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ALICE COOPER
UN DISCO DI COVER FRA ECCESSI E SOBRIETA’ THE VOICE OF ITALY
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RACCONTA PIERO PELU’
MAGIA DI SOUND CITY 20 | IO E LACHIACCHERATA CON DAVE GROHL UN UOMO IN MENO 14 | RECENSIONI & NEWS INTERVISTA AI LINEA 77
GO PRO
LA RIVOLUZIONE IN UNA TASCA
L’AR T E DEL LEGO
SOLO GIOCATTOLI?
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LOL R AP
COSÌ YOUTUBE HA CAMBIATO LA MUSICA
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SNOWBOARDER A CONFRONTO
64 LE STAR IN GARA A BIARRITZ SKATE OF MIND ALBERTO RONDINA
SAN BENEDETTO DEL TRONTO PARLA STEFANO SALATI
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ALBERTO RONDINA L’UOMO CHE SUSSURRA ALLE ONDE
L’OROSCOPO
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INTERVISTA AI LINEA 77 MUSICA
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MUSICA INTERVISTA AI LINEA 77
UN UOMO IN MENO INTERVISTA AI LINEA 77, GRUPPO ITALIANO, CHE CI RACCONTANO LA LORO NUOVA AVVENTURA SENZA IL COMPAGNO “EMI”.
“Non c’era un unione, non c’era una band. C’erano 5 persone che fanno musica, con 5 gusti diversi.”
“10 è stato un disastro, ora possiamo dirlo. Ma non rinneghiamo niente, più che altro lo abbiamo vissuto male, in un periodo brutto. E’ un album che si porta dietro, per noi, parecchi brutti ricordi.”
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INTERVISTA AI LINEA 77 MUSICA S uperati i 10 anni di anni di vita i Linea 77 rimescolano le carte (d’identità).
E ricominciano praticamente da zero, con la differenza che ormai sono una band old school, che non parlano più ad un pubblico di loro coetanei, e che l’elettronica sta arrivando anche lì da loro grazie ai cambi di formazione. Con l’idea di stare sempre laggiù, dove le radio non arrivano. Ho faticato un po’ a trovare nei vostri dischi precedenti qualche canzone spudoratamente cazzona come potrebbe essere “La musica è finita” in questo disco. Dipende, ce ne sono. Sicuramente la “Nuova Musica Italiana” per “Horror Vacui”, per “Available for Propaganda” magari “Fist”, in “Numb” ce n’era più di una... Ok, allora definiamo la “canzone cazzona”. Per noi è quando cerchiamo di prendere degli argomenti critici ridendoci addosso. Che è un po’ uno stile che abbiamo noi di vivere, che abbiamo da sempre, da quando ci conosciamo. Quindi non l’avete perso quello spirito autentico e originale, quello degli inizi? Assolutamente. Anzi ti dirò di più: lo stavamo perdendo. Lo stavamo perdendo con “10”, quindi negli ultimi due anni e mezzo più o meno. Quel feeling si era un po’ spento, vuoi per il logorio dello stare sempre insieme, vuoi per il mercato musicale che ti impone certi ritmi. Vuoi perché fare il musicista in Italia non è per niente facile. In che senso? Nel senso che non hai un cazzo di soldi, o almeno noi non ce li abbiamo mai avuti. In più incominciamo a diventare abbastanza vecchiotti, impegni, figli, mantenere famiglie, scadenze regolari. Impegni seri e una vita che si basa totalmente sul divertimento. E quindi il divertimento a volte diventa molto difficile da essere vissuto in maniera sana. Dopo 10 anni di dischi e di live siete arrivati spompati. Si, stavamo perdendo un po’ quell’attitu-
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dine punk-rock cazzona. Da cantina. Esatto. “10” è stato un disastro, ora possiamo dirlo. Per quanto ci riguarda è il nostro album peggiore, non solo artisticamente perché ci sono delle cose dentro che ci piacciono. Ma non rinneghiamo niente, più che altro lo abbiamo vissuto male, in un periodo brutto. E’ un album che si porta dietro, per noi, parecchi brutti ricordi. In questo nuovo tour suonate anche pezzi di “10”? Pochissimi, ma soprattutto perché non furono concepiti come pezzi da fare live. Erano più degli sfoghi personali, di ognuno di noi. Musicalmente eravamo molto annoiati, probabilmente perché non stavamo bene con noi stessi. Chi ha scritto i testi? In quel disco: io, Nitto ed Emi. Tre pezzi a testa, e uno insieme. Quindi non era il disco di una band. No, per quello è stato, secondo me, un fallimento. Non c’era un unione, non c’era una band. C’erano 5 persone che fanno musica, con 5 gusti diversi.
Un disco da mestieranti. Si, anche perché noi all’epoca non lo volevamo nemmeno fare un disco. Ma
eravamo sotto contratto con Universal a avevamo dei tempi. Se avessimo potuto scegliere saremmo stati fermi, almeno un annetto. Non sarà tutta colpa della Major? La Universal ha influito molto positivamente all’inizio, perché comunque era una esperienza nuova molto distante dai tempi in cui ci facevamo le copertine dei dischi fotocopiate in casa. All’inizio è stata una figata, soprattutto perché ci hanno riempito di soldi. (ride, NdA) E quando arriva il soldo... No, no, pensa che li abbiamo spesi tutti e anzi ne abbiamo dovuti mettere altri pure noi, per la produzione di “Horror Vacui”. Ma è stata un’esperienza bellissima, siamo stati due mesi e mezzo in America, vivendo insieme, abbiamo girato molto, veramente figo. Quindi stare con una Major è proprio come te lo raccontano... Dipende. Perché l’altra faccia della me-
MUSICA INTERVISTA AI LINEA 77 daglia è che ad un certo punto ci siamo accorti di essere in mano a gente che non era capace di fare il nostro mestiere. Probabilmente sono i più grandi a fare quello che fanno, produrre della musica mainstream, molto commerciale che va nelle catene dei negozi per esplodere dove cazzo deve esplodere. Ma se si parla di un gruppo con l’attitudine hardcore come la nostra, non capiscono assolutamente un cazzo. Poli opposti. Si, cioè non sono nemmeno stati invasivi, anzi, pure molto tranquilli, è solo che ci trovavamo a parlare contro un muro. Alla fine era una banca che ci dava una specie di mutuo, e quindi per questo disco siamo andati direttamente in banca abbiamo chiesto un mutuo e ci siamo fatti il disco da soli. Questo disco è soprattutto: entusiasmo. Sembrate tornati al ‘93 quando facevate le cover dei RATM. In studio siamo stati benissimo, è stato tutto molto veloce, istintivo. Chiaramente rispetto ad allora siamo molto più grandi e coscienti, li eravamo solamente molto incazzati. Suonavamo per non tirare pugni. Che poi è lo stesso motivo per cui ancora oggi la gente viene ai vostri concerti, per non tirare pugni. Ecco vedi quando dico che siamo più coscienti significa anche avere la consapevolezza che, rispetto ai primi tempi, ora non parliamo più ai nostri coetanei. Ormai abbiamo oltre 10 anni di differenza. Lo zoccolo duro va dai 15 ai 26. Questo è sicuramente molto positivo, però rispondi seriamente a questa domanda: perché in Italia si smette di essere arrabbiati dopo i 30 anni? Me lo chiedo anch’io molto spesso, ma non trovo risposta. Tra l’altro non c’è proprio un cazzo da ridere in Italia. Non lo so, non ho idea.
avevate voi quell’età. Per esempio del G8 di Genova. E’ stato molto casuale, e poi “Avevate ragione voi” è l’unico testo che fa esplicito riferimento ad un fatto accaduto oltre 12 anni fa. Però è un po’ come quando ti tieni una roba non detta per tanti anni e poi arriva il momento giusto e ti sfoghi. Quel pezzo è nato in quattro giorni che ho passato con Domenico Mungo in Liguria, in tenda, e lui mi ha riparlato di questo suo libro che io avevo letto e subito, quella sera stessa, l’ho scritta. Tu hai sempre scritto i testi. All’inizio si, per esempio nel primo demo i testi erano tutti miei. Dopo di chè hanno cominciato a scriverli Nitto ed Emi, io giusto qualcosina, nel tempo poi ho scritto pochissimo. Questo disco qua le ho scritte tutte io insieme a Nitto. Quell’immagine un po’ nazi della copertina ha un riferimento preciso? Fondamentalmente fa riferimento a un non-uomo, probabilmente a un uomo in meno. E’ la rappresentazione fondamentalmente di un uomo che non è nessuno, un uomo che basa la sua vita sulla speranza, l’abbiamo pensata in un giorno, sempre guidati da quella frase di Monicelli sulla speranza che è una trappola. Quindi non è un semplice hater quell’uomo in copertina? No, anche perché gli hater li abbiamo sempre avuti. Penso che siamo uno dei gruppi che in Italia ne ha di più, e io forse ho anche capito perché. Vai, dicci perché. Perché la gente in Italia non si dà pace quando una band come noi, riesca un mi-
nimo ad uscire, cioè si odia il fatto stesso che qualcuno che suoni duro e pesante riesca a spaccare un minimo. Perché alla fine non è che noi siamo famosi, non riempiamo mica i palazzetti. Ci sono 3 milioni di band che fanno il nostro genere, tutta gente bravissima. Tipo? Per esempio Il Buio, anche se sono d’accordo con voi che hanno un po’ deluso dal vivo. Poi i Dufresne, e molte altre band che ci hanno fatto da spalla. Anche i Rivolta, che ci hanno aperto la data di Milano. Il pubblico che vi segue è sempre fresco, però ormai siete una realtà old school, lo sentite il peso? Assolutamente, questo un po’ ci turba, anche se posso dirti che sentiamo di aver iniziato a suonare ieri. Non te lo dico così tanto per dire, te lo dico davvero: abbiamo una quantità di idee, e una voglia di mangiarci i palchi ancora genuina come se avessimo 16 anni. Quindi old school sì, da un lato mi fa piacere, dall’altro mi fa paura. E’ per sentirvi un po’ meno “standard” che in questo disco avete tirato in mezzo un minimo di elettronica? Più che altro è segno che noi da adesso in poi esploreremo sempre molto, sempre più seriamente. Stiamo andando verso territori che ci piacciono molto. E’ soprattutto è tornata l’importanza del testo, delle chitarre, dell’incazzatura e finalmente avete messo da parte
Il fatto di fare musica arrabbiata per under 30 vi porta, inconsapevolmente, a parlare degli argomenti di quando
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INTERVISTA AI LINEA 77 MUSICA i ritornelli a tutti i costi. Se negli ultimi 4 anni la prospettiva di essere suonati nelle radio sembrava esserci sempre, adesso invece sembra che siate tornati ad essere quelli che di essere suonati nelle radio se ne sbattono. Questo è vero, ma secondo me è stata una cosa inconscia del fatto di essere sotto una Major. Una cosa nostra, perché ti ripeto loro non ci hanno mai chiesto di fare ritornelli facili. Forse era una predisposizione nostra. In quest’ultimo abbiamo scritto le canzoni in 1 mese e mezzo, quindi non ci siamo dati nemmeno il tempo di pensare se potesse esserci un pezzo per le radio. Forse in questi giorni è più importante Spotify. Si, sicuramente. Ma anche lì, cioè prima c’era Grooveshark, cioè non è Spotify sia chissà quale rivoluzione. Secondo me la cosa più importante in questo momento per farsi conoscere è la condivisione. Chiaramente sul web. E’ proprio qualcosa che parte dal singolo individuo, dalle sue bacheche, e casette. Uno che non ne sa niente e si legge quest’intervista pensa che Emi sia stato invitato ad uscire dai Linea 77 perché magari a lui piaceva di più l’ultimo periodo, quello di “Horror Vacui” e di “10”, quello della Universal. Diciamo il periodo mainstream-oriented. E’ sbagliato, capisco che possa sembrare così. E’ una roba personale, questioni umane che non volevamo fare uscire. Si tratta di divergenze artistiche, perché come hai detto tu Emiliano aveva dei gusti diversi, però non erano mainstream-oriented. Anzi Emiliano probabilmente è tutto il contrario delle cose di successo, è molto sperimentale, fin troppo per quanto ci riguarda. Noi volevamo puntare sul ritmo, sul parlato, basso-batteria, ed elettronica. Molto più di impatto.
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Un disco da garage, istintivo, elettronico e molto rap. Praticamente è quello che nel frattempo hanno fatto anche Rancore & Dj Myke. Adesso che me lo dici mi stai aprendo una porta del cervello che avevo chiusa, e ti dico perché: qualche settimana fa c’era arrivata una mail da parte di Rancore & Dj Myke di aprirci il concerto di Bologna, e allora sono andato a vedermi cosa fanno. Però non ho avuto tantissimo tempo per ascoltarli, non so ancora chi cazzo siano, però ora che me lo dici andrò subito ad ascoltarmeli.
cordi live sono legati ai festival. MI AMI compreso, c’è un atmosfera europea. Si respira un aria positiva, una voglia concreta di condividere, sia la musica che proprio l’esperienza. Sembra una leccata di culo, ma non lo è. Ti dirò di più: il MI AMI in sé per un gruppo come noi è un po’ la fossa dei leoni.
Chiamateli ad aprire i vostri concerti, garantisce Rockit. Mi piace molto l’idea.
Vuoi mandarli affanculo, qui, ora? Ma no, più che altro mi piacerebbe parlarci con questa gente, ma hanno tutti dei nomignoli strani, quindi alla fine parli con un avatar che è un po’ come parlare con una sigaretta.
Cioè è musica da manifestazione, come la vostra. Tipo da corteo per sfanculare qualcuno o qualcosa, anche per le motivazioni piccole eh. Hai presente quando a scuola non funzionano i termosifoni e i ragazzi fanno le manifestazioni? Si, lo sfogo è tornato alla grande dentro i Linea 77. Questo disco lo abbiamo usato come un mezzo per farci sentire lo stomaco più vuoto, e siamo a metà, stiamo pensando ai pezzi nuovi e saranno ancora più pesanti. I prossimi Linea saranno una mazzata vera. Lo vedremo già al prossimo MI AMI, visto che ci tornate. Siamo molto contenti di tornarci, i festival li abbiamo sempre adorati, i nostri ri-
In che senso? Nel senso che il pubblico del MI AMI è parecchio critico, come d’altronde tutti i follower di Rockit, che forse nel web sono i più cagacazzo in assoluto.
MUSICA RECENSIONI E NEWS
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THE VOICE OF ITALY
MUSICA
THE VOICE OF ITALY DOPO L’ESORDIO COME VOCAL COACH NEL NUOVO (NON-)TALENT DI RAI DUE, IERI SERA, IL TARANTOLATO FRONTMAN DEI LITFIBA DICE CHE: “IN QUESTO PROGRAMMA C’È UN DNA RIVOLUZIONARIO”.
N on è per fare i duri e puri, ché essere troppo rigidi è sempre brutto – però vedere Piero Pelù gigioneggiare accanto
a Raffaella Carrà, nel nuovo “nonèuntalent” The Voice, su Rai Due, faceva uno strano effetto. E va bene che all’estero si sono prestati a fare da giudici in American Idol o The Voice UK mostri sacri come Steven Tyler o Tom Jones. Ma di rocker non se ne sono visti altri, in quest’ambito. Poi, certo, su Morgan Castoldi si può discutere. Volendo. Quindi, era il caso di parlarne con il Diablo in persona. Non hai paura di essere attaccato per questioni di credibilità rock&roll? “No, io sono tranquillo su questa mia scelta. So di essere dentro un programma televisivo, questo è ovvio, ma non è un talent: è un programma musicale”. Questo lo hai ripetuto durante tutta la conferenza stampa: “Non è un talent!”. Non per essere maligno, ma sembrava quasi che volessi mettere le mani avanti… “Guarda, intanto si suona dal vivo, e non su basi. E poi è un programma che ha il massimo rispetto dei ragazzi. Io partecipo con spirito estremamente ludico, anche a loro dico che la cosa principale non è vincere ma lasciare un segno. Ragion per cui ho messo in piedi una squadra molto rock, e selezionerò cantanti che per essere rock non saranno urlatori o con chitarre distorte dietro, perché essere rock significa mettersi in discussione”. Ma questa faccenda di scegliere basandosi solo sulla voce? Il rock ha avuto tanto da gente che di voce ne aveva poca, ma sapeva cosa dire.
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“Scegliendo solamente la vocalità andiamo controcorrente, contro la musica preconfezionata, io penso che offriremo qualcosa al panorama musicale italiano. C’è un Dna rivoluzionario in questo programma, perché cancella l’aspetto dell’immagine: farà tabula rasa degli ultimi 30/40 anni di cultura televisiva”. Ma davvero il rock può fare a meno di impatto visivo, scenico? E lo dici tu, che in Italia tieni il palco come pochi? “Quello è un dettaglio, ci sono parecchi cantanti che stimo moltissimo ma avevano un rapporto col palco non esagerato. Mi viene in mente Ian Dury, che ci ha abbandonato qualche anno fa. Ma ce ne sarebbero tanti altri, per esempio i Sound di Adrian Borland, una band strepitosa, di Liverpool, che fu messa in ombra da un gruppo con un cantante carino e accattivante: gli Echo & the Bunnymen. Per me i Sound hanno fatto la storia della new wave, Echo and the Bunnymen no. Tra l’altro, come coach aggiunto ho chiamato in trasmissione Cristiano Godano dei Marlene Kuntz perché ci tengo molto a dare spazio al rock alternativo, e Cristiano non si è fatto problemi nell’accettare, portando la sua esperienza con grande serietà”. Quindi The Voice potrebbe essere positivo per il rock italiano. “Qualcosa bisogna fare, non si può solo criticare. In Francia il governo ha un sistema per far crescere le giovani band, noi qui dobbiamo arrangiarci. Oltretutto è un momento in cui le case discografiche non seguono più la crescita artistica né personale degli artisti. Noi proveremo a creare personalità prima ancora che talenti”.
MUSICA
THE VOICE OF ITALY
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ALICE COOPER MUSICA
ALICE COOPER:
un disco di cover, fra eccessi e sobrietà Una bella chiacchierata con il sopravvissuto del rock. Dalle bevute con gli “Hollywood Vampires” Lennon e Morrison ai nuovi progetti, con i consigli a Bieber
i disse - Il dottore mtimane “Fra due set i, Jim e sarai con Jimltri”. tutti gli a oglio “V E io risposi, e dischi”r stare qui e fa
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Mi d qua ispiac e n q Non ueste ndo pen tanto fare hanno uove so a b una errori. possib and. volt Se sb ilità a, so agl di no fi iano niti.
MUSICA ALICE COOPER
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ALICE COOPER MUSICA A lice Cooper ha sempre inserito canzoni altrui nei suoi concerti, ma
al cantante già omaggiato dalla Rock and Roll Hall of Fame, diversamente da altri artisti, non è mai capitato di incidere un album di sole cover. Una cosa che sta per succedere, però: e grazie all’ispirazione della sua leggendaria comitiva di compagni di bevute, gli Hollywood Vampires, un gruppo che comprendeva John Lennon, Keith Moon, Harry Nilsson e tanti altri. Sono trent’anni che Cooper non beve più. Quando ripensa a quegli anni, all’inizio della sua carriera, dice: “È stato una vita fa”. Ma è una vita che ricorda bene, fra una riflessione sui tentativi di salvare Jim Morrison, la sana rivalità con gente come Iggy Pop, Lou Reed e David Bowie e le sue opinioni su giovanissimi come Justin Bieber. All’evento di beneficenza sponsorizzato da John Varvatos ti ho visto che parlavi con Joe Perry degli Aerosmith. Siete vecchi amici, no? Abbiamo scritto delle cose insieme per un film, erano gli anni ’80. Lavoravamo in una casa che era del produttore, Shep Gordon, e che aveva una reputazione di essere abitata da fantasmi. Alla fine non è come nei film, che senti dei rumori che arrivano dalla cantina e vai a vedere cos’è: siamo scappati. Sentivamo roba come di qualcuno che muove i mobili. E Shep ci fa “Ah, sì, qui è dove è stato scritto Amityville Horror. E io: “Beh, grazie, potevi dirmelo prima”. So che farai dei concerti con Marilyn Manson. Avevate mai suonato insieme prima? No. A dire il vero, la prima volta che l’ho incontrato eravamo in Transilvania. Una cosa stranissima. Ci eravamo mandati dei messaggi via intervista, l’uno con l’altro, per poi scoprire che avremmo suonato allo stesso festival in Romania, forse a tre o quattro chilometri dal castello di Dracula. Era
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un grande evento all’aperto. L’ho visto la sera che passava davanti al mio camerino, e l’ho chiamato. Così finalmente ci siamo incontrati di persona, e abbiamo parlato del fatto di essere sposati. Io sono sposato da 37 anni. E subito dopo il tour comincerai questo album di cover… Nel concerto abbiamo un segmento che è un tributo agli Hollywood Vampires, i miei vecchi compagni di bevute. C’erano Keith Moon, John Lennon, Harry Nilsson, Micky Dolenz – un gruppo molto eclettico di ubriaconi. Metà di loro non ci sono più, così faccio quattro canzoni dedicate a loro. Suoniamo Break On Through, Revolution, My Generation e Foxy Lady di Jimi Hendrix. Mi sono detto “Non l’abbiamo mai fatto un disco di cover, pensiamoci”. E io e il produttore Bob Ezrin lo stiamo immaginando adesso. Che canzoni vorresti metterci? Vorrei rimanere nel periodo compreso tra 1973 e 1974. Non voglio andare da nessuna parte ma rimanere in quel periodo di ubriachezza molesta, un periodo molto specifico. Vorrei anche inserire Break On Through, che è un gran pezzo rock. Gli altri, se ci pensi… Harry Nilson, ci sono un sacco di cose sue che potrebbero essere “rockizzate”. Mi piace pensare alle canzoni come a dell’argilla. Prendi una canzone come Jump Into the Fire e portala a un livello di “durezza” superiore: funzionerà.
Quando vuoi far uscire il disco? Penso l’anno prossimo. Finisco il tour a dicembre, e poi andrò direttamente in studio. Riesci a ripensare a quel periodo con una prospettiva diversa? Era un’altra vita, onestamente. Una vita diversa. Io e Bernie Taupin eravamo amici strettissimi, e anche lui era un vampiro. Era l’ultimo a cadere, per così dire, un eccellente ubriacone inglese. Anche oggi ogni tanto ci sediamo e ne parliamo. Sono stato sobrio da trent’anni in qua e mi dico, era proprio un’altra vita. Ma eravamo tutti artisti, e ubriacarsi sembrava cool. Fra di noi avevamo anche quella forma di competizione oltre a quella artistica. Ero interessato ai dischi nuovi che uscivano di quelli che frequentavo, come Bowie, o Iggy o Lou Reed… Per me era quasi come far parte di un movimento teatrale, non mi sentivo in competizione con loro. Un paio di anni fa parlavo con Nick Cave, e diceva che la gente deve poter fare errori. Mi dispiace tanto quando penso a queste nuove band. Non hanno possibilità di fare errori. Se sbagliano una volta, sono finiti. Noi dobbiamo fare errori, invece. Dobbiamo avere il diritto di fare dei flop insieme a degli album che vanno subito al numero uno.
MUSICA ALICE COOPER E bisogna avere il diritto di fare cazzate in pubblico, anche se ora c’è tanta di quella pressione dai media… Pensa a Justin Bieber – quella settimana di casini a Londra era più che prevedibile. Hai visto che è successo a Phoenix? Sale in scena, volta le spalle al pubblico e vomita. L’ho detto a un giornalista, “Justin, un consiglio sulla vita rock and roll da professionista: mai voltare le spalle al pubblico se vomiti. Fatti vedere mentre succede… Perché è un momento che ricorderanno”. Fai accendere le luci in sala, magari. Se riesce a superare questa cosa sarà un artista maturo più o meno in una decina d’anni: i suoi show sono buoni, ma deve sopravvivere ai prossimi dieci anni. Tutti questi eccessi gli presenteranno il conto più prima che poi. Sono errori che devi fare. Tu per esempio sei sopravvissuto ai tuoi errori. Ma con tante storie famose di gente che non ce la fa, che cosa pensi quando succede una cosa tipo quella di Amy Winehouse? O Jim Morrison – nessuno riuscì a convincerlo che non c’era bisogno di morire… Io ero un ubriacone, ma ero un peso leggero rispetto a lui, e nessuno riuscì a fargli cambiare idea sulla sua autodistruttività. Era quella la sua direzione, e basta. Con Amy è stato lo stesso. Non la si poteva convincere, non credo proprio. I veri artisti si prendono sempre di questi rischi, e sono loro che alla fine rischiano di morire. Tu come sei sopravvissuto? Una mattina mi sono svegliato vomitando sangue, e ho capito che era un segno, che Dio mi stava dicendo “Per te basta così. Se vuoi continuare a fare rock and roll prego, ma devi trovare un altro modo”. Perché stavo morendo. Il dottore mi disse “Fra due settimane sarai con Jimi, Jim e tutti gli altri”. E io risposi, “Voglio stare qui e fare dischi”. Mi sono dovuto fermare. Lo stesso è successo a Iggy, a Lou, a Steven Tyler o Joe. Sono qui perché davanti a quell’incrocio hanno fatto la scelta giusta. Altrimenti sarebbero morti. Saremmo tutti morti.
Ma come dici tu, alcuni non sono stati in grado di fermarsi. Penso che a quell’epoca i Jim Morrison o le Janis Joplin non volessero nemmeno arrivare a vedere il proprio trentesimo compleanno. Ventisette anni: era la loro data di scadenza. Quel numero 27 ricorre un sacco di volte. Penso che si siano detti “27 è troppo vicino a 30: voglio bruciare e basta”. Sai che c’è? L’eroina e il rock and roll: sono due cose che messe insieme non funzionano. Se ci aggiungi un po’ di schizofrenia, o di disturbo bipolare, è così che ottieni Syd Barrett e Brian Wilson. Due geni. Brian continua a comporre, lo adoro, lo considero un genio. Ma chissà che avrebbe potuto fare ora? Cose fantastiche, se solo alla schizofrenia e al disturbo bipolare non avesse aggiunto gli acidi o lo speed. Fu come aggiungere combustibile a un fuoco. Perché i musicisti di oggi ancora si drogano? Penso sia una specie di provocazione. “Ok, mi ucciderà, ma lo faccio lo stesso”. Lo dico sempre a questi ragazzi: non riesco a pensare a una singola persona che abbia preso un sacco di droghe e poi a valle di questo abbia potuto dire “Lo sai? È stata davvero un’ottima idea”. Se sono ancora vivi al massimo dicono: “Ok, ho scritto delle ottime cose quando ero strafatto, ma meno male che sono riuscito a venirne fuori”. Di Steve Baltin
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RECENSIONI E NEWS
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MUSICA
MUSICA RECENSIONI E NEWS
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LA MAGIA DI SOUND CITY MUSICA
“IO E LA MAGIA DI SOUND CITY”
LUNGA CHIACCHIERATA CON IL ROCKER SUL SUO PROGETTO MUSICALCINEMATOGRAFICO: “LA COSA PIÙ IMPORTANTE CHE HO FATTO. PERCHÉ NON È PER ME
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MUSICA LA MAGIA DI SOUND CITY D opo aver presentato in anteprima a Sundance il suo debutto da regista Sound
City – Real To Reel e il suo supergruppo, i Sound City Players, Dave Grohl è finalmente pronto a festeggiare. “Sundance è sempre stato il nostro obiettivo,” racconta a Rolling Stone. “Riuscendo a far quadrare la scadenza, fra sottoporre il film per approvazione, aspettare l’accettazione e così via, era lì che avremmo voluto essere. L’anno scorso ci siamo devastati in una baita su in montagna, e ne parlavamo coi ragazzi: se mai tornassimo da queste parti, la festa deve essere qui. Era un anno fa esatto, e che cazzo – è andata davvero così”. Il prossimo show dei Sound City Players è previsto a Los Angeles il 31 gennaio, con altri concerti “da confermare in altri posti fighi”, dice Grohl. “I musicisti coinvolti hanno davvero abbracciato il progetto dopo il primo live. Non sapevo se Stevie Nicks sarebbe stata disponibile per una data a New York, ma appena siamo scesi dal palco mi ha fatto “Ok, ci sarò a New York”. Grohl continua a tenere le dita incrociate su una possibile comparsata di Paul McCartney. Rolling Stone ha incontrato Grohl in un appartamento sulle montagne che guardano Park City e ha chiacchierato col batterista e regista esordiente a proposito del mixer Neve che è così centrale per il film, sul palco condiviso con il leggendario Lee Ving e sul motivo per il quale Grohl è convinto che il documentario sia la cosa più importante che abbia mai fatto. La mia teoria è che Sound City in realtà sia la tua autobiografia. Ah sì? Beh, gira tutto intorno a questi tre ragazzi che da Seattle si infilano in un furgoncino… La cosa fantastica della storia di Sound City è che non è una sola storia. Sono sicuro che ognuno dei musicisti che ho cercato la racconterebbe esattamente nello stesso modo. Il loro amore per quello studio, quanto sia stato importante per loro come persone, come quel posto abbia cambiato le loro vite, il modo con il quale la tecnologia ha cambiato il modo in cui facciamo musica, quello che la tecnologia ha fatto a Sound City e l’importanza dell’elemento umano quando fai musica.
Scommetto che Neil Young e Tom Petty e Rick Springfield potrebbero fare lo stesso film che ho fatto io. Perché all’inizio, quando dico “Eravamo solo dei ragazzi, avevamo delle canzoni, e avevamo dei sogni e li abbiamo buttati nel retro di un furgone”, ognuno degli altri potrebbe dire lo stesso. Ho sempre avuto un fortissimo legame con quello studio perché non era previsto che i Nirvana diventassero la band più famosa al mondo. Davvero, no. Così, nei sedici giorni che trascorremmo lì, il lavoro sull’album non aveva l’intenzione di cambiare il cazzo di mondo. Volevamo semplicemente che suonasse bene. Il fatto che poi sia davvero successo mi fa pensare che ci sono più che cavi e comandi in quel posto. Personalmente, sento una connessione emotiva forte con Sound City. Musicalmente ha qualcosa di magico. Quando ho sentito che lo stavano chiudendo ho pensato “Io uno studio mio ce l’ho, e ci faccio dischi ogni giorno. Se potessi “re-incontrare” un pezzo di attrezzatura che considero il miglior mixer sul quale abbia mai lavorato, il mixer che è responsabile per il tipo di persona che sono, per me sarebbe una cazzo di reunion emotiva. Ed è per questo che ho fatto il film. E con questo hai isolato il fatto che per te è il Neve, il mixer, quello che ci ha messo la magia. Ma pensi che ci siano altri elementi che hanno contribuito a rendere Sound City così significativo? La stanza in cui registravano tutti: era un magazzino. Ci costruivano gli amplificatori della Vox. Non era mai stata progettata dal punto di vista acustico. Era solo una stanza. Ma chissà per quale motivo, appena mettevi la batteria in un certo punto, i suoni erano incredibili. Io non sono un ingegnere acustico, e non potrei mai progettare matematicamente uno studio, perché le cose che fanno queste persone per costruire delle stanze acusticamente perfette sono folli. Ma Sound City… è successo e basta. E con quel mixer e quella stanzona… quelle due cose messe insieme… Per quello la gente ci andava. E non c’era niente di progettato.
un laboratorio, ma provavi le stesse cose di quando eri all’inizio della carriera di musicista e suonavi in un garage, e questo ti faceva ricordare che la cosa più importante è sempre la qualità del suono, e come ti fa sentire. Niente brillantini, niente giochetti: eri una specie di eroe che stava facendo qualcosa di vero. E c’è da dire: nessuno ha mai allestito una postazione di Pro Tools lì perché hanno sempre pensato: beh, se ce l’hai portatela. Come siete finiti lì? Come arrivò la scelta di Sound City? Non ricordo di preciso. Penso che una volta firmato con la David Geffen Company ci diedero come Nirvana forse 100.000 dollari per fare il disco, o 60.000 dollari. E invece di mandarci un assegno su a Seattle, ci fecero scendere a Los Angeles, anche per controllarci. Non potevamo permetterci di andare in uno di quei posti fighetti che c’erano in centro, e scoprimmo di quest’altro posto, che aveva un mixer Neve. Nessuno di noi c’era mai stato prima. E poi come sei arrivato alla decisione di coinvolgere tutti gli altri musicisti? Una parte di ogni conversazione con i musicisti che hanno fatto parte del progetto riguardava l’importanza dell’elemento umano quando fai musica. Le sensazioni, le imperfezioni, l’emozione, la conversazione interiore con te stesso in quanto musicista, la conversazione con gli altri musicisti, l’abilità tecnica… Tutte queste cose sono finite nel film, ma ho pensato che sarebbe stato più chiaro se le avessimo “dimostrate”. Vogliamo parlare di spontaneità, di una connessio-
In che misura l’estetica di quello spazio ha influenzato il suono che ne usciva? Oh, a pacchi. Non ti sentivi come al Mondrian Hotel e non ti sentivi come in
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LA MAGIA DI SOUND CITY MUSICA ne che avviene in un momento? Allora la parte con McCartney e i Nirvana è perfetta. Non dovrei nemmeno essere io a dirlo, ma mentre lo guardi pensi, Wow, semplicemente sono entrati in una stanza tutti insieme e dal nulla hanno tirato fuori qualcosa solo grazie all’energia che c’era in quella stanza. Forse ci vorrebbero anni per spiegare come succede o perché, ma quando li guardi, quei sette minuti hanno un senso perfetto. E pubblicare un album era la naturale progressione di tutto questo? Volevo mostrare che questi musicisti, tutti loro, vengono dallo stesso posto. Volevo mescolare insieme combinazioni di persone che normalmente non farebbero mai un album insieme. Un tipo che suonava nei Germs finisce a improvvisare con uno dei Beatles. Rick Springfield con un Foo Fighters. Quelle “configurazioni” hanno l’obiettivo di mostrare che siamo solo persone, siamo solo musicisti. Io ho cominciato in un garage e anche tu, e mentre tu hai preso una certa direzione io ne ho presa un’altra, ma se scavi siamo ancora lì dove abbiamo cominciato… almeno spero. Fare della nuova musica e non limitarsi a guardarsi indietro e a suonare cose vecchie è stato divertente. Il progetto Sound City Players nasce come conseguenza di questo discorso? È un’estensione della stessa idea. Prima hai parlato della musica e poi spieghi al pubblico cosa significa. La porti fuori dal film e la piazzi su un palco. Quando non suono sono la persona meno organizzata al mondo, a stento riesco a fare una lavatrice, ma non so per quale ragione riesco a immaginare delle cose, e se le immagino poi davvero faccio di tutto per farle succedere davvero. Un’ora prima di cominciare tutto questo non sapevo se sarei riuscito a farcela. Per me crederci è difficile, ma nel momento in cui la vita ti dà delle opportunità, perché non provarci? Ci sono momenti nei quali sono così nervoso prima di uscire su un palco che quasi rischio di rovinare tutto, e finalmente ho capito che a quel punto devi lasciar stare
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“SMETTI DI PARLARE DI ME!” tutte le stronzate e dire a te stesso “Non posso rovinare questo momento con la paura, o con il nervosismo, o con l’insicurezza, o pensando che non sarò in grado di farcela. Avrò molta più soddisfazione se lo faccio e basta”. Allo stesso modo, avevo il terrore di disturbare Tom Petty andandogli a chiedere di essere nel film, ma mi sarei sentito un idiota a non farlo e quando alla fine mi sono deciso, mi ha fatto “Beh, non puoi mica fare un film su Sound City senza me dentro, no?”. Ed era, come posso dire, la risposta perfetta. C’è stato un momento più surreale di altri al vostro concerto a Park City? Avere i miei eroi che facevano i complimenti *a me*. Io magari lo faccio di continuo, li lodo perché sono persone che amo, ma il fatto di ricevere questi apprezzamenti in senso opposto è strano, sai? Quando John Fogerty ha detto “Beh, questa cosa non sarebbe mai potuta accadere senza l’entusiasmo quasi infantile di Dave per la musica” io stavo lì a dire “Smetti di parlare di me! Smetti di parlare di me!”. Essere sul palco con Lee Ving dei Fear… lo giuro su Dio… The Decline of Western Civilization, il film diretto da Penelope Spheeris, penso di aver comprato il loro disco a 12 anni e davvero mi ha spinto a diventare un musicista e a mettere su una band e a suonare punk rock. E allora, stare sullo stesso palco con Lee Ving a suonare Beef Bologna… Magari non sembra un’esperienza che ti cambia la vita, ma in realtà lo è stata davvero. Trent’anni fa ho scoperto questo tipo, e ora sono su un palco e suono le stesse canzoni che mi hanno fatto diventare un musicista. Che cazzo, è da pazzi.
Alla prima hai detto che pensi che sia la cosa più importante che tu abbia mai fatto fino a ora. Quando fai un disco cerchi di fare il miglior album che puoi, così che rappresenti al meglio la persona che sei o la band della quale fai parte. Sound City è diverso. Ha più a che fare con i ragazzini che lo vedranno e magari saranno ispirati ad andare da un robivecchi per cercare una chitarra e mettere su una band che all’inizio suonerà in un garage ma poi conquisterà il mondo intero. Perché è una cosa che può continuare a succedere. Succede di continuo. Per me è la cosa più importante che ho fatto perché non è per me. La storia, l’idea… che sembri una cosa autobiografica posso capirlo. Ma stringi stringi, sto cercando di far capire alle persone cosa significhi essere un musicista e spero che la gente se ne appropri e lo faccia suo. Spero che ci sia da qualche parte un ragazzino in un garage e che da qui a vent’anni mia figlia venga da me con un disco in mano a dirmi “Papà, questo potrebbe piacerti” e sarà di una nuova band, e sarà la più grande band al mondo.
MUSICA RECENSIONI E NEWS
La prima cosa che colpisce ascoltando la ristampa di All Fall Down è che non si tratta di una serie di canzoni, come avveniva nei primi due dischi, ma di un vero e proprio album. Un disco senza un brano particolarmente acchiapposo capace, però, di prendere poco per volta, ascolto dopo ascolto. Un ellepi triste, Monument, malinconico, We Could Go Far, discontinuo, ipnotico, Glass and Smoke, con accenni di pop elettronico, Calling The New Tune, struggente e contraddittorio, perfetta rappresentazione del gruppo che alla terza prova faceva i conti con la realtà di un successo ristretto e di una musica che si muoveva tra ritmi punk, Red Paint e testi decadenti, con quella punta di psichedelia che non guastava. E così la diffidenza dei produttori e il malcelato rancore dei membri del gruppo decisi a non far alcuna concessione alle pressioni che pretendevano da loro una musica più radiofonica e accessibile portarono alla fine di questa esperienza. Il miglior epitaffio? Quello cantato in We Could Go Far da Borland: We could fall/We could go far.
Da colonna sonora per l’installazione dal titolo omonimo Innocence is Kinky – progetto che è diventato anche un libro – a disco vero e proprio. Suadente e ammaliante, il lavoro, prodotto da John Parish (PJ Harvey, Giant Sand, Tracy Chapman, Eels e Sparklehorse) rimanda ai numi tutelari dell’artista norvegese e cioè Patti Smith, Michael Gira, Nick Cave, Kate Bush e Blixa Bargeld, omaggiato anche nel titolo che parafrasa Silence Is Sexy degli Einstürzende Neubauten. I rimandi, però, non si esauriscono in quella manciata di nomi, perché ascoltando Innocence… affiorano anche altre eco. Passando, infatti, da The Death of the Author a Give Me That Sound, e da I Called a Mephisto In the Water a The Seer si trovano spunti che rimandano ai progetti ideati da Ivo/4Ad, al garage rock e al power electronic, ma anche riferimenti torch song, musica concettuale e ambient. Non male considerato che tutto è condensato in 11 brani per un totale di circa una quarantina di minuti. Un lavoro aggressivo e delicato, da ascolto, attento. Molto attento
Consigliato se amate The Weel Tuned Piano di La Monte Young o Strumming Music di Charlemagne Palestine, le follie di Pascal Comelade e quelle di Erick Satie. O se, in letteratura, andate pazzi per lo stream of consciousness e autori quali James Joyce, Thomas Pynchon o Bret Easton Ellis. Minimalista, l’ucraino Lubomyr Melnyk, definito the fastest piano player in the world per l’impressionante numero di note suonate in un’ora e cioè 93.650 se può interessare, è considerato un maestro della “continous piano music”. Oltre a essere un musicista più interessato a come – più che al perché – suonare il suo strumento. Un ricercatore attivo fin dagli anni Settanta e rimasto alquanto nell’ombra o appannaggio di pochi intrippati del genere. Ipnotico, straniante, mai eccessivo, Corollaries, ti porta in un altro universo, nell’universo magmatico e caotico di Melnyk, per un viaggio a ritmi futuristi. Destabilizzante, come The Six Day Moment e Nightrail From the Sun, giusto per citare due brani, capace di far apparir Philip Glass e Steve Reich come due allievi del conservatorio alla prime armi.
Di Fabio Schiavo
Di Fabio Schiavo
Di Fabio Schiavo
NEWS E CURIOSI-
OHIBÒ! I GREEN DAY A SORPRESA A MILANO!
Doveva essere una serata di assoluta routine all’Arci Ohibò di Milano: in scena erano previsti i “nostri” Crooks e poi i Prima Donna, la band di Hollywood, anche ospite delle nostre pagine all’epoca di Rock ‘N’ Roll Radio. Semmai c’era un po’ di nervosismo nell’aria: ieri è stata una giornata complicata per il capoluogo lombardo, che ha vissuto lo sgombero del Centro Sociale Zam seguito poi dalle cariche della polizia davanti a Palazzo Marino contro chi protestava per l’azione della mattina. Nervosismo che si è presto trasformato in eccitazione ed entusiasmo quando sul palco con la band di Kevin Preston, amico di lungo corso di Billie Joe Armstrong e nel side project Foxboro Hot Tubs, sono saliti proprio i Green Day. Proprio secondo Kevin “Sono venuti al concerto e hanno deciso di suonare qualche canzone”. In tutto, si è trattato di tre quarti d’ora abbondanti di… prove gratis! Tré Cool, con addosso una t-shirt dei Cramps, ha assistito dalla prima fila a tutto il concerto dei Crooks. Un sobrissimo Billie Joe ha rovesciato per errore la birra di una ragazza: senza scomporsi, e senza avvicinarsi alla bottiglia, gliene ha fatta comprare un’altra dalla propria bodyguard. i tre Green Day hanno posato volentieri con tutti quelli che chiedevano una foto.
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MUSICA
MUSICA RECENSIONI E NEWS
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RIVOLUZIONE GOPRO CULTURA
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CULTURA RIVOLUZIONE GOPRO
GO PRO: LA RIVOLUZIONE IN UNA TASCA
VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL NUOVO GIOIELLINO PER LE RIPRESE IN AZIONE. DIMENSIONI MINIME E POTENZA MASSIMA
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RIVOLUZIONE GOPRO CULTURA TRE MILIONI DI ESEMPLARI VENDUTI NEGLI ULTIMI TRE ANNI, 500MILA VIDEO CARICATI SU YOUTUBE ED IL SIGILLO DEL SALTO DI FELIX BAUMGARTNER.
Isuol successo di Felix Baumgartner e del salto dalla stratosfera è stato anche
quello della GoPro montata sul casco del paracadustista supersonico. Gli oltre 4 minuti di caduta libera seguiti in diretta da oltre 8 milioni di persone rappresentano il riconoscimento definitivo per la piccola telecamera ad alta risoluzione lanciata dieci anni fa da Nick Woodman. L’era che sancisce la crisi ed il tramonto di pezzi importanti della storia della fotografia e dei sistemi di registrazione video, schiacciati dalla presenza sul mercato di smartophone sempre più equipaggiati da questo punto di vista, segna l’exploit della GoPro. Bits, il blog di tecnologia del New York Times, la descrive come appendice naturale della seconda rivoluzione della fotografia di tipo narcisistico che ha segnato il secolo scorso. Dopo l’invenzione dell’autoscatto, introdotto dalla Kodak nel corso della prima guerra mondiale, è arrivata quella degli smartphone e delle fotocamere che permettono di scattarsi foto e condividerle in rete. Lo smartphone va tenuto in mano però, mentre la GoPro fa tutto da sola. Al di là della qualità dell’immagine ad alta risoluzione, è questo il segreto che ha permesso all’azienda di vendere 3 milioni di esemplari negli ultimi 3 anni e di diventare il produttore della videocamera più popolare negli Stati Uniti. GoPro è nata per il surf. Il suo inventore, il 37enne Nick Woodman, cercava un sistema per riprendere le evoluzioni di un amico durante un viaggio in Indonesia. Quando decise di voltare la piccola telecamera e puntarla verso di sè, Woodman ebbe un’illuminazione e capi all’istante il potenziale della sua intuizione. “Al posto giusto nel momento giusto” commenta oggi il surfista con la passione del video. A Bits spiega che tutto questo succedeva mentre Google comprava YouTube e
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CULTURA L’ARTE DEL LEGO mentre Twitter e Facebook riscuotevano il successo mondiale. “Capimmo che quello che serviva non era una videocamera indossabile ad uso dei fotografi, ma piuttosto un sistema che permettesse a chiunque di riprendersi in maniera autonoma“. Insieme al corpo della videocamera, Woodman e i suoi soci cominciarono a produrre sostegni capaci di agganciare la GoPro a qualsiasi cosa possa venire in mente. Tavole da surf, caschi, biciclette, automobili e chi più ne ha più ne metta. Il patron della società è convinto che alla base del successo ci sia un particolare tipo di rapporto che si è venuto ad instaurare con la piccola telecamera HD. “Una delle cose magiche che abbiamo verificato è che i nostri clienti si sentono in dovere di dar credito al nostro lavoro presentando il materiale che girano con la GoPro”. Nick Woodman spiega che difficilmente su YouTube si trova qualcuno che cita un prodotto della concorrenza per presentare i filmati realizzati sulle piste da sci o sulla tavola da surf. Per rendersene conto basta dare un’occhiata, sulla piattaforma di condivisione video si ottengono circa 500mila risultati digitando GoPro, tutti taggati come se la videocamera fosse un fedele compagno di avventure. La settimana scorsa l’azienda ha lanciato il nuovo modello Hero3, che nella versione professionale offre la possibilità di girare immagini a 4K di risoluzione. Gizmodo si interroga sull’utilità di un sistema che per essere sfruttato al meglio necessita di uno schermo a risoluzione 3840 x 2160, o della tv da 25mila dollari che Sony sta lanciando in questi giorni. Se la Black version è dedicata più o meno apertamente al cinema, si può stare certi che le altre due versioni più economiche incontreranno il favore del pubblico.
L’ARTE DEL LEGO CHI L’HA DETTO CHE I MATTONCINI SONO SOLO GIOCATTOLI?
Per l’installazione realizzata in una galleria tedesca l’artista turco Sakir Gökçebag ha utilizzato centinia di rotoli di carta igienica. Il progetto si chiama Trans-Layers e prende ispirazione dagli oggetti che accompagnano la nostra vita quotidiana. Nei suoi lavori Gökçebag si serve di ombrelli rotti, attaccapanni, vecchie scope ed altri utensili per mettere in evidenza la bellezza di tutti i giorni
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LA MORTE DI BANSKY CULTURA
“LA MORTE DI BANSKY”
CHI RACCOGLIERÀ L’EREDITÀ DELLO STREET ARTIST SENZA VOLTO?
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CULTURA LA MORTE DI BANSKY Idecorare l misterioso street-artist che è riuscito a i muri di città sparse ai quattro
angoli del globo e contemporaneamente a mantenere il più completo anonimato sulla propria identità, può morire? Certo altri grandi artisti prima di lui sono passati a miglior vita: pensate ad esempio a Keith Haring o a Jean-Michel Basquiat. Tra loro e Banksy però c’è una piccola differenza: il graffitaro di Bristol è “l’uomo senza volto”. Cosa succederà al brand Banksy dopo la sua morte? Fiinirà sepolto e dimenticato o continuerà a vivere nelle espressioni artiche di altri street artist? Dopotutto se in vita la sua identità si è sempre circondata di un alone di mistero, perché doveremmo venire informati della sua morte? E chi ci dice che prima o poi, qualcun’altro non finisca per assumere la sua identità?
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LA STANZA DEI GRAFFITI CULTURA LA STANZA DEI GRAFFITI L’HOTEL AU VIEUX PANIER HA AFFIDATO UNA DELLE SUE STANZE ALLA CREATIVITÀ DELLO STREET ARTIST TILT
Lo street artist Tilt ha aggiunto un tocco di originalità ad una delle stanze dell’hotel Au Vieux Panier di Marsiglia. I proprietari dell’albergo hanno scelto di affidare cinque camere ad altrettanti artisti, lasciandoli liberi di esprimere la loro creatività. Una notte in doppia costa 135 euro. Per dormire all’interno di un’opera d’arte, tutto sommato non è un prezzo esorbitante.
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CULTURA TROVAMI SE CI RIESCI TROVAMI, SE CI RIESCI DESIREE PALMEN È UN ARTISTA OLANDESE CHE AMA NASCONDERSI NELLA SUA ARTE. LETTERALMENTE. Si chiama Desiree Palmen, viene dai Paesi Bassi, e di lei si può dir tutto tranne che le piace farsi notare: Desiree infatti scatta foto che la ritraggono mentre si mimetizza alla perfezione con l’ambiente che la circonda: ogni scatto richiede un costume ad hoc, che l’artista si confeziona su misura di volta in volta.
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STAR TREK E IL POP CULTURA
COME STAR TREK HA CAMBIATO LA CULTURA POP IN OCCASIONE DEL 25ESIMO ANNIVERSARIO DELLA PRIMA PUNTATA DI STAR TREK: THE NEXT GENERATION, IL TIME CI SPIEGA IN CHE MODO LA SERIE CULT HA CAMBIATO PER SEMPRE LA POP CULTURE (ALMENO PER QUANTO RIGUARDA LA TV)
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CULTURA STAR TREK E IL POP V enerdì 28 settembre è la data che segna il 25esimo anniversario di Star Trek: The Next Generation, la celebre
serie tv ambientata nell’universo fantascientifico di Star Trek immaginato da Gene Roddenberry nel 1964 e trasmessa negli Stati Uniti dal 1987 fino al 1994. The Next Generation è stata la prima serie a continuare quella originale (andata in onda negli Usa dal 1966 al 1969) e ha dato il via a molteplici riadattazioni sia televisive che cinematografiche. In occasione dell’anniversario il Time celebra la serie con un articolo nel quale spiega che The Next Generation ha contribuito a cambiare per sempre la cultura popolare (o almeno quella parte di pop culture che ha a che vedere con la televisione) in due modi: introducendo la pratica oggi largamente diffusa di riciclare le serie televisive e di vendere i diritti per nuove produzioni ispirate a vecchie idee e sdoganado il concetto di nerd. Quelle che secondo il Time rappresentano due elementi gravidi di conseguenze, derivano da precise scelte legate al business. Il passaggio dal grande al piccolo schermo dovette sembrare un’opzione naturale – oltre che allettante – alla Paramount, dopo che nel 1986 Star Trek IV: The Voyage Home era stato il quinto film più visto negli Stati Uniti. Non si trattava nemmeno di una novità, bsti pensare al caso de Il pianeta delle scimmie. Ma quello a cui pensarono i produttori della Paramount era una cosa innovativa. Invece di limitarsi a trasferire gli stessi personaggi e l’universo intero della produzione cinematografica sul set televisivo, arruolando attori dal cachet ridotto, cercare piuttosto un modo di far convivere la serie tv con le versioni cinematografiche mantenendo. In breve, un prodotto capace di avere una sua identità precisa e di non fare ombra ai film di Star Trek.
Il risultato fu una serie che si inseriva nel solco di Star Trek presentando però molti elementi di novità. Anche se a prima vista le differenze possono apparire minime, il Time spiega ad esempio che The Next Generation concede meno spazio all’azione e privilegia la riflessione. Questo, insieme ad altri elementi, ha fatto sì che la serie tv non abbia fatto ombra alle produzioni cinematografiche ispirate alla saga di Star Trek, tutte ben piazzate nella classifica degli incassi al botteghino. Oggi siamo abituati alla ripresa di prodotti per la tv già andati in onda, spin-off e nuove versioni sono all’ordine del giorno. Ma nel 1987 si trattava di una novità assoluta, quando si optava per il passaggio da un media ad un altro si cercava piuttosto di replicare esattamente la formula che aveva garantito il successo. Oltre ad essersi garantiti il successo commerciale, i produttori della Paramount sono riusciti a trasformare una storia in un prodotto commerciale, scovando la formula che permette a differenti serie che trattano gli stessi argomenti di andare in onda simultaneamente. Oltre a questo, l’articolo del Time concede a The Next Generation un altro primato, quello di aver sdoganato la cultura nerd. Oggi i looser e gli “sfigati” in generale fanno parte integrante della pop culture, ma così non era nel corso degli anni Ottanta. A farla da padrone erano prodotti televisivi orientati piuttosto all’azione e telenovelas dedicate al pubblico femminile come Dallas e Dynasty. Per il Time TNG in questo senso ha dato la stura a X-Files, Buffy, Lost e chi più ne ha più ne metta.
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ITALIANI,TROPPO CASINO CULTURA
L’ITALIA FA TROPPO “CASINO” L’UE METTE IN MORA IL NOSTRO PAESE PERCHÉ NON RISPETTA LE NORME COMUNITARIE IN MATERIA. INTANTO, DAGLI AEROPORTI ALLE FERROVIE, PASSANDO PER LE CAMPAGNE ONLINE E OFFLINE, IL VALORE DEL SILENZIO È RISCOPERTA SOCIALE E CULTURALE
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CULTURA ITALIANI,TROPPO CASINO Itraffico l rumore metropolitano, certo. Il su tutto. Poi i cantieri edili e
ogni altra fonte, dai condizionatori dei locali alle campane del duomo passando per le sirene della polizia. E il fracasso prodotto dai cittadini. Dall’altra parte, l’insopportabile musica d’ambiente, anche nota come piped music, muzak o acoustic wallpaper: insomma, il continuo sottofondo che ci perseguita ovunque. Dal supermercato alla sala d’attesa del dentista fino al centro commerciale. In Italia siamo messi male. Non solo per comune sentire ma anche perché ce lo ha appena confermato l’Europa, mettendoci in mora: non rispettiamo le norme comunitarie sull’inquinamento acustico. “ Ora il nostro Governo ha due mesi di tempo per presentare le sue precisazioni e controdeduzioni – ha detto a un incontro recente a Firenze Lorenzo Lombardi, responsabile per l’acustica del ministero dell’Ambiente – se non saranno ritenute sufficienti scatteranno da parte dell’Unione Europea le procedure d’infrazione che prevedono una multa salatissima”. Per metterci in regola servirebbero non meno di 10 miliardi di euro in 15 anni solo per infrastrutture come ferrovie e strade, senza inserire nel conto le città. Intanto, però, il tema del caos acustico è sempre più al centro dell’attenzione non solo delle istituzioni ma soprattutto dell’opinione pubblica: lo testimoniano le diverse iniziative pensate per combattere ogni tipo di fonte molesta, da quelle collettive alle musiche forzose. Niente annunci all’aeroporto di Copenaghen Non solo rumori molesti ma anche voce umana e musica di sottofondo ci mettono del loro. Tanto che in mezzo mondo si stanno moltiplicando iniziative per cercare di tornare, almeno in parte, a contesti più silenziosi e rilassati. Insomma, oltre alle aree fumatori stanno saltando fuori anche le aree silenziose. Uno dei primi luoghi tipicamente affollati e chiassosi a muoversi è stato l’aeroporto di Copenaghen. Già nel 2008 ha aperto una Silent Lounge a disposizione dei passeggeri in transito. Da poco, invece, è arrivata addirittura l’abolizione degli annunci acustici: le informazioni sui voli sono trasmesse in tempo reale sui multidisplay.
Ferrovie, vagoni e stazioni silenziose Molte le aziende ferroviarie che mettono al bando, almeno in alcuni vagoni dedicati, squilli e suonerie dei sempre più invasivi smartphone oltre musica ad alto volume, inclusa quella sparata in cuffia. In Italia si può, in prima classe, nelle aree silenzio di Trenitalia e nelle carrozze Relax di Italo. Ma siamo stati buoni ultimi: le ferrovie danesi, tedesche, svizzere e olandesi offrono da tempo ai viaggiatori questo tipo di opzioni di viaggio. Tuttavia, Rete ferroviaria italiana ha lanciato già da anni, e da poco esteso a molti altri scali nazionali, il progetto Stazioni silenziose. Punto di partenza, un sondaggio che ha dimostrato come la maggioranza dei passeggeri, oltre il 70 per cento, prediliga monitor, teleindicatori e tabelloni. L’altoparlante piace solo al 3 per cento degli utenti e anzi, spesso getta nel panico. La nuova rotta è quella degli annunci razionalizzati e di un’informazione più chiara. La scuola: l’Accademia del silenzio e le giornate contro il rumore L’ultima c’è stata lo scorso 21 aprile a Milano. Si chiamano Giornate contro il rumore e le promuove l’ Accademia del silenzio. Sono popolate di spettacoli, passeggiate, letture, dibattiti, libri, concerti di musica rigorosamente non amplificata e l’obiettivo è dimostrare che è possibile fare silenzio anche nelle grandi e affollate metropoli. Tanti gli obiettivi dell’Accademia, nata da un’idea del professore della Bicocca Duccio Demetrio e di Nicoletta Polla Mattiot. Prossimo appuntamento ad Anghiari, vicino Arezzo, con due cicli di seminari dedicati al silenzio fra poesia, cinema e religione.
ranti, negozi di ogni tipo, locali hanno rinunciato alla diffusione della musica di sottofondo e a ogni altro tipo d’invasione acustica. Si riconoscono con un adesivo attaccato sulla porta d’ingresso e sono segnalati in un’apposita guida. Addirittura i mercatini di Natale di Linz hanno sposato in buona parte questa linea, bandendo trilli, campanellini e motivetti festivi dalle orecchie dei passanti. La campagna online: Pipedown C’è anche un portale online che chiama a raccolta tutti quelli che detestano le insistenti musichette di sottofondo, che sia la stazione radio sparata nell’ultimo negozio popolare o la raffinata ambient music confezionata per la gioielleria di lusso o il centro commerciale di livello. È inglese, con base a Salisbury, si chiama Pipedown.info e raccoglie tutti i materiali possibili sul tema. L’importante è che si tratti di iniziative e documenti dedicati a contrastare l’odioso fenomeno: “ La piped music non è un genere preciso – scrivono sul portale gli attivisti antichiasso – ma quel tipo di suono diffuso o rilanciato in un edificio o in una stanza e che le persone non hanno scelto. Insomma, dal quale non hanno possibilità di fuga. In breve, si tratta si musica involontaria, il cui ascolto è obbligato”. La campagna, forte dell’adesione di decine di musicisti, critici e cittadini comuni e ovviamente orientata sul mondo britannico, si articola in vere e proprie petizioni, campagne di pressione e mobilitazioni contro le catene che propongono senza pietà ai propri clienti questo genere di sgradito intrattenimento. E sta anche dando vita a una specie di database sui cosiddetti quiet corner, gli angoli tranquilli delle città.
L’esperimento urbano: Linz, la città del silenzio Linz, città musicale per eccellenza, dove è stato da poco inaugurato il nuovo Teatro della musica, è uno fra i pochi centri al mondo ad aver lanciato un’iniziativa interamente dedicata alla riscoperta del silenzio urbano. Non è un caso che questo genere di progetti si diffonda proprio nei territori in cui la cultura musicale, spesso quella classica, è forte e radicata. Si tratta di Hörstadt, la “città da ascoltare”: in pratica molti esercizi pubblici della città austriaca sul Danubio come risto-
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LOL RAP E YOUTUBE CULTURA LOL RAP: COSÌ YOUTUBE HA CAMBIATO LA MUSICA COSA SUCCEDE QUANDO CHIUNQUE PUÒ FARE E DISTRIBUIRE MUSICA?
N e abbiamo parlato così tanto che poi quando è successo veramente non ce ne siamo neanche accorti. Quante volte avete letto la frase: “ Internet ha cambiato tutto”. Si e poi? Quello che succede dopo proviamo a spiegarvelo con questo nuovo webdoc di Wired.
L’industria musicale è stata la prima a subire l’influsso della Rete: l’avvento di Napster l’ha cambiata una volta per tutte e solo in questo 2013 torna a vedere dei profitti dopo più di 10 anni di assestamento. Come se non bastasse è arrivato anche YouTube: dopo la “liquefazione” del suono ora anche quella del video. Non solo: YouTube significa anche l’annullamento definitivo di qualunque barriera distributiva come ci racconta Sara Mormino, Director Content del sito a livello europeo. Improvvisamente è possibile registrare una canzone in casa e renderla disponibile in modo facile, veloce e sicuro al mondo intero. Con in più un commento visivo sul quale ci viene date una libertà totale. Niente più Tv, direttori di rete e direttori artistici a decidere. Improvvisamente si può fare e dire tutto o quasi Tra i vari generi musicali sconvolti da questo salto il Rap è stato quello che più ne ha subito gli effetti. Perché è quello apparentemente più facile da eseguire: non serve saper suonare nessuno strumento, basta scaricare una base dalla Rete e iniziare a parlarci sopra, a “ rappare” appunto.
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Tanto semplice a parole quanto difficile nei fatti, per “ fare il Rap” infatti serve esercizio e tecnica. Ce lo conferma un decano del genere come Dargen D’Amico (in questi giorni fuori con il suo nuovo album Vivere aiuta a non morire), rapper professionista ma atipico, da sempre interessato alle avanguardie del genere, in questo caso attento osservatore del fenomeno. YouTube ha dato e continua a dare invece la possibilità a tantissimi neofiti di esprimere le proprie idee creative: spesso sguaiate, improbabili, tecnicamente carenti ma piene di un’incredibile necessità espressiva che altrimenti sarebbe rimasta in silenzio. Ecco allora nascere una sorta di sottogenere: il LOL Rap, dall’acronimo della risata online (Laughing Out Loud) che accomuna tutti i profeti casalinghi di un non-genere musicale nato e cresciuto proprio nelle piaghe di Internet, in Italia e nel resto del mondo. Un sottogenere di cui abbiamo incontrato il suo re indiscusso. Trucebadazzi, al secolo Matteo Baldazzi, che con il suo anti-hit “ Vendetta vera” è riuscito a raggiungere addirittura i 4Milioni di visualizzazioni su YouTube in un misto di sorpresa, ilarità e epifania generale. “ Posso farlo anche io” non è più solo una frase ma un’azione compiuta: canzoni fondate su un singolo tormentone, un gioco di parole, un errore grammaticale, una presa di posizione assurda. Casi come quello di “ Pagliaccio di ghiaccio” singolo di culto tra il serio e il sarcastico dell’affermato rapper Metal Carter che assieme
alla crew dei leggendari Truceboys è stato tra i primi ad usufruire di queste piattaforme tecnologiche per raccontare se stesso e il suo mondo. Generi e stili fino a quel momento ignorati da pubblico e discografia che improvvisamente totalizzavano milioni di contatti online. Il tutto accompagnato da video altrettanto urlati e arrangiati in cui il fascino per le pellicole horror italiane si mescola alla tecnica e alla velocità con cui vengono girati i film porno in quello che lo stesso regista Matteo Swaitz definisce “un minestrone” di immagini di cose mai viste e sentite prima. Se il primo incontro con il mondo del LOL Rap, raccolto catalogato e discusso da Andrea e Mattia nel loro blog Lollhiphop, è stato quello di semplici risate in questi 20 minuti vogliamo provare a fare un passo oltre nella vita e nella musica di artisti come Lil Angel$, To Fatt, Dago, Gucci Boy, Spitty Cash che volenti o nolenti sono tra le rappresentazioni più vere, crude e vitali della musica italiana di oggi e a cui va un nostro sentito ringraziamento finale.
CULTURA RECENSIONI E NEWS
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GOOGLE GLASS CULTURA
GOOGLE GLASS, ITALIANI AL LAVORO SUGLI OCCHIALINI IL GADGET DEL GIGANTE DI MOUNTAIN VIEW ENTRERÀ IN COMMERCIO SOLO TRA QUALCHE MESE, MA UN ESEMPLARE HA GIÀ FATTO BRECCIA ANCHE DA NOI D i tutti i prototipi di Google Glass messi in circolazione da Big G, almeno uno siamo riusciti a portarlo nei nostri confini. Se l’è accaparrato Massimo Ciociola grazie al progetto MusiXmatch, un’app che permette di accedere a un enorme database di lyrics e che ha abbattuto il muro dei 10 milioni di download. Facile che Google fosse interessata a una versione per Glass dell’applicazione e che abbia raggiunto Massimo proprio per incentivarlo a riguardo. Soprattutto dato che, come ci dice lui stesso, a breve MusiXmatch sarà integrato addirittura in Google Plus.
Ma all’orizzonte del panorama italiano dei googlevisori non c’è solo MusiXmatch, sul quale lo sviluppatore è già al lavoro. Tutti i partecipanti al programma Glass infatti sono fortemente incoraggiati dalla casa madre a diffondere il verbo degli occhialini magici. E l’occasione sta per verificarsi: nei prossimi giorni infatti si terrà un hackathon organizzato dai ragazzi di H-Farm e dedicato proprio al gioiellino Google. Developer e curiosi avranno accesso al dispositivo e potranno dedicarsi a una 48 ore di programmazione a tema Glass. L’evento in realtà è ancora in fase di definizione, così come la data: si parla di realizzarlo entro giugno, ma ancora non si sa quando. Si tratterà più di un primo contatto tra gli sviluppatori italiani interessati e il prodotto Google, che in Italia ancora non s’era visto. Difficile quindi anche decidere se dividere l’evento in aree tematiche o lasciare come unico tema proprio il nuovo gadget. Intanto sapere che gli inviti gratuiti sono andati tutti a ruba in un paio di giorni è già positivo e indice dell’attenzione che ruota attorno al fenomeno. Resta da capire quali potrebbero
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essere le migliori applicazioni italiane che facendo il salto su Glass avrebbero successo: come un’app di ricette ri-formattata appositamente per incanalare le istruzioni e le immagini di piatti e ingredienti nel mini display degli occhialini. E quali invece ancora non ci sono, magari nell’ambito news: come l’app del New York Times che fornisce le ultime notizie in tempo reale sugli occhialini, e che contestualizzata anche da noi sarebbe un colpaccio.
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TRAFFICO E SALUTE CULTURA IL TRAFFICO FA MALE AL CUORE LO AFFERMA UNA RICERCA TEDESCA: INQUINAMENTO ATMOSFERICO E ACUSTICO AUMENTANO IL RISCHIO DI SVILUPPARE MALATTIE CARDIOVASCOLARI, CONSIDERATE UNO DEI BIG KILLER DEI NOSTRI TEMPI P olveri sottili e rumore: clacson, frenate, rombo del motore. Sono i
peggior nemici con cui ha a che fare chi vive immerso nel traffico cittadino. A causa infatti del continuo via vai di automobili e altri mezzi di trasporto, addio quiete e aria pulita. E la salute del cuore ne risente. Messi sul banco degli imputati dai ricercatori tedeschi del Leibniz Research Institute for Environmental Medicine, l’inquinamento atmosferico e quello acustico sono stati giudicati colpevoli. Il verdetto? Aumentano il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, considerate uno dei big killer dei nostri tempi. Coordinati da Barbara Hoffmann, professoressa di epidemiologia ambientale, i ricercatori hanno valutato gli effetti dell’esposizione a lungo termine al particolato fine (PM 2.5) e al rumore da traffico veicolare sulla salute di 4238 persone, età media 60 anni, utilizzando i dati di uno studio di popolazione ( Heinz Nixdorf Recall Study) in corso in tre città nella regione tedesca della Ruhr. In particolare, hanno misurato l’associazione tra rischio cardiovascolare e l’esposizione alle sostanze inquinanti dell’aria e al rumore notturno basandosi sulla calcificazione dell’aorta toracica, una misura dell’aterosclerosi subclinica. Tenendo conto anche di altri fattori di rischio cardiovascolare (tra cui età, sesso, abitudine al fumo, attività
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fisica, consumo di alcol e indice di massa corporea), dallo studio, presentato alla conferenza annuale dell’American Thoracic Society, emerge che l’inquinamento atmosferico, per ogni aumento delle concentrazioni di polveri sottili di 2.4μg/ m3, è associato a un aumento del grado di calcificazione dell’aorta di circa il 20 per cento. Mentre l’inquinamento acustico notturno, per ogni incremento nei livelli di rumore pari a 5 dB, incide dell’8%. Hanno inoltre costatato che la relazione tra PM 2.5 e calcificazione dell’aorta è più pronunciata tra gli under 65 anni, chi ha malattie coronariche e chi assume statine, farmaci tipicamente usati per il controllo del colesterolo alto. Mentre l’effetto del rumore causato dal traffico notturno è più forte nei soggetti non obesi, che non seguono terapie a base di statine e non affetti da malattia coronarica. Non è certo il primo studio a riscontrare una chiara associazione tra l’esposizione a lungo termine alle polveri sottili e l’aterosclerosi. L’idea infatti che gli inquinanti presenti nell’aria a causa dell’uso delle automobili, responsabili con i loro gas di scarico della cattiva qualità dell’aria, possano contribuire all’insorgenza di malattie cardiovascolari è sempre più oggetto di studi. Studi che rafforzano l’ipotesi che il PM 2.5 è effettivamente un fattore di rischio. Così come diverse ricerche concordano nel ritenere l’esposizione al rumore notturno un fattore di rischio per lo sviluppo, per esempio, di ipertensione e infarto del miocardio. Perché l’esposizione al rumore durante il riposo notturno è particolarmente critica, dal momento che il sonno è un importante modulatore
della funzione cardiovascolare . Ma “ questa ricerca è importante perché sottolinea che sia l’inquinamento atmosferico sia quello acustico rappresentano importanti problemi di salute. E che di conseguenza le persone che vivono vicino a strade trafficate sono danneggiate sia dal rumore sia dalle polveri sottili” commenta Philip Harber, professore di salute pubblica all’Università dell’Arizona. “ Il nostro studio - ribadisce infatti Hoffmann - ha esaminato allo stesso tempo inquinamento acustico e atmosferico riscontrando che le due forme di inquinamento sono indipendentemente associate all’aterosclerosi subclinica”. Risultati che dunque sottolineano ancora una volta l’importanza di pianificare opportuni interventi per tutelare la popolazione residente in aree particolarmente trafficate, poiché l’evidenza dimostra una fondata correlazione tra progressione e comparsa di malattie cardiocircolatorie e esposizione a polveri sottili e rumore cronico nelle ore notturne.
CULTURA VACANZE A 4 ZAMPE IN VACANZA CON FIDO, LE NUOVE REGOLE UE
CANI E GATTI TAGGATI CON UN MICROCHIP E VACCINATI CONTRO LA RABBIA. SPOSTARSI CON I PROPRI AMICI A QUATTRO ZAMPE SARÀ PIÙ FACILE I
“ n futuro, viaggiare nell’Unione europea con animali a seguito richiederà meno seccature amministrative”. Così Horst Schnellhardt, veterinario e deputato Ue del Gruppo del Partito popolare, commenta soddisfatto le nuove norme per il trasporto non commerciale degli animali da compagnia, approvate ieri a Strasburgo. “ Si sono allentate, infatti, le regole e questo dovrebbe avere un impatto diretto sui cittadini”, se si considera che “ in UE ci sono 64 milioni di gatti e 66 milioni di cani: in pratica, una famiglia su quattro ha un animale domestico”. Il principale obiettivo è facilitare dunque, all’interno dell’Europa, gli spostamenti di chi viaggia in compagnia dei propri animali, grazie a una serie di regole comuni semplificate, pur garantendo un elevato livello di sicurezza in merito ai potenziali rischi sanitari. Insomma, non appena la nuova normativa entrerà in vigore (18 mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea), portare gli animali all’estero sarà più facile, anche se le misure sanitarie saranno severe. Cani e gatti, per esempio, dovranno essere marcati, attraverso l’impianto di un microchip (trasponder), o l’applicazione di un tatuaggio chiaramente leggibile (avvenuta prima del 3 luglio 2011), per poter essere identificati. E dovranno essere vaccinati contro la rabbia. Per cui, prima di attraversare le frontiere, i proprietari dovranno accertarsi che le vaccinazioni siano valide. Gli Stati possono comunque autorizzare l’ingresso di cuccioli di 12-16 settimane, vaccinati ma non ancora immuni alla malattia (infatti, dal momento della vaccinazione fino all’acquisizione della piena immunità può trascorrere un periodo di 4 settimane), e di cuccioli con meno di tre mesi e non ancora vaccinati, considerato che, da un punto di vista veterinario, non è consigliabile vaccinare animali così piccoli.
Prima di partire, i proprietari dovranno inoltre verificare di avere tutti i documenti in regola. I “passaporti” degli amici a quattro zampe, rilasciati da un veterinario abilitato, dovranno specificare, oltre a nome, specie, razza, sesso, colore, data di nascita e qualsiasi tratto distintivo dell’animale, il codice del transponder (il sistema elettronico di identificazione), i dettagli della vaccinazione antirabbica e altre informazioni sullo stato di salute. Allo scopo di tutelare la salute animale e umana e di migliorare la tracciabilità, i deputati europei richiedono inoltre che, una volta marcati, cani e gatti (ma anche i furetti) siano registrati in un database accessibile in tutti gli Stati membri. L’identificazione e la registrazione sono considerati infatti essenziali per tenere traccia dei movimenti degli animali: per controllare così in modo efficace il rischio di propagazione di malattie e prevenire i rischi connessi al commercio illegale. In base al nuovo regolamento, inoltre, diventa meno stringente la norma che impedisce di passare i confini con più di cinque animali, al fine di scoraggiarne il commercio illegale. Infatti, sono ammessi alcuni strappi alla regola se i proprietari dimostrano di viaggiare con più animali a seguito (che hanno più di sei mesi) per partecipare a concorsi, mostre o eventi sportivi.
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RECENSIONI E NEWS CULTURA
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CULTURA RECENSIONI E NEWS
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RECENSIONE FILM
CALIFORNIA SKATE:
FILM DI CULTO PER APPASSIONATI E NON.
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“C alifornia skate” è un film culto per gli appassionati di skateboard e i nostalgici degli anni ottanta e vede come
ospiti alcuni degli allora giovani campioni mondiali di questo sport, quali Tony Hawk (Buddy e controfigura di Slater nelle scene in rampa), Tommy Guerrero (Sam), Mike McGill come controfigura di Slater nelle acrobazie in rampa e piscina, e Rodney Mullen come controfigura di Slater nelle scene di flatland (acrobazie sul posto con lo skateboard), e ancora Mark “Gator” Rogowski, Rich Dunlop, Eric Dressen, Lance Mountain, Mike Vallely, Chris Black, Ted Ehr, Natas Kaupas, Chris Borst, e Steve Saiz. Del 1989 diretto da Graeme Clifford, racconta di Brian, un ragazzo appassionato di skateboard, passa i pomeriggi insieme alla sua banda di amici in cerca di piscine vuote per compierci pericolose evoluzioni. Il fratello di Brian, Vinh, vietnamita adottato, classico bravo ragazzo serio e studioso, lavora part-time presso un videoshop che sostiene una associazione di volontariato per i paesi vietnamiti che lotta contro il regime comunista ed esporta cibo e medicinali. Vinh scopre che questo traffico di beni verso il Vietnam è una copertura ad un commercio di armi; viene scoperto ed ucciso, ma il tutto viene fatto passare per un suicidio. Brian, incredulo, inizia ad investigare in cerca degli assassini e li scoverà; riesce a convincere un poliziotto dell’accaduto, che aiuterà lui e suoi amici a catturare e consegnare i colpevoli alle forze dell’ordine. Un piccolo film, che assieme ad un manipolo di altre pellicole ha caratterizzato le estati italiane prima di non essere più trasmesso (almeno non in orari normali), formando più o meno volontariamente il mito americano, a quei tempi fruito più attraverso la televisione che tramite il grande schermo.
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Tralasciando il valore puramente cinematografico della pellicola, che porta qualche difetto piuttosto evidente (eccesso di attenzione nei riguardi della pratica dello skate a discapito della storia e finale politicamente corretto e fuori luogo, in particolare), il film ha rappresentato una delle chiavi di volta dello sviluppo dell’interesse nei confronti di una pratica sportiva che, al pari del surf, negli anni si è tramutata in una filosofia di vita in piena regola. Forse uno degli ultimi film dedicati all’argomento per molti anni a seguire, è definito (e non a sproposito) una specie di “Footloose” a rotelle, con tanto di scena di ballo in solitaria. Criticarlo oggi, sarebbe come sparare sulla croce rossa, specie dopo film come “Lords of Dogtown“. E’ invece interessante, ed anche più piacevole, fruire di film come questi che ad oggi non vengono più prodotti o meglio, sono stati tutti ormai cannibalizzati dalle produzioni per la tv. Non si vive di soli colossal ed ogni tanto un film più piccolo e senza pretese, riempiva pomeriggi su Italia1 e Rete4 come poco altro sapeva fare. Se potete, recuperatelo. Se non altro per godervi dei veri campioni di skateboard alle prese con acrobazie che, sotto l’occhio rallentante della macchina da presa, qualche volta diventano vere opere d’arte. In movimento. Da rivedere, in ricordo degli scintillanti, ammiccanti, sfolgoranti, ma anche tristi e già nostalgici anni 80.
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GREEN DAY MANIA
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A TRIESTE SCATTA LA GREEN DAY MANIA! S congiuri anti-pioggia si mescolano all’ attesa febbrile per sabato 25 maggio, in vista del mega-concerto dei Green Day, la band californiana icona mondiale della musica punk rock. Sono attese dalle 12 alle 13mila persone, soprattutto fans dall’estero, dalla Slovenia, Austria e Croazia.
Cornice dell’evento, lo splendido scenario di Piazza Unità d’Italia, dove in questi giorni una squadra di operai sta installando il palco che ospiterà la seconda tappa italiana del “99Revolutions Tour”. I biglietti per il concerto sono ancora disponibili nei punti vendita autorizzati Azalea Promotion e sul circuito ticketone.it. Sarà possibile acquistare il tagliando per il concerto anche il giorno stesso, nella cassa allestita in Via Passo di Piazza, che aprirà alle 12. Gli ingressi per il pubblico saranno due, il primo proprio in Via Passo di Piazza mentre il secondo da Via dell’ Orologio. Formatisi nel 1987 e composti da Billie Joe Armstrong (chitarra e voce), Mike Dirnt (basso e voce secondaria) e Tre Cool (batteria), i Green Day sono stati accreditati come la band che ha fatto tornare il punk rock fra la gente, anche grazie all’enorme successo del loro terzo album Dookie, il quale, con 10 dischi di platino e uno di diamante, ha venduto più di 10 milioni di copie solo negli Stati Uniti e 15 in tutto il mondo. Un album che è diventato una pietra miliare della musica per diverse generazioni contenete pezzi capolavoro come Basket Case, Welcome to Paradise e She, fra i tanti. I successivi lavori Insomniac, Nimrod e Warning non ottengono i risultati di Dookie ma poco importa; la consacrazione
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è dietro l’angolo e arriva infatti nel 2004 con America Idiot, la prima rock opera della band, disco che non solo trova da subito i consensi di critica e pubblico, in particolare giovanile, ma amplia l’onda di influenza della band sul panorama musicale degli ultimi 10 anni. I Green Day si sono aggiudicati ben 6 Grammy Awards, Best Alternative Album per Dookie, Best Rock Album per American Idiot, Record of the Year per Boulevard of Broken Dreams, Best Rock Album per la seconda volta con 21st Century Breakdown e Best Musical Show Album per American Idiot: The Original Broadway Cast Recording. Lo show di Trieste si inserisce nel nuovissimo “99Revolutions Tour”, ultimo lungo viaggio che la band sta affrontando per promuovere al meglio la nuova trilogia di dischi. Il tour è partito il 10 marzo da Ponoma, California, per poi toccare nelle scorse settimane le principali città degli Stati Uniti e del Canada tra cui Austin, Pittsburgh, New York, Philadelphia, Toronto, per poi chiudere la sua prima parte a Los Angeles lo scorso 18 aprile. La band prepara ora l’invasione europea e comincerà proprio dal nostro paese con due imperdibili tappe, tra cui quella triestina, prima di proseguire verso Serbia, Austria, Inghilterra, Germania e Olanda, solo per citare alcuni paesi.Il concerto evento dell’estate è organizzato Live Nation Italia e Azalea Promotion, in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia. L’appuntamento è inoltre inserito nella speciale promozione “Music&Live”, realizzata dall’Agenzia TurismoFVG, che permette a chi soggiorna in regione di ricevere il biglietto in omaggio.
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FEFF STILI E TENDENZE FEFF. STILI E TENDENZE DEL SOL LEVANTE
U na grande festa di suoni, immagini, sapori e profumi dell’Asia invade in questi giorni, fino a sabato 27 aprile, le
piazze e le corti di Udine. Gli appuntamenti in programma sono più di 60, articolati tra corsi di cucina, mostre, concorsi fotografici, feste e intrattenimenti. Il più atteso è senz’altro il Far East Cosplay Contest, (giovedì 25 aprile alle 16 in Piazza S. Giacomo), è un raduno di costumi, pose, abiti e trucchi ispirati all’estetica rigorosamente made in Asia dei manga, degli anime, del cinema, della tivù, della musica e anche dei videogame. Venerdì 26 aprile si terrà un’intera giornata dedicata alla street fashion giapponese. Si comincia alle ore 11:30, con un workshop dedicato a hairstyle e makeup in collaborazione con la boutique Pazzesque di Bologna. Si proseguirà, alle ore 15, con la Fashion Walk vera e propria, che sfilerà lungo il centro città. Quindi, alle ore 16, presso il Games Academy di Udine si terrà una conferenza dedicata alle mode di strada più in voga in Giappone… Cos’è una Fashion Walk? Chi è appassionato di street style giapponese, probabilmente ha già sentito parlare e visto fotografie dell’Harajuku Fashion Walk, un evento che riempie periodicamente le strade del famoso quartiere giapponese con una passeggiata dedicata ai più popolari stili del momento. La prima Fashion Walk è stata organizzata nel 2010 dal negozio 6%DokiDoki ed ha riscosso un successo tale che sono ormai arrivati alla quindicesima edizione.
Ultimamente, le Fashion Walk hanno fatto capolino anche in Italia, con una serie di eventi organizzati a Pescara che hanno ricevuto anche l’attenzione degli organizzatori giapponesi. “Lo scopo di quest’evento è quello di diffondere la cultura del kawaii e dello street style giapponese nel resto del mondo” si legge nella descrizione dell’evento su facebook. “Un altro compito importante di questo evento è quello di radunare i ragazzi appassionati di queste mode ed offrire loro un’occasione per ritrovarsi e fare amicizia”. Sabato 27 Aprile, sarà invece la volta di una conferenza sul ‘lolita style’, seguita da un workshop di makeup e hairstyle lolita, di nuovo in collaborazione con la boutique Pazzesque. Lo stile ‘lolita’ è sicuramente che quello ancora oggi troneggia per le vie di Harajuku ma ultimamente sta guadagnando una fetta sempre più consistente di consensi in Europa. A base di pizzi, nastri, fiocchi e colori pastello, vanta numerose varianti. La più celebre è quella della ‘goth lolita’, il cui stile è caratterizzato da colori scuri come il nero, il blu scuro e viola. Il trucco più comune è composto da rossetto di colore rosso e ombretto del tipo “smokey”, mentre borse a forma di bara o pipistrello, anelli, bracciali, orecchini e collane con catene e croci sono usati come accessori per completare il look. L’appuntamento è sempre a Udine, questa volta presso la galleria Tina Modotti, a partire dalle ore 15:30!
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L’ARTISTA:STEFANIA ROTA SPETTACOLO LA VIDEO ARTE DI STEFANIA ROTA IL GIUSTO MEDIUM PER ESPRIMERMI
S tefania Rota è una giovane video artista udinese. I suoi lavori stanno girando al mondo grazie ad internet e i social
network. Ha recentemente finito di collaborare per un progetto sperimentale proprio con il FEFF di Udine. Ciao Stefania, tu sei una giovane video artista, ci vuoi raccontare brevemente com’è iniziata la tua carriera e cosa ti ha fatto appassionare a questa nuova e importante forma d’arte? La mia carriera è iniziata col teatro e con la fotografia analogica. Poi da lì tutto ha cospirato affinché io potessi approdare alla videoarte. Ho esplorato molti territori e frangenti e credo che continuerò ancora. La videoarte per me ha rappresentato, per un lungo periodo, il medium giusto per esprimermi. Tutto cambia in maniera sempre più esponenziale soprattutto la tecnologia che è intimamente legata al mio lavoro. E con il suo cambiare inevitabilmente cambiano anche i mezzi con cui esprimermi. Già ora mi sento in una fase di passaggio dalla videoarte a qualcosa di differente. Che la comprende ma la trasforma. Si è appena concluso il FEFF di Udine, sappiamo che hai lavorato per un progetto sperimentale proprio per la manifestazione. Ci vorresti parlare di questa esperienza. Durante le giornate del FEFF ho fatto delle riprese con la lomokino, un nuovo prototipo derivato dalle famose toycamera sovietiche e che funziona in maniera del tutto analogica con rullini da 35mm che registrano 144 fotogrammi ognuno grazie ad una manovella che viene girata manualmente proprio come si faceva agli albori del cinema. Oltre a questo mi sono appostata come un cecchino insieme a Diego Lorenzo Zanitti per catturare quanti più istanti possibili riferiti al festival per poi costruirci sopra un racconto. Una storia composta dalle
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microstorie catturate nella realtà del FEFF. Questo ci ha portato a viverlo in modo del tutto particolare. Uno dei tuoi recenti lavori di video-arte ha avuto un grande successo arrivando tra i 12 semifinalisti del VIMEO AWARD 2012. Raccontaci perché hai creato “Cinezoique” e come ti sei approcciata alla creazione di questa opera. Cinezoïque è nata come installazione per il Visionario. Mi era stata proposta la sfida di portare le mie opere in un luogo concreto poiché avevano sempre viaggiato sul web e per me è stata un’ottima occasione nonché un’opportunità di mettermi alla prova. Inoltre era la prima volta che mi trovavo a lavorare nel mio luogo d’origine avendo vissuto per molti anni in giro per l’Europa. Ho riflettuto sul dover interagire con spazi fisici, assieme a Diego Zanitti, con cui collaboro da tre anni per la gran parte dei miei lavori, sul ruolo che oggi ha il cinema e il video e sul modo di fruirli. Questo è cambiato molto nel corso degli anni ed ora, grazie anche al web, al calo dei costi delle attrezzature ed ad altri elementi, il video sembra imperare nelle nostre giornate anche in luoghi che diventano fisici fuori dallo schermo per mezzo di monitor, proiettori, cellulari, portatili ecc Cosi è nato il concetto di Cinezoïque, gioco di parole tra cenozoico e cinezoico, declinato alla francese come riferimento ad un cambiamento epocale che decreta una nuova era ad opera dell’immagine in movimento. Su questo concetto sono nate due opere ed una di queste è “Cinezoïque – The Movie Time Line”, installazione di 21 metri lungo tutta la parete del bookshop del Visionario che attraversa la storia del cinema con la camminata di vari attori che accompagnano la stessa camminata degli spettatori lungo la linea temporale del cinema. Ho poi declinato l’installazione alla forma del video ed è cosi che è approdata al web da cui è poi stata scelta tra i 12 semifinalisti della categoria Remix dei Vimeo Awards 2012 nonché come unico contributo italiano
SPETTACOLO
L’ARTISTA:STEFANIA ROTA
presente nell’intera selezione. Nato come installazione site-specific per il Cinema Visionario di Udine, l’opera però poi si è spostata sul web raggiungendo moltissime persone. Come giudichi l’utilizzo e lo sfruttamento della rete per la diffusione e la sponsorizzazione dei lavori di video-arte? Credo che non ci sia un modo univoco per agire. Personalmente provengo da esperienze che mi hanno portata a conoscere bene il linguaggio di internet e quindi mi sento di muovermi in questa direzione piuttosto che in altre. Mi piace pensare al concetto di “viralità”, di creare qualcosa che raggiungerà posti e persone che non conosco e che verrà fruito in momenti a me altrettanto sconosciuti. Di certo ha cambiato e ancora sta cambiando alcuni meccanismi dell’arte aggiungendo e togliendo a seconda dei punti di vista. Il tuo lavoro “viaggia” sui social-network e blog. Pensi che queste nuove forme di comunicazione aiutino lo status attuale dell’arte o invece ne blocchino la ricezione dal vivo? Non credo blocchino nulla perché le due cose rimangono ben distinte. Da una parte ho il potere di far vedere la mia opera molto di più di quanto accadrebbe in un museo ma ciò non toglie che la fruizione della stessa in un luogo specifico rimane una cosa molto differente. Dipende sostanzialmente anche da che espressione sto usando. Come un libro letto su uno schermo non sarà mai la stessa cosa di un libro di carta, allo stesso modo un quadro, una scultura, un’istallazione, un video pubblicato on-line non saranno mai come gli stessi visti nel mondo reale. Certo è che, ad esempio, posso conoscere l’opera di un dato artista sul web e poi decidere di recarmi a vederlo proprio perché conosco già il suo lavoro. La divergenza tra fisico e virtuale è stato un tema preponderante degli anni 80-90. A mio avviso ora è il momento in cui si è capito che l’una e l’altra sono due poli opposti che non potranno mai sostituirsi bensì migliorare le mancanze l’uno dell’altro. Quindi la presenza e l’uso intelligente di entrambi i poli rappresenta a mio avviso un aiuto per l’arte. Grazie Stefania per la tua disponibilità.
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MOMIX A TEATRO
SPETTACOLO
MOSES PENDLETON ALCHIMISTA DI UN SOGNO CHIAMATO MOMIX L a vena creativa di Moses Pendleton sembra non conoscere fine, almeno da quanto presentato sulla scena dai suoi Momix impegnati in Alchemy, ultimo lavoro del coreografo del Vermont, presentato in prima mondiale a febbraio a Ravenna e giunto in prima regionale per la Toscana al Teatro del Giglio di Lucca.
Quando si spengono le luci di sala, cala il silenzio e con esso gli occhi degli spettatori si spalancano verso il palcoscenico, nell’attesa di vedere quale magia avrà plasmato Moses Pendleton per ingannarli, facendoli cadere come di consueto in quello stupore fanciullesco, dal quale controvoglia si desteranno al termine dello spettacolo. Ed è così che la magia si compie, in uno spettacolo di autentico magnetismo che per poco più di un’ora trasporta lo spettatore all’interno della fusione di elementi primordiali quali aria, acqua, terra e fuoco, per raggiungere attraverso alchimie di corpi, suoni e luci, nuovi materiali, metalli, ori. Non solo i materiali si fondono ma anche forza e leggerezza dei ballerini in scena, attraverso illusioni visuali e sonore, luci magistrali, musiche suggestive e coreografie fluttuanti mozzafiato. Inizia così un viaggio tra colori simbolici dell’alchimia: il nero dove la materia si disgrega, il rosso delle fiamme che la forgiano a nuova vita, il bianco simbolo di purificazione prima di raggiungere la perfezione dell’oro. Nonostante la carriera ultra trentennale della compagnia
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statunitense, fondata nel 1980, il coreografo deus ex machina del gruppo fa di nuovo centro. Gli innumerevoli successi che negli anni hanno consacrato a livello planetario la compagnia e il suo modo di fare danza sono unici, malgrado molti gruppi di danza contemporanei si sono miseramente spinti a copiarli ed ogni anno affollano di nullità le stagioni di svariati teatri. Sarebbe più opportuno per loro misurarsi su nuove strade di ricerca, per trovarne una propria, forse. I danzatori dei Momix invece sono impeccabili e dimostrano grande padronanza con i materiali scenici, come nella danza con i pali, o nelle scene di illusione al buio, con tute fluorescenti impegnati in una corsa sospesa. D’effetto come sempre i meravigliosi costumi duttili che si aprono come fiori e le musiche scelte da Pendleton, tra le quali spicca il noto “Tema di Deborah” di Ennio Morricone, tratto da “C’era una volta in America”, sulle cui note una ballerina cosparsa da gocce di luce fluttua nell’aria creando l’incanto. Lo stupore prosegue in ogni scena, tra danze sufi, specchi moltiplicatori, e l’innalzamento di un’immensa piramide d’oro dalla quale sbucano i contorni di un uomo placcato (simile al premio Oscar). Anche se a tratti ravvisiamo momenti scenografici simili a vecchi spettacoli come “Passion” ed “Opus Cactus” (leggi la recensione di “Momix Remix”), la regia e l’ingegno di Pendleton nella creazione di Alchemy è ragguardevole e geniale. Gli elementi naturali alla base dello spettacolo, rappresentano l’energia e il mistero che ci circonda, e Pendleton invita a rappropriarsi della natura per poter migliorare noi stessi.
TEATRO FIORENTINO IL LAGO DEI CIGNI SI TINGE DI TINTE SOCRATICHE A FIRENZE
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A l Maggio Musicale Fiorentino è andata in scena la rivisitazione di un classico del balletto, per una affascinante ed emblematica rilettura contemporanea di Paul Chalmer: Il Lago dei Cigni, ovvero Lo scandalo Cajkovskij, dal 1 al 5 giugno al Teatro Comunale nell’ambito del 74° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, con le scene di Italo Grassi, le luci di Valerio Tiberi, le proiezioni di Sergio Metalli ed i costumi di Giulia Bonaldi.
Tale rivisitazione si colloca in una vera e propria tradizione che prende corpo fin dal 1911, quando Sergej Diaghilev scelse di presentare al pubblico londinese una radicale revisione delle splendide pagine coreografiche di Cajkovskij, per porre al centro della drammaturgia il Principe e la sua mistica e inquieta ricerca dell’amore ideale, incarnato nella Principessa Cigno: valori universali che già impregnavano le pagine cajkovskijane. E la tradizione continua ad arricchirsi nel Novecento, con l’originale contributo di John Cranko che caratterizza ancor più psicologicamente il naturalismo poetico del Principe e la sua anima anelante, per poi ridefinirsi drasticamente nell’operaIllusionen wie Schwanesee del 1976 di John Neumeier per l’Hamburg Ballet, dove il fantastico viene a legarsi con la reale vicenda di Ludwig di Baviera, sovrano mecenate di Wagner, in rimandi complessi e simbolici. Si giunge quindi all’interpretazione psicanalitica e freudiana di Mats Ek, per infine toccare nel 1995 tutta la dissacrazione di Swan Lake di Matthew Bourne. La pratica della revisione ha dunque lunga memoria, ed è in questa prospettiva che va ad agire Paul Chalmer che con
quest’opera sembra proseguire il fil rouge di quel naturalismo elegiaco avviato dal suo maestro John Cranko. Ecco allora che protagonista si fa lo stesso Cajkovskij e la sua tormentata vita omoerotica “segreta”, in un gioco di echi e richiami tra la sublimità dell’essere puro, rappresentato dal cigno bianco e dal nipote Vladimir Davydov, per cui il musicista sembra nutrisse forte attrazione, e la nefandezza del dramma interiore che si concretizza in quel complotto che secondo la studiosa Alexandra Orlova lo avrebbe portato alla morte per avvelenamento e non per colera. Un giallo dai richiami socratici che si nutre di mistiche visioni in lunghi flashback accompagnati dal fluire della materia che, riprendendo la filosofica riflessione degli antichi, fa sì che “tutto scorra” in un divenire che si trasforma. Ottima l’interpretazione di Bruno Milo nei panni del tormentato Pëtr Il’ic Cajkovskij; perfetta la tecnica e la leggerezza di Alessandro Riga, étoile ospite residente,nei panni di Vladimir, nipote di Cajkovskij; affascinante anche l’esegesi del cigno della giovane ballerina Federica Maine, che ha egregiamente ricoperto per la prima volta il ruolo d’étoile. Meritano d’essere menzionate anche Sabrina Vitangeli, che interpreta Aleksandra Davydov,sorella diCajkovskij,e Paola Vismara nelle vesti di Visione di Antonina Miljukova, moglie di Cajkovskij. Incisiva la concertazione e direzione di Nir Kabaretti che ha permesso di riascoltare alcuni brani presenti nella partitura originale (composta tra il 1875 e il 1876), ma sovente tagliati nelle coreografie tradizionali. Eccellente come sempre l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
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MUVE 2013 SPETTACOLO TORNA MUVE MUSICA 2013 A EMPOLI TRA SUGGESTIONI DI VETRO E VIOLONCELLO SOLO A l via la rassegna MUVE Musica 2013 del Centro Busoni giovedì 23
maggio alle ore 21,30 al Museo del Vetro di Empoli con il violoncellista Giovanni Scaglione. Ingresso libero. Nella suggestiva atmosfera dai riverberi verdi del famoso vetro verde di Empoli la serata dedicata al violoncello e la sua polifonia si aprirà sulle note della splendida Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007, la prima delle sei Suites per violoncello solo composte da Johann Sebastian Bach tra il 1717 e il 1723: un’opera dal fascino misterioso e travolgente nel suo andamento di danza in arpeggi sulle quattro corde. Seguirà la Suite per violoncello solo (1926) di Gaspar Cassadò di marcata impronta spagnola, per quindi concludere sulle note struggenti della Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012 sempre di J. S. Bach, sesto e ultimo dei capolavori che hanno fondato il linguaggio solistico del violoncello. Comune ai tre brani in programma è la presenza di estesi passaggi meditativi che permettono al violoncello di spaziare in un orizzonte espressivo molto ampio, compreso fra l’esplorazione dell’anima e la preghiera. È così nel Preludio, nell’Allemanda e nella Sarabanda delle due Suite di Bach, ma è così anche nel Preludio – Fantasia che apre con eccezionale intensità di pensiero la Suite di Gaspar Cassadò.
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Giovanni Scaglione, diplomatosi con il massimo dei voti al Conservatorio “N. Paganini” di Genova sotto la guida di Nevio Zanardi, nel 1997 entra nella Konzert Klasse di Ivan Monighetti presso la Musikhochschule di Basilea dove ha la possibilità di suonare con musicisti quali Sergio Azzolini e Gidon Kremer. Nel 2001 vince l’audizione nazionale indetta dal C.I.D.I.M. per un posto nel Sestetto Boccherini con il quale si esibisce per le principali società di concerto italiane. Nel 2002 entra a far parte del Quartetto di Cremona, formazione che si è imposta negli anni come una delle migliori realtà del panorama musicale e con la quale svolge tuttora un’intensissima attività concertistica che lo ha portato in sale di grande importanza in tutto il mondo. All’attività quartettistica affianca quella da solista, debuttando nel maggio 2011, in diretta radiofonica dal Quirinale, con un programma per violoncello solo. Inaugurato nel luglio 2009, il Museo del Vetro (MuVe) è dedicato alla produzione del vetro di Empoli, un’attività economica che ha segnato l’identità della città nell’Ottocento e nel Novecento presentandosi come luogo della memoria e del lavoro, con l’intento di contribuire alla valorizzazione della produzione vetraria ancora presente sul territorio. La Rassegna Concertistica MUVE Musica è un appuntamento ormai consueto all’interno delle iniziative di Apriti Centro! e si concluderà il 6 giugno con La voce ed il suo doppio, un concerto per
voce ed elettronica a cura delle Scuole di Canto e Musica Elettronica del Conservatorio “Niccolò Paganini” di Genova.
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RECENSIONI E NEWS
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BIENNALE DI VENEZIA
LA BIENNALE SI FA IN TRE
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S ono poche le istituzioni che possono vantare un’attività così a 360
gradi, che spazia dalla danza al teatro con la possibilità di fare interagire tra loro le diverse esperienze artistiche legate alla scena contemporanea. E di farlo per di più con finanziamenti esigui se paragonati ad altre simili manifestazioni all’estero, 3 milioni e 200mila euro, di cui solo 1 milione e 270mila come contributo pubblico. Non solo: riscoprendo la sua vocazione sperimentale, la Biennale di Venezia ha deciso quest’anno di varare anche “Biennale college”, una serie di laboratori e workshop voluti con determinazione dal presidente Paolo Baratta (“Io alla Scala? Il mio incarico alla Biennale dura fino al 2015 e non lascerò prima”) rivolta ai giovani artisti e che avranno un esito pubblico in uno spettacolo, un balletto e un concerto. Tante le novità in programma, a cominciare dal nome del direttore del Festival Internazionale della danza che da questa edizione e per tre
SPETTACOLO
anni sarà Virgilio Sieni, il più “filosofo” dei danzatori italiani, da anni impegnato in una ricerca sul gesto e sul movimento che non ha pari in Europa. La danza. Con il titolo “Abitare il mondo”, Sieni ha organizzato un festival che quest’anno sarà solo “Biennale college” sette percorsi diversi, le “pratiche”, cioè workshop e laboratori di formazione e creazione sul linguaggio della danza che si concluderanno il 28, 29 e 30 giugno con ventisei performance aperte al pubblico. Suggestivi fin dal nome i sette percorsi: Prima Danza, Invenzioni, Agorà, Trasmissioni, Vita Nova, Visitazioni, Atleta Donna a cui hanno partecipato giovani coreografici e giovani danzatori ma anche spettatori e persone “normali” che hanno lavorato con i coreografi “professionisti” che poi presenteranno anche un loro lavoro aperto al pubblico. I workshop. “Prima Danza” sulle origini del movimento coreografico: tra i progetti selezionati ci sono quelli di Lore-
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na Dozio, Stefania Rossetti, Sara Dal Corso, Caterina Basso, Elisa Romagnani e Tiziana Passoni. Per “Invenzioni” i partecipanti lavorano con Michele Di Stefano e Alessandro Sciarroni e l’israeliano Arkadi Waides. “Agorà” propone di lavorare con i coreografi Thomas Lebrun, Frank Micheletti, e lo stesso Sieni. “Trasmissioni” vedrà 7 giovani coreografi lavorare con Sieni; “Vita Nova” è dedicata ai giovanissimi, danzatori tra i 10 e 15 anni, che presenteranno tre creazioni curate da Sieni e da Itamar Serussi Sahar. Ambra Senatore lavora nel percorso “Visitazioni” con alcune merlettaie di Burano. Per “Atleta donna”, Iris Erez, l’africana Nora Chipaumire, Eleonor Bauer, Simona Bertozzi, Cristina Rizzo sosteranno in altrettante teche fino al limite della loro resistenza. Renate Graziadei, David Hernandez terranno percorsi formativi per i giovani danzatori. Teatro. Il direttore, lo spagnolo Alex Rigola ha unito lo spirito del “College”
BIENNALE DI VENEZIA
con il festival vero e proprio che si svolgerà dall’1 all’11 agosto. Previsti cinque workshop ognuno su un personaggio shakesperiano condotti da Angelica Liddell (Leone d’argento), Gabriela Carrizo (e si vedrà anche l’uktimo successo dei Peeping Tom il 10 agosto 32 rue Vandenbranden), Krystian Lupa, Claudio Tolcachir (l’artista argentino poterà a Venezia anche il suo El viento en un violìn il 5 agosto), Jan Lauwers . Da questi laboratori naasceranno cinquie spettacol che si aggiungono a quelli site specific che realizzeranno i Motus e La Veronal . Romeo Castellucci che sarà insignito del Leone d’oro avvierà dalla Biennale il suo nuovo lavoro intitolato “Il Significato di” attraverso un workshop. Workshop anche con Declan Donnellan (il suo spettacolo a Venezia sarà Ubu Roi il 4 agosto) e Thomas Ostermeier di cui si vedrà Un nemico del popolo di Ibsen (10 agosto). Altri laboratori con Anne Viebrock, Fausto Paravidino, Wajdi Mouawad, Fabrizio Arcuri che porterà i Cinque monologhi sul potere e sulla violenza di Tim Crouch con il suo Teatro degli Artefatti. In aper-
tura del festival un recital di Ute Lemper e Mi gran obrà di David Espinosa: uno spettacolo di 300 attori che poi sono altrettante statuine alte un centimetro. Musica. Per il Festival della musica, dal 4 al 13 ottobre, col titolo “Altra voce - altro spazio”, il direttore Ivan Fedele ha voluto opere di nuovi compositori (tra cui Daniele Ghisi, Kristian Ireland, Ryo Dainob, Franco Venturini) accanto a quelle di nomi celebri come Michele dall’Ongaro o Alessandro Solbiati. In programma anche due opere da camera di Vittorio Montalti e di Raffaele Grimaldi con regia di Giancarlo Cauteruccio, aperture al suono in 3D con i mille altoparlanti di Wave Field Synthesis, tutto con la partecipazione di cori e orchestre (da quella della Fenice a quella di Toscana e del Comunale di Bologna), collaborazioni col Conservatorio di Venezia e con Radio France per il ciclo di nuove composizioni “Alla breve”.
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SOLO UN GIORNO PER VEDERLO: DAL ROCK ALL’ARTE, L’EVENTO AL CINEMA R OMA - In un periodo in cui le sale cinematografiche si organizzano con una promozione di biglietti scontati a 3 euro
(in programma fino al 16 maggio) per contrastare la crisi che riduce il numero di spettatori (-9,9% nel 2012), ci sono ancora proiezioni che riempiono le sale: sono gli eventi che durano in cartellone uno o due giorni e quasi sempre fanno registrare una media di paganti per sala da record. L’ultimo esempio Manet. Ritratti di vita, con l’offerta di un tour di un’ora e mezza attraverso le sale della londinese Royal Academy of Arts alla scoperta del pittore pre-impressionista, ha attratto 4500 spettatori in un’unica proiezione, ed è stato battuto come media solo dal blockbuster fantascientifico Oblivion, che ha dalla sua una star come Tom Cruise. L’avvio di questa tendenza è avvenuto verso la fine del 2008, salutato con un certo scetticismo da parte degli esercenti cinematografici. Nel corso del tempo però quella che sembrava una missione impossibile, come portare il pubblico di un museo a “guardare quadri in un cinema”, è diventato realtà attraverso un’offerta graduale di contenuti ormai esplosa per quantità e qualità. Anzitutto sono state proposte riedizioni di film restaurati, magari in coincidenza di particolari anniversari, come nel caso di Ritorno al futuro o Colazione da Tiffany: molti desideravano rivederli sul grande schermo e infatti il box office ha fatto segnare cifre record. Poi si è passati ai concerti rock e pop, sia in forma di documentari (come The Rolling Stones: Crossfire Hurricane), meglio ancora se proiettati in 3D con ulteriore effetto immersivo, sia in versione live.
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Infine si è aperta la strada ad altri filoni: le grandi manifestazioni sportive in diretta, come Mondiali di calcio e tornei di tennis del Grande Slam, l’opera lirica, i concerti sinfonici, i balletti, e persino qualche incursione impensabile della tv, come nel caso di I Cesaroni. Un programma in continua espansione grazie anche alla tenacia di aziende come Nexodigital e Microcinema che pubblicano il proprio calendario online. Le chiavi della riuscita di questa nuova strategia sono molteplici: da una parte il fatto che si punta su un pubblico di nicchia, quindi mediamente più appassionato rispetto all’utente medio del cinema, e dall’altra il fatto che spesso l’offerta permette di vedere, anche in provincia, show altrimenti difficilmente raggiungibili, come la diretta della prima dal Teatro alla Scala di Milano o di altri teatri di tutto il mondo, gli spettacoli del Cirque du Soleil o le performance acrobatiche dei motociclisti freestyle, come nel caso recente di Nitro Circus; magari sfruttando le giornate infrasettimanali, di solito meno frequentate dal pubblico dei blockbuster, o la stagione calda, in cui la programmazione consueta tende a diradarsi. Determinante è il fattore tecnologico, perché per poter entrare nel circuito di distribuzione di questi eventi, le sale devono avere impianti audio e sistemi di proiezione all’avanguardia, dove regnano alta definizione, Dolby Surround e 3D, oltre al collegamento via satellite che permette le trasmissioni in diretta. Requisiti che hanno contribuito grandemente a svecchiare le sale del nostro Paese e che fanno bene in parte anche alla fruizione di film tradizionali.
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MATTEO ZAPPATERRA CON LORENZO BARBIERI E FILIPPO CRUDELI SI RACCONTANO AI NOSTRI LETTORI
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SNOWBOARDER A CONFRONTO Ciao ragazzi parlateci un pò di voi… Ciao a tutti, sono Matteo e sono nato a Bologna nel 1985. Dopo anni di Judo ho incominciato a skateare e in seguito ho conosciuto lo snowboard. Visto che la mia città d’origine non poteva offrirmi molto dal punto di vista dello snowboard, ho scelto di trasferirmi per un periodo in America, ed allenarmi al fianco di pro rider internazionali e i migliori pro italiani. Nonostante tutti i miei spostamenti ho sempre cercato di mantenere come campo base Livigno, dove ancora ad oggi potete trovare uno dei migliori snowpark d’Europa. Partecipo ed ho partecipato a moltissime competizioni, photo e video shooting per i maggiori snowboard media nazionali.
Ciao sono Lorenzo Barbieri ho 25 anni, sono cresciuto in città ma ora vivo in montagna dove lavoro. Vado in snowboard dal 1996 e da tre anni sono diventato maestro. Negli ultimi anni per via di questa passione, sono riuscito a spostarmi dall’Italia per confrontarmi con il livello mondiale, così facendo sono riuscito a “rubare” piccoli trucchi che hanno contribuito a migliorare il mio riding. Quest’anno ho partecipato a competizioni internazionali e nazionali con ottimi risultati, diventando anche Campione Italiano di Big Air. Anche io come Matteo e Filippo mi trovo a Livigno, per via del fatto che il Mottolino rimane il miglior snowpark in assoluto per progredire nel riding. Non è per caso che infatti abbiamo deciso di stabilire il camp di TRE B, proprio qui.
Ciao mi chiamo Filippo Crudeli sono nato a Bormio e vado in snowboard dal 1999. Mi alleno tutto l’anno tranne qualche mese che vado al mare o in India. Sono sponsorizzato da Quiksilver da circa 10 anni per quanto riguarda l’abbigliamento e da Nitro per il tecnico. Da 3 anni sono maestro e nonostante ciò, riesco ancora a partecipare a competizioni internazionali come il contest “Oneil Garden Of Roses” dove ho ottenuto il primo posto.
La neve è arrivata, tardi ma possiamo dire che l’inverno è iniziato. Come sta andando questo inizio di stagione? Non abbiamo proprio perso tempo, infatti lo showroom di TreB Camp è aperto e pronto per ospitare i suoi atleti. Inoltre ho incominciato a filmare con Random Video Production, così la prossima stagione avrete modo di capire cosa vuol dire essere seguiti da pro rider.
E’ iniziato tutto molto in fretta. Foto e video shooting per i vari magazine senza tregua.
Sta andando molto bene, sono sempre pronto ad insegnare, anche con poca neve. Ne arriverà esattamente quanta ne dovrà arrivare…
Noi ci limitiamo solo ad insegnarvi con i migliori metodi la disciplina dello snowboard freestyle, trasmettendo tutte le straordinarie emozioni che offre la montagna.
Il nostro camp offre un’apprendimento a 360° in quanto l’insegnamento nasce da più di 10 anni di esperienza vissuta e non da 90 giorni di corso.
Quale è il punto forte di TreB Camp? Sicuramente la professionalità dei maestri, non esistono altri camp dove ad insegnarvi e seguirvi passo passo ci sono esclusivamente atleti professionisti.
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SPORT
INTERVISTA TRIPLA
Perchè un ragazzo che vuole imparare lo snowboard freestyle deve scegliere proprio voi? Perchè noi possiamo insegnarti qualsiasi trick tu abbia voglia di imparare, se non ci credi prova a passare dalle nostre parti!
Te la faccio io una domanda. Quanti maestri riescono a chiudere Double Cork in Italia?
Provate ad immaginare che qualsiasi professionista di qualsiasi sport vi insegni tutti i segreti su cui a lavorato per l’intera carriera.
Ognuno di voi si distingue nell’insegnamento oppure no? Sicuramente l’Half Pipe è la disciplina nella quale pecco un poco di più. Nelle altre però vado ad occhi chiusi!
I Big Air sono sempre stati la mia passione, negli ultimi tempi ho scoperto un vero interesse per il Jibbing in park e in street. Sono pronto ad insegnarvi qualsiasi trucco del mestiere.
Non ho mai avuto grosse preferenze, vado in tutti i tipi di terreni, quello in cui provo più soddisfazione è sicuramente la neve fresca e i grandi cliff naturali.
Del progetto “The Army” cosa mi dite a riguardo? “The Army” è nato per offrire ai nostri Camper tutto ciò che si potesse desiderare, ovviamente sempre nei migliori snowpark italiani e sempre con i migliori atleti italiani.
Volevamo dare ai clienti quello che gli altri camp non offrono. Sei talentuoso e vorresti conquistare il tuo primo sponsor? Noi ti insegnamo e ti aiutiamo a far iniziare la tua carriera da professionista.
Il progetto consiste nel seguire ed insegnare ai ragazzi più portati, con lo scopo di raggiungere una vera sponsorizzazione. L’unico modo per crescere veramente è snowboardare quotidianamente con rider più forti di te.
Con Random Video Production invece…? Ho iniziato a filmare proprio in questi giorni, nel prossimo video ci vedrete tutti in azione!
Purtroppo durante la scorsa stagione ho subito un’infortunio che non mi ha permesso di fare una video part come volevo io. Quest’anno saprò sicuramente rifarmi!
La video part in Randomite è andata abbastanza bene, ho filmato meno di 1 mese praticamente solo rail. Quest’anno ho intenzione di filmare di più, anche in sui big kicker e in Powder!
Nella fase finale di quest’intervista vorrei che ognuno di voi si descrivesse con 3 aggettivi… Preciso, esigente, onesto.
Estroso, generoso, fraterno.
Profondo, sicuro, positivo.
Ora leggete quello che hanno scritto gli altri e ditemi se è vero, altrimenti descriveteli voi… Ma li avete mai conosciuti Lollo e Crudo? Inspiegabili!
Zappa è il metodico e perfettino, Pippo invece è talmente positivo che qualsiasi cosa succeda la risposta sarà sempre: ” Se è successo è perchè doveva succedere”.
Gli aggettivi sono giusti. aggiungerei solo che Zappa è caparbio e deciso negli obbiettivi e super esigente nei trick. Lollo invece direi coinvolgente e pieno di energia!
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FUERTEVENTURA & SURF
SPORT
FUERTEVENTURA: ORANGE HOUSE & SURF Itemperatura mmaginate un luogo dove sia perennemente estate, dove la sia costantemente ventilata e attorno ai 27 gradi,
un luogo economico, dove si possano mangiare delle prelibate costolette con contorno e birra media a poco più di 10 euro, dove un litro di benzina non costa nemmeno un euro, dove non esistono autostrade, caselli, parcheggi a pagamento, dove si possa stare tutto l’anno con solo le ciabatte ai piedi, con una t-shirt e un costume, un luogo che sia un’isola accogliente, solare, festosa, selvaggia, genuina, calda, vulcanica, con dei panorami mozzafiato, dei tramonti indimenticabili, un’isola tranquilla, un luogo dove riposare, ritrovarsi, respirare, ascoltare la natura, un luogo dove vivere, ma soprattutto immaginate un’isola dove si possano trovare onde perfette da surfare per più di 300 giorni all’anno. Tutto questo è Fuerteventura. Ed ora immaginate una casa, una grande casa, ospitale, aperta, a misura d’uomo, divertente, rilassante, pulita, precisa, perfettamente incastrata nella natura circostante di Lajares e vicinissima ai maggiori ed incredibili spot di surf del nord dell’isola, una casa che offre tutto quello che può servirvi, una casa con una nuovissima mini da skate in giardino, una casa indipendente e con dei magnifici padroni pronti ad accogliervi, una casa che oltre al noleggio di mute e tavole da onda di qualsiasi tipo, vi offre uno dei migliori maestri di surf dell’intera isola. Paolo Stragliotto, un maestro rinomato, riconosciuto, bravissimo, divertente e che senz’ombra di dubbio, con un paio di lezioni, sarà capace di tirare in piedi sopra una tavola chiunque, anche chi non avrebbe mai pensato di riuscirci.
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Tutto questo è Orange House. Un luogo da sogno e facilissimo da raggiungere anche grazie ai voli diretti che offre Ryan Air. Con voli a prezzi assolutamente economici in tutti i mesi dell’anno e a poco meno di quattro ore dall’Italia, si può scappare dalle affollate e caotiche cittadine ritrovandosi catapultati in quell’isola magnifica e selvaggia come Fuerteventura. Vale assolutamente la pena partire, vale assolutamente la pena visitare l’intera isola, vale assolutamente la pena provare a surfare. Andate a Fuerteventura. Andate a Lajares. Andate in Orange House. E, soprattutto, fatevi insegnare da Paolo ad andare in surf… è una sensazione unica, irripetibile, capace di farti mollare qualsiasi cosa pur di riprovare la stessa emozione. Fuerteventura è l’isola perfetta, Paolo e Sara sono le persone perfette ed Orange House è il posto perfetto, tutto l’anno.
MUSICA RECENSIONI E NEWS
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INTERVISTA : SBTSK8
SPORT
10 ANNI DI SKATEBOARDING A SAN BENEDETTO DEL TRONTO
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SPORT
INTERVISTA : SBTSK8
Ideln Tronto questi giorni l’Associazione Sportiva di San Benedetto taglia il traguardo dei propri primi dieci anni di
attività. Attratti dal video qui riportato, che annuncia serie di clip che racconteranno dieci anni di ricordi targati SBTSK8, ci siamo incurisiti ed abbiamo deciso di porgere qualche domanda a Tommaso Perfetti che della Associazione è uno dei fondatori.
AtS: Parlami di SBTSK8. Di cosa si tratta? Un associazione, un gruppo di amici entrambi o che altro? Tommaso Perfetti: nasce da un gruppo di amici all’inizio,gia giravamo assieme da tempo poi siamo diventati associazione vera e propria con le cariche e tutto il resto AtS: Per quale motivo avete deciso di creare un associazione?
Tommaso Perfetti: scongiuri fino alla fine heheh si abbiamo ottenuto di poter scegliere il tipo di soluzione ed il cemento è l’unica risposta adeguata, abbiamo scelto bene credo Ats: Che consiglio verresti dare dunque a tutti gli skater che stanno a lamentarsi senduti sul carb o davanti al computer? Tommaso Perfetti: agli skater dico un’ associazione è un modo per dare diciamo la patente ad un gruppo di persone che ci crede ed anche uno stimolo per creare qualcosa di nuovo. AtS: Grazie Tommaso. E complimenti agli skater di SBTSK8 e Buon decimo anniversario... Continueremo a proporre i Vs. video su Skateboard.it mano a mano che usciranno. Prost! Tommaso Perfetti: un grazie grandissimo .. ci vediamo presto
Tommaso Perfetti: Nel 2000 circa eravamo tanti e per cercare di ottenere qualcosa ci fu suggerito dal capo della polizia, ci disse lui di fondare una “persona giuridica” all’epoca pensavo mi prendesse in giro, ma poi è stata un’idea giusta
AtS: Molti skater non credono nell’utilità di fondare un’associazione per dialogare con le istituzioni locali... la vostra esperienza dunque dimostra il contrario? Tommaso Perfetti: alla fine direi di si. potevamo stare li a lamentarci e basta invece dopo tanti tentativi qualcosa è successo.. non ultimo il fatto che la scena da noi c’è e continua nel tempo, ci organizziamo le feste e se tutto va bene avremo il park quindi direi proprio che ne è valsa la pena! AtS: In quanti siete a sbattervi attivamente? Quindi siete riusciti ad ottenere la costruzione di uno skatepark Pubblico? Parlacene un pò. Tommaso Perfetti: siamo in 6 nel consiglio e ognuno si attiva per il suo, abbiamo il grafico, il meccanico, il dj, chi si occupa della burocracy e insieme ci organizziamo piccoli eventi per noi e per i kids. L’anno scorso abbiamo raggiunto i 50 iscritti che per le nostre zone non è male pur non avendo un luogo fisso di incontro adesso che c’è il moab shop è più semplice fare le riunioni ecc. dunque si grazie all’aiuto di tutti e con grande pazienza siamo risusciti ad ottenere che venga costruito il park. il fatto di essere un’associazine è stato fondamentale, è l’unico modo per avere una considerazione reale in ambito amministrativo. AtS: So che sarà uno spazio in cemento, pubblico e Streetoso... e per scaramanzia sarà meglio non parlarne prima che venga (a breve) posata la prima pietra
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RECENSIONI E NEWS
RECENSIONI E NEWS
TEAM MX 43020
INTERVISTA A STEFANO SALATI
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C iao Stefano, eccoci quest’oggi a parlare del tuo team, MX 43020, uno dei team che partecipano alle gare regionali dell’Emilia-Romagna in questo 2013. Iniziamo presentando il team, quando è nato?
Il team è nato nel gennaio 2009. E’ sempre stato un mio sogno avere un team di motocross e assieme alla mia famiglia, che fa parte della dirigenza, abbiamo deciso di creare il 43020 MX RACING TEAM! Siamo partiti con pochi piloti, un gazebo 3x3 e due chiavi nella cassetta degli attrezzi. Tutti danno una mano, si impegnano al massimo e infatti siamo riusciti ad andare avanti migliorando sempre più la struttura e l’organizzazione del team. Ad oggi siamo 11 piloti, 2 meccanici, tanti aiuti tecnici, una bella hospitality, un sito internet (www.43020mxracingteam.it)… insomma tutto quello che può servire
SPORT
ad un pilota di motocross e anche di più!! Tu sei il team manager oltre che pilota di punta? Si ricopro entrambe le figure, anche se non esiste un vero e proprio pilota di punta. Nel mio team non ci sono ordini, obblighi o aspettative. E’ una passione che voglio condividere con i miei. Oltre a me ci sono altri 10 piloti: Bruno Martin Branchi, Roberto Pezzani, Jacopo Costa, Nicola Rossi, Luca Balestrieri, Stefano Costa, Kevin Piazza, Luca Ziveri, Michele Lambertini e Stefano Rubini. Nota di merito a Bruno Martin Branchi che è al comando del campionato uisp mx1 categoria esperti avendo vinto tutte le manche disputate fino ad ora. Correte sia nei campionati Uisp che Fmi, secondo te cosa va e cosa non va nei due campionati? Penso che entrambe i campionati siano
SPORT
ottimi. Le piste e i piloti ormai sono gli stessi in entrambi i campionati e il livello uisp/fmi si è equilibrato. Quest’anno non ci sono neanche tante gare in concomitanza quindi penso abbiano fatto un bel lavoro di organizzazione. Per le cose che non vanno non voglio entrare in polemica, ogni pilota la pensa in modo diverso e metterci d’accordo tutti è praticamente impossibile. A mio parere, una volta sistemato il problema della sicurezza, tutto il resto è ben accetto. E’ difficile invogliare gli sponsor a collaborare in tempi di crisi? Si è difficile ma fortunatamente un po’ per il lavoro che svolgo e per la buona reputazione che mi sono creato non posso lamentarmi. Ho degli sponsor storici e tutti gli anni ne entrano dei nuovi. Penso che il lavoro fatto per l’immagine del team sia un punto a nostro favore, magari la cena di fine anno o tutte queste
TEAM MX 43020
cose possono fare la differenza per lo sponsor. Cosa potrebbe fare di più il Co.Re. Emilia-Romagna Fmi? Penso che la divisione in categorie fatta quest’anno in MX1 sia ottima, anzi dividerei ancor di più. Come fa a crescere un giovane, ma anche vecchio come me, pilota che si trova contro piloti che hanno partecipato a gare Mondiali o Europee?? Penso che nel motocross la “testa” sia essenziale quindi una vittoria di categoria, o un premio simbolico magari fino al decimo classificato possa migliorare il livello dei piloti perché invogliati ad allenarsi sempre di più e a presentarsi alle gare. Bene, in ultimo diamo spazio agli sponsor, se vuoi fare i nomi di chi vi sostiene… Approfitto per ringraziare tutti gli sponsor e gli amici che hanno aiutato fin dall’inizio del team. In ordine alfabetico per evitare incomprensioni di importan-
za: Ag Cerec, Autocarrozzeria Affanni Paolo, Maurizio Boschi e Auto Emilia, Balestrieri Luca, Bruno Martin Branchi, Caffarra Valdo, Costruzioni Meccaniche Carbognani, Cavandoli Moto, Cmg, Daniele Mazza, Pubblidonelli, Leonardo Leoni e Gl Racing, Gruppo Infor, Krufarma, L’Idrico, L.S., Mar, Mastropieri Giovanni, Musta Rushit, Officina Verde, Orlandini F.lli, Pharmaguida, Powerlab, Riu Trasporti, Rossi Gino, Sarti Gomme, Scam, Serraiocco Danilo, S.O.S., Specialinox, Sqr, Toniotecnica, Tredil, Stefano Vezzelli, UFO, Zoiadi e Nicoli. Oltre a questi ringrazio la mia famiglia che mi ha sempre supportato in tutto e per tutto. Grazie e in bocca al lupo per il proseguo della stagione! Grazie mille a voi che mi avete permesso di raccontare la mia passione. Ci vediamo in pista!
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SURF FEMMINILE
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LE STAR DEL SURF FEMMINILE IN GARA A BIARRITZ D al 10 al 14 luglio, l’élite del surf femminile si riunirà a Biarritz (Francia) per il Roxy Pro, unica tappa europea del Campionato Mondiale ASP 2013.
Appuntamento cruciale nel calendario del Tour, il Roxy Pro vedrà sfidarsi le stelle dello shortboard nella spettacolare location della Costa Basca. Non solo una gara, l’evento sarà una vera celebrazione del surf in rosa e della filosofia di Roxy, con una line-up esclusiva di concerti gratuiti e un ricco programma di intrattenimento. Sulle onde, il duello più atteso sarà quello tra le due australiane Stephanie Gilmore, cinque volte Campionessa del Mondo e Sally Fitzgibbons, tre volte Vice-Campionessa del Mondo. Proprio a Biarritz, lo scorso anno, Stephanie Gilmore conquistò il suo secondo podio consecutivo nell’evento, mettendo il sigillo sul quinto Titolo Mondiale in carriera. Prima di ripetersi per la terza volta, dovrà però vedersela con la connazionale Sally Fitziggobons, la sfidante più accreditata, tra le atlete più forti del tour. Nel faccia a faccia tra le due surfer, potrebbe intromettersi la francese Pauline Ado, unica europea del Tour. Forte dell’esperienza maturata nelle ultime tre stagioni, Pauline potrebbe mettere in difficoltà le sue avversarie e conquistare il podio nello spot di casa. Pauline non sarà l’unica surfer da tenere d’occhio: considerato il livello delle 17 partecipanti al World Tour 2013, la gara sarà più combattuta che mai. Oltre ad assistere ad un grande spettacolo sportivo, le ospiti del Roxy Pro Biarritz potranno partecipare ad una serie di attività per tutti i gusti: per le più sportive, saranno tenuti
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interessanti workshop di yoga, fitness e stretching e divertenti lezioni di stand-up paddle. Per le appassionate di musica, il Roxy Pro organizzerà il tradizionale concerto gratuito, sponsorizzato da Sosh, che si terrà sulla spiaggia del Port Vieux. Lilly Wood & the Prick, Singtank, The Shoes, The Sounds, Plastiscines e Miky Green saranno solo alcuni degli artisti ad esibirsi in un’incredibile serata dedicata alla musica dal vivo. Stay tuned for more!
SPORT PHOTO REPORTAGE SKATE OF MIND
Questo è un reportage fotografico che vuole riassumere la vita degli skater della mia zona, in una serie di flash. Ci si ritrovatutti insieme per dedicare una murata ad un’amico. Gli smadonnamenti di quando ti si rompe una tavola, e devi aspettare che ti ritornino in tasca isoldi per comprarne un’altra, (e avoglia ad aspettare). Il tuo comune tipriva dell’unico (o quasi) spot, e il “grindbox” te lo devi saldare da solo. Ilvecchio beve tutto il condensato del suo adorato quotidiano, incurante di ciò che gli è sotto il naso. La metro puzza ed è sporca e si porta a spasso le firme delle crew storiche di Roma. A Gregorio Settimo, sotto la stazione San Pietro, la pubblicità della parrocchia ti censura “una delle poche cose che ti mette il sorriso mentre la mattina vai a lavoro”. Finalmente la domenica si va ai full pipe. Semplicemente, un’attitudine
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A CACCIA DI ONDE
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A CACCIA DI ONDE INTERVISTA AD ALBERTO RONDINA A lberto, per chi ancora non ti conosce cosa puoi dirci di te? Che tipo sei? Ho 17 anni, vivo a Riccione e frequento il quarto anno di Liceo Scientifico. Sono uno sportivo fin da piccolo e, oltre a tutto quello che si può fare in mare -body board, surf, windsurf, snorkelling, nuoto- ho praticato ginnastica artistica dall’età di 7 anni. Che tipo sono non lo so bene! Dicono tutti che sono riservato e parlo poco, però mi piace molto ridere, scherzare e stare con gli amici! Amo la musica dei Queen, Red Hot, U2, Led Zeppelin. Quando ho un po’ di tempo libero, mi piace molto leggere, soprattutto durante i viaggi o quando la scuola è chiusa. Com’è nata la tua passione per il kitesurf e quando hai capito di voler diventare un pro? La mia passione per il mare inizia molto prima di quella per il kite. Tutto parte dal mio papà, storico windsurfista! Con il suo aiuto, prima ho iniziato ad andate in surf da onda (che ancora mi piace moltissimo), poi mi ha insegnato ad andare in windsurf e più avanti abbiamo imparato insieme ad andare in kite. Negli stessi anni partecipavo anche alle gare di ginnastica artistica, quindi, diventato un po’ più bravino in kite, per un anno ho fatto gare di entrambi questi sport, ma l’anno successivo ho deciso: solo kite! Ricordi le prime planate ed evoluzioni con il tuo kite e cosa hai provato volando sull’acqua? Le prime partenze le ho fatte a Riccione e anche i primi salti. Sono la cosa a cui un principiante aspira più di tutti, o alme-
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no per me era così. Il primo salto non me lo ricordo bene, nel senso che ho richiamato il kite, ma non ci ho capito molto, però ho sentito bene la botta nell’atterraggio! Quest’anno hai vinto la Red Bull Kite Mission, un ottimo risultato: vuoi parlarci di questa gara e di come sei arrivato alla vittoria? La Red Bull Kite Mission è sicuramente una delle gare più belle dell’anno. È molto differente dalle altre, perché non si è fermi in un posto ad aspettare il vento, ma si vive per dieci giorni in un camper e ogni giorno si gira alla ricerca del vento e onde. Quest’anno la Mission si è svolta in Sardegna, che abbiamo girato in lungo e in largo più di una volta. Siamo riusciti a disputare quasi tutte le discipline, dal freestyle, al kite-park, best-trick e waveriding. Le condizioni, a parte i primi giorni nei quali il vento si è fatto un po’ desiderare, sono state proprio belle e vivendo dieci giorni in camper insieme eravamo diventati un vero gruppo. La mattina ci svegliavamo e andavamo in acqua per divertirci! A parte nel wave, dove il local Luca Marcis ha dominato la gara, nelle altre specialità mi “scontravo” prevalentemente con Stefano Maselli, che è un grande rider. È stata veramente una bellissima esperienza. Puoi fare un commento sull’ultima gara del circuito Pkra alla quale hai partecipato in Sicilia recentemente? Come è andata? La gara in Sicilia è l’unica tappa in Italia del Pkra, quindi era “obbligo” degli italiani essere più numerosi possibile, per far vedere a tutti i pro che anche noi sappiamo andare in kite. Su 6 giorni il vento non è stato tanto, ma l’organizzazione era
SPORT perfetta, quindi studiando bene le previsioni sono riusciti a concludere entrambi i tabelloni, Single e Double. Il livello dei pro è stato come sempre alto. Molte volte la tua gara dipende dal sorteggio del tabellone: se vieni sorteggiato subito contro un super rider, ci sono buone probabilità di uscire. Questo è quello che è successo a tutti gli italiani nella single, purtroppo. Nella single avevo contro Alvaro Onieva, che ha passato il turno. Nella double invece Silvester R., un pro tedesco, che abita a Tarifa, e sono riuscito a passare il turno. Poi ho incontrato anche Reno Romeu e Etienne Lhote e, concentrato come nella prima batteria, ho passato il turno! Poi sono mi sono trovato contro Rui Meira e questa volta non ho atterrato le mie ultime manovre, invece Rui, molto tecnico, ha chiuso delle belle manovre. Alla fine mi soon classificato 9° e sono molto contento. È stata una bellissima esperienza: andare in kite insieme ai pro, allenarsi con loro è stato troppo bello. Tutto era perfetto, la Sicilia è bellissima. e c’era un grandissimo pubblico di italiani che non si trova in nessun’altra gara! Segui una tabella di allenamenti specifica? Faccio ginnastica artistica, tre volte alla settimana, dalla prima elementare, ma quando c’è vento, che a Riccione è una cosa abbastanza rara, ha priorità assoluta, quindi saltano tutti gli allenamenti e così gli istruttori, quando non mi vedono, sanno che c’è vento! Hai uno spot preferito per allenarti o per gareggiare? Il mio spot preferito è un po’ scomodo da raggiungere ed è molto impegnativo, sia dal punto di vista economico, che per il viaggio: KiteBeach, Maui.Il mio spot vero però è Riccione e anche se ha poco vento è sempre il mio “home spot”! Quali sono i tuoi impegni e obbiettivi per questa stagione 2007? Partecipare alle gare italiane e ad
A CACCIA DI ONDE alcune gare del Pkra durante l’estate. C’è qualche avversario che temi di più? Tutti i pro che passano l’inverno ad allenarsi, mentre io studio. Come riesci a conciliare la tua vita da studente con il tuo sport? Ho la fortuna di avere la finestra che guarda sul mare, quindi non perdo tempo e se arriva il vento, in tre minuti sono in acqua. Parto da casa già con la muta con la mia Ape. Comunque non è una cosa facile, soprattutto dopo qualche assenza per gara, come adesso che sono tornato dopo 10 giorni dalla Kite Mission e sono sommerso di interrogazioni e compiti in classe! Quali sono i pro e i contro (se ci sono) della vita di un kiter? I pro sono tantissimi: la sensazione del vento, lo scivolare sull’acqua e volare, l’urlare agli amici quando una manovra ti viene, girare il mondo, vedere posti diversi, conoscere tanta gente. Il lato negativo più grosso è che il vento arriva quando vuole lui, ma questo fa parte anche del suo fascino. Che consiglio daresti a chi vuole cominciare a fare il tuo stesso sport, magari a livello agonistico? Niente è impossibile, ci vogliono solo molta pratica e costanza. I pro si allenano quasi tutti i giorni dell’anno, in tante condizioni diverse, in giro per tutto il mondo, quindi è “matematico” che arrivino ai livelli che vediamo nella coppa del mondo! Però, se uno ha la fortuna di vivere vicino al mare e magari avere un po’ di vento, tutto è possibile. Secondo te il kite è uno sport a portata di tutti o ci vogliono requisiti particolari? Assolutamente no, grandi e piccoli, uomini e donne, tutti possono andare in kite! Magari saranno avvantaggiati quelli che hanno già praticato un sport simile (come il windsurf, il surf, il wakeboard, lo skate o lo snowboard), ma con molta pratica e
senza arrendersi mai, tutti ce la possono fare. Hai qualche hobby o pratichi qualche altro sport per rilassarti o divertirti quando non vai con il kite? Quando non esco in kite e sono un po’ “stressato” mi metto a suonare il pianoforte e mi lascio prendere dalla musica, così mi scarico con le canzoni che mi coinvolgono di più! Un’altra cosa che mi piace molto è andare a correre al mare, da solo o con gli amici, è sempre bello e divertente e quando torno a casa sono stanco, ma rilassato. Cosa pensi avresti fatto se non avessi scoperto il kite? Sicuramente avrei continuato a praticare il surf da onda, cosa che faccio ancora adesso, ma 24 ore su 24... e in assenza di onde, anche ginnastica artistica, che secondo me è un grandissimo sport, che prepara un po’ a tutto. Infine, vuoi dire qualcosa a tutti coloro che visitano il nostro sito? “Navigare” è bello e ancora di più è bello navigare nei siti di sport acquatici, dove io mi trovo molto in sintonia, perché è interessante trovare news, leggere esperienze di altri ragazzi, racconti di viaggi, interviste, belle fotografie, ma se c’è vento la cosa migliore è navigare in mare! See you in the water! Ciao
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MIDNIGHT BMX JAM
SPORT
MIDNIGHT BMX JAM U n lungo e duro lavoro porta sempre ad un ottimo risultato; le ore che abbiamo dedicato per far sì che questa bmx jam session avesse il giusto riscontro son state molte ma son bastati gli applausi, il supporto del pubblico e il rivedere vecchi amici per farci dimenticare il caldo del sole, la segatura mangiata durante la realizzazione delle rampe, gli sbattimenti con i furgoni, le viti avvitate nelle dita e la vernice che ha sporcato i nostri vestiti!
Così dopo ore e ore di lavoro, idee e incontri siamo arrivati alla giornata di sabato dove il caldo ci ha accompagnato per tutto il tempo; gli amici di Eclipse Cafè che hanno reso possibile in prima persona questo evento ci hanno idratato con fresche birre a riempito la pancia con ottimo cibo per tutta la notte e i riders si sono dati da fare per mandare i migliori tricks sulle strutture da noi costruite lasciando a bocca aperta tutto il pubblico presente, Cicca si porta a casa 4 punti da aggiungere alla sua patente di guida, Fabio Matrone ha dominato su tutte le strutture street facendo vedere come si usa il freecoster, Mirco Andreani non si fermava più, Marcello Rizza ad una certa ha preferito spegnere il cervello a colpi di tequila, il buon Pier Lofrano ha preso la sua auto ed è venuto a giocare con tutti quanti e l’amico Andres da sabato sera non è più raggiungibile al suo numero di cellulare, dopo aver provato a renderlo più sottile passandoci sopra in automobile!
Il pubblico presente ha puntato anche la sua attenzione a tutti i flatlanders presenti che han dato modo di far conoscere e vedere come si possono usare le bmx anche
92.
SPORT
GREG LONG ED IL SURF
senza l’ausilio di rampe. Jenza in primis ha fatto impazzire giovani e bambini con le sue rotazioni, sembrava una trottola pronta a sprigionare tutta la sua potenza e Micheal con Valerio ha fatto vedere molti tricks e combo tecniche ugualmente spettacolari portandosi a casa la stima di molti presenti! La serata si è conclusa con il consueto price pogo, un contest di surf meccanico vinto da Matteo Martinelli che ha dato spettacolo sulla tavola facendo vedere anche dei passi di Latino Americano veramente stilosi e con il consueto brindisi finale che si è protratto per parecchie ore.
L’UOMO CHE SUSSURAVA ALLE ONDE.
CON I SUOI 28 ANNI, GREG LONG È IL SURFISTA PIÙ MEDAGLIATO DEL MONDO, L’UNICO IN GRADO DI VINCERE LE TRE PIÙ IMPORTANTI COMPETIZIONI MONDIALI Con i suoi 28 anni, Greg Long è il surfista più medagliato del mondo, l’unico in grado di vincere le tre più importanti competizioni mondiali: la Quiksilver Big Wave Invitational, la Maverick’s Surf Contest e la Red Bull Big Wave Africa.Considerato il re delle onde, Long è diventato il protagonista di un documentario sull’adrenalinico mondo del surf, tratto da oltre trenta ore di interviste al giovane atleta e al suo staff. Chiamato con l’iconico titolo di Sine Qua Non, il documentario è diretto dal regista Richard Yelland che ha dichiarato di “voler fare un documentario che raccontasse le più belle storie di surf ”
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RECENSIONI E NEWS
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MUSICA
MUSICA RECENSIONI E NEWS
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OROSCOPO
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ARIETE
TORO
GEMELLI
CANCRO
21 MARZO 20 APRILE
21 APRILE 20 MAGGIO
21 MAGGIO 21 GIUGNO
22 GIUGNO 22 LUGLIO
Molto probabilmente instaurerai una relazione amorosa con il tuo collega di lavoro: se sfrutti adeguatamente la situazione potrai aumentare la tua produttività. Se lavori da solo, instaurerai una relazione amorosa con te stesso, e probabilmente aumenterai le tue doti manuali.
La quadratura che la Luna forma con il vostro segno rende voi Torelli un po’ incostanti, per quanto riguarda le persone con cui volete rapportarvi. Cambiate idea un po’ troppo spesso. Siete sicuri che valga la pena mischiare continuamente le carte? La persona che, sotto sotto, v’interessa davvero potrebbe pensare che siete croupier inaffidabili.
Il mercoledì è il giorno favorevole, per voi dei Gemelli. Per questa ragione, e per la Luna nell’elemento, oggi vi sentirete molto sicuri di voi stessi. Il modo di fare disinvolto vi permetterà di essere notati da una persona molto curiosa, che a dire il vero vi teneva gli occhi addosso già da qualche giorno!
Termina oggi l’opposizione della Luna al vostro segno. Il vostro umore è molto più alto. Inoltre, oggi saprete comunicare in maniera molto efficace nell’ambito dei rapporti familiari, che ultimamente avevate trascurato. Oggi potreste venire a conoscere qualcosa che ignoravate, a proposito della vostra famiglia d’origine, ma che potrebbe ora tornarvi utile.
LEONE
VERGINE
BILANCIA
SCORPIONE
23 LUGLIO 23 AGOSTO
24 AGOSTO 22 SETTEMBRE
23 SETTEMBRE 22 OTTOBRE
23 OTTOBRE 22 NOVEMBRE
Siate più decisi, quando vi chiedono la vostra opinione. L’astro notturno è opposto al vostro segno. Voi Leoncini non dovreste mostrare titubanze. Se volete fare breccia nel cuore di una persona che ha standard molto alti, non potete permettervi incertezze. Andate dritto alla meta e non potrà fermarvi nessuno. Sarete capaci di non guardarvi mai indietro?
Con la Luna in sesta casa, voi della Vergine sapete come arricchire le cose pratiche dell’esistenza con qualche idea originale. Non fa eccezione il mondo dei sentimenti: nell’intimità, in particolare, saprete inventarvi qualcosa di inusitato ma elegante, che il partner troverà subito divertente o addirittura entusiasmante.
Il bel trigono che la Luna forma con il vostro segno vi rende oggi particolarmente interessanti. Il vostro modo di parlare sarà molto intrigante. Siete affabili e sapete dire cose piuttosto acute, che gli altri apprezzeranno subito. Questo vostro lato intellettuale non rimarrà sterile: qualcuno si chiederà come possa essere l’intimità in vostra presenza.
“La parte centrale della settimana vi vede di umore un po’ nervoso. La quadratura dell’astro notturno rende voi dello Scorpione piuttosto irrequieti, quando si tratta di fare promesse. Avreste voglia di maggiore libertà; invece, la gente si fa un po’ pressante. Perché non vi prendete qualche ora per voi stessi, al riparo da certe domande incessanti?”
SAGITTARIO
CAPRICORNO
ACQUARIO
PESCI
23 NOVEMBRE 21 DICEMBRE
22 DICEMBRE 20 GENNAIO
21 GENNAIO 19 FEBBRAIO
20 FEBBRAIO 20 MARZO
Nella parte centrale della settimana, siete pieni di idee originali per portare a termine i vostri compiti più velocemente e con maggiore qualità. La Luna è in sestile con il vostro segno. Vi dona molta inventiva, che è vostro compito utilizzare nelle maniere più proficue!
Esattamente come è accaduto all’inizio del mese, voi del Capricorno dovete stare attenti a non fare spese esagerate, in questa parte centrale di settimana. L’astro notturno è in secondo Campo astrologico. Vi porta a pensare che tutto è permesso. Dovete fare i conti non solo col portafogli, ma anche con il partner, che ha più di qualche motivo per essere un po’ geloso.
La Luna torna in congiunzione con il vostro segno. Voi dell’Acquario siete pieni di idee vincenti sia per quanto riguarda l’aspetto professionale dell’esistenza, sia per quanto concerne la vita privata. Qualcuno che vi piace più di un po’ vorrà vedervi più del solito. Come non rallegrarsi per questa bella sorpresa nel campo dei sentimenti?
È vero che il mondo è bello perché è vario, però, in questa giornata, voi dei Pesci dovete dimostrare di essere fedeli alle persone cui avete promesso qualcosa. L’astro notturno è in ultimo campo. Sembra che una sola persona non vi basti, visto che date molta confidenza a molta gente. Vi sembra un atteggiamento accettabile?