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aprilemaggiogiugno2009
Freak Out m agazine # 46 N°12 della testata giornalistica registrata al tribunale di Torre Annunziata il 17/07/2003 n° 9
Freak Out Magazine C.P. 166, 80059 Torre del Greco (Na) Italia www.freakout-online.com info@freakout-online.com www.myspace.com/freakoutmagazine D irettore editoriale e di redazione: Giulio Di Donna Capo redattore: Daniele Lama Segreteria: Antonio Ciano Redattore Cinema: Sandro Chetta hanno collaborato: Roberto Calabrò, Fausto Turi, Francesco Raiola, Guido Gambacorta, Vittorio Lannutti, Francesco Postiglione, Luigi Ferrara, Gianluca Runza. direttore responsabile: Roberto Calabrò D istribuzione Nazionale garantita da : Audioglobe, Family Affair, Self, Venus, Eaten by Squirrels, Goodfellas, Abraxsas, Giucar, Helidon. Roma: Brancaleone, Init, Circolo degli Artisti Milano: Supporti Fonografici, Circolo Magnolia, La Casa 139, Bologna: Il Covo, Disco D’oro, Undeground, Estragon Reggio Emilia: Maffia Firenze: Tenax, Auditorium Flog, Viper, Torino: Spazio 211, Catania: Zo, Indigena, Mercati Generali Rim ini: Velvet Faenza: Mei, Clandestino Osim o: Loop Roncade (Tv): New Age Siena: Sonar Senigallia (AN): Keo Records Bari Underground, New record Villadose (Ro): Ass. Cult. Voci per la libertà. Freak Out lo trov ate anche a : Verona, Reggio Calabria, Mestre, Potenza, Palermo, Venezia, Perugia, Pisa, Bolzano, Modena, Genova, Bergamo, Piacenza, Massa Carrara, Prato, Latina, Trani, Lecce, Cosenza, Cagliari, Sassari. In Campania: Napoli – Doria83, Centro S. Sofia, , Perditempo, Oblomova, Tattoo, Velvet, Mamamù, Vineria del centro, Fonoteca Outlet, Jail, Fnac, Concerteria, Loveri, Rising/Mutiny, Duelbeat, Feltrinelli, Fonoteca, Volver Ercolano – Il Cratere - Torre del Greco – Ethnos, Jah Bless, Suonivisioni Pom igliano D’Arco – Spazio Musica Portici – Fabric, Pom pei – Pompeilab Salerno – Disclan, Mumble Rumble, Iroko Av ellino – Ananas&Bananas, Ananas&Bananas. Caserta – Volume records Aversa – Zoo Benev ento – Mad House Frattamaggiore - Audiozone VUOI COLLABORARE? METTITI IN CONTATTO CON NOI! Chiuso in redazione il 20 Maggio 2009 Tiratura 10.00 copie Impaginazione e Layout: Mario Maratea Stampa: SBR San Sebastiano al Vesuv io Copertina di: Roberto Amoroso w w w.m yspace.com /robertoamoroso
Distribuzione gratuita Copyleft Comitato d’onore Alessandro Colasanto, Claudio Milano, Francesco E. Guida, Giovanni Orza, Marco Presciutti, Roberto Calabrò.
Grazie a: Alessandro Chetta, Roberto Villani, Luca Mauro Assante, Gerardo Ancora, Luigi Ferrara, Odette Di Maio, Gianluca Runza, Valeria Manfra, Serena Ferraiolo, Sara Ferraiolo, Emanuela De Marco, Sigfrido Caccese, Giuseppe Colace, Salvatore Ambrosino, Aurelio Pasini, Federico Guglielmi, Agoravox.it, duel:beat, Maria Meg Di Donna, Mario Conte, Josè Compagnone, Jijo Ferrante, Michela Aprea, Associazione Magma/Pegaso r.i.p., Riccardo Penta, Mario Maratea, Umberto Mese, Federico Vacalebre, Gianni Valentino, Umberto di Micco, Angela Verrastro, Giulio Riccio, Francesca Catuogno, Trip/Lanificio25, Daniele Landi, Vinci Acunto & Nut Studio, Elio 100 gr & Bisca, Gabriele & Luca Arealive, Luciano Chirico, Teo & Spin-Go, Sandro/Valentina/Marica di Promorama, Marco Aimo, Mauro Ragnini, Audioglobe, Gabriele & Kizmaiaz, Luca ed Enrico Locusta, Filippo Perfido, i fratelli Della Monica, Francesco Prota/Karin e Tottolo, Daniele Rumori, Centro S. Sofia, Mago Trippone, Angst ‘zine, Cenere e Lapilli zine, Maurizio Carella, Mariano Cozzolio, Paolo Romagnuolo, Giancarlo Susanna, Gennaro Sarnataro, Fulvio De Ruggiero, Steve Albini, Nicola/Pietro/Annachiara DNA Concerti, Eric Bagnarelli, Michele Bonelli di Salci, Aldo Bassi, Alex Fabbro, Hard Stuff, Paolo Visci, Paolo&Paolo IOD, Pietro Camonchia, Fabio Stucchi, Alfredo D’Agnese, Antonio Mercurio, Carmine D’Onofrio/SpazioMusica, Carlo Garrè, Cecilia Donadio, Luca De Gregorio, Lucio Celaia, Carlo Cigliano, Co’Sang, Davide & i Meganaoidi, dj Pandaj, Enrico Giannone, Andrea Raiola, Giuseppe e Cesare Costa, Roy Paci, Fabio Astore, Mauro Santoriello, Sergio delle Cese, Andrea ‘Supersonico’, Ugo Mazzia, Umberto Tesoro, Monica Melissano, Vincenzo Fuccella, Marco De Dieux, Giovanni ‘Pennello’ Meli, Agostino e Giovanna Uzeda, Davide Munno, Fabrizio Galassi, Fausto Turi, Guido Gambacorta, Vittorio Lannutti, La Controra hostel, Giuseppe Guariniello, Michela Aprea, Alfredo Maddaluno, Riccardo Abbruzzese, Lucio Carbonelli, Lorenza Ercolino, Ciro Calcagno, Antonio Ciano, Giovanna Montera, Francesco Di Bella, Giuseppe Fontanella, Roberto Amoroso, Ciro Matarese, Renato Minale, Paolo Mei, Fabio Nirta, Robert Eno, Francesco Renella, Libera Velo, Tommaso Cerasuolo, Rossano Lo Mele, Giovanni Marasca, Roberto Marra, Michele Casella, Marco Messina, Lino Monaco, Nicola Buono, Amalia dell’Osso, Andrea Belfiore, Luigi Cozzolino, Daniele Mancino, Puccio Anatrella, Massimo Loffredo, Massimo Jovine, Marco Obertini, Ian MacKaye, Barbara Morgenstern, Arne Ghosh, Tujiko Noriko, Davide Rufini, Mario Maisto, Michele Reccia, Emma De Masi, Riccardo De Martino, Laura Capuano, Claudio Baldissara, Claudia Foglia Manzillo, Cristina Fontanarosa, Marco Perrone, Pierluigi Scatola, Fabrizio Vatieri, Rosario Squillace, Natalia Di Vivo, Piero & Alfonso Perditempo, Francesco Guarino, Serafino Di Rosario, Giorgio Spada, Achille Iannucci, Adriano & Alessandro Belluccio, Lele Nitti, Denise Galdo, Alessandro Di Liegro, Alfonso Tramontano Guerritore, Luigi Ferraro, Enrico Veronese, Amari, Adriano & Marco Caligiuri, The Collettivo, The Gentlemen’s Agreement, Giardini di Mirò, Yuppie Flu, Karate, Tarwater, Daniele Parascandolo, Dario D’Avino, Dino Vicedomini, Emiliana Cirillo, Emiliano Tortora, Francesco Diana, Francesco Moggio, Giorgio Riccitelli, Valeria Correale, Francesco Lucca, Matteo Cinque, Massimiliano Giliberti, Simona Frasca, Marco Licastro, Walter Montagna, Miriam Fabiano, Olga Capofreda, Micaela De Berardo, Veronica Serena Valli, Francesco Postiglione, Patrizio Longo, Roberto Urbani, Pasquale Napolitano, Anton Giulio Magliulo, Andrea Belfiore, Chiara Gimmelli, Wide, Goodfellas, Venus, Self, Eaten By Squirrels, Giucar, Family Affair, Helidon, Abraxsas, Luca Garavini, Daniel C. Marcoccia, Elisa Manisco, Manfredi Romano, Paula Sunday, Luca De Gennaro, Enrico Maria Magli, Fabio De Luca, Gennaro Pasquariello, Gianni Maroccolo, Luca Trambusti, Ailen Gamberoni, Giulia Elefanti, Giulio Pons, Massimo Pupillo, Roberto Paviglianiti, Ivan Nobili, Mauro Missana, Luca Benni, Brian the Brain/Jorge Vacca, Giuseppe ‘Peppovic’ Sorrentino, Giulio Pescatori, Romualdo Paino, il mago Gennaro D’Auria, Nanette/Fat Wreck Europe, Sandro Giorello, Scott McCloud, Ian Svenonius, Unwound, Mr T Experience, Suonivisioni, Sàndor Von Mallasz, Veronica Di Pietro, Eliseno Sposato, Gianpaolo Nocera, Antonio Cherchi alias Tony Borlotti, Enzo Rivoli, Luca Collepiccolo, Roberto ‘Hellnation’, Giordano Sangiorgi, Corrdo ‘Riot’ Gioia, Mirko Spino, Lamù ‘mylovelydog’, a tutti gli sponsor che ci hanno sostenuto, a tutti i passati, presenti e futuri collaboratori di redazione, a tutti coloro che distribuiscono e hanno distribuito il giornale, al do it yourself, a tutte le fanzine d’Italia, a tutti coloro che ci odiano! un ringraziam eto speciale a Carmen e Gabriella per la pazienza dimostrata in tutti questi anni & le nostre famiglie!
elairotide editoriale E' il nostro com pleanno. Niente paroloni, tantom eno lam entele, frecciate e polemiche. Non siamo soliti auto-celebrarci, ma ci sem bra il caso, una volta tanto, sottolineare quanto Freak Out sia una realtà pulsante, v ivace e stim olante. Sv olgiamo un' attiv ità vitale per i nostri neuroni ricchi di idee, che quasi sem pre tramutiamo in realtà. In questi venti anni ne è passata di acqua sotto i ponti: m olti gruppi, festival e label non esistono più, dissolti nella loro mediocrità e mancanza di progettualità. Noi invece siamo ancora qui. Ov viamente in due decenni la musica, e le sue modalità di fruizione, si sono trasformate più volte (com e "racconta" il bel disegno che Roberto Amoroso c'ha regalato per la copertina di questo num ero speciale). E noi abbiam o cercato di "raccontare" ai nostri lettori questi mutamenti, sempre con un occhio di riguardo per quello che succede nell'underground. Sono anni durante i quali ci siam o resi protagonisti a livello nazionale ed internazionale realizzando collaborazioni illustri (Prim avera Sound, Popkom m, MEI, Neapolis festival, Dour, FIB), fondato una labe l (Fre ak house re cords), prodot to quatt ro edizioni di
Kaleidoscope Festiv al, prodotto oltre 300 concerti in Campania, oltre cento concerti degli Atari e fondato una società di comunicazione (HP) e - sempre nello spirito d.i.y. - organizzato, prodotto e gestito tutto in autonom ia. Cosa vogliamo di più da noi stessi? Possiam o solo continuare così e aspettare la solita ispirazione che ci ha permesso di anticipare i tempi ed essere "quelli che lo hanno fatto per prim i". Appena quindici anni fa abbiam o intrapreso il v iaggio che ci ha permesso di gestire le nostre m olteplici attività nel campo dell'imprenditoria musicale in maniera autonoma, creando sottostrutture in grado di lav orare con passione, originalità e com petenza e in questo modo abbiamo attenuto i risultati che v olevam o. Partendo sempre da Napoli (alla cui scena "indie" abbiam o anche deciso di dedicare una compilation, "This Is Naples vol.1", allegata gratuitamente alle prime m ille copie di questo num ero), m a evitando accuratam ente localismi e provincialism i. Adesso, giusto per un po' prim a di partire con un nuov o progetto, è il m omento di goderci il nostro essere unici! Giulio Di Donna
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copertine
TUTTE LE
20 anni
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COPERTINE
In attesa del nuovo album Daniel Johnston ristampa vecchi album. In arrivo le ristampe di “Wel come to my world”, “Yip Jump Music” e “Continued Story /Hi, How Are You” su etichetta Feraltone. Le nuove edizioni saranno accompagnate da una bella confezione in digipak, da una nuova veste grafica e conterranno poster con disegni, i testi della canzoni e tracce bonus. Daniel Johnston ha trascorso i suoi ultimi 20 anni regalando racconti beatlesiani di amori impossibili, incidenti cosmici e tormenti esistenziale ad un pubblico sempre più ampio, uscita dopo uscita. Purtroppo, i suoi continui problemi di salute mentale, dovuti ad un disturbo bipolare, stanno continuando a limitare il suo estro ed il suo successo. Negli ultimi anni, molti sono stati gli artisti affermati a riconoscere la grandezza e la genialità del lavoro di Johnston. Artisti del calibro di Eels, Bright Eyes, Beck, Death Cab for Cutie, Sparklehorse, The Flaming Lips e Tom Waits hanno spesso reso omaggio a Daniel grazie a bellissime cover. Il DVD documentario “The Devil and Daniel Johnston” (2006/ Sony Pictures) ha raccontato l’incredibile
Johnston ad un pubblico europeo sempre più ampio. Solo “Welcome to my world” sinora era già uscito in Europa, mentre anche le future ristampe di “1990”, “Artistic Vice” e “Why Me” saranno disponibili per la prima volta nel nostro paese, con tanto di nuova confezione, materiale e brani bonus. Le citate ristampe precederanno il nuovo album in studio previsto per il 2010, anno in cui Daniel Johnston dovrebbe tornare in Europa
per un nuovo tour. Al momento è in preparazione anche un documentario sulla vita di Daniel la cui uscita è prevista per il 2011. Con questa operazione l’etichetta Feraltone, tenterà di dare a questo meraviglioso e particolare artista la visibilità ed il riconoscimento che merita. www.hihowareyou.com
hanno presentato anche due brani inediti che saranno inseriti nel nuovo album, un Best of dal titolo Smashes&Trashes. Ora le voci sono diventate certezza e gli Skunk Anansie, in formazione originale - con l’eclettica Skin alla guida, Cass al basso, Ace alla chitarra e Mark Richardson alla batteria sono pronti a tornare sui palchi di tutta Europa, Italia compresa, con il nuovo Greatest Hits Tour. Due saranno le possibilità di assistere ai loro concerti: domenica 15 novembre all’Alcatraz di Milano e lunedì 16 nov embre al Saschall di Firenze. www.skinmusic.net
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storia di Daniel Johnston ed ha avuto il merito di far conoscere la sua musica ad un pubblico più mainstream. In occasione del tour europeo dello scorso anno, che ha toccato Inghilterra, Irlanda, Olanda, Belgio, Svizzera, Germania, Svezia, Norvegia e Danimarca per un totale di ben 25 date, Daniel Johnston è stato accompagnato, in alcuni concerti, da Mark Linkous (Spraklehorse), S coutt Niblett, Jam es McNe w (Yo La Tengo) e Norman Blake (Teenage Fanclub). Johnston, inoltre, si occupa in prima persona dell’artwork dei suoi dischi con disegni che spesso mescolano fumetti e strani incubi. Non è difficile vedere le creature di Daniel fianco a fianco ed ispirate da personaggi ormai noti come Casper the Friendly Ghost e Captain America. “Welcome to my World” è una raccolta di alcune della più amate canzoni di Daniel. Contiene quei brani che hanno contribuito a creare quell’atmosfera leggendaria che avvolge ogni uscita del cantautore americano. Un must per ogni fan dell’artista, un eccellente punto di partenza per i nuovi ascoltatori. Se “Welcome to my world” era già stato reso disponibile per il mercato europeo, le ristampe di “Yip Jump Music” e “Continued Story / Hi, How Are You”, le leggendarie registrazioni su cassetta, arrivano per la prima volta in Europa. Entrambe escono in edizione digipak, con tracce bonus e poster interno contenente disegni e testi delle canzoni. Queste ristampe sono la testimonianza di un progetto a lungo termine che vuole portare la musica di Daniel
I Daft Punk realizzeranno la soundtrack del film ‘Tron 2.0’. Un classico dei film di fantascienza verrà riproposto in versione 2.0. “Tron“ è un film di fantascienza del 1982 della Walt Disney, diretto da Steven Lisberger e interpretato da Jeff Bridges. Considerato il primo film di fantascienza, che ha come punto di riferimento la realtà virtuale, verrà riproposto nel 2001 dallo stesso Jeff Bridges ma in veste di produttore. Ad oggi non si conoscono i dettagli sulle riprese né sul nome del regista ma di sicuro saranno i francesi Daft Punk
Esce il best of degli Skunk Anansie e si riuniscono per un tour. Da mesi si rincorrono le voci di una loro possibile reunion. Lo scorso 2 e 3 aprile si sono esibiti a Londra sotto il nome di Scam con due concerti sold out i cui biglietti sono andati esauriti in soli 20 minuti. Nell’occasione
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a curarne la colonna sonora, la seconda esperienza, in questo settore, per il duo robotico dopo la realizzazione di ‘Daft Punk’s Electroma’. www.myspace.com/daftpunk
Björk, in arrivo il nuovo album dal titolo “Voltaic” Avevamo lasciato Björk Guðmund sdóttir nel novembre 2008 quando pubblicò l’album “Nattura”, un lavoro co-prodotto da Thom Yorke dei Radiohead. Quell’album nacque dalla sensibilità dell’artista islandese, sempre vicina a tematiche ambientali e a cause umanitarie; pronta a denunciare il rischio che l’Islanda, uno degli ultimi paradisi del mondo, venga trasformata per avidità in un’immensa fonderia di alluminio. Oggi la ritroviamo pronta a pubblicare un nuovo e complesso capitolo discografico. La cantante non è nuova a simili prodotti, già nel 2002 pubblicò il cofanetto “Family tree” e nel 2002 un “Live box” con 4 CD e 1 DVD. Questa volta sarà pubblicato, il 23 giugno “Voltaic”, due Cd e due Dvd ai quali si affianca un vinile. “Voltaic” è, in pratica, la summa del lavoro svolto dall’artista nel corso degli ultimi due anni. A pubblicare il lavoro ci pensa la Nonesuch Records negli USA, la One Little Indian in UK e la Universal nel resto del mondo. Il primo Dvd contiene i momenti migliori del tour di “Volta” con registrazioni audiovideo effettuate a Parigi e a Reykjavik. Il secondo DVD ospita tutti i video da “Volta”. Il
primo CD presenta una selezione di canzoni eseguite da Bjork durante il tour per “Volta” ed è, in pratica, un “live in studio”, canzoni registrate in un solo pomeriggio agli Olympic Studios di Londra. Il secondo CD propone vari remix estratti da “Volta” a firma Simian Mobile Disco, Matthew Herbert, Graeme Sinden, Ghostigital e Modeselektor. www.bjork.com/ - www.nattura.info Edda, ex cantante dei Rit m o Tribale, torna da solista Edda, ex cantante dei Rit m o Tribale, presenterà in anteprima al festival Mi Ami il suo nuovo progetto solista. Dopo tredici anni Edda torna sulla scena rock italiana con un album di una portata poetica enorme, diviso tra la spinta al nichilismo e la trascendenza verso la salvezza dell’anima, tra ciò che la carne propone e quello che lo spirito suggerisce. Dannazione e Santità, dolcezza e maledizione. Un disco vero, totale, assoluto. Un disco che sanguina, e fa sanguinare. Apre ferite, ma per fortuna le cura. I brani, scritti con Walter Somà, con la collaborazione di Andrea Rabuffetti, circolano da qualche mese nella rete. Il nuovo lavoro, che uscirà a settembre 2009, è edito dall’etichetta discografica Niegazowana. w ww.niegazow ana.net
E’ ‘Sauce Committee’ il nuovo album dei Beastie Boys I Beastie Boys hanno annunciato il titolo del nuovo album. Sarà ‘Hot
Sauce Committee’ l’ottavo album in studio per la band newyorkese. Michael “Mike D“ Diamond, Adam “MCA“ Yauch, e Adam “Ad-Rock“ Horovitz non pubblicavano un album dal 2007, quando uscì il strumentale ‘The Mix-Up’. Altre novità i BB le hanno pubblicate di recente nel two new tracks as hidden vinyl extras inside box-sets ‘Check Your Head’, riedizione con due brani inediti che, probabilmente, non saranno presenti in questo nuovo lavoro. www.beastieboys.com
Gli autraliani Jet tornano con il loro funanbolico rock n’roll Il prossimo 4 Settembre, a tre anni dal più intimista “Shine On”, torna la band australiana più amata al mondo, con rinnovata energia, carisma da vendere ed un disco di puro rock n’roll: Shaka Rock! Qualcuno si lamenta che il rock n’roll è diventato tutto fumo, specchi, trucco ed effetti. Vero in certi casi, ma non di certo per i Jet. Al cuore di qualsiasi grande rock and roll band ci sono quattro elementi pulsanti: basso, batteria, chitarra e voce. E questi sono i Jet, nella loro pura essenza. Con quattro milioni di dischi venduti ed un tour di apertura ai signori
Rolling Stones nel curriculum, la band australiana è pronta a tornare sulle scene con il terzo disco Shaka Rock, scritto e registrato tra Miami, Brooklyn, Austin, Sydney e Melbourne. Hard rock di stampo classico ma anche melodie al pianoforte, perché, come raccontano i Jet stessi: “Non abbiamo l’inclinazione a fare solo una cosa, quando componiamo una canzone la giudichiamo in base al suo essere buona o no, non per il suo stile”. Presa la decisione di cimentarsi anche come co—produttori, oltre che come autori e performer, i Jet hanno fatto un album diretto ed energico, che apre dodici finestre su altrettanti momenti della vita di ognuno di loro, ed è sicuramente il più onesto fino ad oggi. w w w.j e t t h e band.com Un doppio cd, dal titolo ‘Midlif e : A Beginners Guide To Blur‘, celebra il ritorno live del gruppo di Damon Albarn e Graham Coxon. I Blur pubblicheranno la compilation il 15 giugno prossimo e conterrà ben 25 tracce. La band non pubblicava una compilation dal 2000 quando con uscì ‘The Best Of Blur’. Intanto cresce l’attesa per i due show, rispettivamente due e tre luglio, al Hyde Park di Londra. Ecco la tracklist del disco: CD1: ‘Beetlebum’, ‘Girls & Boys’, ‘For Tomorrow’, ‘Coffee & TV’, ‘Out Of Time’, ‘Blue Jeans’, ‘Song 2’, ‘Bugman’, ‘He Thought Of Cars’,
La major di turno ha deciso: un nuovo best of dei Faith No More dovrà uscire in occasione del tour europeo che sancisce la reunion del gruppo californiano. Il Best Of, che includerà anche degli inediti e delle rarità, è intitolato “The Very Best Definitive Ultimate Greatest Hits Collection” ed uscirà il prossimo 9 giugno. Il gruppo, capitanato dal vulcanico Mike Patton, terrà l’unico concerto italiano il 14 giugno al festival Rock In Idro a Milano. Ecco le tracklist: CD1: ‘The real thing’, ‘From out of nowhere’, ‘Epic’, ‘We care a lot’, ‘R’n’R’, ‘Kindergarten’, ‘Caffeine’, ‘Land of sunshine’, ‘Be aggressive’, ‘Midlife crisis’, ‘A small victory’, ‘Everything’s ruined’, ‘Evidence’, ‘Digging the grave’, ‘Ricochet’, ‘Ashes to ashes’, ‘Stripsearch’, ‘Easy’. CD2: ‘Absolute zero’ ‘The big Kahuna’, ‘Light up and let go’, ‘I won’t forget you’, ‘The world is yours’, ‘Hippie jam song’, ‘Sweet emotion’, ‘New improved song’, ‘Das Schutzenfest’, ‘This guy’s in love with you’. Uscirà il primo giugno il nuovissimo album di Elvis Costello. Registrato al Sound Emporium Studio di
Nashville e prodotto da T Bone Bur ne tt è intitolato ‘Se cre t , Profane And Sugar cane’. La novità assoluta per Costello è aver registrato senza l’ausilio del suoi musicisti, ma avvalendosi della collaborazioni di innumerevoli artisti di bluegrass e di musica country, realizzando in questo modo un sound molto acustico. Infine è ufficiale che l’album sarà distribuito in US e Canada anche dalla catena Starbucks. Ecco la tracklist: ‘Down Among the Wine And Spirits’, ‘Complicated Shadows’, ‘I Felt the Chill’, ‘My All Time Doll’, ‘Hidden Shame’, ‘She Handed Me a Mirror’, ‘I Dreamed of My Old Lover’, ‘How Deep is the Red’, ‘She Was No Good’, ‘Sulfur To Sugarcane’, ‘Red Cotton’, ‘The Crooked Line’, ‘Changing Partners’. Il nuovo dei Wilco è intitolato semplicemente ‘Wilco (The Album)” La band di Chicago pubblicherà l’ottavo studio album il prossimo giugno. Il nuovo lavoro di Jeff Tweedy e soci sarà composto da undici tracce e sarà intitolato semplicemente “Wilc o (The Album)”. Glenn Kotche, batterista del gruppo, ha dichiarato: “Il brano ‘Wilco, The Song’ è una grande canzone ottimistica che professa l’amore per il nostro fans”. Tra le tracce si segnalano anche
‘Deeper Down’, ‘Everlasting’ e ‘You And I’ brano cantato dalla splendida voce di Feist. Nasce una nuova stella del panorama indie folk: Cortne y Tidw ell Cooperative Music e City Slang annunciano che il 12 Giugno verrà pubblicato il nuovo disco di Cortney Tidwell dal titolo: “Boys”. Originaria di Nashville e figlia di una cantante
country ha collaborato anche con Kurt Wagner dei Lambchop. La Tidwell, nonostante provenga dalla capitale del country ha riferimenti musicali quali Cocteau Twins, Bjork, Four Tet e Kate Bush. Jim James dei My Morning Jacket sponsorizza così Cortney: “Io Amo lo stile ed il sound di Cortney, qualcosa di magico e scintillante viene fuori dalla sua voce”.
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‘Death Of A Party’, ‘The Universal’, ‘Sing’, ‘This Is A Low’ CD 2: ‘Tender’, ‘She’s So High’, ‘Chemical World’, ‘Good Song’, ‘Parklife’, ‘Advert’, ‘Popscene’, ‘Stereotypes’, ‘Trimm Trabb’, ‘Badhead’, ‘Strange News From Another Star’, ‘Battery In Your Leg’.
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Napoli: la musica è cambiata! Piccola guida alla nuova scena indipendente partenopea.
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apoli e la musica. Una tradizione che pesa come un macigno e stereotipi duri a morire. Da una parte una Storia secolare, riconosciuta in tutto il mondo, legata nel bene e nel male ad un’immagine oleografica di una città che non esiste più, dall’altra parte una contemporaneità che sembra fatta di fenomeni neomelodici (che pure costituiscono una realtà in qualche modo underground unica nel suo genere) o poco altro. Eppure non è così: Napoli ha sfornato negli ultimi anni una serie considerevole di band, tal-
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volta – soprattutto nel recente passato - legate in qualche modo (per l’uso della lingua, o per il recupero di certe sonorità) alla tradizione, più spesso interessate a percorsi quanto mai distanti dalla cultura cittadina e alla storia musicale della città. La scena cosiddetta “alternativa” partenopea conosce negli anni ’90 un periodo fiorente, con decine di gruppi che spuntano fuori, spesso traendo linfa vitale dal terreno fertile dei centri sociali. Formazioni come 99 Posse, Bisca, Almamegretta, 24 Grana, Balaperdida portano in giro per la penisola (e non solo)
il loro neapolitan sound, contaminando rock, dub, hip hop, e sviluppando in tutto e per tutto una nuova forma di canzone in napoletano. Quell’esperienza va avanti, con alterne fortune, cambi di formazione, presunte ‘snaturalizzazioni’, dischi memorabili e dischi meno memorabili, fino al decennio successivo. Gli “anni zero” non producono fenomeni tanto clamorosi, ma non sono meno interessanti, anzi! La diffusione di internet come strumento di conoscenza e di “allargamento” degli orizzonti cultural-musicali, oltre che
come preziosissima cassa di risonanza per una promozione della propria musica a costo zero, oltre al progressivo abbassamento dei costi di produzione discografica, provocano una vera e propria “esplosione” di creatività: nasce una moltitudine di band, eterogenea per genere ed approccio, con picchi di qualità davvero notevoli. La città non vive un periodo particolarmente felice, sommersa di rifiuti e attanagliata da violenza criminale e apatia dell’amministrazione locale, ed è naturale che in questo “clima” si sviluppino forme artistiche The One’s
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che da sempre trasformano situazioni di disagio e “resistenza urbana” in spinta creativa: è logico quindi che, in questo scenario, sia la scena hip hop a farsi notare. La rabbia delle periferie diventa flusso di rime e beat nelle canzoni di formazioni come Co’Sang (il cui disco d’esordio, “Chi More Pè Mme” diventa un caso nazionale) che - come scrive Roberto Saviano su XL di Repubblica cantano “del sangue vivo che avrebbe voluto ancora scorrere e che spesso si trova a chiazzare l’asfalto”, e Fuossera, che raccontano (cito il loro myspace) con “parole nude e crude, la verità di una realtà difficile senza mezzi termini”. Nel 2005 una compilation intitolata “Napolizm (A Fresh Collection of Neapolitan Rap)”, ideata dalla Polemics Recordings di Alberto “POLO” Cretara “fotografa” la scena rap cittadina: vi si ritrovano brani di artisti ben consolidati a livello locale e nazionale, come La Famiglia (la formazione in cui Polo milita, considerata un vero e proprio punto di riferimento), Speaker Cenzou, 13
Bastardi e “giovani promesse”, come Domasan (progetto nato proprio da una “costola” dei 13 Bastardi), Clementino, Capeccapa (anche loro dalla “famigerata” periferia nord della città) e la bravissima Alea. Nel frattempo, in ambito elettronico, le produ-
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anche i talentuosi Frame, attivissimi nell’ambito della composizione di colonne sonore, Climnoizer, ed Emanuele Errante, autore di raffinatissima musica ambient. L’elettronica napoletana rimanda agli anni d’oro del big beat con Madox e i più recenti Silicon Dust, riprende le sonorità del drum’n’bass con i Polina, e ricorda atmosfere “bristoliane”, o semplicemente incontra la forma canzone nei lavori di band come Black Era, Sleeping Cell, Noon. Ma è l’ex voce dei 99 Posse, Meg, a combinare nella maniera più riuscita (anche in termini di risonanza a livello nazionale) musica elettronica ed immediatezza pop. Ad infiammare i dancefloor di tutto il mondo, invece, ci pensano dj come Danilo Vigorito e Marco Carola. Parallelamente, a livello sicuramente più underground, sembra (s)muoversi qualcosa anche in ambito rock. Nasce al centro storico un club che si afferma velocemente come un vero e proprio punto di riferimento: lo Slo venly Rock’n’ Roll Bar (collegato alla statunitense Slovenly Records). Poco più di un sottoscala, come del resto tutti i locali del centro, ma con un’identità unica e la capacità di proporre una marea di concerti, di artisti nazionali ed internazionali (Jonathan Richman, Melt Banana, Chinese Stars, Trumans Water, Oxbow, Queers, giusto per citarne alcuni). Ma in questa sede è soprattutto l’apporto alla “scena” napoletana, che ci tengo a
special
zioni si distinguono per un livello qualitativo notevole, che consente agli artisti partenopei di travalicare senza problemi i confini regionali e nazionali. Dall’esperienza dei Retina.it (il duo pompeiano con diverse release alle spalle sulla prestigiosa Hefty Records di Chicago) e dell’ex 99 Posse Marco Messina nascono sia una sorta di “super-gruppo”, i Resina, che un’etichetta specializzata in musica elettronica di ricerca, la Mousike Lab. In territori musicali affini si muove anche la DSP Records, attorno alla quale ruotano artisti come Terrae e Mass. Da segnalare
Retina.it
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special
colissimo, dove però sono passati moltissimi artisti italiani (e non), ma – soprattutto – attorno al quale si è costruita l’eterogenea scena-nonscena indipendente cittadina. Dalla sperimentazione noise dei Mes merico, Weltraum e Ne Tra vaillez Jamais all’indie rock di band come gli Epo (due dischi all’attivo, accompagnati da splendidi videoclip e ottimi riscontri di critica), Songs For Ulan, Low-Fi, Verbaud e Stella Diana, sono decine le band passate da queste parti. Sonorità simili allietano le serate del Doria 83, dove soprattutto nell’ultimo anno si sono moltiplicati gli ospiti di rilievo in calendario, del rinnovato (nella gestione) Sudterranea e del “nuovo arrivato” Ce llar Theory (dove trovano spazio anche le sonorità più “gotiche”).
The Collettivo
sottolineare. Sul palco dello Slovenly nascono e muoiono progetti musicali, si creano super-gruppi, e quelli più giovani si “fanno le ossa” rapportandosi per la prima volta col pubblico. A smuovere le fondamenta del palazzo di Vico San Geronimo ci pensano band come Total Baracus Duo, The Sbirros, Supervixen, Sperms, Brainers, Nista, Goonies, Valderrama 5, Gentlemen’s
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Marco Messina
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Agreement, e tantissime altre. Come tutte le cose belle, lo Slovenly è destinato a finire presto. Lasciando un vuoto notevole. Ancora oggi quando passo da quelle parti mi sembra di risentire “Teenage Kicks” degli Undertones, un pezzo che tre le mura del club sarà risuonato milioni di volte. Resiste invece – per fortuna! – un altro “avamposto” della musica live partenopea, il Mamamu. Un club pic-
La canzone d’autore incontra influenze jazz e folk al Kestè, dove può capitare di ascoltare dal vivo Libera Velo o gli Insula Dulcamara. Nella sala tre del multi club Duel:Beat di Agnano, invece, da due anni Freakout organizza una rassegna intitolata ‘iSABATO’, che dà spazio soprattutto alle band campane, con particolare attenzione per quelle con un disco in uscita: Le Strisce, The Collettivo, Foja, Clinica Margot, The One’s,
El-Ghor
Gentlemen’s Agreement
genti The Colle ttivo (una band che ha davvero poco da invidiare alle new-sensations “made in UK”) e l’indie-rockand-roll di Le Strisce e Starframes; si colora di toni bucolici, con il country-folk dei Gentle m en’s Agre em ent, che portano ininterrottamente, da mesi, i brani del loro disco d’esordio “Let Me Be A Child” in giro per la penisola. La lista degli artisti degni di nota dell’attuale scenario cittadino è lunghissima, ed è quasi impossibile sviscerarla interamente in questa sede: si passa dalla sperimentazione avanguardistica degli Illàchime Quar te t (che nel loro nuovo disco collaborano con musicisti del calibro di Mark Stewart,
voce storica del Pop Group, Graham Lewis dei Wire, Rhys Chatham…) al folk-rock dylaniano dei giovanissimi The One’s, dal rock in napoletano dei Foja alla contaminazione a 360° delle canzoni di Libera Velo (sua la prima uscita della giovane etichetta Octopus Records, cui è seguito l’esordio dei già citati Mesmerico), dal rock alieno alle mode del momento di Lega Leggera e Pennelli Di Vermeer (eredi, quest’ultimi, dell’esperienza di band storiche come gli Osanna) al rock emo-zionale degli ottimi Abulico, dalle melodie agrodolci degli El-Ghor (che, caso piuttosto curioso, hanno adottato il francese come lingua per i loro testi), di cui è da poco uscito il secondo disco, “Merci Cucù”, al beat-lounge-pop dei Fitness Forever (il cui lavoro d’esordio è da poco uscito per la spagnola Elefant Records), dal punk-rock di Female Trouble e The Wisers alle suggestioni teatrali dei L’Inguine di Daphne, lo scenario è interessante, in continuo fermento,
con una serie di “nuove promesse” di cui si sentirà a breve parlare (Bastian Contrario – prodotti da Gianni Maroccolo, Cinèma Paradis, Vanproof, Plastic Penguin…). In occasione del ventesimo anniversario del nostro magazine, abbiamo deciso di produrre una compilation (in allegato alle prime mille copie del giornale, ed in download gratuito sul nostro sito www.freakout-online.com), intitolata “This Is Naple s vol.1”, che possa fornire uno sguardo d’insieme (parziale, ovviamente, come lascia intendere il “volume 1”) sulla nuova scena indipendente napoletana. L’idea è nata da una convinzione maturata negli ultimi anni: Napoli è più che mai piena di band interessanti, ma nel resto del Paese, la città – quando si parla di musica – è ancora associata a mandolini, “’O Sole Mio”, D’Alessio o, quando tutto va bene, a 99 Posse e simili. Il messaggio è semplice e chiaro: all’ombra del Vesuvio la musica è cambiata! Daniele Lama
special
The Wisers, Pipers, Missiva, Il Gruppo, Funky Pushertz sono alcuni dei gruppi ospitati nell’ultima stagione. Band dai background e dagli stili assolutamente eterogenei, accomunate dalla stessa volontà di emergere e di confrontarsi col pubblico (accorso davvero numeroso, quest’anno, a conferma del fatto che ad un mercato del disco in crisi si contrappone un desiderio crescente di musica live). Il new-neapolitan sound oggi si esprime nell’electro pop degli At ar i, vincitori del premio “rivelazione indie-pop dell’anno” al Meeting delle Etichette di Faenza 2008, protagonisti di più di cento concerti su e giù per l’Italia per presentare il loro primo lavoro, “Sexy Games For Happy Families”, su cui si sono espressi con entusiasmo anche i critici più esigenti, che hanno accolto con favore la loro miscela di suonini a 8 bit, electro di scuola Soulwax e tentazioni eighties; strizza l’occhio alla nuova ondata brit, con il rock anfetaminico dei travol-
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recensioniTOP3 12
Iron and Wine
Doves
Autokratz
Around the Well
Kingdon of rust
Animal
(Sub Pop)
(Emi)
(Kitsunè)
Mentre da ormai 2-3 anni tanti appassionati di folk americano sono in fremente attesa della pubblicazione degli inediti, rarità, lati B e live di Neil Young, in un monumentale cofanetto di 10 CD che a quanto pare sarà intitolato Neil Young Archives e di cui si favoleggia tanto – le ultimissime dicono che nel Giugno 2009 sarà finalmente in circolazione... - nel suo piccolo, il barbuto professore texano di cinematografia Samuel Beam, leader della sensazione folk degli ultimi anni Iron and Wine, gioca d’anticipo e realizza un’operazione analoga con questo doppio CD contenente 23 inediti e lati B della sua storia musicale ovviamente ben più recente di quella del suo modello fondamentale, che appunto rimane Neil Young; ma anche John Martyn e Nick Drake, per la verità. Il primo CD è costituito da canzoni totalmente intimiste, incise in casa, da solo, voce, banjo, chitarra acustica, al massimo con qualche nota slide elettrica e qualche voce raddoppiata; soprattutto roba del primo periodo, dal 2001 al 2004 - ai veri fan farà piacere ascoltare la vecchissima, sconosciuta ‘Sacred Vision‘ - di quando Sam Beam diveniva, assieme a Devendra Banhart, Sufjan Stevens, Bonnie Prince Billy e Johanna New som, uno dei protagonisti del c.d. new folk, post folk, o urban folk, o americana, o come preferite chiamarla: la musica acustica più dimessa, registrata in cameretta, con un 4 tracce ed un microfono. Il secondo CD invece contiene anche materiale inciso assieme alla band, in studio, nel periodo dei vari Ep e del terzo album ‘The Shepherd’s Dog’ (2007), sorprendente successo commerciale, che negli Usa addirittura raggiunse la 24ma posizione nella classifica di vendite. Poi, qua e là, un paio di cover - ‘Waitin’ for a Superman” dei Flaming Lips e ‘Love Vigilantes’ dei New Order - poi 4 canzoni realizzate a suo tempo per la colonna sonora del film ‘In Good Company’, che sono ‘The Trapeze Swinger’ (unica poi inserita realmente nella colonna sonora), ‘Belated Promise Ring’, e le favolose ‘God Made the Automobile’ ed ‘Homeward, These Shoes’, che segnano il duetto vincente del disco. E’ un doppio CD magistrale, in quasi ogni suo singolo episodio, e lo diciamo smettendo di girarci intorno. E ciò malgrado, un doppio con 23 canzoni di questo genere così intimista e dimesso, può essere anche un po’ tedioso. Ma la fattura dei singoli episodi resta molto alta, pur nella loro clamorosa semplicità compositiva e negli arpeggi, e la purezza di esecuzione va diritta al cuore. Eppure ‘Around the Well’ rischia di porsi come pietra tombale del fenomeno new folk, in leggero calo, da un paio d’anni, dopo aver toccato il suo apice. E questo perchè il doppio CD racchiude ed approfondisce tutti gli aspetti della ballata folk, non lasciando nulla fuori, e mettendo in un certo senso la parola fine, almeno per un po’, ad un movimento musicale le cui dinamiche, per chi lo ha seguito con passione, sono ormai trite e ritrite. w ww.ironandw ine.com Fauto Turi
er il loro quarto e ultimo album Kingdom of rust, la band inglese del Cheshire composta dai fratelli Jez Williams (chitarra), Andy Williams (batteria) and Jimi Goodwin (basso, voce e chitarra), si è avvalsa del solito Dan Austin, ma anche di John Leckie (ex produttore Radiohead) e vi fa una comparsa nel pezzo 10.03, come arrangiatore, anche Tom Rowlands dei Chemical Brothers. L’effetto complessivo si sente e forse Kingdom of Rust viene fuori come l’album migliore della band, certamente il più coraggioso ed esplorativo, anche se non c’è rinuncia alle melodie di chitarra che sono il loro marchio di fabbrica. Jets tre am , la prima canzone, è forse anche quella più innovativa, presentandosi come connubio di elettronica pura e lirismo vocale, mentre già con la title track Kingdom of Rust si ritorna alle più classiche linee di chitarra. Ma il pezzo non per questo perde interesse, configurandosi forse come la canzone più bella dell’album, intensa, dolorosa e bellissima. L’album scorre ancora più che bene con The Outsiders, buon pezzo rock, e poi con la dolce e solare Winter Hill, che azzecca un sound tipico da singolo di sfondamento, poi prosegue con la più convenzionale 10.03, che ricorda da vicino lo stile Coldplay, ma con un crescendo sorprendente nella conclusione che sterza citando i Radiohead. Si ritorna al rock compatto di The Greatest Denier, alla lenta e melodica Birds Flew Backwards, la semiacustica Spellbound che cita di nuovo i Coldplay, fino ai pezzi conclusivi dove si recupera ritmo con il basso prepotente di Com pulsion, la grintosa House of Mirrors e la bellissima Lifelines. Complessivamente l’album è talmente bello e ben confezionato da avere il sound senza tempo di un classico, anche se le sonorità sono palesemente figlie del rock targato fine ’90 e inizio millennio. Registrato di nuovo in una fattoria/studio come il precedente Some Cities, il disco guadagna tutto quel che c’è da guadagnare dall’atmosfera di isolamento e dalla lontananza dai classici studi di registrazione e dalle pressioni dei discografici, ed è veramente una perla di fattura inedita per una band come i Doves. Si tratta sempre di pop-rock, ma i livelli sono alti come le emozioni che questo disco è capace di comunicare. www.doves.net Francesco Postiglione
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on solo Underworld, Daft Punk ed euro disco 90’s ma anche tanto melodico 80’s in varietà Alphaville, Visage, Eurythimcs e Desireless (quelli di Voyage Voyage!). Animal è il primo long playing degli inglesi Autokratz, due giovanotti che dalla banlieu londinese scaraventano undici tracce hype nella rete estesa. Presentato come primo disco, Animal segue in realtà le fortunate sorti di un primissimo minialbum (pubblicato lo scorso anno sotto la sigla “Down & Out In Paris & London”) di cui tra l’altro ripropone più di una traccia (“Stay the same” e “Last Show”) e ne estromette altrettante di significativo impatto (“Reaktor” e “Hearts”). Scelte opinabili e di marketing a parte, il debut album apre con “Always more” che lascia ingoiare pillole dark in confezione nu disco. “Stay the same” è già sintonizzata su frequenza a banda larga, rigorosamente estiva, esplosioni di beat e stelle cadenti. “The idiots are winning” intreccia vocoder irriverenti a synth sbizzarriti e batterie punk funk. “Speak in silence” naviga in alto mare in compagnia dell’amica La Roux. Il ritornello sintetico di “Can’t stand without” ha in sé gli ingredienti della più classica traccia dance pop d’inizio millennio: è un loop fresco, digitale e globalizzato. E’ la traccia del disco in cui l’emulazione dei Crystal Castles, depurati di malinconiche vestigia, splende di irresistibili micro suoni . “What you want what you got” è space wave con inchiostro scandinavo che strizza l’occhio ai Digitalism e Simian Mobile Disco, già co-membri della scuderia d’incisone, la chat – label Kitsunè. “Past your heart” aspetta solo di essere lanciata al più scanzonato e strafottente dei dancefloor. “Human highway” è un malriuscito tentativo bleep and bass indecentemente 90’s. “Last Show” è la traccia di chiusura con annessa dichiarazione di origine controllata Autokratz. Il disco suona a tratti balearico, sinuose onde in un oceano inquinato. Partiture sonore sporche eppure maledettamente immediate. Effetti patinati e grezzi ma incredibilmente movin’: del resto l’impronta distintiva resta elettronica per teen - clubbers. Consigliati bandana e occhiali da sole, pastelli a cera, spillette e attrezzatura fluorescente. Astenersi musoni e over 30 alle prese con l’oscuro dilemma dei contenuti: è un disco divertente e non è per sempre. www.autokratz.com Antonio Ciano
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u Revoir Simone - Roma, Circolo degli artisti 24.04.09 Le Au revoir Simone sono arrivate in Italia da Brooklyn. Questa sera, dicono, è la loro prima volta a Roma. Attaccano subito con un pezzo leggero, dal vecchio repertorio: mentre suonano sorridono ai fotografi, si divertono ad accennare piccoli passi di danza, mentre le loro dita sottili accarezzano i tasti. La sensazione che regalano è quella di un pomeriggio di sole, con una torta di mele sul davanzale di una finestra. Così naive che neppure si sente, all’inizio, la mancanza della chitarra. Solo tastiere e batteria a sostenere le voci leggere e fatate, che mai si alzano al virtuosismo, mai scadono nel banale. Si dischiudono fresche, sottili, nella colonna sonora di un sogno. Tra un pezzo e l’altro si divertono a chiacchierare con il pubblico. Erika ed Annie si fermano a contare quanti, tra le prime file, portano gli occhiali, mentre Heather resta più sulle sue, cupa come una bambina a cui è caduto il gelato. Poi scattano una foto dal palco. Sono emozionate ma felici. Per un’ora e un po’ alternano vecchie e nuove canzoni: stupisce la potenza elettronica di alcuni pezzi tratti da Still Night, Still Light, il nuovo album uscito a maggio e contrasta con l’immagine innocente dei loro volti e i colori tenui dei loro vestitini. Le Au revoir Simone sono brave. Hanno imparato che essere se stesse è il modo più semplice ed immediato per essere originali. Esplorano la strada dell’elettronica attraversando soprattutto le radici del genere, nascoste nel terreno degli anni sessanta, per impadronirsene in modo del tutto
peculiare e riuscito. Niente fluorescenze, niente neon, niente pulsazioni estreme da dancefloor. Le tre ragazze bambine hanno fatto poesia. www.aurevoirsimone.com Olga Campofreda Ge off Farina - Parigi, Bellevilloise 31.05.09 Sono passati ormai un po’ di anni (era il 2005) da quando quel gran gruppo che erano i Karate si sono sciolti per i pro-
blemi all’udito che perseguitavano Geoff, colonna portante del gruppo. Da allora ha portato e porta avanti diversi progetti, tra cui Ardecore fino all’ultimo Glorytellers. Un progetto che lo vede impegnato assieme a Jeffrey Goddard, già sodale nei Karate e che lo porta alla riscoperta di sonorità alt-country. Farina è un artista incredibile, uno dei punti di riferimento della scena indipendente statunitense, dotato di una sensibilità spiccatissima e una voce caratteristica che dà un tocco di morbidezza alle sue performance. La sala della Bellevilloise dove si terrà il concerto è piena, ma lontana dal carnaio classico dei concerti, il tutto è molto più tranquillo, dal soffitto entra una luce pomeridiana che fa respirare. Ci sono
giovani, meno giovani e bambini e l’atmosfera è veramente quella di una jam con tanti amici tra il pubblico. Lui, il microfono e la sua chitarra. In queste vesti, Farina è veramente una scoperta, una piacevolissima scoperta. Lontano dal concerto rock per antonomasia, Farina regala pezzi folk, tendenti al pop, con versioni acustiche che ti attaccano alle note: “It hurts me too”, “Aw ake at the wheels”, “Some Sinatra”... È sempre difficile descrivere le sensazioni, sempre molto personali, che si provano, ma il godimento che ne viene attraversa chiaramente tutta la sala. Il concerto fila via tranquillo un’ora e un quarto di buona musica, un aperitivo e due chiacchiere con gli amici che si godono questa regalo parigino… www.geofffarina.com The Puppini Sisters – Roma, Circolo degli artisti 09.03.09 Glitter, paillettes, abiti rossi mozzafiato, cappellini di piume... fisarmonica, violino, contrabbasso, e tre ragazze dalle curve mozzafiato e dai grandi sorrisi che intonano It don’t mean a thing (if it ain’t got that sw ing!) …no, non ho davanti Duke Ellington & Ella Fitzgerald e non è il 1940! Tutto esaurito per il concerto delle Puppini Sisters, trio formato dalla bolognese e italianissima M arce lla Puppini - la brunetta - da Stephanie O’Brien - la rossa - e Kate Mullins la bionda-.
Le Puppini, oltre ad essere carismatiche e belle, sono delle musiciste in grado di reinterpretare con passione ed energia i grandi classici - e non solo - in uno stile “old fashioned”. A partire da “Boogie Woogie Bugle Boy“, cover dello storico pezzo delle Andrews Sister a cui continuamente si ispirano nelle loro performance, passano tra jazz e swing, arrivando fino a Gloria Gaynor e persino a Beyoncè. In oltre 2 ore di concerto si sono esibite nei loro pezzi più noti, non solo cover, ma anche composizioni originali tratte dai loro album.. D’obbligo il cambio d’abito e il “ritocco” del trucco, a metà concerto, e grande spazio ad ognuna di loro, che singolarmente ha regalato al pubblico delle suggestive e personalissime interpretazioni grazie alle loro qualità: la forza e la sensualità della voce di Marcella, la dolcezza di Ste phanie e le lunghe note di Kate. Più che un concerto è uno spettacolo di cabaret, in cui sono continui gli scambi di battute tra Marcella e il “suo” pubblico, e gli sketch che coinvolgono le due inglesi, escluse spesso da questa complicità tutta italiana. Ed è proprio in omaggio al pubblico romano che cantano con grande successo Tu vuo fa’ l’Americano e Parole parole, di Mina. www.thepuppinisisters.com Sara Ferraiolo
livereport
A
C.P C .P. 166 80059 - TTorre orre del Greco (Na) FREAK OUT s.r.l Agenzia di servizi. Idee,, strategie e soluzioni per lo spettacolo
- Ufficio stampa & comunicazione - Editoria - Etichetta discografica - Agenzia di booking & management artistico - Direzione artistica eventi live - Produzione, allestimento, logistica eventi live - Consulenza marketing eventi
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intervista
INDIPENDENTI. DA CHI? DA COSA? Tre domande a Federico Guglielmi di Roberto Calabrò
enti anni, ma sembra un secolo. Dal 1989, anno di nascita di Freak Out a oggi, l’universo musicale è cambiato completamente. La trasformazione è stata repentina: Internet e le sue applicazioni – una su tutte: il file-sharing – hanno prodotto non soltanto un mostruoso calo delle vendite con la conseguente “morte” dei supporti fisici, ma anche una maniera di fruire la musica totalmente diversa rispetto al passato. Una cultura codificata con i dischi – soprattutto i vinili a 33 e 45 giri – è destinata a scomparire. O a rimanere una nicchia per pochi aficionados. Abbiamo incontrato una delle firme storiche del giornalismo musicale italiano, Federico Guglielm i, redattore di Mucchio Selvaggio e direttore di Mucchio Extra . In breve ci ha risposto su come è cambiata la scena indipendente negli ultimi 20 anni.
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1989 - 2009: venti anni ma sem b ra trascorsa un’era
sono soprattutto le dimensioni del business. Al di là di ciò, esiste però un’altra non trascurabile differenza. A spingere un
Ovviamente ci sono molte eccezioni in un senso e nell’altro, con responsabili major che cercano di seguire logiche “indie” e discografici indipendenti che
“indipendente” non è solo il legittimo desiderio di trarre un profitto dal proprio lavoro, o almeno di non avere un bilancio in passivo, ma anche una sincera passione e l’ambizione più o meno pronunciata, e più o meno sostenuta dai risultati, di realizzare qualcosa di “artistico” e di “culturalmente significativo”, e non semplicemente un prodotto da collocare su un mercato, piccolo o grande che sia.
puntano solo al denaro. Vent’anni fa la divisione tra i due settori era molto più marcata: poi, il boom del grunge e soprattutto del “corporate punk” ha un bel po’ cambiato le carte in tavola: prima le “indie” erano spesso prese in considerazione solo da chi non riusciva a ottenere un contratto major, mentre oggi moltissimi artisti che un contratto major potrebbero tranquillamente averlo - da Tom Waits ai Radiohead - lavorano con le “indie” per scelta. E, visto il generale dissesto del mondo major, come biasimarli?
geologica. Cosa significava essere indipendenti allora e cosa significa oggi? Credo che adesso “indipendente” sia una definizione puramente tecnica, per coloro che non sono major o nell’orbita di una major: non esiste più la contrapposizione di un tempo, dato che le strategie e i metodi sono nella massima parte dei casi coincidenti e a cambiare
sfondare può bastare anche una canzone azzeccata e un colpo di fortuna, ma in questi casi l’eventuale successo è effimero: per rimanere, e non essere solo le ennesime meteore, servono cose come serietà, tenacia, spirito di abnegazione. Oltre, ovviamente, al talento. Ma quello o ce l’hai o non ce l’hai. E, per fortuna, il modo di crearlo in laboratorio non è stato ancora scoperto…
NB: nella foto Federico Guglielmi con i Blonde Redhead
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meeting degli indipendenti
Oggi è molto più semplice produrre e distribuire la propria musica che però si perde nel mare magnum di un’offerta inflazionata. Come può riuscire una giovane band indipendente a sfondare? Dandosi da fare in tutti i modi possibili, com’è sempre stato. Più ci si “sbatte”, maggiori sono le possibilità di raccogliere qualcosa. Nello “sbattimento” includo naturalmente anche l’impegnarsi seriamente nell’elaborazione del proprio progetto artistico, nelle prove, nei concerti... Tutto quello, insomma, che può servire a crescere e a definire una formula di un certo interesse. Per
27 28 29 27 28 29 novembre 2009 FAENZA Il Primo Festival della Produzione Musicale e Culturale Indipendente ed Emergente Italiana
Nell’edizione 2008 Più di 30.000 presenze, 15000 metri quadri espositivi, 400 esibizioni live, 300 espositori, 250 video in concorso, 150 media, 100 tra convegni e incontri, 50 operatori stranieri, 6 milioni di contatti tv su canali Rai, Mediaset, Telecom, Gruppo l’Espresso tel. 0546 24647 - 0546 646012 fax: 0546 24647
mei@materialimusicali.it
info@audiocoop.it
www.audiocoop.it
www.myspace.com/mei_italy
stampa 7LSRJUDÀD )DHQWLQD faenza
mativo-critico diventare sempre meno rilevante. Siamo comunque in un momento di transizione, del quale sono ansioso di scoprire gli sviluppi “definitivi”: adesso il caos regna sovrano!
intervista
La rivoluzione digitale no n ha so lo cambiato il modo di fruire la musica, ma ha messo in crisi un modello culturale... Ovviamente: tutto va più in fretta e si consuma più in fretta, si ragiona sempre più in termini di singole canzoni che di album, la diffusione dei file a danno dell’oggettodisco ha sottratto alla musica fascino e “sacralità dell’ascolto”. Le copertine e le note, già svilite dal CD, oggi hanno senso solo per gli iper-appassionati, magari avanti negli anni. Gli acquisti sono più consapevoli, vista la facilità di preascolto garantita dalla Rete, mentre le riviste hanno visto il loro ruolo infor-
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Depeche Mode Sound of the Universe (Mute) La vera notizia intorno a Sound of the Uni v erse è che, dopo 28 anni di gloriosa carriera e una serie impressionante di album a dir poco vincenti (Violator, Songs of Faith and Devotion, Ultra, Exciter, Playing the Angel), per la prima volta con questo disco, registrato tra Santa Barbara e New York, i Depeche Mode hanno sbagliato un colpo. Per sonorità e stile potrebbe dirsi un Playing the Angel part II, ma non ne ha i colpi di genio: oltre a Wrong, singolo di lancio che aveva fatto ben sperare, c’è ben poco che può competere col recente passato, soprattutto per assenza di ritmo. Manca nei suoi 13 pezzi la batteria vera, sostituita da drum-machine e ritmi elettronici troppo ripetitivi. C’è tanto synth, come sempre del resto e forse qui di più, ma stavolta senza effetti genialmente melodici. Ci sono insomma tutti i soliti ingredienti bomba del sound dei Depeche (soprattutto elettronica abbinata allo stile dark) ma stavolta è l’amalgama a non funzionare come al solito. Non è in sé un album brutto, ma è poca cosa rispetto agli standard fin qui altissimi di questo gruppo leggendario: In Chains è un buon elettroblues, Wrong è valida, Fragile Tension interessante ma già sentita, Miles Aw ay, Hole to Feed e Com e Back hanno un buon ritmo, ma ci sono pezzi francamente insipidi come A Little Soul, Jezebel, Perfect, Corrupt. L’unico di vero valore inedito è Peace, sorta di elettro-gospel dai toni epico-melodici. Insomma, riunirsi al produttore Ben Hillier (Blur, Doves, Elbow), non sembra aver aiutato: il punto è che mentre la prestazione di Dav e Gahan è sempre ai massimi livelli (In chains, Peace e Come Back ne sono prova evidente), manca qui il tocco di Martin Gore, cervello melodico e musicale, che sembra andare un po’ avanti per inerzia. Si può solo sperare che dal vivo qualcuno dei pezzi (che potrebbero andar bene solo come lati B dei precedenti album) si arricchisca di soluzioni (soprattutto ritmiche) che li renda esplosivi per un pubblico ghiotto e abituato fin troppo bene. Su questo anzi, si misurerà probabilmente il giudizio finale su quanto anche i Depeche possano dirsi sul viale del tramonto dopo una carriera che resta, nel suo genere, senza eguali e imitazioni. Il pubblico italiano di Roma e Milano (16 e 18 giugno) ci saprà dire. Francesco Postiglione Passe Montagne Oh my satan (Africantape) Quando si dice “fare di necessità virtù”! I tre membri dei Passe Montagne vivono a grande distanza l’uno dall’altro – S am uel Cochetel in Francia, Gilles Montaufray in Colombia, Julie n Fernand ez stabilmente stanziato a Pescara – e in quei rarissimi momenti nei quali riescono a ritrovarsi tutti insieme, non esitano un attimo ad imbracciare le chitarre e ad impugnare le bacchette per scaricare tutte le proprie energie creative su corde e pelli. Ecco quindi che “Oh my satan”, il loro secondo disco dopo l’esordio “Long play” risalente a tre anni fa, è una fiammata noise-rock che si consuma in 21 minuti attraverso 12 lampi improvvisi. I Passe Montagne prendono d’assalto le forme geometriche dei
Don Caballero, ora edificandoci sopra una solida costruzione alla Battles (“Tractor operator”), ora – più spesso – smantellandole del tutto in segmenti e curve hard-rock tracciati dal righello degli AC/DC e dal compasso dei Led Zeppelin. Uno sviluppo senz’altro interessante questo, perché di fronte ad un progressivo impoverimento di idee riscontrabile in tanti dischi math-noise delle ultime stagioni, il futuro di tale genere musicale potrebbe essere brillantemente garantito – concedetemi questo apparente ossimoro – proprio rivolgendo lo sguardo al passato. Guido Gambacorta Rex The Dog Bubbliciuos Remix Ep (Hundehaus) Non si è ben capito se Jake Williams, dj producer dalla Germania, divide il suo progetto attuale, Rex the Dog, con il cagnolino immaginario Rex, discendente diretto di Rex the Wonder Dog creato dalla DC Comics, oppure se nelle notti di plenilunio, sotto le luci degli spot e delle strobo dei club d’Europa, il nostro si trasforma in un docilissimo cane mannaro bianco maculato. Per certo si può dire che Jake la formula l’ha azzeccata e il fortunatissimo singolo “Bubblicius” da “The Rex The Dog Show”, è un buon punto d’incontro tra la dance ’80, ’90 e 2000. La hit ha avuto come propizia rampa di lancio un cortometraggio animato in stop motion, dove il cagnolino Rex e il suo synth, entrambi in cartoncino, sono prima ritagliati e successivamente vivificati prima di attaccare a suonare in duo con tanto di vocalist di parrucca seventy munito. Frattanto, tra la techno/house e l’electro la spunta la disco, in contrasto però con bassline serrate, morbidi arpeggiatori evidenziati dal delay e frasi di synth piuttosto “raw” sulla quale si appoggia però la voce, uscita direttamente dallo Studio 54 ornando il brano di un pop-dance universale. In passato Jak e Williams, attivo dalla metà degli anni novanta sotto lo pseudonimo di JX, si è trovato per le mani le tracce di Prodigy, Soulwax, Depeche Mode, Mylo, The Knife e Royksopp tra gli altri. A Williams non resta allora che convocare Rex in riunione e decretare i “compagni di merende” per dare alla luce un EP di remix di Bubblicius, che sono identificati in persone capaci, note e dalla forte (forse troppa) personalità: Felix D a House cat, Je spe r Dah lb ack , Cong o Ro ck, Ben Ho o, Familijen e Zoo Brasil, nessuno di essi stravolge il brano in se per se, anche se le modificazioni apportate sono adeguate per lo più alle virtù personali. Luigi Ferrara The Virgins s/t (Atlantic) Do nald Cumm in g Nick alla voce, Ackerman al basso, Wade Oates alle chitarre e Erik Ra ten sperger alla batteria, alias the Virgins, hanno inciso per etichetta Atlantic Records un album dal sound semplice ma fresco e veloce, godibilissimo. I quattro di New York mescolano chitarre sincopate e ritmi dance stile anni ’70 (Teen Lovers, Rich Girls) con accenti indie che ricor-
dano soprattutto gli Strokes (Fernando Pando, Private Affair, Hey hey girl) e un pop-rock puro stile R.E.M. o Inxs (She’s Expensive, One Week of Danger, Radio Christiane), ma spesso il mix lo ascolti anche nello stesso brano, come in Murder per esempio. L’album d’esordio omonimo dunque è un buon successo, e anche se le melodie sono facili e non c’è grossa sperimentazione o tentativi di esplorazioni di stili e percorsi di natura particolare, merita più di una lode. Del resto i quattro, anche se nati solo tre anni fa. vantano già esperienze al supporto di Patti Smith, Sonic Youth, Jet, (questi ultimi sono gli unici fra i tre a cui il sound dei Virgins si può ricondurre) e la partecipazione a un paio di festival fra Usa e Inghilterra. Il singolo Rich Girls è addirittura quotato da Rolling Stone al 68° posto fra le più belle 100 canzoni del 2008 (e qui forse si esagera un po’). Ma l’energia e la voglia di far bene c’è tutta, e quindi siamo autorizzati ad aspettare conferme dalla prossima fatica. In attesa di vederli dal vivo anche in Italia. Francesco Postiglione Dan Auerbach Keep it hid (Nonesuch Records) Comincia e si chiude con due ballate acustiche il primo album da solita di Dan Auerbach, del duo Black Keys, originario dell’Ohio, e immerso fino al collo nella musica americana delle radici, quasi a voler inaugurare un genere nuovo e staccarsi con un colpo dal proprio passato. Ma è un’impressione falsa, perché poi l’album, uscito per l’etichetta Nonesuch Records, si sviluppa tutto intorno a sani blues elettrici dalle armonie spesso dissonanti, cantate con voce sciamanica e ipnotica. Se quindi nel primo pezzo Dan cita esplicitamente lo Springsteen acustico con Trouble Weighs a Ton, e la California-folk con il pezzo finale Goin’Home, già con I w an t So me Mo re e He artB rok en in Disrepair l’album prende forma intorno alla chitarra elettrica e ai ritmi che scandisce con i suoni sincopati. A questo punto le citazioni si sprecherebbero: c’è tanto dei Cream di Clapton, qualcosa dei Led Zeppelin, qualcosa del Dylan elettrico (Whispered Words, per esempio), ma soprattutto è l’America degli ultimi 30 anni di musica a farla da padrone, su tutti i Television di Tom Verlaine e Johnny Cash. I fan dei Black Keys probabilmente non apprezzeranno l’ennesimo tentativo (ormai un clichè) del cantante e chitarrista di fare il boom da solo, privandosi in questo caso del valido produttore e drummer Patrick Carney, dopo 5 album ben piazzati e molto amati tutti pubblicati dal 2000 ad oggi. E magari è vero che nel classico tentativo di spaziare oltre gli orizzonti soliti del suono di band, Dan Auerbach perde qualcosa della magia dei Black Keys, però va apprezzato comunque il grande lavoro di esplorazione e spolvero che il buon Dan fa della tradizione musicale delle sue parti, di cui Keep it Hid sembra veramente un’antologia, con un suono che sembra venire da altri tempi eppure è fresco e puro,e comunque sincero. Funzioneranno nel disco sempre di più i pezzi elettrici, autenticamente blues, come The Prowl o When I left the Room, o la title track, oltre a quelli già citati, ma non perdete-
vi chicche come Mean Moonson o la la malinconica When the Night Com es, o il country di My Last Mistake, davvero suono di altri tempi. Insomma, l’album viaggia con le sue gambe, e regge la competizione con la produzione di band (di cui del resto Dan è l’autore). Se questo sia abbastanza per fargli lasciare i consueti studi di registrazione non giudichiamo, ma è abbastanza per farci godere il puro sound di electric guitar. Francesco Postiglione Fever Ray s/t (V2) Fever Ray è il nuovo progetto solista di K ar in Elisab et h Dreijer Andersson, voce e metà artistica degli svedesi The Knife a fianco del fratello Olof e, per i più attenti, anche ospite dei Röyksopp nel brano “What else is there?” (sull’album “Understanding”) e dei dEUS in Slow (sul loro ultimo lavoro “Vantage point”). Per quel che conosco dei Knife, mi sembra che la proposta di Fever Ray viaggi più o meno su quelle stesse coordinate - forse rese in maniera un po’ più minimale - vale a dire un synthpop dagli accenti tipicamente nordici, con soluzioni spesso algide ed una spiccata propensione a creare atmosfere umbratili ed introspettive (“If I had a heart”, “Dry and dusty”). La scaletta non presenta punti deboli, evidenziando una buona sensibilità melodica ed altrettanta concretezza nella cura dei suoni e, seppur talvolta a me venga in mente il trip-hop degli Sneaker Pimps, credo che gli amanti del genere synth-pop qui possano trovare pane gustoso per i loro denti. Guido Gam bacorta The Rakes Klang (V2) Trasferitesi a Berlino in cerca di ispirazione, tornano sulle scene i The Rakes, uno dei tremila gruppi inglesi “The-qualcosa” spuntati fuori negli ultimi anni, osteggiati (chi più, chi meno) dalla stampa britannica e dalle nuove generazioni di ascoltatori che hanno provveduto a ri-significare il termine “indie-rock”, finendo per includere in questa categoria qualsiasi gruppetto intento a scrivere canzoni più o meno orecchiabili, dal ritmo vagamente ballabile, con chitarra elettriche in bella vista e umori dal sapore new-wave debitamente annacquati. I The Rakes, meno fortunati di altri loro “contemporanei” (Bloc Party, Franz Ferdinand, Kaiser Chiefs, o la nuova ‘big thing’ White Lies, ad esempio), sono evidentemente tra le tante formazioni destinate all’oblio. E sicuramente questo loro terzo lavoro, “Klang” non li aiuterà nell’intento di dare finalmente una sferzata alla loro carriera. Il disco si rifà perlopiù al solito repertorio del genere (genere?): chitarre sferraglianti e sezione ritmica compatta al punto giusto, qualche melodia che cerca disperatamente di ficcarsi nel cervello dell’ascoltatore (“That’s the reason”, i “la la la” nemmeno tanto convinti del singolo “1989”), gli immancabili episodi in levare… Qualche dissonanza qua e là li rende meno
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fighetti di altri gruppi per teenagers in circolazione, e il cantato quasi-recitato dovrebbe renderli meno “piacioni” e più “adulti” (ho letto da qualche parte paragoni con Mark E. Smith dei Fall, ma non diciamolo neanche per scherzo!). Non so se questo disco avrà successo, personalmente credo che non riuscirò a trovare, nei prossimi mesi, una qualsivoglia ragione per rimetterlo nel lettore. Daniele Lama aa.vv. Heroes (Parlophone/ Astralwerks) War Child è una delle più importanti organizzazioni che si occupa di progetti a sostegno dei bambini di tutto il mondo la cui infanzia è stata negata, con particolare attenzione per i bambini coinvolti (in maniera passiva, o addirittura attiva, come purtroppo accade in moltissimi luoghi) in conflitti bellici. Per raccogliere fondi per le proprie iniziative ha chiesto ad una serie di musicisti di re-interpretare brani dei propri artisti preferiti per farne un disco. Il risultato è “Heroes”, una compilation di cover d’eccezione. Il progetto è senz’altro degno di lode a prescindere. Ma, trovandoci su una rivista di critica musicale è pur giusto analizzarne i contenuti. Che some sempre, in questi casi, sono di qualità altalenante. Beck non sfigura nel rileggere il Bob Dylan di “Leopard-Skin Pill-Box Hat”, mantenendo il mood blues-rock dell’originale, cui aggiunge il suo solito tocco low-fi, ironicamente rumorista e casinista. Senza infamia e senza lode la cover di “Do The Strand” dei Roxy Music, rivista in chiave electro-dance dagli Scissor Sisters, mentre suona molto più interessante Lily Allen (con Mick Jones come special guest!) alle prese con un classico dei Clash, “Straight To Hell”, di cui riesce a mettere in evidenza la melodia, inserendola in un contesto r’n’b delicato ed ammiccante. Stucchevole invece Duffy e la sua versione di “Liv e and Let Die” di McCartney, che re-interpreta nel suo stile soul-da-piano-bar, con coro simigospel e un tripudio di archi. Niente di trascendentale neanche la cover degli U2 (“Running To S tand S till”) a cura degli Elb ow . Perlomeno originale la rilettura del classico Bowiano “Heroes” da parte dei Tv On The Radio, seppur con un beat elettronico incalzante, dancey, che lascia un po’ perplessi. Farà storcere il naso a parecchi puristi la cover di “Trasm ission” dei Joy Division a cura degli Hot Chip, improntata su una sezione ritmica asciutta e compatta, chitarre appena accennate, tastierine fuorvianti, organi solenni e una folle rivisitazione delle parti vocali (tra ultramelodismo, cori plumbei e voci filtrate e deumanizzate). Frizzanti quanto innocui e prevedibili i The Kooks alle prese con “Victoria” dei Kinks, super-patinata ma convincente (grazie soprattutto al groove super-funk pompato a dovere) la “Superstition” di Stevie Wonder tradotta nello stile della starlette Estelle, toccante ed intenso Rufus Wainw right che si misura con l’arte sublime di Brian Wilson (“Wonderful / Song For Children”), confezionando un arrangiamento elegante, ricamato sulla sua voce davvero straordinaria. Peaches me la sarei aspettata un po’ più cattiva alle prese con “Search And Destroy” degli Stooges, qui in una versione electro-rock un tantino troppo ‘educata’. Passabili ma tutto
sommato trascurabili i The Hold Steady, che coverizzano Bruce Springsteen (“Atlantic City”) con troppo timore reverenziale, e i The Like (alle prese con “You Belong To Me” di Elvis Costello). Divertenti gli Ye ah Ye ah Yeahs, che si saranno sentiti di nuovo adolescenti nell’omaggiare i Ramones di “Sheena Is A Punk Rocker”. I Franz Ferdinand chiudono la compilation con una versione live del super-classico di Blondie “Call Me”, spogliata dalla carica sexy dell’originale, ma non per questa meno energica ed appassionata. Daniele Lama Vaselines Enter the Vaselines (Sub Pop) Passati alla storia della musica soltanto perchè più volte reinterpretati dai Nirvana - sono proprio i Vaselines gli autori, pensate un po’, di ‘Son of a Gun’, ‘Molly’s Lips’ e ‘Jesus (don’t) Want me for a Sunbeam’ - questo duo scozzese di Glasgow, attivo dal 1986 al 1992, non ebbe alcun particolare successo, all’epoca, neanche grazie al contratto con la Sub Pop, cui probabilmente li raccomandò il loro grande fan Kurt Cobain; e la Sub Pop nel 1992 assemblò per il mercato americano, in un unico CD intitolato ‘The Way of the Vaselines’, i due Ep e l’unico Lp precedentemente pubblicati in Europa dalla band britannica. Che per altro terminò proprio lì la carriera. Ed ora, in versione Deluxe 2 CD, con copertina e titolo cambiati – ‘The Way of the Vaselines’ diventa ‘Enter the Vaselines’: entrambi titoli vagamente allusivi e scherzosi, mi pare, dati gli usi “accomodanti” che si possono fare della vaselina... - e con un secondo CD allegato contenente demo ed esibizioni live dell’epoca, la Sub Pop ci ridà quel disco del 1992 più tutto il materiale inedito della band. Che era un duo lui-lei, come si vede dalla copertina: Eugene Kelly e Frances McKee, cui s’aggiungevano un bassista ed un batterista d’appoggio; le loro canzoni erano indie rock in bassa fedeltà, secondo modelli che all’epoca riscuotevano un certo successo, in contrapposizione al pop leccatissimo e patinato di fine 80, indie rock che somiglia a quello degli americani Guided by Voices o dei Pavement, e va detto che la qualità della musica dei Vaselines è piuttosto varia; dal capolavoro - soprattutto le 3 canzoni di cui sopra, che i Nirvana reincisero - fino a cose invece poco consistenti e sgangherate. Discreto dunque il potenziale indie pop di alcuni pezzi, o l’uso quasi amatoriale di synth e drum machine in ‘You Think You’re a Man’, ancor più interessante il garage psichedelico, barrettiano, cantato con eccentrico accento british, soprattutto delle versioni demo di alcune canzoni qui allegate: ‘Son of a Gun’ (demo), ‘Bitch’, ‘Dying for It (The Blues)’; oppure sul genere Sonic Youth (‘Sex Sux’), Breeders (‘Slushy’) e Lou Reed (‘ Dum Dum’, ‘No Hope’), ma altre cose risultano più ordinarie, e se già all’epoca non li aiutarono a farsi apprezzare, oggi appaiono pure invecchiate male. Non hanno mai smesso del tutto di fare musica, Eugene Kelly e Frances McKee, provandole tutte, con altre band e progetti solisti, ed ora di nuovo insieme, a nome Vaselines, faranno qualche data per promuovere questa ristampa. Chissà che finalmente non giunga per loro quell’attenzione finora troppo scarsa, ma ne dubitiamo: gruppo per pochi, i Vaselines. www.myspace.com/thevaselinesband Fausto Turi
Acorn Glory Hope Mountain (Bella Union) Pubblicato in Canada e Usa nel gennaio 2008 per Paper Bag rec., a distanza di un anno viene stampato anche in Europa da Bella Union quest’album degli Acorn, band indie pop canadese di Ottawa, relativamente sui generis. Perchè colti, ed abbastanza originali e creativi. Sebbene ‘Glory Hope Mountain’ non sia un capolavoro che abbaglia, ma piuttosto un discreto disco di una band che il meglio, s’intuisce, deve ancora realizzarlo, i pregi che vi troviamo sono i seguenti: una forma elegante, originale, e poi l’idea spontanea di un concept sulla vita di una donna nata in Honduras e trasferitasi in Canada: la madre del leader della band Rolf Klausener. Riguardo il primo aspetto, precisiamo che l’originalità della band la riconosciamo soprattutto nell’uso di percussioni, in brani indie pop, al posto dell’ordinario kit della batteria - e poi ukulele, marimbas... - e ciò dà alle canzoni un tocco vagamente latino, molto molto interessante, sebbene si perda qualsiasi chance di impatto; riguardo l’eleganza, il disco ci ha ricordato i lavori di John Parish, Cesare Basile, PJ Harvey, Hugo Race; dunque mid tempo, suoni semiacustici, ed il bel canto di Klausener, con sensazioni noir che a tratti si trasformano in croonerismo del passato. Ed in qualche modo proseguono un lavoro interessante sul pop indipendente colto, al fianco di altre band quali P:ano, No Kids, Lake. Forse sarebbe interessante se qua e là accelerassero i ritmi di singole canzoni, per rendere un intero album un po’ più attraente. Il quintetto, attivo dal 2003, è al secondo album, cui s’aggiungono due Ep ed uno Split con gli sconosciuti Ohbijou: tutto materiale ancora non arrivato in Europa. www.theacorn.ca Fausto Turi The Cesarians s/t (Imprint) Finalmente vede la luce il lavoro sulla lunga distanza dei Cesarians, gruppo londinese, dedito ad un rock che affonda nelle radici della mittle Europa, con influenze tanto di Kurt Weil, quanto di Jacques Brel, del klezmer, ma anche dei Birthday Party. Il gruppo non comprende chitarristi o bassisti, ma un piano, una batteria ed una sezione fiati femminile, con tanto di clarinetto, trombone e tromba. Il suono orchestrale avvolgente, fa da tappeto sonoro alle ottime doti vocali del leader, Charlie Finke, ex voce dei Penthouse, magnetico e carismatico, come pochi oggi, tra questi sicuramente quel Nick Cave a cui si avvicina per stile. In questo ottimo debutto (uno dei migliori dischi del 2009 per il sottoscritto, almeno finora) il valzer conturbante e vorticoso di “Flesh is grass”, si alterna all’inquietante ed oscuro soul di “Woman”, mentre la malinconia di “Marlene”, fa il paio con la grevità della poesia recitata “About she goes”, vicina al Lou Reed di “The raven”. Per “The soon is never again” i Cesarians hanno scelto un valzer appesantito con il clarinetto che ne acuisce la tensione. Il fascino di questo disco è dato proprio dai particolari, dalla ricercatezza dei suoni sempre nuovi e sempre da scoprire,
come un’opera d’arte. www.thecesarians.com Vitto rio Lannutti Bellini Precious Prize of Gravity (Temporary Residence) Terzo capitolo per i Bellini, la banda italoU.S.A., formata da Giovanna Cacciolla e Agostino Tilotta (voce e chitarra degli Uzeda) e da Mattew Tayklor (batteria) ed Alexis Fleisig (bassista anche dei Girls Against Boys), ancora prodotti da Steve Albini. A quattro anni da “Small stones” il sound del quartetto si fa più intenso, intimista e per certi versi più oscuro. I testi, infatti, ruotano attorno alle tematiche dell’amore e della morte ed il sound si è fatto ulteriormente circolare, con Tilotta che tende molto a graffiare e a tagliare e la base ritmica che martella, mantenendo una ritmica a volte costante, altre, più spesso incostante, infatti sono molti i giochi di ritmo, che però concedono pochi cambi di registro stilistico. In questo modo pare che i Bellini si siano spinti ulteriormente verso la sperimentazione, cercando e trovando nuove frontiere del noise, per certi versi il percorso è parallelo a quello degli Ex, e degli X, vedi la tagliente “Save the greyhounds”. La voce della Cacciola è spesso molto calda e coinvolgente ed in alcuni casi si avvicina a quella di P. J. Harvey. Il brano che tira di più è senza dubbio “Numbers” resa ansiosa dall’incostanza della base ritmica e dalla chitarra di Tilotta affilata come un rasoio. L’ennesimo ottimo lavoro del combo e restiamo in attesa sia del tour, che del prossimo lavoro degli Uzeda. www.snowingsun.com Vittorio Lannutti Hey!Tonal – s/t (Africantape) Gli Hey!Tonal sono in pratica un supergruppo dell’area newyorkese ed i componenti, che sono cinque, sono quasi tutti membri di più gruppi. Tra questi troviamo Kevin Shea degli Storm & Stress e Theo Katsaounis dei Joan Of Arc. Hanno poi dato un contributo anche Julien Fernandez, responsabile dell’Africantape e membro dei Passe Montagne e Chevreuil e Kenseth Thibideau degli Sleeping People e di altre formazioni. Questo lavoro ha avuto una gestazione strana, dato che il gruppo ha lavorato in maniera sparsa ed i membri non si sono mai riuniti tutti insieme per suonare. Tutto il lavoro è stato curato da Shea e da Mitch Cheney che hanno assemblato il tutto. Gli Hey! Tonal si esprimono con un post rock, abbastanza rockato, dato che ha nel Dna del gruppo c’è molto funk ed una buona base di sperimentazione jazz. Gli otto brani, tutti rigorosamente strumentali, intrigano per la ricercatezza delle sonorità, sempre pregiate e con un piglio di improvvisazione costante. Assistiamo dunque all’apoteosi del noise di “Kcraze” nel quale convivono tanto Shellac e Melvins, quanto il funky-post rock, ma anche alla cerebralità, quasi fredda di “Uppum” nella quale troviamo elementi del funky aperto e roboante dei Rosolina Mar e la circolarità delle chitarre tanto cara a Tortoise e 90 Day Man. Martellante e frenetico, quasi industrial, si presenta “Skitch”, nel quale non mancano elementi di free jazz, mentre il post rock di “Carl Sagan is the long form of bitchin” si fa scandagliato. “Hey! tonal” è un disco che va scoperto ad ogni ascolto, ricco di molte sfumature. www.myspace.com/heytonal Vittorio Lannutti
speciale
club indie Com e la musica house ha salvato l’indie rock italiano
iusto un paio di mesi fa, Mixmag pubblicava un articolo significativamente intitolato “L’house music salverà l’hip hop?”. Parafrasando quel titolo, e ripor-
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tando la questione ai nostri confini nazionali, potremmo dire che l’house music sta salvando il nostro indie rock. Esiste in Italia, sempre meno di nicchia e sempre piu forte, per qualità artistica e quantità di adepti, una scena, cioè artisti e pubblico, che ha preso, con un sardonico sorriso sulle labbra, tutte le musiche piu bistrattate degli ultimi 50 anni (punk, house, hip hop, il rock, il reggae e il dub e poi le miriadi di sottogeneri e stili, baile funk, Miami bass, kuduro ecc), e le ha messe insieme in un unico canovaccio che spariglia di continuo le carte sul tavolo. Seguendo come pro-
prio dettato, tanto morale quanto estetico, la parola d’ordine di sempre, da Elvis in poi, di ogni adolescente: quella formalizzata dai Beasty Boys, nel loro primo album, Fight for your right to
party. Combatti per il tuo diritto a fare festa. Altrimenti detta, “Alza il volume e sbatti la porta in faccia ai tuoi genitori”. Facciamo i nomi: Blo ody Beetroo ts e Cro okers in testa, a seguire Blatta &
Inesha, Congorock, 3 Is A Cro w d, His Majesty Andre, Gigi Barocco, per citarne i piu significativi. La vera scena indie, italiana ma non solo, di fine decennio 2000 è questa. Non a caso legata all’evoluzione tecnologica (come il Bob Dylan punk s o n o ra m e n t e fischiato a inizi ’60 perché smette la chitarra acustica a favore dell’elettrica, qui computer, mixer, synth, giradischi e lettori cd sono la risposta alle tradizionali strumentazioni elettriche e acustiche) e alle musiche ancora non omologate dal mondo degli adulti (per la precisione, poi, diremmo che l’house è tutta uguale allo stesso modo in cui il rock è tutto uguale, con la differenza che il rock ha concretamente smesso di immaginare 30 anni fa, l’house ha appena cominciato). Di più, musica che è nata e si è sviluppata all’interno e attraverso i canali mediatici piu attuali, social network e blog in testa la cui crescente diffusione e importanza è inversamente proporzionale all’efficacia dei tradizionali percorsi discografici, soprattutto promozionali. Lì
dove non è piu il peso economico dell’investitore (l’etichetta, il management ecc.) a determinare la popolarità di un’artista o di una canzone, ma la sua reale corrispondenza a un pubblico. Vero, concreto, tangibile, non fittizio o astratto. L’Italia, dal dopo guerra in poi paese sempre piu vecchio e noioso, gerontocratico come pochi, sta cominciando adesso a percepire tutto questo. Ben altra la faccenda fuori dai nostri confini. Da un po’ di tempo, ma da un anno in qua in maniera davvero massiccia e significativa, le piu importanti testate musicali di settore di tutto il mondo (lo stesso Mixmag, Dj Mag, XLR8, BPM, Tsugi ecc.) parlano di una Italian New Wave legata alla dance music. In cui questo manipolo di nostri artisti sta portando una ventata di aria fresca alla musica, da club ma
Fatboy Slim l’hanno sdoganata, lo scorso decennio, tanto ai palati piu intransigenti quanto alle masse piu indistinte. E un approccio dance ed elettronico contraddistingue molte fra le piu apprezzate nuove band indie rock del globo, dai Tv On The
Radio ai Soulwax. E non è ovviamente un caso se Bloody e Crookers siano ospiti di alcuni dei piu importanti festival rock del mondo, da Pukkelpop a Coachella e Glastonbury fino al Fuji rock festival di Tokyo, assieme a Morrissey, i Cure e i Throbbling Gristle. Su un altro versante, Crookers headliner al Sonar 2009 dovrebbe spiegare anche ai più orbi la portata del successo. Ma, dicevamo ad inizio articolo, la faccenda non è soltanto musicale. Perchè quei suoni e quei ritmi hanno sempre sotteso a faccende ben piu importanti e ricche di significati. Non si
spiegherebbe altrimenti, dagli anni ’50 in poi, la (presunta?) pericolosità sociale per il mondo degli adulti di un riff di chitarra o di un beat, così come di una cresta, di una maglietta oversize con un paio di jeans che partono da sotto il culo, o di uno scomposto movimento dell’anca. Non spiegheremmo altrimenti il gusto perverso che
attraversa ogni adolescente sano di mente nell’ascoltare musiche che agli altri fanno schifo. Essere portato generazionale contrapposto a quello degli adulti, lingua nuova e condivisa da una generazione che è altra. Altra da quanto c’era prima ma anche, e soprattutto, da quanto c’è adesso. Gianluca Runza
speciale
non solo (vedi il successo anche radiofonico dei Crookers). Difatto poi non è piu possibile liquidare la musica dance come “musica di settore”: Chemical Brothers, Daft Punk, Prodigy,
PATRICK WOLF
GOMEZ
“The Batchelor” CD
“A New Tide” CD
Bloody Chamber Music
Registrato ad Hastings, il 4° album di PATRICK WOLF, era stato inizialmente progettato come un doppio CD ma poi l’artista ha deciso di dividerlo in 2 uscite. La 1a parte ad esser realizzata, quella di “Bachelor”, contiene 14 brani ai quali hanno collaborato Eliza Carthy, Thomas Bloch, Alec Empire, Matthew Herbert e Tilda Swinton. È album che mescola egregiamente e con personalità suoni New Wave romantici e decadenti che richiamano i lavori di The Cure, David Bowie, Marc Almond e Scott Walker.
MULATU ASTATKÈ + THE HELIOCENTRICS
“A New Tide” è il nuovo attesissimo album degli inglesi GOMEZ. Le undici canzoni del nuovo disco ci conducono nuovamente alle radici sperimentali ed un po’ naïf degli esordi della band. Uno dei maggiori pregi di “A New Tide” è l’equilibrio perfetto e surreale tra le sue componenti. Profumi di Delta blues, psychedelia, folk, retro-pop e krautrock, permeano queste canzoni senza tempo che finalmente ci restituiscono i GOMEZ agli altissimi livelli dei primi due dischi. Unici ed inimitabili!
GRAHAM COXON
THE NEW CHRISTS
“The Spinning Top” CD
“Gloria” CD
“Inspiration Information” CD/2LP Nuovo atteso album per GRAHAM COXON, personaggio che non ha certo bisogno di grosse presentazioni, ex membro dei BLUR ed ormai avviato verso un carriera solista di tutto rispetto. Il nuovo disco “The Spinning Top”, settimo lavoro in proprio, è un meraviglioso concept che ruota attorno alla storia di un uomo dalla sua nascita alla morte. Ispirato dalle storie di Martin Carthy e John Martyn, il disco è un viaggio fra ballate acustiche, scariche elettriche e tessiture cantautorali. Ospiti graditi: Robyn Hitchcock e Danny Thompson!
Questo capitolo della serie “Inspiration Information” nasce dalla riuscita collaborazione tra uno dei più importanti musicisti africani, il pianista etiope MULATU ASTATKE, e il collettivo space jazz inglese THE HELIOCENTRICS. Se già i precedenti volumi sorprendevano per commistioni di generi ed esperienze, il nuovo supera ogni più rosea aspettativa. I 14 brani dell’album mescolano con maestria e spiritualità, tappeti free, psichedelia, tradizione africana e mantra ritmici. Un’esperienza mistica alla quale consigliamo di non rinunciare.
NATHAN FAKE MODERAT “Hard Islands” MCD/LP
Attesa nuova uscita del genio della musica elettronica NATHAN FAKE. Sei ipnotici brani, un ritorno all’essenza dell’album in vinile, solo brani buoni e niente riempitivi. Brani che attingono, con un approccio innovativo, dai suoni di casa Warp e Rephlex creati in passato da campionissimi quali Dave Clark e Aphex Twin. E se il precedente album sorprese per alcune gemme – indimenticabile il singolo ‘The Sky Was Pink’ – ed alcune trovate synthpsych-rock, questo “Hard Islands” si dimostra sicuramente più maturo e coeso.
“Moderat”
CD+DVD/LP
Pronto il debutto dei MODERAT, creatura nata dall’incontro tra i Modeselektor e Sascha Ring (aka Apparat), con l’apporto del rapper Busdriver, di vecchie registrazioni di Paul St. Hilaire (Scape Music) e della cantante Dellé (della band Seeed). Gli ospiti convincono il trio ad abbandonare il concetto di mero album strumentale dando vita ad un lavoro intenso in cui il formato canzone riesce ad avere il sopravvento. Disponibile in edizione limitata con un DVD prodotto dal collettivo visual berlinese Pfadfinderei. Elettronica d’avanguardia meets Pop music.
sono distribuzioni esclusive AUDIOGLOBE
25 anni dopo la loro formazione ed a ben 5 anni dall’ultimo lavoro in studio, tornano nuovamente THE NEW CHRISTS. Fra infiniti cambi di formazione e dopo aver trascorso alcuni anni a produrre nuove band ed in tour per la reunion dei Radio Birdman, Younger ha trovato nuovamente la forza per rimettere in piedi THE NEW CHRISTS con: Jim Dickinson (basso), Stu Wilson (batteria), Dave Kettley (chitarra) e Brent Williams (chitarra). “Gloria” è un micidiale attacco sonoro e abrasivo composto da 11 brani fatti di sudore e polvere, che ci rendono la band in forma smagliante.
FISHERSPOONER IRON AND WINE “Entertainment” CD
“Around the Well” 2CD/3LP
Dopo un periodo in cui i FISCHERSPOONER sono stati coinvolti in prestigiose collaborazioni, i 2 newyorchesi di Brooklyn, Casey Spooner e Warren Fischer tornano con il nuovo album “ENTERTAINMENT”. Padroni incontrastati del connubio tra arte e musica, i Due hanno preparato un disco di Electro-Pop maturo e intelligente. Ospiti: l’attrice/performer Ann Magnuson (Bongwater), Gabriel Olegavich (Lady Sovereign, Spektrum) e Steven Stein (Double Dee & Steinski). Prodotto da Jeff Saltzman (The Killers).
Curiosando fra brani ormai fuori stampa, inediti ed introvabili, il 2CD e 3LP “Around the Well” spazia dalle prime registrazioni di Sam Beam aka IRON AND WINE, sino all’ultimo lavoro “The Sheperd’s Dog”. Diviso in 2 sezioni, il disco, colleziona sia registrazioni segrete e casalinghe sia sessioni effettuate all’interno di uno studio, assieme ad altri musicisti, amici e produttori. In scaletta, anche altri tre pezzi scritti per il film e le cover di ‘Waiting For a Superman’ (The Flaming Lips) e ‘Love Vigilantes’ (New Order).