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03.10.2013 17:21 CEST
L'esodo dei disoccupati spagnoli Dario Vese
La Spagna si sta riprendendo, molto più velocemente dell'Italia. Così ci dicono. A pensarla diversamente è il Banco de Espana e l'Ine, l'equivalente dell'Istat italiana. Almeno per ora, i dati dicono che la popolazione diminuisce: parliamo di residenti, cittadini spagnoli o immigrati che siano calano di numero. Quelli che restano sono al 26,2% disoccupati (in Italia è al 12,2%), e tra questi gli under 25 arrivano al 56% (in Italia la disoccupazione giovanile è al 40%, in Grecia al 61,5%, in Germania al 7,7%. Nell'Eurozona al 23,7%). Più di un giovane su due è senza lavoro. A destare scalpore questa volta è il gap fra le rimesse degli emigrati e quelle degli immigrati. Nel trimestre aprile-giugno, in sostanza, i soldi inviati a casa dagli spagnoli che lavorano all'estero sono di più di quelli che gli immigrati en la tierra de Espana mandano ai loro cari nei rispettivi Paesi di provenienza. Nel 2007 mandavano da Madrid circa 8,5 miliardi di euro, l'anno scorso 6,5 miliardi. Quest'anno saranno meno di 6. Pare di essere d'un tratto ritornati negli anni in cui, subito dopo essersi liberati dal regime franchista, i cugini spagnoli, braccianti e manovali per la maggior parte, riempivano le capitali europee, e non solo. Oggi sono laureati, specializzati, dottori di ricerca ed imprenditori, chi ha gli strumenti non più solo per andarsene ma anche per costruire qualcosa fuori. E le rimesse ce lo confermano. Il premier di centrodestra Mariano Rajoy ci va leggero: "mobilità esterna". Ha definito così il flusso di emigrazione dei suoi concittadini, flusso che nella classifica degli stranieri che lavorano in Inghilterra vede gli spagnoli posizionarsi al secondo posto, quando solo nel 2010 erano al quattordicesimo. L'opposizione attacca e fa sapere - via Fundacion Alternativas, think tank socialista - che coloro che fanno la valigia sono risorse umane qualificatissime che porteranno il loro know-how nei Paesi di destinazione, e che sono molti di più di quelli che conta l'Ine, perché quest'ultima non tiene conto dei dati interni forniti dai Paesi di arrivo, bensì solo di quelli forniti dai consolati spagnoli. Si parla di 700 mila persone.
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