DEL
CENACOLO DI
LEONARDO DA
VINCI.
ènsi'Joig
à^eràf, x-^/ve» nemi^uvrcii.
Non
è
certamente vietato
il
dar giudizio su quelle
arti in
cui furono eccellenti Àpelle,
Zeusi e Protogene ed altri Pittori
rinomati, nè anche a coloro
i
che allevano quagli
quali
non hanno la
stessa abilità
artefici.
Dionie;i d' Alicarnasso, flel carattere di Tucidide.
DEL
CENACOLO DI
LEONARDO DA VINCI LIBRI QUATTRO
.
DI
GIUSEPPE BOSSI PITTORE.
MILANO DALLA STAMPERIA REALE M D C C C X.
AL DUCA DI LODI L'AUTORE.
Un
vostro antenato o dello stesso vostro
nome fu
amico ed erede del divino Leonardo da Vinci, e senza strane ingiurie di tempi e d'uomini, tra
discepolo,
le i i
rare cose
da
Voi
stesso raccolte vantereste ereditati
preziosi volumi lasciati da que II' artefice singolare, quali son ora tra' primi ornamenti di varie reali
biblioteche.
Permettete adunque che
io
v
intitoli
,
e
,,
con
lieta fronte accogliete
quanto ho potuto radunare
intorno alla maggior opera di quel
non mi muove
tanto piÚ che a ciò /'
amor
ma
sommo
Pittore
solo
nome
il
e
che da quel suo discepolo ereditaste,
dell' arte
mia riconoscenza alt amichevole protezione (quale mi avete in ogni tempo cresciuto t animo
la
colla
ne' pittorici studj
,
volgari cP operare. (questa
candida
unendo
E
come
offerta se
ai consigli occasioni altro fine io
non
non ho
non che di darvi del
in
rico-
noscente animo mio quel migliore pubblico testimonio
che
per me
vostre lodi si
ne
;
si
possa , non udrete qui
che nulla d' (dtronde
aggiungerebbe alla il
vostro
nome
fama
per
il
le
suono delle
mie parole
del benefico vostro genio,
da ripararsi fra le oscure produzioni , da che Voi stesso
è tale
dediche delle letterarie
provvedeste (dia sua vera gloria
scolpendolo
,
nelle
menti e ne' cuori degli uomini con isplendidi beneficj e colf operosa devozione alla patria.
\
I
)
DEL
CENACOLO D
I
LEONARDO DA VINCI LIBRO PRIMO.
/
INTRODUZIONE.
Ho
deliberato
Leonardo
da
di
Vinci
scrivere
nel
alcune
convento
finora fu scritto di sità
intorno
cose
delle
al
Cenacolo
Grazie in Milano
,
dipinto
perchè
da che
ciò
si mirabile opera non mi è sembrato bastare nè per la curioné per l'istruzione degh studiosi delle cose del disegno. Sebbene tempo e T ingegno sufficiente onde tessere tale lavoro che intero ,
degli eruditi
mi manchi
il
,
ottenga lo scopo di soddisfare agli uni ed agli
altri
;
pure
ita
me-
queste mie
morie spero di meglio ad esso avvicinarmi che non fecero coloro che in questo argomento mi precedettero, de qtiali altri poco o nulla seppero di pittura, altri sapendone non istudiarono abbastanza \ opera per degnamente parlarne. ,
Nè
altro
fondamento so
io
giori e più lunghi studj
da
ebbi speciale
in
Viceré col
occasione
d'Italia.
vantare a sostegno di tale lusinga, se
me
fatti
su
questo prodigio
una copia che
di
esso
non
delF arte
,
e
più
le
mag-
mi venne commessa
Considerato successivamente lo stato dell'originale ed
quale fui costretto a ritrarlo,
i
de' quali
il
dal
modo
molte cose che l'esame delle opere
,,
s
mi
e de" precetti dell'autore
mi
anche
le varie
mezzo
tal
costrinse d'introdurre o di lasciare nella
poco a poco sforzato
trovai a
copie
a
ne esistono, e finalmente
clie
copie
,
,
ma
mia, rendendo conto per
perchè diverso
arbitrario,
o dai ritocchi da' quali V originale fu de-
Per una naturale conseguenza
turpato.
la
mia copia,
I opera per sè
solo
nuovo ed
di ciò che in essa potrebbe parer
o dalle stampe o dalle altre
per quanto mi
non
descrivere
e specialmente
ad oggetto di avvicinarmi,
mente dell' autore nelle parti che ora sono perdute affatto ho dovuto stendere le mie indagini sulle di lui opinioni intorno varj rami dell' arte sempre in tutto servendomi dell' autorità o de' suoi è stato possibile
alla
,
,
,
Pel
o delle sue opere di disegno.
scritti
modo
tal
questa descrizione,
dare una idea più ampia del dipinto del Vinci a scessero,
ed
oltre
renderà manifeste
qualche notizia che potrà somministrare le fonti alle quali io attinsi
che copiare questo lume della pittura alla
mia, potrà,
le sue
aggiungendo
la perfezione la restituzione di
A
questi diversi fini
quello cioè
alla
storia dell'arte,
se
altri
avrà un' occasione pari
fatiche, portare
sempre
piri
verso
originale.
uno ne aggiungo per me qualche vantaggio
recare
di
mie
degno
si
il
per, direi quasi, ricomporre anzi
talché
,
alle
oltre
che non lo cono-
coloro
di
non minore importanza
a que' giovani
del disegno, studiandomi in questo scritto,
che praticano
le
arti
senza la gravità spesso nojosa dei
sia di vedere le opere altrui di raffinare la loro maniera sia di comporre le proprie. Pei quali siccome per gli altri che per diverse rami è sembrato comodo il gioni non isdegneranno di scorrere questo volume riducendo cosi sotto un solo punto di vista ciò dividerlo in quattro libri e non isforzando che può essere più importante a tale o a tal altro lettore di tutto lo scritto onde avere sott' occhio ciò che ai piiì tediosa alla letmra
trattati
,
,
,
,
,
,
,
,
,
ciascheduno preferisce a norma de' proprj
studj.
Perciò in questo primo libro
darò ragguaglio degli autori che scrissero del Cenacolo: la descrizione
alcuni
altri
;
nel terzo ragionerò delle copie
all'
prontamente a memoria
anche da coloro
chi
fosse
l'
ma
sì
digiuno
ove tralascio di copiare fatti
storia
pittorica
da
spero che epoche più importanti della sua vita rammentandole, mi verrà concesso ,
brevemente accennarle. Io non prometto
non per
della
per quelli pure che amano richiamarsi
alla cui dottrina si fa torto
cose uè pellegrine notizie
e
finalmente tratterò
autore.
non solamente per
ignorare chi e qual fosse Leonardo,
di qui
secondo ne conterrà
il
nel quarto
argomenti che a questa dipintura possono aver relazione o diret-
tamente o rispetto Intanto
:
:
gli
come fanno
mio
solo vanto è
altrui; l'esporre le
taluni
;
e
il
in questo
il
non
compendio né nuove mio
sostituire errori del
congetture unicamente per
dare in fine per
fatti
che sono provati e sostenuti da una o più ragionevoli autorità sono in contrasto colle
storie
contemporanee di cose maggiori.
tali,
soltanto quelli ,
e che
non
COMPENDIO DELLA VITA DI LEONARDO. Ljeonardo, figlio di Piero e d'una ignota donna da questo amata probabilmente prima del suo matrimonio con Giovanna Amadori nacque in Vinci l'anno 1453. La bellezza, la grazia e gT indizj d'un ingegno maraviglloso lo ,
distinsero
fino
dall' infanzia.
Destro
,
irrequieto
,
intraprendente
riusci nelle cose più difficili, e specialmente in quelle
doppio
che
si
,
si
provò e
compongono
del
profonda della mente e della industriosa ed elegante imitazione della mano. Scoperta il padre una tal indole che porta con forza r ingegno e F animo verso le ard del disegno il pose sotto la disciplina di Andrea Veroccliio che tutte le professava lodevolmente. Egli progredì della speculazione
artifìcio
,
tanto neir esercizio di esse che in breve
tempo fece cose per 1' età sua miraspecialmente in pittura ed in plasdca. Pare che la sua emancipazione dalla scuola del Verocchio avvenisse allorché questi, vedendosi vinto in pittura dal
bili
,
discepolo, raviglia di fatto
,
non volle più dar mano ai pennelli. Se un tal fatto eccitò tanta medee necessariamente essere avvenuto nella prima età di Leonardo Vasari, cui però vuoisi credere con discrezione, lo chiama a questa :
il
epoca giovinetto al pari di
Giovami
anzi fanciullo.
,
Michelagnolo
apersero con gloria una
di ciò osservare
,
onde
fiir
vedere che
di Raflaello e di altri molti che in qualsivoglia facoltà , strada mal tentata o sconosciuta, anche Leonardo lasciò
di buon'ora la scuola, e da solo attese allo studio della natura che direttamente
non per mediatori ama di confidare i suoi segreti agl'ingegni che predilige. Che SI facesse Leonardo in questa prima epoca della sua vita pittorica, è assai incerto. Si in questo tempo come nel seguente, la tradizione è spesso in e
lite
colla critica. Si dice che vivesse splendidamente, e
casa
che quantunque di sua
non
ricco, signorilmente esercitasse le varie sue professioni, mantenendosi servi e cavalh. Da ciò apparisce ch'egli guadagnasse assai, e questo difficilmente
avviene a giovane artefice che poco sia stato di
Gh
si
affiitica.
Però è da credere che a torto
ciò accasato.
uomini d'ingegno pronto ed acuto, che sciohi dagl'inviluppi
disciphne cercano da sè
delle felse
vero nella natura, imparano rapidissimamente; e sebbene diano gran tempo allo studio, ne avanza loro ancora molto da constessi
il
sumare nelle brigate, fra le quali per lo più non sono spind da vana curiosità e da leggerezza, ma dal desiderio di conoscere i costumi degli uomini, scienza
non men che
al filosofo
non Che se
allo svagarsi,
fanno
fede.
necessaria al pittore.
era perduto per l'arte, si
suoi precetd in più luoghi ne legge nelle storie, che grandissimi re e legislatori e filosofi
gravissimi solean rallegrare
indegne di quelle gravi
magisteri
tempo che Leonardo spendeva
Il
come
alte
i
loro ozj con piacevolezze che agl'ignoranti sembrano
condizioni;
delle arti
i
non
della fantasia
sarà da farsi stupore in vedere
accompagnati da qualche
i
men
lieta bizzarria
IO
ài costume. Il vero artefice, pari
ragione
ed a
di vita,
Dante eccitava attendendo niera
alle
,
ragione
,
a
non
al filosofo,
Bruni
l'Aretino
un tempo
ai
ride di coloro
si
,
i
parla
profondi studj
cose dello stato ed agli scherzi e
dico
esce di scuola che coU'uscir
dove
là
della
meraviglia che
scientifici
d'
ogni ma-
giuochi de' giovani suoi pari, a
a'
quali credono che per apprendere qualche
arte o scienza sia necessaria la severa e continua solitudine e selvatichezza.
Ma
per tornare a Leonardo che con questa corta digressione volli difendere dalla io penso che in quegli anni taccia datagli da taluni, di distratto e bizzarro ,
suoi primi gli
possano attribuire quelle sue pitture che tengono ancora della e che sebbene non manchino di forza nel chiaroscuro sono
si
maniera vecchia
,
,
languide di colorito e peccano di livido.
Per molte ragioni che forse mi avverrà di più diffusamente esporre in seche Leonardo partisse assai per tempo da Firenze, non sembrandomi sopra tutto credibile che ne sia uscito mentre principe di quella guito, io son d'avviso
città
con
fioriva
tutte le arti belle
chiamato a dirigere lo
stato
dopo
o ben pochi anni
il
fino dal
magnifico Lorenzo de'Medici, 1470. Avrà
lasciata la sua patria
,
il
quale fu
dunque o intorno a tal anno onde altrove cercare occasione
d'impiegarsi nell'arte e poter godere di quella quiete tanto ai buoni studj necessaria, che sotto il governo debole di Pier di Cosimo fu sempre mal sicura
congiure,
fra
le
nel
nuovo ordine
d'allora ei
di
né parca potere prontamente ristabdn-sl Giudico che fin
cose che Lorenzo andava componendo.
recasse in
si
e le guerre,
le parti
Lombardia ed
a
qui forse chiamato dal
Milano,
neroso premio della decantata rotella comprata, a quanto dal
duca Galeazzo allorché nel 1471
Continuati in Milano
si
recò pomposamente a Firenze colla moglie.
preparossi a poco a poco la strada alle grandi opere la
riputazione.
sua
tempo
,
non
Che non rimanga
è meraviglia
tempo famoso,
suoi studj e rendutosi in processo di
i
,
ge-
può congetturare,
si
suoi
de' lavori
ricordo
dee principalmente
cui
di
quel
priiuo
perchè forse versarono principalmente intorno
alla
che non suole di sè lasciare piacevoli memorie; e ciò lo induco da una sua lettera in cui assai più che delle altre arti che pure egregiamente professava, egli fa gran pompa di questa, e vanta, probabilmente meccanica militare,
a
buon
di molti
in
arte
diritto, grandi invenzioni
anni
(o.
Lombardia
cesco Sforza
,
Nè
egli venisse,
allo
proponendosi di
della quale opera è verisimile
immediatamente dopo alcuni versi
che suppongono
del
la
che pongo
fra
le
stesso oggetto fa eseguito dal Veroccliio.
primi anni
nome
governo di Galeazzo
ricerche
taluno
e
l'esperienza
che
arguire
equestre
statua
la
di
Fran-
che vi fosse pubbhco argomento
morte di quel grand' uomo
Taccone,
lieto principio del
fare
le
anche
senza fondamento potrebbe
note
,
(•),
come può giudicarsi da e da un modello che
Forse anche
Maria
il
chiamò
fra
noi
che pari a Nerone ebbe
di ottimo e libéralissimo principe.
Chè
se poi
non
si
il
nei
volesse
,.
credere
antico fra noi
sì
,
parmi non
Lodovico
si
possa
suo spatriamento collocare più
il
relegazione di Pisa nel 1477, alla qual congettura potrebbe in qualche modo rispondere un passo del Bellincione (3). tardi del ritorno di
ultimamente
Salito
al
velo alla sua tirannide di
Leonardo fu
stabilita.
dalla
governo della Lombardia Lodovico
Una
ricchissima pensione e
del principe lo misero in istato di attendere alle
che lo studio ed
fece
arti
generosi doni
replicati
i
con
que'
tutti
comodi
di
liberale esercizio di esse abbisogna. Allora fu ch'ei rifondò
il
l'accademia milanese, istituendone una nuova cui diede
dovi tutto ciò che
Moro che
il
col prestar favore a tutte le nobili discipline, la sorte
il
suo nome, e insegnan-
disegno appartiene, col fondamento delle scienze e colle attratdve dell'eloquenza, nella quale era maraviglioso non solo per l'avvenenza al
dell'aspetto e per la grazia de' modi e
sentimento, per
la
Oltre minori opere delle quali è assai incerto allora
l'
incarico
ma
del sermone natio,
per
la forza
del
perspicuità delle sentenze e per la profondità della dottrina.
del
il
catalogo
e
l'esistenza,
ebbe
gran Cenacolo delle Grazie e del colosso equestre
del
duca Francesco. Quesd due grandiosi lavori l' occuparono probabilmente tutto il tempo eh' ei servi la corte presso Lodovico. Sedici anni impiegò egli a fare
modello del colosso
il
Cenacolo
dirà
si
,
molte opere d'ogni genere, le
si può giudicare che ne impiegasse La direzione dell' accademia di pittura e
quanti
:
in altro luogo.
lo studio delle scienze tutte,
idrauliche e delle meccaniche
esercizio
1'
,
ma
specialmente del-
dell' architettura
in fine della musica e della poesia, avranno renduto
al
di
,
passatempo
il
ore che a Leonardo avanzavano dalle dette due grandi opere di scultura e di pittura. Caduto il Moro nel i5oo, e involta la Lombardia in tristissime vicissitudini, o fosse amore di patria riacceso dall'avversa fortuna, o fosse quello stesso amore della quiete
del
civile
che io suppongo lo allontanasse da Firenze
governo di Piero
non
della sant'Anna,
parte
d' Italia
,
egh
,
vi
tralasciando gli
stipendiato
dal
ghiari,
tutti
m
col cpale
,
un luminoso
come
già
saggio
restituì
si
suoi
altri
duca Valentino
Tornato nuovamente a Firenze, fece patria
il
a Milano della
le
vi
col
,
Dopo
durante
fece
il
la
tempesta
famoso cartone
Nel i5oa viaggiò gran come architetto militare
studj. ,
(4)
Cenacolo e col Cavallo, diede in
sua nuova maniera
non eccettuati Michelagnolo cose di Lombardia nel 1607 egli
stipendio dal re di Francia.
e
celeberrimo cartone della Vittoria d'An-
approfittarono,
meglio
assai brevi le
altri
della
e Raffaeho.
ritornò a
viaggi o incerti
quale gli
artefici
Mentre piegavano
Mdano
ed ebbevi
,
o poco importanti
Roma nel pontificato di Leone ma poco vi si trattenne male accomodandosi la sua vita filosofica ed il suo lento meditare le proprie opere ad una corte romorosa, brigante ed avvezza in fatto d'arti, specialmente dopo
recossi a
,
,
,
la furia
da
di Giulio
,
a veder
prontamente poste ad
artefici risoluti, vivacissimi, quali
effetto imprese grandissime erano Bramante, Raffaello e Michelagnolo.
,
lì
In
sempre di quella
traccia
gli
venne turbata ora
che se in Toscana e in Lombardia
tranquillità
dalle vicende
fazioni, ora
dalle
guerra
della
venivagli
,
Roma dalla vigile emulazione e forse dalle brighe, non de' suoi grandi ma de" cortigiani loro fautori, s'appigliò al partito di andare in Francia
tolta in
rivali,
agli stipendj
gran re Francesco. Ivi poco operando
del
sua morte che avvenne
Melzo ed alcuni
del
passi del
del chiarissimo signor Venturi
zione
che d'altronde
,
fa
,
Lomazzo
non può ammettere
la critica
più onore
assai
Pochi lavori sembra che facesse
nuove perfezioni
seguendo
,
non sapea
ne accrebbe
opere
il
leggono
si
di quadri
si
,
diminuì certamente
pregio e l'eccellenza. Se
ed
,
ai
torre le
numero
il
si
crede
ai
si
,
ammira
in
Parigi
delle sue
condotte, in breve,
w
i
trattati
,
danno, per
le gallerie
.
Quale
de'
la
due
ritratto di
il
partiti
che di molte facoltà
ei
altresì
gli
si
sia
il
e specialmente
,
monna
Lisa che ancora
ragionevole
,
è
facile
porrà a considerare
il
compose; chi esaminerà, a dir
tutte le scienze
abbia poco operato di pittura e di rilievo storie
minori
,
delle tre maggiori sue opere, tutte
ingiusti
a la
il
gran
invenzioni in meccanica, le grandi opere idrauliche da lui
quanto debbangli
varj ritratti e
mercanti
i
perfezione con cui soleva con-
che chiunque
,
e
con cognizione
chi osservasse
opere veramente sue
le
che ne rimane, e
la parte
Certo parmi però
giudicarlo.
numero
attribuitegli
e della quale sono testimonio
Cenacolo per
sue produzioni,
ingiusta la taccia data da più scrittori
troverebbe forse
durle
cjuale,
dalle sue opere
delle
maggior parte delle opere che da tre secoli gli
il
il
cataloghi che delle sue
ma
si
tradi-
ora imaginava
,
mani
questo grand" uomo, d'aver poco dipinto;
elogi
sommo,
ora trovava
,
Leonardi che vantano
tanti
troverà fuor di dubbio
incerta
Questa lodevole insaziabilità, propria
e tutte a parer suo le lasciò imperfette. de' grandissimi ingegni,
l'
Francesco che a Leonardo.
al re
in sua vita questo artefice
le quali
silen-
il
e d'altri, e più le recenti ricerche
(')
profondissimo indagatore della inesauribile natura
ma
fino alla
secondo alcuni
e
,
nelle braccia stesse del re. Della quale circostanza, osservato
scrittori,
zio
trattenne
si
a di maggio del iSig a Cloux
il
si il
e ,
tutte le arti,
il
tutto
troverà ch'egli
quando non facendo parola dei
abbia riguardo
Cenacolo,
non
alla
grandezza ed importanza
Cavallo e la Vittoria d'Anghiari,
ora quasi interamente perite con incalcolabile danno
dell'arte.
L'angusto
confine d'un compendio
non mi permette di qui parlare delle altre opere sue, nè de' suoi scritti de' quali mi venne fatto di scoprirne alcuni del tutto sconosciuti ed importantissimi. Mi limiterò dunque a dire che Leonardo una intera età prima di Galileo, di Bacone e degli altri luminari della moderna filosofia, pose per fondamento universale d'ogni scienza, l'osservazione della namra e l'esperienza: che primo spinse le arti del disegno alla perfezione degli antichi; che ,
in
fine fu
superiore
al
suo secolo in ogni parte
dell'
umano
sapere
molte parti di esso non è stato ancora dai moderni sorpassato.
e che in
,
SCRITTORI CHE FANNO MENZIONE DEL CENACOLO. Troppo
lungo sarebbe
qui riportare Y intero catalogo degli
il
cialmente moderni, che parlarono del Cenacolo; accennerò soltanto che giunsero a
mia
notizia; e
dell'
importanza e della
i
spe-
,
principali
cominciando dai più antichi, scenderò
per ordine fino a quelli de" tempi nostri a seconda
autori
dunque
dandone più o men lungo ragguaglio
,
rarità delle loro opere.
'LUCA FAGIOLO. (1498W) primo ne' cui scritti veggo lodata cpesta pittura è frate Luca Paciolo Borgo S. Sepolcro. Nella prima sua opera pubblicata sul finire dell' anno 1494 che ha per titolo Summa de Aiithmedca , Geometria, Froportioni et FroporIl
,
dal
,
tionalità
sebbene
,
nardo non
si
faccia onorevole ricordo di molti artefici illustri
si
parla affatto
ignoto di persona
il
;
al frate
che
fa
congetturare
Vasari
ma
credere
fa
,
Leofu
Moro, ma Lombardia, nè prima, come
innanzi che questi venisse alla corte del
che la fama sua non era a quel tempo uscita di il
di
,
che non solo Leonardo
Perchè siccome il frate aveva avuto pricommercio in tutte le grandi città d'Italia, eccetto
stabilita altrove.
di quell'epoca stanza e
se avesse trovato grande il nome di Leonardo o a Firenze o altrove, non r avrebbe dimenticato là dove nomina tanti artefici inferiori a lui. Ciò volli dire per avvalorare la mia congettura che Leonardo uscisse di Toscana innanzi
Milano
,
fiorire
al
governo di Lorenzo, e che fra noi facesse gran parte de' suoi quella riputazione che gli diede in seguito il primato fra i
del
e ottenesse
studj
suoi pari.
Nella seconda opera poi dal Paciolo composta intorno alla
i
Sog e che porta per
Leonardo e del Cenacolo
di il
luce nel
,
ma
titolo
al 1498, che venne Divina Froportione, non solo si parla
ancora del famoso colosso equestre di cui e fin anche il peso del metallo che vi
Paciolo dà esattamente la misura
,
abbisognava per fonderlo. Nella dedica
Soderini
al
osservare scalpta
,
1'
la
inesatta
espressione
mano
di
Nel primo
a lui
dì 9 di febbrajo del
distinti
.
Leonardo
.
capitolo diretto al
(s).
Vincii nostri Leonardi tal
opera
Leonardo da Vinci, nel qual caso
segnate.
più
.
assicura
di
quale fece dire al Tiraboschi dove parla di
jìgure scolpite per
il
Scliemata
che
ci
mano
del codice della Divina Proporzione erano di
Moro accenna un
si
,
le
figure
È
ivi
da
manibus
Aggiuntevi
doveva dir
le
di-
consesso tenuto avanti
1498, al quale intervennero gli uomini della corte per dignità e per sapere e fra questi era Leonardo da Vinci ,
qual, die' egli, de scultura, getto e pittura con ciascuno
el
cognome
verifì,ca,
cioè
Ì4
vince
tutti
O).
A
prova di questo freddo elogio; dopo aver citata e descritta la Francesco Sforza, rammenta il ligiadro de F ardente desiderio
statua equestre di
de nostra salute simolacro nel degno e devoto luogo de fectione del sacro tempio de
Nel capo
mano
Cratie de sua
le
enfaticamente lodando la pittura
III
corporale e spirituale re-
penolegiato.
Ohimè
,
dice
,
,
chi
è quello
che vedendo una ligiadra figura con suoi debiti liniamenti ben disposta, a cui solo
par che manchi
el fiato
non
,
la giudichi cosa
più presto divina che umana
E
?
tanto la pictura imita la natura quanto cosa dir se possa. El che agli occhi nostri
evidentemente appare nel prelibato
salute
non
nel qual
,
è possibile
simulacro de
l'
al suono de la voce de l'injallibil verità, quando disse:
TDRUS
Dove con admiratione par EST.
ardente desiderio
con maggiore attentione
a
acti e gesti l'uno
vivi gli apostoli
de
nostra
imaginare
unus vestrvm mh tradi-
l'alao a l'uno con viva e af-
l'altro, e
che parlino, si degnamente con sua ligiadra mano el nostro Lionardo lo dispose. Al capo XXIII avendo negli antecedenti parlato de' tredici principali effetti della sua divisione proporzionale, si protesta di non voler oltrepassare questo
flicta
,
numero a
sacro del
qual
duodena
reverentia de la turba
collegio
continua
,
singoiar dcvotione per haverlo
il
frate
e
,
nel preaducto
luogo
sanctissimo capo
del suo
comprehendo
V.
D.
sacratissimo
.
.
.
Celsitudine
havere
tempio de
Cratie
dal nostro prefacto Lionardo con suo ligiadro penello facto disporre. Al capo VI delle cose arcliitettoniche ci assicura di nuovo ciò che disse al
Soderini intorno
alle figure de' corpi.
del Cenacolo
tizia
a
,
compenso
Ho
della
sperato invano cjualche più utile no-
nojosa lettura di questo libro del quale
avrò nonostante occasione di parlare altrove.
Panni dover qui avvertire essere necessario di procedere con cautela nel fede alle proposizioni di questo autore. L' incerto ed imbrogliato suo fraseggiare è cagione di mille dubbj ed ha indotto molti in errore. Egli introdusse con pessimo esempio, e in ciò fu forse il primo, lo stile contorto, prestar
,
e ripieno di tropi
affettato
,
che in quel tempo applaudivasi
sul
pergamo
,
nelle
materie didascaliche che più d'ogni altra esigono scrupolosa lindura, semplicità e proprietà, sia ne' vocaboli sia ne' modi. La maniera con cui all'epoca del libro,
non
sopra
intorno
al
principiare
cioè abbozzata.
La
al
frase
Un
passo tre
(.»)
ma
,
fa
non
fosse
soltanto disposta,
che indicai usata per dire di Leonardo
in legno.
soli
dell'anno 1498, descrive il secondo e terzo passo qui
termine a cui lasciolla l'autore,
Divina Proporzione
che
Il
Ceitacolo fanno cjuasi sospettare che quest" opera
tempo condotta
libro della
der.e
al
equestre, lo fa credere fuso in bronzo.
citati
a quel
stampa di esso, cioè
della
già
colosso
le figure del
pensare che quelle fossero incise in rame o
dove parla della sua partenza da Milano farebbe cre-
anni fosse stato Leonardo pensionato dal duca Lodovico.
così dicasi di altri luoghi di detta
E
opera che ogni paziente può esaminare, e
«5
fbe risvegliano non irragionevoli congetture di cose
Intorno
false.
duLbj qui
ai
sopra indicati esistono fortunatamente notizie e ragioni in contrario che tolgono
ma
ogni pericolo di errore:
può da
si
in grazia delle frondose sue frasi
che da
nello della
Ad
opere, sebbene ora quasi dimenticate, sono per molti
le sue
voli,
con quanta precauzione,
questi imparare
deliba usare della sua autorità nelle cose
si
dichiarate o confermate.
non vengano
autori
altri
,
modo però
ogni
prege-
titoli assai
hanno gran debito, come può vedersi siasi poi o no fatto bello delle opere di Piero Se egli altri. ed in Ximenes solennemente il Vasari è difficile il attesta maestro come suo Francesca ed è certo che
le
Matematiche
gli
,
,
ad evidenza
chiarirlo
nè
,
vi riusci
Paciolo perchè anch' egli
dell'
il
Tiraboschi.
Della Valle
Il
ordine di san Francesco
confratello del
difende assai debol-
il
,
,
men forti ragioni. mente colla gran fama della quale godeva di addurne una più valida, e che La lettura de' suoi libri mi ha posto in istato Valle credetil Della sola a mio parere può bastare all' intento. Il Tiraboschi e fatti; e l'opinione tero morto Piero della Francesca prima d'assai che non fu in ch'egli abbia cessato di vivere intorno al 1484 fu anche ultimamente accreditata con
in Italia e
altre
dall'egregio abate Lanzi nell'uhima impressione della sua Storia Pittorica. Se gli
che scrissero del Paciolo
autori
nome
Piero col
di
,
avessero
avrebbero trovato
stampata nel 1494 <),
Monarca a
della pagina
el
il
menzione
vi
,
ma
ancor vivente,
di
che non avrebbe
XIX
delle
aggiunge quanto basta onde
Più chiaramente poi
a tergo
,
68 parlando di Piero con nuove lodi, lo dice non solo, a
li
di
recentemente autore d'un degno libro di prospettiva^
nel qual altamente de la pictura parla e la
bel principio
enfatica frase al capo
la stessa
nel iSog a Venezia
che a quel tempo più non vivesse.
far credere
nostri
scritte
al
tempi nostri della Pictura,
li
detto s'egli era morto: che s'ci ripete
cose di architettura
sua Simiina de Aritlunctica
la
letto
forvisi
ponendo sempre al suo
dir ancora ci
modo
figura del fare. El cpiale, continua frate Luca, tutto habiamo lecto e discorso: lui feci vulgare
qual
suo assiduo consotio latina
,
poi
e
;
el
le
10 parole
le
la
Summa
sarà stata
rlietonco
exquisiti
9 recercano la proportione.
proportionare piani e figure con quanta facilità
So bene che
e
conterraneo maestro Matteo
ad verhum con
ornatissimamente de verbo
opera de
famoso oratore poeta
e similmente
E cosi
mai
si
lo
vocaboli.
greco
De
con instrumenti
possa
e
latino
a lengua
l'ecò
la quale li
insegna
e vie apertissime ecc.
composta in parte alcuni anni prima, come
apparisce in qualche luogo dell' opera e specialmente nelF articolo Idem noian-
duni de caratteribus algebraticis data di Perugia del 1487. frate,
della
a tergo
pagina 67
siccome l'edizione fu
,
fatta
dove sotto
si
gli
legge una occhi del
e dice egli stesso in fine che liane summam... impressoribus assistens die
noctuque proposse
manu
correre errori di fatto a quel
,
Ma
tempo
si
propria castigavit gravi
,
fosse stato morto.
come
il
,
non
dir vivo
da credere che vi lasciasse
è il
famoso suo maestro quando
,
Se poi
libro
il
dedica
nella
,
lungamente qui sopra descritto
duca
al
pictorìa e de la lineai forza in perspectiva ,
il
C|ual era
Paciolo
il
tore dell'opera trafugata,
dedicandola a
)
da Montefeltro e Pier Soderini.
\
Vasari,
nare
;
rebbe
distinto e stimato
per
tanti
^
per propria un' opera
lo spacciare
,
che
se
il
frate avesse
il
altrui
Moro, Guidubaldo fatto come attesta il
uomini quali erano
tali
Il
plagio
,
assai col titolo di
piià
stata
immediatamente scoperta
e vergogna perpetua. \^
uomo
il
pazzo che di sfacciato parmi dovrebbesi nomiperchè o da que' principi o dai letterati delle lor corti , l' impostura sa-
I li
arte
l'
supponendo morto l'audiventa una impudenza incredibile e del tutto nuova è improbabile
,
negli annali delle ruberie letterarie
virente l'autore,
citato
de
tractcuo
lascio volentieri all'altrui giudizio.
Ciò che parrai sicuro egli è che se in un titoli,
che quello
sia lo stesso
Urbino e che chiama Compendioso
d'
edizione
eh' ei
Restami
a
e
,
l'
pubblicò delle Vite
impostore ne avrebbe avuto danno
che
notare
Vasari istesso
il
tralasciò
,
l'
f
stampato nella prima, nel quale veniva infamato
il
Paciolo
(>),
seconda
nella
Piero
di
epitaffio
la
che
aveva
qual cosa fa
supporre che l'autore dell'epitaffio avesse cangiato opinione intorno al frate, senza ragione. Aggiungasi in fine che il Paciolo pro-
e temesse di offenderlo
mette di dare un compendio da lui
che I
prova quanto
si
fatto
dell'
opera
fosse lontano dal defraudarlo
ei
del suo maestro
(.s)
non che del
libro
,
,
con della
lui anzi con cieco amor patrio esagerata ad ogni occasione. Della quale esagerazione, perdonabile ad un riconoscente discepolo, può esser
lode dovutagli, da testimonio la
'.^
non
esaltato,
architettonico
solo
del
di monarca della pictara con cui Piero fu da lui Sumnia pubblicata nel 1404, ma anche nel Trattato epoca in cui Milano e Firenze godevano le meravi-
frase
citata
,
nella i
$09
,
Roma
gliose opere del Vinci e del Buonarroti, e
per •
mano
Ma
Vasari non
il
più antico
,
fu
accusatore
che pubbhcò jleury
in
solo
il
di
cpiesto
1.529
della
il
corpo e
pagina xxxiv pretende
porzione della lettera dire
eh' ei
A
ragiona
,
si
menzione
cose
è esagerato
autore di
riforme,
come prima
,
ne copia
di lui, senza dirne
il
ricca
A
tergo
il
frate
sulla
pro-
Proporzione
,
prete ragionerebbe d'armi, e
lettera
tutto
ma
stravagante,
correggere
Cliamp
romane o
dette
della sua Divina
come un
,
intitolato ,
di varj artefici italiani.
due righe
come qua e là pel libro si studia non solo ma del tutto disdicevole
Paciolo in cose piccolissime
libro attiche
umano, opera
viso
che cominciando a sbagliare dalla prima tutte l'altre,
lettere
fa
cjuesto
tai
curioso
delle
il
e citando di
suo
il
nel quale diede le proporzioni
di varia erudizione, e nella quale
osa
Romani. memoria del Paciolo. Un altro povero frate fu Goffredo Tory de Bourges
nemico
l'anno
Parigi
antiche, regolate secondo
della
già vedea risorgere in Vaticano
di Raffaello l'antica eleganza de' Greci e de'
,
allo
stesso
d'avvertire.
nel
Il
modo procede
in
quale rimprovero
Tory che mentre accusa
il
sistema con poche aggiunte o
nè bene nè male, aveva
fatto
Alberto
,
>7
Durerò. Aggiunge poi ciò che più mi preme di qui notare, cioè ch'egli aveva inteso dire che l' opera del Paciolo fosse stata da lui segretamente rubata al fai messire Léonard Vince, qui
Ma
estoit
gmnt
Mathematicieii , Paintre
et
Imageur.
non adduce il Tory prova veruna, ed egli che fu in Italia e a Roma, e che potè conoscere Leonardo in Francia, avea ficile via di verificare ciò che aveva udito susurrarsi né avrebbe mancato di farlo cjualora per effetto delle di ciò
,
,
sue ricerche avesse sperato verificare la colpa del frate
non
,
contento di screditar l'opera del Paciolo onde dar credito
positivamente asserir nulla del suo plagio
con che non detto che
il
,
si
l'
innocenza.
Ma
sua, nè potendo
alla
accontenta di dargli mala voce
accorge di una patente contraddizione, cioè che poco dopo aver Paciolo tratta della forma delle lettere, camme clerc d'armcs, dice che si
lavoro dato per suo era del grande matematico, pittore e scultore Leonardo. Col qual colpo in fallo verrebbe a dire che Leonardo parlava di tali cose da il
presontuoso ignorante,
il che non accordandosi con gl'infiniti elogi da lui ripetuti a questo grand' uomo, scuopre all'evidenza la sua cattiva fede contro frate Luca. Che se poi il frate si fosse servito per f opera delle lettere della mano di Leo-
nardo
,
come
fece pei corpi regolari da
non avrebbe mancato
onde accrescer pregio al suo lavoro Leonardo delineatigli. Con tale ingenuo modo egh si professava di cavare la maggior parte della sua grande opera non solo da Euclide e da Boezio ma da Leonardo da Pisa dal Giordano da Biagio da Parma da Giovanni Sacrobosco e da Prodocimo Padovano. E se finalmente il frate avesse tolto a Leonardo il sistema delle lettere, il che sarebbe avvenuto di di parlarne
,
,
,
,
,
,
reciproca intelligenza, ciò in sostanza è
si
poca cosa per un tanto
artefice, e
piccola parte della gloria matematica del frate, che la fama di questo
sì
non avrebbe
detrimento da tale mancanza o superchieria, anche qualora venisse provata (.4). avvertire che dopo tante vane ricerche la fortuna mi ha renduto nel mio ultimo viaggio d'Italia possessore del libro di Prospettiva di Piero della
Mi rimane ad
Francesca, prezioso codice colle figure di sua mano e colla traduzione latina di Matteo dal Borgo quale in somma il Paciolo lo descrive e nulla in esso ,
si
legge che
il
Paciolo
;
abbia usurpato nelle opere sue.
Solo dalia maniera di
molte teste in tal codice disegnate, si scorge ad evidenza che le due incise in legno nel libro della Divina Proporzione sono prese da disegni di Piero, e male furono da taluni attribuite a Leonardo; e da ciò si può congetturare che anche le
cose architettoniche abbiano
la stessa origine, perchè, al pari delle accennate sono di troppo lontane e dallo stde di Leonardo e dalla perfezione cui questi era giunto tanti anni prima dell'epoca di quel libro.
teste
,
Dalle quali osservazioni, sfuggite alla diligenza del Tiraboschi del padre Della Valle e d'altri che parlarono di questo autore, sembrami aver sufficiente ,
argomento onde sia
assicurargli la proprietà e il merito de' suoi scritti. Bramo mi perdonato questo lungo diviamento dalla materia: io ho creduto di dovermivi
,,
abbandonare per conservare all'Italia in frate Luca, non l'inventore delle lettere che ciò poco monterebbe, ma uno de" ristauratori delle matematiche, il
attiche,
cui
nome, siccome
scomparso dalla
di plagiario, sarebbe
sarebbe rimasto con infamia. Così, restituendogli della Francesca,
volea fare
un
parmi d'aver
fatto
o vi
storia letteraria,
suo senza tor nulla a Piero
il
due grandi uomini di coloro de' quali il Vasari una falsa tradizione (").
solo, seguendo inconsideratamente
G IO ROTO EOVECNATINO. i5oo
(
Da un i
Dialogo MS.
domenicani
alle
domo multomm per
vero in refectioms est, quarìi
Giorgio Rovegnatino colTaegio, opera ch'esisteva presso
di
Grazie ,
)
,
trasse ipsius
il
Pino
(«> il
seguente passo circa
( Ludovici) pariter
jiissu
il
Cenacolo: Quce
apostoloriun tabula depicta
,
E
longissirnas horas defixit obtutus.
a
lungo e più volte deb-
bonsi osservare le opere famose da chi ne brama vera istruzione e vero
diletto.
POMPONIO GAURICO. (
Nel
i5o3
)
Libro de Sculptura di Pomponio Gaurico
et ipse Alverochii discipulus
Leonardus
Vmcms
,
equo
Bois maximo, Pictura Symposii , nec niinus
in
et
loda
si
Cenacolo e pel Cavallo. Postremo ( commendatur )
,
ilio
,
Vinci in ispecie pel
il
ecco
le
quem
parole
dell'
ei perficere
autore
non
licuit,
archimedeo ingenio notissimus.
RAFFAELLO MAFFEL i5i6 = 17
(
là
)
Ne' Comuientarj urbani di RaiTaello Volterrano al libro dove r autore ricorda alcuni illustri artefici e qualche
ragione
cita
il
si
in
cede
genitricis
(Uvee
sottintende dipinse). Scrisse
come apparisce
dalla
recentissimo
L' inesattezza circa
("7).
dell'Antropologia
Cenacolo in proposito di Leonardo. Leonardus Vincius
XII Apostolos Mediolani (vi
XXI
lor opera principale
il
de gratiis
Volterrano un
morte di Giovanni Bellino, il
,
presso accennata
luogo ove trovasi
a
opus prcedicatissimum
passo poco dopo
tal
ivi
,
,
die' egli,
la pittura, è
il
t5i6,
come
caso
compensata
dal giudizio nella scelta dell'opera che l'autore elesse per saggio del valor dell' artefice. Il
contrario fecero a gran
torto
affastellarono ne'loro brevi articoli sul
il
Moreri e
Vmci,
e del
il
Milizia che molte inutilità
Cenacolo non fecero parola
(n).
•9
BERNARDINO ARLUNO. iSao = 3o
(
Tra
)
molti valenti uomini di ogni facoltà riccamente stipendiati da LodoMoro, novera Arluno Leonarduin pictorem inoUissimum cujiis in lume diem picturce vivunt. Quantunque il Cenacolo non sia qui specificato è chiaro accennarvisi complessivamente e il non leggersi anzi in questo passo verun
vico
i
il
l'
,
,
;
ulteriore l'
ragguaglio di
Arluno non avesse
tinista
scrisse
opera
tal
prima del i53o, e
dell'edizione delle
deU'Oporino, e
,
fa
pensare che
epoca dello
all'
essa soffèrto alcun detrimento notabile.
sue storie
le
parole qui citate
leggono
si
alla
la-
pagina 56
procurata dal Magioragio in Basilea co' 98 del codice ambrosiano della stessa opera.
al foglio
del-
scritto
Questo lezioso
,
torchj
PAOLO GJOFIO. (i5.,)
La
vita di
Leonardo
scritta
latinamente dal Giovio, e già
Tn-abosclii, doveva ricomparire alla luce unita a cpelle di
fatta
pubblica dal
Michelagnolo e di
Raffaello similmente stampate nella Stona letteraria, illustrate tutte da copiose note
del conte
Anton Giuseppe Rezzonico. Questo eruditissimo
tutte tradotte
in italiano, o
il
scrittore
dopo
averle
seducesse l'ainenità dell'argomento o l'allettasse
la messe abbondante de' materiali raccold per le note s' invogliò di fare una più ampia storia di Leonardo nelle due lingue ma qual che ne fosse la cagione, sgraziatamente non la condusse a termine. Il signor Marco Cigahni degno erede de' Rezzonici mi ha cortesemente comunicato l'autografo dal quale ,
;
,
,
comprende che il conte Anton Giuseppe non era contento del modo con cui le dette vite furono pubblicate, e che riconosciutivi molti errori e mancasi
menti
,
pubblicando
sua di Leonardo
la
date di vane illustrazioni. la
metà circa
di cpello
0 Cenacolo
La nuova
storiche
dice
,
noi prova
finita la testa
,
e
tale
pensava a quella premetterle corredel Rezzonico , quantunque sembri
che parrebbe doversi estendere, non giunge a de-
a
un opera appartiene, comecché scrivere
,
vita
solo foglio volante lo scrittore appaja
che
cose della pittura.
nelle
alla
descrizione di
sempre buon
Imperocché
in
questa
nelle
critico
cose
quel foglio
del Salvatore, e loda la mediocrissima copia del
Loniazzo,
eseguita da questo negli anni giovanili senza badare altrimend all'originale, con pessimo colorilo e con grandissime scorrezioni di disegno.
La
brevità
e
l'
eleganza
corretta la vita del Giovio
dell' ,
opera mi consigha di
alla
cpiale
unisco
la
cjui
riprodurre intera e
traduzione del Rezzonico.
,
\
'20
Ex
codice Paul. Jovii extante in hibliothecala Antonii Joseph a Taire Rezzonici.
Leonardi Vinci i Leonardus a Vincio, ignobili Etmrìce negans ab
iis
rccte
vico
vita.
magnani
,
picturce addidit claritateni,
nobilesque artes velati necessario
posse tractari, qui disciplinas
pictum famulantes non attigissent. Plasticeni ante alia penicillo prceponebat, velati archetypum ad planas iniagines expiiinendas. Optices vero praceptis nihil antiquius duxit, quorum subsidiis fretus luminum et unibrariun rationes diligentissime vel in
m
nuninus custodwit. Secare quoque noxiorum hominuni cadavera ex
omnium formam
in
Sed dum
excuderentur.
ad annorum
usque
tabellis
ut ex eo tot
solertia figuravit,
in
venidas
exiles
conatus
et
ad
initiis
absolvit.
,
diruto
Christus in tabula
eo
an
Ccenaculo
insigni
cum mave
pugna
juglandino oleo
inexpeclatce injaricB juslissimas videtur.
tolli
asportaretur.
posset
Extat
ut in
,
infans
et
Annaque avia colludens, quam Franciscus collocavit. Manet etiam in comitio Carice Flo-
atcpie Victoria de Pisanis,
tectorii colores
circuniciso pariete
protiniis
Virgine
Calila coemptani in sacrario
rcntince
semper
Mediolani in pariete Christus cimi di-
est
ut anxie sjxctando proximos interrogavit vel
niorosius
repudiatis
cujus operis libidine adeo accensian Liidovicum regeni feriint,
scipulis discuinbens ,
Calliani
utilitatem
artis
qimrendis plunbus angustw arti admimculis
In admiratione tamen
mira
ossium
interioraque
opere infinita exempla
vacaret , paucissima opera levitate ingenii naturalique fastidio,
vitio
medicorian
nervorum vertebranunque naturali ordine pingerentur. Propterea panicularum
vi
rcx
ipsis
inhuniano fasdoque labore didicerat, ut vani menibroruni Jlexus
scholis
preclare
intritos
dolor
admodum
sed infeliciter inchoata
singidari contumacia respuentis ; cujus
interrupto
plurimum
operi gratice
addidisse
Finxit etiam ex argilla colosseum equum Ludovico Sfortice, ut ab eo panter
ceneus superstante Francisco paO'e illustri imperatore Junderetur; in cujus vehementer incitati
stissimo; et
ac arbiter
cum esser,
elegantim omnis delitiarumque
ad lyramque
mire placuit. Se.ragesimum eo majore ejiis
summa
ac anhelantis habitu et statuarice artis et rerum naturce eruditio
deprehenditur. Fuit ingenio vcdde comi, nitido, liberali, vultu
amicorum
luctu,
et
scite
cancret,
maxime
cunctis
venu-
theatralium mirificus inventar
per
omnem
septimum agens annum in Callia
quod
longe
aiitem
in tanta adolescentium turba
cetatein principibus
vita
functus
qua maxime
est
officina
jlorebat , nullum celebrem discipulum reliquerit.
Traduzione. «
Leonardo nato
in Vinci, terreita della
Toscana, recò
alla pittura
»
onore col dichiarare non potersi esercitar rettamente da quelli
11
avessero apparate le scienze e
l'arti liberali
grandissimo i
quali
non
che servono di sostegno necessario
,
» » »
cuore che parti
le ottiche istruzioni,
minutissime
»
della natura
1'
differenti
» li
i>
w y>
li
»
» 1)
,
non tralasciando
ncella,
con
rame innumerevoli
1.
le
sottili
m
Milano,
muro
,
sebbene con un
tal
fatto
1)
1)
ogni
esile par-
la tessitura interiore si
delle ossa,
dovessero
incidere
minasse
il
famoso
Gesù scherzante
refettorio
ove cam-
colla
i
Pisani
,
in-
cominciata con una grandezza incomparabile, ma che ebbe un esito infelice per difetto dell'intonacato il quale non sosteneva i colori stemprati alf olio
sebbene grande fosse
stata la
diligenza nell' applicarli.
tale
accidente
abbia accresciuto
Moro
il
Sembra che
il
in creta
pregio
un
all'
il
rammarico
opera lasciata
cavallo
colossale da susseguentemente in bronzo e sopra vi doveva figurare il di lui padre Francesco celebre guerriero, nella stessa materia. Ammirasi in questo travaglio la veemente disposizione al corso e lo stesso anelito, nelle quali cose
fondersi
,
comprende
genza in
somma
la
perizia dello scultore, e quanta fosse la sua intelli-
che appartiene agli
tutto ciò
'
effetti
della natura. Spiccarono in
Leonardo doti di grande compitezza, accostumatissime generose maniere accompagnate da un bellissimo aspetto; e poscia che egU era raro e maestro inventore d'ogni eleganza e singolarmente dei dilettevoli
» la »
scuole anatomiche a
in tavolette
del Consiglio di Firenze la battaglia e vittoria riportata contro
» si
«
si
fanciuUetto
d'un
i>
le
apprendere
Vergine madre e r avola sant' Anna , quadro che comperato dal re Francesco venne da lui posto tra gli ornamenti più preziosi del suo gabinetto. Campeggia nella sala il
Travagliò per Lodovico
1)
venuzze e
stesse
in
tracce
rappresentare
era stancato di
si
le
quale tanto piacque a Luigi XII che rimirandola con passione, si avesse potuto trasportare in Francia col tagliarla
la
» imperfetta.
»
attenne per fino
Per seguire
agli ascoltanti se
» giustissimo
»
quali
Mentre però nella ricerca di moltiplicati sussidj ad un arte ristretta soverchiamente moroso affaticavasi, condusse a termine pochissime opere, spinto da naturale leggerezza e volubilità di talento a scartarne sempre le prime idee. Si ammira non pertanto con istupore la Cena di Gesù Cristo co' suoi Apostoli dipinta sul muro
dal
.1
membri, non
co-
Niente ebbe più a
sposizioni a benefizio dell'arte.
peggiava. Esiste in tavola
).
delle
e della luce.
accuratezza che da un travaglio di tanti anni
tale
m
1)
»
ombre
immagini.
e dalla disposizione dei nervi e delle vertebre
piegature e sforzi dei
»
»
pianate
coli' agiuto
teoria delle
la
travaglio di plasma la precedesse,
il
le
con applicazione inumana e stomachevole nelle tagliare i cadaveri dei malfattori. Figurò con ciò
» richiese
»
che
egli
modello da cui trarne
vero
51
»
Voleva
alla stessa pittura.
me
musica esercitata
grado a
tutti
li
principi che lo conobbero.
i>
di sessantasette anni cessò di vivere
V
amici,
che
» disciplina
,
tra
non
sì
possedendo anche divenne caro in supremo Trovandosi in Francia nell' età
teatrali
spettacoli,
sulla lira in canto dolcissimo
,
con pena tanto più sensibile de' suoi grande copia di giovani i quali studiavano sotto la di lui
lasciò
verun scolare
,
di
primo grido.
»
Troppo aspro altro
era
è
giudizio del Giovio intorno
il
del modesto Raffaello
giudizio
il
Cesare da Sesto,
e
del Boltraffio e del
ai
si
confondersi con quelle di Leonardo
il
Luino che pure può
dirsi della
Ben
discepoli di Leonardo.
che quasi
mettea del pari con le
opere del Melzi,
sua scuola, distrugge l'opi-
onor grande ai discepoli non meno che al maestro. Ho creduto per ordine di tempo dover qui porre cjuesta vita, perchè quantunque non si sappia in qual anno sia stata scritta, non debb' essere di molto posteMichelagnolo non riore alla morte di Leonardo; imperocché quella che segue, di credere che il parla della famosa pittura del Giudizio universale, con che è da nione del Giovio, e
fa
,
Giovio divi,
Le
la scrivesse
ma prima
non
solo vivente Michelagnolo,
che fosse
fatta
o almeno
migliori cose inedite de conti
come
fecero
il
Vasari e
scoperta quella pittura, cioè verso
il
Con-
il
1540.
e Gastone Rezzonici
Anton Giuseppe
non
rimarranno ignote lungamente. Il lodato erede le ha di già in gran parte dihgentemente ordinate onde elegantemente pubblicarle.
MATTEO BINDELLO.(
i5..
)
Le vicende della guerra che lungamente turbò la Lombardia , ruppero il in cui preparacorso felice delle arti e delle lettere in Milano nel momento per gettare in stava Leonardo allorché appunto vano frutti migliori e per l' al Cenacolo. finimento l'ultimo dare per forse e bronzo il colosso equestre gli autori di tal pochi sono quale sì la per ragione la Questa è, a mio credere, ad altro là nè qua Sbandati e insigni. opere due queste epoca che parhno di ,
volti
opere
che
alla
altrui
propria salvezza, male potevano dar pensiero a commendare le si volsero a lodare i potenti , e allorquando attesero a scrivere ,
;
mezzo alle pubbliche da che se traevan poca fama, avean oro e protezione in ogni nazione ed in presso che avviene scrittori degli fame questa calamità. Da ogni tempo abbondano
umana,
della forza
onorano che de
1'
e
umanità. L'
tanti
feroci ed
i
più minuti ragguagli intorno agli abusi sanguinosi le memorie delle opere d'ingegno che più
mancano Italia
certamente
si
onora
astuti guerrieri del secolo
assai
XV
e
più
dell'
XVI,
unico Leonardo
e pure di costoro
non abbiamo abbiamo lunghi elogi e storie minute di ogni azione, mentre il poco che ho citato, per quante Dopo notizie. certe mal poche e dell'altro che non mi venne alle mani altro scrittore che parli del diligenze mi abbia fatte ,
Novelle. Mi è Cenacolo, più antico di Matteo Bandello autore delle famose della nostra opera, menzione fa che passo il intiero riportare necessario di ,
congetperchè sparge moldssima luce sulla storia di essa, e rinforza diverse della dalla dedica tratto Esso è eseguita. cui fu con modo sul ture sul tempo e Gonzaga. Rangona Ginevra a diretta I , della Parte Novella LVIII
,
Erano
Milano al tempo
in
refettorio
cheti
di Cristo con
se
il
quale aveva molto
Uberamente dicesse sovra quelle
il
Vesconte
Duca
di
Milano
V eccellente
pittore
Leonardo Vinci Fio-
caro che ciascuno veggenda
le
sue pitture,
suo parere. Soleva anco spesso, et io più volte veduto e considerato, andar la mattina a buon'ora e montar sul ponte, perché
Cenacolo
alquanto da terra alto: soleva, dico, dal nascente non levani mai il pennello di mano, ma scordatosi
bere, di continovo dipingere.
avrebbe
il
è
brunita sera
v'
Sforza
Grazie dei frati di s. Domenico , e nel ne stavano a contemplare il miracoloso e famosissimo Cenacolo delle
suoi discepoli, che allora
i
rentino dipingeva;
Fho
Lodovico
di
alcuni gentiluomini nel monastero
messa
mano ,
solamente contemplcwa
,
Se
n<ì
sarebbe poi stato dui,
tre
sole sino il
all'
mangiare
o quattro di che
im-
et il
non
dimorava talora una o due ore del giorno , e considerava et esaminando tra sé le sue figure giudicm'a. e
tuttavia
L'ho anco veduto ( secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava partirsi da ) mezzo giorno, quando il sole è in liane, da corte vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto alle Grazie et asceso sul ponte pi; il pennello, et una o due pennellate dare ad una di quelle figure, et di subito
gliar
partirsi et il
vecchio,
andar il
altrove.
quale
in quel tempo che il
si i
Era
in quei dì alloggiato nelle Grazie
abbattè
ad
il
cardinal Gurcense
entrar in refettorio per vedere
sovradctti gentiluomini
v'
erano adunati
d detto Cenacolo Come Lionardo vide
cardinale, se ne venne
colto
e
giii a farli riverenza, e fu da quello graziosamente racgrandemente festeggiato. Si ragionò quivi di molte cose et in particolare
dell'eccellenza della pittura, desiderando alcuni che si potessero veder di cpielle pitture antiche che tanto dai buoni scrittori sono celebrate, per poter far gimlicio se i pittori del tempo nostro si ponno agli antichi agguagliare. Domandò il cardinale che salario dal duca il pittore avesse. Le fu da Lionardo risposto che d'ordinario aveva di pensione duo mila ducati, senza i doni et i presenti che tutto il di liberalissimamente il duca gli faceva. Parve gran cosa questa ed cardinale, e partito dal Cenacolo, alle sue camere se ne ritornò. Lionardo allora a quei gentiluomini che quivi erano, per dimostrare che gli eccellenti pittori sempre furono
onorati, narrò una bella istorietta a cotal proposito. Io che era presente ed suo ragionamento, quella annotai nella mente mia, et avendola sempre tenuta nella memoria , quando mi posi a scriver le Novelle , quella anco scrissi ecc.
La Novella che segue è di
fatto
farsi beffe
,
e che conta
un caso avvenuto
a frate Filippo Lippi
posta in bocca di Leonardo, dell'
che incomincia la sua narrazione dal ignoranza del cardinal Gurcense e della sua poca pratica dei
buoni autori che narrano la
mi
le glorie della pittura. Li qual tempo sia stata scritta prefazione, non trovo indizio alcuno onde congetturarlo. Siccome però parda credere che tutto il libro delle Novelle sia stato dal frate
composto
avanti eh' et fosse fatto vescovo, ciò delle
notizie
del Vasari
le
mi
basta per porre questo suo passo prima
cui Vite videro
la
luce nel i55o,
cioè
appunto
neir anno
diede
Francesco I
cui
in
vescovado
il
Agen
di
per giudicare dell' elà del Bandello
anche da osservarsi , neir ultimo decennio
del
antecedente
secolo
Novelle, se male conveniva
al
vescovo, non
e
,
,
clie
al
licenza
la
È
Batidello.
era già frate
eli egli
sue
delle
anzi diventa incredi-
è naturale,
bile nel settuagenario. Aggiungasi in fine che è nota la data di molte sue Nodelle Vite del Vasari, velle che retrocede d'assai dall'epoca della prima edizione
che ognuno può scorgere dalle sole dediche; e chi di ciò bramasse piili ampie notizie, le cerchi nelle opere del Napione e del Mazzucchelh. Per le Biondo stesse ragioni ho citato il Bandello prima del Sabba da Castighone e del menzione. si fa c^ui quaU libri de' Vasari co' che d' un solo anno prevennero il il
Di
ciò volli avvertire
perchè
lettore,
il
dopo
quattro anni
pate, la prima volta,
Novelle del Bandello furono stam-
le
la detta
prima edizione del Vasari.
SABBA DA CASTIGLIONE. (1549) di monsignor Sabba da Castiglione, al della casa, nel quale vengono acornamenti Circa gli ricordo centesimonono le camere secondo il gusto abbellire soglionsi cui cennate le opere varie con
Nei Ricordi ovvero Ammaestramenti
di ciascheduno, leggesi
adorna di opere
)
il
mano
di
seguente curioso passo intorno a Leonardo. E chi ( le di Leonardo di Vinci, uomo di grandissimo ingegno e
Vìrocchio
nella pittura eccellentissimo e famosissimo discepolo del delle arie si conosce, e
cezza
delle figure
primo inventore
delle lucerne, ancora che dal Cenacolo di santa
fuora (opera certamente divina, lavori si trovano di sua
mano
e
per
tutto
tria,
all'architettura e
Milano ove tale che non
sedici
notomia
;
e
oltre
anni contimd consumò,
poteva dire avere perduto
si
trascuragine di alcuni (li quali siccome
mano )
la
e
il
il
dico )
una
cosi
come
alla dol-
ombre
Grazie eh Milano in e
celebre) pochi cdtn
tutto
,
diede alla geome-
si
occupò nella forma del cavallo certo che
tempo
e la fatica.
et io
vi
le
di
dignità dell'opera era
la
non conoscono
lasciamo vituperosamente roinare,
e dispiacere strieri
ciò si
,
tolte dalle
doveva attendere alla pittura nella
sarebbe
quale senza dubbio un nuovo Apelle riuscito
delle
mondo famosa
il
perchè quando
,
Maria
grandi
Ma
virtù
ricorda ( e
nobile et ingegnosa opera fatta
,
la
ignoranzia e
cosi nulla l esti-
non senza dolore bersaglio
a'
bale-
guasconi.
In niun
altro autore, cred' io,
tranne questo,
si
legge
come invenzione
di
delle lucerne. Quest'uso debb' essere
le figure coli' ombre l' ingrandire certamente di grande antichità, e secondo alcuni retrocede fino all' invenzione della pittura attribuita a varj nomi favolosi. Ma io opino che egh si servisse
Leonardo
delle lucerne
/
non
già per ingrandire le figure
,
ma
per disegnare prontamente
25
metodo usato anche dal Buonarroti, secondo che narra questa invenzione, sia pur sua, trattandosi di cosa volgare e continuamente sotto gli occhi di ognuno non è tale da far onore ad un ingegno qual era quello di Leonardo; e l'uso che se ne può fare per gli scorci il
Cellini.
i
più
Ad
difficili
,
modo
ogni
,
non potrà esser tal mezzo
ritrarre figure in iscorcio,
utile
bero disegnare anche senza un
che per coloro che
presto senza notabili scorrezioni. L' eccezioni per altro
va soggetto e per
bra
alle
sapreb-
le
non gioverà che per
e
,
più
farle
quali questo
modo
collocazione del lume, e pel piano su cui dee battere Y
la
om-
e per gli angoli degli aggetti del corpo ombreggiante varj secondo le di-
,
stanze, e per le diverse distanze del corpo e dal
sono tante, che
vera di quest'uso
l'utilità
lume e
dal piano ombreggiato,
riduce a pochissimo, e
si
il
peri-
colo di gravi errori è grande e continuo, quanto in copiare le figure dal vero
Può
direttamente.
bra
ma
;
forse giovare ad abituare
1'
occhio allo scorciare delle
mem-
per comporre con esattezza una figura stranamente atteggiata, sarà più
sicura guida
molto prima
comunemente
era
,
che
telajo graticolato
il
L'edizione dalla quale
trassi
tempo del Paciolo,
dal
fin
e
certamente
in uso neh' arte. il
passo citato, è la veneta del i555, che credo
l'edizione originale dell'opera accresciuta, in vece di quella del i56o ripor-
sia
tata
per
tale dall'
Ltaym.
Sabbà debbe aver conosciuto Leonardo personalmente: egli era vecchissimo nel 1 549 nel c|ual anno scriveva la prefazione de' suoi Ricordi. Egli scriveva 11
colla
mano manca
conforme dicesi essere
,
stato
uso del Vinci.
MICHELAGNOLO BIONDO. (
1549
)
Fka le tante mediocri opere mediche e filologiche pubblicate da Michelagnolo Biondo avvi un raro libercolo di piccola mole e di prolisso titolo , in cui questo autore tratta della pittura come ne avrebbe trattato il noto calzolajo d'Apelle.
mette, esso
buito
si :
Nel
Non
alla
ha cosa delle
vi
opale
il
leggerebbe intorno ecco ad ogni capitolo
XIV
infinite
libro soddisfaccia al
modo
il
che
il
fronuspizio
fastosamente pro-
ragionevolmente. Nulla, a dir vero, in
Cenacolo, se
si
badasse all'autore cui viene
attri-
passo che riguarda a quest' opera.
che ha per
titolo
Della memoria di Mantegna mantovano
e delle sue pitture e dove, per accrescere gli esempj de' grandi artefici. Sappiate,
dice, o voi innamorati della pittura, che non molti anni addietro
tegna mantovano pittore raro di quei tempi, ziabìl pittura
,
come
si
dice
Cristo e delli sua discepoli,
e
cioè
il
vede , cotesto pittor eccellente la
vi è stato
Man-
che vi accerta la sua quasi impre-
tavola della
Cena
U istoria
di
tal pittura
si
dipinse
di Jesà
,
e
26
Milano,
in la città di
vede
qual pittura Frcmcesco
la
cia volse portare nel suo reame.
per
Nondimeno
Cristianissimo
non potè
egli
di
re
Fran-
soddisfare al suo desio
pinta nel muro.
essere tal cosa
Ognun vede che
F ignorante medico confuse
potendosi dubitare
queste parole
clie
non
Mantegna con Leonardo
il
,
riferiscano al nostro Cenacolo.
si
non Di
Leonardo poi appena fa menzione nel capitolo di Maturino e d'altri, nel quale dopo molti nomi di secondo grado è chiamato raro pittore e autore di un libro di anatomia. E pure il Biondo era scolaro del famoso Nifo che scrisse wa. libro del bello era amico del Doni e delV Aretino eh' entrambi facevano da dottori in pitttira ed era nato ventidue anni in punto prima che Leonardo ,
;
;
morisse. Ciò prova che
manchi
combinazione che
buon
solo
il
giudizio fa T autorità degli scrittori; e dove
,
poca autorità procacciano
i
più rari
giudizio
il
libri siano
tempi e
i
per lo più
le circostanze.
E
utile
cattivi.
GIORGIO VASARI (i55o)
Un
gran nitmero di valenti
d'errori la oltre
dilettevole
istoria
critici
di
ha ora purgato da una notabile quantità
ma
questo scrittore;
che non sono sempre senza eccezione, non
siccome
tali
correzioni,
possono introdurre nel
si
senza ruinar l'opera, rimarrà ad ogni giudizioso lettore
il
testo
dispiacere di ricor-
commenti pei passi dichiarati, e il dubbio intorno a monumenti o di notizie non ci lasciò verificare. Sa-
rere, leggendola, a nojosi ciò che la
mancanza
di
rebbe lungo r elenco delle inesattezze nelle quali incorse
il
Vasari nella vita
Leonardo, facendolo ora nipote, non figlio di Piero (-s); ora conducendolo a Milano sotto il duca Francesco, ora dopo la morte di Galeazzo, ora solo nel 1494 regnante Lodovico; ora infine confondendo le òpere, ora l'epoche, di
E
ora le persone.
gli
sbagli
seconda ch'egli ampliò, sto
della
prima edizione
ma
a dir vero, d'assai,
di
s'
incontrano ripetuti nella
poco
corresse.
Pure
in cjue-
autore le cose ch'egli fu costretto ad apprendere dalla tradizione, debbonsi
considerare diversamente da quelle che dice sulle opere che prende a descrivere,
perchè da
Cenacolo
lui
viste
cjuale
sta
ed esaminate per nell'edizione del
l'arte.
Ecco pertanto
la
descrizione
del
i55o, pubblicata da Lorenzo Torrentino.
Fece ancora in Milano ne' frati di san Domenico a santa Maria delle Grazie
un Cenacolo, cosa maestà
e
bellissima e maravigliosa;
bellezza che quella
dare quella divinità celeste che
rimanendo
cosi
per finita ,
sima venerazione
,
e
dagli
del all'
è stata
Cristo
ed
lasciò
immagine
alle teste degli apostoli diede tanta
imperfetta,
non pensando
di Cristo si richiede.
La
poterle
quale opera
dai Milanesi tenuta del continuo in grandis-
altri forestieri
ancora
,
attesoché
Lionardo
s'
imaginò
17
e riuscirli di esprìmere quel sospetto che era entrato negli apostoli di voler sapere chi tradiva
paura
La
il
maestro.
loro
sdegno, ovvero
e lo
Per il
che
il
dolore
di
vede nel viso
si
non poter
qual cosa non arreca minor maraviglia che
nazione
l'
,
odio
di tutti loro l'amore, la
intendere
lo
animo
di
conoscersi allo incontro
il
tradimento di Giuda, senza che ogni minima parte
e'I
Cristo. osti-
l'
dell'
opera
mostra una incredibile diligenza. Avvenga che insino nella tovaglia è contraffatto r opera del tessuto d' una maniera che la rema stessa noti mostra il vero meglio. La nohdtà di questa pittura , sì per il compimento , si per essere finita con una incomparabile diligensia
,
onde tentò per ogni via di ferri l'avessino potuta
considerare
a spesa che
fece venir voglia ed re di Francia di condurla nel regno; se ci fossi
stato
vi si fosse
se
che con travate di legnami
eli ella si fosse
potuta fare
muro fece che Sua Maestà
fatta nel
architetti
armare di maniera
,
tanto
la
desiderava.
ne portò la voglia
e
condotta salva, senza
,
ed
Ma
ella si
V esser
rimase ai
Milanesi.
Nella edizione poi del i568 dopo l'elogio della tovaglia aggiunge: Dicesi che
il priore di quel luogo sollecitava molto importunamente Lionardo che finisse F opera ; parendogli strano veder talora Lionardo starsi un mezzogiorno
per vota
astratto
in considerazione , et avrebbe voluto
zappavano nelt orto stando questo,
eh' egli
,
non
avesse
mai fenno
come faceva il
pennello.
che
delle opere
E
non
gli
ba-
ne dolse col duca, e tanto
se
dar per Lionardo
e
che tutto faceva per
lo rinfocolò che fu costretto a manPapera, mostrando con buon modo importunità del priore. Lionardo conoscendo /' ingegno di
destramente l'
sollecitaiii
quel principe esser acuto e discreto, volse (quel che non uvea mai fatto con quel priore) discorrere col duca largamente sopra di questo. CU ragionò assai dell'arte, e lo fece capace che gl'ingegni elevati talor che manco lavorano, pià adoperano,
cercando con la mente
mono
le
invenzioni
e
formandosi quelle perfette idee che poi espri-
mani da quelle già concepute nell' intelletto. E gli soggiunse che ancor gli mancava due teste da fare, quella di Casto della quale non voleva cercare m terra, e non poteva tanto pensare che nella imaginazione gli paresse poter e ritraggono
concipere
quella
incarnata. Gli
le
bellezza e
mancava poi
celeste
grazia che dovette essere
quella
della
divinità
Giada che anco gli metteva pensiero , non credendo potersi imaginare una forma da esprimere il volto di colui che dopo tanti benefizi ricevuti , avesse avuto l' animo si fiero che si fosse risoluto di tradire il suo signore e creator del mondo: pur che di questa seconda ne cercherebbe; ma che alla fine non trovando meglio , non gli mancherebbe quella di quel priore tanto importuno
et indiscreto.
La
quella di
qual cosa mosse
disse ch'egli uvea mille ragioni.
V opera pare
cosi il
il
duca maravigliosamente a
riso,
e
povero priore confuso attese a sollecitar
dell'orto, e lasciò star Lionardo. Il quale finì bene- la testa di Giuda che vero ritratto del tradimento et inumanità. Quella di Cristo rimase, come si
il
è detto
E
,
imperfetta.
.
2»
Dopo
questa aggiunta segue ,
come
prima edizione
nella
:
La
nobiltà di questa
pittura ecc.
Nella nel
vita
566
1
poi di Girolamo da Carpi leggiamo
scorgeva più se s.
cosa strana che
intorno
sulla quale veggasi
,
terzo
il
lijjro.
poco o nulla si dica dal Vasari sua prima edizione, mentre, eccettuatane la storia
legge precis miente altrettanto quanto nella seconda.
del priore,
vi si
reggere
errori
gli
Vasari fu a Milano
Bottari 0°) asserisca che
il
Cenacolo nella
al
il
il
Benedetto di Mantova
E
che
Cenacolo di Leonardo tanto mal condotto che non vi si non una macchia abbagliata. Quivi pai;la anche della copia di
e vide
,
di
giudizio e di fatto che
Ma
il
cor-
abbondano nei lunghi commenti
di diversi al Vasari, sarebbe lunga impresa, ed è meglio dare al Vasari stesso studj
siffatti
Ho
ciò anche qualora
e
,
posto sotto
un
osservazioni di diverse epoche e risparmierà
cilità,
e degli
aver i
altri
meno
tempi,
un
scrittori
di
:
il
lettore le
accomoderà
articolo dello stesso autore.
di
inconvenienti
su
non si abbia qualche cosa di meglio a fare. due edizioni che parlano dell' opera con
solo articolo le
cui cito più dell' altro
che troppo
d'un' opera.
che ponesse
i
Farò
alla
cronologia con fa-
lo stesso del
Lomazzo
Questo metodo mi sembra passi d' ogni autore
secondo con-
incertezze e
sovente s'incontrano oscurità,
traddizioni. Il
Lanzi, umanissimo scrittore, gentile ed elegante sempre, e non di rado felice
nel dipingere Vasari
i
caratteri veri,
sia delle
un mirabile squarcio che
scuole sia degli artefici, diede intorno al
vorrei posto in fronte a tutte
1'
edizioni delle
sue Vite, acciò fosse letto da chiunque imprende a scorrerle, ignaro o mal pre-
venuto Il
dell'
autore ()
ComoUi che ne
o non deliito
descrisse diffusamente le varie edizioni,
solo
seppe esservi un diverso frontispizio all'edizione seconda, di notare essendosi assunto
l'impegno di dare
gl'interi
non avvisò il
titoli
che avea di
tutti i
libri della sua Bibliografia.
GIOVAMBATISTA GIRALDI. (
L'opera del Giraldi che dei romanzi, delle tesa col
i554
)
fa al caso nostro, intitolata Discorsi intorno al
commedie
e delle tragedie ecc., fu quella
che
il
comporre
pose in acre con-
Pigna che ne stampava una simile nel tempo che rjuesta veniva alla luce; il Fontanini e il Barotti. Molte utili cose leggonsi in questi
su di che può vedersi Discorsi, e
non
vi
manca qua
e là qualche paragone pittorico che prova che
raldi dilettossi o della pittura o del conversar co' pittori. Allorché,
il
Gi-
per esempio,
ci
parla della perfezione alla quale condusse Virgilio la latina poesia raccogliendo
,
\
»9
un
in
bellissimo corpo
Mi
zioni greche e latine. dipintori,
lenti
bello sparso nella moltitudine delle antiche composi-
il
donnesca bellezza, mirano
toghono
le
pare
dicagli, che Virgilio in ciò imitasse gli ecceluna imagine singolare che rappresenti la
,
quali volendo formare
i
tutte
donne che mirar panno;
belle
le
parti migliori, ed accoltene tante, quante
da ciascuna
e
pajono bastare a com-
lor
pire la idea
ch'hanno nell'animo, si danno poscia a fare la conceputa figura la quale essendo composta delt eccellenti parti di molte bellezze, riesce ella non pur
ma
bella le
eccellentissima
tale
,
possa rassomigliare
si
che non
trova
si
tanto desiderano
:
i
forma umana che
nobili artefici asseguire
donna
in viva l'
ultima perfe-
Dal qual periodo ognuno scorge finamente sviluppato il principio del bello ideale, e con tanta chiarezza che sarebbe desiderabile che akrettanta ne zione.
splendesse ne'
di cpesta pericolosa materia.
Vi si trova ancora una cuquadro di Calatone descrittoci da Ebano, una dehnizione della bellezza pittorica (") e degli esempj d'Apelle e di Leonardo. Ma l'esempio che riguarda il nostro pittore, vuol essere trascritto per intiero. Ciova dice il Giraldi , anco ed poeta far quello che soleva fare Leonardo trattati
riosa spiegazione del famoso
,
Vmei
eccellentissimo dipintore.
Questi ,
qualora voleva dipingere qualche figura
considerava prima la sua qualità e la sua natura
o plebea, giojosa o severa tranquillo,
sapea che visi
le
,
,
turbata o lieta
buona o malvagia: si
egli SI
egli teneva
aveva
vecchia o giovane
ragunassero persone di tal qualità
lor mciniere
gli
,
abiti
ed
i
a
cintola.
E fatto
l'esser suo,
riponeva collo
la
la faceva
e
o d'
riuscire
animo
ne andava ove egli
trovata cosa
e
:
suo
al
stile
maravigliosa.
eli
E
egli
voleva
posto
i
lor
che gli
libricino
ciò molte volte e molte, poiché tanto
quanto gli parca bastare a quella imagine
dava a formarla
irata
,
se
ed osservava diligentemente
;
movimenti del corpo
paresse atta a quel che far voleva,
sempre
,
poi conosciuto
e
,
cioè se doveva ella essere nobile
:
che
raccolto
dipingere
eh' egli
questo in fé con ogni sua diligenza in quella tavola ch'egli dipinse in Milano nel convento dei frati predicatori , nella quale è effigiato il Redentor nostro co' suoi discepoli che sono a mensa.
ogni sua opera facesse,
Mi
soleva dir
M.
sovente), che avendo
aveva dipinto
Laonde
i
il
nardo
,
e
dipintura. si
gh
ore
intere.
disse
,
Vinci finita
il
si
che
Giuda
l'
imagine di Cristo
solo insino
si
Vinci eh' egli
il
d duca a
della tardanza del Vinci
il
e di umlici discepoli,
testa,
né più
egli
procedeva.
oltre
quale per questa dipintura dava
duca, intesa la querela dei frati, fe' chiamare a sé Leomaravigliava eli egli tanto prolungasse il fine di quella si
maravigliava che Sua Eccellenza di ciò
perchè non passava mai giorno
Acquetassi
alla
lamentavano col duca
Vinci. Il
Gli rispose
lamentasse
,
corpo di
frati di ciò
gran premio al
mio padre che fu uomo di acutissimo giudicio e quando del comporre egli meco ragionava ( il che era
Cristoforo
grandissimo discorso
di
il
,
disse
eli
queste parole
egli
,
egli intorno e
non
tornando
loro che n' aveva parlata
i
vi
spendesse due
frati a
con
lui
,
querelarsi e
che gli
So
aveva risposto che non era mai giorno ch'egli non spendesse intorno a quella tavola
due
ore.
A
cui dissero
per fare
altre
le
teste
Eccellenza che fa
non
intero che
a
è stato
ed avuto
;
ornai compita tutta la tavola
non che
vederla,
come
,
ma
;
ha speso
egli
a
dice
Vostra
un anno Allora il duca
più
è
abbia messa mano.
vi
Giuda, che
la testa di
tempo cK
al
rispetto
due ore di un giorno
vi lavorasse
se
,
sarebbe
,
a fare
frati: Signore, vi resta solo
i
imagini sono compue
tutte le altre
d'
mandò a dimandare il Vinci, e con viso_ turbato gli disse: CK è cpicsto mi dicono questi frati? tu mi di che non passa mai giorno che tu non spenda due ore intomo alla tavola ; ed essi mi dicono eli è più d' un anno che tu non adirato
che
stato al lor convento. Il Vinci allora disse
sei
dicono
negando
E
,
egli ciò
rispose :
essere
disse
,
duca
il
che a tanta scelleraggine
forse più, che ogni giorno,
se
malvagio.
Nè
in
c/ie
,
Giuda: nondimeno per non ed
un
ad ora
insino
fine
i'
Rise
le
confarà.
quanto
sue figure
inondo
egli gli
non
,
gli
il
iinagine.
Vinci , quasi
il
quantunque
ci avessi
io
quale
il
con
dipinto
viso
potuto aver molti
mi son
viso
ridotto in
che fosse atto
fare.
ora mi è
che
,
Borghetto ove abitano
maggior parte malvage
la
tosto ch'egli
O si
e scellerate
a compir l'imagine se
mi
,
,
e
con cjuanto
conosciuto
parve maraviglia
se
quella
solo
quel
verrà innanzi,
forse noi troverò
molesto
,
di
,
io
vi
che maravigliosae
giiidicio egli
tavola riusciva
restò
ap-
componeva
negli occhi del
cosi eccellente.
Avvenne dopo queste parole
,
disegnò
,
che
Giuda con costumi,
ed
,
e con quello e con le altre parti
viso
tale
Cosi deve anco fare
trarre se
un giorno
conforme
gentemenle raccolte in varie facce di
i
Allora
ci vai ?
duca a queste ultime parole del Vinci,
disse
eh' aveva viso al suo desiderio il
dicono già vero,
a quella
merita essere
V ho potuto trovale:
mente
si
non
e però
:
a quanto mi avanza a padre priore
di
,
mattina,
per
e
j)orrò quello di questo gli
se
ma non
là;
ore intorno
sariano maravigliosamente assimigliati a quel di
si
se?ri e
venisse veduto
un giorno darò
pagato
scarno questi frati di dipingere ?
ito
far vergognar di lor medesimi, ha già un anno e
gli
ignobili persone
mi
E
confaccia.
si
mi accusano
tra quelli che
per vedere
Che
Signore Eccellentissimo , restami a fare la testa di Giuda
è stato quel gran traditore che voi sapete
tutte le vili
:
non sono
eh' io
non spenda ogni giorno almeno due
eh' io
come può
ridendo
gran tempo
vero eh' è
il
i
non
il
die pare
vili e
eli egli
gli
venne per ventura veduto uno
preso lo
egli subito eli
egli in tutto cpiello
stile
grossamente
,
anno aveva
dili-
malvage persone, andato ai frati, compi
abbia
il
tradimento scolpito
nella fronte.
poeta, volendo egli co' colori delle scritture mostrare gli abiti,
ragionamenti,
le
azioni
di
diverse persone,
perchè non potrà indi
utile incredibile.
Sembra che
da" questo squarcio
del Giraldi traesse
il
Vasari V aggiunta che
fece alla storia del Cenacolo nella seconda edizione delle sue Vite. tcsse prestar fede intera a questo scrittore in alla
sua professione
nè
alF
Se si jJouna cosa che non appartiene nè
argomento del suo libro
,
si
potrebbero da questo
3i
passo dedurre varie conseguenze che
si
oppongono parte
alle altre
storie
parte
,,
costume di Leonardo. Primieramente converrebbe credere che Leonardo avesse compiutala testa del Salvatore al che contraddicono il Vasari e il Lomazzo, entramal
,
buon
bi pittori di
di dipingere di
Converrebbe poi cangiare opinione intorno
giudizio.
Leonardo, o
ceva le sue figure, cjualora si
al
voglia credere che in
un giorno
ei
potesse,
legge, cominciare e finire la testa eh Giuda, sebbene da oltre
un anno
si
metodo
sua lentezza, o alla perfezione colla cpiale condu-
alla
studiando. Neil' accennare le cjuali cose sarebbe stato più circospetto
come qui l'andasse il
Giraldi
qualche idea della pratica dell'arte, come pare che intendesse e soprattutto se avesse conosciuto i metodi pratici di Leonardo il
se avesse avuto la teorica
,
,
quale per quanto
si
mano
apparecchiasse innanzi di por
al
lavoro, sappiamo
dalla storia che sempre vi si accostava tremando. È dunque da giudicare che il Giraldi dica finita la testa del Salvatore, perchè da quel tempo nulla più il pittore vi facesse, o perchè come di cosa finita se ne accontentavano i frati, sebben Leonardo volesse forse riporvi le mani. Similmente parrai da credere che non vi man-
casse già del tutto la testa di Giuda, soltanto que'
stavangli egli
il
sì
tratti
lunghe ricerche. In
costume
necessario
un
come
il
Giraldi asserisce,
principali coi rpiali voleva fatti,
tempo
tra
ma che
vi maucassei-o
caratterizzarlo, e che co-
essendo l'opera dipinta a olio, ed avendo
che non è d'uopo,
di ripassare più volte
certo
Leonardo
i
suoi lavori, ed essendo
l'uno e l'altro ritocco acciò
il pi-ecedente sia ben secco, chi credesse altrimenti, mostrerebbesi allatto ignaro dell'arte. Il costume poi di Leonardo , qui proposto dal Giraldi in esempio agli scrittori , non si può abbastanza raccomandare agli studiosi del disegno come il ,
metodo onde perfezionarsi nell' espressione degli affetti eh' è la vera vita e quella pane che la rende più cara alla generalità degli uomini, essendo non solo una imitazione muta delle loro forme, ma, direi rpasi una solo
,
dell'arte,
,
parlante rappresentazione degli animi loro.
LEANDRO ALBERTI. (
Vedi Francesco Sansovino
=
iSyS
,
alla
i56i
)
pagina 56.
GASPARE BUCATI. (
Nel
iSyo
)
libro sesto della sua Storia universale dà
qualità e della fortuna del
Moro,
tuosi, e della sua liberalità, dice: trecento
il
Bugati un ragguaglio
delle
e ragionando dell'amore ch'ei portava ai vir-
Diede mille scudi E anno a Giasone Maini, a Ciorgio Menda d'Alessandria istorico cinquecento a Leonardo da Vinci ,
,
~
3i
pittore eccellente fiorentino
amò grandemente fare la chiesa di
e
La pensione qui ,
die
il
che pinse
miracoloso Cenacolo di Cristo alle Grazie:
il
donò a Bramante grande
architetto e pittore
Satiro e piantare quella di
s.
Basate dotto in ogni cosa
di sopra
,
,
Caradosso statuario
stabilita dal
Moro
e
,
il
da quando notarsi che tetto
pose
si il
,
e che
cinquecento scudi
i
del duca,
al servizio
Bugati nella postilla
accorda con la notata
si
lui
,
presente
Moro
il
fossero
gli
il
la
,
stati
cardinal
pensione
,
gli
assegnati fino
cioè forse intorno al 1477
luogo qui citato
al
egli fece
Bandello conversò col Vinci
cioè negli ultimi anni della dimora di questo presso fosse stata aumentata
da cui
,
furono cari Ambrosio
Giacobo lapidario.
a
epoca in cui
all'
gli
:
Leonardo non propria bocca di
Bandello udì dalla
Gurcense. Potrebbe darsi che
Celso
s.
È
(«s).
da
chiama Bramante archi-
nnkuiese, per distinguerlo dall'urbinate che forse fu suo discepolo e certa-
mente fu maestro del Cesariano. Si aggiunga anche questa provano esservi stati almen due Bramanti contemporanei,
alle tante autorità
che
oltre varj Bramantini.
FRANCESCO BOCCHI. 1571
(
Nel Ragionamento
)
del Bocchi sulla statua di
parti allo scnltore necessarie
costume
il
poi del costume. Fu, die' egli
,
yè&e
dice del miracoloso Cenacolo che in
,
in questo
Milano
(
m
a questo rispondesse degnamente
,
il
e
,
(
si
stampò
i5-3
fogli, fa
morire
il
la
il
nella
Questo
come
scritto
prima volta nel i503.
M.
piano del Vasari, di cui
tutte le arti in Italia
Quindi pianta Cimabue, sebbene
il
questi fosse in fasce
solito
albero genealogico pittorico
quando
funerali a varj artefici forse migliori di lui, fra
Da Cimabue scendendo
in
Gaddo,
fa
un epilogo
in
per poi risuscitarle per opera de' suoi
quale
fatti i
ma
)
concittadini.
già
;
nella sua Difesa di Firenze e dei Fiorentini, ove parla delle glorie
pittoriche della sua patria, seguendo
sta
commendato
suo avviso, e non trovando co' suoi pensieri
PAOLO MINI
pochi
dove negli apostoli espresse
tutti è srato
lasciò quella senza fine e imperfetta.
fu composto dal Bocchi nel i57[
Mini,
e la bellezza. In proposito Leonardo a maraviglia, come si
cui sovrana bellezza e maestà mirabile e ogni divina perfezione
volea dimostrare ) non potè fornire
Il
Giorgio di Donatello, diconsi
egli dipinse;
costume tanto nobilmente, che sempre perciò da testa di Cristo
s.
la vivacità
,
alla
radice del
in altre città d'Italia s'eran i
quali a
Guido da
Siena.
in Giotto e nella scuola di cptest' ultimo che
tempi fu in vero uom grande e meraviglioso, passa a Masaccio, a fra Giovanni, alGozzoli, alLippi, ed in fine a Leonardo, intorno a cui ecco le sue parole:
pe" suoi
33
Lìonardo da Vinci fnalmente abbracciando tutte queste forze vendute alla pittura , con la vivacità , con la grandezza è con la perfezione del disegno gne né che non pure per risuscitata, ma mani fu conosciuta ritornata in tutto e per
confermò di maniera sue onorate
Testimonio ne zato
e finito
è lo
efficacissimo ne è
braccia
nelle
il
Milano
di
città
in
Luigi duodecimo
re
non
si
tutto
sendo
,
ammez-
principiato ,
testimonio
e
,
sdegnò dì
si
peritò
le
al suo antico fiore.
Grazie
delle
quale non
il
là onde Ciovambatista Strozzi
:
Maria
s.
ne' suoi tempi per
ella
mano
stupendissimo Cenacolo che di sua
nella
è
,
,
et gli
morisse
morto
egli
,
di
dire di lui,
Vince costui pur solo Tutti altri,
E E
tutto
notizie e F epigramma
le
e
vince Fidia e vince Apelle
lor vittorioso stuolo.
il
come ognun vede,
sono,
vi aggiunse di suo lo sproposito di far
tratti
dal Vasari. Egli
morire Leonardo nelle braccia di Luigi
XII che mori molti anni prima di lui. Rimarrebbe ad investigare che si voglia intendere con quel principiato amparlando del Cenacolo. Forse volle con ciò asserire che mezzato e finito Leonardo non permise che alcuno dessegli ajuto o ponesse mano in questa ,
,
opera
o pure che in diversi tempi
;
e forse ia tre riprese la conducesse.
,
RAFFAELLO BORCHINI. i584
(
Un
brève
epitaffio
ghini
estratto dal Vasari senz'
che ha per
,
,
,
se
titolo
il
Riposo.
A
si
onta di moltissimi
della pittura.
Lo
,
difetti
la pittura.
,
i584
e
errori
debbe
iSgo e
)
pregiudizj
de' quali
sono sparse le che
ci
rimanga
aureo libro di Leonardo, quale dalle stampe
si
conosce,
a lui
stesso
opera del Bor-
PAOLO LOMAZZO. (
opere del Lomazzo
un freddo
eccettua nell"
parer mio , che però volentieri sottometto
questo libro è più utile per la lingua che per
GIO.
Ad
alcuna aggiunta
è tutto quello che intorno a Leonardo abbiamo
,
air altrui
)
si
il
più compiuto
trattato
ottimo per lingua e per filosofia nelle parti che tratta, è troppo breve in altre; d'altre,
come
lavoro incompiuto,
della Storia pittorica
rebbe
tale
editore
,
brama
che
,
la
non
parla
ristampa degli
per usar di sua
affatto. scritti
A
ragione l'illustre autore
del
Lomazzo
,
frase, sceverandone le foglie.,
e
ne vor-
ne serbasse
è
34
Ma
un editore di tal tempra è più difficile a trovarsi che non si erède, e accoppjno in un solo ingegno il sapere la costanza e il giudizio che sarebbero necessarj ad un simile lavoro, è difficilissimo che un tale ingegno s'impieghi in opera altrui con poca speranza di fama, mentre con minor fatica e maggiore lusinga potrebbe tentare cpalche cosa di proprio ed originale. E ad ogni modo le opere per chi meglio sa vogliono essere frani.
i
qualora
si
,
,
rono
scritte,
bramo
ed
lette
,
giudizio
che
nel lettore. Se questi
non
il
come
lodato Lanzi vorrebbe nell'editore,
il
fu-
lo é in grado di scernere le Ijuone dalle cattive io
autorità storiche e poetiche
che il Lomazzo prende a fascio indistintamente; non è erudito abbastanza per intendere ove Fautore è troppo credulo o si abbandona a pazzie astrologiche, che in lui sono piuttosto modi se
d'esprimere munito di molta pazienza e discrezione per penetrare dentro la mente dell'autore, supplendo anche, ove bisogna, ai gravi errori tipografici che accrescono sovente le difficoltà del testo poco' profitto trarrà da queste opere, e non compenserà il tempo e la fatica eh' d'uopo impiegarvi. Che pei lettori d'altronde leggieri e di minor vista, che non conoscono l'oro se non quando è depurato da ogni lordura, bastano e parranno auree molte opere minori delle quali abbiamo gran copia in molte lingue poiché se non erro .non giungereljbero ad intendere le cose buone
che opinioni scientifiche
;
non
se in fine
è
,
;
,
di queste,
dissima, e
Ma
,
comunque si riducano, le quali esigeranno sempre attenzione grannon volgare acume d'ingegno ond' essere intese e proficue.
venendo al proposito nostro, nel capo nono del primo libro del gran dove questo autore ragiona della proporzione del corpo virile di otto
Trattato teste
leggesi
,
Fra di
s.
il
seguente passo
:
moderni Leonardo Vinci, pittore stupendissimo, dipingendo nel Maria delle Grazie in Milano una Cena di Cristo con gli apostoli, i
refettorio e
avendo
dipinto tutti gli apostoli, e
fce Ciacomo Maggiore e il Minore di tanta bellezza maestà, che volendo poi far Cristo mai non potè dar compimento e perfzione
a quella scuna faccia, con VI potendo far altro,
tutto eh' egli fosse
non
se
ne
quale per confortarlo gli disse:
O
commesso, dì nò
ci:
altri
cdtro che Iddio
andò a
Leonardo,
non
può
lo
di dare maggior divinità
singolarissimo; onde cosi
è
hcd dato a Ciacomo Maggiore e Minore,
si
,
il
tanto e tale questo errore che hai
levare.
bellezza
e
disperato,
con Bernardo Zenale
consigliarsi
Imperocché non è ad alcuna figura,
che sta di
in potestà tua
di cjuella
buona voglia,
e
che
lascia
Cristo cosi imperfetto, perchè
non lo farcd esser Cristo appresso quegli apostoli; Leonardo fece , come oggidì si vede , benché la pittura sia rovinata tutta. Al capo secondo poi del secondo libro dove ragiona de' moti ^ secondo la diversità delle passioni ed affisiti dell' animo dice che in questa parte Leonardo , non fece mai alcuno errore. Del che aggiunge egli tra tutte l' altre e cosi
,
,
fa chiarissinm prova
la maravigliosa
Cena
,
sue cose
di Cristo e de suoi apostoli, che
si
vede
,
dipinta nel refettorio di santa di maniera
Maria delle Grazie in Milano ; nella quale espresse moti delle passioni degli animi di quelli apostoli, nei volti ed in
i
tutto il resto
da
del corpo , che ben si può dire che il vero non fosse punto diverso quella rappresentazione; e che queir opera sia stata una delle maravigliose opere
di pittura,
che
lente cAe fosse
giammai a
,
olio
Giovanni da Bragia. mirazione, che
;
in alcun
tempo fosse fatta da alcuno pittore, per ecceldi dipingere ne fu a quel tempo imentore
modo
del qual
Imperocché in quelli apostoli appartatamente
lo spavento, la doglia, il sospetto,
tutti allora
si
l'
amore
trovarono; e finalmente in Giuda
il
si
e simili passioni
vede
ed
tradimento concetto
l'am-
affetti, in
neW animo
con un sembiante di punto simile ad un fettamente intendesse
i
traditore. Si che ben dimostrò quanto permoti che l'animo suol cagionare ne corpi , de qucdi siccome
di
necessarissima parte ed pittore quasi in tutto questo libro ne sarà trattato. libro terzo al capo quinto dove parla del colorare a pastelli, segue a dire: Il che si fa in carta, e fu molto usato da Leonardo Vinci, il quale fece le teste di Cristo e degli apostoli a questo modo eccellenti e miracolose in carta.
Nel
Nel capo secondo finalmente e della necessità che gli
maestà di
del settimo libro, parlando della forma di
che
atti
gli
si
Dio
attribuiscono, siano corrispondenti alla
soggiunge che T artefice deve sforzarsi di rappresentarvi dentro forma , statura , moto , collocazione e lume dagli altri corpi che si fingono attorno a lui, cosa tanto difficile che F istcsso Leonardo non potè consegidrla nel Cristo che dipinse nel refettorio delle Grazie di Milano. lui
la deità con
In
,
l'
eccellenza e differenza della
cinquanta e più
altri
nostro pittore
luoghi
del
Trattato
fa
menzione
il
Lomazzo
del
senza però parlare del Cenacolo. Chi fosse curioso di vederli li riscontri coi numeri delle pagine che pongo fra le notet.^). Trovo poi nuovamente ricordo della nostra opera nel capo decimoterzo della sua Idea del Tempio della Pittura, libro che sebbene fosse composto, per quanto apparisce prima del Trattato fu stampato dopo di quello sei anni. Nel qual capo dopo aver detto che Leonardo ha colorito a olio quasi tutte le opere sue, continua come qui trascrivo: ,
,
,
,
Ora Leonardo fu usava di sue
si
quello che lasciato
assottigliare
^
con
i
lambicchi,
sono spiccate dai muri
,
l'
uso della tempera passò
all' olio
onde è causato che quasi
siccome fra
le
altre si vede
tutte
il
qualé
le
opere
nel Consiglio di Fio-
renza la mirabile battaglia, ed in Milano la Cena di Cristo in santa Maria delle Grazie, che sono guaste per l'imprimitura ch'egli gli diede sotto. Di che abbiamo grandemente da dolerci che opere cosi eccellenti si perdano restando solamente , i
disegni,
i
per vincere,
quali certo ne
ma
il tempo né la morte né cdtro accidente sarà mai con grandissima lode e gloria di lui viveranno in eterno.
In una ventina occorre
il
nome
d' altri
luoghi ne quali in questa Idea del
e Y esempio di Leonardo
,
non
si
parla
Tempio della Pittura Cena sebbene
della
,
36
non ne manchi occasione
,
sopra tutto dove
Lomazzo rammemora
il
le migliori
Bla ciò avvenne probabilmente perchè era in allora del tutto perduta. questa perdita di si gran danno per Y arte , già accennata dal Vasari sotto
opere di
E
lui.
,
l'anno i566, non dee credersi dal Lomazzo confermata sotto la data delle opere stampate, ma prima di molto; perchè tanto il Tempio quanto il Trattato furono dall'
autore composti in età assai giovenile
risce chiaramente.
Che
come
,
dalle sue stesse parole appa-
se in taluno de' suoi capricciosi sonetti ne' quali
e la bizzarria lo allontanano per costume e sistema dalla verità altrimenti
debb' essere
,
senza ignominia
pio
preferita
l'
autorità de" suoi
dediche a re ed a principi contemporanei
nelle
pano
è
e quanto assicura
trattati
non potea mentire nè avrebbe mentito con vantaggio. Imperocché del suo Tem-
,
che usci da
me
ai
Spagna,
cosi egli parla nell'epistola al re di
Questo
estro
l'
dice a caso
ei
,
quali
che
sta in fronte all'opera:
anni della mia gioveimi
negli
concetto in quelle
,
ore che stanco del dipingere avea bisogno di ricreazione ecc.
E con
sione concetto avvalora la mia congettura che
sia stata
opera
quella espres-
da lui comsebbene a taluni semlsri un compendio ( nel qual caso dovrebb' essere posteriore nè quella espressione sarebbe opportuna , )
posta prima del Trattato
;
di cui
cpiest'
,
,
è piuttosto un apparato o prolegomeno
mermi
anzi il primo seme per cosi esprimaggior opera che divenne un Trattato compiuto , allorché
di quella
,
,
,
fu arricchita in tutte le sue parti di tutto ciò che la susseguente pratica dell'arte e gli studj profondi nelle materie d'erudizione
Del
Trattato poi
l'assicurarci che
sono
tati,
vecchiaja
,
,
i
da
stati
mai fu
se
primi
come
,
dove trovansi
libri
lui scritti assai
come male
vi
é probabile i
stesso
E
di ciò
poche
avverte che
prima della sua cecità,
asserisce l'Orlandi,
verremo facilmente
linee il
ma
nel fiore dell'età e nel
il
ecc.
che da giovane: per mi pongo a volerne trattare
che,
neir ultimo capitolo del Trattato dice nella dedica del
dei Grotteschi
che
il
età giovenile
quanto
( il
che
si
gran Cardano ed in
cui
;
o
o
ponga
si
Tempio
,
trascritto
Vicenza
assicura
gii
si
momento alla
che scrive egli
opera piuttosto da
stabilisca
l'
i568, come
epoca della sua
egli stesso avvisa
di tre anni più tardi
un
nella sua Vita e in
avevano predetto
aver comjoosti
ci-
nel qual luogo
,
è
conciha col corso della malattia eh' ebbe il
basti
ho
per sempre
tolse
affetti
,
continua egli, non senza qualche
E
cecità all'anno trentesimo della sua vita, cioè nel
ei
lo
,
prima del secondo passo sopra moti delle passiorii e degli
trattare de'
uomo consumato
anni
quale non già in
la
assicurati dall' osservare ciò
rossore io
quanto
fatica di molti
passi più importanti che
migliore di mettere in pratica le sue speculazioni pittura.
poterono recare in tributo.
,
gli
scritti
),
,
secondo
distico in fine il
funesto fine
avuto riguardo
suoi
,
è evidente
alla
che
ei dice intorno al Cenacolo si debbe considerare anteriore non che contemporaneo a quanto ne fu detto dal Vasari il che si scorgerà ancora più ,
,
patentemente da alcuni suoi versi che
fra
poco mi accadrà
di citare.
, ,
37
Nulla
d'
importante allo scopo nostro ho tratto dalle
di questo autore
,
Versi del compare
che sono
i
Zavargna
ecc.
Grotteschi
Forma
la
,
opere stampate
altre tre
delie
Muse
e
poco di alcuna di esse che
Il
Rabisch
i
o
qualche
vi avrà
relazione, verrà citato nel corso dell'opera o nelle note.
Filippo Picinelli nel suo Ateneo, forse
coli' autorità
un'altra opera stampata, intitolata Esposizione sopra
Io credo che non
esista aflfatto,
pare assai probabile
forma
)
introduzione
d'
l'Idea del al
cosa eh' egli stesso non
almeno
sqo Trattato
manca
cui
,
avvisare nell'
d'
Lomazzo
il
sebbene
,
del Morigia
,
registra di lui
Trattato dell' arte della pittura.
stampe, se pure non fosse
alle
Tempio
il
,
che mi
( il
come vedemmo
,
diede
pubblicasse alcuni anni dopo
la
uldmo
Dal quale avviso
capitolo.
prova r errore del Tirabosclii che suppone esservi una edizione dell' Idea del Tempio contemporanea al Trattato, come altro errore del Tiraboschi del Du si
,
Fresne e perduta fatto in
d'altri è
la vista.
il
Su
credere che eh
prima gioventù
CIÒ che spetta ai
me
il
Lomazzo
il
che abbiamo già osservato eh' egli stesso
due opere sue principali suoi versi comechè pajano per le
,
,
Lanzi nota facetamente
s'
,
egli fece
come
,
dopo aver
dettasse le sue opere
dice
lo
più versi da cieco
asserisce
il
,
colle insegne di principe dell'
;
e per sicco-
,
proprio
aver
d'
almeno in gran parte
ritratto
accademia della Val di Bregno è facile il vedere ch'egb si era ottenuto quell'onore per mezzo delle sue poesie anche anteriormente alla sua cecità. A provare più ampiamente che i Grotteschi suoi furono scritri prima che perdesse la vista , mi è venuto alle mani un curioso codice ,
suo pugno che ha per titolo CU Sogni e Ragionamenti composti da Ciovan Paolo Lomazzo milanese con le figure de' Spiriti che gli raccontano da tutto di
,
,
non
esso disegncue. Nell'avviso al lettore
solo ei parla delle sue poesie,
ma
si
scorge che questi Sogni furono da lui composti per farne una sola opera con quelle, frammezzando la recita de' versi con dialoghi e ragionamenri stranissimi.
E come
nel decorso del libro scritta
anno
morte di quel
di lutto per la
ragiona di Michelagnolo vivente
si
che quest'opera fu
prima del
del gran Galileo: Cosi essendo
i56.3
all'uso fiorendno
sommo uomo
tal
,
e
64
è chiaro
,
al
volgare,
ristorato in parte dalla nascita
opera posteriore
ai suoi
poedci capricci,
si
può giudicare che quesd siano di ben due dozzine d' anni anteriori alla stampa. In fatd, checché si dica circa d tempo di tali scritd dal Lanzi, dal Ghihni, dal Le Comte e da molti altri autori, e fin anche dal Lomazzo stesso in qualche luogo
(-5)
,
quelle sue poesie
,
poche eccettuate
sfrenata e confusa fantasia giovenile
alcune ne aggiunse di poi cogli
,
,
sembrano più esuberanze di
che produzioni
stessi
griUi
d'
uomo
maturo.
Chè
se
e stravaganze insignificanti onde
sono
stipate le antecedenti, ciò fu per mighorare ed arricchire d suo volume senza allontanarsi dal metodo tenuto negh anni primi del suo furore poetico./ Cosi rendendo all' età del molto estro e del poco giudizio queste bizzarre com-
posizioni
,
se
ne viene a scusare
la stranezza
e la mediocrità.
Ma
chi
non
fosse
,
38
appieno soddisfatto delle prove da me qui addotte e ne volesse sott' occhio una più autentica e solenne che smentisce quanto dal più degli scrittori fu asserito intorno all' epoca di questi ghiribizzi legga le terzine deUo stesso ,
Lomazzo
,
a
Carlo Emanuello duca di Savoja da lui cantate veramente da cieco in ogni senso nel iSSy. In queste egli dichiara d'aver composti i suoi sette libri di Grotteschi nella etade terza, quella, cioè, che vien dopo la puerizia ,
e l'adolescenza; e per toghere ogni dubbio intorno alla sua espressione, soggiunge: Se quella vuol supere il fermo chiodo , Ciò che la terza età
ho detto
c'
,
,
Acciò non sia lasciato oscuro nodo
Ella è quella di Fener
La
sia
,
;
dove stia
(»7)
forza del mostrar di ciascun opra
Quel che dianzi Mercurio ha fatto
in via.
Ove col fare ancor convien adopra Il dir unito insieme in cotal
Dai
sedici a
venti
li
,
anni
qua
e
si
scopra.
Allor cosi scrivendo quanti affanni
Recava
Ai quali
versi
il
finger seco,
debbonsi aggiungere
altri
avere parlato del suo maestro e delle sue
E
mi scemava.
io
gli
della
,
cpiali
,
dopo
soggiunge:
ne' ritratti ancor io posi il piede
Di
piccioli e di grandi
Mi
E
da
dipartii
lui
in prosa tutti
Che
La
strani
i
i
,
et aljin
poi
spiegando in versi
,
miei varj concetti;
mi venian qual
gioventude
lieta
In rime
,
recar suole
e cosi scrissi
miei Grotteschi, dove espressi
Molti caprizzi
Ai guai poi
c
havea in cor concetti,
cieco ancor molti ne aggiunsi.
Poco da poi
trattai della pittura
In molti
,
E
sua vita ne'
prime opere
libri
dì
or
si
veggon fuori.
allor
fu eretta ancor l' alta Accademia Di Biegno ecc. Da che si vede anche cfuanto per tempo stendesse il suo Trattato cioè poco dopo i vent' anni: per la qual cosa i passi che riguardano il Cenacolo, verrebbero a riportarsi intorno al i56o circa. Nè men chiaro apparisce che non da cieco, ma una quindicina circa d'anni prima della sua cecità, compose il Lomazzo in ,
gran parte
le sue poesie che in buon numero sono citate coi jsrimi versi nel codice di CUI ho parlato di sopra. E si scorge parimente che qualora s' imprende a parlare di coloro che hanno pubblicato delle opere, è necessario prima di
39
oppure
tutto di leggerle diligèntemente,
Ciò però
due
storie
lavori
con
sia detto
mi
intorno a quanto ,
la
è in pericolo di cadere in gravi errori. pace de' chiarissimi uomini che furono d' altra opinione
sforzai di provare
Letteraria
e
ed in ispecie degli egregi autori delle
,
La
Pittorica.
la
che di sua natura dispensa
,
si
vastità
autori
gli
dalle
merito cospicuo di quelle opere nell'essenziale,
Europa, scusano abbastanza
tali
Cenacolo
il
sapere a qual epoca
possano
si
classici
più
e
,
oramai da
mi prendo
io
qne
mediocri
perché importa
e
,
altronde di
riconosciuto
nei che
piccioli
notare unicamente per amor del vero
cV
letture
alla
la libertà
mia
il
tutta
di
storia del
Lomazzo che
riferire cjue' passi del
parlano di questo singolare dipinto.
BATISTA ARMENINI
CIO.
i586
(
Quantunque precedente,
maggior numero
II
porti la data del
iSSy,
come prova non
esemplare del
raro
egli
è
)
degli
esemplari
certo che
del
quest'opera
libro
solo la dedica dello stampatore,
i586 che soltanto in pochi
dell'Armenini
vide la luce nell'anno
fogli
ma anche
differisce
qualche
dall'edizione
posteriore.
Anche
Precetti dell'Armenini appajono composd assai prima che venissero pubbHcatl. Egli stesso assicitra nella conclusione del suo libro, che gli avrebbe condotti a miglior perfezione, se, oltre varie disavventure, la poca età in cui era allorché gli scrisse , non glielo avesse Impedito. In qual tempo però fossero comi
posti, noi trovo scritto
da nessuno.
che
[58o.
fioriva intorno
al
Il
stampatore Francesco Tcbaldini d'aver fadcato
sommamente
Da
l'opera sia postuma. chci anni recossi a
il
Mdano prima d'
si
dice
,
che farebbe dubitare che deduce che 1" autore di quin,
,
si
ordine di chi potea disporre di lui quale dice
(-s)
trovasse f originale il
che dopo avervi passato qualche tempo, corse per Passati quesd ritiratosi non so se In Faenza sua patria
lasciò la pittura e forse
d
diede,
il
e
tutta Italia.
presso
comunque
quale,
varj passi pertanto
Roma,
o altrove
fosse Slato a
MazzucchellI non dice altro di lui se non non fu pubblicato dall'autore, ma dallo
a ridurlo cpale
nove anni ,
Il
libro
,
fece frate
,
cangiando
abito e professione.
del 1546, anno in cui mori
il
,
Si
com'
ci dice
,
per
crederebbe eh'
ei
marchese di Pescara,
aver visd alcuni maravigliosi ritratd di Sebastiano
Dal Genova al passaggio di alcuni pittori che andavano in Ispagna fra i quaU nomina il Rtiviale che mori nel i55o. Trovossi poi certamente in Roma nel i556, anno da lui notato all' occasione che racconta la vendita de' disegni di Ferino Del Piombo. Concorre a
farlo credere fra
noi
sì
anticamente
,
il
sentirlo in
,
Vaga.
Ma
pare che in quell'anno stesso ne uscisse, se
si
avverte
ai
disordini
,
40
che
capo ultimo dice avvenutivi
che rispondono esattamente al primo anno IV, e che il costrinsero a cercare altrove inighor sorte e quiete. Dopo quel tempo avendo peregrinato qua e là lungamente tornò di nuovo a Milano e stette con Bernardino Campi cui abbozzò un quadro e pare che il servisse bene poiché il Campi il volle seco qualche al
,
del feroce governo di Paolo
,
,
mese.
,
Non
parve contento degli studj pittorici della nostra città, e parlando de nostri giovani, dice d'averli trovati più dediti all'ornarsi con varj abiti e con belle armi lucenti, che all' adoprare penne ovver pennelli. Da questa ultima
epoca sembra dover avere principio questo tempo fino poco oltre nato con accrescimenti
chelagnolo
ed in un
,
che uscì l'anno nato tra
iSóy.
iSao e
il
il
il
suo libro
altro
sua stabile dimora ovunque fosse
la
iSyo può essere
il
Il
Sembra da
i53o, e eh"
,
e da
riordi-
accennandovisi in un luogo morto Mi-
,
ciò
tutto
ci
o
steso
recasse a
si
del Barbaro
congetturare
potersi
eli ei
Roma poco dopo perchè non
,
vi
fosse
Mi
1540.
il
è libro che
lui.
passo più importante che
Ragionando
carte 173.
lui
pubblicata di fresco la Prospettiva
sono alquanto dilungato intorno a questo autore dia conto di
da
stato
tratta
del Cenacolo
degh ornaiuenti
trovasi
,
nel libro
terzo a
Fra gli altri, dice, io vidi in Mdano quello de'frati di san Domenico in santa Maria delle Crasie nel quale a man manca vi è dipinto a olio sul muro un Cenacolo da Leonardo Vinci, che, abbenchè fosse allora mezzo guasto , mi parve però in tal modo un miracolo molto ivi
de'refettorj
,
,
grande per aver
egli espresso
mirabilmente negli apostoli
trato in loro di voler sapere chi era che tradir volesse
quel sospetto eh' era enloro maestro.
il
Nel libro antecedente poi, a carte 148, già aveva parlato delle difficoltà che Leonardo sostenne onde comporre la testa di Giuda ma nulla vi si legge di nuovo anzi sembra ripetere ciò che già aveano pubblicato il Vasari ed ;
,
Giraldi intorno al modo di studiare di Leonardo. Non ostante 1' accordarsi l'Armenini con quegli autori contemporanei, aggiunge loro autorità iiitorao il
alle
cose che a Leonardo hanno relazione. Imperocché l'Armenini che sembra
essere stato più volte a Milano
del Vinci in
ed essendo
,
mano com'
di alcuni egli
dice
,
aver
vecchi pittori
asserisce
,
suo uso
ivi
veduti alcuni
mirabili
disegni
probabilmente della sua scuola
,
d'
interrogare
tutti
gli artefici
;
spe-
ai modi de" migliori antichi maestri è da credere che Cjuanto Leonardo ei lasciò scritto, non fosse tolto soltanto dal Vasari e dal Giraldi, ma anche dalle informazioni eh" ei prese dove esisteva più grande la memoria
cialmente intorno
,
di
di lui. Il libro
diletta
non
de' Veri precetti di
("9)
dell'
Armenini può giovare
rado raccontando alcuni piacevoli
assai
fatterelli
nella pratica
avvenuti
ai
,
e
grandi
maestri di quel tempo. Scarso però nella teorica, e, senza la Ijase della filosofia,
fondato in gran parte
sull'
esempio
,
è per
l'
essenziale dell' arte
dannoso anzi
41
che
utile.
I veri precetti
dalla ragione
:
gli
non
dell'arte
esempj dichiarano
possono trarre che dalla natura e precetti e li confermano ma ove H fac-
i
si
;
ciano, l'arte è caduta, perchè perde l'originalità.
Ben
altrimenti furono
i
precetti
Leonardo ed è bello lo scorrere tutti i suoi libri senza trovarvi un solo esempio quasi eh' egli credesse far torto all' evidenza delle verità che si tragdi
,
,
gono direttamente
dalla natura,
troppo debole autorità a petto di
sostenendole colle prove dell'arte,
figlia
di
madre.
siffatta
GREGORIO COMANINL (
1591
)
Il seguente passo, importantissimo per la singolare notizia che copia del Cenacolo, eseguita probabilmente a cesello in argento,
Francesco I
,
della Pittura. nense.
:
Ove quistionandosi
più
dà d'una ordine di
è estratto dall' opera che ha per titolo // Figino ovvero del Fine Dialogo del Rever. Padre D. Gregorio Comanini, Canonico Laterase
il
fine della Pittura sia E utile ovvero
tratta dell' uso di quella nel Cristianesimo
fetto e che
ci
-d"
diletti
,
il
pittore ovvero
il
,
diletto,
il
si
mostra qual sia imitator più per-
e si
poeta. L' opera fu scritta
,
a quanto ap-
parisce, nel 1690, e fu subito pubblicata
fanno seguente in quarto espone in essa un dialogo, a
coi torchi
Osanna in Mantova. Si dir vero, prolisso, ma non povero di buona erudizione e di utili notizie, tra il padre don Ascanio Martinengo, Stelano Guazzo e Giovanni Ambrogio Figino pittore milanese. Si il Martinengo come d Guazzo si resero celebri al declinare del di Francesco
secolo decimosesto
Martinengo fondò
e in
opere proprie e col prestar favore
colle
Padova l'accademia degli Animosi,
della
alle
lettere.
Il
quale trovansi
memorie nelle lettere di Diomede Borghesi e presso altri autori e di cui furono membri Sperone Speroni il Tomitano \\ Macino il Piccoloniini. Il Guazzo poi fu fondatore dell' accademia degl' Illustrati in Casale di Monferrato, ,
,
,
,
che fu pure feconda di non ignobili ingegni. E il Figino da idtimo in casa del quale accade il dialogo essendo egli visitato dai detti due illustri ospiu ,
,
che noi conosceano che di fama, fu d preddetto scolare del Lomazzo, e valse lui, sebbene fosse ineguale assai nelle opere e perdesse spesso la gloria dell" originalità , dandosi troppo all' imitazione de' grandi maestri ed abbando-
più di
nando
lo studio diretto della natura. Egli merita
nella storia pittorica
,
e fa dispiacere
il
nondimeno un posto
distìnto
vedere tanto silenzio sopra questo de-
gno maestro ne' prolissi cataloghi de' troppo lodatt artefici di quest' epoca. I suoi disegni furono sovente confusi con quelli di Batìsta Franco, del Salviatì, del Parmigianino , e talora fin anche del Buonarroti di cui ritrasse più volte le
opere principali. Oltre ciò che da questo dialogo
si
può
ricavare,
trovansi
42
sparsi grandi elogi di lui nel Trattato e ne' Grotteschi del suo maestro
,
nelle
poesie del Marino, in quelle di Giuliano Goselini e in quelle del Borgogni. Ecco il passo posto in sua bocca nel dialogo del Comanini , a carte 264.
Francia Francesco
Il re di
volle portare di là dall'Alpi tutto
torio delle Grazie di questa città, dove
Qùal
Scdvatore.
cosa stimava egli più?
spesa avrebbe
quel re fatta
stato possibile
il
nella
i
il muro del refetLeonardo Vinci avea dipinto la Cena del denari o pure la pittura ? pensate voi quanta
trasportazione di tanta macchina
reame, ne fece fare un estratto in argento mandato a donare a papa Clemente Settimo al tempo
trasferire nel suo
da
luì
gherita de' Medici e di Enrico
il
quando fosse non la potè
Ma poiché
conducerla senza pericolo di guastamento.
quale poscia fu
il
delle
nozze di Mar-
Secondo.
riò scorse alcune altre opere del Comanini, e nulla vi ho trovato di pittorico.
Il
Pigino aveva un libro di disegni
Lomazzo
quel volume inèditi di
Du
dal
,
,
di
(j-ì
Leonardo
,
Fresne e più chiaramente dal Venturi.
come sappiamo Qual
spero poterlo indicare allorché pubbhcherò molti
Leonardo
dal
fosse
in parte
scritti
e disegni
perchè in un gran numero di schizzi che ho raccolti del Figino molti ne ho scoperti che sono bensì di sua mano ma che traggono origine da altri del Vinci senz' alcun dubbio. ;
,
,
GIROLAMO CATTICO. 1600 dica
(
)
In una stona manoscritta di Girolamo Gattico domenicano, la quale tratta appartenenti al convento delle Grazie, là dove si fa parola
di tutte le cose
delle pitture del refettorio, Icggesi
Leonardo Vinci dipinse refettorio
(cioè
,
e il
duca
Il
come
segue:
Cenacolo che alterato
duchessa che
la Crocifissione dipinta dal
sono mfracidite per
muri
e la
il
essere dipinte
si
Montorfano dirimpetto
a olio
,
e l'olio
nel fine del medesimo
non
si
al
Cenacolo), quali
si
conserva in pitture fatte sopra
ed egli contro suo volere la face, perchè cosi onninamente volle il duca. manoscritto del Gattico che conta due secoli circa, stava altre volte nella
e pietre,
libreria del
convento delle Grazie.
Non
s'intende al^bastanza a che
quella frase ed egli contiv suo volere la fece. al
vede
si
vede a'fianchi della suddetta Gerusalemme
Cenacolo, né
al
metodo
Ad
ogni
di dipingere a olio ch'era
modo non il
si
riferisca
si
può
riferire
consueto di Leonardo.
Io inchno pertanto
a credere che Leonardo contro volere s'inducesse ad aggiungere air opera del Montorfano i ritratti della famiglia ducale e che però o h facesse eseguire da qualche suo discepolo o li trascurasse assai perchè a giudicarne dagli avanzi, che che se ne dica dal Vasari e da altri, sono, a dir vero, opera assai mediocre. Egh è ben certo che se essi erano consunti ;
,
,
4S
già da dugento anni per testimonio del Gattico
hanno anch'
fuor di dubbio del Bellotti o
non
può
si
cV altri sia
permettono
pittorici
prima
Ma
giudicare.
subito
essi sia
evidentemente
io
,
,
Cenacolo
il
Quindi
lui.
oserei dire che tali
si
la
mano
,
Primieramente
ritratti.
antico
stato
de" fasti
allorché
,
dove
,
trovi
si
stesso
non
,
sono troppo
essi
il
e
,
micidiale
degli scrittori
Montorfano
dal
giudicati opera intrusa o aggiunta. In secondo luogo
parso del tutto,
sono adesso
vero loro
il
asserzioni
false
il
rimanente della composizione per dover
accordo col
d'
di
molte
Leonardo, fossero eseguiti
già da
come
piti
congettura a quelle contraria
cjualche
r appoggio di buone ragioni
dopo
le
se
,
tanto
essere
colore è scom-
vede trasparire chiaramente rintonaco generale della pittura,
con sola calce senza alcun' altra preparazione o mistura, modo diverso dalVedesi in terzo luogo impiegato F oro puro col mordente l' usitato da Leonardo. ne' panneggiamenti contro il sistema di Leonardo che voleva che 1' oro s' imifatto
tasse
come ogni
,
cosa, coi colori. Finalmente la maniera dell'opera
altra
solo è
conforme, come
ma
è
lo
come
parimente nello
Leonardo.
torto a il
resto
dico che
,
,
tanta angustia
ritratti,
1"
che non
esser
tali
si
potrebbe asserire senza far grave
ritratti
pittore fu costretto
il
a
fatti
i
debbono
si
del pittore
si
prestano all'arte de' cui
nell'
operare e finalmente
la
mediocrità
dell'
questo tempo migliore della sua
vita.
che a Leonardo
opera del Montorfano
come
fe'
attribuire
Cenacolo
il
,
gli
,
diversità del genere in
prestato
come
,
Comunque però pieghi
e
1'
non
fresco
a
opposta
olio la parete
tieri
il
può
ritrarre principi e
Ne
a fresco
alla
mia
a credere di
che per niun
;
il
stia
ed
,
il
la
tali ritratti,
le
,
poche sue
pitture in
origine dell'errore
1'
nelF esser essa eseguita
di
di farli a olio
stesso lavoro,
il
,
alla
Montorfano
qual cosa sarà
si
,
per
mal volen-
Gattico dice essere avvenuto a Leonardo. il
fittto
,
io
non pretendo mai che
un
tanto
uomo, qual
lato dell' arte é superiore a
nella nostra scuola.
Cosi giudico
sarà scusato per la diflì-
e solo oso esporre questa congettura, perché
mano
nota
contrasto
crocifissione. si
la
fa
duca che vedeva Leonardo dipingere a
avrà ordinato
uno
come
aggiunge
opera che
Parrai anche travedere
Montorfano richiesto dal duca di
coltà d' improvvisarli
la
si
poi sono rare volte
effetti
troppo visibile colla perfezione a cui Leonardo portava
il
,
Aggiunge peso a questa mia congettura il sapere, all'epoca di questi cioè intorno al 1495, impiegalo Leonardo nel Cenacolo, nel colosso
sua lentezza
che
a fresco
perchè è
quali per pochi istanti e con molta loro noja e con altret-
equestre ed in varj lavori idraulici di grande importanza.
a olio
non
e
olio
questo genere
a
e eh' è sopra tutto necessario allorché
personaggi grandi,
contenti.
il
,
conceda quel tempo e comodo che dal dipingere a fresco non
solo che
ottenere
stile
poi
Circa
non
disse, al rimanente del dipinto nella composizione,
si
era Leonardo,
quanto
si
l'
altrui
non
opinione
so risolvermi
un lavoro dozzinale
facea da' suoi contemporanei,
,
44
GIOVANNI BOTERÒ. iCo8
(
Nel
libro
primo
Facezie riporta
Detti memorahili di personaggi
de' suoi
Boterò
)
illustri
sotto l'articolo
,
seguente fatterello, già variamente narrato da altri. Leonardo Vinci fu pittor di molta eccellenza. Hor mentre eli egli dipingeva in Milano nel convento delle Grazie la Cena di nostro Signore, menava V opera più il
in lungo di quel
che
dopo averlo pregato ,
il
e
il
padre priore di quel convento avrebbe voluto. Il padre e più volte instato a finire veggendo dì egli non si ,
più
moveva, ricorse ed duca Francesco Sforza. Il duca, chiamato molto seriamente che non mancasse di por quanto prima fine rispose egli, io spero di darvi tosto soddisfazione
due
teste
,
cioè quella di
s.
Pieao
e quella di
abbozzata assai a mio gusto; la seconda, cioè altra invenzione
Con Il
la
mi
io
,
sue
le
storielle
curandosi di confrontarle cogli
non
è strano
,
scrittori
il
duca,
donde
dai
se
non
pare d" averla
se
mi mancherà
assai a proposito.
d'impaccio.
cortigiani
(3.) ,
e
non
narratori le prendevano.
Quindi
leggono da
narrate
i
si
Giuda,
mi pare
disse
Signor
mi mancano
e si sbrigò
Fa però meraviglia che un uomo
diversamente.
di
gli
all' opera.
La prima mi
cpiella
raccogliendole
molte cose nel suo libro
se
perchè non
servirò di questa del priore che
qual risposta fece rider non poco
Boterò scriveva
,
Giuda.
Vinci,
il
altri
autori
tanto versato nella storia
,
e
che fu lungamente a Milano segretario di s. Carlo cadesse nelV errore di confondere il duca Lodovico col duca Francesco assai minor fallo fu Y accennare la testa di Pietro in vece di quella di Cristo, anche in ciò senz'autorità. I Detti memorabili furono stampati la prima volta in Torino nel 1608, e ristampati in Brescia ed in Venezia. La seconda edizione torinese, posta in luce ,
:
da Domenico Tarino nel cpesta,
alla
pagina 536,
si
1 6 fu notabilmente accresciuta dall' autore. Da 1 4 scorge che il Boterò compose un'altra opera intito,
lata // Pellegrino, la cjuale sfuggì alla diligenza dell'accuratissimo
che
d'
Mazzucchelli
ogni altro lavoro di cpesto autore dà esatte notizie.
PIETRO PAOLO RUBENS (
II
De
1
6 1 o circa
un manoscritto latino di Pietro Paolo Rubens, dal secondo asserisce egli ha tradotto il seguente squarcio.
Piles possedeva
quale fedelmente
,
,
Léonard de Vinci commenqoit par examiner exacte
)
Théorie
,
et
en faisoit ensuite
se servir. Il obsérvoit les hienséances
,
toutes choses selon les regles d' une
V application et fuioit tonte
sur
le
Nettarei dont
affectation.
il
vouloit
Il sqavoit donner
4S
à chaque ohjet quii
caractere le plus vìf,
le
est possible
et
,
mesure quii gardoit dans
et la
V élever par des parties la confusion des objets
qu'il
,
,
les
c' étoit
caractere qui leur fui propre
yeux par une
,
s(^avoit
et
,
dit
,
et
soin d'éviter
à souhaiter dans
cliose
mais en
:
à donner aux choses un
,
la solidi té de son
jugement ,
donner aux hommes
une
Livres. Il en avoit tire il
,
qui poiivoit convenir à l'expression de son sujet et
Jiiimaines
minuties
les
grand
et qui le distinguàt l'ime de l'autre.
,
commenda par consulter plusiews sortes de de lieux communs dont il avoit fait un Kecueil
par
si
scrupuleuse. exactitude
camme nous avons
Il
aussi-hien que
un
ni avare. Il avoit
,
aimoit mieux laisser quelque
que de rassasier
excelloit le plus,
il
plus comhiable
le
par
plutót que de la remplir
ni prodigue
,
quoy
et
Expressions étoit de remuer l'imaginatioìi, et de
les
essentielles,
tàchoit de n'étre en cela
son Ouvrage
plus specificatif
le
poussoit celuy de la majesté jusqu'à la rendre divine. L'ordre
il
ne
laissoit rien
par
feu de son Imagination,
le
clevoit les chosés divines
degres differens qui
les
infinite
échapper de ce
par
les
portoient
les
jusqu'au caractere de Héros.
Le premier Milan de dans
les
des e.vemples qu'il nous a laissez
Céne de JVótre-Seigneur
la
plaees qui leur conviennent
milieu
de
cutes.
Son
tous
d'autre
par
la
Il
De
le
,
il
presse
pendant que
est
a répresenté
il
ni
,
qui
som dans une
arrivé
ses
tei
dcgré de perfection
ne
il
Enfin par un
la bienséance.
à un
néanmoins
dans laquelle
,
effet
me
quii
,
impossible d'en parler assez dignement , et encore plus de l'imiter.
Rubens veniva
Piles dice che
Leonardo
servazioni fatte da ,
Pompeo
presso
de
près
trop
soit
situation libre et dégagée,
quali
delle
Di
Leoni.
sulla
gh
in seguito dichiarando
mici di Leonardo tanto su gh uomini quanto sui cavalU
corpo umano
Apòtres
les
Aputres paroissent agites de coté
les
aucune action contre
ni
,
de ses profondes spéculations
camme
,
Tableau quii a peint à
le
Nòtrc-Seigneur dans la plus lionorable au
et ses bras
,
est
,
laquelle
véhémence de leur inquiétude
parott aucune bassesse
parott
et
,
n ayant personne qui
,
attitude esc grave
polir marquer plus de grandeur et
dans
,
Fisionomia
,
e
all'
anato-
studj
indi spiegava le
:
uhimo
cose tutte egli aveva esaminati
gli
os-
proporzioni del
le
disegni
originali
cjuanta importanza sarà stato questo scritto
si
,
può
giudicare dal frammento conservatoci, dalla gravità degli argomenti, dall'ingegno
grande del Rubens del suo esame. tutto, colla
E
dalla
e
eccellenza delle opere
fu in vero perdita notabile che
perchè intorno
al
famosa raccolta di
nelle note dell' edizione
1720 un incendio consumò stampe e disegni
romana
diversa
,
e
Fu
anch' essa
,
a dir
che facevano
De
Nò
si
Piles noi
Bullo
,
titolo
tradotta dal latino
giudicandone dal solo saggio conservatoci
inferiore alla perduta d' iiuportanza e di pregio.
,
creda riparato
177 3, che ha per vero
soggetto
il
pubblicasse
insieme
lo scritto originale
dell' eljanista
del Vasari.
dall'opera del Rubens pubblicata nel figure humaine.
il
dal
,
De
coiue
un
si
tal
legge
danno
Théorie de la
ma
è in tatto
Piles
,
d" assai
,,
46
FEDERICO BORROMEO. (
Quanto finamente
sentisse
1635
)
delicate bellezze
le
dell' arte
l'
insigne
cardinale
Federico Borromeo scorgesi dal libretto eh' egli stampò per descrivere le pitture da lui raccolte e donate al pubblico. Tale operetta ha per titolo Museum , e vide la luce nel 163 5. Io tradurrò alla meglio il passo che bramo noto" al 'let,
tore
può leggere
chi lo
:
e lo legga fra le note
nella lingua in cui fu scritto
,
tralasci
traduzione
la
(33).
Ove l'ottimo porporato, all'occasione d'una copia eh' ei fece fare del Cenacolo, prende a ragionare di quest'opera. Del mo pregio, die' egli, comechè da
molti ne sia stato scritto, io dirò soltanto ciò eh' agli altri è forse sfuggito, cioè che negli affetti varj e ne' diversi moti dell' animo sta la principtd gloriarceli 'questo lavoro ; lode , alla quale specialmente mirò Plinio nelU esaltare la tavola del Giudizio di Paride , nel cui solo volto ammiravansi riuniti tre affetti fra loro differenti. Nè limitassi il pittore ad esprimere il dolore e le lagrime il che altri per avventura fcirehbe i
gli suonino
ma
,
sentimenti
dell'
nel movimento di tutte animo che a chiunque
air orecchio
pronunciò quella
Cristo
PIATTO, MI TRADIRÀ.
terribile
modo
certo
su
scorge e
si
tanta atrocità e
di udirli.
al suo signore
sentenza:
si
fattamente aperti descrisse
riguarda questa pittura si
Quei che
U uno
il
.meco intinge
il
la
mano nel
la
mestizia profonda
da gravissima moderazione.
velata
dialogare e fra
minaccia
sembra
,
a vicenda allorché
dissero
Veneranda fiiccia del Salvatore indica
dell'animo, che soppressa degli apostoli
membra
parole che gli apostoli
le
La
le
attento
traditore
loro e col maestro
altri
:
,
promette soccorso
I
detti
pare in e difesa
taluno stupisce penetrato dall' enormità del misfatto : avvi chi si sforza di allontanare da sè il sospetto dell'orrido attentato: avvi chi interrogando ' insistendo vuol sapere il modo e V ordine della preparata congiura : chi si ""adira chi ammutolisce, chi si maraviglia, chi attende a ciò che dagli altri vien detto. sovra tutti distinguesi il volto di Pietro acceso di furore e di desiderio di vendetta e vi si legge F animo impaziente d' indugio per V amore del maestro : notinsi :
Ma
,•
m
lui la
forza
minacciare
il
sè volgerlo
e
,
la
fermezza
,
la genero si tìi:
traditore di castigo
maturarlo
:
,
ma non
così adirato
tu
a un tempo
vanni che gli spieghi gli arcani del tradimento Presso d principe degli apostoli così atteggiato tore,
né
acciocché per l'opposizione,
le
contrarie facce potean
la deformità del fellone inoltre
Giuda inquieto
,
il
essere
pià fra e
V odio
la
e
vedi
e ,
il
significato
delle
artefice collocò
loro diverse:
pieno di dignità
paura
ira secreta
suo intento
,
fra
dissimulante, ei chiede a' Gio-
e
l'
avvampar d' altri il
contrario talento meglio e
come onesto tra
il
palesando ad
d' essere
divine parole.
Giuda
il
tradi-
pià chiaro apparisse:
torva,
ispida
é il volto vivace di
scoverto
,
tende
l'
e
vile
è
Pietro; orecchio
I
,
47
oìrde ascoltare
il
colloquio tra Pietro e Giovanni, e sembra raccoglierne le parole
codardo a un tempo nel VISO di Giuda
i
fermo
e
nell'
conoscesse quest'arte: imperocché
fece fosco
il
,
pessimo abito
dell'
irti
veramente spiegò Leonardo mostrò quanto addentro
e
,
con occhi incavati, squallido
irsuto,
di adusta magrezza, con naso schiacciato e con essere indizio del
E
infame proposito.
profondi misteri della Fisionomia
capelli
quali cose sogliono
le
animo presso coloro che
dalle fattezze ne giu-
V
dicano. Alle stesse leggi di Metoposcopia corrisponde al contrario
con
espressa
dal pallore delle labbra
artifizio
tumide nari; siccome
il
naso curvo e
di nobile ed elevato animo.
I
e
virile
eli
,
e giuchcasse le cose pittoriche
veramente degno
dell'artefice
descrizioni accanto alla sua
non sono fuori
i
passi
cjuanto
più in là la cui
d'
i
del limite dell' arte loro,
non provano
questo valente mecenate
d'
ogni altro anche
risponde a
come
squisitamente e in
pittore;,
affetto
descrive.
Le
modo altre
ne' loro autori quella fina maniera di i
secreti dell' arte 1"
e che per
,
dono un
ottimo cardinale in
ogni buona disciplina debbe
pubblica biblioteca ambrosiana e
di lui
antichi
si
sentisse
arte già corrottissimo.
1"
magnifiche
altre utili e
riuniti
Borromeo
per certo esercizio possedeva assai bene
e
secolo per
qui
varj il
opera con tanto
vedere eh' è necessaria per penetrare dentro
dopo
dalle
tali considerazioni.
Chiunque confronterà con questo moderni potrà facihiiente scorgere
A
e
occhio severo sogliono essere segnali
l'
rado commetterà errore quegli che crederà necessario V occuparsi lunga-
mente di
naturale
ira di Pietro
infiammata
quali indizj della natura io volli avvertire acciocché
nostri dipintori intendano che siffatti studj e che
dalla guancia
,
,
fu
il
1'
istituzioni.
la nostra città
annessavi accademia di pittura
Suo non meno
,
oltre
la
oltre infinite
sebbene eseguito in parte
progetto del colosso in bronzo di san Carlo
rjuella di
,
duemila e settecento uomiiii
,
,
la cui
mole unica
massa
di tal ge-
nere in Europa.
BARTOLOMMEO DA
SIENA.
(1636)
Nel
libro che
ha per
Canusiani, Ticincnsis sanese
,
monaco
Certosa di Pavia dissimi elogi artefice.
della Certosa
De vita et monbus beati Siephani Maconi Senensis ohm Ccenobiarchai etc. composto da Bartolommeo ,
di Firenze
,
dove
parlandosi della copia che
,
dell'
Leggasi
titolo
Cartiisioe
originale di
il
Leonardo
ivi
si
descrive
eonservavasi
il ,
refettorio si
della
fanno gran-
e delle virtìi pittoriche di questo grande
passo che riporto intiero nelle note
(h)
.
48
VINCENZO CARDUCHO. i633
(
di
Vincenzo Carducho o Carducci Spagna vi fece molte opere di ,
dicono
il
essencta,
Lanzi
e
il
definicion
fiorentino pittura
Baldinucci,
ma ben
modos y
diferencias.
,
)
da giovinetto
stabilitosi
,
e vi pubblicò
,
De
otto,
la
alla
non un dialogo
Pintura, su defensa
,
corte
come
orinen.
,
Leggonsi in quest'opera molte
utili
notizie specialmente circa le pitture de' palazzi reali di Spagna. Intorno alle altre
cose
quantunque
,
ed
altri
e--)
,
poco
furono di scorta
l'opportunità,
succede
altri
Bermudez
il
scritto in castigliano
al
tra
al
Pacheco ed
chiami
lo
nostro autore al
il
di originale vi ,
miglior libro di pittura che si
com'
legge
;
e
Vasari
il
egli lo fu in seguito
Palomino. Nel primo dialogo
m che
al
sia
Borghini
il
,
,
secondo
pari degli
discepolo e maestro, parla del Cenacolo di Leonardo per bocca
del discepolo che dice aver vista a Milano questa insigne opera tanto dai dotti ammirata, nella quale si vede a qual alto punto di perfezione sali l'ingegno di questo
uomo
Poiché, segue
divino.
al volto non dimostri
l'
egli a dire,
intenzione
e
V
ìion avvi apostolo che al
affetto
moto
,
all'atto,
che internamente ed esternamente
il
commuove, il turbamento , la santità, la pietà, la fedeltà e V amore come non meno si scorge la malignità e il tradimento nell'atto plebeo e nel viso falso e :
discortese di Giuda.
Dice da poi d'ignorare
lasciò imperfetta la testa del Salvatore,
rare la storiella del priore, imitando
la
cagione per la quale Leonardo
con che dà occasione
Si rinnuova menzione del Cenacolo nel dialogo terzo che ed essenza della pittura e delle sue differenze nel quale ,
e fisionomico
ed interni
Le
dell'
altre
,
conoscendo
animo
e
cose di questo autore che ,
discorsi
il
manoscritti
il
concetri dell'ani-
grande
si
affetti
filosofo
esterni
si
titolo
di
gran danno e desiderio
di Osservazioni.
Michelagnolo dell' arte.
non sono immi parve opera di Leonardo ,
Leonardo
riferiscono a
,
dal Borghini e dal Loinazzo. Solo
cosa notabile un Trattato di Fisionomia di
sotto
i
e del corpo.
cui
,
come
dà cenno nel dialogo primo, e che è indicato dal
Rub ens
definizione
maestro dice che
applicando a misura delle cause gli
portanti o sono tratte dal Vasari
del
tratta della il
Leonardo non avrebbe potuto sì egregiamente esprimere negli apostoli che dipinse in Milano, se non fosse stato
dotto
mo
maestro di nar-
al
racconto del Vasari.
il
,
Parla
ivi
di
De Pdes
nel manoscritto
anche di alcuni mirabili
ora sconosciuti
o perduti,
non senza
49
FRANCESCO BISAGNO. (1642) Dalle opere
del
Lomazzo principalmente
e
dall'
Armenini
estrasse
il
Bisagno
suo libretto che intitolò largamente Trattato di Pittura, stampato nel 1643 e nel 1644. Nel capo decimosesto fa menzione degli studj che Leonardo fece il
per più mesi intorno
alla testa di
opp)ortune ne' refettorj
varie
Giuda. Nel vigesimottavo consiglia come cose
apostoli con esprimer mirabilmente
sapere chi era che tradir volesse
nardo Vinci in
Maria
s.
il
,
e
fra le
loro quel sospetto
in
altre
il
eh' era
un meschino ed
Domenico
s.
Cenacolo degli
entrato
come divinamente
loro maestro,
Crazie dei frati di
delle
del Bisagno è
Il Trattato
di conviti
storie
del voler
lo significò
Leo-
in Milano.
inutile libro.
FRANCESCO SCANNELLI. (
\
Lo
medico
Scannelli,
mano
sparse a larga
secolo nel
qmde
fisico forlivese
nel suo
)
scrisse
Microcosmo
die egli a chi gU
,
1642
i
vuol credere,
di perfezione l'arte della bella dicitura. Egli
mezzo del seicento,
nel bel
modi
affettati
e ridicoli del
e
suo
riconosce cdt ultimo segno
si
non professava
pittura,
ma
l'amava,
per quanto egli asserisce, per una inesplicabile simpatia, come si volge al polo la pietra, che ( mi sia qui permesso di cogliere uno de' suoi fiori) tiene lapidati
gF ingegni
tutti
nasce gravida di meraviglie
,
,
e
col
nome
di calamita partorisce
ccdamitadi alla messe degli
umani
cosa sia
negli scritti di cpesto genere.
cercare
il
notizie
ne contiene molte non per lo
tivo libro
importante
per
stile
la
inutili
,
pensieri.
Giudichi
che non trovansi altrove
sempre e pel giudizio pittorica
storia
assai
:
mi
è d'
Al cui proposito di cosi rinomato
uopo riportarlo intiero. ( di Leonardo ) sarà forsL a grado
Cenacolo
;
sendo che
si ritrova
d' ogni professore e gustoso eh questa virtù
pare che per
spesso,
,
è
l'
il
di
Microcosmo un cat-
è però abbastanza
nelle
hbrerie degli
luogo dove parla del
inserir qui cpial sia l'opera
talmente viva la memoria appi-esso
che la straordinaria
fama
di tal
nome
per far conoscere il migliore fra gli operati un raro prodigio della buona pittura ; di maniera tale
,
et
che IO in estremo stimolato dal comune grido de' virtuosi le
il
e sebbene sia
stessa sia sufficiente
se
del famosissimo maestro
cV incontrare
,
quanto fastidiosa
Pure
da meritare un posto
amatori della pittorica erudizione. Importantissimo
Cenacolo
lettore
il
maggiori eccellenze
Romagna per
,
godere una tal opera
,
bramoso in ogni tempo
dell'anno 1643 partii come nel centro di Lombardia i più rari
di tcd professione, sino
5o
da Correggio
dipinti cV Antonio
nacolo
,
tantosto
tanta avidità
mi
restasse
poche
e
,
rn'
vestigia,
posso attestare in tal caso che in riguardo
nelle figure
lividi e
non siano che fatte
,
con modo
e
meze
tinte
tutto mutile
,
Ce-
una
riscorar
cV incontro
inaspettato
che a gran fatica potei di-
cosi confuso
come mani
e
piedi ed altre parti ignude
trovcd quasi affatto annichilate , et ed presente stimo
,
del tutto estinte
,
appena
scoprendo opera tale non conservare che
,
per
e le figure
,
oltramodo oscure davano a conoscere
del passato.
dove
,
avanzai nel refettorio de' padri predicatori per
stinguere la già stata historia , e le teste
con chiari,
a Milano
sino
straordinarj del commendatissimo
effetti
gusto in estremo instupidito
il
mi portai
e perciò
,
giunto, reso impaziente di scoprire gli
più dal muro
lo
buone
le
divise
,
et in
parte
opera già resa del
reliquie d'
non restando al riguardante horniai che il credere olla buona fama mi potrei anco rammaricare di non haver procurato una tal vista
E
qucdche tempo avanti per ritrovarlo di bramata conservatione autore del secolo passato seguenti parole.
»
cioè rAriiieiiini
non
quando nel leggere
,
havessi sentito in cpuesto caso
le
Vidi nel refettorio delle Gratie di Milano ad aglio dipinto
il
(
Cenacolo di Leonardo da
)
Vinci mezo guasto
,
benché
pensavo che indarno di ritrovare in buon stato
E
bellissimo. »
però non
/' opera la quale un secolo prima non era che in parte rovinata. Segue indi a ragionare della cagione di tanta mina intorno a che ci accadrà di nuovo ricordare T autore nel quarto libro. Per quanto poi non gli si debba negar fede circa il misero stato che descrive del Cenacolo è facile ,
,
,
r avvedersi della sua abitudine
che pure vantava ancora
d'
buone
delle
,
un opera
esagerare dal chiamare del tutto inutile reliquie.
ILARIO MAZZOLAR! 1648
(
Compilò grandezze
il
dell'
)
Mazzolari monaco girolomino
il
libro
che ha per
copia del Cenacolo, descrive e loda ampiamente l'originale. sbaglio intorno agli
degna
d'
essere
accessorj
riportata
Stanno, die' egli,
,
la
reali
descrizione di questo
tutti gli apostoli
come
un
conosce chiaramente un riposo ritenuto
inquieti e che
di loro l'avea e
che abbi a parar quel ragionamento.
Sta
egli
come
sembrami
a
non
trovino
posa udendo
In
Giuda
vendere.
solo
appoggiato col braccio
chi
di quel celestiale collegio; maggior peccato che anco il
onta di qualche frate
si
fìnto come di traditore che sta aspettando
sulla tavola, e col destro getta la saliera,
pigliò e mise sottosovra
Ad
buon
per intero.
dire al loro maestro e signore che
in
Le
titolo
Escuriale di Spagna, ed in esso alla pagina 87 ove jaarla d'una
cielo e la terra.
Nella
infungeva
e
sinistro
guastava la pace
quello di Lucifero che scom-
stessa
mano
tien vicina al petto
5i
la borsa,
quello
d
vecchio inquieto
marnili e
i
le
Non
mano.
a
tutti
il
tengono molti che
in
ammirazione
gradisce
Questo
,
mutato
(
A
colore e
'l
se fossero
le
a Leonardo
quanti la veggono,
che
;
'l
benché non
ben fatto
tutti
e
il
mezzo
Le robbe
in piedi.
i
,
cose medesime.
Saj-ebbe bastante
quando non
vi avesse lasciata
) ,
s'
ned eccellenze che qui veggono
hanno
conforme
sappiano
che sembra essere
scrittore
vive.
so io pondera.r altri segreti
quei che sanno dell'arte.
pone
e
come
tovaglie,
a dargli eterno nome
quest' opera
altra di sua
gli
Le facce pajono
Pare udiamo san Pietro addimanda a san Giovanni sopra quel caso per cavarne il delinquente,
secondo sta vasi,
o quello in essa, ove
la tenea nel cuore,
rassomigliano non poco.
gli
se
come chi
all'
in ciò alcun sentimento,
arte imitatrice della natura
perchè.
stato osservator diligente, è
il
solo in cui
leggo che essendosi lasciato imperfetto da Leonardo il Cenacolo, fu di mestieri cercare un altro pittore che lo finisse cosa inverisimile anzi ridicola. Le reali grandezze ecc. descritte dal Mazzolari videro la luce nel 1648, sebbene ,
il
più degli esemplari porti
dica
dell'
la
,
data del i65o
si
nel frontispizio
come
nella de-
autore al Malvezzi.
FRANCESCO P AC IIECO. (
1649
)
Nel libro che ha per titolo Arte de la Pintura su antiguetad, grandezas ecc. y por Francisco Pacheco Vezino de Sevilla (37J, trovasi un breve cenno del Cenacolo e del vano desiderio ch'ebbe il re Francesco di portarselo in Francia. Tutto quello però che in
tal
libro
si
legge intorno agli
artefici
italiani,
per lo più anche ciò che spetta all'arte per teorica e per pratica, è nostri
autori
(
fra
i
quali
Solo mi parve nuovo stro di Raffaello d'
il
Carducci
il
leggervi sempre nominato
Urbino
stenuta da alcun' altra
comprendo
,
)
e
autorità a
me
nota
Leonardo col
(3=).
dai
specialmente dal Vasari.
cosa per Leonardo molto onorevole
buona
come
tratto
Che
se
titolo ,
di
mae-
ma non
so-
Leonardo insegnò
a Raffaello in Firenze col suo cartone della Battaglia o in Roma coi consigli, SI può du-e che Raffaello ebbe a maestri non solo fra Bartolommeo, Bramante e Michelagnolo , ma tutu coloro dai cpiali crcdea poter imparare per opere o per parole , non esclusi il Masaccio e il Ghiberti che fiorirono un secolo
prima di lui. Palomino che molte cose prese dal Pacheco, dice al capo decimo del secondo libro, ch'ei scrisse con sensillo y darò estjlo , y copiosa explicacion de la theorica Il
y
pratica de està arte
,
cioè della pittura
nelle Vite de' pittori. Giacché
si
,
e molti elogi ne fece al
tomo
era utilmente servito del suo libro,
terzo
avrebbe
potuto per gratitudine risparmiargli quel satirico epigramma (s?) in cui è sato di secchezza, e che pur volle riportare al fine delle sue memorie.
tas-
,,
DU
RAFFAELLO TRICHET i65i
(
Nella
vita di
Leonardo che in
)
italiano scrisse
suo gran Trattato che vide la prima volta
al
bene
il
più di essa
sia
preso dagli autori
nuove, specialmente intorno
ai
Lomazzo ed anch' sopra un muro umido ,
egli
Du
Fresne
Leonardo
(4») ,
illustre
nel i65i
leggonsi molte cose a quel
,
tempo
Cenacolo è
al
eh' essendo
ripete
stata
quell'
tratto dal
Vasari e
debbono dell'
infinita rico-
aureo libro di
tanto più che la sua edizione supera tuttavia in eleganza
essere conservata
,
allorché porrò in luce
che con
,
seb-
tempo
opera dipinta a olio
francese per la pubblicazione
ricchezza le molte posteriori in tutte le lingue
nostro pittore filosofo
,
del tutto guasta.
Tutti gli artefici del disegno, e specialmente gl'italiani,
noscenza a questo
e pose in fronte
,
famosi codici de' quali Leonardo aveva lasciato
era al suo
,
il
la luce in Parigi
italiani
erede Francesco Melzi. Ciò però che spetta dal
FRESILE.
l'
intero assai più
lungo Trattato del
singolari suoi scritti la fortuna e la
altri
piacenza di dotti amici mi ha posto fra
e in
e sarà la sola che meriterà di
,
com-
mani.
le
CIANDOMENICO OTTONELLI E PIETRO BERRETTINI. i652
(
)
L' Ottonelli da Fano e il Berrettini da Cortona l'uno teologo 1' altro pittore, composero un Trattato della pittura e scultura, uso et abuso loro, e nascondendo ,
,
per cristiana modestia li
i
loro
nomi
,
siccome scrissero
trasfusero poi in barbari sciocchissimi
nell"
anagrammi nel
avviso a chi legge
frontispizio
(4')
.
Il libro
è ricco di erudizione, specialmente teologica, profusavi spesso inopportunamente;
ma
diretto
ad insegnare
la
più
morale cattolica
stretta
nell' esercizio
nulla insegna che alla pratica e alla teorica di essa appartenga alla
sua storia vi è tratto
vi si faccia
dai libri
più
menzione del Vinci, nulla
noti.
affatto
,
dell* arte
e ciò che spetta
Così quantunque non di rado di
nuovo
vi si
legge, e ciò che
spetta al Cenacolo, è copiato di pianta dal Vasari.
FRANCESCO SCOTO. (
Nell' Itinerario Grazie , Se
d' Italia dello
desideri , dice
1'
Scoto
i654
,
)
ove parlasi della chiesa e convento delle
autore , vedere
le
più
illustri e
maravigliose pitture che
,
53
possano veder in
si
vedrai la
tutto
mondo, fa che quei padri
'l
Cena del nostro Signore con
maravigliosa maniera ha dimostrato che
stupore
Dimostrano
muovano.
si
dolore
,
suspizione
,
Particolarmente nel volto
amore
,
una
qualità
cdtre
et
hr
nei
apostoli
Giuda
uno
vivacità e
dove
refettòrio
che par veramente
spirito
chiaramente tremore,
volti
che allora avevano.
d' affetti
vede espresso
si
il
Leonardo Vinci con
gli apostoli, nei qucdi
questi
di
mostrino
ti
tradimento
quel
che
aveva
concetto nelV animo.
Racconta in seguito
disperazione di Leonardo per la testa di Cristo, e
la
com'è narrato
consiglio di Bernardo Zenale,
non
V ha
si
dal Lomazzo. Altrove
M
il
dice che
scorgeva nel Cenacolo la maestà di prima, perchè la lunghezza del tempo
scemata.
ROLANDO FRÉART. 1663
(
In un libercolo che ha per il
Fréart parla a lungo del
di
metterla
in ivi
cosa di nuovo,
de
confronto
si
colla Istituzione
legge che importi
si
cui
non farebbe
dell' eucaristia
d' esser
suo amico Possino e
solo
si
Lo
porzione o simmetria
le
stesso dell'
delicato
non
,
dirò
opere
cui
parmi
uomo
meccanico: lo stesso, per tacer
Ove
scrittore.
gusto,
è
del Vasari o
si debba una cosa
ripetere facile
uno
di corpi
mozzi
che
il
suolo
,
moderni orribili
pittori
,
villanie,
ciò al
fanfarone della pittura,
ha pur
il
minimo
il
,
gli
si
fa
ma
,
del
grazia a
studio interamente
poca espressione
per darci un'idea del suo fosse
coperto
di braccia, di
e scannati, e simili leggiadrie.
ad onta delle sue eccezioni, Raffaello e Leonardo sono per di
il
allorché dice che la pro-
anzi
,
minori
d" altri
d'altri luoghi, allorché taccia di
avrebbe voluto
teste trinciate,
de'
egli porta a cielo
non poteva intendere
degl'innocenti di Raffaello, nella cjuale
buon
gambe, di
Possino.
ogni Itahano farà eco agli encomj di si degno e savio dorrà che non ricevano credito da miglior giudice. Ma
sublime Michelagnolo
la Strage
Nicolò
di
pur vi fosse qualche
e se
;
,
quando parla con disprezzo dargli del pazzo.
citato
autorità alcuna, tanto in quest'opera è, contro
suo costume, stravagante e bisbetico cpesto artefice,
de la peinture ecc.
la perfection
debbe rappresentare 1' ukima cena proposito ragiona dell'opera di Leonardo, tentato com'era,
di Cristo, e a tal
Nulla però
titolo Idée
modo con
)
lui
i
Che
se poi,
due gran capi
non può ridondare in loro lode dopo il lungo sfogo si abbandona contro il Buonarrori cui chiama temerario, empio, inetto, sterile, ridicolosissimo , che non cpale
talento di pittore ecc.
(43).
Intanto questo libro stampato la prima volta a
Mons nel 1662, in 4.°; tradotto quindi in inglese dall'Evelyn e pubblicato a Londra nel 1668, in la; recato di
54
poi in italiano da Anton Maria Salvini, e dimenticato sempre fu pubblicato
anno scorso
come meritava,
Onofrio Boni vi aggiunse per correttivo una dotta, forse troppo moderata difesa del suo grande compatriota senza la quale sarebbe stato cosa vituperevole il dar luce in Toscana a simile produzione. 1'
nella patria di Miclielagnolo. 11 cavaliere
,
Miglior giudizio mostrò
moderna
colla
,
opera, come in parte Lodoliana,
il
il
Fréart nel suo Paralello delV architettura antica
sebbene non manchino errori
Pompei
mostrarono
e
il
Ma
Milizia.
d'
Desgodetz
il
,
ogni genere anche in questa l'espositore dell'Architettura
dove a mio parere
si
rendè
commen-
pii!i
devole, egli è nella traduzione francese che fece e pubblicò del manoscritto di
Leonardo, che ornato delle figure del Possino era
dal cavalier Del Pozzo nel 1640.
acciocché
gli si
perdoni
fezione della pittura.
il
alla
libello del
non
torto eh' ei
Rimane però da
sua o pure del signor
premessa
il
Ma
De Charmois
si
ci
stato
donato a suo
è fatto
da poi colla sua Idea della per-
veramente
verificarsi se tale traduzione sia
siccome è
,
scritto nella vita di
edizione parigina del Trattato, uscita nel
Ad
17 16.
non meno che per
Fréart è dannoso per l'arte
fratello
voleva meno, se pur questo basta,
Leonardo,
modo
ogni
la
riputazione
dell" autore.
FÉLIBIEN. (
Intorno clie
alle
pubblicò
la
prima volta
i
opera
Parigi.
non
,
E
Trattenimenti sulle
suoi
il
de' lavori pittorici di
Leonardo
,
dice che
il
assai stimata a san
non abbia
anch' egli d' opinione che
fa meraviglia
da questo autore
e sidle
de' pià
opere cenasi
niuna
nostro argomento.
e che ve n' ha una copia
tori italiani in ciò
trarsi
vite
moderni l'anno 1666, e poi nel i685 con
diflerenza in quanto riguarda
d'
)
vecchie cose italiane, poco di nuovo può
eccellenti pittori antichi e
Parlando
1666
Cenacolo è
finito la testa di Cristo
perchè cpesto autore ha per lo più seguito che non aveva
sott'
il
suo capo
Germano d'Auxerre i
;
ma
vecchi
in
ciò
scrit-
occhio.
RICCIARDO LASSELS. (1671)
Nel
Viaggio d'Italia del Lassels
,
del
quale non ho potuto vedere se
non
si trova un cenno del Cenacolo che vi una traduzione francese del 1671 attribuisce a Lorenzo Vinci errore pur anche preso da Leandro Alberti. ,
,
si
Il
55
famoso codice poi di Leonardo vi sbagli di
nomi e
di cose,
numero ad ogni
legge attribuito ad Alberto Durerò.
si
più grossolani,
i
si
Gli
trovano in questo libro in gran
pagina.
AGOSTINO SANTAGOSTINO. (
Nel carte
poco
catalogo
44
si
ne
se
delle pitture
1671
)
milanesi pubblicate
rammemora la Cena, Ma, soggiunge può godere con U occhio.
dal
Santagostino pittore,
a
l'autore, per aver patito assai,
PIER PAOLO BOSCA. (
Nel il
libro dell' Origine
Bosca
il
Cenacolo e
e dello
la
1672
Stato
sua ruina,
cardinale Borromeo. Riporterò
il
)
della
Biblioteca Ambrosiana
in proposito
ci
ricorda
copia fattane fare dal
della
passo nella descrizione delle copie.
CARLO TORRE. (1674) Il canonico Torre nel suo Ritratto di Milano delle Grazie e
i
portici
del convento
,
,
dopo avere
Se volete poi stupire
descritta la chiesa
continua egli al
,
modo
del suo secolo, ritiriamcenc in refettorio, che sebbene egli è loco per togliere la fame, questi lascia famelici più che mai chi a lui si appressa, mentre s' ha
occasione di rimirare un avanzo del nominato
nardo
(hi
Vmei
eccovelo
:
sole sull'ultime ore del
danno però notizia
,
e
ri/nirandolo quasi
giorno,
i
Cenacolo di Cristo fatto da Leo-
amai smarrito
cui cadenti raggi, se
cV essere stati lucidissimi; veggonsi
dite esser egli
,
non appajono
ancora
vivi
un
risplendenti,
sembianti , figure
in iscorci sforzosi, colori risplendenti e positure a meraviglia disegnate.
Dà
cenno in appresso di alcune copie delle cpaali si ragionerà al loro luogo. Aggiunge una cosa osservabile, cioè che nello stesso refettorio dove è dipinto il Cenacolo fu aggregato Leonardo alla famiglia del Moro non già come pittore ma come musico sonatore di lira. Se ciò è vero può credersi fatto dal duca onde avere pretesto di accrescergU la pensione con che si verreb,
,
,
,
;
bero ad accordare
duca
gli
dava
,
le
differenze
dal Bandello suo
degli
scrittori
intorno allo
contemporaneo indicato
di
stipendio che duemila ducati.
il
S6
FRANCESCO SANSOVINO. ('575 ») Il Sansovino nel
Ritram
delle
più nobili
e
famose
città cF Italia
del monasterio delle Grazie, soggiunge che nel refettorio di esso
Cenacolo di Cristo con
da Finci
gli apostoli dipinto
tanto
,
si
ove ragiona dimostra
il
maravigliosamente da Leonardo
Nel quale appare il gran magisterio di lui, cosa da ognuno sommamente lodata. Questo passo è 'copiato dalla Descrizione F. Leandro Alberti. Solo in questa si legge per errore forse
fiorentino.
nella pittura perito di tutta Italia di di stampa
,
Lorenzo
,
Vmcio
in vece di
Leonardo
ciò
:
almeno neir edizione del
i56i che ho sotf occhio.
(')
Questo articolo dee porsi alla pagina 33 dopo
cj[ueUo di
Paolo Mini.
GIOACHINO SANDRART. (1675)
Anche il Sandrart ripete, come tant' altri, ciò che disse il Vasari. E strano che tanto nelF edizione tedesca della sua Accademia pubblicata nel 1675, quanto nella latina stampata nel i683, si dica Leonardo venuto a Milano nel 1434. È chiaro che questo errore va corretto coli' anno 1494 indicato dal Vasari, la cui autorità
sebbene non di rado contrasti col vero
camente
seguita.
ISACCO (
La
vita di
e delle Arti
,
,
é
sempre dal Sandrart cie-
BULL ART. 1695)
Leonardo pubblicata dal BuUart nella sua Accademia delle Scienze è estratta da quella del Vasari con poche aggiunte di nessuna Quindi non è meraviglia che
il Cenacolo vi sia abbastanza bene Giuda per la quale nacque cpiistione tra il priore e Leonardo dice che il pittore non mancò di mettere in quella figura qualche tratto del frate ignorante a cui attribuisce un visage chagrin et refroigné. Credo che il Btillart sia il primo che positivamente asserisca come fatto, ciò che presso gli scrittori precedenti sembra doversi intendere una anzi che altro minaccia scherzevole onde acchetare il fastidioso priore.
importanza. descritto.
Parlando poi della
testa di
,
,
,
,
,
57
DE
1699 = I715
(
Non
so se più
Cenacolo
si
debba
o pel passo eh'
,
lo scritto del
Rubens
// fit entr'autres
;
De
al
ecco
slio
il
n'en acheva pas
dans r unpaticnce de voir finir cet Ouvrage, pressa
Cena
un disegno
;
mais
di
'
le
les
celle
mano
di
bene di pubblicare per
parce qu
il
Prieur da Couvcnt,
fon Léonard^
que ce Peintre
de Judas.
Leonardo
alcun vestigio. Cita in fine lo squarcio del manoscritto del Rubens fatto
,
Cuerres V obli-
rappre-
,
soggiunge non rimanere più oi'mai
della quale
,
si
importun à la place de
Asserisce dappoi di possedere sentante rpiesta famosa
al
vedemmo
une Cène de
,
Christ
le
qu' il iniaginoit lorsque
caractère
Tcte de ce Religieux
Mdan
Dominicains de
cles
Il
gèrent de quiUer RIdan. Il cn avoit fait autant de Judas
peignit la
intorno
ci dice
:
Rcfectoire
un modcle proprc au
per quanto di suo
Piles
Notre-Seigneur d'une heauté exquise. cJierclìoit
)
conservò di Pietro Paolo Rubens. Già
ci ci
clans le
PILES.
,
che avrebbe
intiero.
FLORENT LE COMTE. 1702
(
Il
Le Comte,
peinture
,
autore del libro intitolato Cabinet des singiilariccz d' architecture
sculpture et gravare, diede
ad onta del suo piano compendioso Egli
fa
)
un brevissimo cenno ,
Pietro Perugino discepolo di Leonardo
di Raffaello presso
il
Pacheco
,
segtiito
del Cenacolo di cui,
avrebbe dovuto parlare più lungamente.
,
come come vedremo
già
,
DE ROGISSARD E
,
leggemmo
lo stesso
dal Palomino.
IP"
(1707) Nell' opera sard e II"*
,
intitolata Délices de l'Italie., si
nomina
al
quarfo tomo
il
che fu compilata dai signori RogisCenacolo del Vinci come quadro
tenuto in grande estimazione. Poche pagine doipo gior lode ricordato
mentre
vi
dell autore.
si
il
Cenacolo di Gaudenzio
legge che nulla
si
può veder
alla
si
trova poi con assai
mag-
Passione, e ciò eh" è strano,
di più
bello
,
non
vi
si
fa
motto
, ,
ss
SEBASTIANO RESTA. 1707
(
Fra lato
disegni raccolti dal padre Resta e descritti
i
Parnaso de
pittori
del padre priore
Cena
famosa
)
opera, segue
Francia per
si
(i^) ,
Grazie
delle
fa
menzione come
che viveva
di
ndY Indice del libro intitomano del Vinci d'un ritratto
tempo che Leonardo
nel
dipingeva la
padri
domenicani di Milano in tempo di Lodovico il Moro; Resta, die non potendo Francesco I re di Francia trasportar in
de' il
ad
dipinta
essere
copia e la pose in
s.
olio sopra
Germano,
muro
il
della quale
a papa Clemente Vili
quello che, donato dal re
largo
16 braccia
poi ne fece {
tessere
dee dir VII),
h^),
la portò in
un arazzo che si
è
espone tra gli
arazzi di Raffaele pel Corpus Domini. Il
però
resto
dell' articolo
pieno di errori
non
sopra Leonardo
,
specialmente circa
può contare nemmeno su quanto Ed anche questo disegno del priore sarà un sogno de tanti si
ai
clie
si
disegni antichi raccolti da Gli
si
1'
epoche
,
è
è c[ui riportato.
del Resta intorno
lui.
debbono valutarsi quando si aggirano intorno a cose del suo tempo prossime; non cosi cjuando trattano di cose antiche: sopra tutto poi non bisogna per cpalsivoglia epoca dar fede ai suoi giudizj del Resta
scritti
suo tempo o
perchè per
al
lo
più
falsi
ed
esagerati.
PALOMINO VELASCO. (
1715
)
SuLL autorità, cred'io, del Pacheco anche il Palomino nel capo nono del suo Museo pitorico chiama Leonardo maestro di Raflfaello. E nel capo undecimo dopo aver narrato varie novelle d' imagini mirabili fatte senz'arte umana, viene a far menzione del Cenacolo (46), e pretende che Leonardo non vi perfezionasse ,
la testa di Cristo
consiglia
i
vero, assai
mezzi
per modestia e per cristiana diffidenza di sé spirituali
onde vincere
le difficoltà dell' arte
comodo che risparmierebbe grandi
bastanza certo, a cpanto pare dalla
fatiche,
:
ma d'un
stesso.
Quindi
consiglio, a dir effetto
non ab-
Però Leonardo, Michelagnolo, Raffaello , Tiziano e Correggio preferirono i mezzi soliti e riuscirono sommi studiando la natura ed esercitando del continuo nell'arte la mano e la mente. Quindi per coloro che hanno sortito buon ingegno per l' imitazione , consistoria.
,
glierei
i
mezzi
usati
da cpesti maestri: agh
altri
che considerano
come
arte
gliati
dal Palomino, darei per parere di cangiar professione.
non umana
e che sperano di progredire in
la
pittura
essa coi mezzi consi-
ANONIMO. (1716) L'autore della vita di Leonardo premessa all'edizione francese del Trattato, sebbene abbia copiato quasi il tutto dalla vita del Du 1 7 1 6 Fresne , accresce autorità a quanto scrive , avvertendo nella prefazione eh' egli pubblicata nel
trasse varie
,
cose da un manoscritto del padre Mazzenta, che conteneva delle
memorie per
servire alla storia di Leonardo. Non vedendosi per altro in questa dell'Anonimo nulla di nuovo intorno al Cenacolo, è da credere che niente più di tal opera si leggesse nel manoscritto. Questo padre Mazzenta debb" esser quel Giovanni Ambrogio barnabita che diede la storia de famosi codici, pubvita
bhcata prima dal
Du
Fresne, poscia meglio dal Venturi.
ODOARDO WRIGHT. 1723
(
Nell' opera che ha per
Fmnce,
Italy
etc.
,
in
the
titolo
years
)
Some Observadons macie 1720, 1721 and 1723,
in travelUng scritta
Wright,
tJiroiigh
da Odoardo
si lodano i disegni posseduti dal marchese Casnedi. quelli, segue autore, che sono più da ammirarsi in questa raccolta sono i cartoni di , Leonardo da Vinci fatti a pastelli ( done in chalks e alquanto
a dire
Ma
1
rinforzati
)
altre matite. Egli,
Son
essi sì
eccellenti che
ha preso certamente da uno
gurazione^,
ed
è
quella figura
di quelli
eseguito
Due
'
l'
piano
nel
almeno V una mi fece ricordar V di tutte le teste e
Raffaele,
come
aria d'
ivi si
una
inferiore
assicura,
li.
delle teste della
che
tiene
il
copiò
con
tutti.
sua Trasfi-
fanciullo
ossesso:
In undici di que' cartoni sonovi i disegni di alcune mani che dipinse Leonardo nel celebre suo Cenacolo,
a fresco nel
refettorio
altra.
Grazie,
delle
opera
che
di tali cartoni contengono due teste per ciascheduno
È
dicati vi son tutte le tredici teste ecc.
orginah o copie, giacché ora non zioni intorno alla vendita di
si
difficile
il
ora ,
è pressoché ruinatà.
talché negli undici in-
sapere se
tali
disegni
hanno che vaghe e contraddicenti
erano tradi-
dicono passati a Venezia e di là in Inghilterra. Lo scrittore inglese segue a dire che il marchese Casnedi gU aveva comprati dal conte Arconati discendente da quello che donò i famosi volumi del Vinci alla biblioteca ambrosiana: la qual cosa si accorda con quanto ne ha scritto il padre Monti. L'origine sarebbe buona, ma non s'intende come I Arconati che fu si generoso verso il pubbhco ritenesse poi per sè il meolio oscuramente , e senza che ne rimanesse notabil ricordo. Al tempo pei'ò che questo autore scrisse, poca e trascurata era la critica dell'arte, specialmente essi.
Si
,
,
6o
circa
i
disegni
pessime che
e le raccolte fatte in quell'epoca ridondano
j
asseriscono
si
originali
per questo autore
critica sia
serzione che
copie sovente
di
Prova
autori.
poca
quella
di
novella de' disegni copiati da Raffaello, e l'as-
la
Cenacolo di Leonardo
il
sommi
di
dipinto a fresco.
sia
BÒHM. (
Du
Dal Vasari e dal
1734
)
Fresne trasse Giovangiorgio
Bohm
che prepose
la vita
traduzione tedesca del Trattato di Leonardo: quindi ciò che del Cenacolo
alla
vi è scritto
legge con poca differenza negli autori nominati.
si
,
primo che tentò
di ordinare
i
varj capi
del Trattato sotto
Bòhm
Il
fu
il
delle facoltà
titoli
i
come sarebbe Proporzione Anatomia, Ponderazione, Prospettiva La sua traduzione arricchita d" alcune note comparve la prima volta f anno 1734 in Norimberga. La seconda edizione del 1747 è una delle solile impo-
cui spettano,
,
ecc.
sture de' libraj
cioè è la prima
,
principio. Se ne cita
un
altra di
cangiato
,
frontispizio e qualche foglio
il
non mi
Lipsia del 1751 che
del
è riuscito di vedere.
RICHARDSON. (1728) Il Trattato di pittura de' due Richardson cato dagli autori
accrescimenti.
Io
prima
nacolo fosse ritoccato dal
tomo del che
i
mement visibles
dire
il
,
;
effciccs
cioè prima
,
che
il
Ce-
noi siamo
fra
preposta alla prima parte del
Cenacolo
di
lo stato della pittura in quel
( dans
Les figures
et :
tous le
les
le
eii
les
les
Ics
Cène
Richardson
tempo
Dommiccuns ) au
peiiit
,
e
il
figlio,
poco
qui
fìgures
se
La
clessus
d'une
en ìnule sur la muradle par que
le
naturel
trouvent à la droite
,
mais extrè-
du Sauveur sont
qui sont à sa gauche sont encore assez
couleurs en sont tout à fait ternies
ne reste que la simple muraille. qui croise
coiwent des la
sont aussi grandes
apócres
Christ et
à cela près, que
V apòtre
due volte pubbli-
fu
figlio,
seconda in francese con molti
epoca della sua venuta
la descrizione del
famcux tableau de
Vinci.
ruinées
entièrement
où
réfectoire
le
fort haute le
Léonard de
la
ne facevano.
frati
Oli voic dans
pone
,
Richardson padre
Ecco
possiamo conoscere
dalla cjuale (jonto
Trattato.
Dell'
Belletti.
assicurati dalla prefazione di
terzo
padre e
seconda edizione.
la
cito
,
volta in inglese
vide r Italia e fu a Milano nel 1720,
solo figlio
11
la
:
seconde figure après
il
le
y a
des endroits
Christ, je
veux
hras sur sa pottrine, est celai qui s'est le niieux conserve-
6i
et
Fon y remarque une
aucun dcs
étoit déjà gàté
per minuto
ciò racconta
opportune onde avvivarne il
di quel frate
ritratto
una
testa di
mai
si
la
quon
On y a
cloué
,
le
E si
voit encore
du Christ
clieveux
quon
un
segue a
débite,
très-finie selon sa
si
,
bas
come
,
dii-e,
de la
tète
n'avoirpuexé;
puisqu
il
est
manière ordinaire.
armes de l'empereur, qu
les
et couvrent
,
anche
se
altro ?
faux
tout-à-fait
est
,
est
,
,
al
naturale
elles
une bonne partie du tableau.
mentre sono una metà di più della statura ordi-
,
cioè circa quattro braccia e
mezzo
,
randola perfetta per alcune parti sua imperfezione
,
secondo
ma
con cui era condotta,
la
mente
nel mancarvi que' l'
una
,
del Salvatore
senza
non
,
,
riflettere
dichia-
che la
istava già nel
modo
che Leonardo ebbe in idea,
IL GIOVANE.
)
volume
delle Pittoriche
di Leonardo. Essa fu scritta da Gio. Pietro Mariette
forma una ope-
come
si
prova da una
il
Giovane
al
conte di Caylus
lettera dello stesso Mariette al cavaliere
Gaburri, che leggesi due carte dopo. Quanto contiene di relativo tratto dagli autori itahani. ,
inesatto
trentina di pagine, tutta conseerata ad illustrare gli studj e le opere
intorno al lySo,
e d'altri
anche
intendendo ragionar
,
arte.
1730
L' ottantesimaquarta lettera del secondo retta di
la testa
tratti
PIETRO MARI ETTE (
Cristo
Leonardo
di
€ che non potè da poi esprimere con
CIO.
il
che vi scorgeva
finite
È
se fossero in piedi.
r autore dove parla della seconda figura dopo della terza. Giudicò da ultimo assai male circa
è
frange
le
notabile in questa descrizione Y errore circa la misura delle figure che vi
dicono grandi
naria
qu'on en
Che
peintre a laissée imparfaite, pour
segue chiudendo l'articolo les
rapporta
suo Giuda
atto del
priore anzi che
il
cuter dignement l'idée qu'il en avoit con(;ue
touchent presque
aggiungendovi
del padre Resta.
c|uello
frate fosse
tal
prétend que
certain que la partie
V an i58o
cnviron
storia del priore,
Finalmente decidendo a suo modo, Ce
du Christ,
écrit
da Leonardo nelf
frate fosse stata fatta
potrà dimostrare che
beaucoup plus forte que dans
narrazione. Dice inoltre che suo padre possedeva
la
sogno pari a
;
et
m. Armeniiu quia à moitié.
dessins que j'en ai
que ce tableau
Dopo
cxpression meiveilleuse
egli
Contro
1"
opinione del
De
Piles
,
al
Cenacolo,
del D" Argenville
non crede che Leonardo ritraesse in Giuda il priore, ma che come si legge ne' nostri vecchi scrittori. Dà in fine molti
nel minacciasse,
ragguagli intorno
alle
stampe
tratte dalle
opere di Leonardo.
solo utili
,
62
CARLO DE BBOSSES. (
Nella,
lettera di
questo autore
istoriche e critiche sull'Italia
(47) ,
al
1738
signor
)
De Neuilli,
eli
è l'ottava delle sue lettere
dà un cenno del Cenacolo
colle seguenti parole
:
Notez ecc. , au réfectoire ( des GracesJ V Imtitution de l'Eucaristie, peinte àfresque par Léonard de Vinci ; je n ai rien vu de plus beau ici après la Famille Sainte du Raphael. Je puis dire que c' est le premier morceau de fresque qui m' aie véritahlement fait plaisir , tant pour l'expression de chaque partie en paniculier que , pour l'ensemble du tout; mais j'y trouverois à redire que tous les visages som fort laids. Il signor
De
Brosses deve aver vista cpesta pittura l'anno
quella stessa lettera che è
come
di
strano
il
senza data di tempo
,
si
perchè in
17,38,
parla della femosa Agnesi
m
un prodigio di scienza quantunque non avesse che vent" anni È vedere questo autore encomiare largamente quest'opera, e finire l'elogio con dire che le facce sono brutdssime. Gli si perdonerebbe più facilmente ,
.
l'errore da lui preso nell' asserirla dipinta a fresco.
D' ARQENVILLE. 1745
(
Già da
molti scrittori furono notati gli sbagli del D'Argenvllle nella vita di
Leonardo, parte suoi, parte sarebbe fatica di poca egli
fatto
degna
bellissime le
della testa
teste
Cristo
di
Se ne potrebbe accrescere il catalogo, ma Del Cenacolo non dice altro se non che avendo
copiati.
utilità.
;
degli e
apostoli
Il
D'Argenville è il
il
Verocchio
Duolmi che questa
,
non seppe imaginare perfezione
,
che non trovando
rappresentar Giuda, ritrasse in esso
lasciato
)
il
ceffo abbastanza
brutto per
priore del convento.
solo ché dica
che Leonardo venisse a Milano appena
e che
rendesse abile in tutte le parti
cpii
si
dell' arte.
non manca appoggio di fatti e di congetture, riceva discredito dalla penna poco autorevole del D'ArgenviUe , e vorrei trovarla in qualche più andco e più sano scrittore. asserzione,
cui
LÉPICLÉ. (1753)
Nel
catalogo ragionato de quadri del
dal signor Lépicié in
due volumi
in 4."
re di ,
si
Francia,
legge
pubblicato nel
una breve
vita di
1752 Leonardo
63
gran parte dalla famosa lettera del Mariette. In ciò che vi si dice del Cenacolo, non v' è novità alcuna, se non die l'autore sembra considerarlo come tratta in
r occasione la più importante eli ebbe Leonardo d' impiegare la sua pratica nel disegnare le fisionomie. Sembra anche attribuire parte della fiima di quest'opera insorta tra
alla lite
Leonardo
e
priore,
il
che non
in
giudizio che pur apparisce in varie parti di
due copie
cFEscovens, e
di Parigi e
il
manifesta quel
si
Loda
questo catalogo.
buon
in fine
le
disegno originale conservato nel gabi-
netto del re.
DE LA COND AMINE. (1757) Nell'
mi Giornale di viaggio (4,), scritto dal signor De la Condamine leggesi al proposito di Leonardo quanto segue Son chef d' oeuvre de peinture est un tableau à fresque représentant la Cène de J. C. estratto di ,
,
avec
les
douze apótres un j^eu plus grands que nature:
On
de haut.
le
volt
à Milan dans
trouver aujourd'hui très-frais
y a
quatre-vingts ans
suffit
un
inconnu
secret
réfectoire
il
a
vingt pieds de long sur dix
On
des Dominicains.
un tableau qui parut
si jioir et si
est
étonné de
gàté à Misson
,
il
,
convne on
,
C'est ce cjui ni
parence que la
a
le
un mot
aux voyagcurs: mais
dit
été confirnié
faut
il
de bonne part. Il
cquil cut été repeint
y a
clone bien de Vapclwix des attitudes, la distribution des ftgures, est cmjourd'hui prescpie la scule chose dcms ce tableau
belle orclonnance,
la composition en
le
appartienne bien surement à son premier
Vobjet que je
me
suis
ciuleur. Je ne ni écarterai point de propose dans ce mémoire en remarcpiant que non-seulement
règles de la perspective ,
les
le
que ce voyageur assure quii n'y put rien distinguer. Il ne clone pus de supposer cpie depuis vingt-cinq ou trenle ans il cut été nettoyé par
entièrement.
(fui
:
,
trop
soment
négligées
par
les
plus grands peintres , som
régulièrement observées dans ce tableau, mcds aussi celle de
V opticpie. On en peut juger par la differente position du point lumineux diversement réfléchi par les vases de cristcd sclon leur differente forme , et leur situation plus ou moins oblique par rapport
Se
il
cai
colla quale lità.
Du
rayon de lumière cpd
signor
De
la
les
ha misurato
il
Cenacolo
Egli lo dice largo venti piedi
Fresne d cui libro poteva aver
porzione.
Lo
frappe.
Condamine ha misurato ,
i
mentre è
,
sott'
dice poi dipinto a fresco
,
occhio
non
il
17 57.
ritocco
Torna
terra
colla
circa ventotto :
stessa precisione
,
,
una grande
il
il
perchè
,
ma
forse coli' autorità
e la sua descrizione ci assicura
del Belloui era ancora florido all'epoca eh' ci lo vide, a diventare stravagante
uti-
e trenta lo dice
nelf altezza ha sliagliato in prosa
si
del Cochin. Assai più ragionevole è nel resto
che
la
suoi calcoli saranno di
suo giudizio intorno
alla
cioè nel
prospettiva e
•
64
air Ottica di questo
quadro, desunta dai
seppe da buon canale che
poco
citerò fra
tratto
,
lustri de'biccliieri,
opera era
tutta Y
La Lande
dal viaggio del
dopo aver
stata ridipinta. ,
si
detto che
Nello squarcio che
vedrà con quale appoggio
non Y ho potuto non essendomi venuta alle mani niuna antica edizione di quell'autore. Nelle pili recenti nulla ho trovato che abbia relazione al Cenacolo. Del resto il La Condamine intendeva poco la pittura, e comprò a Roma e a Napoli, per dipinti antichi, degl intonachi moderni fatti da un impostore con arte medioegli
alibia
espresso
tale
opinione. Ciò che dice del Misson
,
verificare,
cre
Il
(Se) .
Barthclemi nelle cui lettere
r istesso errore ,
ma
ciò
non basta a
si
dà ragguaglio di questo
scusarlo , essendo anche
il
fatto
,
prese
Barthélemi poco
il cose pittoriche che non fa meraviglia nel bel mezzo dello non ancora fastoso per la pittura. La Condamine, anche allorquando voleva essere esatto, aveva poca fortuna.
esperto
delle
;
scorso secolo Il
A Roma
per essere sicuro della misura
fece formare e
gettare in gesso
dell' antico
senza pensare che
,
piede il
di
Campidoglio
,
gesso disseccandosi
lo si
accorcia notabilmente.
COCHIIV. 1758
(
Non mi
è caduta
sott'
)
occhio la prima edizione del Viaggio d'Italia del signor
Cochin, pittore e incisore parigino.
Il
passo seguente è trascritto dalla
terza.
Il
Cochin fu a Milano nel 1757; il Dizionario storico francese dice in vece ch'egli è morto nel 1704, in età d'anni sessantasei. Stando però al Pilkington e ad altri sembra che l' opera del Cochin non sia stata scritta prima del 1758.
Pilkington che lo cita, dice che
il
,
Farà meraviglia come un loni.
Il
testo
artista
possa in poche righe adunare
tanti farfal-
che qui copio non ha bisogno di commento.
Oli croit que c' est dans
couvent de cene église
( delle Grazie ) ou à s. Victor un grand tableau pcint à fresque sur le mur f figures plus grandes que nature ) de Léonard de Vinci il représente la Cène et saint Jean
qiie
l'on voit dans
le
le réfectoirc
:
appuyé sur tctes
la poitrine de notrc Seigncur.
sont belles
néral fort dans
Ce tableau a de grandes beautés
de grand caractère et bien coeffces
,
le
gout de
Saint Jean a six doigts.
lìapha'él.
Il
y a un
il
est bien
drapé
défaut assez singulier
:
,
la
et
,•
les
cn gé-
main du
'
,,
65
VOLFANCO KNORR. 1759)
(
Se
il
Cochin mostrò poco giudizio nel
citato articolo
intorno
Cenàcolo. Veggasi
al
meno ne mostrò
assai
,
Vólfango Knorr traducendolo in tedesco parola per parola , né
aggiungendo
altro
sua Istoria degli artefici ecc., stampata dal Bie-
la
ling in Norimberga.
LA LANDE. 1765
(
In meno di due anni politica,
uomini
arti
La Lande
corse tutta
e studj, costumi, critica,
l'Italia,
belle, arti utili, storia antica, storia naturale, antichità,
illustri
pubblicò nel
il
)
1
argomento del famoso viaggio che
tutto in fine fa
,
769
,
colla data
La
di Venezia.
sopra un paese, qual è l'Italia,
vastità
monumenti,
qitesto autore
del piano
di tal
ricco di materiali di ogni genere,
si
opera
fu forse
cagione
dell' enorme affastellamento di spropositi che vi s' incontra , e ne è la sola Chi volesse darne un elenco, limitandosi anche a qua' soli che spettano alle e alle lettere, avrebbe materia di molti volumi. Quanto egli dice del Cena-
scusa. arti
colo vuol essere riportato per intiero C'est daiis
le
réfectoire
Leonardo da Vinci, qui
de cette
,
d
et
lascio al lettore la cura di
qu
représente la Cène de
bien compose, vigoureux de couleur ,
peintre
:
maison,
il
N. ses
le
commentarlo.
plus
Ce tableau
S.
n' est point dans la
moins maniéré qu'aucun de
est
tableau
est le
est
célèbre
de
à fresque,
manière sèche de ce
ouvrages- la salle
y
est
bien en
y faudroit un peu plus d'intelligence de clair-obscur ; ora y trouve aussi quelques mouvemens de bras et de mains un peu outrés. M. Cochin T. I , p. 42 ) da que ce tableau a de grandes beautés (5>), les tétes som belles ( de grand caractère et bien coiffées , il est bien drapé et en général fort dans le
perspective
mais
,
il
,
gout de Raphael. Ce tableau du temi de Misson noir qu'on
nen
distinguoit plus
les fìgures.
rehgieux du coment, entreprit de l'avoit repeint, et
le
jecture, de manière
à
regarder que
le trait
le
Un
nettoyer.
dans
,
Anglois
M.
de la
le
dernier siede,
étoit sì
1735, au rappon des Condamine soupconne qu' il vers
cardinal Pozzobonelli , alors légat à Milan, approuva sa conlui
persuader qu'il
comme V ouvrage
pourroit avoir influé sur
les
du fait. Si cela le
est,
de VAcad.
reste le
tableau n' est point si frais
on ne peut plus
préjugé quant
jagemens qu'on en a portés dans
(Mém.
i-jS-j, p.
étoit sur
de Léonard j et
les
cui coloris
derniers
tems
Actuellement les rehgieux prétendent qu'on avoit seulement bianchi cette peinture, et que l'Anglois n' avoit fait qu' òter l'enduit; au
404
).
qu'on
soit obligé
de croire qu'il a été repeint.
66
RICHARD. 1766)
(
L' abate Richard intendeva le cose della pittura assai grossamente
veva
modo
allo stesso
,
non dilungandosi
oltramontani che hanno descritta
1"
ha
essere a olio
bene
quistione
ne
e
,
non pochi
dal costume di
altri
scri-
autori
senza vederla o vedendola male. Egli
Italia
o a fi esco il Cenacolo dicendue le maniere ad un tempo istesso, cioè cn huile à fresque, metodo segreto morto con lui. Egli è bello dopo si ridevole sproposito il sentirlo correggere, non dico il Cochin che a sproposid non cedeva la mano a nessuno, ma il Richardson che in ciò andava con maggiof parsimonia, e ne sciolto
dolo dipinto a
la
dell'
,
tutte
,
,
sapea cento volte più del suo censore. Eccone
Dans trée
,
réfectoire de cette
le
on voit
de Vinci
;
maison
fameux tableau de
le
{
il
delle Grazie
passo )
:
au-dessus de la porte d' en-
Cène , peint en huile à fresque par Léonard park fon au long de ce tableau,
la
je reniarquerai que ni Richardson qui
à ce sujet beaucoup d' anecdotes ni M: Cochin , qui parott l' cwoir cu, n'en parlent exactement. Le premier dit qu' il est efjhcó a plus de moitié ce qui n'est point vrai , et quii est placé si liaut , qu' on ne peut le voir v.^) ; il est
et qui rapporte
,
,
au-dessus de la porte du réfectoire qui est d'une hauteur médiocre
sont de grandeur plus
mieux conservées
Le
effacées.
s.'
les
que naturelle
unes que
nutre s
les
exactes
il
on ;
s' il
la
Il
la plupart des
et est précieuse
relations
et
,
y a
n'y en a point poitrine du Sauveur, il
les
figures
des parties
d' absolument cornine le die
à la main, pour montrer combien peu sont méme pour les faits dont ils sont
des
voyageiirs
nè più in
à
ait touché
là
est
digne de la réputation de son
par rapport à son ancienneté
correttore di Richardson ,
Il
l'avance. Je fcds exprès cette remarque
parok pas que Fon Belletti
très-bicn.
avoit effectivement six doigts
plus en état de juger. Cette grande composition auteur ,
voit
les
mais
Jean n'est point appuyé sur
M.' Cochin; je n'ai pas pris garde conime
et
,
conservation.
Il ne
Léonard de
Vinci.
vedendo abbastanza vivace T impiastramento del ammirò la rara conservazione d' un' opera da due secoli («). ,
sapendone
che air epoca sua era perita
et à sa
ce tableau depuis le tenis de
,
GIUSEPPE PIACENZA. (
Nelle giunte
al
Baldinucci
pose una Vita di Leonardo, dal Mariette
e
da
altri.
dell"
1770
)
edizione torinese
tratta dal
Vi riportò
i
Vasari, dal
,
1'
passi importanti
comFresne,
architetto Piacenza
Lomazzo
,
dal
di varj
Du
autori
che
gli
•
,
«7
ma
servirono di guida, corresse alcuni sbagli del D'Argenville e del Cocliin,
sebbene abbia diligentemente riunito scritto
Ciò che del Cenacolo vi
note per
si
legge, è copiato
stampe. Lagnasi in fine
le
che ancora non egli
suo tempo fosse stato
al
suo lavoro non presenta nulla di nuovo nè per
il
,
storia.
meglio che
il
,
con ragione
e
una stampa degna
esistesse
come
,
il
l'
arte
resto
nè per
tanto piiì al suo
,
di tanto originale
tempo
Intrapresa
;
la
da cose già
,
dice
,
che farebbe molto onore alla fioritissima città di Milano.
,
P ILKINGTON. (1770)
Nel una del
Dizionario deTittori che
linea di
Rubens
,
nuovo intorno
De
conservatoci dal
questo autore. Vi
si
il
Pilkington pubbhcò a Londra,
Leonardo. Circa
a
Piles
legge in fine che
Leonardo onde rappresentare
in
Giuda
il
e
,
il
Cenacolo, vi
non cita
si
dalla traduzione
tolto
ceffo del priore servì
tutta la perfidia del
si il
legge
passo
inglese
di
mirabilmente a
suo infame carattere.
DURAZZ INI. (1771)
Nel
libro pubblicato in Firenze, intitolato Serie degli uomini
pittura, scultura e architettura,
dal
medico Durazzini
può
stesso
,
i più illustri in che in ciò che riguarda a Leonardo, fu compilato
copiò specialmente
si
dirsi degli elogi varj
coli de' dizionari
storici italiani
,
il
Vasari e
il
Du
che corrono del nostro artefice
,
Fresne. e degli
Lo arti-
francesi e tedeschi.
FRANCESCO BARTOLI (1776) Nella Notizia che non teme d'
d' Italia il
,
il
Bartoli
asserire
Cenacolo quasi smarrito
fu un
non
giorno.
è
scritti
delle pitture
,
sculture
ed
architetture
co' suoi segreti
e che ha resa questa pittura stimabile e bella quale
Siffatti stranissinji
dunque da
nostre negli
,
pubblicò
che Michelagnolo Bellotti ravvivò
giudizj leggonsi ne' libri italiani di cose italiane
maravigliarsi se
oltramontani.
tante
stravaganze
si
veggono
circa le
;
cose
,
63
CARLO EOGERS. (1778) Fra
schizzi di varj maestri
gli
primo
gers, vedasi
dice,
della
d'un Bonfigliuoli
raccolta
Cenacolo in generale
del
aggiungendo del suo
e che
di Bologna.
da Carlo Ro-
disegno a matita nera,
fu Il
già, secondo ch'egli Rogers ragiona a lungo
raccogliendo varie cose dagli
,
e nulla che faccia
,
e commentati
tratto dal
gabinetto del re d'Inghilterra,
nel
esistente
incidere
fatti
,
Cenacolo di Leonardo,
il
scrittori
,
ma poco
caso nostro. Se la stampa di
al
di-
tal
segno che fu inciso dal Ryland, imita con esattezza l'originale donde é cavata, ognuno che ha qualche pratica del disegnare di Leonardo non vi riscontrerà ,
qua' le
tratti
molte cose che
mentre
che distinguono
caratteristici
le teste
mancano mai
mancano
sibile
teste.
imiti
Non
le
tratti
borchie e simili cose
,
ostante senza la presenza
dalla stainpa
,
basti
è pericoloso
il
Leonardo
di
Y andamento deh" originale
che chi schizza con pochi ,
,
e di forme a d' energia d' espressione
cose anche più trascurate
panneggiamento che non le cinture
opere di quella leggiadra mano.
fanno sospettare essere una copia
il
nelle
le
,
si
,
l'
osservare
Fra che
quahtà che non
,
non
finito
v'
è parte di
ed è impos-
;
abbandoni a pensare ove collocare
a poi
trascuri
del disegno
,
il
più importante, cioè le
per quanto
sia
bene imitato
giudicare dalla sua originalità.
FRANCESCO MARIA GALI ARATI. (1779) Fino dal 1768
il
padre Gallarati
miniatura del Cenacolo
,
e
,
dopo avere
abate olivetano
,
una Descrizione ragionata alla quale fece continue aggiunte e riusci una mediocre cosa opera di molte mani perché lo ,
,
una copia
intraprese
in essa lavorato undici anni
,
note.
zelo
in
ne cominciò
La copia buona
e la
volontà non erano agguagliate nel Gallarati dal sapere e dalla pratica dell'arte.
può dimeno
della meschina descrizione che non vide la luce. Nondebbe elogio a questo buon frate per aver dato il suo entusiasmo ad un' opera che n' era meritevole. Egli pensò inoltre eternar la sua copia col Si
dire lo stesso si
bulino del celebre signor
Morghen
,
allorché
1786; ma la cosa non ebbe effetto, perchè sebbene fosse moderato , superava le forza o
ambedue il
la
trovavansi in
Roma
nel
premio dall'incisore richiesto, voLìntà del padre abate.
6»
CARLO BIANCONI. (
1787
e
1795
)
Nel 1787 pubblicò la prima volta il Bianconi la sua Guida di Milano, della quale diede nel 179.5 una ristampa con infinite riforme. La storia del Cenacolo e la sua descrizione occupa ben tredici pagine della prima edizione, ma fu ridotta nella seconda a un terzo andrò citando i passi importanti,
circa.
in guest' opera pose tante cose cattive
libro è nelle
Il
me
ove
ne occorra
che anche
,
DOMENICO
le
mani
di tutti
bisogno.
il
buone
vi
Il
perdono
;
io
ne
Bianconi il
pregio.
PINO.
(1796) Il padre
che
Domenico Pino
di
cui qui
sole girasse intorno alla terra,
il
ragiona, è quegli stesso che voleva
si
perchè
la terra
e stampò intorno a ciò mia dissertazione colla
non
girava a suo
modo,
quale egli credeva d'avere at-
terrato il sistema del Newton. Fu priore nel convento delle Grazie, e volle pubblicare una Storia genuina del Cenacolo insigne ecc., o gliene desse occasione, com'ei dice, la ristaiupa della Guida di Milano, o fosse, come appare, premuroso di distruggere la volgare credenza che i suoi frati avessero imbiancato la
parete dipinta dal Vinci il
modello di Giuda.
,
e
che un di
Comunque
antecessore nel priorato fosse stato
lui
stia il fatto,
la di lui storia
comparve nel 1796,
e ciascuno può riconoscere se meriti in ogni sua parte il titolo di genuina. Ei non sapea nulla di pittura; quindi non si dee badare alle cose del suo libro, che risguardano a quest'arte. Gh si debbe obbligo nondimeno e perchè fu il primo
che stampò ex professo su archivi
?
^°
™i varrò
tale
di
argomento
lui
nelle
,
e per aver fatte alcune ricerche negli
poche cose non
quali entri l'autorità altrui, o la sua pei
fatti
soltanto,
dette da altri
non
,
e nelle
già pei giudizj.
CHAMBERLAINE. (1796) Il gabinetto del re d'Inghilterra vanta molti
ed
mirabili disegni
Leonardo
di
signor Giovanni Cliamberlaine nel 1796 ne pubblicò otto benissimo incisi dal Bartolozzi. Prepose a questi una vita deh' autore , nella quale però nulla di
il
nuovo leggesi intorno al Cenacolo quantunque già emendati da altri ,
errori
,
e (S4)
si .
riscontrano S'
copiati
ignora in Itaha se
molti vecchi l'
opera del
'70
Chamberlaine continui il che quanto a' disegni , è certo da desiderarsi perchè è un vero esempio del modo con cui dovrebbersi pubblicare quelli dei ,
,
,
grandi maestri.
FIORILLO. (1798)
La sappia di
,
finora tradotta.
Ramdohr
è poco nota in Italia
,
Debbo
tratto
tutto
il
non
ricevere d' altronde autorità dal resto
Primieramente
asserisce
si
In secondo luogo
a olio.
Dice
da desiderare.
tutto è
il
cita
;
ripete
,
una copia
gli
errori
Dice esser dipinta
sul
muro
opera che mi
quali
le
del
la
mano
citati ,
eh' io
,
degli
il
buona ed
De Pagave
l'
,
molte delle
si
il
:
che
meno
conformino
scende
autore
ac-
ed è in vece
,
merito non
cose quanto poco
Quando poi
possono
del Vinci
scolari
non
io
,
e che
dice
si
a fresco
copie hanno
eh' esse
al
al
novero
riportati dal Della Valle. Perciò
nel Monastero maggiore
Lomazzo
a fresco del
stata
Cenacolo di
il
autori
accordano col vero
Cenacolo dipinto
di
e
dimostrerò nel terzo libro.
delle copie
s'
dell'
il
inoltre
della bellezza che dell' esattezza ,
principali
dai
fanno grandissimi elogi delle copie
si
son dette essere eccellenti
quali
non essendo
compiacenza e gentilezza del signor barone
alla
farò che accennare alcune cose che
creditata.
,
traduzione di quanto in quell' opera risguarda
la
Leonardo. Essendovi però
fatto
pub-
Storia delle arti del disegno dal loro rinascimento fino a' nostri giorni,
blicata in tedesco dal Fiorillo
,
che non
copia in tela della Certosa di Pavia.
esiste.
Dice
sti-
matissima per l'esattezza dell'imitazione una copia del Luino a Lugano; ed è in vece opera originale del Luino con qualche figura imitata dall' opera del
Finalmente accusa
Vinci.
r antico disegno
vece
il
il
Della
Valle ed
già de' conti Casati
,
,
il
De Pagave
di
non notare che
è passato nel gabinetto di Parigi
disegno non è mai uscito di Milano
,
,
ed in
ed è ora posseduto dal signor
dottore Curti. Tralascio molte altre inesattezze, siccome di minore importanza; e delle qui notate scritto
mi scuso
e la verità che
,
coli'
egregio autore, cosi esigendo la natura del mio
parlando di cose presenti
,
io
ho potuto meglio riconoscere.
GIOVANNI SIDNEY HAWKINS. (1802)
Al
Leonardo tradotto in inglese dal Rigaud e fatto pubblico in venne preposta una Vita dall' Hawkins la quale nel frontiestratta da materiali autentici finora inaccessibili. La Vita è ricca
Trattato di
Londra nel spizio dicesi
1
802
,
,
,
,,
\ ri-
qua
di notizie prese
sono che quanto
1797 si
il
da
e là
vai j
ma que
,
materiali
Venturi aveva reso accessibile ad ognuno
Saggio intorno agli studj
il
scrittori
legge del Cenacolo
fisici
,
non
pubblicando nel
,
e matematici di Leonardo.
è copiato dal Vasari
,
inaccessibili
Ciò che vi
dal Giraldi e da altri già
citati.
GAULT DE SAINT-GERMAIN. (i8o3) Devesi nardo
al
signor di Gault la recente edizione francese del Trattato di Leo-
preceduta da una nuova prefezione in cui
si rende conto dell' opera da una Vita tratta dalle antecedenti e da un catalogo delle opere del Vinci. Sonovi oltre ciò varie note sparse nel Trattato. L' autore ebbe ottime intenzioni ; ma molte notizie gli mancarono e in molte cose fu negligentissimo. Non s' in,
,
tende come,
avendo
gU occhi il Saggio del Venturi, sbagliasse d'otto di Leonardo e trascorresse in altre considerabili
sotto
anni Y epoca della nascita
,
che non è qui luogo d'osservare. Circa il Cenacolo nulla dicesi da questo autore che non si legga in altre opere; ed anch' egh cadde nell'errore inesattezze
di asserirlo dipinto a fresco.
AMORETTI. (1804) Le Memorie
storiche di
contengono non solo
mi gran numero
Leonardo compilate dal chiarissimo signor Amoretti l'importante
tutto
altresì di notizie
da
lui
che trovasi nelle Vite stampate,
medesimo
potè trarre dalle annotazioni e dai ricordi
sebbene tutti
il
gli
di lui lavoro,
altri
,
che di cpanto
per
Leonardo è
la quantità tale
uomo
dell'
raccolte
,
ma
e cjuanto di utile
Oltrocchi e del
De
Pagave.
Ma
specialmente delle notizie, superi finora per la storia delle arti e della filosofia
appartiene, ci rimane ancor molto a desiderare.
Fu certamente gran danno che l'Amoretti non abbia avuto sott' occhio gli autografi di Leonardo in vece degli estratti dell' Oltrocchi che molte cose trascurava altre non intengli
,
deva del alle quali
Quanto
tutto.
non
Si fidò fors' si
anche
talvolta
troppo delle altrui relazioni
,
intorno
è mai abbastanza circospetto in materia di opere di disegno.
leggesi circa
il
Cenacolo nelle Memorie storiche
ditamente da varj degli autori qui
padre Domenico Pino.
citati
,
,
è
compendiato eru-
e specialmente dalla Storia genuina del
72
LUIGI LANZI (
CiÀ chiarissimo
Europa colta per 1793 un Compendio
metodo usato
brama mezzo
assai
del
e
,
egregio autore
illu-
comune
alla
volumi, che, non ha
dell'Italia in tre
la Storia pittorica
guari, ridotta a sei è ricomparsa cogli
l'
inferiore,
fossero
italiane
anni dopo stampò in Bassano per
quattro
circa
scuole
tutte le
in quel libro. Soddisfece
prontamente
Remondini
T abate Lanzi
,
di Storia pittorica dell'Italia
quale sparse grandissimo desiderio che
strate col
opere di erudizione
altre
nell'
pubblicò fino dal il
1809)
torchi, arricchita di notabili accre-
stessi
scimenti nel testo e nelle note.
In opere di
natura e di tanta estensione trovasi sempre qualche cosa da
tal
non ha
L' autore
ridire.
veder troppo presto scuola
,
dizio.
Sidle cose
di tale città.
relazioni. tratta
con
;
pratica
talora
Ecco
non
uopo
Queste relazioni e questi
libri
parzialità
e
,
,
sono per lo
de' giudizj
deboli epoche diocri
ineguali
dell' arte
,
dello
,
dee
spesso
;
di tale
,
ora di giu-
,
attenersi o ai libri stampati o alle altrui
per dirlo
,
al
piti di scrittori
modo con municipali
cui
Lanzi
il
spesso
,
l'arte colle sue forze generali,
in
d" artefici
stesso
un
fatti
non con
Ed
limite angusto.
all'
che
arte
ecco
entusiasmo nelle migliori e nelle
e finalmente delle lodi esagerate di molti artefici
cosa assai più dannosa
,
tutto
di tal pittore
per lo più da uomini che non hanno visto un sufficiente
numero d'opere per poter confrontare gli sforzi fatti da un piccolo numero r origine
non può veder
;
origini di alcuni errori ora di fatto
le
viste gli è d'
nemici del Vasari
i
dell' arte
vede ciò che meno importava
errori di fatto.
gli
me-
Se poi avviene
che col rinnovare dell' edizioni si facciano delle aggiunte che cangino c[ualnon si prevedono tutte le conseguenze di tali che punto essenziale di storia cangiamenti , e rimane sovente cjualche parte dell' opera , in cui si ragiona ,
come
se
il
non
cangiamento
fosse
queste inende nella Storia pittorica
dore stile,
;
e questo
classico
lavoro
,
introdotto.
stato ;
ma
ciò
condito
non
dall'
Non mancano dunque
basta ad offuscarne
amenità e
facile
eleganza
dai fiori dell'erudizione e dalle più vivaci pitture de' caratteri
considerato
non
,
sarà
dello
sempre
ultirna gloria della letteratura de" nostri tempi.
Nella descrizione del Cenacolo che vi milanese
,
di
splen-
lo
coinechè vi
ripeta
si
nerò alcune cose che non
si
si
legge nell'Epoca seconda della Scuola
molto di quanto abbiamo
citato
,
solo accen-
che non vorrei sostenute da di questo amabile scrittore. Die' egli pri-
trovano altrove
,
e
una sì degna autorità quale è cjuella mieramente che se Leonardo avesse dipinto il suo Cenacolo a tempera questo tesoro tuttavia si conserverebbe. Sembra che in ciò ei s' appoggiasse alle asser,
zioni del
Requeno
;
ma
è
però fuori
d'
ogni probabilità
,
perchè
la
ruina di
,
73
tanta opera fu principalmente cagionata dall' umidità della parete
fende egualmente la perdita, pili
tempere e
le
furono
che avrebbero minato, non
tali
tenace mestica
fosse
,
Dice in appresso
e gli altri malanni che
l'olio;
anche
triplicata
come
la
,
la
quale of-
ne precipitarono
tempera solo,
ma
qualsivoglia
quella del Gialiso di Protogene.
altri che rimangono ancora tre teste di mano non si verifica, perchè tali teste furono bensì salve del Mazza ma erano già state ruinate dalla mano del Bellotti ,
copiando
,
del Vinci, ed anche ciò dall'
ultimo eccidio
,
Di queste cose pertanto darò maggiori ragguagli dove ragionerò delle vicende di questa infelice pittura. E se credo dovermi in ciò allontanare dall' opinione di cpiesto autore mi vi soscrivo con alacrità allorché asserisce essere il Cenacolo il compendio non solo di quanto inseg?iò Leonardo , ma eziandio
e forse
d' altri.
,
di quanto comprese 00' suoi studj. Il cpale passo
mi valgono
rettamente
debbe animare può i principi
tre
assai gli studiosi del
^™
,
che sento verissimo,
artefice
disegno ad indagare in essa, per quanto
che superò
tutti
estensione di scienza, e che, precedendo d'età
chiamarsi
se a sentir
anni di meditazione e d'esercizio intorno a quest'opera,
profondità
in i
d'
si
ingegno ed in
primi luminari dell'arte, può
vero primo restitutore della pittura de' Greci.
il
CONCLUSIONE DEL LIBRO PRIMO.
JL/Ai principali testimonj che qui
me
si
è potuto
ho
riuniti colla
maggiore diligenza che per
potrà ognuno verificare quanto osai
d' asserire nel principio dell'Introduzione, cioè che di questa grande e straordinaria opera che segnò ,
r epoca della perfetta pittura delle ingegnose osservazioni Il
Pino e
dell' arte
il
l'
,
,
il
autori poi
si
è ancor fatto abbastanza grave
ne trattarono di proposito
Gallarati che soli
altro
sapendone poco e male
forze eguali al carico assuntosi agli altri
non
di quegli scrittori eh' erano
desiderio
che più
di
,
,
il
,
il
primo senza sapere
che è forse peggio
e rimane a loro
il
argomento
degni di parlarne.
,
non ebber
merito della buona volontà
sapere più e meglio di quanto essi insegnarono. Gli
al vero come il Vasari il Lomazzo il non parlarono del Cenacolo se non accessoriamente in opere vaste o 3' altro tema. Dal maggior numero degli altri non si possono raccogliere che alcune notizie storiche ma v' è sempre gran vóto di ciò che al progresso dell' arte può direttamente contribuire.
Borromeo
e pochi
si
altri
avvicinarono
,
,
,
,
,
74
Intanto dalla sopra esposta compilazione, che se è nojosa per chi la scorre, meno per chi la stese , potrà il paziente lettore comprendere
noi fu certamente
quanto in ogni tempo e presso ogni nazione fosse tenuta in pregio l'opera di
Leonardo. Avrà
altresì campo di farsi in mente un autorevole apparato della sua stona e della sua descrizione, attenendosi ai passi mighori che anche senza le brevi mie note avrà potuto facilmente riconoscere.
Sarebbero da unire ed
oltre
ai citati
commentatori
varj
altri
,
che non se ne vedrebbe
il
Bottari
giornalisti il
fine
,
,
il
Monti
,
viaggiatori
,
di alcuni
il
,
De Pagave biografi
mi accadrà
,
il
Della Valle
e critici
menzione
far
(55)
;
ma
ne' libri
seguenti, e varj ne lasciai o per la poca loro importanza, o perché ripeterono ciò eh' era stato detto senza aggiungere autorità alcuna per sapere o per tempo.
E da
se molti
infiniti
sono, come ognun vede,
dell'umano sapere in cui
riusci
di lui anche in que' libri ne' quali
che
SI
che parlarono del Cenacolo, sempre con ammirazione. I varj rami eccellente, fanno che si trovi spesso ricordo
poi fu scritto dell'autore,
meno
gli scrittori
e
si
aspetterebbe. Pure, ad onta del molto
è detto, molto ancora rimane da dire di tanto
come benissimo
scrisse
costante persistenza
compiuta
Pier Leone Casella
del suo finissimo
(s») ,
ingegno.
uomo;
nulla
Ma
non
il
lasciò si
quale veramente, d'intentato
speri
colla
una notizia
se non da chi otterrà di riunire e leggere , molti de' quali giacciono ancora dispersi ed incogniti in varj angoli dell'Europa.
tutti
gli
di lui e de' suoi studj
scritti
suoi
,
DEL
CENACOLO DI
LEONARDO DA VINCI LIBRO SECONDO.
DESCRIZIONE GENERALE. In
quelle arti nelle quali talora ha parte
razione di persone o di cose, dall', evento
rante; ed
,
non danno
e in molte diverse d'
imuazione
che parliamo
,
cu-costanze
il
sola operazione
la si
il
caso o la varia estranea
stabile
occasioni
ed
fama
di grandi se
confermano
coli'
in ispecie nel disegno
coope--
guerra, la nautica o simili, male giudicherebbe del valore dell'ope-
accordandosi a conceder vita
filosofi,
quelle facoltà
arti
una
felice di i
come sono
fortuna in
alla
non
opera
a coloro il
i
soccorso di
quali a lungo
loro sapere.
Ma
nelle
ed in argomenti come quello di
numero di figure , per varietà d' affetti o per altre anche di una sola opera è una giusta misura del sapere dell' autore , e da tal esito si dee giudicar^ la profondità delle ricerche e degli studj che alla meta proposta il condussero. Quante e quali pertanto ,
complicati per
buon
esito
fossero le indagini di al
suo Cenacolo
si
Leonardo, può a buon
fra
tutti
gli
artefici
ingegnosissimo, intorno
dedurre dalla riuscita eh'
ei n ottenne, e dalla meraviglia che quest'opera potè eccitare nel secolo migliore dell'arte. ,
titolo
76
non che
dal primato
ha mantenuto
essa
eli'
sostenendolo anche allorquando
doveva
ai c[uali
fino a noi per tre seeoh consecutivi,
allontanò
si
Mi
antica sua gloria e perfezione.
da que severi
verrà perciò
principj
spero
per, dall'abbondanza della materia, mi dilungherò forse talvolta oltre hmite conveniente al tema propostomi e sembrerò qua e là deviare dall'og-
donato, se il
1'
pittura
la
,
tratto
,
mia descrizione, per meglio internarmi dentro le intenzioni autore. Le minute osservazioni delle quali una tanta opera por-
getto diretto della
e gli studj
dell'
gerà occasione, non saranno
inutili alla
ricerca del bello ed al progresso della
vera arte di vedere.
Venendo adunque
proposito nostro, dico che
al
cui Leonardo die tanta fama
ed
cesco Sforza nel 1464;
,
il
refettorio
vasta ed ornata di ogni convento
namente
,
fu
allungato
nel
convento delle Grazie,
il
fu poveramente incominciato al
essendo già
,
1481
tempo di Franche suol essere sempre la parte piiì
a
meno meschi-
intrapreso
stato
braccia sopra la larghezza che di
sessanta
braccia quindici fu ad esso probabilmente da principio
Una
stabilita.
delle teste
di questo refettorio fu data a dipingere a Leonardo; e o per iscelta del pittore o
per comando di chi commise l'opera, ne fu argomento l'ultima Cena di Cristo cogli apostoli. E da credere che Leonardo abbracciasse con trasporto una sì bella occasione di mettere in pratica le profonde speculazioni da lui fatte sull'arte della pittura, altre arti,
temea
e di
d'asserire. Egli è certo
tanta dihgenza in eseguirla
poteva estendere a
il
colmo che
tal
Lo
che tanto studio che allorquando
,
si
d" allora
verso una gran mensa
maggiori del naturale,
poi
in
non
ei
pose in comporre quest'opera, scoperse
,
provò di quanto
che l'opera riusciva
alta la
sua composizione a
la
alla
quale
appunto convenivano
cjuali
fino a sessanta braccia di distanza. si
vegga con quanta finezza le
quest' opera
meraviglia e di ,
io
si
sì
vario a
contempla
diletto.
Né
si
,
tal
,
e tanta parte
circa della sua larghezza.
campo
,
ponendo per trasei per banda gli
Le
figure sono la metà circa
al
luogo che può ammettere
Converrà nominarle ad una ad una, Leonardo contrapponendo i carat-
d'artificio
fisionomie e le età, variando tutto
metà
seder Cristo nel mezzo e
fe'
acciocché
alternando
si
maggiore.
a
salì
spettatori
seppe comporre un
in
non
egli stesso
la
apostoli, collocando gli ultimi a seder di profilo.
fecero
come
spazio destinatogli prendeva tutta la larghezza del refettorio
Egli adattò perfettamente
pili
fosse,
confine dell'arte, e ne cangiò affatto l'aspetto, spingendola
dell' altezza della parete,
teri,
meno che
capace di fare in essa, non
mostrarsi
meglio di ogni suo competitore qual
un tempo
più occupa
gli affetti,
e
la
si
le attitudini,
mente
e
più riempie
creda che a capriccio o a congetture
proceda nella mia nomenclatura
:
essa
i
costumi,
equilibrato ed armonico
ha
l'
appoggio
l'
,
che animo di
come
nome
\
altri
dell" autorità
un'antica copia che descriverassi in appresso, sotto la eguale da sincrona
zione veniamo assicurati del
,
di ciascheduno degli attori del quadro.
in
iscri-
,
77
appoggiandosi alla Quel primo adunque alla sinistra dello spettatore che 1" del parole Maestro è apostolo Bartomeglio udire le si alza onde mensa appoggiando la destra alla spalla del il minore che, lommeo: lo segue Giacomo ,
,
,
vicino
tende la sinistra in
,
chiedere informazione delle parole pronunciate
atto di
Andrea che apre le mani in atto di stupore. Il quarto è chiede a Giovanni l' autore della congiura. oltrepassando Giuda Pietro che Non si può non riconoscere Giuda e Giovanni, col quale termina il gruppo alla destra del Salvatore. Alla sua sinistra il primo che apre le braccia in atto da
Cristo. Il terzo è
,
,
misto di orrore e di meraviglia alza
mani
al petto,
Giacomo
è
,
minacciando
dito, quasi
il
il
fratello di
,
traditore, è
è Matteo. Taddeo è il quinto Quanto finamente esprimesse Leonardo il vario
udì dal Maestro
seguendo
mente
,
sua natura
1"
analisi dell'
nomenclatura
,
ove
sia
opera
terzo che ponsi le
T ultimo è Simone. carattere di ciascheduna figura,
sarà prezzo dell'opera l'esaminarlo partita-
storia e la circostanza,
la
Un
cominciando dalla figura principale.
,
;
Il
in atto di confermare quanto
Quel giovine che volgesi
è Filippo.
Giovanni. L' altro che
Tommaso.
tale
esame che porta seco di
potrà anche servire a Confermare questa nuova
,
in contrasto colf altrui opinione.
CRISTO. Se in ogni parte del nostro quadro si manifesta la profondità del sapere di parmi in singoiar modo esigere ammirazione nella figura del SalLeonardo ,
vatore. In essa
può
locò in maniera
altre parti tutte del il
quale da essa Il collo
posto l'argomento di tutta l'opera, e l'autore la col-
dirsi
eh' essa vi chiede
,
quadro, è
non sembra
i
primi sguardi
di necessità
;
e poiché avrete scorse le
che su di essa torniate
potersi staccare senza
una specie
nobilmente elevato col capo inclinato lievemente a
con modestia e gravità abbassati
la
,
delle braccia
,
gambe
le
raccolte
,
sinistra
bocca semiaperta quale di chi
pena di parlare, una moderata commozione tutto
in
de' fine
coli'
occhio,
di sforzo. ,
gli
occhi
finisce
ap-
muscoli della fronte, l'apertura il
complesso della semplice a
un tempo e artificiosa attitudine annunzia un contegno un sentimento , un pensiero un affetto cosi proprio ed individuo alla persona ed alla circostanza, ,
,
che in vano
cerca fra le altre famose opere
si
grande imitazione
Ma
dell'
Uomo Dio
in
una
sì
dell' arte
una più vera e più
singolare situazione morale.
questa stessa situazione è frutto dell'ingegno sublime del pittore filosofo.
Tutte le rappresentazioni di questo passo della storia evangelica che precedettero questa di
perchè
gli autori di
neir argomento derivare
,
non ottennero mai un effetto intero ed universale quelle, non penetrando abbastanza profondamente addentro
Leonardo
,
,
non conobbero la vera fonte degli affetd che da esso potevansi non avessero in vista altra imitazione che quella di una
e pare che
religiosa cerimonia,
mezzo
col
o
più della istituzione d'un sacramento.
al
delle stampe
ognuno può
sopra
fare
i
L'esame che
più celebri cenacoli, porrà
in chiaro quanto qui accenno di passaggio; e ciò che
questa mia asserzione non solo
si
verifica
debba far più meraviglia, opere dello stesso argomento,
delle
che prima della nostra furono eseguite, appresso,
i
ma anche di quelle che le vennero cai autori avrebbero potuto approfittare della scorta d'un esempio
cosi luminoso.
vangelo aveva narrato a
Il
radunati
i
suoi eletti,
tutti
i
pittori
anteriori a
aveva detto che uno di loro
Leonardo, che Cristo,
La conseparole egualmente dal vangelo descritte presentava uno , sviluppo felice di tutte quelle passioni, la cui iinitazione forma il pregio principale dell'arte. E pure chi prese di mira la frazione del pane; chi la benedizione del guenza
•
di
tali
Io tradirebbe.
terribili
vino; chi la distribuzione dell'uno o dell'altro, situazioni tutte egualmente consacrate dalla storia e dalla religione , ma non atte certo a destare passioni né vane nè forti , e quindi per loro natura di effetto debole e monotono tanto
più
,
m
una scena ove, come in questa, è grande il numero degli attori priiicipah. Il vero punto altamente degno dell' arte era ancora intatto allorché venne il pittore de costumi, il vero Aristide italiano, il divino Leonardo che ,
non
accontentò, come
si
degli occhi che
a sè
animi di
gli
religione;
suoi antecessori, del tributo degli animi rehgiosi o di una seducente superficiale imitazione; ma volle
i
appagano
si
uomini capaci di sentire, di ogni tempo e di ogni cuori cui non è ignota l'amicizia e l'orrore del
tutti
gli
sè
tutt" i
volle a
tradimento. Egli ponderò colla scorta della filosofia di quanto e quale aumento sentimenti fossero capaci per rispetto al suo principale personaggio, cioè all'Uomo Dio; ma compose in tal modo l'opera sua, che, astraendo anche la divinità del protagonista, rimane ancora tanto d' importanza generale al soggetto, che nulla vi sagrifica l'arte alle private opinioni o alle cerimonie religiose^ noii eterne e non generali come i sentimenti umani. tali
Cristo aveva già annunziato ai suoi amici eh' egli
dare
il
stato
con
stesso
suo sangue a essi:
a ai
raduna
ad una vite,
riforma del
comun salvamento: aveva
mondo,
mensa solenne,
i
dodici più
eletti
e fedeli, quelli
chiamava suoi palmiti, quelli ai
quali preparava
era venuto al
per
ai
poco sarebbe che, paragonando sè
cpiali
aveva commessa la
dodici troni nel cielo;
ed annunzia eh' un d'essi è
mondo
già detto che per
il
traditore che
siede lo
con
essi
conseonerà
suoi nemici e alla morte.
Chiunque non comprende quale debba essere il non solo sarà affatto insensibile d'imitazione, ma debbe aver chiuso l'animo ad ogni virtuoso sentimento.
turbamento di ogni cuore a simile annunzio, alle arti
A
questo
appoggiò
momento
pertanto, sfuggito a
egli la sua
composizione, e
tutti gli artefici si
di Cristo negli undici amici e nel traditore.
che precedettero Leonardo,
propose d'imitare
La
l'effetto delle
diversità delle indoli
,
parole
delle età e
,
79
ciascheduno
de' caratteri di
affidata
,
per c^uanto potè
nita prodigiosa varietà che in quest' opera la
più fina
r amore
pore
desiderio della vendetta
il
,
monotono argomento
il
alla storia
fece base
all'
infi-
Leonardo introdusse, vincendo con
arte
,
E
di tredici figure tutte virili.
dolore
il
,
mentre
le proteste di fedeltà
,
l'ira,
lo stu-
,
sospetto che dovevano avere e tutti in fine movimento dalle parole del protagonista, preparavano all'ingegno imitatore di Leonardo una varietà infinita di espressioni e di attitudini questi stessi affetti raccolti attorno ad un movente universale e nati da una stessa origine sebbene diversamente modificati a seconda dell' animo di ciascheduno preparavano all' opera una non meno smgolare e meravigliosa unità. Pieno Leonardo la mente di questa morale situazione de' suoi tredici interlocutori li dispose come di sopra accennai brevemente. I pochi e deboli tratti
r orrore
,
,
il
quegli
,
affetti
;
,
,
,
coi quali in appresso descrissi la figura del Salvatore, sono certamente insuffi-
darne idea a chi non vide o
cienti a
ma
in
tiplici
originale
1'
o qualche copia ragionevole ,
,
presentare in questa figura con singolare cimento dell'arte e dell'ingegno,
con
esito
artificio
altre
la
1"
:
vano spererei di darne con parole un idea migliore tanto fine e molsono le degradazioni degli affetti la cui mistura prese Leonardo a rap-
,
ma
veramente unico e mirabile. Lasciando dunque questa parte del pittorico che si può assai meglio sentire che esprimere , parlerò alquanto delle
avvertenze
maestà e
1'
dell'
autore
che contribuiscono ad accrescere in questa figura
,
espressione.
Un ricco panneggiamento, composto di una tunica talare e di un vasto pallio, adorna con pieghe semplici e grandiose le cui linee si accordano con ag,
gradevole contrasto alternando
ed
al petto
fine
,
si
raccoglie sotto
delle quali
gemma
adorna
si
la
che dannosi
,
maniche larghissime, pieghe minori e più ,
si
scorge uscire alquanto presso le mani.
coprendo
,
alle
sono
tunica è a
maggiore e più stretto gruppo nel mezzo dove una gran Al di sopra di questa apparisce parte deìY ijueiida o
con pieghe larghe e molli dalla
ricco ai piedi
La
fimbria o scollatura in
la fimbria.
indusio che pure la figura
I piedi
fa
le direzioni.
le
le
pallio
attraversa
ginocchia e in parte le gambe. I colori sono
imagini del Salvatore, cioè azzurro è
tranne
Il
spalla sinistra al fianco destro, e
dita
,
coperti da sandali
,
il
manto, rossa
scende i
soliti
la tunica.
e sono posti parallelamente
,
l'uno di poco più avanti dell'altro, attitudine semplicissima che aggiunge decoro, e che fu imitata, sebbene con poco accordo col rimanente, da Tiziano nella sua
Cena
d'
Emaus
,
e
da Gaudenzio Ferrari nel quadro che ancora vedesi nella
nostra chiesa della Passione.
Di alcune cose che riguardano
1'
atto delle
mani
avrò occasione di parlare allorché darò ragguaglio della mia copia.
Sarebbe Salvatore l'
autorità
;
c|ui
luogo
ma non
d'
indagare se Leonardo perfezionasse o no la
è grave rischio di sana critica
del Vasari e
del
Lomazzo
,
1"
testa
abbandonarsi piuttosto
che assicurano che Leonardo
del al-
lasciolla
8o
anzi che credere
imperfetta,
per arte e per giudizio
,
contrario a chi ne sapea troppo
il
e vide
opera o del tutto guasta
1'
vicini, quindi ricoperta dai ritocchi,
Della Valle ed di
altri
(.)
.
Richardson
il
meno
o in tempi
nostri
Monti,
il
,
di loro ai
il
L' autorità poi di que' primi viene confermata dal costume
Leonardo che non
mano per
come sono
,
alcuna delle opere sue
fini
desiderio di perfezione.
Fanno
,
non sapendone
staccare la
di ciò testimonio le varie tavole
co-
mmciate di sua mano, indi abbandonate, che si trovano in Parigi, in Firenze ed m Mdano che nondimeno sono tenute in grandissima estimazione, come già presso gli antichi la Venere di Apelle F Iride d' Aristide e la Medea di Timomaco. Fmo d ritratto di monna Lisa che gli costò quattro anni di studio (•)
,
,
ddigentissimo
e in cui parca battessero le arterie,
,
vero
fu da lui dato per imperfetto. Tanto , gran Cenacolo imperfetto rimanesse nella
il
meno testa
tanta
era l'imitazione del
strano deve parere che anche del Salvatore,
nella
quale la
singolare misdone
perchè
dell'Uomo e del Dio doveva più che altri atterrire Leonardo, più che altri dovea colla profonda perspicacia del suo ingegno
egli
sennre
la difficoltà di tanta
non che
alla
propria
,
alla
imitazione, e se n era forse fatta un'idea superiore,
potenza
essere avvenuto ad Eufranore
Dei maggiori
dell' arte.
d quale
Cosi leggiamo in Valerio Massimo
nella tavola in
cui rappresentò
i
dodici
avendo consumato tutte le forze dell' arte e dell' ingegno in perfezionare la testa di Nettuno , dovette poi lasciare imperfetta quella di Giove. Ma l'imperfezione in senso di Leonardo era assai diversa da ciò che per ,
vocabolo comunemente s'intende, e panni si possa paragonare a quella di Virgdio d quale, anch' egh secondo il proprio giudizio, lasciò imperfetta l'Eneide
tal
eh' è forse tra
i
grandi poemi
più squisitamente finito che
il
sia
ci
rimasto di
tutta r antichità.
CIO FA IV NI. La figura di questo apostolo forma gruppo colle vicine Anche il singolare contrasto che risulta dalla vicinanza
di
Giuda
e di Pietro.
e daU' aggruppamento
di questi tre diversissimi personaggi, ha l'appoggio dell'autorità storica, e
vedo che da ninno
siasi
tratto profitto
nardo.
Questo divino ingegao non
stanze
che potevano giovare
alcune cose si
segue
donde
poste
sott'
Sacrifizio
si
,
acquistano un
l'
tal
trassero, tutta al pittore
occhio dall'arte della
lasciava
si
non
né prima nè dopo Leo-
sfuggire ninna di
sua composizione
talora semplicissime e di
autorità
1
fonte
Euripide
,
alla
di tale autorità
quelle circo-
sapendo benissimo
che ninna cospicuità nelle storie delle quali peso nell'imitazione, che, dimenticata la
rimane
,
la gloria dell'effetto
che producono
Cosi Timante trasse probabdmente da invenzione di quel velo con cui avvolse il capo d'Agamennone nel
che dipinse
d' Ifigenia
pittura.
;
ma
ninno
de' greci culri
,
non immemori
certo
8i
un tal felice ritrovato in Euripide, mentre tutti l'ammiravano in Timante come una singolare e mirabile invenzione (9). E sia pur questo un privilegio della pittura, o sia, com'è in fatti, d'
tragica rappresentazione tanto famosa
una
pregio de' scrittori
distintissimi ingegni
soli
secondarie
col disegno
ma
,
sapere scegliere quelle circostanze
il
ed
di grande opportunità
che questo
egli è certo
,
osservava
,
gnose della pittorica invenzione
artifizio
allorché
effetto
,
negli
sono imitate
forma una delle parti più inge-
e che Leonardo provò di possederlo in un
,
grado eminente.
Sappiamo dal vangelo dello stesso Giovanni che questo giovane apostolo sedeva a mensa vicino al Redentore, giacché dice che appoggiava, riposando, udite le parole del Maestro che Sappiamo che Pietro il capo al suo petto. interrogò Giovanni per sapere di chi intendesse annunziavano un traditore ,
,
,
Cristo di parlare.
Sappiamo che Giovanni
e che Cristo rispose che di
pane
intinto, che in
il
fatti
ripetè a Cristo questa interrogazione,
quegli
era
traditore
cui
un pezzetto
dato
avrelsbe
diede, senza muoversi dal luogo suo, a Giuda Isca-
Doveva dunque Leonardo seguendo la storia porre Giovanni vicino a come distinto e preddetto sopra tutti gli altri commen-
riote.
,
,
Cristo e alla sua destra sali
doveva poco discosto collocar Pietro
:
Giovanni intorno
alle
,
acciocché questi potesse interrogare
doveva parimente collocar Giuda
parole del Redentore:
poco discosto da Cristo
aflinchè questi potesse offerirgli
,
aveva parlato a Giovanni.
il
pane
intinto
di
,
che
frapporre adunque più d'un commensale fra Cristo
Il
e Giuda, fra Pietro e Giovanni, avrebbe posto ostacolo o difficoltà
corso di
al
que' piccoli avvenimenti renduti importanti dalla circostanza e dalla sacra tradi-
zione
,
dei cjuali l'artefice seppe
Leonardo
il
acconciamente approfittare. Serbò d'altronde
si
secondo luogo presso
Redentore pel
al
fratello del
suo diletto Gio-
Giacomo il Maggiore. Non gli rimaneva quindi per Giuda che un pos'to presso Giacomo; ma allontanandolo da Pietro e da Giovanni, avreblse dimezzata
vanni
,
l'attenzione e perduto tutto l'effetto che doveva produrre fellonia di quel vile
con
Giovanni
clie
scerato di
dunque come
l'
lo zelo ardente e
solo
seguì
il
il
divino
Maestro fino
i
soli forse
sua composizione
che
Dalle cose
1'
fin
,
arte poteva coi
più importanti per
i
mezzi proprj
al
amore
qui dette è facile
l'
r orribile tradimento.
È
naturale che
immaginarsi
un
tale
1"
(4)
.
In questo
sando col capo dietro le spalle
di
la storia rappresentata
,
Giuda,
,
e
il
Gio-
allorché questi annunziò
annunzio
istante Pietro si
alla sacra
Cristo, principa-
attitudine dell' apostolo
tornatolo sopra di sé, porlo in atto d'interrogare o
persona del traditore
dopo
svi-
Ecco
sepolcro.
far riconoscere senza confusione.
vanni. Stava egli quasi riposando nel seno di Cristo
alla
e coli'
,
arguto Leonardo rendè naturalissimo e consentaneo
autorità l'artificioso collocamento di questi tre personaggi, lissimi della
vicino confronto della
generoso di Pietro
lo
dovesse scuotere
maestro od
iracondo sorge
,
e
intorno
altri ,
e pas-
volge a Giovanni per lo stesso
82
motivo. Giovanni degli apostoli
dunque è
in atto di tender
ed alzando lievemente
,
1'
oreccliie alle parole del principe
spalla accennasi ignaro di chi intenda
la
Cristo di parlare, mentre nell' accigliamento e negli occhi modestamente chini mostra sentire l'orrore del tradimento ed il dolore profondissimo della vicina
sciagura dell'amato Maestro. Egli tiene inoltre le due
mani insieme incrocicchiate
e le posa mollemente sulla mensa, col quale atto indicò
quale
s'
era abbandonato in seno di Cristo prima del
Ciò mi suggerisce di imita, quanto
quasi
il
buon
che
due diverse atdtudini
,
si
attitudini di
la osserva,
due tempi
riposo al
il
rappresentato.
qualunque figura l'artista
che
la
diversi che fanno, direi
l' una antecedente che lascerà scorgere suppone precedere il momento rappresentato; ,
momento
esprimente lo stesso
pittore
momento
cagione, deve distinguere tanto
forte
critico
figura la situazione che
che nelle
osservare
far
mossa repentinamente da
il
e quel precipuo effetto che
si
nella l'altra
vuol far intendere
e sentire. Lascio qui da parte che questo è
un mezzo insigne onde far pensare a quanto è per avvenire in seguito al momento che si rappresenta oggetto ch'ebbero sempre di mira i migliori andchi, come ne fanno fede i monumend più singolari dell'arte loro che il tempo ci ha conservad, e le memorie degli scrittori intorno a quelli che più non esistono. Ma se l' arte dell' imitatore non ,
dà
nella sua figura qualche
cenno
della situazione che precede
1'
atto
che prende
a rappresentare, difficdmente riuscirà a dare idea di atto pronto e momentaneamente eccitato: e senza questa prontezza e raomentaneità negli atd e movimenti,
ha poca
l'arte
perchè
vita,
la vita
e vivace con mezzi immobili è
E
il
sta nel
sommo
moto, e
il
dare idea di moto pronto
dell'arte.
giacché
lettore
il caso ci ha condotd a queste osservazioni non sia discaro al che alcun poco in esse io lo trattenga, avuto riguardo alla loro impor,
tanza per l'arte,
ed alla luce che se ne può trarre onde spiegare l'origine del pellegrino effetto di alcune più rare produzioni del disegno. Perchè al subentrare d' una nuova attitudine cessino in tatte le membra d' una figura le conseguenze d" un' attitudine qualsivoglia, sia di moto, sia di quiete, è un certo tempo , o , per ispiegarmi megho , una serie o successione
necessario di
momend,
de' quali l'artista accorto
dee sempre scegliere
Conseguenza d'una
che vuol dar anima
alla
sua imitazione,
primo.
che, oltre l' espressione dell'atto momenprimo momento indizio, o, direi quasi, avanzo precedente situazione che il nuovo stato non ha per anco intieramente
taneo e primario, della
il
si
tale scelta sarà
trovi a quel
distrutta.
L'effetto poi dell'unione di queste
rappresenta,
la
tanto maggiore, quanto maggiore sarà zioni fra loro.
due situazioni, delle quali
secondaria e precedente 1'
si
accenna,
opposizione e
la
primaria
si
debb' essere naturalmente il
contrasto di esse situa-
Sì
A loro
rendere più chiare queste proposizioni, e ad
mi gioverò
,
Michelagnolo
d'
un esempio solenne
,
tratto
dalla
maggiore opera del sublime
che, oppresse ed immerse da secoli nel
sonno della morte, sono improvvisamente
Chi non iscorge
in esse
tromba prima loro situazione, cioè di quel
risvegliate dal clangore della
della
resti
i
letargo mortale che le tenne iinmote ed insensibili tant' anni gli
occhi gravi e schivi della nuova terribile luce che
ma non
vita, il
scopo
dal Giudizio universale della cappella di Sisto. Osservinsi in esso
,
alla sinistra dello spettatore quelle figure
celeste.
effetto di avvicinarle allo
li
membra;
l'ha ancora disseminata per tutte le
uno apre
L'
?
percuote
a stento
questi riceve la
:
quest'altro solleva
petto respirando con meraviglia e sembra stare incerto fra la speranza e la tema:
quegli è scosso dalla potenza straordinaria di quel mirabile suono, e già tenta tórsi
impaccio
all'
de' lini raortuarj
delle sue polpe le ossa
sebbene non abbia ancora del tutto
,
denudate dai vermi e dal tempo
un
:
altro
rivestite
forse più re-
,
ma non ha ancora tanto di vita e di forza onde muoversi senza l' altrui soccorso. A dir breve la singolare mistura di queste due strane situazioni tanto fra loro contrarie questo meraviglioso iinpasto d' una nuova vita che combatte la morte fa un effetto tanto cente cadavere, è in tutta sua carne,
che
gli
basti
,
,
,
forte e potente in chi osserva quest d'
altronde inirabili
gono addietro
,
opera di Michelagnolo, che
ne' quali c|uesta o simile mistura
d' assai
bra, talché con forza propria,
la rivestita carne alleviando,
e ad onta della meraviglia eh' eccitano
per
la singolarità
Con
semplificata la cagione che la eccita
,
riuscire
1'
meno ,
gruppi
riman-
,
figure vicine tutte le
mem-
s'innalzano
al cielo,
dell' artificio
,
se
ne
potente e più breve,
minore e più semplice ne
effetto.
lo stesso principio era
composto dallo
della guerra di Pisa, nel quale
erano repentinamente chiamati
i
soldati all'
stesso Buonarroti
che pacificamente
armi
:
una unione di dolce e
celebre cartone
il
bagnavano nell'Arno, e per tornare onde siamo partiti con si
,
principio a cpiesto uniforme fu dal nostro Leonardo inventato cui ad
le
fatti
compiutamente e rianimò
avrà da chi ben sente ed osserva, una sensazione
debbe
gli altri
combina
si
in merito ed in lode. Osservinsi in
alle descritte, nelle quali la vita trionfò
forse perchè
non
religiosa
effusione
d'
il
amicizia
e
Cenacolo di
,
in
cordialità
succede ad un tratto il tumulto dell' inc[uietudine la paura del tradimento e r acuta amarezza del sospetto. La quale composizione poi gode di un vantaggio segnalato ed unico sulle due indicate, quello, cioè, d'avere per attori tredici ,
personaggi tutù nominati e famosi L' osservazione
che
lasci
ancora
aduncpe
,
scorgere nelle
figure
dente, osservazione inculcata in più facilmente
non
varj altri tra
i
solo
l'
atdtudine
commensali
e tutù assolutamente necessarj
sulla rappresentazione
degli effetti d'
cpalche resto
modi da Leonardo
dell'
della
all'
azione.
un movimento
situazione
prece-
ne' suoi scritd, spiegherà
apostolo Giovanni
,
ne' quali, a tutto studio, sicuro
ma
quella ancora
di
ed esperto del buon
,
84
sua teorica, cercò Leonardo di coraljinare artificiosamente cogl'indizj situazione le più vivaci dimostrazioni di cpella che
effetto della
della riposata precedente
pose per argomento della sua grand' opera.
Era dunque importantissimo serbare nell' atto dato del sonno o riposo, al quale prima delle
a
dell' effetto
consigliava l'ora del giorno o la stanchezza
:
Giovanni qualche vestigio parole di Cristo
terribili
lo
e questo vestigio serbò industriosa-
mente Leonardo, come abbiamo avvertito di sopra, col dare alle mani di Giovanni un atto di totale abbandono e di niuna prontezza a dimostrazione di risentimento o ad opera di vendetta. E sebbene la circostanza paresse disporre ogni animo alla vendetta o al risentimento non debbe parere esagerato questo in,
dizio dell'inazione di Giovanni,
avuto rispetto a quanto sono per aggiungere.
Egli è chiaro che quantunque l'effetto delle attitudini miste che abbiamo prese ad osservare, sia per riuscire maggiore allorché, come si disse, le due situazioni imitate saranno contrarie fra loro situazione
precedente,
che distrugga f
;
pure non
si
debbe tanto serbare
della
come primaria e
che
di quella
efFetto
momentaneamente
eccitata si prende a rappresentare. E in questo certamente farte corre pericolo di distruggersi colle forze proprie, se Kartista non è condotto dalla più squisita finezza di giudizio. Ma pel caso nostro converrà osservare
che si
il
detto effetto
cambia
in ragione de' caratteri morali; e per tale osservazione
avrà nuova occasione di sempre più ammirare
cuore amoroso di Giovanni,
Il
doveva essere prima
compagno
natnrale
trafitto
lo
altri
erano
:
ed
come
sarebbesi fatto; perchè
la
non poteva però mai costumi gravi e
solo
il
moderad
sua situazione
,
che in
nuova situazione subentrata e da fortemente scuoterlo ed
tale
spingerlo a dimostrazioni esagerate
compenso
e
:
dolore è
il
temperamento
Il
come
ritiro,
al
predicazione, esclude da un'imitazione bene
alla
sua dolce e temperata natura.
alla
ira
f ira del suo contrario.
cjuindi nella sua attitudine dovevasi conservare
giore indizio della precedente
maria, fjuantunque fosse
ingegno del nostro autore.
predestinato alla contemplazione ed
alf azione
ideata ogni atto violento
fino
il
minacciato tradimento dell'amico,
il
dolore che commosso dalf
dal
deh' inazione,
pacifico di questo apostolo gli
alV udire
di
magnon rappresentata come pri-
C|uella di
un
attristarlo
internamente,
siccome estranee
,
Rimaneva dunque
esprimere
la
delle labbra e delle ciglia
anziché con più forte espressione ledere
alf arguto
contristazione ,
la
ed
il
cui
di
era
affatto
imitatore dei
dolore coi moti
ed a questa sola preferì verità
altro
cf attenersi
sempre esimio
scrutatore e seguace.
Se
la
storia
avesse detto che Pietro
di temperamento pronto
o
al
sonno
,
e
che poi
,
,
ardente
,
risvegliato
o
Tommaso
vendicativo alle
si
,
o qualche altro apostolo
fosse
note parole
abbandonato
del Maestro
,
al
rappresentato con mani oziosamente incrocicchiate anzi che in atto di
un
ferro
o di minacciare
,
tale
rappresentazione
riposo
fosse stato
cercare
peccherebbe gravemente di
,
85
verità
e di convenienza.
nante
che
sostomo
Tommaso
mansuetudine
Giovanni
,
diventa
un
come
,
distintivo
Leggo poi con piacere
desidererebbe.
ragiona del significato degli
e che secondo san
,
attiva
l'
quel che in
,
Giampaolo Lomazzo
membra
combina che questo gesto
precedentemente
non è
,
contrario
come
,
dolore che que' detti dovevano eccitargli nell'animo.
al
chezza e
il
bisogno
fisico
e fortunatamente
,
di quiete, attissimo a rappresentare lo stato di
Cristo
detti di
ai
che
,
alieno dalle fatiche.
Egli sembra aver avuto di mira la positura di questo apostolo si
altri
dove
là
(5) ,
umano
del corpo
mani mostrano animo
le
domi-
carattere
proprio che di meglio in vano
si
e gesti delle
atti
insieme di tutte due
le dita avviticchiate
in
Pietro
cui
il
per testimonio del Cri-
è
,
V umiltà
la dolcezza e
,
figura la vita contemplativa
sarebbe stato mancanza si
nel giovinetto
acquistò la predilezione di Cristo
gli
incredibile
l'
Ma
del riposo
quanto
,
sono di loro natura contrarj a qualsivoglia sarà disanalogo ad esprimere T
una e
fatti
fatica fisica
:
lui
osservammo tanto la stan-
dolore profondamente
il
l'altra di
In
già
quindi un
sentito^
tal atto
queste situazioni che
non
riscon-
si
(«). È prova di ciò l'uso che un gran numero di grandi artisti fece di quest'atto per esprimere isolatamente il dolore, non che la contemplazione che in Giovanni è simboleggiata. La figura di
trano per l'appunto nel nostro apostolo
Giovanni
che guarda dolentemente Cristo fitto in croce ed or 1' una or Marie, come nel Cristo morto del Correggio, sono in molte tavole
stesso
l'altra delle
,
rappresentate colle dita delle mani incrocicchiate l'inattitudine fisica ad ogni fatica, che
Nella figura che descriviamo
,
anche
unicamente per dimostrare ha ogni persona profondamente addolorata. ,
piede che
il
vede
si
tra
i
sostegni
della
mensa,
si
ma
posando con abbandono. Molli parimente e semplici sono le pieghe d' una tunica verde e d' un pallio rosso colori vedersi nelle immagini di questo apostolo. Non ragionerò in questa
scorge appartenere ad un corpo riposato^ non
premendo
sul suolo,
soltanto
del panneggiamento composto soliti
a
prima descrizione
,
che spettano
teste
alle
né per questa nè per T
me
eseguita
in tutte le parti
,
,
altre figure
,
delle cose più
e alle fisionomie, perchè nulla affatto di ciò
di conservato nell' originale
copia da
,
,
mi riserbo
a ragionarne
e delle autorità delle quali
per c[uanto ho potuto
,
minute
trovandosi
dove renderò conto della
mi sono
meno indegna
servito di
un
onde renderla tanto
insigne
originale.
GIUDA. Alla
destra di Giovanni siede
meravigliato
cV essere
scoperto.
colla destra tiene stretta la
col quale dice
il
vilissimo venditore di Cristo. Egli
Tende
borsa in
in avanti
la
modo che rammenta
Dante che risorgeranno
si
ritrae
sinistra in atto di stupore
gli avari dal sepolcro.
:
quel pugno
chiuso
Nel mentre
eh" egli
86
tragge
si
in
facendosi
dietro
quasi a mezzo la mensa
villanamente appoggio del
i-ovescia
,
una
saliera e sparge
stissimo presso quasi tutte le antiche nazioni e fra molte
L'abito,
Ho a
sale
perversità
frode
la
,
,
il
latrocinio
spinto
augurio fune-
la
più vile,
la
mano
udito taluno inconsideratamente accusare Leonardo di aver posto in
Giuda
borsa
la
,
credendo
eh' essa
contenga
(/).
più
tradimento.
il
,
,
anche delle moderne
gesto, la fisionomia, tutto annunzia l'avarizia
il
inumana
cubito destro
il
il
Ben più
prezzo del suo misfatto.
strano è l'osservare questo istesso distintivo dato da Raffaello all'apostolo Matteo,
da
lui dipinto in
una
Vaticano
sala del
battere da Paolo
IV
pose tanto
considerazioni in
sottili
altri
lano.
Egli pose duncjue la
tarla
come
depositario (9) ,
questo singolare lavoro
(s).
,
appoggiandosi in
danaro
del
della
che secondo ci dimora né casa propria. Nel capo dove l'ingenuo evangelista, scoprendo
non aveva nè
società apostolica
,
,
stabile
questi lagnavasi dell'unguento pre-
zioso profuso sui piedi di Cristo, e diceva che sarebbe stato meglio il
frutto ai poveri, avverte
perchè de' poveri
ma
importasse,
gì'
E
mittebantar porrabat.
a Giuda, Quel che hai da fare
qualche ordine
Tertulhano,
al
venderlo
il
apertamente che quel vile diceva ciò, non perchè era ladro^ et: locnlos haheju ea (jua;
capo decimoierzo scrive che quando Cristo disse
nel
risguardasse
ab-
,
duodecimo del vangelo di Giovanni, là sì bene il carattere dell' Iscariote, scrive che per darne
fatto
tutti
Leonardo che
non poteva commettere un errore si grossoborsa in mano a Giuda, perché questi soleva jjor-
tutto air autorità della Scrittura
assicura Teofilatto
che fu poi cogli
,
per non so quale stravagante capriccio
fallo presto,
,
di
economia
capo undecirao del libro
si
credette dagli apostoli
che ciò
perchè Giuda loculos habebat. Così
,
De Anima,
lo dice a titolo di confidenza
e di onore deputato cogli Eletti usque ad localorum ojfcium. Egualmente leggesi in san
Da
Girolamo (>>).• Interroga eum cur Judam elegerit, cur ei loculos cominiserit, ecc. ciò si vedrà se fu sbaglio o capriccio di Leonardo il dare la borsa a
Giuda; o
come
s'egli, approfittando,
potergli dare cpiesto distintivo,
che anche mentre
egli d' altro
digia del danaro
per
osservazioni
dando
la
si
,
la
si
è occupato
tenere, ,
fa
anzi
meno
c^uanto
stringere
in
tale
atto,
scorgere in lui F infame cupi-
vadano
al tradimento.
Dalle quali
que' dipintori
i
quali,
borsa a Giuda, gliela fanno tenere di furto, talché pretendono
far in-
il
errati
prezzo della sua scelleraggine; nel
molti Alberto Durerò
altri
Narrano e
soleva in tutto, dell'autorità storica per fece
quale passò dal latrocinio
scorgerà non
tendere ch'essa contiene
con
glielo
,
come
dalle sue stampe
si
cjual fallo
cadde
può vedere.
u-) che Leonardo mettesse lungamente a tortura l'ingegno per ricercare forme di corpo e fattezze che convenissero
gì' istorici
affaticasse assai
al
suo Giuda, e che rendessero, per cosi dire, credibile quella vilissima atrocità
d'
animo
argento
inumana avarizia per cui il traditore potè vendere per poco sangue del suo benefattore ed amico. Piccolo e volgare appoggio gli
e quella il
8?
somministrava
minore
volgare tradizione de' suoi capelli rossi
la
cui
di
statura
memoria
trova
si
o quell" altra della sua
;
nelle rivelazioni
santa Brigida
di
(»).
Oltre la difficoltà dell'argomento, doveva egli combattere colla naturale ritrosia
un'anima gentile
di
rizia sanguinaria
in darsi a meditare le fattezze della viltà crudele, dell'ava-
dello spionaggio
,
del tradimento.
,
volentieri a rappresentare nelle sue
imitazioni
questi siano accompagnati da qualche
La
pittura nobile scenderà
anche
tratti
i
magnanimità. Così
la
de' vizj
qualora
,
vendetta
cru-
la
,
deltà, la fredda ferocia della gelosia, gli effetti tutti deh" ira nelle risse e nelle
battaglie sono cose delle quali fa volentieri uso e studio la pittura.
son
tutte di lor
compiacciono che
terribile
fa torcer
tanto
e
Da
si
fatta
come
poeta,
il
si
l'
vilissimi, cessa
vizj
che disgusta
orribile
si
in quelle, riesce nelle
rappresentano
eccita in sua vece
si
queste
come
,
ributta e
imitazione debbe diligentemente guardarsi
il
vuole
la
non che
ragione,
i
precetti e gli
^ ancora più pericolosa e da fuggirsi nella rappresentazione pittorica
'
che nella poetica
anche pessimi e il
contrario allorché
al ,
pittore quanto
il
esempi
diletta
occhio altrove.
1'
non meiio felicemente che
tragedie, cosi
le
opere di disegno: ed il
Ma
natura atte a destare cpiella specie di terrore del quale
perché
,
poesia può diligentemente descrivere personaggi
la
vilissimi, e al
che non può fare
tempo
mostrarne ed ispirarne disprezzo;
stesso
quale più sembra essersi compiaciuta della
pittura la
la
sua rappresentazione, quanto più diligente fu in eseguirla ed accurata nel porla in vista.
Allorquando pertanto
pittore e
il
poeta sono costretti dalla
il
ad introdurre nelle loro opere personaggi di
tal
storia
tempera, debbono aver riguardo
di non dar loro giammai il posto principale altrimenti le loro imitazioni sebben perfette, dispiaceranno perchè male scelte, e quantunque sleno atte a pro,
,
acume
vare molta industria ed
d'
ingegno
dando prova di poco giudizio Cosi abbiamo visto cadere le
,
vece di lode avransi biasimo e riprensione. gedie ben condotte e ben verseggiate
grandezza e virtù sioni
o
orribili
maggior opera
;
il
E
i
quadri di argomenti o di espres-
divino Alighieri che per
il
prese f Inferno per téma
eh' è
,
la
mondo
("^j
e
,
si
certa fiera
fe"
degli
prima parte della sua
quanto dire
di ogni vizio, sdegnò di far parole di coloro che ninna
una
in tra-
cui protagonista fu privo di qualche
cosi lasciamo inosservati
vili. si
,
,
fama
la
propria
città
di sé lasciaron nel
dannati nobile materia di discorso con dar loro
altri
magnanimità, un non so quale amor di gloria e un barlume di
spinto profetico.
Leonardo più
vili
collocò in gli
,
modo
spettatori
cioè il più ignobile modello dei un Giuda diede un posto meno che secondario e il niano degli attori del quadro volgendosi a lui anche
costretto a
ed inumani che
tra ,
pur
i
vizj
più tardi che
fare ,
,
gli
,
,
agli altri gli
rivolgono
tamente disprezzo e per giudicarlo di aspetto ed Io ebbi di ciò sovente esperimento e
gli
atto
occhi, per sentirne pron-
conforme
alla
sua iniquità.
prova, seguendo attentamente con l'occhio
,
88
mia
gli osservatori della
in
inducono a credere intorno
c"
figura
tema i
Noterà ancora, a
copia.
gloria della riuscita di
Leonardo
pericoloso argomento, che, oltre ciò che la storia e le presenti osservazioni
si
prova
altra valevole
,
1'
abbiamo
difficoltà
alla
,
ne' più celebri poeti
ebbe a comporre questa
eh' egli
sebben negativa
intorno
,
quali o col silenzio o con diverse stravaganti industrie
sembrarono temere
di profanare
quel traditore.
tratto di
Il
il
all'
asprezza di
si
fatto
che di Giuda ebbero occasione di parlare si
pennello delle muse, facendo con esso
Vida, freddamente accozzando
;
trassero d'impaccio, e
gli
aurei
modi
il
ri-
virgiliani,
ma neppur uno ci lasciò di quei con cui Virgilio, imitando Omero, è spesso guida ai pittori, e sembra talora più dipingere che verseggiare. Dante che non trascurava mai di caratterizzare le ci
diede qualche cenno delle ree qualità di lui,
tratti
fisionomie de' suoi attori, e che sembra talvolta maneggiare lo scalpello anziché la
penna
tolse d' intrico più destramente
mettendo a dirittura la testa delenormi bocche di Lucifero, talché ei non ne potè vedere springar delle gambe, e tranne il nome e il cognome, non ci lasciò di si
,
riscariote in una
che
lo
gegnoso il
d'un
saltò la difficoltà
,
modo
descrizione. In
lui verun' altra
tal
corporale, maggiore apparisse tipittoriche queste invenzioni
nostra composizione
non
,
la ,
mio parere più strano quantunque in^ modernamente il signor Klopstoch,
a
,
ritratto
quale diede a Giuda bella statura
solo con qualche tratto sinistro
molto
,
dell'
nobile portamento
,
acciocché
volto
sua perfidia ed ingratitudine. Quanto siano an-
ognuno per
sé
poteva nascondere
si
bellissimo
e
fingendolo cosi dotato di bellezza
,
può facilmente giudicarlo. Nella il ceffo di Giuda senza perdere
morale dell'azione e del contrasto; e ( se pure è approvabile in niuna imitazione di disegno sarà mai permesso di )
dell'effetto
nella imitazione poetica
corpo aggraziato
farlo bello di aspetto e di
grazia
alla
è
il
grazia dell' animo.
meraviglia
s'
mezzo
solo
Da
,
perché
tante difficoltà
egli era ritardato nell'
perchè
,
modo ci
di
perfezionarle
,
assicurano
Farebbesi
,
il
rpii
cialmente dagli di
Giuda
finire
pagina Varj
danno
Vasari ed
d'
spesso rimproverato
come vedemmo
delle sue
il
ne' passi citati
invenzioni
finalmente vi riuscì mirabilmente
,
meditava
,
come
scritto
alla
tradizione ricevuta spe-
che Leonardo facesse nella figura del priore de' domenicani che nojosamente affrettavalo di oltramontani
scrittori
dal Monti
alla bizzarria
scrittori il
fatto
,
della
come
il
in ispecie
Giraldi.
luogo a dire cjualche cosa intorno
ritratto
essere
,
cioè
,
Cenacolo. Sebbene già troppo e forse troppo gravemente per
il
ne fu
il
non ancora contento e
congiunta
,
opera a segno
di lentezza, e se stava a lungo senza dipingere, di varj autori
la bellezza fisica
onde rappresentare la bellezza e la che Leonardo volea pur vincere non è
del disegno
,
dal Pino e dal Bianconi
non
già
vita
di
cosa certa
all'
si
la
materia
conceda ancora qualche
importanza di questo frivolo argomento. o che delle opere di lui parlarono
Leonardo ,
,
,
contenti di rallegrare
di
ridicolo
aneddoto
le
,
89
Gli autori nominati ed
loro storie o descrizioni.
altri
con loro
assottigliano
si
cervello per dimostrare questa tradizione priva affatto di fondamento. Io
il
poco importa
di sapere qual fosse
potendomene più afferma
)
,
trovo poco fondate le ragioni di
,
Mi prenderò dunque
e deboli quelle di chi nega.
mezzo
in
bisogno servire
al
nuova osservazione più
cj^ualche
pittorica
che io ne potessi sperare
per r avvenire per
sono
diffinire.
tempo in cui mancanza
alla
dice che
il
lasciasse del tutto
si
Cenacolo fu dipinto
il
solo
di quelle
padre Domenico Pino
Il
,
come
sortirebbe
la quale,
il
per
inutile
l'
miglior
arte e futde
che per loro natura non
male provvisto
chi
porre
che questa quistione
si
si
pos-
di ricerche intorno al
nè avendo notizia alcuna
,
di
dell' arte
onde
con ragionevoli congetture su quella fondate priore d'allora era il famoso teologo Vincenzo Bandello e colla de'
fatti
supplire
,
Monti che intorno
scorta del
non
,
ma anche come una
la storia,
giungesse a far
se
,
la libertà
che d'altra specie,
senza intaccare direttamente alcuna delle due opinioni, effetto
cui
,
vero modello del Giuda di Leonardo (non
il
a ciò fu richiesto dall' Allesrranza
,
asserisce ch'enli o
era bell'uomo, provandolo
cpindi
non
coli' autorità di Leandro Alberti testimonio di vista; sembra modello conveniente pel brutto traditore Iscariote. La-
gli
sciando ora da parte che cani, e perciò
non
tutti
sono
cjuesti autori
come
,
il
Bandello
del tutto esenti dal sospetto di parzialità; e
domeni-
,
menando buona
a favor loro la testimonianza dell'Alberti sulla bellezza del priore, sebben l'Alberti
dopo
fosse nato quarantaquattro anni
Pino mostra ignorare un'
parmi dover avvertire che il padre e che non è rara anche
di lui,
che vanta
abilità
la pittura
,
negli artefici d'ingegno mediocre, quella, cioè, di contraffare
qualsivoglia tali
anche bellissima
che pure tuttavia
tratti
ogni fisionomia rendendola deforme anzi orribile e serbando
,
,
riconosca donde è cavata.
si
in grado eminente questo artificio di cui se
non
Leonardo possedeva
fu l'inventore, fu certamente
sembra che molto se ne dilettasse. Egli era inoltre dotato di una tale memoria che anche senza il vivo davanti faceva ritratti similissiini al vero. Quindi non sarebbe stata strana cosa nè difficile per Leonardo il dare il
perfezionatore,
e
,
a
Giuda
quantunque brutto
,
più che sessagenario della noja eh" egli il
(h)
,
padrone.
Ma nemmeno
perchè
e salvare
il
l'
del bel frate priore a quell' epoca il
a leggersi nella
e discreto
,
,
capriccio di così vendicarsi storia del
e che però
non
scherzasse satiricamente
questa ragione è abbastanza valida
artificiosa
pittore,
tratto
avesse preso
gli
duca Lodovico
al
come avveduto
Leonardo
,
qualche
ne ricevea. Segue
Bandello era carissimo
detto
,
qualora
,
imitazione
sarebbe
stata tale
come può intendere chiuncpe
l'argomento dell'amicizia del
Moro
sua bella e dignitosa fisionomia potesse verificare con certezza che
padre Pino che è probabile
che
colf amico del
dopo
ciò
che
da conservare
sa alquanto dell'arte.
si
è
la satira
Di più
pel priore e quell'altra prima ragione della
potrebbero il
avere
qualche forza
,
qualora
si
priore che stimolava ed annojava Leonardo,
,
.
9f
fosse realmente lasciò
Ma
padre Bandello.
il
nè
scritto
il
nome
siccome ninno de narratori del
del priore nò
anno
in
cui
ci
fatto
avvenuto
e siccome non vi è prova alcuna valevole che c'induca a crederlo awenuto negli anni ne" quali il Bandello tenne il priorato come potrà vedersi allorché parlerò del tempo che probabilmente Leonardo impiegò in quest'opera, cosi la novella l'
è
fatto
il
,
,
non cadrebbe per Il
simili ragioni
Bianconi poi vorrebbe
('s;
con un mezzo più singolare, col proil Cenacolo; quindi fuor di
farla svanire
vare, cioè, essere stato in brevissimo tempo dipinto
affatto l'accusa e la noja del frate. Ma ciò è si male da provato, come ognuno può leggere nella prima edizione della sua Guida, che non sarà per lui che la tradizione appaja incredibile. La soppressione in
luogo ed improbabile lui
oltre di quel passo nella
seconda edizione da
pubblicata l'anno 1795, j>rova
lui
medesimo avvisò dappoi diversamente. solo padre Monti più assennatamente l'agionando
eh' egli Il
sebbene prenda molti epoca della venuta di Leonardo in Milano quale segue inconsideratamente il Vasari, nota che il Giraldi stesso dice
abbagli e specialmente cpiello
per
la
che Leonardo propose scherzevolmente fatto
come vedemmo modelli
d'altri
ma
Anche
nel primo libro. il
Vinci
senso
riporta
Ma
più antiche autorità,
le
se
priore,
il
il
di
come
il
Le ragioni da
intendeva.
conto del
che
Giraldi
si
falsa la storia
nardo avvisò probabilmente
detto
;
eh" ci
memorabile,
la tradizione in gli
ritraesse
già
la testa,
quella
la
Per
altra parte,
delle
celie
gravità
gli
e
in cui la libertà del conversare,
degli
affari
scherzi
dello
stato
non ,
distoglieva
né diminuiva
i
la facilità
principi la
ed
i
il
,
rac-
nelle colla
panneggiamenti
quale difficoltà a al
suo principe
affabilità,
italiani
Leo-
eh' egli
ignoranza
loro
specialmente addotta dal padre Pino
è assolutamente ridicola.
lo
se-
autori,
citati
non s' impacciasse nelle cose addotte onde mostrare insussistente
credere che Leonardo proponesse scherzando una simile cosa
un tempo
i
della scherzevole minaccia colla quale
provano
,
troverà facilmente
,
fecero
priore che loro
Nello
fitto,
più gravi e moderati.
di fiuto
quale pretende provare che Leonardo non poteva finire prima
Giuda che
di
Milano. Cosi in fine
come
,
priore,
il
col duca.
non
scrittori
come
vorrà cercare,
ragionevolissimo,
é
materie di critica pittorica
in
che di
non accenni che
minacciasse ragionando
riportarono
il
contrario avverrà se
di distruggere
di
ma
e dal R.ichardson nel Trattato
,
Vasari, quantuncpie
tentare di distruggere la tradizione
il
appoggio;
non
e
il
Boterò che ne avrà raccolta
il
guendo
ficeta minaccia
di
il
non dice però
servisse,
si
che soltanto di ciò facetamente
stesso
Giuda
di ritrarre in
volse altrove per cercarne modelli più a seconda del suo intento, checché
si
dica dal Resta nelF Indice del suo Parnaso
si
,
dell'
l'amore
dal trattare
con
pubblica loro considerazione
?
Qual meraviglia che il Moro istesso, cui non dispiaceva il celiare, desse mano a Leonardo onde ne venisse satirizzato il Bandello ? Oltre ciò non parlerò
del
modo
che
erat
ridicolo con cui l'Alberti descrive le bellezze di cjuesto frate, dicendo
mediocri statura
risguarda anche
magna
facle
,
morale, non
il
gli
capite magno , ecc. , ma per quel che , guarentiscono una fisionomia molto amabile
e gentile né l'acrimonia con cui tratta
Concezione, nè
lata
suoi avversar] sostenitori dell'Immaco-
i
brighe secolari in cui era intricato, nè l'esser confessore di un principe qual era il Moro , che secondo gh storici avea per massima
da
lui
la
menzogna
le
spesso e pubblicamente
ripetuta
Se poi dopo
e peggio.
che
,
F utile proprio
tutto cjuesto
rendeva
onesta
padre Bandello che già
il
somigliava all'Iscariote nella statura,
come ne è testimonio il citato encomiatore anche nella fisionomia qualche tratto degno di lui, e che Leonardo per ragione di noja o di vendetta se ne fosse servito, e che il duca stesso si fosse di ciò divertito, non sarebbe poi così grande nè nuova meraviglia da menarne rumore, tanto più per chiunque sa alquanto della delle sue bellezze,
avesse avuto
stona di que' tempi.
Casi a questo
ed in personaggi
ben
A
simih non
sono
rari
nella
storia
pittorica
importanza che non è un priore di convento. chiunque ha scorso Plinio nelle cose che appartengono alle arti, risovverrà che di
altra
Cleside, adirato d'essere stato poco onorevolmente accolto dalla regina Stratose ne vendicò dipingendola in lotta amorosa con un pescatore che si
nica,
vociferava essere suo amante.
Il
d'Efeso, ed ognuno riconobbe somiglianze.
che
E
la tavola,
dal! autore.
Ma
pittore pose in pubblico la sua tavola nel porto la
regina e
pure, qualunque ne fosse
non che
distruggersi,
per lasciare
si
gli antichi
la
il
pescatore,
sì
perfette
erano le
ragione, quella regina stessa proibì
togliesse dal luogo dove era stata posta e le storie troppo da noi rimote, basti
rammentare l'orecchiuto Minosso di Michelagnolo che con caso conforme a quello del nostro priore è anch'esso il ritratto di un cortigiano importuno; e il famoso motto che su di esso disse papa Paolo Farnese, può bastare per assicurarci dell indulgenza del
scherzato a danno
qualora
Moro verso Leonardo, qualora avesse artificiosamente come di parole, anco di pennello. Nondimeno
del frate,
abbia da credere che nel ceffo di Giuda fosse ritratto un frate qualnon credo che ciò si possa intendere del padre Vincenzo Bandello ma questo per ragione ben diversa dalle addotte, ed è perchè Matteo di lui nipote sivoglia
si
,
;
e scrittore delle Novelle, che nella citata prefazione alla novella cinquantottesima ed anche altrove parla con tanto rispetto di Leonardo in un" epoca in cui non era costume nè merito il perdonare le ingiurie, avrebbe fatto altrimenti o si ,
sarebbe taciuto, quando
ricamente
il
di lui zio di
pittore avesse realmente insultato o satirizzato pitto-
compagno ed amico. poi cosa osservabile che non solo ne" cenacoh ove Giuda interviene, ma in tutti gh argomenti dove entrano figure odiose o ridicole, è uso comune degli artefici ingegnosi di ritrarre in quelle qualche loro contemporaneo, ora per il
cui fu veneratore,
È
satirizzare
il
vizio
,
ora per vendicarsi
dell ignoranza
o
dell'
importunità.
E
.
1)2
quest' uso è talmente invalso
o
ridicoli
non
pittore
sono pochi
ci
figure con volti strani
tali
dice le persone in
quelli
ritratte
,
fieri
o se
,
il
ha pensato, l'invenzione spesso supplisce a cpiella mancanza, e cenacoli dove il Giuda non sia qualche frate seccatore, pochi gl'in-
ci i
dove non
ferni
che ove trovansi
non
se la tradizione
,
si
di chi lo dipinse.
e di simili
vegga
Ma
di qualche
pagatore o
cattivo
Andrea del Castagno non
si
vergognò
di ritrarre in
confessione che in morte fece
alla
nemico
d' altro
e di simili invenzioni di pittorici capricci, basti
fatti
preludendo
ceffo
il
per dar fine a questo tema e per diminuire la meraviglia
tolse a tradimento di vita
il
Giuda
sè
dell' orribile
il
leggere che
medesimo, quasi con cui
assassinio
suo amico e compagno Domenico Veneziano.
PIETRO. Da
quanto
è detto delle figure antecedenti,
si
si
potrà con
facilità
l'attitudine del principe degli apostoli. Acceso di onesta collera
al
immaginare suono delle
divine parole, egli s'alza alquanto dal luogo ove sedea, per interrogare fidente di Cristo, l'apostolo Giovanni. Colla sinistra indica di
chiedere
significato de' suoi detti
il
,
mentre
la
il
il
con-
Salvatore in atto
sua destra va quasi
natural-
mente verso una specie di coltello o breve parazonio; con che il pittore diede cenno del desiderio in lui ardentissimo di vendicare il Maestro e della sua della quale ebbe poco dopo rimprovero da prontezza a dar mano alle anni ,
Cristo
È lo
medesimo nelf
orto di Getsemani.
singolare ed unica l'opinione del Bianconi intorno a questo coltello. Egli
crede un' aggiunta del temerario riattamento
quindi pare lo attribuisca
;
come
al
primo generale ritoccatore Michelagnolo Belletti. Sembra non sapesse che il che visse sempre fra gli artisti e fra le cose delle arti Cenacolo stette certamente piti d'un secolo e mezzo senza che alle altre sue impossibile
egli
,
disgrazie
da esso distintivo
si
aggiungesse quella dei ritocchi, e che nel gran numero delle copie anticamente non ve
tratte
di
E non
san Pietro.
è
una
n' è
meno
sola
in cui
strano eh' egli
non si vegga questo supponga aggiunto
lo
si vede in una rara bensi ma pessima stampa che pare opera d'un incisore che non ha visto l'originale, se pure non fu fatta da cjualche disegno o schizzo prima che l'originale fosse condotto a fine. Sembra
unicamente perchè non
però che
il
Bianconi stesso
conda edizione ed originale
Nel
resto
l'
della sua
si
ricredesse di questa stranezza, poiché
Guida cangiò
la
descrizione, e considerò
attributo del nostro apostolo
non
(«)
potrei seguire a descrivere questa figura senza ripetere quanto
accennai descrivendo quella di Giovanni dinale Federico
nella se-
come genuino
Borromeo
suo movimento pronto
,
il
,
,
a cui rimetto
furore
o senza usurpare le parole del caril
lettore.
del suo volto
,
il
Bastimi aggiungere che gesto
dell'
una e
il
dell' altra
93
mano, tutto in somma il complesso della sua attitudine eccitata da viva e sùbita commozione, contrasta mirabilmente colla patetica e dolce giacitura dell'apostolo Giovanni e richiama felicemente la dissimiglianza che hanno tra loro le due vite, l'attiva e la contemplativa, delle quali sono, come si disse, simboli questi due primarj tra gli apostoli. ,
colore poi delle sue vesti è
Il
che
vede fino nella cena
si
Firenze
un
di
cioè
;
chiaro la tunica.
Il
bel
giallo
qual metodo,
tazione r opinione volgare
e
l'
pallio
il
gli
attribuisce
si
comune
notammo per
e
e
,
un vivace azzurro alquanto
d'
buoni poeti, di secondare nella imi-
ai
autorità o delle
o delle antiche rap-
tradizioni
presentazioni, avremo luogo di notare in Leonardo per molte altre cose, già lo
,
che Giotto dipinse in santa Croce a
Cristo è
che volgarmente
solito
il
di
come
Giovanni.
le vesti del Salvatore e dell' apostolo
ANDREA. La
vicinanza di Pietro non sarebbe sufficiente argomento onde riconoscere in
questo apostolo
il
suo maggior
tovata che ci serve di scorta, zione.
padre Gallarati
Il
indótto specialmente da
che secondo
si
l'
non
Andrea,
piatto di pesci
uom
,
Ma
pescatore.
r agnello
,
apporta, è facile lo scorgere
come
giamente corrisponda a cpanto dalla
storia
zione
ci
Mansueto, pacato, costante j fedelissimo,
non
Dopo
piatto essenziale per la cerimonia.
ciò ,
e
cpesta cena ogni pescatore
se in ,
men-
appostavi iscri-
coli'
nome, a moderno risarcimento
di
forse
dovesse distinguere con un piatto di pesci
si
se l'antica copia di sopra
avvalorasse la congettura
abbattè fortuitamente a dargli lo stesso
un
indicano
lui
fratello
vi
la
rimarrebbe luogo per
che
luce
la citata iscri-
l'attitudine di questo apostolo egresi
egli
può raccogliere del suo carattere. fu il primo apostolo chiamato da
Cristo, e gli serbò, in ciò migliore dell'ardente fratello, la sua fede intatta fino al martirio
che
si
tenne beato di ottenere simile a quello che fu sopportato dal
suo Maestro. Egli siede gravemente, e colpito dallo stupore all'udire l'annunziato tradimento,
ne dà segno aprendo ambedue
le labbra e le ciglia. fiir
atti
da darsi
palme delle mani e inarcando
le
posso inoltrarmi nella descrizione di questa testa senza
uso delle parole stesse di Leonardo. Nel capo
descrive gli d'
Non
a
chi ascolta
un
CCLIV
oratore
,
alcun vecchio per maraviglia delle udite sentenze chiusa
tirarsi
molte pieghe delle guance,
indietro
quali creino molte pieghe per la fronte.
questa figura delle sentenze
cui aggiunse
,
,
come
e
con
le
Egli esegui
ciglia il
del suo Trattato, dove
Fa
e
alte
primo
Jielli
che uno de' suoi compagni
ratezza, e conscio di sè stesso e certo di
non
sia
esser egli
,
Za
estremi
bocca bassi
nella giuntura, le il
suo precetto in
quanto era richiesto dalla qualità
potrà scorgere chi osserva finamente.
bile a quel cuore onesto
die' egli
,
,
Non
dell'
oratore e
sembra possi-
capace di tanta scelleil
traditore designato.
,
94
sembra che la
non
meraviglia e la sorpresa
la
sapere chi volesse
il
lasci in lui
luogo
alla curiosità di
Maestro indicare.
Risplendono nel suo volto la probità pacatezza dell" animo che opportunamente contrasta
fede e l'amicizia unite alla
coir impeto del vicino Pietro.
Infino
modo con
il
cui
il
disposegli
pittore
il
pallio sulle spalle, coprendole entrambe, e facendolo discendere davanti attorno
confacente ad esprimere l'uomo tranquillo e quieto ne' suoi movi-
alle braccia, è
menti, e non disposto a far uso della propria forza o destrezza ove lo chiami
o
In ciò ben differente dalf iracondo
la vendetta.
volto sulla sola spalla sinistra in
modo da non
ove abbisognasse usarne, come in
che porta
averne ingombro
al
il
l
ira
pallio av-
braccio destro
prima occasione. Egualmente
fece alla
fatti
fratello
i
tuoni delle tinte delle sue vesti sono di poca forza e splendore in paragone della
maggior parte
freddo, e siccio
la tunica
che
si
essendo
dell'altre,
il
d'un verde alquanto chiaretto e
pallio
che discende in pieghe molli e finissime, d'un
Poco
accosta al color della noce.
in lui
gialletto ros-
scorge della fisionomia
si
poco ne' tratti generali che più certamente provano la comune dipendendo gli altri più minuti da abiti o passioni particolari all' in-
di Pietro, e quel
origine
,
Con
dividuo.
tanta dissimiglianza di carattere in questi
un
errore in
pittore
sì
presentarli più fra loro somiglianti di quello che qui
GIACOMO Anche
fisicamente e moralmente
commento
il
il
si
rap-
che in
un passo
rico-
il
cugino del Redentore. lui
veramente
si
Lo
accorda
un testimonio degno di nota Là dove questo
di san Paolo.
,
divozione
speciale
poi può
testimonio le
,
il
,
e della quale abbiamo
,
il
veggano.
ai Corintj dice che Cristo risorto apparve separatamente a commentatore soggiunge che Giacomo ottenne questa grazia, non
solo per la sua
qui citare
figliuolo d'Alfeo
di Niccolò di Lira ad
scrivendo
Giacomo, ampio
sarebbe stato
IL MINORE.
sua somiglianza col Nazareno
assicura la
apostolo
fratelli
senza l'iscrizione della copia già più volte ricordata, è facile
noscere in questo apostolo
nel
due
esperto nella Fisiognomonica, qual era Leonardo,
,
vedersi
ma
per
la
sua somiglianza a Cristo.
nel camaldolese Malermi
di
cui
Più
piacemi
parole, poiché le Vite de' santi, che tradotte ed accresciute da cjuesto
autore, videro la luce coi torchi del Jenson nel 1475, cioè pochi anni prima
che Leonardo intraprendesse dal nostro pittore
parisce, gli
,
hanno
parti
si
nella loro
Cenacolo ciò che
,
debbono certamente
concerne
in molte cose servito di guida.
che r apostolo Giacomo le
il
almeno per è
edam
gli apostoli
gnale del basio
;
essere state lette
e da quanto ap-
Dice adunque l'autore
detto fratello del Signore,
citato
conciossiachè per tutte
dice essere stato simile a esso Signore: intanto che se effìgie.
,
ingannavano molti
Onde andando li Judei a pigliare Cristo ebbero da Juda perchè Juda per essere molto famigliare e domestico di
el si-
Cristo
,
95
Ottimamente da Jacoho cliscerneva
Questo etiam
Cristo.
testifica
Ignazio nella epistola
mandata a Joanne Evangelista , dicendo : Se a me è concesso , voglio venire alla parte di Jerusalem per vedere quello venerabile Jacobo cognominato fusto; el qual dicono essere stato molto simile a Cristo e della fiiccia e della vita , e con el modo della conversazione in tanto
un medesimo parto
e di
quanto che
suo fratello nato insieme in
se fosse stato
quel medesimo utero: el qual dicono che
parerà vedere esso Jesà Cristo secondo
tutte le parti del
se io
vedrò,
mi
corpo suo.
Quanto Leonardo fedelmente serbasse questa tradizione può vedersi e negli avanzi del Cenacolo originale, e in tutte le antiche e moderne copie nelle quali
,
mentre
le altre
meno,
più, ove
variano a capriccio
teste
losamente a questa tradizione
imprimere
poi allorché le forze e
questo apostolo
in
l'
si
questa sempre ritiene ove Anzi sembra che Leonardo si scrupoabbandonasse e che tanto studio ponesse onde ,
,
la fisionomia di Cristo.
pose intorno
si il
,
nobile e sublime carattere del Redentore, che
alla testa del
ingegno onde giungere
all'
Redentore medesimo ,
senti
idea eh' egli ne avea concepita
mancarsi ,
e cer-
cando intorno ad essa inutilmente consiglio, come leggemmo nel Lomazzo, lascioUa imperfetta j credendo probabilmente per tal modo di dare alla posterità maggiore saggio dell' altezza del suo pensamento di quello eh' egli dalla sua ,
mano
sperasse di poter ottenere.
Semplicissima è
Come Pietro si volge a Giovanni onde avere qualche dichiarazione della misteriosa sentenza di Cristo. Egh sembra sperare che Pietro otterrà da Giovanni il segreto del Maestro, e un beve alzamento di ciglia e una lieve apercosi questo
1'
attitudine di questa figura.
Giacomo
volgesi a Pietro
tura di bocca indicano abbastanza
l' inquieta ansietà di uomo che interroga con animo dubbio sospeso ed atterrito. Il di lui carattere moderato non permetteva commozion d' ira o altra violenta espressione. Egli appoggia la mano destra alla spalla di Andrea e stende la mano sinistra dietro di lui in atto di accennare ,
,
e cercare Pietro che in
cpiell' istante
riosità e la collera onesta
non bada
che dentro
a soddisfare
che
la
propria cu-
suo cuore zelante eccitossi alla parola
il
di tradimento.
Non meno Leonardo che
semplice è il
il
suo panneggiamento
ragione della possibilità degli scambj e Giacomo,
come sopra
si
è
letto.
che
che anche nel vestire volle
nobile e più tendente
al
,
a
porporino. Diede
a quello dato alla tunica di Cristo
mano una porzione
onde
,
,
cui però
volle
altresi alla
arte
,
meglio rendere
si
serbare la tinta
tunica
un
taglio
avpiiì
conforme
con maniche, cioè, larghissime, mostrando Per seguir poi la tradizione che ci
dell' indusio.
avvisa che questo apostolo vestiva diversamente dagli
modar r
così
la storia susurra avvenissero fra Cristo
Diedegli dunque una tunica rossa che
vicina al colore della tunica di Cristo
presso la
,
nostro apostolo somigliasse a Cristo
e pel decoro e per
altre ragioni
,
altri
,
nè potendosi acco-
ad imitare quanto intorno a
,
56
particolare ci narra
tal il
Epifanio e
accenna anche nella Vita del Malermi pallio alcuno o clamide, o altro che
si
non dandogli in fine da non
distinse dalle altre figure
E
sulla tunica si ponesse.
Leonardo
il
quale
teste somiglianti,
non
serbando però
suo soggetto principale
al
lasciarsi inosservata
costretto dalla storia a fare in
,
trascurò di mettere l'una
portunamente chiamavano
gli
la
una
di profilo
1"
avvedutezza di
composizione due
stessa
e l'altra di fronte,
veduta più intiera
che molto op-
,
antichi di maestà.
BARTOLOMMEO. mensa
Il sesto ed ultimo luogo della
Bartolommeo. Senza
è da questa parte occupato dall'apostolo
nota iscrizione sarebbe, a dir vero,
la
difficile
il
distinguerlo,
poco dal vangelo sapendosi di questo apostolo. Anzi è presso molli cjuestione s' ei sia o no lo stesso che Natanaele del quale parla incito 1' evangelista Giovanni che non nomina Bartolommeo e sul quale tacciono per l' apptinto gli ,
altri
che di
evangelisti
lui
fanno menzione.
Vi ha poi chi
sogna di stirpe
lo
egizia, chi di siriaca e regale; su di che veggasi la Storia apostolica del Sandini.
Sijnilmente
lo fa nobile,
altri
deUa Erudizione degli
come può
ortolano,
altri
vedersi nel libro che
compilò Giovanni Lami.
In mezzo a tanta indegno di nota il ragguaglio anzi ritratto che di questo apostolo leggesi nel Malermi, il cui libro volentieri preferisco ad ogni apostoli
certezza ed oscurità è singolare e
perchè certamente venne
altra autorità,
Li
capelli suoi,
occhi sono grandi, di statura eguale
:
diceva 1 idolo e'I
alle
mani
di
un idolo indiano, dentro
è descritto per bocca di
è vestito d'
Leonardo.
e diritto:
ammanto
la
la carne è
a dire ch'egli
indovino e potentissimo
Per quanto Leonardo non
spetta si
il
,
agli
bianco foderato di porpora ventisei e
li
che non
allontanasse
da
al
fa
al
;
el
quale
am-
anni, dal quale suoi.
d'umore allegro,
nostro proposito.
naso ed
cpiesta
candida: gli
calceamcnti
era nutrito e servito dagli angeli,
occhi,
ritratto
demonio.
il
barba lunga: ha pochi peli canuti:
manto per ciascuna parte ha le gemme purpuree ; e sono tempo non sono invecchiate nè deturpate le vestimenta sue Segue poi
Questo
quale parlava
sono negri e crespi:
,
naso uguale
il
al
colore
tradizione
,
de' capelli,
setnbra
che
avuta avvertenza alla età
diversa in cui lo ha rappresentato. Per quanto poi risguarda
è da credere che diani fra in vece
i
quali
un tuono
alle altre figure,
l'
il color della pelle, idolo lo chiamasse candido in paragone de' suoi cultori in-
abitava
allora
Bartolommeo.
gli
diede
non diede
o volesse con ciò contrassegnare in lui lorigine egizia, o precondizione più probabde cjuella , cioè di agricoltore.
ferisse indicare la sua
,
Finalmente per qtianto spetta descritto
Certamente Leonardo
di tinta quasi tendente al bruno, e piti robusto che
nella Storia di
Abdia,
al
vestimento che
dalla
,
piti
minutamente
quale sono in gran parte
si
tratte
legge le vite
,
97
degli apostoli che
Malermi ha
il
tradotte, consistendo esso di
un
cioè colletto o tunica senza maniche, e di
gemme
porpora e di
il
tutto di
la
leggenda o perchè un
tal
vestire
credesse usato da Bartolommeo dopo
chè in fine,
il
del quadro male
accomodasse
si
all'
o perchè lo
,
ombre,
e
un manto o
armonia della sua composizione.
vasto pallio cV
un nodo sopra la spalla diritta come con le La manica della tunica è ricca superiormente che
ove
la stringe
finisce
il
sebbene poco
e per
l'
se
e
La
allacciavano
si
dopo una
le
clamidi.
legatura o piccola
scende in pieghe minute,
deltoide,
e segue la grazia del braccio fino al polso. talare,
,
pavonaz-
al
un bel verde, aggruppato con
fibule
,
fascia gialletta
o per-
,
quel bianco in un angolo
tutto
Diedegli in vece una tunica celeste chiarissima tendente alquanto zetto nelle
in questo
seguire
che prese a rappresentare
fatto
che mi sembra più da credere,
il
di
paresse poco apostolico
gli
colohio bianco,
egualmente bianco, ornato
pallio
Leonardo non giudicò
,
un
tunica è,
come
tutte le altre,
ne vegga nella parte inferiore per l'ingombro del
incrocicchiamento de'
pallio
[)iedi.
L'attitudine di questo apostolo distinguesi notabilmente da tutte le altre, ed è
convenientissima
alla
mensali a lui vicini
sua collocazione distante da Cristo. il
oppresso e tacito per lo
Egli vede tra comminor Giacomo occupato a dimandar Pietro Andrea stupore, e Pietro rivolto ad interrogar Giovanni: quindi
Dunque
dispera di ottenere da essi utile ragguaglio.
che ha udito,
si
i
,
alza appoggiandosi delle
ad udir meglio ciò che Cristo
è
due mani
quasi dubitando di cjuel
,
mensa, onde accostarsi
alla
per soggiungere. Egli sedeva da prima colle
gambe incrociate Leonardo studioso di accrescere per mezzo del contrasto come sopra notammo, l'istantaneità e prontezza dell'atto, conservolle nella stessa :
posizione
:
e facendo piegare
le
ginocchia
piedi sostenendola mediante F appoggio sione che
dubbio
non
saprei
come meglio
male udito
di aver
,
Descritti partiti
i
,
,
e sopra
,
diede
le
sì
IL
cominciando di nuovo
Abbiamo di già detto che Giacomo, figlio di Zebedeo e
destra di Cristo, è or da tornare dalle
figure
il
primo
fratello di
piìi
nell'atto
come
che
,
dar
compongono.
la
sinistra del Salvatore è l' apostolo Giovanni. Egli inorridisce in ascoltare
alla
ed allargando
nella fisionomia dimostra quella subitanea
che nasce dallo sdegno onesto in d'
dal
donde
a Cristo vicine
l'esecrabile attentato che da Cristo è predetto, e traendosi indietro si
i
espres-
MAGGIORE.
notizia del rimanente della scena e degli altri attori
braccia,
entrambi
giusta
un uomo perturbato
possa figurare
sei apostoli collocati alla
e
sua figura
mani
e desideroso di ascoltare cose di alta importanza.
GIACOMO siamo
si
alla
delle
uomo che oda non
imaginativa quasi vegga inopinatamente cosa che
solo
sia
,
ma
le
commozione
per prontezza
cagione di meraviglia
,
98
e di orrore. China alquanto è
samente incerti
si ritira
la testa,
aperta la bocca ed elevato
:
come naturalmente avviene
basse e congiunte sono le ciglia
:
petto ,
il
:
gli
sguardi
improvvi-
a chi
fissi a
un tempo ed
come accade per improvvisa
indi tosto
,
sospesa inspirazione alla vista impensata di spettacolo mirabile insieme e terribile. Per questo non meno che per gli altri suoi attori, ricercò Leonardo diligen-
temente
che
onde con qualche fondamento
sacra autorità,
la
attribuirgli
il
carattere
diede d'immaginoso, ardente e prontamente eccitabile all'ira; non però a quell'ira che ad ogni occasione consigliava a Pietro pronta opera di vendetta,
ma
gli
all'altra
mano
meno
pericolosa, socia dell'onesto zelo, la quale, senza spingere la
ed accende l'animo
sul ferro, turba
Leonardo congetturare
dal
poco che
che opprimono e
alla vista dei delitti
tradiscono la virtù e ne commette la vendetta
alla giustizia
Giacomo
di questo
del cielo. si
Tanto potè
narra ne' vangeli, e
specialmente dalla sua imprecazioné contro gT inospiti Samaritani. Con tali ricerche riuscì mirabilmente a diversificare questa figura dalle altre di Pietro e di
Tommaso,
nelle
ramente disposta
Quantunque
a
quah
ripetuta iscrizione,
ma
è sostenuta da altre forti ragioni che sole, senza quella,
Morghen
Pino e
Il
Tommaso, ed
diffusa in seguito colla
signor
Gallarati
voce e cogli
scritti
credono che questa figura
accreditare tale opinione che
è talmente radicata
si
dubbio
egli
vidisti crcdidisd.
è
Tommaso
san
superiore della veste.
mi
sia
affaticato
e fiicendo
rimasuglio
meandri
Ora né
le
famose parole dette da Cristo a
padre Pino che nella distribuzione degli
Il
antica
mistilinei
mentre
,
io
né
vi si legge
altri
ha mai
il
il
d'
o
una lente
moderna
forte
,
lettera.
che facevano ornato a
pieghe della tunica
primo
altri
Tomnomi
alla sinistra senza
il nome neW orlo nome, e per quanto per mezzo del ponte
tuttavia scritto visto questo
osservando diligentemente da vicino
uso anche di
che anche
l'ha adottata nella sua stampa del Cenacolo, inscrivendo nella
modestamente procede, dice qui francamente che
assai
io
il
La Lande parve
il
fimbria della tunica di questo apostolo
maso: Quia
minacce e chia-
alle
trovi qualche giova avvertire eh' essa non è soltanto appoggiata alla
,
farla prevalere.
rappresenti san
congiunta
effetto.
denominazione da noi data a questo apostolo
la
ostacolo presso alcuni
basterebbero a
sole rappresentò l'ira
mandarle ad
non mi
riusci di
Bensì potei cjuella
riconoscere alcun
scoprire alcuni
resti
di
specie di nastro che raduna le
alla scollatura il quale ornamento interpolato anticamente forme tendenti ora alla quadrata ora alla circolare, e guasto in appresso dal tempo e dai ritocchi potè ai prevenuti far travedere i frammenti delle lettere che latinamente compongono il nome di Tommaso. D' altronde se realmente in ,
di
,
antico vi fosse stato scritto altro de' tanti scrittori
per nominare
non dee
il
un
tal
nome
che precedettero
suo apostolo
si
,
il
se
ne avrebbe memoria in qualcun
dunque una iscrizione che non
novello scopritore. Se
fece autorità di
darsi valore alcuno alla sua asserzione.
il
Pino
esiste,
99
Non
diversamente dal Pino scrive
Gallarati essere questi senza alcun dubbio
il
Tommaso; ma siccome non si degna di dire prova alcuna di quanto non si può lagnare di non esser creduto. Nemmen egli fa parola del
l'incredulo
afferma
,
nome inscritto travisto dal Pino della quale circostanza qualora vi fosse stata veramente, non avrebbe mancato nè di procurarsene notizia in tanti anni ch'ai consumò intorno a quest' opera , nè di ragionarne nella sua descrizione in cui tenne conto di tutto ciò che vide e potè capire. Dietro questa falsa denomina,
,
il Gallarati descrive il suo Tommaso assai stranamente , ed in quel volto che in ogni antica copia ed anche nel guasto originale si scorge compreso d'orrore e di meravigha , egli travide un tal ghigno, con che, siccome incredulo, sembra farsi beffe delle parole del Redentore. La quale espressione quanto
zione
sarebbe sconvenevole e del tutto contraria ad ogni
sana ragione non che al onde poterlo giudicare. In conchiude che questo apostolo ha un doppio dito mignolo nella mano si-
sistema di Leonardo fine
nistra
,
cosa
,
die' egli
trascrivo tra le note
E tanti
,
non è necessario degna di
,
riflessione
sogni hanno fatto col Gallarati
nelle notizie degli autori
braccia,
su di che
sua
le linee
palma. Questa seconda
chiudono
,
mano manca
,
mano
il
di sei dita,
La Lande
,
sulla quale
come vedemmo
come sopra si è notato le mensa e cuopre parte d'una mano combina avere le dita quasi nella stessa ,
aprendo
,
,
sulla
si
mano
si vegga il dosso di quella la poco osservabile, e perchè, come si disse, isolata tra i panneggiamenti de' personaggi che
quale appartiene, nulla
dall'atto della
ne fu serbato che un solo
,
si
vede del suo cubito, e quannon ha alcuno apparente
persona cui spetta,
e l'imperizia del
di qualche sciocca tradizione
,
riraansi
richiamo di braccio o panneggiamento.
danno del tempo
legga la sua postilla che
quantiuique di cjuesta
e perchè sola
la figura alla
tunque richiamata
si
che parlarono del Cenacolo.
deU" apostolo a lui vicino, la quale
in parte coperta
Cochin e
il
quale ora ragioniamo
del
stende la
direzione per
il
;
(/).
qui tempo di dar ragione di questa misteriosa
L' apostolo
,
esser pittore
La
notata eguale direzione delle dita^
primo ritoccatore, congiunta
al
pregiudizio
mano meno visiliile e non aggiungere alla mano del creduto
fecero scomparire la
dito che
si
volle
Tommaso pretendendosi per tale mostruosità nome di Didimo o Gemello. Se poi eccesso ,
di dar conto
un
del di lui sopran-
una mano abbia qualche ragionevole relazione con siffatto aggiunto che a tutt' altro si suole dagli anatomici impiegare, oppure se di tal cosa esista cpalche antica leggenda o altro scritto che l'autorizzi, non mi è riuscito di poterlo sapere. Trovo bensì l'
di
dito
in
si sapesse storicamente che Tommaso avesse avuto una mano deformità, sarebbe dovere del pittore che dipingesse questo apostolo, di nascondergliela artificiosamente o di rappresentarla come la suol fare comu-
che quand' anche
con
tale
nemente
la
natura
Senza altrimend curarsi
della
storia.
In
fatti
sebbene nel
, ,
100
Supplimento
cronache di
delle
Jacopo Filippo da Bergamo
frate
che l'evangelista Marco
si
mi
mai alcuna imagine
è accaduto di vedere
con
si
Dopo
orribile difetto.
mozzo
fosse
che servi per
mano
non
è scomparso con gran
mano
unico avanzo della
del vero
mano che
fatti
quel dito dovea far sospettare, mentre trovasi cpiesta
ne" disegni che furono eseguiti tra
del Mazza. Dicasi però ad onore del vero che
gran miniatura
Mazza
,
di cattivo artefice,
modernamente, non escluso quello migliore stampa che vanti il Cenacolo, non si tenne conto nè
la
c[uesta stranezza
legga
si
(«)
essere sacerdote
nemmeno
di lui,
sesto dito,
è perciò che ne" disegni
del dito nè della
mostruosa
il
non
pollice per
l'ultimo ritocco del
dolore del padre Gallarati anche
Tommaso; ed
il
comprendendovi
,
meno che mediocri,
sono
,
e
ho
que" disegni ne' quali
che fece
qttello
ritocco del Bellotti e quello
il
tutti
il
provano
prima
Gallarati
la pratica dell'arte
giudizio dell'artefice. Osservando poi attentamente da vicino
dipinto,
il
visto
della sua
si
parlai scorge
sotto alle lordure de' ritocchi qtialche antica crosta di color di carne, in tale an-
damento che indica ancora abbastanza chiaramente male senza la quale , come ognuno può osservare
una mano
esser ivi stata si
,
sarebbe potuto render
conto del posto occupato dalla figura seguente. Un'altra prova finalmente dell'esi-
mano
stenza di cjuesta sei dita,
ancora
si
può vedere
e della in
sciocchezza di fare di due mani una
una copia o
esiste nell' antico refettorio del
In essa
la
dir
si
convento di san Vincenzo di questa
lunghezza del muro è maggiore
di quella
che convenisse
posizione, avuto riguardo alla grandezza delle figure: quindi partito di sviluppare e di dare visibili
per intiero
una all' altra. Perciò sono sovrapposte Maggiore e del quale non si vede che l'
,
tutto intero e
cjui
dalla
mano
Che
le
figure
il
maschera e
dopo Giacomo
dietro
quella
di
Giacomo
se in qualche copia, specialmente
il
giudizio
gli
e scancellata
barbaramente dal
altra.
moderna, arbitrj
rpiesta
ordinarj
a qual
figura
appartenga.
mano non
si
de' copisti
e per la
La qual sospensione
prodotta dalla incertezza di un' attitudine o da cpialche locato e di vi essendo
il
scorge
si
,
,
trova,
posizione di essa, che, sebbene naturale, genera imbarazzo e sospende un
mento
il
nell' originale
dhe mani
le
città.
com-
alla
pittore prese
che
apostolo che viene
la
barbaramente deformarne un'
non deve recare meraviglia e per
ciò
l'
di
precisamente nell'atto che un artefice pratico potea desumere
collocata
Bellotti per più
mano
voglia imitazione del Cenacolo che
non evidente pertinenza, debbe
membro
di
stranamente col-
a tutto potere fuggirsi dal pittore;
cosa che più prontamente distrugga
l'
effetto
mo-
giudizio,
non
morale della pittura
i dubbj che insorgono sulla conformazione fisica delle figure rappresentate. perdoni se, parlando di tant'uomo qual era Leonardo, oso dire che in questa
quanto
Mi
si
minuzia non fu eguale
a sè stesso, e
non merita, come
in tutto
il
resto, d'es-
sere imitato; merita bensì d'essere scusato per l'obbligo che avea di render conto
non
solo del posto occupato dalla sua figura,
ma
della sua espressione
,
e quel
che non meno importava della sua ponderazione della quale fu sempre Leonardo accuratissimo osservatore. Aggiungasi a sua discolpa che in una scena di tumulto e di disordine di affetti, cfuale è quella eh' ei prese a rappresentare, nella ,
,
moltiplicità de gruppi e nella varietà delle
mosse è impossibile che le parti tutte possano combinare in mostra chiara ed evidente ed il pittore è bensi costretto a renderne conto ma non debbe ad una vana dimostrazione di
una
di
figura
si
;
,
parti sacrificare
Abbiamo
l'
del tutto e specialmente
effetto
non
intanto osservato di sopra
ciò che spetta
fichi la denominazione del Pino e del Gallarati. Vediamo cheduna per giustificare quella dell' iscrizione.
A
sangue.
ulivi testimonj
queste prove
di
ordinar], e perchè privarli di
tima cena? Sappiamo per ;
il
un
non l'ebbe, perchè
ad interrogare Giovanni intorno
Abbiamo
uno
inoltre
due
cjuesti
li
dinota
il
vangelo
,
assidua
,
aln-o alla sua sinistra.
di
poco giudizioso ,
il
e
denominazione
il
e2;li
è
narra ch'ei
ci
volse
si
argomento delle
secondo Girolamo
,
ai
fianchi
della
,
madre
distinzioni
che Cristo
grandezza e costanza irremovibile (.»),
si
acquistarono
Siamo anche
dal desiderio di Cristo,
il
titolo,
accertati dell' abi-
che
non temè
la
buona loro
di manifestare,
Dopo
pittore
alla sua destra e queste osservazioni parmi che sarebbe da tacciarsi
che collocasse questo apostolo altrove che ai fianchi che il dargli un tal posto possa servire a farlo
anzi
esso riconoscibile per altro parricolar distintivo. positivo testimonio di antico
al
suo tempo
si
d' altra
specie nel
E
seb-
autore intorno a questa
Lomazzo
,
pel quale è facile
tenea che questa figura rappresentasse
il
fra-
di Giovanni. Egli ci avvisa che allorché
nardo che
lasciasse
parer Cristo presso
che
lato
ma
,
ciò che non avrebbe potendo di ciò interrogare Cristo me-
di fig,U del tuono.
ne abbiamo uno
,
congetturare che tello
,
speciale
compagna
mi sembra riconoscere, non essendo bene non abbiamo alcun di Cristo
dall' altro
anche in cielo collocati su due troni, l'uno
di vederli, cioè, 1"
vangelo
il
prediletti discepoli nella
tudine di Cristo di averli sempre
madre Salome
al fratello
agli oscuri detri di Cristo,
ne dovuto
,
della lor fede, per la C[uale virtiì
con cui
onore all'occasione sacra e solenne dell'ulche Giovanni gli era vicino da un
solo Pietro poteva aspirare a quest' onore
potuto fare in quel luogo desimo.
e se soleva averli vicini ne' conviti
?
altra parte dalla storia
Il
?
dimostrare che
concedea a
tal
di
e gli
,
perchè non avrebbe egli
confidenza
quale ragione non avrebbe conceduto
e per
posto corrispondente facile
figliuoli
sue angosce e delle sue lagrime
delle
speciale
aggiunto quella di averli vicini a inensa
lato
due
i
Li fece degni di vederlo segretamente trasfigurato sul Tabor
ebbe seco all'Orto degli di
espressione.
ve ne fosse qual-
se
aveva di preferenza compagni nelle sue spedizioni
Cristo
Zebedeo.
all'
ragione alcuna che giusti-
vi essere
le figure
de'
pur Cristo imperfetto gli apostoli
,
Bernardo Zenale consigliò a Leoperchè non sarebbe riuscito a farlo
che avea dipinti, non mette
due Giacomi. Egli è evidente per
tal
al
confronto di Cristo
paragone che queste due
ioa
figure
doveano avere qualche riscontro che
a Cristo;
di somiglianza alla testa
se fosse stato altrimenti,
il
si
suol dare
testa
di Cristo
che
perfezionamento della
non avrebbe avuto alcuno impedimento dalla perfezione delle teste de' due indicati apostoli. Ed in fatti la testa di Giacomo il minore rassomiglia notabilmente al Salvatore, come indicammo di sopra, e di tutte le altre undici teste non ve n' è
una
che abbia carattere che a
sola
che ora descriviamo^
dell'apostolo
per capellatura e per il
note,
altre
potrebbe anch'
vestimento,
ove Cristo non
egli
("),
Calvario
al
del
Lomazzo,
Da
che
si
che andarono
e
da un disegno originale di
tratta
somiglia evidentemente
errati
ridimeuto, e deformandola con
coloro che copiando questa
tali
maggior
figlio del
apostolo di
testa la carica-
di dolor fisico
nella
che d'inor-
bocca e negli
osservato,
da
ocelli
somiglianza col Redentore. Dal
fin
qui
Leonardo
solca
se-
mi pare non
si
dulsbio che in questa figura sia stato da lui rappresentato
il
fin
muover
])iù
la
come abjjiamo
detto e dalla sagacità colla quale,
possa
esagerazioni
forma umana, non che
guire e indagare
ali"
scorge più chiaramente esser vero quanto citammo
rono stravagantemente, dandole piuttosto espressione torle quasi la
generale, nelle forme
testa, nella distriljuzione delle parti in
del naso e delle lablira e in altre parti cui qui ragioniamo.
e
Cristo
,
Cristo strascinato
qual
la
parer
Per ultima prova della relazione che può passare tra la del maggiore de" Giacomi piacemi unire qui incisa
fosse.
testa di
per età,
l'espressione
diversificata
testa del Salvatore e cjuella
una bella Leonardo
avvicini, tranne c|uella
minor Giacomo,
pari del
al
si
per nobiltà di colore,
ne venisse
se
,
di Cristo
cjiiel
quale,
il
dove
l'arte
il
permette, le sacre tradizioni
,
tuono con espressione convenienlissima a quel carattere che
senza offendere la storia, anzi seguendone
traccia, poteva venirgli attribuito
la
dalla pittorica invenzione.
TOMMASO. Mentre
l'
aprendo
antecedente
apostolo
le
ed oscurando
braccia
le
ciglia
all'annunzio del tradimento ritraggesi compreso d'orrore nell'attitudine che ab-
biamo
descritta
,
Tommaso
cosi più presso al
qualsisia
il
passandogli col petto dietro
Maestro, alza
dito della
il
mano
traditore e di giurarne vendetta. Colla sinistra
gamente ragionato nello scorso articolo prendere un coltello con atto conforme che accendeva
C[uesto
deliberato
,
tiensi
ancora
alla forte
(").
Ivi al
giorni
i
alla
casa
di Lazzaro
,
offrendosi
Giudei cercavanlo per lapidarlo.
,
alla
della quale
si
è lun-
mensa ed accenna
,
e del quale al)biamo
capo undecime
giatore de' pericoli e della morte, far coraggio agli in Betania
e recandosi
,
di
espressione dello zelo animoso
seguace di Cristo
testimonio nel vangelo di Giovanni
spalle
le
destra in atto di minacciare
altri
di perire
onde con
Soli Pietro e
il
scortare
lui
,
un
veggiamo spreil
Maestro
perché in
Tommaso
,
cjue'
nella storia
,
evangelica,
Leonardo
diedero prove di coraggio intraprendente,
e questi
due
soli
fece
azione e movimento che esprime minaccia e brama di vendetta per opera propria. Il dare ad altri che a questi una espressione consimile non in
avrebbe avuto appoggio alcuno di sacra autorità. Gli stessi figli del tuono Giacomo e Giovanni, allorché volevansi vendicare delF inospitalità de Samaritani
non
fecero già azione alcuna di risentimento
terrogandolo se doveano invocare sopra
essi
ma
,
soltanto volsersi a Cristo in-
fuoco del
il
cielo.
Se ciò che abbiamo qui detto giova a provare che questa ìfigura rappresenta assai congniamente 1" apostolo Tommaso, si renderà sempre più sicura la denominazione dell'apostolo antecedente che gli avea usurpato il suo nome. È poi probabile che tale usurpazione sia avvenuta per isbaglio di tradizione cagionato dalla prossima collocazione del vero Tommaso perchè gli antichi ,
dimostratori del Cenacolo che lo avranno diclu'arato da principio secondo la mente dell' autore , a poco a poco costretti ad additare oggetti lontani, avranno :
tura scambiati questi
è per metà coperta
venner dopo
1" ,
per avvenche l'una testa sarà impresso nelle menti di qua' che
due apostoli che sono tanto dall' altra
e cosi
;
errore che qni
si
si
fra loro vicini
è combattuto.
FILIPPO. Anche
di Filippo
poco
ci
narra
contrassegno nella nostra pittura.
il vangelo e poco le leggende onde averne Troppo debole argomento per riconoscerlo
sarebbe F età sua giovenile che risponde abbastanza all' epoca assai tarda in che crede avvenuta la sua morte. Non ho pertanto altro appoggio per riconoscerlo che la tanto ripetuta iscrizione.
si
Prima ch'io descriva
l'atto
con cui r Epico tedesco zione della Messiade di
di questo
apostolo, piacemi trascrivere un passo
lo caratterizza. I versi
Giacomo Zigno
che
cito
e posti in bocca
sono all'
tratti
cosi distingue dagli altri l'apostolo confidato alla sua custodia.
L' affabile
Mortai che
e tranquillo
seco loro ivi tu scemi,-
Egli è Filippo: io su lui
CU Di
veglio. Sempre mito lampeggiare un riso benefico amore a prò dell' uomo ;
scorgi in
Nè 7
suo celeste cor altra conosce
Voglia più Come
viva che d'
fratel chiunque
Ad immagine Più
sua.
amar
fedele
ha Dio
dalla tradu-
angelo Libaniele che
creato
L' alto Fattore
che mei dolci d eloquenza i fiumi Nella sua bocca ha posti, e dal suo labbro
,
104
Colano in copia
Qual
dall'
soavi note
le
Ermon
le
rugiadose
Al raggio mattutin , o
Le Su cpale tere
autorità
stille
dall' ulivo
odorose a spirar fuggevoli aure.
appoggiasse questo poeta onde dare a Filippo un carataggiungendogli la gloria dell' eloquenza , ornamento
si
dolce ed amoroso
si
,
proprio degli animi teneri ed inclinati
amore non mi è riuscito di trovarlo. A buon conto anche Leonardo si convenne con lui anzi il prevenne in dare al suo Filippo un carattere precisamente conforme al descritto e qualunque sia l'autorità che ispirò il pittore e il poeta, non poteano andare meglio d'acall'
,
,
,
cordo in esprimerlo nelle circostanze rispettive e coi mezzi rispettivi delle due arti ("). Tra i caratteri delle altre figure di quest'opera non ve n'era ancora
un
solo totalmente
amoroso che suggerisse
del protestare fedeltà, dell'offerire
animi
Che
conveniente.
sia
il
pure
se
fra
i
l'espressione finora intatta
all'artista
cuore e
la vitaj
caratteri
o simile altra che a
tanto
si
fatti
da Leonardo
qui
fin
uno
se ne riconosce di tal tempra , egli era quel di Giovanni , al quale da particolare circostanza era qui impedito uno sviluppo analogo alla sua natura. In fatd rivolgendosi Giovanni a Pietro che l'interroga con instanza, variati
per
altro
non poteva
allo
stesso
tempo
proteste di fedeltà e d' amore.
rivolgersi a Cristo
in
Dunque sebbene un
che a
convenisse., avrebbe potuto adattarsi benissimo a Giovanni
diede, perchè potè dargliene uno più confacente
che esprimesse
attitudine
atto
,
fatd sentir.ienti
si
il
pittore
non
gliel
suo scopo e nello stesso
al
tempo appoggiato alla storia serbando tuttavia nella sua fisionomia l' impronta d'un animo profondamente commosso, ma tenero, mansueto e dolcissimo. Rimanendogli cosi libero l'uso di un'espressione affettuosa senza alcuna mistura ,
d'ira o di vendetta, a ninno meglio
si
confaceva che
al
giovane Filippo. Ciò
si
palesa ben chiaramente nella sua attitudine. Contristato egli improvvisamente nel sendrsi annunziare vicina la perdita dell'adorato precettore,
doveva accadere per tradimento
d'
uno degli
eletd
la sua fedeltà e la costanza della sua amicizia. al petto
,
quasi volesse con
suo cuore lui.
;
tal
atto
o pure per esprimere
,
Egli
udendo ch'essa
pone entrambe
si
attestare la propria la
e
sorge per protestare a Cristo
innocenza e
sua prontezza a dar
l'
le
mani
purità del
anima propria per
Li questo secondo senso anzi più strettamente intendevasi un
almeno una
la
tal
gesto dagli
anime risedere nel cuore ("'); ed anche adesso, quantunque si creda diversamente, poniamo naturalmente la mano al petto per esprimere l' anima nostra nelle promesse e ne' giuramenti.
antichi che credevano l'anima o
Il Gallarati
sia in
atto
Sebbene ribili
,
sogna che cjuesto apostolo, da
di lacerare
quest' atto
oltreché
si
non
con una delle mani
delle
lui
le
creduto
Giacomo
costumasse dagli Ebrei in casi dolorosi è naturale
che ad esso
il
Maggiore,
vesd per dimostrazione di dolore.
s'
,
disperati
od or-
impieghi una sola delle inani
io5
non
è qui certamente rappresentato; chè
collo
quando
fosse,
il
male
si
accorderebbe
sguardo affettuoso che questo apostolo rivolge al Salvatore, e col resto che esclude ogni contrassegno di quell'entusiastico furore che spingeva
dell'atto
A cptesto errore del Gallarati circa questo apomotivo l'aggruppamento del paUio artificiosamente combinato a dimoprontezza e momentaneità dell" attitudine alla quale improvvisamente egli
gli antichi a simili dimostrazioni.
stolo die
,
strare la
compone
si
profilo, e
,
appena udita
scorta delle copie
Richardson
il
al
si
profezia di Cristo.
scorge nella ruina
dell'
la
Il
La sua
,
mezzo
a
il
)
per la
e per ciò che ne scrisse
colore del pallio è di
tunica a maniche ricche di pieghe,
un fermagho
è quasi di
testa
più che da altro
(
originale
principio dello scorso secolo.
volgare: azzurra è tenuto da
la terribile
doveva essere espressivissima per quanto
ma
strette.
un rosso
Il pallio
è
petto e scende ricco fino ai piedi.
MATTEO. Molti si sono accordati a chiamar Matteo questo apostolo non so se per la risoluzione dell' atto o per la niighore coltura dell'abito e de' capelli o, in fine, , per la meglio conservata tradizione dell' intenzion dell'autore. Il Pino, il ,
Gal-
larati e
il
demmo
al
Giornale di principio
,
Roma
danno un
gli
dalla nostra iscrizione.
nome, confermatogli, come veEgli è in atto di volgersi ai due
tal
ultimi commensali
che appajono immersi nella costernazione e nell'ansietà del dubbio inquieto e del sospetto e pare che stia confermando loro la fatale predizione che da Cristo udi pronunciarsi. Mentre però a quelli si volge col ;
viso
che
vede di profilo, a Cristo tiene rivolte entrambe le mani, e mostra chiaramente di che ragiona. Con un tal movimento il sagace pitlore, oltre si
la viva-
cità della
con
pronta espressione
artificiosissimo
cipale,
ottenne di legare
,
avvedimento
men
gruppo mirabilmente
,
e salvò
direzione di questa figura all'oggetto prin-
la
quantunque da esso rivolga
Vario da ogni altro, non
il
la testa (m).
che l'atto, è
il partito del panneggiamento. Egli ha una tunica celeste chiaretta, tendente al color di cenere; ed il pallio è azzurro con fodera di una tinta tendente al giallo alquanto
sparuto.
della tunica è ricca in alto
giù
,
e
,
legata verso la piegatura del braccio
La manica
,
d' indi
in
va restringendo sull'andare di quella che abbiamo descritta parlando dell'apostolo Bartolommeo. Scorgesi nel complesso di questa figura un carattere più colto che non è nelle altre, e si riconosce d'una condizione si
superiore alla
pescatoria o alle altre umili professioni apostohche.
abbiamo un gran vóto nella all'
arte della pittura.
storia,
almeno
Anche
in quelle cose
circa questo apostolo
che possono servire
,
TADDEO. 1 soprannomi e gli epiteti perpetui usati dai poeti o riportati dagT istorici onde distinguere personaggi che la storia o la poesia prende a descrivere non debbono essere trascurati dal pittore, siccome quelli che servono a rendere i
personaggi più chiaramente conosciuti, e che non di rado esprimono cose
tali
con vantaggio per
La ragione per
imitabili dall'arte del disegno.
più sono opportuni
lo
citi
simili aggiunti
rappresentazione, nasce dall'officio co-
alla pittorica
mune
dell'arte dello scrivere e del dipingere, di rappresentare, cioè, e quasi
porre
sott'
sembra che allorcjuando sua ottiene
il
tivi dell' arte
io
stesso
vocabolo lo
come
cosi,
e
scriveie
quando
e
,
,
Greci avean disegnare
(«s)
,
questi a vicenda potrà esprimere colle pa-
pittore esprime col disegno, ciascheduno, dentro
propria
i
il
pittore coli' arte propria giungerà a fare ciò che dalla
il
descrittore
il
role quanto
Se però
E
occhio le imagini descritte o imitate.
costume di esprimere con uno
otterrà
non dubito
,
mi dilungo alquanto
dietro
effetto
,
grande
i
e gloria
limiti rispet-
non
volgare.
avvertenze, non sarà, credo, tempo
tali
perduto e per l'opera ch'esaminiamo, e per l'arte di cui è
figlia
quest'opera,
metodo con cui 1" autore la condusse. Or Giuda, or Lebbeo or Taddeo -\'enue chiamato l'apostolo del quale qui ragiona, e fu grecamente cognominato Zclote (««) per 1' ardore del suo zelo
e per più addentro conoscere
il
,
si
verso
il
divino Maestro, distinzione ch'egli ebbe
che ultimo
gli
gli etimologisti si
zione non terzo
venne
Di
distinto.
mancano
nome
Tommaso che suona
stato
questi
comune col suo fratello Simone cognome di Lebbeo, secondo da fiamma, la rjual derivazione
o forse
soprannome da citi per la indicata virtù nomi di due lingue e di analoga significa-
escmpj nella storia apostolica
altri
primitivo
come vediamo
,
Cosi, se credesi ad Eusebio di
nome
dotti nella lingua ebraica, deriva
accorderebbe in parte col greco
dello zelo
un
siede vicino. 11 suo
Ui)
,
anche
Tommaso
fanno spesso supporre
e
non che
chiamossi Giuda, ed
come Didimo
lingua ebraica
in
,
in questo apostolo
nella
greca
,
in il
gli
altri.
nome sarà
aggiunto onde distinguerlo da Giuda Taddeo e da Giuda Iscariote. Pari-
mente Simone venne chiamato Cananeo che secondo alcuni suona come in greco Zelote, acciocché si distinguesse da Simone fratello di Andrea, il cpialc, ond' essere a vicenda distinto, chiamavasi Pietro e talora anche Cefiis e Bariona.
r un Giacomo chiamavasi fra loro distinti dai
il
nomi
Allorquando pertanto
Giusto e F altro
il
se
Cosi
non venivano
soprannomi non hanno veruna relazione a quelle può esprimere, sicno fisiche, sieno inorali il
non debbo tenerne conto
paese natio di Giuda
mono,
paterni.
cjuesti
personali qualità che la pittura pittore
Figlio del
il
alcuno.
traditore, e se
poco lume e soccorso avranne
la pittura.
Così se Iscariote
Tommetso indica
Ma
il
indica la tribù o
eli ci
il
nacque gemello,
contrario avverrà allorché cpesti
,
107
aggiunti porteranno indizio
di
come
,
che divei
qualità
tali
spessissimo
Zelori e
gambe
rappresentare Achille con
Omero
da
,
Giacomo il Giusto, o in attitudine fredcome egualmente lo sarebbe il
Figli del tuono
i
usati
F espressione il costume o la forma Quindi sarebbe errore pittorico il rappre-
sentare in attitudine esagerata e furibonda gli
quelli
sificliino
della persona che per essi è distinta.
da ed indiiferente
osserva in
si
:
tarde e pesanti
,
o
dipingere con braccia
il
Ijrune e con occhi piccioli Giunone.
Leonardo lento meditatore ed indagatore acutissimo
di tutto ciò
che poteva
renderlo più inteso de' caratteri delle persone che aveva prefisso di rappresentare^
non ha certamente uomini
dotti
soprannomi
minima
di
apostolici.
sia
,
materie
La cura
d"
,
ch'ei
per mezzo informarsi si
piti
tutti
gli
autendca e piena di quella che
lume
recargli cpialche
la
,
sia col
significato
soccorso degli
nomi
de' molti
di cercar notizia di ogni
argomenti delle sue opere,
che parlarono di lui; e
scrittori
vano cpianto attentamente
de" hbri
del
prendeva
particolarità che avesse relazione agli
confermata da fede
trascurato
simili
storia
le
opere sue
e
benché ci
viene
con
stesse,
abbia diritto di ottenere
,
pro-
considerasse le più minute circostanze che poteano
ei
sui veri
costumi e sulle forme de' suoi personaggi, o pure ove mancasse l'autorità storica. Con sì fatti
servir di guida alla sua invenzione
sublime a un tempo ed acutissimo ingegno dare tanta verità ed
studj potè cpiesto
individualità di espressione e di carattere così a ciò che direttamente ritraeva dal
naturale,
come
alle imitazioni di cui la natura non presenta alcun tipo proprio Però l'analizzare minutamente tutto ciò che a questa sua principale opera appartiene, non dovrebbe, a mio parere, recar tedio a coloro che intendono
e diretto.
ed amano
le
cose pittoriche
tanto più che le
;
scopo ciò che riguarda l'imitazione degli sione fu sempre da Leonardo considerata
mie ricerche hanno per principale e delle passioni, la cui espres-
affetti
come
la
prima e vera gloria del disegno.
Tornando or dunque al nostro apostolo che sulla fede della ho chiamato Giuda Taddeo, giova avvertire alcune cose che si sua parentela e che potrebbero fare ostacolo
all'
solita iscrizione
riferiscono
alla
adottata denominazione.
Nelle antiche leggende e non senza gravi autorità chiamansi fratelli di lui il Cananeo e Giacomo il Minore. Ora, accettando senza riserva questa fra-
Simone ternità,
si
può osservare che
di somiglianza
luogo quale
,
,
,
notare che vi è tra
sebbene
tra
Minor Giacomo
il
e lui
tranne la foggia nazarena de' capelli.
sia
possibde
essi ,
non
vi è riscontro
Potrebbesi
,
alcuno
secondo
in
una troppo considerabile differenza di età la è però ordinaria tra fratelli uterini né cer,
non
,
tamente sareblje da imitarsi in pittura se non cpando la storia espressamente lo esigesse, il che non sembra avvenire nel easo nostro. Si può aggiungere in fine
che
la
collocazione di questo apostolo,
sarebbe scelta con
cjuel giudizio di cui
tanto
lontano dall'uno de'
Leonardo
ripetè
fratelli,
non
prove solenni in ciascuna
delle figure di qtiest' opera. «4*
,
io8
Se pertanto queste difficoltà sieno tali da muover dubbio intorno alla denominazione di questa figura, o se per esse sia da rimproverare Leonardo di averla qui e non altrove collocata veggiamolo nelle seguenti osservazioni. ,
Primieramente, per rispondere all'argomento che ci oppone la dissimiglianza giova rammentare ciò che abbiamo visto di sopra, cioè che Giacomo il Minore rassomigliava a Cristo segnale
il
del bacio
perfettamente che Giuda
sì
l'
Iscariote diede agli sgherri
acciocché non accadesse scambio
tra Cristo
e
lui.
E
se
somiglianza non fosse stata singolare ed unica e non l'avesse notabilmente distinto dai fratelli non se ne sarebbero fatte si alte meraviglie. E se i fratelli
tale
,
avessero somigliato a lui e quindi anch' essi a Cristo
non sarebbe stata consiGiacomo o vi sarebbe pur qualche memoria anche della loro siccome vi fu di quella di Giacomo la quale parve stravagante e notabilissima in una parentela indiretta. Da ciò si può congetturare che Giacomo, se pure fu fratello carnale di Taddeo e di Simone, poco nel volto li somigliasse, come da essi si allontanava nell'istituto della vita solitaria e nell'estremo rio-or derata
miracolosa
si
la
,
somiglianza di
,
del costume.
Ma come
siccome nel vangelo vengono chiamati indistintamente sorelle le cugine o cognate
fraternità,
;
contano
ma non
;
l'altro di
Alfeo
bilmente
fratello
,
l'ultimo
e Simone
di
un Simone
ma come
pure fossero
fratelli fra
menzione
fa
erano mogli
si
scrittori
l'
,
al pari di
;
fratelli di
Cristo,
potrà verificare se loro
come erano
fratello di
poiché
figliuolo di
gli
tre se ne Zebedeo ,
e proba-
,
succedette nel ve-
questo da taluni non
questi
fratelli di
si pone tra gli Giacomo, Giusejjpe Giuda avessero, genitori comuni o ,
Cristo
delle sorelle di Cristo senza nominarle; ,
uno
diverso dal Cananeo che
vangelo di Marco dice
;
chiama
forse di Cleofa, cugino anch' esso di Cristo
scovado di Gerusalemme, e che Il
si
indica già di quale de' Giacomi egli intenda
secondo molti antichi e moderni
,
apostoli.
cugini,
i
,
Egli è ben vero che Taddeo nella sua epistola cattolica
Giacomo
fratelli
poco chiaramente apparendo la vera verrebbero a cadere, come la prima, anche le altre opposizioni. così
né
?
Lo
si
può giudicare
stesso evangelista
cugine o sorelle carnali de' quattro nominati discepoli.
parentado con Elisabetta e Zaccaria genitori del
Batista.
s'esse
Cresce
Non mancano
il
sorelle
Maria come a Giuseppe suo sposo, diverso naturalmente dal nomiDopo ciò ognun vede quanto sarebbe facile l'accordare quelle cuginanze che più accomodassero senza costringere a fraternità carnale.
e
a
fi-atelli si
nato fratello di Cristo.
Anche dice che fu della
intorno a Simone vi sono i
fratelli
tribiì di
non poche
ed imbarazzi. Teodoreto Giuda, e che Simone l'apostolo Beda credè da prima che quel Simone difficoltà
di Cristo erano della tribù di
Zàbulon o di
Neftali.
che dopo Giacomo fu vescovo di Gerusalemme di tal
ed
nome
altri.
Il
;
indi cangiò parere e
Klopstock
,
non
si
ritrattò.
Lo
,
fosse lo stesso che stesso fecero Isidoro
saprei dire su quale
autorità
,
lo fa
l'
apostolo
,
Eusebio
parente di
109
Giuda riscanote, se non è forse perchè questi vien cliiamato Giuda cU Simone. Per altra parte Simone l'apostolo fu, secondo
nella Scrittura
altri, uno de' pastori che alla nascita di Cristo furono avvertiti dagli angeli del luogo ove il Messia era venuto alla luce dunque si vegga di quanto dovea precedere in età a :
Giacomo il Minore, il quale non avrebbe altrimenti tanto somigliato a Cristo anche dopo la sua morte se non fosse stato o più giovane o almeno di pari età con esso lui. Anche il Sandini, che più chiaramente degli altri espose quanto potè raccogliere dai migliori autori intorno alle cose apostoliche afferma che soltanto de" fratelli di Cristo furono apostoli, cioè Giuda Taddeo e Giacomo; ,
due
qual cosa se fosse stata creduta da Leonardo , non sarebbe da lodare la posizione delle due figure che rappresentano questi apostoli, non atta ad esprimere la confidenziale amicizia di cui negli animi virtuosi è occasione la fraternità. la
,
Per
le quali cose tutte parrebbe più probabile che questi fratelli non fossero d'uno stesso padi'e, come diventa assai verisimile che fossero soltanto fratelH cugini, comechè chiamati sempre indistintamente fratelli nel vangelo, costume figli
Taddeo
seguito fors" anche da stiasi
cosa,
la
egli
è
bene
Ma comunque nel vero che anche presentemente chiunque si
nella citata sua epistola.
di osservare
volesse prendere la briga di porre in chiaro queste apostoliche parentele,
ne uscirebbe con onore, tanto è
folta l'antica oscurità di
queste materie.
non
E
se in tanta luce di critica qual è quella che nel nostro secolo risplende, e dopo i concilj che hanno tolto alla lettura de' fedeli un gran numero di libri apocrifi,
è ancora
tenebroso
si
argomenti
il
cammino che
si
quanto più lo doveva essere
onde scoprire
batte all'
la verità in questi
epoca di Leonardo
nella cpiale la , scienza, forse maggiore in alcuni, era poco suddivisa per potere in queste parti progredire, e mancava, specialmente nelle materie storiche , tradizionali ed anti,
quarie, di quella accurata critica della quale noi, deboli nel resto, assai opportunamente ci vantiamo.
Dopo e sopra
il
fin
qui detto, a giudicare e sopra
quanto nelle
credesse che
il
altre
figure
ha
la
provata diligenza di Leonardo
osservato
io sono di parere eh' ci suo Giacomo non fosse carnai fratello di Taddeo, ma beasi che
questi fosse fratello di
Simone
egli
che per
lo Zelote,
,
tal
ragione collocògli vicino. In
questo caso sarebbe giustificata la distanza del posto,
la dissimiglianza delle fattezze
e la diversità notabile della età che osservammo passare tra
Che
se si vuol credere ch'egli stesse
anche
Giacomo
e Taddeo.
in ciò all'autorità delle
leggende Malermi, che danno tre figli ad Alfeo ed a Maria figliuola di Cleofa, tutti apostoli, e sono Giacomo il Giusto e i due Zeloti, sebbene ninno di questi due venga mai chiamato figlio d' Alfeo nella Scrittura, allora crederei si potessero tradotte dal
accomodare l'esposte Per
ciò
che spetta
difficoltà nel alla
modo
fisionomia
,
in
seguente.
che Giacomo discorda dai fratelli si al suo somigliare a Cristo. Per ,
risponde con quanto già
si
è
detto
intorno
,,
I
IO
quanto concerne
differenza della età^ dovendosi dare a
la
o almen giovanile
nell'
anno
nascita di Cristo
della
Simone una
età virile
quindi quattro o cinque
,
pili di Giacomo è chiaro eli era in arbitrio del pittore di porre il fraTaddeo dentro 1" età di que' due in quel luogo che piiì convenivagli e considerati gli Zeloti compagni sempre ne' viaggi nell' evangelica predicazione e nel mardrio, non li volle di molto diversi di età, come, seguendo la tradizione
lustri
,
tello
,
,
e
i
soprannomi loro,
tere rigido,
due maggiori
fratelli
Trattato ripetuta
turalmente
li
si
visto,
il
l'
avvicinano
come
,
dispari
le
in
queste cose
la distanza alla
fanno
il
fratelli
,
dominante di Filippo, chiamava nel comun turbamento questo proteste ed ai giuramenti di fedeltà, l'amore unito allo zelo che
carattere
carattere di
Taddeo, dimandavano
l'inquietudine, la costernazione,
cerbato
all'udire
espressione per
1'
una espressione che annunziasse onde f animo suo doveva essere esa-
in lui
sospetto
il
prossima per tradimento
appunto
cendolo volgere alquanto
la
ruina dell'amico.
Ed
in c[uesta
Leonardo di rappresentarlo mirabilmente,
riusci a
fa-
vicino fratello, e col cenno della destra e col posare
al
della sinistra e col girare degli occhi in direzione diversa da quella
e coir r.bbassare gli angoli delle labbra al
contrario
quale fu posto dai
tempo di descrivere il carattere e 1' atto di cjuesto Zelote. amore il più intenso ed affettuoso che costituisce come abbiamo
apostolo alle il
carat-
il
da quello dei
è ormai
Mentre
fa
tanto differente
l' osservazione a Leonardo ben nota e nel suo persone di età e di costumi conformi volentieri na-
le
parmi sufficientemente scusata anche il minor figlio d'Alfeo.
Ma
Giacomo
di
e sopra
,
che
,
fece simili di carattere. Finalmente, considerato
aasterissimo
solitario,
,
diègli
un
atto
si
nuovo
e
della testa
si
conforme
suo scopo che a niun' altra cede questa figura in esprimere quanto sente, e
in far sentire e pensare
quanto esprime,
raddoppiassero sopra di essa
fatali
Lunga
^
barba
la
allo
spettatore.
ruina del tempo, pari
la e
cadeva al petto doppia
([uai
al
i
ritocchi
Catone di Dante,
di pel bianco mista
Portava ai suoi capelli somigliante
De'
Prima che
,
lista.
Ora quasi nessun tratto vi si scorge che si possa credere originale quantunque non sia giunto fino ad essa il pennello del Mazza. Ciò non ostante tanto ,
era
e tale
il
vigore dell'espressione in questa figura^ che forse
perdette nelle copie più autorevoli, /
r attenzione altre
di
chi
osserva
,
delle altre
me
segno per
evidente che in essa più che nelle
serbossi lo spirito del sublime autore.
Dopo
le riflessioni
stolo e nel vicino
due
1"
meno
più d'altre molte f ho veduta fermare
e
fatte
intorno
Simone imitò
zelanti seguaci di Cristo
,
il
sarà
alla
cura con cui Leonardo e
carattere ond'
bene
il
ebbero
il
in cjuesto
nuovo nome
apo-
questi
volgere lo sguardo dalf altro lato al
posto che risponde all'occupato qui da Taddeo per osservarvi
Giacomo
il
Giusto,
I
sia
o non sia per Leonardo fratello degli Zeloti. Egli
già notato, è assai
meno
turbato degli
secondo
,
perchè
tutti,
altri
principio di
il
virtù della giustizia
la
ond'ei prese
il soprannome, si accorda assai bene con un animo imperturbabile; e l'abbiamo in oltre osservato in atto d'interrogare, diversamente dall'iracondo Pietro, senza minaccia o alterazione considerabile, con eguale armonia alla sua
principale virtù. In
animi suscettivi di pronta perturbazione sono sovente
gli
fatti
dunque rpicsta istantanea buono non debbesi
in pericolo di ledere la giustizia:
tunque
sia
spesso indizio di carattere
,
nelle persone in cui la giustizia sia la primaria e caratteristica virtù
meglio d'assai
si
opportunamente
conviene
esempj
imitare
Di questo pericolo che
dall'atto dell'interrogare.
la giustizia sia
anche onesta, ce ne somministra due
evangelica, l'uno in Pietro che, sebben ottimo,
la storia
quale
alla
,
pacato desiderio della conoscenza delle cose, espresso
il
lesa dalla troppo vivace eccitabilità dell'ira
chiari
quan-
irritabilità,
dal pittore
avvilì
si
stranamente fino a rinnegar Cristo, l'altro negli energici figli di Zebedeo che, contro i principi del loro istitutore e dell'umanità, volevano invocare il fuoco celeste sui Samaritani che rifiutaronsi di riceverli ad ospizio.
Queste morali osservazioni non debbouo-parere troppo acutamente intorno a crederà favolosa tefici
se
la
cose
tai
E
speculasse Leonardo.
perfezione
chi
quale con argomenri
alla
a chi sa cpianto
sottili tali
aspirarono con successo, e di cui, sebbene le opere più famose
non
Agasia
descritte ne' ,
liljri
,
de' fratelli Rodiotti
abbiamo ,
di
esempj
sufficienti
Ghcone
nelle mirabili
Cleomene
di
,
giudicasse,
le
sottilissimi
e d'
i
greci ar-
non
esistano
sculture di
altri.
SIMONE. mi dispensa di Simone appartengono. Comunque
L'articolo antecedente stolo
intorno
ripetere in questo varie cose che all'apovarj
sieno
i
giudizj
degli storici e dei
Simone fratello di Giuda Taddeo, parrai cpii evidente aver Leonardo voluto fare due frateUi di questi due ultimi commensali. E come collocò vicini, sebben differenti di carattere, Pietro ed Andrea, c non critici
all'apostolato
di
divise che col Salvatore
i due Zelod non venissero disgiunti
dicazione e nel martirio,
di Zeljedeo
figli ,
ma che
eglino che il
sono
fin
non
,
era naturale
anche nelle leggende
Siede maestosamente questo apostolo nel luogo
occupa
veggano
dall' altro ,
lato
Bartolommeo
perchè poste di profilo
sembra dubitare
di aver
curioso e turbato, e
;
ai
sole
che anche
figure
due capi
i
due
solo furono indivisi nella pre-
di
tutta F
della
male udito, né trova chi
e nel calendario.
corrispondente a cjuello che
tra
opera che intere
mensa. i
si
Bartolommeo che
vicini l'informi, s'alza
sporge in avand sperando avere qualche spiegazione di ciò ch'eccitògli turbamento e stupore. Simone in vece, accertato da Matteo di cpiaiito asserì d Salvatore, rimane nelF angustiosa dubitazione sulla persona del si
•
,
112
traditore, e nella dolorosa credenza del vicino infortunio profetizzato dal Maestro. Entrambi questi affetti e di dubbio e di affanno sono ottimamente espressi in questa figura , consentaneamente a quel carattere infiammato di puro zelo che
come osservammo, di Cananeo.
ottennegli
I^a fronte
soprannome
il
calva aggiunge
apostolo che secondo le tradizioni era,
Ben gh
si
entrambe da
adatta
alla
le braccia, all'
e da
man
robusta veccliiaja di questo
come qui appare,
largo pallio che costretto a
il
sinistra rivolto
di Zelote, e nello stesso senso quello
maestà
mezzo
di tutti
il
più attempato.
petto, gli passa sopra
il
destra rientra a coprirgli le cosce e le
insù cuopre doppio
la spalla e
ricade
all'
gambe;
indietro con vaste
e ricche falde. Anche il sedile su cui siede Y apostolo rimane in gran parte coperto dal volume del panneggiamento. Leonardo raccomanda più d'una volta di vestir largamente i vecchi e con panni di moderati colori alla età e gravità loro convenienti. Il colore di questo pallio pende in giallo nelle parti illuminate ,
,
ed
m
rossiccio nelle
dt quel
tempo
ombrose,
tinta di cui
sono frequenti
e più ancora nel secolo seguente
gli
esempj ne' dipinti
in cui questi
moni
cangianti
portarono ad abusi ammanierati e bizzarri, e screditarono l'arte antica che li trattò con avvedimento e moderazione. La sua tmiica è bianca ed ha le maniche si
ricche e larghe,
Le mani
ma non
finalmente
quanto quelle del Salvatore e di Giacomo
non possono meglio accordarsi
il
Minore.
colf espressione delle altre
parti tutte di questa dignitosa figura.
Ecco dunque chiusa
Simone questa scena singolare
in
abbastanza ammirare Y ingegno
dell'
tanta varietà nelle forme, negli
in cui
non
si
può
autore in trovare ed autorizzare colla storia ne' moti e nelle passioni, e ciò tutto in
aiTetti,
argomento per sé sterile e monotono che non permette varietà di stature , nè di sesso , nè altri ajuti dell' arte. Se ricorriamo di nuovo con l'occhio i singoli attori di quest'opera, cominciamo ad osservare in Bartolommeo inquietudine perturbazione e curiosità di schiarimento intorno a ciò che pargli per avventura avere trainteso, e su di che vuol essere confermato da Cristo stesso e non da altri. Giacomo il Giusto più ,
pacatamente interroga quello raviglia e stupore
Giuda
tra'
che crede più atto ad informarlo.
vicini
comprendono Andrea.
stupefatto d'essere scoperto
Pietro
interroga
ricompone con
si
Giovanni dolente volgesi a Pietro che
l'
con
affettazione
ira
Me-
e minaccia.
ed impostura.
interroga , e lascia così maggior
campo
e trionfo alla figura principale. Cristo mansueto e grave mostra e c[uasi dissimula dolore profondo che nulla toglie alla sua bellezza, grandezza e maestà. Liorridisce Giacomo il Maggiore giura vendetta Tommaso protesta amore Filippo. ;
Matteo conferma dolente bita
i
detti del
;
Redentore; Lebbeo sospetta; Simone du-
(>9).
I segnali di queste morali situazioni,
si
naturali nella circostanza e
samente variate, non possono essere più evidenti negli
atti
e ne' volti:
si i
artificio-
moti non
ii3
possono essere né più pronti, né meglio a reciproco
forme
Ma
il
sono belle e
tutte in fine
scelte
pregio che, a mio parere, non
carattere impresso da
Leonardo
si
effetto posti in contrasto; le
per quanto simile argomento
può con
il
comporta.
lodi sufficienti erpiiparare, sta nel
in rpieste figure le quali nuli' altro fuor
mini galdei ed apostoli possono acconciamente rappresentare.
Ed
in ciò
che uo-
veramente
Leonardo pareggiò gli antichi e fu superiore ai primi luminari dell'arte risorta; perché Raffaello stesso ( non che altri, sehben grandi, dell'epoca posteriore) trascurando sovente cr improntare nelle figure questo carattere proprio ed individuo che ciascuna da ogni
dono con
altra distingue, fece talvolta degli apostoli
filosofi greci,
ed a vicenda de'
In prova della quale asserzione, lasciando
che
che possono passare
filosofi
confon-
si
p.er apostoli.
trasformazioni fatte da pittori
le
non
volgari delle sue Psichi in Maddalene, e di molte sue deità gentili in profeti e
che
sibille, voglio
nella qtiale
non
indótte per gli
parvero
basti
il
solo
esempio della per
,
stesso Vasari angeli
allo
altro mirabile scuola d'Atene,
ed Aristotile furono presi spesso da persone non apostoli Pietro e Paolo ma varie figure di giovani e di vecchi solo Platone
ed
evangelisti.
DEL LUOGO DELL AZ IONE. Di
grandissima dignità, dice Leonardo,
è
il
discorso de'
spesso e sottilmente ne ragioni nel suo Trattato, egli
ralmente, e più che per altro, serbate certe leggi
,
minare questa parte del quadro luogo dell'azione , pel quale la
tradizione
cipale
,
il
costume e
della sua storia.
osservare
il
per riguardo
possono arrecare
E
il
le
alle
al
rilievo
il
ed
,
,
sotto
c[uesto
jjunto il
di
giova
vista
qui
sjiecialmente
lettore per gli altri particolari a
la storia
recar meraviglia che
non
intorno agli augusti ci sien
giunte infor-
luogo in cui avvenne l'azione in esso quadro rappre-
Dagli evangehsti non si sa piti oltre se non che cena cogli apostoli in un gran triclinio che a tal uopo fn e da Giovanni in casa di un incognito loro amico. Questo Sion ed è ne vangeli replicatamente chiamato Coenaculum ,
,
non basta
giovamento che,
non solo debbe aver cura di seguire in quanto può circostanze accomodando il tutto all' oaa'Ctto nrin,
non dee
sentata.
ciò
al
pittore
,
mazioni chiare circa
ma sebbene
Noi abbiamo debito di esacome campo in generale ma come
quanto ne dirò ragionando della mia copia. Se tanto povera di notizie confusa e tenebrosa è cfuadro,
(i») ;
figure.
fondo del Cenacolo, rimettendo
attori del nostro
campi
considera soltanto gene-
li
a darci idea né della sua decorazione
né
Cristo fece
l'
ultima
preparato da Pietro
luogo era
sul
monte
grande stratum
;
ma
della sua forma. I teoioni
antiquarj attesero a lungo ad indagare a chi cjuesto cenacolo appartenesse, e poco del resto curandosi, niun soccorso prepararono alla pittura. Chi fosse curioso di
conoscere
le loro opinioni,
può leggerle nel Quaresmio
e
negh
autori eh' ei cita.
,
114
L'Adricotnio che compose una specie d'indice architettonico dell'antica Gerusalemme sotto r articolo Cosnaculum memora i fatti importanti ivi accaduti ,
ma
,
nulla dice della sua figura. Santo Brasca che pvtbblicò in Milano
Terra Santa, forse allorquando Leonardo
di
1481, nulla lasciò
non dicendolo
che
scritto
gli
disponeva
li
altri
mente
autori.
messero
L'Amico
nel suo
oscurità in cui ci lasciano
come
e dall'Amico,
pari-
Zuallardo, sono informi anzi ridicole, e quand'anche esprivero, sarebbero inutili al pittore. Vi si notano i luoghi dove si arrostì
il
D'
dove
mangiò, dove scese
lo Spirito Santo, dove mori la Vergine e cose sembra per molti storici che questo luogo venisse da prima un tempio edificato da sant' Elena; di poi fosse convertito in un consi
altra parte
rinchiuso in
vento; in appresso di nuovo in una chiesa giamenti, sebbene
non
suo Viaggio
le figure dello
l'agnello, simili.
il
suo lavoro, cioè nel
nostri frati minori.
non diminuisce le Le piante che abbiamo dal Quaresmio
Trattato degli edifizj di Terra Santa
^li
al
potesse servire, nè lo descrive altrimenti, se
suo tempo chiesia de
al
si
si
;
indi in
che un privato edifizio d'una
è probabile
resistesse alle ingiurie delle guerre e de' secoli
antico privato edifizio in tutta
Dopo
potè averc
Roma
parmi da credere che
ciò ela
ancor vigente
;
e
dopo
tanti
can-
,
città
qual
era
mentre non
,
vi è
Gerusalemme, orma di verun
maestra della solida architettura.
ad onta delle informazioni che Leonardo
Santo Brasca e ad onta delle altre relazioni de" pellegrinaggi
luoghi, nidla con tutto ciò per
al
scritte o verbali che l'uso Terra Santa poteva fornirgli intorno a quei
in
trovasse di abbastanza
sussidj
degno d'essere Quindi opino ch'egli siasi attenuto vangelo, col metodo che osservammo da lui praticato nelle parti
seguito per merito
semplicemente
un palazzo
volesse supporre religiosamente rispettata l'antica struttura,
tali
d'autorità o di
forma.
più importanti della sua composizione,
Dal vangelo pertanto sappiamo che contenere centoventi persone
mero ancora
i
il
primi cristiani vi
luogo era grande e che fu capace ài che in maggior nuadunassero in altre occasioni. Sappiamo in oltre il
di della Pentecoste, e semljra si
ch'era ornato, e pare appartenesse a persona facoltosa; in che gli antiquarj si accordano, come si accordano, ignoro su qual tradizione, iu asserire che non
colonne dalla qual cosa non dissentono le antiche icnografie e ne abbiam cenno nel Trattato del Lomazzo (j.). Su cpeste sole autorità appoggiò Leonardo l'invenzione del luogo della sua storia, e fece una gran sala ad angoli vi erano
retti
che
,
si
vede
,
sulla linea della sua
lunghezza
dare idea di una gran vastità in poco soffitta
a travicelli
ornamento. Sotto
spazio.
che incontrandosi formano
la soffitta
;
mezzo con Questa
sala
de' lacunari
girano due fasce d'architrave.
Le
cui
il
jiittorc
è coperta
quadrati
può
da una
senz' altro
pareti laterali sono
decorate di tappezzerie a grandi quadrati incassati alcjuanto in esse pareti, e veggonsene quattro da ogni lato. Fra l'uno e l'altro di questi quadrati sonvi certe aperture,
non
saprei
ben
dire se di porticine, di piccole finestre o di ripostigli.
Neil' originale queste vennero scancellate affatto
solo dalla parte luminosa del Indicherò altrove donde le lio e a qual uso probabilmente servissero secondo la mente dell'autore. Nel
quadro ne traspare ancora tratte
mezzo del fondo
bel
ornamento
per
,
vista del cielo
Le
la
sereno e delle montagne che
è distinto di fasce
lunghezza della
pavimento ove
e
i
riflessi
che concerne
CIÒ
che seguono
Tali
sala.
in rosso d' ocria
ombre
le
Per
di stipite, e
porta
tappezzerie sono ornate di rabeschi di
pavimento la
come per
,
;
fasce
non I il
,
si
un la
pendono
le pareti
:
indizio.
una porta ornata
avvi
le quali
sufficiente
due
finestre senz' alcun
viene rallegrato
il
campo
perdono nel lontano rosso gentile in
dalla
orizzonte.
campo
verde. Il
distribuzione de" travicelli secondo in giallastro
chiaro macchiato
in fine e la soffitta in
;
il
cenerognolo chiaro,
alterano.
costume, nella
solita oscurità intorno alla forma de' Ebrei, accontentossi Leonardo di dare al suo una tale architettura che non avesse troppo del carattere greco o romano. A tal fine escluse ogni ordine di colonne, accordandosi in ciò cogli antiquarj che sopra ho indicati. Abbondò poi nelle tappezzerie, seguendo fuso degli orientali ed anche
tnclinj
degli
'
la
sacra
tradizione
circa
abbiamo osservato avere si
81
la il
ricchezza
del
padrone del luogo.
E
nostro autore ne suoi apostoli impresso
cosi
un
come
carattere
proprio che, quanto in cpteste figure riesce a meraviglia, poco opportunamente adatterebbe ad altra rappresentazione, parmi lo stesso potersi dire della sua
scelta del
male ad
luogo dell'azione in che mantenne un carattere sì analogo al resto, che storia converrebbe la quale non fosse ivi accaduta. E mentre i molti
altra
cenacoli di varj autori per altro celeberrimi, tura
si
confondono con
non supera
triclinj
pel fasto e pel
greci o romani,
il
modo
modesto Cenacolo
dell' architet-
di
Leonardo
fortuna o la scienza architettonica degli Ebrei di quell'epoca. Né cura minore pose Leonardo alle circostanze della sua azione. Sebbene ci consigli sovente copia , ricchezza e varietà in tutte le parti delle composizioni la
pittoriche, servì qui
con ingegnosa sobrietà alla gravità dell argomento. Col cielo che dalla porta più largo si vede, fece campo alla sua figura principale e la
rese
così più distinta e cospicua.
Colla posizione della
sua
mensa secondo
la lar-
ghezza della sala, oltre 1 idea che, come già dissi, collo scorciare della lunghezza potè più facilmente dare di luogo vasto e capace, allontanò d'assai la porta da' suoi attori, e facendola
comunicare con luoghi che non appajono nè colti nè solitudine che la sua scena esigeva. Nell'orizzonte non si veggono distinti nè alberi nè edifizj. Tutto spira quella quiete che regnava sul Sion e che, secondo narrano gli scrittori sacri, fece a Cristo preferire quel luogo per la celebrazione de' suoi principali misterj. abitan,
fe'
meglio sentire
la libera
,
iiG
DELLA MENSA E DELLE ALTRE PARTI ACCESSORIE. Gli
moderni hanno qui campo di far mostra di dottrina antiquaria, e di accusare Leonardo di aver tradito il costume e la storia. Egli ha osato fare i suoi apostoli seduti a mensa, e non a giacere, come dalle proprie parole della eruditi
Scrittura
si
può giudicare che
stessero nell'occasione
c[uadro. Il Lazzarini
(3»)
manza
specialmente
del giacere
,
taccia in generale nell'
che
argomento del nostro
fa
che non seguono
pittori
i
uhima cena
di Cristo
tale
costu-
e crede quasi im-
,
possibde, se non isconcianiente, che l'apostolo Giovanni venga rappresentato in
dormire appoggiandosi
atto di
petto del Salvatore
al
non
facciano sdrajati sul
letto.
Io
combinazione di
tal
atto,
mentre,
fare sul naturale,
abbiamo non pochi
oltre l'osservazione in
tanto più che al suo
s'
egli
talora
tempo era
grande
si
per ciò che spetta
non prende
a considerare
al
che
il
Giovanni Maria Ciocchi
il
,
mensa
può
vede nella tavola altrove
dia pur ragione al Lazzarini,
si
seguirlo
troppo scrupolosamente può
Né
dell' arte.
gli
quale trattando
voglio che
si
valuti
argomenti per altro ingegnosi
espressamente di
proposito della cena
in
settimo della sua Pittura in Parnaso
tale
di Cristo,
questione
nel capitolo
pretende dimostrare che gli antichi per sopra panche o sedili, e che non giacessero altrimenti sui se non le persone più molli delicate e lascive. In una copia eh' io tengo
costume letti
altri si
si
Giovanni senz' alcun
deviazione dalla buona strada nella
la
nuocere a cpialche parte più importante
del giacere o sedere a
si
costume, che non è da fargli aggravio
in conto alcuno l'autorità del Bellarmino, nè di
contrario che
antichi quadri ne'cjuah
mal garbo riposa in seno di Cristo, come fra gli citata di Gaudenzio da Varallo alla Passione. ]\Ta pittura, in ispecie
cpalora entrambi non
,
so perchè egli trovi tanto dilEcile e strana la
,
vi sedessero
,
leggonsi molte erudite prove contro tale opinione scritte di del dottissimo Anton Maria Biscioni ma maggiori e più chiare le ab-
di quel suo libro
,
pugno biamo dai migliori
:
monumenti che
classici e dai
dall' epoca delle postille del nel lyaS sono cresciuti notabilmente, e sono anche meglio spiegati nelle tante opere classiche d' antiquaria onde è illustre lo scorso secolo
Biscioni
scritte
,
come
l'
Ercolanese
,
quelle
d'
Le" spiegazioni poi
Ennio Quirino Visconti che
,
cpelle
Winkelmann
del
Ciocchi vorrebbe dare dei verbi accumbere e discumbere, provano che non avea molta pratica degli antichi scrittori, nè coe
d' altri.
nosceva molto addentro cririca e
il
la latinità
povertà di cognizioni
si
:
Leonardo non debbonsi prendere nè da il
seguirono nella sua opinione
vera ragion pittorica e dalla
,
sue ragioni dimostrano in lui poca
le altre
pittoriche
mentre
lui si
come ,
anticjuarie.
nè da
possono
assai
Però
che
le
difese di
prevennero o meglio desumere dalla
cpielli
il
filosofia.
Allorché una costumanza importante in un' opera di disegno
,
oltre
l'
essei'e
d'assai lontana dalle ordinarie, è fuori affatto della notizia volgare, in vece di
117
piacere qualora
tlar^
pittore
il
la
segua
,
apparirà stravagante
e
sarà
sovente
cagione di riso e ne' più moderati argomento di nojose interrogazioni che distruggono l'effetto dell'arte. Quindi in casi simili è dovere del pittore
tutto
l'acco-
modarsi all'opinione generale quantunque erronea; e così fece Leonardo, cui di commuovere per dilettare ed istruire moralmente, non di erudire in freddure, distruggendo quel die l'arte ha di meglio. Giudico pertanto ch'egli ciò
premea
facesse a disegno, e
H
esigesse.
de'
non senza aver prima ponderato
sapere che
Romani, non
giungere fino a
è
sì
gli
se cosi o altrimenti l'arte
Ebrei cenando giacevano sui
recondita erudizione, nè
si
letti al pari de' Greci e lontana notizia che non dovesse
che pur tante cose sapea bene, e modestamente solca chieteniea- d'ignorare. Dunque è da credere ch'egli avrà benissimo saputo che gli apostoli stavano al convito in altra forma che quella da lui scelta, perchè generalmente nota e ricevuta; ma sapeva altresì che il pittore debbe dere
lui
altrui quelle
rifiatare
faecia
che
pennello a guel vero che, per usurpare
il
menzogna, o che
di
senza colpa
,
s'egli vorrà fare
la frase
altrimenti,
del nostro poeta,
quantunque nel
ha
resto
verrà biasimato.
Giova aggiungere che sebbene presso ed
gli Egizj
degT Iddìi
i
e
Greci
,
di noi non vi fossero, come già presso delle leggi destinate a prescrivere alle arti imitatrici le forme
modi
di rappresentare i principali mister] della religione pure parte per la tradizione, parte per la venerata autorità delle antiche imitazioni, i
;
comeché arbitrarie, si è stampato a poco a poco nelle diverse imaginative deoli uomini un idolo di tali cose si fattamente uniforme, che ogni idiota, senz'avere a lungo posto mente ad alcuno speciale ritratto o a storico qualsivoglia lavoro
di disegno, riconosce a colpo d'occhio le fisionomie di Cristo, di Pietro, di Giovanni, e le imitazioni delle principali storie evangeliche o bibliche. Da ciò nasce di necessità che se l' imitatore non seconda nelle sue opere questo idolo
volgare
scolpito in tutte le fantasie,
perchè non sarà
fetto,
prù
non potrà, anche bene operando, ottener buon efinteso dalla generalità; e cpand' anche si avvicinasse di
vero reale e storico combattendo fuor di pi oposito cpiel vero icastico insieme ed ideale che l'autorità antica imprime profondamente nelle menti umane, sarà biasimato o tenuto in non cale. Così un oratore dottissimo che egregiamente al
,
concionasse, in vece di
ma
con parole note a pochi e con modi fuori dell'uso comune,
commuovere l'assemblea,
fiirebbe ridere o sbadigliare.
Nè e
il
gono
dee recar meraviglia che questi due veri che abbiamo distinto, l'ideale reale, sieno spesso fra loro diversi, specialmente nelle cose che appartenalla nostra religione.
antiche
presentati Gentili
,
È
anzi naturale che le sacre rappresentazioni, sebbene
sieno sovente lontane dal vero
,
,
perchè
il
non permise
modo nel quale avvennero i fatti rapcristianesimo essendo fondato sulle ruine dell' idolatria dei le
imagini se non molto tardi e non senza gravi difficoltà Ed essendosi in oltre assai più tardi permessa la
di guerre e di persecuzioni.
scultura che la pittura
(
perchè furono
due
strane differenze fra queste sola), periti arti
ci
lo più
a'
le
più antichi e più
i
rimane, è
assai
arti
fragili
costituite
sorelle
per timore
,
cpantunrpie in
,
monumenti
tendei e che a que' tempi in cui l'arte era caduta,
costume
di
le storie della
mobili in tutto
ma
,
religione?
tali
ma, per
Come dunque
indicato
per natura tenaci di ciò che cpiell'
avrebbe condotto
l'
studio
arte a rappresentazioni
appartiene
alla religione
maestra e
la
della natura
diretto
l'im-
E
?
idolo uniforme che più sopra,
o no partecipi del volgare pregiudizio.
notabilmente ritardato lo
monumenti
come poter impedire
produrre in quelle rozze fantasie,
divenne necessariamente in appresso
,
artefici, fossero
pre-
rappresentassero con verità
altra parte,
monumend dovcano
intanto cpiesta impressione, per cui nacque
ho
si
d'entrambe
ed appartiene per
imitati,
fatti
delle
,
sieno un' arte
della pittura, quanto
lontano dalF epoca de'
secoli della più crassa ignoranza e della barbarie.
pressione naturale che
d' idolatria
fatto
Da solo
,
guida degli
la
tale necessità
perchè
diverse da cjuelle
che
i
tale
venne studio
più antichi
e le tradizioni aveano impresse nelle menti degli uomini. Cosi quella
per cui rinacc|uero e furono a lungo nutiite le arti d'imitazione, opponeva stranamente alla loro perfezione e ne ritardò di cjnalche secolo il conseguimento presso gl'Italiani e presso i Greci, come pare lo impedisse del stessa religione,
si
tutto presso gli Egizj.
preparare pertanto
Il
le fantasie
volgari a notabili cangiamenti in fatto di re-
ligiose rappresentazioni, è opera di molte età. Giotto
colla scorta del divino
Dante che anch'
fu ottimo disegnatore
senti la necessità d' imitare
gl'idoli fantastici italiani.
Ciò non ostante
sentazioni
;
prima d'ogni
direttamente la natura e
poco
scostò dagli antecessori nelle sacre rappre-
ei di
immensa
si
spintovi dall' obbligo di variare cui era
delle opere
dalla rara
e
fecondità del suo genio,
avvenne con poca sua lode e
La
sua scuola preparò quella degli Orcagna, poi altre di ricchi e
nate
che
culto
al
istruirle
Ma
1'
con rimprovero
talora
pittorica verità.
al
Ma
neppur
il
,
è
ben
altro
,
far
egli
meravigliare istruì
in
fatto i
meravigliare
miglioramento
dell'
i
cjuesta
parte
;
e
Donato
imitazione
delle
1'
prove
;
,
a cpielF
ma
Michelagnolo e e
il
Ghiberti
eccellenza del
figure
ed
contemporanei
posteri, e cpali posteri!
confermarono bensì con nuove opere mirabili
ma
e piacevoli
,
aveva non solamente
che
inventori
costume e renderle esigenti in questa delicata parte della
l'avesse interrotto nel fiore dell'età e nel vigore delle sue
sciato di
lieti
La totale rivoluzione del modo di studiare e di vedere, per quanto umana doveva operarsi dal gran Masaccio se la morte non
spetta alla figura
egli già
d' irreligiosa bizzarria.
assuefare le fantasie volgari a tollerare nelle tavole desti-
ed anche ad amare degli episodj bizzarri intorno
non
s'imitavano prima di lui dai maestri greci ed
ciò
per quel tempo.
altro, forse
per tesdmonio di Leonardo Bruni
men male
e se ardi talora scostarsene,
dalla copia
astretto
,
che più o
egli
e delle
e
epoca
aveva
la-
Raffaello. il
Lippi
nuovo metodo
passioni
,
umane non
119
portò nessun sostanziale cangiamento sacre istorie
e solo fu permesso
;
cura nessuna del costume
d'uopo del corso
se fu
modo
al
modello
ed applaudito F arricchirle a capriccio senza con danno del carattere e del decoro. Che
di più secoli per
è da credere che molto
,
di rappresentare le
e spesso
,
condurre
imitazione de' corpi umani e de" loro accidenti il
già ricevuto
ai
disegno
le arti del
alla retta
pur sempre presente
de' cjuali era
maggiore periodo dovesse essere necessario
per condurle a rappresentare rettamente spesso male descritti, e intorno
,
della storia lontanissimi di
fatti
i
cjuali la
comune opinione
tempo,
era pregiudicata
da antichi, cjuantunque pessimi, pur venerati monumenti. Intanto la ricchezza, le scienze e la filosofia cominciavano a sostenere e ad istruir l'arte, in Toscana sotto
il
Cosmo
vecchio
bardia sotto
gli ultimi
in
,
Roma
Viscond e
i
sotto
i
papi che
la
riedificavano
Ma
in
qucll'
primi Sforza.
tava dell'aureo secolo ch'era per nascere, e le scienze e la filosofia
devano che
alle
indagava già stimati
cose morali-,
volgo e degli
non potè contribuire
dell'arte,
artefici.
pregiudizio intorno
Il
rinforzato da opere eccellend per gli
al
l'arte osava
si
i
adattava all'opinione
Lom-
non
atten-
erudizione che pure
non abbastanza
dispersi e
a correggere
gli
errori
del
costume, in vece d'esser tolto, fu
altri lati dell'arte,
Aristotile e Virgilio col lucco fiorentino o in
parere strano,
e la
trascurando per anche
tutta l'antichità,
monumenti
teologiche,
e
civili
in
,
aurora che spun-
e spesso
si
videro
Omero,
abito da dottori, e ciò, anzi
generale e la
confermava.
che
Tanto meno
ancora di allontanarsi dai modi vecchi di rappresentare
i
misterj e
e rimasero a lungo sacre e quasi invarialjili le attitudini delle Nostre de' san Rocchi, de' san Bastiani e degli altri eroi della religione che più
le visioni,
Donne, comunemente
si
pard accessorie,
offrono all'adorazione de' fedeli. Cosi, ad onta della varietà nelle si videro quasi sempre le stesse disposizioni di figure ne'Presepj,
nelle sacre Famiglie
,
ne Crisd
in quella età eseguite.
che in
tutte le a^nriche
,
soltanto
al
altre
storie principali
vero ideale del volgo
fa si
sempre un embrione delle nuovi ornamenti ed ardfizj e
cpiasi
arricchite di
;
riguardo non sarà senza torto nostro ed ingiusto aggravio di quegli anmaestri 1' accusarli di poca originalità d' invenzione , giacché presso loro ,
un
debito
non possiamo
l'
accomodarsi
alla
tenace universale opinione
a ragione tacciarli d'introdurre
nelle sacre storie, perché ciò veniva
Ma
dell' arte
tal
tichi
era
o deposti, e nelle
rappresentazioni trovasi
composizioni susseguenti per
crocifissi
Questo rispetto
sovente
;
come similmente
d'uomini viventi comandato da coloro che pagavano le opere. ritratti
Andrea del Verocchio. Egli era filosofo e conosceva disegno per ragionevoli teoriche e per abbastanza lodevole praprimo rinnovò l'arte inventata da quel Lisistrato statuario^ fratello
finalmente apparve
tutte le arti del tica.
Egli
i\
di Lisippo
,
quella, cioè, di formare
anche per essa non poco di rilievo. Sì per lui
i
corpi vivi con cera o gesso, e contribuì l' imitazione , specialmente nelle cose
a perfezionare
come per
gl'illustri
ingegni che
il
precedettero, lo studio
120
della natura
s'
derisi coloro
che operavano di sola pratica seguendo
sempre
era di
renduto generale in
già
de' fautori più ostinati,
tutti
buoni maestri
i
il
ed erano metodo antico, che trova ,
quanto più. è lontano dalla ragione. Ma, ad onta
non si era per anco conosciuto il bisogno di rappresentare col disegno le cose, come l'erudizione insegnava ch'erano avvenute, e ciò era in parte riserbato alla imova scuola di cui Raffaello doveva essere il fondatore in Roma dove 1" abbondanza de' pubblici antichi monuinenti avea predisposte le di tutto questo,
,
,
fantasie a cpesta utile rivoluzione.
Intanto fino cui
un
all'
epoca di Leonardo non
rappresentassero antichi
si
per porsi a mangiare sareljbe
letto
assolutamente ridicola. Al contrario
ciascheduna
Cena
i
convitati
,
vedevano
anticlii
che non solo rappresenta
ghezza della mensa
Leonardo
(").
tutti
sopra panche o sgabelli,
di Firenze,
e
nelle
sedenti
apostoli
gli
su di una linea
al
modo
di
pochi che
parmi evidente che sarebbe
stata
,
un
a
gare una meschina erudizione e
una vera stravaganza
ma
li
di presso coinè si
se
ed in
si
trovano
duomo
di
mostra nella lunli
dispose
sedesse, e appena tutto l'esposto,
Leonardo
freddo giudizio di pochissimi
il
ma
come vedesi
molte che
Dunque, dopo
giacesse.
si
in
disegno e specialmente di
di
In fine era opinione generale che a mensa
poteva esser notizia
nuova,
solo cosa strana e
più sovente l'ultima di Cristo,
e
,
e una figura sdrajata su di
;
sopra tutto nell'antico bassorilievo del
e
,
non
stata
assisi
Croce
di Giotto a Santa
miniate ne' codici
Lodi
si
monumento alcuno noto
vi era
lettisternj
molte opere
,
rappresentavano cene sacre,
pitttu-a
nella
o
triclinj
,
,
per appa-
avesse nella
sua grand" opera posposto e sagrificato l'opinione universale, perdendo
l'effetto
dell arte nelle parti primarie e più sacre dell'imitazione.
Nondimeno, ad onta sia
di
quanto ho forse troppo diffusamente addotto, sembrami
bene che quegli uomini grandi
opinioni volgari verità.
Ma
sforzino
si
,
di
nelle arti d'imitazione ciò
comune
lontanarsi dal pensar
,
i
si
possono con
quali
cangiarle
non
appunto
il
gli
contrario
;
influire
si
dee fare che allorcjuando,
perchè volendo Leonardo
Nel caso nostro poi avveniva come altrove vedemmo com-
,
,
animi coU'imitazione delle passioni espresse per moti pronti e vivaci,
Orazio descrive
tal
né espressione nè e per
il
la
coli' al-
(34).
se avesse dovuto far giacere le sue figure e farle rimanere cubito presso
tenere
sulle
giunge ad ottenere uno sviluppo più vantag-
gioso delle forze dell'arte nelle sue parti migliori
muover
diritto
ove queste siano in contrasto colla
positura vita
,
non avrebbe potuto dare ad
,
o almeno
sarebl^e
stato
esse
,
come
nè prontezza
notabilmente impedito di ot-
suo intento, e ciò per darsi a seguire una costumanza dismessa, ignota, generalità ridicola ed incredibile.
figure in iscorci stranissimi,
Si
sarebbero in
come ne sono prova
i
oltre vedute
pochi cenacoli cosi
molte
trattati,
non escluso quello di Niccolò Possino i quali scorci a ragione disapprovati da Leonardo nel suo Trattato sono spiacevoli sempre ma sono tanto più ingrati ;
,
,
,
,
e da fuggirsi in argomenti gravi e maestosi, ed in figure nelle quali imitare
che Leonardo nella sua opera
sentimenti
i
mente ed
sua mano. Se pertanto dietro
alla
operato secondo
la
ragion pittorica e la
per seguire la volgare opinione,
Ciò che ho detto per accessori
non
E ha r
e pel
volevano
si
per segno
*^S^i
all'altrui
può
di starvi,
fu
discrezione dirsi
nostro
dal
sua
alla
abbia o no bene
posponendo l'erudizione
filosofia,
modo
principi
tali
ne lascio
ogni stravagante novità
"e' quali
'
mensa
la
io
pose
per
storica
giudizio.
il
tutti
gli
altri
autore sfuggita per
distrarre l'animo de' suoi spettatori dall'oggetto principale.
giacché da lieve argomento
ci
siamo condotti a ragionare dell'obbligo che
seguire le opinioni generali e volgari
artefice di
piacerai aggiungere a tale ed osservazioni che gioveranno a dichiararla esempio della poesia che la può confermare.
proposizione alcune e ultimamente
1'
,
distinzioni
Ciò elle chiamasi volgo che giudica delle arti d'imitazione, è un volgo diverso da quello che comunemente per tal nome si vuole indicare e debb' essere ,
norma
diversa la sua influenza sulle arti, a i
tempi,
costumi e lo
i
Deesi per un quali
norma
dar
alle
arti
Quanto più
,
come
secondo
è soggetto
civile delle nazioni.
le
arti
d"
pluralità
la
imitazione
ma
;
delle fantasie,
,
per
le
non ha oltre un
questa pluralità
invenzioni degli artefici, se non dove esiste,
temperamento nazionale
generale alle
cangiamend cui
volgo giudice intendere
tal
operano specialmente
dritto di felice
stato
de'
un sentimento una cultura ed una educazione un tempo e in varie epoche fu in Italia. ,
già in Grecia
meglio educate saranno le fantasie, migliorandosi dentro
colte e
esse gl'idoli de" tipi dell'imitazione, tanto più le arti progrediranno verso
d bello. Questo tipo è duplice^ l'uno in natura, l'altro in idea. Il primo produce il secondo e da ciò nascono i grandi errori intorno al costume nelle imitazioni di ,
Da
cose seguite in tempi diversi dai corrend.
opere
tratte
veggono
di
direttamente dai eccellenti
tipi
naturali,
anche allorquando
,
ciò nasce
come sono l'
arte
non meno i
ritratti
debole
è
bontà delle
la
de' quali se
neh' imitazione
ne del
tipo ideale.
Oltre ciò le
arti
sono senza dubbio opera della ragione
imitative
ma
;
la ra-
non già secondo l'esecuzione de suoi precetri ma secondo r effetto che producono sulle fantasie. Se i precetti bastassero per fare un opera bella il poema del Trissino sarebbe gione
le giudica,
,
,
migliore di cpello dell'Ariosto.
mulare nell'imitazione, de' pili gravi difetti
la scienza rigersi.
si
sia pittorica sia
la
si
deduce che
poetica, e che
cjuale l'imitazione
sè bella
ed
utile
,
ogni
artificio
non
visibde o
la il
scienza
si
deve
dissi-
far sentir l'arte è
uno
l'artista.
non
fa volentieri
viene da quanto
rivolge alla ragione e
Perciò
ciò
ne quali possa incorrere
La cagione, per quantunque per
Da
si
alla fantasia
sensibile
è
sentire
accennato
,
la
scienza,
cioè perchè
cui 1' arte vuol sempre diche di necessità risvegha il
commozione della inntasia, diminuisce o perde del un pittore che faccia inopportunamente pompa, anatomia, o un poeta che faccia il logico o il metafisico, non
raziocinio, interrompendo la
tutto l'effetto dell" imitazione. Cosi
per esempio, di
onore alcuno
trarrà
dall'
letti
avrebbe minato
,
Che si
se poi,
il
opera
e
al
vero ed
per
la
ragione se Leonardo jjer
stessa
avesse fatto
i
suoi
mensa
apostoli a
sui
sarebbe stato generalmente biasimato.
che una volgare opinione
talvolta avvenisse
che
al bello,
l'imitarla recasse pregiudizio all'arte,
che tenerne conto, dee fuggir l'occasione di farsene argomento. in oltre osservare che cjuanto si è asserito circa il rispetto dovuto
l'arte anzi
alla
antiquaria
che è però rarissimo,
opponesse talmente
E
l'
E
opera sua.
lusso di affettata erudizione
uopo
d'
volgare opinione
risguarda soltanto
,
neralità o pure appartenenti a cose
suo piacere seguire
1'
quando
arte
religiose.
Negli
le opinioni private o istruire
tratta
altri
temi noti
casi
ge-
alla
pittore
il
può
a
con opinioni nuove nelle sue
come fimno i poeti didascalici o d' altro genere diverso dall' eroico. , cpesto sarà sempre un grado minore dell'arte del disegno, la cjuale non è grande se non allorquando, come l'Epopea, si slancia con tutto il fasto delle
imitazioni
Ma
sue invenzioni dentro
E
che in
volgare
non
tutto
vi è
grandi argomenti della storia e della religione. sia debito dell' artista imitatore di seguii-e
come accennai l' esempio gran poema che non sia stato
prova
il
,
i
argomenti
fatti
si
,
,
avesse scritto in cofto
di tutti
i
scritto in
il
vero
grandi poeti.
Prima
volgare
se
;
che
di
Omero
Virgilio in greco. Dante in latino, come per disgrazia aveva cominciato, non so cjuale conto si sarebbe fatto de' loro mirabili poemi, ,
quantunque le stesse cose avesser detto che ora di loro si leggono. Dante anzi ed Omero non ebbero riguardo nelle loro opere di frammischiare alla lingua generale
voci e
le
i
modi
de' diversi volgari dialetti. Il Petrarca e
.sono grandi nelle opere volgari
nelle latine; e lo stesso
può
che son
tali
dirsi di tanti altri di
generali o di cose di rehgione.
che
,
E
mediocri
,
ogni nazione. In oltre
argomenti delle grandi opere poetiche sono o di volgo
Boccaccio
il
per lingua e per téma
storie
volgari o di
tutti gli
passioni
in esse è
tale il rispetto alle opinioni del offendere la teologia per seguirle Dante dispose le sue invenzioni sulle volgari cre-
Omero non ebbe
riguardo di
:
Virgilio offese la storia
denze e
E
:
sulla tradizione di varie visioni
da per
passioni
(ssj
e
affetn
gli
generalmente
raffreddi, particolarmente in
sentiti
Dante e più
pompa
di
d'imagini volgari, perdendo di vista
il
sceverandosi dal volgo, fanno
tasie
,
non
fredda ragione
alla
Queste cose
ed
in ispecie su quella di frate Alberico.
sono grandi e sublimi ove parlano
tutto
dalle quali
,
;
e se
v'
alle
fantasie e
ha luogo ove
assai nel Petrarca, ciò
dipingono la
lettura
le si
avviene quando,
qualche scienza ed obbliano
di vestirla
principio dell'arte che alle mobili fandirige la sua imitazione.
possono trarre molte
utili conseguenze avrebber d'uopo di più ordinata esposizione, di maggiore sviluppo, e in fine d'una diretta ,
si
,
123
applicazione alle
arti
del disegno
dal nostro argomento, basti
mi
la brevità
il
ma
;
fin
perchè ciò
ci
allontanerebbe di troppo
qui detto, e aggiunga ognuno per sé quanto
costringe di omettere.
DEI DIFETTI DEL CENACOLO. Abbiamo,
per quanto ho saputo mostrare, ammirato il raro artifizio e le bellezze di quest'opera; l'amore del ver» e dell'arte ci consiglia di dare un breve cenno anche sui difetti di che alcuni credettero accagionarla.
Ogni grande opera ne contiene,
anzi, parlando in genere,
difetti
i
venire riconosciuti più agevolmente che non
le fine e squisite bellezze,
sfuggono
le
gli
occhi volgari, e sembrano,
come
Dee
sogliono le quali
non mostrarsi
della favola,
ignude se non a chi è degno di giudicarle. Si aggiunga che gì' ingegni veracemente buoni, che son fatd degni di tal vista, sono in picciolo numero in paragone di que mezzi ingegni, i quali, contro il costume deprimi,
non fanno che
altro
indagare
difetti e porli
i
altrui
sott'
occhio, e parlarne e scriverne, non già per
ma per isciocca invidia, siccome esclusi dal godimento di parte migliore. Quindi non vi è opera, per degna ch'ella sia, che non abbia avuto detrattori, e che non abbia sostenuti talvolta paraggi vilissimi. Che se di questa del Vinci CIÒ non è avvenuto che per piccola parte, essa dee tal ventura all'antica ammirazione in cui lo straordinario suo merito la pose, dalla quale furono a lunoo " istruire,
disanimate l'invidia e la censura. Io non intendo pertanto qui ragionare di que' difetd di esecuzione che possono avere contribuito al suo pronto decadimento; né sarebbe possibile di parlare di CIÒ che risguarda l'effetto, il colorito ed altre pard che
non
come perdute,
È d'uopo dunque
giudicare.
intorno a quelle cose che ancora in difesa
dell'autore,
cose che
si
serbarono
temendo al
io
si
ponno esaminare, né molto stesso
nostro esame,
possono,
si
limitarsi a riferire ciò
accusa di parzialità.
io
Ma
che
si'
sic-
dice
aggiungerò anche nelle
dee procedere con qualche cautela norma de' costumi e de' tempi' secondo i quali debbono essere giudicate. È anche bene considerare le qualità' le circostanze e le passioni de giudici, e pesar quesd secondo la scienza e la' verità senza di che i giudizj sono cattivi o vani. Notisi in fine che avviene alle arti del disegno ciò che alle hngue, cioè che molte cose divennero difetti per noi che tali non furono per gli andchi. Ciò posto, ognun vede che a difetti di tal uldmo genere riguarda l'accusa che già riportammo, data a Leonardo perchè trascurò la costumanza de' letd ac cusa prima accennata dal Fréart indi dal Lazzarini e dal Rogers di poi 'ripe tuta da altri e che tuttavia si ripete leggermente. Lo stesso può dirsi de' censori di Leonardo per le forme de'bicchieri, de'piattelli e perchè
le
arti
del disegno
hanno modi
si
e vesri a
,
,
,
,
d'altre inezie, intorno alle
124
quali egli strarre
come
,
volle piuttosto seguire le opinioni
,
più gravi ed importanti
parti
pedantesche erudizieni
di
zelatori
già notai dalle
giudizi
i
sicura che
solesse
Che direbbero
,
Secondo tali abiti il Laocoonte di maniche lunghe, che Svetonio as-
maniera
portare alla
egli
che di-
bisognerebbe vestire
sacerdotali, e dare alle imagini di Cesare le
discendere.
volgari
opera.
dell'
de' Frigi
dai
di
afFettava
cpiali
eglino del povero Raffaello che diede nel suo Parnaso
un violino ad Apollo e ciò che è peggio un amanuense ad Omero ? Ma ben più grave è l' accusa fatta da alcuni a Leonardo per aver collocati tutti su di una linea i suoi apostoli, in che, se l'arte è ajutata, sembra offesa ,
la verisimiglianza.
,
Forse ebbe
egli, oltre le ragioni dell'arte e dell'uso,
ragione a noi ignota o qualche autorità
altra
ne dà indizio
il
citato bassorilievo di
Lodi
,
scritta
che non
qualche
pervenuta
ci è
;
e
cenacolo del Ghirlandajo e quelli
il
che in parte imitarono dal nostro, Andrea del Sarto e Raffaello. Offende anche la ragione il vedere questa stessa lunghissima linea posta in senso contrario della lunghezza della sala; intorno a che
ove
V ha
anche cui non piace
zontalmente
disse qualche cosa,
si
del hiogo dell' azione.
trattò
si
altri
:
Osservammo più sopra
mensa
di vedere undici figure dimezzate dalla
le trova collocate
mano
la
1"
una troppo presso
dell'
apostolo
Tommaso
quale imbrogliò
la
,
d'una mano vicina,
a segno le fantasie, che, congiunta a porzione
oriz-
dell' altra.
mano
pose, da chi ridipinse l'opera, un'altra ridicola e mostruosa
ne com-
se
di sei dita.
Vi fu ancora chi trovò troppo simmetrica la distribuzione delle figure che sembrano a primo aspetto comporre de' gruppi uniformi e ciascheduno di tre personaggi.
Nè mancò
chi avrebbe voluto
la
storia
dice avvenuta a vespro lentieri
,
,
per lui importantissima parte della
Venne
in
comuni per attori
ripete
1"
il
la
e a quest' ora vo-
;
alla forza
insieme ed
suo sistema in questa
alla
difficile
e
il
momento
rappresentato
da Leonardo
confini dell'arte, secondo le strette teoriche ora diventate
ingegnoso libro del Lessing.
Ma
sebbene
tutto
il
movimento
degli
del quadro dipenda dalle parole pronunciate da Cristo, che la pittura ,
del
;
vangelo
pittura.
mente anche a taluno che i
al
di notte
Ma
suo Possine.
siccome opportunissima
dolcezza delle ombre, con evidente analogia
eccedesse d'alquanto
il
cioè nell' ora che precede la sera
attenne Leonardo
si
lume
rappresentata a
quale avviso fu ilFréart, perchè cosi la fece
queste parole sono
si
non
generalmente note che pajono meritare un' ecce-
zione di favore dai più rigorosi.
Finalmente, come dal da
altri
si
trovarono
getto de' menti ,
De
Brosses
si
dissero bruttissimi
le teste esagerate nelle strane
i
visi
degli apostoli,
lunghezze de' nasi
negli archi delle labbra e delle ciglia
;
ma
tai
,
nell'
ag-
cose furono dette
o suir originale pessimamente ridipinto o sulle copie o sulle stampe.
125
Se però
censure qui esposte e quelle che
le
altri sia
per aggiungere, possano
essere di forza da offendere la fama di quest" opera, lo lascio all'esame de' sani critici
:
non
solo
Cenacolo
so
preterire
rivabile artifizio, al cui splendore si
E
tutti
questi
può accusare
per dar fine
,
,
anche
sarebbero sfuggite
assai
acconciamente
macchie
le piccole all'
a
,
Omero
,
tosto essere
in Archiloco
uno
o Eratòstene
,
,
mio credere
in Pindaro ed in Sofocle
di questi o
che per avven-
di
occhio del più gelido osservatore. ,
all'amico Terenziano, se ad onta degli errori o difetti che in
furono nel
difetti
tempo e dalla incuria degli uomini, poca parte mantenea dell' antico inar-
era svanita in esso la prima eccellenza e
tura
che
di osservare
notati, allorché, fatto cadavere dal
pure essere Teocrito per
,
le
chiedeva Longino
riconosceano
critici
i
avrebbe
egli voluto piut-
Buccoliche, o Apollonio,
o Jone Chio, ne' quali autori la critica non trovava menda.
Terenziano aveva buon senso dicesi degli scrittori
,
,
è facile
indovinare la sua risposta
l'
dee ripetersi degli
del disegno.
artefici
Il
;
e ciò
Se
che
compasso del
freddo critico trova nell'Apollo di Belvedere una gamba più lunga dell'altra, nel Laocoonte un' orecchia fuor di luogo del Quirinale: di
questi
il
;
occhi
gli
ne' miral^ili
storti
testimonj dell' eccellenza della
umana
industria
si
commuove ed am-
mira, ed esclama nell'ardore dell'entusiasmo: Questi divini ingegni sopra si
uomini
gli
colla sublimità de' loro concetd
,
quelle nuove creazioni: per
degli
tal
modo
la posterità,
,
e che solo agli
meravigliosa nobiltà
altri
dell' artificio.
soprastavano
elevarono
nell'
non
impeto di
mentre non cessa d'ammirarli,
disperarsi di poterli imitare, fatta certa ch'eglino erano
altri
si
e fu utile consiglio che
curassero di tórre dalle loro opere le imperfezioni sfuggitevi
non dee
colossi
vero artefice e l'osservatore che sa vedere e sentire, all'aspetto
coli"
altezza
della
uomini al pari mente e colla
DEL
CENACOLO D
I
LEONARDO DA VINCI LIBRO TERZO.
DELLE COPIE IN GENERALE J_j uso delle copie che gli antichi cliiamavano litratti, non divénne comune che allorquando, quasi per universale consenso, si acclamò giunta al colmo di
sua perfezione l'arte della pittura. trarre dal naturale o artefici volgari,
pur
veggendo
dall'
Fu
allora
che
si
abbandonò
idea le pittoriche imitazioni
;
il
metodo
meravigliose invenzioni de" sovrani dell'arte,
le
di
e fu allora che gli
co-
minciarono generalmente a temere delle proprie forze, e non si credettero capaci d' invesdgare per sè stessi nella natura quelle originali bellezze che ammiravano nelle opere altrui. La natura cessò di essere la maestra dell'arte, e l'arte
maestra
di sè stessa fa chiusa in angusto confine e
cominciò a ripetere
le
sue produzioni.
Quella
dappocaggine del più degli artefici, che non poteasl nascondere, fu. osservata da chi commetteva e pagava le opere, nè sempre si poteva per esse ricorrere ai primi nomi quindi , anzi che averle di vili e grossi magisteri , si preferirono imitate dalle migliori conosciute, con che si aveva un mediocre :
be'nsi
ma si
sicuro esito delle imprese.
per parte del proprietario,
a copiar per sistema.
La fretta e l'avarizia favorivano il nuovo metodo come per parte dell'artefice, e la pittura si degradò
,
3S8
Nel il
secolo decimoquinio e negli antecedenti, checché
quale dopo l'epoca di Giotto lagnavasi
dell'
si
dica dal Boccaccio
avvilimento della pittura,
avevano un'opinione abbastanza elevata delle forze dell'arte e
non
eccetto qualche ritratto di persona,
Quindi
zioni.
degnissima
E
dell' arte.
se
non
epe' tempi
di
pur
accadde che alcuna
talvolta
minori del niello, de'
lo pili nelle arti
copie propriamente
guarda con ragion
chi
ricercandosi per anche certe finezze
vetri
dell' arte
se
C[ualunque fosse
metodo
il
ne facesse
,
un
a
di presso
o
tale si
tal
Venne poi
da ])Ochi
l'età in cui
nacque
,
polosamente
il
desiderio di avere de
gli
ca-
opera
altra
dell' ori-
atti
non
vede
si
secolo decimosesto.
al
quali a ninno secondo di
tra'
)
ebbe
un
la pittura
Raffinatosi allora
il
al-
vedere e
delle opere eccellenti
ritratti
benché minimo; né fu
originali da ogni lato
simili agli
(
nostro Leonardo
in ogni sua parte.
tissimo grado di perfezione
giudicare
ingegni
rari
il
Ne
altra
accontentava di una
moti e
i
numerose nessuna vera copia anteriore
sapere e primo certo di epoca fu
storia
ciò avveniva per
,
ginale, senza riguardare per minuto alle forme ed ai colori. Perciò nelle quadrerie più
cosa
,
la
per religione o per
se
in cui la volesse eseguita, egli
che rappresentasse
tali
filosofica
delle terre smaltate e simili.
,
gione qualsivoglia vi fu chi esigesse una ripetizione di inesatta imitazione
perchè,
di sè stessi,
prestassero a ripetere le altrui inven-
si
incontrano
s'
da
osservata
d' essere
(•),
gli artefici
,
il
scru-
difficile
il
soddisfarlo, specialmente in quelle scuole nelle quali era grande l'affluenza dei
Pure anche
discepoli e la ricerca de' lavori del maestro.
desiderio limitossi
opere minori
alle
,
e
non
a quel
tempo un
fu esigente di precisa
tale
confornn'tà
non in quadri piccioli quali si possono avvicinare e confrondanno glande facilità alFcsaine ed all'opera di chi giudica e di chi imita. Ne" grandi dipinti avvenne altrimenti sì in allora come da poi, e perché gli originali non si possono confrontare colle copie e perché rarissime sono le occasioni di tali opere. L'arte non meno c]:e la ricerca de' curiosi si limitò per essi a dei cogli originali se
i
tare, e
ritratti in
piccolo, ne' quali
crebbero a disinisura
si
concesse molto all'arbitrio del copiatore. Gli
poche
le
volte
furono quasi sempre copie di copie
le quali
ed eseguite lungi daU" originale perchè
fatte
modo ed
il
il
numero
offuscarono
fosse
le
de'
capriccio
del
Ma
perché
,
tolte
arbitrj
grande,
da piccioli modelli soli
disegni e
di sola reminiscenza.
che lavoravano a vilissimo prezzo,
de" pittori dozzinali
le pareti
di fare delle copie in
perchè non di rado tradotte da
scematone
il
gusto
,
copie crebbero oltre-
le
per sino delle anticamere e delle
scale.
Gli affamati
meschini proventi che ottenevano ritraendo in diverse
opere più famose, e molti
che copiare.
originalità.
,
lusso delle pitture e
principianti viveano
altro
anche
talvolta fin
Moltiplicatosi cresciuto
misure
che accadde
anche
pittore
,
allora in
fosse
pittori
passarono la loro vita senza
ogni copia
talento
si
vedeva qualche
di chi pagava
,
fosse
far
diversità,
pretensione di
Venne anche il lusso de tappeti di arazzo, ne' quali la pittura non parca degna abbastanza se l'oro non l'arricchiva; e allora le più mirabili composizioni, perchè gravi e sempHci apparvero meschine e povere, e il copiatore ,
ag-
vi
giungeva architetture e paesi ne' campi, ornamenti nelle
vesti
,
raggi o diademi
dorati alle teste, è capricciosi contorni di putti, animaK, chimere , grotteschi ed stravaganze , colle quali cose tutte calpestavansi arditamente le leggi del bello per adulare gli occhi ignoranti di chi non vede luce e bellezza se non altre
dove loro risplende sovra moltiplici oggetti accozzati senz'arte a capriccio. Avvenne similmente che tal pittore che pure si sentiva tanto animo da far del suo era poi costretto a ritrarre opere altrui dall'arbitrio del commettente che diffidava della sua sufficienza. E l'artefice allora, copiando contro voolia si argomentava di pur mostrarsi originale in qualche parte, cambiando, alterando o aggiungendo secondo la perizia o la vanità sua. Mille altri cangiamenti ed aggiunte erano richieste nelle copie dalle rispettive circostanze di tempo, di luo^o e di uso. Vi fu non di rado chi volle servirsi di figure accreditate, appropriandole ad argomenti diversi da quelli per cui l'autore le compose. Cosi il cardinale ,
l'ederico
Borromeo
di Kattaello, e
evangelisti
i
fece,
come
avverte egli stesso, copiare molte opere profane
per mezzo di alcuni accessorj
numi
e
gli
eroi del paganesimo.
si piacque di nomar martiri ed Accade ancora che l'artista fa per
proprio studio ed esercizio qualche figura ritratta da famosa opera di buon maestro, e poscia per fame uso utilmente e trarne lucro vi a-giunge qualche sua invenzione onde compirla. Finalmente uno de guasd della pittura, per avviso
d.
moki, conforme all'espresso dal Lomazzo, fu
la scoperta e l' abuso delle cinquecento, e prestando a tutù gli artefici dozzinali le altrui invenzioni, distolsero le menti dallo studio, e la pittura cadde tanta bassezza da essere per sino confusa colle arti meccaniche Ma le stampe ste.se erano di già diverse dagli originali, ed anche i copiatori delle stampe rinnovavano altri cangiamenti secondo le ragioni o i capricci or proprj or altrui. E ciò che si faceva delle stampe, si faceva similmente de' disegni e gli artefici a centinaja ritraevano in carta le cose principali di Roma o d. Firenze, per ripeterle arbitrariamente quando erano tornad alle patrie loro 13a cpesto breve prospetto storico delle copie, il quale mi parve necessaria introduzione alla materia di questo terzo libro, ognuno può scorgere quanta diffidenza debbano ispirare queste povere produzioni dell'arte, e quanto sia d uopo essere guardingo in giudicare per esse del carattere e del merito deoli originali. Si vedrà non meno facilmente di quanto poca autorità esse sieno tanto negli accessorj, quanto nella maniera generale, allorcliè si osservano per
stampe
le
quali
ammorbarono
f Italia nel
m
;
Idea di arbitrj
un
originale perduto.
farsi
Si avrà
e varietà nelle copie una facile
anche dalle
tante
accennate cagioni di
spiegazione del vedersi
drerie infinite r.pet.ziom, tutte attribuite all'autore di
un unico
m
divefse qua-
originale
e tutte
,
i3c
affermate per originali in grazia di piccioli cangiamenti di forme, di colori, di
fondi o d' altro. S' intenderà altresì di quanta accm-atezza sia d" uopo onde scernere le produzioni originali dalle copiate, alla qual cosa spesso non è sufficiente il gusto ben disciplinato e finissimo, se non è soccorso da una grande memoria diligente esercizio. Si concliiuderà in fine che
un lungo e
e da
non sono vere
copie se non quelle nelle quali colla volontà espressa di buono e giudizioso conoscitore che le commetta , si accordi lo sforzo e la perizia dell' artefice copiatore in rappresentare con precisione ogni parte dell' origi'nale. Laonde è facile l'avvedersi che copie di tal fatta sono rarissime, e allorquando
non
appena
esistano gli originali con cui confrontarle,
carattere evidente dell'autore primitivo
la storia, la critica e
modo
possono in qualche
il
supplire alla
mancanza del confronto che sarebbe necessario per rettamente giudicarle. E disgraziatamente una sola copia di questo genere vanta l'elenco che son per dare di quelle del Cenacolo, ed anche questa, oltreché non è di tutta l'opera, fu ed essa stessa ha soffatta in tempo che 1' originale era in gran parte perito ferto per cattiva esecuzione un tale imbrunimento di colori che diminuisce ,
notabilmente
Premesse
suo pregio e ne ha distrutto interamente l'effetto. per le quali ogni discreto saprà giudicare e
il
cjueste considerazioni
mi sono proposto,
distinguere copia da copia, passo a descrivere, secondo che quelle del Cenacolo,
unendo
alle
da
distanza di luoghi o per altre ragioni terrò in queste descrizioni sarà lo
morie
del Cenacolo,
scritte
cioè
me
viste la
non mi
che per
di alcune
fu dato di vedere. L' ordine che
che usai nel primo libro per
stesso
quello
memoria
de' tempi
ne" quali
le
me-
copie per date
le
ripetere per cpieste si devono credere eseguite. Debbo anche che potrei chiamare memorie dipinte del Cenacolo, ciò che per le scritte ho di cioè che non è mio progetto di tutte qui registrarle , ma quelle solgià detto tanto che mi parvero atte a fare o per sè stesse o colle altre qualche autorità certe o presumibili
,
anche nelle dubbio
il
parri di
modo
o
1'
minore importanza ed
e in
mosso
accessorie
Chè
tutto di autorità e destituite d'
darne alcune prive del ciò fui
affatto
esistenza nel perduto originale.
delle quali
ogni nobile
fosse
di ricor-
artifizio
,
a
elogi in parole
udire sovente molte simih opere onorate di quali elogi, se di quelle opere io tacessi, sarebbero una patente alti
dall'
iscritti, 'i
,
mi accade
se
accusa del mio silenzio
,
e
si
crederebbe da ciascheduno che
io avessi
trascurato
di consultarle.
Pertanto j siccome è impossibile un generale accordo di pareri in queste mafossero se vi sarà qualcuno a cui per prevenzione o per altre cause non , io lo prego a non comparare quanto accetti i miei giudizj di lode o di biasimo
terie
,
io dico
con
ciò
che è
stato
detto da altri
poi a
,
ma
solo
con
l'
opera di cui parlo
ho potuto, ho scritto le mie osservazioni. Intorno quelle copie, per giudicare delle quali non ebbi altra scorta che l'autorità
in faccia a cui, ogni qual volta
,
i3i
degli scrittori
vorrei che
osservassero posatamente le circostanze di
tempo di luogo, di persona e d'opera, secondo le quali dotto o ignorante espone le proprie sentenze chi scrive, e dietro le quali chi ha discrezione pratica e amor sincero del vero e dell'arte, dee dare maggiore o minor peso agli encomj non ,
si
,
meno che
alle accuse.
COPIA NELLO SPEDALE MAGGIORE DI MILANO. (
1
5oo
circa
)
i
Questa è a mio credere la più antica delle molte copie che ancora si conservano del Cenacolo. Essa debb' essere stata fatta tra il finire del secolo decimoquinto e il principiar del seguente. È dipinta a fresco sulla parete destra ,
,
dell'antico refettorio degli orfani nello Spedale maggiore di questa città, luogo
ove, poco tempo
fa, si
ad
altri
figure sono alquanto minori
sia
largo poco
usi.
quest'opera
Le
riparavano le donne attaccate d'oftalmia e che ora serve
meno
di
eseguita
sia
tredici
braccia
ed
del naturale, alto
assai diligentemente,
più di
sebbene
cjuattro.
il
dipinto
Quantunque
mostra poco vigore di disegno, e
tiene assai dell'antica maniera diversa dalla leonardesca e prossima a quella del
Mantegna, non però distanze
sì
aspra,
molte altre parti
la
vi
è imberbe caricato
capo
vede
si ;
mano
la
Andrea
come
sì
dotta né
sì
esatta.
La
le fisionomie cangiate e F
,
diversità delle
inosservanza di
dichiarano, anzi che altro, una servile imitazione della sola
composizione. San Pietro ha
Non
comechè nè
V alterazione delle attitudini
,
nelle
il
solito coltello negatogli
sinistra
nè
di
Tommaso nè
è similissimo a Pietro altre
;
stranamente dal Bianconi. di Taddeo.
copie e distinguesi dagli
altri
dal
Bartolommeo
G iuda non
è
non aver cinto
il
Filippo a Giovanni.
aureola che orna tutte le altre figure (3). I colori soiivi posti a capriccio e senza progetto d'imitare gh adoprati da Leonardo. Cangiato affatto è il campo, anzi mentre la porta di mezzo è di maniera buona le finestre laterali dell'
sono di
,
maniera tedesca.
Fra
cfuelle
l'autorità: se
Sono da osservarsi molte cifre e parole ne lembi delle vesti. che ho potuto capire, trovansi tali errori che ne scemano a dir vero pure in questi antichi dipinti non sono inutili le minute osservazioni,
non per
scritto
altro, per le comparazioni con altre opere. All'apostolo Andrea trovai Post Pctrtim primi priiicipem Andreas , a Giuda luda Scarioc a Filippo
:
,
Jacobus Alpheas e
simili.
Cosi
lessi
Petrus; Mattheus a Matteo; S. Simon a
Thomas
lembo che circonda Giacomo il Maggiore;
sul
il
piede di Pietro,
Jac. a quel d'Alfeo;
Taddeo; o rex gloria; a Cristo. Non avrei deposto il pensiero d'indagare il resto, se gh errori grossolani di lingua e alcuni nomi evidentemente male appropriati non me ne avessero distolto. Non ho mancato di ricercare a
dilioente-
mente
se v'era scritto
il
nome
dell'autore,
ma
le
mie ricerche furono
inutili.
l32
Vi ho notato con piacere che posa
,
come
esige la natura
sul
,
variano molte copie seguendo l'autorità di
facendo
Fihppo
la figura di
piede destro
,
in quest' antichissima copia
perchè
si
volge a destra
Marco da Oggiono che
piedi ad arbitrio.
i
Senz' alcun ajuto di tradizione e colla scorta unica della maniera io
non
a chi attribuire questo singolare lavoro se
che
ed operò molto
fiori
al
come
Segnolle però talora si
al
non
Borgognone. Questo
saprei
artefice
del secolo XVI, chiamavasi Ambrogio soprannome con che segnava spesso le sue anche col primo nome e per sino con entrambi,
principio
Fossani, e ignoro onde traesse tavole.
in che
;
eseguì le sue,
c{uel
vede in una tavola nella
san Celso. Egli conservò la maniera
cliiesa di
E il Borgognone e il Montorfano ed altri seguaci di quel fare, tenaci degli ornamenti d'oro, timidi ed incerti nell ombreggiare freddi nel colorire e diversi in tutto dalla nuova maniera che insegnava Leonardo avranno anticamente composto una scuola a vecchia assai tardi, e
si
vedono sue
pittare fino al iSay.
,
,
parte
che dalla leonardesca
si
segregava,
E
stesso nel Trattato allorché dice;
Questa copia della in pericolo
d' essere
cpiale
desiderabile che
sono frequenti
gli
ciò
a
credo
non ho
trovato ricordo presso
imbiancata venticinque anni sono.
antichità patrie signor
E
e
si
alludere
Leonardo
tu pittore dell'una e dell' altra setta ecc. m.
Il
veruno
scrittore, fu
dotto amatore
delle
Giuseppe Vailati fu in tempo ad impedire tale disordine. trovi un modo onde por freno a simili arbitrj de quali
esempj anche recentissimi.
NEL REFETTORIO DEL CONVENTO DI SAN BARNABA IN MILANO
COPIA
(=>.
(
Debbesi
il
I
5
1
o circa
)
secondo luogo per antichità a
essere stata eseguita
poco dopo
il
cjuesta piccola copia che dovrebbe primo decennale del secolo decimosesto. Il
carattere, in ispecie delle teste, l'annunzia evidentemente per
opera di Marco da una tavola larga cjuattro braccia e mezzo ed alta due in circa. Non si comprende come nel catalogo delle copie del De Pagavo questa sia detta essere grande soltanto l' ottava parte dell' originale mentre a lunghezza ed altezza ne è più che la quarta a superficie ne è men che la duodecima. La parte che vi si vede più finita, è quella che è compresa
Oggiono.
E
dipinta sopra
,
,
dalla linea delle teste alla linea della mensa.
e
molte
parti
anche
,
fra
le
importanti
scorge assai chiaro che cpiesta copia fu delf artefice,
il
,
Non
v'
è indizio alcuno de piedi,
non sono che abbozzate. Da
fatta
quale poscia se ne servì per eseguire altre
Farmi concorra
a
provare lo stesso
il
ciò
si
sull'originale
unicamente per uso copie di maggior mole.
vedere che questa tavola fu preparata da
,
1
prima soltanto a chiaro scuro fede
panneggiamenti
luogo ogni parte dell'opera che
prende a copiare, permettendo che
si
non
rapidità dell'esecuzione, tralasciandosi per esso
tempo
il
sdegnarono
non
e
,
sempre zione
un tal metodo comune a tutte le scuole nè come può vedersi in varie opere imperfette, ,
Marco
Tiziano stesso a Napoli e
del
negli abbozzi ne' quali
al
disegno ed
ma
dell'
della Certosa di Pavia e dell'altra a fresco del
Vi
Vi
osservano
si
si
vede
il
coltello di Pietro
in nessuna delle sue copie. si
vede
e
la
Nulla
v'
mano è sulla
di
atten-
esecuzione di quella a olio impedite, e mani con moti
opere di questo autore.
altre
Tommaso
mensa, ed
non
ch'egli
trascurò
poco fondo che
il
vi
è di architettura fatta a capriccio.
,
Poche
l'
riconoscono nelle
si
l'
convento di Castellazzo.
teste pesanti e grosse, attitudini
e senza grazia: difetti che
falsi
usavasi però
:
diminuito
Se dunque questa copia è di
per
servito
grandi altrove
colori avrebbe
ai
espressione.
debbe aver
,
del Correggio in casa Doria a
d' ah.!
attendere
l'
forza
alla
come sembra
,
la
de' colori
migliori coloritori,
i
solo del Vinci e del Frate in Firenze,
Roma
solo le misture
di meditare le giuste collocazioni delle tinte e di unirle e di fon-
derle insensibilmente. Era anche lo
ritocchi
si
meno opportuno per
in infinito senza pericolo di confusione di tinte. INon è
ma
33
fanno
tuttavia
qual metodo monocromatico è sommamente comodo per porre a suo
il
;
di che alcuni de'
,
notizie
abbiamo
di
Marco da Oggiono, da
Uglon Oglono hanno poco merito Cesariano nel suo commento a Vitruvio loda detto da
altri
,
e Uggione. Si sa ch'era discepolo del Vinci, e le sue pitture oltre quello della sua scuola.
maxima et diligente come ognun sa, non la
poco disegno, queste non di
ed
è
il
migliore de'
principale
il
sempre eguale a
sia
gran rilievo
,
di
Ripete però sempre
che degrada con tendenti
Il
pratica universale di
forte
baffi
suo pregio sé stesso.
colorito
le stesse
questo artefice
critici
,
ma
;
Generalmente
c).
sta nelle teste,
Quando
Cesariano
Oggiono ha
sebbene anche in
vi attese a
comechè alquanto
il l'
dovere, è fiero,
caricato
e
monotono.
fisionomie copiate dalle migliori teste di Leonardo,
prolunga» per traverso e con capelli
triti
,
minuti
,
ora
color rosso cupo, ora bianchi argentini che staccano duramente dalle tinte di carne, vive bensì e calde, ma rustiche sempre e volgari. Nelle figure al
de' giovani e delle
donne
tiene altro sistema, e colorisce spesso assai freddamente
e con salto troppo notabile dai colori che suol dare alle
L'opera sua migliore,
se fosse
veramente sua, è
figure virili o senili.
che ancora si conserva nell'antico refettorio della Pace e che porta la data del i5io. Ma io credo a gran fatica che cpesta opera possa dirsi di lui e se si giungesse a dimostrarlo, bisognerebbe credere piìi antiche le sue copie del Cenacolo, nelle la Crocifissione
,
quali tal
si
vede minor possesso
opera,
gli
scrittori
dell'arte.
Quantunque poi da alcuni
più autorevoli, cioè
citano molte altre cose, nè, se
il
Vasari e
il
siagli attribuita
Baldinucci che di lui
ben mi ricorda, ilLomazzo, non fecero
affatto
menzione
Chè
di questa, la quale,
mai
se
scoprisse
si
di
come più importante di tutte, non doveva preterirsi. che poter dimostrare esser essa assolutainente di
sua mano, giudicherei ch'egli si fosse servito di cartoni altrui, e pai-mi vi traluca la maniera di Cesare da Sesto, ricca, pronta e bizzarra, sebbene ineguale e scorretta. Certo vi sono de gruppi mirabili in autore sconoscinto, dalla bellezza e novità de quali troppo si dilunga Marco nelle altre opere sue,
inventore sempre
Ignobile o
non
originale.
non
mai:
le
ripetè
Le
arie di alcune teste
hanno qui una
grazia ch'egli
invenzioni degli abiti, la nobile espressione di alcune figure,
specialmente nel gruppo della Vergine svenuta,
il modo dolce e pastoso del colorito, sono cose tutte in quest'opera allatto diverse e superiori a quanto di
sua
mano
si
da credere
vede
altrove.
Se
cartone fosse stato fatto da Cesare da Sesto, è
il
per recarsi in Sicilia o a Roma a lavorare nelle opere del Vaticano, probabilmente meglio pagate. Fra le tavole a olio di Marco parrai primeggiare quella che rappresenta la Vittoria dell'arcangelo eh" ei tralasciasse d' eseguirlo
Michele, ch'era una volta in santa Marta ed ora vedesi nella reale galleria. In questa 1 autore che non pose, ch'io sappia, il suo nome altrove, inscrisse seccamente Marcus senz' altra nota quasi compiacendosene. Chiunque confronterà ,
il
fare di questa opera e delle altre sue tutte
sono
in
che facilmente si riconoscono e che gran copia, vedrà quanta differenza passi tra il suo stile solito e quello
assai migliore della citata
Crocifissione,
la
cpiale se vantasse
mighor disegno,
potrebbe gareggiare coi primarj monumenti della pittura milanese.
CONVENTO DI CASTELLAZZO.
COPIA NEL
(
Doro
la
i5io =
1
5i4
)
copia dello Spedale maggiore e
per ordine di tempo seguente debbasi
il
la tavola di san Barnaba cui demmo secondo luogo, non saprei ben dire se a questa o alla
Entrambe però sono, almeno in ciò che più importa, non meno che la tavola descritta che per esse come già avvertii, dovette servire. È diflicile l'indagare con precisione in cpal tempo fossero eseguite queste due copie. Quella che or descriviamo di Castellazzo (7), di
mano
di
luogo de'
fiati di
terzo.
il
Marco
,
,
san Girolamo
,
lontano un miglio dalla
condotta a fine prima del 1514. La seguente che
città,
fu già nella
debb" essere stata
Certosa di Pavia, se
noi fu contemporaneamente dee^ di poco precederla o di poco venirle dopo. Congetturo L indicata epoca da una lapida che tuttavia si conserva incastrata esternamente nella parete meridionale del refettorio del convento di Castellazzo. ,
Leggesi in essa che un don Baldassare Sudato da Milano, a quell'epoca priore, ristaurò ampliò e adornò il convento. Però sembra probabile che fra gli or,
namenti
di cui
il
Sudato rese cospicuo
il
suo cenobio
,
fosse
anche
il
cenacolo
,
i3S
Marco per
dipinto da
che copio
I girolomini di Castellazzo e delle Grazie si
uno
poteva,
i
Intorno
vazioni.
refettorio
e vollero averne
,
Perchè
simile dalla scuola stessa del Vinci.
mano
fidassero tale impresa alla stessa
poniamo
certosini di Pavia invidiarono ai
famoso ornamento del
il
iscrizione
l'
note m.
le
fra
quale è appoggiata
l'apiDuiito nel refettorio, al
,
parmi
gli
uni e
per quanto gli
af-
altri
scorga per le seguenti osser-
si
secondo decennale del secolo decimosesto
al
domenicani
,
tempo
,
in cui
due opere. Cesare da Sesto e Bernardino Luino, primi lami della scuola milanese, dovevano essere assenti, e probabilmente s'eran recati a Roma,
dove
le
Sanzio
il
buoni premj
direttore di
,
da
ajuti
ed ottimi coloritori.
pratici
cure maggiori
come sono
,
,
BoltralFio,
Il
non doveva assumersi copie
le
opere del Vaticano , aveva chiamati con ed in ispecie da Lombardia che dava gran le
tutte
tutta Italia
ch'era ricco
lavori
di
sono
specialmente allorché
,
gentiluomo e che aveva
molta fatica e di poca gloria
da recente originale.
tratte
Dicasi lo stesso del Melzo che sembra in oltre non essersi dilettato di grandi
opere, e che forse unitamente
Dopo
questi
Pedrini
,
migliori
al
Salaino era anch' egli già assente col maestro.
o imitatori di Leonardo
discepoli
viene in ragion di merito
piiì
,
e
nidla sapendosi
,
1'
non poter poi
tempi per
opere grandi
le
venisse eseguita a olio
,
conferma nell'opinione che contemporaneamente discepoli o
lui e da' suoi
compagni
doveva avere
l'
Questa adunque de' girolomini che ancora del luogo
,
una e
;
il
costume
ed anche ciò mi
l'altra
da
venissero
eseguite. esiste nel detto
presso convento di Castellazzo e che cortesemente prietarj
ponesse
si
commissioni di Castellazzo e della
le
egli allontanarsi dalla città, nella cjuale
molti ajuti e molte opere, fu cagione che la copia de' certosini, contro di que"
del
assenza o le occupa-
padroni, e ch'egli come solo presente de' migliori venisse ricer-
contemporaneamente per entrambe
cato
Certosa. Il
Marco
nostro
furono motivo che sopra Marco
zioni de' cinque nominati soggetti
r occhio da
il
si
refettorio del sop-
mostra dai presenti pro-
fu eseguita a fresco con molta attenzione e diligenza.
È
alta
once dieci, e larga dodici braccia meno mezz'oncia, compresavi una vecchia cornice alta cinque once e un quarto, probabilmente contemporanea sei braccia
e
lati e in alto non però nella parte con gran precisione ed accuratezza, sebbene in moltissime cose l'autore operasse a capriccio, non secondo l'originale. Il paese è
al
dipinto
inferiore.
,
quale
la
il
Tutto vi è
cuopre alquanto ne'
,
fatto
arricchito di fabbriche e d'altre minuzie: la tappezzeria
nelle ricpadrature
mini di
,
azzurri
,
verde oscuro.
giallo:
)
rossi
,
La
gialli
,
violacei
soffitta
ornati a rabeschi sono
ha i
i
,
tutti
travicelli
tra
appesa,
(
che sembrano viole
è tessuta a fiori
non
convolvoli
isfondata e
gelso-
foglie di verde chiaro in
campo
decorati
all'
,
intorno
d'
una
linea
fianchi delle porticelle poste tra le tappezzerie:
pavimento è di un rosso vivace interrotto
d'alto in basso
da cinque
di il
strisce verdi.
,
i36
sono distribuiti ad arbitrio, e vi si ripetono in onta de precetti di Leonardo. L' azzurro oltramarino , forse per gusto ed ordine de frati vi è usato senza accordo e con tanta profusione che fe invito a mani non so se più ladre o indiscrete, a raschiarlo barbaramente in più luoghi con danno dell'opera. II cielo le montagne i panni di Matteo , di Cristo di Giovanni , di Pietro di Bartolommeo sono o in tutto o in parte dello stesso tuono di azzurro senzi I colori
,
,
,
,
,
varietà alcuna e con patente disarmonia. Anche le tinte delle carni sono monotone e pendono in rossiccio in tutte le figure eccetto il san Giovanni che è d'una tinta assai buona e contrasta assai bene col vicino Giuda ,
di color fosco
abbronzato.
Il
colorito in generale
non
è
nè armonico né piacevole:
le barbe bianche sono ombreggiate da un grigio ferreo, e staccano aspramente dalle tinte fortissime delle guance: i capelli, ove non sono come le barbe, foschi che danno in rosso cupo, secchi ed eguah tutti di colore e di maniera, con onde regolari e minute, non rammentano certo il sistema del maestro che tant'alto portò l'imitazione e la scelta in questa parte sì importante al decoro ed alla grazia delle teste. Ma il peggio sta nel disegno. Le figure sono generalmente tozze: le teste sono pesanti forse più che nella tavola di san Barnaba: le attitudmi non sono libere nè facili: le mani, se si eccettuano
quelle dell'apostolo
Giovanni, sono storpie, or piccole or corte, e generalmente mal fatte e spiacevolissime. Ve ne sono alcune in cui le dita hanno le articolazioni rotte o
forzate fuor di misura: altre,
falange delle dita fa
come una
dell'
apostolo Matteo , in cui la seconda
un angolo minore che non è nella prima, il che è conLe forme de' piedi sono barbare afflitto. Le orec-
trario all'operare della natura.
chie sono talora fuor di luogo e tutte mancanti notabilmente nella parte inferiore. figura del Salvatore non ha spalle, avendo un collo larghissimo senza muscoli: quasi tutte le altre figure hanno le parti mal corrispondenti fra loro e mancano sopra tutto, come quella del Redentore, nelle attaccattire delle spalle e decolli. Non ostante si enorme numero di difetti, quest'opera va tenuta in pregio per l'autorità della scuola, e per questa ragione io ne ho disegnato tutte ledeste e gran numero d' altre parti accessorie con che ne posso parlare con più cognizione che non farebbero gli osservatori superficiah ne quali il giudizio è spesso travolto dalla seduzione de' nomi antichi , dalf indisciplinata fantasia e talora anche dair interesse , iniquo sovvertitore delle opinioni. Ben è gravissima disgrazia che de varj discepoli di Leonardo , il solo Marco abbia fino a noi tramandate le sue copie, e però ci manchi una guida onde discernere quanta parte abbia egli in esse trasfuso delf originale quanta del fare suo proprio. ,
La
^
,•
mezzo, a mio parere, l'attribuire a
di ottenere qualche verità
Quindi il solo ne giudizj intorno ad esse, è
Leonardo quanto vi si riconosce di buono, e credere del copiasi vede di contrario si alle generali disciphne dell'arte, come
tore quanto vi
alle speciali di
Leonardo.
La
parte che
v'
è di più lodevole
parmi
il
carattere
'^7
vane
di
ed in ispecie di quelle nelle quali non fu esagerata l'espressione a danno delle forme. Ad ogni modo quest'opera è monumento da farne conto e si debbe pubblica lode ai presenti possessori del convento i quali fra le teste,
,
non
,
solo cercarono d'impedirne
il
deperimento,
ma
ne lasciano libero l'accesso
a chi vuol vederla o trarne disegni.
COPIA DELLA CERTOSA DI PAVIA. (
i5io = i5i4
)
Dalle cose
dette nell'articolo die precede questo, si può comprendere l'epoca, merito di quest'altra copia, di cui, perchè collocata in luogo famoso per altre opere, si trova menzione presso del Baldinucci che non ebbe
l'autore e
dell'
il
notizia incirca della stessa grandezza della descritta di Caeh' è quanto dire di forse un quinto più piccola dell' originale. Dalla
antecedente. Essa è
stellazzo
,
all'
Certosa di Pavia, in occasione di non so quah vendite di oggetti appartenenti a quel convento, passò nelle mani d'un negoziante milanese. È dipinta, come si disse, in tela, ed è sufficientemente
ove
la
biacca non sostenne le
in ispecie
Alcune altre
i
hanno
piedi che
come
teste,
ben conservata; solo è annerita di molto parti di essa sono d'altra mano, ed enormi, e sono in tutto pessimamente eseguiti. Alcune
tinte.
dita
nella copia di Castellazzo
sono esagerate
assai
in ogni parte
,
sono belle e di molto rihevo
:
e caricate oltremodo nell' espressione
:
,
alcune poi sono fuor di disegno affatto, come fra f altre quella del Salvatore, e più ancora quella dell'apostolo Fihppo. O l'Oggiono aveva mano assai ineguale, 0 si serviva di ajuti o discepoli troppo inesperti. Occorrono a quest' opera varie' cose delle notate neh' antecedente, eh' è inutile il ripetere. Non descrivo ciò che si può scorgere dalla stampa che ne trasse il signor Frey, nella quale per altro diminuiti e notabilmente migliorati di forme. Del 1 piedi sono colore e d'altre cose che la stampa non sa mostrare, non posso parlare a dovere, perchè quan-
tunque allorché
io abitava nella reale
e considerata molto questa tela
ne ragiono che
Accademia abbia per
varj anni vista spesso posta presso lo scultore Franchi , ora non
di reminiscenza, stante
di sè alla morte del Franchi
però proposto
ivi
,
l'affitto
che
l'attuai
possessore,
non mi ha permesso eh" anche per un anno per dugento ,
ritiratala
io la vedessi.
presso
Me
luigi d'oro, al
ne ha che non
mi parve dover accondiscendere soddisfatto coni' io era d' averla altre volte esaminata; e con ciò mi scuso di non saperne dare più minuto raaouaolio ,
71'
,
,
^ C i-i'i bantagostino nel suo hbercoletto, pubblicato nel 1671 , parla di questa copia, e la chiama, bella quanto V originale: ma quando poi parla dell'originale, dice , come già altrove osservammo che è tanto guasto , che poco se ne può godere con rocchio. Come abbia fatto il Santagostino a istituire il paragone fra •
11 pittore
,
,
i33
la
di
tela visibile
Marco
e l'originale di cui
difficile
l'indovinarlo: certo è che
quando
si
desse molto valore
ai
giudizj de' secentisti
passo nelle note
il
(«)
Un
.
non meno
giudizio
ha da Bartolomeo da Siena certosino, di Dice anch' egli al modo del Santagostino
esagerato in favore di questa copia cui leggasi
poco potea godere con l'occhio, è in enormi sbagli in fiuto d'arti,
cadrebbe
si
si
(«).
,
quantunque scrivesse quasi mezzo secolo prima ^ che vix cegj-eque si poteva al suo tempo godere del bello dell' originale. E ciò che prova che questo frate poco intendeva le cose dell'arte, anzi non sapeva che traintenderle è l'encomio ,
singolare che fa della testa del Salvatore di questa cojDia
come cosa Leonardo aveva in tal parte lasciato imperfetto e per l'appunto si combina che, come assai bene mi ricordo e la stampa in parte il dimostra, la testa del Salvatore di Marco, oltre i notati errori di disegno, è dura, affettata, e non solo lontana dall'espressione che ancora in mezzo a tanta divina sopra
ruina teste
poi
originale che
opera
;
la
ma lungamente
stessa e tra le altre a quella
entusiasmo
affettato di
di
inferiore altresì a molte
Giacomo
questo buon frate basti
il
Minore.
il
vedere che
In prova ,
sebbene
non si prese cura nemmeno d'informarsi dell'auqaal cosa non può non cadere in mente a chiunque osserva con amore
altamente decanti tore
:
va nell'originale indovinando,
si
dell' dell'
1'
esaltandola
,
un' opera
d' arte
la
che
sua tela,
si
Comunque però
crede stimabile.
del certosino e del pittore,
esagerati sieno
i
giudizj
questa pittura, ad onta d'esser opera di più mani
e ad onta di molti altri difetti, al pregio dell'antichità unisce, al pari di quella
Ma
di Castellazzo, l'autorità della scuola. della libertà
almeno
,
di
che
già
ragionammo
,
una
nelle parti più importanti d'
abbiamo per essa un solenne argomento delle andche copie perchè essendo ,
mano
istessa
e questa e la descritta di
non pertanto sono fra loro si differenti che posizione, quasi non si direbbero derivare dallo stesso conferma che Marco le ha tratte entrambe dalla copietta nè le tinte de' panni le quale non vi sono nè i piedi Castellazzo
,
,
,
gran parte
fatte
arbitrariamente
nell'
una e
nell' altra
se
si
eccettui la
Con
originale.
comciò
si
di san Barnaba, nella
quali
cose furono in
copia,
COPIA DI GIOVANNI PEDRINI i5..
(
Nel
)
manoscritto del Mazzenta, citato dal Venturi,
del Cenacolo di
mano
del Pedrini
Ignoro se
fra gli scolari del Vinci.
congetturare che fosse o quella
per ornare quell' edifizio
,
,
il
menzione d'una copia quale dal padre Sebasdano Resta è posto
esista e
dell'
dove
Escuriale
o quella di san
,
se
si
fa
esista tale opera.
non
Germano
,
fu
fatta
le quali
diconsi entrambe indeterminatamente della scuola di Leonardo.
da
Potrebbesi
espressamente varj
scrittori
i39
COPIA DI
GERMANO IN PARIGI
S.
Il
magnanimo
5
1
(
di tanto pericolo.
Ma non
ma non
,
conferma
cita in
che queste,
riflette
ne fosse
stato
richiesto
che
si
trattava di
,
vi
Roma
moli minori,
miglia, e che la bisogna sarebbe
quando con tali macchine si fosse trattato di scorrere le leghe il Moncenisio e la Savoja o qualunque altro sbocco in
riuscita altramente,
varcando
Che
se la difficoltà stava nel richiederne
del re Francesco in fra loro
tre
Ce-
incaricasse d' impresa
s'
le trasportazioni eseguite in
oltre
avvennero in luoghi piani pel corso di due o
Francia.
trovò chi
dice che se Leonardo
Il Bottari
sarebbe senz'altro riuscito, e
a centmaja
)
re Francesco Valese voleva far segare la parete intera del
nacolo onde trasportarla in Francia
dallo Zabaglia.
7 circa
1
ne fosse
tempo che
fatta
questi teneva
Leonardo, egh fu al servizio ed è probabile che
Milanese
il
parola, conchiudendosi essere
chi attribuisce a Lodovico
XII questo
ardito pensiero
il
,
ma
,
V ha
taglio dell'Istmo.
per
la
natura sua e
per più gravi autorità storiche appartiene al Valese, il quale non potendolo mandare ad effetto ordinò una copia del Cenacolo che parrebbe dover essere stata commessa ad artefice di buon nome. Essa fu da alcuni scrittori attribuita al Luino vecchio, ma non v' è intorno a ciò alcuna buona o antica autorità. ,
Fu
probabilmente portata in Parigi intorno
la vista
dell'originale
posta in san fabbricieri,
Germano
dove
al iSiy, cioè due anni dopo che aveva acceso tanto desiderio nell'animo del re. Ivi fu d'Auxerre e secondo il Lépicié nella sala d'unione dei ,
stette fino ai disordini
è da credere sia stata distrutta
dell'ultima rivoluzione, nel qual
non trovandosene ora
tempo
notizia o vestigio.
Cosi da più d'uno. Si legge ricordo di questa copia nelle opere del D'Argenville, del Le Comte e d'altri molti che copiaronsi al solito a vicenda. Certo che se fosse stata di mano di Bernardino Luino e quindi la
almeno mi fu
,
riferito
minliore
,
di quante
ne esistono, sembra che
de' tumulti di Parigi
,
nel cjuale
portand dell'arte; talché
la
si
ne sarebbe tenuto conto anche al tempo pensò sempre a porre in salvo le opere im-
sua perdita mi dà congettura della sua mediocrità.
COPIA (
Dalla copia Mommoransì fe' ne
fa
menzione
di
san
fare pel ,
la
se
Germano
D' I
Sao circa
fu
suo castello
nipote
dell'
ha origine, nuovo argomento
ESCOFENS.
copiata d'
quest' altra
Escovens
originale
della
)
poca
si
,
che
il
contestabile
di
ed è strana cosa che da chi
dice più
bella della
figlia
critica de' lodatori di tali opere.
donde Nelle
,
140
giunte del Bottari
alla
Vita
dond' è
tratta
che quella diocre
vatane
di san
chè
;
la
Germano ^
legge che questa d'Escovens era
si
Anche
suo tempo.
al
ignora V autore.
s"
,
Leonardo
di
ancora benissimo conservata
di
come
questa
L' esser questa detta migliore
dell' altra
pare assicurarci
lungi d'essere di Bernardino, fosse di mano menon sarebbe da credere che la copia ca,
se fosse stata altrimenti
vincesse
questa, e perchè
E
in bellezza. fatta
se quella
era
tempi di nessuna
in
questo genere, e perché destinata a
star
mediocre
critica e di
,
mediocrissima sarà
facile
contentatura in lungi assai dall'originale, e perché in
fine i Francesi a quell'epoca, secondo che dice il Cellini, in fatto d'arti erano ancora gente grossa, e non godeano che da pochi anni il frutto della protezion generosa con cui il gran re Francesco animò ogni nobile disciplina. Rimane da
aggmngere che non si andrà lungi dal vero credendo che quest' opera sia stata mal pagata ed eseguita da artefice di poca fama; perché se fosse stata ben pagata, sarebbe stata eseguita in Itaha sull'originale; e se fosse stata commessa ad artefice distinto questi non l' avrebbe copiata da un' altra copia. ,
COPIA DI SAN BENEDETTO PRESSO MANTOVA. iSaS circa
(
Ad
onta di lunghe ricerche e di viaggi
posso per anco parlarne che
sull' altrui
)
fatti
lamo Monsignore converso domenicano, scolaro pel convento di san Benedetto in Polirone.
Fu
per veder questa copia, Essa è attribuita a
autorità.
non Giro-
frate
Andrea Mantegna
,
e fu fatta
dipinta in tela a olio
,
e
di
vendu-
alcuni anni sono, cjuel convento coi mobili e co' quadri che l'adornavano,
tosi,
fu trasportata in Sassuolo in casa del compratore. Questi da oltre
non
con moltissimi Senza
non
un anno, per conseguenze della guerra e delle sedizioni, mandolla quadri in Modena, dove è di presente rotolata e incassata (<).
lasciarla esposta alle
l'
sia
fra le
scrisse
altri
autorità
del Vasari
altrimenti
due
per lo più di reminiscenza
refettorj di
san
questi possono essere fe'
sarebbe quasi da sospettare che questo cenacolo
ricordo
di
tali
dice altrimenti che
altri
di sua
opere e l'
uno
sempre Se
asserito.
Domenico
stati
,
dell'
in
Io lo pongo pertanto in serie
del Vinci.
copie appoggiato a quanto egli ne dice
e su quanto venivagli da ne'
,
copiato da quello
:
ma ogimno
di fretta
Mantova e
autore
,
che questo autore altrui
,
di san Benedetto in Polirone
e la prima volta che
il
Vasari
Giocondo non copiato da quello di Leonardo ed
cioè
de' cenacoli fosse
sa
e spesso coli' ajuto
Girolamo dipinse due cenacoli
frate
composizione
,
nella vita
di fra
,
;
ivi
certo era
il
luogo di dirlo
,
dove di
fra
Girolamo e
di
suo
fratello
Fran-
cesco più degno pittore ragiona largamente. Solo poi nella vita di Girolamo da Carpi, ove di nuovo parla delle pitture di san Benedetto, soggiunge: Nel medesimo
testa
colo
mano
un Jirue Cirolanio converso di san Domenico nel refettorio in come altrove s' è ragionato in un quadro a olio ritratto il bellissimo Cenache fece in Milano a s. Maria delle Grazie Lionardo da Vinci ritratto dico
luogo è di
dì
,
,
,
tanto bene eh' io ne stupii
;
della qual cosa
nuovo memoria avendo
volontieri di
fo
veduto quest'anno i566 in Milano l'originale di Lionardo tanto
non
non una macchia abbagliata , onde
scorge pili se
si
padre renderà sempre testimonio in questa parte della
che in
Vasari credè aver già detto ciò
come
in molte altre occasioni
pendo cenacolo
,
nè
de'
Forse accrebbe confusione
edizione.
nell'altro refettorio de' francescani
senta fatti
mezzo
Salvatore in
il
si
trova
memoria
pure in Mantova,
l'
i
un Giuda
quali vi è
con attitudine strana,
e gli
opera
la quale,
ai dodici Apostoli in prospettiva
con molte considerazioni, fra
differente dagli altri e
né
,
E
qui
il
s'inganna,
di questo
stu-
ricordo alcuno nella sua prima
sua
alla
ma
passo asserisce,
c|uesto
buon
di questo
Leonardo.
virtù di
e quel che è più singolare
;
Monsignori
mcd condotto che
la pietà
altri
,
Francesco
di
die' egli
rappre-
,
che sono bellissimi e
traditore
con
tutti intenti
viso
tutto
a Gesù che
parla loro essendo vicina Ut sua passione. La quale descrizione rammenta alquanto il Cenacolo vinciano, e può avere avuto parte ad illudere lo scrittore ed a fargli dire quanto abbiamo citato.
Aggiungo
a queste osservazioni, che
semlira però parlare anch' egli suU' altrui autorità
signore è nella libreria,
mantovano
sul
il
già nel refettorio,
coli'
come
scrisse
la
il
Lanzi (che
Vasari. Il
il
Mon-
copia del
Cadioh
il Vasari, egli che essendo pure dell'arte opera sott'occhio e servirsi poi per un di più, se il credea,
Vasari lasciò
In fine e per memoria di alcuni che videro l'opera
scritto.
luogo e per quanto asserirono in addietro
che ora
dice che
la dice nel refettorio e cita
potea ragionarne di quanto
non
)
la tiene in
Modena,
il
cenacolo in
è una imitazione di quel di Leonardo di
gli
tela
mano
agenti del presente possessore
che fu
tolto
da san Benedetto,
di Camillo Procaccino, eseguita
liberamente senz'altro ritenere dell'originale che l'ordine delle figure. Che se veramente (eh' è pur d'uopo far conto dell'autorità del Vasari ) esiste una copia
mano
del Cenacolo di
di fra
Girolamo
,
mi
ristora alquanto del
non
averla vista
leggere che questo sant'uomo trattava l'arte freddamente, e dal Vasari stesso
non
il
è
chiamato se non ragionevole dipintore: laonde non è da credere che l'opera sua potesse gran fatto somigliare alla vinciana e perchè egli era d' una scuola diversissima ne' principi in particolare del chiaroscuro e del colorito , e perchè ,
,
fatta
soltanto sopra qualche
qualche
modo
del Procaccino
disegno lungi dall'originale.
la perdita della ,
non
copia del Monsignore e
saprei altro congetturare se
la
non che
Per ispiegare poi in sostituzione di quella
quella prima sia stata
rubata o distrutta nell'orribile sacco di Mantova e de' contorni, avvenuto nel e che
i
frati
era morto,
nome,
t(ì.3o,
Milano, non già da Camillo che a quel tempo da qualcuno de' tanti suoi imitatori, le cui opere ne portano il
la facessero rifare in
ma
del quale colla ordinaria loro mediocrità
hanno diminuita
la fama.
J
ARAZZO VATICANO. (i5..)
Non mi
è riuscito
trovare
di
l'antica copia in arazz'o
con precisione
che credo
dal tempo.
Se
de' pittori
essa fu fatta eseguire da Francesco I
mente
,
e fu
,
si
crede
tratta
al
in
qual tempo
sia
stata
fatta
serbi tuttavia in Vaticano, assai consunta
si
padre Resta che ne parla nel suo Indice del Parnaso ,
Germano.
dalla copia di san
onde farne dono a papa CleSembra che questo arazzo sia
stato anticamente guastato per mala custodia o per altre ragioni poiché fino al tempo del Bottari, che ciò dice in una postilla ad una lettera del giovane Mariette era per 1' antichità tanto lacero che non se ne potea più far conto alcuno. Sembra anche che abbia subito varj risarcimenti. Ad ogni modo non può affatto ,
,
,
servn-e per dare idea dell'originale,
non
solo
come copia
tante alterazioni nelle fisionomie, ne'panni, ne' colori e in 11
fondo poi, forse per alludere
lato
che campeggia sul cielo,
oltremodo contraria
il
per isbaglio dell'arazziere vedesi
in
sei dita
in
,
Roma
la
per le
in ogni parte.
invenzione,
Lanzi,
il
ma
copia,
vino eucaristico, è convertito in un pergoma qui affatto fuor di luogo ed
al
lieta
alla severità della
parlano di quest'opera
di
somma
composizione. Oltre
Fiorillo
ed
altri.
quest'opera una
11
i
citati
Resta e Bottari,
Fiorillo
mano
anzi
di san
dice che
Giovanni con
qual cosa fu detta dal Cocbin sulF originale. Io ho visto più volte ma mi parve tanto esagerato e difettoso in ogni parte,
questo tappeto,
che non l'ho mai attentamente osservato, né mi ricorda d'aver
visto lo strano
errore rammentato dal Fiorillo.
DI GUGLIELMO DELLA PORTA. (
Nella Porta
in
Vita di
Milano
Leone Leoni attese
i53o
e d'altri,
racconta
con molto studio a
che gli fecero grandissimo giovamento.
Il
)
ritrarre
che principalmente sul Cenacolo di
tali
siffatte
opere.
da poterglisi
attribuire.
Vasari che Guglielmo della cose
eli
Lionardo da Vinci
de' pittori (^).
È
Anche
il
da credere
Guglielmo ignoro però se esista dar cenno per norma di chi qe trovasse
studiasse
Io ne volli
le
Baglioni ne dice altrettanto.
Resta dice lo stesso nell'Indice del suo Parnaso
avanzo di
il
:
(
t43
COPIA IN ARGENTO. i53o = 33
(
Di quest'epoca nini
la
,
all'
incirca
sarà
eseguita la copia accennata dal
stata
quale era probabilmente
)
fatta
a
bassorilievo
cesellato.
ComaLa pongo in
questo tempo, perchè nel i533 avvenne terina de'
Medici
,
passo a carte 42. Certosa di Pavia
rone
,
il matrimonio di Enrico II con Caper errore detta Margherita dal Comanini di cui riveggasi il Di queste copie in rilievo esisteva di già un esempio alla
dove
nostro Cenacolo fu imitato in
il
valente scultore, che mori l'anno
,
marmo da
Biagio Vai-
i5i3.
COPIA A OLIO GIÀ NEL CONVENTO DI CASTELLAZZO. (
Un'altra copia del Cenacolo lazzo
appartenente
,
ai
figure vi sono grandi
si
1640 circa
vede in un podere poco discosto da Castel-
signori Carli
poco
)
È
di Milano.
questa in tela a olio
,
e le
metà del naturale. Fu, a quanto apparisce, diminuita alquanto lateralmente ed accresciuta in altezza onde appropriarvi una cornice non sua, e adattarla a luogo più stretto del destinatole da principio. L'opera non è spregevole, ma non vanta autorità alcuna, essendo senza dubbio oltre la
copia della copia a fresco di
convento finché
alla
mobili per ottanta
nè
il
Marco in Castellazzo. Essa fu sempre in quel soppressione de' girolomini fu venduta con altri quadri e
lire.
Il
coltello di Pietro,
né
copiatore la
non ha
tralasciata la
saliera rovesciata;
mano
Tommaso,
di
solo nella tappezzeria
ha
fatto
un drappo verdastro a suo modo, superiormente ornato d'una frangia male mutante l'oro. Anche le aperture che stanno fra le tappezzerie sono quah nella copia di Castellazzo, e quelle che stanno a dritta del Salvatore, veggonsi illuminate dallo stesso lume che rischiara tutto il Cenacolo, e ciò ancora più
evidentemente introdusse
come
i
il
piatti
rettangoli
non
che
è
nelF opera
eh
Marco.
copista altre cose di suo arbitrio, e le
giaUi
vivande variate a capriccio
e rossi
,
un cagnolino
nel
,
Oltre
l'
indicata
tappezzeria
ma il
sono di poca importanza, pavimento ornato di grandi
mezzo
del
cpadro
ecc.
Il
tuono
generale dell'opera supera in effetto l'opera a fresco per la maggiore armonia, per non avere que" grigi ferrigni ne' capelli d'Andrea, di Pietro e di Taddeo, e per aver tinte piti accordate ed alquanto meglio variate ne' panni. I capeUi però sono quasi tutti d' un colore uniforme tendente al rosso bruno , tinta prediletta
da Marco. La tunica di Giacomo di Zebedeo é di un bel giallo dominante, al verde, ed anche ciò prova che se tal panneggiamento
con ombre tendenti
144 si
vede
talora
adoperato
si
oscuro nelle copie
avvenne percliè inavvedutamente vi fa Questo lavoro d' ignota mano de'la metà del secolo decimosesto. Il
ciò
,
caduco colore.
giallo santo o altro
il
debb' essere stato eseguito poco prima
podere o cascina dove
conserva,
si
si
cb/àma Belcazzide.
COPIA PRESSO IL SIGNOR (
Questa copia
meno
di
1540 = 5o
DAY IN
ROMA.
)
poco più di due braccia e mezzo, e poco Sembra anteriore alla metà del secolo decimosesto.
a olio in tela è alta
cinque e mezzo
larga.
Nel piatto di mezzo v' è un agnello intero. Matteo è barbato: imberbe è Bartolommeo. Arbitrarie sono le tinte de' panni egualmente arbitrario è il fondo e gli accessorj. Vi si vede la mano di Tommaso. Giuda ha i capelli rossi. Y"è anche :
la sohta saliera rovesciata. Il
pregio principale di quest' opera è
quelle esagerazioni e caricature che in quasi tutte le altre
come moderne. Senza qualche Dai molti un semplice disegno
r autore.
autorità
si
non
il
veggono,
vedervisi
antiche
si
credo impossibile indovinarne
scritta
specialmente ne' colori si giudicherebbe tratta da anziché da bozzetto o copietta minore fatta direttamente
arbitrj ,
,
,
dall' originale.
COPIA NEL CONVENTO DELLA VETTABBIA IN MILANO. 1
(
Nel desi
ma
,
occupata dalla pittura
,
è
di
Leonardo.
incirca della
all'
due
tranne
piccioli
L'architettura vi è dipinta ad arbitrio.
non sono più grandi
figure
che neir originale
,
sono
che debbe aver ,
nella
fatta
tale
Ad
del naturale
assai
anzi riescono imbarazzate e
barda
circa
)
convento della Vettabbia a
refettorio del
una copia del Cenacolo
quello delle Grazie
56o
meno
opera
prima
sinistra dell' antico ingresso ve-
refettorio
stessa
pilastrini
alle figure
un tempo ed affettuose sembra un uomo stranamente
e pronte
conosco della
coli'
la
rimane
lato
e dall' altro.
nelle
attitudini
,
le
tutti
cruciato
quali
maniera di questo pittore della
scuola lom-
Egli ha forse creduto di
Giacomo
da tormenti.
minuti ragguagli intorno a quest'opera, non essendo
\
alto di
tutta
esagerare le mosse delle teste
nell' originale,
il
un
dall'
meno
che
,
rinnovazione
semplici a
conserva bensi in generale
assai
e sebbene fra loro discostate più assai
,
seconda metà del secolo decimosesto.
dare espressione maggiore
è
larghezza
onta della tanta indicata larghezza, le
facili
Non
false.
II
tale
movimento eia disposizione
Ma da
,
tanto
Maggiore sopra
il
è
inutile
il
dare
fare autorità.
Essa
delle figure,
ma non
145
v'é neppur a
man
ombra
1"
del
fare
Leonardo nel
di
Anche
resto.
lume
il
è preso
destra per servire alla posizione delle finestre, mentre per la stessa ragio-
ne nell'originale è a
sinistra.
NEL REFETTORIO DEL CONVENTO DELLA PACE
COPIA
IN MILANO. i56i
(
Il
Lomazzo
matura
età
,
Sembra ch'egli
i56i.
eh' ivi descrive.
Ne" suoi Grotteschi però ne
,
nel C{uale
,
fa
un
ricordo in
sonetto del libro
per ragionare del Chiocca suo allievo e
due seguenti quartine
le
condotta
,
non
la
stata
ne facesse poco conto,
stesso
perchè nella Vita che di sé stesso scrisse avendo circa tenne degna d'essere noverata fra tante opere minori
cinquantanni, secondo
die debb' essere
fece in sua gioventù questa copia
a fine al principiare del
almeno in
)
d' altri
,
prepone
:
Pianse mesto Francesco Re di Pranza,
Quando Il
il
Melzi che morto eia
gli disse
Vinci, che in Mila/i mentre che
La Cena Questa
pinse
eli
visse
ogni cdtra opra avanza.
anch' io in quella stanza
ritrassi
Dove mangicuio i frati senza risse Nella Pace ove da niun mai si misse Disturbo nella lor amica usanza. Quesd versi debbono essere di poco posteriori all'opera che, a dir vero, pari ai versi, è meno che mediocre, e non fa autorità alcuna, tanti sono gli arbitri e il mal garbo con cui fu condotta. La parete sidla quale è dipiata a fresco, è larga quattordici braccia e mezzo, ed alta sei e tre quarti. Il fondo ,
fatto a capriccio alla
testa
del
volte
r altezza
terali
in
luogo de'
sono
,
i
carni; trascurato in
mezzo
Tali
bizzarra
,
struccio dorico arbitrar]
ha due strane aperture divise da un
Salvatore.
soliti
e
mal
arazzi
cui risponde colori de' il
aperture
forma.
solida
e tra
,
l'
un unico
panni
un
sono
una
e
Esse 1 altra
triglifo a
che
fa
largo più
campo
due muri laavvi un meschino pila-
continuano
piombo
nel
fi
di
ne'
egio.
Non meno
sparute assai sono generalmente le tinte delle
;
carattere; storpiato in fine
alle strane
pilastro
rettangolo
malamente
il
disegno.
Il
fondo,
novità ed alla riprovevole architettura, ha almeno qualche
pregio d'esecuzione, e dimostra miglior pratica che non il resto, talché si direbbe d'altra mano. Mal a proposito il Du-Fresne, che pur era buon critico^ lodò questa meschina produzione e dal di lui giudizio su di questa si può argomentare c[uanto valga il giudizio del Santagosdno e di Bartolorameo da ,
'9
146
Siena sopra quella della Certosa, e d'altri
sopra
sua Guida fa le meraviglie che
,
Loraazzo
il
Bianconi nella prima
Il
altre.
quale in quest' opera gioveiille
il
come ci dice a ragione, piedi giganteschi da far paura (.3), divenuto cieco indicasse poi accuratamente le proporzioni del corpo umano. Quanto maggiore
fece,
sarebbe stato di
il
suo stupore
temporanei
alla
durre che nelle Un'altra
sua copia
copia di
singolare
1" ,
e la
piii facile
altri
hanno
imitate dagli apostoli del Vinci crocifissione di Cristo. Forse
,
ripetuto lo stesso
feci
il
tai
mio credere,
larghezza della parete che
nomi
prova
la
mente
colla storia,
buona origine
come
;
un cenacolo
fu
Fiorillo
la
copia di
(
i565
(m)
Della
fatto
inscritti
i
invenzione dello stesso ^
e ch'io, molti
CAPRIASCA.
)
quest'opera che occupa quasi
di
dicontro
nomi
nel secondo libro
di cjuesta iscrizione
all'aitar
maggiore della chiesa
di tutte le figure. L'accordarsi di
abbiamo diffusamente osservato,
che forse fu copiata da simile antica-
esistente sotto l'originale. Essa é pertanto nell'ordine che qui
BARTHOLOMEVS,
il
,
.
PONTE
principali sta
d'
volte in refettorio
trasportare nell' accademia reale
parrocchiale di Ponte, è l'avere
ma
il
non uno scrittore milanese furono probain una cappella della chiesa sono state
a tempra, che stava altre
de" pregi, a
fare.
e stanvi in rappresentazione di spettatori della
,
anche
.
Uno
il
in
COPIA NELLA CHIESA DI
tutta la
dire die
il
De
il
;
Di questo sbaglio stravagante bilmente cagione le poche figure che
Lomazzo, dipinto
Lomazzo sono
Pagave nel suo elenco delle dice dipinta nel Monastero maggiore e ciò eh' è più autore pose
esiste.
anni sono
precetti del
e di
assicura assai bella e conservata. Sulla sua fede
l'Amoretti ed
,
,
questo
,
i
poco posteriori se non concome dimostrai nel primo libro. Da ciò si può de-
del disegno è
arti
copie del Cenacolo
Valle
se avesse saputo clie
,
dieci anni anteriori alla sua cecità,
forse
lACOB MI,
ANDREAS,
si
trascrive:
PETRVS, IVDAS, S. lOHANES, lESVS XPVS, S. lACOBVS MAI S. THOMAS, S. FHILPPVS {sic), S. MATTHEVS, S. THADEVS, S. SIMON. S.
S,
S.
S.
(.r„,
L'opera cihtà,
aver
clic
tratta
ben conservata,
è alsbastanza
ma con poca
finezza.
Le
è
eseguila a fresco con molta fa-
figure sono grandi al naturale. Il pittore la
da mi semplice disegno a chiaroscuro
molta relazione
coli' originale.
V'è di notabile,
non vedendovisi che non vidi altrove, ,
debbe
ne' colori il
braccio
147 eli
Pietro ignudo dal gomito in avanti. Mancavi la
generalmente sono
caratteri delle teste.
i
Non
v'
cevole o di esagerato. L' autore ha abbandonato disposizione del
menti delle
campo
pareti.
Non
del Salvatore nel cielo; tato dal
mezzo
Lomazzo
fra quelle.
,
due
In
tali
istimò oltre
Circa
al
Tommaso,
e deboli
è però nulla in esse di dispia-
,
come molti
altri
,
la
semplice
ed ha moltiplicati inutilmente gli adornaciò opportuno di lasciar campeggiare la testa
ma
finsevi in vece,
con espediente consimile all'adottenendo chiusa la parte di ,
sole aperture lateralmente
aperture veggonsi
effigiati
di Getsemani.
deboH ed alquanto
pittore sono
di
dell'originale,
del calice a Cristo nell'orto
per generale abito
mano
trascurate
,
il
sacrifizio d'Isacco e l'offerta
Queste composizioni originali del e ciò appare essere fatto assai più
autore che per volontaria trascuranza di cose accessorie. tempo in cui l' opera fu dipinta e circa chi la dipinse piacemi qui dell'
,
trascrivere
una
lettera colla cpale
temente un amico che
di
tai
il
cose
il
cortese paroco di Ponte ragguaghò recenrichiese.
Ponte Caprìasca, 12 novembre 1809. Intorno all'autore della pittura di questa chiesa di Ponte non so dirle altro, che fa fatta da uno scolaro di Leonardo da Vinci, del die fui assicurato in occasione della visita qui fatta dalla felice memoria del fu nostro arcivescovo Visconti, solo
per memoria
nome non
esistente
neW archivio
so se vi resti registrato.
Ma
della cancelleria arcivescovile di Milano.
il
Noi qui
a Ponte non abbiamo altra cognizione di tal autore fuori che dall' antica tradizione pervenutaci dai vecchi di questo comune, ora tutti trcqmssati, da me con premura da loro indagata e ritenuta in mente, e porta questo: Che era un giovane brillante qui rifuggitosi da Milano ,
ove
per qualche sua bizzarria giovenile o pittoresca era venuto in disgrazia del Governo circa l'anno 1S20. Ponte allora era assai più popolato che adesso, e trovando qui ricovero, eccitò gli uomini di questo comune a provvedergli de' colorì , che per non istare ozioso bramava di occuparsi a dipingere qualche cosa in questa sua chiesa.
Fu provveduto
di tutto
e dipinse il cenacolo sul disegno di , quello che Leonardo quclV epoca aveva dipinto o dipingeva sul refettorio del monistero delle Grazie in Milano , ove si tiene che detto giovane lavorasse assieme e sotto la scuola del suo insigne maestro. Oltre il cenacolo nel quale imitò bene il maestro, fece qui altre pitture, ma a sua idea e con fretta, perchè dopo qucdche tempo nconcdiossi, e ripartì da Ponte. Si ha per costante tradizione, come sopra, che all'
intorno
di
questo
comune non gh faceva
altro che le spese del vitto, e che all'epoca della sua
tenza lo vollero questi uomini pagare , ma ricusò qualunque paga istanze 1' obbligarono ad accettare un donativo di scudi settanta
,
e
par-
dopo molte
del paese: s'indusse
ad
accettarlo
,
ma
poverì del comune,
subito
ad
andò in questa piazza di Ponte essi
tutù
li
distribuì,
ed anzi
,
esso
e tosto
chiamati i più donò a questa chiesa
,,
una
,
fascia di seta rossa che usava portare alla cintola, e qui esiste ancora
di Continenza feriale.
ad uso
Tutto questo ho rilevato per fatto certo dai vecchi miei par-
rocchiani ecc.
Anton Maria Meneghelli, curato di Ponte Capriasca.
Un
ragguaglio a questo esattamente conforme ebb'io, sono quasi tre anni,
dallo stesso paroco, e
ne
e disegnare quest'opera sia
il
valore che dare
si
mi
ricordo allorché
scrissi
coli'
recai a
Ponte per vedere
ajuto dell'ottimo signor Lavelli pittore.
Qualunque
voglia a questa tradizione, vi è di certo notabilmente
esagerata l'antichità dell'opera e vi è confusa l'epoca dell'originale. Per le
cerche che
feci fare
Ponte, se non un decreto del cardinal
trovai altro che risguardasse l'opera di
Federico Borromeo della chiesa,
il
,
quale ordina che
col
che non pare
dipingano
si
stato eseguitoci»).
sia
che contiene sempre qualche parte di vero
Questo Pietro
mano
fratello
Pure
le pareti
meridionali
se, dietro la tradizione
e dietro la
,
maniera del dipinto
non temerei
è permesso di spingere più in là le congetture, io
questa copia é di
in
di Pietro Luino. di Evangelista e di Aurelio,
un sonetto consacrato
tutti figli
del gran Ber-
a quest'amabile famiglia di pittori poeti,
aver portato Bernardino alle stelle per
E Ancor più In
,
di asserire che
nardino, male fu confuso dal Lanzi con Pietro Gnocchi discepolo d'Aurelio.
Lomazzo
ri-
da persona atta e diligente nell'archivio arcivescovile, non
vostra
in alto ,
per
l'
aggiunge:
sale
arte del porre
che in mente vi trascorre.
versi quel
E Ciascun dei
la virtù della pittura,
fama
Il
dopo
a questa meta corre
tre vostri figliuol
irci
,
quali
Evangelista e Pietro sono uguali A'el pinger
Tu Aurelio la Come per V opre ,
,
nm puì
:
più
cui mente
vali
alto spira
tue si vede e mira.
Oltre che in dolce lira
Dolce canti
i
pensier
Dispiegandoli in
E perchè Tutti tre
Qual fu
E
siete di
si
tuoi disegni
i
ognun
pel biondo
del vostro genitor
qui è da notare che non
solo vi
e
versi ornali e
si
il
e
vago
V imago
('7).
parla affatto del valor pittorico di Pietro,
dice che uguagliava nel dipingere
entrambi dal valore di Aurelio;
degni.
v uisegni
il
ma
di lui fratello Evangelista, lontani
quale artificioso silenzio prova che
il
Lomazzo
,
149
non aveva molto
di che lodare, e
che questi due non distinguevansi gran fatto con opere originali; e questa copia il dimostrerebbe per Pietro, come opera la quale, sebbene non priva del tutto della grazia di quella felice scuola, non vanta però alcun vigore di disegno nè altra potenza d'arte. in
uno
di qualche risarcimento o riadornamento, e quest'epoca
tamente
di
età
alla
che
Pietro
par de'
al
Cristo all'orto e
il
si
accorderebbe perfet-
amico del Lomazzo m. vedere introdotti in questa
fa
fratelli
Concorre a confermarmi in questa mia opinione copia
Lessi poi inscritto
degli archi della chiesa l'anno i565, che deve certamente indicare l'epoca
il
sacrifizio d' Abramo, le quali storie
già aveva dipinte Bernardino nel cenacolo che fece per gli zoccolanti di Lugano e che dietro la paterna autorità avrà Pietro introdotte nel suo. Ma per ultima conferma della mia asserzione osservisi neU' unica cappella della chiesa il cjuadro che sembra il
,
a olio, dipinto su finissima tela^ e
Casa portata da
sulla Santa
vedesi
un Dio Padre
non
si
legga su questo quadro
dell'
autore
suir altare
del
che rappresenta
neh' inferiore
,
desima
Nella
parte
superiore
Donna
Nostra
di
quadro
del
il
angeli
tengono da una mano un candelabro gentilizio.
Vergine col putto, sedente
,
quadro di
santa Caterina.
la
maniera
intagliati
con all'
una targhetta
essa
targhetta
che
abbiamo
Vergine
Sebbene
lo fa giudicare
osservinsi
,
rilievo
dall' altra
di sopra della
al
e
o data alcuna,
osservato
cappella due
dell' istessa
san Giovanni
nome
Ma
cenacolo.
la
Nello spazio
tre angeletti.
diligenza
Essi
antica.
scudo
svelta o
vedesi in piccolo la descritto
nella
;
me-
inferiore
un piccolo lupo. Se il piccolo lupo che nel paese si chiama prenon è lo stemma di Luini io non saprei qual alno potesse meglio a quella famiglia convenire. Che per altro il fosse mei fa credere anche vedesi
cisamente Lu'm
,
,
,
il
Vasari che forse per esso chiamò
come similmente a
Vitruvio
cappella
sotto
come
fe' il
padre di Pietro, Bernardino dal Lupino: Cesariano che Be Lupino lo nomina nel suo commento il
capo primo del terzo
il
libro.
Che poi
sì
il
quadrò
della
copia del Cenacolo sieno di Pietro anzi che di EvangelistV r appoggio alle seguenti lettere inscritte in entrambe le targhette PE LV la
cioè Petrus Lupinus o Luinus.
Accordandoci ora
un giovane
spesa che del vitto e de' colori
pittore
,
senz' altra
pitture la chiesa, è facile il credere
col suo
che
vi lasciasse
colla tradizione
anche
il
,
,
che dice che adornasse di
dono de'candellieri
stemma, desideroso, secondo l'uso di que' tempi, che di lui rimanesse terra. Ma come non si può a queste opere concedere 1' anti-
ricordo in quella
chità che porta la tradizione
non si accorda troppo quel generoso disinprofugo per ragioni politiche o civili. Con un taglierebbe anche il nodo di quest'ultima difficoltà. ;
cosi
teresse dell'autore col suo esser altro
colpo da antiquario
si
Li un antico disegno che fu già del padre Sebastiano Resta ed ora sta neh' Ambrosiana, e che sebbene di poca importanza, non rappresentando che un piede,
pure è certamente opera del Vinci
,
lessi scritto di
pugno
del Vinci stesso
,
oltre
,
i5o
più cose che non fanno
al caso nostro il nome di un Bernardo da Ponte di Ora perchè non pohebbe questo Bernardo essere il famoso
Fai di Lugano.
,
padre di Pietro, che cosi senza diminutivo è chiamato dal Lomazzo in
pittore
prà d'un luogo?
Di lui, come di tant' altri artefici nostri, s'ignora la patria, cognome, senz' altra autorità, venne creduto di Luino sul Lago Ce resio 111 oltre fu sempre fecondo cF ottimi ingegni nelle arti
e dal solo suo
Maggiore.
Il
del disegno
ed
e da
più
manda
non che per tutta Italia , in Ispagna Ceresio l'elevazione de' suoi obelischi. Di casato de'Luini nel Luganese più frequente che altrove, l'incertezza della ,
in Russia. il
secoli
Roma
vera patria di Bernardino e la inosservati del tutto. Se
che Pietro
turale
artefici
deve
stessa
memoria
si
fatta
lasciarsi
gloria, diverrebbe in allora na-
Bernardino avesse passato cjualche tempo al paese cagione ch'ivi il conducesse: si spiegherebbe facil-
di
figlio
da Leonardo non debbon
scritta
Ponte vantasse
paterno, qualunque fosse
,
al
la
mente come per amor di patria sebben forse egli nascesse altrove gratuitamente vi decorasse la. chiesa di sue pitture si spiegherebbe finalmente come ,
,
:
suoi paesani volessero ad ogni modo compensarlo il meglio che poteano com'egli generosamente distribuisse agTindigend il premio a lui destinato. i
Ma
per uscire una volta dalle
alla copia
conchiudo che
,
è l'accennata iscrizione
intenzioni dell' autore
per
campagne
sterili
cosa per
la la
me
,
e
delle congetture e per tornare
importante che vi ho trovata quale ho potuto più facilmente penetrare nelle piiì
che nel secondo libro ho tentato di sviluppare.
,
COPIA NELL' ESCURIALE. (
Se
il
crede
si
al
Escuriale fu
dell"
Carducho,
la
1
565
circa
copia che ancora esiste nel refettorio del collegio
fare da Filippo II
fatta
Mazzolari, dice nella sua Descrizione
tata in
Valenza, e che è
Ximenes che aggiunse segnalati
artefici
sì
alla
ben
;
e Francesco
dell'
l'
Escuriale
De
los Sautos
chea
che copia
quel re fu presen-
che poco più può essere l'originale.
fatta
Descrizione del
che abbellirono
questa copia ove parla
)
De
Lo
Santos un catalogo de' più
los
Escuriale delle loro opere
,
loda di
nuovo
Don
Leonardo.
Antonio Ponz nel suo Viaggio di Spagna la dice anch' egli assai buona e meritevole che se ne faccia gran conto. Il Fago Italiano nel tomo secondo delle sue Lettere ne fa pure grande enco-
mio
,
ed assicura
copie clie
si
da me veduto ghezza
( il
che non sarebbe però molto
conservano in ogni
di
all'
Escuriale
:
Conca
che
sia la
migliore delle
die' egli,
all' originale
sua bella parte, e massimamente nella maestà, nella va-
e nelle arie nobilissime delle teste.
copiato dal
)
Tanto rassomiglia,
Il
cjual giudizio
senz' altra aggiunta fu
nella sua Descrizione odeporica della Spagna.
,
i5i
In questa serie di
legge memoria di chi abbia
non
per chi
vede
la
che
scrittori
posta , considerata
1'
prima pietra nel
]
563
stata eseguita
quale,
che fanno testimonio
non
risulta
ed è anzi
;
alcun allievo di Leonardo
arti
grande
di
da credere
,
gli
tranne
il
e in cui scrittori
originale
l'
si
elevate
e
efletto
o
originale
Ciò non ostante,
signor
,
si
suo voto
il
a
In allora
si
non vantava più
aveva di già
nel primo libro.
sofferti
Da
tali
i
danni
osservazioni
paese lontano in
cui
le
dove trattandosi di un doveva con poco sforzo ottener
conosciute,
mirabile e fiimoso
Siccome
Escuriale di cui poscia
Melzo vecchissimo,
citati
non si manca,
si possa tal copia porre in che parecchi anni clopo sia
grande autorità per una copia destinata
non erano ancora molto
ritratto
dell'
adornandosi a poco a poco quel magnifico luogo.
,
tocca ad una età, la
di
Fihppo mandò ad
re
il
sontuoso edilìzio
il
sembra evidente che non
,
epoca a quella anteriore
l'altro,
espressamente pel luogo dove fu
sia stata fatta
epoca in cui
o l'idea di Carlo V, erigendo
un
onde giudicare del suo merito.
scorta
però mi par verisimile ch'essa
l'
quest'opera, e ignorandosene l'autore,
fatta
sola
la
,
copiarono a vicenda
si
e
Le Brun pittore francese che vidi Fanno scorso in Milano di ritorno dalla Spagna mi assicura che questa copia oltre r essere benissimo conservata è a molti titoli pregevole e in generale di buon carattere: non seppe però nemmen egh, sebbene esperto conoscitore delle manieeffetto.
il
,
,
,
re delle varie scuole, indovinarne o sospettarne l'autore. 11 signor Giorgio Wallis, valente pittor di paesi, che ha veduto quest'opera in questo stesso anno loio, mi assicura che è di molto annerita, e che il colore vi sta per cadere a cagione
dell'umido grande che domina quel luogo nel verno, e del gran caldo che vi regna l'estate. Un simile danno die' egli che hanno sofferto quasi tutte le dipinture in tela che sono all' Escuriale cioè che tutte sono degradate dalf esser loro antico per annerimento e per iscrostamento. La copia però da lui veduta ,
da vicino e da
lui
asserita
ragionevole,
non ha avuto verun ritocco. sebbene non si accordino
recenti autorevoli testimonj del suo pregio stato presente,
mi sembrano
poco
di scrittori
migliori elogi di quest'opera che
(
Anche
non
tutti
i
citati
esperti delf arte o pregiudicati per altre ragioni.
NEL MONASTERO DI
cenacolo.
I quali
sul suo
,
I
S.
Syo
VINCENZO IN MILANO. circa
)
refettorio del soppresso monastero di san Vincenzo vantava il suo Esso è dipinto a fresco e le figure sono grandi al naturale. La ma-
il
niera somiglia a quella de' discepoh di
più distinto
fra loro,
AureKo Luino.
aveva dipinta in gran parte
che sua parimente fosse
la pittura
del refettorio.
Pietro Gnocchi
la chiesa:
si
,
forse
il
potrebbe credere
Se è sua, non gU fa grande
102
onore
essendo lavoro mediocrissimo per disegno e per colorito. È però molto un nuovo sviluppo clie 1 artefice diede alle figure in (questa libera imi-
,
notabile
La
tazione anzi che copia. di
Giacomo
il
figura di san
Maggiore, vedesi qui
mano che
esattamente nell'atto che la detta di
che
si
Tommaso, isolata
in vece di stare dietro quella
e col braccio
in molte copie
mano
e la
si
vede
sinistra
fa supporre-
,
è di già ragionato nel secondo libro.
COPIA DI SESTO CALENDE i58i
{
Nell' antica chiesa parrocchiale
chiama anche
al
presente
1"
di san
abbadia
)
Donato
perchè
sinistra della cappella detta di san Pietro,
nacolo dipinta a fresco,
c).
in Sesto
fu
tale
Calende
auticaiuente
la eguale si
,
parete
sulla
,
vedesi una meschina copia del Ce-
alta braccia quattro
ed once otto, e larga braccia dieci
mezza. Nel fondo in luogo della porta e delle finestre che Fautore soppresse, si veggono due compartimenti o quadri, l'un de" quali rappre-
e once
sette e
Eva
senta la nascita d' il
peccare d'Adamo.
il
mancanze che
disegno
,
;
vi
scorgono
si
in
varie
Colla nascita
d'Adamo
col peccar
Osservansi in questa copia
sacrifizio di Cristo.
le
X altro
,
pittore alla cagione del peccato
iufiiiid
parti
,
d'
Eva
alluse
alluse alla cagione del
arbitrj.
E
inutile
poiché vi manca
il
notare
nel
tutto
colorito ed ogni sana parte dell' arte.
Marco tempo
assomiglia alquanto alle copie di
almeno per questa parte neir originale
,
fosse
Certosa di Pavia.
piamo per due storia dell' arte
la
quale
stata
tratta
Da due
'1
in
che
la
copia fu
fatta,
era già perduta
o dalla copia di Castellazzo o da cpella della
cartehi
iscrizioni chi
che
,
al
Nella disposizione delle gambe con che potrebbesi congetturare che
dipinti
nelle
pareti
laterali
del quadro sap-
fece e chi l'ordinò. Sarebbe desiderabile per la
simili iscrizioni
si
leggessero in tutte le pitture
piìi
ma
impor-
sventuratamente abbondano più nelle opere mediocri che nelle buone. La prima che vedesi a destra di chi legge porta le seguenti parole
tanti
;
:
(
sic
IOANNES BAPTISTA TARILLVS DE CVREIA VALLIS LVGANI PINCE BAT ANNO i58i
)
•
•
L' altra a sinistra dice
:
SOCIETAS SANCTISSIMI CORPOEJS XPI EX ELE MOSINIS HOC FIERI FECIT
- ANNO
i58i
m.
i53
Chi
si
trovasse ozioso a Sesto e fosse spinto dalla curiosità a vedere
copia, ristori
tempo che
il
composizione
bella e savia
leonardesca.
Un
vi
perderebbe, coir osservare
sebbene abbia molto
battistero, la quale,
gruppo
,
modernamente
bene
se
d'
un
allievo
scuola
della
che ragionan fra loro, è composto maestre-
in
forse
di
non che
rifatta,
tavola a scompartimenti
del
stile.
Questa abbadia è antichissima parte
la pittura a fresco
dà ancora sufiìciente idea di
ed é certamente opera
di dottori
volmente ed é di ottimo
sofferto,
questa
mille
anni
Vicino
risarcita.
ma
,
fu per la maggior
al battistero vi è
fondo d'oro, non senza merito per
ne ignori l'autore, può dare idea dell'arte
sagrestia della chiesa sotterranea
vi
di
un'antica
Seb-
l'età sua.
quattro secoli
In una
fii.
sono pure de' freschi di un'antichità assai
un angelo sedente che suona un violino tedesco. Sopra la porta poi della chiesa esternamente si vede una Vergine col putto e un san Rocco opera assai antica della quale è autore un Bernardino Molina. Vi è
remota.
di
singolare
,
COPIA DI PIETRO PAOLO RUBENS. 1600 = IO
(
Poco dopo
il
Rubens. Esiste
)
millesecento dee porsi la piccola copia del Cenacolo
al
presente in Madrid presso
il
duca
Ho
di Hijar.
chi l'ha veduta che è talmente tradotta nella sua maniera, che appena
nosce donde proviene. Forse è cpella che servi per
la
fatta
udito dire si
dal
da
rico-
stampa del Soutman.
COPIA NELLA PINACOTECA AMBROSIANA. i6ia = 16
(
Benedetto Sossago, nel quarto
)
libro de' suoi
Epigrammi pubblicati
alluse principalmente a questa copia ordinata dal cardinale
allorché cantò que' versi
Dum
;
caput expirans
Pictor Leonai de , reclinas , Callonim dominus hrachia supposuit. Ecce mas tabulas Feclericus servat ab cevo ;
Hic mentis
E
veramente questa copia
in su
,
servare
,
casto s
,
corporis
per quanto in allora
si
poteva,
la
,
'die fidt.
quantunque non presenti
le figure
è la sola pienamente autorevole e fatta assolutamente ,
nel 16 r6,
Federico Borromeo,
che dalla mensa
all'
oggetto di con-
memoria del moribondo
originale.
ragguaglio che sono per darne, é tratto da quanto scrisse e pubblicò lo stesso cardinale nel suo libro intitolato Museum Questo valentuomo che
Il
sì
bene
,
i54
intendeva
imaginò
valore di tanta opera
il
modo con che
di trovar
diligente, e mostrandogli
copia
meglio che
il
il
veggendola prossima
Chiamò
ripararvi.
all'
ultima sua ruina
un
a sè
pittore
vicino pericolo di tutto perdere, lo
potesse. Ciò
si
,
impegnò
debb' essere avvenuto intorno
,
esperto e a trarne
1613 o poco
al
come si può giudicare dall'epoca in cui furono stampati i versi del Sossago. L'artefice, disperando dell'esito dal vedere le croste dell'intonaco cadenti, e il più delle figure guaste o svanite, deluse da principio la lusinga concepita dal dopo,
cardinale
d'
averne un intero
di quelle in cui era
contentossi
di
minore
mala voglia
cominciò ad averne due o
veggendo l'opera
pittore,
ritratto
e solo
,
cardinale,
il
offerse di copiarne Cjualche testa
si
danno del tempo e
il
teste
tre
delle altre circostanze.
non pertanto
e affrettando
delle
quali fu
il
Ac-
lavoro,
oltremodo soddisfatto
e
,
il
meglio che non s'aspettava, prese animo a seguire e accrebbe colle proprie le speranze del cardinale. Cosi dopo gran
tempo, con
infinito
riuscirgli
tedio e suo e d'altri, in molte riprese, tutte le tredici teste
furono ridotte come ora
si
E
veggono.
perchè
osservare le minute cose di ciascheduna,
per tutte,
modello
servì già d'una sola gran tela qual cosa l'avrebbe costretto a copiare lungi molte braccia dal in tante piccole tele quanti sono i principali gruppi le dipinse
la
ma
;
pittore volle poter d' appresso
il
non
si
,
indi compiuta
l'opera
riunì
Della fede ed accuratezza posta in questa imjiresa non
che
oltre
il
pittore graticolò e lucidò
,
con quell'esattezza che potè
tutto
il
ognuna
si
delle teste,
maggiore.
può dubitare, poiché ebbe
la sorte
di tro-
vare a quel tempo gh antichi dintorni della stessa grandezza, de' quali ora, per quante ricerche io m'abbia Ante, non ho potuto rinvenire memoria alcuna. In
modo
questo
giun-se ad ottenere
questo lavoro
carissimo
sopra
poteva un giorno riuscire
utilità
il
gli ,
suo intento altri
buon museo
cardinale
il
del suo
quale aveva
il
prevedendo
di quanta siccome solo vero deposito de' pochi rimasugli ,
della più grand' opera del Vinci. Egli vi fece inscrivere le seguenti parole che
dallo
stile
si
scorgono dettate da
lui
:
RELIQVIAE OOENACVLI FVGIENTES HAC TAEVLA EXCEPTAE SVNT
VT COSSERVARETVR LEONARDI OPVS. Cosi
quod
si
ill.e
può
dire
col
tinrum descripserat.
E
cjuale, segue a dire scevientis
Bosca
,
Ostendinms item exemplum vlnciani
(Vincius) pulchenimii/n in
aqudoms
ne abbiam il
Bosca,
afflatas
triclinio
deljito
carnee
illius
tm bonissimo
effetto
;
ma
il
al
imaginem pingi
tempo
in
che fu
genere de' colori che
tanto annerire che in alcuni luoghi
Canaculi
wdem
gni-
provida mente del Borromeo jiissit in
tabula,
dominicance cmnauoni historiam fere totani
Egli è certo pertanto che questa copia,
fatta di
alla
dominicani coenobii ad
non
si
vi
fatta,
,
la
cum
abstuleric.
doveva produrre
furono impiegati
,
giunge a scorgere qual
1"
ha
tinta
i5S
vi
si
Questo generale abbassamento de' colori che
volesse imitare.
r armonia
opera
dell'
opere insigni
,
e
l'
esser essa collocata in alto in
anzi precisamente
,
al
una
tolse tutta
sala ricca
di altre
di sopra del mirabile cartone originale della
Scuola d'Atene, furono cagione che rimanesse
a lungo inosservata, e che nesdisegno che studiarono l'opera di Leonardo, ad essa avesse ricorso. Del ragguaglio con cui il cardinal Federico illustra questo monumento sebbene fosse stampato al suo tempo non s' impresse che una dozzina al più d'esemplari per uso della Biblioteca e Pinacoteca, costume che
suno degli
artefici
del
,
,
quel cardinale tenne in
prime edizioni de'varj suoi opuscoli, per tal Rara parimente è la seconda edizione del suo Museo procurata in Firenze dal Gori né credo che altra ne esista. Oltre ciò nella Pinacoteca non se ne solca tenere nessun esemplare nò della prima né della seconda, e sarebbe stato, adir vero, poco utile per le continue mutazioni ed aggiunte, e negli ultimi tempi per le perdite fatali delle cose migliori. ragione quasi del
tutto
tutte
le
sconosciute.
,
Ad
ogni
modo non
degli elogi del
cose delle
arti
da questa
sola,
,
si
tenne questa copia in quel conto
che meritava, e ad onta
Borromeo che aveva buon giudizio e senso non volgare per le appena yenne modernamente chiamata non Spregevole. Intanto perchè per testimonio non solo contemporaneo, ma della per-
sona stessa autorevolissima che
la conunesse, £!vaftco/afa e lucidata, si ha un'idea giusta e precisa della disposizione esatta e del grado vero de' moti delle figure. Si vede parimente per essa dove era maggiore , dove meno sensibile il guasto dell'originale. La testa del Salvatore è la men buona di tutte, da che si può congetturare die nel dipinto del Vinci, non solamente era imperfetta,
come
da più sani
storici
siam
fiuti
certi,
ma
che anche quel primo imperfetto' lavoro
doveva, più d'altre molte parti dell'opera, aver sentite le ingiurie degli anni, tale da non potersene avere una ragionevole imitazione. Perciò il
ed esser
in questa testa più scigli
copista'
che altrove
si
opera degna del suo modello
apparisce ammanierato e licenzioso
Procaccino di cui forse
mente
abbandonò
fu
,
alla
Anche
propria maniera, e non riu-
nelle
mani del suo san Filippo
e richiama alquanto
discepolo.
Cosi trovansi
eseguiti, e alcune altre parti trasandate
bilmente non tanto per tedio d'una lenta
fatica,
di Giulio Cesare panni negligente-
il fitre
alcuni
con incuria, e tutto ciò probaquanto per la ruina e mancanza
totale di dette parti nella parete delle Grazie.
Resta ora a dire dell'autore, ignoto al Fiorillo e agli altri che di questa copia parlarono: e fu un Andrea Bianchi, milanese, soprannominato il Vespino. Ma nulla v'ha fra le opere stampate che ce lo ricordi, tranne alcuni passi del Sormani e del Torre che parlano di qualche suo lavoro, e d Fuessly che copiò quegli autori. Egli però fu slimato assai dal lodato fondatore dell'Ambrosiana , il quale non solo ricercollo per affidargh l'opera del Cenacolo, ma lo incaricò di gran numero di altre copie di opere insigni, come si può fra le note
i36
vedere desca
Dai suoi
('^. (
lavori appare assai diligente nell' imitare la
chè in quella quasi esclusivamente
0 da' suoi
imitatori
)
della propria.
affitto
carattere
e
,
Ma
si
vede
a
sì fatta
,
si
maniera leonar-
copiando o da Leonardo
esercitò
eccetto quanto al di sopra notai
precisione nell' imitazione
non aggiungeva che una mediocre
,
dimentico
del disegno e del
pratica di colorire
,
talché le opere
sue sono per lo più annerite e in molte parti presso che perdute, e specialmente in quelle nelle cpiali il colore non è sostenuto dal bianco di piombo.
Le
cose
sue migliori
oltre
,
alcune parti del Cenacolo
tavola tratte da opere distrutte del
Luino
,
sono alcune
teste in
vecchio, e forse d'altri della scuola vinciana. In cpieste ha evidentemente usato miglior metodo migliori mestiche , il
,
e forse imprimiture bianche o
almen
e quello in che mori questo pittore tant' altri
:
chiare.
forse fu vittima
valentuomini, della peste del i63o,
COPIA NEL MONASTERO DI
Dalla 1
si
nel
ogni parte
in
soppresso
del
dipinta a ,
fresco
:
le
e vi sono
delle vivande. 11 fondo imita la
quest' opera j
essa
si
monastero figure
vi
vede che
sia
degno
,
congettura intorno
come vedemtuo
nella libreria
\
,
Roveri ^
detti
di
san Michele
,
alla
Chiusa.
È
più aggiunte varie figure che portano continuazione della volta del refettorio e rimane
un
cartello, posto al di sopra stata
eseguita.
Nulla
in
dell' originale.
COPIA IN SAN
persone degne di fede da
può
fratelli
di
(
la
e
città.
sono di grandezza naturale.
legge l'anno 1636 in cui pare essere
si
NUOVA
Se
nostra
)
aperto con vedute di architetture e di paese. In di
come Daniello Crespi alla
debb' essere uscito l'autore della mediocre copia che ancora
,
refettorio
Quest' opera è arbitraria
,
fatale
scuola di Camillo Procaccino o pure da quella de'
Fiammenghini vede
si
MICHELE ALLA CHIUSA.
S.
1626
(
S'ignora l'anno in che nacque,
alla
me
BENEDETTO DI MANTOVA. i63i
)
copia del Monsignore e le asserzioni di alcune interrogate
collocarsi la copia
avessero fondamento
che venne
sostituita
,
a C[uest'
epoca
antica
fosse
all'
fosse nel refettorio di san Benedetto in Polirone.
,
'57
COPIA NELLA GALLERIA DI MONACO. (
Sono debitore Baviera a
della
di
notizia
ama molto
quale
il
,
i65o
circa
)
questa copia a
e protegge
S.
A.
generosamente
Pi-incipe
il
le arti
Reale di
e allorché fu
,
Milano nel dicembre del 1808 onorò più volte di lungo esame i miei Né limitossi la bontà del lodato principe ad informarmi
studj
sopra Leonardo.
opera che
si
in disegno lucidata dal
quadro
egli si
:
compiacque
della quale gentilezza
;
conserverò sempre infinita gratitudine. L'opera è attribuita a Niccolò Possine,
gli
su di che dalla vista del solo disegno chito di
molte colonne
parimente è de'
Monaco
conserva nella magnifica galleria di
mandarmene una copia
di
di tal
1'
due
non
accessorj
gli
può
si
giudicare.
sono cambiati ad
fondo è arric-
Il
arbitrio.
Cambiata
attitudine di Matteo ed alterate notabilmente quelle di alcuni altri
commensali.
oltre
e
,
Il
quadro è
un braccio
alto
e
un quarto
circa
poco
e largo
,
braccia.
COPIA CIA NEL CONVENTO DELL' OSPEDALETTO. (
1660
circa
Io vidi, molti anni sono, cpesta copia in
darmi
non che non era
se
grandezza naturale: sentita
da alcuni
il
tale
da
farsi
)
tela a olio,
ma
osservar lungamente.
altro
Le
non
so ricor-
figure sono di
disegno debole;
attribuire
il colorito sbiadato e senza vigore. L'ho ad uno de Piola di Genova. Esiste ora in Venezia.
COPIA NEL REFETTORIO DI SAN PIETRO IN CESSATE. (
Agostino e Giacinto Santagostino
,
sono
figli
,
1675
circa
)
e probabilmente
gli autori di
discepoli
di
Giacomo Antonio
questa copia fatta già pel refettorio de' gesuiti
in san Fedele, tolta poi di quivi per esser posta nel refettorio dell'orfanotrofio di san Pietro in Gessate
una
tela
ove
al
presente
si
vede.
Essa è dipinta a olio sopra
d'un terzo circa minore in grandezza della parete sulla quale è dipinto
r originale
,
essendo
la sua altezza di braccia
cinque e once
tre
milanesi
,
e la
larghezza braccia dieci e mezzo.
Desiderosi
gli
autori di conservare nello spazio staljilito la
massima grandezza
delle figure, le accostarono fra loro quanto poterono sulla linea orizzontale;
ma
per acc]uistar mole, perderò no infinitamente dal lato de' moti che divennero languidi
/
i58
e falsi
perchè
,
fra loro
per cui è mirabile
impediti e privi di quello slancio e di quella prontezza
Cenacolo vinciano.
il
cui furono impiegati colori
iinprimitura,
fumo
il
dita totale dell' effetto
trebbe degli
agli
meglio
,
tempo
troppo oleosi
e
cui da quasi
,
questa copia che
di
infiniti
un' imitazione
dirsi
anneramento dell'opera,
totale
non
,
si
la
tinta,
ma
di questi
in
cattiva sta
della perautori.
In
par di molte altre po-
al
scorgono
,
un secolo e mezzo
non solo dell'adombramento d'ogni sempre debolissimo in ogni opera
arbitrj
copiatori,
altri
Il
resistenti al
e l'umido de' cibi
esposta, sono cagione
mezzo però
non
ordinarie
le
caricature
Giuda specialmente conserva molta espres-
e la testa di
sione senza le stravaganti deformità che
osservano in particolare nelle copie
si
Marco.
di
I fratelli Santagostini
La
cui fu
di
furono,
pari del padre loro, mediocri pittori di pratica.
al
loro maniera è
una debole luistura di quella discepolo Giacomo Antonio, e dell'altra
Cairo. Agostino pubblicò nel 1671
di
Giulio Cesare Procaccino
piìi
librettino in 16.°
il
diede un catalogo delle più insigni pitture della nostra d' errori
d'
,
inesattezze e di ridicole esagerazioni
fiacca del cavaliere
pieno, a dir vero,
città,
ma non
,
Del
che già citammo, in cui pertanto di qualche
per non esservi di meglio a cjuella infelice epoca. A lagione l'Argelati desidera che quest' opascoletto venga riprodotto meliorc crìteiio e colle necessarie aggiunte e più sarebbe ora da desiderarsi e perchè venissero con miglior cura conservate le cose che ci rimangono, e perchè si potesse aver notizia del luogo ove stanno al presente le molte che vennero traslocate. utilità,
;
Questo Agostino Santagostini o dall'incisore dello stesso
Sant'Agostino non debb' essere diverso
di
nome, menzionato
dal
padre
De
Angelis nelle Notizie
degl'Intagliatori aggiunte all'opera del Gandellini.
VARIE ALTRE COPIE MINORI {Dal i55o Como ed
L'autore del libro intitolato CaUietra, scrive
Cena vi
di
come
Leonardo,
in avanti)
il
Larìo
,
segue: Insigne, per esempio ,
e tiensi fattura
dove ragiona de quadri della è la
copia della rinomatissima
di Francesco Monsignore. L'esattezza e l'abilità è sull'asse. Mi duole dovermi allontanare debhonsi molte notizie intorno alla storia
spiccano del copista, e questo dipinto
dal parere
dell' illustre
delle arti di
opinione
,
autore
cui
Como; ma non pretendendo
procedo
liberamente
oppongono
allorcjuando
si
la pratica e
l'amor dell'arte mi
che
tai
all'
nella
altrui fa
mai
io
esposizione
autorità
,
colla
mia distruggere
de' miei
sul cui valore
divisamenti ,
come
l'altrui
anche
su quanto
dire, giudicheranno, rjuando che sia, coloro
cose intendono ed hanno in pregio.
,
Questa tavoletta adunque, larga due braccia e un quarto circa, e poco oltre alta , è dipinta assai mediocremente ed è opera debole in tutte le
un braccio
,'
Nel modo generale somiglia alquanto alle note copie di Marco se non che è un poco meno caricata nelle fisionomie. Anche le tinte somigliano in gran parte alle usate da quell'autore, e capelli specialmente vi danno in quel solito suo rosso bruno come nella copia di Castellazzo. Le mani e i piedi annunziano la stessa origine, essendo in tutto senza grazia e mal disegnati. Vi parti dell' arte.
,
i
scorge la
SI
mano
Tommaso che prende
di
avvalora la mia congettura circa
tipo
il
coltello
il
donde
la
;
c[ual
circostanza
deriva. Tutta l'opera è
ritoccata
generosamente da mano inesperta, il che contribuisce a scemarne il pregio. Ciò che in essa sarebbe più degno di nota, se l'opera fosse più importante, è l'iscrizione F. C.
SI
M.
di carattere antico e originale, la quale vedesi sulla
Ma nemmeno
tovaglia a sinistra dello spettatore.
opinione del
Meglio
non ziali
si
almeno
fosse
degna
tali
lettere si
accomodano
alla
che attribuisce cpesto lavoro a Francesco Monsignore. accomoderebbero a. Fra Cimiamo Monsignore fratello, se l'opera citato autore
Ma
di lui.
di
mezzo secolo posteriore
chi fosse r autore di
e se la maniera dell' opera fosse credo impossibile indovinare dalle indicate inicopia, perchè il poco merito di essa lo dimostra
modo
ad ogni
tal
oscuro e lo condanna ad essere escluso dagh abbecedarj anche più numerosi. Chi avesse pertanto occasione di vedere questo quadretto si pascerà assai ,
meglio
la
vista
osservandone un
sentante la Vergine col putto,
altro
due
che
gli
collocato
sta
al di
sopra, rappre-
angeletti e sei persone benissimo ritratte dal
La composizione ne è semplice e graziosissiina. Osanche, come opera uscita dalla scuola di Leonardo, un quadro di ricca e bizzarra invenzione che rappresenta Enea che visita Didone in Cartagine. naturale in atto di orare. servi
Assai più pregevole
signor tre
Giuho
men
once
dovrebbe il
di
mi parve una
copietta esistente in Castelmarte presso il Essa è di pari altezza con la descritta, ma è di circa larga. Non ha nota veruna onde poterne arguire l'autore: l'epoca Terrario.
poco eccedere
la
prima metà del secolo decimosesto. Non vi si vede vi si veggono bensì le portine laterali da
sohto ornamento delle tappezzerie
:
molti copisti soppresse, e qui sono alte
Non
vi
si
veggono
altre
come
porta e le finestre del fondo.
la
cose notabili, ma, ad onta di varj
difetti e di molto abbassamento nelle tinte, panni doversi a questa il primo luogo fra le copie piccole da me viste, eccettuandone però la descritta di san Barnaba, la quale, sebbene non superi questa in disegno, la supera in antichità e in autorità di scuola.
Un'altra simile in grandezza a quella della Gallietta è posseduta in Milano Apparisce della stessa epoca delle antecedenti o
dal signor segretario Masera. di
poco
de' verdi
posteriore.
e
degli
Le
tinte vi
sono arbitrarie, e
azzurri prodotto
dell'indaco e d'altri colori
fallaci
dall'
vi
si
vede
il
uso del verderame
che non reggono
al
solito
,
tempo.
del
A
annerimento giallo
santo
differenza dì
i6o
molte altre questa copia pare derivare dall'originale delle Grazie: quindi le
sono moderate nelle forme
più di quelle che provengono dalle
non
ma
scorge;
si
Non
senza grazia.
come
inclinato
indovinarne
l'
il
disegno
manca
vi
la
nelF originale.
autore
non
,
n' è
mano
Le
debolissimo,
figure pesanti e
le
di Tojnnaaso. Il Salvatore
non hanno
teste
aureole.
ha
Non
in Milano presso
maniere conosciute.
riscoiitrandovisi alcuna delle
lontana congettura circa
Manca
la
,
sarcita.
del
Le
carattere.
non
lavoro
attitudini
carpo
,
è
fianco
al
tal
poco
la
:
della solita
saliera
Pietro tiene nella destra
quindi
l'
atto è
col-
il
meno pronto ed
Taddeo non tiene la sinistra stata modernamente mal rifu male restituito in seta bianca. Il com-
d' essere
La testa manca
mensa.
fondo antico
Il
plesso
alla
Vi è indizio
Tommaso.
sinistra di
,
appoggiata
conserva
si
con che potrebbesi avere qualche barlume di
:
la scuola dell' autore.
mano
ma non appoggia il espressivo ma non lascia tello
alquanto tozze, e richiamano un
in altezza: sono
maniera di Bernardino Lanino rovesciata.
capo poco
il
proposto di sant'Ambrogio. Le figure di poco vi eccedono
il
mezzo palmo
in
tutto
il
credo possibile
Dello stesso tempo apparisce eseguita una copietta in arazzo che
il
teste
copie di
In generale vi domina una semplicità ed un' armonia maggiore che
Marco. altre
assai
naturale.
del .Salvatore e
spregevole
e
,
vi
è
ha cpialche
testa
buon' aria e
di
però sono stentate e pochissimo serbano dell'espressione
dell' originale.
Un'altra copia parimente d'ignota mano, larga ventisei once circa ed alta venti,
mi venne comunicata descritte.
tore
il
,
dal signor Coramerio pittore. Si accorda in epoca colle tre
carattere di varie teste
Il
molta inclinazione di quella del Salva-
la
,
paese del fondo, certe righe gialle ne travicelli ed altre note
riconoscersi la fanno credere derivata
dalla copia a fresco di
facili
Marco. Le
a
tinte,
già alterate a capriccio dal pittore, soffersero anche grave alterazione dal tempo,
specialmente negli azzurri e ne' verdi anneriti
uso de' colori.
Tommaso
pavimento è
Il
fatto
a
al
solito
per mala scelta e mal
marmi di varie tinte Anche questa come
;
v'
è
la
mano
di
il più hanno le aureole. delle altre grandi e piccole non fa autorità che dove si accorda colle migliori. Neil' istesso tempo all' incirca in cui furono fatte c^ueste copie, fu, cred'io, :
le
teste
,
,
fatto
anche
il
che da molti ed è largo e che
disegno grande che stava per scrittori è attribuito a
tre braccia e
che ne dica
il
un
l'
addietro presso
Leonardo. Esso è
i
conti Casati e
alto circa quattordici
once
quarto. Il suo pregio principale sta nell'antichità,
Carli nelle note al poemetto
latino sull'Intaglio,
sembra
lavoro eseguito di reminiscenza o pure sopra qualche schizzo in piccolo, cosa usata sovente in que' tempi. Chi bramasse averne un' idea
ne
trasse
il
signor
Domenico Aspari,
però credette di dover sopprimere
,
vegga
la
stampa che
professore dell'accademia reale, nella quale i
piedi
segno sono di moderno risarcimento, dal
,
perchè quelli che vedonsi nel di-
De Pagave
attribuito al Sassi.
1
Coloro
che credettero disegnare
quest' opera
non che
,
di
mano
Leonardo non sapeano che
di
fosse
il
'
il
disegnare di tanto uomo.
Per un secolo circa, dopo l'epoca piccole copie nè in disegni
mena
le
,
quali
anzi
,
,
.
se
si
che copie
copietta poi a olio che
vede nella
si
once sedici e larga men
,
di queste opere, non mi avvenni nè in eccettuano due cattive miniature in pergapossono chiamarsi arbitrarie imitazioni. La
di ventotto
,
galleria dell" arcivescovado
sembra
dopo
fatta
alta poco oltre metà del secolo de-
la
,
cimosettimo e non ha pregio d'arte che vaglia. Un'altra, fatta forse al finire di quel secolo o al principiare del seguente, esiste presso il signor Marco Cigalini; nè vanta migliore autorità, eseguita, com'è, arbitrariamente in ispecie nel fondo d'infelice architettura, adorno di pilastri e bassirihevi. Non è però che dalla metà del secolo decimosesto alla metà del seguente non siensi fatte copie piccole e disegni in buon numero. Le stesse copie maggiori che abbiamo descritte provano che ne furon fatte varie minori, sulle quali quelle prime grandi soleansi
Molte
eseguire.
ne saranno
altre
state
conservare qualche parte sana, e almeno dell'
autore
Dopo
il
,
e
dovea bastare per
attirare
il
l'
vi
alla
mano
di sei dita data
si
per loro studio
generale, pure dovea
vedeva, era di
mano
studiosi.
risarcimento del Belletti che fu del 1726,
maniera e
pittori
effetto
poco che
gli
vedersi copie piccole, disegnate e dipinte. tiva
da
fatte
privato, perchè, sebbene f opera fosse perduta per
Sono
facili a
cominciano di nuovo a riconoscersi e alla cat-
barbaramente dal
Bellotti
a
Giacomo
Maggiore, creduto Touimaso. Ho veduto, da questo tempo fino al ritocco del Mazza, cinque disegni e alcune copie colorite, il tutto pessimo. Uno il
di
que disegni era
di
mano
del padre Gallarati
che ne fece anche una copia in
miniatura, larga circa due braccia, della quale
Roma
e nella
Guida
di
si
trovano elogi nel Giornale di
Milano stampata nel 1778
in francese.
Ma
ad onta di
quegU elogi e ad onta degli ajuti che il Gallarati mendicò da tutd i pittori del suo tempo che proverbiavano la sua opera col titolo di pila dell'acqua santa, la
copia riusci mediocrissima
nè poteva essere altrimenti non avendo il Gaiche una meschina pratica senza alcuna scienza. Migliori d'assai furono alcuni disegni fatti da poi da pittori francesi e italiani, jaer quanto però permise ;
,
larari
lo stato deir originale e la maniera di ciascheduno; nè dee rimanere senza ricordo una grande miniatura recentemente eseguita in avorio da una signora milanese, al cui proposito mi si fa luogo di accusare di troppa modestia e ritrosia in mostrare le loro opere, varie gentih e valenti coltivatrici del disegno della nostra città, per lo che a danno del vero, sebbene con apparente giustizia,
si
crede dagU stranieri che
pregiate presso
Ma
il
le belle arti
sieno fra noi
meno che
altrove care e
bel sesso.
per chiudere competentemente i ricordi delle copie, e per non lasciare incompiuta la serie cronologica delle autorità che hanno servito per la mia cui
serbo
ultimo capitolo del presente libro
l'
credo non poter senz' accusa tacere
,
stampe del Cenacolo, e panni non debba riuscir discaro che qualche cosa aggiunga intorno alle imitazioni più notabili di questa celebre opera.
delle io
DELLE STAMPE DEL CENACOLO. Cominciando adunque dalle stampe io son d' avviso che fra gli artefici primo grido nessuno sia stato dagT intagliatori trattato meno discretamente Leonardo. Nel tempo che le opere sue erano in buon essere e facevano ,
mondo, non vi modo che di quelle
meraviglia del
fu intagliatore di vaglia
darcele in
fosse
degno
occuparsene a qualche buono intagliatore spente del
tutto.
Michelagnolo
,
Se
il
Raimondi che
una caricatura del Rubens. Che
o egli o
se poi
tramandato un diligente intaglio del Cenacolo esso più assai
dell'
opera originale che non
Leonardo
di
che
quella
di
,
in pensiero di ,
erano
Ghisi o
il
altra idea
Vico
il
che
certo
ebbe da
ben
,
si
l'Edelink copiando
serbò
ci
son
,
si
la
qualche pezzo del cartone di
serbò
ci
di
traman-
a
opere che più importavano
di quello
avesse fatto lo stesso
avrebbe della battaglia d'Anghiari
quando poi cadde
:
le
,
che pensasse
di
si
ci
avessero
avrebbe per
licenziose
tante
copie
,
esagerate presso che tutte di espressione e di forme, e troppo in generale lon-
tane dall'idea che dell'opera del Vinci gli
avanzi
Ma
eccellenti.
fama
sola tanta sua
la
,
la
concepire, anche senza riguardarne
ci fa
ottenuta
,
Cenacolo sono di mano debole e sconosciuta tizia
dell'originale, lo storpiano
copie
dere che
rarità
tal
provenga
e
,
fecondo
si
di
opere
più antiche stampe
le
del
e lungi dal recarci qualche no-
,
malamente che pessime imitazioni anzi che sono pure rarissime non si dee crebellezza loro al contrario ne fu cagione il
sì
E
dovrebber chiamare.
si
un tempo
in
fortuna ha voluto altrimenti
esse
s'
dalla
,
:
dispregio in cui fnrono tenute, siccome opere di rozzo magistcrio e inette allo
scopo
di
lezione
modo
rappresentare in qualche
La prima pertanto che di
si
il
dipinto di Leonardo.
conosca e che ho potuto osservare nella ricca col-
stampe antiche e rare
de" signori
Maino
e Storie
,
pare
fittta
del secolo decimosesto. Essa è larga circa tre quarti di braccio ed è Cjuarto
altrove
,
me
intendo l'esemplare da
alta;
e per largo
e per alto più
,
debb' essere
stata
eseguita
lungi
,
disegno scorrettissimo in ogni parte. Le
sono
maso
alterate
Pietro
:
borsa,
ha
in
;
ma non
le distanze cangiate
non ha
il
solito
ma
l'abito stravagante
seinplice
l'
;
che
si
il
quale fu diminuito per alto
Questa stampa dall'
teste
effetto
coltello:
vece una tuinca comune non
le altre,
visto,
notabilmente.
si
originale
Vi manca
IMatteo è baibato
come ho
avvertito
:
la
mano
di
mosse
Tom-
Giuda ha bensì
la
vede nell'originale e nelle copie migliori:
ristretta alla scollatura
ed aperta come
,
su qualche schizzo o
,
soiuigliano quasi tutte; le
nullo.
prima
mcn d'un
le tuniche volgari
da lembo ornato come
romane. In un cartellone
,
i63
appeso
alla tovaglia leggesi
me
con alcune abbreviature
:
Amen
dico vobis quia unus
Nel fondo vedo n si certe casette di cattiva forma e fuor Simone vedasi un brutto cagnolino piedi panni mensa tutto v è fatto ad arbitrio. Ogni cosa in fine dimostra che quest opera fu fatta soltanto per una memoria della composizione e sventuratamente si fatto progetto cadde in mente ad artefice ignorantissimo il quale vestrum
traditurus
di prospettiva. ,
est.
Presso
l'
apostolo
;
,
,
,
ornò l'opera a suo questi è notabile
modo
di
quegli accessorj
un gran pesce posto
che dettogli
nel piatto che
si
il
capriccio.
vede davanti
al
Fra
Salva-
tore. Se la cattiva maniera e le tante altre licenze dell' opera non dimostrassero che questo pesce vi fu posto dall'artefice a capriccio senz" alcuna erudita veduta, SI potrebbe in esso riconoscere il mistico pesce di Tobia, il simbolo di Cristo,
quello pel quale
i
cristiani
furono per sino chiamati
vedersi la Dissertazione del
Ansaldi, nelle quali
si
carne cotta sul Golgota
:
pescicoli.
camaldolese Costadoni e
Può
l'altra
in
tal
di Pier
proposito
Tommaso
ragiona a chiare note del gran pesce Cristo, anzi della sua opera lodata da Giovanni Lami nelle Novelle letterarie.
Che
peccato che que' dissertatori non conoscessero questa stampa Nella stessa collezione ho veduto un' altra stampa che sembra essere stata copiata dall'antecedente ed è in fatti a rovescio. Fanno anche così giudicarla !
le
teste barbate, le fisionomie, le
mani,
Nel fondo sono chiuse le finestre quadrad delle tappezzerie. In alto v'è una gran tenda, la qual cosa si vede ripetuta nella stampa del Soutman. Vedesi anche il pesce avanti a Cristo , con che confermasi l' indicata origine di questo meschino intaglio. La parte inferiore manca nell'esemplare da me veduto; e la porta
:
in vece sono da
quindi non so se vi fosse
un
ecc.
lato aperti
scritto
il
nome
i
dell'autore.
Dopo
creste che certamente sono le più antiche, avvene un' altra , all' acqua forte parimente, d'autore sconosciuto, la cjuale non supera in pregio le antecedenti
:
solo le agguaglia in rarità.
Non
so poi se dcbbasi porre per quarta quella
acqua forte dal Soutman o un' altra a bulino che sembra di scuola tedesca o fiamminga. Parlando di quella del Soutman dico riconoscersi meglio la Gerusalemme del Tasso nelle traduzioni in dialetto milanese o bergamasco, intagliata
all'
,
di quello
si riconosca in questa stampa la maniera di Leonardo. Il Manette non mostra buon giudizio dicendo in essa ben inteso il chiaroscuro. L' altra a bulino è pessima per ogni parte ed ha molte capricciose variazioni specialmente nel campo.
Da tratte
queste
da
si
salta fino alle
stampe che diedero
il
tre diversi disegni tutri creduti originali.
trecent' anni senza
Caylus,
A
il
Ryland
dir breve
e l'Aspari,
passarono ben
che il povero Cenacolo fosse onorato d' un intagho ragioneSon persuaso che la sua mina fu in gran parte cagione di questa dimenticanza ma non dubito che vi abbia contribuito non poco anche il mal gusto delle arti che dominò per l'appunto allorché fiorirono forse i più eccellenti vole.
,
164
In
intagliatori.
istima le
in
condotto
da
fu
,
mente nel
1
fatti
belle
quando
negli ultimi tempi cominciarono
opere anticlie
varj
tosto
,
Cenacolo
il
nuovamente
comunque
,
disegnato in misura da potersi intagliare
artisti
a salire
fosse
lual
sì
e final-
;
800 r egregio signor Rafaele Morghen ne pubblicò in Firenze una la quale, come può dirsi la prima, così, non dovendosi
stampa diligentissima, contare
che ne fecero
rintagli
i
Rainaldi ed
il
altri,
è finora l'ultima dell'opera
di Leonardo. Dissi l'ultima, presa per quanto poteasi dall'originale, perchè la
stampa del signor Frey che apparve alcuni anni dopo, fu
sulla copia della
fatta
Certosa di Pavia.
La
finezza pertanto dell'esecuzione e l'eccellenza di alcune parti nella stampa
fanno riguardare come una delle più nobili produzioni
di Firenze la
non meno che
A
dell'arte.
coloi-o
però,
dell'
occhi de' quali non
gli
autore,
lasciano
si
abbagliare dal lenociuio de' tagli, duole di non trovare in rpiesta insigne stampa espresso del tutto
non
il
al
carattere di
suo
modo
Leonardo, mentre
non poche cose estranee
vi s'incontrano
E
pensare e d'operare.
di
meno
duole non
il
vedere che
è facile che alcun altro intagliatore tenti per ora lo stesso argomento, sgo-
mentato a ragione dal nome
dell'illustre autore
uniti alle attrattive della
che lo ha preceduto, non che
anch'essi di arduo conseguimento,
dai molti veri pregi dell'intaglio,
composizione ed
alla
nale, han fenduto la stampa di cui ragioniamo
fama universale
dell"
quali,
i
opera origi-
ricercatissima e preziosa in ogni
,
parte d'Europa. Pure a chi bene osserverà, sarà prontamente manifesto esservi
ancora molto a fare onde avvicinarsi al
già fatto precisamente le
nelle quali più
il
Vinci
si
jjarti
maniera del Vinci, e mancare
alla
fors'
distingueva
come sarebbero
,
menoma
distribuzione de' lumi motivata in ogni
come
parti simili ne' diversi personaggi,
parte
,
la la
de' capelli, delle
dolce ed equilibrata mirabile varietà delle
mani,
de' piedi, ecc.;
la finezza e forza dell' espressione, la concinnità delle parti col tutto; la
tezza
de'
moti
,
la
grandezza
de' caratteri
grandiosità senza negligenza; quello
il
,
la
prima stampa
,
somma morbido, non molle, il
non
per la
fossero sufficiente stimolo ad intraprendere di
da soddisfare, ove
il
intagliatore fra noi
tale
voglia,
più
i
,
la
de-
sublime Leonardo. Le quali cose,
c|ualora
che pure con lode d'ognuno intraprese due volte
bero accender l'animo di
pron-
senza minutezza
sapiente, profondo; quello in fine che
restitutore della greca pittura,
essendo ora esaurita
precisione
la
in
stile
non duro né aspro, vero sempre,
ciso,
caratterizza
anche
più squisite dell'opera, e quelle per l'appunto
sottili
l'
esimio autore di
quella
Trasfigurazione di Raffaello,
nuovo ("S),
il
Cenacolo
,
potreb-
che ha ingegno e
ed esigenti conoscitori.
1\
mano
che se av-
venisse, sarebbe avverato quel quasi augurio dell'editore torinese del Baldinucci,
che
vedemmo
nel libro
primo
,
e la nostra
l'opera originale, le avrebbe in allora resi le arti
tramandarne
ai posteri
la
memoria.
città tutti
nella
quale nacque
que' tributi con
e peri
cui poteano
i65
DELLE LIMITAZIONI DEL CENACOLO. VuoLSi ora dar qualche cenno
delle imitazioni
;
che anche per esse
si
può
avere qualche luce intorno Y opera da cui derivano.
La più
nammo
antica eh' io aljbla potuto rinvenire
Vairone
di Biagio
,
rilievo di
marmo
,
,
è quella che già altrove accen-
quale vedesi alla Certosa di Pavia in un basso-
la
La
bianco in piccole figure.
varietà
de'
panneggiamenti e
le
tante altre mutazioni farebbero quasi credere che l'autore avesse avuto intenzione di
mascherare un plagio
Ben
anziché dichiararsi imitatore.
,
altramente operò cjuel plastico
che tradusse fedelmente in tredici statue Leonardo, e ne ornò la cappella Sarono famoso per le mighori cose di
di terra grandi al naturale le tredici figure di
detta
del
Cenacolo
tempio di
nel
Bernardino Luino.
Dall'operetta
Sampietro nel i658
,
come pure
,
che sopra questo tempio
die
dall'altra di Giambatista suo
in
luce Luigi
pronipote, pub-
blicata quasi un secolo dopo si ricava che cpteste statue furono fatte da un Andrea da Milano nell'anno iSaQ. Camillo Procaccino poi, molti anni dopo, ,
dipinse nel fondo e ne' fianchi deUa cappella sopra tele a olio varie figure re-
con poco buona mistura di genere e di stile. Se il plastico avesse tenuto nelle sue figure la collocazione e 1' ordine che hanno nell' originale , la qual cosa vennegli impedita dalla forma della cappella quest' opera , lative al soggetto
potrebbe piuttosto
Fra
dirsi
una copia
imitazioni poi eh pittura,
in rilievo che un'imitazione.
non esistendo memoria
del come e dove imitasse Cenacolo Cesare da Sesto, di che si legge ricordo nel Vasari, debbesi il primo luogo al cenacolo di Bernardino Luino che vedesi dipinto a fresco nel refettorio degli le
il
zoccolanti di Lugano. Esso fa posto inconsideratamente fra le copie da molti scrittori sull'autorità del De Pagavo il quale scriveva tutto ciò che venivagli riferito("6).
Le
figure che in quest' opera di Bernardino si possono veramente dir tolte al Cenacolo del Vinci, sono il Cristo e gli apostoli Pietro, Tommaso, Bartolommeo e
Giacomo d Maggiore. Bartolommeo però è posto alla sinistra di Cristo, mentre nelLeonardo è alla destra. Le altre otto figure sono tutte di sua invenzione.
l'opera di Il
di
complesso
Leonardo;
sione
,
la
dell"
opera appar freddo e meschino a chi ha in mente
ma nondimeno non manca
quale
succede se non
di
una dolce, vera,
accresce quanto più
dipinto
il
affettuosa espres-
l' opera si riguarda effetto che non contemplazione di quelle ojiere che hanno in sé qualche Artificiosa molto è anche la fisionomia dell' Iscariote a pie
si
,
alla
verità e bellezza.
,
del C[uale latrocinio,
il il
pittore dipinse
un
gatto per simboleggiare
tradimento e l'impostura.
È
istoria
incomoda
con molta
architettura
,
il
Luino abbia superate
accomodandovi
sagacità ed avvedutezza.
il
poi degno d'esser notato da chi os-
serverà questo dipinto, quanto ingegnosamente del luogo e la
con volgare allusione
le
angustie
e distribuendovi
la
sua
/
i66
Di alcune figure tolte a Leonardo e dipinte dal Lomazzo, probabilmente almosse i primi passi nell'arte, già s'è parlato ove si ragionò della
lorch'ei
copia da lui
nel refettorio della Pace. Altre simili imitazioni
fatta
figure veggonsi in varie dipinture di
Ad hnea
d'
ma non
una o
piiì
ne conosco
,
veggano
si
,
si annoveri fra i quello del convento di san Salvi presso Fi-
mano
di Andrea del Sarto. Quest' opera eh' è tuttavia benissimo conottimamente è eseguita a fresco e vanta in generale molta espressione.
di
,
servata
,
merita d'essere con onore ricordato, ed è degno che
bei cenacoli che
renze
ptire in istampe
che meritino speciale ricordo.
tali
Ben
pm
come
,
imitazione di Leonardo eccetto
1'
vi dispose Andrea le sue figure estreme di profilo. Quel giovine apostolo che
tutte
su di una
con vivada sedere, ha una espressione si viva e vera, che è un danno non sia agguagliata da pari nobiltà nel carattere. È strana la mossa del san Giovanni che sembra spingere la destra nel piatto, mentre Cristo pare allontanamela perchè non si verifichi in lui la profezia con cui voleva accennar Giuda. Questi siede poco opportunamente alla destra di Cristo, e sta per prendere il tozzo di pane ,
si
alza
cità
che Cristo
gli porge; con che rimarrebbe finita l'azione e tolta quella sospend'animo, la cui bella imitazione valse tanta gloria a Leonardo. In ogni maniera l'idea generale dell'opera di Andrea è imitata dal Cenacolo del Vinci,
sion
e la seconda figura a dritta di chi vede, è presa dal suo Giacomo Minore. Rullane a desiderare più legame frale figure e maggior dignità, soprattutto in quella del Redentore che se non fosse nel mezzo, non sarebbe possibile il distinguerlo dagli altri apostoli. la
maniera
buono
,
il
Ben
variati poi
colorito e Y effetto
cangiante troppo ardito e
Raffaello,
del
cjuale
sono
solo
gli abiti,
spiace
bella generalmente
qualche tuono di color
affettato.
Finalmente è pur d'uopo annoverare di
:
non
esiste
il
anche quel cenacolo n'ha una bella e rara
fra le imitazioni
dipinto,
ma
se
Il modo con cui f opera è in generale trattata, il somibarbate, ed alcune altre note che dal confronto le persone dell'arte potranno distinguere, fanno giudicare che dalla più antica delle stampe
stampa del Raimondi.
gliarsi di
molte
descritte
traesse
teste
Raffaello
la
notizia
delf opera del Vinci.
L'imitazione però ed anche Raffaello, ad onta del divino ingegno e di tutte le rare doti pittoriche che in lui con singolare predilezione rmni la natura venne meno in questo periglioso cimento d' imitare le inven-
rimase
assai lungi dall'originale,
al solito
,
quando queste appartengono ad uomini sommi
zioni altrui, note.
L'imitare un'opera
come
il
Cenacolo,
la
e sono generalmente
quale determinò l'epoca della
rinnovata perfezione della pittura, non è come il far quadri e gruppi dietro gli avanzi delle antiche pitture greche o romane che Raffaello cercava nelle terme di
Tito a Pozzuoli ed in Grecia.
dissotterrate
;
in
parte
Queste anticaglie in parte perivano, appena
dopo disegnate venivano ricoperte
,
come ne abbiamo
167
testimonio in più scrittori; altre
qualche memoria dal
tempo o
si
dice
Era quindi merito
il
non
distruggevano
si
logore dal tempo, che, trattane
venivano disperse
facile a Rafaele
non essendo
,
si
e quelle in fine che
;
dalla propria caducità,
dalla gelosia.
ed averne
,
scoprivano
si
1'
non erano
dall'
annichilate
ignoranza o distrutte
abhellirsi di rare antiche invenzioni
donde
facile a trovare
egli le
traesse.
già per iscemare la gloria di quell'elegantissimo artefice,
ma
E
ciò
perchè,
che la storia asserisce le sue opere provano da per tutto che il suo genio non isdegnava di pigliare qua e là il bello fatto da altre mani, come cosa che fosse di sua ragione. Così spogliò Masaccio delle migliori figure ed
oltre ciò
,
manomesse il Ghiberti, Di fra Bartolommeo in
in ispecie di quel mirabile san Paolo,
Michelagnolo e l'antico senza il
san Marco, imitò
Sagramento, in Firenze
candone
disposizione
fra
Bartolommeo,
particolare, oltre
de' santi intorno a Cristo nella
dal Giudizio
che
frate dipinse a santa
il
Disputa del
Maria Nuova
Intanto finché Raffaello imitò le opere altrui meno note, appliinvenzioni in opere maggiori ed adornandole di quella sua grazia
(^7).
le
inimitabile
la
traendola
riserva.
egli
,
accrebbesi
Cenacolo del Vinci, non
riputazione lo
sorti
stesso
e
gloria
ma
:
per
effetto
la
dandosi
ad
notabile
imitare
diversità
il
della
Debbesi però notare in oror suo che ammessa la congettura che suo disegno ad imitazione del Cenacolo vinciano sia stato fatto colla sola vista dell'antica stampa, cpiesta, come s'è detto, è tanto meschina che chi non circostanza.
il
,
avesse per niun altro
derivare
da
mezzo
notizia del dipinto di
opera inferiore
di
merito
Leonardo
alf originale
,
giudicherebbe
la
Raimondi. Queste cose ho voluto avvertire per allontanare gli artisti dall' imitare il modo con cui altri trattarono con fortuna e gloria i dati argomenti invitandoli in vece ad indagare e svolgere la natura degh argomenti stessi onde trarne de modi dal
intagliato
,
nuovi, non tentati prima da fantasie
nuove cose che
altri;
dai quali
modi verranno
suggerite alle loro
incremento, e recheranno a loro onore grandissimo. Ciò eh' io qui dico lo conferma per tacere degli altri l' esempio di Raffaello, che imitando il Cenacolo di Leonardo, gli rimase lungamente inferiore; e f esempio di Leonardo che non imitando nessuna anteriore composizione, all'arte ,
trovò nella natura a farne la
un
tal
,
nuovo modo
di trattare
stupenda opera di che trattammo
quale rimarrà
memoria finché
fior di
,
il
cui
tema propostosi, che i-iusci è poca ogni lode e della
cultura durerà fra gli uomini.
,
i63
DELLA COPIA DEL VICERÉ Sogliono
primamente le cose meno importanti e più gravi temi delle loro scritture, onde così nutrire gra-
accorti scrittori esporre
gli
serbare per ultimi
i
datamente e mantener viva sempre miei
me
ha voluto per
scritti
D'ITALIA.
l'
1"
attenzion di chi legge.
appunto
contrario
il
L'ordine di questi
ed è pur forza
,
parli
eli io
mia qui dove sarebbe opportuno chiudere questo terzo libro recando soccorso alla debole dicitura con la nobiltà di qualche nuovo ed elevato di
e dell'opera
argomento.
Pertanto se
indulgenza del benevolo lettore mi è necessaria per
1"
ogni parte di queste memorie,
non posso
capitolo, nel quale
ma
vergli cosa alcuna piacevole,
mie
relatore delle
me
da
delle diligenze
Chè
fatiche.
ne
che accennai nella Introduzione,
mi
non che
lo stato dell' originale e
finalmente
l'importanza
ordinarmi un
come tal
tale
1'
^
commessami, dovrò non pertanto dovere che mi sono imposto e
il
natura
stessa
pel
genère che finora siensi
Io aveva veduto
e la
col
quale l'ho
difficoltà
dell'opera,
subhme autore
eccellenza del
mi
:
sia
scusa
quale piacque all'ottimo Principe di
quello, cioè, di farlo
impresa che supera per mole
l'originale,
modo
render conto del
la
dell'oggetto
lavoro
scusa
sia
di
meno
scusa non
sia
se per accorciare ch'io faccia la narrazione
poi;,
me
,
per questo
nessuna importante notizia, né descriunicamente gli debbo apparire innanzi prolisso
usate intorno alla copia
estendermi a molte pagine
coiidotta:
più caldamente la imploro
tanto
offerirgli
tradurre in mosaico grande
per
e
difficoltà tutte le altre di
tentate.
le principali fra le
copie descritte, allorché
principiare del
al
maggio del 1807 intrapresi con fervore la mia. Abbandonai primieramente ogni mio lavoro quantunque ne avessi d' importantissimi fra le mani e tutto mi diedi a Leonardo investigando giorno e notte le cose sue i suoi sistemi , le ,
,
,
,
sue pratiche
Mi
suoi
i
risolvetti
l'originale,
quanti
,
scritti.
prontamente di fare un cartone di
onde non aver pentimenti
disegni
ad agevolarmi
potei
,
tratti
da
quell'
opere
tutta l'opera, tale
dente io non era del tutto nuovo ,
al
che mi parvero
tutte
mio originale, perchè,
da disegni per altro
esaminato e studiato
,
cattivi
ammirandone sopra
veramente dell'opera antica
ci
rimanga.
le
,
tutto la
Mi
grande come
proposito misi insieme
piena notizia della maniera del maestro.
la
ne aveva copiate
Per
sulla tela.
teste
,
Per oltre l'
acci-
che da fanciullo
aveva poi sempre
composizione
giovò anche
opportune
forttniato
,
sola cosa che
la pratica del Trattato
Leonardo che mi tenne luogo di maestro, non avendone io avuto altro, non ben dire se per buona o se per mala fortuna. Ne rinnovai però subito una diligente lettura che replicai sovente^ estraendone quelle sentenze che mi di
saprei
parvero avere qualche relazione
al
lavoro che io era per intraprendere. Io
tenni convinto che Leonardo era tale
uomo da
eseguire con
l'
mi
opera ciò eh'
ei
.
169
dava per precetto
né
altri, ciò
e se ne' suoi
,
avvenne perchè
temette di destarla in
egli
sera
fatto dell'arte
minore
di troppo
altri
non pose mai
scritti
alla
esempio nè
in
un'idea tanto sublime, che
sua e vera, qualora agli aforismi
dalla natura e dalla filosofia avesse aggiunto la deljole
tratti
sé stesso
ed a
gran con-
si
fronto ineguale autorità delle opere dell' arte.
Intanto
note
mentre
,
io attendeva a queste
ricerche delle
cptali
disegnava del continuo varie parti del Cenacolo.
,
teste tutte e cjualche altra
parte della copia di Ponte Capriasca,
merito di quel dipinto, quanto per avere
i
teneva esatte
io
Aveva
già copiate le
non
tanto pel
principali ricordi di un'opera lon-
tana che potea per qualche lato giovare alla mia. Disegnai in appresso diligen-
temente
le
teste
mensa
della
tutte
molte mani
,
,
alcuni panneggiamenti e tutto
della copia di Castellazzo. Copiai similmente
il
di sotto
con molta accuratezza
tutte le teste e tutte le mani della copia dell'Ambrosiana. Ripetei sulla stessa copia, con cpalche tentativo di cambiamento, la testa di Cristo e ciucile di Giuda,
di Pietro e di Giovanni, in carta bianca, finite accuratissimamente. Osservai o copiai da per tutto quanto mi venne a notizia che al mio autore appartenesse,
pur anche varj disegni d'opere del suo tempo analoghe alla sua maniera. In questo mezzo le continue inchieste da me reiterate da per tutto avevano in molte parti felice esito. Ogni giorno io scopriva qualche nuova copia che e feci
descriveva fedelmente, notando
il
pregio di ciascuna parte, le forme degli ac-
cessorj, le varietà, le tinte d'ogni
panneggiamento, ecc. Così pure raccoglieva da varj corrispondenti dentro e fuori d'Italia or note, or libri, ora stampe, or disegni, talché in poco tempo crebbe notabilmente il materiale del mio lavoro e con esso la lusinga di non condurlo alla cieca. I custodi delle pubbliche biblioteche e i proprietarj delle private che sceltissime vanta la città nostra
(«)
,
favorirono
le
mie indagini con ogni
Marini e Jacopo Morelli arricchirono notizie d' ogni genere
la
mia
gentilezza. I chiarissimi
suppellettile leonardesca
Gaetano
con
utili
(-s)
modo colle note fatte su tutte le copie da me esaminate , coi predelT autore in mente e colla pratica acquistata uell' esecuzione d'un centinajo di disegni che feci per apparato del mio lavoro , mi posi finalmente a cominPer
tal
,
cetti
ciare
il
cartone.
La storia della copia del Bianchi stesa dal non mi lasciava nessuna ambiguità nella scelta ,
pel dintorno generale delle figure. dell'originale,
era
come
graticolata sopra di esso. pili
semphci
figure
:
del "Vinci
in
fine
,
1'
Ninna dava
come
forme
questa
,
un modo consentaneo
;
teste
aveva
delle altre copie,
fare,
tutte
men
stata
grandi
lucidata
e
più maestose senza caricatura, mani
sveltezza e prontitudine negli
guidava ai
fatta
di quella cui dovessi rivolgermi
questa, per irrefragabile testimonio,
ne' moti e nelle
ninna in
Ninna
cardinale che
suoi
la fantasia a
precetti.
A
atti
delle
rappresentarsi l'opera cpiesta
adunque mi
,
170
sebbene ne avessi di già lucidate con e le mani onde disegnarle con maggior precisione, colla esattezza che seppi maggiore e per quanto appigliai
ingommati le teste nuovamente
cristalli
e
,
la lucidai tutta
io
vi
scorgere
potuto
lio
ciò in mezzo ali" annerimento di molte parti ed in ispecie de' panni. Dopo di dell'originale, misure colle copia questa feci i confronti delle misure prese da
pere riscontratele corrispondere almeno fin dove dalla rovina dell' originale è delle teste. l'ombreggiamento messo il confrontare, intrapresi colla massima cura Io
mi teneva sempre
scorta di quelli,
alla
mettermi in idea ciò
tutti gli studj
intanto
fatti,
e colla
,
mal reso dal Bianchi o per istanchezza
e
di
originale o finalmente per imperizia.
dell'
andava progredendo
lavoro
il
disegnati che aveva
presenza della copia del Bianchi mi andava sforzando di che doveva essere l'originale e di avvivare nel mio car-
o per guasto
('•)
Mentre
occhio
mi parca debole
tone ciò che lavoro
sott'
vedendomi pur costretto a Leonardo era
,
copiar da copie, io mi fermai in mente la seguente massima.
grande in ognuna delle parti
dell' arte
dunque deduceva io ogni qual volta mi terrò per dimostrato che non già ,
;
scorgerò nelle copie un errore manifesto
ma
a lui,
all'insufficienza o trascuratezza
Rifletteva in appresso che fra
e la copia stessa
ed
di certo alla fatto
mi
fama
non
scorta
di
serviva
con cui fu eseguita
mezzi
ai
clie
de copiatori
copiatori
i
ed
,
,
,
si
si
debbe del
doveva
inoltre al fine
il
suo pregio
per cui fu
o alla straordinaria perizia delf artefice
considerabili opere originali,
il
tradurre
diligenza
alla
ma non non avendo
finta
quale
rimase mediocre ed oscuro.
si
seguiva io a considerare, dovesse
tutto imputare.
novera nessun nome grande,
,
A
,
chiuncjue
Euchde o Archimede, non
baste-
rebbe di certo il possedere le lettere greche; e se nelle matematiche fosse poco fiirebbe pessima traduzione. Lo stesso avverrebbe versato o del tutto ignorante ad un valente latinista che si mettesse a tradurre Vitruvio senza aver notizia ,
alcuna
mancavano che
difetti
Dietro
dell' architettura.
a tale o a
tal
altro
tali
principi io
copiatore, e
mi
posi ad esaminare quali parti
mi andava sforzando
più intima conoscenza
la successiva pratica e la
di supplire ai
in cui m'inoltrava
mi facevano riconoscere. Per esempio in Marco d' Oggiono oltre le teste, poco mi rimaneva ad osdelle parti servare; e quel poco versava sulf andamento generale degli oggetti e si
deir opera
come
dell'
autore
,
,
loro,
non mai
sul disegno in lui
sempre scorretto e negligentato, sebbene questo
autore nell'esecuzione fosse per lo più deciso, accurato e diligente. Parimente anche nelle teste io lo esaminava pel carattere generale e per la forza del chia-
roscuro fra loro
mostra
,
non
già per le parti spesso
e talora false affatto
del tutto.
ignorante.
E
in prova
disegno osservi nelle sue copie troverà quelle contraffatte
e
mal messe insieme e non corrispondenti poi per l'anatomia, della quale
Meno le
storte
di
teste ,
ciò
del Salvatore e
questi
si
di-
chiunque ha qualche pratica di i
colli
di ogni figura
senza muscoli o con muscoli
:
falsi
171
Parimente non troverà uh solo orecchio ben ftttto tutti hanno forme strane di traghi e di conche e per lo piii mancan del tutto dei o in falsa direzione.
:
,
Non
lobi.
mani o
parlo di
di piedi
,
chè
converrebbe dire con Dante
gli
:
Forse per forza già di parlasia Si travolse cosi alcun del
Con
gli
cose di Marco vedesi talvolta qualche rammenta la grande scuola donde egli
nel disegno
ombre
forza or d'
sistema dipendesse, trovava nel Bianchi, ginale in molti
tutto.
riguardi procedeva io nell' esame della copia del Bianchi. Nelle
stessi
d'
espressione che
è uscito. Nulla di simile
che da proprio
or
,
quale, attenendosi timidamente all'ori-
il
luoghi scrostato e mancante
né essendo gran
,
non poteva dare nelF opera sua quelle energiche
,
fatto
profondo
che
risoluzioni
caratterizzano con forza le cose, e che sono figlie della pratica ferma e dell'uso della scuola
allorché
,
incontrano in Marco
s'
Da
pere in Leonardo.
,
come
risolute, osservata la debolezza del suo sistema,
non
ma
conservate
più genuine e proprie
Con parte
opera
quindi
,
le
erano in oltre
opera in
tutte le
jjoteva attribuirsi alla
copie
maniera,
quello che poteva appartenere
,
argomentandomi
chiaroscuro dell' autore.
prospettiva
,
E
originale
per
colte dal cardinal
su, e, senza quasi
cipio
mi
fossi
tali
di cui
suo presente
stato
al
modello
si
,
concede
il
ginale. Ivi eseguiti varj
le tuie
ricerche per ogni
E
studj
cpiesti
alla
la
indagare lo
d'
stato
e tenendomi davanti
,
il
a
poco
de' precetti
ora
occhi
le
reliquie rac-
dalla
assai di quello
mensa
in
che da prin-
andava scoprendo.
vicinanza dell'opera e le più minute
la
trattava di fare si
,
nel refettorio delle Grazie davanti all'ori-
cambiamenti che
nell' originale,
agli
da
andava
per quanto dallo
mio cartone
in ogni parte di essa
mio cartone si
antico
,
insensibilmente dall'amor dell'opera e dalle
tratto a ciò
il
di sotto della
mensa.
maltrattata in ogni copia, che io il
Ma
questa
non aveva pericolo di
vera strada, o che da solo camminassi senza scorta, o che mi aflidassi
scorta infedele delle copie. Gli antichi,
dicavano
gli
che
ciò
carattere, forme,
compagnia e guida
alcuna ragionevole autorità da seguire. Nel mio caso era doppio
perdere
cose meglio
le
intento.
come disegno, moto,
continua
colla
pervenni a compire
,
poco
osservazioni consigliavano,
perduta
mio
sempre segregare
di
oiigiiiale.
avvedennene, più diligentemente
proposto,
al
mezzi alternando f osservazione ora delle copie
Federico
Fatto questo, recai
sì
ecc.
mi sforzava
finezze artificiose che a
parte è
suo tempo
negligenza o aU' imperizia de' copiatori
alla
ripetendo per ciascheduna parte dell'arte,
dell'
al
queste e con altre simili riflessioni continuava
dell'
sa-
vivamente
solo dovessero essere assai
più ferme e decise nell'originale, dell'
sono del profondo
lo
ciò io giudicava che le cose del Bianchi più
alla
grossa circa
il
copiare
particolarmente nelle opere grandi.
,
come vedemmo, operavano
in ispecie
per
le parti
e giu-
accessorie e più
Oltre ciò nessuna copia in grande del Ce-
nacolo fu eseguita davanti l'originale, chè
i
domenicani non avrebber permesso
17^
che
loro
il
diventasse
refettorio
uno
studio da pittore
e
:
se
il
Bianchi potè
disgrazia farvi la sua, che fu per ordine del cardinale arcivescovo, la fece per quei fatto gran incomodò poi uè perduta era inferiore in tempo che la parte ,
padri, non facendone che una parte e cpiella stessa in molti piccoh pezzi facdi non fece sulf originale che la copietta a traslocarsi. Marco , come s è notato ,
non curandosi che della composizione ch'era la cosa alla quale sola si badava in allora, non ritrasse che la parte superiore, quantunque anche la inferiore al suo tempo, siccome di fresco eseguita, fosse conservatissima. Da quella copietta trasse le copie grandi; cpiindi non è meravigba, se aggmn-
di
san Barnaba,
gendo
i
e
piedi di reifiiniscenza,
si
allontanasse dall'originale e ne fiicesse la maggior
di ripetere parte a capriccio e male. Anzi nella copia della Certosa disgustato mano questa parte non piacevole dell'opera, li fece fare da altri, e scelse a caso ,
dipinto inesperta che nessuna delle copie ha piedi peggio eseguiti. Intanto nel composta di delle Grazie, questa porzione più vicina all'umido del terreno e sì
parti
che sia
ombrose, cpindi non sostenute da si
colori opachi e resistenti, fu la
prima
perdette; perciò le copie nulla da questo lato vantano che dell'originale
degno
,
e quelle tutte che
ho esaminate
peccano più o meno secondo
,
la
più delle volte sono scorrette e bizzarre a segno le gambe colle figure cui appartengono. combinare da modo si trova non che per tal parte del quadro altro dato aveva non io imbarazzo tanto a mezzo In nelle quaU trovava un generale cose quelle in non se pardre, donde probabile
perizia di chi le fece,
ma
il
le copie. Per quanto in molte di esse si veggan ripetuti i Marco, non poteva credere che d' altronde derivasse che dall'ori-
accordo in tutte
diviamend
di
ginale ciò che riconosceva ragionevole e che da per tutto riscontrava uniforme. Tale uniformità scorgevasi, per esempio, ne'piedi del Salvatore, in quelli dell'apostolo
Bartolommeo,
non erano al
le sole
disegno ed
alle
in quelli di
cose
alle
Simone
e d'ahri pochi.
forme, non meno che
Ma
attendere,
quali io doveva
alle
altre
modi
delle atdtudini
e se io
poneva mente
i
parti
tutte
sotto la
mensa,
rimaneva nuovamente nella massima È egli possibile, io mi andava intanto dicendo, è egh possibile che Leonardo, facesse piedi si ignobdi e spiacevoli, quali son quelh si esperto disegnatore, oscurità.
che
si
veggono
nelle copie del suo
Cenacolo? è
egli possibile
che
il
legislatore
mentre con
tutto il posar Filippo sul piede seguaci? de' suoi Marco e di corpo si volge al lato destro, come si vede nelle copie Pietro possibile che l'accurato osservatore del decoro facesse i piedi di san
sinistro
della ponderazione facesse
è
del tutto in profilo,
col qual atto,
disegnandosi ciò che la mensa toglie alla
mostra Pietro sconciamente seduto sulle ginocchia del vicino Andrea? E pure e queste cose e molte altre simih autorizzate da molte copie, non Fu'enze riescirebbero nuove, essendo già fatte pubbliche dalla celebre stampa di
vista,
si
,
che per
altri
riguardi è
ben degna
della sua fama.
173
Fra
dubbj
tanti
per giungere a scoprire qualche parte
e perplessità io che,
un maggior numero e forse una scelta fatto mi tenni in qualche
di vero in queste cose, aveva impiegato
migliore di mezzi che alcun altro prima non avesse
del Vinci che l'arbitrio e
cetti
La
trasparire.
per
me
piii
volte
men
pessimamente.
poco che dal Cenacolo originale
il
vicine era
dolorosa del rimanente perito ab antico e impiastrato
come già dissi ma non avvenivami lo
Per quelli trovava
oscuro e più uniforme
;
e specialmente in quelle che
altre figure,
pre-
i
in tal proposito,
distruzione de' piedi del Salvatore e delle figure
perdita assai
meno
sistema
Fermatomi
errori de' copisti.
gli
mi misi ad nidagare con nuove diligenze
può
,
allontanarmi dall'autorità altrui, e risolvetti di seguire piuttosto
diritto di
,
si
copie un
nelle
,
in
stesso
alquanto dai sedili
alzano
varie
come
,
Pietro, più ch'altri, e Filippo. Fui pertanto assai soddisfatto di trovare per l'ap-
punto
come dimanda
figura di Filippo posare nell'originale,
la
lato verso
quale
il
china
si
,
cioè sul piede destro
:
nè credo
la
natura, dal
di
aver errato
Mazza e gli altri che sopra pochi antichi frammenti rifecero quel piede non l' abbiano cambiato di lor testa di sinistro in destro. Così trovai dall'altra parte del quadro qualche avanzo che mi die maggior coraggio di scostarmi dal modo dagli altri tenuto e finalmente per non accrein pensare
che
il
Belletti
,
il
,
;
scere
tedio
il
di
minuti ragguagli
si
confronti sui disegni e sulle note da
Leonardo che
di sul
naturale
a tal proposito
fermai sul mio
,
rinnovati
,
me
del
hanno relazione,
cartone elianto
continuo
da ogni copia
tratte
dal
verificati
esami
attenti riletti
,
da ultimo
complesso
di
tali
e
scritti
gli
gli
atti
studj
ho
potuto dedurre.
Non
termi perù conto in questo cartone
nè del fondo
nè
dell'
apparecchio
della mensa. Il chiaroscuro dolcemente degradato, l'espressione degli affetti,
movenze,
carattere, le
cura.
E
le
forme sono
veramente se, in vece
fare un'altra volta, e a quanto
da ciò che può
ha ottenuto onorata rata
,
,
,
di volger
il
pensiero a quello che io stesso potrei di
nuovo
sarebbe lontano
facessi,
l'animo mio del favore che quest'opera
e delle ricerche di molti grandi e reali personaggi
avrei certo di che
alla
rifletto
ampiamente confortarmi
della fatica
che vi ho consacrati per
vigilie
il
cose alle quali ho atteso colla massima
anche ciò che
far l'arte, io accontentassi
e de' pensieri e delle
quando
le
vera prima fonte di questo favore, che è
,
delle quali fu
che
molti il
vi
ho du-
mesi.
Ma
merito sulalime
il poco comune uso di vedere disegni tanto grandi e mio non v' è che C[ualche pratica del disegnare, e il merito mi tace ben tosto d' aver conosciuta la buona origine della copia del Bianchi neir animo ogni lusinga intorno a cjuanto ho fatto e non vi rimane che la
della
finiti,
composizione e e che di
,
,
speranza di
far
meglio
altra volta,
d' aver ottenuto. Il qttale giudizio
fondata sul profitto che da quest'opera credo ,
se
per avventura paresse troppo rigido
amici miei o a coloro che poco sanno
dell' arte
,
agli
o finalmente a quegli artefici
74 che poco amano lo studio e la fatica ( chè parrà certo dolcissimo a cpelli che io non ho altra appellazione se non alle delle altrui fatiche sono invidiosi ) ,
clie spero potere in processo di
opere
Posto adunque fine
al
che in parte ho descritte,
Aveva
pezzo con colla dolce
e
mezzo
ho saputo maggiori, e 1807 intrapresi tremando preparare una tela d'un solo
dell'ottobre
al finire
l'abbozzo dell'opera.
volte, col qual
tempo mostrare.
mio cartone con le cure che a tale
effetto
del
fatta
imprimitura di biacca soitdmente replicata
la
telasi conserva
morbida,
smo
a quattro
come
e dovendosi rotolare,
danni.
sempre avviene non va soggetta a screpolature o ad Per aver poi da principio una qualche sorta di guida per le tinte preparai quel poco di cielo che nel fondo si vede, la qual parte non essendo stata, come delle grandi tele
altri
,
,
brillante, il rimanente, ricoperta nell'originale, si conserva tuttavia chiara e siccome impastata di biacca candidissitna e di azzurro oltramarino. La biacca anzi vi è quasi pura là dove il cielo rimane interrotto dalla cima delle montagne, metodo se non che è alquanto riscaldata da un attimo di giallo e di cinabro, con
tutto
che vedesi usato tale
preparazione
pressoché
in
tutti
i
quadri del secolo decimoquinto
le teste di Cristo
abbozzai
,
Filippo. Costretto in appresso a colorire
prima
di
tal
Tominaso
,
di
panni delle figure, mi
alsbozzare quelli, circa la cui tinta, o per
ginale o
Con
i
,
0.).
Fatta
Jacopo e di feci
legge
di
qualche antico resto dell'ori-
non poteva aver dubbio. per autorità delle migliori fra le copie sicurezza, mettendo, maggior procedere con poter di mi parve norma ,
per quanto
io
sapea
,
d'
certe e perdute. Così di
accordo colle
mano
tinte
note e sicure quelle eh' erano in-
mano progredendo regolarmente
in
colore,
dove
e
con
assi-
varia natura de colori
tenendo uniformemente, e schivando sempre le ineguaglianze ed asprezze, a norma del sistema dell'autore che io aveva da imitare. E se la mala natura del luogo umidissimo e deserto, e l'eccesso delle fatiche non mi avesser proseguendo al modo con cui aveva cominciato , tolto la salute per più mesi
duità,
copersi la tela,
concede, ricco ed
il
fin
la
alto
,
io avrei
ho
condotto
1'
opera a fine un anno prima che per quella circostanza non
potuto.
Nondimeno
quel necessario e
dandomi maggior tempo
di
tristo
pensare
riposo
alla
mi
fu, se
non erro, giovevole,
natura dell'opera e di fermarmi
nella
maniera dell'autore. Impaziente dell'ozio, mi posi in quelF intervallo ad ordmare che al Vinci o alla sua opera, o alla sua i disegni, le stampe e le memorie allora acquisto della famosa Raccolta di in anche Feci appartenevano. scuola nella quale son molte ottime cose De Pagave quali piincipj procede Leonardo con studiai Contemporaneamente di Leonardo. que' libri che potei congetturare tutti cercando cjuadro e il suo nel comporre che aveva trovati sotto la nomi che i assicurai mi scorta, avergli servito di colla storia apostolica quale assai bene conformavano si copia di Ponte Capriasca
disegni che appartenne già al
,
,
175
Leonardo potè saperla di lui intenzione.
cialmente
i
mani,
alle
mio autore riguardava,
al
cose di Leonardo
le
mi
dalle opere sue
le
,
circa le quali le opere stampate
,
maneggiando o
non mi soccorrevano ,
me
assuntomi impegno mi verrà permessa
del continuo impiegati
,
mi procaccerò fede senza
la farà nelle
Ommettendo adunque
^
,
difficoltà
,
se
dico che, attenendomi
distanza dalla persona che parla ai
Leonardo
principi di
si
cj). ,
alla
vede
a
Le
stampa di Firenze tinte dei
copie
se
;
si
e
cominciando
copia dell'Ambrosiana,
scritto
al
Qnesta espressione è
,
:
vede un' imitazione della
in molte
le descrissi nel
sì il
modo
di con-
dall'
apostolo
feci
il
colla
attentamente a qualche sì
che non ebbi riguardo
naturale e
alle
sì
copie di
con-
Marco
nelle quali tutte la testa di
bocca chiusa. Neil' originale
panni sono come
non che
:
sta in atto di ascoltare
nente di questa figura sono interamente perduti la
intorno
tenuto nel lavoro, onde
stessa a fine d'istrttirml nel
e ad alcune altre probabilmente derivate da quelle
questo apostolo
onde
resta
paragone dello
il
me
da
di parlare dell'ordine
bocca alquanto aperta, quale di chi sentanea
quanto mi
dirò
,
cose piccole c minute,
le
parlerò di ciascheduna figura in particolare
Bartolommeo
di autorità.
cose maggiori ottenere.
andare per gradi e servirmi dell'opera durla
da quelle
con quella maggior brevità che dalla na-
render conto dell'opera mia, tralasciando
me
i
e senza entrare in nuovi ragguagli dei
tura
cpiali
suoi disegni o
servirono a darmi luce in varie cose
mezzi da
fatto
i
riusciva di trarre, e specialmente quali
Finalmente potei tornare a dipingere
alle
che a
di
sempre più fondarmi nella sua maniera, scrivendo
che di recente aveva scoperte
dell'
,
mi poco a
Leonardo, parte miei, parte prestatimi gentilmente dagli amici.
ini studiava di
massime che
che
e spe-
,
secondo libro
il
materiale del libro primo. Copiai in oltre diligentemente
II
Così del continuo fra
le
da poi
antichi libri stampati e manoscritti che
gli
tutti
ciò
ttitto
fatto
varj autografi di
scritti,
queste memorie
di
ricordi e le osservazioni di che cooiposi
poco mi venne
suoi
esprimere fedelmente la
ritenni
li
anche a quel tempo parte
Stesi
e indagai, proseguendo, in
vennero
conseguenza
e per
,
sì
la testa
come
il
rima-
perciò nel disegno che servì per
copia di Castellazzo.
testa della
secondo libro,
verde del pallio come
1'
in quasi tutte le
azzurrino della tunica
modo da non conoscersi. La mano sinistra l' ho fatta colle dita come vedesi nella copia del Bianchi con atto più pronto e naturalissimo non ispianata come mostra la stampa e alcune delle copie la destra poi la feci in atto di attaccarsi ed appoggiarsi alla mensa ma senza il tovagliuolo che vedesi in alcune copie, e di cui non v'è avanzo alcuno nell'originale, e molto più senza quel ridicolo uovo che vi si vede nella copia di Castellazzo con che volle forse Marco accennare il principio della cena. I piedi li feci perchè così dimanda l' attitudine momentanea di sollevati entrambi alcpianto sono anneriti in
raccolte
,
,
:
,
,
,
,
questa figura
,
che provai
io stesso
più volte e
feci
da molti provare.
176
Per l'apostolo che segue, che è Giacomo d'Alfeo, non ebbi da ricerche intorno
ai
colori
essendo
,
panno
l'originale, a farlo vestito di strarlo somigliante a Cristo
che
al
,
d'
accordo
non che
,
Sono egualmente d'accordo
rosso.
mi
tutto
attenni, ritenendo
molte
far
quasi tutte le copie
mo-
in
dintorni della
i
copia del Bianchi e aggiungendovi pel carattere ciò che dal Bianchi mi parve dimenticato. La mano sinistra poi di questa figura non la feci già come nella
stampa nella quale mostra la figura
atto
d'Andrea
,
qua del braccio
pollice al di
il
cosa in natura impossibile
;
Nella parte inferiore poi non feci vedere nulla cosi trovai in varie copie
del sostegno della mensa degli
la fronte
rugosa
,
feci
di
accordarsi
;
freddo che
si
1'
trapelare dall' originale
il
tenni
,
mi
sinistro
,
il
attenni ad
Salvatore
del
come
,
capelli grigi,
un vecchio
secondo libro nel il
più delle copie stando
,
al
un verdino chiaro e De' piedi non mostrai
perchè non mi parve secondo
ripetere F attitudine de' piedi
i
stesso descrive
capricciosamente
variar ,
in ciascheduno
della gran tunica rossa.
Bianchi
intorno a che riveggasi
,
tutto in
solo perchè
non
a]ipunto
chversifica dagli altri varj verdi dell'opera.
a questa figura che il
ripete per
si
vedendone molte
,
de' piedi,
Sul colore della tunica trovai
questo apostolo.
poco che mi parve
l'
come Leonardo
,
del
di accennare.
simil atto
un de' piedi sarebbe caduto nel mezzo
una continuazione
la Ijocca incurvata
pel pallio
affatto
sulle tracce della copia del
che ascolta un grave oratore capitolo
perchè
qual caso
il
Bensì
tre sostegni.
altri
In Andrea, sempre
ma
,
,
di Pietro e di tutta
la feci dietro
un
espresse Dante
come
di far insegna col dosso,
ma
le leggi del
Vinci
vede nella stampa ed
si
in alcuna delle copie.
Circa
al
san Pietro
l'azzurro chiaro
poco mi occorre tunica
della
si
non senza
nell'originale. I piedi,
verrebbe a confondersi egli
prima
atto
l'
stava a sedere
mosse, come
,
ma
,
in
gli
ho
posimra
tale
cigho tentai di rendere
da
Dante
Cjuello di
il
allorché
,
con che
dimostri che
si
caso a ciò
il
il
Pietro di Leonardo
,
Dalla
del Bianchi, oltre la viltà del carattere e l'
scoperto
,
testa
abito
1'
arbitrj ,
nel
quell' attendere
Giovanni, che argutamente
vi
alle
riconobbe
parole il
nelle copie.
Marco
dandogli sempre forme
che potei trarre daUa copia
ad opere e desiderj ignobili,
impostura colla quale sembra coprire e
narici,
che Leonardo parve aver imi-
,
apparisce anche
delle
(J4).
caricatissime ed espressione mediocre.
^
,
nell'elevamento
Nella figura del vilissimo Giuda ho trovato grandi tre volte il variò a suo modo il fece tre volte
che
d' essere
già in profilo
colla quale
s'è veduto a suo luogo. Nella testa, nell'anticipata canizie, nella
robusta virilità, nello sguardo minaccioso,
tato
copie, quantunque poco io
non
posti
e che prontamente alzossi
,
giallo vivace del pallio e
Il
la scorta di varie
piedi
abbia nelle copie contato pei
di notare.
scorge in molte copie ed anche cpianto basta
l'
improvviso turbamento
che fanno
fra
cardinal Borromeo.
loro
Farmi
Pietro
e
in 'oltre
"77
vi trasparisca
modo
della fronte al
Cercai
d'
ostinazione
1'
che
uniformare a
rada ed ispida,
l'irta
la perfidia
,
l'
,
Contorsi anche le rughe
metopòscopi danno a coloro che a Giuda somigliano.
i
queste cose
tutte
chioma
tuono ignobile del colore
il
la
,
barba
che col bruno aspetto d'Omero, che credo avesse convento. L' abito di Giuda che
di color fosco rossiccio,
ricorda assai bene lo Zoilo di Marziale o il
insensibilità.
Vinci assai più in vista che non
il
Tersite
priore del
il
per la diversità della forma distinguesi dagli
,
è anch' esso assai variamente
altri,
mi attenni al color cenerognolo per la tunica esterna un giallo oscuro per Y interna che quasi in ogni copia è cinta da un lembo azzurro alla scollatura nel quale talvolta come nella copia di Castelcolorito nelle copie. Io
,
e ad
,
lazzo
Tradicor nel
legge inscritto
si
,
Pi)
suo
il
Al cenerognolo o
.
m
Lomazzo
,
nome
aggiuntovi
,
mi
berrettino
cose
,
il
gli
feci la
conformi
un color perso cupo
feci d'
de' colori
sebbene
,
autori le varie opinioni circa
ciascheduna figura in i
i
certo
,
e
dietro
suo pallio
;
l'altre
al
fosco, cjueste
e giacché ci accade qui far
che hanno un più
indagare e ne' suoi
d'
significati
la scorta
Per ragioni a
scritti
de' colori diversi,
tali
cose così
chiaro fondae negli antichi
onde appropriarli a
grado che più convenisse, e trovare, s'era possibile,
cpiel
motivi che mosser Leonardo ad attenersi a tale anzi che a
Gli antichi
letto
tendono
nojosi che
Così
angustia e simili.
il
come in tutte natura, non ho mancato
nella
travagli e pensieri
che Leonardo non fosse in
io avviso
diligente sminuzzatore
mento
avendo
tunica di sotto di color giallo tirante
quale significa tradimento, travaglio,
motto
,
che quadrano a Giuda mirabilmente.
ttitte
Lomazzo
deir istesso
suo carattere colla parola
che questo colore significa povertà, inimicizia e disperazione^
e allorché somiglia al color della cenere
a morti
il
attenni poi volentieri,
specialmente
i
cinquecentisti
,
tal
altro colore.
portarono queste allusioni
punto, ch'erano diventate una specie di nuovo linguaggio, e un amante che non poteva né parlare né scrivere alla sua donna col solo variare de' colori a tal
,
i
colori degli abiti potea far intendere speranze,
Ciò può vedersi nella Selva del Passi che di
mise uno speciale
Ma
varj.
come pure
trattato,
Araldo, nell'Occolti e in
in Sicillo
nire colla
moda
mentre restarono sempre alcuni
,
tali
figure
;
e
e a quelli
soltanto
significati
,
siccome
ai
soli
,
che ne fosser degni.
colori consacrad dall' uso alla Vergine il
quale imita
alla
speranza
;
generalmente ricevuti
furono costantemente adottati per perché nella volgare opinione per na-
colori
cert' altri
tura o per tradizione avean saldo fondamento, avrà dell' arte
altri
queste sottigliezze erano meri abusi d'imaginazione, che dovevano sva-
a certi colori principali,
certe
mestizia, cortesia, ge-
d'animo, contentezza, disperazione, abbandono, disprezzo e tale argomento pro-
nerosità, altezza simili cose.
lutto,
,
a Cristo
,
Leonardo piegata
la
ragion
per non parlar dei ( a san Giovanni ) che il verde
In
fatti
prospera vegetazione lusingatrice di frutd behi e copiosi, alluda che il bianco per la difficoltà cU conservarne il candore simboleggi
la
,
innocenza e purezza
che
;
il
l'azzurro col suo somigliare
e volgare, perchè l'esprimere queste
modo
naturalmente
concepirle
adatto
in vece d'
,
Ma
si
con oggetti
quando
assottigliano
col
visibili
un
è
discendere a colori
modo che
cose per
tai
come pure d'una memoria
,
il
un
abbisogni d
tenace onde ricordarsele,
ed è probabile che
del limite della pittura,
necessità fuori
di
che
;
gentilezza, altezza d'animo,
essere un pronto giuoco della fantasia
dell'intelletto
escono
allora
,
cose,
differenti
fantasie.
alle
subalterni ed a minute modificazioni
lungo sforzo
nobiltà
sarà difficile ad intendere, e diventa linguaggio universale
non
origine celeste,
rosso significhi splendore e dia magnificenza al cielo figuri
Leonardo tenesse quest'arte in cjuel conto in cui tenea la chiromanzia ed arti simili da lui disprezzate , siccome prive d' appoggio nella sola eterna maestra dell' arte
,
la natura.
passando all'apostolo Giovanni, vestito, come già si disse, del consueto del palUo rosso e della tunica verde, io mi attenni, perla sua testa, al cpadro da tutte Bianchi, perchè l'ho trovata senza paragone più nobile d'assai delle altre
Ma
della osservate o disegnate. Solo volli indicare alquanto rilevate le tuberosità varj cenafronte onde darle un carattere più maschile di quello apparisca ne'
me
coh da
me
Batista
del Salaino
sono
visti
;
mi
e
fu di ciò autorità ed esempio
forse
,
sebbene
assai rilevate,
ritoccata il
ingegno
di
,
Leonardo
resto sia di
compagnate da leggiadro sorriso di forza d'
da
memoria
(37).
una
forme delicate
testa giovanile d'
quale
nella
,
e quasi femminili,
Questi rilievi nella fronte sono
e sopra tutto d' imaginativa
,
un
tuberosità
tali
non
ac-
ludizj
convenienti
cose
guardai però dal farvi muscoli con aspre all' enfatico scrittore mio autore, adoprai in modo che It del precetto il seguendo diffinisioni; anzi, e dilettevoli ombre, dal che nasce piacevoli nelle insensibilmente dolci lumi finissero tutto in questa figura è panni di tinte , mani, grazia e formosità (3=). Piedi, perla nella fimbria grossa Una atteggiato. o nobile, tutto dolcemente mosso candore di questo il altri, ed Lomazzo il della tunica simboleggia, secondo
Mi
dell' apocalisse.
amico del Redentore. Giacomo il Volgendo gli occhi agli apostoli dell'altro lato, nella testa di nel notammo come Nazareno, del Maggiore serbai alquanto della fisionomia in apparisce non che alquanto secondo libro. Tenni la sua tunica più chiara
prediletto
molte
delle
essendo
giamento
copie
più
per lo
stato
di
perchè
,
tal
tinta
bel
suol
non
si
vedersi
fu effetto
r osservare che nelle copie in cui dastro oscuro,
giallo
distinguono
che
con colori
imitato
apostolo
questo
r imbrunimento di
il
doveva vedersi felsi
fosco
del cattivo
un
tal
panno
nella
materiale
,
il
panneg-
In prova
impiegatovi,
che basti
la tunica di questo apostolo è di colore veraffatto le
pieghe, e non
ragionevole tra le parti illuminate e le ombrose. trova
ed
annerito.
originale
nell'
e passeggieri
copia a fresco di
v'
è relazione alcuna
Al contrario
Marco ed
in
assai
alcune
chiaro altre
si
nelle
.
179
usata maggiore
fu
quali pe' colori
con cui, per
l'alterazione
E
accuratezza.
da notarsi in questa figura
della sua espressione, fu contraffatta in
la difficoltà
quasi tutte le copie. In alcuna delle migliori sembra in atto di auento osserva-
un
di
tore
aln
modi onde
i
oggetto visibile
cjualsivoglia
tormento
soffrire tale
fisico
sfogare
il
,
per cui
L' intenzione
dolore.
sembra uomo cui
in altre
;
di
Leonardo fu
faccia
si
a rammaricarsi con
sia costretto
gridi
ed
mostrarlo
di
inorridito in udire le parole di Cristo e di conservare nelle sue fattezze cjualche tratto
che richiami
più
appresso
d'
mento
a far
si
Redentore. Dalla quale somiglianza che assai
la famiglia del
come
,
che
il
s'
è detto
serbò in Giacomo d'Alfeo
,
Redentore
secondo che
,
ebbe poi impedi-
,
espresse lo Zenale
si
,
paresse
Cristo fra que' due apostoli.
Tommaso mi sono
In
magnanima
cera e
(?9)
.
ingegnato di rappresentare zelo onesto e minaccia sin-
e accenna di prendere un si
è notato
sia in alcuni
,
vecchie copie
,
mano
Sulla sua
coltello
nè senza
,
colla quale
,
può
vi
frammenti nelf originale
certi
Intorno
Sarono.
scorta autorevole
attiene alla
si
esser quistione trovandosi
sviluppi di questa figura
sia negli
san Vincenzo e nelle statue di apostolo
,
ma
pochi
sinistra
non
che al
,
vedono
si
mensa come
sia nelle
più
nella copia di
braccio destro
di
questo
mostrai una porzione del pallio e gliel
,
onde meglio dichiarare a chi quel Giacomo alteranpiede appartiene dosene per tal modo V attitudine sconciamente. Accordandosi assai bene colle tinte vicine, tinsi questo pallio di un colore composto di lacca, di bianco e di azzurro, colore dal Lomazzo chiamato morello, forse alla maniera de' Lombardi feci
scendere attorno ;
del
suo tempo
Debbo
Cfui
,
al
suo piede sinistro
poiché in alcune copie fu dato al vicino
e che
secondo
entrassero nel sistema di Leonardo in acconcio in
Tommaso
meglio che a
profferì quelle
modo
convenire,
presso coloro che conoscono
opere di Leonardo. Anche in
a notar cjuesto m" indussi perchè vera,
non potendo
et nos, et si
a
nessun altro apostolo
per amore del maestro
tutti
moriamur ciun
parlò del
modo
quella del Bianchi
al
Bianchi
il
le
disegno
mani
sono
,
e
che hanno meditato
di
Leonardo
,
le
massime e
in questa figura sono pessime in tutte le
le
sole
che seiuano
la
maniera moderna ,
ve
;
le facesse
Perciò io ho per esse abbandonata la
della quale sono stato seguace
,
col rjuale posa
1'
meglio che seppe di suo.
il
sua autorità
co.
sistema di Leonardo,
talché é da credere che essendo del tutto perdute nell' originale il
b")
non credo che
come alla ragione ed originale nella parte inferiore, errore di Marco fu ripetuto de" copiatori. Ma tali ripetizioni non faranno mai autorità
Marco, contrario
dalla greggia servile
:
elevazione e morte per amore
quale solo fra
il
famose parole: Excamus
alla natura. Perito F
copie
ma
;
particolare
tenero ed anioroso Filippo. Già
al
nelle copie di
le
significa
lui
,
ripetere che cpesti troppo sodili significati de' colori
mente cade
Eccoci
,
e con quello de suoi precetti
finché
ho
col
lume
delle altre
riscontrato in lui
opere
un traduttore
i8o
modello;
esatto del suo
ma
l'ho lasciata senza scrupolo ogni qual volta ne
riati
nelle copie
Bensì
quindi non ebbi in ciò lunga esitazione.
;
ebbi pei panni del vicino Matteo che sono in ogni copia
n'
modo
capriccio, e nella sola fedele del Bianchi in distinguere.
si
accordano però quasi
Si
mostrano un
tal pallio
foderato
d'
una
anneriti da
un
tutte a dargli
tendente
tinta
pallio
che parmi contrario
il
,
vestono tutto intero
il
,
d'
un
modo
al
non
giallo
Leonardo.
,
altre,
solo colore azzurro di
alterati
In
la
alcune
:
qual fodera
come
carico
altre
a
potersi affatto
pallio azzurro
al
vede nel rovesciamento del pallio sul braccio sinistro:
Castellazzo
l'Iio
non furono molto va-
trovata in contrasto. I colori degli abiti di questa figura
quella di tunica e
,
non
vedesi
so
una fodera bianca della tunica aperta sul petto o pure parte deìV indusio. Anche nell'unione della manica col resto della tunica attorno al deltoide vedesi un ripiegamento che diversifica questa dalle altre tuniche. In mezzo alle varietà da me osservate in tante copie, e tutte da me o disegnate o descritte, io mi
bene
se
sono attenuto giudicare
La
poco che
al
nell' originale
sia
poi di questa
testa
il
guasto del tempo e de' ritocchi mi ha lasciato
sia nella
copia del Bianchi.
nella
figura
solite a vedersi nelle altre copie, cosi
copia del Bianchi come diversa dalle mi parve migliore, essendo nobile, gran,
diosa e di bella e forte espressione, senza molta alterazione delle parti, é difficilissimo.
sospensione
nardo e
mi
La quando ripassando ( il che faccio sovente mi venne fatto di osservare della sua scuola novità però del carattere
)
;
i
la
,
il
che
da principio qualche
lasciava
miei disegni di Leotesta
che riporto qui
incisa, la quale fu tolta dal naturale, e, sebbene in attitudine affatto diversa, ha la fisionomia di
questo apostolo a segno, che è facile
il
giudicare che
sembra
dell'uno
si
mano
di Cesare
dell'altra fu modello la stessa persona. Tal da Sesto, ed appartenne già al celebre Giosuè Reynolds. I tratti principali, dell' orecchio si riscontrano per modo colla i capelli e in sino la forma
come
testa
del ]3ianchi che la loro
come ognuno può qui
comune
,
non vedesi alcuna
scorrezioni nel collo e in altre parti
carattere
,
v'
copia del Bianchi
,
ma
:
esattezza in imitare
non
già da suo
capriccio
quanto nell'originale rimaneva
al
testa
ma
,
che
cambio no-
quel che più importa
e che la diversità che in questa
,
deriva
testa
alterazioni
di quelle
e vedonvisi per cattivo
;
è abbastanza per assicurarci che di questa testa
modello vivo e noto
l'età,
origine ne risulta ad evidenza. Solo nel disegno,
osservare
r espressione esigeva nel dipinto del Vinci tabili
di
,
cioè
il
Leonardo ebbe un si
riconosce nella
dalla
suo tempo
sua scrupolosa (^>).
Nella figura seguente non poche varietà trovansi nelle copie. Ora la sua mano sinistra è storpia, e sembra uscirle dal ventre; ora è slogato il collo; ora sembra
che
il
vento
e moderato
le
ne'capeUi.
sofifj
dintorno
;
Nulla di
tutto questo presenta l'antico
ognuno ammira per
esso
grave
quanta novità di espressione
seppe trovare Leonardo in un'attitudine così semplice.
,
i8i
Lo
può
che rappresenta F apostolo Simone. Lo strano lunghissimo naso dato a questo apostolo da varj copisti e specialmente da Marco ne ha fatto una ridicola caricatura. I tratti originali serbatici dal stesso
dirsi dell' ultima figura
,
Bianchi mostrano
sì in questa come nell' antecedente figura, che Leonardo sapea dare espressione grandissima senza grave alterazione delle parti del viso, e ciò
anche nelle figure
Ma
senili.
mi chiama ormai
sterebbero
molti fogli
a sé la figura principale per la quale sola se
,
volessi
scrivere
le ricerche
Ad
ogni
modo mi conviene
più dall'alto che non ho
fatto
per
sperienze che vi
Il
feci.
gli
altri
,
non mi ba-
considerazioni e le
le
per essa cominciare alquanto
personaggi di quest'opera.
vedere in tante istorie lo studio infinito che Leonardo pose in comporre
questa figura, e lo sforzo eh' ei fece, onde, tarvi dentro la divinità,
principi
si
per quanto
facesse gli
mi
il
disse
il
Lomazzo
,
rappresen-
Leonardo per inventarla in modo che all' idea sua adeguatamente rispondesse. Mi persuasi ben tosto suo costume, si bene dal Giraldi e dal Rubens descritto, se scorta
era possibile
ch'egH seguéndo
come
rese curioso d'investigare con ogni diligenza, di quali
,
per ogni figura solca ripetere diligenti e minute investigazioni tanto veva essere accurato e circospetto intorno alla figura del Redentore, e per esser la prmcipale e per la propria sublime natura la
potenza della mente e
una
giusta
esigeva
do-
piìi
,
la
quale
tutta
intera
Parvemi pertanto non esser possibile di farsi idea del modo tenuto da un artefice antico di tre secoli in rappredell'arte.
sentare, soprattutto, figure appartenenti alla religione, senza internarsi alquanto non solo nella sua particolar maniera di sentire e di pensare, ma ben anche nella generale del suo
tempo, siccome quella che imprime
nelle
d'imita-
arti
zione quasi a suggello dell'epoche un carattere suo proprio, da cui si desume lo stato più o meno rozzo o civile, molle od energico delle nazioni. Dall' osservare questo carattere
,
per certa abitudine
,
senza quasi pensarvi decidono
gli
antiquari filosofi delle età diverse delle opere di ogni genere, e a tale osserva-
zione converrei senza dubbio ricorrere ogni qual volta ristaurare un' opera d" arte arti
d'imitazione, avendo
,
il
saria rappresentazione degli
fatta in
si voglia con sana critica epoca dai tempi nostri lontana ; perchè le
tipo necessariamente nella natura,
uomini non meno che
sono una neces-
de" loro costumi e delle loro
opinioni.
Ora
è noto a ciascheduno, che sebbene alcune opere ascetiche
raddolcire le opinioni religiose,
il
tendessero a
costume universale del decimoquinto secolo
che serbava ancora una parte della scorza selvaggia degli antecedenti si prestava piìi volentieri ad attribuire alla divinità virtù energiche clie non virtù dolci ,
e mansuete, e a riconoscere dalla prima divina virtù della potenza le vendette celesti
pensare
non meno che il
le celesti
beneficenze.
culto di varie imagini antiche, le
Concorreva a rinforzare si quah perchè le forme che ,
fatto
dalle
182
fantasie
si
daniio alla divinità, ritengono necessariamente della natura delle fan-
generale costume de' tempi, erano tutte,
tasie stesse e del
età antiche le consigliava
potenza,
una
in
l'esser terribili le faceva
tutti
che
Cristi
i
si
imagini fino
al
o speranza
ed anche
,
secolo di
e minacciosi, e
mezzo
circa
ma
carattere,
e il
,
anche spavento, e che nel riprendere era
espressione di fierezza era lieti
uomini
erano
i
,
e
;
la critica il
che diede occasione al famoso non riguardava che alla ignobiltà del mise in fatti a far un Cristo col quale vinse
si ,
ma
noi fece
si
men
praticata
come può
,
cui Cristi
faceti
,
Per sino
rugge come
le storie apocrife
,
e
fa
l'
vedersi nel detto Brunellesco e più
Rinforzava
,
che sebben
siccome era
fatti,
onde
riuscire accreditate
,
si
urta
nella
con replicati prodigi vediamo Cristo ancor bambino
spalla
;
far
rimaner ciechi
che
i
far
parenti
antichi gli dettero
hac hora ejus
:
ociilos intueri
scorge che niuno
si
Seferitatem obtutus
,
dovean
è
cielo
simbo-
e gli
abissi.
attribuire
Nel
alle
antiche
a Cristo
vangelo di
un
Tom-
che di ciò alle loro
illius ferre
si
lagnavano
querele.
la fierezza di
nequeo
:
;
ri-
Ciò poi che
indi ,
fisionomia
Neque
enini
Poco appresso dal medesimo vangelo si provocai'e il divino fanciullo temendo di rimanerne
possum
ardiva di
il
ora con
:
scritto
cader morto un fanciullo che
legge detto dal pedante Zaccheo, esprime in tutto
gli
vediamo ora
accomodano
potenza.
di
prender Giuseppe perchè avesse dato orecchio ivi si
si
accordavano ad
carattere aspro e severo israelita
il
hanno sempre qualche imi-
tazione del vero nella rappresentazione de' caratteri , e tradizioni
e
,
profani venditori
tremare co' suoi ruggiti pei
i
opinioni
avrebbe molto di che
di potenza i
mentre
,
fatte
si
agnello celeste da cui Cristo
tali
questa
scorge nelle opere
si
imprimono spavento e paura
e piacevolissimi.
prenderlo. Similmente nell'Apocalisse
E
fiero e terribile.
eh' ella
,
opporre. Nel vangelo i primi impeti di Cristo sono da solo a colpi di flagello discacciare dal tempio una parola far cader tramortiti gli sgherri che poi
leone
andava migliorando
si
Brunellesco accusò Donato di
l'ermeneutica di quel tempo; né la critica posteriore
leggiato
terribile.
l'accusa
voluta e
si
e bizzarri
anticamente in Buffalmacco loro autori
ma
fece bensì più nobile
degli artefici più
di
ignobile, con
di aspetto e fa' tu:
che
storia
Redentore
il
Brunellesco che
il
,
vedono dall'epoca in cui si permise l'adorazione delle Leonardo, sono più ani ad inspirar terrore che amore meglio eseguiti de' tempi a Leonardo più vicini sono esprimenti potenza piuttosto che altra mansueta virtù (4").
di rappresentare
motto: To' del legno
Donato
i
tutti
averlo rappresentato
l'
leggiamo
leggesi che Cristo aveva faccia venerabile
,
cinquecento sappiamo dalla
il
modo
il
maso
simbolo di
cosi
Cosi nella lettera apocrifa di Pubblio Lentulo
sia stata inventata
che ispirava amore bensì,
A
esser venerabili;
,
qualunque tempo
fieri
cjuali la ferocia delle
a più chiaro
,
Franco Sacchetti a Jacomo di Conte da Perugia, che, per avviso teologi suoi amici il brutto Volto Santo di Lucca era venerato
la terribilità dell' aspetto.
Così
e sovente
,
lettera di
di certi valenti
per
E
colossali.
fiere e terribili
,
(43).
,
,
i83
monco
per natura e la
può agevolmente giudicare clie tanto per costume, quanto per autorità di monumenti scritti e di figurati,
o storpio. Dalle quali cose
tutte si
più importante espressione che in antico davasi a Cristo dalle
una
era quella di
fierezza e terribilità
certa
espressione, secondo l'intendere di
Cjue"
ad
atta
tempi
comun
fonte,
emanano da
del disegno,
E
esprimer potenza.
racchiudeva quella di ogni
^
divina virtù; perchè la potenza che, parlandosi di Dio,
verso, è madre necessariamente di tutte
arti
estende a tutto l'uni-
si
divine, le quali,
le altre virtù
tale altra
celiasi
da
essa a beneficio e conservazione del creato.
Rivolgendomi da poi ad indagare il particolar modo di pensare di Leonardo mi venner fatte le seguenti osservazioni. Primieramente al suo tempo l'arte perfezionata poteva con maggior estensione e verità esprimere concetti delle fan,
i
forme e
tasie; e migliorata la notizia delle
men
e severità eh' era quasi una necessità de' tempi signori
dell' arte
poteva
,
posposta
essere
come,
di Cristo fu perfettissimo,
nella citata lettera del Sacchetti
oltre a tante
sacre
fierezza
ancor servi anzi che
,
che
l'
intendeva e
arte
antichi sapevano che
gli
ma non avevano
;
colti
bellezza
alla
Anche
rappresentava a sua voglia assai meglio.
umani, quell'antica
de' moti
autorità
il
corpo
può vedersi
(n),
idea chiara della perfezione
d'un corpo umano, e stavan contenti a quelle loro rappresentazioni, attendendo più air espressione che alle forme. Leonardo che primo portò 1' arte al suo vero compimento debbe aver combinato nel suo Cristo la bellezza delle forme colla ,
forza dell' espressione
assunta
non
gli
operando
,
sant'Ilario vescovo
ds)
modo da
menti oltre ei
,
,
l'
wnilcà della
da Cristo
carne
conforme
della potestà,
sublimarne
mescolandosi colla umana le
fattezze
dovette stimare obbligo
mi parve che
dignità
detto di
al
Secondariamente avrà considerato Leonardo che
.
biltà della divina natura
per
modo che
in
facesse perdere la
doveva
la
l'
esprimere questa
difficile
mistura. In
proprio di pensare e per cjuello del
secolo
stto
dovette credere tra le virtù divine priina in Cristo mostrarsi la potenza,
virtù
che sola poteva attestare
no-
in c[uesta
influire
e quand' anche nel fatto fosse stato altri-
;
dell' arte
modo
e pel
,
la sua origine,
e
dopo quella
come
siccome
le altre
accessorie ed occasionali. Ultimamente (avuto riguardo alla drammatica situazione
del Cristo del Cenacolo) giudicai ch'egli, servate le leggi della bellezza, fattane
applicazione
alle
forme
di
generalmente riconosciute
Cristo
primitiva espressione caratteristica della virtù della potenza
r espressione di della
tutte le virtù
rassegnazione
dell'
,
certo naturale orrore
andò soggetto cjuale
ai
secondarie ed occasionali
amore.
patimenti
al pari degli altri
doveva antivedere
In fine riguardando
l'effetto
,
al
uomini, ed
che notammo
,
,
oltre ciò
di dare
gli
allo
mansuetudine della
Scrittura
spirito profetico pel
veniva
a questa
conservata la
e
umanità sua e ad un
per testimonio
del tradimento che
congetturai che Leonardo avrà tentato sioni
cjuale
della
,
all'
,
,
abbia poi aggiunta
fatto
figura,
da un amico,
oltre
quella profonda contristazione di che parlano
l'espresi
vangeli
,
i84
da
nella circostanza
ad imitare, e consentaneamente
lui presa
alle
dette
altre
virtù avrà velato quello stesso turbamento d'una sublime ed eroica moderazione.
Queste mi parvero dover essere state le intenzioni di Leonardo s' egli poi o no riuscito ad espriniere la sua idea non si può nè per le storie diffinire, nè dallo stato presente dell'opera giudicare. Secondo il Borromeo, sembra :
sia
,
che almeno in gran parte
Lomazzo ed Leonardo facile
altri
che
dall'arte piiì
il
suo
il
intento
secondo
:
il
Pare però certo che
mal contento dell'opera sua;
stesso rimanesse assai
credere che
il
conseguito
avesse
egli
dovrebbe giudicare diversamente.
si
,
ma
è poi
anche
suo giudizio fosse troppo severo, e che forse egli pretese
l'arte
non potea mostrare.
Intanto prima che io mi fermassi nell'esposte considerazioni, tratto dall'autorità del
Paciolo, stimai doversi nel volto di Cristo, da chi vede, raffigurare quel
desiderio
dell'
umana
Leonardo è
di
salvazione
del quale
,
simolacro. Perciò giudicai
secondo
,
che
vi
si
quell' autore
Cenacolo
il
,
dovesse scorgere
la
mansue-
tudine dell'agnello divino annunziato dal Batista, bramoso di lavare del proprio
sangue
le
gnazione lui
colpe degli uomini; volere paterno
al
parvemi che
e
fossero
la
dolcezza, la carità, la rasse-
miti virtù che dalla soave fisionomia di
le
E con tali principi mi sforzai di caratterizzarlo nel mio mal contento di altri tentativi da me fatti con mire diverse. A ciò mi anche l'autorità d'un disegno assai pregevole creduto di Leonardo e
dovessero trasparire.
cartone trasse
,
posseduto
dall'
egregio oblato Mussi
,
ora defunto
Ma
mistura di queste mansuete espressioni.
alquanto meglio
,
se
non erro
sforzato di rappresentare
il
manenti
;
,
di potenza e di
nel quale
mente
di Leonardo mi sono nella tela come mi parca dovesse risultare per le in somma che gl' indizj che la fisionomia
nella
Io volli
grandezza
,
dimostrassero in lui connaturali e per-
si
,
affetti
che
la
doveva commuovere.
circostanza
nell'arte f effetto pareggiasse l'intenzione,
va per lo più altramente, e dopo
si
vedrebbero meraviglie;
ma
il
fatto
ma
sciocco ed ignorante
accontentasse della propria. Perciò circa questa testa io non dirò altro se
non che voleva di far peggio
,
farci varie correzioni
e
il
cambiamenti ed aggiunte
,
me
consiglio di molti
dal pennello la prima volta che copersi
Resterebbe ora a dire qualche cosa
come intorno al rimanente dell' opera non presenta alcuna difficoltà ma la ;
forzata ed ai più spiacevole. ficarla
non
Se pertanto
che Leonardo che pur tanto potea, fu mal
contento dell opera sua, mostrerebbesi ardito non solo, si
scorge una dolce
e che accidentali e passeggieri apparissero quelli delle altre virtù,
che quelli degli
chi
si
Redentore
osservazioni dette di sopra.
permette
,
,
penetrando poi nel seguito dell'opera
,
ma
i
Mi
l'
la fecero lasciare
ma d
timore
è uscita
abbozzo.
delle mani intorno alle quali mi sbrigherò prontamente. La sinistra
dell' atto ,
,
quale mi
destra
,
apparisce in
sarebbe stato assai facde
pochi avanzi dell originale e
la
il
attitudine
alquanto
cambiarla o modi-
copia del Bianchi
me
ne tolsero
\
i85
r
Rimarrebbe a spiegare perchè
arbitrio.
desse Leonardo
le
un
tal atto;
panni
e
volesse per esso esprimere la contenzione colla cpale
il Salvatore reprimeva il da cui era compreso mentre profetizzava il preparatogli tradimento. Fors anche con quell' abbassamento dell indice volle accennare le proprie parole del vangelo di Matteo: Qui intingit mecum maimm in paropside, ecc.
dolore profondo
O
ìq fine chi più sottilmente raffinasse,
medio che pare
rivolto a
strare lui essere
il
del Bandello che
può vedersi
Giuda
traditore;
,
potrebbe in cpel lieve alzamento del dito
riconoscere
tal
mi
del qual gesto nelle note
Ad
(46).
gesto chironomico fe
ogni
modo
sempre del in natura
mani o accadono incontrano nondimeno sovente e
simili atd delle s"
,
storpia per la difficoltà di render
tutto
di
onde mo-
tal
mano
questa
in tale alquanto forzata posizione in ogni copia più accreditata
quantunque
,
nascer congettura un passo
atto
:
si
trova
bensì è c[Qasi
con naturalezza.
E
rado o rimangono inosservati
nelle opere del Vinci e in quelle
de suoi discepoh. Veggasi in prova di ciò, per tacer d'altre opere, il quadro della Concezione del quale si trovano varie copie, il bel ritratto del Morone di casa Scotd e il san Michele di Marco alla Galleria Reale. Per tali osservazioni mi sono sempre più confermato che non altrimend stesse questa mano nell'ori-
ginale, e mi sono ingegnato di renderla con quella naturalezza che potei maggiore, combinandola col dintorno determinatomi, come dissi, dalla copia del
Bianchi e dall'originale.
Anche
ridicoli delle copie,
mensa lasciava grandi ambiguità per gli arbitrj spesso non meno che pei ritocchi stravagand da cui si scorge al-
A
questo però mi attenni ove ho riscontrato cpialche minuto
l'ordine della
terato l'originale.
frammento mensali
di antico.
(47):
un gran
Un
piatto
,
piatto voto
del pane e
davanti
a
un bicchiere per ognuno Cristo:
alcuni
de'
com-
tagliernzzi minori:
alcune ampolle d'acqua di figura uniforme: due piatd grandi, ne' quali mezzo per piatto posi l'agnello arrostito; ecco le principali cose con che ho ornata la
mensa, seguendo
gli
avanzi
del
cose che mi parvero secondo
Pel
campo barbaramente
nardo anzi che
al
la
arbitrj
le
copie in
quelle
ridipinto alle Grazie ebbi ricorso al Trattato di
suo quadro.
nella distribuzione de' quadrati tali
Cenacolo delle Grazie, e mente di Leonardo.
Vi ho riconosciuti alcuni delle
tappezzerie
furono cagionati dal vantaggio di
far
arbitrj
ed anche in
Leo-
di prospetriva
altre
campeggiar meglio
le
cose;
ma
teste
con
quel principio del Vinci ripetuto infinite volte nel Trattato, che ogni oggetto debbe avere la sua parte luminosa più chiara del campo, come l'ombrosa più oscura.
Per
tal
quale campeggia
ragione egli
fe'
uscire
alquanto di lume dalla porUcella nella
Bartolommeo accomodando il tutto
e di Andrea, come similmente fe' ombrose altre parti all' effetto ed al rilievo senza ombre forti e sempre con dolcissime degradazioni. Finalmente gli ornamend della tappezzeria gli ho tratri per le linee generaU dall' originale non potendo credere la
,
testa
di
,
,
/
che
Belletti si
il
prendesse
un diverso ornamento
l'
incomodo
goffamente quello che aveva trovato
maggiore,
mai
il
inventare e diminuire
tanto più che
;
non avrebbe potuto
egli
di rifare
d'
in prospettiva
essendogli in vece assai facile lo storpiare
,
far
credere
Gli ho però per lo
dipinto.
,
cangiandolo
,
come
,
fece
oltre la fatica
non
frad di soltanto rinettare,
ai
stile
adattati
al
tempo
,
studiando
rabeschi di quelf epoca. Per le portine poi o aperture laterali colle quali in-
i
tese
Leonardo
forse
toghere cosi
come lazzo
il
di
bisogno
introdurre
i
il
Cenacolo
in ciò la migliore di quelle da
Taccio, per non prolungare
officine
colle
interne
famigli durante la sacra cerimonia
furono cancellate dal Mazza
nell' originale ,
comunicare
far d'
me
,
ho seguito
la
e
sic-
,
copia di Castel-
vedute.
tedio di questo ardcolo, di altre infinite cose
il
mio lavoro e mi basri Y avverdre che non non abbia avuta qualche autorità o ragione. Non debbo però tacere che in tutta 1" opera ho tenuto alquanto elevati i tuoni delle tinte e ciò per due ragioni. La prima è perchè all' abbassamento de" colori da
me
osservate con ddigenza nel
;
v'è minuzia per la quale io
,
pur troppo provvedono
gli
anni, ed è più sano consiglio l'offendere
presente
il
giudizio di qualcuno e far rimanere le opere armoniche per alcuni secoli che
non per
la
gloriuzza presente far tale impasto di dnte che poi presto
La seconda
o vada in fumo.
perchè
fu
la
s'
adombri
traduzione in mosaico a cui
il
mio
quadro era destinato, oscura di necessità le dnte e per gli smalti che non le hanno si vivaci , e per quella rete minuta che risulta dagV intersdzj de minuu pezzi di che l'opera a mosaico è composta; i cjuali intersdzj, sebben con arte si colorino delle dnte degli smahi vicini, sempre coll'andar degli anni
notabUmente, sopra lora
fanno sul
tutto nelle
totale
opera
dell'
oscurano
si
opere grandi, come l'esempio dimostra; ed l'
effetto
quasi
d'
un velo che diminuisce
alla
j)otenza generale de" colori.
Per si
tal
modo
è saputo
,
in
dell"
trenta
mesi circa mi sono sdebitato
onorevole
si
ma
difficilissimo
il
meglio che per
incarico addossatomi
me
di richia-
ed il giudizio che dell' opera di Leonardo mio lavoro ho ottenuto da persone altamente autorevoli, ed in ispecie dall' umanissimo Principe che me lo commise, fu tale da larghissimamente compensarmi delle tante sostenute fatiche M. Avrei avuto bisogno di molto maggior tempo tanto per giudicar meglio 1' opera mia cpianto per meglio condurre alcuni accessorj che ho lasciad imperfetd, come sarebbero fìmbrie ed altre piccole decorazioni. In tutte però le pard importand ho cercato d'impiegare la massima dihgenza imitando, secondo l' ingegno e il poter mio,
mare
in vita
quanta parte
si
poteva
in voce o in lettere intorno a
:
tal
,
,
la
maniera del Vinci
,
neha fusione e degradazione del colore e nella
finitezza
di ogni particolarità.
Se dovessi pertanto far anch' io palese il mio parere su questa mia qualsisia opera, direi che, confrontandola con cfuanto potrei fare io stesso una seconda
187
mi reggesse l'animo a ripetere
volta, se
inferiore
son
idea che per
all'
dell" originale.
fatta
poche vere opere
precetti e per le
li
di fatiche, la trovo
nelle parti più alte e delicate dell'arte,
ed oso di più asserire che nacolo
restano
ci
tamente
anima
Ad
stia
mi
molto
credo ancora,
il
farsi
che
di esso tale idea
vero compiu-
al
rinnovasse in alcuno
si
la
mente
antico autore.
dell'
onta di ciò, se poi confronto la mia copia colle copie antecedenti, non
mi pare
me medesimo
d'esser troppo liberale verso
periore nelle parti più importanti
;
uno scopo maggiore che
maggiori mezzi
d'
ogni genere
gli
non
e ciò
d'ingegno e di pratica a coloro che vista
io la
autore
lontana assai dall'opera di Leonardo;
assomigli, quand'anche per prodigio
si
dell'
tempi nostri e colle poche reliquie che del Ce-
ai
è impossibile
,
lungamente
Direi in oltre che per quanto questa mia idea
sopra di ciò che ho potuto e potrei eseguire, nondimeno
al di
e r
genere
tal
altri
non ebbero
io
in
impiegato per ottenerlo
lio
,
anzi credo d' averli
,
mi creda superiore
ma perchè, avendo
eseguirono,
le
giudicandola a quelle su-
già perchè io
esauriti.
tutti
E
quando a taluno recasse meraviglia ch'io abbia voluto non richiesto esporre il mio giudizio suir opera mia dirò che a ciò mi son mosso perchè ( oltre che ad alcuno può piacere di sapere ciò ch'io ne pensi de' pareri degli altri uomini, sebbene sieno stati finora per me lusinghevolissimi, sono costretto ,
)
me stesso a non tenere Cjuel conto che pur vorrebbe aver dritto di farne un animo desideroso di vera, onesta e ben meritata lode. Ogtuuio che ha letto
dentro
o storie di cose di disegno
libri
nascere di
nel disprezzo la
opere che
tali
posterità
;
e, a
coli'
troverà sovente
,
essersi
andar degli anni caddero
vicenda, essere
state viste
encomj
età nostra
,
de' la
contemporanei.
E
le
meraviglie
al
obblivione e talor
con indifferenza quelle
cpali
alle
Tale considerazione dovrebbe sola
preparava applauso e corone.
bastare a farci proceder con misura nel prestar fede agli
fatte
nell'
cjuantunque
ai
non meno che
biasimi,
questa
a
,
e schizzinosa
difficile
lode che viva oltre un giorno, comechè più ardua da ottenersi,
possa riuscire più lusinghiera e parere meglio fondata, pari del biasimo, sospetta, perchè
1"
ignoranza
^
la
essa è per lo più, al
mala fede e l'avarizia cor-
rompono troppo sovente giuclizj. Perciò chiunque ama daddovero e conosce r arte non dee troppo dare orecchio alle lusinghe de' lodatori né per altra i
,
,
parte intimidirsi alle punture di chi riprende, giovandosi, invece, de'giudizj di
biasimo onde correggersi e
farsi
come
stimoli a meritarne di più
cose,
non
dell'arte,
solo per
migliore
ampj ed
,
e
considerando quelli di lode
universali.
E come
me, ma per ciascheduno che segue con amore
debbo aggiungere che
rpie' voti
la
strada
che più all'artefice importerebbero,
difficilmente saranno sinceri, perchè,
dovendo egli averli da persone della sua ben certo se l'opinione che a lui manifesteranno, eguale a quella che con gli altri mostreranno d' avere e anche quando
stessa professione, sia
sic-
io volli dire C|ueste
non
sarà
;
i88
l'opinione gli sarà favorevole, detto
il
non potrà mai abbastanza
vero per animarlo e consolarlo
di tenerlo
in errore.
Dal che
tutto è
,
o
il
falso
per
manifesto che
l'
assicurarsi se gli verrà l'
iavido
artefice
d'ingegno e costanza d'animo, non dee
lasciarsi vincere
gno, ed allora andrà, come già disse
nostro illustre Parini
Lungi
E vita
tornando
al
proposito
che non ebbe
venire
,
dai
dall' arte
quali
il
dell'
il
a spaziar fra i campi. opera mia augurando ,
suo originale
soli è difficile
,
la
raccomando
infame gusto che ha vigore
nè da lode nè da sde-
alla
al
mia
volentieri
grande Alfieri,
tela ai
più lunga
giudici
aver lode o biasimo immeritamente.
av-
DEL
CENACOLO D
I
LEONARDO DA VINCI LIBRO QUARTO.
DEL TEMPO IMPIECATO DA LEONARDO NEL CENACOLO. Zeusi, udendo un giorno Agatarchide che
gloriavasi di dipingere presto,
Ed
mi glorio, rispose, di dipingere adagio, e mi sto lungamente attorno alle mie opere, desideroso di farle lungamente vivere. Non altramente la pensava Leonardo; anzi portava tale opinione all'eccesso, timido e lentissimo com'era neir intraprendere i lavori e non sapendone tor la mano da poi. Gli artefici io
,
ingegno
da continuo desiderio di un ottimo che forse all'uomo non è dato di ottenere, non sogliono esser contenti del buono e tormentando le opere e il proprio cervello consumano gran tempo in conside-
di
altissimo
stimolati
,
,
,
razioni ed esperimenti cjuel
,
nè
si
curano di
meglio che hanno in idea. Tutta
Leonardo, nè pare che,
se
si
far
molto
,
solo
avendo
in vista
la storia pittorica ci assicura
eccettui la novella del priore,
mai
che
il
far
tale fu
fosse affret-
opere da chi aveva autorità sopra di lui. Apertissimo contrassegno d'imperizia, secondo la bella sentenza di 'V^arrone, è r esigere che si faccia presto ciò che a farsi è difficilissimo. Lodovico il Moro tato nelle
,
190
non amava Paciolo
,
già ciecamente le cose delle arti
del Vasari e cY
altri
al
:
contrario
intendentissimo
n' era
ci
,
per testimonio del
,
quindi non è probabile
:
ch'egli esigesse prontamente eseguita un'opera di tanta importanza e difficoltà,
come questa del Cenacolo e tanto meno è da credere uu artefice cpal era Leonardo cui egli aveva cV altra
eh' ei fosse per affrettare
;
parte affidate tante e di-
,
verse considerabili opere d'ogni genere, e sopra tutto del duca Francesco, suo padre. Se a ciò
grandezza notabile dell'opera,
la
aggiunge
si
gran colosso equestre
il
lento
il
la ricchezza e finitezza di
metodo
dell'autore,
menoma
ogni
parte,
e la insaziabilità di Leonardo in rinnovar ricerche ed investigar sempre nuove perfezioni
duca
al
è facile
,
congetturare che
il
Vasari asserisce apertamente che
Il
,
mentre già
stava lavorando al
Cenacolo fosse
il
fatica di molti anni.
cavallo colossale fu dal Vinci proposto
il
Cenacolo
e al
;
modo con
cui parla di
opera, prova egli stesso di quanto sbagliasse (se pure noii isbagliò l'impres-
tal
sore) assegnando la venuta del Vinci in Milano nel 1494. Sedici anni d'altronde ci assicura il Sabba da Castiglione essere stati impiegati da Leonardo in
condurre quel fu
celebre ed infelice modello
come vedemmo
,
In qual tempo sione
ma
,
bersaglio
,
che fu
due
fatto
il
quale
balestre de'
modello fosse condotto
tal
è certo
alle
volte.
'
al
all'
arrivo di
Guasconi
suo fine
,
non
,
Lodovico XII
ed andò in polvere. è noto
con preci-
In una lettera di Platino Piatto,
scritta
da Garlasco nel 1489 (o, leggesi che questo oratore e poeta fu richiesto da Leonardo di un epigramma da porre sotto la statua equestre di Francesco. Dalla stessa lettera si deduce che a molti altri letterati era stata fatta la medesima
domanda. Dunque
monumento strare, e
se
Leonardo già chiedeva epigrammi ed
è chiaro che
,
il
monumento
pel suo
iscrizioni
era condotto a segno da potersi
che come modello era assolutamente
finito.
Sembra anche che
mo-
sia stato
pubblicamente esposto in
cjuello stesso anno 1489 in occasione delle nozze di che furon ricche e grandi e per le quali fu dal Vinci <') macchina cui cliiamò Paradiso fatta ad imitazione di quelle che
Giovanni Galeazzo eseguita la
,
,
,
facevansi a Firenze;, delle quali
dopo
rilievo la
,
legge nelle Vite del Cecca e
suo pugno:
festa
A
non
Ma
poco
fosse
,
,
in fine mala soddisfazione
e Leonardo stesso nel codice
33
De
dell'
autore
luinine et
,
questo primo
umbra
scrisse di
1490 cominciai questo libro e ricomiiiciai il cavedio O). Paciolo poi circa otto anni dopo ne parla di nuovo come di cosa perfetta di
d' aprile
e dice che la sua enea massa era di 300,000 libbre, fosse già gettato finito
il
(iitture.
e
d'altri.
raro alle grandi opere di
rovina cagionata dalla trasportazione che se ne dovette fare per
fosse
indicata
modello disparve
Il
si
fosse effetto di qualche sinistro accidente
,
il
in
bronzo
secondo modello
Da
1484, e
,
uì
e
Intorno dunque
.
i
sedici
con che
al finir
anni devono
fe'
credere che
del secolo
dee porsi
comprendere ambedue
ciò parrebbe che cpiesto colosso fosse stato cominciato ira se
il
il
le
1483
Cenacolo era già prima intrapreso, come vediamo dal Vasari,
191
può giudicare che Leonardo ne avesse commissione allorché il Moro fe' allungare il refettorio, che fu nel 1481 come si notò altrove, e forse fe' tale accrescimento di bellezza e di comodo al luogo avendo intenzione di farne campo ad un opera importante del suo pittore. Da ciò si verrebbe ad indurre che Leonardo desse al Cenacolo circa sedici anni nè in opera di tredici figure si
,
,
;
maggiori del vero sarebbe ciò meraviglia per colosso
contemporaneamente
cui però facea
,
che
lui
ne diede
altrettanti
che quattro ne diede
e
,
al
al solo
ritratto di monna Lisa in mezza figura grande al naturale. Se si aggiungerà poi che in quell" intervallo di circa tre lustri oltre al colosso di Francesco egli ebbe la direzione di varie splendidissime feste ordinate da Lodovico in più occasioni, e che richiedevano le cure e F opera di più mesi; e se si osserverà che dello stesso tempo egli condusse grandi opere idrauliche, compose molti trat,
tati,
nuova accademia, inventò macchine d'ogni genere, lungi dal meravigliarci perchè in sedici
diresse l'istruzione nella
e fece infiniti altri studj d' ogni maniera
,
anni abbia condotta
ci
cjuest'
,
opera, quasi
farem meraviglia come in mezzo a
diverse e tutte gravissime occupazioni gli rimanesse agio e
Contrasterebbe però
Cenacolo
Pino,
la
mia opinione circa
alla
una nota che
,
si
di dipingere.
tempo dato da Leonardo
al
stampa lesse e citò nel suo libro il padre Cenacolo nel 1496 e 1497. Ma c^uell' iscrizione
nell' antica
quale dice dipinto
manoscritta d'ignota
il
tempo
mano
il
e forse
moderna non può
alcuna h.
autorità
fare
Nè
maggior peso hanno le ragioni del Bianconi. Egli dice che Leonardo cominciò il suo Cenacolo dopo che Giandonato Montorfano fini la Crocifissione che
gli si
vede dicontro,
il
che fu nel 1496 come dimostra
la data sottopostavi;
e s'indusse a tale credenza solo perchè la parete che toccò al
parve al
la
più nobile; e però giudicò che Leonardo
suo lavoro prima di
lui
,
non avrebbe
fondato; primieramente perchè
il
molti anni, e l'iscrizione indica,
come
ma ha
le
si
di preferirla.
,
di più
alla
gli
messo
Giudizio mal sua opera da
suole, l'anno in cui l'opera fu finita;
Montorfano è per l'appunto
finestre lontane e di luce
men
diretta
lume a sinistra il che ogni incomodo facendosi ombra da sé stesso nell' operare. E a provare che Leonardo fu primo a dipingere nel opposta
Montorfano,
qualora fosse stato
Montorfano potea lavorare
in secondo luogo perchè la parete del
poiché non solo ha
lasciato
^
il
,
peggiore,
la
che non
pittore
sa
la
parete
quanto
sia
,
l'argomento da
gomento
in
lui
cui
scelto, suggerito
sarebbe stato prevenuto
fors'
,
basterebbe
,
se
altri
prima
di
lui
avesse
avuto
E
perchè l'ultima cena, come dice più d'una volta il anche secondo la mente di Leonardo, è sLmolacro dell' ardente de-
l'incarico di dipingervi.
Paciolo,
refettorio
evidentemente dalla natura del luogo; ar-
che Cristo ebbe dell'umana salute sacrificandosi, venne naturalmente in appresso il pensiero di rappresentare il suo sacrifizio sul Calvario , di che il siderio
Montorfano ebbe
l'
incarico.
192
In oltre della incontentabilità del nostro pittore in cercare miolioranienti e o perfezioni, senza ciò che risulta dall' osservare
i suoi dipinti e i suoi disegni, e senza quello che ne fu detto da tanti scrittori che A'issero poco dopo di lui,
come il Vasari il Lomazzo ed altri abbiamo anche un testimonio del suo tempo in Ugolino Verino, il quale disposto, com'era, a dargli corona su gli ,
,
altri artefici , se di tal pecca si fosse potuto difendere non l' avrebbe distintamente accusato di lentezza in operare, quando egli avesse in breve spazio di tempo condotto un quadro di tanta mole e momento qual è il Cenacolo. ,
Né il
le
scusa abbastanza col paragonarlo a Protogene
lo
Lomazzo da poi perché mani dall'opere sue, ma ,
le altre sue tavole
Protogene
di
(i)
eccetto
il
pare le conducesse
come
,
fe'
più d'una volta
non sapesse diede gran tempo,
dice bensì che
si
Gialiso
cui
speditamente,
assai
torre tutte
poiché, lasciando
i bronzi cui pure attese si è conservata fino a noi la memoria d' un numero grande di sue pitture il che non si può dire di Leonardo sebbene di tanti ,
,
,
secoli a noi più vicino.
Dietro il
tali
Vinci
osservazioni assicurati da
modello del
al
occupato a
tal
l'avrebber tolto
lungo
colosso
,
e
sincrona autorità che sedici anni diede
eh' era
in
segno che ove minore fosse interamente
modellare e
al
molte
stata
dipingere,
al
opere
altre
del
l'attività
non
corso di sedici anni onde condurre un'opera qual è
il
il
importanti
suo ingegno, ci
jmò parer
Cenacolo. Gli
non rari esempj di simili lentezze anche in artefici metodo né le gravi occupazioni di Leonardo. Lo stesso perfetto nel colorire stette per ben sett' anni intorno ad
annali pittorici ci portano
che non avevano Tiziano
rapido e
si
,
il
,
argomento per l'appunto simile a quello che cjuadro che ancora si conserva nell' Escuriale Ridolfi,
anni
si
Palomino ed
il
fa
altri.
luogo comodamente
studj
nota novella circa
alla
ed
alle
la
testa
con che
di Giuda.
si
di
si
esprime.
Io star saldo
mirabile
il
possono vedere
il
qualche ignorante e bi-
toglierebbe la controversia
Si fa altresì
molte cure contemporanee dell'autore.
precetto, con che vuole che di quando in quando
com'egli
si
poi quale l'indicato di sedici
governo biennale
al
Vinci, e fece
il
su di che
Con un periodo
sberico priore anteriore al padre Bandello,
intorno
trattò ,
si
Si
luogo a
concorda
a
gli
tutti
quel suo
lascino le opere, perchè,
nell'opera tifa forre ingannare M. Si conferma
finalmente la fama della sua eccessiva lentezza, e
il
metodo da
lui in altre
opere
praticato e ne' suoi scritti inculcato, quello, cioè, di cercare in esse tutte cjuelle
perfezioni
mano ed
cui conseguimento
al il
tempo.
possano contribuire
l'
ingegno
,
il
giudizio
,
la
93
COME
DIPINTO
SIA
Leonardo che, ad onta
di
IL CENACOLO.
quanto in contrario scrisse
più zelanti seguaci del metodo nuovo
Eeqneno,
il
uno
fu
suo tempo di dipingere a olio
al
preferi ad ogni altro nella sua più grande opera,
come
il
dei ,
a quel grado di squisita perfezione ch'ei giunse a conseguire. Egli ebbe anzi
primato
fra coloro
e ne è prova
si
secondo distico
il
prima edizione
che primi
delle sue Vite
il
diedero a quella migHor maniera di colorire dell' epitaffio
latino
riportato dal Vasari
,
nella
:
Perspicuas picturm umhras
oleoque colores
,
docta nianus posuit.
Illius ante alios
E
lo
solo adatto a condarla
cjuantunque in questi versi non
menzione del Cenacolo
faccia
si
egli
,
è
chiaro che Leonardo doveva impiegare in cjuesta sua maggior opera fjuel me-
todo che meglio possedeva, e in cui anche dagli
A
olio pertanto
dicono
nel primo libro^ e lo riportata dal Pino.
,
come
è in
fatti
,
conferma, qual ch'ella
A
olio
parimente lo
pittore venir talora in fretta dalla corte vecchia
dare due o
pennellate a qualche figura
tre
più gravi autori
i
sia, l'iscrizione
giudicare
fa
era tenuto più eccelleiue.
altri
Cenacolo
il
,
Bandello che vedeva
il
che è
il
correzioni o aggiunte che a Leonardo venivano in mente
attendeva ad altro
qualunque
in
Ma
,
altro
non avrebbe
olio, sarebbe facile
tiche
si
il
le
:
improvviso
,
quali
mentre
egli potuto effettuare senza guasto della pittura,
si
leggesse essere
il
Cenacolo dipinto ad
riconoscerlo cosi dipinto in quelle poche croste che an-
scorgono neh' opera.
gatissimi e dimagrati assai
allorquando
d'
luetodo di dipingere che ad olio non fosse.
sebbene presso nessun autore
,
il
presente Castello, per
andarsene altrove
indi
citati
deh" antica stampa
Appare bensì
con carte ed
procede tropp' oltre
eh' egli
altre industrie
usò
,
come
solca
,
olj
pur-
o; col quale dimagramento,
olio ottiene a dir vero una limpidezza maggiore e non ingiallisce, ma perde assai della sua consistenza e non dcà ai colori cjuel corpo sì resistente all' atmosfera che suole avere quando s' impiega
meno
si
assottigliato.
1'
,
,
Ci assicura di tale diligenza
non
,
solo la storia,
sappiamo per sino che queste sue troppe cautele dispiacquero
ma
la
chiarezza che tuttavia conserva la sola
teramente ricoperta
,
cioè porzione del cielo che ancora sembra risplendere.
questa chiarezza certo pare dovuta aH assottighamento degli nel Vasari che
dalla quale
papa Leone , parte del dipinto che non fu ina
Lorenzo
olj
,
E
poiché leggiamo
al par di Leonardo non avevano sofferto al suo tempo il menomo cambiamento di colore come in vece vediamo tutto giorno dare in giallo o in livido cjue' dipinti ne' quali specialmente per gli olj non furono i
dipinti di
fu accuratissimo raffinatore
d' olj
di
Credi, che anch' egli
e vernici
,
;
,
usate le debite diligenze.
,
,,
194
dipingere pertanto
Il
muri ad
i
con cui Leonardo dispose
la
una particolare preparazione. Quella un composto di pece, di mastice,
olio ésige
sua parete, è
di gesso e di qualche altra mistura, disteso a ferro caldo
probabilmente in-ventato da cui se ne attribuisce
snll"
metodo Piombo
arricciato;
e usato in appresso da Sebastiano dal
lui
,
invenzione dal Postillatore delle edizioni bolognesi del Ilo scoperto essersi da lui usata qtiesla mistura col prendere in un
Vasari.
l'
,
angolo estremo del dipinto un pezzetto d'intonaco ed annnollirlo ad un carbone acceso ed arderne la polvere: col quale esperimento si può aggiungere sicurezza circa
modo
il
del dijjinto
,
non ricevendosi bene
Oltre a cjuesto strato di mistura
zioni.
ogni futuro pericolo
clie
terre
giallolinij
vernici
fecero
,
si
composta come
forse
,
bello
,
Vasari
il
ma non
sero dallo screpolamento
accerta
ci
durevole
mantenca molle e
letto alla
fotte
si
prepara-
penetrasse ed offensia
usata
essersi
,
olj
una mestica biacche
di
e forse
con
più singolare industria che
primi primi danni di quest'opera provenis-
i
di qttesta imprimitura
fortemente allorché cominciò a mancarle la
muro
scorge un'altra base del. dipinto, o
tengo certo che
l'arte vantasse. Io
da
l'olio
campaiie e simili, che miste insieme con
di
un
non
nitro o altra malizia del
il
desse l'opera esternamente, chiara
se
con cui credette Leonardo allontanare
il
,
la
quale disseccandosi troppo
nutrimento oleoso del dipinto che
come avviene di molte gomme^ non più aderente alla sotto-
distesa, principiò a staccarsi
e contraendosi akjuanto fece ben presto un corpo
posta preparazione;
e
dove più
staccarono
e
caddero, e l'umido interno cominciò a scaturire più
croste
si
abbondantemente e ne produsse avvenuto
il
,
muro
cattivo
fu la
forte
il
e mille
screpolatura e la contrazione,
primo ammuffimento. Se
non
ciò però
le
fosse
malanni interni ed esterni avrebbero
altri
resa inutile ogni avvertenza e l'opera sarebbe ad ogni
modo
perita,
come pro-
seguendo dichiarerò più estesamente.
Abbiamo veduto a fresco
,
e questo
furono assai più
nel primo libro asserirsi da taluni
pregiudizio fatto pubblico da libri
letti
che molti buoni
,
si
Ma De
Brosses,
quando non ripeteano
cpialche
che questa pittura fosse che comuncjue
è sparso a segnp
cattivi
che nacque sovente
Cochin, i La Condamiue, i La Lande buon giudizio altrui solcano per lo più in pittura bestemmiare come provano ampiamente i loro libri e come avviene ed avverrà mai sempre a chi ragiona di cose non sapute. Altri buonamente dissero a fresco il Cenacolo perchè lo videro o il seppero dipinto sul muro non credendo che sui muri altrimenti che a fresco si possa dipingere. intorno a ciò quistione.
e simili
,
i
i
,
,
,
,
Altri in fine fatto
alcuni
copiarono ciò ch'era autori
peggio, cosi è stato
francesi fatto
stato scritto
moderni copiando
recentemente da qualche
cosi
hanno
lor più antichi, e, ciò
che ò
senz'altro i
esame, e
scrittore italiano, anzi
lombardo.
Ma
questa asserzione non uscì di bocca ad alcuna persona pratica di pittura e
tale
da fare autorità; nè mai persona
dell'arte
ne mosse quistione; e chi non è
tlell'aite,
non ne può ragionare che male, come dimostrò
quantunque decidesse bene,
trattò la
Nè mancò
ancora chi credette
ritocchi
che ne affrettarono
tanti
cosa assai male pei
padre Pino
rovina
trovano qua e
si
,
là de' ritocchi
tempera non so di qual mano. Nessuno però ch'io sappia osò esporre serzione in pubblico scritto distintamente del Cenacolo
,
nardo
lui la
Ma 1'
allorché trattando del
tempera
chiunque conosce alquanto
non ha bisogno fu
da
asserì preferirsi
,
Requeno
lo stesso
e
,
quale,
il
e pei ragionamenti.
l'opera dipinta a tempera, perchè fra
tutta la
il
modi
ne' suoi
modo
i
a
tale as-
Saggi non parlò
Leo-
di dipingere di
all' olio.
la storia e
modo
il
Leonardo,
di studiare di
per sapere di qual genere de' molti praticati dalf arte opera sua principale. Sa in oltre eh' egli non diedesi a dipingere a fresco , d'altro
perchè un
esige
quale
la
ei
tal metodo non ammette correzioni ed non osò sperare quella perfezione a cui
pitto?e che
assioma
non dubica
non
,
poco acquista
una sollecitudine dalla
sua mente aspirava.
solca dire e scrisse
,
Leonardo
è meraviglia s'egli diessi esclusivamente a colorire a olio,
che più d'ogni
permette
altro
Egli sempre diffidava di sé,
di dubitare, di
e ad onta
correggere e di acquistare
del suo molto
sapere,
Quel
e con
,
tal
modo
nell'arte.
l'opinione che
che non fu mai certo dell'ubbidienza della mano metodo rapido doveva di necessità disgustarlo. Molti cptel tempo erano della sua opinione e temeano il di-
dell'arte egli aveva, era tale all'
intelletto
:
e però ogni
grandi maestri di
altri
pingere a fresco per il
le dette ragioni.
vigore d'un' ardita gioventù,
la
anzi che atterrirlo, aggiunse vita nello.
Pare a quel
dell'umanità, e artifizio
si
tempo
11 fiero Michelagnolo finché gli giovò pensò diversamente, eia rapidità del metodo e nerbo alle miraluli produzioni del suo pen,
che un certo
direbbe che anch' egli,
ordinasse e desse in un attimo
divino
come Dio, volo,
il
il
furore
moto,
della Sistina. In oltre quegli argomenti ideali traui dal
il
il
dimentico
facesse
mente
colla
sola, senz'altro
rilievo alle sue figure
Genesi non richiedevano
quella individualità che negli argomenti storici dimanda la perfetta pittura, ed modi in cui le sue figure poteano star bene, non determinando i
erano molti
per loro natura un preciso confine di forme e d' espressione. Oltre ciò egli ebbe anche stimoli fortissimi ad affrettar l'opera dalla veemenza irrequieta di ,
papa Giulio allorquando
e dalle potenti inimicizie di in
età
richiedere maggiori
più matura attese considerazioni
,
Bramante e del Sangallo. Chè
al
mirabile Giudizio
trovandosi
comandata sollecitudine e di vigile rivalità accondiscendendo a fra Bastiano che voleva ,
aveagli di già disposta la parete a quello dell' olio
anni.
E
si
assomiglia
,
,
fuori
delle
se temette il
,
in vece, opera che parca
dette
di parer
angustie di
minore
di sé
dipingesse a oho, e che per ciò
tenne anche a fresco un
e condusse quelf opera
quantunque andasse reiterando
menti, riposi, come nelle lente opere
studj fatte
,
ad
tal metodo che ben penandovi molti e molti
preparativi olio dai
,
meditazioni
più dihgenti
,
cangia-
si
pratica,
196
rimanea non pertanto sempre mal soddisfatto delle cose sue chiamando beato e sè infelice che non avea il Bugiardini che trovava perfette le proprie opere ,
,
mezzi di rispondere colle opere pinte le camere vaticane
,
dopo aver
,
conservate e dipinte ad olio, e fors' anche la testa
due figure
le
san Silvestro,
di
freschi di Giulio
Romano, sebbene
parte disegnati
.
(9)
Fra Bastiano
da un giorno.
accanto
ai
stesso
modo
allo stesso al
abbastanza ben Mansuetudine e della Giustizia,
della
dallo
San Pietro a Montorio, che fino
quali dipind appajono
composd
Raffaello
dipinse ad olio
1068 pareva, secondo
il
Vasari
grande
istoria del naufragio di
tonno
Adone Doni ed
Enea
molti
altri
in casa Doria.
E
scuola,
di tutti
d nostro Cenacolo
,
egregi frescanu
tutti
dipinto
,
non temettero
,
mosfera ne' portici di San Michele in Bosco
tal
Caiacci e
i
,
fresco.
Cosi
a olio la sua il Fonun secolo
lo stesso fecero
del fresco
esperti
tutù
ad onta del noto deperimento di mold lavori di
,
del più famoso
i
gran
Vasari stesso dice nella propria vita di aver fatto felice espe-
Il
nel riunire insieme i due metodi di pittura a olio ed a pure Ferino, perfettissimo pratico nel colorire a fresco, volle fare
dopo
aspri
e in
Cristo battuto
il
rimeiito
,
di-
cominciolla ad olio, e quelle pareti vantano ancora,
Costantino,
in
Snnilmente Raffaello
alle idee.
desideroso di porre maggior perfezione nella sala di
e circa
;
genere ed in ispecie i
migliori
della
loro
esporre all'intemperie dell'at-
di
le migliori
cose che forse uscirono
dal loro pennelli.
]Nè perche; giudicai potersi
modo
di preparare
gere a olio
attribuire a
arrirciad
gli
sulle pareti.
gli
,
Egli forse
si
Leonardo l'invenzione d'un nuovo
debbe
attribuire
non avrebbe
l'
invenzione di dipin-
osato affidare la sua opera ad
una pratica nuova se non ne avesse già avuto buona esperienza. Frima di lui Domenico Veneziano, Andrea del Castagno e i due Follajuoh aveano già dipinte molte pareti con buon successo. Chè se generalmente simdi dipinti solcano sofferire annerimento, probabilmente non ne aveano dato ancor segno alf epoca che Leonardo intraprese il Cenacolo e se egli n' ebbe indizio o sospetto credè provvedere a tal danno non facendo uso degli olj bolliti che si solcano dare replicatamente sugi' intonachi e mettendo in opera in vece la sua nuova mi,
,
;
,
stura o impiegandovi soltanto olj crudi e purgati. In
nardo temeva
si il
conosceva pericolo
,
tutto
di
comodo
sid quale
perchè finalmente anche infette
il
i
e
il
però anche in questi tempi
epoca di Leo-
metodo, e ninno ne si
dipinti a fresco periscono presto
esagera da
ove
mohi
le pareti
;
sono
e di umido, e lo Scannelli, dopo tanto lagnarsi della rovina Leonardo incolpandone il metodo con cui fu dipinta, dice lo
stesso della cupola a fresco del Correggio,
Dalle ragioni e dagU esempj varj che lettore
bello di questo
all'
nitro
dell'opera di
il
somma
non
metodo. Se
il
potersi
,
se
non
opti
con evidente contraddizione. mi piacque accennare, vedrà, spero,
a torto, incolpare
Leonardo
circa la scelta del suo
suo Cenacolo fosse stato dipinto sopra una parete asciutta e sana.
,
197
e
non avesse avuto tant' come, senza dir d'altri,
altre
e della Mansuetudine di
mano
disgrazie,
vedono
si
vedrebbe
si
conservatissimo
tuttavia
in Vaticano le citate figure della Giustizia
di Raffaello.
VICENDE DEL CENACOLO. Accennato
modo con
il
cui
il
Cenacolo fu dipinto, dirò ora
la serie delle
sue sventure. Primieramente parrai non dover lasciare senza ricordo la spaventosa inondazione che afflisse la
Carlo Vili in
Italia.
porzioni basse stesso del
Vedemmo
della
convento
^
ed
città
Lombardia nel 1800
in ispecie
dove l'acqua
l'
anno che precedette
contorni delle Grazie e
i
più di
alta
per grandi piogge
solo
la
venuta di
alla2;arsi il
le
refettorio
palmi stagnò lungamente, e
tre
non v' ebbe esito se non per evaporazione per imbevimento del suolo e cedendo a poco a poco col disseccarsi del luogo esternamente. Dunque è da cre,
,
dere che
la
superiore
,
pioggia tempestosa e continua che
fe'
straripare tutti
i
fiumi deU'Italia
come un prodigio che annunFrancesi non facesse danno minore
e che è descritta dallo storico Bugati
ziava prossima l'inondazione militare
mentre Leonardo dipingeva
de'
E
Cenacolo.
,
sebbene
i frati che in allora abitavano convento avranno più prontamente posto riparo a tanto disastro, non è possibile che giungessero ad impedirlo del tutto poiché se la situazione del convento è
il
il
;
di già notabilmente bassa
vicini cortili
piano poi del refettorio è inferiore a quello dei ed anche de' terreni che il convento stesso circondano. Quindi io ,
il
credo che fino da quella lontana epoca
la
parete del Cenacolo
abbia contratta
una maligna umidità alla quale avrà contribuito la cattiva natura e struttura della parete stessa. Imperocché tutto il convento fu fabbricato assai male e sembra che i primi fondatori di esso non amassero quel lusso a cui pare che Lodovico il Moro li volesse in appresso quasi costringere. Guardinsi in fatti gli ,
,
si vedranno misere e mal lavorate colonne, archi grandi misti a piccioli, mattoni ineguali e tristi, e materiali in fine di vecchie demolizioni.
antichi cortili, e
Dal vedere anzi per povertà
si
tali
materiali impiegati ne' luoghi esterni
sia fatto
ne'
muri interni che
si
sospetto che di peggio dovevano intonacare di calce; e ,
se di vecchi mattoni già nitrosi fu costruita la infelice parete del
Cenacolo
,
essa
umido della detta inondazione. Accrebbe anche la infedeltà del muro la sua posizione esterna a tramontana, l'aver prossima la cucina e l'esservi annesso un luogo da riporre le vivande fumanti e da lavare. Con sì miseri principi e coli' apparato dell' intonaco che già abbiamo descritto non é da farsi stupore se si presto cominciò ad annebbiarsi il Cenaassai
più che le
altre
avrà assorbito
l'
,
colo, privo, com'era, del giuoco salubre dell'aria e cjuotidianamente profumato dal vapore delle minestre e dagli effluvj d'una cucina destinata a pascere una
numerosa comunità.
,
Pochi città
dopo tempo di
lustri
e al
,
finita sì
pensandosi per ciascuno
domenicani importasse donato del
tutto.
questa
fatti
alla
pittura
disastri
una peste
E
propria salute.
la pittura
la nostra
facile
il
credere che poco
ai
del lor refettorio, forse a quel tempo abban-
Ciò che fu cagionato dalla peste, fu parimente da poi cagionato altre disgrazie che desolarono la Lombardia nella prima
metà del secolo decimosesto. Lasciata
quest'
opera in abbandono
riguardi o cautele, la notata pessima natura del
riparo vi potesse esser
ne
anni senza
tanti
muro, congiunta
nella preparazione del dipinto o nel dipinto stesso, il
afflisse
da mille
dalla guerra e
che
terribile
cura de' pubblici monumenti
nulla è la
a cpialche vizio
affrettò la perdita
prima
utile.
Intorno pertanto alla metà del secolo si dee porre come nel primo libro abbiamo osservato , il passo dell' Armenini che dice il Cenacolo mezzo guasto. Non molto dopo si può tenere scritto il passo del Lomazzo che accenna essersi pel troppo assottigliamento degli olj e per la cattiva impriStaccate dai muri ,
,
mitura
due famose pitture
le
,
di
Leonardo,
della Sala del Consiglio di Firenze.
se
non una macclim
Cena
delle Grazie e la Battaglia
non vide nel Cenacolo piìi d'un secolo
Vasari
il
Finalmente era ormai scorso
per la infelice pittura di Leonardo e di vane lamentazioni de" buoni
di guai artefici
abbagliata.
la
Nel i566
per
la
sua decadenza anzi rovina, quando la pietà del cardinale Federico
Borromeo le a|5portò cjuell'unico soccorso che fare, come già vedemmo, una copia lucidata In quale stato fosse a quest' epoca
Borromeo
dallo stesso
()•
il
l'arte
potea somministrare, col farne
e graticolata da accurato pittore
Cenacolo
il
,
Gli autori posteriori seguitano a compiangerlo
perduta.
Bartolonimeo da Siena dice che appena e male
vedersi.
Lo
Scannelli lo dice inutile
tempi dicono
gli
altri
scrittori
del tutto.
Lo
(").
possiam leggere descritto
stesso
al
come cosa
suo tempo poteva
meno
più o
in varj
del secolo decimosettimo.
sulla
danno andava aumentando, e per portarlo al eolmo, domenicani, di entrare in refettorio per una porta bassa akpianto e stretta quale stava il Cenacolo, e volendo un più maestoso ingresso in luogo di
tanta
importanza, tagliarono, senza pietà nè di Cristo nè del pittore,
Intanto
il
i
mal contenti
pure
a Cristo
bellezza.
tamente
medesimo in ciò più non osarono rompere le gambe tocchi
apostoli e di Cristo
di alcuni
fu fatta grande più del bisogno
onde
rottura della parete
,
e
maggiore
costruirvi la volta.
A
muro
cadenti fin dal
dovette
gambe che
d' assai
fu cer-
quest'epoca d'infame
memoria, posta dal Pino intorno all'anno |652, comincia la vera dell'opera. La costruzione della porta occasionò i primi ritocchi, martelli nel
le
degli Ebrei
dalla sua tanta maestà e
,
La porta la
crudeli
,
totale rovina
l'urto dei
e
fare staccare gran parte delle eroste del dipinto già
tempo del cardmal Federico. Al guasto
della porta
si
aggiunse
in appresso quello d' inchiodare alla parete le armi imperiali tanto grandi che,
per testimonio del Richardson
,
toccavano quasi la testa del Redentore.
199
A
questo tempo dovettero nascere
grand' opera
sì
e
;
al
progetti
varj
i
1726 fu finalmente presa dai
concederla all'arbitrio di Michelagnolo Bellotti
di
quindi ricco
madori
solito
al
un suo
,
l'incadaverita
vita
ingannò
la
segreto
Ne
pittura.
un
la
chiuse con
la
scoperse e fece meravigliare
Per giunta
assito
e
impudenza
a tanta
babilmente una delle
coperta interamente, fu
ridipintala
il
frati
da capo a piedi
con cui
estinta del
che
ciur-
i
si
tutto:
il
dopo molto tempo
,
suo segreto.
del
segreto che sarà stato pro-
rinfrescano
quadri.
i
co' suoi
empiastri
la
tempo un
pittura del Bellotti conservò qualche
Intanto la
porzione che non è
la sola
vivezza e lo
quale
tal
informati scrittori,
splendore.
effetto
del
ma ben
trovano nuove lodi non solo della pittura,
si
stata
non senten-
ritoccatore rispettò in parte,
il
come
sa
sua balia,
in
dovuto
stupenda composizione, e in quell'epoca di grossi giudizj presso
alla
mal
i
anche
risarcimento.
Ma
a
so bene
pera
poco se
come
,
poco un
a
nuovo
osassero
frati
i
annebbiamento universale
impiegarvi
il
Certamente qualche nuovo ritocco
Bellotti.
in
c[ualche patte ancora
vo e maggiore decadimento,
si
si
prezioso vi
può
fra quelli
nell'arte,
ma
sì
i
11
si
dopo nuo-
,
di
pittore
rifiutò
risarciie
la
non meno
De
Giorgi
(is),
sebbene più
mai sempre, protestandosi
porre le proprie mani ove Leonardo avea poste
di
del
e questo fu a tem-
,
dispareri fra gli artisd
operazione.
fatta
nè
,
segreto
onesto ed estimatore degli antichi,
volte a ciò fosse richiesto con instanza, vi
indegno
del
mosse un'altra volta discorso
che dovean commettere
uomo mediocre
ebbe luogo
ricoperse
la
deposito
scorgere. In apjj rosso
tormentata pittura, e furono molti e grandi
che
e chi
^
indi avuta l'opera
!
lasciò ai frati stessi
cielo
sogliono
ignoranti della potenza
frati
i
da poterne imitare
dosi da tanto
un piccolo esperimento
fece
solite vernici
Leonardo era
pittura vera di
La nuova
,
come
col quale avrebbe richiamato da morte a
,
inesperta crcdidità de'
flicile
determinazione
povero d'arte,
pittore
(»),
V avanzo di
risarcire
frati la fatale
Questi vantava,
di presunzione.
singolare
onde
le
sue.
Dopo
varj
per raccomandazione del conte di Firmian nel 1770, fu dato ad un Mazza l'incarico dell'ultimo strazio di questo infelice monumento dell'arie. diljattimenti
11
,
Mazza eseguì
la
cimento ferri,
,
un
per averlo migliore cV ocria
,
namenti,
rimaneano
erano un inciampo
c così fece
mano maestra. Le poche antiche croste quantunque deturpate dal forse doppio risar-
sua commissione con
originali che ancora
,
,
alla libertà del
letto liscio
suo pennello. Egli
le
raschiò con
su cui distendere la sua leggiadra fattura. Anzi
vi distendeva
da prima una mestica
di terra
d'
ombra
e
nostro professore Levati, valente dipintore di prospettive e di or-
e
il
si
ricorda benissimo di aver vedute varie teste in
Lo
tal
modo
sacrilegamente
mi assicurano avere udito i professori Zanoja ed Aspari. Intanto non v'era artefice di buon senso nella città nostra che non disapprovasse altamente il Mazza e chi lo pagava e chi lo proteggeva. Il Londonio, imjiiastrate.
stesso
,
2CO
uomo il
di vivace e bizzarro ingegno ne menava più degli altri romore , e fermento era divenuto generale. Intanto il Mazza che aveva cominciato a ,
ridipingere alla destra del Salvatore,
mancavangli ormai che lavoro del Belloiti
aveva inoltrata l'opera a segno cliè non Matteo, Taddeo e Simone, onde tutto coprire
gli apostoli
e dividere
seco lui la fama d' Erostrato. Volle in questo priore di quel tempo, padre Giacinto Cattaneo, il quale, per aderire cortigianescaiuente al Firmian , aveva perinesso al Mazza di rifare il Cenacolo venisse dal re di Sardegna chiamato in Torino per leggervi teoil
mezzo
la sorte
logia
ed ebbe
che
il
,
,
suo posto un Paolo Galloni
il
uomo
,
di
buon ingegno
in varie
cose ed erudito anche un poco in pittura, nella qual arte era stato allievo del Lazzarini di Pesaro. Appena il Galloni vide l'opera del Mazza, che senza por
tempo
mezzo gV impedì
in
da ognuno trattava
di
proceder più
di sano giudizio già se
oltre
tanto più
,
ne faceva per
la
città,
che
romore che
al
sebben
tardi,
pur
si
ad ogni luodo di sospenderla.
Per questa sospensione che dispiacque pennello
i
nominati
rimanessero
tre
apostoli,
Mazza, rimasero
forte al
e perciò
suo
salvi dal
corse voce che tre apostoli ancora
da ogni ritocco; voce però che non ebbe credito se non la prima rovina del Bellotti o pure che non in-
intatti
presso coloro che ignoravano
tendevano
anche
affatto le
cose dell'arte: talché mi
fa
meraviglia di trovare fra questi
Bianconi che pure aveva qualche pratica delle cose pittoriche. Dal Mazza in poi non vi furon ritocchi; e sebbene ne fosse talora mosso consiglio, non se il
ne fece però nulla, e sarebbe
Nel 1796,
allorché
un imbalsamare un cadavere
stato
l'esercito
francese
scese
vincitore
in
di tre secoli.
Lombardia,
il
giovane Generale Bonaparte che per propria virtù correa fin d'allora ah" imperio tratto dalla fama di Leonardo visitò il Cenacolo ed ordinò che quel luogo ,
né
fosse rispettato
ne
vi
si
desse alloggio militare o vi
che sottoscrisse
lasciò decreto
presenti varie persone, fra le quali
sul
Ma
poco dopo un
tere le porte e
fe'
altro
il
si facesse altro danno. Ei ginocchio innanzi di rimontare a cavallo,
padre Porro cui debbo questo ragguaglio.
Generale, facendosi beffe di quel decreto, fece aljbat-
del refettorio
una
stalla.
Il
raffazzonaiuento del
Mazza aveva
già cominciato a perdere la sua vivacità, allorché la traspirazione della cavalleria, sostituita
al
vapore
delle
vivande e certo più abbondante e permanente
ricoperse d'una nuova muffa, e l'umidità vi
si
colava a strisce lasciandovi una impressione biancastra
or magazzino or il
Mazza non
e
fino
forti
fienile,
vi fosse
colpi
di
sempre ad uso
,
la
attaccava in tanta copia che poi
militare,
il
(m).
Da
poi fatto
il
refettorio
Cenacolo, quantunque dopo
alcun nemico da temere, ebbe pur seiupre nuovi danni mattoni slanciati conn-o le figure, de' cpiali si veggono
tuttavia le tracce.
Riusci finalmente all'Amministrazione della rare quel luogo
,
e per
città
di
chiudere
far
molto tempo chi voleva vedere
l'
,
anzi
mu-
opera di Leonardo
20t
dovea discendere con una scala a piuoli da un pulpito de' frati pei lettori durante la
mensa. Nel 1800 vi fu
la di
dazione che accrebbe notabilmente l'umido del luogo.
dimanda
fatta
me come
da
clic servi
il
Viceré d'Italia ordinò che
e vi
Nell'anno 1801
poter esaminar
nuovo
si
l'
opera da vicino
Vi
risarcimento.
fece
si
e riconoscere se
,
in
eresse
si
ristaarasse,
si
un ponte onde
in
miglior situazione,
sulla quale fu posta la segueirte iscrizione dettata dall'egregio Stefano
ora vescovo di Faenza
ANNO
sopra
poteva tentare qualche
si
un'altra porta
oltre
,
l'Ammi-
Finalmente nel 1807
rimettesse questo luogo in onore e
fecero le finestre, e parte del pavmiento, e vi
si
già accennata inon-
segretario dell'Accademia delle belle arti,
nistrazione fece fare una porta e promise cure ulteriori.
tempo
già al
Bonsignori
:
IIECNI ITALICI
EV'GENIVS NAPOLEO ITAL.
III.
PROREX
LEONARDI VINCII PICTVRAM FOEDE DILABENTEM PARIETINIS REFECTIò EXCVLTIS AB INTERITV ADSERVXT
MAGNA MOLITVS AD OPVS EXIMIVM POSTERITATI PROROGANDVM.
Da
quel tempo in poi dipinto che
sisia
si
('i)
quantunque appaja alquanto più annebbiato quel
,
vede, pure non
vi
si
C[ual-
scorge alterazione notabile, e quell'an-
nebbiamento ora è maggiore ora è minore secondo
lo stato dell'atmosfera,
come
ebbi par troppo occasione di osservare per circa due anni che passai con grave
danno
di
mia
salute in quel tristo refettorio.
Intanto per cura del
suggeriva sarà
,
il
spero
Vincijion
rispetto
Governo questo luogo
dovuto da una
custodito anche per
,
si
1'
città
come si deve e come memoria di tanta opera. Così benché dell' antico dipinto del
è custodito
colta alla
avvenire
e
;
scorgano ora che pochi minutissimi frammenti
tanto
autore farà riguardare
quale
si
custodiscono
,
il
poco che rimane con
quantunque
inutili
,
le ceneri
cjuella
o
,
la
memoria
le relic|uie degli
grandi; giacché questo rispetto, oltre che nelle persone amiche delle
sentimento
non tali
,
è anche
un
uomini
arti
è
avviso a chi possiede o custodisce opere insigni
trascurarle o guastarle
;
ed
agli
artefici
che meritino altrettanto dalla posterità.
è
un
utile
di
venerazione colla
,
un di
stimolo a prodarne di
202
OPINION/ DI LEONARDO INTORNO ALLE PROPORZIONI DEL CORPO UMANO. Mancando
quasi
del tutto
dendosi nelle copie intere grazia
nel Cenacolo originale la parte inferiore
,
e ve-
generalmente tozze e senza
autorevoli le figure
ad indagare con attenzione
fui costretto
,
pivi
opinioni di Leonardo intorno
le
umano onde nella mia copia supplire alle mancanze in una maniera per quanto io mi potessi analoga ai suoi metodi e precetti. Spero, non sarà discaro specialmente al coltivatori del disegno, clie io mi proporzioni del corpo
alle
,
,
,
estenda alquanto esponendo ciò che dalle mie ricerche è
Già grande
ma
al
tempo
Leonardo doveva essere
di
opinioni degli artefici circa tale materia
le
prova
la disparità delle
tratti
de' canoni di
mente;
altri
misure da
essi
proporzione dai
risultato.
lo studio delle proporzioni
non erano concordi
,
(is);
come ne
è
osservate nelle loro opere. Alcuni avevano
libri
di Vitruvio
dalla natura diretta-
altri
;
ne avean composti di più maniere, aggiugnendo
le
proprie osser-
vazioni e qualche nuova industria di pratica agli esempj ed alle autorità altrui.
Coloro pertanto che da Vitruvio avean desunte cadere in gravi sbagli e discordanze, testi
di quell'autore
tissimo
,
pe'
senza
,
la
,
cjuelli
poca chiarezza con cui
la
,
si
modo
di operare^
che
c]uella
generale con cui opera la natura. ,
in fine,
che all'autorità vitruviana
servazione sul naturale, del vero e del bello,
si
degli
e"
antichi unirono l'os-
avvicinarono bensì ak|uanto più degli
ma non
diedero
a soddisfare quelli tra gli artefici il
i
tardi e scorret-
spesso per canoni cose male
offerirono
scelte, atte più a dare la storia del loro particolar
E
clie assai
scorta delle notizie già trovate da altri
diedero a stabdir misure sul uaturale
modo
dovettero
che deturpavano
espose.
la
Similmente quelli che
del
errori
per
dilTicoltà della materia, sia
misure,
le loro
moki
quale non vide luce di stampa
il
per l'ardua
sia
Vitruvio stesso
sia
alla
scienza tanto di
altri alla
ragion
lume che bastasse
contemporanei o posteriori che oltrepassavano
confine della mediocrità.
Non mancarono
anche alcuni ingegnosi uomini
matiche giunsero ad inventare nuovi metodi; e di
Bramante che
quali coll'ajuto delle mate-
i
genere fu forse l'opera di
tal
trattava delle quadrature de'corjii, dalla quale,
Loniazzo, nacque di poi l'altra di Luca Cangiasio che compose
come abbiam dal corpo umano di
il
dadi e di obelischi.
Nè
Loppa,
dalla quale,
come
il
Durerò
E
una mistura
di autorità, di osservazioni e di scienza
saranno
tria.
di Giotto, del Ghiberti
altrimenti doveva essere in gran parte quella di Vincenzo
,
lo stesso autore assicura, trasse
di Pietro della
Lrancesca
che trattarono anticamente di proporzioni umane che
tali
opere
ci
;
(?),
la sua
Simme-
stati gli scritti
del Ghirlandajo e d'altri
ed è certamente gran danno
sieno tolte dal tempo o dalla ignoranza di chi le possiede.
\
2o3
Leonardo avrà fondamente
certo conosciuli tutti
eli
di ogni altro investigando
i
i
migliori metodi altrui
ma
;
più pro-
principj e la ragion vera delle misure,
accorse che tale studio voleva essere considerato diversamente che noi
coloro che in esso
il
precedettero. Egli era inoltrato nella scienza generale assai
più de' suoi antecessori e de' suoi coetanei e le sue cautele
:
si
per
fti
cpiindi maggiori erano
:
i
suoi dubbj
e se le profonde meditazioni da lui fatte sulla natura universale
l'assicuravano ch'essa è governata da una legge uniforme, l'esame degl'individui
dimostrava un'infinita indeterminabile varietà. D'altra parte
gli
ei
sapea che le
leggi universali della natura passano al di là del limite della potenza dell'umano
ma non
intelletto, cui è concesso di giudicarne l'esistenza, qualità. alla
Al contrario
dava tutta
ei
la certezza
già di penetrarne la
che per l'uomo
esperienza ed alle osservazioni sugl'individui delle specie:
poi
tutti diversi fra loro,
per
le quali
misure e
i
meno per
si
può ottenere,
ma
riconoscendoli
non poteva ammettere come sane ed utili tali lengi Quindi non voleva che le tale individuo potessero per un altro servire, e tanto
l'imitatore gli avrebbe fatti uniformi.
lineamenti di la generalità:
perchè, diceva egli, del/e laudabili
appariscono nelle opere di naiura
con precisione
si
assomiglia
,
è
all' altro
attendi alla varietà de' lineamenti
m
:
.
che riud in cjucdunqne
meravigliose cose che
e
un particolare adunque tu imitatore di tal natura guarda e Da ciò appare eh' ei non facea gran conto specie
come di cosa di lieve discorso; e che la vera ammessa e riconosciuta di difficile investigazione, è unicaproporzione di un particolare riguardo a sé stesso, la quale, secondo
delle misure generali delle specie,
proporzione da
mente
la
lui
la retta imitazione,
come avviene
debb' essere diversa in
nella natura.
Cosi
sieno corrispondenti ed suo tutto
membro lunghe e
E
in sè corto sottili;
si
grosso;
:
e
die' egli
tutti
altri precetti
che
fa
le
è
di
particolari le
lungo
membra
d'una specie,
della
sic-
parti di qualunque animcde
e
sottile,
della
,
deve avere ogni
abbia
membra
le
medesima mediocrità
scorgere che^ allorché
debbe intendere ch'ei ragioni
un individuo anzi che
i
tutte
,
cioè che -quel che è corto e givsso
quello
mediocre abbia in sè
con questo e con
porzioni, di
e il
e
,
ei
parla
commodulazione
di
(">ì
.
pro-
delle parti
una norma generale dell'imitazione per
che
ciò
spetta alle misure.
In oltre
una proporzionalità di parti fra loro , le quali fossero divideva poi cinesta proporzionalità in equalità e moto ("ì;
egli eh' esigeva
corrispondenti
al tutto
,
colla quale sola divisione
nascono tante differenze nelle misure e tante
difficoltà
nel determinarle con precisione che sarebbe opera da non venirne a capo
nò sembra ch'egli stesso, che forse solo potea riuscirvi, mai la facesse. Per dare in fine idea della finezza con cui vedeva e sentiva in questa parte dell'arte, basti il dire che per la sola testa ch'ei divide scalarmente per dodici gradi, punti, minuti, minimi e seminiinimi, egli viene a stabilire di duecento quarantottomila e ottocento trentadue parti
Con
;
una divisione
che, a dir vero, a5 •
:
204
rimane in dubbio
si
modificabilità
delle
riconoscono fra loro; oppure volesse far
non determinabile
di cosa
Con iiaja
tutto ciò,
disfar concepire la infinita
intendesse piuttosto
s'egli
parti della testa, per cui avviene che
non
se
a
siccome avviene
la satira delle
danno del vero
una misura generale, specialmente per composizioni delle
istorie.
al pittore
quale comunemente fosse
l'
elezione della figura in che far
proporzione laudabile
eli
un corpo naturale, il debbono credersi
e a tal fine
disegni di Leonardo che spettano alle proporzioni, ed
i
Voleva ancora che questa misura fosse unicamente usata per larghezze
le
,
membra secondo
l'
piegamenti
(»3),
e intralcia finalmente
stabilisce,
che chiunque non è già notabilmente
Premessi
Leonardo
allungarsi
avvertimenti sul
Il
comperando
priiuo che qui
e grave carattere, e
Dal
ciglio
modo con
raccolta del
la
cui dagli
De
movimenti e
non potrà
scritti si
mi
,
può giudicare che
faccio a descrivere
i
soli
Pagave.
leggono
mano
scritte di
alla congiunzione del labbro col
d'un uomo maturo
di bello
dell'autore le note seguenti
mento
,
e la
un quadrato
punta
(»4)
della mascella
,
perfetto, e ciascheduna
testa.
lato
// ccwo dell' osso della
punta
de"
misure stesse ch'egli
inoltrato nell'arte,
riporta, rappresenta la testa
vi si
se è mezza Qui faccia vale per
le
materia che sieno giunti a mia notizia e de" quali feci
tal
si
faccia per
lunghezze e
e delle sue osservazioni.
e"/ fine di sopra dell'orecchio colla tempia Jia
fra la
la diversità
con tante distinzioni
pensasse nelle cose della proporzione
importanti disegni di accjuisto
delle
de' suoi precetti
tali
la
le
nelle quali esige più sensibile varietà. Osserva similmente
r accorciarsi e
molto giovarsi
più de" precetti
il
intorno tale materia.
lui lasciatici
non per
della
l'adoprare
uso privato di preparare con prontezza
1'
Volea però che
abito, fosse fatta con grandi avvertenze sopra la regola di
da
a centi-
comuni imitazioni minori
grandezza naturale, Leonardo riconosceva essere necessario
fotti
umani
corpi
i
e siccome ne' corpi belli le differenze delle parti per lo più sono piccole,
,
e diventano poi quasi impercettibili nelle pili
le
si
e dell' arte.
d'imitare
al pittore
uomini a milioni
misure generali, siccome
del naso e
del quadrato.
guancia '/
,
segue lo scritto di Leonardo
,
si
mezzo
trova in
confine della mascella colla punta di sotto
dell' orecchio
cioè dove concorrono le varie linee segnate nella testa una stella o asterisco. Questo passo fu malamente svisato la prima formando quasi pubblicato nel 1784 (^5). venne e sola volta che nella figurata
Dal zio
,
testa,
stella;
cantone, continua
cjuanto è
la
la
lunghezza
nota, dell'osso deU' occhio all'orecchio dell' orecchio
mentre dovrebbe dire volto o
secato questo disegno
,
provano
notabili quelle che circoscrivono
faccia.
eh' egli l'
o vuoi
Le
il
terzo
è tanto spa-
della testa.
Qui dice
varie linee dalle quali è inter-
andava indagando
altre divisioni
occhio e la sua incassatura.
:
sono
La tavola che vien dopo la descritta rappresenta la stessa testa a rovescio eoa nuove divisioni. Vi si legge la nota seguente, parimente di pugno del Vinci: Fa che il capo, cioè dalla sommitct dell' uomo al disotto del mento sia T ottava ,
,
parte
di tutto
l'
uomo
il
:
quale capo dividerai in cinque parti ; e una
d' esse
parti
fa che sia dal nascimento de' capelli in sino al pari della somma altezza del capo: un altra parte metti dcd taglio della bocca al fine di sotto del mento, e l'altre di mezzo resteranno in fra 7 taglio cV essa bocca e 7 fine del viso coi capelli. Oltre ciò in questa testa sono distinte molte parti con varie lettere e la,
teralmente vi sono indicate le distanze rispettive commodulate ora colla testa
Eccole esattarnente spiegate per chi non
intera ora colla sola faccia.
desse nel disegno
,
dove imbarazza
la
forma
e
il
confine superiore del mento segnato h e l'inferiore segnato
Il
le inten-
rovesciamento delle i
lettere.
formano
la sesta
parte della faccia.
la
Dalla divisione de' labbri segnata g al detto inferior confine del mento v' è quarta parte della faccia e similmente la quinta di tutta la testa come si ,
rileva
,
anche dalla nota antecedente.
Dalla linea inferiore del naso segnata
f al
confine inferiore del iTiento
v'
è la
terza parte della faccia.
La
comprende
stessa terza parte della faccia
lo spazio
che
sta fra
confine
il
inferiore del naso ciglia segnata c. f e la linea delle similmente una terza parte della faccia lo spazio che sta tra la linea c delle ci-
E
glia e la linea b
che determina
confine superiore del volto dove nascono
il
Leggesi poi che dal punto k del
mento
luogo
fa
,
vi sia la
evidentemente
cioè là dove quella grassezza molle
angolo colla gola o gorgozzule, sino
della fontanella
mastoidei
,
,
gola
della
o
sia
1"
metà della misura del volto
essendovi assai meno.
In vece
del volto dalla fontanella alla linea i, cioè
veva dunque scrivere
i,
in
l
Finahnente dal punto h
,
cambio
alla
inferiore
di k,
al
;
in
linea
attacco
l
cr
i
O
'
S f' '
che Leonardo prese errore
l.
confine
c
,
b.
del capo.
del volto.
i 3
del volto.
f
del volto.
c
del volto.
l
h.
del volto. 5
fi
il
sterno-
trova la indicata
6
i
capelli.
di sotto
che determina
de' muscoli
del
mento
del naso segnato f, corre la sesta parte della faccia. Queste sono le misure notate a numeri da Leonardo in questo i
i
aiusta metà D confine di sotto del mento. Dosi
cioè dal superiore
h.
al
volto.
del volto.
-
all'
inferiore
modo:
2o6
Alle quali misure potrebbero aggiungersi le seguenti
non sono precise ed
delle fin qui notate
esatte
ed essendovi segnate grossamente a mano
,
però
le quali
non essendo
,
finito
il
al pari
disegno
,
le divisioni e le linee.
Dividendo orizzontalmente in due parti eguali il volto il che fece Leonardo linea che dimezza il naso e Y orecchio si trova che la segnata q e larghezza del capo in quella direzione è eguale all'altezza del volto. E in ge,
colla
nerale
poco meno
volto è alto
il
,
,
,
,
che non è largo di profilo
capo nella
il
massima sua larghezza. Similmente dalla sommitcà del capo segnata a
una
taglio
al
delle labbra
g
v'
è
faccia.
La
stessa
distanza passa
fontanella
dalla
della
mezzo
gola a
ed a
naso
il
mezzo r orecchio.
La La
stessa in fine orizzontalmente dalla punta del naso
Trovo poi che gozzule col mento,
alla linea
l
della fontanella,
comprende un
Cosi dalla linea del nascimento de' capelli b
melle n vi stanno due larghezza del casso stessa distanza
teste
con lieve
ripetasi
di
altri
all'
confine
inferior
Una
angolo del gor-
,
terzo di tutta la testa.
circa
testa /
all'
mam-
delle
comprende
ascella
m
v"
la
è la
che passa orizzontalmente dalla detta fontanella
perpendicolare
visto di profilo,
passa tra la linea delle ciglia e stesso
divario.
Parimente dalla fontanella
di profilo.
principio del dorso sempre
Lo
occipizio.
ali"
misura da Leonardo sbagliata dal punto k
la
al
mammelle.
stessa dalla detta fontanella al confine inferiore delle
1'
ed è pari distanza
a quella
che
angolo del gorgozzule.
varj
rapporti
clic
ognuno può
che meglio
fare e
apparirebbero se Leonardo stesso avesse più difigentemente purgati questi primi schizzi o sperimenti, de' rjuali egli sesso
;
ma
L'eccezioni che nai
,
E
debbo aver
fatto
buon numero d'ogni
età e
sventuratamente sono ignoti o perduti.
cioè che
non
si si
possono fare a queste misure, provano quanto già accen-
debbono prendere per misure generali
sarebbe ora da descrivere
il
della specie.
più importante disegno che forse
si
conosca di
Leonardo il quale contiene quella universal misura delV uomo da lui promessa ma non data nel suo Trattato. Ma prima eh' io ni" inoltri in questo argomento, piacemi volger per poco ad altro l'attenzione del lettore, onde fargli sentire che ,
,
Leonardo sebbene in questa parte delle proporzioni vincesse ogni altro del suo tempo e al suo tempo anteriore non soddisfece in esse a se stesso anzi tale studio parvegli uno scoglio dell" arte più d' ogni altro malagevole da superarsi. Quello stesso Platino Piatto, suo amico, che gli fece l'epigramma pel Colosso di Francesco, composegli anche il suo epitaffio, lui vivente, anzi forse una ,
,
,
dozzina d'anni prima della sua morte, come del Platino,
allorché
si
in
cui
quell'epitaffio
si
legge.
applica a persone vive ed ove
si
può indurre
Questo genere
non abbia luogo
dalla data del libro di
composizioni,
la satira
,
non
si
usa
,
almen consenso di colui
senza richiesta o
poi
i
morto
si
pare da credere che sieno
stati
,
fanno dire, e che
poeta non
il
all'
soggetto
,
tutti
i
Fidia,
altrui
,
cioè la
sentiva quanto
il
quantunque
Policleto del suo
Allorcjuando
bocca del supposto
in
assolutamente dettati dalla persona cui la
si
veste dell'arte sua.
in qualche parte
il
conoscesse su-
era difettivo in faccia a ciò che ne faceva
immensa misteriosa
veri grandi,
da' poeti
abbia messo di proprio che
ci
Leonardo, conscio del suo sapere, sebbene periore
n è argomento.
clie
pongono
sentimenti ne son modesti e
Modesto
natura.
senz' affettazione
fosse lusingato dall' udirsi
tempo, come leggiamo
il
come
,
chiamare l'Apelle,
ne' libri del Bellincione
il
del
,
Paciolo e d'altri, sembra che dentro di sé sentisse di non giungere alla eccellenza di cjue meravigliosi antichi
Questi paragoni degli e
si
de' quali
,
vede che se ne facea sovente tema
avevano
affetto
alle
nel primo libro e da
Leonardo
di
,
come
altri
di
arti
Magnifico Lorenzo, che fu abbastanza vasi
gli
artifizj,
di
se
ma prima
che
delle sue maggiori opere,
non conosceva ancora prima scuola
la
,
fiìmoso
il
la
qual
città
Giardino
del
Però, o fosse
di Michelagnolo.
la
non ne penetrasse, secondo ch'egli credeva,
de" grandi esemplari, o
modestamente
,
di tutti,
Era poi cura e studio speciale di
autori.
pochissime anticaglie di Firenze
,
o che troppo tardi giungesse a comprenderli, egli lagna-
non aver posseduto
Si protestava poi d'aver fatto posterità
bocca
fra coloro
scorge dal passo di Matteo Bandello citato
si
varj
le
ne partì Leonardo
mancanza
in
ragionamenti
avvicinarsi per quanto poteva agli antichi nella vera e bella imita-
non aveva veduto che
allorché
moderni erano
di eruditi
zione della natura colla scorta della filosofia; egli
protestava ammiratore e discepolo.
si
dell'antichità co'
artefici
non aveva
il
di più.
fatto
neir epitaffio che qui trascrivo
T antico magistero
delle proporzioni.
poco che aveva potuto, e chiedeva perdono
Ecco
i
sentimenti che
il
alla
Platino espose
:
Leonardus Vincia
(
sic
)
Florcntinus
Stamarius Pictorc/ue nohilissìmus
\
de
parce loquitur:
se
j
Non
suìii
Nec
Sum
Lysippus
Zeusis
:
:
nec Apcllcs
:
nec
PoUdems
:
nec suin nobilis aere Myron.
Leonardus Vincia proles
Florentiniis
:
Mirator veterum discipidascjue memor. Defuit una mihi symmetria prisca
Quod potai
Ognun vede che sensi sì Anche il titolo posto
poeta.
•'
veniam da mdii
fatti
non
si
dal Platino
;
peregi
posteritas.
possono attribuire all'invenzione del all'
epigramma prova
eh' egli
non
vi
208
pose di suo che
il
metro e
gravi e serajslicissime
si
Comunque
lingua.
la
confanno perfettamente
vere di Leonardo. In fine qualora questo epitaffio
siensi
versi
i
modo
al
sentenze
le
,
di pensare e di scri-
in vece d' essere stato fatto
,
vivente Leonardo e probabilmente quando ei rivide il Piatto a Milano nel iSoy, della si supponesse composto dopo la sua morte da qualche moderato amico una tracome ritenere farebbero tuttavia il sensi che contiene sua memoria i
,
duzione fedele di parole a
Or dunque questo non misure
mentre nel
,
resto
contentarsi di
uomo
grand'
sì
non parca temere Y
difficoltà di
grande idea della
proprie e consuete.
lui
determinare
le
nelF ardua materia delle
censura
altrui
ci
debbe dare una
leggi della bella simmetria, e di
conservarle nelle opere con quelf armonia che
sente
si
gli accidenti
e che varia in ogni figura secondo l'età,
,
ma
,
e
i
che non
spiega
si
caratteri particolari
di ciascheduna.
quest'unico
Riportato
cose sue
(-s)
ad esporre
la
Leonardo
giudizio che di
che mi parve necessario
e
,
osservazione
sola
sulla
dati
rimasto intorno
quanto segue
mi
,
alle
faccio
tavola della misura generale dell'uomo.
due disegni che abbiamo esaminad, sono,
I
sia
ci
di premettere a
sull'autorità di Vitruvio,
ed ha
quasi, precetti
direi
Questo terzo ha di più
naturale.
fon-
scritti
fondamento
il
vantaggio d'essere accuratissimo nelle forme
il
e mirabile nel carattere.
Ecco esattamente ciò eh' egh stesso vi ha scritto di suo pugno cangiata solo l'ortografia, come ho praticato altrove, onde togliere ogni imbarazzo a chi legge. Vhmvio architetto mene nella sua opera di Architettura che le misure dell" uomo sono dalla natura distribuite in questo modo cioè che quattro diti fa un palmo sei palmi fa un cubico ; quattro cubtti fa un uomo ; e qucutro palmi fa un piò e queste misure c quattro cubici fa un passo ; e ventiquattro paini fa un uomo ,
,
:
,
;
:
son ne
siui
edifizj.
Se tu apri tcmco tanto
le
si
che cu cedi da capo ^ di tua altezza
il
delle estremità
centro
delle aperte
membra
;
e
fia
il
bellico
è
il
decimo
fa le gambe fia triangolo equilatero. nascimento de capelli ed fine di sotto del mento
apn
e
alza
sommità del capo ,
,
lo
spazio
dell"
altezza
e
trova
Dal dell"
gambe
braccia che colle lunghe dita tu tocchi la linea della
sappi che che
le
,
uomo.
Bai Dal Dal
di sotto del
mento alla sommità del capo,
di sopra del petto alla di sopra
sommità del capo
del petto al nascimento
è ,
l'ottavo dell" altezza dell" fui
de" capelli
,
il
sesto
dell"
uomo.
uomo.
fui la settima parte di tutto
r uomo. Dalle
La
tette
al di sopra del capo
maggiore larghezza
Dal gomito
alla
,
fa
la quarta parte dell"
delle spalle contiene in sè
punta della mano
,
fa
la
la
uomo.
quarta parte
quarta parte
cicli"
uomo.
dell"
uomo.
209
Da
gomito al termine^ della spalla fia V ottava parte iV
esso
mano fia la decima parte dell uomo. membro virile nasce nel mezzo dell' uomo. Dal di sotto del ginocchio al nascimento del membro fia
uomo.
esso
Tutta la
Il
la quarta parte
del-
r uomo.
Le
parti che
quel de cigli
Ma
le
trovano
si
in
mento
il
fra
e
Ecco quelle che
divisione generale
Tutto r
uomo
siccome più
,
questa linea
facile a conservarsi nella
tra
umbilico
all'
allargamento sta
Tra
il
che
si
riscontrano
memoria.
imo del mento. tra T imo del mento mammelle. sta
,
le
porzioni carnose de'
nascimento del pene
al
sta la
nascimento del pene e
il
detto luogo e
settima sta tra
il
e
una linea dell'
retti
ad-
sta la terza.
quarta.
metà dell'anca o piuttosto
la
luogo dove comincia superiormente ad apparire
La
è il terzo del volto.
all'
luogo ove allargansi
al
domine per dar luogo tale
ed
le sole
dividesi in otto parti eguali.
orizzontale che passi per le areole delle
La quinta
nascimento de capelli e
,
potrebbero aggiungere, ricapitolandone una
si
La priina contiene dal sommo del capo La seconda è composta dallo spazio che
Da
e il -
misure qui da Leonardo accennate non sono
in questa figura.
Da
naso
il
ciascuno spazio per se è simile alV orecchio
,
il
il
vasto interno.
di sotto del ginocchio è la sesta.
il
ginocchio e l'angolo che
sotto del
di
fa
il
gastrocnemlo
interno col solcare. L' ottava
La stese
compie X uomo dal detto angolo
stessa
divisione per
otto
in direzione orizzontale
Allora una parte
come la
tra
sta
trova in
si
all'
estremità inferiore del tallone.
traverso
,
stando
l'
uomo
a braccia
nella figura.
fontanella
della
gola e
il
più lontano
confine
della spalla.
Da
quivi
La
terza, alquanto
porzion carnosa del bicipite è
finire della
al
meno
determinabile, sta tra
il
la
seconda.
confine indicato e
il
finire
della porzion carnosa dell' elevatore speciale del pollice.
La Le Si gli
luogo
cptarta sta dal detto altre c]uattro
parti
si
all'
estreinità del dito inedio.
ripetono dal lato corrispondente.
può anche aggiungere che un'ottava
angoli che formano, a braccia elevate,
Leonardo non
iscrisse,
ma che pure
parte dell'altezza i
dell'uomo
sta
deltoidi colle clavicole, misura
indicò con due punti
visibili
tra
che
nel suo disegno.
Così pure una decima parte del tutto, che è cpanto a dire una faccia, forma di prospetto la
somma
tronco sotto
petto.
Ed
il
larghezza d'una coscia; e due decime, la larghezza del
altre simili divisioni
ed
utili
approssimazioni da chi cerca
verranno in questa singolare figura che in
altre
tali
studj
,
si
rin-
certamente non è dato riscontrare.
210
E
quando finalmente
che quantunque Leonardo con
si rifletterà
indagasse in Vitruvio le misure che Vitruvio stesso sembra aver
sì
buon
esito
Greci,
tratte dai
non aver posseduto la vera antica simmetria si comprenderà bene che per questa scienza egli non intendeva, come già accennai, una determinata misura generale dell'uomo, ma quella commodulazione diparti
nondimeno
lagnavasi
di
,
che a ciaschedun individuo conviene secondo di età Si
circostanze di sesso,
le respettive
di carattere e simili.
,
comprenderà
tempo che questa generale misura
allo stesso
,
qui
da
stabilita
Leonardo, può benissimo esser quella in che consiglia di far abito, perchè fatta, come r esperienza può ad ognuno mostrare sopra la regola cF un corpo naturale di proporzione laudabile , e di più confermata per la massima parte dall' autorità ,
degli antichi
ma non
;
dovrà mai dimendcare
pel suo Trattato egli ha sparse
porzioni è cosa contraria Intanto per
nardo è fecondo nella
gli
eccezioni
infinite
se
,
di
non
,
il
cui
la
erro
propria lor natura
più consentaneo
il
,
più
comprendere che
far
il
non
utile in
il
possono servire
simili canoni
usi limitati cui
nardo ne furon posti
variare pro-
rende soggetti
li
vero
al
,
all'
,
e ad onta delle
questo (h Leo-
più semplice
il
più armonico nel tutto,
somma
,
il
più facile
prima e dopo
arte di quanti
,
il
più
a serbarsi
di
Leo-
in luce dagli scrittori.
Voglionsi però qui eccettuare
marmi che possiamo
mirabili
onde
natura, e però gravissimo difetto dell'imitazione.
alla
misure armoniche,
memoria
,
avvertenze che cjua e là
le infinite
gli
Eglino
andchissimi Greci.
ci
lasciarono
si
non si nè da queho ddungati. Ben è
facilmente assicurarci
che
ne' lor precetti
saranno opposti al modo con cui operavano tutto sia stato preda gravissimo danno che quanto essi scrissero di simmetria di tale scienza certamente molto Vitruvio; e di linee le poche tranne del tempo, ,
,
fu scritto dai Greci, truvio
stesso
,
della simmetria facesse
done
,
come
testimonianze in Plinio, in Vi-
come ne abbiamo ampie
in Filostrato juniore
una scienza
è probabile
ed in a parte
,
commentar] o
Parrasio sembra
altri.
ed
il
primo che
alla pittura l'applicasse,
stenden-
Asclepiodoro perfezionolla a
trattari.
segno che ne ottenne ammirazione dallo stesso Apclle. Mirone e Lisip|jo la custodirono nelle loro opere colla massima diligenza e precisione, e anch'essi, secondo l'uso de' grandi artefici d'allora, o per norma delle opere loro o per render conto del
modo con
cui avevano operato
,
avranno commesso
alle scrit-
ture preziosi ragionamenti o precetri di cpesta loro prediletta facoltà. Eufranore
primato nel farne uso, ed a cpanto apparisce dagli scrittori, ne scrisse più ampiamente degli altri. Fra gli scritti pittorici di Antigono e di Senocrate, grandi encomiatori di Parrasio , non può a meno che lo stesso debbe dirsi de' libri di Melanzio citati di simmetria non si ragionasse
pare contendere a Parrasio
il
:
da Diogene Laerzio.
E
finalmente
,
per lasciare
metria specialmente citad da Vitruvio
1
("7),
i
tand
altri
Pohcleto non
si
greci autori di sim-
accontentò di dare
un commentario
rli
contenuti si
e
;
Ma
j
Canone
il
famoso per
perfetto
sua bellezza
la
di tanti
rimangono
ci
frammento
,
meno
di
,
nè è da sperare ormai che
,
cosa non esistesse pei posteri
quanto ho altri
asserito
che contenti
scritto
divenne
,
fra
,
perchè
tanti
ne
se
di Pellegrino.
pareggiare in eccellenza fé
più
è
scritti
facile
dico
,
trovi vestigio
ci
rimane
pure qualche
se
,
dar pre-
il
non
,
papiri ercolanesi.
i
consigliata dalle
,
venendo a men remoti tempi se , in prova di favore di Leonardo scorreremo i molti metodi degli
opere
loro
diede
si
Fatta questa rispettosa eccezione in favore de' greci maestri
impareggiabili
in esso
precetti
Mone
presso Luciano nella
che probabilmente
e
,
i
a ciucila statua
che passò in proverbio per esprimere un corpo
,
avranno superate
le
,
nome che
che dovevano per lo
scritti
che operare
che confermava
statua
di Policleto
come possiamo vedere
opere che cetti
questa facoltà, ma, per testimonio di Galeno, ad illustrazione
una mirabile
dello scritto fece
in
e
,
,
,
umano,
bilirono le misure del corpo
lo più
e per
di sè stessi
li
da legislatori e senza riserve sta-
riconosceremo prontamente essere d'assai
metodo vinciano. Vitruvio stesso che però non ragiona che incidentemente delle umane misure e che da Leonardo meglio può dirsi spiegato e cotumentato che non copiato non istabilisce oprale debba essere l'allargamento delle gambe, uè falzamento delle braccia, onde circoscrivere l'uomo supino in un cerchio facendo centro dell' umbilico. E sebbene sia probabile che da cpialche greco scrittore come si è detto compendiasse quanto scrive di simmetria, pure, non essendo egli dell'arte, sparse di tanta oscurità lontani dalla bellezza e facilità del
,
,
,
queir iiuportante passo, che basta
,
lo scorrere
i
tanti suoi
commentatori e traduttori
per vedere quanto da quelH variamente e stranamente fu inteso ove
fra loro diverse le figure
non
trovansi in Vitruvio
le
une
le
molte
studio
tratto
da quel classico
Da che
simmetria
alcuna luce,
è vero
,
materie.
ci
è
Leonardo
panni non
d'uopo venire
ma
Lnperoccliè
,
,
fino a
noi giovò però
sebbene
ci
si
non hanno
alla
io qui
dame
stessi
Leon
a
Leonardo
fatto
co' suoi
il
rpiale
studj
precedene,
circa
,
altre eccezioni, le sue divisioni a piedi,
in fra esse stesse
debbo
queste
aver desunta la sua simmetria da
nè col il
tutto
tenerle a
alcuna relazione ra-
mente con precisione.
le tante e varie
opinioni intorno
con molta cura e pazienza raccolte, per Cjuanto mi
di far ciò succintamente
,
w.
passi d' altri scrittori vecchi
Batista Alberti
gran d'
principi
resto di tale
che a questa scienza non arrecano
mi accorgo che volendo esporre
simmetria,
suoi
i
diedero a commentarlo
gionevole, talché è assolutamente impossibile
Ma
e quanto siano
concederà di troppo
si
ma
vanti
gran numero di corpi belli, per lasciare gradi e minuti
si
non curando alcuni pochi
,
,
copiate. Similmente
con che, non meno che col
possono applicare
si
,
:
coloro che primi
fra
Vitruvio in poi
alla
,
misure secondo
altre
da Leonardo egregiamente accordate dandogli un luogo
non furono
dalle altre
di necessità estendermi più che
studj
non vorrebbe
,
212 il
sistema negli
me
da
capitoli
altri
tenuto
e quindi recar noja al più de let-
,
allorché rifletto che a coloro che di queste materie sono curiosi Pure tori. numero di risparmierò con poche pagine il fastidio di ricorrere ad mi gran non temo rarità, loro per la trovabih difficilmente alcuni de quah sono ,
libri,
d'incontrar taccia di prolissità presso gh
altri
che possono
questa parte
saltare
conclusione.
quando lor piaccia , Luca Proseguendo adunque, per quanto si può, per ordine di tempo vengo a frate una fece Vitruvio, da copiò Paciolo, e trovo che nelle cose da lui aggiunte a quanto Basti prescrive. ei quanto tal confusione che nulla si può trarre di ragionevole da parallelogrammo con che pretende il dire che si d' un triangolo (>9) come d' un rimane determinare le principali misure della testa in profilo, un angolo solo alla
dello scritto ed andare
,
,
,
disperdono dentro o fuori della medesima. Né mollo di meglio abbiamo dal Dialogo di Pomponio Gaurico sulla sculper esempio, tura, stampato al principio del secolo decimosesto. Egli biasimava, e credea tutte che è certo la più armonica di la proporzione di dieci facce conservato oel dintorno:
gli altri tutti si
,
,
che ne potessero tollerare di sole otto e fin anche di sette proporzione apparisce, quanto conviene ai fanciulK di poco oltre cinque anni. Forse ei fu, a stesso rende divisione per tre, il qual numero moltiplicato in sé che
se
,
sedotto dalla il
nove
la faccia in tre parti e tutto
però divideva
:
aritmetiche
le relazioni
r armonia e
non sempre di
le parti degli oggetti
spazj che separano
il
corpo in nove facce
;
ma
accordano colF armonia degli
si
forma determinata, che col disegno
non che se ciò fosse molte cose che sono difllcilissime a spiegarsi alla mano. Però colla ed ali" intelletto fctcili piane e diverrebbero che a larsi, ad onta del bel giuoco che vi fa il divisione del Gaurico la figura umana e gh arti inferiori deboli. Nè più lungo torso il corto collo il s'
imitano
,
;
,
numero
tre
,
ha
,
esatto mostrossi allorché disse che
che non
teste
,
fede
al resto
il
verifica
si
i
che ne
delle sue misure
putti feti
sono
alti
quattro facce
cioè circa tre
,
immaturi. Simili errori procaccian poca
nehe quali più
si
diffonde
scljbene sieno
,
meno
intendono bene e sono riportate con noimportanti, oltre del suo Dialogo. E se Giovanni DeLaet, edizioni tabili diversità nelle diverse di quel libro, si studiò di rettifiporzione che in fine del suo Vitruvio diede e accomodando a suo modo la misura del piede ottenne di meglio che alcune non
carle
,
nulla
e del collo
capo e
la
,
;
non tenne poi nessun conto
sommità
neir altezza
dell'
della fronte,
uomo
il
,
quia
est
qual autore però
ommissione che rende alcuni imbrogli nel dizio degli altri e
e dice
dello spazio che sta tra
pars escremeiuosa.
si
in generale,
se
Non
Sclieff'ero
non
nel suo
riceversi
libro
De
Arte
caduto nella indicata
fosse
e
,
cui divise gli arti inferiori
attenne in gran parte a Vitruvio.
vertice del
so se per la stessa ra-
di più troppo svelta la sua figura
modo con
il
non debbe
che questa parte
similmente da Giovanni
gione fu ommessa j>ir>gendl,
s"
,
non badandosi ad
mostrò miglior giu-
,
2l3
l
Più chiaro certamente
Durerò il
che anzi parve
,
non elegante né comodo
se
,
niti di
è in parte migliore degli
altri,
memoria
ma
;
voglia o
si
per
e facendovisi divisioni minutissime
quando poi diventano per
figure che da
sua
la raoltiplicità
simmetria
(
risultano
divisioni
fatte
sì
pure non fu
se
anzi che da Vitruvio
il
,
tolta
le sue tavole
tasmi lunghissimi mostruosi
musei
si
fuor di dubbio
,
minuzia
e
gusto ed allo
al
difficili,
delle
stile
Foppa
come
,
scritto
,
venne o
senza discrezione
vedranno ora
Lomazzo
il
(!»).
asserisce
la )
imitata dalla natura
scorrano in
Si
ridicoli e nani Sileni
,
flitti
ora fan-
somiglianti a certi idoli etruschi che trovansi nei
,
Doppiamente deformi riescono poi tali figure nel sesso femragione Michelagnolo, che per altro stimava il Durerò (come
il
merita quel ristauratore delle
questo suo libro
e debole cosa
Foppa curioso monumento
ora perduto del nostro di raro e
che
altezza
d'anticaglie.
minile, sicché a
poca
e
,
l'
possiam dire senza esitanza che
che da alcuni fu
senza scelta, o creata dalla fantasia
con r occhio
varietà
,
garbo
al
,
al
debba variare
si
giova eh' esse ad una ad una siano
nulla
Se riguarderemo in appresso
intricatissime.
complicata scala per ogni,
e
la prospettiva
,
benché minima, ha
da che nasce qualche giovamento
,
dovendosi comporre una aojosa
singola figura di cui
chiare,
tutto
né erano mu-
,
suo metodo di misurare
Il
perchè ogni divisione,
sempre una relazione aritmetica col alla
Quelli però che tale
Leonardo
di
,
sistema di Alberto
il
molti utilissimo ed eccellente.
a
non conoscevano di certo gli studj gusto buono e delicato in fatto di disegno.
giudicarono
fu
,
tratte
che non
le
da modelli
non
,
tedesche
saranno
solca dire esser
,
certamente
di
libro
il
non come proporzione media uno stile migliore
la perdita
e per le figure di state
)
se cosi fatto era
da piangersene
é
dell'arte,
italiani
arti
E certamente
(!).
,
se
^pubblicate da Alberto.
che nel cinquecento scrissero di proporzione, furono per lo più
Altri molti
cattivi copiatori or di Vitruvio
,
or dell'Alberti
,
or del Durerò
,
con poche ag-
giunte o variazioni e per lo più con grandi oscurità. Cosi fecero Mario Ecjuicola
,
(fra
i
Nicolò Franco quali
anche
c finalmente
Ma
altri
il
(!»),
Paolo Pino
Bertano, sebbene
non pochi
,
Flud^ sì
eh' é inutile
il
commentatori di Vitruvio
]iarecchi
piccola parte
commentò
quegli ancora che uscirono con metodi proprj
all'arte,
come
dal séguito di cpiesto
esame
di quell'autore)
nominare.
ci
,
poca
utilità
arrecarono
verrà fatto di osservare.
undecimo del suo libro De Suhtilitate dandone ventiquattro alla testa che è quanto a dire due cpiindicesime del tutto; misura media tra la rozza e l'elegante, ma anch'essa complicata di troppo e troppo minutamente divisa, e ben Il
fauioso nostro
divise
il
corpo
Cardano
umano
,
nel libro
in centottanta parti
,
,
,
dall' armonia della vitruviana perfezionata da Leonardo. Girolamo Ruscelli, nella seconda parte della sua Lettura sopra un sonetto del marchese Della Terza (53), volle similmente discorrere di simmetria. I principi
lungi in tutto
214
eh' egli trattato
espone in quel libro al
suo tempo
,
dicono presi da
si
ma non
si
varj
che di
cose avcau
tai
scorge chiaro quale possa essere stata
la
loro
Ruscelli abbonorigine principale. Qualunque però essa fosse, nelle misure del al vertice del gola della radice dalla dano errori e discordanze. Per esempio mentre non figura della l'altezza tutta , egli stabilisce una quarta parte di :
capo vi
suol essere che la
sesta.
Così asserisce che
la
lunghezza del piede
è la de-
soltanto cima parte di tale altezza, mentre i Greci, secondo Vitruvio, la voleaii quanto per E setriraa. la molto la sesta , ed è di deforme piccolezza se eccede di l'erronea inavvertita lasciarsi delle donne, non è da ci parh specialmente opinione di coloro che estimano tanto più
ivi
belli
piedi femminili
i
quanto più
della forma, sono piccioli. La bellezza de" piedi sta nella leggiadria e concinnità sarebdiversamente , non neir esser corti o estremamente piccioli che se fosse della quelli bellissimi i piedi delle donne cinesi e giapponesi , e mostruosi ;
bero
Venere
de' Medici.
riguardi per la sublime
Ben maggiori una stamprche
gira di
Michelagnolo
visato a penna.
Vedesi
in
,
eccellenza
tratta
dell'autore
da un suo
una figura virile cui canone acquista
essa
fiero
in profilo
,
si
debbono ad
disegno improv-
non lontana
dalle
autorità non dal Vinci , il maestro. Michelagnolo però grande sì di quello con d'accordo in generale delle può dirsi proporzione ad ogni figura sdegnando l' impaccio cam]3ÌÒ umana. macchina della cognizione sua profonda la per diritto misure, e a buon
misure
stabilite
,
,
,
lieve dal trovarsi
cautele, unito all'imCiò non ostante, quel suo forse eccessivo disprezzo di tali fu cagione che spesse marmi sui slanciava quale si col peto ed air entusiasmo e che talora tollerasse delle volte gli mancasse la materia sotto lo scarpello ,
,
può vedere nelle per altro meravigliose figure in sua difesa notare che le licenze che in però de' sepolcri di Firenze. Debbesi anche essere state cagionate dalla sommn possono queste figure si riconoscono, timore della vendetta medicea; poiché dal stimolato fretta con cui le ha eseguite, VII, dovette la sua salvezza al Clemente a avendo egli rilardata la resa di Firenze
come
scorrezioni importanti,
si
papa attorno a cjue sepolcri, suo valore nella scultura, e postosi d'ordine del quelle opere in pochi mesi, condusse vivente, dice che il Condivi che scriveva hii molte mende dal lato della però più dalla paura che dall' amore. Trovansi spinto
simmetria in
altre
lo scusa e le dimentica
zio
ninno sdegnerà
Nè
di
fra gli artefici
è da preterirsi
il
di certo chi intende l'eccellenza delle altre parti, al cui giudie ad onta di esse sappiamo che Raffaello Idea del disegno. la Michelagnolo chiamava
opere sue
;
ma
,
,
accomodarsi
,
che di questo tempo
ci
lasciarono
disegni
di simmetria,
figurina relativa a tal facoltà
una Benigno Bossi luganese. Chiunque però che le sue cose di quell'elegante pittore, si ricorderà facilmente Parmigianino
,
di
cui vedesi
nella Raccolta de suoi schizzi incisi da
ha
in pratica le
misure eccedono nella sveltezza, e ch'egh,
al
pari di alcuni artefici fiorentini,
2l5
in
sempre
traccia
grazia
della
carla del continuo nella natura
dimenticò non di rado
,
si
,
e che
fuor
di
eli"
è d'
uopo
cer-
essa la creduta grazia diventa
affettazione e mostruosità.
Ma
tornando
simil pecca di sveltezza eccessiva può acAgnolo Firenzuola per la figura virile eh' ei voleva di nove teste mentre poi per le donne accontentavasi di sole sette o al più sette e mezza tollerando sì notabile discrepanza tra le virili e le agli
scrittori
di
,
cagionarsi la misura esposta da ,
,
Da
femminili proporzioni. Bellezze delle donne
membra fino modo
del viso e delle
un
esatte,
tal
questo autore per altro
scrisse
un
potrà
,
che ne' suoi Dialoghi Delle
,
molte delicate e gentili cose intorno pittore imparare
se
,
che è di grande
di osservare,
alle forme non misure buone ed
utilità a
chi coltiva
il
Potrà in oltre trarne certe amorose ed aggraziate maniere di esporre
disegno.
con parole
osservazioni le più argute
le
in queste materie, se plari alla lingua
eccettua
si
non meno che
il
cosa del pari utilissima e della quale
:
Firenzuola
Per
all'arte.
e brevi dell' intento delle opere proprie
,
,
mancano,
si fatte
può
a
mio parere, esem-
esposizioni ingenue, chiare
artefice metter gli altri a parte
l'
appunto che un abile commentatore bellezze più squisite e recondite di una produzione poetica.
delle finezze dell'arte sua, in quella guisa fa gustare le
E
anche Baccio Bandinelli vuole un luogo
ma non
ha
dritto
di
un luogo
certo .ad
della testa in profilo, che
si
il
che
verifica
della bellezza.
miracoloso
Ma
il
si
ci lasciò
,
povero Bandinelli,
e
assai
la
fermezza delle sue misure
grossamente, e ne son prova
guzia di espressione da lui
la
proporzione
non
s'
incontra senza sfregio evidente
pure chiamato dal Doni disegnatore disegno e grazia nessuna. Egli soleva sia
in oltre dire che la testa era assai più facile clie ogni
per
umane misure;
dire che la fa tanto larga quanto alta; misura
non aveva che mediocre
,
Egli
legge nel libretto intitolato II Disegno del Doni, a
tergo della pagina 42, e basti in pochissimi individui
fra gli scrittori di
distinto.
le
alle
fatte
Lion-bue come benissimo disse
con che
;
il
fa
altro
qualsisia
intendere eh'
ei
la
membro
considerava
molte teste mediocri e prive di ogni arsue figure
Celllni. In
,
ed
somma
il
suo Ercole con faccia di
egli parlava
come operava,
ed operò sempre da uomo che non aveva senso alcuno per le misure delicate e per le finezze dell' arte. E parimente il Doni , suo gran lodatore e non dissimile da lui nel giudizio
poetico e pittorico ad
,
per darci una egregia prova del jjroprio buon gusto diceva di aver più diletto in leggere il Par-
un tempo
naso dell'Aretino che in vedere
E
giacché
ticanza
la
si
,
il
Parnaso
fece c£ui motto dell'Aretino
proporzione
che
posta
in
sua
di ,
Raffaello.
non bocca
si
debbe legge
si
Pittura di Lodovico Dolce.
abbiam detto
di quella del
onde accrescere
l'
lasciare
nel
in
dimen-
Dialogo
della
La ricorderemo però soltanto per ripetere quanto Gaurico che il Dolce copiò chiamando teste le facce
imbroglio e
,
1'
oscurità.
,
2l6
Questa pcrtatito del Dolce mi richiama a mente per Y uniformità sciataci dal Vasari
sembra che teste
iti
pure
facce
come
trova nel Vasari pittore,
si
che parole ad impresdto.
E
ommissioni
stesse
stessi errori, le
gli
nel Dolce
l'
altra la-
dal quale' autore
;
dovesse aspettare maggiore accuratezza intorno a
si
E
soggetto.
nella Introduzione alle
arti del disegno
tre
e fin lo
importante
si
chiamar
stesso
che dell'arte
non aveva
per la troppa confidenza nell'autorità del Vasari anche
Filippo Baldinucci in una lettera a Lorenzo Salviati (stampata a Livorno nel 1802) se pure vuo.. ripetè con precisione i medesimi sproposiri. La quale negligenza ,
farragine
Baldinucci, non potrà mai essere scusata nel Vasari nè dalla nè dalla fretta con delle opere dalle cjuali egli era sopraccaricato
cui scrisse
,
perdonarsi
al
,
perchè avendo egli per assunto memorie degli artefici non aveva obbligo nessuno di entrare e cpialora voleva pure per un di più ragionarne queste materie
nè da
di stendere le
cpialsivoglla altro
argomento ,
sottilmente in
;
nè volendo tacersi,
e darne precetti, professando l'arte,
meglio
modo da
era in dovere di studiare in
,
:
che sarebbe stato
il
scriverne bene.
testa era di sutsi accorse che la parte superiore della Selva eh vana Nella dell'uomo. misura nella entrare poter da ficiente dignità non potei che e spagauolo dallo tradotta , pubblicò Sansovino Lesione che il scultore, suigolare chiamato Borgogna, Filippo di un legge si trovare in originale, \\ secondo proporzione terzo un , facce e nove umano corpo il quale dava al
Non mancò
però chi
,
,
Filandro
,
attribuita
mente ricevuta
Varrone
a
pimento della testa da pertanto (almeno nella
nove facce,
sì
confusa e
Ma,
vole.
non
ci
sia
tanti de'
con che m' induco a credere che
,
e
che quel terzo di faccia fosse
sola edizione di questo libro
comuncpe,
la
misura era allora general-
tal
mentovati autori dimendcato.
ripiena d'errori, che
sì
dice che
si
e praticata dagli artefici
la solita proporzione delle
è
e vi
,
somma
non
La sua
il
sia
com-
divisione
che ho sott'oechio, del i56o)
è possibile trarne costrutto ragione-
della sua totalità spiacevolmente
inarmonica
dà a sperare intorno alle divisioni interne nulla di meglio di rpanto
si
notati di sopra.
ebbe dai canoni
pretendendo molto diversamente diede sue proporzioni Daniel Barbaro e le troppo Vitruvio di tenere un luogo di mezzo tra le misure troppo generali faccia una fanno quali tre de' minute d'Alberto. La sua divisione in pollici
Nè
,
,
ascende
,
come
l'
di Filippo
anzidetta
di
Borgogna
,
a
nove facce e un terzo
una e 1' altra riescono e ne ha quindi lo stesso inconveniente. Oltre poi che questa del Barbaro riesce corta tozzette e pesanti nella totalità , anzi che no 1'
,
,
nelle pard inferiori,
dandovisi dal nascer del
mézza, mentre cinque meno un il
sesto se
Barbaro è dal nostro Lomazzo accusato
fu forse
detto
membro
ne danno d'
aver
alla
in giti quattro facce e
parte superiore.
manomesso
il
,
ciò
ripetersi parte di
da lui, perchè nell'opera del Barbaro vide tratto da quell' antico autore. Se mai poi
quanto Alberto aveva
Toppa
Anche
ma
il
furto di che
,
217
accusa
Lomazzo
il
i
due
e da profili in diversi
atti
,
modo che
questo
mezzo
figura per
riguardasse a certe teste levate da piante
questa invenzione
,
anche da Piero della Francesca
trovata
Or
autori
citati
come
,
,
in
pure appartiene
se
un suo
al
Foppa
fu
,
libro io posso mostrare.
sovente è utilissimo, di ritrarre in diverse vedute l'istessa
delle piante e de'profih, fa risovvenirmi di
due
altre
opere di
autori oltramontani, nelle quali varie simili figure s'incontrano, l'una dello scultore e pittor francese Giovanni Cousin , Y altra del famoso orefice spaglinolo
De Arphe
Giovanni
dotti artefici
ciò furono
i
y
Giovanni Cousin, per esempio,
seguendo
l'
quarto dell'altezza del capo,
il
d'
forse
,
portando per regola
,
un quarto
e appena
autorità
che
si
fissa
della larghezza
C|uanto è tutta tale larghezza
Nella
;
il
fa
suo
del
tra
il
Filandro
maniera
divisione contraddice ;
tale alle
mento e la fontanella non pose che un ,
qual
senza ragione
,
i suoi volti in profilo non possono aver labbro inferiore più in dentro del superiore
del naso
,
e
mento
il
modo è contrario al men corrette figure ,
pone uno spazio
il
tanto
in dentro
praticato dagli antichi della scuola fiorentina. simile
testa tra la linea superiore delle spalle e la inferiore delle
seconda
e
e oltre
collo brevissimo, e tutta toglie la no-
il
in profilo il
vede in qualcuna delle
stessa
umana
distinti
slancio alla testa. Parimente
biltà e lo
grazia
essendo
,
umane misure^
primi che nelle patrie loro pubblicassero opere importanti di però errori in buon dato e discordanze anche
loro proporzioni.
gola
scrittori
Non mancano
argomento.
della
Entrambi questi
Villafaiìe.
trattarono con qualche miglior fortuna delle
,
all'
altezza
d'
mammelle. Con
suo sistema, per altro buono, di dare otto
una tal
teste alla figura
perchè cominciando dalla linea superiore delle spalle lo spazio della vi rimane poi gran parte del collo per di più nella metà supe-
testa
,
rimanendovi la qual parte oltre la troppa altezza che il petto ne verrebbe ad avere, la figura perderebbe il suo equilibrio, e la parte superiore a danno della bellezza sorpasserebbe in lunghezza l' inferiore come nella riore del corpo
,
;
,
misura del Barbaro ed in
altre
r orefice spagnuolo che facea e
un
terzo
,
e quel terzo
le
si
nota.
figure
si
E
di
virili
consimili
difetti
come femminili
può
accusarsi
di dieci facce
entrava per di più nella metà superiore.
E
queste
hanno in oltre le gambe fuor di modo gracili e corte vizio che il De Arphe non seppe fuggire neiumeno nella proporzione de' putti di cinque teste, ai quali non diede che un quinto della loro altezza per le gambe, sebbene vi comprendesse porzione non piccola del ginocchio- (34). Nel libro poi del Lomazzo, che venne in luce contemporaneamente all'opera del De Arphe abbiamo una lunga serie di proporzioni ma dalle infinite inesattezze della stampa e dalle difficoltà della materia, non che dall'oscurità dell'esposizione, è risultato an sì intricato labirinto che non è possibile uscirne essendo il suo libro senza figure. Esiste bensi di questa parte delle svelte figure
,
,
;
,
proporzioni un'antica traduzione francese
fatta
da un
Ilario
Pader e stampata
,
ai8
1649 (") ornata di tayclc ma non ne so affatto il pregio, non essendomi finora riuscito di trovarla in alcuna pubblica o privata libreria. Per a Tolosa nel
;
quanto però col mezzo di il
tali
possa raddrizzare
figure
si
arbitrj
o licenze
che non può avvenire senza
brogli del suo sistema, avendo in gran parte sia
per
E
divisione.
i
che propone,
la moltiplicità delle figure
stingua per pregio di misure e per chiarezza dieci facce, che per l'appunto le
si
Foppa
sue tozze
sono assolutamente capricciose
,
,
materiale inarmonica
la
di
modo
il
Lomazzo
fur poste dal
,
ove zoppica
in istorie nujnerose e di gran varietà stabilire regole
buon
abbia di
sopra cose
non avrà d'uopo
gusto,
natura
stranezze della
tali
ove non ne abbia
;
:
quale,
Nè
Precetti,
sebbene non
di rado
divisela in tre parti
egli
Ma
del Barbaro.
del mento
bocca a
anch' egli per testa intese dal
,
poco curandosi
,
sua testa
tal
,
nove
dall' altro
per
Separò anche
modo da
d'
un decimo
che abbia formi.
le braccia la
le braccia oltre
si
trova che
il
pollici
,
sommo
forse altri
dalla testa,
ad imitazione
varj
de' quali si
della fronte
all'
imo
Diè poi una gran
sesto
gli
occhi stranamente allonta-
porvi in mezzo ben due terzi di uno di
umana
stabilisce
,
la
due proporzioni, l'una l'uomo
la sua divisione,
qual cosa non può accadere se non in
misura lunghissime e
Nella divisione poi di dieci
fa apparire tanto
Lomazzo
orizzontalmente, verrebbe in larghezza ad oltrepassare
propria altezza
fontanella della gola alla
non
il
piacque chiamar Veri
si
Cominciando
Nella prima, secondo
teste, l'altra di dieci.
distendendo
ciò basti circa
facendogliela larga di tanto spazio quanto ne corre dalla
que' suoi pollici. Pel resto della figura di
E
della rimanente sede del cervello.
fine del naso alla fine del mento.
nandoli r un
,
scostino dalla verità.
chiamò nasi oppure
cui
l'artefice imitante
una piacevole imitazione farà sempre una sgraziata
sicuro dell' autorità del Vasari e d'
fatto
die cenno di sopra
si
e pazzo consiglio lo
inutile
l'Armenini ne' suoi che
ci lasciò
imitatore
e sveltissimi
e tnigliorate di materia e di forma.
avrebbe corrette certamente
regole migliori
all'
della vista allorché pubblicò le sue
goduto del benefizio
se avesse
le
dietro
cose non avvengono circa le
le quali
misure de' corpi di proporzione media e lodevole. il
sia
di regole per fare
imitazione ad onta di regole a migliaja
opere,
minud
Perchè ove
fattamente irregolari.
sì
,
nè possono mai aver fondamento
sempre
sarà
,
di-
fra le sue figure svelte e le
corpi or larghi e grossi, or
sì fatti
si
Leonardo. Oltre di che del Durerò
sopra corpi naturali ben costruiti. Perchè se pure è talvolta lecito l'introdurre Cfualcuno di
altre
quella di otto teste e di
ella è
,
sia dietro
,
testo
ha che dalle
n'
accorda col canone
troppo esagerate differenze che
quello di Vincenzo
per
sia
molte figure proposte una ve
se delle
il
sempre saranno grandi gì' imdisordini di quello del Durerò,
,
,
stabilisce
teste
sommità del capo
,
il
torso e
il
E
uomo
mostruose, non che de-
un quinto
mentre in natura
come notò Leonardo.
più deforme
affatto
tale strana
del tutto
ne' corpi
ben
dalla fatti
lunghezza di collo
resto: e ciò che è più strano ancora,
21^
é
il
vedere che
di differenza
per
mensioni.
il
,
mentre V autore de" Feri Preceni
senza a lungo riflettere
cavalier Bisagno
,
nel suo libruccio che porta
,
bel titolo di Trattato di Pit-
il
tura, copia l'Armenini parola per parola, aggiungendovi solo
gV ignoranti senza temere
Anche
offendere né sé stesso
di
Figino nostro
il
prediletto
,
come segue punto
la
:
sommo
prima è dal
un esordio contro
suo autore.
il
,
ci
una sua
lasciò
Essa è di dieci facce
della fronte
son due
alla fontanella della gola
nè
cpale feci parole ove
del
,
che fecero menzione del Cenacolo.
autori
,
del Loniazzo
allievo
proporzione nel libro del teologo Comanini degli
figura
della
conserva per entrambe le medesime di-
commodulare quanto si opponga al vero ed al bello, il può chiaramente capire. Ciò non ostante
sistema di
Il cjual
un decimo
stabilisce in altezza
l'una e l'altra proporzione, nella divisione poi
tra
larghezza a braccia stese,
la sua
ognuno
,
imo del mento La seconda è
all'
terzi di faccia.
trattai
divisa
,
dal cjual
,
dalla fon-
Da quivi all'umbilico è la terza. La quarta Dal pefiignone al ginocchio sono la quinta e la ginocchio contiene una mezza faccia. Dal di sotto del ginocchio al di polpaccio è la settima. Dal polpaccio al collo del piede l'ottava. Dal tanella all'imo del petto.
dall'
bilico al pettignone.
sesta.
piede
alla inferiore
nona
collo
fra
mento
il
spazio
dato
notabile tra
il
petto e
vare, cortissima.
Il
accresce
,
il
,
uomo
ginocchio
al
e la fontanella
Tal divisione
del capo.
notammo
estremità dell'
,
e lo spazio tra
sebbene non
bellico
,
la
la
il
Da
quale parte riesce,
Figino praticò ne' suoi dipinti
che non
meno che da Comanini
divisione riportata dal
che
il
teologo
,
della fronte e
tutto biasimevole
in
cattivo effetto della brevità del
troppo piccoli e bassi, non che vate.
sommo
il
piacevole la troppa altezza stabilita al piede
quanto
,
gambe
le
collo del
mezza faccia che forma la decima è formata dallo spazio
:
,
sommo
,
misura però
ne' quali
il
ha una mancanza
come ognuno può proil che, come altrove torso. Nè può mai esser
collo parimente riesce lungliissimo il
Il
sotto del
è un' altra
come
;
um-
anzi
contraria a
afflitto
fece
sovente
i
piedi
brevi alquanto e mollemente incur-
altre osservazioni intorno alla differenza tra la
e la praticata dal Figino
in cjuesta materia al tutto pittorica
,
m' induco a dubitare
,
abbia alterato le opinioni
del pittore.
Diversi il
ma non
cui canone
minori
difetti
può vedersi nel
Giambatista Trotto detto
il
s'
incontrano nel metodo di Bernardino Campi
libro di Alessandro
ma
sura del Barbaro e del Borgogna,
onde
parti alla
il
suo tutto è composto
pianta del piede
,
,
Un
del capo alla sommità della fronte.
sommità
al
d'
un
dal pittore
terzo di faccia la mi-
contrario del Barbaro di ventinovc
ne diede quindici
riserbandone quattordici
misura procede in questo modo. detta
Lamo, pubblicato
Malosso. Egli accrebbe
dall'
attacco del
membi o
superiore.
La sua
terzo della faccia è lo spazio dalla
sommità
La
faccia
alla
parte
occupa, come è naturale, dalla
della fronte fino alla estremità inferiore del
mento.
Da
indi alla
,
aio
mi
fontanella della gola è sotto ai capezzoli
altra.
Un
Un'
altra
da indi
quanto però sopra di
esso.
luogo
altra dal detto
all'
ma un
ginocchio, non però precisamente, terzi di faccia
occupa
ginocchio e
il
de'
della
gamba
col piede
attacco
l'
,
che in breve
,
osservammo per
altre
Sopra tutto
le
come
,
e
si
riconoscono a prima vista
il
appajono meschine
valente e nobile pittore
,
alla
tanto fu talora
concetto
difetti il
collo
,
che
principio del secolo decimosettimo
al
stile, fece tra
molte alcune opere degne
purgato e gentile nel disegno, elevato nel
leggiadro a un tempo e severo nella espressione degli
,
,
nè ben equilibrato né armonico. bisogna eli queste misure Enea Salmeggia da
generale corruzione dello
delle età migliori^
stessi
cosce pesanti
le
,
tutto
Assai meglio pare intendesse la
Bergamo in mezzo
è detto.
si
la divisione,
vi
Dal da
inconvenienti
scorgono
gli
Due
altra
si
gambe
tronco debole
il
un
:
vi
anche in questa misura, oltre che
notabili.
esso.
risponde ad un
del quale
altezza
terzo di faccia. Il che tutto ascende a nove facce e due terzi
Ma
della coscia al
sesto circa di faccia al di sopra.
muscoli gemelli un' altra faccia
al fine
al-
,
dal quale
,
poco indicato spazio sopra di
il
di sotto del ginocchio all'
umbilico
nascimento del pene
al
mezza coscia un'altra: poi un'altra dal detto mezzo
a circa
quivi
Dalla fontanella fino alquanto
altro terzo di faccia.
ne pone un"
affetti.
Ma
le
possono meglio desumere dalle sue figure dipinte che dai suoi Nel scritti. 1607 egli stese un libro intorno alle proporzioni umane, come si da un frammento pubblicatone dal Tassi nelle Vite de' pittori berpuò vedere sue opinioni
gamaschi
;
si
frammento che è
e da quei
egli aveva
trovati
de'
ottima la proporzione di
misure
non
sono, e
vi
il
facili
proemio
dell"
opera
,
degli usitati
migliori
si
,
comprende che
;
,
Ma
di tutte le età.
il
che approvava come dieci facce e che esponeva con metodo uniforme le le dimostrazioni che importavano più che il proemio,
modi
,
manoscritto che appartiene all'Accademia Carrara di Bergamo,
mi sarei pure sforzato di diciferare^ non si é potuto trovare. Ciò non Accademia, non essendo ancora ordinata cpiell' appaja il Salmeggia sì buono scrittore, sebbene per quel proemio non ostante e che, per quanto
il
Tassi lo dica logoro,
,
come buon mente più
pittore
dimostrano
il
a quanto promette
difficile
il
fare
che in molti hbri
,
,
io
penso che
si
possa credere larga-
perchè egli fece più e meglio che non disse
che non è si
le sue tele
danno
il
dire.
E
,
ed è
assai
mi cade cpi in acconcio di osservare
precetti d' arte
non
irragionevoli
ma
,
1'
autore im-
prudente vuol talora aggiungere le figure di cpianto propone e allora in vece di procacciar conferma a c[ue" precetti fa si che rimangano screditati e contrad,
detti
da quelle figure
m.
Salmeggia non trovo in grande spazio di tempo veruno scrittore di credito che ci abbia lasciato nuovi metodi intorno alla materia che trattiamo. Nulla si trova di umana simmetria nel libro di Filippo Esegrenio, ad onta di
Dopo
quanto
il
il
titolo
promette
:
men
che nulla
,
cioè
gravi errori
nel Discorso di
221
Gasparo Colombina
Giambatista Volpatti
che accompagnano il libro di Fagante Cornerò o la Ferità pittoresca rita-
lo stesso dicasi delle figure
:
intitolato II
,
mente svelata ecc.
Ma
giacche di
mediocri o
tanti
dell'umana simmetria
legislatori
tristi
si
è
non debbe ommettersi Pietro Antonio Barca, ingegnerò milanese, il quale in un sol foglio pubblicò un Trattato di pittura di scultura e di prospettiva emulo di Cornelio che in tre carte compilò la storia universale. Copiando alcune figure tolte ad AUserto Durerò e aggiugnendovi alcune cose prese dal Lomazzo statuì una figura virile di otto teste, la qual proporzione dice competere a Giove. Una simile ne dà poi di donna per Minerva; un'altra virile ne stabilisce di sette teste per Ercole un'altra di sette e mezza per Marte una nuova di otto con suoi aumenti per fare colossi; indi una di nove per Venere, parlato,
,
,
,
;
;
i
Muse
e finalmente una. di dieci per Ninfe o
da fare
e
meglio era dire per
le fantasime
un giojello tipografico o per dir meglio calcografico, essendovi impressa in rame anche la non Ijreve spiegazione: giojello ignoto al Mazzucchelli ed al Comolli né rammentato dai pochi altri che parlarono del Barca. Esso fa il compagno d'un altro simile che comprende tutta r architettura civile e militare ed entrambi si debbono considerare come spiritare
i
bambini.
Questo foglio
è
,
,
la
prima edizione
dell'
timenti e regole circa
V
opera del Barca
stampata nel
,
architettura civile
scultura
,
1
620
pittura
,
,
col titolo di Avver-
,
prospettiva
et archi-
Debbonsi, dico, tenere per prima edizione di quell'opera, grandi rami di que' due fogli furono tagliati in tanti piccoli pezzi, indi
tettura militare ecc.
perchè
i
sparsi nell'opera, interpolatovi scolpito.
I
opportunamente
il
che ne' rami
testo stesso
rami poi non furon forse mai pubblicati
,
si
legge
soppressi probabilmente
onde dare, in un libro, una più importante forma all'opera sua che dedicò al He di Spagna cui era troppo poca cosa il dedicare due rami. Ma l'esempio di tal comodi trattati in un sol foglio eragià per la pittura stato dato dall'autore,
,
da Giambatista Paggi nel 1607, ed anche in esso è probabile che vi fossero delle leggi di umana simmetria. Questo foglio però del Paggi chiamato dal suo biografo Raffaello Soprani giunsi ancora a vederlo
,
1'
e
acus nautica dei pittori
nemmeno
il
Ratti
,
è
si
raro cimelio che
che ristampò
le Vite del
non
Soprani,
potè mai rinvenirlo ad onta d'infinite ricerche.
Nel
resto di quel secolo
c[uella di
Gherardo Andran
non mi ,
valente incisore ebbe prurito ardi uscire in
si
affaccia altra
pubblicata l'anno
d'immischiarsi in
campo con canoni proprj
,
opera importante
i683, in questi
non Anche questo studj ma non ,
sottili
;
avendo in vece imaginato
di racco-
gliere e presentare agli studiosi le misure delle migliori statue antiche.
intenzione fu buona, ed
il
progetto nuovo ed ottimo;
gnate-^negligentemente e male il
dire
che secondo
lui
la
,
se
foglio.
ma
le statue
La sua
sono dise-
e le misure sono in molti luoghi sbagliate. Basti
statua del Gladiator
moribondo
,
se
fosse ritta
in
,
piedi
sarebbe più svelta
,
d'
ogni
altra
l'Apollo di Belvedere;
il
che cjuanto
modo non
si
può
E
ad ogni
disegna
all'
può vedere
Non sia
migliore statua conosciuta
prestare
gran fede grazia
ingrosso e senza finezza o
discendo a discorrere di Félibien
esteri
sia
nostrali
ci
sue misure,
alle
come
,
in
che circa
,
percbè chi
misurare. molti,
d'altri
decimosettimo trattarono di
finire del secolo
il
escluso
questo libro ognuno
modo nel Dupuy du Grez e
di
,
non
,
voglion seste per giudicarlo.
far credere d' aver tenuto altro
non può
,
non
sia falso
si gh uni coinè gli altri non fecero che ripetere le cose antichi, e non aggiunsero di proprio che nuove inesatpiù dette dagli scrittori proposero tezze o massime false. E sopra tutto è da osservare che fra coloro che
questi studj
,
o lodarono
k
perchè
teste e dieci facce
proporzione di otto
eh' è certo la più
,
degna
malamente non intendendola, come, di tutte, ve n'ha molti che altri non pochi. Perchè fu da questi Piles ed il De sull'esempio di Paolo Pino, ond" è composta la testa mentre parti quattro taU stabilito alla faccia tre delle di che non si ottiene la giusta senza ne dovevano dare quattro delle cinque, la storpiarono
,
misura reciproca delle
mezza
soltanto sette teste e
Perciò
il
Marchese
teste e delle facce
di
,
:
poiché o
le
Buffon che
si
facce
dieci
o le otto teste farebbero dieci
facce e
farebbero
due
terzi.
attenne al partito delle dieci facce, dovette
rinunziare alle otto teste per voler dare
un
terzo del viso allo spazio
modo
che
sta
la sua divisione,
sommità del capo e la sommità della fronte. Per sebben vanti una certa comodità per le misure è ricca de' difetti che notammo ed è lontana dal produrre quella bellezza di forma in varie che la somigliano che debb' essere lo scopo di questo genere di ricerche; di che chiunque sa tal
tra la
,
,
disegnare
Ma sure
,
avrà facile esperimento.
quanto questa forma bella e leggiadra
facili
ed armoniche,
si
sia
difficile
a
combinarsi con mi-
può giudicare
dai vani sforzi di tanti uomini d'altronde
comodo
degli artefici raccogliere. Tale difficoltà
ingegnosi, che qui mi piacque a
quanto è ardua cosa 1' accordare l'armofra loro le tre proporzioni che gli antichi distinguevano, la numerica, di un nica e la geometrica, e l'applicare tale accordo a formar regole e misure diventerà poi più evidente
oggetto visibile
si
,
allorché
si
rifletterà
vario nelle parti che lo
compongono
,
cpial è
corpo umano.
il
simmetria, Intanto, senza eh' io entri a far parole de' più moderni scrittori di dimostrato che dei per terrà ognuno che spero antichi degli copiatori tutti ,
tanti
metodi de'
che abbastanza Il
non al
tanti diversi autori
si
intorno a
tal facoltà,
non ve n'ha un
solo
avvicini alla ragion- del bello da oscurare gli studj di Leonardo. del modesto nostro legislatore, che pure si accusava di
canone dunque
aver posseduto la simmetria degli antichi
bello antico quanto alla bella natura
,
e
,
come
più già
d'
ogni altro
s'
avvicina tanto
mi sono espresso
di sopra
avanza tutti gli antichi e i moderni in armonia, in precisione, in facihtà e tutti que' pregi in somma de' quali sì fatte regole sono capaci.
in
223
E
per condurre finalmente
aggiungere alcune osservazioni
ad
lettore
il ,
conclusione mi
utile
dietro le quali
sime fondamentali da seguire nella ricerca di
potranno
si
studj
tali
concesso di
sia
mas-
stabilire certe
e sono le seguenti:
,
d'uopo guardarsi dall'abuso della geonon debbonsi inventare elementi di figura umana fuori della figura umana. Dunque il metodo di Luca Cangiasio e d' altri di fare il corpo umano di cubi e di obelisclu è un grillo pittorico di nessuna reale utilità. Rubens che dice che l' elemento della testa è il globo ( doveva almen dire delle teste tonde ) (37), e che f elemento del tronco è il cubo e che l'elemento delle braccia e delle gambe è la piramide dice parimente delle stravaganze
Prima
metria
di tutto io son di parere eli é
e elle
,
,
,
,
,
scolastiche
colle
,
fantoccio o burattino
zione di bella
umana
metriche certe
tali
forme
pittore o
II
dalle quali
una
umano
membra
lunghezze delle
principali
circa le
i
un quadrato
in
un cerchio
perfetto certe distanze
umano rimanga
mai un suo cubo Ciò che
è
si
matematiche.
circa le
in
inscritto
e in
testa in profilo e con un gambe, ommessa da Vitruvio, acciocché
di parti nella
,
un cerchio avendo
centro
a
Il
spieghi a suo talento le forme
,
,
umbilico.
l'
co' suoi
mezzi
le crei
a sua
un braccio;
di
darà idea cU un torso.
ci
dell'abuso
detto
della
geometria, dee
generale delle
dirsi in
tentare di accordare fra loro le tre dette ragioni di proporzione,
l'aritmetica, l'armonica e la geometrica,
del corpo
geo-
porge
Greci, secondo Vitruvio, in-
umane e ma non le possa con facilità ritenere perchè mai una sua piramide ci darà idea d'una gamba e
La geometria adunque ajuti la memoria onde posta;
si
non
,
un
bella imita-
un quadrato a certe condizioni, emergono note alcune importanti misure. Così Leonardo determinò con corpo
triangolo ecjuilatero la divaricazione delle
corpo
scultore fare
figura. Altro è bensì lo inscrivere in figure regolari
per lor natura variabili in infinito. Cosi
scrissei'o
il
uno
dimensioni, che è uso lodevole; imperocché per esso
memoria
ajuto alla
non mai un
,
qualche meccanico abbozzar meglio
potrà forse
quali
umano,
ed applicare
problema da porsi
é tale
fatto
si
accordo
bellezza
alla
colla quadratura del circolo e colla
duplicazione del cubo.
In secondo luogo porzioni
penetrare compiutamente la ragion naturale delle pro-
il
umane esigerebbe una conoscenza
della
fisica
che aU'
uomo non
è
dato di ottenere. L' equilibrio universale delle infinite parti costituenti la mac-
china
umana
,
ciascuna delle quali ottenga eminentemente
nata senza interrompere
corso che ogni altra parte ha
il
in che pare consistere la vera proporzione dersi.
E
potesse
sarebbe
,
cjuando anche direi cpasi
ancor
fatto
,
comporlo
poco
delle infinite parti che
il
,
,
,
sì
si
sarebbe
fatto
il
desti-
suo fine respettivo,
fattamente
imitando esattamente
perchè
fine cui è
il
è cosa da dirsi più che
giungesse a conoscere
si
al
1'
da inten-
uomo
,
che
coiuposto naturale
un uomo
composto umano costituiscono, che
si
solo.
Una
debba
,
si si
sola
alterare,
,
234
r equiponderanza e respettiva relazione delle altre rimangono necessariamente in breve ogni uomo separatamente sarebbe subietto di tutta una nuova alterate ;
Ma,
scienza.
per ispiegarmi più chiaramente,
vogliono essere quelli
dell' arte
Queste quantità e qualità
qualità.
di sé nella superficie
tutti
fra
loro
siano pure interne
,
,
della natura,
come
quantità e di
diversi
di
seinpre
danno argomento
uom
noi non solo distinguiamo T
cosi
:
sono
,
uomini
gli
gracile e T
uom
vedono ma distinguiamo anche il flemsebbene non si veda nè bile nè fleinma nè il sanguigno matico il bilioso sangue. Queste stesse quantità e qualità oltre che hanno modificazioni e gradi infiniti dalle età diverse, vengono non meno alterate dall'abito individuale. L' uomo esercitato di gambe e di braccia nella milizia è diverso dall' uom di forte dalle ossa e dai muscoli che ,
si
,
,
,
,
lettere
che vive
lungo curvo e seduto. Socrate, appresso Senofonte
a
di volersi esercitare nel ballo per evitare che gli si
diminuiscano
come
le spalle
ai pugilatori
non
,
Ecco dunque cpante Così ogni
umana nasce
umana
come avviene gli
s"
s'
e gli
a qua' che corrono lo stadio ; o perchè
ingrossino le spalle e
varietà sono prodotte dal ballo
gli
si
spolpino le gambe.
dal corso
,
,
dal pugilato.
abitudine, di qualunque genere ella sia, influisce sulla forma
e dalla varietà indefinibile e dalla incalcolabile mistura di
,
accenna
("),
gambe
ingrossino le
delle forme.
la infinita varietà
Dunque
tali
che non
è evidente
determinare vere proporzioni generali senza offendere la natura che
abitudini
si
possono
l'arte
vor-
rebbe pur imitare.
E
quand'anche per l'uso
e
ragioni che
le
sopra abbiamo indicate,
di
si
riconosca giovevole all'arte l'avere qualche stabilità di misure, ne rimane notabilmente diminuita corpi stanti e
disapprovava
umani
in
rìtii l'
ed
l'utilità
come pali
ragione per cui Michelagnolo principalmente
Certamente di rado
opera di Alberto.
che
positura tale
le
pregio dal non darsi esse misure se non in
il
(39),
misure
Oltre di che, la prospettiva altera stabilisce
Dal
fin
che
s'
impari prima
qui detto
A
l'
al pittore
vi
imitan
,
e
che
per
riporre troppo
il
dall' arte
corpi
misure, e però Leonardo
tutte le
di tutto prospettiva
s'
possano aver luogo con lode. misure di ogni cosa.
le
debbe per ultimo dedurre che non
si
che proporzioni grosse inceppa
tutte
di
possono
si
stabilire
confidenza nelle misure
arte anzi che favorirla.
cui non mancheranno avversar] fra quelli che poco pensano e nulla operano si dia una breve occhiata alla e si vede che tenne tante pratica de' grandi uomini. Di Raffaello fu scritto ed è suo motto proporzioni quante fece figure. Michelagnolo fece lo stesso che chi non ha le seste negli occhi non troverà mai artifizio con che supplire
confermare cpesta opinione
parlan molto
,
,
,
,
,
,
a
tal difetto.
Vincenzo Danti che
nel suo libro
,
che
le
fe'
tesoro della dottrina di Michelagnolo
proporzioni non cadono
Di Leonardo abbiamo veduto
sotto
,
asserì
alcuna misura di quantità.
le infinite eccezioni circa
il
misurar l'uomo, e
le
225
poche sue opere le confermano. Non parlo degli altri minori fra i moderni e volgendomi agli antichi trovo che ogni statua lodevole ha proporzioni diverse ;
,
:
trovo anzi che gli antichi variarono stranamente le misure negli stessi caratteri a seconda delle attitudini
(4-).
E
parlando poi in generale delle opere di rilievo,
quali canoni potranno determinare la diminuzione o
onde
parti,
di materia
stanza
cpanto tnenti,
un migliore
ottenere
punto visuale e
di
,
secondo
effetto
simili
si
non
canone
Non
ne viene a capo, se non
se
di
si
Leonardo
di
Quindi per
certo.
monu-
frutto dalla fatica
me
da
utilità
a questo
fine
esempj e
gli
,
modo
misure all'ingrosso, cioè nel
in
ed in
,
tal
articolo
se
,
genere
tutte
in questa materia
gli studj
ragionarono che male o nulla operaron
misure
di
nell'arte.
Mi
,
qui
volessi
io
della quale molti
parrà intanto d'aver
buon
in cercare tanti nojosi libri, se ciò darà qualche
fatta
fede a quanto io sono per consigliare malti corpi di lodata bellezza
sè
nessuno
?
confà assai bene colla maggior parte delle statue lodate.
si
vedrebbe però mai
riunire le opinioni
da
ingrandimento di alcune
cerchi di accordare fra loro le misure de' greci e de' romani
appunto che abbiam riconosciuto di qualche il
l'
le circostanze di luce, di di-
,
cioè
Che ogni studente di pittura misuri
:
facendone confronto
,
colle
più lodate imita-
zioni di pittura e di scultura ^ e che da queste misure ricavi un canone suo proprio,
a quel modo che puì al suo ingegno ed alla sua memoria
diviso
sia conforme.
Se
molti seguiranno questo metodo, l'arte guadagnerà e nella scienza e ne' prodotti.
Aggiungerà qualche forza artefici
al
mio consiglio
Ne
di notabile autorità.
gran numero di stravaganze e
la tanta
aggiungerà in fine
grande elogio della proporzione senza deformità.
iiattira
figure di dodici teste
leggere negli scrittori
Federico Zuccaro
d' errori.
con mirabile sproposito che l'Apollo di Belvedere fa
discrepanza di opinioni in il
svelta
,
per esemplo
,
e
non è
sì
disse
Lomazzo
è alto dieci teste. Il
di dieci teste
,
trovabile in
Vasari asserisce che Michelagaolo fece per sino delle
Il
che non
si verifica nelle opere sue conosciute, e sarebbe fuor di modo mostruoso in arte, come è affatto impossibile in natura U'). Le stranezze crescono là dove, oltre le misure, si cercano ne' corpi umani ,
il
influenze, somiglianze e
astrologiche.
futilità
la divisione vitruviana in sei piedi
,
parti, cui appropriò le sette ard liberali i
nomi
all'
Muse
delle
altri le virtiì
arca di
,
altri
Noè
,
e di Apollo. i
Ma e
gli
umana
se nel raccogliere
accennati oscuri
il
corpo umano
in sette
o pure in dieci appropriandovi allora
similmente vi appropriarono
i
pianeti
,
Mancava chi assomigliasse l'uomo anche questo in più d' un libro e fin anche nella
i
del Rubens.
varj
pur qualche poco d'istruzione, libri
Altri
^
metalli e simili inezie.
e fu scritto
Teorica della figura
Tory de Bourges trovò volgare
Il
e preferì dividere
mi pajono
metodi di proporzione, unito il
tedio
al
raccogliere stranezze e spropositi è
sufficienti
a sconfortare
ed erronei intorno a ciò che
assai
ognuno
dall'
si
trova
mera noja,
aver ricorso a
più chiaramente
si
legge nel «9
,
326
Mi
libro della natura.
ingegno
dozzina di corpi belli
Chè
se
nè che
è
artefice
1
altro
sia
tluaque lecito di ripetere che un artefice di buon
più assai di profitto nella simmetria studiando e misurando una
trarrà
che non leggendo un centinajo di
,
d'
ingegno corto ed
voglia
si
ottu'so
condurranno a
il
tale
,
nè
da intendere ed imitare
DELLE RICERCHE DI LEONARDO INTORNO DELLE ISTORIE. La somma
parte dell' arte
e principale
componimenti di ijualunque cosa
delli
dottissimi.
le bel-
umana proporzione.
lezze della
.
anche
libri
nò precetti né natura
libri
grado eminente
,
diceva Leonardo
,
e
,•
cjuesta parte
a
specialmente attribuire
devesi
COMPONIMENTI
AI
l'
,
la
investigazione
eh' egli
possedeva in
è
,
meraviglioso delle sue
effetto
opere e quell'alto grado di stima che ottennero nella opinione degli uomini. Sonvi certamente
Leonardo
alcuni
fra gli antichi
grandi maestri che da questo lato
altri
esempj degnissimi
distinsero e lasciarono
si
in copia d' invenzioni
,
ma
;
alcuno
se
superò
fu che
vi
ninno di certo potè uguagliarlo nella squisitezza
e novità de' suoi trovati e nell' artifizio difficilissimo di ottenere
il
massimo
effetto
con mirabile sobrietà di mezzi. Se duncjue
l'
invenzione de' componimenti è parte somma
lissima cosa lo studiare tutti
presenti
i
artisti
,
grandi originali antichi in
i
tal
dell' arte
da che le scuole cominciarono a migliorare
della solenne differenza nell'effetto che
,
sarà uti-
parte eccellenti. ,
si
Quasi
accorgono
produce una composizione del miglior
secolo, ed una de' secoli che venner dopo, ne' opali in ogni dipintura l'opera
mano superò
della
ordinario
d'
sono quelli che indagano
arrisa
l'
opera
l'
origine di
della
Pochissimi però
mente.
tal
lezza delle antiche composizioni e fuggire la snervatezza
tocco neir animo da un sentimento di venerazione o di altra
di
si
voglia affezion piacevole
Andrea,
di
Leonardo.
alla
Ognuno che
vista
gli
ed insulsaggine dellè
Certamente chiunque è fornito di un senso buono per
posteriori.
fra
differenza per ottenere la bel-
l'arte,
rimane
ammirazione o
di c|ual
d'una Sacra Famiglia
di Raffaello,
abbia qualche uso delle cose del disegno,
è costretto senz' avvedersene ad arrestarsi per contemplarne la maestosa amabilità
;
e di
momento
in
la piacevole intensità
momento
con cui
cresce
tu la vai
1'
affetto
con cui
bisogno di qualche riposo o distrazione onde potere ciò tu cangi di luogo
un
;
vai in cerca di miglior luce
giudizio che hai fatto da lontano
che per minuto osservasti altro
,
come
d'
;
appresso.
nelle quadrerie avviene
,
di pochi altri a lor prossimi in merito
ti
opera
però ciò
quando sei
si
si
ricerca
ti
avvicini
ti
sazia
1'
,
,
e
forte che hai
in quella continuare. ;
allontani per godere
Nè ,
l'
contemplando, diviene
Con
per verificare
effetto delle
cose
e se passi a veder
torni ad opere di cjuesti ottimi e
costretto a ricontemplarle di
nuovo
227
e finalmente non le lasci se non con dispiacere
,
riportandone nella mente e
nelF animo una impressione profonda.
Ora perchè Berrettini
,
non avviene
lo stesso
del Ferri
?
a questi superiori Caracci
Se
i
un quadro del Maratti del Cignani del non avviene delle opere dei tanto ,
,
?
sovente a sè
pittori facessero
spondersi adequatamente Pertanto
d'
anzi perché lo stesso
,
stessi
Y arte della pittura
se ciò tiensi per vero
questa dimanda
camminerebbe
e se sapessero
,
,
credo
,
ri-
assai meglio.
egli è chiaro che una gran parte di quelmerito della composizione; e perciò sarà, ripeto, di grande utdità l'indagare con assidua e pertinace curiosità dentro tah opere i modi, i .
1 effetto si
,
debbe
,
al
sensi, le intenzioni degli autori,
e tentare di conoscere
da
eguali
emanò
fonti
tanta superiorità ed eccellenza, e per quali vizj o difetti posteriormente di tanto degradasse. E tah ricerche non farannosi , come in parte si fece da alcuni scrittori nello scorso
di
forme e
secolo, ad oggetto di trarne frivoli ridicoli precetti di linee,
d'altre simili inezie; precetd che, fatd sulle
loro origine dichiarati quali
SI
falsi
fecero in appresso
perchè siamo ceru che
,
i
precetti
,
si
erano
essi
opere
,
sono dalla stessa
gli autori
delle opere sulle
stessi
fatn de' precetti
sulla
natura universale, senza de' quah non sarebbero uscite dai loro ingegni quelle egregie produzioni. Farannosi in vece le dette investigazioni per meglio godere il bello delle opere da chi ama queste professioni del disegno, e da chi le eserfaranno ad oggetto di migliorar l'arte col conoscere per esse quah ddigenze furono usate da que" valentuomini andchi quah fossero i precetd ch'essi
cita" si
^
trassero dalla natura, quali finalmente
rogarono con
Non
i
mezzi con cui
la
studiarono ed inter-
profitto.
è pertanto
mio proposito
nerali che dall'esame
delle
di
qui indagare e svolgere le
più fomose
opere andche
aver servito di scorta agli autori di quelle
si
teoriche
ge-
potrebbero giudicare
nè tampoco d' investigare in molti componimenti donde principalmente quelF andca perfezione derivi. Sebbene l'im;
portanza della materia e il desiderio di richiamar 1" arte alle antiche maniere mi abbiano condotto, senza quasi avvedermene, a consigliare sì fiuti studj sulle
belle
produzioni dell'epoche
nobih dell'arte,
mio intento principale in questo aggiungere qualche autorità a quanto ho scritto intorno al piti
il
luogo è quello di Cenacolo col riferire alcune osservazioni circa
quah non
solo
si
altre
scorge a parer mio evidentemente
opere il
di
Leonardo
,
nelle
suo gran sistema d'in-
vestigare ne' più semplici argomenti cose del tutto
nuove, sempre seguendo la ammira lo straordinario suo ingegno per averle sapute ritrovare leggiadre sempre e mirabili.
natura
,
ma
si
Pochi sventuratamente sono i componimenti del nostro autore che si possano all' analisi che proponiamo e perchè pochi egli stesso ne ha^ lasciad e perchè alcuni andarono perduti. Io mi limiterò pertanto a parlare di que offerire
,
due
228 soli
eccitarono anche
eli'
suo tempo maggior meraviglia,
al
cVAnghiari e la sant'Anna colla Vergine in grembo;
più volentieri e per
ai
cioè,
la battaglia,
mi
quali
anche
limito
più nota loro eccellenza, e perchè più facilmente che
la
non degli altri può il lettore averne idea dalle stampe che ne girano. Ragionando adunque della battaglia panni dover prima avvertire essere erronea la comune credenza degli scrittori che il gruppo che ne abbiamo, sia solmentre dal modo con cui il Vasari ne accenna tanto una parte dell' opera dalla spiegazione che ne daremo si vedrà che è l' opera intera r argomento e e come si dovrebbe fare mai trattata episodicamente come il soggetto voleva esigono un numero straoristorie che sempre, ogni qual volta si rappresentino ,
,
,
,
una gran
dinario di figure e
Sappiamo
dalla storia
e
,
moltiplicità di azioni.
il
vedemmo
dato argomento
Leonardo allorquando doveva trattare un con ogni accuratezza di tutte quelle cose che ,
potessero a attorno
ai
quello appartenere. Per tale
suoi soggetti,
esso ciò che più
,
non
allora
s'
eziandio più
lati
meglio rispondesse
alle
Niccolò Piccinino e
i
Leonardo ne
,
condizioni de' soggetti.
gran
imaginava nella natura di
fatto d"
un
utile
fisico
che
arme che avvenne
pugno una vivace descrizione
tantesimoterzo del famoso Codice adantico sistema di tutto raccogliere
il
vero
,
il
;
e
anche da quella
verisimile e
opportunamente e combinare meglio
il
poetico
trascritta
M,
,
si
al
foglio set-
scorge
La
il
suo
onde potere sce-
le circostanze pittoriche,
ìsinando e scegliendo fra la dovizia di moltiplice materia.
tra
di pittoriche circo-
Fiorentini presso Anghiari, era ricco tracciò di suo
lontani
tempo quando pareagli
egli stava
e della mostra di cjuel bello Il
come
,
informava
linguaggio dell'arte convenisse, col doppio scopo di
al
che nelle note ho
prima
risparmiando vigihe nè fatiche; e
sviluppo di passioni o qualità morali
gliere più
dai
investigazione
essere pienamente in possesso del suo tema,
stanze.
del Cenacolo
nella descrizione
coin-
detta descrizione,
somministra di che comporre una ventina di
sebbene un solo ne dovesse Leonardo comporre ma nel solo eh' ci fece, riunì ed espresse tutto il più importante dell'azione che volea rappresentare. Egli conosceva troppo bene i limiti dell'arte, e sapeva che non sarebbe giunto
quadri
:
,
giammai ad ottenere buon rappresentare
la battaglia,
effetto
dall'
direi cjuasi,
opera sua
,
qualora egli avesse
per intero, come
voluto
fa dal più de' pittori
si
con gran varietà e numero di gruppi tutti tali da attirarsi l'attenzione dello spettatore. Imitando in vece con ragion pittorica i poeti che nelle loro battaglie non trattengonsi a lungo a descrivere i movimenti d' un' oste in
si
fatti
intera
,
argomenti
ma
sui quali
,
,
descrivono volentieri
i
certami singolari o di pochi scelti personaggi
cade più viva l'attenzione e
l'affetto
che non
sulle
torme sconosciute,
pensò Leonardo caratterizzar quella giornata con un solo gruppo al modo seguente. Dallo stesso scritto di lui si ricava che il forte della battaglia fu tra le scpadre a cavallo che si combattè tutto il giorno con grande ostinazione e con :
,
229
varia fortuna
:
i
pedoni
all'
attacco
che
narono più volte
aneli' essi :
che in
combatterono con grande animo e torfine
diedero
si
i
fuga
vinti alla
e che
,
dopo lunga indecisione rimase la vittoria. Che fece duncpe Leonardo onde significare con pochi ma potenti mezzi
Fiorentini
ai
,
,
l'osti-
nazione terribile della zuffa, f ambiguità dell'evento, l'evento stesso vicino a mostrarsi la ferocia de' combattenti a piedi e a cavallo e finalmente la fuga ,
de' vinti
,
?
Ei compilò tutto questo in sole sette figure, c[uattro principali e tre accesLe quattro principali sono a cavallo, perchè la cavalleria decise in quel
sorie.
giorno
dell' esito
della mischia.
combattonsi una bandiera,
Ma
della vittoria.
primeggiano
l'
,
il
de' cjuali già posto
se sopraggiunto dall'avversario
cavallo,
il
suo sforzo è vano si
modo
e
,
non
in fuga
nemico
il
che poco più
già tiene ])otià
cavaliere a recargli soccorso. Il furore
gambe
si
nemico
del cavallo
,
ingegaosissimo avvedimento
il
morde
venga
gli
d'ambe
la
le
tolta
mani
cavalieri
soli
sua insegna
di
ma
L'esito dello
ecco sopraggiungere un altro
medesimo accende ,
Ma
mano.
l'asta dell'insegna
quel primo sostenerla.
con impeto ferocissimo
slancia
porterebbe
fosse costretto di arrestare all'istante sè e
scontro è imminente a danno del fuggitivo;
questo anzi
si
d'impedire che f insegna
sforzandosi
fatto
,
anche di queste quattro principali figure due
nno
il
per
Se ne veggono due per ognuno de partiti e riportar la quale sulV inimico è il noto segnale
il
cavaliere e
e incrociando
le
il
cavallo:
proprie colle
nel petto fieramente e quasi lo arresta
dell' artefice
onde sospendere
la furia
della fuga
;
ed
arrestare son per dire , l' azione per farne spettacolo. Il cavaliere intanto alza furibondo una daga e minaccia con quella le mani con cui il nemico si sforza di strappare lo stendardo a quell'altro che sta quasi per cederlo. 11 suo colpo ,
metterà nuovamente in forse valiere
il
quale, arrivando
la pugna, se non che è reso vano dal quarto cacon non minore rapidità e ferocia, rompe quella
breve sospensione, ed è evidente che il
momento
rappresentato
,
il
al finir
delfazione, cioè un istante dopo
fuggidvo avrà perduta
la
sua insegna
ad
onta
dell'avuto soccorso, e la vittoria rimarrà colf insegna all'assalitore.
Mentre intanto fierissimi
si
ed estremi,
disputa la bandiera dai quattro animosi cavalieri con moti i
fanti,
cui
sembra che f
ira
abbia
fotti
dimentichi del
rischio d'esser pesti dalla cavalleria, spinti dalf estrema esacerbazione dell'animo, con pari forza, sebbene con minor gloria, si disputan la vita. Quest' odio e questo
furore scorgesi espresso nel gruppo secondario che cavalli.
Un
pedone
avviticchiato con
,
si vede fra le gambe dei chiome il suo avversario cade morte con un pugnale. Il caduto
cui riusci d' afferrar per le
esso e
si
sforza di dargli
,
,
sebbene prossimo
morire, sembra ancora minacciare il soprastante nemico; e questi, sebben prossimo a vincere, mostra all'aspetto aver ancora l'anima in-
gombra
al
dallo spavento del presente e de" futuri pericoli.
Rimaneva
a rappresentare
,
33o la
fuga
ecco un altro pedone che coprendosi collo scudo
:
de' cavalli
e lascia la guerra
,
sottrae
si
al
furore
tenero più della vita che della gloria. Egli così
,
carpone tenta allontanarsi dal luogo periglioso della pugna
,
cui
si
volge gua-
tando spaventato ed incerto ancora del suo destino.
un semplice episodio seppe Leonardo, con vera ragion pittoQuanto abbiamo qui descritto vedesi nella stampa che l'Edelink trasse da un disegno che trasfigurandola alla sua maniera caricata e licenil Rubens fece di cjuest' opera ziosa può anche vedersi in un altro disegno che fu pubblicato nelV Etruria la prima per Y esagerazione e Pittrice. Ma l' una e 1' altra di queste stampe Ecco come
in
rica, epilogare
i
principali avvenimenti di quella grande giornata.
,
;
,
la caricatura
darci
seconda per
buon saggio
noscere nelle
la
,
la
dell'
freddezza e
la
opera di Leonardo
meschinità sono male adatte a
la
solo
;
si
debbono guardare per co-
composizione e l'invenzione delle attitudini, di che facciam soggetto
presenti
Le
osservazioni.
circostanze notate nello
varie altre
scritto
di
Leonardo e che potean essere contemporanee all'azione principale, saranno state rappresentate in gran distanza con figure diminuite notabilmente dalla prospettiva
U'}.
Io non dubito altresì che nell'opera originale, quella strana varietà d'armi avrà espresso le delle quali gli attori di questo mirabile quadro eran vestiti ,
scjuadre principali eh' ebber parte nell'azione. Fors' anche ne' quattro cavalieri
saranno
stati
rappresentati
quattro più illustri
i
non saran mancati
de' quali
personaggi di quest' opera delle insegne,
i
ritratti
egli
,
Ma
(43).
condottieri di sian
pure
è certo che Leonardo
degli steumii e delle altre
famiglie loro per lo più note ed illustri
,
,
avrà distinto
stati pei quali
gli
impresa
non istorici per mezzo dell' armi
cose accessorie,
o
quell"
ideali
,
i
o le
combattevano.
Neil' armatura in fatti del capo di colui dei quattro cavalieri che sta per per-
dere l'insegna, anche dalla stampa tratta dall'ammanierato disegno del Rubens, che forse è parte dello stemma di Filippo Maria si vede una coda di serpe ,
Visconti che perdè quella giornata.
Le
alterazioni
tramandata quest'opera, sono cagione che poco accessori
,
intorno
ai
si
capricciose
con cui
ci
fu
possa trarre dal resto degli
quali sarebbero in oltre necessarie più minute e diligenti
mio scopo inopportune. debbe opporre che di quanto io qui accennai intorno alla corrispondenza che la rappresentazione di questa istoria sembra avere coi fatti avvenuti secondo che Leonardo ne fu informato, non ci si debbe, dico, opporre ricerche al presente
Nè
ci
che nulla
si
si
trovi nel Vasari
che diede per
questa dipintura. Chiunque ha in pratica casione di vedere
eh' egli
che l'arte dimostra anche naturalezza
adattava
al
d' altro
al
non
volgo,
soggetto
del
si
il
altro
,
avrà sovente avuto oc-
curava se non che di riportare ciò
dilettando
suo
una vivissima descrizione di
suo libro
dire.
con uno
Ma
avrà
stile
che con molta
similmente
veduto
è
1 ,
23
non
prendea pensiero d'investigare nelle opere quei sensi reconditi che i primi più gravi maestri non trascurarono mai di porre nelle loro invenzioni. Da ciò nacque che tante opere insigni sono descritte dal Vasari con bei modi, a dir vero, e con vivace ed evidente dicitura, ma nel resto di' egli
si
leggerissimamente, e, ciò eh' è
che
allorché vedonsi
di Raffaello,
come la
E
se
Dal
fin
con tanta disparità dal vero, lui
non
,
si
crederebbe
fatta
sì
ragion vera di un'opera al suo tempo perduta,
pena esistevano alcuni frammenti con brio e
talora
opere descritte da
negligenza usò nelle cose più note e famose ognuno può vedere ^ non è meraviglia s'egli fu trascurato
eh' ei d' esse ragioni.
neir indagare
peggio,
talune delle
dispersi, contento
o di cui apd'altronde di descriverla
vivacità.
qui detto panni intanto
possa conchiudere essere veramente nuovo
si
e bellissimo l'artifizio con cui Leonardo raccolse in e figurò 1 casi varj d' un cojnplicato fatto d' arme
un in
solo poetico episodio,
modo da
l'attenzione, sospeso piacevolmente l'animo, occupato con forza ed esprimendo al suo solito molto più che non espone.
tener viva
pensiero,
il
Ma vediamo ormai con quale industria la mente divina del nostro pittore trovò nobilissima invenzione in argomento per sè volgarissimo. Debb' egh fare una Nostra Donna col putto e la madre sant'Anna. Egli pose la sua sant'Anna a sedere in un paese amenissimo e sulle ginocchia di lei fece Maria che tiene il divino infente il quale scherza con un agnelletto. Ecco ciò che si vede ,
da
ogni occhio volgare;
ma
non
chi
vede più oltre,
un quadro del Vinci ed uno
vedrà collo stesso affetto di Pietro da Cortona o d'altro mediocre ed
ammanierato moderno. Ben agevolmente persuadercene,
osserveremo attentamente
imitato Il
dalla
prima idea
putto volgesi
verso
nelo: sant'Anna in vece, la
sinistra
dietro
altro è
se
eh' ei
il
concetto del nostro pittore, e possiamo
pose in carta
l'agnello:
stendendo
la la
,
Vergine destra
lo schizzo
qui unito
questo soggetto.
di
sembra dietro
sforzarsi
le
spalle
di
della
distorfiglia
e
l'agnello,
pare compiacersi che il putto divino si accosti all'agnello, e tenta impedire che la Vergine ne lo allontani. Ora chi crederebbe 'che questo semplice gruppo che superficialmente considerato non
rappresenta che un giuoco puerile e uno scherzo
damente
si
invenzione? qui
il
osservi,
Non
Batista
famigliare,
rinchiude l'artificioso concetto di una
è già qui l'agnello
bambino, checché
si
il
se più profonsublime e delicata
consueto seguace del Batista,
dica dal negligente Vasari
,
nè
v'
indótto precisa-
mente in errore dall' agnello esso é qui soltanto siccome simbolo di vittima , antichissimo simbolo, ricevuto in ogni tempo e soprattutto adottato dalla Scrittura. Il divino infante si mostra desideroso di prenderlo , con che viene espressa la di lui brama di farsi vittima per l'umana salute e di consumare presto :
il
sacrifizio
per cui fu spedito in terra dal Padre celeste.
La Vergine
tenta di
,
232
allontanarlo da
cato
proprio figliuolo.
il
salvarsi
1'
uman genere
lui desiderio
non La madre di
fatto progetto
sì
reggendo
le
,
che con
lei,
col sacrifizio del divino nipote
e consigliare alla Vergine di
cuore di vedere
il
la
sacrifi -
mente profetica vede
sembra compiacere
,
conformarsi
eterna
all'
al di
disposizione
Rimaneva a rappresentare in qualche modo lo stato verginale di ponendola in Leonardo ottenne a mio parere l' intento d' innocente figlie le stanno amorosamente modo come alla al grembo madre del cielo.
Maria
;
e Y arguto
,
prima che la mistura cogli uomini tolga loro quel brio ingenuo e l'abito a facili e pubbliche dimostrazioni di tenerezza (h). Tale è il componimento secondo la mente di Leonardo , e ne sia prova il sonetto che può leggersi nelle note u^ì, fatto su tale argomento da Girolamo
costume
,
Casio de Medici
ed
1"
alta
mvenzione
leggesi espresso a chiarissime note.
concetto sublime di Leonardo
il
rozzi e ridicoli versi
nel qual sonetto in
,
Nè
si
giudichi già doversi tale spiegazione ad un poetico grillo del Casio anzi che alla mente di Leonardo, indagatrice di nuove, sottili e leggiadre cose. La
non poteva
fantasia del Casio
tant' alto
sabre,
come
tutte le sue
composizioni
sebbene meschina nello stile e_ acquistar luce ed importanza per averci connegli altri modi tutti dell' arte servato un pensiere di Leonardo, degno di migliore autorità, ma che pure di
il
dimostrano: bensì potè una sua scrittura, ,
Come
qualche autorità avea d'uopo.
poi
conversato
,
se
non con Leonardo
stesso
Casio giungesse la notizia della
al
facilmente
recondita idea del Vinci in quest'opera, ,
si
dimostra
dall'
aver esso
certamente col valente nostro Bol-
suo discepolo de migliori il quale nella sua bella tavola di Bologna , ritrasse il Casio con tanta naturalezza, che ora conservasi nella galleria reale che appena il suo gran maestro l' avrebbe potuto far meglio. Dalla nuova spiegazione di questo vago componimento si potrà anche inten-
traffio
,
,
dere come spesso nelle tavole della scuola nostra antica si vegga Cristo bamcoli' agnello ed abbracciarlo, volgendosi con un sorriso dolcissimo
bino scherzar alla
Vergine o
allo spettatore
e d'Aurelio Luini
o le idee di
,
di
,
come
si
può osservare
Gaudenzio da Varallo
Leonardo,
e
ne copiaron
e d'
altri
in
opere di Bernardino
che imitarono
talora quadri o cartoni
la
(4»).
maniera
Così quel
grazioso putto che sorride tanto gentilmente, abbracciando un agnello, opera nota di mano di Bernardino, da chi ha in pratica il fare del Vinci, si cre-
derà anch'esso derivato da un suo cartone o disegno, e comunque tradotto sovente in un san Giovannino, fu probabilmente ideato per un Salvatore che, stringendosi con tenerezza di
farsi
al
seno
vittima per la salute del
conversava
assiduamente
anche nel Cenacolo.
col
agnellino
1'
mondo
Vinci
,
,
trovò
,
dimostra quell' ardente desiderio
desiderio che
simboleggiato
il ,
Paciolo
il
quale
come vedemmo
233
Sebbene poi non
si
accordi interamente
stesso soggetto che dipinse
Francesco
Francia
di
re
abbandonata F
Salaino
il
non
,
dee
si
componimento
il
dello
cominciato da Leonardo per
Leonardo abbia quivi
che
credere
vedemmo
invenzione che
alta
esposto
coli'
e l'altro
,
conservataci dai
rozzi
del
versi
Anzi con quel suo cercar sempre nuove cose dopo aver fatto probabilmente sullo schizzo che cjui presentiamo il primo cartone che fece maraviCasio.
,
,
ne tentò un altro sugli
gliare tutta Firenze,
r opera del Salaino e per la sua di Parigi
momento
posteriore
ideato
un
nel darle sia
non
atto di
permettere
al
divino carattere di Maria figlio si accosti all'agnello,
al figlio
dendo tempo fine
madre,
alla
madre
gloria d'esser
Dio
oprarsi dal figlio di
Questa
salute
la
in atto
,
istesso dell'affanno
che
le
il
ritrosia
eterno
all'
umiltà che la Scrit-
componimento
suo
Maria già persuasa
che prenda ed abbracci a suo talento la
compiacenza a un tempo,
della divina famiglia, e di antivedere
uman
dell'
genere.
Il
putto
cagionerà
il
proprio
volge sorri-
si
godere del suo trionfo, e
di
cjuasi
coli'
rappresentò
r agnello. Sant'Anna mostra con un sorriso celeste la beatitudine e la
Parve forse a Leo-
suo
Raffinando adunque
facendol di nuovo
dietro questo principio e in
il
sembrò accordarsi
gli
tura attribuisce all'ancella di Dio.
madre
un
redenzione degli uomini.
a
decreto dello sposo celeste
dalla
per
non analogo
quale tenta impedire che
atto col
faccia vittima
si
)
servì poi
principj
prima composizione.
nella
di aver fatto qualche cosa di
nardo o
all'
(che
nel quale mirò ad esprimere
stessi
,
di consolarla al
sacrifizio.
La madre
in
guardandolo con una dolcezza ed una soavità che a Leonardo solo fa dato
muova
d'imitare, sebben
un modesto angelico
nelle labbra
di tenero
sorriso
compiacimento, mostra negli occhi alquanto socchiusi e in un lieve elevamento e gonfiamento delle palpebre inferiori, che.il di lei cuore non è tranqudlo, e che
la gloria d' esser
della salvazione
Coloro il
concetto del Vinci
Salaino
(47),
che
si
^
l'autorità del Casio e molto
meno
Così nel Cenacolo
abbiamo
tre
ciascuno
al
tali
E
,
non
relativo soggetto,
s'io
se
non
si
persuaderanno
mia per trovarle conformi
secondo ciò che
gli
nella battaglia d'Angliiari e nel
diversi esempj,
che appena
artefici.
e
v'è bisogno alcuno del-
storici
al
tutti
modo ne
di
scris-
provò nelle poche sue opere.
stesso
egli
,
non
osservazioni,
della
pensare e di operare di Leonardo
ed
interpretazione superi
tale
conserva nella sagrestut di san Celso, le dette
,
dimentica che la grand" opera
leggano cpieste cose in presenza del quadro dipinto dal
facilmente che, fatte appena
sero
la fa
col sanguinoso sacrifizio dell'unico suo figlio.
può per avventura sembrare che
quali
ai
madre del Salvatore non
fiirà
si
ne trovano
solo
di
di
tre
ma di
simili
erro, parmi che in
dell arte sia portata a quel
colmo
,
oltre
quadro della sant'Anna
differenti,
convenientissimi
modi d'invenzione
singolarissimi, e
tre
stili
nelle storie
ognuno il
c[uale
de'
più famosi tra
i
greci
questi tre quadri la ragion
di
la filosofia
non ha
pili 3*
che
234
desiderare
e
:
se
costato all'autore
considerazioni che debbe
si
porrà mente
alle
il
tenere un
nuovo modo
tal
infinite
opere sue,
nelle
chiara ragione della lentezza con cui le conduceva, e del piccolo
potè darne
ammirazione della
all'
si.
aver
avrà una
numero che
posterità.
DELLA ECCELLENZA DI LEONARDO. Sorgono mentre
ci
aspirare
stanza
per
,
quando
di
da
divide
ci
quando uomini
in
di
sì
mirabile tempra d'ingegno, clie
consolano dimostrandoci a qual sublime meta di perfezione può l'uomo ci umiliano da poi e quasi ci avviliscono col farci sentire quanta di-
le quali
loro.
da taluni
si
11
sale
è sempre utile per chi corre
onde fuggire si pone per
ciò che
un
d"
le
cause
stessa strada
la
con
quelli
nuoce e seguire ciò che giova
al
,
e ci serve di scuola
perfezionamento di quanto
delle nostre ricerche e fatiche. L'esperienza, a dir vero, di-
fine
ad onta della parità de' mezzi un ingegno progredisce più e che talora un mezzo che a tale ingegno è di grande
mostra sovente che
rapidamente
tentare di conoscere, almeno in parte,
ad eccellenza meravigliosa in qualsivoglia facoltà,
altro
,
non reca a tal altro lo stesso beneficio. Pure esaminati per quanto dal da grandi uomini speciali mezzi impiegati basso si può dell' alto giudicare mirabili chi eccellenti è giudizioso e discreto e emergere antichi onde mente benissimo scernere di quali ripetuto esame, può di di comparazioni e a forza ogni modo, se lo sprona disperare; in di quali e giovarsi e de' detti mezzi possa utilità
,
,
,
,
amor
bene e di gloria vera, guadagnerà sempre
di
che non- dal batter
antiche
degli
di ogni
tempo, ed anche
ottimi
di
l'
orme o
,
piìt
dal riguardare alle vie
seguir la voce de' mediocri
que' buoni la cui grandezza non è per anco san-
zionata dal voto imparziale de' posteri. ragioni io avrei pur voluto dar qualclie solenne fine a questi
Mosso da queste
Leonardo ma anzi che trattarlo più volentieri mi risolvo intimorito dalla grandezza del tema di consigliarlo siccome utile materia delle meditazioni degli artisti non digiuni miei
scritti
coli'
esaminare
le
cause della eccellenza a cui ,
di
sana
filosofia.
Non
salì
;
,
ostante a forza di scorrere col pensiero più e più volte
comechè sterile del tutto mi trovassi degne osservazioni, pure alcune ne ho tracciate che, quantunque credo non essere del tutto inutili, e però mi fo ardito di esporle. ovvie e triviali Il lettore indulgente, avuto riguardo al mio buon volere, avrà a grado il nuovo tema, e fatto chiaro del vantaggio che se ne può trarre, avendo buon ingegno, e ne caverà frutto migliore eh' io non lo coltiverà meglio eh' io non posso
intorno a di
nuove
sì
fatto
nobilissimo argomento
,
e
,
,
vaglio ad offerirgli.
Linanzi però che più m'innoltri, affatto
mi
a ricercare in che o quanto fosse
è
d'uopo avvertire che
Leonardo eccellente
;
io
non entro
né è mio pensiero
235
r indagare
ma
sublime natura del suo ingegno;
la
solo io voglio dire di alcune
cose che credo abbian contribuito a perfezionarlo, sviluppandolo più felicemente
E come nelle indagini di questo da quelF antica luce qualche river-
e rendendolo fecondo di più nobili produzioni.
genere
primo mio scopo è sempre
,
bero che vazione
rischiari la incerta strada
aggiungerò
cause
il
trarre
che
di d' oggi
al
va tentando
si
ali"
,
osser-
comparazione un cenno di cpielle che mancano o esistono anche al presente. Per tal modo si potrà vedere se il decadimento, l'imperfezione e il poco finora raddrizzamento dell'arte caduta sia di
tali
colpa tutta nostra o lo
sia de'
in
tempi e delle circostanze nostre
di colpa appartenga ai tempi
quanta
,
circostanze
alle
o pure quanta parte
;
quanta a noi
,
stessi.
Per venir dunque al proposito nostro piacerai prima volgere lo sguardo air epoca nella c[uale apparve cjuesto privilegiato intelletto e il veggo nascere nel bel mezzo del secolo decimocpiinto per l' appunto allorché gli animi e ,
,
,
gl'ingegni italiani conservavano ancora ]ion
barbarie, e tutta
antica
la
veemenza
gentilezza e
delle grandi passioni della
d'una civiltà già matura: non rinnovabile combinazione di tempi e sola vera epoca in cui quelle arti del bello che lian d' uopo di molto sussidio meccanico si portano la
il
fiore
utilissima
,
,
alla perfezione.
Lascio
ai
profondi politici
l'
investigare se sia di più vantaggio alla
gloria itahana la tanto disputata unità di governo, o se più s'accordi a paese
vario d'uomini, d'ingegni e di costumi quella moltiplicità e varietà civili
che
si
è veduta ne' secoli migliori
dopo
la
caduta
cosa è che chiunque mirerà colla luce della storia città libere italiane
degl'ingegni
anche se
imperio
dell'
(^«)
sì
ordini
di .
Certa
quadro delle corti e delle del secolo decimoquinto, è d'uopo asserisca che la quantità
distinti
in
non
Italia
ed
agli ordini pohtici
ne vide, fu maggiore che
alle
il
è dovuta al cielo soltanto civili
istituzioni
,
in ogni età posteriore.
ed
al
suolo,
poiché
la
Ma
comunque
sia
copia
ma
che allora si
voglia,
tempo passò Leonardo la sua giovinezza ed ebbe oltre a ciò a singolare fortuna di vantare una patria qual era Firenze che già dominava l'Italia in quel beato
,
colla lingua, che sola delle città grandi di questa provincia conservava la sua libertà, e
che sostenea
la
sua grandezza con opere d'arte meravigliose pubbliche
una opulenza ch'era
e private, alle quali consacrava del
commercio
non moke opere più bello
:
il
frutto delle arti pacifiche
e dell agricoltura. In Firenze ai primi anni di ,
erasi di
la torre di
Leonardo
già fatto quanto anche al presente vi
Giotto
,
la
cupola del Brunellesco
,
le
,
salvo
conserva di
si
porte del Ghiberti
Masaccio eran tali moderni esempj, che Roma stessa, non che altra città europea, non ne dava di simili. In br£ve quella vera Atene dell Italia vantava allora maggior numero di nobili artefici che non ne avesse forse tutto e le pitture di
insieme di
il
moke
la vicina
E quella vita, quel moto, quella concorrenza per cui ognuna tentava di emular di grandezza e bellezza d'opere continuo ricco e sodo fabbricare de' poderosi cittadini 1' amore
rimanente d'Europa. città,
;
il
di
;
3o •
236
lasciare delle
ergere
di sè, diretto ad
memorie
utili
pubblici; le lettere
edifizj
dell' inlaroamente favorite; la nuova rivoluzione dell'invenzione della stampa e ingegno alto e ad un chiamata cisione , tutto in somma a quel tempo era una
perspicacissimo, qual era quello di Leonardo, ad otteneie fama e gloria, e supesecolo. E queste circostanze rare i tanti nomi già illustri ed onorali a quel
eminentemente grandi in Toscana furono
accender
di tanta potenza ad
gli
animi
menti a nobili e gentili imprese, che quella terra febee diede nelle arti del disegno, ma nelle in pochi anni uomini grandissimi, non pure nella nautica, imponendo -al lettere, nella politica, nella guerra e fin anche
ed a spingere
le
nuovo mondo
il
Certo
nome d'un
suo cittadino.
necessarie se circostanze simili fossero assolutamente
onde pervenire
a
alcuna ragionevole. qualche eccellenza, non ce ne rimarrebbe oggi speranza bilancino la perdita che vanti tali noverare poter Sebbene però siamo lontani dal di quelle tante antiche glorie lici
,
ciò
non
ostante
combinazioni ha molti vantaggi che
Ma
grazia
non minore
i
della indicata di
due
il
presente secolo per alcune fe-
scorsi
tempo
non ebbero.
e di patria fu per
valentuomo qual era
Leonardo
Verocchio, versato
un non volgare teorico. E a dir vero di sì fatti cpielli fra pittori viventi che maestri s'è perduto il seme da gran tempo, e dovuto disimparare nella hanno artefici, tutti si distinguono dalla plebe degli l'aver avuto a maestro nell'infanzia
in tutte le arti,
buon
il
pratico e
di aver avuto seconda quanto nella prima impararono. Lagnavasi Raffaello le scuole guardiamo quando che dovremmo dir noi il Perugino a maestro l'aver Leonardo a che finirono collo scorso secolo? E se fu di gran giovamento
età
,
:
avuta la disciplina del presto
,
buon Verocchio, non
gli
e presto attendere da sè allo studio della natura
orioinalità
che
a Raffaello costò fatiche
utile
fu irieno
maggiori per
;
il
liberarsene
con che ottenne quella
la forte radice
che in
lui
avea posto la maniera del Perugino. Grande impulso a sforzi d'ingegno straordinarj fu parimente al tempo di Leosolendosi ad essi nardo la stima in cui gli artefici del disegno eran tenud d" artificio. nobiltà mente e di acutezza esigere paresse aflìdare ogni impresa che arti, e porle tutte trattare di occasione ebbero grandissimi artefici i ,
Così tutti tarono in ognuna le forze di
potente cagione di eccellenza che spesso si zoppicano, e nelle opere travede come un ostacolo. Ai tempi nostri le arti divise altra, come avviene colf un'arte composte di più arti si vede spesso in lite tutte
;
storpiate dagli ordini architettonegli edifizj oppressi dalle statue, nelle pitture tagliati da stravaganti barbaramente nici, o a vicenda negli ordini architettonici pitture.
recente Impulso maggiore dovette poi essere al secolo del Vinci la memoria anche fin serbato rispetto degli onori concessi agh artefici del disegno, e iE Era di Lorenzo il Magnifico chiese agli Spoletani le ceneri alle
ossa
loro.
237
Filippo ed
memoria del
che n'ebbe, fece onore a Lorenzo,
rifiuto
il
pittore
magistrato in
Brunellesco,
Il
(,9).
come
Firenze,
Spoletani
tennero
altri
altri
nelle arti del disegno.
Questo genere
altrove
varj
onori andò presto fuori d'uso, e se
merito ne' tempi posteriori
al
son da confondere con Cjuelle antiche onorificenze decretate da talora straordinarj
a capriccio o per
valore
cui
pittori di
Buonarroti nè
ora
si
vero compenso
,
secondo V
tai
ed
dell' artefice di sano
non
,
che
favorito
simile
di
i
monarchici
ne'
bito un' utile rivoluzione
Anche
vede.
si
pensare
alto
Ad
cV
una
città
ma
,
ogni
in ciò pertanto
tempo
e migliorata in qualche maniera la condizione
il
i
gio-
modo
nella considei-azionc
sta
premj e negli onori.
e da qualche
,
il
il
costumi ed
caratteri, gli abiti
i
E
bensì vero
che
viene da uno o da
pochi, non è da valutarsi se è disgiunta da premj e da onorificenze; ne' governi
nè
ottennero
cose cangia secondo
considerazione non è universale
la
un
o bassa nazione e condizione.
alta
i
che furon pure anche vivendo tenuti in
intorno a
e nel conto ni cui è tenuto
quando
Vinci
il
,
nulla
:
non
collane e cavalierati a molti
individui secondo gli animi,
uomini
e negli
titoli
,
libere
città
secoli, molti sovrani
piuttosto
artefice
profusero
si
disprezzano le opere
L'opinione
vanili e finalmente il
seicento
Sanzio nè
il
altissima stima.
tempi,
con cui, in ispecie ne' due scorsi
premiarono neh'
grazia
Nel
dell' arte.
alla
supremo
il
solo per essere stati rari ed eccellenti
,
di
legge di qualche luminosa giustizia resa
compensi
e
tennero Francesco di Giorgio, ed Ambrogio
il
Lorenzetti in Siena ed
si
Gliiberti ed
il
agli
il
che
secolo ha su-
nostro
cresciuta F opinione dell' arte
è
dell" artefice
distinto.
minor ventura ebbe Leonardo nel trovare in Lodovico il Moro un signore magnanimo che conosceva Y altezza del suo ingegno e che premiava larghissi-
Nè
mamente
varie opere in che lo andava occupando. Francesco I
le
,
splendidis-
simo principe, interrogò già Benvenuto Cellini s'era maggior sorte quella d'un grande artefice in trovare un re magnanimo che gli desse grandi occasioni di operare, o pure quella di un re in trovare un artefice che degnamente rispondesse alle sue mire grandi e generose. essere quella dell' artefice
suo
modo
,
:
voleva altrimenti
principe
un re di grande colpa d'entrambi, quando l'uno il
trovare
buoni
artefici la
patria
il
sua potenza
1'
,
come dovea
trovare
il
animo
e liberale
,
meno
,
maggiore
la quistione
a
pari fortuna. Se
un grande
artefice
egli è certo
,
e per
che grave è
la
trascura l'occasione d'impiegare a favore dei
altro
in propria
gloria e del
principe e della
suo ingegno.
Utile grande ebbe anche
dal principe
,
ma
confidenza di che si
Cellini rispose,
e conchiuse essere per lo
,
pertanto è pari fortuna per un
questo
11
che senza riguardi potea sciorre
re
il
Leonardo non
dalla onesta libertà di il
principe
^.ccompagna in onesto ed
il
solo dai
comodi largamente
che pare godesse nella corte
fattigli
e dalla
,
facea degno. L'indipendenza della vita, allorché
alto
animo
all'
amore
della vera gloria
,
è
madre
,
338 tli
Le opere degl'ingegni
quanto l'umano ingegno genera di Lello.
migliori
liberamente composte sono quelle che più fanno d'onore a loro, e che danno
ima più sublime idea dell' umana potenza morale. Il Petrarca compose liberamente in varj tempi ed a capriccio il suo canzoniere e da quello ha la sua gran fama, mentre il poema dtiWAjjFrica da lui fatto con tanto sforzo, quan,
tunque coronato negli
è rimasto senza lettori.
,
endecasillabi
traduzione che
avvenne
amorose, non è capace
varj
d' altri
come ognuno
,
Però que' potenti che artefici,
con
li
limiti
di
a
compenso
tempo,
rica
frutti
il
di nulla: libero, eccita la meraviglia
de'
Per
(5°).
lo stesso
osservare.
comodi che compartiscono ad onorati
men
dell' arte
,
senza
e
li
quale essa o rimansi
il
nobili e talora indegni del suolo ove nacrjuero.
Questo fu
tal
fu scorta
al
cammino
mano
ognuno
di
mezzo da
Petrarca
cosi
,
ma
,
adoprato
lui
può
si
Entrambi
a Raffaello.
le tracce,
direttamente e
vero segreto della sua condotta pitto-
il
che tuttavia da pochissimi è prala
tutta
sua,
vita
imitazione del disegno ciò che Dante nella imitazione poetica
guirono
E
può
suo sistema di studio e quel suo interrogare
segreto che è in
,
YAiniata allo
fe'
mezzi e d'altro, inceppan loro gl'ingegni e
di
sè la natura universale.
ticato
miglior
più potente cagione, a parer mio, del miralsile sviluppo dell'ingegno
la
Leonardo fu
da
la
privano della loro libertà sopraccaricandoli di obblighi e do-
infeconda, o produce
di
Tasso
nella storia delle arti belle
privano di quel primo quasi elemento
Ma
11
contemporanei colla gentilezza e ricchezza delle sue opere.
de' suoi
veri
Eneide.
ma
,
Fra Filippo, chiuso nel palazzo di Cosino e lontano
pittori
dalle sue pratiche
buoni
dell'
liberamente
esercitarsi
opera sua
solo la miglior
lingua italiana vanti
la
modo. De'
stesso
non
e ne fece
,
Caro volle
Il
fissi
investigandone
nelle loro imitazioni
gli
riconosce
si
getto rappresentato, che più oltre
universale ed assiduo
,
,
cred' io
dire
,
egli
e
,
fece
nella
come Dante
che Leonardo mostrasse
il
del continuo nelle opere di natura, ne searcani
i
più reconditi: da ciò avvenne che
impressa un' evidenza
non rimane
ingrandito lo
vennero ad aggiungere nuove regioni
stile all'
,
e
fatti
individuale
si
a desiderare.
E con
all'
signori dell' arte intera
imperio della fantasia
:
og-
questo studio
perciò
,
per-
le
cose
più nuove ed ardite portano in questi autori un marchio di verità che quanto in
somma
per
quantunque
essi
sia
s"
imita
,
sempre
si
direbbe preso direttamente dal vero
spesso imitato dall'idea. Ciò provasi facilmente in Dante colle
scene di Farinata, di Pier dalle Vigne, del conte Ugolino, san Pietro;
di Cristo, di sant'Anna,
della
Vergine;
nuove
delle sue figure in natura
vina a
comun
tasie
di
Sordello e di
ed in Leonardo col mostro della rotella, colla Medusa, colle teste e in generale con tutte l'espressioni
momentanee
e fttggitive
,
e dall' arte sua di-
meraviglia arrestate nelle sue tavole e ne' suoi disegni.
continuamente esercitate sul vero universale
infinite sotto le quali
il
vero
si
presenta e
si
,
Le
fan-
ed arricchite dalle imagini
combina
,
hanno un vantaggio
,
239
come
tutto loro
una
in
e
facile
nel trovare invenzioni
sempre vere
dai veri ingegni essere assaggiati
tenne nello investigar
si
uno
in
la
natura e nelF imitarla. Cosi
finamenti coi
più lindifmente rappresentavano
C]uali
sovente ripetuti. Dante in vece, ricco la mente ed de' suoi predecessori e coetanei
ridendosi
cendo
:
dentro
,
mi son un che
Io vo
terra, eh' è
Nè
tore.
Dante
poema
,
,
traesse
fuora
scrissero
,
com'
,
egli
cuore degli studj naturali, suo nuovo metodo
il
respettiva faceva
nuove rime
rime
d" ,
amore
di-
anche
e cielo e
fortunato investiga-
si
altrimenti,
come prima che
e
la
similmente prima che Leonardo desse luce agli
mancava ancor molto
fece
il
,
han posto mano
non parve avere compiuta
,
,
ed a quel modo Che detta
;
espresse
si
con affettazione
facendosi belli de' raf-
natura universale di cui fu
la
nell'arte le
spira, noto
che fece nelle
ciò
Al quale
quanto a dire
Leonardo
poesia italiana stile
E
signijicando.
nel suo gran
quando Amore
,
altri
ed ornavano concetti già
il
definiva
,
da
via
poeti anteriori all'autore
i
ricercato cose affatto lontane dalla natura,
stile
non
quali frutti
i
,
non per vedere qual
se
,
Commedia, che cantavano cose amorose,
della Divina
cosi
,
,
tatore la cui fantasia fu arricchita soltanto dai frutti dell' arte
debbono
e profonde
da che nascono sovente cose produce. Ciò non avviene mai all' imi-
feconda inspirazione e furore
superiori alla forza ordinaria di chi le
nuove
,
sua forma la altri
col
suo
alla gloria dell' italiana pittura.
1' arte presente in vano desidererebbe i sussidj eh' ebbe Leonardo tempo in che nacque e dalla terra che gli fu patria e se è rara ventura d' un artefice anche distinto il trovare grandi occasioni di operare e larghezza lo studio diretto ed universale della natura che di premj e di comodi a
Se pertanto
dal
,
,
,
quanto vedemmo, fu
la
,
vera e speciale causa
ognuno come al suo tempo e qui è mera colpa nostra non ne approfittiamo e piti se il trascuriamo del tutto. È bensi vero che tempi nostri non è da sperarsi l' esempio naturale dell' esterno sviluppo di
è aperto tuttavia ad se ai
;
,
cpelle generose e violente passioni che
modi
e costumi
ha
tolto affatto dal
da osservare intorno col
eccellenza da lui conseguita,
dell'
mezzo
dell'
la
mollezza ed affettazione de' nostri
mondo; ma
persone volgari
a ciò nelle
oltre ,
che rimane ancora molto ha tanta estensione e
l'arte
,
analogia aumenta di tanto le proprie forze
dire che molta sia la differenza del costume pubblico tra
decimoquinto. Ben è
sommo
il
divario tra le belle
età
,
il
che non possiamo nostro secolo e
greche e
le
il
moderne
e però la perfezione che in allora si ottenne, non fu mai vinta da poi, e appena fu agguagliata da poche opere di pochissimi artefici. Viste le cagioni, a mio credere, principali della eccellenza di Leonardo, increscerà a molti che in piccol numero d' opere ei l' abbia voluto ai posteri dimostrare.
Ma
se
si
riguarda,
come
altrove feci osservare, all'importanza e
grandezza delle sue opere maggiori, panni parsimonia e quella quasi
ritrosia
possa abbastanza scusare
si
ad operare
,
la di lui
in lui nata dal vedere tropp' alto
,
240
Se osserverassi poi che
neir
arte.
alle
opere, era sacro
il
tempo che questo sommo ingegno non
meditazione ed all'insegnamento; se
alla
d'ogni arte e scienza da lui professata egli scrisse
saremo
E
modo
che in particolar
dopo
l'
gli
mondo
debba
si
il
Butinone nelle
altri
Foppa
il
,
Vaprio
il
,
i
,
dovuto un
in
parrai
ei
ci
venne,
il
,
,
Giovanni da Valle ed
qualche pardcolare eccellenza.
que' pregi
solo
Michelino
Troso e lo Scoto ne' rabeschi
due Bevilacqui
sè
,
Milano, sua patria
vantava forse, quand'
,
tutu vantavano
altre parti dell'arte,
Leonardo raccolse prontamente
sentimento
tal
vecchio nell'architettura,
negli animali e nelle bizzarre composizioni il
che
beneficio,
Civerchio e Bernardo Zenale nella pro-
Il
d' Italia.
meccaniche. Bramante
spettiva e nelle
è
gli
dalla Scuola milanese.
impareggiabile Firenze
più dotti e pratici artefici
i
comune
a
ad unire all'ammirazione un'infinita riconoscenza.
costretti
se per tutti gli artefici del
di adozione,
trattati
clava
rifletterà
si
che anche
sparsi
isolati
unendo a quelli la dottrina e la pratica di altre facoltà, e il tutto illustrando colla nuova luce della filosofia, si rese tale maestro che gli antichi e i contemporanei fe' ben tosto dimenticare. Per ed alla profondità si fatto istitutore prese nuova forma la Scuola milanese
bastavano
alla
gloria di ciascheduno
,
e
,
della scienza ed
pratica
ferace
alla
congiunta l'amenità dell'erudizione e
fu
delle altre liberali discipline. I precetti di
varie
furono consegnati
arti
a varj
La poesia divenne compagna del disegno, ed trattati che il tempo ci emuh di Leonardo poeta furono Bramante al suo tempo (^o; poco da poi Gaunella età seguente i figli del Luino denzio da Varallo e Bernardino Luino più tardi il Cerano e fino all' età nostra altri il Lomazzo e Girolamo Pigino ha
tolti.
,
;
,
;
degli accademici nostri è dicitor di rime all'improvviso, altri, imitando Giovenale, detta belli e gravi sermoni. Ed in ogni tempo da quella bell'epoca in
poi a
allorché
,
l'
arte
che per varie vicende
qualche nuova gloria
utili
riforme.
Il
,
sempre
si
lo spirito di
andava perdendo
Leonardo pareva
si
,
richiamava
assistesse a quelle
principio del secolo decimosesto fu sostenuto da" suoi insegna-
e molte belle opere di quel tempo, da qual mano siano uscite tengono della sua maniera e sono evidentemente figlie de' suoi precetti. AI declinare di quel secolo stesso r arte si rianimò in Ambrogio Figino coi precetti del Lomazzo che per la parte migliore si possono dire ereditati da Leonardo. Al cominciare del
mene
confermati da recenti gloriosi esempj
fra le
quaU
varie che
secolo seguente
l'
òpere del Vinci
;
non
;
sa
si
,
Accademia ambrosiana si sosteneva e s' istruiva colle molte parve rinnovare sebbene con diversa fortuna e il Cerano
Così Daniello Crespi
,
,
l'antica scuola colla pratica ,
di
la gravità delle sue figure
e
coli'
cui la
senih
de' suoi angeli e de' suoi putti.
,
insegnamento
di
tutti
i
fama è minore del merito , e Giulio Cesare Procaccino
varj
i
Finalmente, dopo una lunga età,
restitutore della perduta eleganza della nostra Scuola,
rami
trasse
dell'arte.
da Leonardo
sorrisi e la letizia il
nostro Appiani,
attinse nella
sua prima
241
gioventù
grand'
uomo
ora copiando con diligenza
stesse fonti,
alle
nella Biblioteca
che conservavansi ,
fra
i
quali , più
ambrosiana
eli altri
,
disegni di Leonardo
i
ora imitando
E
Bernardino Luino.
,
i
discepoli di quel
per
tal
mezzo senza
scorta di maestro di vaglia, guidato dalla sola felice natura dell'ingegno giunse
di
che sono ottimi saggi
,
per tacer
ultimamente quelle del Palazzo
Mi
non volendo al
peristi!],
gli
o disegno
la le
minore è
mi permettono
lode che
,
e
,
che
io
l'
all'
le
co' loro
Celso
,
,
e e
che onorano
artefici
sebbene in profes-
,
influenza del nostro antico precettore.
amore che ad s'
mi
essi io
appartiene. Li
porte, le sale,
nelle quali cose tutte
che
san
sue pitture di
altri de nostri Accademia milanese
della loro amicizia,
vero loro merito archi,
dell'
gli
toglie
Ma
il
vanto
piacere di nominarli,
il
porto venga forse attribuita la nomineranno però in mia vece i ,
ornamenti e
emula e
si
autori giungeranno
che non cjueste umili mie
giate
che lo caratterizza
di stile
le
,
reale.
sostengono la gloria
sioni nelle eguali
antichi
d' altri
darebbe qui campo di lodare varj
si
la patria e
ch'essi
gentilezza
facilità e
ad ottenere quella elegante
si
alla
stampe di lor
le
rinnuova
mano
magistero de' buoni
il
posterità assai
più note e pre-
carte.
Farmi intanto felice augurio per la scuola nostra che alla nuova gloria verso quale va camminando, si accompagni il miglior tributo di che il Governo e quello di raccioè arti stesse potessero onorare le reliquie di Leonardo
avvenire colf
si
è trovato della sua
artifizio
del
mosaico.
E
delle lettere che fra gli artisti quali
,
lasciate le
a miglior
si
ai
da questo e da
privati e
cammino-
e
danno
arti
testimonj
altri
secoli
del disegno, e dalla cultura
va propagando, e dai molti valorosi giovani
barbare maniere che
pace abbellirA le memorie de'
,
maggior opera per trasmetterla
pubblici del conto in che sembrano risalire le
la
buona
e vera corruppero
di sè
non
trionfi
con molte opere grandi
volgari speranze,
vedere in cjuesto secolo rinascere fra noi gran parte di arti
,
,
cogliere quanto
furono adorne ne' tempi migliori.
,
si
i
rivolgono
cpiando una stabile ,
io
non dubito
di
cjuelle glorie di cui le
Peregi
quod potvi
:
feniam dĂ mihi , fosteritjs.
,
ANNOTAZIONI ALL' EPISTOLA DEDICATORIA.
X u questi Francesco Melzo o Melzi da Vaprio gentiluomo milanese , di cui le case e gli averi sono ora posseduti da Francesco Melzi d'Eril, duca di Lodi.
(^)
Come
siano stati
dispersi
infelicemente
libri
i
la-
riconobbe esser del Melzi se non (scoprendovi inscritto il suo nome. Nnn è quindi meraviglia se il Lomazzo
un sonetto diretto a Francesco condo libro de' suoi Grotteschi, in
da Leonardo a questo suo prediletto discepolo, legge nel ragguaglio scritto da Giovannambrogio
Veggio natura con oltraggio
sciati si
Mazzenta
prima Leonardo procurata dal Duche servi per
codice
in fine del
edizione del Trattato di
Fresne. Veggansi Venturi, Essai sur
les
inathématiques de Léonard de Vinci, ecc. ed Amoretti,
Memorie
storiche
di
Leonardo
preposte
,
milanese del Trattato pubblicata nel
Posto air invidia
all'
edizione
i8oi^.
Il
Vasari che
il
lora bello e gentile fanciullo al forte
il
e
scorno e
il
morso
ecc.
conobbe nel i566 veccìiio , com' era
tempo
Baldinucci
,
dica;
gli
Vinta dalie belle opre vostre,
la
Ouvrages pìiysico-
che leggesi nel se-
,
,
dice ch'era alstato
bellissimo
di Leonardo. P,er
dicendo
,
1490 ; che a queir anno essere in fasce.
,
clie
conseguenza errò Francesco tìorisse nel
se
pure era nato
,
doveva
e pare che specialFrancesco fu valente pittore mente nella miniatura si esercitasse dal che vien detto Miniatore dal Lomazzo e da altri. Fé' nondimeno tali
vecchio,
opere ad olio, che con quelle del suo n;aestro vennero confuse. Il Du-Fresne asserì di Leonardo uji quadro rappresentante una Flora che vedovasi a Parigi in
ginale leggesi che tal disegno fu fatto dal Melzi
,
,
casa
il
duca
di
Saint-Simon
ed
,
il
Mariette
noi
Vedesi inciso
un suo disegno d'una bella
tre
non aveva che
diciassette anni.
AL LIBRO PRIMO. (i)
Questa lettera die può leggersi nelle citate Memorie dell'Amoretti
storielle
,
a pag. 24
,
non
Iia
data
,
ma
Agli argomenti che assai
giovane fra noi
,
Io.
ANTONIO BELTRAFIO
fu
probabilmente ne' primi tempi che Leonardo fu a Milano , e certamente avanti che intraprendesse per la corte opera alcuna considerabile. Si dice diretta a Lodovico il Moro, ma potrebbe anche essere stata diretta al duca Galeazzo , suo fratello. scritta assai
fanno credere Leonardo venuto aggiungasi quello che si può
desumere dall'iscrizione sepolcrale del BoUraffio. Que-
MOKUM
ET CONSILII ET
GRAVITATE SVIS CIVIBVS GRATISS. PROPINQVIORES AMICI DESIDERIO AEGRE
TEMPERANTES
P.
VIXIT ANN. XXXXVIIII.
sto egregio suo allievo, nato l'anno 1466, s'era posto
a studiare la pittura iìn dalla fanciullezza:
dunque
il
Vinci, suo precettore, era a Milano e vi godea credito di buon maestro 5 mentre il Boltraflìo era ancora in
Ecco l'iscrizione copiata esattamente dalla una volta vedevasi nella chiesa di san Paolo in Compito, e clie ora conservasi nell" Accademia Reale, età puerile.
lapida
,
che
testa di
fra i disegni di Leonardo puljblirati da Giuseppe Gerii nel 1784. La stessa testa vedesi fra quelli incisi dal Mantelli, che apparvero nel 1785. Nell'ori-
PICTVRAE AD QUAM PVERVM SORS DETVLERAT STVDIO INTER SERIA NON ABSTINVIT NEC SI QYID EFFINXIT ANIMASSE OPVS MINVSQVAM SIMVLASSE VISVS EST
men-
244 al Borsieri ed al Sassi il Boltralìio iliaccademia del Vinci, allorché questi si allontanò da Milano per la caduta del IMoro nel i5oo.
Se credesi
,
resse r
Moro) fa far
Fedi che in corte (il
(a)
per memoria i
padre un gran
dil
Eoma mai
e
colosso
o
opera
dice
,
lui fatti dallo
che qualunche chel vede sta amirato
di
Buonaccorso
e se con lui al parangon safninta
di
Girolamo
Fidia: Mirone: Scoppa e Praxitello
libro intitolato
Strozzi Pitti
Casio
,
encomio
in
da Fabio Segni
,
ai
^
ove
,
si
che
di
versi
i
Leoper
da Vincenzo
,
quali aggiungasi
Medici
de'
Cronica
virtute
di
e
di parole
tetrastico
il
suo
leggesi nel
tratta
di
epitapìiii di
iSaS^ il qual teperchè ignoto per la somma rarità
pubblicato nel
j
di quel libercolo.
Vinta Natura da Leonardo Vinci
Toscan Pittore eccelso ad ogni etade.
in 4.°
Leonardo passò sedici anni intorno al modello pei' la statua equestre del duca Francesco. Se dunque secondo il Taccone tardi si diede principio a tal opera perchè non si trovava chi si assumesse di condurla è chiaro eh'' essa fu proposta molto tempo prima che Leonardo la intraprendesse e sempre più probabile diventa la congettura che ve ne fosse proposito appena morto Francesco, Qui come V ape al mei Vienne ogni dotto , (j) Di virtuosi ha la sua corte piena: Da Fiorenza un Apelle ha qui condotto.
Spinta da invidia e priva di pietade
Va,
,
,
,
;
Cosi è citato dall'Amoretti questo passo del
Belliii-
clone, che farebbe quasi arguire che Lodovico tornando
Toscana seco conducesse
Ma
giovine Leonardo.
il
antica edizione leggesi in vece
è qui
nel-
condotto, con che
senso rimàn cangiato del tutto. Per rettificare tale importante lezione sarebbe d'uopo consultare dei codici il
del Belliticione
,
ma non mi venne
del Vasari, andò perduta negli ultimi tempi.
Nella lettera che Francesco Melzi scrisse
Leonardo
dopo
morte
la
Da che
ai
fratelli
maestro
del suo
non
,
a Morte, e chi mi ha vinta
disse
^
vinci.
che assai per tempo cominciò il mal gusto iXe' fredduraj ed il Vasari non andò esente da un giocarello di parole consimile ai citati, allorché parlò del Vittoria scolaro del Sansoyino. si
scorge
-,
,
(10) Pag.
28, a tergo, in
fine.
Montucla stesso, che a lungo parlò del Paciolo, non vide la prima edizione della Summa fi' Aritmetica, ecc., la quale fu ristampata in Toscolano senza
(11)
Il
notabile differenza nel 162 3.
questo
Perciò
scrittore,
famoso per la sua Storia delle Matematiche, ritenendo che la ristampa del i5a3 fosse la prima edizione, la credè assistita dall'autore; e riportandone
il
nuovo
ri_
dicolo frontispizio, scherza fuor di proposito sul povero
mol to da qual-
frate che a quell'epoca era certamente
che anno. Sbaglia non
di trovarne.
fatto
La patente data dal duca Valentino a Leonardo , pubblicata dal jiadre Della Valle nell' edizione sanese
(4)
di
il
disegnata col braccio di Leo-
grandi seguaci. VeggansI
trastico qui trascrivo
xandrino ecc. Impssit Leonardu pachel. M. ecce. Lxxxxiii.
(5)
,
giuoco
ma ebbe
I,
amore
bello.
Augusta ecc. per Baldctssare Taccone ALe-
Sf.
Lomazzo
di questo
qual di presente tanto ben linpronta.
Bianca. Ma.
delle opere
quella
passi che risguardano
i
uso
Coronatione e sponsalitio de la serenissima Regina. M.
1'
il
nardo
el piii
i
Vinci.
Signor fu sempre pronta non era un Lionardo ancor trouato
mondo mai fusse
scritti o
tratti
Questo passo alquanto oscuro può far credere che tutte le figure dell' opera siano di Leonardo; ma non vi sono di sua mano se non corpi regolari. (9) Il Paciolo è il più antico scrittore che abbia fatto nardo da
un tanto ingegno rar dal del simpetra se più presto non se principiato
diran chal
degli
zione
la voglia del
di
epoca
1'
Nel Trattato del Lomazzo, a carte 3^5, si fa mendi frate Luca e della sua Divina Proporzione ,
(8)
vide ci più. grosso
guarde pur come e bello quel cauallo Leonardo uinci a farlo sol se mosso statuar bon pletore e bon geometra
E
indica
stampate donde sono Cenacolo.
di metallo
credo fermamente senza fallo
che gretia
con que'due nomi. Vedi tomazzo» Trattato pag, 4X4. anno che pongo sotto i nomi degli autori citati
(7) L'
mono gravemente
intorno alle dediche
Sanuto e a Guidubaldo da Montefeltro dicendo al primo intitolata la prima edizione, al secondo l'altra, mentre entrambe le dediche leggonsi egualissime in ambedue l'edizioni, e il gran Guidubaldo ( che non saprei del Sanuto) era morto da quindici anni, allor-
al
,
Né minori
parla affatto di questa visita del re, circostanza troppo
ché comparve
notabile per esaere taciuta in
che il Paciolo stampò nel iSoij, della Divina Proporzione. Comincia
Pare anzi cesco
la
che
Melzi stesso recasse morte del Vinci
ìl
notizia
sbagli
caso.
sirail
della
re Fran-
al ,
se
si
credere al Lomazzo che in un suo sonetto dice
Pianse mesto Francesco re
Quando Il
il
presso
Giovio, clT è
tore della vita del Vinci,
del re nel giorno
suo Essai ecc. Erra il Lomazzo
monna un
solo
gli disse
non
in cui
che
Il
si
più antico
come una
due
sola fu la
scrit-
trova ricordo di questa
Venturi poi provo
Leonardo fe'
il
è
,
ristampa di Toscolano.
parlando
del
libro
dal dirlo dedicato a Lodovico il Moro eli" era morto da un anno, come il frate dimostra che, parlando di lui in tempo passato, dice: lUi adhuc viventi ecc., e che là morte del Moro sia avvenuta nel i5o8, sebbene il
ritratti
l'alibi
sto passo
del frate,
ma
si prova non solo da queda Leandro Alberti e da Gin-
corno Mainoldi Gallerati nell'opuscolo Austri
ecc.
,
De
stampato in Bologna nel
i
titulis
Fhilippi
S^S. Al
Moro
Veggasi
bensì fu dedicato nel 1499 il codice, e diretta l'opera come si legge e nell'opera e nella vera dedica che é
di quello di
diretta a Pier Sederini. Cosi pure credette clic le let-
morto,
Lisa e di quello della Gioconda. ,
la
Guicciardini dica altrimenti, il
importante particolarità.
ii
Franza
Melzi che morto era
Vinci ecc.
Ne meno
(6)
di
dee
:
rinnuova
Il
ritratto fu
donna che chiamosst
tere capitali poste nel libro fossero
menti
di
Toscolano, de' quali
si fa
tratte
dai
menzione nel
monutitolo
,
,
245 della seconda edizione della 5i/m/na; e quel tìtolo è
mero capriccio dello stampatore Paganino
nn
e le lettere
,
che poi furono usurpate da Alberto Durerò e dal Tory, sono bensì fatte, come l'autore accenna a tergo della
pag.32,
sui
monumenti antichi, ma
si
esprime, che
sempre sanno
le
tutte
due
linee
espone con piin-
le
per mostrare
cipj geometrici e suoi, e
,
" " >'
"
,
a la ragione e la verità delle cose "
sovrani
curva,
"
hanno sempre questi strumenti
ma-
Il
essenziali,
retta
e
cose che in agibilibus se possano
>'
Montucla d'avere scoperto un nuovo libro del Paciolo, che ha per titolo Libellus in tres partiales tractatus dìvisus, ecc., e questo, che tratta de' cinque corpi regolari, va necessariamente congiunto alla Divina Proporzione, come il Paciolo stesso avverte nella dedica al Soderini, al quale, non parendogli sufficiente il dedicare la stampa del codice scritto per Loil
in prospettiva,
ogni altra colta nazione del mondo. Eglino hanno di
più quasi a privilegio
Il
sobrj del mangiare,
F essere austeri
del bere e delle
la data del i5c8 stabilita
pretende avere scoperta,
quale ha la stessissima data
la
d'anno e mese, che è posta
Dopo
prima parte. pavoneggia lungamente, e si
tutto ciò egli si
sé la
negligenza
di che in addietro altri il tacciarono; ma dando si poca prova del suo ravvedimento e dimostrando al contrario grande trascuratezza, non fa se non fi'cddamente aggradii'e gli elogi con cui chiude il suo articolo intorno al nostro Paciolo. Clii bramasse poi vedere le ,
inesattezze
del
circa
filontucla
la
scienza di
questo
studiosi ji-n'olc
né premurosi di spingersi anzi tempo nelle brigate. " Coi quali modi imparano meglio e con più sicurezza, )' e dannosi nome, di che fanno grandissimo conto. 11
Noi non vantiamo da questo lato tante belle qualità: non appare fra noi tale che si possa misurare da Vinci, ne con Donato
,
uè con RalFaello d'Urbino, né con Michelagnolo. Non " voglio però dire che non sianvi anche fra noi de'
I-
'I
Il
belli e linoni ingegni;
ma non
al)l)astanza le righe
i
Le
al fine della
da vanto di bibliografo, accusando da
e
vane
"
" col fu ntesser Leonardo
Conto poi per error tipografico dal Montucla a quest'opera clie
ed in iscultura,
"
" quindi
a lui consacrati.
fatte. Gl'Italiani,
"
quasi gradus nescio quos architectis struit, et marinorariìs nostratibus, e l'altro delle Lettere, entrambi particolar-
in pittura
alla mano ^ e però sono perfettissijni nel ridurre al punto, nel rappresentave la natura e nell' imitare le ombre meglio di
dovico , congiunse questo libro , qui, coni' egli dice
mente
ben
secondo ch'egli
chinare.
Finalmente vantasi
non son fatte colla debita proporzione che alla riga ed al compasso è soggetta. Perciò, signori e divoti amatori del sapere amate la riga e il compasso » e con essi divertitevi ed esercitatevi onde conoscere
ed
quali parole, per chi
si
compassi.
non
adoprano ancora >•
è schifo dell'antica lin-
gua ed ortografia francese, meglio si leggeranno neiroriginale che per la rarità del libro qui trascrivo. /''aurois icy coleur
de dire et descrire
louuanges et
les
du dict Compas et de la Jieigle mais ie le pour quelqne anitre plus stiidieux qiie ie ne suis
perfections lairray
,
a y passer chose,
le temps. le nen diray pour ceste fois autre non que iamais homme nescrìpura bien en lettre
si
])uon frate, le legga nella Storia dell'Algebra pubbli-
attique, ny en autre lettre sans Compas ne sans Reigle. Et que en toutes choses ou il ny a deue proportion, qui con-
cata, anni sono, da Pietro Cossali.
siste
(la)
Ecco
l'epitaffio riportato dal Vasari nell'edizione del
Torrentino,
e
soppresso nella seconda de' Giunti. Parla
Pietro della Francesca.
Geometra
penna
e Pittar,
pennello
e
choses. Les Xtaliens souverains en Prospective
Cosi ben misi in opra, che natura
Condannò
le
mie
Mossa da invidia: Che
le carte
luci e
a notte scura
de
le
L'empio discepol mio fatto seguirono la sua autorità, fu
non
è
,
mie fatiche
si il
fi-ate
assolutamente credibile per
(13) Leggasi la pag. 2Ì del
Libro
ed
altri
Luca Paciolo,
il
che che
le i-agioni riportate.
della Divina Propor-
zione.
,
n " >'
Il
» >i
1;
sont froicts et studieux avec soubriete de boyrc, de menger, de parler legierement , et de ne eult trop tost trouuef
en compaignye, en quoy faisant
ilz aprennent plus scuredonnent reputation, quilz nestiinent pas petite chose. Nous nauons pas tant de telles belles
ment
et
myeulx,
et se
vertus en cest endroit quilz
A
compenso del torto fatto dal Tory al Paciolo cui accusò di furto, mentre egli stesso il derubava, piacemi qui citare un suo passo col quale rende giustizia agli Italiani e che certo non fu mai letto dal marchese d'Argens che paragonava Leonardo a Giovanni Cousin. Allorcliè il Tory prende a lodare il compasso e la riga, come il Paciolo ad ogni istante innalza la potenza delhi linea retta e della curva, cosi siegue a dire: n Mi ver-
(14)
ilz
le
rebbe qui a proposito il descrivere le lodi e le perfezioni del detto compasso e della riga, ma lascerò che se ne occupi chi è di me più studioso. Io mi limiterò per ora a dire che non giungerà mai a
bene in lettere attiche o d' altra maniera chiunque non farà uso della riga e del compasso; e che non v'è ragione ne ordine in quelle cose che scrivere
Painture, et
le
sache en Chrestiente. Jlz ont dauantage une grace , quHz
è hello.
"Vasari
aussi sont
presenter
,
Compas et la Reigle en la main, les plus parfaicts a reduyre au point, a renaturel , et a bien faire les vntbres quon
Imagerie, ont tousiours
allumar dotte et antiche
Quest'empio discepolo^, secondo
subz Compas et Jieigle, il ny a ordre ne raison. Parquoy doncques Seigneurs et devots Amateur de Science aymes le Compas et la Reigle, en vous y recreant et exerceant pour cognoistre la raison et verite des bonnes
ont,
aussi nen
voyons nous
par dessa qui soient a comparer a feu Messire Léonard Vince, a Donatel, a Raphael Durbin, ny a Michel lange. Je ne veulx pas dire quii ny aye entre nous des benulx et bons esperits, mais encore ya il faulte de continuer le
Compas et la Reigle. Di si fatte inconsiderazioni del Vasari, clie talvolta da se stesso si contraddice si possono vedei-e molti
(15)
,
csenipj ne" suoi commentatori, e molti altri se ne potrebbero notare che rimasero finora inosservati. (16) Veggasi la Storia genuina
pubblicata lano (17)
del Cenacolo insigne ecc.
dal Padre Maestro Domenico Pino ecc.
MDCCXCVL
Mi-
in 8."
Poche parole dopo
il
dice
il
\olterrano
Non
s[
sa con certezza
Joh.
passo che risguarda BelUnus hoc tempore
Tanno
il
Vinci,
decessit.
della morte di Giovanni
,
246 variamente riportato dagli vivere
di
cessasse
scrittori
dopo
subito
ma sembra
i
eli'
fece, sebbeii decrepito, il bel Baccanale, già di casa Aldobrandini in Roma, ora presso i signori Camuccini, la qiial opera , rimasta imperfetta , fu poi finita da Tiziano che vi fece un mirabile paese. Lo stesso torto del Moreri e del Milizia ebbero
il
(18)
Negri
e il
Qualunque
egli
i5i4, ànno in cui
il
Crescimbeni. Nel Crescimbeni trovansi in oltre
sia
valore che
il
versi e ai passi citati
scono
vuol dare c a questi
si
certo che per essi cre-
egli è
1
oscurità intorno ai Bramanti,
le
quale
scrittore del Trattato di Architettura notato
lo
dal Doni
finalmente
o quali
quale
,
Volgar Poesia { edizione di Venezia del lySo). Nel Negri poi, la cui opera apparve nel lyaa e nella quale si ricorda Leonardo siccome scrittore, non si parla di alcuna sua opera scritta, e uè meno del gran Trattato pubblicato dal Du-Fresne.
stabilire qnale relazione avesse
(19)
istoria della
Forse Leonardo fu detto nipote di Piero, perchè
suo
(2c) Veggasi la pag. 16 del
romana
secondo volume dciredizione
del Vasari,
leggesi alla pagina 198 del primo volume della terza edizione della Storia Pittorica, (aa) La bellezza non é altro che una convenevole ordinata e misurata proporzione delle membra cosperse di dicevoli
(ai) Tal passo
colori.
(a3)
Veggasi la pagina i53
Ho posto l'anno 1477 perchè, come accennai
nel
compendio della vita del Vinci, intorno a tal anno al più tardi sembra eh" egli stabilisse la sua dimora in Milano. Circa alla pensione di Leonardo veggasi l'artìcolo di Carlo Torre alla pagina 53. In proposito poi di ciò che in fine di questo articolo
chiamato milanese dui BL>^iti, siccome vi sono parecchi eruditi che vanno riunendo tutto ciò che può illustrare la vita di questo
ho aggiunto intorno a Bramante
,
rianimatore della greca architettura, piacemi pii raccogliere alcune notizie delle quali non trovo ricordo
nè presso lui.
il
Prima
Lazzari
di tutto
,
presso altri che
nè
sebbene
sia diverso da
mancano
autorità per farci
io
creda che
scrissero di
Bramante
il
Bramante nostro, non congetturare che anche il
un
urbinate
altro
famoso architetto di Giulio secondo, sebbene originario d'Urbino o luoghi vicini, sia nato in Lombardia, e the fors' anche in Milano. Oltre il passo del Bug.ati lo dice milanese, ne abbiamo un altro di Federico Zuccaro nel Lamento della Pittura, che lo pone fra i Lombardi; nè si può supporre che del Bramante lombardo
egli
intenda parlare
,
perchè ogni qual volta
si
trova il nome di Bramante senz' altra distinzione, è naturale che s'intenda il più famoso , cioè T architetto del San Pietro di Roma. L' oscurità in cut , ad outa
molte erudite ricerche di varj , siamo tuttavia intorno al luogo dove Bramante nascesse, può rendere di
più autorevo
Ma
SI
lo
i
parole del Bugati
le
lontani dall'epoca di
e
Zuccaro.
dello
sebbene non molto Bramante, non si procaccerebbero
come
storico
il
pittore
,
molta fede contro tante gravissime autorità contrarie, se in loro ajuto non venisse quella d'un contemporaneo, cioè di Jeronimo Casio, di cui ecco un tetrastico tratto da' suoi Epitaffj.
Lo
Architetto
Bramante
in
Milan nacque
Con Giulio Lassò qui
in il
Roma
vel; in
accrebbe
è
lo
il
Bramante lombardo, e S' intralcia assai più la storia col il suo nome. passo del Sabba da Castiglione, e con quelli del Cesariano dove di lui si ragiona. Lo stesso imbroglio col
desse
avviene de' Bramantini
ai quali
,
attriljuiscono fab-
si
per quasi un secolo dal Vasari , dal Lomazzo, dall'Orlandi e fin anche dal Lanzi, che sebbene nell'ultima impressione della sua Storia rifiutasse
libri
e
Bramantino più antico
il
avvisò poi di rite-
si
,
nerlo di nuovo dove parla di Melozzo. Qualcuno anche de' Bramantini
con che
chiamato
sarà
si
la
accresce
si
Bramante , T oscurità. Ciò
talvolta
confusione
e
induco da una carta che il dotto e diligentissimo signor Mazzuchelli, bibliotecario dell'Ambrosiana, trovò recentemente, sottoscritta nel i5i9 da un Bramante architetto del Sepolcro de'Trivulzj,
non può
qnal Bramante
il
che uno de* Era]nantini
essere
cioè Barto-
,
lonnneo Suardi. Bramante l'Architetto di San Pietro era già morto in Roma fino dal SHj ed Andrea Gnarna da Salerno in un sno strano dialogo stampato nel iSiy i
ne 11
far
fa parlar
1'
ombra
menzione
modo da
in cielo in
carattere con vivaci colori.
E
dipingerne
giacche mi accade di
questo rarissimo opuscolo, che al pari
di
non vidi ricordato da nessun di Bramante hanno scritto , piacemi qui tradurne un pezzo dal quale si giudicherà come dai de' versi del Casio
che
coloro
coetanei
di
Sabljà
del
quei
del
e
tutto
in
anche
Servirà
stampasse. a
stesso
pensasse di questo artefice, e allo
si
come libefamente
tempo
scrivesse
si
questo
passo
Condivi
,
e
a
e si
luce
dar
a
confermare
nmlte congetture ed opinioni intorno all'origine della nuova fabbrica del Tempio di San Pietro. Coloro in fine cui
di
di tali notizie,
poco importa
curiosa
questa
conoscere
avranno che
satira
è
a
grado
certo
di
bizzarra ed ardita invenzione. L'operetta adunque del Gnarna, scritta in latino, e
con molto brio,
ciò
che è notabile
non senza eleganza e
stampata
fu
Ponte
in
,
Milano
,
dove
era
riali
,
i
ricchi,
,
e gli
vi
si
avari
da Gottardo da la
memoria
Bramante satirizzano con grazia
Bramante. Vi sono interlocutori personaggi noti
è intitolata Simia, ,
recente
e
i
oltre
,
di
varj
,
ì
cu-
viziosi d'ogni maniera.
Nel pezzo che qui riporto, parlano San Pietro, Bramante e Alessandro Zambeccari bolognese chiamato splendore e gloria della curia romana. La scena si rap,
presenta alle porte del Paradiso. S- Pietro. ... E questi miseri famigliari di Cardinali collocateli, o spiriti beati, fra
i
miiitiri,
chè
tal
,
com-
i
il Moro fama e oro
Servi la patria in fin che visse
tutte
difficile
10
Discorsi ecc.
de''
Parimente
attribuite.
delle
si
Bramante d'Urbino donde avesse, o a chi
briche, pitture
naturale.
figlio
un Bramante
ad
autori
veggono
gli
varie insigni fabbriche che in Milano
all'
ancora
è
il
molti grossolani errori intorno alle circostanze della vita del Vinci ^ di cui veggasi T elogio nel terzo volume dei
Commentar] intorno
nou
e
determinare qnale sia l'urbinate, quale il milanese, quale il poeta, quale l'autore delle Quadrature de' corpi, quale il nominato dal Labacco a
facile cosa
penso esige
.-
del V alma rinacque.
i
chi sia
la loro
costui
Alessandro
,
se
lunga tolleranza. Vorrei però vedere
che solo ascende
mai
ti
fosse noto.
la
montagna. Bada
-
\
H7 non isliaglio, questi Qua! Bramante ?
Alessandro. Se F.
S.
P.
km'i di
S.
P.
Roma
mio tempio?
tutta e del
Bada bene scegli
A-
Non
S.
P. Dici vei-o?
A.
E
mondo,
non traveggo:
egli, vi ripeto, in persona:
Bada
A.
viglia.
a te
lo
conoscerlo
godo
;
aommo duce
s;ilute al
civiltà. In verità, se gli altri beati
salutati salutano
pur rechi
somigliano, né
ti
non desidero questa vostra beatitudine. è il costume nostro non diamo sa-
,
Eh, questo
P.
non a chi
:
Coloro
F.
degni
E
B.
rendon
ci
P- Di ciò
d'aver
conto
vissuto
più degno
il
degli
quando ne
parlerai
uomini,
che
viver bene.
il
sarai
poco
fra
ri-
£. Io non ho mai lasciato di secondare badai a spendere per viver bene.
Ha ha!
secondato
hai
il
nè
e
non ba-
spendere per viver bene? allontanando quanto potei la melan-
dasti a
No certose
conia
e
noje
le
sempre
ho pasciuto
,
l'animo
dì
allegria e di piacere.
ti
piacque
al
tuo
quanto
genio
B. E che
B-
?
mi macerassi spontaneamente
volevi che
S.
far
cosi, o Bramante.
,
P. Dovevi odiar
i
gli
opera],
lunga: confesso
il
fatto.
Che mal
ti
il
borsotto del Papa, che
grosso.
e
faceva la borsa di
Giulio
piena
oro?
Faceva male
B.
a tutti.
tant'oro sepolto in un
le
cosa
Gli
il
tener
antichi
fecer
avessero a correre.
P. Sei poi riuscito nel tuo progetto?
S.
No; perché Giulio
ma
vecchia i
ma
Era brutta
solo luogo.
monete, perchè
le
per
i-ifar la
lasciò che si minasse la chiesa nuova non die mano alla borsa,
diede alle indulgenze e
solo la
invadendo però
la
mia provincia,
il
ai
confessionali;
soldato spagnuolo
riia asciugata quasi del tutto,
E
P.
Francese
il
vendicò bene sullo Spagnuolo
si
a Ravenna.
Svizzero servi non male
il Francese a Novara. S. P. Lasciamo tal piati ai mortali le cose sì avvicendano ed è sempre varia la sorte delie guerre. Torniamo a bomba.
lo
;
,
Eh non si doveva viver E come dunque ?
F.
d'
B. E
?
di dispiaceri e di digiuni? 5.
la sai
crepava, tant'era gonfio
iS.
dunque
P. Ti abbandonasti
5.
minato: fnron
Fabltia
vizj
,
B.
sollevare gli oppressi, e
bene quanto potevi.
S.
Dovunque mi chiami come la ruota di un 5
satile
P. Io
ti
io
son sempre pronto , ver-
vasellajo.
dissi salute al tuo venire, a
condizione che
B. Ninno ha latto tutto questo meglio di me.
tu recassi frutti di salute degni; e tu,
S. P. Godrò che ciò £. Quanto lo sia, te
hai preso tal complimento alquanto in mala parte.
S.
sia
lo
vero,
provo,
se
doveri dell'architetto
i
esercizio di tal arte
;
,
sono
le
B. Pili che alquanto; nè
proprie
ed io spero pel lungo
non essere annoverato ultimo
fra
questi. S.
F.
Fammi un
quelle siano
le
po' la
grazia
di dichiararmi
come
proprie parti dell' architetto.
B. Allorché un architetto debbe fare qualche opera, d'uopo che prima pensi in qual luogo porre le fondi qual forza consolidi le mura, e di qual grossezza le debba fare, acciocché se poi l'opera e viziata in qualche parte, ei non ne sia uccellato, e vada
mi parve
come ho
visto,
civil cosa clie tu
non risalutassi ma sediamo un poco perché son vccchiccio, e mi sento stanco pel lungo viaggio. S. P. Siedi pure, tei concedo volentieri. salutato
B. Quelle che tu hai testé indicate parti e
mi ascoUi.
Ti ascolto.
F.
gli
P. Perchè ardisti di far ciò?
5.
B.
genio,
il
j
Roma,
^
Tu
tonde
genio
di
:
di
chiesto, e avrò piacere che sia cosi in fatto.
F.
ch'io
falso
P.
sono
io
minato quel mio tempio
per comando di Papa Giulio. S. P. Tua fu questa trappola: dal tuo consiglio e dai tuoi malefizj fu indótto Giulio per tua direzione ed ordine lo abbatterono gli operaj.
bene. B. Affé,
tir
B. Per alleggerire alquanto
elle
molto,
e
?
nnll'altro ho più avuto a cuore quanto
B.
la vai oggi passando che tu risponda ad una
soglio.
B.
B. E quali sono cotesti the voi chiamate
S.
tu te
;
voglio
che colla sola anticliità sembrava chiamare a Dio animi piii irreligiosi ?
la merita.
questa vostra salute
S.
ma
;
P. Perché hai
5.
se
^
Che vuol egli dire questo recar degni frutti? Con buona grazia, turni tratti al bel principio con poca
S.
oppresse
,
Interroga pur poco, che io risponderò
come
del gregge di Cristo.
degni di salute.
lute se
colle celie
B.
pronto da
e
B.
S-
P. Bravo Eramante
S.
meco
avrò gusto in udirlo.
:
S.P. Salute anche a le, o Bramante
tua
illustri
piccola interrogazione,
Bramante. Bramante reverente
frutti
uomini
degli
e
vivendo, il feci con le migliori proporzioni e con le giuste dimensioni che l'arte prescrive talché mi posso
sia giunto.
.
P. Lascialo fare
S.
di
Pietro: da vivo canzonava tutti a mera-
,
antichi
'
giacenti
statue
le
gloriare di essermi fra gli altri artefici distinto in far bene.
Oh, desideravo
P.
Seguita pur via colle tue facezie.
dalle ruine; e per ispicciarti alle corte, quanto io feci
riconosco benissimo. S.
suo mestiere, ha sempre
il
B. Io poi ho sollevate a migliaja degl' Iddii
desso.
è
sua professione. Quindi è che
vizj.
i
S. F.
se avesse potuto.
dubliio.
v' è
la gloria della
ogni architetto che sa bene odiato
distruttore del
Il
A-
fumo
in
architetto.
A. Il nostro S.
è Bi-nmante.
:
A. Ci vorrebbe or qui Apelle che dipingesse la Fortuna sedente. (Si ha da Stoheo che Apelle dipinse ìa Fortuna a sedere , e che interrogato percìiè cosi la facesse, rispose Ov;^ eazi^KS yàp
che
è
j.iedi
damenta,
munque non
,
è
cioè
perché non
istà
,
non
quanto a dire, per la sua
si
reg^e in
instabilità.
Co-
si regga molto nè pure la ragione di Apelle, questa novella è qui accennata dal Guarna onde mordere
la volubilità di
Bramante. J
348 B. Alessandro, bada a te, che stuzziclieral la sei-pe P. Ho detto, o Bramante, che qui non si dà salute non a chi n' è degno; e che non fu mai lecito impunemente a persona il vivere a capriccio e non cuS.
se
che de' piaceri.
rarsi
?
P.
S.
S. Affé che
provo che
ti
ciò è
indegno ed ingiusto,
P. Provalo.
fi.
Non ha
B.
libero arbitrio
all'
uomo
che chiamate
ciò
cui fu dato
libero^
l'uomo ha libero arbitrio , bene ma ha inoltre la legge, e
trasgredisca, ne pagherà
dunque che
B. Asserisci
non
licenza
la
ali"
il
uomo
è data la libertà,
?
nate ad un parto dallo stesso ventre
amore
tra
,
e
,
congiunte
si
E quali sono queste leggi della natura? Che l'uomo non ammazzi, non rubi non ingiurj e se alcuno: del resto mangi, bea, faccia tempone avrà senno, seguirà a parer mio la beata indolenza di ,
,
Epicuro.
ma
A. Rispondimi una parolina, o Bramante,
senza
andar in collera. B. Di' pure.
hen
scrinate
le
leggi della natura? ....
Di
che ridi? B.
tuoi sali, Alessandro,
I
troppo
inordono
acuta-
mente.
Che
è questo
?
costui non si occupa che d' inezie. dunque Alessandro ? A- Il vedrai quando gli ordinerai che si spogli. B. Spogliarmi? comel forse anche spogliate gli ospiti che vi capitano ? anche in paradiso de' masnadieri ?
B. Nulla nulla: P.
S.
Che
i:
,
'
bel paradiso a voi
chi si
tutti
si
1
a
Roma
che o
sia
io era più sicuro.
Noi
io
sentire quanto valga
non
S.
venisti;
le
pe-
poco argento e buona ad irritarmi, il gusto che hai
e perciò hai lasciato
se continuerai
un architetto insegnerà ad un procurator gli articoli contratti.
condizioni?
mi diverto
delle sue
e difficile
si
a salire, che dalla terra conduce al cielo: si
dolce e larga, die
le
anime dei
più belle e più allegre abitazioni pei beati. Se queste cose vi accomodano, son con voi; so altrimenti, io me
ne vo a casa Plutone. S. P- E dove vuoi che stiano i nostri inquilini fin che tu fabbrichi il nuovo paradiso ? B. Questi vostri cittadini sono assuefatti agi' Incomodi,
han vissuto
alle
merie:
altri
furono scorticati;
altri
macerati dalle vigilie; altri nutriti ne" boschi colle fiere: tutti a forza di malanni hanno acquistata questa vostra cittadinanza. Ne in quest'aria si salubre v' è pericolo
che piglino qualche infreddatura. S- P. Bramante, tu fai condizioni troppo dure, ed
ai
vecchi non piace mutare stanza. B.
Dunque con
tua
buona grazia me n'andrò a Plu-
tone, ch'ivi farò meglio iS.
P. Forse che
le
cose mie.
si.
B. Farò un inferno tutto nuovo, rovesciando il veccadente e consunto dalle antiche fiamme, ,
B. fi.
dotto che
.
o Pietro? anche al paradiso intimerà
deboli e dei vecchi vi abbiano a salire a cavallo. Poi penso buttar giù questo paradiso e farne un nuovo con
1
più
le
pure
P. Lascialo dire: sentiamolo;
io ne farò _un' altra
fi.
me
di'
B- Prima di tutto io voglio tor via questa strada
aspra
farà,
che tu parta da
:
Che dunque,
bizzarrie.
Bramante con queste pugna:
veterano che cosa siano
ma
Bramante
chio
ch'io
B. Yien pur qui tu, e sovrapponi pure quanto'vuoi labbro a labbro , come facevi allorché da vivo ti prenla stizza; farò
male.
si
P. Bravo
A.
farò
rispetto, o
Troppo iracondo Bramante
Uea
far
5
S.
spero, fra questi scogli inaspettato dentifragio. A.
che in
vedrò che mi vogliate con voi, esporrò, quando piacciavi le mie condizioni.
gli
il
e noi siete
e se
dichiaro
questo Pietro, o sia Paolo, o sia
perda
i
di dir male, il perderai in sentir peggio , e ti tratterò a misura di carboni. Ma qui, o Pietro, si fan troppe chiacchiere ora intenderò qual sia la sentenza vostra,
guardi bene dal pormi le mani addosso, e dal persi
stessi ?
E vero,
B.
vog'ia gran satrapone di questo vostro paradiso,
mettere che mi
,
adoprai cosi vivendo.
e
P.
5.
sarai spogliato, né
pongono sotto la vostra tutela, o pure le tenete per T orecchie finche han latte e lana. A. Tu mi calunnj falsamente, o Bramante, io non
P.
B-
A. Hai tu
Perchè
core che
che T una non potrebbe vivere senza dell' alm' è permesso di liberamente , ciò che
fare, io credo mi sia anche lecito di ottimo diritto, e purché non sovverta le leggi della madre delle cose la natura, so bene che l'uomo è libero onninamente? S.
non
B. Perchè da lupi rapaci ed aflamati divorate
Pietro mio
I
:
:
B. Or vedi! quasi ch'esse non fosscr entrambe sorelle,
d'
Bramante
,
voi patrocinatori di cause non istimate dotti
Uh,
die voi
fama;
fio.
P- Ciò per r appunto.
S-
farà contumelia.
A.
di vivere liberamente? Per altra
chiosatori della tua censura diranno che dove la
P. Confesso che
la
a
giorno.
o male ch'ei voglia usarne;
ove
P. Via chetati
si
B.
sarà libertà.
5.
Insegnano
Il credo bene, se a pugni non mi superate. Bramante vuol torsela a pugni con noli B. Certo a pugni, all'uso degli antichi; che a pugni , non coir armi , combattean gli antichi , da che venne il nome di pugnadiventerò più dotto ogni A. Capperi stando teco
libero ar-
il
disposizione dell'atto dipenda dalTarlntrio altrui, ivi
non
S,
altri
Dunque ad uomo bitrio, non sarà lecito i
s'
B.
?
B.
parte
ti
1
Iddio
dato
P. Lo ha dato.
S.
che
discipline
le
A-
Non fu mai lecito No di certo.
S.
non amo
Io
A.
pugni.
col dito.
P.
Non
avrai ozio per tal impresa.
Andrò nondimeno con tua P.
Non
licenza,
andrai.
B. Perchè? P. Tel dirò poi: ma dimmi ora, o Bramante, hai veramente minato quel mio tempio di Roma? B. L'ho minato, è vero, ma papa Leone lo farà di nuovo in breve tempo.' S.
tu
,
,
249 Bene
P.
S.
breve tempo Io passerai qui porte del paradiso nè potrai entrare se non
avanti le
questo
:
,
quando sarò bea certo _cbe il mio tempio £. E se non si finisse mai ?
Oh
F.
S.
mio Leone
il
!
sia finito.
lo finirà di certo.
(a6) Veggansi le pagine
S. Forse il finirà; cosi mi giova sperare. Starò dunque ad aspettare, poiché non m~ e dato di fare altrimenti.
Qui termina tastica
pure non
,
Xa sentenza paradiso
che In
,
disadatta a recar luce alla storia.
è
Bramante dal Guarna stimasse impos-
colla quale san Pietro esclude
che
fa credere
,
sibile finire.
a Bramante in questa comechc irreligiosa e fan-
spetta
ciò clic
stravagante satira la quale
il
gran tempio da lui architettato
il
fatti vi
vollero
gli
:
tempio
era in dubbio dove le porte del suo gran
si
si
dovesser
Di
fare.
ideata da Bramante
fatto
nella croce
greca
poteano aprire in ciascheduno de'punti cardinali senza offendere il disegno ; e Siniia ^iggii'iige (^lie nulla stabilì Bramante morendo circa alle porte, da che si può desumere che qualche cosa si
,
,
stabilisse intorno al resto.
lao e 129 de' Grotteschi.
(37) Come dai sedici ai venti anni pone il Lomazzo la terza età sotto Finfluenza di Venere; cosi pone, (red'io, la quarta dai venti forse ai ventiquattro sotto Finfluenza del Sole. Ciò ricavasi dagli endecasillabi posti in coda al Sonetto diretto a Pietro Martire Stresi (pag. 181
de' Grotteschi), ne' quali, avendo detto d'aver copiati i Cesari di Tiziano, soggiunge:
E
potesse
si
sforzi di molti pontefici per oltre due secoli. Nuiraltro si legge in questo strano dialogo che risguardi le arti solo si accenna da san Pietro che a quel-
r epoca
i3a, 146, 148 e 149. Se la noja della lettura o Fattenzione ad altro non mi ha distratto, non credo si trovi altrove importante cenno intorno a Leonardo dentro queste due opere.
questi feci nell'età del Sole,
Abbandonando V amorosa Dea. Veggansi le pagine 65, 74, i32, 143, 172, 191, 209, aio, 220 e 226. In ciascuna si trova qualche cosa che ha relazione sia alFArmenini, sia al Vinci. Veggasi anche la Conclusione dell'Autore, nella quale, per iscusar sè di dar precetti senza aver fatto nessuna
(28)
opera
grido
di
,
osa
che anche Leon Batista
asserire
Alberti e Baldassar Peruzzi non fecero alcuna fabbrica , contenti d'aver lasciato delle opere scritte; il
che ognuno sa quanto sia contrario (29) Antonio Possevino
,
gesuita
al
vero.
fece, a quanto sembra
,
molto conto del libro dell' Arinenini al quale concesse quasi tre pagine del suo libretto De Paesi et Pictura etilica^ ecc. riportandone i principali argomenti, men,
È comune desiderio degli amatori della chitettura e della erudizione delle arti, che
.
si
raccolga tutti ciò che spetta alla storia
e
de' varj Bramanti
ma
,
che
buona arnon solo di Bramante
disegnino e
si
pubbli-
si
molte belle fabbriche che portano degnamente un si bel nome , delle quali ve n' ha molte in Lombardia, e specialmente in Milano. L'Accademia milanese spera un tale lavoro da qualcuno degli alunni chino
le
suoi pensionati. (24)
S'ignora
tempo della nascita
il
e
della
mo]-te
di
Paolo Mini. Io ho trovato un di lui manoscritto del iSga. Contiene esso un catalogo delle famiglie che hanno governato Firenze, con varie notizie storiche tratte dagli arcbivj pubblici dì quella città.
meno
in Lione per lo
dal 1572 al i5y3
pure non perchè del 72 è data Firenze, fatta, com'egli as-
fu altrove tra queste due epoche in Lione la sua Difesa di
Fu medico
se
,
;
serisce, da molti mesi: del i583 è dallo stesso luogo scritta
una
Jacopo Dalechampio a Pier Vetcome di medico celebre. posseggo manoscritta del i5r)2, c de-
lettera di
tori, nella quale si parla di lui
L'opera che dicata a
io
Tommaso
i5 marzo.
Il
Strinati, e
ha
la data di Firenze del
Tiraboschi osserva che nè
Negri
il
ne
delTAccademia fiorentina lo dicono medico in Lione avrebbe potuto più facilmente osservare che nella Difesa suddetta, stampata daini in Lione presso Filippo Tinghi , egli da sè stesso si nomina nel fronle notizie :
tispizio Medico e Filosofo.
(25)
Il
tato
Lomazzo a
carte
III, ia5
,
menzione
fa
27
127
,
,
3i
i58
,
i5c)
,
i83, i85, 192, 193, 282 , 283 , 284, 289 36o, 384, 430 434, S3o, 614, 616, 633,
,
,
Tempio 46
j
5o
,
di Leonardo nel suo Trat-
71
100
,
,
loi
,
106
178
171
107
,
della Pittura a carte 7
,
17
,
18
,
38
,
,
42
,
45
,
49, Si, Sa, 54, 53, 68, loi, 118, 129, i3o,
non fece menzione
di
nessuna delle opere del
Loinazzo.
ho fatto fare diligenti ricerche in Roma di questo lavoro inargento, specialmente colF ajuto del chiarissimo monsignor INIarini , alla cui amicizia son. debitore di molte utili notizie. Non se n' è però trovato
(30) Io
conto alcuno, e avrà anch'esso corso la sorte di tante opere de'primar] artefici, ch'essendo state
altre rare
fatte di metalli preziosi, giran ora in forma di monete; che non sarebbe fuor di luogo il ripetere ciò che Petro nio diceva al suo tempo, cioè che più. diletta una massa d' oro , qiiam quiilquid Jpellcs^ Phydiasve jier lo
groicuU delirantes fecere. (31) Il libro del Pigino
secondo
il
Lomazzo
(vedi
il
Trattato a carte 63a) era, composto di trenta fogli con diversi molini , torchi, presepi, ecc. Nel Tempio i)oi
della Pittura
mozzo
si
legge che
tali
macchine andavano per
di cavalli
(vedi questo libro a carte 17); e per l'appunto di bellissimi cavalli provegnenti da' disegni del Vinci abbondano gli schizzi del Pigino , de' quali
ragiono nel testo. (32) Si legga la sua lettera a Carlo
posta in fronte alFedizione
Emanuele
cW Detti
di
Savoja,
Memorabili, pub-
blicata in To'-ino del 16 14, con molte aagiunte. (33)
De
operìs autempretio cuni multi adhiic dixerint, nos
Lanium
id dicimus ,
mirum,
sive
gloriati
182
, , 177 , , , 198, 212, 217, 227, 237, 264, 299 , 3 16 , 325 , 336 , 347 , 354 , 437, 438 , 455 , 453 , 483 , 487, 635, 637, 632 e 676; e nel suo
164.
,
tre poi
qaod forcasse
opèris
hujus;
quam
Dearum jmUcio laudem affectus
in-
alios fngiti
affectus ni-
motus animi varios et diversos prcecipuani Plinius
spectavit,
etiam
cum
in
tres
esse
extollcndo ibi
diversos
Paride miraretur. Neque vero anifex doloreni et lacrymas protulit, quod quilibet fortasse
tantummodo
alius faceret,
sed in
membrorum molu
descriptos
animi
sensus ostendit, ita ut tabulam liane collustranti oculis personent aures Apostolorum vocibus , quas inter se contulere
postquam, Salvator tremendum illud enuntiavit: Qui intin-^it 3a
,,
,
,
25o
mecum manum
pm-opsiclc,
in
me
ipse
tradllums
est.
Venerabile Sah'atoris os altuin animi moìrorein Lndicat, occultalus atque suppressus qui. gravissima /mode/atione
Apostolomm
Sermone^s
intelUgitur.
tum
colloquia
et
in-
ter ipsos, tum vero cum Salvaiore prò atrocitate rei quodainmodo audiuntur. Miaatur proditori alias , alius opein
Domino
auxiiiunique
in silentìum
polUcetur. Flxus aliquis
magnitudine sceleris, ohstupescit; nonncmo angitur , seque Christo socium doloris prccbet. Est qui canti fiagitii suspiconetur: est qui, percunctando et
se avertere
cionem ab
inquireado^ seriem ordinemque parati sceleris cognoscere velit.
Sunt
indignabundi , sunt
attoniti, suut
omnes Apostoli Petti
dieta subauscultantes. Sed ante
rum
cupidine
vultus ira et vindictce
taciti, et alto-
assurgit,
cerniturque im-
patiens morcc animus charitate Magist^rii spectaculo est robur ejus , vlgorque et fortiuido. Vides tacite volveatem iras,
malunique proditori minitanteiji , quod nemine conscio paret
Ea
ùitus ipse, et coquat.
obvcrsus
cUssimulatione , et ira
saactum Johannem, rogai ut proditionis arcana sibi patefaciatj sensumque divini sermonis interpretetur. Juxta sic affectum apostolorum principem , collocavit artifex proin
Judam magna
ditorem
illa
ut contraria studia
ratione,
clarius apcrtiusque spectarentur.
Nec minus
faciesque contraria;. Torva, et hispida,
et
diversi vu!tus
proditori
vilis
deformitas: os Apostolo vividum, et honestum, plenumque
mefu ne aures, ut Petrì cum lohanne
Praterea anxius Judas odio simul
dignitatìs.
inditium enianet, intendit
coUoquium
excipiat
'
aucupaturque verba
,
autem Leonardus atque
physognomices , artis.
in
quam
simul,
peritus
esset
ejus
videlicet oris lineamenta
Thebanum
apud
qucB curicta pessimos animi mores indicant
eos, qui
metu
,
adniir ab aitate pariter ac dolore eos consternatos diceres
;
tantum spectatur
que
exemplo
hoc
nobile pectus depingunt. Qurs natura signa nostri,
pictores
admonerentur , non
extra artis fines , si studii
dum (34'ì
muftum
quam in
esse
factitant, et
hoc etiam genere
acuii
sic attigi
cognitiones
,
ut
istas
erraturos eos,
niltil
sibi esse
consumen-
Decorat
(
Carni sia;
Ticinensis
Coenatlonem J
,
majorem posteritas gratiam Dominicanis Sodalibus esset qui pulcherrimum illud , om-iiumque primum habitura exemplar suum intra tryclinium pingendum a prestantis,
inde curarunt, an Cartusianis Monachis qui ex eo hoc ipsum quam scitissime effingi jussere . ne tanti viri opus admirandum temporis injuria locique gra-
jam
vitate prorsus interiret
vix
;
et pulchritudine
cujus elegantia
agreque jam nunc, vitiante pariete
Cantra vero
verba
,
tot
inflammandam
tem
omnino
expressisset, imperfectam
asseclis
Tinian-
reiiquit.
grascos
temporis
sui
inter
nobilissimum
pictorem
quodammodo cemulatus in Menelao Agamemnoiiis fratre quam acerbissime ob extrcmum Iphigenloì casum mcerenti pingendo.
Circa la copia qui lodata reggasi carte Il
il
lÌln-o
terzo, a
iSy.
libro di fra Bartolomuieo
sanese fu impresso
Siena da Ercole de' Cori nel 1626, in
in
4."
Veggasi il primo volume del Diccionario historico pubblicato dal Bermudez a Madrid nel 1800 , a pag.aSi.
(35)
a tergo.
Sellila
,
por Simon Faxardo ecc., 1649, Raffaello
Vagaci dice cbe
ogni
ie'
4.°
sforzo onde
ma egli fosse prendere la maniera di Leonardo realmente stato discepolo suo qualche tempo ( Ìl die poteva forse avvenire in Firenze), non avrebbe ])cr j
d'entrambi lasciato
oiior
L'epigramma
del Paclieco
,
è
clie il
di dirlo.
fu posto
seguente
sotto
un Cristo ignudo
:
^Quien OS puso assi, Sefior
,
ad exactam similitudinem alterius quam olim Pictor eminentissimus Leonardus a Vincio Florentinus Mediolani in Monasterio cui Sanctm Marim Gratiarum est nomea elegantissime coloravit in parie te ; per eam ad lineam suis Apostolis ad referens Christum Dei filium una cum mysticam discumbentem coenam, Quod exemplum mihi per otium contemplanti in mentem subinde veniebat utrum
simo viro
sapienti^e
ccelestis
posse effingere exeniplari prò divinitate personte dcsperans , cum tantum jam tum majestatem in piis ejusdem Dei Fitii
ornamenta perampla depicta tabula in qua mmulante pletore , ductum cernitur exemplum
alia insi-gnia
grafice
inter
nescio
crediderim
atque inde emolliendam sui perditissuni proditoris duritiam Quam divini vultus effi-giem Leonardus in suo se
(39)
putabunt-
divinum ipse
pectoris.
11
viriles
effi-giem
divinitus
,
essent divini ardoris ac charitatis faces ad
(38)
et
,
effinxerit
erumpcbant
a!Stuautissima
En
nasus
amore,
ut
,
actusi quasi ut quot ex imo tunc Christi pectore dicentis
(36) Pag.
incurvusque
Salvatoris
Christi
quiddam spirantem
(37)
oblongus
Apostolis
in
perinde quasi divini sui proeceptoris acerbum animi sensum penetrare nequeant. Quo circa id amplius erudito effictori nostro prò immortali grada debenius , quod in suo
Apostoli pallore
declarata ;
ut Aristidem insigncm pictorem
,
hoc superasse diceres, modo ejus in tabuhis incidissct. Quia quod Leonardus alta mente
cogitationeque pvius sibi dcpinxerit , id totum ex scntentia Tanta quippe oris dignitas , decusilli successisse dixerim.
ex facie hominum animos addìvinare possunt. Ad easdem metoposcopicE leges optime congruit ex diverso , fiamma labiorum, tumidisque naribus artificiose
proposituni. In
quanta fucrit Leonardi
et
in
nostra Oitas
Fecit enim atrum, hirsutum, abditis iiitrorsum oculis,
inhorrescente capillo, torrida macie squalidum, sima naso;
libet quLS
prmtantia , argutaque pingendi navitas , quodque mirabile ingenium , ac divina prop e niens ad vivum interiores expriniendi suis in tabulis humanos affectus per exleriora
magna
vultu mysteria
fudce
ostendit
vecors
cónceptum. Expli-
attonitusque ob facinus scelesta mente cavit
et
pene posteri ob oculos habebunt
in (xvimi
quo suspicere piane
nostrum certo salubrique
,
perfrui
constitutum
licet.
loco
Tan desabrido Vos '
me
Mas yo
direis
digo
,
scusa
il
tan seco? el
amor,
que Pacheco.
errore geogralìco Du-Fresne un ne lo TAdda per dugento miglia veder ripetuto si strano sbaglio da varj anche
fa
ci
y
que
grosso
{40) Sfuggi al
ove
,
,
,
navigar
modernamente.
Sono
;
anche eccessive
le
lodi di
cui
ricolma T Errard , pittore del quale il Possino non faceva alcuna stima. Mai diyiamenti dal vero , sia nel giudicare, sia nelle cose di fatto , i qxiali g' incontrano nel Du-Fresne, non gli scemano pubblico eoa elegante edÌ7àone
il il
merito di aver reso Trattato del Vinci
,
che, incompiuto com'è, sempre è la migliore e più utile opera che nel suo genere esista. (41) Odomenigico Lelonoiti che voglion dire Gioan
Pietro Berrettini.
da panano e Britio Prenetteri Domeni<o Ottoitclli da Pano e
1
,
25 Alla pagina 73
(42)
della pi-ima
parte
deìV Itinerario
stampato nel 1654, (43) Queste parole del Prcart sono tolte dalla traduzione
Aaton Maria
di si
sporcò la sua penna con
Salviiii clie
spregevole originale.
Anche anticamente non mancome ad ogni altro
carono critiche a Michelagnolo
uomo
grand'
provarono
ma
avvenuto;
è
,
quegli autori die disap-
suoi metodi o le sue invenzioni o
i
opinioni, non eccettuati
i
teologi
le
(49) Mémoires de
,
,
artefici della
care
il
credo avreljhe trovato
lario sterile di termini
Debbo
q^ii
:
l'autorità
avvertire che parlando della prima edi-
del Comolli,
esatto in cosa essenziale
dissi
la
aveva debito
per
la
impresso Au Mans.
(4.4)
etc.
di
Questo raro
De f Imprime rie
libro,
il
de
libercolo
nondimeno più come in appresso
è
gliata.
Anche il Cliamberlaine dngento miglia.
il
Jacques
trovo Ysarìi-
ci
(54)
(55) Fra
navigare
fe'
per l'Adda
che ragioLiarono di Leonardo e del dee dimenticare Demetrio Pieri , cor-
giornalisti
i
Cenacolo non tolto
cirese,
si
età di
lettere in
alle
anni
ventiquattro.
Egli inseri in un giornaletto letterario di Corfù un lungo articolo col quale
pongono
si sforzò di confutare coloro che anteCorreggio a Leonardo. Volli lasciar memoerudito giovane per dimostrare quanto
il
ria di questo in
piccolo fu stampato
8."
esatto del signor si
estesa
sia
ove
padre Resta sbaglia d'un braccio
Il
che è situato aU'dcssui rPune porte fort haute. (53) Precisamente due secoli prima il Vasari aveva detto che nel Cenacolo non vedevasi che una ??iacc7ii(i abba-
natura e l'argomento
nel 1707 in Perugia pel Costantini. (45)
(Sa) Il Richard son dice soltanto
essere
MDcLxiI.
scegliesse
,
si attenne a quella di M. Cochin, anzi parve volerlo emulare, facendo con esso lui a chi le dice più grosse.
impressa a Mons
che
dell'opera sua. Avuto poi di recente
han
vocabo-
per parlar del Cenacolo
altrui
peggiore; perciò
la
ingiuriosi e villani.
zione del libello del Freart, sulla fede
il
roy. des Sciences, an ijSj. Giuseppe Guerra. Veggasi ciò che Paciaudi veggasi anche la pre-
ne scrissero Zarillo e al secondo Tomo delle Antichità d'Ercolano. (51) Era naturale che il La Lande volendo servirsi del-
sua nazione co' modi impiegati a giudi-
Buonarroti,
maggio
t6
fazione
sue
che pasciuto di letture francesi , satirizzò Michelagnolo goJTamente si è da poi disdetto, e lo chiamò per l'eccellenza nelle tre arti un uomo triplo. Certamente se il Fréart avesse voluto giudicare degli
il
VAccademie
(50) Questi chiamavasi
con rispetto e moderazione; e per lo più lianno frammischiato alle accuse encomj grandissimi. Lo stesso Milizia
Milano
in
del 1718.
procedettero sempre
,
La celebre Agnesi nacque
(48)
De
la
sua misura:
la
Condamine,
vedrà.
la
fama di Leonardo anche in que' paesi disegno sono quasi del tutto abban-
del
arti
le
donate. (56) Negli Elogi o Iscrizioni degli artefici, di Pier
Casella (Lugduni 1606
(46) Veggasi la pag. i85 del Tomo primo. (47) Lettres hìstorìques et critiques sur l'Italie, de Charles de Jirosses etc. , ai>ec des notes etc. , à Paris chez Pon-
Leone
leggesi sotto l'articolo Inventio,
),
Leonardus Vintius acutioris reliquit nihil.
Il
per Leonardo,
ingenii pervicacia intentatum Casella colse nel segno almeno in parte
ma non
pesò egualmente bene
i
meriti
de' molti artefici che prese a lodare.
thieu an. VII.
AL LIBRO SECONDO. (1)
L'Amoretti sulla fede
TArmenini sima;
ma
,
scrisse esser io
quand'anche
dice che
il
costume
la testa del Salvatore finitis-
il
volto.
cred' io
non ho trovato
tal
del Bottari
,
,
cosa nell'Armenini
e
vi fosse, la di lui autorità sarebbe sem-
pre inferiore a quella del Lomazzo e del Vasari. oltre giova ripetere ciò che alla pag. 61 line
,
del Richardson
dell'articolo
del Salvatore
sarà stata forse
pari delle altre,
ma
la
,
cioè
finamente
si
il
mirabile
gine ia grembo
una Vergine
,
col
che
A conferma
che la testa condotta al
sant'Anna colla Ver-
Lungo sarebbe
il
interpretazioni che
il
con quello di coprirsi lui
il
LUI, veggasi
pag. 447. il cap. CCXLV del
in cui sono mirabili principj.
,
raccogliere
le
davano
si
si
Lanzi e qualche
san Giovanni è svenuto.
e
moltiplici
sinistre
danno all'acciden-
tale o volontario rovesciarsi del sale a
mensa. Quella però che più d'ogni altra fa al caso nostro, è la indicata da Ilario Mazzolar! nella sua descrizione del Cenacolo , che leggemmo a carte 5c. (8)
Veggasi
il
Vasari nella Vita di Giovanni da Udine.
Marcum,
(9) In
bambino,
(ro) Lib.
ecc.
questo
di
Trattato di Leonardo (7)
in Slilano nella galleria arcivescovile
Pretende il Lessing che fosse comune uso delle persone che assistevano ai sacrifizj^^ il coprirsi il volto: con che svanirebbe l'ammirata invenzione di Timante. Ma 1' autorità di Plinio debbo prevalere a quella del Lessing il quale confuse probabilmente
(3)
altro scrittore, disse
Trattato, libro VI, cap.
abbozzo dell'adorazione dei della
capo
il
e dietro
,
(6)
sua imperfezione, secondo la
in Parigi la tavola
Bianconi
(5)
avrà consistito nel mancarvi eerti , caratteristici, circa i quali la mano rimase al
In Firenze
Magi,
il
In
di sott^ dell' idea. (2)
Male
è detto in
mente del Vinci tratti
(4)
di velarsi
3.
cap.
14.
Advers. Pelag.
(11) Giraldi, Vasari, (la)
Revel.
Vergine
lib. a
4
santa
,
cap.
2.
cap.
59.
altri.
Filius
meus
,
Erigida, appropinquante
tore suo, inclinavit se erat.
,
Armenini ed
ad euni
>
dice
Juda
Maria tradi-
quia Juda brevis staturoB
,,
252 (13)
È anche degna osservazione quella
proposito
stro
e
non louLana dal no-
Franco
di
Sacchetti
il
quale
dice aver Dante messo in bocca degli spiriti le parole di biasimo o di accusa , piacendosi di parlare in per-
sona propria riprender
può lodare
allorché
,
tali eh"
;
o
era onorevol cosa
il
pure quando può riprendere, come
Firenze e di Pisa nell'Inferno, T imperatore Albei'to e l'Italia nel Purgatorio, ecc. (14) Vincenzo Eandello nacque l'anno i435 in Bologna. le città di
(15)
non nominarsi anzi dagli
Il
storici
il
priore, po-
trebbe far credere che quello de' priori che Leonardo minacciò di ritrarre nel suo Giuda, fu uomo senza e ch'era inutile il nominare; il che non sarebbe avvenuto trattandosi del padi-e Vincenzo Randello. (16) È osservabile che Girolamo Vida nella sua Cristiade, vedesse o non vedesse la pittura del Vinci, diede al suo san Pietro un atto simile a quello datogli dal nostro pittore, facendolo cioè , parlare ed allo stesso
fama
,
tempo sguainare
la
spada
(17) in
Non v'ha dubbio, Greco significa
Donde
gemello.
{
dice
il
stesso che
lo
Tomas
stato
intorno
a questo fatto credevasi forse
popolar tradizione ,
tempi
a""
allora
che
così
di in
nome
chiamato
Leonardo da Vinci, d' una oscura e
virtìi
Tommaso
avesse
però
Servissi
il
nostro
sortito
dalla
professore
di
un segno .materiale e sensibile qual era questo di rappresentarlo con un dito di più nella sinistra mano, come la falivi si scorge , non già perché egli non conoscesse sità della suddetta opinione
dito
ma
i
stolo
solo
il
,
mentre
egli
modo nel suo Giuda, come vedemmo, ed Lebbeo ch'egli fece giovine assai, mentre il Vinci
il
rappresentò
fece vi
il
Bartolommeo
colla pelle sulle
'l
voglio
qualcheduno mi pintore
e stato
o siasi
,
smarrita,
e
me
,
d'allora
aver
e di
ho
io
in grado.
Si giudichi
da questa nota come sta\a a critica
padre Gallarati. (18) Libro 8.° (19) In cap. X. Matth.
il
si
debba
bassi personaggi
pensare.
e
l'anima nel cuore reggasi il Vico nel suo libretto De antiquissima Italorum Sapientia , ecc. Intender col cuore si legge in Isaia al capo 6 , e altrove Circa
nella
star
lo
Anche Dante
Scrittura.
nel cuore o nel sangue
( al
cui
sembra porre T anima moto il cuore è centro)
con que' versi posti in bocca di Jacopo da Fano, anzi dell'anima sua:
ma
gli
del Cassero
profondi fori,
Ond' uscì'l sangue in sul qual io sedea. ecc.
furo Cosi in quegli altri pronunciati dalla testa di Berstaccata dal busto e sostenuta con , Fatti
ini
,
trando dal Bornio
mano a guisa Perdi'
di lanterna i'
partii così giunte persone.
Partito porto
]\Ia
più
chiaramente
bella Bolognese
£
,
parlando egli stesso alla sua
:
Io maladico
La
mi' c crebro lasso
il
principio eh' è in questo troncone.
Dal su
poscia ritoccata falsamente basta V aver detto quel che
confermato col fatto quel che fin veduto coi miei proprj occhi, lasciando però volontieri ad ognuno il decidere come più gli torni
mi pare
eziandio ne' più
cervello per intendere
opposto, se sia pentimento del di-
quella mano. Perocché a
genere di poesia
Ecco perchè egli abbellì 11 suo Iscariote. Ma tali precetti non possono nè sempre né in tutto esser comuni alla pittura. duo anime, (23) Varj de' filosofi antichi davano all'uomo collocandone una nel cuore per sentire, e l'altra nel
S.
che qui non giova nominare. E quivi io non entrare in un nojoso esame su di ciò che da
tal
del Poema Sacro.
spalle,
e varj altri
alla Poesia Sacra, nel quale ei
gnità vuol farsi sentire
Lorenzo colla graticciuola in mano: Raffaelle , il qual dipinse V adorazione del Sacramento , li Santi Pietro e Paolo V uno colle chiavi e V altro colla spada in mano , e
attempato e canuto. Circa Tapostoto da quale autorità o ragione fosse mosso
ammettere clie non sia vestito di certa dignità e decoro cir eì chiama solenne. Del resto, die' egli , questa di-
fece per contraddistinguere il nostro apoadito agli occhi de' risguar-
S.
so
Klopstock per rappresentarlo in età giovanile e si il Giuda poi, leggasi il suo
era troppo eru-
danti, come hanno fatto molti altri illustri dipintori, fra' quali Michelangiolo Bonarroti nel Giudizio Universale, il eguale
in
e quasi direi segnavìa
,
accorda in gran parte colla rappresentò Leonardo, Solo
tenne altro
pretende che nulla in
natura un doppio dito anulare nella mano del sinistro braccio , e che per questa cagione fosse cognominato doppio o gemello.
si li
Ragionamento intorno
perchè di fatto nascesse gemello dall'utero della sua genitrice. Ma ben diversa dovea esser V opinione del volgo poiché
ci lasciò degli apostoli,
maniera nella quale ce
che Didimus
discepolo
suddetto
il
studj per le altro parti.
altri
Rubens in più sue opere distinse Tapostolo Tommaso col dargli una lancia: il Durerò ed altri gli danno un coltello. (23) È osservabile che la descrizione che il Rlopstock
Ebraico, cioè
;
essere
bilmente (ai) Il
)
non è facile il decidere con sicurezza con tutto ciò sapendo ognuno essere stata usanza degli Ebrei di dare talvolta i nomi ai loro figliuoli secondo le circostanze del loro nascimento, non andrebbe lungi dal vero citi pensasse
,
diverso da Simone. Circa
nostro Apostolo traesse un co tal
il
ed amicizia
,
;
in
Gallarati
alla gentilezza
come parimente all'amicìzia e gentilezza dell' egregio cav. L'onghi ne debbo la bella incisione. L'originale è eseguito in una carta alquanto azzurrina collo stile d' argento. La testa è contro il costume dì alquanto mancante nel cranio Leonardo ma si vede clie non voUe in essa far altro studio se non dell' espressione , rinnovandone proba-
il
poema.
libro secondo del detto
il
Debbo questo disegno
del chiarissimo cav. Appiani
Lebbeo, non
:
Sic ait , et pariter vagina liherat ensem.
Veggasi
(ic)
il
dì
che vidi
in
prima
luce de' vostri occhi traditori, il
punto
Del core
in cui veniste in su la
a trarne
V anima
cima
di fuori.
Chi osserverà nel cenacolo di Raffaello inciso da Marcantonio , cjuanto quell' apostolo che rivolge le divida il gruppo e spalle alle spalle di Giovanni l'attenzione di chi guarda, per aver le mani nella stessa direzione della testa, riconoscerà più chiaramente con qual fino giudizio abbia Leonardo atteg-
(a+)
,
giato (2 5)
il
<;uo
Tpt/.(pii-v.
Matteo.
,
253 (zC) Hier.
Ep. ad Gal.
ili
4.
nomea
virtutem etiam Zelotis (ay) Hist. Eccl. lib.
c;ip.
i, cap.
Ob
insignein
zeli in se
accepit,
i3.
Messiade , Canto terzo. (29) Per piìx facilmeute ritenere a inenioria i nomi degli apostoli e r interpretazione degli atti di ciasclieduno
mi
sforzai di stringere
un sonetto. È singomi accadde di citare massima parte mediocri o
versi che
i
in questi libri, siano per la cattivi.
Ciò però non
avrebbe dato
raì
suftìciente co-
raggio di esporre questi che riconosco mediocrissimi, se
non mi
indótto una
vi avesse
elegante traduzione
latina di cui, quali ch'essi siano,
doa
fece degni
li
Ai dodici eh' elesse Disse Cristo
Freme;
e a
un di voi. Jacob Gioyan cui Siede
,
Pier chiede irato
Giuda a
lui
il
reo
,
orrore
d'
T
Cerca
Andrea
e tace
Natanaello il
:
d'
:
COETUS APOSTOLORL'M LAUDE POMPEJA DIEUTA
HUC AD HANC NOVAW TRANSLAT: HCLXItl NONIS NOVEMBRIS. lavoro del marmo è suflìrioiitemente diligente per l'epoca barbara cui T opera appartiene. Gli occhi di ogni hgura sono di vetro bianco e azzurro. Vi sono molti ornamenti ne'panni, e molti utensili sulla mensa.
Il
se
:
Cristo 80I grave e
Tanto pel Vinci
osservarvisi
ha qui fede,
il
portano al petto la mano sinipur 1" artefice non intese di esprinumquiil ego? del Vangelo. Altri tengono de'
il
pane o
altro commestibile.
che sia stato fatto a caso, pure non lascia di avere ima certa espressione, della quale un artelicc accorto potrebbe con successo ajiprolittare. Giuda mostra sordistingue dagli altri non solo per l'atto di
si
Cristo e pel proprio
fisonomia
Mixta
ioro
dolor altus habet, scelerati in vulnera promptus.
viri
,
et ore
intrepido tu cernis inertia corda.
Dominum ferme
Ohstupet Andreas
Non bene
JVathanael
Jacob Aìphmi,
:
:
de' lati
descriva,
dieta reposcit
reliquis qua: eredita Levi.
l-are
Anceps Simon; suspicio micat ore Lebcei. Fert gravis et mitis
Invenzione
Pittorica
,
Deus unus corde dolorem.
nella
di
questo
Ra ccoUa
autoue
sulla
Calogeriana
al
primo delle sue Opere pubblicate in Pesaro nel 1806 per cura delT eruditissimo signor Antaldo Antaldi, da cui aspetta la repubblica delle lettere una nuova edizione di Catullo con traduzione, commenti e molte rettificazioni di testo. (33) Nel duomo di Lodi, a sinistra di chi entra , vedesi infisso nella parete un antico basso rilievo rappresentante l'ultima cena di Cristo. E d' un solo pezzo di
tomo secondo,
e nel
dalle
la
alti-e
caricatura della ,
Distinguerebbeii
,
vi
monumento sono cagione che
sì a
lungo
io il
sebbene l'arte non v'abbia di che impatroverà qualche utile osservazione la critica e
r erudizione. Nelle Memorie di alcuni uomini illustri della città di Lodi, pu!)blicate dal Molossi, ve n' ha una stampa, ma è si male eseguita che non si ha per essa che una inesattissima idea dell" originale. (34) Cosi fecero gU autori del gruppo del Laocoonte. Se pertanto è talvolta lecito alFartefice il lasciare la e
Tarn color et magni potis est ars inclyta Vinci. (30) Cap. 14.1 ed altrove. (31) Pag. 404. (33) Veggasi la dissertazione
anche per
Le aureole sono tutte dorate. Nel piatto posto è un agnelletto intero: per ognuno ve n' è un quarto. L'antichità e la singolarità
di questo
ratus auribus uti
Petrum modo
ma
davanti a Cristo v'
audieris jurare Philippum.
illic
,
differente
somigliano.
si
Trinità,
Vindictam hic Dìdjimun jurare nocentis, amareni In
assai
che tutte fra anche dal non avere come gli altri tutti il capo adorno dell'aureola, la quale nel Cristo è maggiore, e con tre raagi in fot-ma di croce, allusivi forse alla sua morte o alla
talia Cliristus:
Unus prodiderit me vestrum. Exhorret JacobScitaturque irà Petrus stimiilante fohannem ,
Quem
in seno
,
presa e
Proxiinus huìc Judas retrahit se obscurus
non saprei dire
Giovanni dorme
lo guarda in volto il che , sebbene 1' ignoranza dei tempi in cui fu eseguita l'opera, può fai- sospettare
:
arte e color poteo.
seiiis
fette di frutti,
Cristo , ma alla sua sinistra , che alcuni antichi tennero per la parte più nobile e più atta , come residenza del cuore , ad indicare predilezione. Cristo è in atto di dare a Giuda un pezzo di pane ; ma non
TRADUZIONE. Delectis medius bis
mezze
certe
di
udir mal crede
altri
l'
coltelli, e stanno in atto di tagliare
buon Lebbeo mite al duol non cede.
sospetta
:
strano
mere
ferire.
a Pier Jacob d'Aifeo
motto onde a Levi
Dubbia Simon
sci
stra oziosamente, se
ardire
Misto in lui scorgi a la viltà del core Qui vendetta giurar Didimo , e amore Giurar Filippo ti par quasi udire.
là stupe
Gli
una linea,
di
e di volto. Sei d'essi
alto dolore,
pronto a
presso arretrasi, e
vi stanno disposti tutti su
che anche Leonardo pose sovra varj piattelli nel suo Cenacolo. Poco fra loro distinguonsi gli apostoli d' atti
amnii a tradire.
,
cinque.
circa
:
E
Natale Rosnati.
largo
e
per banda del Salvatore. Al di sopra del basso rilievo leggesi la seguente iscrizione
tutto in
il
combinazione che
un braccio
alto
apostoli
(aìJ)
lare
marmo
verità
storica
glior partito
e
la
volgare
darsi alle idee del volgo
meglio
ai
opinione onde trarre mi-
dall'arte, tanto più sarà lecito l'accomo-
mezzi
(35) Il chiarissimo
dell' arte
, ,
allorché queste
come
abate Andres
impressa in Mantova provò clic gli amori di Bidone con Enea creduti dal volgo romano. (36) Sez.
33.
si
prestano
nel caso di Leonardo. in al
una dissertazione tempo di Virgilio
erano
generalmente
AL LIBRO TERZO. (f)
Il
Boccaccio
dìcea guasw
disegno dall" avarizia degli
esprime nella Vita renze dopo aver
V arte gni in
Dantt
di
tassata
,
tempo 1" arte del Ecco com'egli si
suo
al
artefici.
rivolto alla città di Fi-
,
avarizia de' mercatanti
1"
un tempo nobilitata fu dagli ingedalla tanto che una seconda natura la feciono ,
quale
la
^
,
B
avarizia niedasùna è oggi corrotta e niente vale.
bile
:
con cui accenna
finse
la
dicendola
la
trova più d'
la
qual frase
scritti
Dante è frutto
gioveiiile
degli
stndj
il suo Vitruvio alla pag. XLVIII a tergo. Gault sbagliò circa il luogo di questa copia, di-
Veggasi
(7)
Il
cendola a san Girolamo sul canale.
(8)
si
co™ ( Camobitamm ) VTILITATEM KESTAVRAVIT AVXIT ATQ EXORNAVIT CSNOBIVM (sic) HOC DON BALTHASAR SVDATVS A' MEDIOLANO. DEI GRATIA PRIOR AD
.
.
.
.
In età
più matura egli rifece meglio e più gravemente questo suo lavoro , iiitrodiicendovl cose e modi nuovi , accorciando molti prolissi periodi, e troncando molte
.
.
.
MONASTERU
EIVSDEJI
superfluità, fra le quali l'indicata allocuzione a Firenze,
MD=XIV
conseguenza anche il pasdo in cui accusa la Di tal riforma di questa importante operetta del Boccaccio mi e venuto alle mani e
.
.
.
del Vinci.
suoi.
e fatte
sua esi-
stenza presente o passata. (6)
Per quanto poi spetta a questa opinione del Boccaccio intorno alla pittura, è liene di osservare che la Vita di
trarre jiotizia alcuna di
nota-
perfezion dell'arte,
una seconda natura, una volta anche negli
fatta
non potei
scrivere
molte lettere scritte
per
so bensì che
dirlo:
per
.
pittura di decadimento.
un buon codicetto (a)
È degno
exitum fecit postqnam Mgyptioruin conipendiariam invenit.
jiia^nm artìs
audacia tani cosa
Glie
si
fosse
questa invenzione degli Egizj , è difficile il chiarirlo; ma doveva di certo in qualche parte assomigliarsi al-
comunque
l'intaglio, e
Nel
millesimo
scancellata
1437.
osservazione a questo proposito un passo che anch' egli dice che la Pittura non
d'
di Petronio,
alium
scritto nel
fosse, doveva essere un
modo
qualche
e il
clie
dello scarpellino
errore
ignaro forse delle
,
romane.
cifre (y)
una cifra anticamente venne probabilmente corretto
scorge
si
con
,
solo per la storia
È certamente grande sventura non
ma
per la critica,
altresì
per lo studio delle
più de' libri che ne trattano, siano
un' epoca
decaduta del
T
cui
in
tutto.
I
cominciava
arte
stati
che
arti,
scritti
in
decadere o era
a
abbiamo male delle
nostri secentisti, da' quali
prontamente de' mediocri prodotti d'arte: la qual cosa arreca sempre impedimento al progresso dell'arte vera, cui apporta invece
gran numero di scritti,
cerio danno e generale discredito. L'aureola non è sempre il distintivo della elezione
ogni mediocre opera , e con ciò prevennero e corruppero i giudizj la cui general corruzione accrebbe la corruzione dell' arte. Gli encomj poi che davano del pia de' quali non rimane ai loro contemporanei
meccanico
di
moltiplicare
(3)
beato Giovanni Angelico da Fiesole fece più volte Giuda col capo cinto dell' aureola. Veggasi la Tavola XVII del primo volume dell' ^friir/a Pittrice e varie opere inedite dello stesso amabile e della santità.
pittore
,
Il
trasportate
di recente
neirAccademia
di Fi-
Vedi il cap. L e il cap. LXXVIII. Prima della copia di san Barnaba dovrebbe porsi in ragion d' epoca una copia che il signor professor Malacarne scrisse al cavaliere Amoretti aver veduto due
(4)
(,5)
anni sono in un' antica cappella de' signori di Saluzzo in Revello. Egli anzi assicura essere quella
del
Cenacolo
di
mano
una ripe-
stesso Vinci
dello
il
,
quale , secondo il detto signor professore, dipinse allorché passò qualche tempo quest'opera nel i5o6 nelle vicinanze di Saluzzo , di che tutto trasse indizio pubblicata dall'Amoda una noterella di Leonardo retti alla pag. 100 delle sue Memorie storiche. Quella ,
,
miglior tempo
appena ne
sue
della Pittura
quale reggio
senza che alcuno scrittore an,
io
non saprei
da
composto
in cattive terzine; nel
Taddeo Zuccaro
con poco giudizio
dice
,
lui
,
quel suo stravagante Lamento
in
elogio di
1'
dietro
,
opere in prosa parla del Vinci
rare
motto
fa
,
mcn
e del
Cor-
discrezione e
nessuna cronologia,
A
questi seguì poi
un Parmigiano
Di molta grazia
e
finisce
,
attribuisce
si
,
suna .delle
Oda
alibia dato indizio
nel noto sonetto
,
ad Agostino Caracci , si pone Nicolìno sopra Michelagnolo e sopra gli altri grandi , e non saran pochi quelli che dimanderanno che in neschi sia questo Nicolino. Federico Zuccaro
critica
moderno ne
Venendo più verso noi
gegni volgari.
compare maestro Benedetto. Come poi questo tesoro stato tre secoli sepolto
profuso
l^ittorico ,-clie
stessa
tico o
gusto.
merita sovente questa taccia , e si trova il titolo di divino a molti in-
,
libri
Alla
sia
ogni altra cosa di
,
E
,
,
di
opera lodevole, superavano quelli de' primi luminari della pittura. Il Vasari stesso, che pure appartenca a
non
ci fa
,
,
menzione se da Leoche di certa pietra buona- da macinar colori della al Monviso presso Mqnbracco nardo trovata a qual pietra gli ò promessa una tavola da un suo noterella pertanto di nuli' altro
giudÌcaron(r assai
come
Essi solcano per Io più profondere elogi smisurati ad
ne' suoi
renze.
tizione
disegno
arti del
maniera il
le
lor
Andrea
,
leggiadria,
Vinci, et un
con versi non
^
Bellori
la
quinta
Romano.
dissiuiili dalla
stanza della sua
dicendo, glorie al paro VAbhate e Leonardo nlzaro-
alla Pittura
E
somma
poscia un Sarto, un
:
255 11
che
chiamava Pi-otogeni ed Apelli quc'pUtori
I\Iariiio
presentavano di loro opere. a' tempi a noi più %'icini , il Gori nelle note al Condivi mostra di credere che Michelagnolo non vedesse jjomini ignudi. Giampiero Zanotti il
E salendo anche
que' suoi prosaici endecasillalji ad Ercole Lclli colloca Leonardo dopo Pellegrino e Giulio Romano ; e lo stesso fece in prosa monsigiiov Eottari. Simil-
in
mente il padre Fedele da san Biagio preferiva Pietro da Cortona a Ra/Taello. E di simili grossi giudi?] potrei dare lungo elenco se non temessi di comunicare al,
quella noja eh' io n' ehhi in leggendoli. Volli però un saggio , acciocché coloro che si danno a
trui
darne
studiare le autorità
cose delle arti affidano
si
ponderino hene a quali non essendo mai ahbastanza ri-
,
,
petuto consiglio quello di pesare le opinioni e i giudizj secondo gì' interessi e il sapere degli autori , secondo la natura de' lihri in cui tali giudizj ed opinioni si leggono , secondo 1' età in cui que' lihri furono scritti , ed in fine , secondo lo stato nel quale in quella età trovavasi la letteratura e la hlosofia.
(11)
proprietario di questa copia,
Il
mi recai
a hella posta a Sassuolo, ci'edendo d' ivi vederla presso di luì
mi
offerse gentilmente di
si
5
per imperiose
cosa
qua'i
mostrarmela
se Ìo
,
Modena alcune settimane;
fossi trattenuto in
circostanze
alla
non ho potuto
aderire. a
Di quest'altro suo cenacolo parla sua Vita coi seguenti versi
il
Lomazzo
nella
Fece
miracol de
il
li
pani et
,
discorda dalla storia.
Lomazzo era minore di Aurelio di soli otto. anni. Se Pietro era minore e di Aurelio e di Evangelista , doveva esser giovine nel i565 , anno in cui prohahil-
(18) 11
Debbo
vedendo notato prima Giacomo il Maggiore, indi Tommaso , e vedendo nell' opera la testa di-Tommaso prima di quella di Giacomo, hanno creduto che questi apostoli dovessero chiamarsi in
che
il
nome risguarda
il
modo
Ma
inverso.
posto stabilito alla
figura, non l'accidentale posi^.ione della testa; e di ciò si ha patente argomento in questo istesso quadro,
vedendovisi medesimamente nominato prima Pietro che Giuda, quantunque, con caso conforme all'indicato, Pietro porti la testa dopo quella del suo vicino. (16) Decreta, quce nos Federicus Card.
Borrom^us Archiep.
Plebis Capriaschm Nastrai Med.
visitatione
in.
Anno MDCVI. mense Octobri confecimus.
Fontis
=
Jn Ecclesia par.
titolo
De
Ecclesia,
et
S.
aliis
(fol.
Ambrosii Loci Pontis. rebus niaterialibus
,
ai)
Nel
fol.
aS
a tergo leggesi Farictes
aptis coloribus pingantur meridionales
questi versi
effigie
la chiesa.
Amoretti
notizia dell' esi-
la
stènza di questa copia.
Dopo il FECIT vedesi una scancellatura die, osservata attentamente, non dimostra altro se non che prima vi era stato scritto FECEKUNT.
(20)
(21) Leonardi
Cceiiaculum,
summa parte
sive
TricUiiium,
quod
di
si
non
,
ut
sint dissimiles. »
può aver qualche lume intorno
Bernardino Luino. In Sarouo
nella
,
Disputa
si
mostra
vecchione che sta seduto a dritta di chi de''
auloì
exempla
hujus monasterio, quod sanct^B MaricB Gratiarum dicitur. cum ego olini injidum tanto operi parietcm, exciden-
Dottori. j C^neMe
inspexissem,
desiderio
exarsi
conservandi
arguendo, spem, primam meam omneni infregit ; deinde monitus, ut capita salteni nonnulla Apostolorum quce adhuc , exstarent, expriniere ne cunctaretur, postquam id fecerat,
duoque
vel tria capita comparuere, sic desperatione damnata sua, spes mete ultra crevere. Ita lente, et laborìose, et
magno omnium
opus
dipinture
taidio
absolutum,
est
per temporum etiam intervalla jam exstat ; argumentumqne quod non lintei
quale
difficultatum istarum esse potest hoc ipsum,
nnius continuato tenore, sed separatis, interpolatisque lintcis hcEC triclinii exempla continentur. De artijicis fide dubitari non potest, quia et Leonardi ipsius in
exemplaria membranis reperta sunt ad hanc eandeni formam, et
arti/ex ipse craticula, et
dilucidatione singula capita ex-
plo ravit. Indi dopo
primo siegne
il
passo che abbiamo riportato nel libro
a dire: igitur
hoc uiter prcpcipua Musei nostri, carum
nobis est, cariusque porro
penitus
di questo grazioso pittore quel
bianco per antico pelo
in
prostat, cogit transire pleraque alia,
jam vetustate dilaberentur , exciderentque ttctoriis, exprinenda curnvimus, atque hinc inde collegiinus. EeliquicB cotnacuH cernuntur adhuc in Urbis
CiEnacidum
reliquce EcclesicB parti
al ritratto
cavaliere
al
si qua humana ope id assequi possenii ac super ea re probatum mihi pictorem appellavi. Js pieno desperationis sermone corruptas , et evanidas, dilapsasque figuras
(15) Alcuni
Mediolani
,
operis,
insieme la sua cena , dove Giuda Mostrai qual trnditor in viso e in gesti.
guarda,
tempo di sguardo penetrante di pel biondo e vago , come dice il Lomazzo; e in fine d'una età che non
tesque cnistas Christo
pesci.
E
è evidente
,
Ibi
:
Nel lifcttoro poi del Monastero Maggior piasi V historia quando
come
;
crederei riconoscerla in quello de" Magi che guardalo spettatore, eh' è una figura vivace e dolce allo stesso
Luini operum, qu(s cum
questo passo della prima edizione Bianconi fu malamente troncato ed
alterato nella seconda.
Da
noscono anteriori al secolo XVI?- Da ciò si conchiude facilmente che quel vecchio non può rappresentarlo e se mai in Sarono v' è la sua effigie io
che
(r-^.)
(17)
posBernardino fosse neh 1 5a5 un vecchione grinzuto nonagenario, e avesse tìgli 'molt' anni dopo? Per altra parte quali opere di > Bernardino si co-
che
qiim cujuslibet tenere oculos passim, inprimisque
della Guida del
X
crale conservataci dall'Argelati/i. Ora" co'm' è egli
sibile
carte 43.
(13) Avvertasi
I-
a parer mio è la più hella di tutte quelle opere. Aurelio che era il maggiore de' suoi figli nacque nel i53o, secondo che apparisce dalla sua lapida sepol-
hujus
(12) Veggasi
Dioeces.
l'iscrizione di Bernardino nella Presentazione al tempio,
(19)
allorché
come prova
,
clic
mente dipinse ed ornò
(10) Veggasi la nota 34 del libro primo.
MDXXV
furono condotte a termine nel
quotidie
amisso Leonardi opere
,
erit
jam
dilapso,
quod thesauri
et
alicujus
semper ìiabitum est. (aa) Dal passo del cardinale citato nell' antecedente nota si può dedurre che T autore della copia si sia fatto ajutare, e ciò apparirebbe specialmente nella testa di loco
Cristo di lunga
mano
inferiore alle altre, e che
sembra
,
256 molte
che
opei-e
estrarre dall'archivio ambrosiano. Dall' istrumento della
cardinale Federico Borromeo alla Pinacoteca ambrosiana di molle opere di disegno , nel quale istrumento si legge T intero catalogo delie dette
donazione
fatta dal
opere, sotto T articolo Copie fatte con diligenza, si ricava quanto segue Il Cenacolo di Leonardo copiato da quello che si vede nel monastero delle Gratie da messer Andrea Bianchi :
detto
Vespino, lungo braccia tredici^ et alto un brac-
il
e mezzo.
cio
La Madonna grande Andrea Bianchi detto braccia
Vespino
due,
once
et
tre
copiata da messer
Leonardo
di
il
sopra una tavola
,
e
larga
Anna
e
alta
due braccia senza
cornice.
bambino che scherza con V agnello , dipinta da messer Andrea Bianchi detto il Vespino , non copiandola da altro quadro simile dipinto , ma solo imitandola dal cartone di Leonardo. E
Una Madonna con
senza cornice (
Da
ciò
et alta braccia
,
si
S.
deduce
eh' era
due
Christo
mezzo,
e
larga due.
e
tuttavia in Milano
de' cartoni fatti dal Vinci su questo argomento
uno
e sarà
,
prima posseduto da Aurelio Luini ^ passò da poi nelle mani del padre Seliasliano
stato forse quello e
clic
Kesta). teste d' Apostoli copiate
,
rono a comporre
Cenacolo.
il
Una Madonna
una
et
S.
Elisabetta
con Christo
e
San
un agnello , larga braccia tre e tre once , et alta braccia due e mezzo cavata da messer Andrea Bianchi detto il Vespino da quella che fu dipinta sopra il. muro dal Luino vecchio, bambini
Giovanni
abbracciano
che
^
Una Madonna e con
,
del Luino detto
col figliuolo
nudo
in
ritratto al naturale
un
vecchio a
Vespino
il
,
,
Gio-
braccio e S. cavati dalle
opere
Lugano da messer Andrea Bianchi e once otto
alto braccia unq
,
largo
e
mezzo , senza cor idei. Le tre Marie con un bambino , copiate dagli originali del Luino in Lugano da messer Andrea Bianchi detto il alte un braccio e once nove , larghe un bracVespino
un
e
,
cio e tre once
Tre
teste
,
senza cornici.
che rappresentano tre Sacerdoti Giudei caLuino da messer Andrea Bianchi
vati dagli originali del
detto
il
Vespino, alte un braccio, larghe uno
e
due once,
senza cornici.
Tre altre
teste
cavate
dipinta dal Luino in
detto
il
Vespino,
daW opera
grande della Passione
Lugano da messer Andrea Bianchi
alte
un braccio,
larghe
uno
e
due
cio e
detto
Apostoli dal mezzo in su, alti poco piti d'un bracpiù, lunglii , dal detto messer Andrea Bianchi Vespino, copiati dal Cenacolo del Luino a Lugano. altri Apostoli dal mezzo in su quasi delV istessa
poco il
Due
grandezza j copiati dalV
istesso
Vespino
dall''
istcsso
luogo.
il
Vespino,
un braccio e otto once
alto
,
e
da
copiato
V originale
è
e largo nove.
Una testa di S. Caterina grande un palmo, copia fatta da messer Andrea Bianchi detto il Vespino da un altra del Luino , alta sette once e larga sei.
Un giovane
rappresentato
senza cornice,
neW -oscuro
messer Andrea Bianchi
da
vestito di pelle
quale è copia del Parmigianino
il
detto
U
Vespino
,
,
fatta
un
alto
>
braccio e largo tre quarti.
Molte di queste opere, oltre le notate tJne teste, non si trovano pìii e s'ignora come siano sparite. ,
L' istrumento, che meriterebbe la pubblica luce per intero, è rogato da Giacomo Antonio Cerniti, JVotajo Attuario della Cancelleria Arcivescovile, nel 1618. Si trova nuovamente menzione del Vespino e del
suo Cenacolo nell'inventario del 1661 firmato da varj del Cole concordato da Giacomo /'iii/JjJO Buzzi , Dottore Tomlegio Ambrosiano, e nell'altro del i6S5 rogato da
maso Buzzi
3i
il
agosto di quell" anno, e in varie altre
carte posteriori.
Intanto V elenco qui riferito delle molte opere dol Vespino dimostra quanto egli si fosse esercitato intorno alle cose di Leonardo , e del suo più illustre imitatore Bernardino Luino; con che si aggiunge pregio
ed autorità alla sua copia del Cenacolo. ,
Biblioth. ecc., toni. sec.
,
part. ali., pag.
1909.
cavaliere Giuseppe Longbi , il quale attende ora ad incidere lo sposalizio della Vergine di Raffaello. Ecco l'origine dell'errore del De Pagave. Il 5 ago-
(a5.)
Il
(26)
1781
sto del
eh' era
signor de Gnttenbrunu, pittore tedesco
il
passato
da Lugano
,
descrisse
al
De Pagave
quelle pitture del Luino. Nel ragguaglio che il De Pagave medesimo scrisse di tal descrizione , dopo aver parlato
della
Crocefissione
grande
de' zoccolanti
ag-
giunge: Oltre cjuesta mirabile e grandiosa pittura, mi dice (
il
Guttenbrunn
)
che nel Refettorio dei detti Padri
vi
abbia pure Bernardino dipinto la cena degli Apostoli desunta da quella di Leonardo nelle Grazie, e che questa sia bellissima e singolare. Il pittore disse
desunta
per le varie figure imitate dal Cenacolo vinciano il De Pagave intese copiata: il De la Valle bebbe l'errore, e da lui fu sparso negli altri che scrisser dopo. Di quest' opera del Frate mi è riuscito d'avere :
(27)
l'originale disegno a penna, soltanto però della parte superiore. Per esso ( che poco dal dipinto a fresco
del tempo si può scorgere ) si vede che non solo imitò la disposizione delle ligure ma persino l'andare de' panneggiamenti. Era poi costume di Raffaello, accennato anche dal Vasari, il ritrarre tutto ciò elio trovava potergli un giorno servire, ed io tengo un liliro tutto di sua mano con circa cento disegni, fra i quali non pochi sono tratti dai
pei
danni
Raffaello
,
più celebri autori del secolo XV, e vi si riconoscono copiate con bellissima maniera e leggiadria singolare varie cose del Pollajolo , del Ghirlandajo, del Van-
nucci, del Mantegna
once, senza cornici.
Bue
,
opera pur
senza cornici.
sefo
del Luino
(14.)
da messer Andrea Bianchi detto il Vespino dalle opere di Leonardo , in un sol pezzo alto un braccio , e largo uno e mezzo , senza cornici. Queste non esistono nella galleria. Saranno forse ( state alcune di quelle fatte da principio per esperimento e che non essendo riuscite bene , non servi-
Due
gambe,
Crocifisso senza bracci e senza
messer Andrea Bianchi detto
lavori del Vespino
i
Un
nelle
ho esaminate.
di lui
Ecco quanto ho potuto circa
(28)
dal Vcspino
tenuta
dalla
diversa
maniera
di
(28) e
Sono
tra le altre
rarità
quelle
,
del Vinci, ecc.
singolari per la squisitezza, copia
de' signori
Gio.
Giacomo Trivulzio
,
Francesco Reina. (39) Altri amici mi prestarono cortesemente o delle copie dell' opera, come i signori Cigalini , Masera, Ferrari,
Gaetano Melzi
e
,
2S7
Commerio Keina
o de'liljri, come i signori Stoi'ck e Maino, Melzi j o in fine de" preziosi manoscritti e
,
;
de' disegni
Lome ad
,
come
altri
signori Trivulzj
i
che per esser
,
tutti,
quali
ai
-,
non nomino
breve
,
professo riconoscenza ed obbligo infinito.
Dal passo citato del cardinale Borromeo abbiam veduto che il Bianchi condusse qnest' opera multo et
(30)
suo et alioruni tmlio.
E osservabile che buono nella pittura
artefici
gli
di lappresenlare
mai tavole
neir aperto
,
sia
per finestre
per porte
,
si
stile
per archi-
,
come
os late aperire indecoro gestu
,
i
neir atto secondo della Cassarla pregato d' ascoltare :
cessò
si
,
che
rallegrare
di
cielo
nelle più
vedere quanto
anche
il
del vedere al contrario pare chioda
Trar fiato o bocca aprir o batter' occhi si vedea cW riguardanti alcuno Tanto a mirar a chi la palma tocchi
Non
i
De' duo campioni intento era ciascuno. (34) Vedi
dizio
XXYII del Paradiso. Ad inpronta mobilità di sangue propria degli
mirabile canto
il
della
È
iracondi,
io
accennai nel collo di Pietro
attraversa
il
mastoideo.
giorno.
del
ore
e
questo loro genio d'imitare ovunque poteano
lo
,
il
cie-
apparisce anco ne' poeti, che ne moltiplicarono
le
(35)
Anche
nell' originale
si
componeano Y
lettere che
la
vena che
scorge qualche traccia delle
iscrizione Juda Traditor. Fino
descrizioni in mille modi; né sarebbe sembrato airAli-
dal
ghieri di dar nobile fine alle
lessero significare, perchè certune eh' egli imitò
sue
toccare delle cose belle, di che
cantiche senza
tre
cielo si adorna,
il
fin
respiro non che labocca: cosi lo stesso Ariosto:
pensassero meglio;
splendide gli antichi
Furbo,
dire a
Meglio le tue parole. L' attenzione
nel
e
,
fa
Aprirò la bocca anco cicdoccìiè m' entrino
pittura
la
,
il
regìtur, quoties accu-
ad fineni suum non inutili, ecc. In oltre l'aprire la bocca sospende il rumore che fa la respirazione pel naso, da. qual rumore l'udire è talvolta impedito o confuso. Simile atto in circostanze simili imitano anche poeti osservatori della natura. L'Ario-
sia
,
campi decadimento totale, per una mal intesa ricerca del rilievo, si sono per sino visti cieli nottùrni affatto c neri mentre le figure erano illuminate vivamente da luce aspra e tagliente
instinctu
et rustico, sed
sono fatte
vedesse
si
AH" epoca
artifizj.
cominciò a decadere
non
non
cielo
il
de' quadri coir aspetto del
facile
ratius vult sonos percipere
sono sommamente
si
cielo, c
il
in cui
tetture e per altri
che è durato lo
fino a tanto
,
quasi
hominem qui naturali
sto
(31)
dilettati
est
tempo pero del Bianchi non s'intendeva che vonon
s'intendono più che nelT originale. Vedi questo stesso libro.
,
nota 41 di
la
La parte importante della raccolta del De Pagare consisteva in un gran volume pieno di disegni d''ogni maniera in numero di settecento circa posti senza alcun ordine ne scelta. V era in oltre un libro con
(37) Questa mezza figura, della quale vedonsi varie antiche ripetizioni , esiste nella Pinacoteca ambrosiana.
molti piccoli
(38)
(Sa)
,
sta.
L' origine
distigiii
di
raccolti dal padre Setiasliano Re-
questi
seguente iscrizione che
può scorgersi
disegni
dalla
De Pagavo aveva posta
il
nel
detto maggior volume.
(36) Trattato
(3r))
pag. 465.
,
Sono parole del Vinci. Vedi il Trattato, cap. CXCI. Nella stampa di Firenze la testa di Tommaso viene
a coprire
co' capelli la linea perpendicolare della fine-
superiormente aperto un quadrato di cat-
stra e lascia
Tanto neir originale
tiva forma.
PICTORUM INSIGNIUM PR0T0GR4PHA QUAE N0BILISSIM4E ARTIS CULTOR EXIMIUS
,
quanto
CARDINALIS S. R. E CAESAR WONTIUS DIUTURNA CONQUISITIONE COLLEGERaT ANNA LOAYSIA COMITISSA MONTIA FAMILIAE SUPERSTES
YENANTIO PAGAVIO AMICO ET AFFINI
DONO DEDIT ANNO MDCCLXX.
(40)
Lomazzo
,
Trattato pag.
tutte
in
copie da me viste, questa testa campeggia con ottimo effetto.
sul
le
cielo
4-65.
L'essere stata questa testa presa da una persona viva e nota può render in qualche modo ragione del
(41)
perchè Leonardo scrivesse sul nastro della tunica di Giuda Juda Traditor ; mentre nelle figure degli altri apostoli non pare eh' ci 2:)onesse iscrizione alcuna. Colui che avrà servito di modello per l'apostolo Matteo, trovandosi forse
jjroverbiato d'aver servito per per togliere l'occasione di tal beffa, avrà dimandato che Leonardo dichiarasse qual fosse il suo
HANC COLLECTIONEM EGO VCbÌANT[US DE PAGAVE
riscariote
AUXr ET FEllFECI. (33) Nelle copie di
delle più
Marco
ragionevoli,
ha poca espressione
placido osservatore di
Bartolomeo
la testa di
ma
è
una
bocca chiosa, un attento e un oggetto visibile che non un
e
,
,
standosi
a
figura assai meglio
perturbato ascoltatore di gravi sentenze,
il
figura, e per l'appunto su quella che più
quale aspetti
di
,
e
comune
che
i
pittori
non
trascurano mai
d'imitarlo allorcliè accade di rap[>rcsentare ascoltatori attenti e
commossi. Cagione
di
cazione che anche per la bocca
tal si
il
l'organo dell'udire. Auricola, dice Haller via
est^
per quam soni ad tympanum veniunt
per nares
comunisuono verso
atto è la
apre
;
Giuda mediante la indicata iscrizione; di che da Leonardo umanissimo e gentile sarà stato di leggieri compiaciuto. Senza questa congettura è difficile lo spiegare il perchè Leonardo mettesse il nome su di una sola
,
con ansietà ciò che l'oratore è per soggiungere. L'apertura poi della Ijocca onde udir meglio è atto, si naturale
,
,
non unica
est et altera
et os et Eustachii tubarti seniper patula.
Certum
facilmente
ogni altra poteva venire riconosciuta.
potrebbero eccettuare (42) Giovanni Angelico da Fiesole; Si
un
non
Cristi
i
ma
dipinti
la natui-a o
da fra
maniera
notabile eccezione alla natura o maniera generale. Fra Giovanni Angelico poi peccava in questo, che faceva fisonomie dolci a tutte le sue di
artefice
figure di (43)
fa
qualunque carattere
Sembra che
a tali
si
tradizioni
fossero. si
attenesse in parte
Leonardo nel rappresentare Cristo fanciullo, quale dal Lomazzo è descritto. Vedi jl Trattato, pag. lay. 33
,
,
258 (44)
ecumenico co-
Concilio
terzo
del
La definizione
neW umanità
dichiara Cristo perfetto
stantinopolitano
che in tal
praticare con quelli
modo
chi volesse in tal
modo erano
Nè
itotati.
per
interpretare quest'atto farebbe
Mouoteliti. Tal perfezione , pittoricamente i presa, non può venire espressa che dalla bellezza delle forme. Uomo perfetto è parimente chiamato nel quarto
imitato colla il vederlo soltanto leggermente elevazione del dito medio senza la complicazione delil le altre dita. Da ciò anzi si trarrebbe di che lodare
Concilio ecumenico della stessa città. Veggansi in oltre alcuni passi della Scrittura che alludono alla bellezza del Figlio deW Uomo. Il gesuita Vavassore nel suo libro
pittore perché
contro
C'hristi intese di provare con molte autorità, che Cristo non fu nè bello ne brutto; ma guai al pit-
Deforma
tore che seguisse la sua opinione:
il
vero del critico
è diverso dal vero pittorico. (45) "V'eggasi
libro
il
De
quanto abbiam detto
nou
dignità
(46)
è data se
vescovo di
Trinitatc di S. Ilario
che
Avvertasi in oltre
Poitiers.
consentaneamente a
anche nel passo di
,
non
S.
Ilai'io
la
alla potestà.
passo di Matteo Bandello leggesi nella LV noIl frate dopo avere nell'esordio
Il
vella della terza parte.
novella disapprovato
di tal
chiamate
Machiavelli per aver
il
esce a dire
onorevoli alcune scelleratezze,
de' malefìci: Questi tali dovriano tutti esser senza rispetto
veruno mostrati vituperosamente ad ogni gente col dito di mezzo per più loro scorno. Dico col dito di mezzo gli antichi
che era manifestissimo segno appo levano mostrare uno scellerato
complicando
mano
nella
e
tutti
si
che
;
quello
diti,
altri
mezzo distendevano acciocché ciascuno
quando vo-
uomo
facinoroso
gli
di
guardasse dal
difficoltà
non diede che un lieve cenno
di
un
che avrebbe deformato comicamente la mano. Cosi gli antichi allorché voleano rappresentare il riso, o qualsivoglia affetto che notail dolore il pianto ,
gesto,
imitavano taL bilmente alterasse la forma del volto cose con gran parsimonia, temendo di offendere le leggi del decoro o della bellezza. Parimente sobrj si mostrarono allorché si diedero ad imitare certi atti ,
destinati a misteriosi significati
come
,
Nemesi e in quella di Mercurio il Museo Pio-Clementino.
,
nella figura di
su
che reggasi
di
Nella stampa di Firenze rimasero senza bicchieri apostoli Pietro e Giovanni. anche acquistare (40) S. A. I. il Principe Yiceré volle quale mi il Cartone da me eseguito del Cenacolo, del (((.7)
gli
premiò largamente i e di recente, cioè il aa dicembre del 1810, avendo stabilita a vantaggio de'più distinti allievi dell' Accademia una scuola speciale di pittura, particolarmente destinata all' insegnamento de' principj generali dell'arte e delle teoriche della composizione con di quella si compiacque di crearmi Professore ,
decreto per
me
onorevolissimo.
AL LIBRO QUARTO. Ecco
(i)
copiata dal libro intitolato
la lettera di Platino,
Epistolix Platini
cum
orationihus ,
tribus
et uno dialogo
stampata da Gottardo da Ponte nel i5o6
,
in 4.° piccolo.
in arce locari
i
Platinus Joanni Thomce Plato patruo
S.
su
Oltre
pubblicati nel iSoa.
versi del Piatto
stampate
D.
debeat, ut de operibus Phidim tradìtur. Vale.
Garlaschi pridie Chalendas Septembris M. ecce. L. xxxix. leggesi fra Il tetrastico accennato in c^nesta lettera
questo argomento
,
le
generale conservansi varj epigrammi inediti di
meum
Tetrastichon
litteris
ils
inclusum vtlim prò
humanitate, mi Fatrue,per unum ex famuUs
tuis
tua
Leonardo
quamprimum meo nomine reddendum cures. Quod a me jampridem ipse petieratj et ego receperam me facturum in statuam equestrem loricatam, quam Divo Francisco Sfortice benemerenti gratus
Fiorentino nobili Statuario
optimo patri
inquam:
filius
licet
Ludovicus Frinceps positums
imparem me tanta
rei
est.
Recepì
cognoscerem.- cui ne
a poeta quidem egregio satisjieri posset, sed non sum ausus offitium tam debitum ei denegare. Tum propter ingens stu~ dium meum erga Principem illum, tum non levi quadam
cum
qu(s mihi
ipso
Leonardo intercedit
amicitia.
JVeque
[amen temere suspicor idem a compluribus aUis eumdcm artijiccm petiisse qui multo fortasse disertius rem ipsam expriment. Sed, utdixi, ne tam pio muneri divinique principis monumento prxsertim requisitus defuisse viderer ;
coarguique possem ingratitudinis ; hoc oneris admisi. Nani
qucm divi Francisci res ego sum; quem princeps
si
ornavit,
novi
gestas celebrare oportet, ille
ornamrus amplius
quem
si
is
certe
noster optimus et amavit et vixisset.
Equidem
et divus Franciscus Sfortia dilexit,
promes aliquid digmim tanto principe,
si te
tu
recte
quoque
et tale profecto
quod
rigoni
mandati da Napoli a Lodovico
,
cose
nostro archivio
nel
un Ar-
ed accompa-
,
da una stravagante lettera. Da ciò si giudica che la fama dell'opera di Leonardo era sparsa per gnati
tutta Italia.
Ciò si desume da alcuni versi stampati dallo Zaroto nel 1494.
(2)
(3)
di
Lazzarone
Pietro
Questo ricordo di Leonardo fu alterato da molti maIl Venturi fra gli altri nel suo Essai ecc. alla
lamente. pag. 37
il
commencé
tradusse
come
siegue:
ce livre et la statue
Le
equestre.
avril
La
1490/01
lettera del
Piatto scritta nel 1489 prova ad evidenza l'errore.
Lo
composizioni scritte a quell'epoca sul colosso, come pure il pusso del Sabba da Castiglione, che citai nel primo libro. TAmoretti nella nota alla tavola XL (4) Cosi credette della Raccolta de' disegni di Leonardo , pubblicati da stesso
provano
le
Carlo Giuseppe Storiche
non così però nelle Memorie Tutto peraltro era pronto per la
Gerii:
del Vinci.
gran fusione, la quale a memoria d'uomini era la magsi tentasse dopo le opere romane. Non man-
giore che
cava che
il
metallo. Lancino Curzio diceva, fiuat
ces:
vox
erit:
ecce deus.
269
Lo
stesso
viene
ti
coufemiato
rarissima opera con magnifica luce per [a munificenza del alla pag. 20 del quarto
Marchi,
la cui
edizione rivede
ora Li
Duca
libro
dal
di Lodi.
Quest'autóre
della vecchia edizione,
nuova in foglio alla pag. ao3 del tomo terzo, ragguaglia de' preparativi di Leonardo per gettare il colosso, colle seguenti parole: Dicono che Leonardo di Vinzo Toscano valente Scultore volendo fare un cavallo della
e
ci
Duca
di metallo al sola
ma
tallo
che
ne volse
tre,
il
fuoco
si
una fornace
cV
fidò
quali potessero disfare
le
esso cavallo vi
in
diceva che
Milano non
di
andava
:
il
me-
ragione che dava,
la
una fornace non poteva fare venire
d''
bagno tanta quantità di metallo, perchè non poteva arrivare per sino al fondo: ancora che di sopra si vedesse
in
metallo disfatto, non per questo era disfatto quello da basso: per la gran quantità, e per il grave peso non si
il
puoi maneggiare con perticoni ancora che sia disfatto; e in verità incontrò una volta a Maestro Gio. Cutura d'' Avignone facendo artegliaria in Pavia, pose tanto metallo in fornace, che di sopra era in bagna, e ila basso era come latte caggiato,
Siegue indi
che anche un
non potè venire
e
così
il
Marchi a consigliare più fornaci nel
caso di grandi
getto ecc.
il
ma avverte delle grandi difficoltà modo può incontrare per la differenza
Marchi pertanto ragionava coU'esperienza del Cutura; mentre il Yinci colla sola forza della teorica aveva preveduto Il
potergli accadere ciò clie al Cutura è accaduto.
Intanto venne dello fu fatto
oltre tre
lustri
ma
anche
solo,
guerra con Lodovico XII: il mopezzi, ed un'ora di furor militare
un" ojjera d" ingegno
distrusse
di
autore
ali"
ch'era la più, bella non grande che .si fosse fatta in quel
vigilie, e
la più
Spera ora perdita mediante genere.
che costava
d' essere risarcita
l'Italia
di
colo,
era
figlio
di
che ristaurò
tanta
Cena-
il
Ambrogio e cugino del canonico Ambrogio el)be a fratelli Fran-
Bellotti, tutti pittori.
cesco
Biagio, che di|3Ìiisero insieme
e
la
parete esterna
dell'ossario annesso alla chiesa di san Giovanni in Busto sul finire del secolo XVII. Michelagnolo mori nel
174.4,
anno in cui entro in Milano
il
cardinale Pozzobonclli
il
,
CUI ingresso fu decorato di sue pitture. Dipinse anche a fresco la lunetta sopra la porta delle Grazie copiando uu ,
cattivo quadro del seicento
che da alcuni si è attribuito , Leonardo. Vantavasi in oltre di possedere alcuni rari segreti nell'arte, che promise di comunicare al suo cugino canonico ; ma inori prima di mantenere la sua promessa. a
Fnvvi anche un Serafino figlio di Francesco parimente pittore, che fece un quailro per la Canonica di Vaprio ma fu inferiore al padre ed agli zii. Un Matteo figlio di Biagio, avrebbe superato tutti suoi nelParte, se per invidia e rivalità non fosse stalo ammazzato in giovane età a Bologna nella quale città ,
i
i
,
era andato a studiare
, mantenutovi dal principe llasiai. Giorgi aveva molto ingegno naturale, e trovavasi avere moglie , figli e venticinque anni allorché
(13)
II
De
da torniture sufficiente
la
in
(12) Questo Michelagnolo Bellotti
,
getti, tal
de' gradi di calore tra l'uno e l'altro bagno.
suo tempo dell' infelice pittura del Vinci, si può argomentare il poco conto che quell'illustre conoscitore faceva delle vecchie copie di tal opera. (11) Veggasi la nota 2Ì del terzo libro.
disegno
di bassi
lavori
si
diede
al pittore.
pratico a olio e a fresco
e cattivo
stile.
Divenne
ma aveva poco
,
Fu discepolo d'uno zoccolante
di sant'Angelo, dilettante, dal quale
andava a disegnare domeniche. La cosa della sua vita più gloriosa per Ilh fu il rifiutarsi costantemente a ritoccare il Cenacolo. È qui da avvertire, a difesa de' Milanesi, che dei tanti malanni con cui 1' industria umana affrettò la le
Napoleone
perdita del Cenacolo, non ve n'ha uno di cui a' Milanesi si debba la colpa e la vergogna. Pare che fino
Questa iscrizione sente alquanto dello stile del padre il quale sulle stampe e sui disegni faceva sovente note e postille. Se è sua, non è meraviglia ci e
al i5o3 non vi fosse lavatojo presso il muro ove Leonardo dipinse, e vi fu fatto fare in quell'anno da Stefano de Poncher di Tours vescovo di Parigi ad istanza del priore Silvestro Mozolino piemontese. Que, sto lavatojo non bastava al bisogno , e se ne fece uno maggiore nel i6ó3 dal priore Giulio Zaccheria, nobile cremonese. Da questo stesso priore fu fatta allargare
,
il
equestre
colosso
di
che aspetta dal suo Canova. (5)
Ilesta,
si
allontani di tanto dal vero, j^oichè,
altrove
il
,
come
notato V epoche,
si è
Resta confondeva grossamente
e confuse in ispecie la storia del Vinci. Veggasi Vindice
del Parnaso-, ecc(6)
11
dice
Lomazzo
in
un sonetto a pag. gi
Da Pnrrasio fu Da Protogene E
de' Grotteschi
;
ivi
ornato il
il
Puoìiarroto^
il
Vinci illustre e chiaro, ecc.
per chiusa d'un altro sonetto
Protogen che
Non Di
il
cui opra
non
il
è finita
Ugolino Verino poi A\ce
,
pure.
dopo aver lodato
nlcuiii
(8) (())
,
cap.
unam
perfidi anids.
CCLXXIV.
Lomazzo dice con lambicchi. Un frammento del cartone di Raffaello per
(io) Dalle
cure
la
Battaglia
conservasi nella Pinacoteca ambrosiana.
che
il
raccogliere per mezzo
cactlinale
Borromeo
opera
,
sebbene con pessimo consiglio.
AUudesi ;
alla
copia
destinata
di che è incaricato
il
assai
ad esser tradotta in
signor
Giacomo
Ratlaelli,
quale ha di già dato felice principio all'opera. (16) Allorché dico proporzioni o proporzione intendo ciò che i Greci intendevano per simmetria; la qual parola , il
che secondo il vecchio Plinio non aveva corrispondente voce latina, fu dai varj autori diversamente in-
Il
di Costantino
(15)
raosaico
Frotogenis multis vix
all'
(14)
Et forsan superai Zeonardus Vincius omnes; Tollere de tabula dextram sed nescit et instar Trattato
T ultima mano
fu introdotto a dar
Un effetto simile accadeva anche prima, ma meno abbondantemente.
Vinci Divo
dipintori fujrentini
(7)
Mazza
del Bellotti, dell'umido e degli anni dal ministro conte di Firmian tirolese, che ciò fece senza dubbio con
buona intenzione
pennel da sue pitture
levava., agguagliò
porta nel i65a. II ritocco del Bellotti fu commesso dal padre Boldi di Castelnuovo di Scrivia. E finalmente
I.T
si
prese di
del Bianchi quanto rimaneva al
terpretata e resa con
modi
cluamolla analogia: Svetonio di
diversi.
Filostrato juniore
comodità ed equità
la disse
membra: Vitruvio conimisuramento
:
Plinio
il
giovane
egualità e congruenza: Cicerone convenienza diparti, e 33 *
:t6o
composizione
atta
competenza variamente.
meno una tutto
Ma
c
;
tutti
che
Aulo
:
fantasia
delle parti fra loro
greco
al
come
Di questo autore ho trovato,
De
libro
il
Perspecth'a Pictoruni
ma
,
no
che
di
,
scrisse
egli forse
in
corpo uma-
il
altra
ch'egli,
opera scono-
fantasia
sciuta.
(18) Gap.
CLXXIII.
(19) Gap. (ao) Cap.
GLXXV, XLVIIl
che ne edizione
mero
Cap, XLV.
GLXVI
(a3) Gap.
lascinndo la sua or(24) Riporto lo scritto di Leonardo tografia per non cagionar imbarazzo a chi non 1 lia
Chi
in pratica.
mezzo d'uno
ne volesse un saggio specchio ciò che è scritto ps-i
la
ho imitato esattamente
scritto
lo
ginale nella figurata istella
La pone
il
,
lettera
(36)
di
meglio
far
promesse ed
offerte
due
Vinci
concorrenti
opere da
farsi
,
pro-
si
contiene
,
non
già iilcun
St;bbene ivi il proemio del libro settimo. siano citati varj autori di simmetrie arcbitcttoniclie , è probabile che a quelle saranno stati premessi dei
canoni di simmetria umana,
dalla
quale
architet-
le
simmetrie dei Greci desumevansi
come
,
Vi-
reriiLlutogli
si
legge
d''
un
da messer Ottaviano
Berno nel i685 , in 4," , si attribuisce T invenzione d' un triangolo equilatero
per Giovanni
per proporzionare triangolo
perpendicolare
determina
le
testa
la
e quello
^
al
che
si
l'
di
,
Collocasi
de' suoi
lati
tale
rimanga ,
,
,
sotto del mento. L'angolo poi del triangolo
,
j
determina il luogo delessendo alta quanto la terza
forjiia
nel detto luogo un altro trian-
verso la nuca
volge
orecchia
profilo.
diviso in tre parti eguali
misure del volto secondo la solila dividel naso e del rimanente
sione eguale della fronte fino
in
modo che T uno
in
quale
la
parte del volto, golo equilatero
,
il
del lato del maggior
,
cui lato è
un
triangolo
terzo
dell' altezza
misuratore del volto.
Le altre dimensioni poi date dal Volpatti nelle due che accompagnano 11 Vagante Corriera , non s lampe ed oltre hanno uè armonia nò bellezza ne comodo ciò non sono spiegate , essendo questo libro un annunzio dell' opera del Volpatti , non V opera stessa. ,
;
Ma,
tornando
utile di quello
al
di
alla
triangolo,
questo del Fialetti è più
Luca Paciolo.
pagina 43,
della prima
n." 3
nu-
stesso
collo
tutte
carte
tre
43.
11
proporzioni
di
di Pittura,
ma
non
,
nel
già
nel suo libro Delia Natura
Franco poi ne parla nel suo Dialogo
delle
Venezia
in
Queste osservazioni io le ho fatte sulla sesta ediVaria Commensuracion del De Arphe. Le
edizioni più antiche avrajino forse le figure
pubblicala La prima viglia 1' anno i585.
dall'
Autore
migliori.
apparve
,
in
Si-
{3S) Traité des Proportìons de Jean Paul Lomazze par Hdaire Pader. Tolouse , 1649, in foglio. Dal Trattato di Pittura di Bernardo DupnyduGrez, stampato parimente
in Tolosa nel 1699, in 4.", si comprende a sufficienza che le figure d'Ilario Pader non avevano niun vanto di grazia. È ben vero che il Dupuy non ragiona ( pag. i6a ) se non della figura che rappresenta la proporzione di dieci facce; jua se mancava di grazia questa la
è
migliore delle proporzioni, non
che graziose apparissero
le pi'oporzioni
è
da credere
tozze o le svel-
tissime.
Intorno all'epoca
Volpatti , in(29) Nel curioso libretto di Giambattista titolato Il Vagante Corriera , ecc. , stampato a Vicenza
Fialetti
parte
,
zione della
Pallavicino.
a.1
ha
Questa Lettura del Ruscelli fn stampata Griffio l' anno MDLII.
che
truvio stesso dimostra coli' autorità e coli" esemplo. (28) In una nota manoscritta di Leonardo
di
fatto
Bellezze.
(34) ori-
giudizio di opere fatte.
Vitruvio prestatogli o
Condivi
che
Amore.
di
avesse
,
proporzioni
certo avere altra origine, qual
di
,
il
che va
per Giovan
(27) Veggasi
toniche
il
,
suo Discorso
(,j3)
fu trascritto nella figurata
,
de' suoi di
nelle
dove dice neìV
non ha senso. al duca, nella quale
.che
per
originale.
(a5) Fra le altre inesattezze notisi che
istessa
legga
nelle quali
stessa testa,
stampe che rappresentano
il
Inventore.
(Sa) L' Eqnicola ragiona
CLXXIII.
e
1'
delle
libro
suo
Foppa
del
diritti
i
il
non può
sia
(3i) Veggasi
XLIX.
e
(21) Gap. XIL. (aa)
salvi tutto
del quale
CCL.
stesso al cap.
lo
e
sotto
,
che per esso dava
,
Calvario e ricchissima di ligure, superava, sebben sue opere note per fritta a mente , tutte le migliori le stampe. Non sarebbe perciò da farsi meraviglia
non
cjuesto
in
vedonsi che molte teste, non già intero
chiaroscuro
al
dissi,
altrove
a
rappresentante Cristo
elegantissima operetta,
simJuetria.
(17)
dipinto
,
all'imperatore Massimiliano un saggio di quello eh' ei sapea fare senza avere alcun modello davanti. Quella
col vocabolo pro-
porzione, sebbene non risponda con precisione
quadretto
quale egli stesso scrisse in latino
col
c
e
,
prezioso
accordano in esprimere più o
si
intende abbastanza
s'
moderni
e
suo costume operava molto di mera mi ricorda di aver visto un suo piccolo
(3c) Alberto per
rpcipvoca
Gelilo
antichi
altri
co!.i
relazione armonica
il
,
membra
di
m.embra
di
del
Lomazzo
potrebbero porre
si
Girolamo Figino, il quale però sembra non aver fatto altro se non copiare con poche varietà il canone di Leonardo. Il poco che si ha di questo Figino ( che non so qual relazione avesse col già citato Ambrogio), si raccoglie da un quale ha per il libretto di Antonio Maria Venusti gli
studj di proporzione fnttl
da
,
titolo
:
Discorso generale di M. Antonio Maria Venusti in-
torno alla
generatione
,
al nascimento degli
breve corso della vita fiumana,
per Gio. Battista edizione
come
Bidelli.
la
et al
tempo.
uojnini
,
al
In Milano
MDCXIV. in 16. Cito questa me veduta; la prima, se-
sola da
condo l'Argelati , è del i56a. Di questa operetta del Venusti intitolalo Misure e proportioni
de''
,
il
cap.
XCVIII
è
corpi nostri, e volen-
qui lo riporto per intiero e per la rarità del libro, e per onore di Girolamo, artefice quasi ignoto tieri
se c
non esistesse
dì
lui
una medaglia col suo
pochi versi del Lomazzo. Ecco
il
ritratto
capitolo:
Qui non mi pare di tacere alcuni bellissimi secreti circa la
misura et alla proportione del corpo humano
:
i
quali
a mesi passati cortesemente mi furono insegnati dal signor Girolamo Figino, intendente anatomista, miniatore
,
,
261 diligentissimo
che per chiarezza di sangue antico
,
di lui intagli
i
e
presso che
getti
e
testa,
come
c
grandezza
autori
che
:
taccio poi
me anche
tempi nostri,
de''
non meno per bontà di costumi
nobilissimo
animo
pittore eccellentissimo
,
naturali con le
ingegnosissime e con molte altre gran doti a concesse
V unico Figino
.-
liumano mi discorse.sotto l''
mento
tava
:
dal
nascimento
de' capelli in
puma
il
piede
il
mano
della
:
deir una
però alle
le
mano
è
ciascuno
ciglia
dalle
,
aW
piedi alla
quelli
ciglia
lungo r orecchio
di
Il
ossa del petto
,
mento del membro e
tenendosi
naso, de''
dal naso capelli
,
predetti spatii è
de''
diametro della cintura
al
che
del petto al nascimento
uomo:
lunghi diti
e
de""
e
di-
mano
dalle punte
braccio,
la
la
,
al fianco, dalla piegatura della
dentro
mammelle alVombilico, dalVuna
dell"
più
altra,
al
nascimento
al
ciascuno
e
,
poppe
alla piegatura
ultime
deW
:
tanta
:
cima del capo
de""
mento
dal
dal
:
quarta
è la
virile
orecchio sono spatii eguali e grandi quanto
terza parte del volto. stantia dalle
da'"
alla cima di
braccia distese:
dair occhio
decima:
dal pie al ginocchio è la quarta
distanza dalla sommità
è la
è la
nasce nel mezzo del corpo humano
virile
è la lunghezza di
quanta
dal gombito
.-
mano
nascimento del membro
al
membro
quarta.
è la
dal gombito al prin-
:
tutta la
:
capelli è la
de"*
capo
quarta
è la
quarta
la
t
V ottava
è la settima
ginocchio
cima del
alla
lunghezza delle spalle
della spalla è
cipio
sino
il
poppe
dalle
:
La maggior alla
corpo
il
è la
di sotto
:
sesta: dalla cima del petto al nascimento
settima
dal del
lui
fattamente
sì
decima parte della longliezza delmento alla sommità del capo è V otdalla sommità del petto alla cima del capo è la
il
uomo
dico,
,
rime
delle
Valtra estremità delle
cingono la gola capelli, dal
virile, è la settima
,
dalla cima
f anco
nasci-
al
parte della lunghezza
ciascuna delle predette
misure è la metà mezzo della barella del ginocchio per trcdasciare le altre mollissime
dello spazio, che è dal
del calcagno
al fin
,
commendano
la rotondità
ma
del viso;
parlano
uni
soltanto
chi
ato
trascuri
Però
sferica,
che vuoisi
della
sede
(
Lib.
,
siccome sciocco
)
,
inetto
,
in
Sidonio
non
Apollinare
apex rotondus
fu scritto Capitis
E ancora quando
tutto rotondo. caput.,
ilcesi
leg-
sempre inten-
già
ma soltanto la sede del cervello. prova in un pasao di IMacrobio che loda anzi come un distintivo proprio della razza umana questa rotondità. Solis humanis corporibus , die' egli al capo dere tutta la testa,
E
ciò
si
14 del libro primo del Sogno dì Scipione, inest
in ca-
pite spherfB similitudoi e aggiunge
per provare che intende ragionare solamente del vaso del cervello, qua sola mentis est capax- E all' istesso modo Cassiodoro (jDc anima, cap. 16) dice, sempre intendendo del cervello, Caput nostrum sex ossibus compaginaLum in
forma
siniilitudincm coelestis splierte
tum
rotondità da compasso, nè e l'artefice che'facesse
imiterebbe certamente alla
vecchiaja diede
lodate rotondità
gli
non sono
autori pai'lano da artefici;
un cranio con un la
fonna-
rotunxla concavitate
E ancora queste
est, ecc.
circolo
,
non
natura la quale dall'infanzia
tal vai'io
capo umano che rinchiudono
movimento
il
cervello
alle ossa del
che mai con un
,
potrà con giustezza rappresentarne la forma. D'altra parte leggesi in Eustazio, o come altri volle Eucircolo
si
mazio, descritta
d'Ismene il
e
d'
la
bellezza d' Ismene
Ismenia
(
Lib. 3 degli amori
modo:
in questo strano
)
di lei viso era un perfetto circolo, ed
il
naso
,
tanto
a centro. Pittorica
Chiunque penaiito confronterà questa esposizione con quanto del Vinci abbiamo riportato, la troverà si
la
analoga alla maniera sua, che
Ben altramente debbe intendersi quel passo
crederà forse copiata
ecc. Cosi
^
bellezza di Teodorico
della
leggiamo
misure e proportioni interiori del corpo umano.
la
tro-
testa tonda a colui
epist. 2
I,
mi ricorda aver una e lodi
né
gli
altri
;
dice per ischerno
die
non già il capo giamo la parola
cervello
testa
descrizione
de' Goti
re
si
del
co-
,
che
distinzione
tal
ingiuj-iare
lunga
nella
capo
del
d'uopo osservare
è
parlan soltanto della faccia; \
Non mancano però
pratica dimostra.
la
descrizione
punta del naso dovea
in vero
Tutto
vi
stava
più se
far centro al volto, nel
qual caso è difficile ideare cosa più contraria alla bellezza. di Coluto,
da qnalclie testo originale del Vinci stesso, che non sìa arrivato sino a noi. Per lo meno la crederà fatta
nel quale Giove ordina a Mercurio che rechi a Paride
disegno qui riportato, perchè le varie misure da Girolamo notate si riscontrano in esso assai bene, come
delle palpebre e le
sul
ognuno può provare coi compasso- E se sembra scostarsi dal testo di Leonardo nel dire che il piede è la settima, non la sesta parte dell'altezza dciruomo, si
giudicherà eh' egli
scritto, e nello stesso
osservò
più
disegno
il
che
lo
tempo che Leonardo segui Vi-
truvio più scrivendo che disegnando.
il
pomo,
mente moderni; ma per limitarmi ad un solo esempio Alessandro Cozens si guardi l'opera inglese di che altre pel
suo
mi sembra,
comunque
I)el
,
titolo, Principi della
si vedranno bocche non solo ridicole
impossibili in natura
,
al
modo come
nelle figure di quel libro stanno disegnate. (3?)
Quando
si
maniera poco soccorso arrecano teorica del
Rubens
,
e, sia
;
,
,
volesse ricoi-rere a simil genere di
,
:
dice Socrate
,
desidero ut mihi
non quemadniodum
(39) Parole
,
,
in stadio currentibus , crura compachumeri tenuiores ; nec pugilum instar hunieri crura adtenuentur , ecc.
di
Michelagnolo
il
quale meditava
e
forse
fece un" opera sui moti umani. ele-
menti; parmi sia da preferirsi l'opinione del Cangiasio che voleva il cubo per elemento della testa: in
da un cubo di creta o d' altra materia meni io che non da un globo può uno scultore abbozzare una
fatti
in ogni
gli autori alia
h(EC exercitia
tiora fiant
ma assolutamente
congiunzione
povero quell'artefice che ciiiederà ajuto al compasso per fare dintorni d'una testa, nè il Rubens istesso se n' è servito giammai. (3B) Nel Senofonte di Wells voi. 4, pag. i^S-j
crassescant
e
E
femminili.
occhi
ciglia
la
perchè queste ro-
non sono la circolarità della bella Ismene di Eustazio, ma quella forma ch'esclude ogni prominenza delle ossa tanto contraria alla beltà ne' volti
Bellezza relativamente alla testa umana^ e vi
orecchie
de'' visi ;
tondità
,
,
rotondità
i
(36) Libri di tal sorta moltissimi potrei citare, special-
preferisco alle
che giudichi sulle tre Dee
e
Le Veneri accovacciate, per esempio, sono strette nelle spalle e larghissime ne' fianchi. Le Veneri in
(40)
piedi , come la Capitolina , quella di Arles e la Medicea sono di mediocre larghezza ne' fianchi e larghe notabilmente nelle spalle. Sono debitore di questa
,
262.
osservazione
facce
ali"
qualcuno
come
5
onore
<.U>lla
scultura ilalìaiia,
nostro
al
questi
di
per
teste
disse
autori
abbiamo veduto: ma in cose di con precisione. d'' uopo esprimersi
d'altri
tanta importanza è
Ecco la nota del Codice Atlantico pubblicata dalr Amoretti Capitani fiorentini Niccolo da Fisa, Pietro Gianpaolo,
(41) *
:
:
Neri di Gino Capponi, Conte Francesco Guelfo Orsino , Bernardetto de" Medici, Michele tto , M. Rinaldo degli Albizzi ed altri — Di poi si faccia come lui prima montò
f esercito gli andò dietro — — 4." squadre di cavalli, 2000 pedoni andavano con lui Il Patriarca ( d' Aquileja Lodovico Scarampi Mezzarota) a cavallo aimato
tutto
e
;
monto su un monte per iscoprire e valle irrigata da un fiume,
la mattina di buon'' ora il
paese
cioè colli
,
po
campi,
,
borgo a san Sepolcro venire Nicolò Pisenino
c vide dal
con
quasi glie
le genti
con gran polvere, e scopertolo tornò al cam— Parlato di' ebbe pre^ò
delle sue genti, e parlò loro
ristorò per
vano
una gran pugna. Vi sono Qui Guido e Astorre suo molte genti
rifecciono,
si
tarono tanto forte
A
esercito.
V inimico
nostri, e
i
questo ponte
e ristorarono la
a
Simonetto con 600 cavalli ad urtare volta
un" altra
luogo,
dal
gli inimici
e
,
e riacquistarono
il
,
'
Napoleone Orsino, giovane senza barbp., e dietro a costoro gran moltitudine di gente, e qui fu fatto un'altro gran fatto d^armi. In questo tempo Niccolò Picenino spinse e
innanzi
_il
restante delle sue genti, le quali feciono un'al-
non fosse stato che il Patriarca si mise innanzi, e con parole e fatti non avesse Jiostri in fuga. Fece ritenuto que"" capitani sarebbono iti tra
volta inclinare
nostri,
i
e se
i
il
Patriarca piantare
alcune
colie,
al
artiglierie
de' nemici; e questo
quali sbaragliava le fanterie
dine fu tale che Niccolò cominciò a rivocare e le altre genti, e si misero in fuga verso qui
si
fece una grande strage
se non d"
i
arme
primi che fuggirono o
nè
rV
uomini,
si
nascosero.
il il
si
colle
disor-
figlinolo,
borgo;
e
salvarono
Durò
il
fatto
fino al tramontar del sole, e'I Patriarca attese
a ritirare
le
genti, e seppellire
i
morti,
ne fece un
e
,
In
un piccolo
schizzo
originale
questa opera, vedeai indicato di
il
eh' io
tengo
di
fatto d" arnie al ponte,
che non trovasi vestigio nella stampa
dell' Etruria
Da
ciò che
Leonardo
ci
ipotesi fosse ricevuta, quel si
figlio
M.
in
scendessi sopra un Agnello.
a
nostri piedi
gli celesti scanni.
immaculato Agnel vuol tuore e panni
Per far
al
La madre Veder del
mondo ritien
lo
figlio
e
di se beccarla
che non varia di se stessa
i
danni.
Santa Anna come quella che sapeva Giesù vestir de Ibuman nostro velo
Per cancellar
il
fai di
Adam
e di Eva.
Dice a sua figlia con pietoso zelo Di retirarlo il pensìer tuo ne lieva Che gli è ordinato il suo immolar dal
Cielo.
La barbara frase del sesto verso dì questo sonetto leggesi anche nelle Stanze dello Sparpaglia del Doni. Vedi stanza 44. Corpo dell' anguinaglia die vuoi fare? (46)
Vuoi tu far del mio corpo beccheria? Di Bernardino veggasi una lunetta a fresco nel con-
vento de" Francescani di Lugano; di Aurelio un quadro nella galleria Melzi colla data del 1,570; di Gaudenzio una tavola in Novara. Di Leonardo stesso poi
può vedersi
1'
abbozzo della
galleria arcivescovile.
acquistata da S. A, (47) Questa beir opera fu di recente I, il Viceré d'Italia, e l'ha aggiunta ad altre preziose
continuamente adornando la sua Giuseppe Benaglia si prepara ad inciderla, e ne sta facendo il diseguo. il intorno a tal soggetto il Tiraboschi (4IÌ) Veggansi opere
villa
cui
di
va
in Milano. Il
sig.
,
Najjione, (41;)
il
Veggasi
il
Ferguson, ecc. Vasari in fine
della vita
di
fra Filippo.
sforza invano di tener la
fraucesco Piccinino.
Il
se
questa
primo, che volto
in fuga
lasciò
do l'ampolloso epìgiamma che pel frate fu composto dal Poliziano, il quale con poco giudizio, parlando per sua bocca, gli fe' dire lodi smisurate di se stesil che, oltre l'essere inverisiniile non s'ode volentieri nè da' vivi né da' morti, so,
Pittrice, nè in quella delT Edilink. (43)
il
Notisi ivi a confronto del modesto epitafHo di Leonar-
trofeo.
(42)
£
e
a lui venne altra gente con aooo cavalli: e cosi lungo tempo si combatte variamente. Di poi il Patriarca, per disordinare V inimico, mandò Niccolò da Pisa innanzi
dipinse L. Vinci, che tanca la
che non volea
De
il
dietro
:
Anna che
S. ,
Fece Agnus Dei , disse Giovanni Che entrò e uscì nel ventre di Maria Sol per drizzar con la sua santa via
cacciò
li
ponte
70
jiag.
quali venne
i
,
Vergine in
la
Cigalini. Leonardo è annoverato dal Vasari fra coloro che studiarono le opere di Masaccio. in cui sono Le Vile (4.5) Nel Libro de' Fasti del Casio, de^ Santi et ciascuna in un sonetto, leggesi il seguente
ur-
genti fiorentine che ricuperarono
le
ponte, e vennero sino ai padiglioni, contro
quale
può essere Simonetto o
,
fratello signore di Faenza con e
Picci-
,
è scacciato.
guerra,
Ìl
,
fa
si
il
,
era un'ardita novità, che,
prima schiera Francesco figliuolo di Nicolò Picenino venne il primo ad investire il ponte eh'' era guardato dal Patriarca e fiorentini ~ Dopo il ponte a mano sinistra mandò fanti per impedire i nostri i quali ripugnavano, de'' quali era capo Michele tto , cJie quel dì per lo
e soccorre
grembo a Sani' Anna non come tale , sarebbe stata da alcuni forse disapprovata. Masaccio ne aveva già dato r esempio , e non sarà stato solo degli antecesdopo il quale da varj fu seguita sori di Leonardo come dal Sansovino, per testimonio questa invenzione di cui con atto del Vasari, e da Baccio Baudinelli simile ho veduto un disegno presso il signsìr Marco
(44)
b razzo
aveva in guardia
dovrebb" essere Miche-
guerra. E quegli in fine che rende
la
soccorso di Astorre
il
Per
sorte
poco
porre
Il
nimico. Nella
.
,
sopraggiunge
Nicolò da Pisa,
con una nugola dalla quale usciva
,
mano
tolta di
che
nino, può essere Astorre, signore di Faenza
san Pietro che parlò al Patriarca - 5oo cavalli furono mandati dal Patriarca per impedire 0 raffrenare V impeto
Dio a mani giunte
ha
1"
L' altro
letto.
Canova. (41) Forse
scritto
bandiera
,
,
potrebh' esser
principale suo avversario, che
(5o)
Un
anche
,
testimonio del d"
ciò che
modo
di studiare
insegnare di Leonardo
non
fosse
,
clie
non solo, tutto
ma
escludeva
naturale, l'abbiamo, tra
altri
più
,
,
da Paolo Giovio in que' frammenti pubblicati dal Tirabo scili. Parlandosi ivi dello studiare le lettere
cordarmi adjumenta considerate perspicerent quihus de rebus ipse subtilissimum volumen adjectis singulorum artuum
AdhLbenda
picturis confecerat,
263 lìoli
5
est
,
dice
,
cura cupidis et alacribus
ne ut iniplumes aviculcB non piane
,
ingeniis
siccatis alis festinantius
piiigeretur.
propolent , sicuti in dispari, sed non omnino dissimili facilitate, carioribiis discipulis prcecipere erat solitus
Vincius
,
qui picturam
(state
nostra veterurn
quam ab rerum
artis
arcana solutissime detegendo , ad amplissiniam dignitatcm provexit:
annum
illis
nanique intra vigesimum, ut diximus
,
cetatis
et coloribus peritus iute rdic chat
,
quum
penicilUs
juberet ut plumbeo graphio tantum
operum egregia monumenta jìUcissimis
lineamenta,
tractibus
qum
sub tanta
NaturcE vim
motuum
efferuntur: quia etiam volebat , ut
secarent ,
,
et
,
exercitatione longe fructuosissime conimensuratas recte et procul ab exeniplarìbus
et sim-
Al qual passo
si
varietate oculis nostris
artefici
humana cadavera
allievo Gaspare Visconte lo
dis~ ,
,
fu studioso assai delle opere di Dante. Il suo
di quel poeta. Veggasi
et
Stampato per cura
exprimere
può aggingnere lungo commento, e fa sempre più meraviglia die il Giovio , dopo avere descritto si bene ed approvato il modo d' insegnare di Leonardo, dica poi tanto male de' suoi discepoli alla fine della vita che vedemmo nel primo libro. (Si) Bramante , al pari di Michelagnolo e d'altri rinomati
coiporum
tororum atque ossium fiexus et origines
ut
non prius avida juvenum ingenia
effigies
didicissent.
vacarent priscorum
diligenter exceipendo
imitando
quid prceter naturam in officina sua
penicillorum illecebris et colorum amcenitate traherentur
Leonardus ejus
NE
Scilicet ut
il
Leonardo Nardini
di
chiama
sviscerato partigiano
foglio 43 della Raccolta milanese.
,
Ispettore della Stamperia PiEale.
DESCRIZIONE E COLLOCAZIONE DELLE TAVOLE IN RAME.
Tavola. PKiMV. Testa di Cristo presa da una mano pe' capelli. Tratta da un disegno originale di Leonardo. E incisa dal cav. Giuseppe Longhi. Si collochi alla pagina 102. Testa di un giovane con capelli ricci tolta da un disegno a lapis rosso crednto di Cesare da É incisa dal signor Ginseppe Benaglia. Alla pagina 180. Tav. III. Testa d'uomo attempato in profilo, volta a destra di chi guarda. L'ho imitata, al pari della seguente da un disegno originale di Leonardo. Alla pagina 204. Tav. IV. Testa di carattere somigUante alla precedente ma rivolta a sinistra. Dietro di essa.
Tav.
11.
,
Sesto.
,
,
Tav. V. Figura intera virile con doppie gambe e doppie braccia. E presa dall' originale di Leonardo, e 1' ha incisa il cav. Longhi. Alla pagina 208. Tav. vi. Piccolo gruppo di Sant' Anna colla Vergine il Bambino ed un Agnello. Tratto dall' origin.ilc di Leonardo ed inciso d,il signor Francesco Rosaspina. Alla pagina ,
,
1
INDICE. LIBRO PRIMO
Odoardo
ÌVright
'
Si)
Copia nel refettorio del Convento
60
di san Barnaba in Milano, pag l32 Copia nel convento di Castellazzo. >' 134
P''S'
.
ivi CoTTipCTldio
Scrittori
cltllOt VÌtCt (li X-jtOlì-CL
do
'
9
Giù- Pietro Mariette
il
1.3
»
137
"
i38
in Parigi. »
139
61
Copia della Certosa di Pavia.
62
Copia di Giovanni Pedrini
ivi
Copia di
Giovane. "
che fanno menzione del
s.
Germano
.
.
.
.
ivi
ivi
X.itca PqjCìoIq
63
i8
Pomponio Ganrico ivi
Raffaello Maffei
n
Volfango Knorr
di
san Benedetto
64
140
65
142
ivi
II)
Copia
presso
Di Guglielmo
della Porta.
.
ivi
>
.
.
143
66 2^^
Sabba da
Castig Ho ne
....
ivi
Copia a
olio già nel
convento di ivi
24.
67
2.S
ivi
Copia presso ilsignorDay inRoma.
26
ivi
Copia nel convento della Vettab-
28
68
3i
Francesco Maria Gallarati
..."
ivi
69
ivi
ivi
32
144
•
ivi
Copia nel refettorio del convento
Pace
della
Milano
in
"
Jlajfaello Sorgìdni
33
Fiorillo
Giovanni Sidney Gio. Batista Armenini.
.
-
.
}Iaivkiiis
.
.
.
146
"
70
Copia neir Escuriale
"
ivi
Dfel
Monastero
"
i5i
l52
ivi
Girolamo Gattico
4,3
Concliisione del Libro
primo
.
.
"
i5o
Vincenzo
di san
71
39
Gregorio Comanini
145
Copia nella chiesa di Ponte Ca-
ivi
7a
Copia di Pietro Paolo Rubens
73
Copia nella Pinacoteca ambro-
.
<
i53
'
i56
>
iSy
ivi
iv"i
Federico Borromeo
46
LIBRO SECONDO.
Copia nel monastero di san Michele alla Chiusa
47 48
75 77 Ho
49 Francesco Scannelli
Nuova copia
in
san Benedetto ivi
Copia nella galleria di Monaco. Copia già nel convento delCOspe-
Ilario Mazzolari
5o
85
Francesco Pacheco
5i
93
Raffaello Trichet Du-Fresae
Sa
93
Copia nel refettorio
ivi
94 96
Varie altre copie minori
Giandomenico
OlLonelli
e
Pietro
ivi
Giacomo
il
"
Maggiore
53
I
97 02
54
io3
Ricciardo Lassels
ivi
io5
Pier Paolo Rosea
ivi
55
Taddeo
>
Florent Le Comte
Delle stampe del Cenacolo
d''
i51l
.
'
1
.
'
.65
•
168
.
.
.
.
Delle imitazioni del Cetiacolo
Della copia del Viceré
>
.
.
Italia.
LIBRO QUARTO.
ivi
117
Come
ivi
ia3
Vicende del Cenacolo
Della Mensa
e delle
.89
altre parti
LIBRO TERZO.
59
il
Cenacolo
.
proporzioni del corpo umano. Delle
58 ivi
sia dipinto
'
,93
'
197
>
2oa
Opinioni di Leonardo intorno alle
57 ivi
6a
1
ivi
Sebastiano Resta
.
Del tempo impiegato da Leonardo
56
Piles
ivi
106 1
san Pietro
ii3
Carlo Torre
De
ivi di
1
27
ricerche
torno
ai
di
Leonardo
componimenti
in-
delle
226
Copia nello Spedale maggiore di i3i
Della 'ccelleiiza di
Leonardo
.
.
234