MAGAZINE SETTIMANALE FREE-PRESS 1 • numero 19 • 16 mar 2012 anno
www.freebrindisi.it ATTUALITà E PROMOZIONE DELLA TERRA DI BRINDISI
Brindisi di franco fanuzzi in serie B 1972-73 dicemBre 72 l’’ingresso in campo di foggia e Brindisi eppe papadopulo ggiana Brindisi 72-73
speciale centenario del calcio brindisino Ogni venerdì in edicola in abbinamento gratuito con "Senzacolonne", nel centro commerciale "Le Colonne", NELLa "CASA DEL TURISTA" e nell'Aeroporto del Salento 46) la squadra che nel 1985 approdò in c1 47) l’indimenticaBile massimino vitali 48) crafa in azione contro il Barletta 49) formazione Brindisi sport 1986-87
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“Il calcio è rito nel fondo, anche se è evasione - scriveva Pasolini - Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci”. Jean-Paul Sartre si è spinto oltre: “Il calcio è una metafora della vita”, sentenziava. E aveva ragione. Ci sono partite esaltanti, di quelle rapide, piene di reti, così come esistono vite belle, emozionanti. Ma esistono anche vite grigie, anonime, come certe partite tristi, senza reti, quelle che servono solo a fare numero, ad arrivare alla fine della stagione. La vita calcistica della città di Brindisi, da quel 7 marzo 1912, quando tutto iniziò, ad oggi, è un susseguirsi di momenti esaltanti, fallimenti e nuovi inizi. Una lunga storia di personaggi e di vicende che vale la pena raccontare. Perché nonostante i momenti bui (tanti) il cuore biancoazzurro non ha mai smesso di palpitare. Perché dopo un secolo intero con il suo strascico di trionfi e di amarezze, di risalite e di delusioni, tifosi e giocatori sono ancora insieme, pronti a scrivere un nuovo capitolo di un’avventura a suo modo unica. In questi giorni la Brindisi calcistica spegne le sue prime 100 candeline e noi abbiamo voluto celebrare l’importante ricorrenza dedicandole un numero speciale. Abbiamo ripercorso le tappe dell’avventura calcistica di una piccola squadra di periferia, raccontato i protagonisti di ieri e di oggi, ricordato indimenticabili pagine di una storia che appartiene a noi tutti. Lo abbiamo fatto con quella malinconia mista ad esaltazione che si prova sfogliando un vecchio album di figurine, ma anche con quella voglia di riscatto che proietta verso traguardi nuovi e ambiziosi. alessandra.caputo@freebrindisi.it Un grazie particolare a: Fabrizio Caianiello, Alessandro Caiulo, Cristina Cavallo, Ferdinando Cocciolo, Andrea Contaldi, Davide Cucinelli, Giancarlo Errico, Gianluca Greco, Roberto Guadalupi, Mariella Lonoce, Tonino Pinto, Bruno Stasi, Roberto Romeo per aver impreziosito questo numero speciale di Free Brindisi con le loro firme.
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FOCUS DEL VENERDì
CENTO ANNI DI PASSIONE MASSIMO VITALI “CHI MUORE GIOVANE A DIO È CARO”
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VINICIO “O’ LIONE” GLI ANNI RUGGENTI DEL CALCIO BIANCAZZURRO ANTONIO BENARRIVO IL NOSTRO VICECAMPIONE DEL MONDO
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In questo numero
focus DEL VENERDì
100 ANNI DI PASSIONE PALLE DI PLASTICA CRONOSTORIA: 100 anni di calcio UGO ARGENTIERI: L’EROE DI CATANIA RINO DI DONNA: PICCOLO GRANDE PORTIERE DEL PASSATO DOMENICO LA FORGIA: IL FASCINO DEL VECCHIO “CAMPO SPORTIVO” MARIO BRUGNEROTTO: L’UOMO DELLE MILLE BATTAGLIE ALDO BELLAN: DIECI ANNI CON LA V SUL PETTO VINICIO “O’ LIONE”: GLI ANNI RUGGENTI DEL CALCIO BIANCAZZURRO MARIO CANTARELLI: L’AMORE PER IL BRINDISI MASSIMO VITALI: “CHI MUORE GIOVANE A DIO È CARO” ANTONIO BENARRIVO: IL NOSTRO VICECAMPIONE DEL MONDO MARCELLO PRIMA: IL GIGANTE BRINDISINO IL POSTER DEL CENTENARIO (paginone centrale) JOSè IGNACIO CASTILLO ALVAREZ: SEMPLICEMENTE NACHO RICCARDO SARDELLI: BRINDISINO DOC UBRIACHI DI… CORONA: RE GIORGIO MINO FRANCIOSO: L’IMPERATORE ADRIANO FIORE: BRINDISINO PER AMORE NANDO GALETTI: IL GIGANTE BUONO ROBERTO TAURINO: IL MURO DI BERLINO TOP TEN 7 MARZO E LA FESTA DEL CENTENARIO BRINDISI A PEDATE: LA MEMORIA STORICA DELLA BRINDISI CALCISTICA
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ANNO 1 - numero 19 del 16 marzo 2012
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Michele Lamacchia
palle di plastica «Papà, mi aiuti a fare i compiti di storia?» parametri anomali «Papà?» «Sì, scusa amore, dimmi» fuori controllo «Mi aiuti a fare i compiti di storia?» percentuali sospette «Sì, certo» ma guarda qua, che storia: aumento esponenziale «La maestra ha detto di chiedere ai nonni e ai papà come giocavano a palla tanti anni fa, quando erano bambini. Mi aiuti?» sfortunate coincidenze? «Ti aiuto? Vorrei aiutarti, sì… Ma non potete studiare gli assirobabilonesiegiziani?» «Papi, in quarta. Io faccio la prima, ancora» forse è necessario indagare a fondo «Va bene. Allora, proviamo a fare una sintesi veloce delle cose moderne, poi chiediamo al nonno le più preistoriche» «Ok!» «Cent’anni fa i bambini giocavano nei campi, nelle strade. E le strade non erano come sono oggi, no: erano squartate, senza asfalto, e bastava una pioggia scema perché si riempissero di buche» «Come adesso, pà?» «E non esistevano i palloni. Cioè, esistevano ma erano duri, pesanti, costavano moltissimo perché c’era una persona che li costruiva cucendo uno a uno dei pezzi di cuoio spesso e puzzone. E li usavano solo i club di calcio» «Ma anche il nonno e il suo papà giocavano a pallone…» «Sì, anche loro» «E come nascevano i palloni del nonno e del suo papà?» bisogna saperle, le cose, però «Il nonno e il suo papà usavano degli stracci avvolti tra loro e annodati a forma di palla» «E tu, papà?» «Piano piano sono cambiate le cose: tutti i bambini potevano giocare a pallone. Si giocava per strada, mettendo le cartelle per terra per fare i pali. Non c’erano molte macchine e si poteva giocare per delle ore» «Ma tu non avevi una palla di stracci…» «Allora, no» nei primi anni sessanta fu realizzato il grande impianto del petrolchimico «Quando giocavo con i miei fratelli usavamo il Super Tele, che era una specie di palla leggerissima, che con un calcio un po’ più forte o un po’ di vento se ne volava. E se finiva nel recinto di qualcuno o in casa, veniva tagliato con le forbici e la tristezza era infinita» prodotti del decadimento del PVC, cloruro di polivinile, potente cancerogeno «Quando giocavamo con i cuginetti usavamo il Super Santos, una copia povera del pallone da basket, arancione e con le strisce nere. E la caratteristica di questo pallone era che si incastrava sotto le macchine» uno dei principali produttori di queste sostanze in Italia è proprio quell’impianto «Per le partite con gli amici dell’isolato usavamo il Tango, imitazione economica di un pallone dei mondiali, che ci sembrava una bella palla solida con cui potevi anche fare dei tiri rasoterra precisi, senza che se ne andasse in giro per la città» non ci posso credere, ci nascondono tutto, ci distraggono. «Quando invece dovevamo combattere contro i nemici, qualcuno portava il pallone di cuoio. E calciare un pallone di cuoio faceva la differenza tra un piede di gomma e uno da calciatore. Il pallone di cuoio era la certificazione ufficiale che esisteva un primo, un secondo tempo, il fallo di prima e il fallo di seconda, che la partita aveva una sua consistenza, una sua “verità”. Come ce l’aveva quel tipo di pallone. Che esistevano delle regole e che c’era una specie di giustizia nel rispettarle: tutti, anche i giocatori più scarsi, potevano vedere rispettati i propri ruoli, nel rispetto del regolamento del calcio, che solo in queste partite “vere” veniva applicato» malformazioni neonatali in percentuali nettamente superiori alla media europea, anomalie congenite al cuore «Il pallone di cuoio era cucito, sì. Come cent’anni fa. C’era una persona che li costruiva cucendo uno a uno dei pezzi di cuoio spesso, ma meno puzzone perché trattato chimicamente. E poi oggi sono molto meno costosi» cloruro di polivinile trovato nel sangue del cordone ombelicale dei nascituri e nel latte materno?! «E come mai, papà?» «Non lo so e non lo voglio sapere» «E gli altri palloni, papà? Come nascevano gli altri palloni?» «Gli altri palloni?» hanno ragione, più ne sai e peggio stai. Devo smettere di leggere «Usciamo che ti faccio vedere» Gli presi la manina piccola, che sapeva di matite. Lo portai al limite del rione, dove finiva la fine degli isolati e c’era uno slargo aperto, da una parte i condomini anni ‘60, dall’altra la campagna. E prima di questa l’albero, enorme, unico sopravissuto alla costruzione del parcheggio dove giocavamo da piccoli. Alzammo gli occhi, indicai tra i rami decine di palloni dal colore sbiadito incastrati negli anni. «Ecco come nascono, i palloni».
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16 marzo 2012
CENTO ANNI CORRENDO DIETRO UN PALLONE
disi 1912-1913
Formazione Brin
I fratelli Barbadori, figli del nostromo della Peninsulare, fra i primi calciatori del Brindisi di 100 anni fa
13 dicembre 1938, la
prima maglia biancoaz
cronostoria Dai calci a un pallone alla Grande Guerra
L’8 agosto 1910, nel corso di una riunione tenutasi presso il Grande Albergo Internazionale, nacque la Polisportiva Brindisi Sport che, nei primissimi anni di attività, si occupava di molti sport, allora assai in voga, ma non ancora di calcio, una disciplina che, specialmente al Sud, era ancora agli albori. A Brindisi, il football cominciò a farsi conoscere grazie agli inglesi e alla Valigia delle Indie, tant’è che le prime squadre di calcio brindisine erano in parte composte da militari italiani di stanza nella base navale o a bordo delle navi militari che sostavano a Brindisi per le manutenzioni. La più importante squadra di calcio cittadina dell’epoca era il Brindisi Football Team che si limitava a sfidare gli equipaggi delle navi militari italiane o inglesi. La svolta si ebbe il 7 marzo del 1912 quando Giovanni Zaccaro, neo presidente della Brindisi Sport, assorbì il Brindisi Football Team tesserando tutti i migliori calciatori brindisini sparsi nelle varie squadrette improvvisate. Fu così che la neonata Brindisi Sport divenne la prima vera squadra di calcio cittadina e il suo primo campo di gioco fu quello de La Pietà. Da quel giorno, il Brindisi Sport divenne una vera e propria società calcistica e cominciò, dalla stagione 1912/13 a partecipare con continuità ai tornei regionali e da allora e, ininterrottamente, fino ai nostri giorni, nonostante i cambi di denominazione dovuti a tre fallimenti, è per tutti gli sportivi brindisini semplicemente il Brindisi, la squadra di calcio che rappresenta la città e la cui data di nascita è perciò fissata proprio in quel 7 marzo del 1912. I primi calciatori furono Vittorio Ravagli I, Ravagli II, Giuseppe Stifano, Marco Sciarra, Spinelli, Giuseppe Barbadori, Francesco De Totaro, il greco Oreste Papadatos, l’inglese Foster, Argante Barbadori e Cosimo Guadalupi. Vennero poi tesserati anche il portiere Desiderio Guadalupi e l’Ufficiale di Marina Eugenio Sessi, oltre ai tre fratelli Vescina, il più giovane dei quali, Salvatore, fu il primo brindisino ad approdare in serie A con la maglia del Bari, negli anni Venti. La prima maglia ufficiale era a bande verticali bianche e rosse e risale a questo periodo, precisamente al giugno del 1913, la prima vittoria sul Lecce, l’allora odiato capoluogo di provincia, per 2-1. La successiva gara contro il Bari non venne disputata perché i baresi disertarono l’appuntamento e la Brindisi Sport conquistò così il titolo regionale pugliese di seconda categoria. Con l’imperversare della Grande Guerra, che devastò l’Europa fra il 1914 e il 1918, il calcio, come ogni attività frivola, andò in letargo per qualche anno.
Gli anni Venti e Trenta
Il 1920 fu l’anno della rinascita del calcio brindisino: la Brindisi Sport, guidata dal segretario tuttofare Carlo Casali, appoggiato dal sindaco Giannelli, partecipò alla costituzione a Bari del primo comitato regionale della FIGC. La formazione titolare che prese parte al campionato 1920/21 era composta da Di Giuseppe (detto Sciola), Summa, Cafiero, Parodi, Petroni, Velardi, Vescina, Maio, Raggio, Fontana, Rassio e, anche se non vi era ancora un vero e proprio campo sportivo, la gente accorreva egualmente numerosa per assistere alle partite a bordo campo. Quello che era sempre stato considerato solamente un trastullo o un diletto cominciò a essere visto per i più dotati e i più abili come una possibile professione, anche se remunerata con una mercede di poche lire, riscuotibile solo in caso di vittoria. Nel 1927, Brindisi, per volere di Mussolini, fu elevata al rango di capoluogo di provincia. Nel giro di un paio di anni si giunse all'inaugurazione del Campo Sportivo del Littorio (l’attuale Fanuzzi). Un bell’impianto sportivo a disposizione e un’adeguata copertura politica e finanziaria furono di impulso per il movimento calcistico brindisino che si accingeva a muovere, prematuramente, i primi passi fuori dal contesto regionale, tant’è che il Brindisi, pur essendosi classificato solamente al quarto posto del girone C del Direttivo Meridionale di Seconda Divisione (la quarta serie, organizzata su base regionale) 1929/30, fu promosso d’ufficio in Prima Divisione, la terza serie nazionale dopo A e B.
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16 marzo 2012
Argentieri, Giampietro, Vescina, Zaccaria, Gigliesi, Ruggiero, Pennetta, Selicato, Bungaro, Palma, Iaia, Livera, Tedesco, Di Gioia, Quartulli. Tutta gente attaccata alla maglia e legata alla propria città, sebbene questo attaccamento non si dimostrò sufficiente per vincere le partite. Al termine della stagione, il Brindisi non solo retrocedette, ma non fu in grado di approntare una squadra per la successiva stagione. Nella seconda metà degli anni Trenta, si era ricreato uno zoccolo duro di buoni giocatori locali che vennero integrati con alcuni elementi dal Nord Est d’Italia per rinforzare il tasso tecnico. Ugo Argentieri, Antonio Portoghese, Mario Marino Guadalupi (il futuro parlamentare socialista), Mario Ciucci, Giuseppe Piliego, Giovanni Pennetta (il patriarca della famiglia Pennetta), i fratelli Gioia, il portiere Renna e l’allenatore Benincasa. La Brindisi Sport scalò nuovamente i campionati regionali e, per la stagione 1938/39, si ritrovò a disputare nuovamente la terza serie nazionale che, oramai, si chiamava serie C. Il 13 dicembre 1938, in occasione della partita interna contro il Lecce, si decise di cambiare i colori sociali, che fino ad allora erano stati il bianco e il rosso, optando per i colori del gonfalone della da poco istituita provincia di Brindisi. Per la prima volta si scese in campo con la maglia bianca con banda orizzontale azzurra. Era un Brindisi oramai maturo e consapevole della propria forza, che si era scrollato di dosso ogni complesso, quello che si accingeva a disputare il campionato di terza serie 1939/40. La squadra era formata come sempre da un'ossatura locale composta dai vari Colucci, Argentieri, Di Donna, Zongoli, Portoghese a cui si aggiungevano militari di stanza a Brindisi e pochi forestieri stipendiati per giocare a calcio, come il laziale Corbelli, il veneto Pollini e il friulano Ferruccio Rocco, uno dei più bravi portieri mai visti da queste parti. Il traguardo, deludendo le attese, fu un piazzamento a metà della classifica.
Il calcio durante il secondo conflitto mondiale
Nella campionato di serie C 1940/41, il Brindisi si classificò al quinto posto, ma fu quella una stagione particolare in cui gli eventi sportivi passarono decisamente in secondo piano dal momento che coincise con l’entrata in guerra dell’Italia. Dal momento che la squadra di calcio biancoazzurra era composta in parte proprio da marinai di stanza nella base navale o avieri presso l’aeroporto militare, questi a volte non venivano nemmeno autorizzati a recarsi in trasferta non potendo abbandonare le proprie postazioni per esigenze belliche, come nel caso della trasferta di Catania nel gennaio del 1941 dove il Brindisi si presentò con solo 9 calciatori, fra cui i brindisini Colucci e Argentieri, riuscendo incredibilmente a imporre agli avversari il pareggio per 1 a 1 grazie a una rete proprio di Ugo Argentieri. Il campionato 1941/42 si disputò fra ancora maggiori difficoltà dal momento che Brindisi ebbe a subire il più pesante attacco della sua storia con gli aerei britannici che la bombardarono incessantemente per un'intera notte fra il 7 e l’8 novembre, devastando non solo obiettivi militari e strategici, ma anche case ed edifici pubblici. Pian piano la gente imparò a convivere con la paura e, anche durante la guerra, quello di recarsi al Campo Sportivo la domenica divenne un modo per esorcizzarla. Il campionato si concluse con il Brindisi in undicesima posizione, salvo per un soffio. Anche il campionato successivo, quello 1942/43, si poté svolgere più o meno regolarmente e del Brindisi faceva ormai parte in pianta stabile il giovane Raffaele Pierini, che sarebbe stato il più forte calciatore brindisino dell’immediato dopoguerra. Presidente era don Ettore Guadalupi. Il Brindisi si classificò, senza infamia e senza lode a metà classifica. I due campionati successivi, quello 1943/44 e quello 1944/45 non furono disputati perché l’Italia, dopo la proclamazione dell’armistizio di Badoglio era diventata un immenso campo di battaglia e Brindisi accolse a braccia aperte il re e potette assurgere per cinque mesi a Capitale del Regno. I campionati nazionali di calcio sarebbero ripresi nella stagione 1945/46, e il Brindisi, fatto quasi interamente di talenti locali, con l’eccezione del portiere Ferruccio Rocco e di qualche marinaio di stanza nel nostro porto, allenato per hobby dal dirigente Renzo Pastore e con in campo i vari
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e di testa ulio colpisc
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un nugolo
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Il grande Raffaele Pierini
Saluto a centrocampo
del capitano Brugnero
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Alessandro Caiulo Colucci, Argentieri, Di Donna, Pierini, Jacobbe, D’Adamo, Giannesi, Gualtieri, Di Giulio, Montanile, Melone e Trabacca, si preparava a compiere il primo grande salto nel calcio che conta.
La prima volta in B
La Federazione decise di riformare provvisoriamente il campionato di B sostituendo il girone unico con tre gironi formati sulla base della vicinanza geografica e furono effettuati numerosi ripescaggi per cui il Brindisi, arrivato quinto nel suo girone di serie C, fu promosso in serie B. L’eccitazione che si respirava negli ambienti sportivi cittadini in quella calda estate del 1946 era tangibile e gli sportivi brindisini non stavano più nella pelle pensando di essere a un passo dall’Olimpo del calcio nazionale e che all’ex Campo Sportivo del Littorio si sarebbe disputata niente meno che la serie B. Tempo per allestire una squadra competitiva ce n’era poco e di soldi ancora meno: venne in aiuto del presidente Roma un danaroso mecenate dell’epoca, il cavalier Antonio Rodio, che versò nella casse della società alcuni milioni dell’epoca per cui fu possibile tesserare una mezza dozzina di validi calciatori provenienti dal centro e dal nord Italia: il romagnolo Lasi, il padovano Maneo e il romano Giusti su tutti, oltre che un allenatore di grido come Remo Migliorini. La prima stagione in serie B, quella 1946/47, fu davvero esaltante. In porta fu confermato il mitico Rocco, il portiere che con le sue parate impossibili e con i suoi voli contrastanti la legge di gravità spesso strappava applausi e complimenti anche ai giocatori e ai tifosi avversari. Si racconta anche di un arbitro che, dopo aver assistito a un suo intervento strepitoso, ai limiti delle umane possibilità, fischiò per interrompere il gioco al solo fine di andare a stringergli la mano. A fine campionato, il Brindisi coi suoi 31 punti in classifica conquistò un più che onorevole ottavo posto al pari di Palermo e Taranto, finendo davanti a squadre che alla vigilia apparivano più quotate come Perugia, Cosenza e Siracusa. La stagione 1947/48 non poteva essere all’altezza di quella precedente, sia perché di soldi da spendere ce n’erano ancora meno sia perché la Federazione, avendo deciso di tornare a una B a girone unico, aveva previsto ben 11 retrocessioni a girone. Cambia anche l’allenatore e al posto di Migliorini viene ingaggiato un tal Borgo che, da quel che affermavano i soliti ben informati, pare fosse attratto più dal buon vino sincero di Brindisi e dalle sue rinomate cantine che da altro. Va via, fra gli altri, anche il portiere saracinesca Rocco, che smette di parare per andare a fare il vigile urbano nel suo paesino friulano, ma vengono acquistati Zanier, Roscioli, Paruzza, Silli e rimangono al loro posto i brindisini Pierini, Colucci e Argentieri, e anche Lasi, Gullo, Maneo e Giusti, per cui la squadra non appariva indebolita. È di questa stagione, la famosa partita col Pisa che costò, a conti fatti, la retrocessione: l’arbitro Malingher di Roma, dopo aver diretto la gara a senso unico in favore del Pisa aveva annullato a 5 minuti dalla fine il gol del pareggio di Roscioli, assolutamente regolare. Il malcapitato fu schiaffeggiato e preso a calci in campo da un gruppo di facinorosi. Venne anche colpito al capo da un fiasco di vino lanciato dalla Tribuna e aggredito perfino negli spogliatoi. Fu l’inizio della fine di un sogno: il campo di gioco fu squalificato per la restante parte della stagione e la squadra, già provata dalle difficoltà economiche, smise di credere nella salvezza e di lottare per il suo raggiungimento e il Brindisi tornò mestamente in serie C.
Il declino degli anni Cinquanta
Il campionato di serie C, edizione 48/49, per la prima volta gestito direttamente dalla Lega Calcio, si preannunciava avvincente. Le squadre iscritte furono 82, di cui 32, come il Brindisi, provenienti dalla B e 50 già appartenenti alla categoria. Gli spettatori, delusi dalla retrocessione dalla serie B, latitavano e quei pochi che frequentavano la tribuna dell’ex Littorio studiavano infiniti sotterfugi per entrare a sbafo. La crisi di liquidità che ne derivò rischiò di pregiudicare la sopravvivenza stessa del calcio in città. Per la stagione 1949/50 si cercò, innanzitutto, il consolidamento societario attraverso l’ingresso di numerosi altri imprenditori. In panchina fu chiamato il veneto Umberto Visentin e rimasero Argentieri e Colucci e sempre dal Veneto giunsero numerosi calciatori fra cui Padovan e Renato Visentin. A metà
stagione, un’altra crisi economica rischia nuovamente di far saltare tutto. Per la stagione 1950/51, il neo presidente, e salvatore della patria, il dott. Guglielmo Lascaro, riuscì a coinvolgere nel progetto ben 250 soci-sostenitori, congegnando un sistema di finanziamento che diede subito i suoi frutti: una sorta di questua continua fra commercianti e imprenditori cittadini che, ogni mese, versavano un contributo nelle casse sociali. Il Brindisi conquistò un dignitoso ottavo posto ma, al termine della stagione successiva, quella 1951/52, non fu più possibile salvare la serie C in quanto la Riforma Barassi aveva stabilito un cambiamento epocale per la Terza Serie che diveniva, come già la A e la B, un campionato a girone unico, nazionale e professionistico. La nuova categoria sarebbe stata però aperta a poche elette: solo 13 squadre delle 72 della vecchia serie C furono ammesse, mentre le escluse parteciparono al campionato di Quarta Serie anch’esso riformato in senso elitario, per cui il Brindisi, pur classificatosi settimo, retrocesse in D. L’andamento dei biancoazzurri fu deludente e ci si dovette accontentare di una tranquilla salvezza. Nella stagione successiva, quella 1953/54 la crisi finanziaria cominciò a farsi sentire. Per andare avanti, i dirigenti del Brindisi furono costretti a vendere al Comune di Brindisi, che gliela lasciò in comodato gratuito, la sede di via Vanini al prezzo di sei milioni di lire, ma il Brindisi, composto in gran parte da vecchie glorie sulla via del tramonto e qualche giovane volenteroso, non riuscì a evitare la retrocessione nel Campionato di Promozione, cui partecipò con un manipolo di ragazzi, si può dire, raccattati per strada. La stagione 1955/56 fu quella della storica e vergognosa sconfitta per 16 a 0 sul campo del Torremaggiore. Al termine del campionato, si retrocede ancora e si sprofonda nella Prima Divisione Regionale.
Una lenta ripresa nei Sessanta
Dopo l’ennesima retrocessione, il Brindisi, grazie a un innegabile aiuto dall’alto, fu ammesso d’ufficio, per la stagione 1959/60 in serie D. Presidente del sodalizio biancoazzurro era all’epoca un costruttore edile attivista della D.C., Franco Carletti, anche assessore allo sport. L’allenatore era Tofani e inizia a compiere i primi passi al Benedetto Brin anche un giovane atleta che si accaserà a Brindisi e darà molto lustro alla causa biancoazzurra, il biondo difensore Mario Brugnerotto. La stagione del 1961/62 è ricca di soddisfazioni. La squadra comincia a giocare da favola e ritrova l’affetto e l’entusiasmo di un pubblico che ogni domenica è più numeroso, ma non si guadagna la serie C. In panchina viene chiamato il tecnico argentino Landolfi, il portiere è Maso, gli altri giocatori di spicco sono Brugnerotto, Laforgia, Trevisan, Bronzini, Sandrigo, Ferrari, Gianbruno, Di Benedetto, Grolli, Tagliamento, Daccico, Fanizza e Trento. Il Brindisi viaggia in classifica spedito come un treno, ma alla penultima giornata di campionato incappa in un imprevisto pareggio per 1 a 1 a Bari contro il Liberty, davanti a circa tremila brindisini. La Maceratese mise la punta del naso avanti, un maledettissimo punto in più del Brindisi, ancora una volta, secondo. Nuovo cambio della guardia al vertice della società e per la stagione 1963/64 il presidente del comitato di reggenza è il costruttore edile Luigi Capeto. Si aggiunge al comitato, per la prima volta, anche il geometra Franco Fanuzzi, imprenditore edile all’epoca quarantenne e che presto avrebbe scritto le più fulgidi pagine della storia del calcio biancoazzurro. Il campionato 1964/65 sembra quello buono per salire di categoria e l’avvio dei biancoazzurri è impressionante. Dieci partite consecutive senza incassare nemmeno un gol. Era il Brindisi di mister D’Addato e del super portiere Chirico, del suo secondo Filippuzzi e dei vari Montrone, Gasparotto, Pierdiluca, Brugnerotto, Ermito, Biondo, Caradonna, Di Benedetto, Schmidt, Bronzini, Trevisan, Palmieri e Gualtieri. Ma in inverno la squadra comincia a calare e viene prima raggiunta e poi, in primavera, superata dal Nardò che taglierà il traguardo per primo lasciando ancora una volta all’asciutto i messapici. Ma quel che è peggio è che la rincorsa alla serie D aveva prosciugato le casse sociali e non c’era più una lira. Si fanno carte false e dopo le prime giornate il Brindisi è capolista. Dopo appena un mese però i soldi finiscono di nuovo e i calciatori cominciano a rumoreggiare, pretendendo giustamente le proprie spettanze. Qualcuno fa le valige e va via. La società rischia la bancarotta con un passivo di quasi
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16 marzo 2012
Il Brindisi festeggia la promozione in C
Franco Fanuzzi festeggiato per la promozione in serie C
cento milioni di lire dell’epoca. Si fece avanti, nel silenzio generale, l’allora quarantacinquenne costruttore edile, con la passione per il calcio, Franco Fanuzzi, il quale rilevò l’intero pacchetto societario, accollandosi ogni debito, e diede subito il via alla ristrutturazione sia della sede della società, quella storica di via Vanini, che della squadra e anche della maglia, istituendo, lui per primo, la oramai mitica V sul petto, interpretata da tutti come simbolo di vittoria, e scatenando subito l’entusiasmo della gente di Brindisi che affollò l’impianto di via Benedetto Brin fin dalla prima partita del campionato 1966/67.
L’epopea Fanuzzi
L’epopea di Franco Fanuzzi vide il suo inizio nell’agosto del 1966. Fanuzzi promise subito l’immediato ritorno in serie C. In effetti, il campionato di serie D il Brindisi lo vinse due volte consecutive. Al termine della stagione 1966/67, la formazione biancoazzurra si classificò prima in classifica, ma dopo giorni e giorni di festeggiamenti dovette rimandare il salto nella categoria superiore dal momento che al termine di quella inarrestabile marcia trionfale il Brindisi si vide defraudato della promozione dopo aver vinto a mani basse il campionato. Fu penalizzato di 15 punti per illecito sportivo e venne privato della promozione conquistata sul campo e retrocesso al quarto posto in classifica, il che lasciava via libera alla immeritata promozione del Chieti in serie C. Il presidente del Chieti aveva presentato un dettagliato esposto al capo ufficio inchieste della Federcalcio, sostenendo che il portiere del Maglie gli aveva confessato personalmente che il Brindisi lo aveva corrotto con la somma di 300.000 lire. Nonostante la mancanza di prove, il verdetto fu irrevocabile. Il successivo campionato di serie D, quello1967/68, fu vinto di prepotenza. Fu una cavalcata trionfale: nessuno poté togliere ai brindisini la gioia della promozione e i festeggiamenti si ripetettero ancor più spettacolari e coinvolgenti rispetto all’anno precedente. Nel primo campionato di C dell’era Fanuzzi, quello 1968/69, in panca fu confermato Castignani. L’inizio non fu dei migliori e a pagare furono quasi subito due dei protagonisti della promozione, vale a dire il portiere Bandini e l’attaccante Mattioli, che furono relegati in panchina e al loro posto giunsero il portiere Ferrero e il centravanti Campanini, rimasto un mito ancora ai nostri giorni. Il Brindisi si dovette accontentare di un lusinghiero ma inutile terzo posto. Nella stagione successiva, quella 1969/70, i brindisini si classificarono secondi lottando fino all’ultima giornata per la promozione. Nel terzo campionato di C che, secondo i programmi di Fanuzzi, doveva essere quello della consacrazione definitiva nel gotha del calcio nazionale, il Brindisi fu allenato nelle prime gare dal redivivo Castignani con risultati tanto scarsi da scatenare le ire del Commendatore che lo rimpiazzò, come si usava all’epoca, affidando la conduzione tecnica della squadra al calciatore più esperto e rappresentativo, cioè a Mimmo Renna che, grazie al recupero finale, colse un onorevole terzo posto.
Dalla Gioia al Dolore e viceversa: la serie B, la morte del commendatore e la salvezza
Nell’estate del 1971, Fanuzzi rinforzò, senza smantellarla, la squadra. A fine novembre, giunse il centravanti che avrebbe segnato in positivo il campionato 1971/72, quel Giancarlo Ferrari che nei sei mesi in cui giocò col Brindisi “sfondò” la rete avversaria per ben dodici volte, entrando di diritto nell’Olimpo del calcio brindisino. Quel che rese la vittoria del campionato ancor più dolce è che fu ottenuta ai danni dei cugini leccesi. Il Brindisi affrontava in casa il Potenza, mentre il Lecce a - 3 punti a tre giornate dalla fine giocava in trasferta. I biancoazzurri sconfissero i lucani per 4-1 e quando, pochi minuti dopo il triplice fischio, ai diecimila che affollavano le tribune del Benedetto Brin, rimasti fermi e col fiato sospeso, lo speaker comunicò che il Lecce aveva perso, un boato prolungato e primordiale squarciò i cieli di Brindisi: serie B. La festa poteva avere inizio. Furono immediatamente effettuati i lavori di ampliamento del Campo Sportivo Comunale di via Benedetto Brin e, nel volgere di appena tre mesi, la capienza fu portata a 18mila spettatori. Anche la squadra, senza essere sconvolta, fu adeguata al campionato superiore. In quella stagione furono tante le vittorie del Brindisi, contro Arezzo, Lecco, Perugia, intervallate da qualche pareggio e poche sconfitte, ma soprattutto c’è da ricordare la fantastica vittoria nella vigilia di Natale del 1972, quel leggendario 3 a 0 ai ai danni della Genoa, vittoria bissata nella gara di ri-
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9 dicembre 1973,100 partite di La Palma col Brindisi che è primo in classifica in serie B Il Brindisi di Boccolini 1986-87
torno sotto la Lanterna, quando i biancoazzurri si imposero per 1 a 0 con rete di Gigi Boccolini. In quella stagione furono sconfitti anche Reggina, Varese, Brescia, Monza e Catania e si espugnò Lecco, bissando il successo casalingo della gara di andata. Il Brindisi chiuse il campionato di serie B al settimo posto. Per la stagione successiva il Brindisi dovrà rinunciare al tecnico e a qualche giocatore. Il rinnovato Brindisi va forte anche in Coppa Italia battendo due grosse squadre come il Vicenza e il Cagliari e in campionato viaggia subito come un treno. Proprio nel giorno della centesima partita di Tonino La Palma con la maglia biancoazzurra, il Brindisi è primo in classifica e la gente sogna la serie A. In panchina quel giorno sedeva Raffaele Pierini in quanto, alla vigilia del match, Gianni Di Marzio era rimasto ferito nel corso di un incidente automobilistico. Ma questo è niente rispetto alla notizia tragica che giunse da Roma all’alba dell’8 giugno 1974. Il Commendatore Franco Fanuzzi, nella Capitale per impegni di lavoro, era improvvisamente deceduto a seguito di un malore. Il figlio di Franco, all’epoca più giovane di molti suoi calciatori, si ritrovava all’improvviso da solo al timone della Brindisi Sport. La città chiese ai calciatori un’impresa. 4 pareggi nelle successive 5 gare furono sufficienti a mantenere la serie B, ma quella salvezza fu festeggiata senza gioia.
Il Brindisi di Mimmo Fanuzzi
La stagione 1974/75 ebbe inizio con la partita di Coppa Italia contro l’Inter di Facchetti, Mazzola e Boninsegna disputata davanti a ben 18mila spettatori paganti. In estate si dovette cedere, anche per ragioni di bilancio, Tonino la Palma al Napoli allenato da Vinicio, il che consentì di avere quella liquidità necessaria per affrontare il campionato. Ma una bella parte la fece anche il faraonico incasso della gara contro l’Inter di ben 80 milioni di lire dell’epoca. L’inizio campionato invece non fu dei migliori con due vittorie, un pareggio e quattro sconfitte e, dopo nemmeno due mesi, saltò la panchina di Renna e al suo posto giunse Gianni Invernizzi. I risultati tardavano a venire e, dopo cinque pareggi e sei sconfitte in undici turni, saltava anche la panchina di Invernizzi. La squadra è ultima a quota 10 punti dopo ben 18 giornate di campionato. Si gioca tutto contro Arezzo, in trasferta. Anche un pareggio avrebbe voluto dire salvezza. Da qui la geniale idea di Mimmo Fanuzzi di prendere in fitto un convoglio ferroviario, cosa mai pensata da nessuno prima di allora, per portare ad Arezzo ben 2mila tifosi brindisini, tutti giovani e forti e annullare il fattore campo. Il resto lo fecero i calciatori con la V sul petto che recuperarono lo svantaggio iniziale con Marmo e confezionando un pareggio che regala la permanenza ai brindisini e la retrocessione agli aretini. Il ritorno in treno fu una festa e migliaia di brindisini aspettarono alla stazione il ritorno degli eroi per proseguire i festeggiamenti. L’anno successivo la benzina era oramai finita e la Brindisi sportiva cominciò fin da subito ad abituarsi all’idea di dover vivere tempi grami. Furono tesserati una decina di nuovi calciatori per formare una rosa che non si dimostrò sufficientemente competitiva. L’unica nota positiva fu rappresentata dal sorteggio dei gironi di Coppa Italia che regalò al Brindisi la sfida casalinga contro il Milan di mister Giagnoni e dei miti viventi Albertosi, Benetti, Scala, Bigon, Chiarugi e Rivera, quest’ultimo assente per infortunio. La ovvia sconfitta per 2 a 0, con reti di Chiarugi e Sabatini, fu assolutamente indolore in quanto, a differenza dell’anno precedente in cui si sfidò l’Inter con la speranza del colpaccio, nessuno quella volta dava per possibile un risultato diverso dalla netta vittoria dei rossoneri. Il campionato iniziò e con esso iniziarono anche i dolori. Dopo tre mesi di risultati altalenanti tendenti al negativo, fu dato il benservito a Bonafin e al suo posto fu ingaggiato il sessantenne Ettore Puricelli da Montevideo, già calciatore di Bologna e Milan al tempo del Regno d’Italia e allenatore di lungo corso su panchine prestigiose, ma anche lui, dopo poche settimane di risultati deludenti (appena 4 punti in 8 partite), fu messo alla porta e al suo posto tornò Bonafin. La squadra perdeva perché non era adeguata al campionato di serie B. Il Brindisi riuscì a evitare l’onta dell’ultimo posto, lasciando la maglia nera alla Reggiana, ma con 27 punti, frutto di 7 vittorie, 13 pareggi e ben 18 sconfitte, retrocedette egualmente in C. Nel primo torneo di serie C, dopo la retrocessione, il Brindisi raggiunse una dignitosa salvezza, classificandosi al decimo posto ma, per la stagione successiva, la FIGC stravolse tutto prevedendo la scissione della categoria su due livelli, per cui solo le squadre classificate entro la dodicesima
posizione del campionato 1977/78 sarebbero entrate a far parte della C1, mentre quelle classificate fra la tredicesima e la ventesima posizione sarebbero state iscritte in C2 insieme a una miriade di formazioni provenienti dalla D. Questa fu una vera e propria mazzata per quei sodalizi che, come il Brindisi, stavano vivendo un periodo di notevole crisi economica e che avrebbero già faticato non poco per cercare di centrare la salvezza in un campionato con tre retrocessioni. Il Brindisi, infatti, terminò ultimo a quota 24, ben 14 punti sotto la quota salvezza. Ancora un anno con Mimmo Fanuzzi in sella e un campionato di C2 senza grossi scossoni e il primo lungo ciclo del Brindisi legato alla famiglia Fanuzzi volse al termine. Alla fine del campionato di 1978/79, in cui il Brindisi conquistò un anonimo decimo posto in classifica, vi sarebbe stato il cambio della guardia e il 3 luglio 1979 ebbe inizio l’era Pascali.
Il presidente Pascali e la promozione in serie C1
Biagio Pascali, salentino ma con interessi imprenditoriali a Brindisi, nel luglio del 1979 acquistò le quote della Brindisi Sport da Mimmo Fanuzzi e ne diventò presidente. Cercò subito di imbastire una formazione in grado di ritornare nei fasti delle serie maggiori. Alla sua prima stagione, il Brindisi aveva sfiorato già la promozione in C1. In quel Brindisi giocavano fior di calciatori i cui nomi sono ancora oggi da molti ricordati. Fra tutti il ritorno di Gigi Boccolini, che fu capitano di quella squadra, i portieri Candussi e Lusuardi, i difensori Mordocco, Feroleto, Bisceglia, Smeraldi, i vari Colombini, Biscosi Tognaccini, Di Fruscia, Bonanni, Tito, Armeni e i prolifici Zaccaro, Venditelli e Di Mario. Nelle stagioni successive, Pascali allestì sempre squadre dignitose nel tentativo mai nascosto di ottenere il salto di categoria, ma i risultati non furono incoraggianti. Nella stagione 1980/81, il Brindisi chiuse al settimo posto, in quella 1981/82 si mancò il salto di categoria per appena due punti. Per la stagione 1982/83, dopo aver stazionato nella prima metà del girone di andata nelle ultimissime posizioni della classifica, la squadra fu affidata prima a Lucio Vinci e, nelle ultime giornate, all’ex calciatore biancazzurro Sergio Minervini, che riuscì a raddrizzare la baracca e recuperare parecchi posizioni giungendo al sesto posto, quasi a ridosso delle prime. Per la stagione 1983/84, Pascali promise di allestire finalmente una squadra schiacciasassi. L’annata fu invece disastrosa: la crisi che colpisce le aziende di Pascali si fa sentire anche sulla squadra di calcio e, non essendo in grado di garantire gli stipendi, c’è una fuga generale. Subentra in società, affiancando Pascali, l’imprenditore sardo Salvatore Pala, che regolarizza gli stipendi e fa da sponsor alla squadra. Il Brindisi, sia pure con qualche affanno, riesce a raggiungere la salvezza solo nelle ultime giornate, terminando il campionato a due punti sopra la soglia retrocessione. L’ingresso di Pala in società ha effetti benefici. Per la stagione successiva, è finalmente allestita una formazione in grado di dire la sua e di riportare allo stadio il grande pubblico. La squadra era anche sulla carta, la migliore del girone: portieri erano Bacio e il giovanissimo ma molto promettente Spagnulo, i difensori erano gli esperti Bisceglia, Caligiuri e Borsani, e i giovani prodotti locali Argentieri, Rodia e Cipolla; a centrocampo, oltre agli esperti Bonanni e Morales, i giovani Crafa, Michelini e il brindisino Salerno. L’attacco era formato da Giorgio Tomba e Massimino Vitali, il compianto bomber brindisino prematuramente scomparso una decina di anni addietro, con l’aggiunta dell’ala destra Biscotto, il rincalzo era il “vecchietto” Delli Santi. Il campionato non inizia nel migliore dei modi e il Brindisi colleziona una serie interminabile di pareggi. Una serie di risultati altalenanti, corroborati però da un filotto di quattro vittorie consecutive, fanno sì che il Brindisi resti sempre a ridosso delle prime. Una squadra in condizioni perfette per il rush finale, che comincia a dare il meglio di sé proprio con i primi caldi, quando schianta di fila sei squadre, arrivando a battere la determinante Cattolica. Il Brindisi, dopo tanti tentativi, riuscì ad approdare finalmente nella terza serie nazionale.
I primi anni di C1 e il ritorno di Mimmo Fanuzzi
Il girone B della serie C1 1985/86 era l’anticamera del grande calcio. Fu riconfermato mister Ansaloni e insieme a lui il giovane portiere Spagnulo, i difensori Borsani, Rodia, Caligiuri e Argentieri, i centrocampisti Crafa, Biscotto, Michelini e gli attaccanti Tomba, Vitali, Foscarini e Zaccaria; inoltre la squadra fu rinforzata con l’arrivo di un portiere esperto come Laveneziana, dal centrocampista Tavarilli, dallo stopper Colaprete, dal mediano Pesacane, dal centrocampista Palmisano, dal tornante Silvestri e dal difensore Pierini. Un periodo di crisi economica a cui seguì una crisi di risultati fece sì che la squadra venisse risucchiata nella parte bassa della classifica e alcuni calciatori furono messi fuori rosa per scarso rendimento. Il Brindisi, dopo 19 partite, con 15 punti in classifica, si ritrovò in zona retrocessione. Grazie a un rush finale non indifferente, in cui vengono battute Campania e Casertana e si pareggia con Cavese e Sorrento, si raggiunge, chiudendo, il gruppone di metà classifica.
Nel campionato 1986/87, l’ottavo dell’era Pascali, Boccolini sostituisce Ansaloni in panchina. Al nuovo mister, ex grande calciatore del Brindisi, viene affidato il compito di testare i numerosi giovani del valido vivaio locale. Basta ricordare Antonio Benarrivo, stella di prima grandezza del panorama calcistico nazionale. La squadra non ha però un buon rendimento e, a metà del girone di ritorno, è terzultima in classifica. Dopo un cambio in panchina, si agguanta la sospirata salvezza grazie a undici vittorie e altrettanti pareggi. I soldi stavolta sono finiti per davvero e i venti di crisi si sarebbero abbattuti forti durante l’estate mettendo a rischio addirittura l’iscrizione al campionato: con un grande sforzo si riuscì a mettere insieme una squadra di giovanissimi affidata alle cure di Pippi Leo. Molti di quei calciatori erano addirittura minorenni. Pascali non ce la fa più e accorre in suo aiuto la Geocasa di Mimmo Fanuzzi, inizialmente come sponsor ma che, di fatto, imporrà immediatamente le proprie decisioni. L’arrivo in biancazzurro di Roberto Bergamaschi, uno dei più forti e talentuosi calciatori che si sia mai visto a Brindisi, fu il principale artefice della risurrezione del calcio biancoazzurro e della insperata salvezza raggiunta solo all’ultima giornata di campionato. Per la stagione successiva, Mimmo Fanuzzi promise la serie B, scatenando l’eccitazione del popolo biancoazzurro che già pregustava la faraonica campagna acquisti del presidentissimo e che accolse con entusiasmo la notizia della riconferma di Giancarlo Ansaloni e Roberto Bergamaschi.
Dalle stelle alle stalle: il sogno della B e il primo fallimento
La stagione 1988/89 è stata una delle annate più emozionanti della storia del calcio biancoazzurro, non solo perché il Brindisi sfiorò il meritato ritorno in serie B, ma in quanto il gioco divertiva e faceva divertire il pubblico sia amico che avversario e non aveva eguali in terza serie. Mimmo Fanuzzi aveva rotto gli indugi e deciso di puntare in alto. La formazione tipo vedeva Laveneziana fra i pali, Puce e Benarrivo a destra e sinistra della coppia difensiva centrale formata da Ciracì e Serra; Rocca, Goretti e Bucciarelli, con il primo in mediana, componevano il centrocampo, Bergamaschi il fantasista dietro le punte Campilongo e Vitali o Insanguine; molto sfruttati Tavarilli, Quaranta, Saracino e Zaccaro. Che fosse una gran bella squadra lo si capì fin dalle prime gare di Coppa Italia e il passaggio del turno fu una formalità. Il 13 novembre, 5mila brindisini affollano gli spalti parzialmente ristrutturati dello stadio per assistere alla partita col Campobasso che poteva significare il raggiungimento della vetta della classifica. I biancoazzurri si imposero per 2-0. L’urlo della folla “serie B serie B” torna dopo 12 anni a squarciare il cielo del rione Casale. Il Brindisi ci crede. La domenica successiva, l’apoteosi di Giarre dove il super Brindisi espugna un campo che era inviolato da sei anni. A sbancare il Benedetto Brin, colmo di 7mila brindisini è purtroppo il Foggia che spodesta i biancoazzurri dalla vetta grazie alle prodezze del portiere, l’ex brindisino Genovese e al gol di Orati. Un inspiegabile calo porta alla sconfitta per 3-1 nel derby di Monopoli e alla sconfitta interna nel match clou contro il Cagliari, contrassegnata da un arbitraggio scandaloso e da gravi incidenti durante e dopo la partita. Dopo un’altalena di risultati, si arriva al punto per cui, in caso di doppia vittoria contro Francavilla a Mare e Ischia, la promozione sarebbe stata pressoché certa. Oltre 3mila sostenitori biancoazzurri si recano a Francavilla a Mare. Si pareggia e poi si riesce anche a perdere l’ultima gara di campionato. Il Cagliari e il Foggia vengono promossi e il Brindisi termina al quarto posto. Nella stagione 1989/90, quella dell’ultima partita ufficiale giocata in Coppa Italia contro il Lecce, vinta dai salentini 2 a 0, il Brindisi cominciò a inanellare una serie di risultati che lo proiettarono alla fine del girone di andata ai vertici della classifica a contendersi la prima piazza con Taranto, Salernitana e Casertana, lasciando stupiti gli stessi addetti ai lavori che la inserirono, in corsa, fra le maggiori pretendenti alla vittoria finale. Ma quando fu chiaro che soldi per andare avanti non ce n’erano più, cominciarono i grossi problemi e i calciatori, dopo aver messo in mora la società, abbandonarono squadra e città. La restante parte del campionato fu affrontata con un nugolo di ragazzini delle giovanili e senza allenatore in panca. Grazie ai tanti punti conquistati nel girone di andata, il Brindisi fu raggiunto dall’inseguitrice Campania solo all’ultima di campionato. Lo spareggio salvezza si giocò a Cosenza, senza che i biancoazzurri avessero nemmeno l’allenatore in panchina e ad avere la meglio per 3 a 2 furono i campani. Dalla retrocessione alla radiazione, dopo 78 anni di vita, il passo fu breve in quanto nessuno fu in grado di iscrivere la squadra al campionato di C2 e Brindisi fu costretta, per la prima volta nella sua storia a richiedere ai piani alti della Federazione di ottenere l’iscrizione di una nuova società in serie D. Qui finisce la storia della Brindisi Sport e inizia quella del Brindisi Calcio.
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16 marzo 2012
Re Giorgio Corona cioso
pa Italia a capitan Fran
La consegna della Cop
Daniele Vantaggiato esulta dopo un gol
Il tentativo di rinascita col Brindisi Calcio 1920
La notizia della partecipazione al campionato di serie D, della nuova società costituita da Roy Maglio, Antonio Mitrotta e Oronzo Pennetta, giunta nell’assolato agosto, fu accolta con sollievo dai tifosi biancoazzurri in quanto già si era pianto il morto e si pensava realmente di doversi trovare un altro hobby per passare le domeniche. Nel suo primo campionato, il neonato Brindisi arrivò terzo, lasciando delusa la moltitudine dei tifosi che avevano sperato in un immediato ritorno in C. Per l’anno successivo, la squadra si classificò sesta. L’ansia da risultato rendeva molto turbolenti i rapporti tra società, che avvertiva la pressione della gente che pretendeva una pronta risalita, e tecnici. Nella stagione 1992/93, il pubblico deluso cominciò a disertare lo stadio e il Brindisi si classificò solamente nono. Per la stagione 1993/94, la società optò per la nomina di un A.D. nella persona di Fiore De Stradis che potesse seguire tempo pieno le sorti della squadra. Non si andò oltre il quinto posto. A questo punto, i soci non ne vollero più sapere di contribuire al progetto calcistico e la conseguenza fu la clamorosa rinuncia all’iscrizione al campionato di serie D e la scelta volontaria di disputare l’assai più economico Campionato di Eccellenza. Ma anche nel campionato 1994/95 e in quello successivo si arrivò decimi. A metà della stagione successiva, vi fu avvicendamento societario e subentrò Laurino Rubino e per il Brindisi, allenato da De Virgilio, fu un altro campionato anonimo da decimo posto. La stagione 1997/98 fu la peggiore di sempre e il Brindisi di Rubino, dodicesimo, rischiò addirittura la retrocessione nel campionato di promozione. Il campionato 1999/00 fu invece quello della svolta. Cogliandro, patron della più valida Nuova Brindisi che disputava il campionato di promozione, operò una sorta di permuta in corso di campionato del suo titolo con quello del Brindisi Calcio, trasferendo nella principale squadra cittadina lo staff e la rosa di calciatori, mantenendo della squadra originaria solo alcuni validi giovanotti, Taurino su tutti. Il Brindisi riesce ad agguantare la seconda piazza, utile per gli spareggi nazionali e, battuti Chieuti e Cephaledium, riapprodò in serie D. Vantaggiato, Taurisano, Cavaliere, Taurino, Cucurachi, Cursi, Marinosci, Morisco, Russo e Sardelli i protagonisti dell’impresa. Nel corso del campionato successivo di serie D, al gruppo Cogliandro subentrò un gruppo formato dal campione Antonio Benarrivo e dall’imprenditore toscano Mario Salucci e si gettarono le basi per disputare un grande campionato nella stagione 2001/02 in quanto la serie D non poteva essere considerata un punto di arrivo. Presto la società rimase in mano al solo Salucci e la squadra che si andava formando per la stagione 2001/02 lasciò sbalorditi tutti quanti. In panca Gigi Boccolini. Giunsero in biancazzurro i vari Ancora, Latartara, Alessandrì e tanti altri campioni e, anche se l’avvio di campionato non fu dei migliori, Josè Ignacio Castillo da Buenos Aires, con i suoi 15 gol in 23 partite, diede un grosso contributo alla vittoria del campionato e al ritorno del Brindisi fra i professionisti. All’indomani della promozione in C2, furono mandati via quasi tutti i protagonisti della promozione, a eccezione di Taurino, D’Amblè e Sardelli, oltre che di mister Boccolini. Ma nessuno fece in tempo a lamentarsi, storditi come si era dagli annunci degli arrivi di Mino Francioso, brindisino doc e capocannoniere della serie B con la maglia del pluriscudettato Genoa di cui era capitano, Gigi Orlandini e Giorgio Corona. Brindisi però arriva seconda. Quello stesso anno i biancoazzurri si consolarono vincendo la Coppa Italia di Serie C. Brindisi non viene nemmeno ripescata e si inizia una nuova stagione, caratterizzata dall’epica vittoria contro il Bologna di Carletto Mazzone per 3-2 in Coppa Italia Tim, con doppietta di Mino Iunco e rete di capitan Francioso e la trasferta al D’Allara con 1500 tifosi al seguito. Una nuova crisi però era dietro l’angolo, crisi che coinvolse la politica cittadina e lasciò il Brindisi, primo in classifica, in balia delle onde. All’ultima di campionato, a Barcellona Pozzo di Gotto, una papera colossale di Max Adami fa perdere il primato al Brindisi che viene superato sul filo di lana dal Frosinone; cionondimeno l’undici di capitan Francioso arriva egualmente alla finale play off , ma a salire sarà l’outsider Vittoria. Il ripescaggio era certo, così come certi erano i debiti da dover coprire. Vengono portate le carte in Tribunale per il fallimento e, dopo 14 anni, termina anche la storia del Brindisi calcio e inizia quella del Football Brindisi 1912.
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16 marzo 2012
Il Football Brindisi nella stagione 2009-10
La corta parabola del Football Brindisi 1912
I debiti non permettevano dunque di partecipare alla C2. Grazie ad alcuni imprenditori fra cui Massimo Ferrarese, Lino Giurgola, Aldo Cannone, Rosario Mazzarella, Gino Bagnato e i fratelli Barretta si riesce a costituire una nuova società che, in virtù del Lodo Petrucci, poté ripartire dal campionato di Eccellenza ereditando il titolo sportivo che dalla Brindisi Sport era transitato al Brindisi Calcio 1920. Presidente fu nominato Francesco Barretta e si decise di ripartire dal vecchio capitano Mino Francioso. Il Brindisi, per blasone, fu dato come favorito in campionato anche se dovette fare i conti con il Monopoli. Il testa a testa proseguì fino al termine del campionato con una serie impressionante di vittorie per entrambe le squadre. Brindisi non stacca il biglietto per la promozione diretta, ma torna in serie D grazie ai playoff. Dal primo luglio 2005, la società passa interamente nelle mani dei fratelli Barretta, ma la squadra non brilla. Per la stagione 2006/07, la squadra fu affidata a Loreno Cassia. Una lunga serie di pareggi allontanò il Brindisi dalle zone alte della classifica e l’allenatore Cassia dal Brindisi. Alla fine furono, ancora una volta, playoff amari con eliminazione al primo turno per mano dell’Aversa. La stagione 2007/08 doveva essere quella del riscatto, i fratelli Barretta richiamano in panca Giugno e affidano a Benarrivo il compito di costruire una squadra vincente, ma alcuni dissapori per le scelte dei calciatori minano i rapporti e l’ex campione della Nazionale e del Parma esce di scena. Il malcontento della tifoseria fu evidente, ma la società si fece perdonare allestendo per la stagione 2008/09 una squadra supercompetitiva, affidata a Silva che era subentrato a giugno nel campionato precedente. Confermati Corazzini e Fiore, tornano Taurino e Trinchera, arrivano i bomber Moscelli e Galetti, il fantasista Chiesa, i centrocampisti Kettlun e Cordiano e i giovani Idda, Lenti e Tidei: davvero una gran bella squadra. Fu una marcia trionfale che portò con notevole anticipo a staccare il biglietto per C2 . Il grande pubblico tornò al Fanuzzi e i tempi bui sembravano superati. Si torna a giocare fra i professionisti e si allestisce una formazione in grado di primeggiare. Confermati Taurino, Trinchera, Fiore, Moscelli, Galetti, vengono ingaggiati Battisti, Siclari, Minopoli, Suriano, Panarelli e, a campionato appena iniziato, Pizzolla e il brasiliano Da Silva. In virtù del buon rendimento interno, si riescono egualmente ad agguantare i playoff per andare in Prima Divisione e la doppia sfida di semifinale è con la Cisco Roma. Il sogno della C1 conquistata sul campo sfuma ma vi è la certezza matematica del ripescaggio. Purtroppo, non si era preso sufficientemente sul serio l’annuncio dato dai fratelli Barretta un paio di mesi prima della fine del campionato di voler fuoriuscire dal calcio, stanchi di essere lasciati soli. Quasi allo scadere del termine per presentare la domanda di ripescaggio, il cui costo reale ammontava a circa 1.200.000 euro fra fideiussioni e pagamento a fondo perduto, il sindaco Mennitti presenta una cordata di imprenditori disposti a farsi carico di questo impegno, ma non del pagamento di un corrispettivo per l’acquisizione delle quote. Questo portò alla rottura delle trattative. Il resto è cronaca recente: la società è acquisita, tramite l’intestazione delle quote alle consorti, dai signori Vittorio Galigani e Antonio Pupino. Dopo un avvio incoraggiante, ma con un fardello ingestibile di oltre 50 calciatori tesserati, iniziano le figure barbine sui campi di mezza Italia, le penalizzazioni per mancati pagamenti di stipendi, tasse e contributi, deferimenti vari, doppi contratti, lodi arbitrali, indagini della Procura Federale per presunte combine da calcio scommesse su denuncia della stessa società, insolvenza per il mancato pagamento di fornitori, protesti e sequestri di cambiali e assegni, fino ad affogare in un mare di debiti. Il tutto condito da voci di trattative con fantomatici gruppi imprenditoriali di diversi continenti e amenità di ogni tipo fino alla definitiva esclusione dal campionato. Qui finisce, dopo appena sette anni di vita, la storia del Football Brindisi 1912 e comincia quella ancora tutta da scrivere della Ssd Città di Brindisi.
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focus
UGO ARGENTIERI L’EROE DI CATANIA QUANDO IL CALCIO DIVENTA LEGGENDA
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Alessandro Caiulo
ella stagione 1940/41 il Brindisi disputò il quarto campionato di serie C della sua storia, in un periodo davvero particolare in quanto coincise con l’entrata in guerra dell’Italia. Dal momento che la squadra di calcio cittadina era composta in buona parte da militari, capitava spesso che qualcuno di essi non venisse autorizzato a recarsi in trasferta per esigenze di servizio collegate all’emergenza bellica anche perché Brindisi, essendo sede della Base Navale della Regia Marina e di un importante Aeroporto Militare, era di importanza strategica fondamentale per l’intero baUgo Argentieri è il secondo da destra, i portieri sono Di Donna e Rocco cino del Mediterraneo. Ma quel che accadde nel gennaio del 1941 fu davvero particolare e merita di essere ricordato con dovizia di particolari in quanto protagonisti furono due calciatori brindisini doc. Il compianto Colucci, scomparso pochi anni addietro, e il grande Ugo Argentieri, per l’impresa che stiamo per descrivere, sono entrati a pieno titolo non solo nella storia, ma anche nella leggenda del calcio biancoazzurro. Entrambi fecero parte del gruppo di nove eroi - impossibile definirli diversamente - insieme al mitico portiere Rocco, all’albanese Lambi, in procinto di passare al Bologna in serie A ed a Chiara, Costantino, Leonetti, D’Addato, e Gervasutti che, in pieno conflitto mondiale, sbarcarono in Sicilia e presero parte alla memorabile partita di Catania, in cui il Brindisi giocò fin dal primo minuto in doppia inferiorità numerica e senza allenatore, perché tutti gli altri calciatori, essendo militari di stanza a Brindisi, non furono autorizzati a lasciare le caserme e partire per la lontana trasferta. Invero, l’allenatore Benincasa era riuscito in extremis a convincere il Comando Militare a lasciar partire nottetempo almeno i due avieri Feliciotti e Gasbarra, in modo da poter scendere in campo in undici, ma, stante la tragica situazione dei trasporti all’epoca e avendo perso l’ultimo traghetto utile per la Sicilia, non riuscirono ad arrivare in tempo. Fra l’altro uno dei nove, D’Addato, non avrebbe potuto nemmeno giocare in quanto infortunato, ma non se la sentì di lasciare i compagni in otto, per cui strinse i denti e scese egualmente in campo giocando, come si suol dire, con una gamba sola. Fu una gara veramente epica, dagli incredibili contenuti agonistici, iniziata in salita per il gol fulmineo del Catania già alla prima azione di gioco, dopo di che i siciliani si catapultarono furenti in avanti per segnare ancora e chiudere subito la partita. Ma fu il Brindisi, intorno alla mezz’ora, nel corso di un’azione di alleggerimento, a trovare il gol grazie a un provvidenziale colpo di testa proprio di Ugo Argentieri, su millimetrico traversone dalla destra del marinaio Gervasutti, l’unico militare che era stato autorizzato a partire al seguito della squadra. Seguì un’ora di autentico assedio alla porta difesa da Rocco e grazie alle sue parate miracolose, condite da voli in aperto contrasto con le leggi della fisica, e nonostante il Brindisi rimanesse rintanato nella propria area, l’incontro terminò 1 a 1 e gli atleti biancoazzurri furono festeggiati e portati in trionfo non solo dagli sportivissimi tifosi etnei, ma anche dai numerosi soldati tedeschi presenti in tribuna che, letteralmente ammaliati dal coraggio, dall’agonismo, dallo spirito di sacrificio e dalla voglia di non soccombere dei biancoazzurri, tifarono per loro fin dal primo minuto della partita. Anche l’arbitro, a fine gara, dispensò pacche sulle spalle, diede la mano, ad uno ad uno, a tutti i calciatori brindisini e si congratulò in particolar modo con il portiere Rocco e con l’autore del gol Argentieri, affermando che in vita sua non aveva mai assistito a niente del genere e che avrebbe ricordato per sempre qulla partita. Ugo Argentieri è stato uno dei più grandi calciatori biancoazzurri degli anni Quaranta. A metà degli anni Cinquanta, nel periodo più nero del calcio cittadino, assunse anche l’onere della conduzione tecnica della squadra nel tentativo di tirarla fuori dal pantano del calcio regionale in cui era precipitata. Di lui, Raffaele Pierini, icona vivente di quel calcio primordiale, ricorda “formavamo una coppia d’attacco strepitosa e affiatatissima dal momento che quando batteva il calcio d’angolo lui, nove volte su dieci facevo gol schiacciando di testa in rete. Il suo unico limite era la lentezza, ma sui calci da fermo Argentieri era eccezionale”. Noi preferiamo ricordarlo soprattutto per quella partita a Catania per continuare a rendere onore, attraverso di lui, a quel manipolo di antichi eroi di cui Ugo Argentieri rappresenta l’ultima bandiera.
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16 marzo 2012
RAFFAELE PIERINI
Il bomber Raffaele Pierini
il bomber della prima serie B
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Gianluca Greco
elle parole di Raffele Pierini, uno dei più grandi giocatori e prolifici marcatori della storia centenaria del calcio cittadino, il primo ricordo che riaffiora, quando si affaccia dagli spalti del Fanuzzi, riguarda un Brindisi-Pisa giocato nel dicembre del 1947 nell’ex Campo Sportivo del Littorio, in via Benedetto Brin. Raccontando la partita si infervora come se fosse sceso in campo ieri: “Giocavamo il secondo campionato consecutivo di serie B - ricorda - Nei primi minuti di gioco sembrava una partita come tante altre. Il clima cominciò improvvisamente a farsi rovente quando l’arbitro farabutto (tal Malingher di Roma) prese delle decisioni contestatissime dal pubblico. L’atmosfera si surriscaldò a tal punto che la partita si chiuse con una gigantesca invasione di campo. Alcuni tifosi riuscirono a circondare il direttore di gara ricoprendolo di schiaffi e pugni. Credo rimase ricoverato per alcuni giorni in ospedale. Alcuni mi hanno anche riferito che un tifoso preparò un cappio da stringere al collo della giacchetta nera per impiccarlo alla traversa della porta. Io non ho assistito personalmente a questa scena. Quel che è certo è che il campo di gioco venne squalificato per tutto il resto del campionato e siccome di soldi già ce n’erano pochi in giro e vennero a mancare sia gli incassi che il sostegno del pubblico, fu la botta finale per farci retrocedere in serie C”. Raffaele Pierini, con Ugo Argentieri, Rino Di Donna ed Antonio Portoghese, rappresenta quei pochi superstiti che hanno giocato nella Brindisi Sport sia sotto il Regno d’Italia che nell’era repubblicana del postbellica. “Da prima della guerra e fino al campionato 1948/49 - continua l’ex bomber biancoazzurro - ho giocato con il Brindisi in C e in B, poi ho fatto due anni di serie B con il Catania, un anno ad Acireale, poi sono tornato a giocare nel Brindisi nel 1952, di nuovo in Sicilia per un paio di anni a Gela, per tornare di nuovo a Brindisi, poi ancora a Gela e, infine, ho terminato a Brindisi. Una volta appese le scarpette al chiodo mi sono occupato del settore giovanile. A un certo punto mi ritrovai ad allenare contemporaneamente 5 formazioni del Brindisi: il Nucleo Addestramento Giovani Calciatori, le Riserve, gli Juniores, che vinsero il campionato, gli Allievi, che vinsero il titolo provinciale e la prima squadra che arrivò seconda in campionato. Ho poi allenato in provincia per una decina di anni, ma ogni volta che il Brindisi mi ha richiamato, magari per sostituire qualche allenatore mandato via, non ho mai saputo dir di no”. Ancora vivo nell'ex calciatore il ricordo, che provoca una punta di malinconia, delle ovazioni del pubblico. “Quei campionati in biancoazzurro - conclude Pierini - hanno segnato uno dei momenti più belli di tutta la mia vita. Il ricordo del comunale stracolmo di tifosi, al di là dell’importanza della partita, mi regala ancora oggi emozioni indescrivibili”.
IL PICCOLO GRANDE PORTIERE DEL PASSATO INTERVISTA A RINO DI DONNA
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elle parole, Rino di Donna, classe 1924, è uno, anzi è un numero 1. La maglia del Brindisi, quando aveva la fascia orizzontale sul petto, l’ha cominciata ad indossare settant'anni fa. Ho la fortuna di conoscerlo grazie all’amicizia comune con lo scrittore Michele Bombacigno. Gli ho rivolto alcune domande che aiutano a conoscere che grande personaggio è l’ex portiere biancazzurro. A quando risale la sua esperienza di calciatore con la maglia del Brindisi? “Nel 1935-36 l’allenatore Mario De Palma volle visionare tutti i giovani calciatori locali dividendoli in due fasce di età, quella 10-12 anni e quella 1214. Fra oltre 300 bambini fui selezionato nella squadra della prima fascia di età e ho fatto tutta la trafila delle giovanili fino a debuttare in prima squadra nel 1941, a 17 anni, a Siracusa contro la capolista del campionato di serie C. Anche negli anni successivi, quelli della guerra, ho continuato a giocare in serie C con la maglia del Brindisi. Ricordo che l’allenatore dell’epoca era l’ungherese Otto Krappan”. Ricorda qualcuno in particolare fra i suoi ex compagni di squadra? “Ricordo con affetto tutti quanti e devo dire con tristezza che sono quasi tutti morti, ogni volta che sfoglio le vecchie foto mi rendo conto di quanti siamo rimasti in pochi. Poco tempo addietro è venuto a mancare anche Colucci, mio compagno di squadra nel Brindisi degli anni quaranta, in cui giocavano anche Argentieri, D’Adamo, De Lucia, Guerra, Bassi, Jacobbe, Brescia. Completavano la nostra formazione alcuni militari in servizio a Brindisi. Dopo la caduta del fascismo giocai per un anno con la formazione brindisina, dei comunisti, la Stella Rossa e insieme a me vennero a giocare Livera, Zongoli, Giannesi, Guadalupi e anche Giovanni Pennetta, il nonno della tennista Flavia. Quando nel 1945/46 il campionato di serie C riprese regolarmente, tornai a giocare con la Brindisi Sport e per me quello fu l’anno più bello.” Qual è la partita da lei disputata che ricorda con maggior piacere? “La vittoria per 3 ad 1 sul Foggia nel 1946. Quell’anno riuscimmo ad arrivare quinti e fummo ripescasti in serie B per l’anno successivo, purtroppo non ri-
Alessandro Caiulo entravo nei piani del nuovo allenatore Migliorini, che si portò alcuni calciatori di sua fiducia e come portiere fu confermato solamente Rocco”. Cosa ha fatto da allora? “Ho girato prima la Puglia e poi l’Italia guadagnandomi il pane giocando a calcio sempre in serie C, prima a San Pietro Vernotico dove fra i nostri tifosi più accesi c’era Domenico Modugno, poi tre anni a Monopoli, poi in Calabria nel Nicastro, l’attuale Vigor Lamezia e in Sicilia nel Licata”. Il portiere Rino Di Donna E con il Brindisi ha avuto più a che fare? Per amore del Brindisi tornai nel 1955, rinunciando agli ingaggi che percepivo dalle altre società, che erano di vitto, alloggio e 20.000 lire al mese, che all’epoca non erano poche. Il Brindisi aveva bisogno di fare la squadra e non c’erano soldi, per cui i dirigenti chiamarono a raccolta le vecchie glorie per partecipare al campionato e salvare il titolo. Rispondemmo di sì io, D’Adamo, Brescia ed il mio grande amico Pierini che fece anche da allenatore, oltre ai soliti marinai”. Chi è stato a suo avviso il miglior calciatore del Brindisi dei suoi tempi? “Uno che pochi ricordano, Antonio Mazzeo che alla fine degli anni Trenta esordì in prima squadra, ma poi dovette partire per la guerra e dopo il congedo, quando doveva riprendere a giocare, svenne in mezzo al campo e dopo pochi giorni morì. Era un ragazzo eccezionale, una mezzala sinistra saettante che se non avesse contratto durante il servizio militare qualche strana malattia sarebbe diventato sicuramente il più grande giocatore brindisino di sempre.” Come era il pubblico brindisino di allora? “Caldo, appassionato, ma assolutamente non pagante. Non c’era verso che i nostri dirigenti dell’epoca riuscissero a impedire questo fenomeno, sembrava quasi una questione di principio quella di riuscire con tutti i mezzi a non pagare il biglietto!”
DOMENICO LA FORGIA IL FASCINO DEL VECCHIO “CAMPO SPORTIVO”
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randi maestri ne ho avuti tanti. Ricordo nel Bologna ‘Gipo’ Viani, l’inventore del ‘Vianema’ che non prevedeva il gioco con l’attaccante centrale. Grandi idee, tante innovative, un carattere deciso e spiccato. Ma un grande difetto, quello di odiare i meridionali. E io, originario di Molfetta, che invece ne andavo fiero, non gliele mandavo a dire. Ma quando si ruppe una gamba durante i salti dagli scaloni del Littoriale fui io il primo ad avvicinarmi e soccorrerlo. Nonostante tutto non gli serbavo rancore”. Domenico La Forgia, classe 1928, gli anni Cinquanta li ha vissuti da protagonista. Quel calcio fissato nelle figurine sgualcite dal tempo, quello delle famiglie allo stadio mentre l’Italia viveva gli anni del miracolo economico. Gli altoparlanti negli angoli del recinto, la pubblicità di un vecchio digestivo, l’eco intramontabile di “Tutto il calcio minuto per minuto”, la schedina del Totocalcio in tasca e l’urlo all’ennesima corsa di Ezio Pascutti. Li ha vissuti così La Forgia quegli anni, lui con i petroniani “quattro matti dietro una palla”, lui che a distanza di oltre mezzo secolo sfata il mito del calcio più lento: “Era un calcio più sistemato, meno caotico. Tutto qua. C’era corsa e i giocatori tecnici avevano lo spazio e il tempo per mettersi in mostra. Io, ad esempio, facevo i cento metri in dieci secondi e otto”. Il fenomeno calcio diventava sempre più emblema di un’Italia ritrovata dopo le ferite della guerra, la televisione cominciava ad affacciarsi e un pallone faceva correre i bambini molto più di oggi. Pasolini una volta disse che il calcio ha sostituito il teatro, ma il riferimento era evidentemente a un calcio che oggi non esiste più, quello in bianco e nero che ogni domenica si raccontava con i suoi personaggi e le sue storie. Come quella di “Mimì” La Forgia, ala che ha attraversato un decennio con le maglie di Salernitana, Bologna, Udinese, Cagliari e Foggia, una carriera coronata con l’azzurro della Nazionale B e tanti ricordi messi in fila: il campionato di A 1954-55, col secondo posto dell’Udinese alle spalle del Milan, la partita in azzurro con la Grecia o quella nel Bologna, stagione 1952-53, contro il Milan del famoso trio svedese Gre-No-Li (Green, Nordhal, Liedholm) e del portiere della Nazionale Lorenzo Buffon.
Roberto Romeo Su un terreno di gioco ridotto a una lastra ghiacciata, il Bologna riuscì a imporsi per due a zero e La Forgia, che scese in campo febbricitante, mise a segno una doppietta conquistando le prime pagine dei giornali. “Grande prova del pugliese La Forgia, ragazzotto deciso e veloce. La Forgia non ha Il capitano Domenico La Forgia scherzato segnando due reti in bellezza ed è riuscito su un terreno impossibile a controllare in ogni modo il pallone ridotto a inelastica vescica!”. Scriveva così Gianni Brera di quel ragazzo che aveva messo in scacco i vicecampioni d’Italia. Agli inizi dei Sessanta La Forgia viene a Brindisi seguendo la sorella Teresa, preside alla scuola Salvemini, e il fratello Nicola, insegnante al I Circolo. E per tutti diventa “Mimino”. Il Brindisi fu riammesso in D dopo l’ennesima retrocessione: è la stagione 1960-61. In quella successiva la squadra, guidata da Pierini, finisce la corsa a quattro punti dalla vetta ma ancora più clamoroso è il finale della stagione successiva: “Finimmo a un punto dalla Maceratese dopo un pareggio a Bari nel penultimo turno che di fatto ci condannò. La carriera di un calciatore è un film che raccoglie immagini e persone, quello vissuto a Brindisi mi riporta spesso a quella mancata promozione”. Le stagioni successive non fanno storia, compresa quella 1963-64 che gli consegna la veste inedita di giocatore-allenatore oltre al forte attaccante Piero Perdiluca. La Forgia rimane l’icona di un calcio che se n’è andato per sempre con le sue figurine e la nebbia di Superga, ma continua a confrontarsi con quello di oggi che tutto brucia e, insieme, tutto vorrebbe conservare. “Ai ragazzi dico di avere pazienza - conclude un ex che da Brindisi non è andato più via e ha fatto l’economo al Comune - di saper aspettare, di dare tempo al lavoro, di pensare ai campioni come modelli senza esserne mai all’altezza. Noi che pianavamo il campo in terra prima di giocare siamo arrivati in serie A”.
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16 marzo 2012
MARIO BRUGNEROTTO ALDO BELLAN L’UOMO DELLE MILLE BATTAGLIE
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DIECI ANNI CON LA V SUL PETTO Gianluca Greco
on la maglia del Brindisi ho trascorso gli anni più belli della mia carriera. L’affetto con cui i tifosi brindisini seguivano la loro squadra - dichiara Brugnerotto - non l'ho riscontrato da nessun altra parte. Sei campionati di serie B sono troppo pochi per una piazza che avrebbe meritato la Serie A. Mi auguro di cuore che Brindisi possa trovare le forze per dar vita a un progetto calcistico degno della sua storia e del suo blasone”. Mario Brugnerotto è stato uno dei migliori difensori nella storia del calcio brindisino e Il capitano Mario Brugnerotto in questa storia è entrato di diritto con le sue 277 presenze, tutte relative a gare di campionato dal momento che negli anni in cui lui ha giocato, non esisteva ancora la Coppa Italia di serie C. Il suo carisma e il suo spirito di attaccamento alla maglia sono merce rara ai nostri giorni. “Ho giocato in un’epoca in cui si prediligeva la tecnica all’agonismo. Oggi vedo giocare in Serie A dei giocatori che, ai miei tempi, avrebbero fatto fatica a trovare spazio in Serie C. Non riesco più a identificarmi in uno sport dominato dalla corsa e dall’atletismo esasperato”. Quando chiedi a Brugnerotto quale sia la partita che, più di altre, ha segnato la sua carriera in biancoazzurro, lui risponde senza mezzi termini: “un Lecce - Brindisi della seconda metà degli anni Sessanta. La rivalità con il Lecce era sentitissima. La settimana che precedeva il derby era carica di tensione e i tifosi ci chiedevano sempre un sforzo in più rispetto alle altre partite. Non appena uscimmo dal sottopassaggio per entrare in campo vedemmo migliaia di brindisini sugli spalti. Il loro tifo caldo e incessante ci diede la spinta per conquistare una vittoria indimenticabile. è un vero peccato che adesso ci siano tante categorie di differenza fra le due squadre”. Brugnerotto lasciò il Brindisi dopo una decina di anni, nel 1972, proprio al termine del campionato che sancì la promozione in Serie B della compagine del commendatore Fanuzzi. “Avevo 33 anni - dichiara l’ex difensore - e ormai non c’erano più i presupposti perché potesse continuare la mia esperienza in biancoazzurro. Penso che non riuscirò mai a liberarmi del rimpianto di aver lasciato Brindisi, propria nell’anno della Serie B”. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Brugnerotto si è stabilito definitivamente a Brindisi, dove per tanti anni ha gestito un’attività commerciale e, in tutti questi anni, ha continuato a coltivare un saldo legame di amicizia con Sensibile, Boccolini, Giannattasio, Cantarelli ed altri ex compagni di squadra. “Quell’esperienza in biancoazzurro credo abbia rappresentato qualcosa di magico non solo per me, ma anche per tutti i miei vecchi compagni di avventura”.
VINICIO “O’ LIONE”
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Andrea Contaldi
ldo Bellan, classe 1946, mediano, è stato uno dei più fedeli calciatori biancoazzurri avendo passato a Brindisi ben 10 stagioni, 9 da calciatore, con 202 presenze in partite ufficiali e una da tecnico. Come è arrivato a Brindisi? “Arrivai in serie D non avevo il procuratore, in quegli anni ancora non esistevano. Fu la mia squadra dell’epoca, il Mestrina, a dirmi che ero stato ceAldo Bellan duto al Brindisi. Arrivai nella stagione 1967/68 quella dopo la retrocessione in D per illecito. Mi avevano detto che avrei giocato in C ma mi ritrovai in D. Vincemmo quel campionato, con 13 o 14 punti sulla seconda”. Come si è trovato a Brindisi? “Meravigliosamente bene, tanto che nel 1978 avevo anche deciso di restare a vivere a Brindisi, mio figlio è nato al “Di Summa”. Mi trovavo bene con la gente e i tifosi, ma alla fine fu il lavoro a decidere, i figli andavano a scuola, il mestiere dell’allenatore era complicato e decisi di tornare a Mestre. Fu per la sicurezza della famiglia che lasciai Brindisi,ma il cuore è sempre lì, non è mai andato via”. Il ricordo più bello? “Impossibile sceglierne uno soltanto, ne cito alcuni: le promozioni, le feste organizzate dai tifosi, il primo gol che ho segnato (lo realizzai contro una selezione Jugoslava), così come fu bellissimo il primo gol in B. Ricordo anche l’affetto della gente. Furono anni meravigliosi, dalla D andammo in C e ottenemmo un 5°, un 3° e un 1° posto con Vinicio. Ma ci sono stati anche momenti meno belli, come nel 73/74, con la morte di Fanuzzi ci fu un calo, non solo tecnico. Avevamo molte difficoltà”. Cosa ricorda del famoso 3-0 in Brindisi – Genoa? “Era la vigilia di Natale, fu una grande partita. Realizzai, dopo una discesa, il cross per il primo gol dell’incontro messo a segno da Tomy che segnò di destro in diagonale. Facemmo tutti una grande partita”. Non è più tornato a Brindisi? “A Brindisi vengo spesso, faccio sempre un periodo di vacanze a Lendinuso, vado a trovare spesso i vecchi amici”. Segue ancora il Brindisi? “Si certo, mi informo sempre sulla classifica e i risultati. Spero che possa essere promosso anche se in questa stagione mi sembra difficile”.
Fabrizio Caianiello
GLI ANNI RUGGENTI DEL CALCIO BIANCAZZURRO Forse è l’uomo più rappresentativo della storia del calcio biancoazzurro. Luís Vinícius de Menezes, meglio conosciuto con il nome di Luís Vinício, detto O‘ Lione, non ha mai dimenticato la sua Brindisi. È qui che si è consacrato nell’olimpo del calcio. Prima del grande salto verso Napoli, la sua seconda casa: “Brindisi è stata una delle più belle esperienze della mia vita da allenatore, lì ho capito che avrei potuto fare il tecnico ad alto livello. Ho imparato moltissimo dal commendatore Fanuzzi, che era un grande personaggio e costruì una squadra molto Luís Vinicio con Domenico Mennitti forte”. Ha gli occhi lucidi mentre parla. Nella sua mente sono rimasti indelebili i ricordi di stagioni indimenticabili. “Vincere il campionato di C fu un momento splendido, una grande festa per tutta la città che si sentì coinvolta. Ricordo perfettamente che per la prima partita di serie B venne inaugurato il nuovo stadio, poiché i lavori tardavano a essere ultimati i tifosi si misero a disposizione per ultimare la costruzione dell’impianto. È un ricordo indelebile”. Era tornato a Brindisi per battezzare l’avvio dell’avventura della nuova società Città di Brindisi. Poi ha seguito la trasferta dei biancoazzurri in quel di Ischia. Dopo tanti anni quel filo di amore non si è ancora spezzato. Anzi. Parla anche del presente. Lo strappo di questa stagione tra la società e la tifoseria è una ferita aperta anche nel suo cuore: “Non riesco proprio a capire cosa sia accaduto. Avevamo iniziato con tanto entusiasmo e poi…Ai miei tempi non era così. Auguri per i 100 anni, Brindisi merita molto di più della serie D”.
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16 marzo 2012
MARIO CANTARELLI
MASSIMO VITALI
e L’AMORE PER IL BRINDISI
“CHI MUORE GIOVANE A DIO È CARO”
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Andrea Contaldi
ario Cantarelli, classe 1942, di ruolo libero, è il terzo biancoazzurro di sempre, dietro Taurino e Brugnerotto, per numero di presenze: ben 246 partite ufficiali con la V sul petto fra il 1969 ed il 1976. è lo storico capitano della serie B. Quali sono le sensazioni riguardo al periodo che ha trascorso a Brindisi? “Ho vissuto il periodo più bello per la Brindisi calcistica. Quello con il più grande presidente, Fanuzzi, e il più grande allenatore, Vinicio. La mia esperienza è legata a loro e ha Il capitano Mario Cantarelli radici profonde”. Può raccontarci com’era Franco Fanuzzi? “Era una persona molto sicura di sé, disponibile, dotata di tatto e buon senso. Sapeva giudicare e si circondava di persone molto in gamba come Domenico Mennitti che era in effetti il suo portavoce”. E il ricordo più bello legato al Commendatore? “L’anno che vincemmo il campionato avevamo vinto a Salerno 1-0 con gol di Renna. Io e Fanuzzi avevamo litigato e quando, dopo la partita, entrò negli spogliatoi ancora non mi parlava. Prese degli asciugamani arrotolati e me li gettò in fronte, sorrise e disse: “Sei il più forte di tutti!”. Avevamo un rapporto come padre e figlio e tanta fiducia reciproca. Per tutta un’estate ebbi in mano un assegno in bianco che mi aveva consegnato, alla fine lo strappai e ci sedemmo insieme a discutere del futuro”. Quando a Brindisi c’è stato un difensore forte o di prospettiva è sempre stato paragonato a lei, cosa ne pensa? “Fa piacere essere considerato un metro di giudizio positivo. Sono contento per chi fa bene e viene paragonato a me, ma bisogna poi dimostrare il tutto sul campo, adesso è più difficile farlo. Nell’amichevole del centenario con il Bari ho visto una squadra ben organizzata ma per giudicarla bisognerebbe vederla in B, sarebbe quello il metro di paragone. Noi siamo stati una grande squadra, abbiamo vinto su campi difficili come Genova, Cagliari e Bergamo non a caso. Poi il destino ci ha tolto Fanuzzi”. Ha ricevuto molto dalla gente brindisina? “Si, e non è vero che sono stato sfortunato perché non ho giocato in serie A. Avevo solo vent’anni quando ho avuto quella possibilità, probabilmente non sarei stato pronto, sono migliorato con il tempo. Sono comunque felice di essere stato importante per Brindisi piuttosto che essere nessuno ma aver giocato in A. Dopo quarant’anni, anche grazie al centenario, so di essere ancora importante per questa città e ne sono felice, mi fa capire che tanti anni fa ho fatto la scelta giusta”. Segue ancora il Brindisi e i risultati che consegue? “Per forza, come un padre che segue se il figlio va bene a scuola. È normale che lo faccia, è la mia vita, durante l’anno riesco anche a vedere qualche partita. Ho anche avuto modo di parlare con i presidenti e mi sembrano persone in gamba, vogliono andare avanti, hanno parlato di promozioni e vorrebbero rientrare nei professionisti, ma i tempi sono cambiati. Noi prendevamo quattro lire, eri obbligato a diventare patrimonio della società e fare amicizie e conoscenze, era una cosa naturale. Oggi però è difficile avere il rapporto che avevamo noi con la gente. Mi reputo fortunato ad aver vissuto il momento più bello del calcio a Brindisi”.
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Alessandro Caiulo
assimo Vitali, semplicemente Massimino per tutti quelli che gli volevano bene, è probabilmente il calciatore locale più amato della storia calcistica brindisina. Era nato a Brindisi il primo di luglio del 1962, cresciuto calcisticamente nella Cathedral, la formazione del mitico “Cillo delle bombole”, il simpatico rivenditore di bombole di gas che aveva il proprio punto vendita in via Tarantini, a pochi passi dalla Cattedrale, dove, Massimo vitali esulta dopo un gol nella stagione 1978-79, l’ancora giovanissimo Vitali gioca il suo primo campionato da titolare proprio con la maglia della Cathedral. Appena sedicenne, si fa conoscere a suon di gol e si cattura il rispetto e l’ammirazione di avversari e compagni. Nei due anni successivi sale di un paio di categorie e gioca in un campionato regionale decisamente più impegnativo, quale era la Promozione di quell’epoca, con la maglia dell’Ostuni dove militavano e facevano esperienza parecchi ragazzi brindisini. Nell’estate del 1981, a diciannove anni, arrivò finalmente la chiamata dal Brindisi di Pascali che quell’anno militava in C/2 e voleva compiere il gran salto in C1. L’allenatore quell’anno verrà sostituito tre volte in quanto a Ciannameo succedette Minervini e a questi l’ex calciatore dell’Inter Masiero. Tutti e tre mostrarono grande stima per le doti di Massimino che in quella squadra vestiva, con orgoglio, la casacca da titolare della squadra della sua città. Vitali si conquistò sempre la riconferma anche negli anni successivi e fu il pupillo di tutti gli allenatori che si avvicendarono sulla scomodissima panchina del Brindisi. Trovò sempre una perfetta intesa con i compagni di reparto, come nel caso di Renato Lo Masto, suo gemello del gol oltre che nel campionato 1981/82 in cui al Brindisi sfuggì la promozione in C1 per appena due punti, e in quello successivo in cui nella giornata di esordio si disputò lo storico derby con la Gioventù Brindisi di Mimmo Fanuzzi. Ma la consacrazione definitiva avvenne nel magico Brindisi dei presidenti Pala e Pascali, allenato dal grande Giancarlo Ansaloni che, al termine del campionato 1984-85 sbarcò trionfalmente in C1. La coppia formata da Massimino Vitali e Giorgio Tomba in quel campionato sarebbe andata a segno per ben 23 volte. L’anno successivo ci fu l’esordio in C1 con l’amata maglia del Brindisi e fu una stagione da incorniciare, condita da 8 reti realizzate in 27 partite. Dopo una parentesi di un paio di anni nel Martina in C2, Vitali è richiamato a furor di popolo nel Brindisi di Mimmo Fanuzzi che nel campionato 1988/89 aveva allestito una supercorazzata per tentare, a tredici anni di distanza dall’ultima apparizione, il grande salto in serie B, ma che si ritrovò sulla propria strada due autentici macina sassi come il Cagliari e il Foggia che sarebbero approdati nel giro di due anni addirittura nella massima serie nazionale. L’anno successivo Vitali passò all’Atletico Catania, già Atletico Leonzio, società di C2 trasferita nel capoluogo etneo per sostituire il fallito Catania Calcio (furono quelli gli anni dei primi grandi fallimenti nel mondo del calcio). Trentenne si ritirò dal calcio giocato per rilevare, con i suoi onesti guadagni di calciatore, una rivendita di tabacchi in Corso Garibaldi. Il 5 gennaio 2000, a soli 37 anni, stroncato nel sonno da un attacco di cuore, lui che aveva "un cuore grande quanto una casa", lasciò la vita terrena. Come calciatore Vitali era dotato di tecnica sopraffina, una perfetta ala sinistra, capace di rimanere con il pallone incollato al piede anche quando si lanciava nei più spericolati dribbling contro la difesa avversaria, ma ricordiamo anche la sua generosità nel mettersi a disposizione della squadra e dei compagni di reparto pur sapendo brillare di luce propria, dotato come era di un micidiale sinistro che sapeva, con la stessa facilità, fare partire il pallone improvvisamente come un dardo scagliato da una balestra o accarezzarlo lievemente, come una piuma, per spostarlo di quel tanto che gli consentiva di beffare il portiere mentre gli franava addosso come una valanga.
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16 marzo 2012
ANTONIO BENARRIVO
MARCELLO PRIMA
IL NOSTRO VICECAMPIONE DEL MONDO
IL GIGANTE BRINDISINO Bruno Stasi
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ccade abbastanza spesso nel calcio che un ragazzo sia schierato da attaccante e poi... diventi un grande difensore. Magari di valore internazionale, come Antonio Benarrivo. “Proprio così - dice il vice campione del mondo con la Nazionale di Arrigo Sacchi nell’edizione statunitense della rassegna nel 1994 - Dopo aver imparato a trattare e calciare un pallone, giocando con i miei amici, sul piazzale di largo San Benedetto, ho vestito la maglia del Santa Chiara e poi quella del Casale sport, dove Salvatore Rizzo mi ha insegnato i fondamentali e Roberto Prudentino mi prescrisse il ruolo di difensore, al posto di quello di attaccante e poi di centrocampista”. Pensava un giorno di vestire la maglia biancoazzurra del Brindisi? “Giocavo gioiosamente e non pensavo di fare il calciatore da grande”. E allora come lo è poi diventato? “Dal Casale sport sono finito nelle giovanili del Brindisi e poi nella formazione Berretti. Tutto diventò improvvisamente molto serio quando il presidente del Brindisi, nel 1986, Biagio Pascali, per difficoltà economiche decise di far esordire in C/1 una... banda di ragazzi coadiuvati nell’avventura di conservare la categoria da Borsani, Pochesci, Ciracì e successivamente Bergamaschi. Riuscimmo a salvarci. Fu l’origine casuale della mio ingresso nel calcio che conta, quello della serie B con il Padova e poi della serie A con il Parma e quindi nella Nazionale di Sacchi”. La storia del calcio brindisino aggancia i cento anni. “È un traguardo straordinario, ma debbo dire che mi lascia l’amaro in bocca”. Perchè? “Vorrei vedere giocare il Brindisi in un’altra categoria. Il potenziale industriale del nostro territorio dovrebbe partecipare alle sorti della nostra squadra ed evitare gli stop and go di fallimenti e ripartenze. Occorrono progetti seri, duraturi. È triste vedere Antonio Benarrivo con la maglia della nazionale i nostri giovanissimi giocare su campi assolutamente inidonei. Un progetto serio è favorire la crescita di radici solide che affondano in una vasta massa di ragazzi festosi e appassionati, guidati da allenatori-educatori preparati e competenti. I talenti sono sulla soglia di ogni esperienza simile e sono la linfa vitale per ogni società di calcio che abbia un progetto serio”.
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Davide Cucinelli
arcello Prima è uno dei calciatori brindisini mai dimenticato dai tifosi biancoazzurri. Nato a Carvigno nel 1957, ha vestito numerose maglie da professionista e per due volte ha indossato quella con la V, in C1 nella stagione 1989-1990 e nei dilettanti nella stagione 1992-1993. Prima ha anche incontrato in un paio di occasioni il Brindisi da avversario con le casacche di Monopoli e Barletta ed è andato anche in rete contro i biancoazzurri. “Con il Brindisi ci sono tanti ricordi, la prima volta che affrontai i brindisini da avversario fu nel mio primo campionato professionistico nel 1979-1980 con il Monopoli - racconta - All’andata perdemmo 6-0 mentre al ritorno a Monopoli finì 2-0 ed andai in rete”. Sono tanti gli aneddoti che vengono in mente all’ex calciatore di Messina, Siracusa, Mestre, Juve Stabia, Torres, Giarre, con cui fu capocannoniere in serie C, e Carrarese, nella quale era soprannominato “il gigante brindisino”. “Sicuramente tra quelli più impressi c’è la rete con il Palermo in casa - afferma Prima - ma ricordo anche il gol a Taranto quando con Marcello Prima - Brindisi calcio 1992-1993 Greco facemmo sei scambi di prima intenzioni e tutto lo stadio si alzò in piedi ad applaudire”. Quella stagione però ha segnato anche un epilogo negativo. “Eravamo partiti per vincere il campionato e lo abbiamo terminato con i ragazzini in campo. Io decisi di restare ugualmente fino alla fine. Retrocedemmo dopo aver perso per 3 a 2 lo spareggio di Cosenza contro il Campania, ma tutti sapevamo che il fallimento sarebbe stato inevitabile”. Marcello Prima tornò a indossare la maglia biancoazzurra non più della Brindisi Sport ma del Brindisi Calcio di Ronzino Pennetta nella stagione 1992-1993 e suo compagno di squadra era Mario Guadalupi, il padre di Mirko, attuale centrocampista del Città di Brindisi. In quella stessa stagione Marcello vinse il titolo di capocannoniere del girone G della serie D e raggiunse un record che ancora oggi detiene, essendo stato l’unico calciatore brindisino in un secolo di storia ad aver realizzato una cinquina in una partita di campionato, il 4 aprile 1993 contro il Pineto.
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16 marzo 2012
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BRINDISI 7 MARZO 2012 LA FESTA DEL CENTENARIO
Foto do Vincenzo Tasco
http://youtu.be/a5rSzSRM7t0
Roberto Galluzzo
Giuseppe Roma
Annino De Finis
Menzione particolare spetta a Giovanni Galluzzo, Dirigente accompagnatore e a Maria Grazia Sigrisi, Responsabile della Segreteria. Nei giorni che hanno preceduto la festa, si sono prodigati affinchĂŠ l'evento fosse un successo.
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1) la prima formazione del Brindisi nel 1912 2) il Brindisi batte il Lecce 2 a 1 ed è campione regionale 3) Brindisi Sport, stagione 1913-1914 4) l’ingresso monumentale del Campo Sportivo 5) il Brindisi che nel 1937 fu promosso in C 6) il 13 dicembre 1938, la prima maglia biancazzurra 7) il portiere Rino Di Donna 8) il calciatori degli anni quaranta Portoghese e Livera 9) i calciatori Di Donna, D’Adamo, Livera e Cristofaro 10) Serie B 1946-47, il Brindisi di mister Migliorini 11) il Brindisi stagione 1959-60 ripescato in C 12) anno 1952, serie C, Bari 2- Brindisi 3 13) anno 1963 il Brindisi di mister Landolfi 14) Brindisi 1965-66 15) saluto a centrocampo di capitan Brugnerotto
16) il mitico portiere Bandini con la mascotte Tonino Nisi 17) il Brindisi che vinse il campionato nel 1967 18) il Brindisi che vinse il campionato nel 1968 19) allenamento a terra bei primi anni sessanta 20) un allenamento di altri tempi al Benedetto Brin 21) la polvere del Benedetto Brin 22) originariamente i pantaloncini del Brindisi erano neri 23) il Brindisi di Campanini 1968-69 Serie C, 24) il Commendatore Fanuzzi in mezzo ai suoi ragazzi 25) anno 1970 i calciatori del Brindisi in aereoporto 26) Brindisi Sport 1971-72, vincitrice del campionato di serie C 27) anno 1970 Domenico Mennitti con Fanuzzi e Pierini 28) Brindisi Sport 1971-72 29) Franco Fanuzzi fra i suoi calciatori 30) Fanuzzi e Vinicio portati in trionfo per la promozione
31) il Brindisi di Franco Fanuzzi in serie B 1972-73 32) 3 dicembre 72 l’ingresso in campo di Foggia e Brindisi 33) lo stopper Beppe Papadopulo 34) Reggiana Brindisi, serie B 72-73 35) Brindisi Sport, campionato serie B 1973-74 36) 9 dicembre 1973, le 100 partite di La Palma col Brindisi 37) Brindisi Sport , serie B 1974-75 38) 10.9.1974 Brindisi-Inter. I capitani Mazzola e Cantarelli 39) Reggiana - Brindisi, serie B 1974-75 40) Brindisi -Ternana,, serie B, tiro di Ulivieri 41) Ulivieri festeggiato dai compagni e da mister Bonafin 42) Brindisi-Genoa, serie B, gol di Ulivieri 43) Brindisi Sport, serie B 1975-76 44) il Brindisi 1979-80 di capitan Boccolini 45) il Brindisi di Pascali al derby contro la Gioventù
46) la squadra c 47) l’indimentic 48) Crafa in azio 49) formazione 50) Bergamasch 51) il Brindisi 19 52) Brindisi Cal 53) consegna d 54) maggio 200 55) Brindisi Cal 56) re Giorgio C 57) il president 58) Iunco dopo 59) il Football B 60) SSD Asd calcio Calcio“
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© Pubblidea di Perchinenna Alessandro - foto Alessandro Caiulo
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che nel 1985 approdò in C1 cabile Massimino Vitali one contro il Barletta e Brindisi Sport 1986-87 hi e Giacomino Palazzo 1988-89 che sfiorò la serie B lcio nel 1993 con il capitano Marcello Prima della targa alla figlia di Franco Fanuzzi 02, Taurino e Cavallo festeggiano la promozione in C2 lcio 2002-03 Corona, capocannoniere in C2 nel 2002-03 te Tisci consegna la Coppa Italia a Francioso o il gol al Bologna in Coppa Italia Tim Brindisi 1912 o“Città Città di Brindisi” Brindisi 2011/12
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onostante abbia vestito la maglia biancoazzurra solo per una stagione è rimasto nel cuore dei tifosi. Nacho Castillo merita di essere ricordato come uno dei bomber più forti del calcio nostrano. Brindisi fu la sua prima squadra italiana. L’allora direttore sportivo Aldo Sensibile, lo portò nel ‘Franco Fanuzzi’ tra la diffidenza di molti tifosi. Era luglio del 2001. Per problemi legati al tesseramento, tuttavia, esordì Nacho Castillo col capitano Tiberio Ancora solo tre mesi dopo in un Matera - Brindisi che terminò 2-2. Un esordio amaro perché in quella gara venne anche espulso. “Brindisi per me rappresenta molto. Qui è iniziata la mia avventura in Italia. Devo tanto a questa città. Ricordo tutto come fosse ieri. Ho atteso quasi tre mesi per giocare e quando finalmente arrivò il transfer, era tanta la voglia di fare bene che mi feci espellere” - racconta l’attaccante - In pochi credevano in me. Tra l’altro la squadra iniziò maluccio il campionato. Fortunatamente arrivarono subito i primi gol. L’intesa con Sardelli, Cavallo e D’Amblè era perfetta e vincemmo meritatamente il campionato”. Il suo allenatore era Gigi Boccolini. Con lui e Sensibile c’era molto di più di un semplice rapporto lavorativo. Lo hanno aiutato ad ambientarsi in un Paese completamente nuovo. Nacho è sempre stato un ragazzo molto semplice, timido, riservato. Non si staccava mai da Carolina, la sua fidanzata che dopo qualche mese prese in sposa. Ma qual è stata la più bella partita vissuta con la maglia a V? “Ce ne sono tante. Non ne ho una particolare - ci dice - certo non posso dimenticare il giorno della promozione contro l’Altamura. Lo stadio era stracolmo. Una città in festa. C’erano colori biancoazzurri ovunque”. Non è sbagliato dire che Brindisi avesse adottato Nacho e Carolina. “Ci sentivamo a casa. In quel periodo la città viveva per il calcio. Per strada mi fermavano tutti, volevano una foto, un autografo o semplicemente stringermi la mano. Ancora mi emoziono a pensarci. Non finirò mai di ringraziare i brindisini. Qui torno sempre molto volentieri. Ho tanti amici. Ormai è come se fossero persone di famiglia”. Purtroppo le strade di Castillo e del Brindisi si separarono alla fine di quella stagione. Il patron Mario Salucci non riuscì a trattenerlo. Castillo non poteva giocare nei professionisti a causa del suo status di extracomunitario che lo tenne imprigionato in serie D per altre tre stagioni prima di prendere il volo e segnare gol a grappoli in C2, C1, B e A.
RICCARDO SARDELLI BRINDISINO DOC
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Ferdinando Cocciolo
iccardo Sardelli è uno di quei giocatori che hanno fatto la storia del Brindisi, con le sue magie da fantasista, i suoi comportamenti, dentro e fuori il terreno di gioco, mai sopra le righe e la sua capacità, non proprio consueta nel calcio odierno, di rapportarsi con le situazioni e la tifoseria. Quella tifoseria che lo ha sempre amato, lui, brindisino doc, al posto giusto al momento giusto. Con Riccardo condivido un rapporto di amicizia duraturo e sincero. Riccardo Sardelli, 37 anni, un brindisino che ha avuto la fortuna, l’onore di giocare nella squadra della propria città e in due fasi diverse, 1997-1998 e dal 2000 al 2003. Hai vissuto l’epoca Laurino Rubino, quella del presidente Cogliandro, l’era Mario Salucci, in “chiaroscuro”, con il ben noto fallimento… “Sono ritornato nella mia città dopo vari giri Riccardo Sardelli con i compagni d'attacco Francioso e Corona nel Salento e per me ripropormi è stato un importante punto di partenza che mi ha permesso di vivere la storia recente del calcio brindisino. Gli anni difficilissimi della gestione del presidente Rubino, con i problemi di natura economica, organizzativa, e non solo, che hanno messo a dura prova l’ambiente in un momento particolare e di transizione”. Riccardo ha avuto modo di conoscere Enzo Carbonella, il tecnico a cui sarà sempre grato per aver condiviso la cavalcata trionfale in Eccellenza nella stagione 1999-2000. “Non potrò mai dimenticare quell’annata - dichiara Riccardo - quella del passaggio di consegne da Laurino Rubino a Cogliandro - Torsello. La fusione tra la Nuova Brindisi Sport e il Brindisi Calcio ha praticamente rappresentato un passaggio fondamentale che nessuno dimenticherà. Personalmente mi rimarrà sempre in mente l’impresa che facemmo sul campo, la vittoria ai playoff per la serie D, pur essendo partiti con dieci punti di svantaggio dall’Ostuni. Nella stagione seguente abbiamo assistito alla “fase uno” dell’era Salucci, questo imprenditore che, anche con i suoi discorsi, aveva suscitato in me molto entusiasmo. L’anno di transizione, con vari allenatori, da Renna a Marchetti, e il trionfo nella stagione seguente con i vari Castillo, Chirico, Cavallo, La tartara. Negli occhi di Riccardo si legge il rammarico per tutto quello che, in seguito, poteva essere e non è stato, nonostante una Coppa Italia vinta in cui è stato capocannoniere, il grande calcio visto a Brindisi, una C/1 persa all’ultimo secondo. “Quella era una squadra che ha fatto la storia del Brindisi, che dava spettacolo in campo, Corona, Orlandini, Francioso, tutti protagonisti di un’avventura che poi avrebbe avuto un brutto epilogo che la città non meritava”. Nel calcio, il destino di un fantasista, come te, è sempre stato quello di essere amato e odiato, calcisticamente parlando, ma tra te e la tifoseria c’è sempre stato un feeling particolare. “Quando si vinceva, era tutto a posto nel senso che venivo osannato, nel caso contrario venivo attaccato e criticato. Ma per me i tifosi hanno sempre rappresentato la spinta in più, per andare avanti e rispettare la mia professione”. Quali i momenti più belli che non dimenticherai mai? “Per un attaccante sono soprattutto i goal che si segnano. Per un brindisino come me vincere due campionati è stato un trionfo, un qualcosa che mi rimarrà sempre dentro. E non si può dimenticare la vittoria nella classifica dei cannonieri della Coppa Italia, l’approccio al grande calcio nella gestione Mario Salucci. Sei ottimista per il futuro del calcio brindisino? “è una domanda a cui non è facile rispondere, bisogna essere realisti e dire che stiamo vivendo un periodo in cui ci si deve sforzare tutti quanti per ricreare compattezza intorno alla squadra e alla società. Il rispetto del Brindisi deve essere al centro di tutto. La nostra città merita ben altre soddisfazioni e ben altre categorie”.
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16 marzo 2012
Mariella Lonoce
UBRIACHI DI… CORONA
MINO FRANCIOSO
RE GIORGIO
L’IMPERATORE
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stato e rimane uno dei giocatori più rappresentativi per la storia del Brindisi Calcio: per l’Italia si chiama Giorgio Corona, a Brindisi è conosciuto come Re Giorgio. è inarrestabile quando gli viene chiesto di raccontare la sua esperienza in riva all’Adriatico, gli argini cedono e i ricordi si trasformano in un fiume in piena che si trascina dietro un anno di goal, successi e passione. Parte da un colore il Re, per cominciare a fare ordine nel Re Giorgio Corona mosaico lungo una stagione. Parte dall’azzurro che dal 2002 non riesce a non associare al mare di Brindisi, al suo cielo ma soprattutto alla sua maglia, quella che ha indossato con orgoglio e che ha dovuto abbandonare dopo la conquista di una Coppa Italia e dopo aver sfiorato una promozione in C1. Tanti i ricordi impressi nella memoria. Il primo è sicuramente legato alla tifoseria biancazzurra con cui strinse un rapporto strettissimo sin dalle prime battute e che si è portato in giro per l’Italia, in una valigia, dove ha sempre conservato, e tuttora conserva, una maglia della Curva Sud con su scritto “Ubriachi di Corona” che gli venne consegnata, come un patto di stima, appena dopo le primissime uscite di campionato. “È difficile dire quale sia stato il momento più bello per me - commenta Re Giorgio - sono diversi, abbiamo vissuto tutti un anno bellissimo, eravamo un gruppo fantastico, compatto, unito, supportato da un movimento popolare incredibile che rendeva il Fanuzzi ogni domenica il nostro regno ed io avevo un compagno di reparto, Mino Francioso, che contribuì tantissimo alla positività della mia personale stagione. Ricordo come se fossero ieri tutte le partite di quella indimenticabile stagione, tutti i goal, tutte le emozioni. Quando vincemmo la Coppa Italia in casa ad esempio, quell’incredibile 1 maggio del 2003, grazie al risultato di 1-1 contro la Pro Patria e grazie al mio goal. Lo stadio ospitava 10mila persone e non temo smentita dai miei compagni di allora se dico che i nostri e i loro cuori battevano all’unisono. è una giornata, quella, che non si può dimenticare, come non si può dimenticare la vittoria fuori casa ai danni del Foggia a cui rovinammo la festa promozione andando a vincere allo Zaccheria per 3 a 0, vittoria che a gran voce ci era stata chiesta dai nostri tifosi alla vigilia di quella gara. Di ricordi brutti ne ho solo uno: l’eliminazione dai playoff in semifinale con l’Acireale che ci vide tutti insieme a fine gara in lacrime negli spogliatoi. È stato quello senza dubbio il terzo minuto di recupero peggiore della mia carriera”. Corona quell’anno fu consacrato, dai suoi 20 goal, il migliore marcatore del torneo e quando gli si chiede come mai non decise di rimanere a Brindisi svela un segreto che forse in pochissimi sanno: “L’estate del 2003 - racconta - fui acquistato dal Catanzaro e nonostante anche quella sia stata un’esperienza meravigliosa, non volevo rassegnarmi a lasciare Brindisi. Una caldissima sera di luglio ho incontrato nei pressi della città l’allora direttore sportivo Enzo Carbonella con cui ho tentato di trovare l’accordo per rimanere, ma non ci sono state le condizioni, il Brindisi si incamminava purtroppo verso un anno che sarebbe rimasto tra i peggiori ricordi per tutti”. Quell’anno, tra l’altro, il Brindisi visse probabilmente una delle ingiustizie più grosse della sua centenaria storia: in una discutibilissima riunione di Lega, infatti, alla società biancazzurra venne negato all’ultimo momento il ripescaggio in C1 a cui aveva diritto, favorendo invece L’Aquila che aveva evidentemente importanti agganci in alto. Era quella tra l’altro la stessa riunione in cui la Lega, con un clamoroso sgambetto al Martina finalista play off di C1, consentì il doppio salto di categoria, dalla C2 alla B, alla Fiorentina. Giorgio Corona oggi, dopo aver calcato l’erbetta di diversi campi di serie A e serie B, è tornato a vestire la maglia del suo Messina, altra nobile decaduta nei campionati dilettantistici, e quando gli si chiede se ci potrebbero essere le possibilità per tornare a vederlo in biancoazzurro risponde con un misterioso ma accattivante: “Ho 38 anni, ma le vie del calcio sono infinite…”.
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9 marzo 2012
arebbe banale scrivere di Mino Francioso limitandosi a raccontarne l’incredibile carriera, i goal, le numerose promozioni di cui è stato dovunque assoluto protagonista. Molto più significativo, per quello che vogliamo raccontare, è cominciare la storia dal luogo in cui è nato e per cui, più di molti di coloro che lo hanno preceduto e lo seguiranno, ha significato. Se infatti per i tifosi del Genoa rimarrà impresso nella memoria come il “Corsaro nero”, per Brindisi e per i brindisini Francioso è “l’Imperatore”, un L'imperatore Mino Francioso simbolo, quello che si definisce una bandiera. Arrivò a vestire la casacca biancazzurra a 35 anni, da capitano del pluriscudettato Genoa e capocannoniere della serie B, e, nonostante avesse ancora diversi club di serie B alle costole, era desideroso di vivere l’emozione e l’orgoglio di giocare per la sua città e provare a riportarla in C1. Per due anni quel sogno si infranse ai playoff, ma ha avuto e dato, comunque, la grande gioia di alzare la Coppa Italia di serie C, l’unico titolo nazionale mai vinto dal Brindisi in un secolo di storia (ma questa è cronaca per la maggior parte dei tifosi brindisini). Quello che forse qualcuno ha dimenticato nel tempo invece, è l’amore che Mino Francioso mostrò nei confronti della maglia e della squadra a partire dalla seconda metà della stagione 2003/04, quando a seguito della fuga del corpulento patron toscano Mario Salucci e del suo fido scudiero, il tenebroso Luciano Morosi, il capitano riuscì, nonostante le tantissime difficoltà, a mantenere unito e compatto il gruppo, tenendolo addirittura fino alla fine in testa al campionato. Il carattere è sicuramente una dote che si coltiva nel tempo e che si deve all’esperienza, alla freddezza, alla lucidità. La generosità invece no, quella è una qualità che solo gli “uomini” hanno. L’Imperatore, nelle peggiori condizioni possibili, quando tutte le possibilità remavano contro la speranza di salvare squadra e titolo, la mise in campo e mentre la maggior parte dei compagni non intese rinunciare a nulla, lui ci rimise di suo pur di non vedere capitolare anzitempo i colori biancoazzurri. Si fallì, nonostante Francioso e tutti coloro che si mobilitarono per provare a salvare il salvabile, ma l’anno dopo, quando si ripartì miseramente e a testa bassa dall’eccellenza, il Capitano era ancora in campo. Promise alla sua città l’immediata vittoria del campionato e a fine anno mantenne la parola, il Brindisi era in serie D. L’era Barretta segnò anche l’addio di Francioso al Brindisi, per cause che ai più sono sconosciute e che niente hanno evidentemente a che fare con la riconoscenza. Credito che l’Imperatore vanta tutt’oggi a pieno titolo, con la maglia e con la città.
Cristina Cavallo
ADRIANO FIORE BRINDISINO PER AMORE
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aranno ricordati come gli anni della rinascita, della speranza, i sei anni dell’era Barretta. è il 2004 e la città sportiva ricomincia a sognare. Una delle famiglie più prestigiose ed economicamente solide di Brindisi prende in mano le redini del massimo sodalizio adriatico. Dopo il fallimento del Brindisi Calcio, nasce il Football Brindisi 1912, e il futuro del calcio brindisino appare nuovamente roseo. Si riparte dal campionato regionale dell’Eccellenza. In sei anni il Brindisi vince 2 tornei. Torna in serie D dopo solo un anno e al termine di un entusiasmante campionato con un testa a testa da record col Monopoli (200 punti in due). Quattro anni sono invece necessari per ritornare tra i professionisti. In questo periodo da Brindisi “passano” i giocatori all’epoca più ambiti per la categoria: da Mangiapane a Di Giulio, da Mitri a Prisciandaro, da Galetti a Fiore, solo per ricordarne alcuni. Per un paio d’anni i Barretta non sono riusciti a festeggiare il Centenario da presidenti. Ma che significato assumono questi 100 anni di vita del Brindisi per l’ex presidente Giuseppe Barretta? “I 100 anni del Brindisi sono una tappa importante per la città sportiva, ma fanno crescere purtroppo il rammarico. Un rammarico legato alla poca considerazione che il calcio ha avuto negli anni, da parte di istituzioni locali e soggetti economici. Un motivo questo, se non il principale,
Adriano Fiore in mezzo a due avversari
che - come è noto - ci ha indotti a porre fine alla nostra avventura alla guida del calcio brindisino”. Poi l’ex presidente del Brindisi rivolge il pensiero al “Città di Brindisi” e conclude: “L’auspicio è che questa società possa centrare l’obiettivo che si è prefissato per questo campionato, vale a dire i play-off. E soprattutto che si riescano a ricompattare i tifosi e a superare la contestazione, perché alla squadra e alla società serve il massimo sostegno dei suoi supporter”. C’è tanta nostalgia nelle parole di Adriano Fiore, una delle bandiere del Brindisi dell’era Barretta, il quale ha vestito la maglia biancazzurra per tre stagioni (dal 2007/08 al 2009/11), scendendo in campo per 76 volte (tenendo conto solo delle gare di campionato), mettendo a segno 14 reti, tra i protagonisti del ritorno dei biancoazzurri fra i professionisti al termine della stagione 2008/09: “Mi sarebbe piaciuto tantissimo vivere i festeggiamenti per il Centenario del Brindisi da suo giocatore. Purtroppo, come è noto, le infelici vicissitudini della scorsa stagione calcistica mi hanno portato a compiere altre scelte. Io al Brindisi devo tanto sia sotto il profilo professionale che personale. A Brindisi ho la mia compagna e il cuore è lì tra quella maglia e i miei affetti. Mi auguro di poter tornare presto a indossare la maglia con la V sul petto. Questo resta il mio sogno”.
NANDO GALETTI IL GIGANTE BUONO
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er me è stato motivo di gioia intervistare Nando Galetti in occasione del centenario del calcio a Brindisi. Oltre al calciatore, i tifosi brindisini hanno sempre apprezzato l’uomo, con i suoi valori e il suo rigore da professionista scrupoloso. Personalmente poi, a Galetti è legato un ricordo che serberò gelosamente: il gol realizzato contro la Nocerina, che segnò un passo importante verso la vittoria del campionato 2008/2009, e il piacere di essere stato il primo ad abbracciarlo per poi essere letteralmente sommerso da tutti i suoi compagni. È nota la sua avversione per le interviste, ma quando l’ho rassicurato dell’assenza di microfoni e telecamere, è stato ben felice d’incontrarmi per raccontarsi in piena libertà. Allora Nando, iniziamo dal principio, come decidesti di venire a Brindisi? “Ero stato contattato dai dirigenti del Barletta, che mi volevano decisamente, allo stesso modo c’erano anche i Barretta che mi cercavano. Io ero molto incerto, mi sembrava che Barletta fosse la scelta migliore, ma non riuscivo a prendere una decisione. Ci fu un momento in cui, a causa di un’incomprensione con un dirigente brindisino, pensai di rompere la trattativa. A rafforzare quest’ipotesi poi c’erano le notizie, poco rassicuranti, riguardanti fatti spiacevoli accaduti l’anno prima tra gli ultras e alcuni giocatori biancoazzurri. Per alcuni giorni non risposi alle telefonate delle due società quando un pomeriggio, mentre ero fuori casa, ricevetti una chiamata da mia moglie che mi parlò di una sorpresa al mio ritorno. Ad aspettarmi c’erano il D.S. De Solda e un amico comune. Saliti a casa, il direttore mi parlò dei seri progetti dei Barretta, dell’entusiasmo che si stava creando in città e della squadra ambiziosa che si stava costruendo, mentre l’amico volle rassicurarmi sulle questioni economiche, garantendo che avrei preso tutto quanto era previsto, non un euro di meno. A quel punto … ero tranquillo in casa mia, con persone che mi ispiravano fiducia, presi la decisione e considerando che oggi sono ancora qui a parlarne significa che feci la scelta giusta”. Tu sei uno di quei rari giocatori che a Brindisi non è mai stato contestato, come te lo spieghi? “Ricordo, non appena arrivato in città, che ci furono subito dei tifosi che
Giancarlo Errico mal sopportavano la mia provenienza dal Monopoli. Spiegai loro che ero venuto per fare il mio dovere da professionista serio a favore del Brindisi. Fin da subito iniziammo a vincere e a convincere i tifosi. Io ebbi la fortuna di segnare alcune reti e questo mi permise di essere presto amato e apprezzato non solo come giocatore ma anche come uomo. Comunque, mi sono spesso chiesto cosa sarebbe successo se nelle prime 4/5 partite Nando Galetti con la maglia del centenario non avessi fatto gol”. Il ricordo più bello e la delusione più cocente che hai vissuto con la maglia del Brindisi? “Non ho dubbi, i più belli sono legati alla promozione in Lega Pro, dal gol alla Nocerina alla festa promozione negli spogliatoi con gavettoni, dalla sfilata per i corsi con il pullman alla festa dei ragazzi della scuola calcio... non saprei scegliere. La delusione maggiore, il tiro all’ultimo minuto finito sulla faccia del portiere della Cisco Roma. Lo ricordo spesso con rammarico, anche perché son sicuro che se quel pallone fosse finito in rete il destino del calcio a Brindisi sarebbe stato molto diverso … pazienza … questa è la vita”. In conclusione, quando smetterai di giocare come vedi il tuo futuro? “Il mio futuro è a Brindisi tant’è che ho comprato casa qui. Su cosa farò dopo il calcio giocato ci sto pensando da un po’. Ho vissuto per tanti anni grazie al calcio e il mio desiderio è continuare a farlo, magari allenando i ragazzini che mi hanno sempre seguito e amato molto. Vedremo. Certo è che se non dovesse essere possibile vorrà dire che vivrò e lavorerò semplicemente come la stragrande maggioranza degli uomini”. Grazie Puntero! Grazie per la tua genuinità, umiltà e disponibilità. Grazie per le 38 gioie che ci hai regalato (9° nella classifica dei goleador del Brindisi di tutti i tempi) fino ad oggi. Resterà indelebile il ricordo del rito delle foto che scattavi alla Curva Sud dopo ogni gol, così come l’eco del coro “Galetti che fa gol, la curva esulta” che gli ultras dedicavano in tuo onore. Grande Galetti!
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9 marzo 2012
Ferdinando Cocciolo
ROBERTO TAURINO
Era una squadra caparbia, determinata, guidata da un tecnico come Carbonella, accusato spesso di difensivismo, ma meritevole di complimenti per la cattiveria agonistica che trasmetteva alla squadra”. Roberto non vorrebbe parlare di tutte le vicende negative che hanno accompagnato la sua carriera di calciatore del Brindisi, proprio per l’immenso amore e rispetto che ha sempre portato per la maglia, ma oberto Taurino è il capitano per eccellenza, il è costretto. “I tre playoff persi per me rappresentano leader dentro e fuori dal campo, l’uomo che da una delusione che non passerà mai e il calcio brindianni è punto di riferimento per giocatori e dirisino avrebbe sicuramente preso una piega diversa. genti che si sono succeduti nella storia recente L’ultimo anno del Brindisi Calcio, con la promozione del calcio brindisino: Brindisi Calcio, Football Brindisi fallita a Barcellona Pozzo di Gotto, è stata devastante e Città di Brindisi, per un totatale di 288 partite uffiper una squadra eccezionale che scendeva in campo ciali fino ad ora disputate con la V sul petto, record nonostante una situazione economica e ambientale assoluto di tutti i tempi. che iniziava a diventare pesante. Altra grossa delusioRoberto Taurino, 35 anni, nove stagioni con la ne è stata quella dei due pareggi con la Cisco Roma e maglia biancoazzurra, a partire dal 1999 con l’inil rammarico è notevole se si considera l’enorme impetervallo delle stagioni relative alle esperienze di gno dei fratelli Barretta per il calcio brindisino, di una Grosseto, Venezia e Perugia. Un sogno, una “vita società forte e solida”. calcistica” che continua ancora. Sei sempre stato considerato dai tifosi brindisini il “Sarò sempre grato a questa città che mi ha dato capitano guerriero, il leader che non abbandona anche la possibilità di farmi una famiglia, avendo la mai la nave, neanche nei momenti più drammatici moglie brindisina e due splendidi bimbi. Ho iniziato come quelli, tanti, di questi ultimi anni. Ma cosa sinel difficile periodo di Laurino Rubino, si giocava in gnifica realmente indossare questa maglia? Eccellenza in campetti di periferia, ma l’impegno di “Innanzitutto è una maglia storica per me che faccio tutti era massimo”. Roberto Taurino, durante i festeggiamenti per il ritorno in C2 nel 2009 parte ormai del tessuto sociale di questa città e ne Ne hai viste di tutti i colori a Brindisi, e ti sei espovivo quotidianamente le ansie e i problemi. è una masto sempre, nelle situazioni più difficili, quando ce glia che ho sempre onorato, nel bene e nel male, e il ruolo di capitano, ne è stato bisogno. Quali momenti, belli e brutti, ricordi maggiorimportante ma difficile, l’ho sempre condiviso con la società, i compagni mente? e i tifosi. Non mi sono mai esentato dalle responsabilità mettendoci an“Ho vissuto diversi momenti esaltanti, la vittoria nel campionato di serie che la faccia. E infatti nella gestione disgraziata del duo Pupino-Galigani D con Boccolini e con dei compagni eccezionali. Era il periodo di Salucci, non ho più voluto indossare la fascia di capitano”. che poi ci avrebbe fatto ricredere su delle sicurezze iniziali e sul modo Ecco chi è Roberto Taurino, uomo di spessore oltre che grande professiodi intendere il calcio. Ma un momento positivo fu anche il passaggio da nista, che vuole far parte ancora del futuro del Brindisi e che si augura il Rubino a Cogliandro, con quella cavalcata continua di risultati che ci perraggiungimento dell’armonia tra la società e tifoseria. mise di ottenere la promozione.
IL MURO DI BERLINO
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top ten
Roberto Guadalupi
presenze Brugnerotto 277 Taurino 254 Cantarelli 230 Bellan 192 Boccolini 183 Pierdiluca 179 Sensibile 178 Bisceglia 173 Argentieri 166 Vitali 165
In totale sono 27 i giocatori che hanno disputato almeno 100 gare con la maglia biancoazzurra. L’ultimo ad aver raggiunto questo traguardo è Stefano Trinchera, fermatosi a quota 115. L’unico ancora in attività è Roberto Taurino che potrebbe ancora diventare il più fedele alla maglia biancoazzurra contando solo le gare di campionato dopo che lo è diventato, durante questa stagione, ma considerando anche le presenze in Coppa Italia.
reti realizzate
Vantaggiato 56 Pierini 1° 49 Francioso 47 Pierdiluca 41 Lomasto 40 Trevisan 39 Sardelli 36 Vitali 36 Mattioli 33 Sandrigo 31
reti subite
reti segnate
partite disputate
media
Vantaggiato 56 73 0,77 Castillo 15 23 0,65 Corona 21 33 0,64 Francioso 47 78 0,60 Alivernini 18 33 0,54 Toscano 18 34 0,53 Sandrigo 31 62 0,50 De Palma 12 24 0,50 Campanini 17 35 0,49 Mattioli 33 72 0,46
partite disputate
media
Bandini 20 72 0,29 De Rossi 9 25 0,36 Chirico 25 53 0,47 Maso 17 34 0,50 Vantaggiato 21 40 0,52 Ferrero 38 69 0,55 Tortora 17 29 0,59 Maschi 40 67 0,60 Giglietti 20 32 0,62 Bacio 15 22 0,68
allenatori
partite
Ansaloni 114 Vinicio 104 Silva 98 Castignani 95 Boccolini 86 Zurlini 72 Renna 66 Dellisanti 53 Ciannameo 50 Carbonella 43
Francesco Marchionna
Amichevole AS Bari - SSD Calcio Città di Brindisi Si aprono le celebrazioni per i cento anni del Brindisi Calcio
I
colori da indossare per l’occasione sono il bianco e l’azzurro. L’evento è di quelli da non perdere, di quelli che capitano... ogni cento anni. E la programmazione è ricca come non mai. Mercoledì 7 marzo al Franco Fanuzzi si è svolta la giornata iniziale delle celebrazioni in programma per il centenario del Brindisi Calcio. Come ogni festa che si rispetti, palloncini e bandiere a rallegrare l’umore dei tanti bambini accorsi per l’occasione. Cento anni di calcio, storie e uomini che hanno sfilato davanti alle gremite tribune, negli occhi e nel cuore degli appassionati e delle famiglie presenti. Le vecchie glorie del calcio brindisino passano in rassegna insieme ai giovani calciatori, grazie a un pallone che, oltre a dividere, riesce ancora a mettere tutti d’accordo quando c’è da divertirsi e emozionarsi. Una sfera che, rotolando sull’erba, è in grado di sprigionare una magia, di portare indietro il tempo di cento anni e narrare di vittorie e sconfitte, di urla strozzate in gola e di cuori rigonfi di passione, di
pali, traverse, rigori, arbitri, risse, trasferte, sciarpe e quant’altro rimbalza ancora nella memoria di un appassionato di calcio. Un rigido pomeriggio di marzo che accoglie con un caloroso applauso la nuova maglia del Città di Brindisi, un omaggio a un lungo e incidentato cammino attraverso un secolo. Un numero, quel 100 impresso a caratteri dorati, a ricordare le gioie e i dolori sul sentiero. Un traguardo comunque non da tutti, da mostrare e celebrare al meglio e con chi quei cento anni li ha vissuti da protagonista. Raffaele Pierini, Ugo Argentieri, Mario Brugnerotto, Mario Cantarelli e tanti altri campioni immortalati da tre cifre, 1-0-0, e ora destinati a vivere per sempre nelle memorie di grandi e piccini. Si festeggia il calcio e il pubblico che lo vive. Sul terreno di gioco del Franco Fanuzzi, cornice unica di cento fotografie, scendono anche il Bari e il Brindisi, con formazioni ‘leggere’ a dare spettacolo. La spunta il Bari per un gol, ma non conta. Sono i ricordi a vincere oggi.
FESTA DEL CENTENARIO 1912/2012 Continuano gli eventi in programmazione per il centenario del Brindisi Calcio. Dopo l’incontro amichevole disputatosi mercoledì scorso tra l’AS Bari e la SSD Calcio Città di Brindisi e gli spettacoli che hanno accompagnato la gara, segnaliamo tre appuntamenti per continuare a fare festa e commemorare cento anni di passione calcistica in città. Sabato 17 marzo, alle ore 18, presso l’Hotel Internazionale di Brindisi, si terrà la mostra fotografica del centenario, occasione irripetibile per passare in rassegna un secolo di emozioni che hanno legato la nostra città al calcio. Lunedì 19 marzo, alle ore 14.30, prenderà invece il via il Memorial “Davide Cozzoli”, torneo del centenario che vedrà avvicendarsi sul terreno di gioco i bambini delle scuole calcio di Brindisi e provincia. I vincitori saranno premiati durante l’ultimo evento della manifestazione, che si terrà domenica 25 marzo presso lo 0831 Advertising Space a partire dalle ore 19. Terminata la premiazione, serata cabaret e dance happening per chiudere in bellezza questo importantissimo traguardo conseguito dalla storia della nostra città. Sponsor della manifestazione
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BRINDISI A PEDATE LA MEMORIA STORICA DELLA BRINDISI CALCISTICA
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Dario Amodio
ella città di Brindisi la parola calcio è legata al nome di uomini - tanti - che ne hanno scritto la storia, tacchetti ai piedi o urlanti davanti a una panchina. Ma è legata anche al nome di chi, per raccontare gioie e dolori di uno sport che tanto appassiona i brindisini, ha usato la classica penna. Nel festeggiare il centenario della nascita del Football Brindisi 1912, non può non venire alla mente “Brindisi a pedate”, la prima e unica enciclopedia della storia del calcio brindisino. Un’opera a suo modo unica per la struttura e per i sentimenti che l’hanno ispirata. Autore, Dario Amodio. Giornalista, cultore di storia brindisina, attivo sindacalista, appassionato sportivo, Amodio ha seguito, da giornalista pubblicista prima e storico poi, le vicende del calcio nella nostra città. Una passione viscerale quella per il pallone ovale, intrecciatasi all’amore profondo per la città natale. Brindisi e il calcio: un connubio indissolubile, nonostante tutto, e filo rosso che lega le pagine di un lavoro tanto accurato quanto particolare. Perché sfogliare “Brindisi a Pedate”, è come compiere un viaggio indietro nel tempo. Il primo fascicolo fu pubblicato nel 1967 dall’editore Schena. In quattro volumi (poco meno di cento pagine ciascuno) Amodio ricostruisce, tappa dopo tappa, le vicissitudini della Brindisi sportiva. Da quel 7 marzo del 1912, quando Giovanni Zaccaro assorbì il Brindisi Football Team, all’era Fanuzzi nei difficili anni Sessanta, passando per trasformazioni societarie, grandi vittorie, retrocessioni, parti-
te memorabili. Un lavoro certosino condotto con la passione dello sportivo (e del tifoso), ma anche con piglio giornalistico e veri e propri criteri di indagine storica. “Brindisi a pedate” è il frutto di anni di approfondite ricerche d’archivio, di interviste a chi aveva vissuto da protagonisti o anche da semplice spettatore gli anni pionieristici del calcio locale, il tutto corredato da una splendida carrellata di foto, alcune esclusive, come quella che ritrae la Brindisi Sport nell’annata sportiva 1912-1913, la prima foto ufficiale di una formazione di calcio brindisina. A far da sfondo alle vicissitudini della società sportiva, una città che cambiava volto. Gli anni d’oro della Valigia delle Indie, il dramma della guerra, il boom economico, le trasformazioni urbanistiche. Mentre il calcio si affermava e faceva conoscere nomi e volti, Brindisi cambiava aspetto. Un passato che Amodio racconta con dovizia di particolari dando voce ai documenti, facendo parlare i luoghi stessi. Il risultato è una solida monografia che ripercorre quarant’anni di attività della Brindisi calcistica e insieme racconta capitoli importanti della storia di questa città. Il 18 aprile di un anno fa Dario Amodio ci ha lasciati. Lo ha fatto senza clamore come ha vissuto tutta la sua vita, ma in un giorno particolare, quasi un segno del destino per chi nel destino ci crede. In contemporanea al suo funerale, dall’altra parte della città decine di tifosi scendevano in piazza per impedire che il calcio a Brindisi restasse solo un ricordo.
UN SITO WEB UFFICIALE IN OCCASIONE DEL CENTENARIO. Simone Aretano
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inalmente anche la SSD Calcio Città di Brindisi ha il suo sito web ufficiale, raggiungibile all’indirizzo www.cittadibrindisicalcio.it. Attraverso internet i sostenitori del club biancoazzurro potranno essere regolarmente informati sulle ultime notizie a riguardo. L’obiettivo è quello di creare un canale di comunicazione diretto, senza alcuna mediazione, tra la società e i tifosi che renda questi ultimi partecipi in modo interattivo dell’attività agonistica e delle iniziative sociali della squadra del cuore. Il portale si presenta semplice e lineare nel suo aspetto grafico e ciò ne rende facili navigazione e lettura dei contenuti. Il layout impostato secondo i colori societari lascia intravedere sullo sfondo una foto d’epoca a testimonianza del ricorrente centenario della fondazione del team brindisino. La homepage si apre con una grande cornice in cui scorrono foto che ritraggono alcuni momenti sul campo di gioco e che rimandano agli ultimi articoli redatti dall’ufficio stampa. Subito sotto si trovano le notizie flash, le informazioni relative alla classifica del campionato, alle date e ai risultati degli incontri e le notizie in primo piano. Il menu di navigazione superiore invece contiene i collegamenti alle informazioni sul profilo societario con nome e foto del personale tecnico, organizzativo e medico. Poi ancora calendario e classifica completa del campionato, foto di squadra e informazioni dettagliate sui giocatori e sul settore giovanile. Molto interessante è la sezione dedicata alla storia della società che viene narrata in dettaglio partendo dalla nascita del calcio brindisino ai tempi della gloriosa Brindisi Sport, toccando l’epico periodo del commendatore Fanuzzi fino ad arrivare alla breve vita del Football Brindisi 1912. Degna di nota è la sezione dedicata ai tifosi che possono divenire fotoreporter per un giorno inviando al portale tramite email, foto che li ritraggano in occasioni in cui attestano tutto l’amore e il sostegno per la loro squadra, magari in attesa della partita o durante i 90 minuti di gioco. Una galleria fotografica e i collegamenti ai profili Facebook e Twitter completano il sito che, afferma l’ufficio stampa, sarà migliorato nel tempo con i suggerimenti e i contributi di tutti.
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TONINO PINTO STORICO COLLABORATORE DEL BRINDISI
H
o iniziato a frequentare lo stadio all’età di 10-11 anni. Ricordo che la domenica mio padre mi portava a vedere le partite. Nella stagione 1972-73, con il Brindisi in serie B, ho iniziato a fare il raccattapalle. Ero contentissimo di poter vedere la partita da dentro il campo e ogni tanto poter fare qualche foto con i giocatori. Nel 1973-74 ho avuto la fortuna di entrare nello spogliatoio per dare una mano al magazziniere di allora, Cosimo De Castro, che era una persona favolosa e aveva un ottimo rapporto con i giocatori. Per me è stato bellissimo frequentare lo spogliatoio e vedere i giocatori da vicino. è così che ho conosciuto Sensibile, Magherini, Novembre, Boccolini, con il quale ho istaurato un rapporto di fraterna amicizia. Frequentando lo spogliatoio ho avuto modo di imparare come sistemare la roba per l’allenamento e ho collaborato con De Castro per quasi dieci anni tra serie B e C. Nel campionato di C2 del 1982 partecipavano due squadre cittadine, una era la Brindisi Sport del presidente Biagio Pascali e l’altra era la Gioventù Brindisi del presidente Mimmo Fanuzzi. De Castro passò a fare il magazziniere per la Gioventù e io mi trovai da solo a farlo per il Brindisi. Fu una grande gioia andare in ritiro con la squadra a Città della Pieve in Toscana e, contemporaneamente, una grande responsabilità e per questo ero contentissimo. Sono ancora in contatto con qualcuno di loro, l’allenatore era Alfredo Ciannameo, ex bandiera del Brindisi. Sono stato fuori dal calcio per un po’ di anni, poi sono stato avvicinato dai fratelli Barretta tramite Enzo Carbonella e sono tornato a fare il magazziniere con il Football Brindisi. Mi sono trovato benissimo perché anche loro erano soddisfatti di me. Posso dire che per fare questo lavoro ci vuole molta passione perché ti porta via molte ore della giornata. In tutti questi anni ho conosciuto molti calciatori a cui sono rimasto legato come Catarci, Pizzonia, Salerno, Cucurnia, Naccarella, Angeli, Michelini, Battisti, Chiesa, Corazzini, Bianconi. Tra gli allenatori De Canio, Giusto, Silva e Boccolini. Boccolini lo conosco dal 1973. Si può dire che mi ha cresciuto dandomi tanti consigli. Con lui c’è davvero un’amicizia fraterna. I ragazzi di quest’anno sono tutti fantastici, è un bel gruppo e l’allenatore è un ottimo tecnico, oltre che una persona con grandi doti umane. Ho un buon rapporto anche con i dirigenti, ai quali penso si debba essere riconoscenti per aver permesso al calcio di Brindisi di esistere e di vedere un futuro. Tonino Pinto
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