#10 Anno 19 1° dicembre 2023 Periodico del Master in giornalismo “Giorgio Bocca” - Università di Torino
VIOLENZA DI GENERE
Dove si trova una risposta
Cioffi, Maccario | P4
DIPENDENZE
Calano le overdose ma è allarme giovani
Bagnalasta, Raineri Djerbouh | P5
MONTAGNA
La risposta dei rifugi alla crisi climatica Franco Luigi Sani | P6
Intelligenze museali Chiara Comai e Giovanni Turi Pagine 2 e 3
SPORT
Torino capitale del nuoto italiano Giovanni Turi | P7
APPUNTAMENTI
Andare per mercatini in Piemonte Cioffi, Turi | P8
FOTO DI MUSEO LAVAZZA
FUTURA MAGAZINE #10 – 1° DICEMBRE 2023
IL FOCUS
I MUSEI SCOPRONO IL DIGITALE SOFT
Dalla Mole alla Nuvola Lavazza, dal Polo del ‘900 a Palazzo Madama, l’utilizzo di 5G, visori, robot, app, videogiochi e intelligenza artificiale di Chiara Comai e Giovanni Turi
IN SINTESI
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Al Museo del Cinema, l’Ia crea sceneggiature
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Visori al Lavazza e app ludiche ai Musei Reali
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I Musei Civici hanno provato robot come guide
I
ntelligenza artificiale, visori, robot, app e 5G. I musei torinesi si aprono all’innovazione tecnologica, che ormai non fa più paura: se governata, non porta altro che benefici. «Le tecnologie migliorano l’esperienza delle visite, bisogna però saper scegliere i progetti che vale la pena sviluppare. Non dobbiamo per forza ricorrere all’iper-tecnologia», spiega Rossella Arcadi, responsabile dei servizi digitali dei Musei Reali. A questo proposito ogni realtà museale di Torino ha adottato strategie diverse. Il risultato è un’offerta variegata e completa nel suo insieme, che consente ai turisti di diversificare le singole esperienze, evitando di imbattersi sempre nello stesso schema. Anche se c’è una regola aurea: «Se l’innovazione serve per mediare il contenuto culturale, bene - aggiunge Arcadi -. Ma trasformare tutta la visita in digitale significa renderla più lunga e faticosa». IA E VISORI
Una delle frontiere da battere è l’Intelligenza artificiale. Lo sa bene il Museo del Cinema, dove la tecnologia alla base di ChatGpt riesce a elaborare una sceneggiatura. «I musei devono stare al passo con il presente - evidenzia l’Ufficio sviluppo innovazione -. Questa installazione touch screen pone il dubbio sull’hype dell’Ia nel contesto cinematografico, il che è fondamentale per raccontare e intercettare i nostri tempi». Ma finora è la realtà immersiva l’ausilio tecnologico più gettonato in città. Tra i primi ad adottarla è stata la Cappella della Sindone, che dal 2018 mette a disposizione quattro visori per poterla osservare da più vicino. Da apposite postazioni, che si trovano appena fuori il percorso della visita, si può virtualmente salire su un drone e volare in cima alla cappella. Un’esperienza che suscita reazioni tra le più disparate, compreso qualcuno che si è tenuto per mano dalla paura. Il servizio è stato interrotto durante il periodo Covid per motivi di igiene, ma è pronto a ripartire nei primi mesi del 2024. Dall’arte ai versi danteschi. Il celebre «Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate» risuona nell’Aula del Tempio del Museo Nazionale del Cinema dal 2021. Con indosso i visori, il visitatore può assistere il Sommo Poeta nel suo viaggio nell’Inferno. «Queste tecnologie
CREDIT: MUSEO LAVAZZA
attraggono molto i visitatori - spiegano dall’Ufficio sviluppo innovazione -. Lo stiamo vedendo dalle entrate alla mostra di Tim Burton che conta fra le 2.000 e 3.000 persone al giorno». L’intenzione del museo è chiara: coinvolgere il pubblico e scardinare il paradigma di cinema «come media fruito in modo passivo e lineare, ormai passato», dicono gli addetti dell’Ufficio. C’è un’altra realtà che ha fatto dell’immersione la sua parola d’ordine. È il museo Lavazza, con l’installazione proiettiva che avvolge i visitatori portandoli nelle coltivazioni di caffè. I diversi contenuti si attivano tramite touch screen che dialogano con 8 proiettori. Ci sono
anche visori e tazzine interattive con microchip che permettono di accedere a contenuti museali con un tocco. E, ancora, un’installazione emozionale per vivere l’esperienza di Samantha Cristoforetti che beve il primo espresso in orbita nel 2015. GAMING
«Vogliamo attrarre i giovani visitatori, per spingerli a trascorrere i pomeriggi nel nostro museo anziché gironzolare per strada», spiega Arcadi dei Musei Reali. Per farlo, la Galleria Sabauda ha deciso di investire sul gioco. Con il supporto di un finanziamento di Intesa Sanpaolo per investire sull’innovazione, un anno fa è nata «Mrt Play», un’ap-
plicazione per attirare l’attenzione sulla Pinacoteca, «un po’ meno frequentata», spiega Arcadi. La sfida è risolvere quiz e indovinelli per conquistare le sale museali: chi le supera tutte, vince. La risposta è positiva, ma c’è ancora tanto da fare. «L’app è molto apprezzata, le persone la scoprono solo quando sono già qui. Vorremmo che fosse invece un elemento attrattivo, un motivo in più per venire al nostro museo». Una escape room sulla caduta del muro di Berlino. «Where to where» è stata un’idea di «gamification» del Polo del Novecento realizzato da due game designer, in cui contenuti d’archivio si sono intrecciati con un’esperienza da vi-
CANDIDATO PRESIDENTE AL MUSEO DELLA RESISTENZA
Jallà: «Sì al virtuale, se stimola le persone» di Chiara Comai
on dimentichiamo che l’espeN rienza della visita passa anche attraverso il corpo, le mani, la fatica.
Su questo il virtuale non potrà mai sostituire la realtà». Daniele Jallà è il candidato del Comune di Torino per la nomina a presidente del Museo diffuso della Resistenza, di cui è uno dei fondatori. Storico di formazione, è stato direttore dei Musei civici torinesi. Professore, che importanza ha il digitale in un contesto museale?
«Molta, perché consente di consultare le opere da qualunque parte del mondo in tempo reale. L’investimento più grande che si possa fare
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oggi è creare un catalogo digitale del patrimonio culturale italiano. Le grandi gallerie del mondo lo hanno fatto. Occorre anche trovare un bilanciamento tra online e sito fisico: il museo della città, per esempio, finora esiste solo sul web e non ha ancora avuto una realizzazione fisica». Non c’è il rischio che l’online riduca i visitatori?
«No. Il contatto con un oggetto autentico è molto diverso da una riproduzione. Negli ultimi decenni Torino ha avuto un boom di turismo culturale. La diffusione del patrimonio artistico fa da volano, ha il compito di attirare visitatori. Ma l’esperienza fisica è autentica, sensoriale, oltre che cognitiva e sociale».
«LA TECNOLOGIA OFFRE POSSIBILITÀ MAI VISTE MA IL CONTATTO CON UN OGGETTO AUTENTICO È MOLTO DIVERSO DA UNA RIPRODUZIONE DIGITALE» DANIELE JALLÀ FONDATORE MUSEO RESISTENZA
Come viene sfruttata la tecnologia nelle visite al museo?
«Offre possibilità una volta inimmaginabili. Oggi un visore permette di guardare i dettagli di un manoscritto chiuso in una teca o ricreare ambienti molto realistici in cui muo-
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IN NUMERI
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Cartelline usate per catalogare i pezzi di papiri
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Dinastie di faraoni attraversate dal progetto
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CREDIT: MUSEO EGIZIO DI TORINO
LA RICERCA DELL’EGIZIO
Anni impiegati nello studio
Magie e burla fra scribi nei frammenti di papiri di Giovanni Turi
CREDIT: MUSEO EGIZIO DI TORINO
vere. Anche se ormai il progetto è terminato, il Polo da poco ha vinto un premio proprio per questo. «Al momento non abbiamo intenzione di riproporlo - dice Emiliano Paoletti, direttore del Polo -, stiamo comunque ragionando su attività più permanenti. Questi progetti hanno un grande successo ma occupano spazio materiale. La vera sfida è la continuità». ROBOT E 5G
Anche i musei civici stanno al passo con le nuove tecnologie. Sfruttando il progetto europeo 5G-Tours, interattività è diventata l’imperativo. Dal 9 al 13 maggio, la sala Ceramiche di Palazzo Madama
ha avuto una guida d’eccezione: il robot umanoide R1. Composto in plastica, carbonio e metallo dall’Istituto italiano di tecnologia di Genova, descriveva le opere e rispondeva alle domande su autore e periodo storico d’appartenenza. Se il cugino Minirobot Double 3 garantiva poi la visita nei sotterranei grazie a una certa reattività negli spazi ristretti, in Camera delle Guardie i visitatori potevano sfruttare i visori Meta Quest, collegati alla rete 5G che ha coperto interamente l’edificio, tramite cui maneggiare virtualmente i dipinti presenti. Tutte sperimentazioni che sono state riproposte anche alla Galleria d’Arte Moderna il 25 maggio.
museale?
«Può essere, ma le tecnologie non sono ancora abbastanza evolute. È importante creare un effetto immersivo, in modo che le persone possano catapultarsi nel passato, anche senza viverlo al 100%. Manualità e corporeità sono fondamentali per i musei. Le esperienze virtuali? Bene solo se stimolano quelle reali». Come attualizzare il patrimonio della Resistenza al fascismo? CREDIT: DANIELE JALLÀ
versi, così da poter vivere situazioni lontane o passate, cosa impensabile prima. Vuoi stare in una foresta tropicale? O trovarti nello studiolo di Dieste? Ora basta poco per farlo». Il visore è il futuro nel settore
«L’attualità non sta nei mezzi, ma nella testa dei visitatori. Non potremo mai vedere Santa Croce a Firenze con gli occhi di Dante. Possiamo avvicinarci solo con l’immedesimazione nelle persone dell’epoca. La tecnologia ci può aiutare, ma a volte basta la parola per guardarsi indietro. E capire che ricordare i valori del passato serve per capire meglio il presente».
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ncantesimi per proteggersi dagli scorpioni, magie contro la febbre, scribi che si sbeffeggiano a vicenda. Poi, lettere d’amore, estratti del giornale distribuito nel villaggio e satire taglienti. Il Museo Egizio di Torino ha restaurato e assemblato oltre 15mila frammenti di papiri, ricostruendo la quotidianità nella comunità di Deir el-Medina, cittadella ai piedi della Valle dei Re a Sud dell’Egitto, vicino all’attuale Luxor. Nello specifico, si tratta di quasi 300 anni di dinastia faraonica Ramesside racchiuse in pezzetti dai contenuti più disparati (opinioni politiche diffuse, testimonianze giuridiche e inni sacrali). Come tessere di un puzzle, quest’ultime definiscono al meglio vita e vicissitudini di un villaggio ancora al centro dell’attenzione degli studiosi, tant’è che da quasi 200 anni archeologi francesi scavano tra le sue rovine alla ricerca di reperti rari. E hanno portato alla ribalta la folta collezione di papiri del museo torinese: basti pensare che il chirurgico lavoro di Rob Demarée, professore di Egittologia all’Università olandese di Leiden, ha sancito come il faraone Ramses X abbia governato per quattro anni, e non tre come credevano gli storici finora. Dopo quattro anni, è questo il resoconto del progetto di ricerca europeo “Crossing Boundaries”, non solo capace di unire il polo museale torinese con le Università di Basilea e Liegi, ma anche di scavalcare la papirologia più pura. La riproduzione di questi frammenti ha infatti messo in campo competenze variegate: dalla chimica all’archeologia, passando da storia e filologia. Il gruppo di lavoro coordinato da Susanne Töpfer, curatrice responsabile della collezione papirologica del Museo Egizio, era partito nel marzo 2019 e si focalizza su documenti e testi
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scritti in ieratico, ossia la scrittura geroglifica in corsivo. Alcuni pezzi erano stralciati, altri proprio frammentati, al limite della comprensione. Per avviare la selezione e integrazione ai manoscritti, il Museo Egizio di Torino ha quindi intrapreso una fitta catalogazione dei frammenti in 180 cartelle specifiche. Da agosto sono open source sulla piattaforma Turin Papyrus Online Platform, contenitore digitale nato nel 2017 dove vengono annotati tutti i metadati (colori, parole chiave, misure), ma che già racchiudeva papiri di spiccato rilievo: dal Papiro Satirico-erotico, dove uomini e animali diventano tutt’uno e la trasgressione dei canoni sessuali fa da padrona, fino a quelli che ricostruiscono una giornata tipo di un artigiano. Ma il progetto non si esaurisce qui. Grazie allo sviluppo di un tavolo luminoso virtuale a Basilea, i frammenti possono essere ricostru-
iti a suon di tocchi su uno schermo. Operazione che, tuttavia, non può ancora fare a meno dell’occhio umano dato che fibre dei papiri, grandezza e tratto della scrittura sono fattori imprescindibili nell’abbinamento dei frammenti. Agli altri atenei non resta perciò che continuare la ristrutturazione dei testi. Un lavoro lungo, ancora agli albori, in quanto solo l’università svizzera è a circa un terzo dell’operato. Comunque, Töpfer è soddisfatta: «Tutti i partecipanti hanno contribuito con un approccio interdisciplinare - spiega -. Sono stati coinvolti anche studenti dalle università europee e italiane. Attraverso questa ricerca abbiamo ora un quadro più dettagliato della vita nel villaggio di Deir el-Medina: dalla definizione del cosiddetto Papiro dello Sciopero, per esempio, sono emerse le tante difficoltà economiche che vivevano i lavoratori e le loro conflitti con le autorità di governo».
IL PUNTO Il 2023 possibile anno record per le affluenze A inizio dicembre Torino si strofina le mani davanti alle affluenze annuali. Fondazione Torino Musei conta quasi 456mila visitatori annuali. Distribuiti fra Museo di Arte Orientale, Galleria d’Arte Moderna e Palazzo Madama, è una cifra sì parziale, ma che potrebbe scavalcare il record raggiunto nel 2019 (circa 497mila). Ottime previsioni arrivano anche dal Museo Egizio: dopo aver sforato quota 900mila nel 2022, quest’anno viene scavalcato il milione di visitatori, parola del direttore Christian Greco alla premiazione come Torinese dell’anno. È quindi il mese di dicembre che sancirà se la città raggiungerà il picco storico di presenze nei suoi musei. Sul fronte civici, finora Palazzo Madama conta 228.249 biglietti staccati, la Gam 139.834 e il Mao 87.893. Numeri che non solo confermano una programma-
zione variegata e di qualità - dalla World Press Photo 2022 alla Gam fino alle mostre a Palazzo Madama -, ma che si mettono definitivamente alle spalle un 2021 tartassato dalle chiusure da Covid-19 e 100 giorni di lavoro in meno rispetto alla media. Già l’anno scorso, turisti e cittadini avevano risposto presente in termini di ingressi: il Museo Nazionale dell’Automobile aveva staccato 240mila biglietti, mentre il Centro Italiano per la Fotografia aveva chiuso con 71mila presenze. Per il 2024 tante le mostre già organizzate da Fondazione Torino Musei, fra cui “Liberty. Torino Capitale” e “Textiles are back” a Palazzo Madama e due percorsi tematici il 9 marzo e dal 20 aprile al primo giugno intitolati “Profumi” alla Gam.
G.T.
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VIOLENZA DI GENERE
DOVE SI TROVA UNA RISPOSTA
A Torino due realtà in cui accoglienza e ascolto sono il primo passo per un cambiamento L’ARTICOLO La redazione di Futura News si è occupata del tema nell’articolo firmato da Marta Borghese e titolato “Sorelle senza paura” pubblicato il 25 novembre 2023
IL PODCAST Nei “Viaggio di Futura” Elena Brizzi approfondisce il tema della violenza di genere insieme al Cerchio degli Uomini. Un racconto sulle dinamiche e le origini del fenomeno
CREDIT: MICHELE D’OTTAVIO
CREDIT: IL CERCHIO DEGLI UOMINI
Lo sportello all’Università in quattro anni 130 richieste di Micol Maccario
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a violenza contro le donne è trasversale, non dipende dall’età, dalla ricchezza, dal background culturale. E il femminicidio di Giulia Cecchettin ne è la prova eclatante. A Torino da quattro anni studentesse e personale universitario affrontano soprusi e divieti a un tavolo al centro del campus Einaudi. È lo sportello antiviolenza dell’Università di Torino, in collaborazione con i centri antiviolenza E.m.m.a e il gruppo di ricerca Varco (Violenza contro le donne: Azioni in rete per prevenire e Contrastare). «È strategico avere uno sportello nel campus perché, quando le ragazze vanno a lezione, non sono seguite da compagni, fidanzati, mariti maltrattanti. Inoltre, in un ambiente protetto sentono di avere il coraggio e il supporto per segnalare la violenza», spiega la referente Paola Maria Torrioni. Le vittime manifestano differenti tipi di maltrattamenti, una parte è attuata da studenti universitari: «Queste sono violenze specifiche perché ai tipici meccanismi si aggiungono atteggiamenti svalutativi portati dalla competizione, dal fatto che, secondo i dati, le studentesse raggiungono risultati migliori». Dall’inizio dell’anno accademico ventiquattro donne portano avanti con regolarità un percorso insieme alle operatrici antiviolenza. Allo sportello, dal 2019, si sono rivolte in centotrenta tra studentesse, professoresse e personale universitario. «La maggioranza sono universitarie che segnalano violenze nell’ambito
Uomini che chiedono aiuto Sono pochi ma è un segnale di Teresa Cioffi
della relazione intima. I loro maltrattanti sono compagni, fidanzati, in alcuni casi mariti, che esercitano prevalentemente atteggiamenti che assumono i contorni del controllo, del dominio». Negli anni c’è stato un incremento degli accessi allo sportello, con segnalazioni anche di violenze sessuali nella coppia e casi di violenza economica. Esistono poi situazioni particolarmente emergenziali, in cui non si può aspettare l’incontro del giovedì o non basta una chiamata al numero verde. «Ci sono un numero
È
raro, ma ai nostri sportelli arriva anche chi matura la consapevolezza di avere comportamenti sbagliati». A spiegare le dinamiche che definiscono il grande tema del nostro tempo è un uomo. Si chiama Davide Bertolino e fa parte di un’associazione che, per la prima volta in Italia, ha aperto uno sportello di ascolto rivolto a coloro che esercitano violenza sulle donne. Nata nel 2009, Il Cerchio de-
«GLI UOMINI DEVONO «DARE PAROLA ALLA PROPRIA TROVARE NUOVI SIGNIFICATI FRAGILITÀ È IL PRIMO PASSO CHE SUPERINO LA SUPREMAZIA» VERSO LA TRASFORMAZIONE» di emergenza e la possibilità di portare le ragazze in una casa rifugio, anche di notte. Tutte le operatrici lavorano per un centro antiviolenza connesso con le forze dell’ordine e i servizi sociali, che possono essere contattati nei casi più gravi». Il discorso centrale ruota attorno all’esercizio del potere e all’autodeterminazione. Il rifiuto dell’accettazione dell’indipendenza femminile da un lato e la determinazione di raggiungere quella libertà dall’altro. «Uomini e donne sono chiamati a fare la loro parte - conclude la professoressa Torrioni - i primi devono ragionare sulla propria maschilità e trovare significati che non coincidano con la supremazia, le seconde rivedere il proprio mondo e le forme di oppressione a cui sono sottoposte».
gli Uomini ha accolto un migliaio di maltrattanti. «Una frazione dei circa 4 milioni presenti in Italia - dice Bertolino -. La maggior parte di chi si rivolge a noi è indirizzata da giudici, avvocati, servizi sociali». Ma alcuni arrivano al centro di propria spontanea volontà. Sono pochi, ma rappresentano un faro determinante per il cambiamento. «Attraverso il dialogo cerchiamo di andare all’origine e comprendere il perché della violenza, figlia di una cultura patriarcale». Il punto è il potere. Storicamente, la definizione dei ruoli tra i generi ha sempre funzionato: alle donne il sentire, agli uomini l’agire. È sempre stata l’azione a determinare la virilità. Chi era maschio andava a cacciava, in guerra, in miniera, in fabbrica. Un obbligo di prestazione
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garanzia di ordine, il suo contrario era l’emozione: origine di ogni ribellione. Così agli uomini è stato insegnato a non sentire, eppure la rivoluzione è arrivata lo stesso. Ed è stata trainata dalle donne, che hanno conquistato quel diritto all’azione che in passato era stato solo privilegio maschile. Un processo lento e ancora in corso, che però ha lasciato un vuoto nell’identità dell’uomo. Una frustrazione che è alla base di ogni forma di violenza. «Coloro che sono violenti non sono riusciti a colmare questo vuoto. Come riempirlo? Appropriandosi degli aspetti che in passato sono stati definiti femminili, ma che in realtà appartengono a tutto l’essere umano: dalla capacità di ascolto fino al saper dare voce alle proprie emozioni senza vergogna». Nel momento in cui gli uomini sono capaci di fare questo salto, sono pronti ad accettare la parità di genere in qualsiasi aspetto della vita. Se la rabbia è un’emozione, la violenza è una scelta. Quando questo viene compreso, la strada è tracciata. Potrebbero volerci generazioni per liberare il mondo maschile da quel senso di inadeguatezza che diventa motore dei femminicidi. «Andiamo nelle scuole, insegniamo a riconoscere le proprie fragilità: non significa essere meno uomini. Vuol dire essere uomini diversi, uomini nuovi». Vi sentite rivoluzionari? «Il cuore lo è sempre» dice Davide Bertolino che, insieme a tutti gli altri membri dell’associazione, si pone come modello di riferimento per le nuove generazioni maschili, protagoniste di un cambiamento che può partire unicamente da loro.
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Torino, calano le morti per overdose In sei anni prevenzione e nuove modalità d’uso hanno fatto scendere il numero dell’80% di Cinzia Raineri Djerbouh
IN NUMERI
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Persone morte di overdose a Torino dal 2017 a oggi
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Persone morte di overdose a Torino nel 2017
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Persone morte di overdose a Torino nel 2023
sensibilizzazione sul tema, fino alla distribuzione di naloxone. «Parliamo di questo fenomeno in chiave diversa rispetto a quella usata oggi dalla politica e dalla società, lavorando sullo stigma legato ai consumatori - spiega Mancuso -. Vogliamo portare uno sguardo diverso sull’uso di sostanze: spieghiamo quali sono i rischi e i possibili danni da uso e abuso, ma informiamo anche sui mix delle varie sostanze e su come usarle in maniera sicura e consapevole».
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al 2017 a oggi sono 45 le persone morte per overdose a Torino (60 in tutto il Piemonte): 43 erano uomini, 36 erano da soli. Più della metà (55,6%) dei decessi è avvenuto dopo il consumo di eroina. Ma se nel 2017 i casi nel capoluogo piemontese erano stati 10, negli anni il numero è progressivamente diminuito. E dal 1° gennaio 2023, le persone decedute a Torino sono solamente due, come raccontano i dati del sito Geoverdose.
CAMBIANO I CONSUMI
PREVENZIONE A TORINO
In Piemonte non mancano le iniziative per fornire assistenza a chi fa uso di sostanze, e infatti negli ultimi 6 anni il numero di morti per overdose è diminuito dell’80%. «Sono molte le attività di riduzione del danno che da oltre 20 anni sono state messe in atto dall’Asl città di Torino e che giustificano le poche vittime di overdose spiega Paola Damiano, responsabile del Serd (Servizio dipendenze) Nord dell’Asl Città di Torino -. Esistono realtà come lo street walking e il dropin, che il dipartimento ha strutturato per svolgere interventi di bassa soglia per strada, rivolti a persone in estrema difficoltà che per motivi vari non accedono ai servizi ambulatoriali. Ad esempio, viene distribuito il narcan o naloxone -, un antidoto dell’eroina. Ma ci sono anche attività di counseling e di informazione su quali comportamenti seguire per evitare i danni più gravi e tutelare la propria incolumità: dall’uso delle siringhe sterili, ai servizi di supporto, all’importanza di non rimanere da soli durante il consumo, in modo da poter ricevere aiuto in caso di overdose ed,
CREDIT: GRAS GRÜN DA UNSPLASH
NUOVE GENERAZIONI Oggi sono sempre meno le sostanze stupefacenti iniettate, i giovani preferiscono fumarle
eventualmente, farsi somministrare il narcan. I nostri operatori sono sempre sul campo e spesso vengono chiamati quando qualcuno si sente male». Una delle reti di drop-in attive in Piemonte e a Torino è quella di Itanpud (Italian network of people who use drugs), che nasce intorno al 2018. «Una delle figure fondamentali è quella degli operatori alla pari. Si tratta di persone che consumano (o che hanno avuto una storia di consumo) di sostanze e che sono attive nella riduzione del danno, sia diffondendo le varie pratiche all’interno del proprio gruppo di consumo, sia partecipando a vari servizi in strada o alle feste», sottolinea Valentina Mancuso, educatrice e operatrice di bassa soglia di Itanpud. Le attività svolte dall’associazione sono varie: dalle campagne informative alla
«PARLIAMO DEL FENOMENO IN CHIAVE DIVERSA, LAVORANDO SULLO STIGMA LEGATO AI CONSUMATORI» VALENTINA MANCUSO OPERATRICE DI ITANPUD
Da Cuneo arriva l’allarme giovani «Dal 2020 triplicati i pazienti in cura» di Chiara Bagnalasta
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er le sostanze psicoattive possiamo distinguere in un pre e post pandemia. Adesso si riscontra un aumento generalizzato del loro consumo, dalla cocaina alla cannabis fino all’eroina», spiega Maurizio Coppola. Ma in questo quadro angosciante il direttore del Servizio per le dipendenze (Serd) di Cuneo lancia un nuovo allarme. «Uno dei dati più preoccupanti riguarda l’elevatissimo numero di giovani che, pur non avendo ancora sviluppato una forma di dipendenza, finisce in osservazione ai servizi dopo essere arrivato in urgenza al pronto soccorso per intossicazioni acute». In questo caso, secondo l’esperto, non si tratta di consumi abituali, ma «soprattutto in occasione di feste e rave, dove i ragazzi
ricorrono alle “classiche” sostanze psicoattive, che siano cocaina particolarmente pura o cannabis molto potente, se non alle “nuove”». LE NUOVE DROGHE
«Il problema è ingente, perché gli effetti acuti delle sostanze che qualche anno fa erano molto più rari oggi stanno aumentando. Si stima infatti che la percentuale delle persone, soprattutto giovani, che provano almeno una volta nella loro vita una nuova sostanza psicoattiva può arrivare a superare la soglia del 6%: un dato altissimo se si pensa che solo qualche anno fa la stessa percentuale non raggiungeva l’1%». Secondo l’esperto, si tratta di «numeri preoccupanti» non solo perché queste nuove droghe «sono molto potenti, ma anche perché sono ancora perlopiù sconosciute dal punto di vista farmacologico
e quindi estremamente difficili da rintracciare negli esami tossicologici» anche a causa dell’inadeguatezza delle strumentazioni. Attualmente, aggiunge l’esperto, «le nuove sostanze psicoattive sotto osservazione sono almeno un migliaio, tutte molto diverse tra loro. Nonostante la maggior parte sfugga alle tradizionali classificazioni, le categorie più corpose sono quelle dei cannabinoidi sintetici, che sono molto più potenti della cannabis e hanno effetti stimolanti simili a quelli delle anfetamine. Si aggiungono poi i catitoni sintetici, che sono parenti delle anfetamine, oltre a un’enorme quantità di oppioidi sintetici e di allucinogeni analoghi delle chetamine». TRIPLICATI I GIOVANI
Se la fascia più corposa degli utenti in carico resta allora quella com-
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CREDIT: MAURIZIO COPPOLA
MAURIZIO COPPOLA Direttore Serd Cuneo
Un altro fattore da considerare, che ha contribuito alla riduzione delle vittime di overdose, riguarda le modalità di consumo. La prima attività di drop-in a Torino è cominciata nel 1997 e nel giro di 26 anni la situazione è cambiata notevolmente: «In quel periodo molte persone morivano di Hiv: il problema legato alla pratica iniettiva era importante e c’era bisogno di un intervento. All’epoca si usava soprattutto l’eroina. Poi arrivò la cocaina iniettata, che forse era ancora più devastante. I consumatori arrivavano a usarne anche 20 dosi al giorno», racconta un operatore del drop-in. Oggi la situazione è cambiata: «I consumatori “nuovi” spesso usano eroina e oppiacei, ma fumandoli. Difficilmente li iniettano. Da un lato, diminuiscono le infezioni come l’Hiv, dall’altro cambiano anche le dosi assunte. Quando si usa una sostanza per via inalatoria, nel momento in cui iniziano gli effetti, la persona tende ad addormentarsi e ne interrompe il consumo. Per via endovenosa invece la questione è diversa: una volta iniettata la dose, non se ne può diminuire la quantità che, se eccessiva, può causare l’overdose», conclude la dottoressa Damiano.
presa tra i 30 e 55 anni, «nel post pandemia si è riscontrato un forte aumento dei ragazzi in cura, anche minorenni». Numeri che, rispetto al 2020, sono triplicati. «Si tratta di una situazione abbastanza uniforme in tutto il Paese, con dati pressoché simili in tutte le regioni - aggiunge l’esperto -. In Piemonte gli utenti in carico ai servizi delle dipendenze sono circa 112mila. Tra questi, il 4050% accusa una dipendenza da oppiacei, anche se a preoccupare sono soprattutto gli accessi per cocaina e crack, in particolare tra i giovanissimi, raddoppiati rispetto al periodo precedente al Covid-19». Cosa fare allora? «Si sta portando avanti un lavoro di informazione e prevenzione. Ci interfacciamo molto con le scuole e con le associazioni del territorio, non solo per promuovere la consapevolezza rispetto ai rischi collegati alle sostanze psicoattive, ma soprattutto per fornire la possibilità agli insegnanti e ai genitori di cogliere i primi segnali che i ragazzi danno quando iniziano ad assumerle», conclude Coppola.
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Clima pazzo, la risposta dei rifugi
La montagna si scopre senz’acqua: vasche, pannelli fotovoltaici e wc a secco le soluzioni di Franco Luigi Sani
LA CRISI DELLO SCI
asche di raccolta dell’acqua, wc a secco e pannelli fotovoltaici. Molte sono le soluzioni che esistono per aiutare i rifugi piemontesi a combattere gli effetti della mancanza d’acqua. Si tratta di una situazione complessa. Lo scorso inverno è stato il terzo più arido degli ultimi sessant’anni: ha piovuto pochissimo e le temperature sono state molto più alte della media. È quanto riportato da Arpa Piemonte in occasione della presentazione del rendiconto nivometrico della stagione 2022-2023. In questo contesto è diventato fondamentale per i rifugi reagire. «La carenza di piogge è un problema, ma noi cerchiamo di affrontarla come meglio possiamo» afferma Andrea Sorbino, gestore del rifugio Giacoletti a 2.741 metri. La struttura si trova sul Monviso in un punto lontano da sorgenti naturali. Il rifugio dispone di una vasca che sfrutta un sistema di prelievo dell’acqua sciolta dalla neve direttamente dal terreno. Una pompa preleva l’acqua e la trasporta in una cisterna di 4.000 litri per garantirne lo stoccaggio. Il liquido viene poi filtrato con un sistema di potabilizzazione e purificato con raggi UV per essere destinato ai servizi igienici e alla pulizia dei pavimenti. «La vasca è la nostra salvezza - spiega Sorbino -. Senza di quella avremmo grosse difficoltà. Bisogna fare attenzione ai consumi, l’acqua a disposizione è sempre meno».
Poca neve e tanti costi: impianti chiusi Beyond Snow studia le alternative
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Gli impianti sciistici sono in difficoltà. Il report Nevediversa di Legambiente evidenzia la situazione. Nel 2023 in Italia sono 249 le strutture dismesse e quelle temporaneamente chiuse sono 138. In questo contesto è diventato fondamentale reinventarsi e trovare soluzioni alternative agli sport da neve. È l’obiettivo di Beyond Snow, il progetto finanziato dalla Città metropolitana e dal Politecnico di Torino. «Vogliamo tenere vivi gli impianti e studiare dei modi per valorizzare le strutture anche in assenza di neve» dichiara Sonia Cambursano, responsabile del progetto. L’obiettivo è creare delle alternative come le piste da mountain bike e downhill che permettano ai turisti di sfruttare l’impianto anche d’estate e nei momenti in cui non ci sono precipitazioni. «Stiamo lavorando con alcuni impianti come Ala di Stura e Balme per trovare delle soluzioni» spiega Cambursano.
CREDIT ANDREA SORBINO
PANNELLI FOTOVOLTAICI Il Rifugio Giacoletti è gestito da Andrea Sorbino
immessi in due contenitori distinti. Il prodotto viene poi coperto con una lettiera per evitare odori sgradevoli e viene smaltito come rifiuto speciale. In Francia e in Germania si tratta di un sistema ampiamente diffuso ma in Piemonte non esistono ancora rifugi che lo utilizzano. «Si tratta di un’idea interessante» afferma Aladar Pittadino, gestore del rifugio Pagarì, a 2.500 metri sulla Alpi Marittime: «È una possibilità che terrò sicuramente in considerazione. Bisogna risparmiare e i bagni sono la parte di un rifugio che consuma di più».
SOLUZIONI ALTERNATIVE
Un’altra soluzione è il wc a secco. Si tratta di una toilette senza acqua realizzata in plastica, acciaio inox o in legno in cui urina e feci vengono separate da uno speciale inserto e
GESTIONI EFFICIENTI
Un sistema simile sono le cisterne di raccolta dell’acqua piovana. «Da più di sessant’anni esiste da noi un sistema di accumulo dell’acqua che cade dai tetti» spiega Mario Montini, gestore del rifugio Spanna Osella in località Monte Res a 1.683 metri. La struttura è una delle poche in Piemonte ad avere sistemi di captazione simili. Servizi come questo sono invece molto diffusi in Trentino, tanto che il canale televisivo Dmax ha dedicato una puntata alla realizzazione di una vasca di raccolta idrica in un rifugio a 3.000 metri in Val di Fassa. «Noi raccogliamo tutta la pioggia che scende dalla grondaia, la trattiamo e poi la utilizziamo per lavare.» racconta Montini. «Quando abbiamo rilevato il rifugio trent’anni fa c’era una vasca di 3.000 litri adesso ha raggiunto la capienza di 10 metri cubi d’acqua». Gestire le risorse in modo efficiente per i rifugi è diventato fondamentale. Molte strutture per questo hanno deciso di installare pannelli fotovoltaici al posto delle turbine idroelettriche usate tradizionalmente. «È una scelta vincente, produciamo energia in modo pulito e risparmiamo sull’acqua» spiega Maria Viganò, gestrice del rifugio Monte Barone a 1.587 metri in Valsessera. La struttura è dotata di un impianto fotovoltaico che produce tre kilowatt, pari a
un’utenza familiare. L’impianto è in grado di alimentare tutta la struttura ed è sufficiente a tenere accesi gli elettrodomestici: «In una zona impervia come la nostra dove ci sono poche risorse idriche e non arriva la corrente elettrica essere indipendenti dal punto di vista energetico è molto importante».
CREDIT COLIN CASSIDY - UNSPLASH
Una delle idee del progetto si chiama Volo dell’Angelo, un’esperienza adrenalinica in cui si viene agganciati a un cavo e si scende a valle sospesi nel vuoto. Si tratta di una struttura già sperimentata in Basilicata a cui si può partecipare da soli o in coppia, dai dodici anni in su. Per crearlo però sono necessari interventi strutturali per trasformare gli impianti e renderli adatti a questo genere di attività. In Trentino, ad esempio, è stato creato un sistema di trasporto delle biciclette negli impianti avanzato e questo è ciò che si punta a realizzare in Piemonte. «Il cambiamento di paradigma che stiamo vivendo è epocale» aggiunge Cambursano. «Le idee esistono ma non sono né facili né a buon mercato. Nonostante questo però bisogna investire tempo e energie perché ne va del futuro della montagna».
F. L. S.
LA DENUNCIA DI AGRAP
RIFUGIO GIACOLETTI La fossa della vasca di raccolta dell’acqua piovana si trova a 70 metri dal rifugio
«Le soluzioni esistono Il problema in Piemonte sono le norme regionali» di F. L. S.
S
oluzioni come le vasche di raccolta dell’acqua piovana e i wc a secco sono difficilmente praticabili per i rifugi perché la regione pone dei paletti», spiega Guido Rocci, presidente di Agrap (Associazione gestori rifugi alpini e posti tappa del Piemonte). Quale è il problema?
«È quello dell’accumulo dell’acqua. L’aumento delle temperature e la scarsità di precipitazioni hanno reso sempre più difficile per i rifugi, soprattutto quelli ad alta quota lontani dalle sorgenti naturali, avere scorte idriche sufficienti. Le vasche di raccolta dell’acqua piovana e i wc
a secco sono due soluzioni interessanti, ma il guaio è rappresentato dalla complessità di adottare in Piemonte questi due sistemi». Perché è difficile utilizzare una vasca di raccolta dell’acqua piovana in regione?
«La normativa regionale è molto stringente. In Piemonte l’acqua piovana raccolta dai tetti, priva di sali minerali e quindi non potabile, può essere utilizzata nei rifugi soltanto per il lavaggio dei pavimenti. Sarebbe utile però se fosse possibile usarla anche nei servizi igienici (docce e lavandini) visto che il pernottamento in queste strutture è solitamente di breve durata. Basterebbe indicare che non è potabile e si risparmierebbe moltissimo. Questo non è
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CREDIT ANDREA SORBINO
possibile oggi perché per legge è necessario potabilizzare l’acqua». Perché è difficile usare un wc a secco invece?
«Il motivo è che i prodotti del wc a secco sono considerati dalla legge regionale un rifiuto speciale e non uno scarico. Di conseguenza le feci e l’urina devono essere raccolte in un sacchetto biodegradabile e trasportate a valle. Il problema è che in questo modo si perde il grande potenziale fertilizzante che hanno. In tanti paesi come la Francia e la Germania, infatti, le feci vengono
trattate con enzimi e utilizzate nel compost. Si tratta di un metodo molto interessante dal punto di vista dell’economia circolare e del riutilizzo di risorse, ma da noi non è possibile farlo». In che modo è intervenuto?
«Sono anni che cerco di contattare il reparto Sanità della regione per spiegare questi problemi, ma non mi ascoltano. Purtroppo la mia associazione ha un potere contrattuale limitato rispetto alle grandi aziende e le nostre necessità sono messe in secondo piano».
FUTURA MAGAZINE #10 – 1° DICEMBRE 2023
Il nuoto a Torino, un’onda che cresce La tranquillità della città, le tante piscine e gli allenatori preparati attirano i campioni di Giovanni Turi
IN NUMERI
125
Tesserati agonisti nel Centro federale torinese
18
Le piscine del Comune di Torino dove allenarsi
8
Dicembre Indoor ospitati da Torino
vole: sono 18 quelle comunali dove praticare almeno nuoto libero, di cui però tre chiuse. Due, ossia gli impianti di Colletta e Franzoj, in via temporanea per le rispettive ristrutturazioni con lo stanziamento di fondi europei Pnrr, mentre la piscina Sempione a Barriera di Milano è abbandonata a se stessa, priva di alcuna programmazione di riaperture all’orizzonte.
A
Torino ci sono impianti di primo livello: solo nei pressi del Palazzo del nuoto, si contano quattro piscine da 50 metri. Tanta roba per chi nuota!». Carico di entusiasmo, Marco Orsi, uno degli atleti più esperti del movimento natatorio italiano, sintetizza come il capoluogo piemontese stia diventando sempre più una calamita per gli sport acquatici. Strutture all’avanguardia e allenamenti mirati attraggono tanto quanto una città che garantisce una vita senza le pressioni del professionismo, «tranquillissima» come l’ha definita a inizio anno Alessandro Miressi raggiunto dai microfoni di Futura News. Una percezione confermata anche dai numeri: per la stagione 2023/2024 il Centro federale di Torino conta 1.006 tesserati, di cui 125 agonistici, per il nuoto in vasca, sincronizzato, per salvamento e fondo. Tra questi, ci sono i capitani di un Centro Nuoto in espansione, Alessandro Miressi e il 21enne ranista Gabriele Mancini, ma anche sportivi affermati come Alessandro Bori, Ludo Viberti e Simone Dutto. Alla lista si sono aggiunti, inoltre, gli approdi di due campioni: Marco Orsi dal Centro Nuoto Uisp di Bologna nel febbraio 2022 - che ora si allena al Safa 2000 sotto l’ala di Nicola Febbraro - e Benedetta Pilato dal Circolo Canottieri Aniene appena due mesi fa. I motivi che li hanno spinti a cambiare casacca e a trasferirsi a Torino sono almeno due: la preparazione dell’allenatore Antonio Satta, faro del Centro Nuoto torinese, e la nascita di un gruppo forte e coeso.
FOCUS SULLA TECNICA
CREDIT: GIOVANNI TURI
NUOTATORI IN AZIONE Fra nuoto libero, sincro e fondo, Torino ha 1.006 tesserati totali
IN ARRIVO ALTRI ATLETI
«Quest’anno è arrivata Benedetta Pilato in città - dice Orsi - che ha alzato l’asticella. Ma dal prossimo anno la barra salirà ancora di più: altri atleti sceglieranno di venire a Torino, che sta attraendo per i suoi impianti e i coach». Un fermento così non si vedeva dalla partecipazione di Federica Pellegrini alla Swimming Cup 2014 - Trofeo Bpm al Palanuoto. Solo che ora la città non si associa più a singoli nuotatori, ma si sta progressivamente convertendo in un centro di gravità nazionale per tutto il movimento. Ne è esempio l’organizzazione dei campionati italiani Master indoor, in programma per l’8 e il 10 dicembre. Allargando lo sguardo, c’è un patrimonio di piscine pubbliche note-
«DAL PROSSIMO ANNO L’ASTICELLA SALIRÀ ANCORA DI PIÙ: ALTRI ATLETI VERRANNO A TORINO PER ALLENARSI» MARCO ORSI NUOTATORE DEL SAFA 2000
Olimpiadi, studi e progetti alternativi: obiettivi in vasca e fuori di Pilato e Orsi di G.T.
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inirò la mia carriera a Torino. Tra poco compio 33 anni: ho ancora la voglia di un ragazzino, però riconosco la fatica delle gare contro atleti giovani e molto preparati». Marco Orsi, liberista di peso con bracciate che alternano tempra ed eleganza, non ha paura della vita fuori dalla corsia. Anzi, qualche idea per il futuro lo stuzzica non poco: «Nuoto pinnato e quello per salvamento sono due opzioni che mi allettano molto. Voglio comunque aggiornarmi - continua -, studiare e trasmettere le mie conoscenze. Non so se farò l’allenatore, ma stare a contatto con i più giovani e fare da chioccia è impagabile». Queste riflessioni arrivano a più di un anno dal suo passaggio da Bologna a Torino, il primo cambio di casacca nella vita di Orsi. «Ho scelto
Torino perché ci sono giovani tesserati forti con cui posso confrontarmi - spiega -. Dopo un primo momento di difficile adattamento, ho scoperto una bellissima città: ci vivo bene, è organizzata. Approvata (ride, ndr)». Da due mesi è arrivata anche Benedetta Pilato, campionessa europea sui 100 rana, che vive la vasca come il suo habitat naturale dove sprigionare grinta e leggerezza, classe e impegno. «Avevo voglia di cambiare aria e staccarmi da Taranto - racconta Pilato -. Dietro la scelta di venire a Torino c’è stato un intero anno di riflessioni, anche perché questa stagione è davvero intensa per noi nuotatori». Intanto, la giovane ranista ha deciso di iscriversi al corso di laurea in Biologia all’Università di Torino («un percorso di studi che mi è piaciuto fin dai primi anni di liceo») e spera di «scoprire la
città: non ho ancora avuto occasione di visitarla e, piano piano, vorrei vedere ogni suo angolo». Ma non perde di vista gli obiettivi stagionali. I CINQUE CERCHI
Nel mirino di entrambi gli atleti, ci sono le Olimpiadi di Parigi. «La strada non è in salita, di più - afferma Orsi -, ma devo provarci. Nonostante non sia riuscito a qualificarmi agli Europei in vasca corta mi sento bene e voglio oltrepassare i miei limiti. Ho il fattore esperienza dalla mia parte, anche se ormai punto a divertirmi dopo anni di sacrifici e rinunce». Ancor più diretta Pilato, che ha già strappato il tempo per partecipare ai Mondiali di Doha, a febbraio: «Punto alle Olimpiadi dice - dopodiché, si vedrà quel che succede in vasca. È bene ragionare una gara alla volta». I risultati lo dimostrano: nel pieno di un periodo
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CREDIT: HEART RULES
PROFESSIONISTI A CONFRONTO I due puntano le Olimpiadi di Parigi
A incentivare i big del nuoto nella scelta di Torino è poi l’impostazione degli allenamenti. Come spiegano sia Benedetta Pilato sia Marco Orsi, gran parte degli esercizi in vasca sono improntati sulla tecnica. Fondamentali per acquisire più velocità nel momento giusto della gara, sono integrati a un proficuo lavoro in palestra. Mentre la giovane tarantina si dice molto focalizzata «principalmente sui 100 rana», Orsi spende molti apprezzamenti per questa tipologia di preparazione: «Mi piace molto. Dobbiamo comunque tenere un occhio all’estero - dice - e aggiornarci continuamente, visto che in tutti gli stili c’è una grande crescita globale. Oltre all’Italia, che sa il fatto suo, ci sono federazioni di gran rilievo come Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Australia, in rilancio». Tutte super potenze del nuoto da cui trarre il meglio. Inevitabile quindi fare un punto sui campioni del presente e sull’Italnuoto. «Nello stile libero maschile - argomenta Orsi -, David Popovici è una bellezza per gli occhi, ma credo che l’Italia abbia il più forte di tutti, Thomas Ceccon. Da anni la nostra nazionale è al top in tutte le gare, bisogna continuare ad andare forte e confermarci».
con carichi di lavoro importanti, agli assoluti appena svolti la piccola fuoriclasse ha mangiato la batteria dei 100 con 1’05’’80. Un tempo che garantisce il pass per competere ai giochi della prossima estate. Parentesi poi sul ricambio generazionale nell’Italnuoto. Da una parte, Pilato è una delle ultime reclutate e vede una squadra ora «definita dato che l’unica giovane che recentemente è stata integrata è Sara Curtis. Del ricambio generazionale, in ogni caso, ne beneficia tutto il movimento». Dall’altra, Orsi ha un pensiero più navigato: «I giovani sono più caparbi e hanno una prestanza fisica incredibile rispetto alla mia generazione - sottolinea -. Negli allenamenti puntano meno sul chilometraggio e spesso preferiscono mettersi alla prova direttamente in gara. D’altro canto, tra i nuotatori con cui ho iniziato la carriera, c’era più focus sugli obiettivi personali e di gruppo». Infine, domanda secca a Pilato: dove può arrivare l’Italia del nuoto? «Se continuiamo così, sarà un gran successo collettivo».
FUTURA MAGAZINE #10 – 1° DICEMBRE 2023 COSA FARE
DAL 1° AL 15 DICEMBRE
È già Natale ai mercatini piemontesi
GLI APPUNTAMENTI a cura di Giovanni Turi
di Teresa Cioffi
EVENTI
CONCERTI
L’arrivo dei Babbi Natale
Il mondo in testa di Truppi
È il raduno invernale più atteso. Torna l’iniziativa benefica dei Babbi Natale, pronti a far visita ai piccoli pazienti del’ospedale infantile Regina Margherita. Alla sua tredicesima edizione, l’evento è organizzato da Forma onlus e non solo intende strappare un sorriso, ma
Voce schierata, sensibile e fuori dal coro. Giovanni Truppi si esibisce all’Hiroshima Mon Amour di Torino, in via Bossoli 83, con il tour intitolato “Il mondo è come te lo metti in testa”. Frutto di un album scritto nel 2013, in collaborazione con Marco Buccelli, il cantante napo-
anche raccogliere fondi in sostegno del progetto Grandi Macchinari per l’area radiologica. Unico requisito per partecipare: vestirsi da Santa Claus. Per dotarsi del kit, tutti i punti di raccolta sono indicati sul sito www.fondazioneforma.it
3 dicembre, ore 11 - piazza Polonia
’atmosfera natalizia già riL scalda il Piemonte, in tutti i suoi territori. Non solo a Torino
letano celebra il decennale dalla pubblicazione portando sul palco intimità e carisma musicale. Fra squarci di vita personale e analisi della società, Truppi riflette dubbi e timori sull’esistenzialismo nel XXI secolo. E spinge gli spettatori a trovare un posto nel mondo.
6 dicembre, ore 22 - Hiroshima Mon Amour
MUSICA
SPETTACOLI
Notte al ritmo di Seul
Ballare nell’universo cyberpunk
K-pop a Torino. La notte prima dell’Immacolata, il club Supermarket ospita le canzoni più in voga del panorama coreano. In collaborazione con Kst, l’evento si tiene in via Madonna di Campagna. Al djset c’è Yeong-Dee e nel corso della serata sono previste
Musica elettronica mescolata a estetica distopica in una pista da ballo a tema cyberpunk. Il centro culturale Bunker di Torino, in via Niccolò Paganini 0/200, teletrasporta in un universo fatto di circuiti elettronici, computer hackerati e scenografie futuristiche. Dal
crew di ballo, drink e snack a tema. L’intento è di creare un vero e proprio spettacolo. Al prezzo di 15 euro, possono entrare soltanto gli over 16 anni. Non mancherà particolare attenzione al dress code all’ingresso. Il locale è aperto dalle ore 21 fino alle 2.
7 dicembre, ore 21 - Club Supermarket
titolo “Cyberware”, l’onda musicale è accompagnata da acrobazie e spettacoli visivi con luci a led. Un’esperienza multisensoriale con tratti che rimandano a Cyberpunk 2077. Special guest è Littleguy da Lez Groove. L’ingresso, a partire dalle ore 22, costa 10 euro.
8 dicembre, ore 22 - Bunker Club
CULTURA
Camilli racconta Joan Didion Ormai i suoi articoli sono un classico del new journalism statunitense. Joan Didion ha raccolto storie e notizie per testate come New York Times e Vogue e scritto saggi intramontabili, lasciando così un’impronta indistinguibile. A raccontare la sua vita personale e professionale è la giornalista di Internazionale Annalisa Camilli al Circolo dei lettori di Torino, in via Bogino 9, martedì 12 dicembre alle 19. Si tratta di un appuntamento inserito nella rassegna “Giornaliste”, prodotta dalla Fon-
dazione Circolo dei lettori con storielibere. fm, in cui le report di oggi mettono in luce le icone del giornalismo del passato. L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. Inoltre, alle 11 del giorno stesso, Camilli incontra gli studenti delle scuole dove, ispirata dal libro “L’ultimo bisonte”, discute la storia di una famiglia alla ricerca di un posto migliore dove vivere e dell’ultimo lembo di una foresta incontaminata in Europa. Per info e prenotazioni: scuole@circololettori.it.
FOTO DI CIRCOLO DEI LETTORI
12 dicembre, dalle 19 - Circolo dei lettori di Torino
IL COLOPHON Futura è il periodico del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” dell’Università di Torino Registrazione Tribunale di Torino numero 5825 del 9/12/2004 Testata di proprietà del Corep Direttore Responsabile: Marco Ferrando Segreteria di redazione: Sabrina Roglio Progetto Grafico: Nicolas Lozito Impaginazione: Federica Frola
arrivano i mercatini di Natale ma anche nelle piazze dei piccoli borghi e nelle vie delle città più grandi del Piemonte. Tra i primi a dare il via alle bancarelle è Asti, che dall’11 novembre ospita 120 casette in legno tra prodotti tipici e articoli regalo. Gli stand resteranno in città fino al 17 dicembre, aperti tutti i giorni feriali fino alle 18, tranne l’8 dicembre che chiuderanno alle 20. Nel weekend sarà possibile passeggiare tra le bancarelle fino alle 21. Dall’Astigiano a Stupinigi: la Palazzina di Caccia aprirà le sue porte ai mercatini e street food sabato 2 dicembre. Anche Rivoli si prepara al Natale, con banchetti che verranno allestiti alle porte di Torino a partire dall’8 dicembre. Resteranno in città fino al 7 gennaio. In uno dei Borghi più belli di Italia, Ricetto di Candelo (Biella), l’ufficio postale di Babbo Natale sarà affiancato dai mercatini solo fino al 10 dicembre. Non c’è tempo da perdere. Così come a Sordevolo, sempre in provincia di Biella, dove si svolge il tradizionale Mercatino degli Angeli. A dare il benvenuto ai visitatori, all’ingresso al paese, grandi angeli. Un tema ben presente anche tra i venditori, in un fil rouge che accompagna turisti e locali verso il Natale. E, infine, immancabile anche quest’anno uno dei più attesi del Piemonte e non solo. È tutto pronto a Santa Maria Maggiore (in Valle Vigezzo) per due giorni di full immersion nelle più dolci delle soprese. Via Roma, piazza Risorgimento, via Benefattori, piazza Gennari, via Rosmini e tutti gli altri angoli del borgo si riempiranno di piccoli tetti rossi. Un evento che ogni anno porta in Val Vigezzo centinaia di espositori. L’edizione 2023 si svolgerà dal 7 al 10 dicembre. Da segnare sul calendario anche i mercatini di Macugnaga, che andranno in scena sotto il Monte Rosa solo il 2 e il 3 dicembre.
Redazione: Chiara Bagnalasta, Niccolò Bambini, Riccardo Bessone, Marta Borghese, Elena Brizzi, Teresa Cioffi, Chiara Comai, Ilaria Ferraresi, Eugenia Gastaldo, Micol Maccario, Simone Matteis, Federico Mellano, Cinzia Raineri Djerbouh, Agnese Ranaldi, Matteo Rossi, Franco Luigi Sani, Alberto Santonocito, Marialaura Scatena, Giovanni Turi, Thomas Usan. Ufficio centrale: Sandro Bocchio, Emanuele Franzoso, Luca Indemini, Paolo Piacenza, Matteo Spicuglia, Maurizio Tropeano. Segreteria di redazione: giornalismo@corep.it
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