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Luca Pons
IL DATO
Più forte della paura: la voglia di accogliere si misura su Google
Advertisement
di Luca Pons
IN NUMERI
6
Sono cresciute 6 volte in due settimane le ricerche sugli affidi
95%
Gli utenti Internet che cercano su Google in Italia
700
mila le persone ucraine che il governo si prepara ad accogliere Tra timori nucleari e ansia di informazioni, la voce più forte è comunque quella di chi vuole accogliere e aiutare. Le ricerche su Google raccontano la reazione italiana alla guerra meglio di qualunque giornale: dal giorno dell’invasione, l’Ucraina è l’argomento più cercato in assoluto. È in cima alla lista che normalmente vede solo ricerche quotidiane, come “meteo”, “2022”, “mail”, “YouTube”. Il tema correlato che viene digitato più spesso, in particolare, è l’affido familiare.
Le ricerche di informazioni sugli affidi sono più che quadruplicate in pochi giorni. Un tema urgente, di fronte alle immagini di rifugiati che fuggono dall’Ucraina e alle notizie di centinaia di vittime anche tra i bambini. Sul funzionamento del meccanismo di affido, però, ancora non è stato possibile dare informazioni univoche. Anche per questo le ricerche abbondano e sono solo aumentate con l’andare della guerra: molte istituzioni hanno lanciato appelli all’accoglienza, ma le modalità pratiche con cui si può contribuire per ora non sono chiare. Molti si trovano a chiedere informazioni persino alla Protezione civile, senza successo, e si rivolgono poi ad associazioni private che stanno coordinando gli aiuti e l’accoglienza. L’Unicef, però, ha invitato con il suo portavoce Andrea Iacomini a «fidarsi solo dei canali ufficiali. L’accoglienza va garantita ma rispettando le procedure». Procedure che però si fanno attendere.
IL RACCONTO DEI DATI
Le ricerche su affidi e nucleare sono aumentate in percentuale bardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. L’espressione “forze di deterrenza” ha ricordato da vicino quella di “deterrenza nucleare”, nata durante la Guerra fredda. Allo stato attuale, non risulta che l’esercito
CREDIT: GOOGLE TRENDS
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Sono le ricerche fatte più spesso dopo la parola “Ucraina” negli ultimi 30 giorni
russo sia andato vicino a impiegare le sue 1.625 testate nucleari pronte all’uso (circa 6mila in totale, contro le 5.400 degli Stati uniti). Nel secondo caso, durante l’attacco a Zaporizhzhya è scoppiato un incendio, domato dopo circa tre ore, che ha fatto temere un incidente di portata catastrofica. Anche qui, Google mostra l’ansia che si è diffuso tra la popolazione italiana in quelle ore. Non hanno aiutato le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha affermato: «Avrebbe potuto essere la fine della storia dell’Ucraina e dell’Europa, come sei volte Chernobyl».
LA GUERRA IN ITALIA
Il 27 febbraio, con l’allerta delle forze di deterrenza russe, in Italia aumentavano anche le ricerche sulla “Terza guerra mondiale”. Si vedeva, così, anche la paura di essere coinvolti. Le persone che cercavano informazioni sul “servizio militare di leva in Italia” erano venti volte in più rispetto alla settimana prima. Tra i dettagli più ricercati, c’erano il raggio d’azione di una bomba nucleare e la distanza tra la centrale di Zaporizhzhya e l’Italia. Paure concrete di un Paese tornato, per la prima volta da decenni, a temere davvero una guerra.
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LE PAURE NUCLEARI
Nelle due settimane prima dell’invasione russa, tra le parole più cercate – o meglio, tra quelle che erano state cercate di più rispetto al periodo precedente – c’erano “Champions League”, “Francesco Totti”, “Olimpiadi”. Nelle due settimane successive, la top 10 di Google Trends mostrava “Zelensky”, “Putin”, “Chernobyl”. La paura del nucleare, in particolare, è tornata nelle ricerche italiane in due occasioni. Il 27 febbraio, quando Vladimir Putin ha ordinato la messa in stato d’allerta le «forze di deterrenza» del Paese, e il 4 marzo, quando l’esercito russo ha attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhya, la seconda più grande d’Europa.
Nel primo caso, sono schizzate alle stelle – almeno dieci volte sopra la media – anche le ricerche su “rifugi antiatomici in Italia” e sui bom-
di L. P.
IN SINTESI
L’Est Europa ci interessa solo se c’è una guerra
Chiamare Putin “un matto” è semplicistico Quando si inizia a definire un leader “matto”, di solito vuol dire che non lo si capisce. Si dice di Putin, si diceva di Milošević». Christopher Cepernich, sociologo e docente all’Università di Torino, spiega lo spaesamento che ha colpito molti all’inizio della guerra in Ucraina: «Il problema è che per vent’anni nessuno ha spiegato il senso russo di rivalsa, la frustrazione, che è uno dei motivi dietro al conflitto. Si inizia a raccontare ora, senza avere il contesto per capirlo».
Fino al 23 febbraio, la maggioranza dei giornali e degli utenti sui social media sembrava pensare che la Russia non avrebbe mai davvero attaccato. «È un bluff, non gli converrebbe», si leggeva. Il 24 febbraio, l’invasione è iniziata.
«Il punto è che nessuno si è mai preoccupato di capire come funziona la testa di un russo. Quando la Cia diceva “Guardate che attaccano”, molta gente rispondeva “Ma no, sono gli americani che esagerano”. Ognuno ragiona con la sua testa». Il motivo non sono tanto le fake news russe o la propaganda ucraina. È che ci interessiamo di una questione solo quando c’è un’emergenza: «Ciò che accade là non importa a nessuno, come è successo con il Kosovo prima della guerra balcanica nel 1998-99. Quello era ancora più vicino, geograficamente. Da almeno 15 anni c’erano conflitti, ma se qualche giornalista si fosse interessato, avrebbe faticato a vendere i propri servizi».
I sentimenti di rivalsa russi, in Ucraina, sono legati soprattutto alla regione del Donbass. Valter Coralluzzo, esperto di relazioni internazionali, insegna Analisi della politica estera all’Università di Torino: «Gli scontri tra separatisti filorussi e l’esercito ucraino, composto e affiliato anche a forze nazionaliste, hanno fatto 14mila morti in 8 anni nel Donbass. Questo è un fatto. Tra le forze che hanno appoggiato la transizione democratica – ancora incompiuta – in Ucraina, ci sono anche alcuni schieramenti che si dichiarano vicini a ideologie neo-naziste, che hanno compiuto gesti eccessivi e deprecabili negli anni. Anche questo è difficile metterlo in dubbio». Ovviamente, i fatti non sollevano Putin da responsabilità. Invadere un altro Paese è una questione diversa: «Anche se, ovviamente, per i russi quella zona non è un altro Paese. C’erano dichiarazioni del genere già prima dell’intervento militare in Georgia, nel 2008. La storia pregressa rende le cose più complicate. Non si parla di giustificazioni, ma di motivazioni da comprendere».