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Chiara Dalmasso

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Luca Pons

Luca Pons

Bitcoin: così il mondo aiuta l’Ucraina

Il governo lancia Aid for Ukraine, il sito per la raccolta di aiuti finanziari via blockchain

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di Chiara Dalmasso

IN NUMERI

200

Milioni di dollari come obiettivo

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Milioni di dollari già raccolti

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Tipologie di monete digitali accettate Aiuta l’Ucraina con le criptovalute, non lasciarci soli con il nemico». Il messaggio di benvenuto di Aid for Ukraine, il sito appena lanciato dal governo ucraino, è un invito alla solidarietà digitale. La pagina web è un bacino di raccolta per gli utenti che vorrebbero fornire un aiuto concreto al Paese in guerra, ma non sanno come fare. Per loro, il ministero della Trasformazione digitale ucraino ha creato un luogo sicuro dove depositare le donazioni: il sito è collegato ai portafogli crittografici governativi ed è stato realizzato grazie alla collaborazione degli exchange di criptovalute Fxt e Kuna, oltre alla piattaforma di staking Everstake. La cifra raccolta cresce di minuto in minuto e al 17 marzo ammonta a quasi 56 milioni di dollari su 200 milioni stabiliti come record.

PORTAFOGLIO VIRTUALE

«Il sistema delle criptovalute è fatto apposta per evitare qualsiasi intermediazione e fare arrivare i fondi in maniera diretta», spiega Pierangelo Soldavini, giornalista del Sole 24 Ore, tra i primi a occuparsi di blockchain, la tecnologia alla base della finanza digitale. «È una forma di pagamento da pari a pari, molto efficace in situazioni di emergenza: per l’Ucraina, sotto attacco russo e con un sistema bancario inefficiente e lento, le criptovalute diventano la forma più rapida per ricevere aiuti economici», continua Soldavini. Bitcoin (Btc), Ethereum (Eth), Tether (Usdt), Icon (Icx) e Neo (Neo): sono solo alcune delle dieci monete digitali accettate

CREDIT: UNSPLASH

LA NUOVA FRONTIERA

Sul web le donazioni crescono di ora in ora dalla piattaforma Aid for Ukraine, che ha raggiunto quasi il 30% dell’obiettivo prefissato.

Grazie a Everstake, uno dei principali attori nel settore delle criptovalute in Ucraina, si possono effettuare donazioni anche in criptovalute diverse da quelle elencate sul sito. La piattaforma di scambio Fxt, con sede alle Bahamas e fondata dal miliardario americano Sam Bankman-Fried, si impegna a convertire i fondi in dollari e a instradarli alla Banca nazionale ucraina. «Questo sistema senza intermediari viene criticato da molti perché sfugge a qualsiasi tipo di controllo - dice Soldavini -. Il denaro passa su wallet digitali esterni agli Stati e ciò consente a chi vive in Paesi destabilizzati come l’Ucraina o la Russia di esportare dei capitali che altrimenti

«QUALSIASI STRUMENTO PUÒ ESSERE USATO IN MODO POSITIVO O NEGATIVO: VALE ANCHE PER LA MONETA DIGITALE»

SOLDAVINI

ESPERTO DI BLOCKCHAIN

si svaluterebbero in fretta». Ma si fa ricorso alla moneta digitale anche per sfuggire alle sanzioni, e qui si apre un capitolo di spinose polemiche. «È chiaro che ogni strumento può essere usato in modo positivo o negativo» - chiosa Soldavini -. «All’inizio della guerra gli exchange - i terminali che si occupano degli scambi, gli unici a conoscere le identità che si celano dietro ai wallet digitali - si sono dichiarati pronti a collaborare con le autorità internazionali per i controlli, ma non a bloccare tutte le transazioni da Russia e Ucraina». Troppo grande il rischio di colpire persone comuni che tentano di salvare ciò che resta del loro patrimonio, piuttosto che oligarchi russi in fuga dalle sanzioni.

LE RISORSE DELLA RETE

In questa guerra ibrida, combattuta sia sul campo sia sul web e mostrata in presa diretta dai social network, la solidarietà passa sempre più spesso dalla rete: per far fronte al numero crescente di profughi che dall’Ucraina si riversano in Europa, stanno nascendo applicazioni e servizi per semplificare le procedure di richiesta/offerta di ospitalità. Il 28 febbraio, i quattro fondatori europei del sito per la ricerca di lavoro Jobether hanno creato Eu4ua, una piattaforma che mette in contatto diretto chi fugge dalle bombe con chi offre un rifugio gratuito. Da quel giorno, al portale si sono registrati 32mila rifugiati, 10.500 nuclei famigliari in difficoltà. In Europa i cittadini che hanno offerto ospitalità sono 13mila, di cui 450 solo in Italia, con 6500 abbinamenti già realizzati, ma che aumentano di ora in ora.

Trading online al tempo della guerra? I dilettanti ci provano, ma è un rischio

di Elisabetta Rosso

Mai raccogliere un coltello che cade. È una delle regole del mercato azionario: non comprare un titolo il cui prezzo sta crollando, è come un coltello che precipita. Il rischio è di tagliarsi da soli, perdendo finanziariamente. Eppure i trader della rete affamati di facili guadagni sembrano essere sordi alla massima di Wall Street. Lo dimostra un’analisi di InvestinGoal, uno dei principali portali italiani per la ricerca e comparazione di broker e piattaforme di trading online, sui dati Google Trend. Nelle ultime settimane c’è stato un boom di ricerche relative ai possibili investimenti legati al conflitto ucraino. Alcune parole chiave sono schizzate, per esempio le ricerche per acquistare Etf ucraini hanno registrato un incremento del +1.566% rispetto a inizio anno, un +955% invece per gli Etf russi. Non solo. La popolarità della keyword “Guadagnare guerra” è aumentata del 733% e, sempre secondo i dati riportati da InvestingGoal, la ricerca “come comprare rubli” ha segnato un +1.900%. C’è poi chi pensa di acquistare azioni della società Gazprom e della banca russa Sberbank. Questo in Italia.

Dall’analisi di Investing Goal emerge che i trader dilettanti vogliono guadagnare dal conflitto in Ucraina. Dilettanti perché chi cerca prodotti come gli Etf, strumenti che consentono di investire su panieri diversificati con il minimo sforzo, probabilmente non è un professionista. È più probabile che si tratti di piccoli trader che vogliono semplificarsi il campo da gioco, cavalcando il mercato. Un comportamento che si riflette anche in chiave valutaria. L’interesse a comprare rubli denuncia il comportamento tipo del trader non professionista: quando qualcosa scende lo compra e pensa di guadagnare. Qui torna il coltello e, dal punto di vista strategico, raccoglierlo mentre cade non è un affare: chi lo fa ha la presunzione di capire quale sarà il punto più basso di qualcosa che sta precipitando. Ancora peggio nello scenario esogeno della guerra. Quasi tutti i broker hanno infatti bloccato il trading sul rublo. Anche chi è interessato a comprare le azioni Sberbank, la maggiore banca russa colpita dalle sanzioni internazionali, segue il ragionamento dell’affare facile.

La guerra ha alimentato l’illusione di poter far profitto sfruttando i mercati. Ai trader fanno gola gli asset, i titoli, le obbligazioni legate alle imprese coinvolte nel conflitto. Si compra a prezzi d’occasione, con un rischio alto, per rivendere alla prima schiarita sullo scenario geopolitico. Il pericolo è di farsi molto male.

Infine c’è il debito sovrano: la parola chiave “war bond” rientra tra le più cercate su Google Trend dal primo marzo in poi in Italia. L’Ucraina ha emesso titoli di guerra di durata annuale per finanziare la resistenza armata. Un investimento potenzialmente molto remunerativo (paga l’11% di interessi), ma ad altissimo rischio di mancato rimborso per il default dell’emittente. Le aziende di rating hanno infatti declassato il debito ucraino B- per S&P, Ccc per Fitch e B3 per Moody’s.

Se nella Seconda guerra mondiale le aziende convertivano le pentole in fucili, oggi c’è chi prova il colpo grosso ad altissimo rischio dietro lo schermo piatto di un computer. Nel caos del conflitto guadagna chi può. Ma è la storia della guerra: pecunia non olet.

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