Mondo produttivo & democrazia

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Manfredo Montagnana

Mondo Produttivo e Democrazia Qualche ipotesi razionale sul futuro

Settembre 2010

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Mondo Produttivo e Democrazia La realizzazione di sistemi di governo democratici comporta in primo luogo la diffusione delle conoscenze necessarie per comprendere i problemi con cui tali sistemi si confrontano e le scelte conseguenti. Siamo sicuri che il termine "democratico" per descrivere il comportamento di istituzioni, enti pubblici e privati, partiti, imprese, sindacati sia quello giusto? Le scelte della FIAT in materia di localizzazione degli impianti vengono proposte per illustrare come sia possibile offrire ai cittadini un procedimento utile per valutare tali scelte. Ai partiti ed ai sindacati spetta il compito di realizzare una conoscenza condivisa su questo e su tutti i problemi che ci coinvolgono.

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Contenuti 1. Democrazia: Partecipazione o Conoscenza 2. Chi dovrebbe spiegare e come 

Modelli matematici quantitativi

Caso FIAT

3. FIAT: perché non lo spiega il sindacato, se non lo fa Marchionne? 

Modelli geometrici

Possibili scenari

4. Comprendere per partecipare Copertina: immagine da artmediastudio.net Tag: attrattività territorio, conoscenza, democrazia, EVA, FIAT, grado di conflittualità, Gramsci, innovazioni tecnologiche, Marchionne, modelli matematici, parametri di controllo, partecipazione, tipologie contrattuali.

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1. Democrazia: Partecipazione o Conoscenza Partirei dalla constatazione che oggi il significato della parola DEMOCRAZIA è in discussione e per diversi motivi. Un motivo riscuote oggi particolare interesse perché riguarda i contrasti sempre più rilevanti tra il sistema politico, sociale e culturale dei paesi “capitalistici” ed i paesi in via di sviluppo, in particolare quelli del mondo musulmano. Gran parte dell’Islam contesta i valori di riferimento delle nazioni occidentali e occidentalizzanti e quindi il senso della democrazia come viene applicata in USA, GB, UE, Giappone e nelle nazioni nate dalla disintegrazione dell’URSS. Purtroppo, l’alternativa proposta è quasi sempre una rilettura della storia e delle tradizioni culturali e religiose musulmane in termini di un pericoloso integralismo, che si traduce in governi dittatoriali ed in persecuzioni contro minoranze ed oppositori. Un secondo e più importante motivo di perplessità sui modi in cui la democrazia si esplica nei paesi “capitalistici” deriva dal fatto che le istituzioni di questi paesi non consentono alla grande maggioranza dei cittadini di partecipare alle loro scelte o, per essere più precisi, non offrono loro gli strumenti necessari per comprendere tali scelte. Troppo distante dai cittadini è ormai il modo di funzionare dei sistemi cosiddetti democratici: risultano incomprensibili non solo le azioni di governi e parlamenti, giunte comunali, provinciali, regionali e relativi consigli, ma anche le azioni degli stessi partiti politici, dei sindacati e dei Consigli di Amministrazione 4


delle grandi imprese. Spesso, come panacea per superare le profonde contraddizioni proprie delle moderne “democrazie”, viene proposto di sviluppare la PARTECIPAZIONE dei cittadini, senza generalmente spiegare che cosa questa parola significhi. A mio parere, la partecipazione va intesa nel senso già accennato, quello della CONOSCENZA, cioè della spiegazione a tutti i cittadini, in termini semplici ma scientificamente corretti, dei problemi economici, politici, sociali che si vogliono affrontare e del ventaglio di possibili soluzioni; in sostanza, la spiegazione del perché si assumono determinate decisioni. Web 2.0 e Partecipazione Democratica: Realtà o Utopia?

Fonte immagine: masternewmedia.org

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2. Chi dovrebbe spiegare e come La lunga esperienza di militante politico e sindacale e di rappresentante in assemblee elettive mi conforta nel sostenere che la gestione della cosa pubblica e delle strutture organizzate pubbliche e private (compresi partiti, sindacati e imprese) non corrisponde affatto a quello che i cittadini concepiscono come “gestione democratica”. Le conseguenze più drammatiche sono la progressiva rinuncia da parte dei cittadini ad affrontare i grandi problemi sociali e ambientali in termini collettivi e la ricerca di percorsi individuali che tutto sono fuorché democratici. Da ogni parte si ricorda che i partiti politici e le assemblee elettive sono i principali pilastri di uno stato democratico, ma i dirigenti dei primi ed i componenti delle seconde non svolgono mai quello che dovrebbe essere il loro compito principale: dare ai cittadini una spiegazione dettagliata e credibile del percorso seguito nell’operare le proprie scelte.

Modelli matematici quantitativi Eppure molteplici ricerche degli ultimi decenni hanno prodotto strumenti matematici utili per operare scelte anche in questioni di carattere 6


economico, politico, sociale. In particolare, nella seconda metà del secolo scorso sono emerse nuove interessanti idee sull’uso di modelli matematici in questi campi. Il punto cruciale, almeno per i ricercatori più avveduti, non si riduce alla scelta di un modello matematico quantitativo fra i molti esistenti; l’attenzione si è spostata su domande, solo apparentemente banali, la cui risposta richiede una stretta collaborazione tra scienziato applicato (economista, sociologo, politico) e matematico: “Di cosa stiamo parlando?” e “Cosa succede se scelgo questa soluzione fra le diverse possibili?”. Si tratta di domande che assumono un significato rilevante se le riproponiamo in termini concreti: quando affrontiamo lo studio di un sistema reale (azienda, città, sistema produttivo, trasporti, regione, . . . ) che si evolve nel tempo, come possiamo spiegare ad altri le operazioni che intendiamo compiere? Non vi è dubbio che dobbiamo soddisfare due esigenze pregiudiziali: 

capire quali sono le grandezze o variabili (posizione, dimensioni, durata, parti componenti . . .) più idonee a descrivere il sistema;

capire quali sono i fattori o parametri (interventi di altri sistemi, condizioni materiali esterne, . . . ) che ne condizionano l’evoluzione

La traduzione di grandezze e fattori in oggetti matematici è un passaggio difficile ma necessario se vogliamo costruire possibili scenari su cui basare una scelta difendibile razionalmente.

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Caso FIAT Non è certo questa la sede per presentare, anche in modo schematico e superficiale, gli strumenti matematici che potrebbero essere utili. Provo tuttavia a servirmi di uno di tali strumenti per impostare l’esame di una questione di grande attualità: le scelte della FIAT in tema di localizzazione degli impianti. Naturalmente il riferimento principale sarà la coppia di domande precedentemente richiamate: “di cosa stiamo parlando?” e “cosa succede se scelgo una tra le soluzioni possibili?”. Il Gruppo Fiat svolge attività industriali e di servizi finanziari nel settore automotoristico in circa 190 Paesi. Le aree di attività sono costituite da: Automobili (con i marchi Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Abarth, Fiat Light Commercial Vehicles, Ferrari, Maserati); Macchine per l'Agricoltura e le Costruzioni (rappresentato dai marchi Case e New Holland); Veicoli Industriali (con i marchi Iveco, Irisbus, Astra e Magirus); Componenti e Sistemi di Produzione (Fiat Powertrain Technologies, Magneti Marelli, Teksid e Comau); altre attività includono editoria e comunicazioni (La Stampa e Publikompass).

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3. FIAT: perché non lo spiega il sindacato, se non lo fa Marchionne? Provo ad elencare schematicamente alcune delle grandezze in gioco, essendo convinto che solo avendo a disposizione questi dati i lavoratori FIAT (non solo italiani) avranno le conoscenze necessarie per proporre alternative ai progetti dell’a.d. Sergio Marchionne. Struttura produttiva: un elenco degli impianti che a vario titolo fanno parte della galassia FIAT, accompagnato da indicazioni sintetiche su: tipi di prodotti, livello di produzione annua, numero dei dipendenti, situazione economica. Si tratta di un dato che solitamente non viene offerto in modo completo e dettagliato e che è ovviamente indispensabile per capire “di cosa stiamo parlando”. Organi decisionali della FIAT e loro composizione: più esplicitamente, si tratta di capire non tanto quali persone appaiono come decisori (oltre l’a.d. Sergio Marchionne) ma quali sono i centri di potere che li condizionano. Tipologie contrattuali dei lavoratori e livelli salariali medi per operai, impiegati e dirigenti nei diversi paesi in cui la FIAT opera. Queste sembrano essere alcune delle variabili fondamentali che definiscono il sistema FIAT e che servono per valutare la sua evoluzione nel tempo.

Fonte: pasteris.it

Se passiamo a considerare i parametri che possono condizionare tale evoluzione, ne vanno citati almeno 9


alcuni fra i più ovvii. 

Forma di governo e struttura sociale delle nazioni in cui gli impianti sono collocati.

Politiche industriali dei governi, con particolare riferimento alle forme di finanziamento e di incentivazione allo sviluppo di nuove aziende.

Caratteristiche dei sistemi produttivi e variabili economiche macroscopiche (PIL, . . . ) di tali nazioni.

Dati generali caratteristiche sindacali.

sui rapporti industriali e sulle delle principali organizzazioni

Scorrendo questi brevi e scarni elenchi, ci si domanda quanti lavoratori della FIAT sono a conoscenza dei dati in essi contenuti e come sia possibile per i Sindacati proporre azioni di critica ed eventualmente di contrasto alle scelte di Marchionne in assenza di tale conoscenza. Attrattività del territorio: macroindicatori L’analisi di attrattività dei sistemi-paese “Doing Business 2010” sviluppata da World Bank classifica 183 paesi sulla base di dieci macro indicatori: 1. Starting a business,

6. Protecting investors,

2. Dealing with Construction permits,

7. Paying taxes,

3. Employing workers,

9. Enforcing contracts,

4. Registering property,

10. Closing a business.

5. Getting credit,

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8. Trading across borders,


Attrattività del territorio: paesi EU-27 16 paesi EU-27 sono nei primi 50 posti di questa classifica, e in particolare: 5° United Kingdom, 6° Denmark, 7° Ireland, 16° Finland, 18° Sweden, 22° Belgium, 25° Germany, 26°Lithuania, 28° Austria, 30° Netherlands, 31° France, 40°Cyprus, 42°Slovak Republic, 44°Bulgaria, 47° Hungary, 48°Portugal. L’Italia è collocata al 78esimo posto (74esima nel 2009).

Modelli geometrici Ma veniamo ai semplici modelli geometrici ideati da Renè Thom non per trovare soluzioni formali ai problemi ma per aiutare a capire la loro natura. In questa sede, mi pare corretto limitarmi al più semplice di tali modelli, che prevede una sola variabile descrittiva del sistema e due soli fattori di controllo: come si vedrà, è comunque sufficiente per costringerci a riflettere a lungo prima di proporre strategie alternative per la FIAT. Evidentemente, la presenza di una solo variabile porta ad una rappresentazione notevolmente semplificata ma assai efficace: ciò che descrive il comportamento della più grande industria italiana è certamente la logica del massimo profitto (nella figura è indicato con x), che contempla non solo il guadagno in termini economici ma 11


anche (ad esempio) le innovazioni tecnologiche e le condizioni di lavoro. Valore economico aggiunto (EVA) Nell’ultimo decennio l’industria è cambiata molto: le dimensioni dei gruppi, la tecnologia, il rapporto con il lavoro, la natura del capitale. I parametri che misurano l'efficienza si chiamano EVA, nome gentile, quasi seduttivo. EVA è l’acronimo di un parametro necessario e spietato: Economic value-added. Valore economico aggiunto. L'indice deriva dalla differenza tra il reddito operativo dopo le tasse e il costo del capitale impiegato per ottenerlo. Se EVA > 0 l'impresa sta creando ricchezza dopo aver remunerato i fornitori di capitale (creditori e soci), viceversa (EVA<0) essa sta distruggendo ricchezza. Il compito principale dell'a.d. è di produrre il maggior valore aggiunto possibile. La concorrenza sfrenata, ormai globale, porta a concentrare gli investimenti per aumentare il prodotto pro capite anziché per estendere la base produttiva, a inseguire l'aumento di produttività a preferenza di ogni altra alternativa. In una public company, grande azienda quotata in Borsa, il capitale è diffuso tra risparmiatori, fondi di investimento, fondi pensioni, banche. L’a.d. molto spesso non sa chi sono gli azionisti, sa soltanto che sarà giudicato in base a EVA. Vorremmo dunque capire quali potrebbero essere gli scenari in cui la FIAT raggiungerebbe il massimo profitto; il modello che adottiamo prevede due soli scenari 12


alternativi e descrive le modalità con cui si passa da uno all’altro. Per procedere, dobbiamo decidere quali sono i fattori di controllo che riteniamo più rilevanti: il primo fattore potrebbe essere costituito dalle innovazioni tecnologiche (nella figura è indicato con p1) ed il secondo potrebbe riguardare il grado di conflittualità (nella figura è indicato con p2) da parte dei lavoratori. Possibili scenari L’esame della geometria illustrata in figura ci consente di ragionare meglio sui possibili scenari.

Se la conflittualità è bassa (p2 è “piccolo”, cioè a sinistra dell’origine O), qualunque variazione delle tecnologie comporta un cambiamento lento e regolare 13


nella strategia aziendale (il punto x si sposta da A a B con continuità, senza passaggi bruschi). Se invece la conflittualità è elevata (p2 è “grande”, cioè a destra dell’origine O), variazioni anche lievi delle tecnologie (spostamenti di p1, ad esempio, da destra verso sinistra) possono comportare un brusco salto (“catastrofe”) nelle strategie della FIAT (quando si sposta da A a D il punto x deve ora “saltare” da B in C per passare dalla falda superiore a quella inferiore).

4. Comprendere per partecipare. Come si vede, non si tratta di un modello che offra una soluzione unica e conclusiva; al contrario, l’obiettivo è di spingere chi affronta il problema “FIAT” ad una riflessione critica il cui risultato deve essere la consapevolezza che esistono molte scelte possibili e che il passaggio da una all’altra può avvenire in modo improvviso e difficilmente prevedibile. E’ un procedimento che dovrebbe attirare l’interesse delle Organizzazioni Sindacali il cui primo compito è proprio quello di mettere i lavoratori nelle condizioni di COMPRENDERE la natura delle contraddizioni che essi vivono e di essere dunque in grado di PARTECIPARE – adesso finalmente con cognizioni di causa – alle decisioni che li riguardano. Oltre novant’anni addietro Antonio Gramsci rivolgeva agli operai torinesi il perentorio invito “Studiate, studiate, studiate!”. Mai questo invito è stato tanto attuale come in questo momento storico.

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Manfredo Montagnana. Presidente da oltre dieci anni dell'Unione Culturale Franco Antonicelli di Torino. Ha fatto parte del Consiglio Comunale di Torino dal 2001 al 2006 partecipando ai lavori delle Commissioni Cultura e Urbanistica. Ha ricoperto importanti incarichi nei Sindacati della Scuola, dell'Università e della Ricerca della CGIL. Dal 1961 al 1971 ha insegnato matematica nelle Università di Torino e di Genova. Dal 1971 al 1998 ha svolto corsi di Analisi Matematica, Geometria, Applicazioni della Matematica all'Economia, al Politecnico di Torino dove è stato membro del Consiglio di Amministrazione e ha diretto il Centro dei Servizi Didattici di Architettura. Nell'anno accademico 1969-70 ha svolto ricerca presso il Mathematical and Statistical Department dell'University della California in Berkeley. Dal 1940 al 1948 è vissuto in Australia dove ha acquisito l'inglese come propria lingua madre.

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