenzione? qui

il

osservi,

Non

Batista

famigliare,

rinchiude l'artificioso concetto di una

è già qui l'agnello

bambino, checché

si

il

se più profonsublime e delicata

consueto seguace del Batista,

dica dal negligente Vasari

,

v'

indótto precisa-

mente in errore dall' agnello esso é qui soltanto siccome simbolo di vittima , antichissimo simbolo, ricevuto in ogni tempo e soprattutto adottato dalla Scrittura. Il divino infante si mostra desideroso di prenderlo , con che viene espressa la di lui brama di farsi vittima per l'umana salute e di consumare presto :

il

sacrifizio

per cui fu spedito in terra dal Padre celeste.

La Vergine

tenta di


,

232

allontanarlo da

cato

proprio figliuolo.

il

salvarsi

1'

uman genere

lui desiderio

non La madre di

fatto progetto

reggendo

le

,

che con

lei,

col sacrifizio del divino nipote

e consigliare alla Vergine di

cuore di vedere

il

la

sacrifi -

mente profetica vede

sembra compiacere

,

conformarsi

eterna

all'

al di

disposizione

Rimaneva a rappresentare in qualche modo lo stato verginale di ponendola in Leonardo ottenne a mio parere l' intento d' innocente figlie le stanno amorosamente modo come alla al grembo madre del cielo.

Maria

;

e Y arguto

,

prima che la mistura cogli uomini tolga loro quel brio ingenuo e l'abito a facili e pubbliche dimostrazioni di tenerezza (h). Tale è il componimento secondo la mente di Leonardo , e ne sia prova il sonetto che può leggersi nelle note u^ì, fatto su tale argomento da Girolamo

costume

,

Casio de Medici

ed

1"

alta

mvenzione

leggesi espresso a chiarissime note.

concetto sublime di Leonardo

il

rozzi e ridicoli versi

nel qual sonetto in

,

si

giudichi già doversi tale spiegazione ad un poetico grillo del Casio anzi che alla mente di Leonardo, indagatrice di nuove, sottili e leggiadre cose. La

non poteva

fantasia del Casio

tant' alto

sabre,

come

tutte le sue

composizioni

sebbene meschina nello stile e_ acquistar luce ed importanza per averci connegli altri modi tutti dell' arte servato un pensiere di Leonardo, degno di migliore autorità, ma che pure di

il

dimostrano: bensì potè una sua scrittura, ,

Come

qualche autorità avea d'uopo.

poi

conversato

,

se

non con Leonardo

stesso

Casio giungesse la notizia della

al

facilmente

recondita idea del Vinci in quest'opera, ,

si

dimostra

dall'

aver esso

certamente col valente nostro Bol-

suo discepolo de migliori il quale nella sua bella tavola di Bologna , ritrasse il Casio con tanta naturalezza, che ora conservasi nella galleria reale che appena il suo gran maestro l' avrebbe potuto far meglio. Dalla nuova spiegazione di questo vago componimento si potrà anche inten-

traffio

,

,

dere come spesso nelle tavole della scuola nostra antica si vegga Cristo bamcoli' agnello ed abbracciarlo, volgendosi con un sorriso dolcissimo

bino scherzar alla

Vergine o

allo spettatore

e d'Aurelio Luini

o le idee di

,

di

,

come

si

può osservare

Gaudenzio da Varallo

Leonardo,

e

ne copiaron

e d'

altri

in

opere di Bernardino

che imitarono

talora quadri o cartoni

la

(4»).

maniera

Così quel

grazioso putto che sorride tanto gentilmente, abbracciando un agnello, opera nota di mano di Bernardino, da chi ha in pratica il fare del Vinci, si cre-

derà anch'esso derivato da un suo cartone o disegno, e comunque tradotto sovente in un san Giovannino, fu probabilmente ideato per un Salvatore che, stringendosi con tenerezza di

farsi

al

seno

vittima per la salute del

conversava

assiduamente

anche nel Cenacolo.

col

agnellino

1'

mondo

Vinci

,

,

trovò

,

dimostra quell' ardente desiderio

desiderio che

simboleggiato

il ,

Paciolo

il

quale

come vedemmo


233

Sebbene poi non

si

accordi interamente

stesso soggetto che dipinse

Francesco

Francia

di

re

abbandonata F

Salaino

il

non

,

dee

si

componimento

il

dello

cominciato da Leonardo per

Leonardo abbia quivi

che

credere

vedemmo

invenzione che

alta

esposto

coli'

e l'altro

,

conservataci dai

rozzi

del

versi

Anzi con quel suo cercar sempre nuove cose dopo aver fatto probabilmente sullo schizzo che cjui presentiamo il primo cartone che fece maraviCasio.

,

,

ne tentò un altro sugli

gliare tutta Firenze,

r opera del Salaino e per la sua di Parigi

momento

posteriore

ideato

un

nel darle sia

non

atto di

permettere

al

divino carattere di Maria figlio si accosti all'agnello,

al figlio

dendo tempo fine

madre,

alla

madre

gloria d'esser

Dio

oprarsi dal figlio di

Questa

salute

la

in atto

,

istesso dell'affanno

che

le

il

ritrosia

eterno

all'

umiltà che la Scrit-

componimento

suo

Maria già persuasa

che prenda ed abbracci a suo talento la

compiacenza a un tempo,

della divina famiglia, e di antivedere

uman

dell'

genere.

Il

putto

cagionerà

il

proprio

volge sorri-

si

godere del suo trionfo, e

di

cjuasi

coli'

rappresentò

r agnello. Sant'Anna mostra con un sorriso celeste la beatitudine e la

Parve forse a Leo-

suo

Raffinando adunque

facendol di nuovo

dietro questo principio e in

il

sembrò accordarsi

gli

tura attribuisce all'ancella di Dio.

madre

un

redenzione degli uomini.

a

decreto dello sposo celeste

dalla

per

non analogo

quale tenta impedire che

atto col

faccia vittima

si

)

servì poi

principj

prima composizione.

nella

di aver fatto qualche cosa di

nardo o

all'

(che

nel quale mirò ad esprimere

stessi

,

di consolarla al

sacrifizio.

La madre

in

guardandolo con una dolcezza ed una soavità che a Leonardo solo fa dato

muova

d'imitare, sebben

un modesto angelico

nelle labbra

di tenero

sorriso

compiacimento, mostra negli occhi alquanto socchiusi e in un lieve elevamento e gonfiamento delle palpebre inferiori, che.il di lei cuore non è tranqudlo, e che

la gloria d' esser

della salvazione

Coloro il

concetto del Vinci

Salaino

(47),

che

si

^

l'autorità del Casio e molto

meno

Così nel Cenacolo

abbiamo

tre

ciascuno

al

tali

E

,

non

relativo soggetto,

s'io

se

non

si

persuaderanno

mia per trovarle conformi

secondo ciò che

gli

nella battaglia d'Angliiari e nel

diversi esempj,

che appena

artefici.

e

v'è bisogno alcuno del-

storici

al

tutti

modo ne

di

scris-

provò nelle poche sue opere.

stesso

egli

,

non

osservazioni,

della

pensare e di operare di Leonardo

ed

interpretazione superi

tale

conserva nella sagrestut di san Celso, le dette

,

dimentica che la grand" opera

leggano cpieste cose in presenza del quadro dipinto dal

facilmente che, fatte appena

sero

la fa

col sanguinoso sacrifizio dell'unico suo figlio.

può per avventura sembrare che

quali

ai

madre del Salvatore non

fiirà

si

ne trovano

solo

di

di

tre

ma di

simili

erro, parmi che in

dell arte sia portata a quel

colmo

,

oltre

quadro della sant'Anna

differenti,

convenientissimi

modi d'invenzione

singolarissimi, e

tre

stili

nelle storie

ognuno il

c[uale

de'

più famosi tra

i

greci

questi tre quadri la ragion

di

la filosofia

non ha

pili 3*

che


234

desiderare

e

:

se

costato all'autore

considerazioni che debbe

si

porrà mente

alle

il

tenere un

nuovo modo

tal

infinite

opere sue,

nelle

chiara ragione della lentezza con cui le conduceva, e del piccolo

potè darne

ammirazione della

all'

si.

aver

avrà una

numero che

posterità.

DELLA ECCELLENZA DI LEONARDO. Sorgono mentre

ci

aspirare

stanza

per

,

quando

di

da

divide

ci

quando uomini

in

di

mirabile tempra d'ingegno, clie

consolano dimostrandoci a qual sublime meta di perfezione può l'uomo ci umiliano da poi e quasi ci avviliscono col farci sentire quanta di-

le quali

loro.

da taluni

si

11

sale

è sempre utile per chi corre

onde fuggire si pone per

ciò che

un

d"

le

cause

stessa strada

la

con

quelli

nuoce e seguire ciò che giova

al

,

e ci serve di scuola

perfezionamento di quanto

delle nostre ricerche e fatiche. L'esperienza, a dir vero, di-

fine

ad onta della parità de' mezzi un ingegno progredisce più e che talora un mezzo che a tale ingegno è di grande

mostra sovente che

rapidamente

tentare di conoscere, almeno in parte,

ad eccellenza meravigliosa in qualsivoglia facoltà,

altro

,

non reca a tal altro lo stesso beneficio. Pure esaminati per quanto dal da grandi uomini speciali mezzi impiegati basso si può dell' alto giudicare mirabili chi eccellenti è giudizioso e discreto e emergere antichi onde mente benissimo scernere di quali ripetuto esame, può di di comparazioni e a forza ogni modo, se lo sprona disperare; in di quali e giovarsi e de' detti mezzi possa utilità

,

,

,

,

amor

bene e di gloria vera, guadagnerà sempre

di

che non- dal batter

antiche

degli

di ogni

tempo, ed anche

ottimi

di

l'

orme o

,

piìt

dal riguardare alle vie

seguir la voce de' mediocri

que' buoni la cui grandezza non è per anco san-

zionata dal voto imparziale de' posteri. ragioni io avrei pur voluto dar qualclie solenne fine a questi

Mosso da queste

Leonardo ma anzi che trattarlo più volentieri mi risolvo intimorito dalla grandezza del tema di consigliarlo siccome utile materia delle meditazioni degli artisti non digiuni miei

scritti

coli'

esaminare

le

cause della eccellenza a cui ,

di

sana

filosofia.

Non

salì

;

,

ostante a forza di scorrere col pensiero più e più volte

comechè sterile del tutto mi trovassi degne osservazioni, pure alcune ne ho tracciate che, quantunque credo non essere del tutto inutili, e però mi fo ardito di esporle. ovvie e triviali Il lettore indulgente, avuto riguardo al mio buon volere, avrà a grado il nuovo tema, e fatto chiaro del vantaggio che se ne può trarre, avendo buon ingegno, e ne caverà frutto migliore eh' io non lo coltiverà meglio eh' io non posso

intorno a di

nuove

fatto

nobilissimo argomento

,

e

,

,

vaglio ad offerirgli.

Linanzi però che più m'innoltri, affatto

mi

a ricercare in che o quanto fosse

è

d'uopo avvertire che

Leonardo eccellente

;

io

non entro

né è mio pensiero


235

r indagare

ma

sublime natura del suo ingegno;

la

solo io voglio dire di alcune

cose che credo abbian contribuito a perfezionarlo, sviluppandolo più felicemente

E come nelle indagini di questo da quelF antica luce qualche river-

e rendendolo fecondo di più nobili produzioni.

genere

primo mio scopo è sempre

,

bero che vazione

rischiari la incerta strada

aggiungerò

cause

il

trarre

che

di d' oggi

al

va tentando

si

ali"

,

osser-

comparazione un cenno di cpielle che mancano o esistono anche al presente. Per tal modo si potrà vedere se il decadimento, l'imperfezione e il poco finora raddrizzamento dell'arte caduta sia di

tali

colpa tutta nostra o lo

sia de'

in

tempi e delle circostanze nostre

di colpa appartenga ai tempi

quanta

,

circostanze

alle

o pure quanta parte

;

quanta a noi

,

stessi.

Per venir dunque al proposito nostro piacerai prima volgere lo sguardo air epoca nella c[uale apparve cjuesto privilegiato intelletto e il veggo nascere nel bel mezzo del secolo decimocpiinto per l' appunto allorché gli animi e ,

,

,

gl'ingegni italiani conservavano ancora ]ion

barbarie, e tutta

antica

la

veemenza

gentilezza e

delle grandi passioni della

d'una civiltà già matura: non rinnovabile combinazione di tempi e sola vera epoca in cui quelle arti del bello che lian d' uopo di molto sussidio meccanico si portano la

il

fiore

utilissima

,

,

alla perfezione.

Lascio

ai

profondi politici

l'

investigare se sia di più vantaggio alla

gloria itahana la tanto disputata unità di governo, o se più s'accordi a paese

vario d'uomini, d'ingegni e di costumi quella moltiplicità e varietà civili

che

si

è veduta ne' secoli migliori

dopo

la

caduta

cosa è che chiunque mirerà colla luce della storia città libere italiane

degl'ingegni

anche se

imperio

dell'

(^«)

ordini

di .

Certa

quadro delle corti e delle del secolo decimoquinto, è d'uopo asserisca che la quantità

distinti

in

non

Italia

ed

agli ordini pohtici

ne vide, fu maggiore che

alle

il

è dovuta al cielo soltanto civili

istituzioni

,

in ogni età posteriore.

ed

al

suolo,

poiché

la

Ma

comunque

sia

copia

ma

che allora si

voglia,

tempo passò Leonardo la sua giovinezza ed ebbe oltre a ciò a singolare fortuna di vantare una patria qual era Firenze che già dominava l'Italia in quel beato

,

colla lingua, che sola delle città grandi di questa provincia conservava la sua libertà, e

che sostenea

la

sua grandezza con opere d'arte meravigliose pubbliche

una opulenza ch'era

e private, alle quali consacrava del

commercio

non moke opere più bello

:

il

frutto delle arti pacifiche

e dell agricoltura. In Firenze ai primi anni di ,

erasi di

la torre di

Leonardo

già fatto quanto anche al presente vi

Giotto

,

la

cupola del Brunellesco

,

le

,

salvo

conserva di

si

porte del Ghiberti

Masaccio eran tali moderni esempj, che Roma stessa, non che altra città europea, non ne dava di simili. In br£ve quella vera Atene dell Italia vantava allora maggior numero di nobili artefici che non ne avesse forse tutto e le pitture di

insieme di

il

moke

la vicina

E quella vita, quel moto, quella concorrenza per cui ognuna tentava di emular di grandezza e bellezza d'opere continuo ricco e sodo fabbricare de' poderosi cittadini 1' amore

rimanente d'Europa. città,

;

il

di

;

3o •


236

lasciare delle

ergere

di sè, diretto ad

memorie

utili

pubblici; le lettere

edifizj

dell' inlaroamente favorite; la nuova rivoluzione dell'invenzione della stampa e ingegno alto e ad un chiamata cisione , tutto in somma a quel tempo era una

perspicacissimo, qual era quello di Leonardo, ad otteneie fama e gloria, e supesecolo. E queste circostanze rare i tanti nomi già illustri ed onorali a quel

eminentemente grandi in Toscana furono

accender

di tanta potenza ad

gli

animi

menti a nobili e gentili imprese, che quella terra febee diede nelle arti del disegno, ma nelle in pochi anni uomini grandissimi, non pure nella nautica, imponendo -al lettere, nella politica, nella guerra e fin anche

ed a spingere

le

nuovo mondo

il

Certo

nome d'un

suo cittadino.

necessarie se circostanze simili fossero assolutamente

onde pervenire

a

alcuna ragionevole. qualche eccellenza, non ce ne rimarrebbe oggi speranza bilancino la perdita che vanti tali noverare poter Sebbene però siamo lontani dal di quelle tante antiche glorie lici

,

ciò

non

ostante

combinazioni ha molti vantaggi che

Ma

grazia

non minore

i

della indicata di

due

il

presente secolo per alcune fe-

scorsi

tempo

non ebbero.

e di patria fu per

valentuomo qual era

Leonardo

Verocchio, versato

un non volgare teorico. E a dir vero di sì fatti cpielli fra pittori viventi che maestri s'è perduto il seme da gran tempo, e dovuto disimparare nella hanno artefici, tutti si distinguono dalla plebe degli l'aver avuto a maestro nell'infanzia

in tutte le arti,

buon

il

pratico e

di aver avuto seconda quanto nella prima impararono. Lagnavasi Raffaello le scuole guardiamo quando che dovremmo dir noi il Perugino a maestro l'aver Leonardo a che finirono collo scorso secolo? E se fu di gran giovamento

età

,

:

avuta la disciplina del presto

,

buon Verocchio, non

gli

e presto attendere da sè allo studio della natura

orioinalità

che

a Raffaello costò fatiche

utile

fu irieno

maggiori per

;

il

liberarsene

con che ottenne quella

la forte radice

che in

lui

avea posto la maniera del Perugino. Grande impulso a sforzi d'ingegno straordinarj fu parimente al tempo di Leosolendosi ad essi nardo la stima in cui gli artefici del disegno eran tenud d" artificio. nobiltà mente e di acutezza esigere paresse aflìdare ogni impresa che arti, e porle tutte trattare di occasione ebbero grandissimi artefici i ,

Così tutti tarono in ognuna le forze di

potente cagione di eccellenza che spesso si zoppicano, e nelle opere travede come un ostacolo. Ai tempi nostri le arti divise altra, come avviene colf un'arte composte di più arti si vede spesso in lite tutte

;

storpiate dagli ordini architettonegli edifizj oppressi dalle statue, nelle pitture tagliati da stravaganti barbaramente nici, o a vicenda negli ordini architettonici pitture.

recente Impulso maggiore dovette poi essere al secolo del Vinci la memoria anche fin serbato rispetto degli onori concessi agh artefici del disegno, e iE Era di Lorenzo il Magnifico chiese agli Spoletani le ceneri alle

ossa

loro.


237

Filippo ed

memoria del

che n'ebbe, fece onore a Lorenzo,

rifiuto

il

pittore

magistrato in

Brunellesco,

Il

(,9).

come

Firenze,

Spoletani

tennero

altri

altri

nelle arti del disegno.

Questo genere

altrove

varj

onori andò presto fuori d'uso, e se

merito ne' tempi posteriori

al

son da confondere con Cjuelle antiche onorificenze decretate da talora straordinarj

a capriccio o per

valore

cui

pittori di

Buonarroti nè

ora

si

vero compenso

,

secondo V

tai

ed

dell' artefice di sano

non

,

che

favorito

simile

di

i

monarchici

ne'

bito un' utile rivoluzione

Anche

vede.

si

pensare

alto

Ad

cV

una

città

ma

,

ogni

in ciò pertanto

tempo

e migliorata in qualche maniera la condizione

il

i

gio-

modo

nella considei-azionc

sta

premj e negli onori.

e da qualche

,

il

il

costumi ed

caratteri, gli abiti

i

E

bensì vero

che

viene da uno o da

pochi, non è da valutarsi se è disgiunta da premj e da onorificenze; ne' governi

ottennero

cose cangia secondo

considerazione non è universale

la

un

o bassa nazione e condizione.

alta

i

che furon pure anche vivendo tenuti in

intorno a

e nel conto ni cui è tenuto

quando

Vinci

il

,

nulla

:

non

collane e cavalierati a molti

individui secondo gli animi,

uomini

e negli

titoli

,

libere

città

secoli, molti sovrani

piuttosto

artefice

profusero

si

disprezzano le opere

L'opinione

vanili e finalmente il

seicento

Sanzio nè

il

altissima stima.

tempi,

con cui, in ispecie ne' due scorsi

premiarono neh'

grazia

Nel

dell' arte.

alla

supremo

il

solo per essere stati rari ed eccellenti

,

di

legge di qualche luminosa giustizia resa

compensi

e

tennero Francesco di Giorgio, ed Ambrogio

il

Lorenzetti in Siena ed

si

Gliiberti ed

il

agli

il

che

secolo ha su-

nostro

cresciuta F opinione dell' arte

è

dell" artefice

distinto.

minor ventura ebbe Leonardo nel trovare in Lodovico il Moro un signore magnanimo che conosceva Y altezza del suo ingegno e che premiava larghissi-

mamente

varie opere in che lo andava occupando. Francesco I

le

,

splendidis-

simo principe, interrogò già Benvenuto Cellini s'era maggior sorte quella d'un grande artefice in trovare un re magnanimo che gli desse grandi occasioni di operare, o pure quella di un re in trovare un artefice che degnamente rispondesse alle sue mire grandi e generose. essere quella dell' artefice

suo

modo

,

:

voleva altrimenti

principe

un re di grande colpa d'entrambi, quando l'uno il

trovare

buoni

artefici la

patria

il

sua potenza

1'

,

come dovea

trovare

il

animo

e liberale

,

meno

,

maggiore

la quistione

a

pari fortuna. Se

un grande

artefice

egli è certo

,

e per

che grave è

la

trascura l'occasione d'impiegare a favore dei

altro

in propria

gloria e del

principe e della

suo ingegno.

Utile grande ebbe anche

dal principe

,

ma

confidenza di che si

Cellini rispose,

e conchiuse essere per lo

,

pertanto è pari fortuna per un

questo

11

che senza riguardi potea sciorre

re

il

Leonardo non

dalla onesta libertà di il

principe

^.ccompagna in onesto ed

il

solo dai

comodi largamente

che pare godesse nella corte

fattigli

e dalla

,

facea degno. L'indipendenza della vita, allorché

alto

animo

all'

amore

della vera gloria

,

è

madre


,

338 tli

Le opere degl'ingegni

quanto l'umano ingegno genera di Lello.

migliori

liberamente composte sono quelle che più fanno d'onore a loro, e che danno

ima più sublime idea dell' umana potenza morale. Il Petrarca compose liberamente in varj tempi ed a capriccio il suo canzoniere e da quello ha la sua gran fama, mentre il poema dtiWAjjFrica da lui fatto con tanto sforzo, quan,

tunque coronato negli

è rimasto senza lettori.

,

endecasillabi

traduzione che

avvenne

amorose, non è capace

varj

d' altri

come ognuno

,

Però que' potenti che artefici,

con

li

limiti

di

a

compenso

tempo,

rica

frutti

il

di nulla: libero, eccita la meraviglia

de'

Per

(5°).

lo stesso

osservare.

comodi che compartiscono ad onorati

men

dell' arte

,

senza

e

li

quale essa o rimansi

il

nobili e talora indegni del suolo ove nacrjuero.

Questo fu

tal

fu scorta

al

cammino

mano

ognuno

di

mezzo da

Petrarca

cosi

,

ma

,

adoprato

lui

può

si

Entrambi

a Raffaello.

le tracce,

direttamente e

vero segreto della sua condotta pitto-

il

che tuttavia da pochissimi è prala

tutta

sua,

vita

imitazione del disegno ciò che Dante nella imitazione poetica

guirono

E

può

suo sistema di studio e quel suo interrogare

segreto che è in

,

YAiniata allo

fe'

mezzi e d'altro, inceppan loro gl'ingegni e

di

sè la natura universale.

ticato

miglior

più potente cagione, a parer mio, del miralsile sviluppo dell'ingegno

la

Leonardo fu

da

la

privano della loro libertà sopraccaricandoli di obblighi e do-

infeconda, o produce

di

Tasso

nella storia delle arti belle

privano di quel primo quasi elemento

Ma

11

contemporanei colla gentilezza e ricchezza delle sue opere.

de' suoi

veri

Eneide.

ma

,

Fra Filippo, chiuso nel palazzo di Cosino e lontano

pittori

dalle sue pratiche

buoni

dell'

liberamente

esercitarsi

opera sua

solo la miglior

lingua italiana vanti

la

modo. De'

stesso

non

e ne fece

,

Caro volle

Il

fissi

investigandone

nelle loro imitazioni

gli

riconosce

si

getto rappresentato, che più oltre

universale ed assiduo

,

,

cred' io

dire

,

egli

e

,

fece

nella

come Dante

che Leonardo mostrasse

il

del continuo nelle opere di natura, ne searcani

i

più reconditi: da ciò avvenne che

impressa un' evidenza

non rimane

ingrandito lo

vennero ad aggiungere nuove regioni

stile all'

,

e

fatti

individuale

si

a desiderare.

E con

all'

signori dell' arte intera

imperio della fantasia

:

og-

questo studio

perciò

,

per-

le

cose

più nuove ed ardite portano in questi autori un marchio di verità che quanto in

somma

per

quantunque

essi

sia

s"

imita

,

sempre

si

direbbe preso direttamente dal vero

spesso imitato dall'idea. Ciò provasi facilmente in Dante colle

scene di Farinata, di Pier dalle Vigne, del conte Ugolino, san Pietro;

di Cristo, di sant'Anna,

della

Vergine;

nuove

delle sue figure in natura

vina a

comun

tasie

di

Sordello e di

ed in Leonardo col mostro della rotella, colla Medusa, colle teste e in generale con tutte l'espressioni

momentanee

e fttggitive

,

e dall' arte sua di-

meraviglia arrestate nelle sue tavole e ne' suoi disegni.

continuamente esercitate sul vero universale

infinite sotto le quali

il

vero

si

presenta e

si

,

Le

fan-

ed arricchite dalle imagini

combina

,

hanno un vantaggio


,

239

come

tutto loro

una

in

e

facile

nel trovare invenzioni

sempre vere

dai veri ingegni essere assaggiati

tenne nello investigar

si

uno

in

la

natura e nelF imitarla. Cosi

finamenti coi

più lindifmente rappresentavano

C]uali

sovente ripetuti. Dante in vece, ricco la mente ed de' suoi predecessori e coetanei

ridendosi

cendo

:

dentro

,

mi son un che

Io vo

terra, eh' è

tore.

Dante

poema

,

,

traesse

fuora

scrissero

,

com'

,

egli

cuore degli studj naturali, suo nuovo metodo

il

respettiva faceva

nuove rime

rime

d" ,

amore

di-

anche

e cielo e

fortunato investiga-

si

altrimenti,

come prima che

e

la

similmente prima che Leonardo desse luce agli

mancava ancor molto

fece

il

,

han posto mano

non parve avere compiuta

,

,

ed a quel modo Che detta

;

espresse

si

con affettazione

facendosi belli de' raf-

natura universale di cui fu

la

nell'arte le

spira, noto

che fece nelle

ciò

Al quale

quanto a dire

Leonardo

poesia italiana stile

E

signijicando.

nel suo gran

quando Amore

,

altri

ed ornavano concetti già

il

definiva

,

da

via

poeti anteriori all'autore

i

ricercato cose affatto lontane dalla natura,

stile

non

quali frutti

i

,

non per vedere qual

se

,

Commedia, che cantavano cose amorose,

della Divina

cosi

,

,

tatore la cui fantasia fu arricchita soltanto dai frutti dell' arte

debbono

e profonde

da che nascono sovente cose produce. Ciò non avviene mai all' imi-

feconda inspirazione e furore

superiori alla forza ordinaria di chi le

nuove

,

sua forma la altri

col

suo

alla gloria dell' italiana pittura.

1' arte presente in vano desidererebbe i sussidj eh' ebbe Leonardo tempo in che nacque e dalla terra che gli fu patria e se è rara ventura d' un artefice anche distinto il trovare grandi occasioni di operare e larghezza lo studio diretto ed universale della natura che di premj e di comodi a

Se pertanto

dal

,

,

,

quanto vedemmo, fu

la

,

vera e speciale causa

ognuno come al suo tempo e qui è mera colpa nostra non ne approfittiamo e piti se il trascuriamo del tutto. È bensi vero che tempi nostri non è da sperarsi l' esempio naturale dell' esterno sviluppo di

è aperto tuttavia ad se ai

;

,

cpelle generose e violente passioni che

modi

e costumi

ha

tolto affatto dal

da osservare intorno col

eccellenza da lui conseguita,

dell'

mezzo

dell'

la

mollezza ed affettazione de' nostri

mondo; ma

persone volgari

a ciò nelle

oltre ,

che rimane ancora molto ha tanta estensione e

l'arte

,

analogia aumenta di tanto le proprie forze

dire che molta sia la differenza del costume pubblico tra

decimoquinto. Ben è

sommo

il

divario tra le belle

età

,

il

che non possiamo nostro secolo e

greche e

le

il

moderne

e però la perfezione che in allora si ottenne, non fu mai vinta da poi, e appena fu agguagliata da poche opere di pochissimi artefici. Viste le cagioni, a mio credere, principali della eccellenza di Leonardo, increscerà a molti che in piccol numero d' opere ei l' abbia voluto ai posteri dimostrare.

Ma

se

si

riguarda,

come

altrove feci osservare, all'importanza e

grandezza delle sue opere maggiori, panni parsimonia e quella quasi

ritrosia

possa abbastanza scusare

si

ad operare

,

la di lui

in lui nata dal vedere tropp' alto


,

240

Se osserverassi poi che

neir

arte.

alle

opere, era sacro

il

tempo che questo sommo ingegno non

meditazione ed all'insegnamento; se

alla

d'ogni arte e scienza da lui professata egli scrisse

saremo

E

modo

che in particolar

dopo

l'

gli

mondo

debba

si

il

Butinone nelle

altri

Foppa

il

,

Vaprio

il

,

i

,

dovuto un

in

parrai

ei

ci

venne,

il

,

,

Giovanni da Valle ed

qualche pardcolare eccellenza.

que' pregi

solo

Michelino

Troso e lo Scoto ne' rabeschi

due Bevilacqui

,

Milano, sua patria

vantava forse, quand'

,

tutu vantavano

altre parti dell'arte,

Leonardo raccolse prontamente

sentimento

tal

vecchio nell'architettura,

negli animali e nelle bizzarre composizioni il

che

beneficio,

Civerchio e Bernardo Zenale nella pro-

Il

d' Italia.

meccaniche. Bramante

spettiva e nelle

è

gli

dalla Scuola milanese.

impareggiabile Firenze

più dotti e pratici artefici

i

comune

a

ad unire all'ammirazione un'infinita riconoscenza.

costretti

se per tutti gli artefici del

di adozione,

trattati

clava

rifletterà

si

che anche

sparsi

isolati

unendo a quelli la dottrina e la pratica di altre facoltà, e il tutto illustrando colla nuova luce della filosofia, si rese tale maestro che gli antichi e i contemporanei fe' ben tosto dimenticare. Per ed alla profondità si fatto istitutore prese nuova forma la Scuola milanese

bastavano

alla

gloria di ciascheduno

,

e

,

della scienza ed

pratica

ferace

alla

congiunta l'amenità dell'erudizione e

fu

delle altre liberali discipline. I precetti di

varie

furono consegnati

arti

a varj

La poesia divenne compagna del disegno, ed trattati che il tempo ci emuh di Leonardo poeta furono Bramante al suo tempo (^o; poco da poi Gaunella età seguente i figli del Luino denzio da Varallo e Bernardino Luino più tardi il Cerano e fino all' età nostra altri il Lomazzo e Girolamo Pigino ha

tolti.

,

;

,

;

degli accademici nostri è dicitor di rime all'improvviso, altri, imitando Giovenale, detta belli e gravi sermoni. Ed in ogni tempo da quella bell'epoca in

poi a

allorché

,

l'

arte

che per varie vicende

qualche nuova gloria

utili

riforme.

Il

,

sempre

si

lo spirito di

andava perdendo

Leonardo pareva

si

,

richiamava

assistesse a quelle

principio del secolo decimosesto fu sostenuto da" suoi insegna-

e molte belle opere di quel tempo, da qual mano siano uscite tengono della sua maniera e sono evidentemente figlie de' suoi precetti. AI declinare di quel secolo stesso r arte si rianimò in Ambrogio Figino coi precetti del Lomazzo che per la parte migliore si possono dire ereditati da Leonardo. Al cominciare del

mene

confermati da recenti gloriosi esempj

fra le

quaU

varie che

secolo seguente

l'

òpere del Vinci

;

non

;

sa

si

,

Accademia ambrosiana si sosteneva e s' istruiva colle molte parve rinnovare sebbene con diversa fortuna e il Cerano

Così Daniello Crespi

,

,

l'antica scuola colla pratica ,

di

la gravità delle sue figure

e

coli'

cui la

senih

de' suoi angeli e de' suoi putti.

,

insegnamento

di

tutti

i

fama è minore del merito , e Giulio Cesare Procaccino

varj

i

Finalmente, dopo una lunga età,

restitutore della perduta eleganza della nostra Scuola,

rami

trasse

dell'arte.

da Leonardo

sorrisi e la letizia il

nostro Appiani,

attinse nella

sua prima


241

gioventù

grand'

uomo

ora copiando con diligenza

stesse fonti,

alle

nella Biblioteca

che conservavansi ,

fra

i

quali , più

ambrosiana

eli altri

,

disegni di Leonardo

i

ora imitando

E

Bernardino Luino.

,

i

discepoli di quel

per

tal

mezzo senza

scorta di maestro di vaglia, guidato dalla sola felice natura dell'ingegno giunse

di

che sono ottimi saggi

,

per tacer

ultimamente quelle del Palazzo

Mi

non volendo al

peristi!],

gli

o disegno

la le

minore è

mi permettono

lode che

,

e

,

che

io

l'

all'

le

co' loro

Celso

,

,

e e

che onorano

artefici

sebbene in profes-

,

influenza del nostro antico precettore.

amore che ad s'

mi

essi io

appartiene. Li

porte, le sale,

nelle quali cose tutte

che

san

sue pitture di

altri de nostri Accademia milanese

della loro amicizia,

vero loro merito archi,

dell'

gli

toglie

Ma

il

vanto

piacere di nominarli,

il

porto venga forse attribuita la nomineranno però in mia vece i ,

ornamenti e

emula e

si

autori giungeranno

che non cjueste umili mie

giate

che lo caratterizza

di stile

le

,

reale.

sostengono la gloria

sioni nelle eguali

antichi

d' altri

darebbe qui campo di lodare varj

si

la patria e

ch'essi

gentilezza

facilità e

ad ottenere quella elegante

si

alla

stampe di lor

le

rinnuova

mano

magistero de' buoni

il

posterità assai

più note e pre-

carte.

Farmi intanto felice augurio per la scuola nostra che alla nuova gloria verso quale va camminando, si accompagni il miglior tributo di che il Governo e quello di raccioè arti stesse potessero onorare le reliquie di Leonardo

avvenire colf

si

è trovato della sua

artifizio

del

mosaico.

E

delle lettere che fra gli artisti quali

,

lasciate le

a miglior

si

ai

da questo e da

privati e

cammino-

e

danno

arti

testimonj

altri

secoli

del disegno, e dalla cultura

va propagando, e dai molti valorosi giovani

barbare maniere che

pace abbellirA le memorie de'

,

maggior opera per trasmetterla

pubblici del conto in che sembrano risalire le

la

buona

e vera corruppero

di sè

non

trionfi

con molte opere grandi

volgari speranze,

vedere in cjuesto secolo rinascere fra noi gran parte di arti

,

,

cogliere quanto

furono adorne ne' tempi migliori.

,

si

i

rivolgono

cpiando una stabile ,

io

non dubito

di

cjuelle glorie di cui le


Peregi

quod potvi

:

feniam dĂ mihi , fosteritjs.


,

ANNOTAZIONI ALL' EPISTOLA DEDICATORIA.

X u questi Francesco Melzo o Melzi da Vaprio gentiluomo milanese , di cui le case e gli averi sono ora posseduti da Francesco Melzi d'Eril, duca di Lodi.

(^)

Come

siano stati

dispersi

infelicemente

libri

i

la-

riconobbe esser del Melzi se non (scoprendovi inscritto il suo nome. Nnn è quindi meraviglia se il Lomazzo

un sonetto diretto a Francesco condo libro de' suoi Grotteschi, in

da Leonardo a questo suo prediletto discepolo, legge nel ragguaglio scritto da Giovannambrogio

Veggio natura con oltraggio

sciati si

Mazzenta

prima Leonardo procurata dal Duche servi per

codice

in fine del

edizione del Trattato di

Fresne. Veggansi Venturi, Essai sur

les

inathématiques de Léonard de Vinci, ecc. ed Amoretti,

Memorie

storiche

di

Leonardo

preposte

,

milanese del Trattato pubblicata nel

Posto air invidia

all'

edizione

i8oi^.

Il

Vasari che

il

lora bello e gentile fanciullo al forte

il

e

scorno e

il

morso

ecc.

conobbe nel i566 veccìiio , com' era

tempo

Baldinucci

,

dica;

gli

Vinta dalie belle opre vostre,

la

Ouvrages pìiysico-

che leggesi nel se-

,

,

dice ch'era alstato

bellissimo

di Leonardo. P,er

dicendo

,

1490 ; che a queir anno essere in fasce.

,

clie

conseguenza errò Francesco tìorisse nel

se

pure era nato

,

doveva

e pare che specialFrancesco fu valente pittore mente nella miniatura si esercitasse dal che vien detto Miniatore dal Lomazzo e da altri. Fé' nondimeno tali

vecchio,

opere ad olio, che con quelle del suo n;aestro vennero confuse. Il Du-Fresne asserì di Leonardo uji quadro rappresentante una Flora che vedovasi a Parigi in

ginale leggesi che tal disegno fu fatto dal Melzi

,

,

casa

il

duca

di

Saint-Simon

ed

,

il

Mariette

noi

Vedesi inciso

un suo disegno d'una bella

tre

non aveva che

diciassette anni.

AL LIBRO PRIMO. (i)

Questa lettera die può leggersi nelle citate Memorie dell'Amoretti

storielle

,

a pag. 24

,

non

Iia

data

,

ma

Agli argomenti che assai

giovane fra noi

,

Io.

ANTONIO BELTRAFIO

fu

probabilmente ne' primi tempi che Leonardo fu a Milano , e certamente avanti che intraprendesse per la corte opera alcuna considerabile. Si dice diretta a Lodovico il Moro, ma potrebbe anche essere stata diretta al duca Galeazzo , suo fratello. scritta assai

fanno credere Leonardo venuto aggiungasi quello che si può

desumere dall'iscrizione sepolcrale del BoUraffio. Que-

MOKUM

ET CONSILII ET

GRAVITATE SVIS CIVIBVS GRATISS. PROPINQVIORES AMICI DESIDERIO AEGRE

TEMPERANTES

P.

VIXIT ANN. XXXXVIIII.

sto egregio suo allievo, nato l'anno 1466, s'era posto

a studiare la pittura iìn dalla fanciullezza:

dunque

il

Vinci, suo precettore, era a Milano e vi godea credito di buon maestro 5 mentre il Boltraflìo era ancora in

Ecco l'iscrizione copiata esattamente dalla una volta vedevasi nella chiesa di san Paolo in Compito, e clie ora conservasi nell" Accademia Reale, età puerile.

lapida

,

che

testa di

fra i disegni di Leonardo puljblirati da Giuseppe Gerii nel 1784. La stessa testa vedesi fra quelli incisi dal Mantelli, che apparvero nel 1785. Nell'ori-

PICTVRAE AD QUAM PVERVM SORS DETVLERAT STVDIO INTER SERIA NON ABSTINVIT NEC SI QYID EFFINXIT ANIMASSE OPVS MINVSQVAM SIMVLASSE VISVS EST

men-


244 al Borsieri ed al Sassi il Boltralìio iliaccademia del Vinci, allorché questi si allontanò da Milano per la caduta del IMoro nel i5oo.

Se credesi

,

resse r

Moro) fa far

Fedi che in corte (il

(a)

per memoria i

padre un gran

dil

Eoma mai

e

colosso

o

opera

dice

,

lui fatti dallo

che qualunche chel vede sta amirato

di

Buonaccorso

e se con lui al parangon safninta

di

Girolamo

Fidia: Mirone: Scoppa e Praxitello

libro intitolato

Strozzi Pitti

Casio

,

encomio

in

da Fabio Segni

,

ai

^

ove

,

si

che

di

versi

i

Leoper

da Vincenzo

,

quali aggiungasi

Medici

de'

Cronica

virtute

di

e

di parole

tetrastico

il

suo

leggesi nel

tratta

di

epitapìiii di

iSaS^ il qual teperchè ignoto per la somma rarità

pubblicato nel

j

di quel libercolo.

Vinta Natura da Leonardo Vinci

Toscan Pittore eccelso ad ogni etade.

in 4.°

Leonardo passò sedici anni intorno al modello pei' la statua equestre del duca Francesco. Se dunque secondo il Taccone tardi si diede principio a tal opera perchè non si trovava chi si assumesse di condurla è chiaro eh'' essa fu proposta molto tempo prima che Leonardo la intraprendesse e sempre più probabile diventa la congettura che ve ne fosse proposito appena morto Francesco, Qui come V ape al mei Vienne ogni dotto , (j) Di virtuosi ha la sua corte piena: Da Fiorenza un Apelle ha qui condotto.

Spinta da invidia e priva di pietade

Va,

,

,

,

;

Cosi è citato dall'Amoretti questo passo del

Belliii-

clone, che farebbe quasi arguire che Lodovico tornando

Toscana seco conducesse

Ma

giovine Leonardo.

il

antica edizione leggesi in vece

è qui

nel-

condotto, con che

senso rimàn cangiato del tutto. Per rettificare tale importante lezione sarebbe d'uopo consultare dei codici il

del Belliticione

,

ma non mi venne

del Vasari, andò perduta negli ultimi tempi.

Nella lettera che Francesco Melzi scrisse

Leonardo

dopo

morte

la

Da che

ai

fratelli

maestro

del suo

non

,

a Morte, e chi mi ha vinta

disse

^

vinci.

che assai per tempo cominciò il mal gusto iXe' fredduraj ed il Vasari non andò esente da un giocarello di parole consimile ai citati, allorché parlò del Vittoria scolaro del Sansoyino. si

scorge

-,

,

(10) Pag.

28, a tergo, in

fine.

Montucla stesso, che a lungo parlò del Paciolo, non vide la prima edizione della Summa fi' Aritmetica, ecc., la quale fu ristampata in Toscolano senza

(11)

Il

notabile differenza nel 162 3.

questo

Perciò

scrittore,

famoso per la sua Storia delle Matematiche, ritenendo che la ristampa del i5a3 fosse la prima edizione, la credè assistita dall'autore; e riportandone

il

nuovo

ri_

dicolo frontispizio, scherza fuor di proposito sul povero

mol to da qual-

frate che a quell'epoca era certamente

che anno. Sbaglia non

di trovarne.

fatto

La patente data dal duca Valentino a Leonardo , pubblicata dal jiadre Della Valle nell' edizione sanese

(4)

di

il

disegnata col braccio di Leo-

grandi seguaci. VeggansI

trastico qui trascrivo

xandrino ecc. Impssit Leonardu pachel. M. ecce. Lxxxxiii.

(5)

,

giuoco

ma ebbe

I,

amore

bello.

Augusta ecc. per Baldctssare Taccone ALe-

Sf.

Lomazzo

di questo

qual di presente tanto ben linpronta.

Bianca. Ma.

delle opere

quella

passi che risguardano

i

uso

Coronatione e sponsalitio de la serenissima Regina. M.

1'

il

nardo

el piii

i

Vinci.

Signor fu sempre pronta non era un Lionardo ancor trouato

mondo mai fusse

scritti o

tratti

Questo passo alquanto oscuro può far credere che tutte le figure dell' opera siano di Leonardo; ma non vi sono di sua mano se non corpi regolari. (9) Il Paciolo è il più antico scrittore che abbia fatto nardo da

un tanto ingegno rar dal del simpetra se più presto non se principiato

diran chal

degli

zione

la voglia del

di

epoca

1'

Nel Trattato del Lomazzo, a carte 3^5, si fa mendi frate Luca e della sua Divina Proporzione ,

(8)

vide ci più. grosso

guarde pur come e bello quel cauallo Leonardo uinci a farlo sol se mosso statuar bon pletore e bon geometra

E

indica

stampate donde sono Cenacolo.

di metallo

credo fermamente senza fallo

che gretia

con que'due nomi. Vedi tomazzo» Trattato pag, 4X4. anno che pongo sotto i nomi degli autori citati

(7) L'

mono gravemente

intorno alle dediche

Sanuto e a Guidubaldo da Montefeltro dicendo al primo intitolata la prima edizione, al secondo l'altra, mentre entrambe le dediche leggonsi egualissime in ambedue l'edizioni, e il gran Guidubaldo ( che non saprei del Sanuto) era morto da quindici anni, allor-

al

,

Né minori

parla affatto di questa visita del re, circostanza troppo

ché comparve

notabile per esaere taciuta in

che il Paciolo stampò nel iSoij, della Divina Proporzione. Comincia

Pare anzi cesco

la

che

Melzi stesso recasse morte del Vinci

ìl

notizia

sbagli

caso.

sirail

della

re Fran-

al ,

se

si

credere al Lomazzo che in un suo sonetto dice

Pianse mesto Francesco re

Quando Il

il

presso

Giovio, clT è

tore della vita del Vinci,

del re nel giorno

suo Essai ecc. Erra il Lomazzo

monna un

solo

gli disse

non

in cui

che

Il

si

più antico

come una

due

sola fu la

scrit-

trova ricordo di questa

Venturi poi provo

Leonardo fe'

il

è

,

ristampa di Toscolano.

parlando

del

libro

dal dirlo dedicato a Lodovico il Moro eli" era morto da un anno, come il frate dimostra che, parlando di lui in tempo passato, dice: lUi adhuc viventi ecc., e che là morte del Moro sia avvenuta nel i5o8, sebbene il

ritratti

l'alibi

sto passo

del frate,

ma

si prova non solo da queda Leandro Alberti e da Gin-

corno Mainoldi Gallerati nell'opuscolo Austri

ecc.

,

De

stampato in Bologna nel

i

titulis

Fhilippi

S^S. Al

Moro

Veggasi

bensì fu dedicato nel 1499 il codice, e diretta l'opera come si legge e nell'opera e nella vera dedica che é

di quello di

diretta a Pier Sederini. Cosi pure credette clic le let-

morto,

Lisa e di quello della Gioconda. ,

la

Guicciardini dica altrimenti, il

importante particolarità.

ii

Franza

Melzi che morto era

Vinci ecc.

Ne meno

(6)

di

dee

:

rinnuova

Il

ritratto fu

donna che chiamosst

tere capitali poste nel libro fossero

menti

di

Toscolano, de' quali

si fa

tratte

dai

menzione nel

monutitolo


,

,

245 della seconda edizione della 5i/m/na; e quel tìtolo è

mero capriccio dello stampatore Paganino

nn

e le lettere

,

che poi furono usurpate da Alberto Durerò e dal Tory, sono bensì fatte, come l'autore accenna a tergo della

pag.32,

sui

monumenti antichi, ma

si

esprime, che

sempre sanno

le

tutte

due

linee

espone con piin-

le

per mostrare

cipj geometrici e suoi, e

,

" " >'

"

,

a la ragione e la verità delle cose "

sovrani

curva,

"

hanno sempre questi strumenti

ma-

Il

essenziali,

retta

e

cose che in agibilibus se possano

>'

Montucla d'avere scoperto un nuovo libro del Paciolo, che ha per titolo Libellus in tres partiales tractatus dìvisus, ecc., e questo, che tratta de' cinque corpi regolari, va necessariamente congiunto alla Divina Proporzione, come il Paciolo stesso avverte nella dedica al Soderini, al quale, non parendogli sufficiente il dedicare la stampa del codice scritto per Loil

in prospettiva,

ogni altra colta nazione del mondo. Eglino hanno di

più quasi a privilegio

Il

sobrj del mangiare,

F essere austeri

del bere e delle

la data del i5c8 stabilita

pretende avere scoperta,

quale ha la stessissima data

la

d'anno e mese, che è posta

Dopo

prima parte. pavoneggia lungamente, e si

tutto ciò egli si

sé la

negligenza

di che in addietro altri il tacciarono; ma dando si poca prova del suo ravvedimento e dimostrando al contrario grande trascuratezza, non fa se non fi'cddamente aggradii'e gli elogi con cui chiude il suo articolo intorno al nostro Paciolo. Clii bramasse poi vedere le ,

inesattezze

del

circa

filontucla

la

scienza di

questo

studiosi ji-n'olc

né premurosi di spingersi anzi tempo nelle brigate. " Coi quali modi imparano meglio e con più sicurezza, )' e dannosi nome, di che fanno grandissimo conto. 11

Noi non vantiamo da questo lato tante belle qualità: non appare fra noi tale che si possa misurare da Vinci, ne con Donato

,

uè con RalFaello d'Urbino, né con Michelagnolo. Non " voglio però dire che non sianvi anche fra noi de'

I-

'I

Il

belli e linoni ingegni;

ma non

al)l)astanza le righe

i

Le

al fine della

da vanto di bibliografo, accusando da

e

vane

"

" col fu ntesser Leonardo

Conto poi per error tipografico dal Montucla a quest'opera clie

ed in iscultura,

"

" quindi

a lui consacrati.

fatte. Gl'Italiani,

"

quasi gradus nescio quos architectis struit, et marinorariìs nostratibus, e l'altro delle Lettere, entrambi particolar-

in pittura

alla mano ^ e però sono perfettissijni nel ridurre al punto, nel rappresentave la natura e nell' imitare le ombre meglio di

dovico , congiunse questo libro , qui, coni' egli dice

mente

ben

secondo ch'egli

chinare.

Finalmente vantasi

non son fatte colla debita proporzione che alla riga ed al compasso è soggetta. Perciò, signori e divoti amatori del sapere amate la riga e il compasso » e con essi divertitevi ed esercitatevi onde conoscere

ed

quali parole, per chi

si

compassi.

non

adoprano ancora >•

è schifo dell'antica lin-

gua ed ortografia francese, meglio si leggeranno neiroriginale che per la rarità del libro qui trascrivo. /''aurois icy coleur

de dire et descrire

louuanges et

les

du dict Compas et de la Jieigle mais ie le pour quelqne anitre plus stiidieux qiie ie ne suis

perfections lairray

,

a y passer chose,

le temps. le nen diray pour ceste fois autre non que iamais homme nescrìpura bien en lettre

si

])uon frate, le legga nella Storia dell'Algebra pubbli-

attique, ny en autre lettre sans Compas ne sans Reigle. Et que en toutes choses ou il ny a deue proportion, qui con-

cata, anni sono, da Pietro Cossali.

siste

(la)

Ecco

l'epitaffio riportato dal Vasari nell'edizione del

Torrentino,

e

soppresso nella seconda de' Giunti. Parla

Pietro della Francesca.

Geometra

penna

e Pittar,

pennello

e

choses. Les Xtaliens souverains en Prospective

Cosi ben misi in opra, che natura

Condannò

le

mie

Mossa da invidia: Che

le carte

luci e

a notte scura

de

le

L'empio discepol mio fatto seguirono la sua autorità, fu

non

è

,

mie fatiche

si il

fi-ate

assolutamente credibile per

(13) Leggasi la pag. 2Ì del

Libro

ed

altri

Luca Paciolo,

il

che che

le i-agioni riportate.

della Divina Propor-

zione.

,

n " >'

Il

» >i

1;

sont froicts et studieux avec soubriete de boyrc, de menger, de parler legierement , et de ne eult trop tost trouuef

en compaignye, en quoy faisant

ilz aprennent plus scuredonnent reputation, quilz nestiinent pas petite chose. Nous nauons pas tant de telles belles

ment

et

myeulx,

et se

vertus en cest endroit quilz

A

compenso del torto fatto dal Tory al Paciolo cui accusò di furto, mentre egli stesso il derubava, piacemi qui citare un suo passo col quale rende giustizia agli Italiani e che certo non fu mai letto dal marchese d'Argens che paragonava Leonardo a Giovanni Cousin. Allorcliè il Tory prende a lodare il compasso e la riga, come il Paciolo ad ogni istante innalza la potenza delhi linea retta e della curva, cosi siegue a dire: n Mi ver-

(14)

ilz

le

rebbe qui a proposito il descrivere le lodi e le perfezioni del detto compasso e della riga, ma lascerò che se ne occupi chi è di me più studioso. Io mi limiterò per ora a dire che non giungerà mai a

bene in lettere attiche o d' altra maniera chiunque non farà uso della riga e del compasso; e che non v'è ragione ne ordine in quelle cose che scrivere

Painture, et

le

sache en Chrestiente. Jlz ont dauantage une grace , quHz

è hello.

"Vasari

aussi sont

presenter

,

Compas et la Reigle en la main, les plus parfaicts a reduyre au point, a renaturel , et a bien faire les vntbres quon

Imagerie, ont tousiours

allumar dotte et antiche

Quest'empio discepolo^, secondo

subz Compas et Jieigle, il ny a ordre ne raison. Parquoy doncques Seigneurs et devots Amateur de Science aymes le Compas et la Reigle, en vous y recreant et exerceant pour cognoistre la raison et verite des bonnes

ont,

aussi nen

voyons nous

par dessa qui soient a comparer a feu Messire Léonard Vince, a Donatel, a Raphael Durbin, ny a Michel lange. Je ne veulx pas dire quii ny aye entre nous des benulx et bons esperits, mais encore ya il faulte de continuer le

Compas et la Reigle. Di si fatte inconsiderazioni del Vasari, clie talvolta da se stesso si contraddice si possono vedei-e molti

(15)

,

csenipj ne" suoi commentatori, e molti altri se ne potrebbero notare che rimasero finora inosservati. (16) Veggasi la Storia genuina

pubblicata lano (17)

del Cenacolo insigne ecc.

dal Padre Maestro Domenico Pino ecc.

MDCCXCVL

Mi-

in 8."

Poche parole dopo

il

dice

il

\olterrano

Non

s[

sa con certezza

Joh.

passo che risguarda BelUnus hoc tempore

Tanno

il

Vinci,

decessit.

della morte di Giovanni


,

246 variamente riportato dagli vivere

di

cessasse

scrittori

dopo

subito

ma sembra

i

eli'

fece, sebbeii decrepito, il bel Baccanale, già di casa Aldobrandini in Roma, ora presso i signori Camuccini, la qiial opera , rimasta imperfetta , fu poi finita da Tiziano che vi fece un mirabile paese. Lo stesso torto del Moreri e del Milizia ebbero

il

(18)

Negri

e il

Qualunque

egli

i5i4, ànno in cui

il

Crescimbeni. Nel Crescimbeni trovansi in oltre

sia

valore che

il

versi e ai passi citati

scono

vuol dare c a questi

si

certo che per essi cre-

egli è

1

oscurità intorno ai Bramanti,

le

quale

scrittore del Trattato di Architettura notato

lo

dal Doni

finalmente

o quali

quale

,

Volgar Poesia { edizione di Venezia del lySo). Nel Negri poi, la cui opera apparve nel lyaa e nella quale si ricorda Leonardo siccome scrittore, non si parla di alcuna sua opera scritta, e uè meno del gran Trattato pubblicato dal Du-Fresne.

stabilire qnale relazione avesse

(19)

istoria della

Forse Leonardo fu detto nipote di Piero, perchè

suo

(2c) Veggasi la pag. 16 del

romana

secondo volume dciredizione

del Vasari,

leggesi alla pagina 198 del primo volume della terza edizione della Storia Pittorica, (aa) La bellezza non é altro che una convenevole ordinata e misurata proporzione delle membra cosperse di dicevoli

(ai) Tal passo

colori.

(a3)

Veggasi la pagina i53

Ho posto l'anno 1477 perchè, come accennai

nel

compendio della vita del Vinci, intorno a tal anno al più tardi sembra eh" egli stabilisse la sua dimora in Milano. Circa alla pensione di Leonardo veggasi l'artìcolo di Carlo Torre alla pagina 53. In proposito poi di ciò che in fine di questo articolo

chiamato milanese dui BL>^iti, siccome vi sono parecchi eruditi che vanno riunendo tutto ciò che può illustrare la vita di questo

ho aggiunto intorno a Bramante

,

rianimatore della greca architettura, piacemi pii raccogliere alcune notizie delle quali non trovo ricordo

nè presso lui.

il

Prima

Lazzari

di tutto

,

presso altri che

sebbene

sia diverso da

mancano

autorità per farci

io

creda che

scrissero di

Bramante

il

Bramante nostro, non congetturare che anche il

un

urbinate

altro

famoso architetto di Giulio secondo, sebbene originario d'Urbino o luoghi vicini, sia nato in Lombardia, e the fors' anche in Milano. Oltre il passo del Bug.ati lo dice milanese, ne abbiamo un altro di Federico Zuccaro nel Lamento della Pittura, che lo pone fra i Lombardi; nè si può supporre che del Bramante lombardo

egli

intenda parlare

,

perchè ogni qual volta

si

trova il nome di Bramante senz' altra distinzione, è naturale che s'intenda il più famoso , cioè T architetto del San Pietro di Roma. L' oscurità in cut , ad outa

molte erudite ricerche di varj , siamo tuttavia intorno al luogo dove Bramante nascesse, può rendere di

più autorevo

Ma

SI

lo

i

parole del Bugati

le

lontani dall'epoca di

e

Zuccaro.

dello

sebbene non molto Bramante, non si procaccerebbero

come

storico

il

pittore

,

molta fede contro tante gravissime autorità contrarie, se in loro ajuto non venisse quella d'un contemporaneo, cioè di Jeronimo Casio, di cui ecco un tetrastico tratto da' suoi Epitaffj.

Lo

Architetto

Bramante

in

Milan nacque

Con Giulio Lassò qui

in il

Roma

vel; in

accrebbe

è

lo

il

Bramante lombardo, e S' intralcia assai più la storia col il suo nome. passo del Sabba da Castiglione, e con quelli del Cesariano dove di lui si ragiona. Lo stesso imbroglio col

desse

avviene de' Bramantini

ai quali

,

attriljuiscono fab-

si

per quasi un secolo dal Vasari , dal Lomazzo, dall'Orlandi e fin anche dal Lanzi, che sebbene nell'ultima impressione della sua Storia rifiutasse

libri

e

Bramantino più antico

il

avvisò poi di rite-

si

,

nerlo di nuovo dove parla di Melozzo. Qualcuno anche de' Bramantini

con che

chiamato

sarà

si

la

accresce

si

Bramante , T oscurità. Ciò

talvolta

confusione

e

induco da una carta che il dotto e diligentissimo signor Mazzuchelli, bibliotecario dell'Ambrosiana, trovò recentemente, sottoscritta nel i5i9 da un Bramante architetto del Sepolcro de'Trivulzj,

non può

qnal Bramante

il

che uno de* Era]nantini

essere

cioè Barto-

,

lonnneo Suardi. Bramante l'Architetto di San Pietro era già morto in Roma fino dal SHj ed Andrea Gnarna da Salerno in un sno strano dialogo stampato nel iSiy i

ne 11

far

fa parlar

1'

ombra

menzione

modo da

in cielo in

carattere con vivaci colori.

E

dipingerne

giacche mi accade di

questo rarissimo opuscolo, che al pari

di

non vidi ricordato da nessun di Bramante hanno scritto , piacemi qui tradurne un pezzo dal quale si giudicherà come dai de' versi del Casio

che

coloro

coetanei

di

Sabljà

del

quei

del

e

tutto

in

anche

Servirà

stampasse. a

stesso

pensasse di questo artefice, e allo

si

come libefamente

tempo

scrivesse

si

questo

passo

Condivi

,

e

a

e si

luce

dar

a

confermare

nmlte congetture ed opinioni intorno all'origine della nuova fabbrica del Tempio di San Pietro. Coloro in fine cui

di

di tali notizie,

poco importa

curiosa

questa

conoscere

avranno che

satira

è

a

grado

certo

di

bizzarra ed ardita invenzione. L'operetta adunque del Gnarna, scritta in latino, e

con molto brio,

ciò

che è notabile

non senza eleganza e

stampata

fu

Ponte

in

,

Milano

,

dove

era

riali

,

i

ricchi,

,

e gli

vi

si

avari

da Gottardo da la

memoria

Bramante satirizzano con grazia

Bramante. Vi sono interlocutori personaggi noti

è intitolata Simia, ,

recente

e

i

oltre

,

di

varj

,

ì

cu-

viziosi d'ogni maniera.

Nel pezzo che qui riporto, parlano San Pietro, Bramante e Alessandro Zambeccari bolognese chiamato splendore e gloria della curia romana. La scena si rap,

presenta alle porte del Paradiso. S- Pietro. ... E questi miseri famigliari di Cardinali collocateli, o spiriti beati, fra

i

miiitiri,

chè

tal

,

com-

i

il Moro fama e oro

Servi la patria in fin che visse

tutte

difficile

10

Discorsi ecc.

de''

Parimente

attribuite.

delle

si

Bramante d'Urbino donde avesse, o a chi

briche, pitture

naturale.

figlio

un Bramante

ad

autori

veggono

gli

varie insigni fabbriche che in Milano

all'

ancora

è

il

molti grossolani errori intorno alle circostanze della vita del Vinci ^ di cui veggasi T elogio nel terzo volume dei

Commentar] intorno

nou

e

determinare qnale sia l'urbinate, quale il milanese, quale il poeta, quale l'autore delle Quadrature de' corpi, quale il nominato dal Labacco a

facile cosa

penso esige

.-

del V alma rinacque.

i

chi sia

la loro

costui

Alessandro

,

se

lunga tolleranza. Vorrei però vedere

che solo ascende

mai

ti

fosse noto.

la

montagna. Bada


-

\

H7 non isliaglio, questi Qua! Bramante ?

Alessandro. Se F.

S.

P.

km'i di

S.

P.

Roma

mio tempio?

tutta e del

Bada bene scegli

A-

Non

S.

P. Dici vei-o?

A.

E

mondo,

non traveggo:

egli, vi ripeto, in persona:

Bada

A.

viglia.

a te

lo

conoscerlo

godo

;

aommo duce

s;ilute al

civiltà. In verità, se gli altri beati

salutati salutano

pur rechi

somigliano, né

ti

non desidero questa vostra beatitudine. è il costume nostro non diamo sa-

,

Eh, questo

P.

non a chi

:

Coloro

F.

degni

E

B.

rendon

ci

P- Di ciò

d'aver

conto

vissuto

più degno

il

degli

quando ne

parlerai

uomini,

che

viver bene.

il

sarai

poco

fra

ri-

£. Io non ho mai lasciato di secondare badai a spendere per viver bene.

Ha ha!

secondato

hai

il

e

non ba-

spendere per viver bene? allontanando quanto potei la melan-

dasti a

No certose

conia

e

noje

le

sempre

ho pasciuto

,

l'animo

allegria e di piacere.

ti

piacque

al

tuo

quanto

genio

B. E che

B-

?

mi macerassi spontaneamente

volevi che

S.

far

cosi, o Bramante.

,

P. Dovevi odiar

i

gli

opera],

lunga: confesso

il

fatto.

Che mal

ti

il

borsotto del Papa, che

grosso.

e

faceva la borsa di

Giulio

piena

oro?

Faceva male

B.

a tutti.

tant'oro sepolto in un

le

cosa

Gli

il

tener

antichi

fecer

avessero a correre.

P. Sei poi riuscito nel tuo progetto?

S.

No; perché Giulio

ma

vecchia i

ma

Era brutta

solo luogo.

monete, perchè

le

per

i-ifar la

lasciò che si minasse la chiesa nuova non die mano alla borsa,

diede alle indulgenze e

solo la

invadendo però

la

mia provincia,

il

ai

confessionali;

soldato spagnuolo

riia asciugata quasi del tutto,

E

P.

Francese

il

vendicò bene sullo Spagnuolo

si

a Ravenna.

Svizzero servi non male

il Francese a Novara. S. P. Lasciamo tal piati ai mortali le cose sì avvicendano ed è sempre varia la sorte delie guerre. Torniamo a bomba.

lo

;

,

Eh non si doveva viver E come dunque ?

F.

d'

B. E

?

di dispiaceri e di digiuni? 5.

la sai

crepava, tant'era gonfio

iS.

dunque

P. Ti abbandonasti

5.

minato: fnron

Fabltia

vizj

,

B.

sollevare gli oppressi, e

bene quanto potevi.

S.

Dovunque mi chiami come la ruota di un 5

satile

P. Io

ti

io

son sempre pronto , ver-

vasellajo.

dissi salute al tuo venire, a

condizione che

B. Ninno ha latto tutto questo meglio di me.

tu recassi frutti di salute degni; e tu,

S. P. Godrò che ciò £. Quanto lo sia, te

hai preso tal complimento alquanto in mala parte.

S.

sia

lo

vero,

provo,

se

doveri dell'architetto

i

esercizio di tal arte

;

,

sono

le

B. Pili che alquanto; nè

proprie

ed io spero pel lungo

non essere annoverato ultimo

fra

questi. S.

F.

Fammi un

quelle siano

le

po' la

grazia

di dichiararmi

come

proprie parti dell' architetto.

B. Allorché un architetto debbe fare qualche opera, d'uopo che prima pensi in qual luogo porre le fondi qual forza consolidi le mura, e di qual grossezza le debba fare, acciocché se poi l'opera e viziata in qualche parte, ei non ne sia uccellato, e vada

mi parve

come ho

visto,

civil cosa clie tu

non risalutassi ma sediamo un poco perché son vccchiccio, e mi sento stanco pel lungo viaggio. S. P. Siedi pure, tei concedo volentieri. salutato

B. Quelle che tu hai testé indicate parti e

mi ascoUi.

Ti ascolto.

F.

gli

P. Perchè ardisti di far ciò?

5.

B.

genio,

il

j

Roma,

^

Tu

tonde

genio

di

:

di

chiesto, e avrò piacere che sia cosi in fatto.

F.

ch'io

falso

P.

sono

io

minato quel mio tempio

per comando di Papa Giulio. S. P. Tua fu questa trappola: dal tuo consiglio e dai tuoi malefizj fu indótto Giulio per tua direzione ed ordine lo abbatterono gli operaj.

bene. B. Affé,

tir

B. Per alleggerire alquanto

elle

molto,

e

?

nnll'altro ho più avuto a cuore quanto

B.

la vai oggi passando che tu risponda ad una

soglio.

B.

B. E quali sono cotesti the voi chiamate

S.

tu te

;

voglio

che colla sola anticliità sembrava chiamare a Dio animi piii irreligiosi ?

la merita.

questa vostra salute

S.

ma

;

P. Perché hai

5.

se

^

Che vuol egli dire questo recar degni frutti? Con buona grazia, turni tratti al bel principio con poca

S.

oppresse

,

Interroga pur poco, che io risponderò

come

del gregge di Cristo.

degni di salute.

lute se

colle celie

B.

pronto da

e

B.

S-

P. Bravo Eramante

S.

meco

avrò gusto in udirlo.

:

S.P. Salute anche a le, o Bramante

tua

illustri

piccola interrogazione,

Bramante. Bramante reverente

frutti

uomini

degli

e

vivendo, il feci con le migliori proporzioni e con le giuste dimensioni che l'arte prescrive talché mi posso

sia giunto.

.

P. Lascialo fare

S.

di

Pietro: da vivo canzonava tutti a mera-

,

antichi

'

giacenti

statue

le

gloriare di essermi fra gli altri artefici distinto in far bene.

Oh, desideravo

P.

Seguita pur via colle tue facezie.

dalle ruine; e per ispicciarti alle corte, quanto io feci

riconosco benissimo. S.

suo mestiere, ha sempre

il

B. Io poi ho sollevate a migliaja degl' Iddii

desso.

è

sua professione. Quindi è che

vizj.

i

S. F.

se avesse potuto.

dubliio.

v' è

la gloria della

ogni architetto che sa bene odiato

distruttore del

Il

A-

fumo

in

architetto.

A. Il nostro S.

è Bi-nmante.

:

A. Ci vorrebbe or qui Apelle che dipingesse la Fortuna sedente. (Si ha da Stoheo che Apelle dipinse ìa Fortuna a sedere , e che interrogato percìiè cosi la facesse, rispose Ov;^ eazi^KS yàp

che

è

j.iedi

damenta,

munque non

,

è

cioè

perché non

istà

,

non

quanto a dire, per la sua

si

reg^e in

instabilità.

Co-

si regga molto nè pure la ragione di Apelle, questa novella è qui accennata dal Guarna onde mordere

la volubilità di

Bramante. J


348 B. Alessandro, bada a te, che stuzziclieral la sei-pe P. Ho detto, o Bramante, che qui non si dà salute non a chi n' è degno; e che non fu mai lecito impunemente a persona il vivere a capriccio e non cuS.

se

che de' piaceri.

rarsi

?

P.

S.

S. Affé che

provo che

ti

ciò è

indegno ed ingiusto,

P. Provalo.

fi.

Non ha

B.

libero arbitrio

all'

uomo

che chiamate

ciò

cui fu dato

libero^

l'uomo ha libero arbitrio , bene ma ha inoltre la legge, e

trasgredisca, ne pagherà

dunque che

B. Asserisci

non

licenza

la

ali"

il

uomo

è data la libertà,

?

nate ad un parto dallo stesso ventre

amore

tra

,

e

,

congiunte

si

E quali sono queste leggi della natura? Che l'uomo non ammazzi, non rubi non ingiurj e se alcuno: del resto mangi, bea, faccia tempone avrà senno, seguirà a parer mio la beata indolenza di ,

,

Epicuro.

ma

A. Rispondimi una parolina, o Bramante,

senza

andar in collera. B. Di' pure.

hen

scrinate

le

leggi della natura? ....

Di

che ridi? B.

tuoi sali, Alessandro,

I

troppo

inordono

acuta-

mente.

Che

è questo

?

costui non si occupa che d' inezie. dunque Alessandro ? A- Il vedrai quando gli ordinerai che si spogli. B. Spogliarmi? comel forse anche spogliate gli ospiti che vi capitano ? anche in paradiso de' masnadieri ?

B. Nulla nulla: P.

S.

Che

i:

,

'

bel paradiso a voi

chi si

tutti

si

1

a

Roma

che o

sia

io era più sicuro.

Noi

io

sentire quanto valga

non

S.

venisti;

le

pe-

poco argento e buona ad irritarmi, il gusto che hai

e perciò hai lasciato

se continuerai

un architetto insegnerà ad un procurator gli articoli contratti.

condizioni?

mi diverto

delle sue

e difficile

si

a salire, che dalla terra conduce al cielo: si

dolce e larga, die

le

anime dei

più belle e più allegre abitazioni pei beati. Se queste cose vi accomodano, son con voi; so altrimenti, io me

ne vo a casa Plutone. S. P- E dove vuoi che stiano i nostri inquilini fin che tu fabbrichi il nuovo paradiso ? B. Questi vostri cittadini sono assuefatti agi' Incomodi,

han vissuto

alle

merie:

altri

furono scorticati;

altri

macerati dalle vigilie; altri nutriti ne" boschi colle fiere: tutti a forza di malanni hanno acquistata questa vostra cittadinanza. Ne in quest'aria si salubre v' è pericolo

che piglino qualche infreddatura. S- P. Bramante, tu fai condizioni troppo dure, ed

ai

vecchi non piace mutare stanza. B.

Dunque con

tua

buona grazia me n'andrò a Plu-

tone, ch'ivi farò meglio iS.

P. Forse che

le

cose mie.

si.

B. Farò un inferno tutto nuovo, rovesciando il veccadente e consunto dalle antiche fiamme, ,

B. fi.

dotto che

.

o Pietro? anche al paradiso intimerà

deboli e dei vecchi vi abbiano a salire a cavallo. Poi penso buttar giù questo paradiso e farne un nuovo con

1

più

le

pure

P. Lascialo dire: sentiamolo;

io ne farò _un' altra

fi.

me

di'

B- Prima di tutto io voglio tor via questa strada

aspra

farà,

che tu parta da

:

Che dunque,

bizzarrie.

Bramante con queste pugna:

veterano che cosa siano

ma

Bramante

chio

ch'io

B. Yien pur qui tu, e sovrapponi pure quanto'vuoi labbro a labbro , come facevi allorché da vivo ti prenla stizza; farò

male.

si

P. Bravo

A.

farò

rispetto, o

Troppo iracondo Bramante

Uea

far

5

S.

spero, fra questi scogli inaspettato dentifragio. A.

che in

vedrò che mi vogliate con voi, esporrò, quando piacciavi le mie condizioni.

gli

il

e noi siete

e se

dichiaro

questo Pietro, o sia Paolo, o sia

perda

i

di dir male, il perderai in sentir peggio , e ti tratterò a misura di carboni. Ma qui, o Pietro, si fan troppe chiacchiere ora intenderò qual sia la sentenza vostra,

guardi bene dal pormi le mani addosso, e dal persi

stessi ?

E vero,

B.

vog'ia gran satrapone di questo vostro paradiso,

mettere che mi

,

adoprai cosi vivendo.

e

P.

5.

sarai spogliato, né

pongono sotto la vostra tutela, o pure le tenete per T orecchie finche han latte e lana. A. Tu mi calunnj falsamente, o Bramante, io non

P.

B-

A. Hai tu

Perchè

core che

che T una non potrebbe vivere senza dell' alm' è permesso di liberamente , ciò che

fare, io credo mi sia anche lecito di ottimo diritto, e purché non sovverta le leggi della madre delle cose la natura, so bene che l'uomo è libero onninamente? S.

non

B. Perchè da lupi rapaci ed aflamati divorate

Pietro mio

I

:

:

B. Or vedi! quasi ch'esse non fosscr entrambe sorelle,

d'

Bramante

,

voi patrocinatori di cause non istimate dotti

Uh,

die voi

fama;

fio.

P- Ciò per r appunto.

S-

farà contumelia.

A.

di vivere liberamente? Per altra

chiosatori della tua censura diranno che dove la

P. Confesso che

la

a

giorno.

o male ch'ei voglia usarne;

ove

P. Via chetati

si

B.

sarà libertà.

5.

Insegnano

Il credo bene, se a pugni non mi superate. Bramante vuol torsela a pugni con noli B. Certo a pugni, all'uso degli antichi; che a pugni , non coir armi , combattean gli antichi , da che venne il nome di pugnadiventerò più dotto ogni A. Capperi stando teco

libero ar-

il

disposizione dell'atto dipenda dalTarlntrio altrui, ivi

non

S,

altri

Dunque ad uomo bitrio, non sarà lecito i

s'

B.

?

B.

parte

ti

1

Iddio

dato

P. Lo ha dato.

S.

che

discipline

le

A-

Non fu mai lecito No di certo.

S.

non amo

Io

A.

pugni.

col dito.

P.

Non

avrai ozio per tal impresa.

Andrò nondimeno con tua P.

Non

licenza,

andrai.

B. Perchè? P. Tel dirò poi: ma dimmi ora, o Bramante, hai veramente minato quel mio tempio di Roma? B. L'ho minato, è vero, ma papa Leone lo farà di nuovo in breve tempo.' S.

tu


,

,

249 Bene

P.

S.

breve tempo Io passerai qui porte del paradiso nè potrai entrare se non

avanti le

questo

:

,

quando sarò bea certo _cbe il mio tempio £. E se non si finisse mai ?

Oh

F.

S.

mio Leone

il

!

sia finito.

lo finirà di certo.

(a6) Veggansi le pagine

S. Forse il finirà; cosi mi giova sperare. Starò dunque ad aspettare, poiché non m~ e dato di fare altrimenti.

Qui termina tastica

pure non

,

Xa sentenza paradiso

che In

,

disadatta a recar luce alla storia.

è

Bramante dal Guarna stimasse impos-

colla quale san Pietro esclude

che

fa credere

,

sibile finire.

a Bramante in questa comechc irreligiosa e fan-

spetta

ciò clic

stravagante satira la quale

il

gran tempio da lui architettato

il

fatti vi

vollero

gli

:

tempio

era in dubbio dove le porte del suo gran

si

si

dovesser

Di

fare.

ideata da Bramante

fatto

nella croce

greca

poteano aprire in ciascheduno de'punti cardinali senza offendere il disegno ; e Siniia ^iggii'iige (^lie nulla stabilì Bramante morendo circa alle porte, da che si può desumere che qualche cosa si

,

,

stabilisse intorno al resto.

lao e 129 de' Grotteschi.

(37) Come dai sedici ai venti anni pone il Lomazzo la terza età sotto Finfluenza di Venere; cosi pone, (red'io, la quarta dai venti forse ai ventiquattro sotto Finfluenza del Sole. Ciò ricavasi dagli endecasillabi posti in coda al Sonetto diretto a Pietro Martire Stresi (pag. 181

de' Grotteschi), ne' quali, avendo detto d'aver copiati i Cesari di Tiziano, soggiunge:

E

potesse

si

sforzi di molti pontefici per oltre due secoli. Nuiraltro si legge in questo strano dialogo che risguardi le arti solo si accenna da san Pietro che a quel-

r epoca

i3a, 146, 148 e 149. Se la noja della lettura o Fattenzione ad altro non mi ha distratto, non credo si trovi altrove importante cenno intorno a Leonardo dentro queste due opere.

questi feci nell'età del Sole,

Abbandonando V amorosa Dea. Veggansi le pagine 65, 74, i32, 143, 172, 191, 209, aio, 220 e 226. In ciascuna si trova qualche cosa che ha relazione sia alFArmenini, sia al Vinci. Veggasi anche la Conclusione dell'Autore, nella quale, per iscusar sè di dar precetti senza aver fatto nessuna

(28)

opera

grido

di

,

osa

che anche Leon Batista

asserire

Alberti e Baldassar Peruzzi non fecero alcuna fabbrica , contenti d'aver lasciato delle opere scritte; il

che ognuno sa quanto sia contrario (29) Antonio Possevino

,

gesuita

al

vero.

fece, a quanto sembra

,

molto conto del libro dell' Arinenini al quale concesse quasi tre pagine del suo libretto De Paesi et Pictura etilica^ ecc. riportandone i principali argomenti, men,

È comune desiderio degli amatori della chitettura e della erudizione delle arti, che

.

si

raccolga tutti ciò che spetta alla storia

e

de' varj Bramanti

ma

,

che

buona arnon solo di Bramante

disegnino e

si

pubbli-

si

molte belle fabbriche che portano degnamente un si bel nome , delle quali ve n' ha molte in Lombardia, e specialmente in Milano. L'Accademia milanese spera un tale lavoro da qualcuno degli alunni chino

le

suoi pensionati. (24)

S'ignora

tempo della nascita

il

e

della

mo]-te

di

Paolo Mini. Io ho trovato un di lui manoscritto del iSga. Contiene esso un catalogo delle famiglie che hanno governato Firenze, con varie notizie storiche tratte dagli arcbivj pubblici dì quella città.

meno

in Lione per lo

dal 1572 al i5y3

pure non perchè del 72 è data Firenze, fatta, com'egli as-

fu altrove tra queste due epoche in Lione la sua Difesa di

Fu medico

se

,

;

serisce, da molti mesi: del i583 è dallo stesso luogo scritta

una

Jacopo Dalechampio a Pier Vetcome di medico celebre. posseggo manoscritta del i5r)2, c de-

lettera di

tori, nella quale si parla di lui

L'opera che dicata a

io

Tommaso

i5 marzo.

Il

Strinati, e

ha

la data di Firenze del

Tiraboschi osserva che nè

Negri

il

ne

delTAccademia fiorentina lo dicono medico in Lione avrebbe potuto più facilmente osservare che nella Difesa suddetta, stampata daini in Lione presso Filippo Tinghi , egli da sè stesso si nomina nel fronle notizie :

tispizio Medico e Filosofo.

(25)

Il

tato

Lomazzo a

carte

III, ia5

,

menzione

fa

27

127

,

,

3i

i58

,

i5c)

,

i83, i85, 192, 193, 282 , 283 , 284, 289 36o, 384, 430 434, S3o, 614, 616, 633,

,

,

Tempio 46

j

5o

,

di Leonardo nel suo Trat-

71

100

,

,

loi

,

106

178

171

107

,

della Pittura a carte 7

,

17

,

18

,

38

,

,

42

,

45

,

49, Si, Sa, 54, 53, 68, loi, 118, 129, i3o,

non fece menzione

di

nessuna delle opere del

Loinazzo.

ho fatto fare diligenti ricerche in Roma di questo lavoro inargento, specialmente colF ajuto del chiarissimo monsignor INIarini , alla cui amicizia son. debitore di molte utili notizie. Non se n' è però trovato

(30) Io

conto alcuno, e avrà anch'esso corso la sorte di tante opere de'primar] artefici, ch'essendo state

altre rare

fatte di metalli preziosi, giran ora in forma di monete; che non sarebbe fuor di luogo il ripetere ciò che Petro nio diceva al suo tempo, cioè che più. diletta una massa d' oro , qiiam quiilquid Jpellcs^ Phydiasve jier lo

groicuU delirantes fecere. (31) Il libro del Pigino

secondo

il

Lomazzo

(vedi

il

Trattato a carte 63a) era, composto di trenta fogli con diversi molini , torchi, presepi, ecc. Nel Tempio i)oi

della Pittura

mozzo

si

legge che

tali

macchine andavano per

di cavalli

(vedi questo libro a carte 17); e per l'appunto di bellissimi cavalli provegnenti da' disegni del Vinci abbondano gli schizzi del Pigino , de' quali

ragiono nel testo. (32) Si legga la sua lettera a Carlo

posta in fronte alFedizione

Emanuele

cW Detti

di

Savoja,

Memorabili, pub-

blicata in To'-ino del 16 14, con molte aagiunte. (33)

De

operìs autempretio cuni multi adhiic dixerint, nos

Lanium

id dicimus ,

mirum,

sive

gloriati

182

, , 177 , , , 198, 212, 217, 227, 237, 264, 299 , 3 16 , 325 , 336 , 347 , 354 , 437, 438 , 455 , 453 , 483 , 487, 635, 637, 632 e 676; e nel suo

164.

,

tre poi

qaod forcasse

opèris

hujus;

quam

Dearum jmUcio laudem affectus

in-

alios fngiti

affectus ni-

motus animi varios et diversos prcecipuani Plinius

spectavit,

etiam

cum

in

tres

esse

extollcndo ibi

diversos

Paride miraretur. Neque vero anifex doloreni et lacrymas protulit, quod quilibet fortasse

tantummodo

alius faceret,

sed in

membrorum molu

descriptos

animi

sensus ostendit, ita ut tabulam liane collustranti oculis personent aures Apostolorum vocibus , quas inter se contulere

postquam, Salvator tremendum illud enuntiavit: Qui intin-^it 3a


,,

,

,

25o

mecum manum

pm-opsiclc,

in

me

ipse

tradllums

est.

Venerabile Sah'atoris os altuin animi moìrorein Lndicat, occultalus atque suppressus qui. gravissima /mode/atione

Apostolomm

Sermone^s

intelUgitur.

tum

colloquia

et

in-

ter ipsos, tum vero cum Salvaiore prò atrocitate rei quodainmodo audiuntur. Miaatur proditori alias , alius opein

Domino

auxiiiunique

in silentìum

polUcetur. Flxus aliquis

magnitudine sceleris, ohstupescit; nonncmo angitur , seque Christo socium doloris prccbet. Est qui canti fiagitii suspiconetur: est qui, percunctando et

se avertere

cionem ab

inquireado^ seriem ordinemque parati sceleris cognoscere velit.

Sunt

indignabundi , sunt

attoniti, suut

omnes Apostoli Petti

dieta subauscultantes. Sed ante

rum

cupidine

vultus ira et vindictce

taciti, et alto-

assurgit,

cerniturque im-

patiens morcc animus charitate Magist^rii spectaculo est robur ejus , vlgorque et fortiuido. Vides tacite volveatem iras,

malunique proditori minitanteiji , quod nemine conscio paret

Ea

ùitus ipse, et coquat.

obvcrsus

cUssimulatione , et ira

saactum Johannem, rogai ut proditionis arcana sibi patefaciatj sensumque divini sermonis interpretetur. Juxta sic affectum apostolorum principem , collocavit artifex proin

Judam magna

ditorem

illa

ut contraria studia

ratione,

clarius apcrtiusque spectarentur.

Nec minus

faciesque contraria;. Torva, et hispida,

et

diversi vu!tus

proditori

vilis

deformitas: os Apostolo vividum, et honestum, plenumque

mefu ne aures, ut Petrì cum lohanne

Praterea anxius Judas odio simul

dignitatìs.

inditium enianet, intendit

coUoquium

excipiat

'

aucupaturque verba

,

autem Leonardus atque

physognomices , artis.

in

quam

simul,

peritus

esset

ejus

videlicet oris lineamenta

Thebanum

apud

qucB curicta pessimos animi mores indicant

eos, qui

metu

,

adniir ab aitate pariter ac dolore eos consternatos diceres

;

tantum spectatur

que

exemplo

hoc

nobile pectus depingunt. Qurs natura signa nostri,

pictores

admonerentur , non

extra artis fines , si studii

dum (34'ì

muftum

quam in

esse

factitant, et

hoc etiam genere

acuii

sic attigi

cognitiones

,

ut

istas

erraturos eos,

niltil

sibi esse

consumen-

Decorat

(

Carni sia;

Ticinensis

Coenatlonem J

,

majorem posteritas gratiam Dominicanis Sodalibus esset qui pulcherrimum illud , om-iiumque primum habitura exemplar suum intra tryclinium pingendum a prestantis,

inde curarunt, an Cartusianis Monachis qui ex eo hoc ipsum quam scitissime effingi jussere . ne tanti viri opus admirandum temporis injuria locique gra-

jam

vitate prorsus interiret

vix

;

et pulchritudine

cujus elegantia

agreque jam nunc, vitiante pariete

Cantra vero

verba

,

tot

inflammandam

tem

omnino

expressisset, imperfectam

asseclis

Tinian-

reiiquit.

grascos

temporis

sui

inter

nobilissimum

pictorem

quodammodo cemulatus in Menelao Agamemnoiiis fratre quam acerbissime ob extrcmum Iphigenloì casum mcerenti pingendo.

Circa la copia qui lodata reggasi carte Il

il

lÌln-o

terzo, a

iSy.

libro di fra Bartolomuieo

sanese fu impresso

Siena da Ercole de' Cori nel 1626, in

in

4."

Veggasi il primo volume del Diccionario historico pubblicato dal Bermudez a Madrid nel 1800 , a pag.aSi.

(35)

a tergo.

Sellila

,

por Simon Faxardo ecc., 1649, Raffaello

Vagaci dice cbe

ogni

ie'

4.°

sforzo onde

ma egli fosse prendere la maniera di Leonardo realmente stato discepolo suo qualche tempo ( Ìl die poteva forse avvenire in Firenze), non avrebbe ])cr j

d'entrambi lasciato

oiior

L'epigramma

del Paclieco

,

è

clie il

di dirlo.

fu posto

seguente

sotto

un Cristo ignudo

:

^Quien OS puso assi, Sefior

,

ad exactam similitudinem alterius quam olim Pictor eminentissimus Leonardus a Vincio Florentinus Mediolani in Monasterio cui Sanctm Marim Gratiarum est nomea elegantissime coloravit in parie te ; per eam ad lineam suis Apostolis ad referens Christum Dei filium una cum mysticam discumbentem coenam, Quod exemplum mihi per otium contemplanti in mentem subinde veniebat utrum

simo viro

sapienti^e

ccelestis

posse effingere exeniplari prò divinitate personte dcsperans , cum tantum jam tum majestatem in piis ejusdem Dei Fitii

ornamenta perampla depicta tabula in qua mmulante pletore , ductum cernitur exemplum

alia insi-gnia

grafice

inter

nescio

crediderim

atque inde emolliendam sui perditissuni proditoris duritiam Quam divini vultus effi-giem Leonardus in suo se

(39)

putabunt-

divinum ipse

pectoris.

11

viriles

effi-giem

divinitus

,

essent divini ardoris ac charitatis faces ad

(38)

et

,

effinxerit

erumpcbant

a!Stuautissima

En

nasus

amore,

ut

,

actusi quasi ut quot ex imo tunc Christi pectore dicentis

(36) Pag.

incurvusque

Salvatoris

Christi

quiddam spirantem

(37)

oblongus

Apostolis

in

perinde quasi divini sui proeceptoris acerbum animi sensum penetrare nequeant. Quo circa id amplius erudito effictori nostro prò immortali grada debenius , quod in suo

Apostoli pallore

declarata ;

ut Aristidem insigncm pictorem

,

hoc superasse diceres, modo ejus in tabuhis incidissct. Quia quod Leonardus alta mente

cogitationeque pvius sibi dcpinxerit , id totum ex scntentia Tanta quippe oris dignitas , decusilli successisse dixerim.

ex facie hominum animos addìvinare possunt. Ad easdem metoposcopicE leges optime congruit ex diverso , fiamma labiorum, tumidisque naribus artificiose

proposituni. In

quanta fucrit Leonardi

et

in

nostra Oitas

Fecit enim atrum, hirsutum, abditis iiitrorsum oculis,

inhorrescente capillo, torrida macie squalidum, sima naso;

libet quLS

prmtantia , argutaque pingendi navitas , quodque mirabile ingenium , ac divina prop e niens ad vivum interiores expriniendi suis in tabulis humanos affectus per exleriora

magna

vultu mysteria

fudce

ostendit

vecors

cónceptum. Expli-

attonitusque ob facinus scelesta mente cavit

et

pene posteri ob oculos habebunt

in (xvimi

quo suspicere piane

nostrum certo salubrique

,

perfrui

constitutum

licet.

loco

Tan desabrido Vos '

me

Mas yo

direis

digo

,

scusa

il

tan seco? el

amor,

que Pacheco.

errore geogralìco Du-Fresne un ne lo TAdda per dugento miglia veder ripetuto si strano sbaglio da varj anche

fa

ci

y

que

grosso

{40) Sfuggi al

ove

,

,

,

navigar

modernamente.

Sono

;

anche eccessive

le

lodi di

cui

ricolma T Errard , pittore del quale il Possino non faceva alcuna stima. Mai diyiamenti dal vero , sia nel giudicare, sia nelle cose di fatto , i qxiali g' incontrano nel Du-Fresne, non gli scemano pubblico eoa elegante edÌ7àone

il il

merito di aver reso Trattato del Vinci

,

che, incompiuto com'è, sempre è la migliore e più utile opera che nel suo genere esista. (41) Odomenigico Lelonoiti che voglion dire Gioan

Pietro Berrettini.

da panano e Britio Prenetteri Domeni<o Ottoitclli da Pano e


1

,

25 Alla pagina 73

(42)

della pi-ima

parte

deìV Itinerario

stampato nel 1654, (43) Queste parole del Prcart sono tolte dalla traduzione

Aaton Maria

di si

sporcò la sua penna con

Salviiii clie

spregevole originale.

Anche anticamente non mancome ad ogni altro

carono critiche a Michelagnolo

uomo

grand'

provarono

ma

avvenuto;

è

,

quegli autori die disap-

suoi metodi o le sue invenzioni o

i

opinioni, non eccettuati

i

teologi

le

(49) Mémoires de

,

,

artefici della

care

il

credo avreljhe trovato

lario sterile di termini

Debbo

q^ii

:

l'autorità

avvertire che parlando della prima edi-

del Comolli,

esatto in cosa essenziale

dissi

la

aveva debito

per

la

impresso Au Mans.

(4.4)

etc.

di

Questo raro

De f Imprime rie

libro,

il

de

libercolo

nondimeno più come in appresso

è

gliata.

Anche il Cliamberlaine dngento miglia.

il

Jacques

trovo Ysarìi-

ci

(54)

(55) Fra

navigare

fe'

per l'Adda

che ragioLiarono di Leonardo e del dee dimenticare Demetrio Pieri , cor-

giornalisti

i

Cenacolo non tolto

cirese,

si

età di

lettere in

alle

anni

ventiquattro.

Egli inseri in un giornaletto letterario di Corfù un lungo articolo col quale

pongono

si sforzò di confutare coloro che anteCorreggio a Leonardo. Volli lasciar memoerudito giovane per dimostrare quanto

il

ria di questo in

piccolo fu stampato

8."

esatto del signor si

estesa

sia

ove

padre Resta sbaglia d'un braccio

Il

che è situato aU'dcssui rPune porte fort haute. (53) Precisamente due secoli prima il Vasari aveva detto che nel Cenacolo non vedevasi che una ??iacc7ii(i abba-

natura e l'argomento

nel 1707 in Perugia pel Costantini. (45)

(Sa) Il Richard son dice soltanto

essere

MDcLxiI.

scegliesse

,

si attenne a quella di M. Cochin, anzi parve volerlo emulare, facendo con esso lui a chi le dice più grosse.

impressa a Mons

che

dell'opera sua. Avuto poi di recente

han

vocabo-

per parlar del Cenacolo

altrui

peggiore; perciò

la

ingiuriosi e villani.

zione del libello del Freart, sulla fede

il

roy. des Sciences, an ijSj. Giuseppe Guerra. Veggasi ciò che Paciaudi veggasi anche la pre-

ne scrissero Zarillo e al secondo Tomo delle Antichità d'Ercolano. (51) Era naturale che il La Lande volendo servirsi del-

sua nazione co' modi impiegati a giudi-

Buonarroti,

maggio

t6

fazione

sue

che pasciuto di letture francesi , satirizzò Michelagnolo goJTamente si è da poi disdetto, e lo chiamò per l'eccellenza nelle tre arti un uomo triplo. Certamente se il Fréart avesse voluto giudicare degli

il

VAccademie

(50) Questi chiamavasi

con rispetto e moderazione; e per lo più lianno frammischiato alle accuse encomj grandissimi. Lo stesso Milizia

Milano

in

del 1718.

procedettero sempre

,

La celebre Agnesi nacque

(48)

De

la

sua misura:

la

Condamine,

vedrà.

la

fama di Leonardo anche in que' paesi disegno sono quasi del tutto abban-

del

arti

le

donate. (56) Negli Elogi o Iscrizioni degli artefici, di Pier

Casella (Lugduni 1606

(46) Veggasi la pag. i85 del Tomo primo. (47) Lettres hìstorìques et critiques sur l'Italie, de Charles de Jirosses etc. , ai>ec des notes etc. , à Paris chez Pon-

Leone

leggesi sotto l'articolo Inventio,

),

Leonardus Vintius acutioris reliquit nihil.

Il

per Leonardo,

ingenii pervicacia intentatum Casella colse nel segno almeno in parte

ma non

pesò egualmente bene

i

meriti

de' molti artefici che prese a lodare.

thieu an. VII.

AL LIBRO SECONDO. (1)

L'Amoretti sulla fede

TArmenini sima;

ma

,

scrisse esser io

quand'anche

dice che

il

costume

la testa del Salvatore finitis-

il

volto.

cred' io

non ho trovato

tal

del Bottari

,

,

cosa nell'Armenini

e

vi fosse, la di lui autorità sarebbe sem-

pre inferiore a quella del Lomazzo e del Vasari. oltre giova ripetere ciò che alla pag. 61 line

,

del Richardson

dell'articolo

del Salvatore

sarà stata forse

pari delle altre,

ma

la

,

cioè

finamente

si

il

mirabile

gine ia grembo

una Vergine

,

col

che

A conferma

che la testa condotta al

sant'Anna colla Ver-

Lungo sarebbe

il

interpretazioni che

il

con quello di coprirsi lui

il

LUI, veggasi

pag. 447. il cap. CCXLV del

in cui sono mirabili principj.

,

raccogliere

le

davano

si

si

Lanzi e qualche

san Giovanni è svenuto.

e

moltiplici

sinistre

danno all'acciden-

tale o volontario rovesciarsi del sale a

mensa. Quella però che più d'ogni altra fa al caso nostro, è la indicata da Ilario Mazzolar! nella sua descrizione del Cenacolo , che leggemmo a carte 5c. (8)

Veggasi

il

Vasari nella Vita di Giovanni da Udine.

Marcum,

(9) In

bambino,

(ro) Lib.

ecc.

questo

di

Trattato di Leonardo (7)

in Slilano nella galleria arcivescovile

Pretende il Lessing che fosse comune uso delle persone che assistevano ai sacrifizj^^ il coprirsi il volto: con che svanirebbe l'ammirata invenzione di Timante. Ma 1' autorità di Plinio debbo prevalere a quella del Lessing il quale confuse probabilmente

(3)

altro scrittore, disse

Trattato, libro VI, cap.

abbozzo dell'adorazione dei della

capo

il

e dietro

,

(6)

sua imperfezione, secondo la

in Parigi la tavola

Bianconi

(5)

avrà consistito nel mancarvi eerti , caratteristici, circa i quali la mano rimase al

In Firenze

Magi,

il

In

di sott^ dell' idea. (2)

Male

è detto in

mente del Vinci tratti

(4)

di velarsi

3.

cap.

14.

Advers. Pelag.

(11) Giraldi, Vasari, (la)

Revel.

Vergine

lib. a

4

santa

,

cap.

2.

cap.

59.

altri.

Filius

meus

,

Erigida, appropinquante

tore suo, inclinavit se erat.

,

Armenini ed

ad euni

>

dice

Juda

Maria tradi-

quia Juda brevis staturoB


,,

252 (13)

È anche degna osservazione quella

proposito

stro

e

non louLana dal no-

Franco

di

Sacchetti

il

quale

dice aver Dante messo in bocca degli spiriti le parole di biasimo o di accusa , piacendosi di parlare in per-

sona propria riprender

può lodare

allorché

,

tali eh"

;

o

era onorevol cosa

il

pure quando può riprendere, come

Firenze e di Pisa nell'Inferno, T imperatore Albei'to e l'Italia nel Purgatorio, ecc. (14) Vincenzo Eandello nacque l'anno i435 in Bologna. le città di

(15)

non nominarsi anzi dagli

Il

storici

il

priore, po-

trebbe far credere che quello de' priori che Leonardo minacciò di ritrarre nel suo Giuda, fu uomo senza e ch'era inutile il nominare; il che non sarebbe avvenuto trattandosi del padi-e Vincenzo Randello. (16) È osservabile che Girolamo Vida nella sua Cristiade, vedesse o non vedesse la pittura del Vinci, diede al suo san Pietro un atto simile a quello datogli dal nostro pittore, facendolo cioè , parlare ed allo stesso

fama

,

tempo sguainare

la

spada

(17) in

Non v'ha dubbio, Greco significa

Donde

gemello.

{

dice

il

stesso che

lo

Tomas

stato

intorno

a questo fatto credevasi forse

popolar tradizione ,

tempi

a""

allora

che

così

di in

nome

chiamato

Leonardo da Vinci, d' una oscura e

virtìi

Tommaso

avesse

però

Servissi

il

nostro

sortito

dalla

professore

di

un segno .materiale e sensibile qual era questo di rappresentarlo con un dito di più nella sinistra mano, come la falivi si scorge , non già perché egli non conoscesse sità della suddetta opinione

dito

ma

i

stolo

solo

il

,

mentre

egli

modo nel suo Giuda, come vedemmo, ed Lebbeo ch'egli fece giovine assai, mentre il Vinci

il

rappresentò

fece vi

il

Bartolommeo

colla pelle sulle

'l

voglio

qualcheduno mi pintore

e stato

o siasi

,

smarrita,

e

me

,

d'allora

aver

e di

ho

io

in grado.

Si giudichi

da questa nota come sta\a a critica

padre Gallarati. (18) Libro 8.° (19) In cap. X. Matth.

il

si

debba

bassi personaggi

pensare.

e

l'anima nel cuore reggasi il Vico nel suo libretto De antiquissima Italorum Sapientia , ecc. Intender col cuore si legge in Isaia al capo 6 , e altrove Circa

nella

star

lo

Anche Dante

Scrittura.

nel cuore o nel sangue

( al

cui

sembra porre T anima moto il cuore è centro)

con que' versi posti in bocca di Jacopo da Fano, anzi dell'anima sua:

ma

gli

del Cassero

profondi fori,

Ond' uscì'l sangue in sul qual io sedea. ecc.

furo Cosi in quegli altri pronunciati dalla testa di Berstaccata dal busto e sostenuta con , Fatti

ini

,

trando dal Bornio

mano a guisa Perdi'

di lanterna i'

partii così giunte persone.

Partito porto

]\Ia

più

chiaramente

bella Bolognese

£

,

parlando egli stesso alla sua

:

Io maladico

La

mi' c crebro lasso

il

principio eh' è in questo troncone.

Dal su

poscia ritoccata falsamente basta V aver detto quel che

confermato col fatto quel che fin veduto coi miei proprj occhi, lasciando però volontieri ad ognuno il decidere come più gli torni

mi pare

eziandio ne' più

cervello per intendere

opposto, se sia pentimento del di-

quella mano. Perocché a

genere di poesia

Ecco perchè egli abbellì 11 suo Iscariote. Ma tali precetti non possono nè sempre né in tutto esser comuni alla pittura. duo anime, (23) Varj de' filosofi antichi davano all'uomo collocandone una nel cuore per sentire, e l'altra nel

S.

che qui non giova nominare. E quivi io non entrare in un nojoso esame su di ciò che da

tal

del Poema Sacro.

spalle,

e varj altri

alla Poesia Sacra, nel quale ei

gnità vuol farsi sentire

Lorenzo colla graticciuola in mano: Raffaelle , il qual dipinse V adorazione del Sacramento , li Santi Pietro e Paolo V uno colle chiavi e V altro colla spada in mano , e

attempato e canuto. Circa Tapostoto da quale autorità o ragione fosse mosso

ammettere clie non sia vestito di certa dignità e decoro cir eì chiama solenne. Del resto, die' egli , questa di-

fece per contraddistinguere il nostro apoadito agli occhi de' risguar-

S.

so

Klopstock per rappresentarlo in età giovanile e si il Giuda poi, leggasi il suo

era troppo eru-

danti, come hanno fatto molti altri illustri dipintori, fra' quali Michelangiolo Bonarroti nel Giudizio Universale, il eguale

in

e quasi direi segnavìa

,

accorda in gran parte colla rappresentò Leonardo, Solo

tenne altro

pretende che nulla in

natura un doppio dito anulare nella mano del sinistro braccio , e che per questa cagione fosse cognominato doppio o gemello.

si li

Ragionamento intorno

perchè di fatto nascesse gemello dall'utero della sua genitrice. Ma ben diversa dovea esser V opinione del volgo poiché

ci lasciò degli apostoli,

maniera nella quale ce

che Didimus

discepolo

suddetto

il

studj per le altro parti.

altri

Rubens in più sue opere distinse Tapostolo Tommaso col dargli una lancia: il Durerò ed altri gli danno un coltello. (23) È osservabile che la descrizione che il Rlopstock

Ebraico, cioè

;

essere

bilmente (ai) Il

)

non è facile il decidere con sicurezza con tutto ciò sapendo ognuno essere stata usanza degli Ebrei di dare talvolta i nomi ai loro figliuoli secondo le circostanze del loro nascimento, non andrebbe lungi dal vero citi pensasse

,

diverso da Simone. Circa

nostro Apostolo traesse un co tal

il

ed amicizia

,

;

in

Gallarati

alla gentilezza

come parimente all'amicìzia e gentilezza dell' egregio cav. L'onghi ne debbo la bella incisione. L'originale è eseguito in una carta alquanto azzurrina collo stile d' argento. La testa è contro il costume dì alquanto mancante nel cranio Leonardo ma si vede clie non voUe in essa far altro studio se non dell' espressione , rinnovandone proba-

il

poema.

libro secondo del detto

il

Debbo questo disegno

del chiarissimo cav. Appiani

Lebbeo, non

:

Sic ait , et pariter vagina liherat ensem.

Veggasi

(ic)

il

che vidi

in

prima

luce de' vostri occhi traditori, il

punto

Del core

in cui veniste in su la

a trarne

V anima

cima

di fuori.

Chi osserverà nel cenacolo di Raffaello inciso da Marcantonio , cjuanto quell' apostolo che rivolge le divida il gruppo e spalle alle spalle di Giovanni l'attenzione di chi guarda, per aver le mani nella stessa direzione della testa, riconoscerà più chiaramente con qual fino giudizio abbia Leonardo atteg-

(a+)

,

giato (2 5)

il

<;uo

Tpt/.(pii-v.

Matteo.


,

253 (zC) Hier.

Ep. ad Gal.

ili

4.

nomea

virtutem etiam Zelotis (ay) Hist. Eccl. lib.

c;ip.

i, cap.

Ob

insignein

zeli in se

accepit,

i3.

Messiade , Canto terzo. (29) Per piìx facilmeute ritenere a inenioria i nomi degli apostoli e r interpretazione degli atti di ciasclieduno

mi

sforzai di stringere

un sonetto. È singomi accadde di citare massima parte mediocri o

versi che

i

in questi libri, siano per la cattivi.

Ciò però non

avrebbe dato

raì

suftìciente co-

raggio di esporre questi che riconosco mediocrissimi, se

non mi

indótto una

vi avesse

elegante traduzione

latina di cui, quali ch'essi siano,

doa

fece degni

li

Ai dodici eh' elesse Disse Cristo

Freme;

e a

un di voi. Jacob Gioyan cui Siede

,

Pier chiede irato

Giuda a

lui

il

reo

,

orrore

d'

T

Cerca

Andrea

e tace

Natanaello il

:

d'

:

COETUS APOSTOLORL'M LAUDE POMPEJA DIEUTA

HUC AD HANC NOVAW TRANSLAT: HCLXItl NONIS NOVEMBRIS. lavoro del marmo è suflìrioiitemente diligente per l'epoca barbara cui T opera appartiene. Gli occhi di ogni hgura sono di vetro bianco e azzurro. Vi sono molti ornamenti ne'panni, e molti utensili sulla mensa.

Il

se

:

Cristo 80I grave e

Tanto pel Vinci

osservarvisi

ha qui fede,

il

portano al petto la mano sinipur 1" artefice non intese di esprinumquiil ego? del Vangelo. Altri tengono de'

il

pane o

altro commestibile.

che sia stato fatto a caso, pure non lascia di avere ima certa espressione, della quale un artelicc accorto potrebbe con successo ajiprolittare. Giuda mostra sordistingue dagli altri non solo per l'atto di

si

Cristo e pel proprio

fisonomia

Mixta

ioro

dolor altus habet, scelerati in vulnera promptus.

viri

,

et ore

intrepido tu cernis inertia corda.

Dominum ferme

Ohstupet Andreas

Non bene

JVathanael

Jacob Aìphmi,

:

:

de' lati

descriva,

dieta reposcit

reliquis qua: eredita Levi.

l-are

Anceps Simon; suspicio micat ore Lebcei. Fert gravis et mitis

Invenzione

Pittorica

,

Deus unus corde dolorem.

nella

di

questo

Ra ccoUa

autoue

sulla

Calogeriana

al

primo delle sue Opere pubblicate in Pesaro nel 1806 per cura delT eruditissimo signor Antaldo Antaldi, da cui aspetta la repubblica delle lettere una nuova edizione di Catullo con traduzione, commenti e molte rettificazioni di testo. (33) Nel duomo di Lodi, a sinistra di chi entra , vedesi infisso nella parete un antico basso rilievo rappresentante l'ultima cena di Cristo. E d' un solo pezzo di

tomo secondo,

e nel

dalle

la

alti-e

caricatura della ,

Distinguerebbeii

,

vi

monumento sono cagione che

sì a

lungo

io il

sebbene l'arte non v'abbia di che impatroverà qualche utile osservazione la critica e

r erudizione. Nelle Memorie di alcuni uomini illustri della città di Lodi, pu!)blicate dal Molossi, ve n' ha una stampa, ma è si male eseguita che non si ha per essa che una inesattissima idea dell" originale. (34) Cosi fecero gU autori del gruppo del Laocoonte. Se pertanto è talvolta lecito alFartefice il lasciare la e

Tarn color et magni potis est ars inclyta Vinci. (30) Cap. 14.1 ed altrove. (31) Pag. 404. (33) Veggasi la dissertazione

anche per

Le aureole sono tutte dorate. Nel piatto posto è un agnelletto intero: per ognuno ve n' è un quarto. L'antichità e la singolarità

di questo

ratus auribus uti

Petrum modo

ma

davanti a Cristo v'

audieris jurare Philippum.

illic

,

differente

somigliano.

si

Trinità,

Vindictam hic Dìdjimun jurare nocentis, amareni In

assai

che tutte fra anche dal non avere come gli altri tutti il capo adorno dell'aureola, la quale nel Cristo è maggiore, e con tre raagi in fot-ma di croce, allusivi forse alla sua morte o alla

talia Cliristus:

Unus prodiderit me vestrum. Exhorret JacobScitaturque irà Petrus stimiilante fohannem ,

Quem

in seno

,

presa e

Proxiinus huìc Judas retrahit se obscurus

non saprei dire

Giovanni dorme

lo guarda in volto il che , sebbene 1' ignoranza dei tempi in cui fu eseguita l'opera, può fai- sospettare

:

arte e color poteo.

seiiis

fette di frutti,

Cristo , ma alla sua sinistra , che alcuni antichi tennero per la parte più nobile e più atta , come residenza del cuore , ad indicare predilezione. Cristo è in atto di dare a Giuda un pezzo di pane ; ma non

TRADUZIONE. Delectis medius bis

mezze

certe

di

udir mal crede

altri

l'

coltelli, e stanno in atto di tagliare

buon Lebbeo mite al duol non cede.

sospetta

:

strano

mere

ferire.

a Pier Jacob d'Aifeo

motto onde a Levi

Dubbia Simon

sci

stra oziosamente, se

ardire

Misto in lui scorgi a la viltà del core Qui vendetta giurar Didimo , e amore Giurar Filippo ti par quasi udire.

là stupe

Gli

una linea,

di

e di volto. Sei d'essi

alto dolore,

pronto a

presso arretrasi, e

vi stanno disposti tutti su

che anche Leonardo pose sovra varj piattelli nel suo Cenacolo. Poco fra loro distinguonsi gli apostoli d' atti

amnii a tradire.

,

cinque.

circa

:

E

Natale Rosnati.

largo

e

per banda del Salvatore. Al di sopra del basso rilievo leggesi la seguente iscrizione

tutto in

il

combinazione che

un braccio

alto

apostoli

(aìJ)

lare

marmo

verità

storica

glior partito

e

la

volgare

darsi alle idee del volgo

meglio

ai

opinione onde trarre mi-

dall'arte, tanto più sarà lecito l'accomo-

mezzi

(35) Il chiarissimo

dell' arte

, ,

allorché queste

come

abate Andres

impressa in Mantova provò clic gli amori di Bidone con Enea creduti dal volgo romano. (36) Sez.

33.

si

prestano

nel caso di Leonardo. in al

una dissertazione tempo di Virgilio

erano

generalmente


AL LIBRO TERZO. (f)

Il

Boccaccio

dìcea guasw

disegno dall" avarizia degli

esprime nella Vita renze dopo aver

V arte gni in

Dantt

di

tassata

,

tempo 1" arte del Ecco com'egli si

suo

al

artefici.

rivolto alla città di Fi-

,

avarizia de' mercatanti

1"

un tempo nobilitata fu dagli ingedalla tanto che una seconda natura la feciono ,

quale

la

^

,

B

avarizia niedasùna è oggi corrotta e niente vale.

bile

:

con cui accenna

finse

la

dicendola

la

trova più d'

la

qual frase

scritti

Dante è frutto

gioveiiile

degli

stndj

il suo Vitruvio alla pag. XLVIII a tergo. Gault sbagliò circa il luogo di questa copia, di-

Veggasi

(7)

Il

cendola a san Girolamo sul canale.

(8)

si

co™ ( Camobitamm ) VTILITATEM KESTAVRAVIT AVXIT ATQ EXORNAVIT CSNOBIVM (sic) HOC DON BALTHASAR SVDATVS A' MEDIOLANO. DEI GRATIA PRIOR AD

.

.

.

.

In età

più matura egli rifece meglio e più gravemente questo suo lavoro , iiitrodiicendovl cose e modi nuovi , accorciando molti prolissi periodi, e troncando molte

.

.

.

MONASTERU

EIVSDEJI

superfluità, fra le quali l'indicata allocuzione a Firenze,

MD=XIV

conseguenza anche il pasdo in cui accusa la Di tal riforma di questa importante operetta del Boccaccio mi e venuto alle mani e

.

.

.

del Vinci.

suoi.

e fatte

sua esi-

stenza presente o passata. (6)

Per quanto poi spetta a questa opinione del Boccaccio intorno alla pittura, è liene di osservare che la Vita di

trarre jiotizia alcuna di

nota-

perfezion dell'arte,

una seconda natura, una volta anche negli

fatta

non potei

scrivere

molte lettere scritte

per

so bensì che

dirlo:

per

.

pittura di decadimento.

un buon codicetto (a)

È degno

exitum fecit postqnam Mgyptioruin conipendiariam invenit.

jiia^nm artìs

audacia tani cosa

Glie

si

fosse

questa invenzione degli Egizj , è difficile il chiarirlo; ma doveva di certo in qualche parte assomigliarsi al-

comunque

l'intaglio, e

Nel

millesimo

scancellata

1437.

osservazione a questo proposito un passo che anch' egli dice che la Pittura non

d'

di Petronio,

alium

scritto nel

fosse, doveva essere un

modo

qualche

e il

clie

dello scarpellino

errore

ignaro forse delle

,

romane.

cifre (y)

una cifra anticamente venne probabilmente corretto

scorge

si

con

,

solo per la storia

È certamente grande sventura non

ma

per la critica,

altresì

per lo studio delle

più de' libri che ne trattano, siano

un' epoca

decaduta del

T

cui

in

tutto.

I

cominciava

arte

stati

che

arti,

scritti

in

decadere o era

a

abbiamo male delle

nostri secentisti, da' quali

prontamente de' mediocri prodotti d'arte: la qual cosa arreca sempre impedimento al progresso dell'arte vera, cui apporta invece

gran numero di scritti,

cerio danno e generale discredito. L'aureola non è sempre il distintivo della elezione

ogni mediocre opera , e con ciò prevennero e corruppero i giudizj la cui general corruzione accrebbe la corruzione dell' arte. Gli encomj poi che davano del pia de' quali non rimane ai loro contemporanei

meccanico

di

moltiplicare

(3)

beato Giovanni Angelico da Fiesole fece più volte Giuda col capo cinto dell' aureola. Veggasi la Tavola XVII del primo volume dell' ^friir/a Pittrice e varie opere inedite dello stesso amabile e della santità.

pittore

,

Il

trasportate

di recente

neirAccademia

di Fi-

Vedi il cap. L e il cap. LXXVIII. Prima della copia di san Barnaba dovrebbe porsi in ragion d' epoca una copia che il signor professor Malacarne scrisse al cavaliere Amoretti aver veduto due

(4)

(,5)

anni sono in un' antica cappella de' signori di Saluzzo in Revello. Egli anzi assicura essere quella

del

Cenacolo

di

mano

una ripe-

stesso Vinci

dello

il

,

quale , secondo il detto signor professore, dipinse allorché passò qualche tempo quest'opera nel i5o6 nelle vicinanze di Saluzzo , di che tutto trasse indizio pubblicata dall'Amoda una noterella di Leonardo retti alla pag. 100 delle sue Memorie storiche. Quella ,

,

miglior tempo

appena ne

sue

della Pittura

quale reggio

senza che alcuno scrittore an,

io

non saprei

da

composto

in cattive terzine; nel

Taddeo Zuccaro

con poco giudizio

dice

,

lui

,

quel suo stravagante Lamento

in

elogio di

1'

dietro

,

opere in prosa parla del Vinci

rare

motto

fa

,

mcn

e del

Cor-

discrezione e

nessuna cronologia,

A

questi seguì poi

un Parmigiano

Di molta grazia

e

finisce

,

attribuisce

si

,

suna .delle

Oda

alibia dato indizio

nel noto sonetto

,

ad Agostino Caracci , si pone Nicolìno sopra Michelagnolo e sopra gli altri grandi , e non saran pochi quelli che dimanderanno che in neschi sia questo Nicolino. Federico Zuccaro

critica

moderno ne

Venendo più verso noi

gegni volgari.

compare maestro Benedetto. Come poi questo tesoro stato tre secoli sepolto

profuso

l^ittorico ,-clie

stessa

tico o

gusto.

merita sovente questa taccia , e si trova il titolo di divino a molti in-

,

libri

Alla

sia

ogni altra cosa di

,

E

,

,

di

opera lodevole, superavano quelli de' primi luminari della pittura. Il Vasari stesso, che pure appartenca a

non

ci fa

,

,

menzione se da Leoche di certa pietra buona- da macinar colori della al Monviso presso Mqnbracco nardo trovata a qual pietra gli ò promessa una tavola da un suo noterella pertanto di nuli' altro

giudÌcaron(r assai

come

Essi solcano per Io più profondere elogi smisurati ad

ne' suoi

renze.

tizione

disegno

arti del

maniera il

le

lor

Andrea

,

leggiadria,

Vinci, et un

con versi non

^

Bellori

la

quinta

Romano.

dissiuiili dalla

stanza della sua

dicendo, glorie al paro VAbhate e Leonardo nlzaro-

alla Pittura

E

somma

poscia un Sarto, un


:

255 11

che

chiamava Pi-otogeni ed Apelli quc'pUtori

I\Iariiio

presentavano di loro opere. a' tempi a noi più %'icini , il Gori nelle note al Condivi mostra di credere che Michelagnolo non vedesse jjomini ignudi. Giampiero Zanotti il

E salendo anche

que' suoi prosaici endecasillalji ad Ercole Lclli colloca Leonardo dopo Pellegrino e Giulio Romano ; e lo stesso fece in prosa monsigiiov Eottari. Simil-

in

mente il padre Fedele da san Biagio preferiva Pietro da Cortona a Ra/Taello. E di simili grossi giudi?] potrei dare lungo elenco se non temessi di comunicare al,

quella noja eh' io n' ehhi in leggendoli. Volli però un saggio , acciocché coloro che si danno a

trui

darne

studiare le autorità

cose delle arti affidano

si

ponderino hene a quali non essendo mai ahbastanza ri-

,

,

petuto consiglio quello di pesare le opinioni e i giudizj secondo gì' interessi e il sapere degli autori , secondo la natura de' lihri in cui tali giudizj ed opinioni si leggono , secondo 1' età in cui que' lihri furono scritti , ed in fine , secondo lo stato nel quale in quella età trovavasi la letteratura e la hlosofia.

(11)

proprietario di questa copia,

Il

mi recai

a hella posta a Sassuolo, ci'edendo d' ivi vederla presso di luì

mi

offerse gentilmente di

si

5

per imperiose

cosa

qua'i

mostrarmela

se Ìo

,

Modena alcune settimane;

fossi trattenuto in

circostanze

alla

non ho potuto

aderire. a

Di quest'altro suo cenacolo parla sua Vita coi seguenti versi

il

Lomazzo

nella

Fece

miracol de

il

li

pani et

,

discorda dalla storia.

Lomazzo era minore di Aurelio di soli otto. anni. Se Pietro era minore e di Aurelio e di Evangelista , doveva esser giovine nel i565 , anno in cui prohahil-

(18) 11

Debbo

vedendo notato prima Giacomo il Maggiore, indi Tommaso , e vedendo nell' opera la testa di-Tommaso prima di quella di Giacomo, hanno creduto che questi apostoli dovessero chiamarsi in

che

il

nome risguarda

il

modo

Ma

inverso.

posto stabilito alla

figura, non l'accidentale posi^.ione della testa; e di ciò si ha patente argomento in questo istesso quadro,

vedendovisi medesimamente nominato prima Pietro che Giuda, quantunque, con caso conforme all'indicato, Pietro porti la testa dopo quella del suo vicino. (16) Decreta, quce nos Federicus Card.

Borrom^us Archiep.

Plebis Capriaschm Nastrai Med.

visitatione

in.

Anno MDCVI. mense Octobri confecimus.

Fontis

=

Jn Ecclesia par.

titolo

De

Ecclesia,

et

S.

aliis

(fol.

Ambrosii Loci Pontis. rebus niaterialibus

,

ai)

Nel

fol.

aS

a tergo leggesi Farictes

aptis coloribus pingantur meridionales

questi versi

effigie

la chiesa.

Amoretti

notizia dell' esi-

la

stènza di questa copia.

Dopo il FECIT vedesi una scancellatura die, osservata attentamente, non dimostra altro se non che prima vi era stato scritto FECEKUNT.

(20)

(21) Leonardi

Cceiiaculum,

summa parte

sive

TricUiiium,

quod

di

si

non

,

ut

sint dissimiles. »

può aver qualche lume intorno

Bernardino Luino. In Sarouo

nella

,

Disputa

si

mostra

vecchione che sta seduto a dritta di chi de''

auloì

exempla

hujus monasterio, quod sanct^B MaricB Gratiarum dicitur. cum ego olini injidum tanto operi parietcm, exciden-

Dottori. j C^neMe

inspexissem,

desiderio

exarsi

conservandi

arguendo, spem, primam meam omneni infregit ; deinde monitus, ut capita salteni nonnulla Apostolorum quce adhuc , exstarent, expriniere ne cunctaretur, postquam id fecerat,

duoque

vel tria capita comparuere, sic desperatione damnata sua, spes mete ultra crevere. Ita lente, et laborìose, et

magno omnium

opus

dipinture

taidio

absolutum,

est

per temporum etiam intervalla jam exstat ; argumentumqne quod non lintei

quale

difficultatum istarum esse potest hoc ipsum,

nnius continuato tenore, sed separatis, interpolatisque lintcis hcEC triclinii exempla continentur. De artijicis fide dubitari non potest, quia et Leonardi ipsius in

exemplaria membranis reperta sunt ad hanc eandeni formam, et

arti/ex ipse craticula, et

dilucidatione singula capita ex-

plo ravit. Indi dopo

primo siegne

il

passo che abbiamo riportato nel libro

a dire: igitur

hoc uiter prcpcipua Musei nostri, carum

nobis est, cariusque porro

penitus

di questo grazioso pittore quel

bianco per antico pelo

in

prostat, cogit transire pleraque alia,

jam vetustate dilaberentur , exciderentque ttctoriis, exprinenda curnvimus, atque hinc inde collegiinus. EeliquicB cotnacuH cernuntur adhuc in Urbis

CiEnacidum

reliquce EcclesicB parti

al ritratto

cavaliere

al

si qua humana ope id assequi possenii ac super ea re probatum mihi pictorem appellavi. Js pieno desperationis sermone corruptas , et evanidas, dilapsasque figuras

(15) Alcuni

Mediolani

,

operis,

insieme la sua cena , dove Giuda Mostrai qual trnditor in viso e in gesti.

guarda,

tempo di sguardo penetrante di pel biondo e vago , come dice il Lomazzo; e in fine d'una età che non

tesque cnistas Christo

pesci.

E

è evidente

,

Ibi

:

Nel lifcttoro poi del Monastero Maggior piasi V historia quando

come

;

crederei riconoscerla in quello de" Magi che guardalo spettatore, eh' è una figura vivace e dolce allo stesso

Luini operum, qu(s cum

questo passo della prima edizione Bianconi fu malamente troncato ed

alterato nella seconda.

Da

noscono anteriori al secolo XVI?- Da ciò si conchiude facilmente che quel vecchio non può rappresentarlo e se mai in Sarono v' è la sua effigie io

che

(r-^.)

(17)

posBernardino fosse neh 1 5a5 un vecchione grinzuto nonagenario, e avesse tìgli 'molt' anni dopo? Per altra parte quali opere di > Bernardino si co-

che

qiim cujuslibet tenere oculos passim, inprimisque

della Guida del

X

crale conservataci dall'Argelati/i. Ora" co'm' è egli

sibile

carte 43.

(13) Avvertasi

I-

a parer mio è la più hella di tutte quelle opere. Aurelio che era il maggiore de' suoi figli nacque nel i53o, secondo che apparisce dalla sua lapida sepol-

hujus

(12) Veggasi

Dioeces.

l'iscrizione di Bernardino nella Presentazione al tempio,

(19)

allorché

come prova

,

clic

mente dipinse ed ornò

(10) Veggasi la nota 34 del libro primo.

MDXXV

furono condotte a termine nel

quotidie

amisso Leonardi opere

,

erit

jam

dilapso,

quod thesauri

et

alicujus

semper ìiabitum est. (aa) Dal passo del cardinale citato nell' antecedente nota si può dedurre che T autore della copia si sia fatto ajutare, e ciò apparirebbe specialmente nella testa di loco

Cristo di lunga

mano

inferiore alle altre, e che

sembra


,

256 molte

che

opei-e

estrarre dall'archivio ambrosiano. Dall' istrumento della

cardinale Federico Borromeo alla Pinacoteca ambrosiana di molle opere di disegno , nel quale istrumento si legge T intero catalogo delie dette

donazione

fatta dal

opere, sotto T articolo Copie fatte con diligenza, si ricava quanto segue Il Cenacolo di Leonardo copiato da quello che si vede nel monastero delle Gratie da messer Andrea Bianchi :

detto

Vespino, lungo braccia tredici^ et alto un brac-

il

e mezzo.

cio

La Madonna grande Andrea Bianchi detto braccia

Vespino

due,

once

et

tre

copiata da messer

Leonardo

di

il

sopra una tavola

,

e

larga

Anna

e

alta

due braccia senza

cornice.

bambino che scherza con V agnello , dipinta da messer Andrea Bianchi detto il Vespino , non copiandola da altro quadro simile dipinto , ma solo imitandola dal cartone di Leonardo. E

Una Madonna con

senza cornice (

Da

ciò

et alta braccia

,

si

S.

deduce

eh' era

due

Christo

mezzo,

e

larga due.

e

tuttavia in Milano

de' cartoni fatti dal Vinci su questo argomento

uno

e sarà

,

prima posseduto da Aurelio Luini ^ passò da poi nelle mani del padre Seliasliano

stato forse quello e

clic

Kesta). teste d' Apostoli copiate

,

rono a comporre

Cenacolo.

il

Una Madonna

una

et

S.

Elisabetta

con Christo

e

San

un agnello , larga braccia tre e tre once , et alta braccia due e mezzo cavata da messer Andrea Bianchi detto il Vespino da quella che fu dipinta sopra il. muro dal Luino vecchio, bambini

Giovanni

abbracciano

che

^

Una Madonna e con

,

del Luino detto

col figliuolo

nudo

in

ritratto al naturale

un

vecchio a

Vespino

il

,

,

Gio-

braccio e S. cavati dalle

opere

Lugano da messer Andrea Bianchi e once otto

alto braccia unq

,

largo

e

mezzo , senza cor idei. Le tre Marie con un bambino , copiate dagli originali del Luino in Lugano da messer Andrea Bianchi detto il alte un braccio e once nove , larghe un bracVespino

un

e

,

cio e tre once

Tre

teste

,

senza cornici.

che rappresentano tre Sacerdoti Giudei caLuino da messer Andrea Bianchi

vati dagli originali del

detto

il

Vespino, alte un braccio, larghe uno

e

due once,

senza cornici.

Tre altre

teste

cavate

dipinta dal Luino in

detto

il

Vespino,

daW opera

grande della Passione

Lugano da messer Andrea Bianchi

alte

un braccio,

larghe

uno

e

due

cio e

detto

Apostoli dal mezzo in su, alti poco piti d'un bracpiù, lunglii , dal detto messer Andrea Bianchi Vespino, copiati dal Cenacolo del Luino a Lugano. altri Apostoli dal mezzo in su quasi delV istessa

poco il

Due

grandezza j copiati dalV

istesso

Vespino

dall''

istcsso

luogo.

il

Vespino,

un braccio e otto once

alto

,

e

da

copiato

V originale

è

e largo nove.

Una testa di S. Caterina grande un palmo, copia fatta da messer Andrea Bianchi detto il Vespino da un altra del Luino , alta sette once e larga sei.

Un giovane

rappresentato

senza cornice,

neW -oscuro

messer Andrea Bianchi

da

vestito di pelle

quale è copia del Parmigianino

il

detto

U

Vespino

,

,

fatta

un

alto

>

braccio e largo tre quarti.

Molte di queste opere, oltre le notate tJne teste, non si trovano pìii e s'ignora come siano sparite. ,

L' istrumento, che meriterebbe la pubblica luce per intero, è rogato da Giacomo Antonio Cerniti, JVotajo Attuario della Cancelleria Arcivescovile, nel 1618. Si trova nuovamente menzione del Vespino e del

suo Cenacolo nell'inventario del 1661 firmato da varj del Cole concordato da Giacomo /'iii/JjJO Buzzi , Dottore Tomlegio Ambrosiano, e nell'altro del i6S5 rogato da

maso Buzzi

3i

il

agosto di quell" anno, e in varie altre

carte posteriori.

Intanto V elenco qui riferito delle molte opere dol Vespino dimostra quanto egli si fosse esercitato intorno alle cose di Leonardo , e del suo più illustre imitatore Bernardino Luino; con che si aggiunge pregio

ed autorità alla sua copia del Cenacolo. ,

Biblioth. ecc., toni. sec.

,

part. ali., pag.

1909.

cavaliere Giuseppe Longbi , il quale attende ora ad incidere lo sposalizio della Vergine di Raffaello. Ecco l'origine dell'errore del De Pagave. Il 5 ago-

(a5.)

Il

(26)

1781

sto del

eh' era

signor de Gnttenbrunu, pittore tedesco

il

passato

da Lugano

,

descrisse

al

De Pagave

quelle pitture del Luino. Nel ragguaglio che il De Pagave medesimo scrisse di tal descrizione , dopo aver parlato

della

Crocefissione

grande

de' zoccolanti

ag-

giunge: Oltre cjuesta mirabile e grandiosa pittura, mi dice (

il

Guttenbrunn

)

che nel Refettorio dei detti Padri

vi

abbia pure Bernardino dipinto la cena degli Apostoli desunta da quella di Leonardo nelle Grazie, e che questa sia bellissima e singolare. Il pittore disse

desunta

per le varie figure imitate dal Cenacolo vinciano il De Pagave intese copiata: il De la Valle bebbe l'errore, e da lui fu sparso negli altri che scrisser dopo. Di quest' opera del Frate mi è riuscito d'avere :

(27)

l'originale disegno a penna, soltanto però della parte superiore. Per esso ( che poco dal dipinto a fresco

del tempo si può scorgere ) si vede che non solo imitò la disposizione delle ligure ma persino l'andare de' panneggiamenti. Era poi costume di Raffaello, accennato anche dal Vasari, il ritrarre tutto ciò elio trovava potergli un giorno servire, ed io tengo un liliro tutto di sua mano con circa cento disegni, fra i quali non pochi sono tratti dai

pei

danni

Raffaello

,

più celebri autori del secolo XV, e vi si riconoscono copiate con bellissima maniera e leggiadria singolare varie cose del Pollajolo , del Ghirlandajo, del Van-

nucci, del Mantegna

once, senza cornici.

Bue

,

opera pur

senza cornici.

sefo

del Luino

(14.)

da messer Andrea Bianchi detto il Vespino dalle opere di Leonardo , in un sol pezzo alto un braccio , e largo uno e mezzo , senza cornici. Queste non esistono nella galleria. Saranno forse ( state alcune di quelle fatte da principio per esperimento e che non essendo riuscite bene , non servi-

Due

gambe,

Crocifisso senza bracci e senza

messer Andrea Bianchi detto

lavori del Vespino

i

Un

nelle

ho esaminate.

di lui

Ecco quanto ho potuto circa

(28)

dal Vcspino

tenuta

dalla

diversa

maniera

di

(28) e

Sono

tra le altre

rarità

quelle

,

del Vinci, ecc.

singolari per la squisitezza, copia

de' signori

Gio.

Giacomo Trivulzio

,

Francesco Reina. (39) Altri amici mi prestarono cortesemente o delle copie dell' opera, come i signori Cigalini , Masera, Ferrari,

Gaetano Melzi

e


,

2S7

Commerio Keina

o de'liljri, come i signori Stoi'ck e Maino, Melzi j o in fine de" preziosi manoscritti e

,

;

de' disegni

Lome ad

,

come

altri

signori Trivulzj

i

che per esser

,

tutti,

quali

ai

-,

non nomino

breve

,

professo riconoscenza ed obbligo infinito.

Dal passo citato del cardinale Borromeo abbiam veduto che il Bianchi condusse qnest' opera multo et

(30)

suo et alioruni tmlio.

E osservabile che buono nella pittura

artefici

gli

di lappresenlare

mai tavole

neir aperto

,

sia

per finestre

per porte

,

si

stile

per archi-

,

come

os late aperire indecoro gestu

,

i

neir atto secondo della Cassarla pregato d' ascoltare :

cessò

si

,

che

rallegrare

di

cielo

nelle più

vedere quanto

anche

il

del vedere al contrario pare chioda

Trar fiato o bocca aprir o batter' occhi si vedea cW riguardanti alcuno Tanto a mirar a chi la palma tocchi

Non

i

De' duo campioni intento era ciascuno. (34) Vedi

dizio

XXYII del Paradiso. Ad inpronta mobilità di sangue propria degli

mirabile canto

il

della

È

iracondi,

io

accennai nel collo di Pietro

attraversa

il

mastoideo.

giorno.

del

ore

e

questo loro genio d'imitare ovunque poteano

lo

,

il

cie-

apparisce anco ne' poeti, che ne moltiplicarono

le

(35)

Anche

nell' originale

si

componeano Y

lettere che

la

vena che

scorge qualche traccia delle

iscrizione Juda Traditor. Fino

descrizioni in mille modi; né sarebbe sembrato airAli-

dal

ghieri di dar nobile fine alle

lessero significare, perchè certune eh' egli imitò

sue

toccare delle cose belle, di che

cantiche senza

tre

cielo si adorna,

il

fin

respiro non che labocca: cosi lo stesso Ariosto:

pensassero meglio;

splendide gli antichi

Furbo,

dire a

Meglio le tue parole. L' attenzione

nel

e

,

fa

Aprirò la bocca anco cicdoccìiè m' entrino

pittura

la

,

il

regìtur, quoties accu-

ad fineni suum non inutili, ecc. In oltre l'aprire la bocca sospende il rumore che fa la respirazione pel naso, da. qual rumore l'udire è talvolta impedito o confuso. Simile atto in circostanze simili imitano anche poeti osservatori della natura. L'Ario-

sia

,

campi decadimento totale, per una mal intesa ricerca del rilievo, si sono per sino visti cieli nottùrni affatto c neri mentre le figure erano illuminate vivamente da luce aspra e tagliente

instinctu

et rustico, sed

sono fatte

vedesse

si

AH" epoca

artifizj.

cominciò a decadere

non

non

cielo

il

de' quadri coir aspetto del

facile

ratius vult sonos percipere

sono sommamente

si

cielo, c

il

in cui

tetture e per altri

che è durato lo

fino a tanto

,

quasi

hominem qui naturali

sto

(31)

dilettati

est

tempo pero del Bianchi non s'intendeva che vonon

s'intendono più che nelT originale. Vedi questo stesso libro.

,

nota 41 di

la

La parte importante della raccolta del De Pagare consisteva in un gran volume pieno di disegni d''ogni maniera in numero di settecento circa posti senza alcun ordine ne scelta. V era in oltre un libro con

(37) Questa mezza figura, della quale vedonsi varie antiche ripetizioni , esiste nella Pinacoteca ambrosiana.

molti piccoli

(38)

(Sa)

,

sta.

L' origine

distigiii

di

raccolti dal padre Setiasliano Re-

questi

seguente iscrizione che

può scorgersi

disegni

dalla

De Pagavo aveva posta

il

nel

detto maggior volume.

(36) Trattato

(3r))

pag. 465.

,

Sono parole del Vinci. Vedi il Trattato, cap. CXCI. Nella stampa di Firenze la testa di Tommaso viene

a coprire

co' capelli la linea perpendicolare della fine-

superiormente aperto un quadrato di cat-

stra e lascia

Tanto neir originale

tiva forma.

PICTORUM INSIGNIUM PR0T0GR4PHA QUAE N0BILISSIM4E ARTIS CULTOR EXIMIUS

,

quanto

CARDINALIS S. R. E CAESAR WONTIUS DIUTURNA CONQUISITIONE COLLEGERaT ANNA LOAYSIA COMITISSA MONTIA FAMILIAE SUPERSTES

YENANTIO PAGAVIO AMICO ET AFFINI

DONO DEDIT ANNO MDCCLXX.

(40)

Lomazzo

,

Trattato pag.

tutte

in

copie da me viste, questa testa campeggia con ottimo effetto.

sul

le

cielo

4-65.

L'essere stata questa testa presa da una persona viva e nota può render in qualche modo ragione del

(41)

perchè Leonardo scrivesse sul nastro della tunica di Giuda Juda Traditor ; mentre nelle figure degli altri apostoli non pare eh' ci 2:)onesse iscrizione alcuna. Colui che avrà servito di modello per l'apostolo Matteo, trovandosi forse

jjroverbiato d'aver servito per per togliere l'occasione di tal beffa, avrà dimandato che Leonardo dichiarasse qual fosse il suo

HANC COLLECTIONEM EGO VCbÌANT[US DE PAGAVE

riscariote

AUXr ET FEllFECI. (33) Nelle copie di

delle più

Marco

ragionevoli,

ha poca espressione

placido osservatore di

Bartolomeo

la testa di

ma

è

una

bocca chiosa, un attento e un oggetto visibile che non un

e

,

,

standosi

a

figura assai meglio

perturbato ascoltatore di gravi sentenze,

il

figura, e per l'appunto su quella che più

quale aspetti

di

,

e

comune

che

i

pittori

non

trascurano mai

d'imitarlo allorcliè accade di rap[>rcsentare ascoltatori attenti e

commossi. Cagione

di

cazione che anche per la bocca

tal si

il

l'organo dell'udire. Auricola, dice Haller via

est^

per quam soni ad tympanum veniunt

per nares

comunisuono verso

atto è la

apre

;

Giuda mediante la indicata iscrizione; di che da Leonardo umanissimo e gentile sarà stato di leggieri compiaciuto. Senza questa congettura è difficile lo spiegare il perchè Leonardo mettesse il nome su di una sola

,

con ansietà ciò che l'oratore è per soggiungere. L'apertura poi della Ijocca onde udir meglio è atto, si naturale

,

,

non unica

est et altera

et os et Eustachii tubarti seniper patula.

Certum

facilmente

ogni altra poteva venire riconosciuta.

potrebbero eccettuare (42) Giovanni Angelico da Fiesole; Si

un

non

Cristi

i

ma

dipinti

la natui-a o

da fra

maniera

notabile eccezione alla natura o maniera generale. Fra Giovanni Angelico poi peccava in questo, che faceva fisonomie dolci a tutte le sue di

artefice

figure di (43)

fa

qualunque carattere

Sembra che

a tali

si

tradizioni

fossero. si

attenesse in parte

Leonardo nel rappresentare Cristo fanciullo, quale dal Lomazzo è descritto. Vedi jl Trattato, pag. lay. 33


,

,

258 (44)

ecumenico co-

Concilio

terzo

del

La definizione

neW umanità

dichiara Cristo perfetto

stantinopolitano

che in tal

praticare con quelli

modo

chi volesse in tal

modo erano

itotati.

per

interpretare quest'atto farebbe

Mouoteliti. Tal perfezione , pittoricamente i presa, non può venire espressa che dalla bellezza delle forme. Uomo perfetto è parimente chiamato nel quarto

imitato colla il vederlo soltanto leggermente elevazione del dito medio senza la complicazione delil le altre dita. Da ciò anzi si trarrebbe di che lodare

Concilio ecumenico della stessa città. Veggansi in oltre alcuni passi della Scrittura che alludono alla bellezza del Figlio deW Uomo. Il gesuita Vavassore nel suo libro

pittore perché

contro

C'hristi intese di provare con molte autorità, che Cristo non fu nè bello ne brutto; ma guai al pit-

Deforma

tore che seguisse la sua opinione:

il

vero del critico

è diverso dal vero pittorico. (45) "V'eggasi

libro

il

De

quanto abbiam detto

nou

dignità

(46)

è data se

vescovo di

Trinitatc di S. Ilario

che

Avvertasi in oltre

Poitiers.

consentaneamente a

anche nel passo di

,

non

S.

Ilai'io

la

alla potestà.

passo di Matteo Bandello leggesi nella LV noIl frate dopo avere nell'esordio

Il

vella della terza parte.

novella disapprovato

di tal

chiamate

Machiavelli per aver

il

esce a dire

onorevoli alcune scelleratezze,

de' malefìci: Questi tali dovriano tutti esser senza rispetto

veruno mostrati vituperosamente ad ogni gente col dito di mezzo per più loro scorno. Dico col dito di mezzo gli antichi

che era manifestissimo segno appo levano mostrare uno scellerato

complicando

mano

nella

e

tutti

si

che

;

quello

diti,

altri

mezzo distendevano acciocché ciascuno

quando vo-

uomo

facinoroso

gli

di

guardasse dal

difficoltà

non diede che un lieve cenno

di

un

che avrebbe deformato comicamente la mano. Cosi gli antichi allorché voleano rappresentare il riso, o qualsivoglia affetto che notail dolore il pianto ,

gesto,

imitavano taL bilmente alterasse la forma del volto cose con gran parsimonia, temendo di offendere le leggi del decoro o della bellezza. Parimente sobrj si mostrarono allorché si diedero ad imitare certi atti ,

destinati a misteriosi significati

come

,

Nemesi e in quella di Mercurio il Museo Pio-Clementino.

,

nella figura di

su

che reggasi

di

Nella stampa di Firenze rimasero senza bicchieri apostoli Pietro e Giovanni. anche acquistare (40) S. A. I. il Principe Yiceré volle quale mi il Cartone da me eseguito del Cenacolo, del (((.7)

gli

premiò largamente i e di recente, cioè il aa dicembre del 1810, avendo stabilita a vantaggio de'più distinti allievi dell' Accademia una scuola speciale di pittura, particolarmente destinata all' insegnamento de' principj generali dell'arte e delle teoriche della composizione con di quella si compiacque di crearmi Professore ,

decreto per

me

onorevolissimo.

AL LIBRO QUARTO. Ecco

(i)

copiata dal libro intitolato

la lettera di Platino,

Epistolix Platini

cum

orationihus ,

tribus

et uno dialogo

stampata da Gottardo da Ponte nel i5o6

,

in 4.° piccolo.

in arce locari

i

Platinus Joanni Thomce Plato patruo

S.

su

Oltre

pubblicati nel iSoa.

versi del Piatto

stampate

D.

debeat, ut de operibus Phidim tradìtur. Vale.

Garlaschi pridie Chalendas Septembris M. ecce. L. xxxix. leggesi fra Il tetrastico accennato in c^nesta lettera

questo argomento

,

le

generale conservansi varj epigrammi inediti di

meum

Tetrastichon

litteris

ils

inclusum vtlim prò

humanitate, mi Fatrue,per unum ex famuUs

tuis

tua

Leonardo

quamprimum meo nomine reddendum cures. Quod a me jampridem ipse petieratj et ego receperam me facturum in statuam equestrem loricatam, quam Divo Francisco Sfortice benemerenti gratus

Fiorentino nobili Statuario

optimo patri

inquam:

filius

licet

Ludovicus Frinceps positums

imparem me tanta

rei

est.

Recepì

cognoscerem.- cui ne

a poeta quidem egregio satisjieri posset, sed non sum ausus offitium tam debitum ei denegare. Tum propter ingens stu~ dium meum erga Principem illum, tum non levi quadam

cum

qu(s mihi

ipso

Leonardo intercedit

amicitia.

JVeque

[amen temere suspicor idem a compluribus aUis eumdcm artijiccm petiisse qui multo fortasse disertius rem ipsam expriment. Sed, utdixi, ne tam pio muneri divinique principis monumento prxsertim requisitus defuisse viderer ;

coarguique possem ingratitudinis ; hoc oneris admisi. Nani

qucm divi Francisci res ego sum; quem princeps

si

ornavit,

novi

gestas celebrare oportet, ille

ornamrus amplius

quem

si

is

certe

noster optimus et amavit et vixisset.

Equidem

et divus Franciscus Sfortia dilexit,

promes aliquid digmim tanto principe,

si te

tu

recte

quoque

et tale profecto

quod

rigoni

mandati da Napoli a Lodovico

,

cose

nostro archivio

nel

un Ar-

ed accompa-

,

da una stravagante lettera. Da ciò si giudica che la fama dell'opera di Leonardo era sparsa per gnati

tutta Italia.

Ciò si desume da alcuni versi stampati dallo Zaroto nel 1494.

(2)

(3)

di

Lazzarone

Pietro

Questo ricordo di Leonardo fu alterato da molti maIl Venturi fra gli altri nel suo Essai ecc. alla

lamente. pag. 37

il

commencé

tradusse

come

siegue:

ce livre et la statue

Le

equestre.

avril

La

1490/01

lettera del

Piatto scritta nel 1489 prova ad evidenza l'errore.

Lo

composizioni scritte a quell'epoca sul colosso, come pure il pusso del Sabba da Castiglione, che citai nel primo libro. TAmoretti nella nota alla tavola XL (4) Cosi credette della Raccolta de' disegni di Leonardo , pubblicati da stesso

provano

le

Carlo Giuseppe Storiche

non così però nelle Memorie Tutto peraltro era pronto per la

Gerii:

del Vinci.

gran fusione, la quale a memoria d'uomini era la magsi tentasse dopo le opere romane. Non man-

giore che

cava che

il

metallo. Lancino Curzio diceva, fiuat

ces:

vox

erit:

ecce deus.


269

Lo

stesso

viene

ti

coufemiato

rarissima opera con magnifica luce per [a munificenza del alla pag. 20 del quarto

Marchi,

la cui

edizione rivede

ora Li

Duca

libro

dal

di Lodi.

Quest'autóre

della vecchia edizione,

nuova in foglio alla pag. ao3 del tomo terzo, ragguaglia de' preparativi di Leonardo per gettare il colosso, colle seguenti parole: Dicono che Leonardo di Vinzo Toscano valente Scultore volendo fare un cavallo della

e

ci

Duca

di metallo al sola

ma

tallo

che

ne volse

tre,

il

fuoco

si

una fornace

cV

fidò

quali potessero disfare

le

esso cavallo vi

in

diceva che

Milano non

di

andava

:

il

me-

ragione che dava,

la

una fornace non poteva fare venire

d''

bagno tanta quantità di metallo, perchè non poteva arrivare per sino al fondo: ancora che di sopra si vedesse

in

metallo disfatto, non per questo era disfatto quello da basso: per la gran quantità, e per il grave peso non si

il

puoi maneggiare con perticoni ancora che sia disfatto; e in verità incontrò una volta a Maestro Gio. Cutura d'' Avignone facendo artegliaria in Pavia, pose tanto metallo in fornace, che di sopra era in bagna, e ila basso era come latte caggiato,

Siegue indi

che anche un

non potè venire

e

così

il

Marchi a consigliare più fornaci nel

caso di grandi

getto ecc.

il

ma avverte delle grandi difficoltà modo può incontrare per la differenza

Marchi pertanto ragionava coU'esperienza del Cutura; mentre il Yinci colla sola forza della teorica aveva preveduto Il

potergli accadere ciò clie al Cutura è accaduto.

Intanto venne dello fu fatto

oltre tre

lustri

ma

anche

solo,

guerra con Lodovico XII: il mopezzi, ed un'ora di furor militare

un" ojjera d" ingegno

distrusse

di

autore

ali"

ch'era la più, bella non grande che .si fosse fatta in quel

vigilie, e

la più

Spera ora perdita mediante genere.

che costava

d' essere risarcita

l'Italia

di

colo,

era

figlio

di

che ristaurò

tanta

Cena-

il

Ambrogio e cugino del canonico Ambrogio el)be a fratelli Fran-

Bellotti, tutti pittori.

cesco

Biagio, che di|3Ìiisero insieme

e

la

parete esterna

dell'ossario annesso alla chiesa di san Giovanni in Busto sul finire del secolo XVII. Michelagnolo mori nel

174.4,

anno in cui entro in Milano

il

cardinale Pozzobonclli

il

,

CUI ingresso fu decorato di sue pitture. Dipinse anche a fresco la lunetta sopra la porta delle Grazie copiando uu ,

cattivo quadro del seicento

che da alcuni si è attribuito , Leonardo. Vantavasi in oltre di possedere alcuni rari segreti nell'arte, che promise di comunicare al suo cugino canonico ; ma inori prima di mantenere la sua promessa. a

Fnvvi anche un Serafino figlio di Francesco parimente pittore, che fece un quailro per la Canonica di Vaprio ma fu inferiore al padre ed agli zii. Un Matteo figlio di Biagio, avrebbe superato tutti suoi nelParte, se per invidia e rivalità non fosse stalo ammazzato in giovane età a Bologna nella quale città ,

i

i

,

era andato a studiare

, mantenutovi dal principe llasiai. Giorgi aveva molto ingegno naturale, e trovavasi avere moglie , figli e venticinque anni allorché

(13)

II

De

da torniture sufficiente

la

in

(12) Questo Michelagnolo Bellotti

,

getti, tal

de' gradi di calore tra l'uno e l'altro bagno.

suo tempo dell' infelice pittura del Vinci, si può argomentare il poco conto che quell'illustre conoscitore faceva delle vecchie copie di tal opera. (11) Veggasi la nota 2Ì del terzo libro.

disegno

di bassi

lavori

si

diede

al pittore.

pratico a olio e a fresco

e cattivo

stile.

Divenne

ma aveva poco

,

Fu discepolo d'uno zoccolante

di sant'Angelo, dilettante, dal quale

andava a disegnare domeniche. La cosa della sua vita più gloriosa per Ilh fu il rifiutarsi costantemente a ritoccare il Cenacolo. È qui da avvertire, a difesa de' Milanesi, che dei tanti malanni con cui 1' industria umana affrettò la le

Napoleone

perdita del Cenacolo, non ve n'ha uno di cui a' Milanesi si debba la colpa e la vergogna. Pare che fino

Questa iscrizione sente alquanto dello stile del padre il quale sulle stampe e sui disegni faceva sovente note e postille. Se è sua, non è meraviglia ci e

al i5o3 non vi fosse lavatojo presso il muro ove Leonardo dipinse, e vi fu fatto fare in quell'anno da Stefano de Poncher di Tours vescovo di Parigi ad istanza del priore Silvestro Mozolino piemontese. Que, sto lavatojo non bastava al bisogno , e se ne fece uno maggiore nel i6ó3 dal priore Giulio Zaccheria, nobile cremonese. Da questo stesso priore fu fatta allargare

,

il

equestre

colosso

di

che aspetta dal suo Canova. (5)

Ilesta,

si

allontani di tanto dal vero, j^oichè,

altrove

il

,

come

notato V epoche,

si è

Resta confondeva grossamente

e confuse in ispecie la storia del Vinci. Veggasi Vindice

del Parnaso-, ecc(6)

11

dice

Lomazzo

in

un sonetto a pag. gi

Da Pnrrasio fu Da Protogene E

de' Grotteschi

;

ivi

ornato il

il

Puoìiarroto^

il

Vinci illustre e chiaro, ecc.

per chiusa d'un altro sonetto

Protogen che

Non Di

il

cui opra

non

il

è finita

Ugolino Verino poi A\ce

,

pure.

dopo aver lodato

nlcuiii

(8) (())

,

cap.

unam

perfidi anids.

CCLXXIV.

Lomazzo dice con lambicchi. Un frammento del cartone di Raffaello per

(io) Dalle

cure

la

Battaglia

conservasi nella Pinacoteca ambrosiana.

che

il

raccogliere per mezzo

cactlinale

Borromeo

opera

,

sebbene con pessimo consiglio.

AUudesi ;

alla

copia

destinata

di che è incaricato

il

assai

ad esser tradotta in

signor

Giacomo

Ratlaelli,

quale ha di già dato felice principio all'opera. (16) Allorché dico proporzioni o proporzione intendo ciò che i Greci intendevano per simmetria; la qual parola , il

che secondo il vecchio Plinio non aveva corrispondente voce latina, fu dai varj autori diversamente in-

Il

di Costantino

(15)

raosaico

Frotogenis multis vix

all'

(14)

Et forsan superai Zeonardus Vincius omnes; Tollere de tabula dextram sed nescit et instar Trattato

T ultima mano

fu introdotto a dar

Un effetto simile accadeva anche prima, ma meno abbondantemente.

Vinci Divo

dipintori fujrentini

(7)

Mazza

del Bellotti, dell'umido e degli anni dal ministro conte di Firmian tirolese, che ciò fece senza dubbio con

buona intenzione

pennel da sue pitture

levava., agguagliò

porta nel i65a. II ritocco del Bellotti fu commesso dal padre Boldi di Castelnuovo di Scrivia. E finalmente

I.T

si

prese di

del Bianchi quanto rimaneva al

terpretata e resa con

modi

cluamolla analogia: Svetonio di

diversi.

Filostrato juniore

comodità ed equità

la disse

membra: Vitruvio conimisuramento

:

Plinio

il

giovane

egualità e congruenza: Cicerone convenienza diparti, e 33 *


:t6o

composizione

atta

competenza variamente.

meno una tutto

Ma

c

;

tutti

che

Aulo

:

fantasia

delle parti fra loro

greco

al

come

Di questo autore ho trovato,

De

libro

il

Perspecth'a Pictoruni

ma

,

no

che

di

,

scrisse

egli forse

in

corpo uma-

il

altra

ch'egli,

opera scono-

fantasia

sciuta.

(18) Gap.

CLXXIII.

(19) Gap. (ao) Cap.

GLXXV, XLVIIl

che ne edizione

mero

Cap, XLV.

GLXVI

(a3) Gap.

lascinndo la sua or(24) Riporto lo scritto di Leonardo tografia per non cagionar imbarazzo a chi non 1 lia

Chi

in pratica.

mezzo d'uno

ne volesse un saggio specchio ciò che è scritto ps-i

la

ho imitato esattamente

scritto

lo

ginale nella figurata istella

La pone

il

,

lettera

(36)

di

meglio

far

promesse ed

offerte

due

Vinci

concorrenti

opere da

farsi

,

pro-

si

contiene

,

non

già iilcun

St;bbene ivi il proemio del libro settimo. siano citati varj autori di simmetrie arcbitcttoniclie , è probabile che a quelle saranno stati premessi dei

canoni di simmetria umana,

dalla

quale

architet-

le

simmetrie dei Greci desumevansi

come

,

Vi-

reriiLlutogli

si

legge

d''

un

da messer Ottaviano

Berno nel i685 , in 4," , si attribuisce T invenzione d' un triangolo equilatero

per Giovanni

per proporzionare triangolo

perpendicolare

determina

le

testa

la

e quello

^

al

che

si

l'

di

,

Collocasi

de' suoi

lati

tale

rimanga ,

,

,

sotto del mento. L'angolo poi del triangolo

,

j

determina il luogo delessendo alta quanto la terza

forjiia

nel detto luogo un altro trian-

verso la nuca

volge

orecchia

profilo.

diviso in tre parti eguali

misure del volto secondo la solila dividel naso e del rimanente

sione eguale della fronte fino

in

modo che T uno

in

quale

la

parte del volto, golo equilatero

,

il

del lato del maggior

,

cui lato è

un

triangolo

terzo

dell' altezza

misuratore del volto.

Le altre dimensioni poi date dal Volpatti nelle due che accompagnano 11 Vagante Corriera , non s lampe ed oltre hanno uè armonia nò bellezza ne comodo ciò non sono spiegate , essendo questo libro un annunzio dell' opera del Volpatti , non V opera stessa. ,

;

Ma,

tornando

utile di quello

al

di

alla

triangolo,

questo del Fialetti è più

Luca Paciolo.

pagina 43,

della prima

n." 3

nu-

stesso

collo

tutte

carte

tre

43.

11

proporzioni

di

di Pittura,

ma

non

,

nel

già

nel suo libro Delia Natura

Franco poi ne parla nel suo Dialogo

delle

Venezia

in

Queste osservazioni io le ho fatte sulla sesta ediVaria Commensuracion del De Arphe. Le

edizioni più antiche avrajino forse le figure

pubblicala La prima viglia 1' anno i585.

dall'

Autore

migliori.

apparve

,

in

Si-

{3S) Traité des Proportìons de Jean Paul Lomazze par Hdaire Pader. Tolouse , 1649, in foglio. Dal Trattato di Pittura di Bernardo DupnyduGrez, stampato parimente

in Tolosa nel 1699, in 4.", si comprende a sufficienza che le figure d'Ilario Pader non avevano niun vanto di grazia. È ben vero che il Dupuy non ragiona ( pag. i6a ) se non della figura che rappresenta la proporzione di dieci facce; jua se mancava di grazia questa la

è

migliore delle proporzioni, non

che graziose apparissero

le pi'oporzioni

è

da credere

tozze o le svel-

tissime.

Intorno all'epoca

Volpatti , in(29) Nel curioso libretto di Giambattista titolato Il Vagante Corriera , ecc. , stampato a Vicenza

Fialetti

parte

,

zione della

Pallavicino.

a.1

ha

Questa Lettura del Ruscelli fn stampata Griffio l' anno MDLII.

che

truvio stesso dimostra coli' autorità e coli" esemplo. (28) In una nota manoscritta di Leonardo

di

fatto

Bellezze.

(34) ori-

giudizio di opere fatte.

Vitruvio prestatogli o

Condivi

che

Amore.

di

avesse

,

proporzioni

certo avere altra origine, qual

di

,

il

che va

per Giovan

(27) Veggasi

toniche

il

,

suo Discorso

(,j3)

fu trascritto nella figurata

,

de' suoi di

nelle

dove dice neìV

non ha senso. al duca, nella quale

.che

per

originale.

(a5) Fra le altre inesattezze notisi che

istessa

legga

nelle quali

stessa testa,

stampe che rappresentano

il

Inventore.

(Sa) L' Eqnicola ragiona

CLXXIII.

e

1'

delle

libro

suo

Foppa

del

diritti

i

il

non può

sia

(3i) Veggasi

XLIX.

e

(21) Gap. XIL. (aa)

salvi tutto

del quale

CCL.

stesso al cap.

lo

e

sotto

,

che per esso dava

,

Calvario e ricchissima di ligure, superava, sebben sue opere note per fritta a mente , tutte le migliori le stampe. Non sarebbe perciò da farsi meraviglia

non

cjuesto

in

vedonsi che molte teste, non già intero

chiaroscuro

al

dissi,

altrove

a

rappresentante Cristo

elegantissima operetta,

simJuetria.

(17)

dipinto

,

all'imperatore Massimiliano un saggio di quello eh' ei sapea fare senza avere alcun modello davanti. Quella

col vocabolo pro-

porzione, sebbene non risponda con precisione

quadretto

quale egli stesso scrisse in latino

col

c

e

,

prezioso

accordano in esprimere più o

si

intende abbastanza

s'

moderni

e

suo costume operava molto di mera mi ricorda di aver visto un suo piccolo

(3c) Alberto per

rpcipvoca

Gelilo

antichi

altri

co!.i

relazione armonica

il

,

membra

di

m.embra

di

del

Lomazzo

potrebbero porre

si

Girolamo Figino, il quale però sembra non aver fatto altro se non copiare con poche varietà il canone di Leonardo. Il poco che si ha di questo Figino ( che non so qual relazione avesse col già citato Ambrogio), si raccoglie da un quale ha per il libretto di Antonio Maria Venusti gli

studj di proporzione fnttl

da

,

titolo

:

Discorso generale di M. Antonio Maria Venusti in-

torno alla

generatione

,

al nascimento degli

breve corso della vita fiumana,

per Gio. Battista edizione

come

Bidelli.

la

et al

tempo.

uojnini

,

al

In Milano

MDCXIV. in 16. Cito questa me veduta; la prima, se-

sola da

condo l'Argelati , è del i56a. Di questa operetta del Venusti intitolalo Misure e proportioni

de''

,

il

cap.

XCVIII

è

corpi nostri, e volen-

qui lo riporto per intiero e per la rarità del libro, e per onore di Girolamo, artefice quasi ignoto tieri

se c

non esistesse

lui

una medaglia col suo

pochi versi del Lomazzo. Ecco

il

ritratto

capitolo:

Qui non mi pare di tacere alcuni bellissimi secreti circa la

misura et alla proportione del corpo humano

:

i

quali

a mesi passati cortesemente mi furono insegnati dal signor Girolamo Figino, intendente anatomista, miniatore


,

,

261 diligentissimo

che per chiarezza di sangue antico

,

di lui intagli

i

e

presso che

getti

e

testa,

come

c

grandezza

autori

che

:

taccio poi

me anche

tempi nostri,

de''

non meno per bontà di costumi

nobilissimo

animo

pittore eccellentissimo

,

naturali con le

ingegnosissime e con molte altre gran doti a concesse

V unico Figino

.-

liumano mi discorse.sotto l''

mento

tava

:

dal

nascimento

de' capelli in

puma

il

piede

il

mano

della

:

deir una

però alle

le

mano

è

ciascuno

ciglia

dalle

,

aW

piedi alla

quelli

ciglia

lungo r orecchio

di

Il

ossa del petto

,

mento del membro e

tenendosi

naso, de''

dal naso capelli

,

predetti spatii è

de''

diametro della cintura

al

che

del petto al nascimento

uomo:

lunghi diti

e

de""

e

di-

mano

dalle punte

braccio,

la

la

,

al fianco, dalla piegatura della

dentro

mammelle alVombilico, dalVuna

dell"

più

altra,

al

nascimento

al

ciascuno

e

,

poppe

alla piegatura

ultime

deW

:

tanta

:

cima del capo

de""

mento

dal

dal

:

quarta

è la

virile

orecchio sono spatii eguali e grandi quanto

terza parte del volto. stantia dalle

da'"

alla cima di

braccia distese:

dair occhio

decima:

dal pie al ginocchio è la quarta

distanza dalla sommità

è la

è la

nasce nel mezzo del corpo humano

virile

è la lunghezza di

quanta

dal gombito

.-

mano

nascimento del membro

al

membro

quarta.

è la

dal gombito al prin-

:

tutta la

:

capelli è la

de"*

capo

quarta

è la

quarta

la

t

V ottava

è la settima

ginocchio

cima del

alla

lunghezza delle spalle

della spalla è

cipio

sino

il

poppe

dalle

:

La maggior alla

corpo

il

è la

di sotto

:

sesta: dalla cima del petto al nascimento

settima

dal del

lui

fattamente

decima parte della longliezza delmento alla sommità del capo è V otdalla sommità del petto alla cima del capo è la

il

uomo

dico,

,

rime

delle

Valtra estremità delle

cingono la gola capelli, dal

virile, è la settima

,

dalla cima

f anco

nasci-

al

parte della lunghezza

ciascuna delle predette

misure è la metà mezzo della barella del ginocchio per trcdasciare le altre mollissime

dello spazio, che è dal

del calcagno

al fin

,

commendano

la rotondità

ma

del viso;

parlano

uni

soltanto

chi

ato

trascuri

Però

sferica,

che vuoisi

della

sede

(

Lib.

,

siccome sciocco

)

,

inetto

,

in

Sidonio

non

Apollinare

apex rotondus

fu scritto Capitis

E ancora quando

tutto rotondo. caput.,

ilcesi

leg-

sempre inten-

già

ma soltanto la sede del cervello. prova in un pasao di IMacrobio che loda anzi come un distintivo proprio della razza umana questa rotondità. Solis humanis corporibus , die' egli al capo dere tutta la testa,

E

ciò

si

14 del libro primo del Sogno dì Scipione, inest

in ca-

pite spherfB similitudoi e aggiunge

per provare che intende ragionare solamente del vaso del cervello, qua sola mentis est capax- E all' istesso modo Cassiodoro (jDc anima, cap. 16) dice, sempre intendendo del cervello, Caput nostrum sex ossibus compaginaLum in

forma

siniilitudincm coelestis splierte

tum

rotondità da compasso, nè e l'artefice che'facesse

imiterebbe certamente alla

vecchiaja diede

lodate rotondità

gli

non sono

autori pai'lano da artefici;

un cranio con un la

fonna-

rotunxla concavitate

E ancora queste

est, ecc.

circolo

,

non

natura la quale dall'infanzia

tal vai'io

capo umano che rinchiudono

movimento

il

cervello

alle ossa del

che mai con un

,

potrà con giustezza rappresentarne la forma. D'altra parte leggesi in Eustazio, o come altri volle Eucircolo

si

mazio, descritta

d'Ismene il

e

d'

la

bellezza d' Ismene

Ismenia

(

Lib. 3 degli amori

modo:

in questo strano

)

di lei viso era un perfetto circolo, ed

il

naso

,

tanto

a centro. Pittorica

Chiunque penaiito confronterà questa esposizione con quanto del Vinci abbiamo riportato, la troverà si

la

analoga alla maniera sua, che

Ben altramente debbe intendersi quel passo

crederà forse copiata

ecc. Cosi

^

bellezza di Teodorico

della

leggiamo

misure e proportioni interiori del corpo umano.

la

tro-

testa tonda a colui

epist. 2

I,

mi ricorda aver una e lodi

gli

altri

;

dice per ischerno

die

non già il capo giamo la parola

cervello

testa

descrizione

de' Goti

re

si

del

co-

,

che

distinzione

tal

ingiuj-iare

lunga

nella

capo

del

d'uopo osservare

è

parlan soltanto della faccia; \

Non mancano però

pratica dimostra.

la

descrizione

punta del naso dovea

in vero

Tutto

vi

stava

più se

far centro al volto, nel

qual caso è difficile ideare cosa più contraria alla bellezza. di Coluto,

da qnalclie testo originale del Vinci stesso, che non sìa arrivato sino a noi. Per lo meno la crederà fatta

nel quale Giove ordina a Mercurio che rechi a Paride

disegno qui riportato, perchè le varie misure da Girolamo notate si riscontrano in esso assai bene, come

delle palpebre e le

sul

ognuno può provare coi compasso- E se sembra scostarsi dal testo di Leonardo nel dire che il piede è la settima, non la sesta parte dell'altezza dciruomo, si

giudicherà eh' egli

scritto, e nello stesso

osservò

più

disegno

il

che

lo

tempo che Leonardo segui Vi-

truvio più scrivendo che disegnando.

il

pomo,

mente moderni; ma per limitarmi ad un solo esempio Alessandro Cozens si guardi l'opera inglese di che altre pel

suo

mi sembra,

comunque

I)el

,

titolo, Principi della

si vedranno bocche non solo ridicole

impossibili in natura

,

al

modo come

nelle figure di quel libro stanno disegnate. (3?)

Quando

si

maniera poco soccorso arrecano teorica del

Rubens

,

e, sia

;

,

,

volesse ricoi-rere a simil genere di

,

:

dice Socrate

,

desidero ut mihi

non quemadniodum

(39) Parole

,

,

in stadio currentibus , crura compachumeri tenuiores ; nec pugilum instar hunieri crura adtenuentur , ecc.

di

Michelagnolo

il

quale meditava

e

forse

fece un" opera sui moti umani. ele-

menti; parmi sia da preferirsi l'opinione del Cangiasio che voleva il cubo per elemento della testa: in

da un cubo di creta o d' altra materia meni io che non da un globo può uno scultore abbozzare una

fatti

in ogni

gli autori alia

h(EC exercitia

tiora fiant

ma assolutamente

congiunzione

povero quell'artefice che ciiiederà ajuto al compasso per fare dintorni d'una testa, nè il Rubens istesso se n' è servito giammai. (3B) Nel Senofonte di Wells voi. 4, pag. i^S-j

crassescant

e

E

femminili.

occhi

ciglia

la

perchè queste ro-

non sono la circolarità della bella Ismene di Eustazio, ma quella forma ch'esclude ogni prominenza delle ossa tanto contraria alla beltà ne' volti

Bellezza relativamente alla testa umana^ e vi

orecchie

de'' visi ;

tondità

,

,

rotondità

i

(36) Libri di tal sorta moltissimi potrei citare, special-

preferisco alle

che giudichi sulle tre Dee

e

Le Veneri accovacciate, per esempio, sono strette nelle spalle e larghissime ne' fianchi. Le Veneri in

(40)

piedi , come la Capitolina , quella di Arles e la Medicea sono di mediocre larghezza ne' fianchi e larghe notabilmente nelle spalle. Sono debitore di questa


,

262.

osservazione

facce

ali"

qualcuno

come

5

onore

<.U>lla

scultura ilalìaiia,

nostro

al

questi

di

per

teste

disse

autori

abbiamo veduto: ma in cose di con precisione. d'' uopo esprimersi

d'altri

tanta importanza è

Ecco la nota del Codice Atlantico pubblicata dalr Amoretti Capitani fiorentini Niccolo da Fisa, Pietro Gianpaolo,

(41) *

:

:

Neri di Gino Capponi, Conte Francesco Guelfo Orsino , Bernardetto de" Medici, Michele tto , M. Rinaldo degli Albizzi ed altri — Di poi si faccia come lui prima montò

f esercito gli andò dietro — — 4." squadre di cavalli, 2000 pedoni andavano con lui Il Patriarca ( d' Aquileja Lodovico Scarampi Mezzarota) a cavallo aimato

tutto

e

;

monto su un monte per iscoprire e valle irrigata da un fiume,

la mattina di buon'' ora il

paese

cioè colli

,

po

campi,

,

borgo a san Sepolcro venire Nicolò Pisenino

c vide dal

con

quasi glie

le genti

con gran polvere, e scopertolo tornò al cam— Parlato di' ebbe pre^ò

delle sue genti, e parlò loro

ristorò per

vano

una gran pugna. Vi sono Qui Guido e Astorre suo molte genti

rifecciono,

si

tarono tanto forte

A

esercito.

V inimico

nostri, e

i

questo ponte

e ristorarono la

a

Simonetto con 600 cavalli ad urtare volta

un" altra

luogo,

dal

gli inimici

e

,

e riacquistarono

il

,

'

Napoleone Orsino, giovane senza barbp., e dietro a costoro gran moltitudine di gente, e qui fu fatto un'altro gran fatto d^armi. In questo tempo Niccolò Picenino spinse e

innanzi

_il

restante delle sue genti, le quali feciono un'al-

non fosse stato che il Patriarca si mise innanzi, e con parole e fatti non avesse Jiostri in fuga. Fece ritenuto que"" capitani sarebbono iti tra

volta inclinare

nostri,

i

e se

i

il

Patriarca piantare

alcune

colie,

al

artiglierie

de' nemici; e questo

quali sbaragliava le fanterie

dine fu tale che Niccolò cominciò a rivocare e le altre genti, e si misero in fuga verso qui

si

fece una grande strage

se non d"

i

arme

primi che fuggirono o

rV

uomini,

si

nascosero.

il il

si

colle

disor-

figlinolo,

borgo;

e

salvarono

Durò

il

fatto

fino al tramontar del sole, e'I Patriarca attese

a ritirare

le

genti, e seppellire

i

morti,

ne fece un

e

,

In

un piccolo

schizzo

originale

questa opera, vedeai indicato di

il

eh' io

tengo

di

fatto d" arnie al ponte,

che non trovasi vestigio nella stampa

dell' Etruria

Da

ciò che

Leonardo

ci

ipotesi fosse ricevuta, quel si

figlio

M.

in

scendessi sopra un Agnello.

a

nostri piedi

gli celesti scanni.

immaculato Agnel vuol tuore e panni

Per far

al

La madre Veder del

mondo ritien

lo

figlio

e

di se beccarla

che non varia di se stessa

i

danni.

Santa Anna come quella che sapeva Giesù vestir de Ibuman nostro velo

Per cancellar

il

fai di

Adam

e di Eva.

Dice a sua figlia con pietoso zelo Di retirarlo il pensìer tuo ne lieva Che gli è ordinato il suo immolar dal

Cielo.

La barbara frase del sesto verso dì questo sonetto leggesi anche nelle Stanze dello Sparpaglia del Doni. Vedi stanza 44. Corpo dell' anguinaglia die vuoi fare? (46)

Vuoi tu far del mio corpo beccheria? Di Bernardino veggasi una lunetta a fresco nel con-

vento de" Francescani di Lugano; di Aurelio un quadro nella galleria Melzi colla data del 1,570; di Gaudenzio una tavola in Novara. Di Leonardo stesso poi

può vedersi

1'

abbozzo della

galleria arcivescovile.

acquistata da S. A, (47) Questa beir opera fu di recente I, il Viceré d'Italia, e l'ha aggiunta ad altre preziose

continuamente adornando la sua Giuseppe Benaglia si prepara ad inciderla, e ne sta facendo il diseguo. il intorno a tal soggetto il Tiraboschi (4IÌ) Veggansi opere

villa

cui

di

va

in Milano. Il

sig.

,

Najjione, (41;)

il

Veggasi

il

Ferguson, ecc. Vasari in fine

della vita

di

fra Filippo.

sforza invano di tener la

fraucesco Piccinino.

Il

se

questa

primo, che volto

in fuga

lasciò

do l'ampolloso epìgiamma che pel frate fu composto dal Poliziano, il quale con poco giudizio, parlando per sua bocca, gli fe' dire lodi smisurate di se stesil che, oltre l'essere inverisiniile non s'ode volentieri nè da' vivi né da' morti, so,

Pittrice, nè in quella delT Edilink. (43)

il

Notisi ivi a confronto del modesto epitafHo di Leonar-

trofeo.

(42)

£

e

a lui venne altra gente con aooo cavalli: e cosi lungo tempo si combatte variamente. Di poi il Patriarca, per disordinare V inimico, mandò Niccolò da Pisa innanzi

dipinse L. Vinci, che tanca la

che non volea

De

il

dietro

:

Anna che

S. ,

Fece Agnus Dei , disse Giovanni Che entrò e uscì nel ventre di Maria Sol per drizzar con la sua santa via

cacciò

li

ponte

70

jiag.

quali venne

i

,

Vergine in

la

Cigalini. Leonardo è annoverato dal Vasari fra coloro che studiarono le opere di Masaccio. in cui sono Le Vile (4.5) Nel Libro de' Fasti del Casio, de^ Santi et ciascuna in un sonetto, leggesi il seguente

ur-

genti fiorentine che ricuperarono

le

ponte, e vennero sino ai padiglioni, contro

quale

può essere Simonetto o

,

fratello signore di Faenza con e

Picci-

,

è scacciato.

guerra,

Ìl

,

fa

si

il

,

era un'ardita novità, che,

prima schiera Francesco figliuolo di Nicolò Picenino venne il primo ad investire il ponte eh'' era guardato dal Patriarca e fiorentini ~ Dopo il ponte a mano sinistra mandò fanti per impedire i nostri i quali ripugnavano, de'' quali era capo Michele tto , cJie quel dì per lo

e soccorre

grembo a Sani' Anna non come tale , sarebbe stata da alcuni forse disapprovata. Masaccio ne aveva già dato r esempio , e non sarà stato solo degli antecesdopo il quale da varj fu seguita sori di Leonardo come dal Sansovino, per testimonio questa invenzione di cui con atto del Vasari, e da Baccio Baudinelli simile ho veduto un disegno presso il signsìr Marco

(44)

b razzo

aveva in guardia

dovrebb" essere Miche-

guerra. E quegli in fine che rende

la

soccorso di Astorre

il

Per

sorte

poco

porre

Il

nimico. Nella

.

,

sopraggiunge

Nicolò da Pisa,

con una nugola dalla quale usciva

,

mano

tolta di

che

nino, può essere Astorre, signore di Faenza

san Pietro che parlò al Patriarca - 5oo cavalli furono mandati dal Patriarca per impedire 0 raffrenare V impeto

Dio a mani giunte

ha

1"

L' altro

letto.

Canova. (41) Forse

scritto

bandiera

,

,

potrebh' esser

principale suo avversario, che

(5o)

Un

anche

,

testimonio del d"

ciò che

modo

di studiare

insegnare di Leonardo

non

fosse

,

clie

non solo, tutto

ma

escludeva

naturale, l'abbiamo, tra

altri

più


,

,

da Paolo Giovio in que' frammenti pubblicati dal Tirabo scili. Parlandosi ivi dello studiare le lettere

cordarmi adjumenta considerate perspicerent quihus de rebus ipse subtilissimum volumen adjectis singulorum artuum

AdhLbenda

picturis confecerat,

263 lìoli

5

est

,

dice

,

cura cupidis et alacribus

ne ut iniplumes aviculcB non piane

,

ingeniis

siccatis alis festinantius

piiigeretur.

propolent , sicuti in dispari, sed non omnino dissimili facilitate, carioribiis discipulis prcecipere erat solitus

Vincius

,

qui picturam

(state

nostra veterurn

quam ab rerum

artis

arcana solutissime detegendo , ad amplissiniam dignitatcm provexit:

annum

illis

nanique intra vigesimum, ut diximus

,

cetatis

et coloribus peritus iute rdic chat

,

quum

penicilUs

juberet ut plumbeo graphio tantum

operum egregia monumenta jìUcissimis

lineamenta,

tractibus

qum

sub tanta

NaturcE vim

motuum

efferuntur: quia etiam volebat , ut

secarent ,

,

et

,

exercitatione longe fructuosissime conimensuratas recte et procul ab exeniplarìbus

et sim-

Al qual passo

si

varietate oculis nostris

artefici

humana cadavera

allievo Gaspare Visconte lo

dis~ ,

,

fu studioso assai delle opere di Dante. Il suo

di quel poeta. Veggasi

et

Stampato per cura

exprimere

può aggingnere lungo commento, e fa sempre più meraviglia die il Giovio , dopo avere descritto si bene ed approvato il modo d' insegnare di Leonardo, dica poi tanto male de' suoi discepoli alla fine della vita che vedemmo nel primo libro. (Si) Bramante , al pari di Michelagnolo e d'altri rinomati

coiporum

tororum atque ossium fiexus et origines

ut

non prius avida juvenum ingenia

effigies

didicissent.

vacarent priscorum

diligenter exceipendo

imitando

quid prceter naturam in officina sua

penicillorum illecebris et colorum amcenitate traherentur

Leonardus ejus

NE

Scilicet ut

il

Leonardo Nardini

di

chiama

sviscerato partigiano

foglio 43 della Raccolta milanese.

,

Ispettore della Stamperia PiEale.

DESCRIZIONE E COLLOCAZIONE DELLE TAVOLE IN RAME.

Tavola. PKiMV. Testa di Cristo presa da una mano pe' capelli. Tratta da un disegno originale di Leonardo. E incisa dal cav. Giuseppe Longhi. Si collochi alla pagina 102. Testa di un giovane con capelli ricci tolta da un disegno a lapis rosso crednto di Cesare da É incisa dal signor Ginseppe Benaglia. Alla pagina 180. Tav. III. Testa d'uomo attempato in profilo, volta a destra di chi guarda. L'ho imitata, al pari della seguente da un disegno originale di Leonardo. Alla pagina 204. Tav. IV. Testa di carattere somigUante alla precedente ma rivolta a sinistra. Dietro di essa.

Tav.

11.

,

Sesto.

,

,

Tav. V. Figura intera virile con doppie gambe e doppie braccia. E presa dall' originale di Leonardo, e 1' ha incisa il cav. Longhi. Alla pagina 208. Tav. vi. Piccolo gruppo di Sant' Anna colla Vergine il Bambino ed un Agnello. Tratto dall' origin.ilc di Leonardo ed inciso d,il signor Francesco Rosaspina. Alla pagina ,

,


1

INDICE. LIBRO PRIMO

Odoardo

ÌVright

'

Si)

Copia nel refettorio del Convento

60

di san Barnaba in Milano, pag l32 Copia nel convento di Castellazzo. >' 134

P''S'

.

ivi CoTTipCTldio

Scrittori

cltllOt VÌtCt (li X-jtOlì-CL

do

'

9

Giù- Pietro Mariette

il

1.3

»

137

"

i38

in Parigi. »

139

61

Copia della Certosa di Pavia.

62

Copia di Giovanni Pedrini

ivi

Copia di

Giovane. "

che fanno menzione del

s.

Germano

.

.

.

.

ivi

ivi

X.itca PqjCìoIq

63

i8

Pomponio Ganrico ivi

Raffaello Maffei

n

Volfango Knorr

di

san Benedetto

64

140

65

142

ivi

II)

Copia

presso

Di Guglielmo

della Porta.

.

ivi

>

.

.

143

66 2^^

Sabba da

Castig Ho ne

....

ivi

Copia a

olio già nel

convento di ivi

24.

67

2.S

ivi

Copia presso ilsignorDay inRoma.

26

ivi

Copia nel convento della Vettab-

28

68

3i

Francesco Maria Gallarati

..."

ivi

69

ivi

ivi

32

144

ivi

Copia nel refettorio del convento

Pace

della

Milano

in

"

Jlajfaello Sorgìdni

33

Fiorillo

Giovanni Sidney Gio. Batista Armenini.

.

-

.

}Iaivkiiis

.

.

.

146

"

70

Copia neir Escuriale

"

ivi

Dfel

Monastero

"

i5i

l52

ivi

Girolamo Gattico

4,3

Concliisione del Libro

primo

.

.

"

i5o

Vincenzo

di san

71

39

Gregorio Comanini

145

Copia nella chiesa di Ponte Ca-

ivi

7a

Copia di Pietro Paolo Rubens

73

Copia nella Pinacoteca ambro-

.

<

i53

'

i56

>

iSy

ivi

iv"i

Federico Borromeo

46

LIBRO SECONDO.

Copia nel monastero di san Michele alla Chiusa

47 48

75 77 Ho

49 Francesco Scannelli

Nuova copia

in

san Benedetto ivi

Copia nella galleria di Monaco. Copia già nel convento delCOspe-

Ilario Mazzolari

5o

85

Francesco Pacheco

5i

93

Raffaello Trichet Du-Fresae

Sa

93

Copia nel refettorio

ivi

94 96

Varie altre copie minori

Giandomenico

OlLonelli

e

Pietro

ivi

Giacomo

il

"

Maggiore

53

I

97 02

54

io3

Ricciardo Lassels

ivi

io5

Pier Paolo Rosea

ivi

55

Taddeo

>

Florent Le Comte

Delle stampe del Cenacolo

d''

i51l

.

'

1

.

'

.65

168

.

.

.

.

Delle imitazioni del Cetiacolo

Della copia del Viceré

>

.

.

Italia.

LIBRO QUARTO.

ivi

117

Come

ivi

ia3

Vicende del Cenacolo

Della Mensa

e delle

.89

altre parti

LIBRO TERZO.

59

il

Cenacolo

.

proporzioni del corpo umano. Delle

58 ivi

sia dipinto

'

,93

'

197

>

2oa

Opinioni di Leonardo intorno alle

57 ivi

6a

1

ivi

Sebastiano Resta

.

Del tempo impiegato da Leonardo

56

Piles

ivi

106 1

san Pietro

ii3

Carlo Torre

De

ivi di

1

27

ricerche

torno

ai

di

Leonardo

componimenti

in-

delle

226

Copia nello Spedale maggiore di i3i

Della 'ccelleiiza di

Leonardo

.

.

234








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