Mixotype

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Features for the future La composizione tipografica interpretata dal formato OpenType


POLITECNICO DI TORINO

I FacoltĂ di Architettura Corso di Laurea di I livello in PROGETTO GRAFICO E VIRTUALE Tesi di laurea di I livello, luglio 2013 Titolo tradotto in lingua inglese Features for the future Typesetting interpreted by the Opentype format. Studenti

Gabriele Fumero - 166542 Davide Eucalipto - 166572

Relatore

Piergiuseppe Molinar

Testo composto in Adobe Warnock Pro e Neubau Grotesk Stampa

Micrograf, Via Cottolengo 19/b, Mappano di Caselle (To)

Rilegatura

Bottega Fagnola, via San Tommaso 11/e, Torino


Features for the future La composizione tipografica interpretata dal formato Opentype



“Any sufficiently advanced technology is indistinguishable from magic„ Arthur C. Clarke


Indice


introduzione

11

parte I: analisi

Classificazione stilistica e anatomia del carattere Classificazione degli stili tipografici

15

Anatomia della lettera

17

composizione tipografica tradizionale Composizione a freddo Storia Tecnica compositiva Macchine tipografiche

19 19 23 24

Composizione a caldo Linotype Monotype

26 26 28

Fotocomposizione Storia PossibilitĂ espressive

30 30 32

tipografia digitale Font bitmap Storia

35 35

Font PostScript Storia Tecnologia Formato

38 38 40 41

Font TrueType Storia Tecnologia Formato

42 42 45 45

Riepilogo dei formati e delle estensioni

46

Riepilogo della storia dei formati

47


font opentype

49

Storia

49

Tecnologia Unicode Tabelle avanzate Features predefinite

51 51 54 56

Caratteristiche e vantaggi

66

Tipografia avanzata per web e per ePub Unicode Tabelle avanzate

67 67 69

Casi studio

70

parte II: progetto metaprogetto

123

Obiettivo

123

Target

124

Concept

126

Scelte

128 128 129 130

progettuali Archivio Tipografico Alternanza casuale/contestuale Caratteri display

processo

133

Studio della tecnologia OpenType

133

Ricerca e selezione dei caratteri

140

Stampa delle bozze

156

Vettorializzazione

170


Costruzione del font OpenType

180

Riepilogo del processo

192

identitĂ visiva

195

Nome

195

Logotipo

196

promozione

199

Flyer

199

Tumblr

204

Specimen

206

Poster

208

parte III: conclusioni prospettive per l'opentype

213

considerazioni finali

215

parte IV: appendice fonti

219 Bibliografia

219

Webgrafia Risorse Saggi

220 220 221

Ringraziamenti

223


Introduzione

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Il formato di font digitali OpenType, introdotto a partire dalla fine degli anni 90, rappresenta una delle più importanti innovazioni nell’ambito della tipografia digitale, e le possibilità che offre hanno permesso lo sviluppo di alcuni dei progetti tipografici più interessanti degli ultimi anni. Questa tecnologia infatti, oltre ad essere multi-piattaforma, offre la possibilità di creare caratteri con un numero molto alto di glifi, ovvero di singole unità grafiche che possono corrispondere alla stessa lettera in varianti diverse, e di istruirli tramite un codice di programmazione per specificare diverse funzioni automatiche. Considerando solamente il sistema alfabetico occidentale, il modo più semplice di sfruttare le possibilità OpenType consiste nella possibilità di utilizzare legature, glifi disegnati appositamente che vanno a sostituire due o più caratteri per ragioni di leggibilità o di stile. Questo meccanismo è stato utilizzato come base per costruire progetti molto complessi: caratteri con decine di varianti per lettera, in modo da simulare al meglio le imperfezioni della scrittura manuale, caratteri con legature stilistiche che permettono di creare un logotipo quasi istantaneamente, caratteri con decorazioni calligrafiche e addirittura un carattere che realizza automaticamente grafici e diagrammi a partire da dati numerici.

Questa ricerca nasce dal desiderio di capire quali siano le potenzialità di questa tecnologia, studiando i progetti che ne fanno uso in modo più significativo. Intendiamo quindi individuare i metodi attraverso i quali si possono ottenere determinati risultati e verificare la possibilità di padroneggiarli e applicarli concretamente. A questo scopo abbiamo realizzato un carattere sperimentale e abbiamo indagato sulle sue possibili applicazioni.

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Parte I - analisi


Classificazione stilistica e anatomia del carattere


classificazione degli stili tipografici

Un sistema di base per la classificazione dei caratteri è stato ideato nel XIX secolo, quando gli stampatori hanno cercato di compiere un parallelo tra l'evoluzione delle lettere e la storia dell'arte. Sintetizzando le diverse classificazioni che i molti tipografi e disegnatori di caratteri hanno realizzato si possono distinguere le seguenti famiglie di caratteri.

Aa

Graziati antichi

Aa

Graziati transizionali

I caratteri romani del XV e XVI secolo emulavano la calligrafia classica, riprendendo le maiuscole dalla scrittura lapidaria romana.

Aa

egiziani o slab serif

Questi caratteri hanno grazie piĂš fini ed un asse piĂš verticale dei graziati antichi. Quando sono stati introdotti, nella metĂ del XVIII secolo, il loro disegno ad alto contrasto era considerato audace.

Aa

Graziati moderni

Nel XIX secolo cominciano a venire usati sui manifesti pubblicitari nuovi caratteri con le aste e le grazie molto spesse.

I caratteri disegnati da Giambattista Bodoni e Firmin Didot, caratterizzati da grazie estremamente sottili e da un disegno quasi architettonico, che si allontana dalla calligrafia.

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Aa

sans serif geometrici

Le lettere sono disegnate partendo dalle forme geometriche semplici: quadrato, triangolo, cerchio.

Aa fantasia o display Sono i più recenti tra le tipologie dei caratteri tipografici, vi rientrano tutti i disegni non classificabili in altro modo, dalle alterazione di caratteri già esistenti ad ogni tipo di carattere disegnato a mano, che della forma della lettera mantiene solo la struttura base.

16

Aa

sans serif umanisti

Durante il XX secolo i tipografi realizzano caratteri senza grazie. Inizialmente sono utilizzati solo a scopo pubblicitario, poi diventano di uso comune.

Aa sans serif grotteschi Lo stile sans serif più comune e neutro, le lettere non hanno nessuna variazione nello spessore, si ricerca la massima uniformità e sobrietà nel disegno dei caratteri.


anatomia della lettera

Una base fondamentale per lavorare con la tipografia è la conoscenza delle diverse parti che compongono le lettere e il corretto nome per indicarle.

5

9

E

2 C

D

3

14

8 4

A. corpo B. altezza della maiuscola C. altezza della minuscola (occhio del carattere) D. linea di base E. ascendente F. discendente

13

10

1 A B

12

6

7

F

11

1. asta orizzontale 2. goccia 3. bianco interno 4. coda 5. arco 6. pancia 7. asta verticale 8. grazia 9. orecchio 10. asticina 11. terminale 12. barra 13. asse del carattere 14. asta curva

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Composizione tipografica tradizionale

Litografia che ritrae Johannes Gutenberg


composizione a freddo

Per composizione tipografica a freddo si intende il processo manuale di composizione di parole e frasi tramite caratteri di metallo o legno. Diverse composizioni possono essere montate insieme in una forma da stampa per essere successivamente stampate tramite una macchina tipografica platina o piano-cilindrica.

Storia I primi esperimenti di stampa con caratteri mobili sono attribuibili ad artigiani cinesi che operavano nell’XI secolo e utilizzavano caratteri di metallo. Le cronache riportano il nome di Bì Sheng come inventore della tecnica intorno al 1040. La tecnologia di stampa raggiunge la Corea prima della metà del XIII secolo e l’Europa prima della metà del XV. Lì la stampa a caratteri mobili incontra l’alfabeto romano, un sistema di scrittura molto più semplice e composto da meno segni rispetto agli alfabeti orientali. Per questo motivo la stampa a caratteri mobili si sviluppa in Europa molto più che nella terra in cui era stata inventata. Johannes Gensfleisch zur Laden zum Gutenberg quindi, a metà del XV secolo mette a punto un sistema di caratteri mobili e introduce la pressa nel processo di stampa.

Banconota cinese del XIV secolo stampata con blocchi di legno

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Gutenberg nasce a Mainz, in Germania, intorno al 1398 in una famiglia di mercanti dell’alta borghesia. Crescendo apprende a lavorare il metallo, realizzando monete per la zecca arciepiscopale. La ricerca sulla tecnica tipografica comincia intorno al 1440, probabilmente a partire da alcune stampe realizzate in collaborazione con un artista incisore di rame. Entro il 1450 stampa il primo documento in assoluto con pressa e caratteri mobili: un poema tradizionale tedesco. In quegli anni concepisce il progetto di stampare integralmente la Bibbia, e intanto stampa testi che gli garantiscano entrate economiche costanti, soprattutto grammatiche latine. Nel 1455 pubblica la Bibbia delle 42 righe in una tiratura di circa 180 copie, alcune su carta e alcune su pergamena. Nello stesso periodo tuttavia la sua bottega e tutti i libri stampati passano in possesso di Johann Fust, il suo primo finanziatore, al quale Gutenberg non aveva restituito il denaro. Egli dunque avvia una piccola bottega di stampa in concorrenza con Fust, che continua a stampare volumi con il proprio nome senza mai citare Gutenberg.

Nel 1462 Gutenberg viene esiliato da Mainz per ragioni politiche e nel 1468 muore. Non è chiaro se prima della sua morte gli sia effettivamente stata riconosciuta l’invenzione della tipografia, ed è impossibile determinare quali libri siano stati effettivamente realizzati da lui, in quanto non si era ancora consolidata l’abitudine di indicare il nome del realizzatore né la data dell’edizione. I collaboratori di Gutenberg intanto nel corso di un decennio portano il procedimento nelle maggiori città europee. In Italia la nuova tecnica di stampa si diffonde rapidamente, in particolare a Venezia dove nel 1501 Aldo Manuzio stampa gli enchiridia (libri tascabili), classici latini senza note e senza

Bembo A digital rendition of Francesco Griffo's Italic character 20


Bibbia delle 42 righe

commento, realizzati con un nuovo carattere corsivo disegnato da Francesco Griffo. Il processo di stampa e gli strumenti utilizzati da Gutenberg non sono conosciuti nel dettaglio ma si suppone che disponesse di una grande quantità di caratteri (alcuni studiosi parlano di decine di migliaia di esemplari). Il ritmo di lavoro era presumibilmente di un paio di pagine al giorno: considerando tutta la mole di lavoro necessario a stampare, tra la preparazione delle forme, l’inchiostrazione, la stampa vera e propria, l’asciugatura delle stampe e il riordino dei caratteri, la prima tipografia di Gutenberg poteva fornire lavoro a circa 25 artigiani. Anche la tecnica precisa utilizzata da Gutenberg rimane incerta: non è chiaro se avesse già introdotto il sistema standardizzato che è rimasto sostanzialmente invariato per almeno quattro secoli o se utilizzasse una tecnica più primitiva. Il processo standard per creare i caratteri prevede che si coli metallo liquido in uno stampo che contiene una matrice, sula quale il carattere risulta inciso a rovescio. Da una sola matrice si creano centinaia o migliaia di singoli caratteri mobili, perfettamente identici, che vengono ordinati in casse, usati per comporre e stampare le pagine, poi di nuovo riposti.

Esaminando con attenzione i libri stampati da Gutenberg, tuttavia, sono state notate delle variazioni negli stessi caratteri non attribuibili ad errori di formatura o di inchiostrazione, è dunque possibile che il procedimento usato da Gutenberg non prevedesse il riutilizzo delle stesse matrici per la creazione di più caratteri, ma che le matrici venissero distrutte ogni volta dal processo di fusione del carattere. In questa prospettiva l’invenzione della matrice di metallo riutilizzabile rappresenta un’evoluzione della tecnica originale utilizzata da Gutenberg e costituisce il fattore decisivo per la nascita e la diffusione del processo tipografico moderno.

Punzone e matrice per caratteri di metallo

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Litografia che raffigura la produzione artigianale della carta

Macchina continua per la produzione della carta

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Nel corso del XV secolo la tipografia dà vita ad una nuova industria, quella dell’editoria, e i prodotti stampati cominciano a distaccarsi dai manoscritti medioevali per diventare libri veri e propri. In questo processo i tipografi dedicano molti sforzi a disegnare nuovi caratteri, con lo scopo di rendere la lettura più agevole. Il grande progresso in campo industriale si concretizza quando si riesce a meccanizzare la produzione della carta. Nel 1798 Nicolas Louis Robert alle dipendenze della cartiera dei Didot, costruisce la "macchina continua", con la quale diviene possibile fabbricare un foglio continuo di carta e incrementare la velocità di produzione. In poco tempo la quantità di carta prodotta aumenta di dieci volte e il prezzo si riduce notevolmente. La disponibilità di carta mette in moto una serie di studi per realizzare macchine che consentano di ridurre i tempi di stampa. Nel 1800 viene introdotta la pressa con struttura di metallo, innovativa rispetto al torchio di legno derivato dalla produzione del vino rimasto praticamente immutato dai tempi di Gutenberg. Le successive invenzioni che danno il via alle tecniche di composizione meccanica o “a caldo” determinano il progressivo abbandono della composizione manuale, sebbene mai la definitiva scomparsa.


Tecnica compositiva Dalla cassa tipografica il compositore raccoglie sul compositoio i caratteri necessari per formarne parole, linee, pagine destinate alla stampa. Ogni composizione viene realizzata in base ad una certa giustezza, cioè la lunghezza delle righe di un testo. Questa viene decisa nella fase di progettazione grafica, e sarà relativa al formato finito dello stampato, al corpo del carattere, all’impostazione che si vuol dare alla pagina e all’indivisibilità del contenuto, ad esempio in caso di un testo diviso in versi. Terminata la composizione, si lega il pacchetto con una funicella, lunga tanto da avvolgerlo quattro o cinque volte. A questo punto i caratteri e gli spazi sono tenuti ben saldi e sono pronti per essere

disposti all’interno della forma tipografica. Ad un compositore si richiede la conoscenza delle posizioni dei caratteri nella cassa tipografica e la conoscenza della spaziatura e relativo uso, poiché una composizione esteticamente buona è data da una spaziatura regolare fra parola e parola in tutte le linee di una stessa pagina. Egli deve padroneggiare le norme di composizione, ovvero il modo di usare il compositoio, i capoversi, la divisione delle parole in fin di linea, i righini, i segni d’interpunzione. Un compositore possiede nozioni specifiche per quanto riguarda l’utilizzo del materiale tipografico, ha padronanza dell’ortografia, conosce le convenzioni e i segni tipografici utilizzati nella stesura di bozze e nelle correzioni, ha nozioni teoriche e pratiche di tipoprogettazione e impaginazione.

Composizione tipografica legata

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Macchine tipografiche La pressa usata da Gutenberg è un torchio di legno a vite, probabilmente uguale a quelli usati per la pigiatura dell’uva per il vino. Il processo di stampa con una macchina del genere è completamente manuale. La pressa, azionata a mano applica una pressione diretta e uniforme sul piano, imprimendo i caratteri sulla carta. Una pressa tipografica rinascimentale può produrre circa 3600 pagine in un singolo giorno lavorativo. Le innovazioni rispetto a questa macchina riguardano principalmente il fatto che nel XIX secolo il materiale con cui essa è costruita non sia più il legno ma il metallo. Lord Stanhope costruisce una pressa di ferro e ottimizza il meccanismo in modo che la forza applicata sia ridotta del 90%. La capacità di stampa di questa macchina è di 480 pagine all’ora.

Pianocilindrica elettrica di marca Hoe

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Nel periodo della rivoluzione industriale si applicano le innovazioni tecnologiche anche ai processi di stampa: nasce così la pressa rotativa a vapore. L’inventore è Friedrich Koenig, che nel 1811 realizza la prima serie di macchine da stampa adatte ad una produzione industriale. Nella rotativa le immagini da stampare sono incurvate intorno ad un cilindro. L’innovazione consiste nella sostituzione della parte piana, che esercitava la pressione necessaria per la stampa su carta nella pressa tradizionale, con un cilindro, che permette una maggiore pressione. Le presse con cilindri permettono un movimento a rotazione continuo, con alimentazione a bobina invece che a fogli singoli. Il funzionamento è garantito da un motore, inizialmente a vapore e successivamente elettrico. L’ulteriore evoluzione apportata da Richard March Hoe alla macchina rotativa porta la capacità di stampa a milioni di pagine al giorno.


Rulli inchiostratori di una platina

Logo del tirabozze Vandercook Universal

Quest’invenzione è considerata fondamentale oltre che per la storia della tipografia, anche per la storia della comunicazione. Con la rotativa infatti i giornali quotidiani cominciano ad essere disponibili ad un pubblico di massa, grazie alle alte tirature ed al basso costo della stampa. La diffusione dei quotidiani migliora l’alfabetizzazione e la cultura del popolo, incrementando l’informazione e la consapevolezza anche delle classi più deboli. Nelle medio-piccole tipografie tuttavia spesso il processo produttivo è ancora basato sulla composizione manuale e si affida a macchine molto più piccole. Aziende come König & Bauer, Heidelberg, Hohner e, in Italia, Saroglia e Nebiolo producono fino alla metà del XX secolo macchine piano-cilindriche o platine ad alimentazione elettrica. Alcune macchine da stampa inoltre devono essere citate per lo status di culto che hanno assunto oggi. I tirabozze

Vandercook ad esempio, soprattutto negli Stati Uniti, sono macchine tenute particolarmente in considerazione, sebbene non siano tra le più avanzate in circolazione, in quanto spesso non hanno un sistema automatico di macinazione dell’inchiostro e neanche un sistema di regolazione dell’altezza dei cilindri. I possessori di Vandercook formano una comunità, soprattutto online, molto unita, e usano queste macchine per produrre poster e prodotti grafici in tirature limitate. Ancora, le platine in miniatura Adana, dal formato di stampa massimo di 8x5 pollici. Prodotte dal 1922 al 1999 e inizialmente concepite per rendere accessibile al grande pubblico la stampa tipografica, sono oggi particolarmente richieste all’interno del mercato dell’usato tipografico, e le si possono trovare nelle collezioni degli appassionati, nelle stamperie ancora attive o nei laboratori delle scuole di arti grafiche.

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composizione a caldo

Prende il nome dal fatto che l’addetto non opera a contatto con le matrici, e queste ultime sono prodotte direttamente partendo dal metallo fuso. Si effettua secondo due principi: o fondendo in un solo pezzo linee di determinata giustezza, sistema Linotype; oppure componendo e fondendo linee a caratteri mobili, sistema Monotype.

Linotype La Linotype è una macchina che produce una linea di caratteri di piombo. Inventata nel 1885, è stata usata per circa un secolo nella stampa di giornali e manifesti. Viene azionata da un solo addetto, che compone il testo da riprodurre su una tastiera. Una leggera pressione dei tasti aziona un meccanismo che rilascia le matrici di ottone, sulle quali sono impressi i caratteri. Le matrici sono dei prismi di ottone opportunamente sagomati e muniti di dentini e piedini che ne permettono il trasporto. Lungo uno dei due lati più lunghi recano incise in cavo una o due lettere sovrastanti, oppure dei segni. I cosiddetti magazzini sono casse di lamiera di rame, a forma trapezoidale, suddivise internamente in tanti canali longitudinali, in ciascuno dei quali si trovano, disposte una dietro l’altra, le matrici di una determinata lettera. Una matrice, una volta liberata dal magazzino scende lungo gli appositi canaletti per cadere su un nastro trasportatore che la porta al compositoio, posto alla sinistra dell’operatore. In questo modo si allineano le matrici fino a raggiungere la larghezza di una linea. Le parole sono separate da appositi spazi

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conici che meccanicamente giustificano la riga, distribuendo equamente lo spazio tra le parole. La linea pronta è portata automaticamente di fronte alla forma a fondere, che dalla parte opposta è chiusa dalla bocchetta del crogiuolo, contenente la lega fusa. Per mezzo di una pompa a stantuffo la lega viene spinta nella forma a fondere e si solidifica rapidamente in un lingotto. Le matrici che hanno finito il loro compito vanno al distributore disposto nella parte alta della macchina, immediatamente sopra il magazzino e la macchina le ridistribuisce negli appositi comparti, per essere riutilizzate. Mentre l'operatore compone una linea di matrici, un seconda viene formata, e una terza linea di matrici viene scomposta e ridistribuita nuovamente dentro la macchina. Le righe di piombo formate, una volta stampate sono rigettate nel crogiolo del piombo in modo da recuperare il materiale. La macchina Linotype fonde circa 3 linee al minuto e produce da 5 a 6000 lettere all’ora. Fondendo una linea di testo in un blocco unico un errore di battitura obbliga alla sostituzione dell'intera linea, e se il cambio influenza un'altra linea bisogna modificare l'intero paragrafo.


Per la stessa ragione tuttavia questo sistema è più conveniente nelle operazioni in cui bisogna spostare una colonna di testo e quindi essa trova il suo naturale impiego nelle tipografie delle riviste e dei quotidiani. I caratteri della Linotype dovevano sottostare ad alcune limitazioni anche dal punto di vista del disegno. Ad esempio i caratteri non potevano estendersi oltre le dimensioni della matrice, come spesso succede nei caratteri tradizionali, quindi lettere come la “f ” minuscola corsiva di un carattere graziato non poteva estendersi con una coda in basso a sinistra, come i disegni tradizionali prevedevano. Inoltre le lettere della polizza corsiva dovevano avere la stessa larghezza della polizza regolare, altra cosa non prevista nel disegno tradizionale dei caratteri. Il Sabon, di Tschichold, presenta un ottimo esempio di questa particolarità.

Confronto tra la f corsiva del Sabon, in blu, e del Jenson, in rosso

Righe di testo fuse con la Linotype

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Monotype La Monotype è inventata da Tolbert Lanston nel 1889. Si compone di due unità: una tastiera e un macchina per la fusione del piombo e la formatura dei caratteri. Premendo un tasto si mette in movimento un punzone circolare che perfora la carta in posizioni diverse, secondo le varie lettere. Ogni lettera corrisponde ad una determinata grossezza, scomponibile in unità. Così ad es. la lettera “m” che ha la grossezza maggiore, corrisponde a 15 unità. Una intera linea sarà quindi composta da un certo numero di unità. Finito di comporre una linea si batte il tasto di giustificazione, che aziona una asticina, la quale indica su un tamburo due numeri che rappresentano la grossezza della spaziatura occorrente. Basta quindi premere i due tasti corrispondenti per avere sulla striscia i fori della spaziatura che dovrà essere fusa per la giustificazione delle linee. Nella macchina fonditrice, ai 225 tasti della tastiera corrispondono 225 matrici di bronzo, su ciascuna delle quali è incisa una lettera, un numero o un segno.

Tutte le matrici sono riunite in un piccolo telaio montato capovolto sulla macchina. Un congegno molto ingegnoso della macchina è il cosiddetto leggitore pneumatico costituito da un cilindro di lamiera con 31 fori sul quale passa la striscia perforata. Ogni qualvolta un foro del nastro di carta viene a corrispondere a un foro del cilindro, l’aria compressa contenuta nel cilindro entra in appositi canaletti provocando il sollevamento di determinati pistoncini che provocano l’arresto del telaietto portamatrici, in modo che la matrice desiderata venga a trovarsi al di sopra della forma a fondere. Allora, dal basso, penetra il metallo fuso e si ottiene il carattere. Contro una produzione alla tastiera di circa 7-8000 lettere ora vi è una produzione alla fonditrice di 9000 lettere. Le forme da stampa prodotte da una macchina Monotype sono ancora modificabili, al contrario di quelle prodotte dalla Linotype, quindi è possibile correggere gli errori di composizione dopo la fusione dei caratteri. Inoltre, essa offre più opzioni per la composizione tipografica in quanto rende possibile variare la crenatura delle lettere. È quindi molto adatta a realizzare stampe di qualità, come ad esempio libri.

Caratteri Monotype Univers 24 pt, riconoscibili dalla tacca quadrata

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Telaio portamatrici del carattere Bembo 16 pt.

Tastiera Monotype

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fotocomposizione

Questa tecnologia prevede l’utilizzo di un computer per l’immissione dei testi collegato ad una fotounità composta da una fonte di luce, inizialmente un semplice flash, poi un tubo catodico, poi una luce laser, che impressiona una pellicola tramite una matrice che riporta il disegno di ogni carattere in negativo. Le pellicole vengono successivamente montate insieme e vanno a costituire il layout del foglio di stampa, che impressiona la lastra per la stampa offset.

Storia

Matrice Diatype del carattere Helvetica

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Nella prima metà del ‘900 si sviluppa una tecnologia che si distacca completamente da ogni tecnica precedentemente utilizzata per la composizione tipografica e soprattutto fa si che la tecnica preferita per la stampa commerciale a medio-alta tiratura si sposti dalla tipografia alla offset. Quest’ultima tecnica di stampa è già conosciuta e usata, ma soprattutto per stampare illustrazioni e fotografie, come evoluzione della litografia. Stampare testi in offset non è per niente conveniente in quanto per realizzare le matrici bisogna comporre i testi in tipografia, stampare una bozza e fotografarla. La lunghezza e l’eccessiva laboriosità e complessità di questo processo portano alla ricerca di una tecnica migliore. Gli inventori della fotocomposizione sono i francesi Rene Alphonse Higonnet e Louis Marius Moyroud che modificano una compositrice a caldo sfruttandone il telaio e la tastiera e rimpiazzando il sistema di fusione e le matrici metalliche con una foto unità e un sistema di matrici fotografiche. La prima applicazione industriale di questa


Unità di fotocomposizione Berthold

invenzione è la Fotosetter nel 1947, che consiste semplicemente in un adattamento della Linotype. Tutte le aziende nel mercato della composizione tipografica fanno propria quest’innovazione tecnologica e producono la loro versione, ognuna puntando su una particolare qualità, dal punto di vista delle dimensioni, della velocità di composizione o della qualità del risultato. La Monotype produce la Rotofoto, ancora un adattamento della vecchia compositrice a caldo, e la Monophoto. La Berthold commercializza la Diatype con un discreto successo anche grazie alle dimensioni contenute della macchina ed al sistema di matrici a dischi di cristallo, equipaggiate con i prestigiosi caratteri della fonderia tedesca; e successivamente la Diatronic. Per quanto riguarda la Linotype invece si può citare la Linotronic, una macchina che raggiunge un altissimo livello di complessità, che comprende una fotounità velocissima e un terminale per la composizione che ormai risolve tutti i problemi di battitura, di registrazione, di correzione, di composizione tabelle, di impaginazione, di stampa delle bozze, di revisione e stampa definitiva corretta anche in pagina intera.

Linotype CRTronic

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Possibilità espressive Le novità e le possibilità introdotte da questa tecnica sono grandi, sebbene preveda un processo piuttosto laborioso. I macchinari per la foto-composizione hanno dimensioni più contenute rispetto alle macchine Linotype o Monotype e, soprattutto, non necessitano di un ambiente separato. Possono quindi essere utilizzate in uffici o redazioni, rendendo il processo di realizzazione delle matrici da stampa più pratico e flessibile. Per quanto riguarda le possibilità espressive tipografiche, la fotocomposizione apre un capitolo completamente nuovo nella progettazione grafica. Prima di tutto permette un miglior controllo del kerning e del tracking, addirittura la possibilità di assegnare valori negativi a questi parametri. Inoltre consente di poter variare la

Specimen che illustra le possibilità di manipolazione del testo con la fotocomposizione

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dimensione dei caratteri in modo arbitrario, senza dover dipendere dalle dimensioni delle polizze di piombo. Di fatto la fotocomposizione libera le lettere dalle costrizioni imposte dal fatto di occupare uno spazio fisico. I caratteri diventano immagini, non più “parallelepipedi di metallo”, e in quanto tali possono essere liberamente scalati, modificati, distorti, sovrapposti. In questa logica la tipografia diventa campo di audaci sperimentazioni, e la possibilità di manipolazione dei caratteri dà il via ad un modo di lavorare con le lettere che si distacca sia dalla composizione tipografica tradizionale che dalla calligrafia, prendendo comunque costantemente spunto da entrambe, oltre che dagli esperimenti compiuti all’interno di correnti artistiche come il Dada e il Futurismo. I tipografi, i grafici appartenenti alla “vecchia scuola” e i disegnatori di caratteri considerano in modo estremamente negativo questa nuova tecnica che semplifica grandemente l’antica arte della tipocomposizione, che in cinque secoli ha visto ben poche innovazioni, a parte la composizione automatica, ed è giunta ad un livello notevole di eleganza e raffinatezza. Nonostante ciò molti grafici accolgono in modo entusiasta le nuove possibilità compositive. La tipografia diventa espressiva e viene considerata in molti progetti grafici quasi come un immagine o un’illustrazione. Parole e titoli vengono sovrapposte alle fotografie o tra di loro, come nei lavori dei pionieri Piet Zwart, Herbert Matter, Max Bill e, successivamente della “scuola svizzera”. Negli Stati Uniti Ed Benguiat e Herbert Lubalin sperimentano ampiamente con questi metodi, spesso però partendo da lavori di lettering manuale e di calligrafia. Wim Crouwel nel 1967 coglie la profonda differenza concettuale che separa la tipocomposizione fotografica dalle tecniche


new alphabet

Manifesto di Josef Muller-Brockmann, 1958

designed for machines since 1967

precedenti e decide di rivoluzionare addirittura la struttura dell’alfabeto sulla base dei principî della nuova tecnologia. Dopo aver visto una maldestra riproduzione del Garamond realizzata con una fotocompositrice a CRT ha l’intuizione di adattare l’alfabeto alle possibilità tecnologiche, invece del contrario. Realizza così un carattere sperimentale e innovativo, il “New alphabet”. Le lettere sono costruite su una griglia rigidissima e hanno tutte le medesime dimensioni.

Questo alfabeto è altamente astratto, e quindi quasi inutilizzabile, ma propone una teoria e un cambio di mentalità molto importante, cioè quello di progettare partendo dalle possibilità e dalle limitazioni tecniche con cui ci si deve confrontare. Tutte queste sperimentazioni sicuramente costituiscono un importante passaggio nell’evoluzione della tipografia e un precedente fondamentale per i successivi studi di lettering e tipografia espressiva.

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Tipografia digitale

Interpretazione analogica di una lettera bitmap, Jason Santa Maria


Font bitmap

Dagli ultimi modelli di fotocompositori in poi si può cominciare a parlare di tipografia digitale. Con questo termine si intende la visualizzazione e composizione di elementi tipografici sullo schermo di un computer. Questo viene reso possibile, molto brevemente, grazie ai font, file che contengono gli elementi tipografici, o glifi di un carattere. Il modo in cui i glifi sono descritti e le caratteristiche del file dipende dal suo formato. Dalla seconda metà del ‘900 ad oggi si sono susseguiti diversi formati, caratterizzati ognuno da particolari vicende, tecnologie e peculiarità.

storia Il primo sistema per visualizzare lettere sullo schermo di un computer è composto da un set di caratteri bitmap ottimizzati per la visualizzazione a diverse dimensioni prefissate, normalmente 8, 9, 10, 12, 14, 18, 24, 36, 48, 72 e 96 punti, similmente ai caratteri di piombo. Ogni file è specifico per un dimensione perché le lettere sono disegnate sulla base della griglia di pixel pari alla grandezza di ogni corpo. Solitamente nel nome del file viene specificata la dimensione alla quale il testo deve essere composto per ottenere una resa visiva accettabile.

Questi font, pur essendo adatti alle prime macchine senza grandi capacità di elaborazione e memorizzazione, non sono per niente adeguati alla grafica ed alla composizione tipografica in quanto non sono liberamente scalabili né modificabili e non danno buoni risultati in stampa, anche a causa dell’assenza di un sistema valido di stampa da computer. I primi formati di font digitali sono il Glyph Bitmap Distribution Format (BDF), rilasciato da Adobe e usato soprattutto in ambiente Unix, Server Normal Format (SNF), utilizzato sul sistema operativo Windows X e successivamente il Portable Compiled Format (PCF).

Variazione della struttura di una lettera a seconda della quantità di pixel usati per disegnarla

12×12 pixel

40×40 pixel

200×200 pixel

2048×2048 pixel

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Caratteri particolarmente memorabili in questa categoria sono il Chicago di Susan Kare, originariamente disegnato alla dimensione ottica di 12 punti come bitmap font nel 1984 per il primo sistema operativo Macintosh e successivamente convertito in outline e molti caratteri disegnati da Zuzana Licko e rilasciati dalla fonderia digitale indipendente Emigre, fondata dalla stessa designer e dal marito Rudy VanderLans. Alcuni di questi caratteri sono l’Emperor, l’Oakland e l’Emigre. L’uso che Zuzana e Rudy ne fanno è interessante, in quanto li usano anche in stampa all’interno del loro giornale sperimentale di grafica e tipografia, chiamato anch’esso Emigre.

Glifo del Verdana in versione bitmap e outline

Doppia pagina di un numero di Emigre

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I caratteri di quest’ultima fonderia sono considerati pionieristici per quanto riguarda la tipografia digitale. Sono infatti tra i primi caratteri disegnati da graphic designer direttamente sul computer, costruendo la lettera a partire dalla griglia dei pixel piuttosto che da un disegno manuale. Quest’approccio è sicuramente innovativo e influente ma non inedito, in quanto preceduto dal già citato New Alphabet di Wim Crouwel nel 1967; anche se quest’ultimo lavoro ha una maggior componente concettuale laddove il lavoro di Zuzana Licko e Susan Kare è soprattutto funzionale in entrambi si può apprezzare come il mutamento del processo e della metodologia progettuale.

Con l’evoluzione della tecnologia, il disegno tipografico si allontanana sempre di più dalla tradizione e, piuttosto, studiando le tecnologie a disposizione viene progettanto in modo tale da valorizzarne le potenzialità ed eluderne i limiti. È interessante notare che anche al giorno d’oggi, i font bitmap non sono completamente scomparsi. Alcuni dei caratteri originali in molti casi sono stati convertiti in formati più avanzati per offrire la possibilità di avere una resa stilistica datata senza le limitazioni tecniche dei formati originali. I caratteri bitmap dell’Emigre, dietro la richiesta di numerosi grafici, sono stati rilasciati nuovamente nel 2001, rivisti ed aggiornati. Anche dal punto di vista tecnologico i formati bitmap non sono stati completamente dimenticati, in quanto presentano alcune caratteristiche interessanti che non sono state rimpiazzate dalla tecnologia successiva. Essendo composti da pixel infatti, possono contenere informazioni sul colore di questi ultimi e presentarsi già colorati o elaborati con svariati effetti al contrario dei caratteri vettoriali che devono essere modificati dall’utente. Font bitmap di questo tipo vengono realizzati e venduti ancora adesso. Al giorno d’oggi si tratta soprattutto di caratteri che riproducono le lettere di una polizza con immagini fotografiche o fotorealistiche. Il loro utilizzo tuttavia non è molto comune e perlopiù limitato all’ambito web.

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font postscript

Per “PostScript” si intende un linguaggio di programmazione creato nel 1982 da John Warnock e Charles Geschke. Il linguaggio PostScript è il primo e forse il più importante prodotto della Adobe. Dal punto di vista tipografico, il linguaggio PostScript è uno dei linguaggi utilizzabili per descrivere le forme vettoriali dei glifi in un carattere.

Storia Il PostScript viene sviluppato come linguaggio interprete universale per le prime stampanti laser, per far si che un documento possa venire stampato su qualsiasi macchina senza perdita di qualità. Prima dello sviluppo del PostScript le uniche possibilità per stampare del testo erano tramite una stampante ad aghi. Le possibilità di output tipografico erano veramente molto limitate e davano luogo a prodotti di scarsa qualità. Per avere delle periferiche con una possibilità di output qualitativamente accettabile bisogna aspettare il 1984, quando la Adobe rilascia la prima versione di Postscript.

Esempio della resa tipografica delle stampanti ad aghi

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Nonostante il sistema per funzionare richieda un grande utilizzo di risorse (si pensi che le stampanti avevano un processore più veloce rispetto ai calcolatori stessi), costituisce una rivoluzione per svariati motivi: • indipendenza dalla periferica di stampa: basta che questa interpreti il PostScript per elaborare correttamente le informazioni inviate dal PC; • indipendenza del costruttore: qualunque azienda, acquistando la relativa licenza, poteva dotare la propria stampante dell’interprete PostScript; • disponibilità di una sintassi per una corretta interpretazione del codice, per favorire il suo sviluppo nelle varie applicazioni. Le potenzialità del PostScript non passano inosservate a lungo. Un anno più tardi, Steve Jobs e la sua Apple investono nel progetto così da lanciare la loro stampante professionale LaserWriter, dotata di un sistema PostScript appositamente scritto: il risultato è eclatante. Ora la Apple non solo è in grado di offrire calcolatori, ma un vero e proprio sistema di Desktop Publishing.


Il primo Macintosh, simbolo della rivoluzione del desktop publishing

Ben presto la nuova periferica della casa di Cupertino spiazza tutti i concorrenti sul mercato, diventando un vero e proprio standard. Ciò permette così ad Apple e Adobe di entrare nel club dei colossi dell'informatica. Nel 1991 viene introdotto il PostScript Level 2, che presenta diversi miglioramenti sotto il punto di vista del supporto di file raster. L’ultima versione viene chiamata PostScript 3, e rappresenta un miglioramento soprattutto per la gestione dei colori e delle tonalità di grigio, essendo capace di descrivere 4096 tonalità, contro le 256 del Level 2.

Nel 1991 sono state anche rilasciate pubblicamente le specifiche del formato, prima d’ora tenute segrete da Adobe, in seguito allo sviluppo del formato TrueType da parte di Apple e Microsoft. Adobe aveva mantenuto riservate i dettagli riguardo a questa tecnologia per mantenere il controllo del mercato dei font ad lata qualità. I caratteri PostScript Type 1 infatti avevano un ottima resa qualitativa in quanto includevano le informazioni per l’hinting, ovvero per l’ottimizzazione della resa del carattere su schermo o a piccole dimensioni.

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Tecnologia Il linguaggio PostScript utilizza curve di Bézier cubiche, lo stesso metodo di descrizione delle forme utilizzato dai più comuni software di disegno vettoriale come Illustrator o Inkscape. Questo metodo permette di descrivere una curva tramite due punti di controllo. Ciò equivale ad un basso peso del file di carattere, ad una maggior facilità di disegno e, generalmente ad un ottimizzazione del formato. I font PostScript inoltre, utilizzando lo stesso linguaggio della maggior parte delle stampanti, non possono causare nessun problema di stampa. Particolare di una curva di Bézier cubica

Per quanto riguarda la visualizzazione a schermo, i font PostScript contengono le istruzioni di “hinting”. L’hinting consiste nel definire alcune istruzioni matematiche per ottimizzare la visualizzazione del font quando le sue curve vengono rappresentate su una griglia, come quella degli schermi, specificando la sua definizione e la posizione dei pixel che costituiscono le lettere.

Esempio di hinting automatico (al centro) e manuale (a destra)

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Il risultato è una migliore visualizzazione a seconda della risoluzione disponibile: tanto più le istruzioni di hinting sono precise quanto più un font risulterà leggibile e riconoscibile nelle diverse dimensioni. Spesso il sistema di hinting è accompagnato dall'antialiasing, ovvero un sistema che sfuma leggermente i bordi delle lettere, per una visualizzazione ancora migliore.


Formato I font PostScript si compongono di due file, uno che contiene le informazioni relative al posizionamento dei glifi, comprese le informazioni di kerning, e un altro che contiene i dati relativi ai contorni vettoriali dei glifi. In ambiente Windows hanno, rispettivamente, l'estensione pfm e pfb. In ambiente Macintosh invece pfm e afm. I caratteri realizzati nel formato PostScript generalmente non sono cross-platform. Ciò significa in particolare che Windows e Mac non possono condividere gli stessi file di carattere. Il numero massimo di glifi ccodificati che un font PS può contenere è 256, ciò limita di molto la possibilità di utilizzare questo formato per alfabeti multilingue e di inserire caratteri speciali. Spesso per ovviare ai limiti del PostScript, questi caratteri e alfabeti speciali, spesso anche il maiuscoletto, sono forniti in file a parte, chiamati “expert sets” e venduti separatamente dal font principale. Non esiste ancora un sistema automatico di sostituzione dei caratteri, quindi anche le legature tradizionali, se presenti nel set di glifi, vanno inserite a mano una per una.

Le icone che identificano i font PostScript, rispettivamente su Windows e Mac OS

ABCDE12345 !"#$%;<=>? Il Meta expert, in blu, contiene lettere con segni diacritici e legature in supporto al Meta, in rosso

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font truetype

Il formato TrueType è un formato di font sviluppato da Apple e Microsoft, concorrente del PostScipt di Adobe, rilasciato nel 1991.

Storia Nel settembre del 1988 a San Francisco si svolge la Seybold Desktop Publishing Conference, a cui partecipano i grandi dell'informatica e gli specialisti del settore editoriale. Uno degli argomenti principali dell'incontro è l'esigenza di introdurre un nuovo sistema di font scalabile per andare incontro alle crescenti esigenze degli utenti, che richiedono font multipiattaforma ed in grado di affrontare stampe ad alte qualità (300 dpi). La questione è particolarmente importante, visto che nel settore editoriale la difficoltà di gestione delle font digitali costituisce un grande limite nella resa finale delle elaborazioni digitali e rende difficile lo scambio di file (e font) tra utenti che utilizzano sistemi operativi diversi. La questione, inoltre, condiziona anche i software che permettono di operare in WYSIWYG, cioè di editare le informazioni direttamente tramite l'interfaccia grafica, ma che non riescono a visualizzare correttamente i font. Apple utilizza lo standard PostScript di proprietà di Adobe, tuttavia l’accordo non è dei più convenienti: le royalty da pagare alla Adobe sono decisamente alte: circa 300 dollari a font più un somma base per ogni stampante per la concessione dell’utilizzo. Così Apple, nel 1988, decide di trovare una soluzione che consenta ai nuovi Mac di abbattere i costi, dotando il loro sistema operativo, il

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System 6/7 di una soluzione che sintetizzi il meglio di quanto la tecnologia possa offrire nella sfera dei font vettoriali e consentire stampe di qualità anche sulle periferiche non PostScript. Apple tenta di persuadere Adobe, anche solo per il rilascio pubblico di una versione ridotta del PostScript, ma lo stesso Warnock (fondatore e Ceo di Adobe) si rifiuta. Apple scinde il suo accordo con Adobe e dà il via al progetto Royal, che punta a sostituire la soluzione proprietaria di Adobe, assorbendo per questo buona parte degli sviluppatori della poco nota Bauer Enterprises, una società che aveva sviluppato un clone del PostScript, dal nome di TrueImage. Torniamo così nel settembre del 1988, alla Seybold Desktop Publishing Conference di San Francisco con le tre grandi dell'informatica. Apple per la sua strada, fiduciosa di trovare un alternativa, Adobe con il linguaggio PostScript che di fatto domina il mercato e di conseguenza l'intero parco delle font, grazie alla sua tecnologia “segreta” di hinting.Rimane Microsoft; l'azienda di Redmond è propensa ad adottare un sistema già rodato, deve solo scegliere il sistema da adottare. Diverse società ne hanno sviluppati: Compugraphic con il suo Intellifont, Bitstream il sistema Speedo, TheCompany con Nimbus Q, Sun con Folio e, ovviamente, Adobe e il celebre PostScript. Al di fuori di ogni previsione, Microsoft acquisisce Bauer Enterprises e tutti i diritti relativi a TrueImage.


Apple rimane spiazzata. Di fatto l'azienda di Cupertino aveva in mente una strategia simile e ora si trova solamente con la tecnologia relativa alla gestione dei font, ma senza un sistema per controllarne la stampa. Si prospettano così due alternative. La prima: la creazione di un nuovo sistema per la gestione della stampa; la seconda: un accordo con Microsoft per l’utilizzo congiunto delle due tecnologie. Dato che la prima delle soluzione sarebbe stata la più costosa, anche in termini di tempo di sviluppo, Apple stipula un accordo con la rivale Microsoft, nel quale si impegna a completare lo sviluppo di Royal per poi concederne l’uso in licenza a Microsoft ricevendo in cambio la licenza di utilizzo di TrueImage, così da consentire di spostare parte del processo di elaborazione dalla periferica al calcolatore,

permettendo di realizzare stampanti più economiche e di aumentare la qualità di quelle esistenti. Esattamente un anno dopo, sempre alla Seybold Desktop Publishing Conference, viene annunciato il nuovo standard Royal/TrueImage, sviluppato in cooperazione da Apple e Microsoft. Ciò manda su tutte le furie i vertici di Adobe. TrueImage viene rilasciato rispettando le scadenze fissate. Il core del sistema viene ultimato durante la metà del 1989 e il sistema viene rilasciato da Apple a Marzo del 1991 come add-on di OS 6.0. I primi font a disposizione degli utenti Apple sono Times Roman, Helvetica e Courier. Microsoft presenta ufficialmente il nuovo formato con il nome di TrueType insieme a Windows 3.1 nel 1992, addirittura evidenziandolo come una delle più importanti novità rispetto alla versione 3.0.

Apple LaserWriter

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Le icone che identificano i font TrueType, rispettivamente su Windows e Mac OS

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L’ambiente operativo Microsoft viene fornito con Times New Roman, Arial e Courier come font incorporati, grazie alla collaborazione stretta con Monotype. Da notare la differenza rispetto ad Apple, che era invece in accordo con Linotype. A questo punto le strade delle due società si dividono, anche sulla scia delle varie cause legali dovute al presunto plagio del sistema operativo Apple da parte di Microsoft con Windows. Big A estende TrueType trasformandolo in TrueType GX (Graphics Extended), in grado di supportare anche i caratteri asiatici. Questa “estensione” tuttavia non trova apprezzamento da parte dei maggiori produttori di software di desktop publishing (Quark e Adobe in primis) poiché un formato di font “troppo intelligente” vincolerebbe il loro controllo e, inoltre, GX è disponibile solo per Mac, mentre i loro software sono sviluppati e venduti anche nell’edizione per Windows. Con l’arrivo di Mac OS X, TrueType GX diventa AAT (Apple Advanced Typography) mantenendo intatta la sua struttura base. Anche Microsoft procede allo sviluppo di una propria estensione chiamata TrueType Open, che supporta i font asiatici, in cui il render è la somma di più glifi (elementi base) disegnati in sequenza. Questa soluzione viene realizzata con Adobe che così cerca di avvicinare PostScript a TrueType. TrueType Open diventerà OpenType.


Tecnologia Ci sono due aspetti fondamentali che caratterizzano il formato TrueType: la rappresentazione della curva e l’hinting. Il primo riguarda il modo in cui viene descritta la forma. In questo formato ogni curva è definita da una serie di funzioni matematiche. Queste funzioni descrivono una curva di Bézier di tipo quadratica. Per descrivere una curva quadratica sono necessari tre punti, quindi il numero complessivo di punti nei font TrueType è generalmente maggiore rispetto ai font disegnati secondo la tecnologia PostScript. Il secondo consiste nella tecnologia di hinting. Siccome quando il TrueType viene sviluppato le specifiche del PostScript sono ancora tenute segrete da Adobe,

i programmatori che sviluppano il TrueType mettono a punto una tecnologia differente, migliore di quella concorrente. Il file Truetype è uno solo, e contiene sia le informazioni per la stampa che per la visualizzazione a video. Nonostante il formato contenga le istruzioni di hinting tuttavia, la maggior parte dei motori di renderizzazione dei sistemi operativo spesso ignorano queste indicazioni. In modo particolare ClearType, il motore di rendering di Windows per i caratteri (disponibile già da Xp, ma disattivato per preimpostazione, attivo successivamente in Vista, 7 e 8) utilizza un alternativo per migliorare la visualizzazione; la stessa cosa valeva anche per GDI, il precedente render-engine delle versioni di Windows antecedenti ad XP.

Particolare di una curva di Bézier quadratica

Formato I caratteri sviluppati in linguaggio Truetype non sono multipiattaforma. Questo è dovuto ad una mai totale adozione del formato da parte di Apple per i suoi sistemi. I formati si differenziano tramite l'estensione ttf e tte per i sistemi Windows, e dfont per sistemi OSX. Esistono tuttavia dei tools in grado di convertire i font in modo da renderli compatibili tra i due sistemi.

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riepilogo dei formati e delle estensioni

postscript

truetype

.afm

.pfm

.dfont

.ttf

.otf

opentype

.ttf

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.pfm

.pfb


riepilogo della storia dei formati

PostScript

TrueType

TrueType Trueimage

OpenType

TrueType GX

Apple Advanced Typography

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Font OpenType

I primi esperimenti di font con legature ed alternative vengono svolti con lo Zapfino, del calligrafo Hermann Zapf


storia

Il primo formato tipografico a proporre l’idea di aggiungere funzioni avanzate è il QuickDraw GX System di Apple, sviluppato nel 1991. Questo sistema si concentra soprattutto sul supporto di legature, forme numeriche alternative e frazioni. Gli sviluppatori tuttavia non adottano questo formato nei software di impaginazione, forse perché temono che si riveli effettivamente troppo efficiente e faccia diminuire le vendite dei loro software. Così il QuickDraw scompare dall’utilizzo nel giro di qualche anno. Il potenziale tecnologico però non resta ignorato e nel 1995 Microsoft rilascia il TrueType Open, un estensione del già popolare formato TrueType, che pone l’attenzione sui formati digitali per i sistemi alfabetici non latini e rende la composizione tipografica digitale culturalmente più accettabile per il mercato arabo e indiano tramite un complesso sistema di script che permette di automatizzare legature multiple e sostituzioni contestuali. A questo punto la tecnologia per realizzare ogni tipo di funzione avanzata esiste e comincia a venire supportata dai software grafici di alto livello. A Microsoft si unisce Adobe e, nel 1996 viene rilasciato il formato OpenType.

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L’intento delle due aziende è quello di creare un formato che unisca e standardizzi i formati tipografici digitali PostScript e True Type, già di proprietà rispettivamente di Microsoft e di Adobe e allo stesso tempo utilizzi la tecnologia TrueType Open. In questo modo le due aziende contano di superare Apple nella corsa a realizzare un formato tipografico avanzato standard. Apple infatti sta sviluppando il formato AAT, Apple Advanced Typography, che prevede un supporto automatico per le legature, i caratteri alternativi e alcune funzioni speciali utili nello sviluppo di font per alfabeti non latini. Adobe impiega moltissime energie per imporre lo standard OpenType sul mercato e riesce a farlo utilizzando l’imponente patrimonio di caratteri dei quali Adobe possiede i diritti, che viene gradualmente convertito e rilasciato dall’azienda con funzioni speciali aggiunte ed esteso supporto linguistico. Intorno al 2002 l’intera libreria di caratteri Adobe è resa disponibile in OpenType.

L'icona che identifica i font OpenType

In particolare, i font “Pro” di Adobe diventano il nuovo standard di qualità nell’ambito della tipografia digitale. Man mano tutte le altre fonderie seguono lo stesso processo e convertono nel nuovo formato i caratteri sui quali detengono i diritti. In questo modo l’AAT di Apple di fatto viene distanziato e nel nuovo millennio l’OpenType si afferma come il nuovo formato tipografico standard.

Poetica

One of the first OpenType Pro fonts released by Adobe. Full of swashes & alternatives

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tecnologia

I file Opentype sono sostanzialmente dei contenitori per caratteri che possono essere disegnati sia tramite la tecnologia PostScript che quella TrueType. Il fatto che i contorni dei caratteri siano descritti con uno o con l’altro metodo non ha effetto sulla compatibilità del font o sulle caratteristiche avanzate, ma determina il tipo di hinting che lo caratterizza. La caratteristica più importante del formato è il fatto di essere multipiattaforma e multilinguaggio. Ciò è possibile grazie all’adozione dello standard Unicode per la descrizione univoca dei glifi e al sistema di tabelle tipografiche avanzate integrate nel font.

Unicode Lo Unicode Consortium è un consorzio di cui fanno parte molte aziende (Apple, HP, IBM, Microsoft, Oracle) e organizzazioni che operano nell’IT (information technology). All’interno di un font OpenType ad ogni glifo viene attribuito un numero univoco, costituito da quattro cifre, valido in presenza di qualsiasi piattaforma (Mac o Windows), applicazione (X-Press, Word, InDesign, ecc...) e lingua utilizzata. Lo standard Unicode inizialmente viene compilato con una codifica a 16 bit (quattro cifre esadecimali) che dà la possibilità di codificare 65.536 caratteri, considerando questo numero sufficiente per rappresentare i caratteri impiegati in tutte le lingue scritte del mondo. Ora lo standard Unicode prevede una codifica fino a 21 bit e può supportare in questo modo circa un milione di caratteri. Ciò appare sufficiente a coprire anche i fabbisogni di codifica di scritti del patrimonio storico dell'umanità, nelle diverse lingue e negli

Logo dello unicode Consortium

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svariati sistemi di segni utilizzati. In realtà solo una piccolissima parte di questa disponibilità di codici è attualmente (al 2009) assegnata. Per lo sviluppo dei codici sono infatti previsti 17 "piani" ("planes", in inglese), da 00 a 10hex, ciascuno con 65.536 posizioni (quattro cifre esadecimali), ma solo i primi tre e gli ultimi tre piani sono ad oggi assegnati e già solamente il primo, chiamato anche BMP (Basic Multilingual Plane), è praticamente sufficiente a contenere i simboli alfabetici di tutte le lingue più usate. La maggioranza dei codici assegnati ai caratteri nel BMP sono usati per codificare i caratteri cinesi, giapponesi e coreani. In questo piano sono presenti tutti gli alfabeti orientali e occidentali,

compresi di segni diacritici e punteggiatura. Oltre a ciò sono anche compresi anche i simboli Braille e i simboli presenti nel carattere iconico Zapf Dingbats, disegnato nel 1978 dal grande calligrafo e type designer Hermann Zapf. Nei piani superiori sono codificati i caratteri appartenenti a sistemi di scrittura primitivi e sistemi di scrittura non alfabetici, ad esempio gli alfabeti fenici, runici, cuneiformi e i segni della notazione musicale. I file OpenType hanno la possibilità di contenere i glifi codificati nel BMP. Ciò vuol dire che un singolo file può contenere tutte le lettere usate nella grandissima parte dei sistemi di scrittura attualmente in uso nel mondo, oltre a numerose lingue morte

Frames da Decodeunicode, video che presenta tutti i glifi del BMP in 2 ore e 30 minuti

Ma soprattutto che questi simboli sono accessibili direttamente da tastiera a seconda del layout linguistico assegnato s1enza dover ricercare manualmente ogni singolo simbolo dalla lista dei glifi disponibili. Contrariamente a quanto spesso si legge tuttavia la capacità di un file OpenType non è limitata a questi 65.536 caratteri. La capacità di un singolo file di contenere più o meno glifi è di fatto definita dalla complessità dei contorni dei glifi, ma i glifi ai quali non è assegnato un codice Unicode, come

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Code Not but

2002

very

nice,

functional!

𠜣

� 𪐋

𡇏 accennato sopra, non sono accessibili da tastiera. I caratteri più completi dal punto di vista della tabella Unicode nella maggior parte dei casi non corrispondono a dei disegni particolarmente raffinati o ricercati, ma sono più che altro degli strumenti dall’uso pratico, spesso distribuiti con licenze shareware o freeware. Alcuni di questi sono il Code 2000 e il Code 2002, realizzato da James Kass, lo GNU Unifont e l’Arial Unicode MS, inserito dal 2000 tra i caratteri predefiniti di Microsoft Office.

𠬜 53


Tabelle avanzate Il comportamento di un font OpenType, e in particolare le funzioni avanzate, sono descritte in una serie di tabelle compilate secondo il linguaggio standard XML. All’interno delle tabelle vengono specificati lo SCRIPT, e il LANGUAGE cioè il sistema di scrittura e la lingua specifica per le quali vengono attivate le funzioni speciali descritte nelle FEATURES e suddivise in diverse LOOKUP. L’utente sceglie lo script e il language che intende utilizzare oppure il sistema lo seleziona in base alle proprie impostazioni. In

base a ciò sono disponibili determinate features. Quando l’utente sceglie di applicare una feature ad un blocco di testo o ad una parte di esso il sistema esegue le informazioni eseguite nelle lookup e modifica il testo nel modo descritto. Ogni lookup contiene una serie di regole relative al posizionamento o alla sostituzione di glifi e se il sistema incontra nel testo a cui viene applicata la condizione descritta nella regola esegue l’operazione prevista. Il sistema confronta il testo e le regole in modo progressivo partendo dalla prima regola e fermandosi appena ne trova una realizzazione.

Tabella

Script

Script

Language

Language

Feature

Feature

Lookup

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Lookup


Comportamento della scrittura ideografica cinese, in alto, e di quella tibetana, in basso, rispetto all'allineamento alla baseline

Le tabelle avanzate sono: • tabella BASE: dipende da script e language, si articola in features. Determina la posizione della linea di base dei glifi per le necessità dei diversi sistemi alfabetici. Ad esempio nella scrittura ideografica cinese i caratteri si appoggiano ad una linea leggermente più bassa rispetto a quella latina, e addirittura in quella tibetana i caratteri non si appoggiano ad una linea in basso ma sono “appesi” ad una linea in alto. • tabella GPOS: dipende da script, eventualmente da language, si articola in features e lookups. Determina la posizione di alcuni glifi in situazioni particolari come i glifi del maiuscoletto, degli apici e dei pedici. Registra inoltre tutte le informazioni del kerning e il

posizionamento dei segni diacritici. Può anche fornire informazioni riguardo a casi particolari come i caratteri con due diacritici combinati o i diacritici sulle legature. • tabella GSUB: dipende da script, eventualmente dal language, si articola in features e lookups. Questa tabella gestisce le sostituzioni di glifi, dalle sostituzioni stilistiche alle legature, alle alternative e le sostituzioni contestuali. • tabella JSTF: utilizza lookups delle tabelle GPOS e GSUB più lookups speciali per ottenere un effetto di giustificazione particolarmente usato nella scrittura araba. • tabella GDEF: è una tabella che contiene dati utili alle altre tabelle, come la lista dei glifi ai quali è possibile applicare un segno diacritico o la classificazione dei glifi tra glifi base, legature, componenti e glifi di combinazione.

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Features predefinite Alcune tra le features programmabili e inseribili nelle tabelle avanzate sono già state standardizzate e rese predefinite da Microsoft e Adobe. A seguire una selezione delle più interessati. Gli esempi sono composti in Minion Pro, Pluto, Leitura Sans, Liza Pro, Bickham Script.

AALT Access All Alternates Rende utilizzabili tutti i glifi inclusi nel font e non accessibili da tastiera. i glifi sono presentati tramite un apposito menu (la palette glifi in Illustrator ad esempio). Attiva di default, non disattivabile.

Th › Th ff › ff ffi › ffi ffl › ffl

CLIG Contextual Ligatures Sostituisce una serie di glifi con una legatura quando si verificano situazioni particolari. Attiva di default.

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LIGA Standard Ligatures Sostituisce una serie di glifi con una legatura. Riguarda le legature tradizionali, che migliorano la leggibilità di un testo e risolvono alcuni conflitti tra le lettere, ad esempio quando il terminale della f andrebbe a sovrapporsi al puntino della i. Attiva di default.

"bro" › "bro"


DLIG Discretionary Ligatures Sostituisce una serie di glifi con una legatura. Riguarda le legature puramente stilistiche, che l’utente può utilizzare per abbellire una composizione tipografica. Attivazione opzionale.

ohohoh › ohohoh

ct › ct sk › sk

CALT Contextual Alternates Sostituisce un glifo con una sua forma alternativa se si verificano determinate condizioni descritte nel codice. Attiva di default.

ss01-20 stylistic sets Costituiscono un supporto aggiuntivo alle alternative stilistiche. I set stilistici prevedono 20 insiemi di glifi, raggruppati per coerenza visiva, che possono essere selezionati dall’utente per sostituire in blocco i glifi selezionati. Non attiva di default.

a›a g›g y›y

sALT stylistic Alternates Sostituisce un glifo con una sua forma alternativa. Non attiva di default.

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titl titling Sostituisce qualsiasi glifo con il suo corrispondente ottimizzato per la composizione di titoli, quindi per l’utilizzo ad una grande dimensione. Di solito questo tipo di caratteri hanno forme più dettagliate e un maggiore contrato tra le aste. Non attiva di default.

s›ſ

hist historical forms Sostuisce i glifi selezionati con le rispettive forme arcaiche. Ad esempio può essere usata per sostituire la s minuscola con la s lunga. Non attiva di default.

sh › � sl › � ss › �

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hLIG historical Ligatures Sostituisce una serie di glifi con una legatura. Riguarda le legature storiche, che hanno valore dal punto di vista della storia tipografica ma non sono più utilizzate. Queste includono le legature che coinvolgono una lettera arcaica come ad esempio la s lunga. Non attiva di default.


frac fractions Sostituisce i numeri separati dallo slash con i glifi relativi alla frazione corrispondente o chiama le features numr e dnom per realizzare una frazione non presente come glifo all’interno del font. Non attiva di default.

1/3 › ⅓ 7/8 › 7/8

42 › 42

numr numerators Sostituisce i glifi selezionati (numeri) con i glifi corrispondenti posti nella posizione del numeratore in una frazione. Si attiva quando l’utente attiva la feature frac.

42 › 42

dnom denominators Sostituisce i glifi selezionati (numeri) con i glifi corrispondenti posti nella posizione del denominatore in una frazione. Si attiva quando l’utente attiva la feature frac.

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sinf scientific inferiors

H2O › H₂O

Sostituisce qualsiasi tipo di numero con un glifo che presenta il numero corrispondente posto a pedice. Questo tipo di numeri sono usati soprattutto per notazioni chimiche o matematiche. Non attiva di default.

NotaA

sups superscript Sostituisce qualsiasi glifo con il suo corrispondente posto ad apice. Questo tipo di caratteri sono usati per le note in un testo o per abbreviazioni. Non attiva di default.

AV› AV Te › Te

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kern kerning Adatta la quantità di spazio tra due glifi per ottenere una spaziatura visivamente uniforme all’interno di un testo. Contiene la lista delle coppie di glifi alle quali applicare la correzione e il valore corrispondente. Può essere scavalcata da un ulteriore controllo manuale nei software che ne offrono la possibilità. Non viene attivata nei font monospaziati. Attiva di default.


1o › 1º

ordn ordinals Sostituisce determinate lettere poste a seguito dei numeri con le loro corrispondenti in posizione superiore, quando servono ad indicare un numero ordinale. Non attiva di default.

0,99 › 0,99 cpsp capital spacing Adatta la quantità di spazio tra le lettere dell’alfabeto maiuscolo per ottenere una spaziatura visivamente corretta. Quando un testo viene composto completamente in maiuscolo infatti sarebbe da preferire una spaziatura maggiore rispetto a quella predefinita per le lettere minuscole. Non viene attivata nei font monospaziati. Attiva di default.

lnum lining figures Sostituisce i numeri dal disegno vecchio stile, nel quale alcuni numeri sono discendenti, con numeri dall’altezza pari a quella delle maiuscole. Non attiva di default.

1967 › 1967 onum oldstyle figures Sostituisce i numeri dall’altezza pari a quella delle maiuscole con i numeri dal disegno vecchio stile. Non attiva di default.

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tnum tabular figures Sostituisce i numeri dalla larghezza proporzionale con i numeri dalla larghezza uniforme. Non attiva di default.

3,14 3,14 1,61 › 1,61 9,18 9,18 1967 › 1967

Sostituisce i numeri dalla larghezza uniforme, adatti per tabelle e colonne di numeri impilati con i numeri dalla larghezza proporzionale, adatti per i testi. Non attiva di default.

0›0 zero slashed zero Sostituisce il glifo che rappresenta lo zero con quello che rappresenta lo zero barrato, per evitare confusione nelle situazioni in cui questo numero si possa confondere con una O. Si può applicare solo al set dei numeri dall’altezza pari a quella delle maiuscole. Non attiva di default.

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pnum proportional figures

The › The End › End swsh swash Sostituisce un glifo con il suo corrispondente nella versione ornata. Alcuni glifi possono avere più di un alternativa, alcuni possono non averne nessuna. Non attiva di default.


• • •› • ❧ • ❦

cswh contextual swash Sostituisce determinate lettere poste a seguito dei numeri con le loro corrispondenti nella versione ornata se si verificano determinate condizioni descritte nel codice. Alcune lettere possono avere più di un alternativa, alcune possono non averne nessuna. Non attiva di default.

ornm ornaments

BTW › btw c2sc Small Capitals from Capitals Sostituisce una serie di lettere maiuscole con le loro corrispondenti nello stile maiuscoletto. Non attiva di default.

lol › lol

Sostituisce determinati glifi con ornamenti e icone. Può funzionare in due modi: o si basa sul glifo del punto elenco, al quale sono assegnati diversi glifi selezionabili dall’utente, oppure ad ogni glifo corrisponde un glifo speciale. in quest’ultimo caso l’utente avrà bisogno di una tabella che lo guidi nelle sostituzioni. Non attiva di default.

smcp Small Capitals Sostituisce una serie di lettere minuscole con le loro corrispondenti nello stile maiuscoletto. Non attiva di default.

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7-8 › 7-8

Cambia la posizione di alcuni segni di punteggiatura come le parentesi, i trattini e le virgolette in modo che siano otticamente allineati alle lettere in un testo composto tutto in maiuscolo. Cambia anche lo stile dei numeri da quelli vecchio stile a quelli dall’altezza pari a quella delle maiuscole. Attiva di default.

locl localized forms Sostituisce i glifi che, all’interno dello stesso tipo di scrittura differiscono da lingua a lingua. Ad esempio nella scrittura cirillica alcune lettere nell’alfabeto bulgaro e serbo sono differenti dall’alfabeto russo e tra di loro. Attiva di default, a seconda della lingua di output.

case case-sensitive forms

style › style

fina final forms

Sostituisce il glifo che si trova alla fine di una parola con una sua forma alternativa disegnata appositamente. Attiva di default.

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Pow › Pow init initial forms

Sostituisce il glifo che si trova all’inizio di una parola con una sua forma alternativa disegnata appositamente. Attiva di default.

hype › hype

medi medial forms Sostituisce i glifi che si trovano nel mezzo di una parola con delle loro forme alternative disegnate appositamente. Attiva di default.

ccmp glyph composition/decomposition Unisce automaticamente diversi glifi per creare lettere particolari. Viene usata in scritture mediorientali come l’arabo e il siriaco. Attiva di default.

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caratteristiche e vantaggi

Il formato OpenType rappresenta un cambiamento vantaggioso per tutte le parti coinvolte nella produzione e nell’utilizzo di un font, sia per quanto riguarda la produzione che la messa in stampa. Il type designer infatti ha la possibilità di disegnare il carattere con il metodo che preferisce e che gli è più congeniale scegliendo tra PostScript e TrueType, può arricchire il suo progetto con caratteri e legature aggiuntive e automatizzarne il funzionamento in modo relativamente autonomo. Avendo la possibilità di gestire tutto il processo di creazione di un font da solo e, con il debito impegno non dover dipendere da programmatori e sviluppatori, il designer può avere l’esperienza delle potenzialità dello strumento che utilizza. Questa possibilità di confronto diretto

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indubbiamente alza la qualità creativa e la coerenza dei progetti. Le fonderie possono concentrarsi su un unico formato, senza la necessità di dover rilasciare versioni multiple dello stesso font per Macintosh e Windows o dover scegliere tra uno o l’altro sistema, perdendo metà del mercato. Inoltre il fatto che i font OpenType siamo multipiattaforma elimina la possibilità di errori nella fase di conversione tra formati e il bisogno di fornire assistenza tecnica per tutti i diversi formati. Gli utenti non devono avere più enormi collezioni di font, magari con più versione dello stesso carattere in diversi formati e non devono più preoccuparsi della compatibilità con i diversi dispositivi hardware, primi tra tutti le stampanti. Per quanto riguarda l’utilizzo i font OpenType garantiscono maggiori possibilità creative, maggiore facilità di utilizzo e più opzioni per rendere un progetto grafico più ricercato e raffinato dal punto di vista tipografico. Oppure possono utilizzare il loro sistema alfabetico in modo semplificato e culturalmente più corretto.

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tipografia avanzata per web e per epub

Tutto il processo di evoluzione e sviluppo descritto fin’ora si riferiscono esclusivamente al desktop publishing e, in generale, alla progettazione grafica per la stampa. Negli ultimi anni il campo del web design e dell’editoria digitale sta diventando sempre più rilevante, e molto interesse viene anche rivolto alla resa tipografica dei prodotti realizzati in questi due campi.

web La tipografia per l’ambiente web si trova in una situazione di pieno sviluppo. Fino a qualche anno fa anche solo l’idea di usare un carattere diverso da quelli di sistema non era assolutamente considerabile. Il cambiamento importante arriva nel 2007 con il rilascio di Safari 3.1 che, tra le novità, presenta anche il supporto della tag @font-face, che permette di integrare in una pagina web un carattere presente sul server che ospita la pagina. Da quel momento tutti i maggiori browser hanno iniziato supportare quella possibilità. In questo modo l’utente può visualizzare la pagina con un certo carattere anche se non l’ha installato sul proprio pc. Da questo possibilità però nasce un problema, infatti un font inserito in una pagina è facilmente reperibile e riutilizzabile tramite il codice sorgente, eludendo così la licenza di utilizzo. La soluzione a questo inconveniente consiste nei font EOT e WOFF, formati specifici per il web che consentono di legare il file ad un determinato dominio e di evitare utilizzi impropri che violino la licenza. Ogni formato tipografico regolare, come TrueType e OpenType può essere

Homepage dell'Ampersand Conference 2012, con un ampio uso di font custom

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convertito in web font tramite software e servizi online gratuiti, uno dei più celebri è quello offerto da fontsquirrel.com. Tra i formati web sopra indicati quello che probabilmente si imporrà in futuro è il WOFF, sostenuto dal consorzio W3C. Quesa tecnologia è stata realizzata dai type designer Erik van Blokland di Letterror e Tal Leming di House Industries in collaborazione con lo sviluppatore di Mozilla Jonathan Kew. Un sistema ancora più semplice sicuro consiste nell’avvalersi di un servizio come quelli offerti da Typekit, Fontdeck o Google Fonts che, in accordo con molte fonderie digitali, forniscono l’utilizzo di una grandissima quantità di caratteri all’interno della propria pagina web tramite

Esempi del servizio SymbolSet

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l’acquisto di licenze o ne offrono gratuitamente. Il supporto delle feature OpenType sui browser non è ancora del tutto compiuto, ad oggi solamente le ultime versioni di Firefox e di Chrome lo consentono. Esistono già tuttavia potenziali situazioni che potrebbero beneficiare di un completo supporto delle sostituzioni OpenType come ad esempio il progetto SymbolSet, che fornisce un carattere iconico integrato con un supporto semantico. In pratica fa si che una parola, tramite le alternative contestuali, venga visualizzata come un simbolo. Ciò farebbe sì che un icona inclusa in una pagina web sia visualizzata come tale dagli utenti e come una parola dal browser, e in quanto tale sia interpretabile e indicizzabile.


eBook sfogliato su un iPad

epub Per quanto riguarda le pubblicazioni digitali ePub la situazione è leggermente diversa. Il formato supporta solo caratteri OpenType e WOFF, e il designer può incorporare un font all’interno di una pubblicazione digitale. Quest'ultimo modo di agire presenta gli stessi possibili problemi di licenza dell’ambiente web e quindi spesso è evitato, ma a volte è l’unico modo per risolvere problemi come il supporto linguistico. Purtroppo nessuna feature OpenType, neanche quelle considerate fondamentali per la leggibilità come i numeri vecchio stile o le legature standard sono supportate. Tuttavia c’è da credere che, dato il crescente interesse e attenzione verso l’aspetto tipografico delle pagine e i sempre più interessanti progetti che utilizzano le features avanzate, in futuro il supporto sarà ampliato. Soprattutto in un campo che si propone di concorrere seriamente con l'editoria tradizionale anche dal punto di vista qualitativo.

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Casi studio


I casi studio che presentiamo costituiscono una selezione di progetti tra quelli che utilizzano in modo più significativo la tecnologia OpenType. Alcuni progetti sono stati inclusi per il loro valore storico, alcuni per la popolarità che hanno raggiunto all’interno dell’ambiente specializzato, altri per l’originalità dello spunto creativo.

Ed Interlock Avant Garde FF PicLig FF Beowofl FF Dingbats 2.0 Liza Mr. Porter Estilo Pro

Sea Ark Sheep FF Chartwell Julien Reina Diamonds Pigment Fenotype

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ed interlock

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Ken Barber, Edward Benguiat, Tal Leming 2004 House Industries Display PostScript 18 pt 1706

storia Il carattere è stato disegnato dal team della fonderia digitale House Industries in collaborazione con lo storico tipografo e illustratore Ed Benguiat, famoso per i caratteri Souvenir, Edwardian Script e Bookman e per aver disegnato logotipi per moltissimi film e riviste, tra cui Sports Illustrated, Playboy, Esquire. L’Ed Interlock è stato rilasciato nel 2004, in una collezione che contiene altri 3 caratteri ispirati allo stile di lettering di Benguiat.

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influenze Le influenze per quanto riguarda lo stile di lettering dell’Ed Interlock sono da ricercare piĂš nella musica che nella tipografia. Ed Benguiat infatti inizialmente è un musicista, in particolare un percussionista jazz. Le lettere di Benguiat riflettono questa sua particolare passione e attitudine, gli alfabeti che disegna compongono parole che formano quasi delle onomatopee, grazie alle baseline irregolari e agli spessori variabili delle aste, che rendono le lettere estremamente espressive.

La maggior parte dei caratteri di Benguiat era sviluppata tramite fotocomposizione

Ed Benguiat e Ken Barber

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innovazioni L’Ed Interlock raggiunge altissimi livelli di eccellenza nell’ambito della tipografia digitale. Combina l’abilità nel lettering di Benguiat e la conoscenza dell’OpenType del team di House Industries e il risultato è straordinario dal punto di vista tecnologico, tipografico e per quanto riguarda la facilità di utilizzo. Le migliaia di legature che uniscono qualsiasi combinazione di due o tre lettere trasformano in un logotipo qualsiasi parola digitata. Ciò è reso possibile da complessi script che operano sostituzioni di glifi per favorire l’impiego del numero più alto di legature possibile. Le istruzioni contenute nel codice favoriscono l’uso delle legature a tre lettere, per garantire un aspetto più compatto alla parola digitata. Questo carattere rivela la sua importanza soprattutto quando si considera che nel 2004 il formato OpenType era ancora una tecnologia relativamente nuova, e soprattutto non ancora del tutto supportata da i vari programmi di desktop publishing e word processor. Può essere dunque considerato un precursore in questo campo ed una sicura influenza di tutti i progetti che si basano sul principio delle alternative contestuali.

note Le legature speciali dell’Interlock sono disponibili solo per l’alfabeto maiuscolo, l’alfabeto minuscolo possiede solo le legature standard.

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avant garde

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero di glifi

Herb Lubalin, Tom Carnase, Ed Benguiat 1970 - 1974 (disegno), 2000 - 2005 (versione digitale) ITC Sans serif geometrico PostScript 18 pt circa 434

storia L'Avant Garde nasce dal logotipo dell'omonima rivista, pubblicata per la prima volta nel 1968, e quindi non come carattere commerciale. Lo scopo di Herb Lubalin nel disegnare il marchio era di esprimere al meglio i valori del periodico: innovazione, creatività, anticonformismo, provocazione. Il risultato è uno dei logotipi più famosi e riconoscibili nella storia del graphic design. Il lavoro di lettering di Lubalin viene in seguito ripreso dall'autore con la collaborazione di Tom Carnase, un partner del suo studio. Partendo dallo stile originario i designer elaborano le lettere mancanti e disegnano ardite legature. Nasce così un vero e proprio carattere tipografico rilasciato nel 1970 per l'International Typeface Corporation, come carattere per la fotocomposizione. Negli anni successivi il carattere perde la sua carica innovativa, venendo utilizzato in modo banale e poco creativo, in particolar modo quando si abusa delle legature sperimentali che esso contiene. Attualmente è considerato da molti un carattere stereotipato legato in modo incancellabile agli anni settanta.

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La copertina del quinto numero, una delle più celebri


influenze "Ho chiesto un'immagine molto moderna, pulita come quella di un aeroporto europeo (o il terminal TWA), con segni in bianco e nero netto, [...] allora gli ho detto di immaginare un jet che decollano dalla pista verso il futuro: ho usato la mia mano per descrivere un diagonale verso l'alto del piano salendo verso il cielo". Con queste parole Ralph Ginzburg, editore di Avant Garde chiese a Lubalin di disegnare qualcosa di nuovo.

L'utilizzazione di linee spigolose e la costruzione geometrica delle lettere ci fanno constatare come Lubalin sia stato influenzato dai principi elaborati anni prima al Bauhaus. Si può notare infatti una grandissima somiglianza con il Futura di Paul Renner risalente al 1926, capostipite dello stile dei caratteri sans serif geometrici. Ed Benguiat espresse una grande ammirazione per la forza delle sue forme ma si riservò una critica a proposito della sua difficile utilizzazione in una situazione che esulasse dal logotipo della rivista Avant Garde.

La copertina del del primo numero della rivista

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innovazioni Le alternative stilistiche e le legature costituiscono il cavallo di battaglia di questo carattere. Nel periodo in cui l'Avant Garde è stato disegnato la maggioranza dei caratteri possedeva solo una forma per ogni lettera, ed era raro trovare in un carattere le cosiddette alternative stilistiche o legature non tradizionali. Da ciò si evince che lo sforzo di Lubalin e Carnasse consistette nel creare un carattere con elementi del tutto innovativi e precursori. All'epoca c'erano due disegni originali per l'ITC Avant Garde Gothic: uno dedicato alla creazione dei titoli e uno per la composizione del testo. La versione per titoli conteneva caratteri alternativi e legature in aggiunta rispetto a quella da testo. Durante la prima digitalizzazione, realizzata nel 2000-2001, è stato privilegiato solo il disegno dedicato al testo e le legature e i caratteri alternativi sono stati esclusi dal risultato. Con l'avvento della tecnologia Opentype e la riedizione del carattere nel 2005, anche la quasi totalità degli elementi alternativi e delle legature sono stati inseriti nel carattere digitale.

Alcune delle attuali legature della versione digitale del 2005

Le lettere Q, R ed M del peso Bold

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utilizzi notevoli Prima amato e ammirato, poi pesantemente criticato, l'Avant Garde è ormai diventato un classico tra i caratteri tipografici. Oggi esso è presente nei logotipi di alcune multinazionali come Adidas, Meralco, Bravia (di Sony) e istituzioni come il MIT (Massachusetts Institue of Technology). Viene utilizzato come carattere ufficiale per la comunicazione di Sony.

Un utilizzo creativo del carattere

note Il processo di digitalizzazione è iniziato nei primi anni 2000 per poi concludersi nel 2005 con il rilascio ultimo della versione Gothic Pro da parte della ITC.

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FF piclig

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

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Christina Schultz 2005 FontFont Dingbats PostScript 18 pt 397

storia

influenze

PicLig è il risultato del lavoro di tesi di Christina Schultz sulle nuove potenzialità della tipografia digitale. Il carattere è un vero e proprio font dingbat automatico, che parte da combinazioni di caratteri per restituire icone utilizzabili come elementi decorativi o all’interno di un testo. Dopo la discussione della tesi il font è stato acquisito ed annesso alla collezione della fonderia digitale FontFont.

Questo progetto è influenzato dall’ascii art, dalla pixel art e dalle emoticons usate negli SMS e in chat ma anche dai dingbat, caratteri di soli simboli che derivano direttamente dalle famiglie di ornamenti in piombo usate in tipografia.

Emoticon analogiche

Pixel art, Space Invader


Innovazioni È uno dei primi casi di utilizzo creativo reso possibile dall’OpenType. Il meccanismo che permette di ottenere le icone è piuttosto semplice ed intuitivo per l'utente in quanto le sostituzioni agiscono automaticamente quando si verifica una certa sequenza di caratteri. Il carattere utilizza la funzione avanzata delle legature discrezionali.

note Il nome PicLig deriva dalla contrazione di "Picture Ligatures". Viene citato da Travis Kochel come influenza nell’ideazione del suo Chartwell.

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Ff beowolf

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Just Van Rossum, Erik Van Blokland 1992 - 2007 Letterror - FontFont Display, serif -

Storia La prima versione del Beowolf consiste in una delle prime sperimentazioni nell’ambito dei caratteri digitali. In piena epoca PostScript, conteneva uno script in grado di cambiare i contorni delle lettere in modo casuale, spostando i punti che le compongono. Il Beowolf si componeva di tre varianti, in cui lo script agiva in modo più o meno distruttivo.

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Questo carattere è il primo ad essere rilasciato sul commercio dalla fonderia digitale Letterror fondata dai type designer olandesi Just van Rossum ed Erik van Blokland e dedicata alla sperimentazione tipografica più libera, innovativa e provocatoria. Il nome del carattere è stato suggerito da un amico dei designer, che aveva proposto Beowulf per l’aspetto gotico e spezzato del carattere. Questo nome è piaciuto ai designer, soprattutto dopo aver riconosciuto una similarità a livello concettuale tra il loro progetto e il tradizionale poema epico anglo-sassone, in quanto entrambi hanno innumerevoli forme, nessuna delle quali può essere considerata più importante di un'altra. Nel 2007 FontFont ha rilasciato la versione OpenType del Beowolf. Questa non contiene più uno script che agisce sulla forma della lettera, ma simula la resa del carattere originale utilizzando dieci diverse alternative per ogni lettera e uno script che le alterna in modo da ottenere lo stesso effetto visivo imprevedibile dell'originale carattere PostScript. Questa nuova versione è stata inclusa nella selezione dei migliori font del 2007 curata dal prestigioso sito Typographica.


InFLuEnzE

InnovAzIonI

Lo spunto per creare il Beowolf proviene da due ragionamenti distinti, da una parte è una riflessione sulla tecnologia moderna e dalla volontà di creare un progetto che la sfrutti appieno o, come hanno dichiarato i designer di Letterror: ”Una stampante laser è una macchina molto costosa e sofisticata, capace di interpretare un set molto grande di informazioni, quindi quando le si chiede una lettera perché dovrebbe stamparla ogni volta con la stessa forma?”. Dall’altra una reazione alla concezione modernista che prevede il massimo controllo e rigore grafico e si oppone alla casualità e all’imprevedibilità. I designer di Letterror a ciò obiettano che la coerenza di un carattere o di un progetto grafico non si esplica necessariamente nella ripetizione delle stesse forme ma in un processo mentale più complesso, nel riconoscimento di un metodo e di un criterio nell’apparente casualità.

Il Beowolf è un carattere completamente fuori dagli schemi, un progetto unico nella storia della tipografia. Ha lasciato il segno soprattutto per quanto riguarda la concezione di trattare un carattere tipografico come un insieme di dati digitali, piuttosto che di lettere. Questo modo di intendere un font, quasi come un software, è assolutamente inedito per l’epoca e consiste in un ragionamento molto interessante, che apre la strada alle moltissime altre sperimentazioni che seguono.

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Ff dingbats 2.0

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Olaf Stein, Johannes Erler, Henning Skibbe 2009 FontFont Dingbats PostScript 28 pt 286 +

Storia Il carattere nasce dall’esigenza di un'alternativa moderna allo Zapf Dingbats, il più celebre fra i caratteri digitali non alfabetici: lo Zapf Dingbats, disegnato da Hermann Zapf nel 1977 per la ITC, che al giorno d’oggi risulta datato e visivamente poco coordinato. Il risultato è FF Dingbats, lanciato nel 1993, che contiene alcune delle icone classiche ridisegnate assieme a mollte nuove, organizzate secondo

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un sistema per rintracciare al meglio i vari pittogrammi e simboli vari. Nel 2007, inizia un nuovo aggiornamento curato da Johannes Erler, che precedentemente, aveva redatto una tesi sull'utilizzo dei caratteri tipografici con al loro interno i simboli utilizzati nei packaging. Vengono disegnate nuove icone e, tramite la tecnologia OpenType, nuove possibilità di composizione. Il carattere, nettamente riprogettato, vede la luce nel 2009.


Influenze Il Dingbats 2.0 è a tutti gli effetti un carattere dingbat, evoluzione digitale dei fregi tipografici. I caratteri dingbat nascono dall'esigenza di inglobare al loro interno pittogrammi e simboli di uso comune, in modo da reperire facilmente questi ultimi ed utilizzarli in maniera semplice in molteplici applicazioni (infografiche, mappe, etc.). Dal punto di vista tecnologico il modo in cui si possono comporre le icone costituisce un utilizzo molto intelligente dell’OpenType e fa sì che si possa inserire il carattere nel filone dei font sperimentali che sfruttano il formato in modo creativo e alternativo, senza limitarsi alla composizione tipografica.

innovazioni Rispetto alla prima versione del FF Dingbats, che di fatto era solo una raccolta di pittogrammi ben organizzati ed ordinati secondo un sistema, la versione 2.0 offre possibilità fino ad ora mai disponibili: è possibile combinare più glifi che compongono l'icona base, dando ad ognuno un colore definito e tramite le features OpenType, combinare insieme il tutto così da ottenere un risultato uguale all'icona base, ma dall'aspetto policromatico. Al giorno d’oggi è il carattere dingbat più completo ed esteso.

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liza

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Baas Jacobs, Akiem Helmling, Sami Kortemäki 2009 Underware Script PostScript 24 pt 4000 +

Storia Il concetto alla base di Liza nasce nel 2004. Il font viene sviluppato con l’intento di creare il carattere più completo possibile nell’ambito di riferimento. Il progetto viene svolto dal team dopo aver disegnato a mano oltre 4000 lettere diverse. Il codice che contiene prevede numerose sostituzioni automatiche, che utilizzano al meglio le feature delle alternative contestuali e della legature standard. Il Liza Pro comprende 3 diversi font, da selezionare a seconda dell’impiego. Il Liza Display Pro è il carattere disegnato per

le titolazioni, è il più ricco di sostituzioni e di caratteri alternativi. Il Liza Text Pro è la versione da testo, le lettere sono meno decorate e più leggibili della versione display, è stato disegnato per rendere più versatile il carattere e non limitarlo solamente all’un utilizzo nei titoli. Il Liza Caps Pro comprende solo lettere maiuscole, disegnate in modo coerente con gli altri due font ma in uno stile meno decorato. Oltre al pacchetto Pro è stato rilasciato un carattere di ornamenti e una versione standard, che non possiede le caratteristiche OpenType. Il Liza è stato selezionato tra i 10 migliori font del 2009 di myfonts.com

Il Liza Display Pro in rosso e la versione Text Pro in blu

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Influenze Il progetto nasce dall’esperienza di Underware con caratteri calligrafici ricchi di funzioni OpenType come il Bello, e dalla volontà di ampliare ed esplorare al massimo le potenzialità OpenType applicate ai caratteri script. Dal punto di vista visivo si inserisce in modo eccellente all’interno dei caratteri script ispirati da stili calligrafici informali a pennello, con un forte riferimento visivo al lettering delle insegne dipinte a mano.

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innovazioni Il codice scritto da Underware riproduce, tramite una serie di regole, le peculiarità della scrittura calligrafica. Ogni singola lettera possiede una forma particolare se viene utilizzata all’inizio o al termine di una parola. Il carattere è stato programmato per operare un numero altissimo di sostituzioni nello stesso momento in cui l’utente compone un testo. Ancora: dopo circa 5 caratteri il carattere visualizza una breve interruzione tra la lettere,

simulando lo spazio che comparirebbe nella scrittura manuale, nel momento in cui il calligrafo deve ricaricare di inchiostro il pennello. Altre sostituzioni agiscono su particolari caratteri, in particolare sui caratteri ascendenti o discendenti, adattando la dimensione dei tratti, ad esempio della t e della y, alla lunghezza della parola, come avrebbe fatto un calligrafo per abbellire la propria composizione. Ogni lettera inoltre possiede almeno 3 varianti che si alternano tra di loro quando vengono utilizzate all’interno di una parola.

Un esempio delle varie interpretazioni del codice OpenType del Liza Display

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NOTE

UTILIZZI NOTEVOLI

Lo script incluso nel carattere è progettato per far rendere nel miglior modo possibile la composizione tipografica, e rende minima se non nulla la necessita di un intervento da parte dell’utente.

È uno dei font di Wired US, usato soprattutto nei titoli delle rubriche.


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mr. porter

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Baas Jacobs, Akiem Helmling, Sami Kortemäki 2009 Underware Script -

Storia Il Mr. Porter è stato realizzato dalla fonderia digitale olandese Underware, su commissione dell’omonimo negozio online di abbigliamento maschile. A partire dalla commissione del progetto il team di Underware ha definito la personalità del fittizio “Mr. Porter” e in seguito ne ha realizzato la grafia, attinendosi a quanto stabilito. Il carattere non è stato messo in vendita, ed è di utilizzo esclusivo del sito mrporter.com. Ha ricevuto il premio come miglior carattere ai riconoscimenti annuali del Tokyo Type Directors Club nel 2009.

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influenze Alcuni progetti che hanno preceduto e probabilmente ispirato la creazione del Mr. Porter sono il Mistral, disegnato, nel 1953 da Roger Excoffon, e i due font Justlefthand e Erikrighthand, creati da Erik van Blokland e Just van Rossum nel 1990. Il Mistral è un carattere oggi perlopiù evitato dai graphic designer, come la maggior parte dei caratteri inclusi nel pacchetto di default per Windows. Questo carattere tuttavia è interessante dal punto di vista della storia della tipografia in quanto è il primo carattere che deriva dalla grafia di una persona. Il tipografo infatti è partito dalla propria scrittura, realizzando tutte le lettere con un pennello.

Excoffon inoltre ha curato la realizzazione del carattere di piombo in modo molto preciso, facendo in modo che tutti i tratti di giunzione tra le lettere si sovrappongano, così da fornire realisticamente l’impressione della scrittura corsiva realizzata collegando tutte le lettere. Il Justlefthand e il Erikrighthand sono altri due esempi di grande importanza in quanto rappresentano i primi caratteri che riproducono una scrittura manuale informale, casuale, quasi disordinata, senza nessun riferimento alla calligrafia. Realizzati da Letterror nel 1990, questi caratteri hanno, da allora, ispirato moltissime imitazioni e variazioni, di valore e qualità altalenante, e si inseriscono nella sperimentazione anni ’90 dello stile “grezzo” e della ricerca sul valore estetico dell’errore.

innovazioni Il Mr. Porter è il carattere calligrafico informale più realistico e completo di sempre. Ogni lettera possiede decine di alternative, varianti che non sono solo diverse, ma che possiedono le diverse imperfezioni e caratteristiche tipiche della scrittura manuale. Il codice prevede al meglio come usare tutte le varianti presenti. Il font nel complesso emula in modo praticamente perfetto la scrittura di un essere umano, soprattutto in quanto esprime una vera personalità, che riflette quella di un ipotetico cliente del sito.

utilizzi notevoli Il carattere fa parte dell’identità coordinata dell’omonimo brand, dell’azienda Saturday.

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estilo pro

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Dino dos Santos 2010 DSType Sans serif geometrico, display PostScript 18 pt 998

Storia

influenze

La prima versione dell’Estilo è stata pubblicata nel 2005, come sans-serif di ispirazione Déco. Nel 2010 Dino Dos Santos include nel suo font centinaia di glifi aggiuntivi, tra legature, alternative stilistiche, svolazzi, capilettera e maiuscoletto. Il carattere viene così rilasciato nella versione Pro, che consiste di fatto in un carattere display, adatto per realizzare titoli e loghi grazie all’ampia scelta di lettere alternative e decorate che il carattere offre.

Lo stile de carattere riprende le forme geometriche tipiche del lettering Art Déco, tra i numerosi caratteri alternativi si trova un set di capilettera riccamente ornati di ispirazione liberty e uno di legature discrezionali che citano le classiche legature dell’Avant-Garde.

innovazioni L’Estilo Pro è da citare per la particolare ampiezza della sua famiglia, per l’ampio supporto linguistico e per le possibilità stilistiche che offre. Contiene un'ampia scelta di lettere ornate e legature discrezionali fantasiose. Come già notato molte riprendono quelle già disegnate per l'Avant Garde, ma ne vengono anche introdotte di originali seguendo lo stesso stile.

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sea ark sheep

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Simon Egli, Stian Ward Bugten 2010 Die Gestalten Display -

Storia Il progetto nasce all’università Central St. Martins, nell’ambito di una consegna relativa all’interpretazione grafica contemporanea dei sonetti di William Shakespeare. Lo scopo è quello di rendere graficamente il ritmo e la cadenza propri della recitazione. Il progetto originale prevedeva la sovrapposizione di diversi stili, in base a parametri sonori quali intensità sonora e frequenza della registrazione della lettura. Il carattere Sea Ark Sheep costituisce una semplificazione di questo progetto, dove il valore concettuale viene attenuato, a favore dell’utilizzabilità della risorsa e della semplificazione della resa grafica.

Prove della resa del carattere

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InFLuEnzE I motivi decorativi utilizzati in questo carattere derivano da libri risalenti al XVI secolo, periodo di attivitĂ di Shakespeare. Si possono quindi notare gli elementi tipografici caratteristici dell'epoca, ornamentali e decorativi, che vengono cosĂŹ usati come una sorta di pattern, per creare un carattere fuori da una sorta di intervallo di tempo.

Un esempio di iniziali ornate del XVI secolo

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innovazioni Il carattere sfrutta la feature delle alternative contestuali per attivare la rotazione delle diverse polizze contenute nel font e restituire il particolare ritmo grafico che caratterizza le parole composte. Ogni glifo è costruito a partire da una griglia modulare. Il carattere comprende 6 polizze complete, delle quali una non presenta nessun elemento decorativo e 3 sono decorate con diversi fregi e pattern.

Alcuni poster composti con i diversi stili del font

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note Il nome Sea Ark Sheep è un anagramma di “Shakespeare”.

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ff chartwell

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Travis Kochel 2011 FontFont Sans serif, sperimentale, dingbats TrueType 18 pt (carattere), 80 pt (grafici) 47751

Storia Spinto dalla frustrazione per la creazione di grafici all'interno di applicazioni per la progettazione e la difficoltà nell'esportare i grafici fatti con Excel in applicazioni esterne al pacchetto Office e seguendo l’esempio di quanti, prima di lui avevano spinto al limite le possibilità dei formati digitali, Kochel ha sfruttato la tecnologia OpenType per creare uno strumento dal facile uso, semplice, immediato e multipiattaforma. Il font comprende la suo interno migliaia di glifi, che rappresentano ognuno una frazione, raffigurata graficamente. Il codice contenuto all’interno della feature SALT (alternative stilistiche) fa sì che i glifi si combinino secondo i dati immessi dall’utente e ne restituiscano istantaneamente la rappresentazione grafica. Il Chartwell comprende tre diverse varianti, ognuna corrispondente ad un certo stile di grafico: a torta, a barre, ad area. Originariamente commercializzato da Kochel tramite la propria fonderia indipendente TK Type nel 2011, nel 2012 è stato aggiunto alla libreria FontFont e ne sono stati rilasciati quattro nuove

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varianti: a radar, a rosa, ad anelli, a barre verticali, espandendo la scelta di stili di grafici. Dalla sua uscita questo carattere è stato pubblicato tantissime volte su blog e riviste specializzate e ha vinto numerosi premi in concorsi dedicati al design e alla tecnologia come gli “Information is beautiful Awards” e gli “Innovation by design Awards”.

The quic jumps over t


influenze Kochel cita come influenze per il suo progetto due caratteri pioneristici per quanto riguarda l’utilizzo creativo dei font digitali e dell’OpenType: il Beowolf e il PicLig. Il primo è stato sicuramente di ispirazione per quanto riguarda la possibilità di includere degli script molto più complessi della media dei font digitali, andando al limite dell’hacking del formato, mentre il PicLig ha influito per quanto riguarda il funzionamento del carattere, in particolare la sostituzione delle lettere con glifi speciali, e l’interazione con l’utente.

Il Chartwell Pies

ck brown fox the lazy dog. Un pangramma che mostra la parte alfabetica del font

Il Chartwell Rings, con la funzione griglia attivata

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innovazioni Il Chartwell utilizza il font digitale come strumento, andando oltre la semplice rappresentazione tipografica. Bisogna anche notare che questo progetto è uno dei pochissimi casi in cui un progetto ad alto livello di sperimentazione risulta anche realmente e ampiamente utilizzabile, anche da utenti senza nozioni avanzate di type engineering. Queste due caratteristiche combinate lo rendono un progetto inedito dal punto di vista pratico e concettuale.

Il Chartwell Roses, con la funzione griglia attivata

Il Chartwell Radar, con la funzione griglia attivata

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note Il fatto che i vari glifi che formano le diverse parti del grafico siano già disegnate comporta un elevato numero di glifi all’interno del font e di conseguenza un lavoro particolarmente oneroso per l'elaborazione da parte del calcolatore.

Alcuni esempi di utilizzo creativo del carattere e delle sue peculiaritĂ

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julien

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Peter Bil'ak 2011 Typotheque Display -

Storia Il Julien è un carattere disegnato da Peter Biľak ispirato dalle lettere geometriche ed essenziali e dalle sperimentazioni tipografiche realizzate al Bauhaus e all’interno di movimenti artistici come futurismo, dada e avanguardie russe. Biľak in particolare è influenzato dalle grafiche prodotte dai maestri del Bauhaus, a lui particolarmente familiari data la sua origine Ceca, e realizza migliaia di lettere con la tecnica della tipografia modulare. In seguito raggruppa i caratteri in sei stili diversi, a seconda della forma prevalente delle lettere. In origine i nomi degli stili avrebbero dovuto essere     ,     ,     ,     ,     ,     , ma in nome della praticità diventano round, square e mixed, nei pesi light e bold. Infine Biľak inserisce nei font uno script OpenType scritto da Tal Leming di House Industries, che alterna le lettere in modo pseudo-randomico.

Copertina del primo libro del Bauhaus (1923), di L. Moholy-Nagy

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influenze Biľak dichiara di aver creato il carattere a partire dall’influenza dello stile tipografico geometrico tipico del Bauhaus e delle avanguardie russe. Dagli insegnamenti tipografici del Bauhaus il designer trae anche la scelta di non distinguere maiuscole e minuscole ma di mescolarle indifferentemente.Caratteri che possono essere considerati predecessori del Julien sono lo storico Universal di Herbert Bayer o il Futura Black di Josef Albers. Biľak inoltre omaggia Paul Renner inserendo nel Julien alcuni caratteri che ricalcano quelli presenti nei disegni originali del Futura ma scartati perché ritenuti poco leggibili.

Alcuni bozze e schizzi dei glifi Uno dei caratteri elaborati da Herbert Bayer, durante la sua permanenza al Bauhaus

durante la fase di progettazione

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innovazioni Il carattere di Biľak è considerabile innovativo in quanto parte da influenze ed esempi di design storici e le coniuga con le tecnologie più recenti nell’ambito della tipografia digitale, realizzando un progetto estremamente completo e interessante ma soprattutto utilizzabile e stimolante, grazie all’alto livello di sperimentazione che lo caratterizza.

note Lo script incluso nel Julien fa sì che una parole ripetuta due volte di seguito venga visualizzata in modo diverso.

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Esempi delle alternative stilistiche della lettera A e a

Un esempio di come il codice operi un ciclo continuo tra i glifi

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reina

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Maximiliano Sproviero 2011 Liàn Types Serif, Display PostScript 12 pt, 36 pt, 72 pt 523 +

Storia Il Reina è un carattere disegnato dal type designer argentino Maximiliano Sproviero, uscito nel 2011 per la fonderia digitale Liàn Types, dello stesso Sproviero. È un progetto particolarmente ambizioso, che parte dalla passione dell’autore per la calligrafia. Comprende 12 font diversi: 3 diversi caratteri ottimizzati per la dimensione alla quale viene usato il carattere in versione pro e standard, uno stile fiettato, che imita i caratteri incisi in versione pro e standard, 2 caratteri che contengono parole già composte in Inglese, Francese, Tedesco, Italiano e Spagnolo, un carattere di capilettera e un carattere di ornamenti a tema floreale. Sproviero ha realizzato tutto il lavoro in un anno, all’età di 24 anni. Il font ha ricevuto una grande esposizione sui blog specializzati ed è stato incluso nella collezione dei migliori font del 2011 dei siti Typographica e MyFonts.

Un poster con il Bauer Bodoni, a cui il Reina sì rifà come stile

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influenze Il progetto del carattere parte dai serif moderni: Bodoni e Didot e soprattutto dalle interpretazioni che ne dĂ Herb Lubalin e aggiunge decorazioni e svolazzi che derivano dalla calligrafia copperplate e blackletter. L’intenzione di Sproviero è di unire queste influenze per creare un carattere elegante e decorativo ma che possa anche essere usato per testi di breve lunghezza.

Un esempio di scrittura calligrafica, da cui il Reina tra ispirazione per i suoi svolazzi

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innovazioni

IT’S A GREAT YEAR ANY WAY YOU LOOK AT IT.

Ogni lettera possiede almeno 4 varianti indipendenti con diversi svolazzi in modo che il designer possa scegliere la combinazione migliore per realizzare la composizione secondo la propria necessità. Ogni font è stato disegnato in 3 versioni per le diverse dimensioni ottiche. Queste caratteristiche rendono questo font un caso esemplare.

Lettering di Herb Lubalin

note Le lettere alternative non sono inserite nei set stilistici ma nelle diverse funzioni OpenType, in modo teoricamente improprio. Questo accorgimento rende però il carattere più semplice da utilizzare in quanto non tutte le applicazioni supportano la funzione dei set stilistici. Questa funzione è supportata pienamente solo da Adobe InDesign, che però non costituisce il software più pratico per realizzare le complesse composizioni permesse dal Reina.

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diamonds

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Hannes von DĂśhren 2012 HVD Sans serif geometrico, display PostScript 20 pt 456 + 138 (ornaments)

Storia Il carattere nasce da una ricerca sperimentale che punta a trovare nuove forme geometriche, che sono ancora di facile lettura ma da generare un'inaspettata attenzione. Il risultato è un carattere lineare e chiaro, che esce fuori dai canoni delle classiche forme delle lettere.

Tre diversi pesi di Futura (in rosso) e dell'Avant Garde (in blu)

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InFLuEnzE Nello stile delle forme è ben visibile lo stile geometrico dettato dalla scuola del Bauhaus, con riferimenti ben specifici a caratteri assai famosi come il Futura e l’Avant Garde. Da quest'ultimo deriva chiaramente la scelta di includere diverse alternative stilistiche e legature non tradizionali.

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InnovAzIonI Il Diamonds è una famiglia ben attrezzata nel complesso, dalla tipografia professionale. I font, progettati appositamente con layout OpenType hanno un set di caratteri esteso per supportare le lingue dell'Europa centrale e orientale, nonchÊ lingue dell'Europa occidentale. Ogni font comprende lettere supplenti, frazioni, figure scientifiche, apici e pedici e una serie di frecce e forme geometriche.

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pigment

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Mark Frömberg 2012 Display -

Storia Il Pigment è un progetto di type design sperimentale sviluppato dal graphic designer tedesco Mark Frömberg come tesi di laurea. L’argomento del lavoro erano l’utilizzo dei colori nella tipografia, il progetto finale è consistito in un carattere costruito con numerosissime legature che sovrappongono una lettera all’altra. Applicando determinatati parametri di colore e di fusione si ottengono effetti di sovrastampa che ricordano la stampa serigrafica.

Un esempio di poster che applica i principi dello stile svizzero

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influenze FrÜmberg per realizzare questo progetto ha cominciato studiando tutti gli esperimenti di fusione tra colori realizzati nella storia della grafica, dagli esperimenti realizzati all’interno della corrente modernista della grafica in poi. Altre fonti di ispirazione sono state tutte le tecniche di stampa analogica che consentono di creare effetti di sovrapposizione con i colori, come ad esempio la serigrafia e la tipografia.

Due esempi di bozze relative alla fase di progettazione

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innovazioni Attivando alcune funzioni nel software in cui il carattere viene utilizzato (ad esempio su InDesign: overprint, stili nidificati) ogni lettera assume un colore diverso. Ogni colore si moltiplica con quelli adiacenti dove le lettere si sovrappongono. Inoltre ogni lettera è collegata a quelle adiacenti tramite legature non standard progettate da FrÜmberg.

Alcuni dettagli dello specimen, con esempi di utilizzo

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Alcuni dettagli dello specimen, con esempi di utilizzo

note Il carattere non è attualmente in commercio, sarà rilasciato nel corso del 2013.

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fenotype

designer anno rilasciato da categoria struttura dimensione ottica numero glifi

Emil Bertell, Erik Bertell, Kea Bertell 2002 Fonderia digitale -

Storia La Fenotype è una fonderia digitale che nasce dalla passione di Emil Bertell per i caratteri tipografici. A lui, si sono aggiunti il fratello Erik, type designer, e la sorella Kea.

influenze

Il Giorgio riprende il lettering disegnato da Giorgio Olivetti per il film "La dolce vita"

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Le influenze sono molteplici, visto che la fonderia ha pubblicato in questi anni caratteri di tutti i tipi. Alcuni casi particolari sono lo Squarendon, uno slab serif di ispirazione al Clarendon, il Mercury Script, uno script simile al Liza, il Master of Poster e il Malamondo, due display con legature dalle fattezze dell'Ed Interlock, il Grandpas Script e il Mrs Lolita, due script che riproducono la scrittura manuale. Molti dei caratteri rilasciati da questa fonderia, soprattutto quelli con legature alla Ed Interlock, probabilmente condividono le stesse istruzioni definite nelle righe di codice, applicate a serie di lettere differenti.


innovazioni Ciò che rende la fonderia degna di nota è che la totalità dei caratteri offerti sono in formato Opentypem, disponibili anche in formati per il web e utilizzano in modo coerente ed interesante le funzioni OpenType avanzate, applicandole ad una varietà di stili tipografici.

Il Bellissimo è un altro sans serif display con legature alla Avant-Garde

Il Monster è uno dei più curiosi dingbats della fonderia

Il Bouncer trae chiara ispirazione dallo stile di Ed Benguiat

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Parte II - progetto


Metaprogetto


obiettivo

L'obiettivo della parte pratica della tesi è applicare concretamente quanto appreso riguardo alla tecnologia OpenType tramite la realizzazione un progetto di valore concettuale e pratico.

OpenType

Font display

Caratteri letterpress

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target

Il target individuato, data la particolarità del progetto e dell'argomento, consiste principalmente nei graphic designer. L'obiettivo comunque è di realizzare uno strumento che non necessiti di particolare abilità nella composizione tipografica per essere usato.

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concept

Formazione Comprendere il funzionamento e imparare l'utilizzo dell'OpenType: una tecnologia avanzata e attualmente rilevante nel mondo della progettazione grafica e tipografica.

Val

Sperimenta Sperimenta Sperimenta 126


lorizzazione

azione azione azione

Analizzare le risorse disponibili, i loro punti di forza e i loro punti deboli per trarne il miglior risultato.

Uscire dalle convenzioni, esplorare la comunicazione visiva e indagarne i meccanismi a partire da un idea progettuale originale.

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scelte progettuali

A partire dai concept abbiamo definito le caratteristiche del progetto, scegliendo gli ambiti nei quali ci saremmo mossi.

archivio tipografico L'Archivio Tipografico consiste nella collezione di caratteri di legno e di piombo e di macchine da stampa tipografiche di Emanuele Mensa, stampatore e insegnante di stampa offset presso la Scuola Grafica Salesiana di Torino. I caratteri compresi in questa raccolta hanno origini molto diverse. Molte serie, quelle più complete e in condizioni migliori, provengono dalla tipografia Marchisio, storica e rinomata tipografia torinese che ha cessato l’attività nel 2002. Altri caratteri provengono dalla scuola grafica Salesiana e da moltissime altre tipografie di Torino e provincia. Esse, all’inizio degli anni 2000, hanno preferito affidare ad un appassionato il loro materiale, ritenuto obsoleto, piuttosto che gettarlo via o rivenderlo per recuperare semplicemente il valore del materiale con il quale era stato realizzato. Le condizioni dei caratteri raccolti nell’archivio sono molto diverse. Si può trovare il Bodoni di Marchisio, in condizioni perfette, accanto ai grandi caratteri di legno recuperati già seriamente danneggiati o usurati. L’eterogeneità dei caratteri riguarda anche il loro valore, infatti sono presenti caratteri rari e ormai di grande pregio, sia di provenienza italiana che estera, accanto a quelli più comuni e di valore inferiore. D’altro canto ciò fa sì che la collezione sia flessibile e possa rispondere alla volontà di produrre stampati di ogni genere e dimensione.

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Inoltre al giorno d’oggi anche i caratteri nelle condizioni peggiori possiedono un grande valore dal punto di vista della storia della tipografia. Nel momento in cui abbiamo concepito il progetto da sviluppare abbiamo considerato che il patrimonio tipografico presente nell’Archivio Tipografico fosse un ottimo punto di partenza per ottenere materiale di gran valore storico e grafico. Questo materiale costituisce il punto di partenza per un progetto che percorre la storia di secoli di tipografia e propone un risultato rilevante dal punto di vista grafico e tecnologico.


alternanza casuale/contestuale Dopo aver analizzato la storia e le possibilità della tecnologia OpenType, e aver raccolto uno scenario di casi studio, abbiamo deciso di incentrare il progetto attorno ad una degli usi più particolari e sviluppabili di questo formato, ovvero la possibilità di istruire il carattere digitale in modo che alterni i glifi che contiene in modo pseudo-casuale. Questo utilizzo, sebbene non espressamente proposto come possibilità nelle specifiche del formato, racchiude un grande potenziale e contiene ampi margini di sperimentazione, oltre a consentire e facilitare la creazione di progetti grafici particolari. Le applicazioni di questa possibilità, come notato nei casi studio, riescono a rendere possibile una gran varietà di progetti, dalla possibilità di imitare in modo più preciso possibile la scrittura umana, al riprodurre composizioni calligrafiche, a realizzare caratteri contraddistinti da particolari ritmi grafici, il limite risiede solo nella complessità del codice richiesto.

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caratteri display I carattery display sono i più recenti tra le tipologie di caratteri tipografici. Questa categoria comprende tutti quei tipi di alfabeto realizzati per la stampa di prodotti di grandi dimensioni. Nel XIX secolo nascono gli Slab Serif, che derivano dall'esasperazione dei caratteri graziati e hanno lo scopo di attirare l'attenzione degli spettatori. Vengono usati nei manifesti e nelle pubblicità, e perchè risultino di facile utilizzo e di facile creazione. Vengono realizzati in legno, materiale molto più leggero e meno delicato del piombo. Col passare degli anni, nella categoria display, agli slab si aggiunge ogni tipo di variazione fantasiosa possibile sul tema.Inizialmente le variazioni di disegno riguardano le grazie, che si biforcano e si appuntiscono in ogni modo possibile, dando origine ai cosidetti alfabeti Toscanici.

Campionario di caratteri Nebiolo

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Un altro campo in cui si scatena la fantasia dei tipografi sono gli ornamenti, che vengono aggiunti alle lettere in modo massiccio, sempre allo scopo di rendere il carattere più vistoso e attraente possibile. I caratteri fantasia sono l'evoluzione più libera di quelli da manifesto. In quest'ultima tipologia rientrano tutti i disegni non classificabili in altro modo, dalle imitazioni di scritture esotiche alle alterazione di caratteri già esistenti ad ogni tipo di carattere disegnato a mano, che della forma della lettera mantiene solo la struttura base. La scelta di realizzare un carattere display digitale deriva dalla volontà di mostrare in modo palese il meccanismo di fuvnzionamento del carattere, tramite l'eterogeneità del disegno dei glifi. Il modo di intendere e di utilizzare questi tipi di carattere al giorno d'oggi deriva da una lunga tradizione di sperimentazioni e ricerche tipografiche e grafiche.


Particolari di caratteri toscanici

Carattere fantasia

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Processo


studio della tecnologia opentype

La capacità di realizzare e applicare ad un carattere tipografico features OpenType non è molto comune, anche tra i type designer. Ciò probabilmente è dovuto al fatto che non esistono molti testi di riferimento che spiegano il funzionamento del codice in modo semplice, ad un’oggettiva complessità della logica di programmazione che bisogna adottare nella compilazione del codice e ad una generale diffidenza di molti designer nei confronti dei codici di programmazione, un argomento che appartiene più al campo dello sviluppo dei software che a quello della progettazione visiva.

Schermata di FontLab Studio 5

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La documentazione che abbiamo raccolto consiste soprattutto di risorse reperite su internet: articoli, presentazioni, manuali, video, anche discussioni tra esperti su forum specializzati. Abbiamo inoltre partecipato alla Kerning Conference a Faenza il 3 maggio 2013, dove abbiamo assistito agli interventi di alcuni importanti type designer tra cui Luc(as) de Grooot, Nina StÜssinger e Bas Jacobs di Underware che hanno fornito informazioni e spunti interessanti per quanto riguarda lo stato della tipografia digitale al giorno d’oggi e i loro metodi di lavoro. In particolare Bas Jacobs ha incentrato il suo intervento sul processo messo in atto dal suo studio nella creazione di un carattere con funzioni OpenType avanzate, portando come esempio il loro carattere Liza.

Nina StĂśssinger

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Bas Jacobs


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Studio sul manuale di FontLab

Schermata di FontLab, codice

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Allo studio delle risorse teoriche abbiamo affiancato l’analisi di alcuni caratteri e la realizzazione di alcuni semplici modelli di codice per avere un riscontro pratico effettivo delle nozioni acquisite. Per queste ultime prove abbiamo spesso adottato un modello di apprendimento di prova ed errore, andando a risalire alla legge tramite il risultato ottenuto.

Schermata di FontLab dell'Ed Interlock

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ricerca e selezione dei caratteri

La fase di selezione dei caratteri è stata forse la parte più lunga del progetto. Le linee guida che abbiamo scelto di seguire prevedevano di utilizzare solo caratteri provenienti dalla collezione dell’Archivio Tipografico, di diversi materiali e di dimensione, partendo da caratteri in piombo di corpo 24 punti ed arrivando fino ai grossi caratteri di legno di corpo 30 righe. In tipografia la riga è un'unità di misura multipla del punto; una riga equivale a 12 punti. Per quanto riguarda il disegno delle lettere abbiamo privilegiato i caratteri display con i disegni più particolari ed estrosi, senza badare all’epoca o alla provenienza.

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

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Caratteri selezionati Corpo 15 - 30 righe

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

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Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Balena Legno 15 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

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Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Diamant Bevel 1937 Johannes Lehmann Schriftguss Legno 20 r

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Giga sans Legno 30 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

First rounded Legno 20 r

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Funky 2 Legno 13 r

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Landi Linear 1939-1943 Aldo Novarese Nebiolo Legno 14 r

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Slab 288 bold Legno 24 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Slab extended Legno 18 r

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Spaghetti western Legno 15 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Superba Condensed Slab condensed legno 1934-1937 Haas Legno 30 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Toscanico Legno 16 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Veltro 1931 Alessandro Butti, Giulio da Milano Nebiolo Legno 20 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

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Caratteri selezionati Corpo 9 - 12 righe

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

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Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Bruce Lee Legno 9r

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Cooper Black Simil Cooper 1921 Oswald Bruce Cooper AFT Legno 10 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Nilo Egizio Nebiolo Legno 12 r

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Sans anonimo Legno 12 r

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Serif diagonale Legno 10 r

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Serif numeri Legno 10 r

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Caratteri selezionati Corpo 24 - 72 punti

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

3d Legno 48 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Aragosta Legno 48 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Atlas 1933 Karl Hermann Schaefer Schriftguss Resina 48 pt

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Barclay Simil Bodoni 1960 Piombo 48 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Circo extended Legno 72 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Flintstones Legno 48 pt

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Landi Echo 1939 Alessandro Butti Nebiolo Piombo 60 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Luna Park Piombo 36 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Neon 1936 Alessandro Butti Nebiolo Piombo 60 pt

145


Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Normandia 1946-1949 Alessandro Butti, Aldo Novarese Nebiolo Piombo 24 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Pacman Legno 36 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Ramona Massiccio ombrato 1939 Henry Reinhard Mรถller Schriftguss Piombo 48 pt

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Rounded piombo Piombo 72 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Semplicita 1930 Alessandro Butti Nebiolo Piombo 48 pt

Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Slogan finto Legno 60 pt

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

144


Nome Soprannome Anno Designer Fonderia Materiale Corpo

Savoia Legno 72 pt

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno.

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Abbiamo passato intere giornate in Archivio tipografico, completamente immersi nei cassetti di caratteri tipografici.

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Anche nelle pause dal lavoro di ricerca e catalogazione non ci allontanavamo mai molto dal tema della tipografia.

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Durante questa fase abbiamo aperto i circa 1500 cassetti di caratteri dell’Archivio Tipografico, fotografandone la gran parte e annotandoci le caratteristiche di ognuno. Una risorsa che abbiamo utilizzato per ottenere informazioni riguardo ai caratteri che man mano incontravamo è stata l’Atlante Tipologico di Giuseppe Pellitteri, un catalogo pressoché integrale di tutti i caratteri realizzati dalle maggiori fonderie del mondo fino al 1963. In alcuni casi non abbiamo trovato nessuna informazione pertinente e per comodità abbiamo assegnato al carattere un nome di lavorazione arbitrario, basandoci sulle sue caratteristiche o sul suo disegno.

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stampa delle bozze

Una volta selezionati i caratteri e le lettere li abbiamo stampati per verificarne la resa e avere una base sulla quale realizzare i tracciati vettoriali. La stampa dei caratteri non doveva essere necessariamente perfetta, in quanto abbiamo deciso di ricostruire le lettere ignorando gli eventuali difetti che i caratteri originali potevano presentare.

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Per arrivare a svolgere questa fase in modo autonomo abbiamo dovuto imparare le basi della tecnica compositiva tipografica. Abbiamo dunque studiato le unitĂ di misura tipografiche, le spaziature e le marginature e il corretto procedimento per comporre e stampare caratteri tipografici con un tirabozze.

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vettorializzazione

La fase di vettorializzazione è stata particolarmente lunga e delicata. Abbiamo deciso di riferirci alla forma originaria del carattere, ricostruendo le eventuali imperfezioni e ignorando la texture della stampa. L’obiettivo è stato quello di ricostruire digitalmente ogni lettera senza utilizzare troppi punti per definirla e quindi senza renderla pesante ed onerosa durante la fase di renderizzazione a video.

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Il processo si articola in quattro fasi. Le scansioni delle bozze vengono sottoposte ad una minima post-produzione basata sulla pulizia ed sull'aumento del contrasto dell’immagine, cosÏ da facilitare lo studio delle forme.

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Il lavoro successive viene effettuato con il software di grafica vettoriale Illustrator: è opportuno lo studio di una griglia che serve a definire la forma del carattere, in modo da evidenziare le particolarità del carattere e mantenere la coerenza nelle proporzioni durante il ricalco dell'intera polizza (o dei caratteri scelti). Grazie a questa fase è stato possibile osservare ed apprezzare le varie correzioni ed accorgimenti ottici che venivano già usati in passato, quando la precisione consentita dai personal computer non era ancora disponibile. La terza fase consiste nel ricalco completo delle forme, utilizzando come base gli accorgimenti presi durante la seconda fase, cercando di ottimizzare al meglio le forme, lavorando con forme semplici che tramite operazioni booleane costituiranno la forma finita della lettera.

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Sequenza di lavoro

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Durante la quarta ed ultima fase abbiamo reso uniforme l’altezza delle lettere e dei numeri portandoli tutti ad un'altezza di 700 punti prestando attenzione alle proporzioni fra i glifi della stessa polizza e alle varie correzioni ottiche e mantenendo costante il rapporto originale.

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costruzione del font opentype

Partendo dai glifi vettorializzati, abbiamo selezionato sei varianti per ogni lettera e numero, includendo nella selezione anche segni di punteggiatura e lettere accentate e li abbiamo importati su FontLab Studio 5

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Per costruire la feature principale del carattere, l’alternanza contestuale dei glifi ci siamo resi conto di doverci rifare al campo della teoria della visione per ottenere un risultato soddisfacente. Abbiamo quindi studiato la funzione e la fruizione di una composizione tipografica complessa, in seguito abbiamo analizzato alcuni progetti che presentano un lettering realizzato in base allo stesso principio e a partire da questi abbiamo estrapolato alcune regole di composizione, che abbiamo di nuovo riscontrato nella teoria. Il tipo di risultato grafico a cui ci riferiamo non ha come primo obiettivo la leggibilità del messaggio, non per questo però non è soggetta alle regole e ai principi della comunicazione visiva più tradizionale. Una composizione tipografica sperimentale deve risultare di forte impatto, ma non deve scoraggiare il fruitore alla comprensione delle lettere. Presenta quindi allo stesso tempo due aspetti che nella maggior parte delle volte sono distinti, infatti deve essere “guardata” e “letta”. Come scrive Giuseppe barbieri in “Guardare e leggere”: “Queste due azioni sono le principali attività cognitive di cui è protagonista il senso della vista e, seppure il leggere è in un certo senso un sottoinsieme del guardare (poiché evidentemente non si legge senza guardare), ne è comunque un sottoinsieme caratterizzato

in maniera così precisa che possiamo molto chiaramente contrapporre a tutto quel guardare che non sia leggere. […] La differenza tra guardare e leggere è ritmica, o meglio, è una differenza di atteggiamenti ritmici. Si legge una materia che è già stata organizzata ritmicamente da qualcun altro; si guarda una materia che, come il modo reale che si presenta alla nostra percezione, aspetta che siamo noi a darle organizzazione ritmica.” Il concetto più importante da tenere in considerazione quindi è il ritmo grafico. Esaminando alcuni casi studio abbiamo notato come le composizioni più riuscite sono caratterizzate visivamente da un certo equilibrio dato dalla distribuzione di lettere otticamente più o meno pesanti. Il peso ottico di una lettera è un valore visivo dato da diversi fattori, principalmente lo spessore delle aste, il loro contrasto interno e la larghezza complessiva della lettera. Più una lettera è larga e possiede aste spesse con poco contrasto tra di loro più pesa otticamente.

Thin

Medium

Light

Regular

Per esaminare i casi studio abbiamo considerato sei gradi di peso visivo che una lettera può assumere e abbiamo assegnato loro, per comodità, le definizioni usate per definire il peso dei caratteri, nonostante i due concetti non aderiscano esattamente.

Bold

Black


Cartoline promozionali, SHS Publishing

Omaggio ai Beastie Boys, Mash Creative

Logo Marathon, Mind Design

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Serie di poster "dancing with myself ", Franz Thues e Dirk Kรถnig

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Il ritmo ottimale per una composizione tipografica di questo tipo prevede che vengano accostate lettere molto contrastanti, in modo da dare uno stacco visivo netto e porre enfasi sulla lettera più pesante oppure che vengano accostate lettere di peso prossimo, in modo da guidare gradualmente l’occhio verso gli elementi che più spiccano. La regola più importante che abbiamo compreso è di non accostare due o più lettere di peso pari. Ciò infatti risulterebbe in un area di colore uniforme troppo vasta, che distrae l’occhio e gli

impedisce di percorrere l’intera composizione, agendo un po' come i canaletti bianchi che si formano nei paragrafi giustificati senza gli adeguati parametri. Questi accorgimenti sono i primi fondamentali principi per fare sì che una composizione tipografica sperimentale possa risultare visivamente interessante al primo impatto e non ostacoli la lettura. In base a queste regole abbiamo realizzato un codice che disponga le lettere di diverso peso ottico secondo un certo ritmo prestabilito.

Thin

light

black

bold

regular

medium

Data una lettera di un certo peso, quella che segue potrà appartenere ad una classe sia più leggera che più pesante, distante al massimo due passi

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Una volta compresi questi principi, per prima cosa abbiamo suddiviso le famiglie di caratteri digitalizzate in sei diverse classi in base al loro peso ottico. Seguendo questa classificazione abbiamo creato le classi OpenType in FontLab.

abcde 123456 Thin

abcde 123456 Light

abcde 123456 Regular

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abcde 123456 Medium

abcde 123456 Bold

abcde 123456 Black

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Il codice vero e proprio, che abbiamo inserito nella feature CALT istruisce il software in modo che operi una routine ciclica utilizzando una lettera da ogni classe, secondo il ritmo definito. Per ottenere praticamente questo esatto risultato abbiamo dovuto osservare alcuni accorgimenti non necessariamente corretti dal punto di vista tecnico, ad esempio abbiamo dovuto includere un identico glifo “spazio” in ognuna delle classi, per far si che il ciclo delle classi non si interrompesse dopo ogni parola, a causa del richiamo del medesimo glifo “spazio”. Il ritmo è composto da dodici passaggi ciclici.

Bold

Medium

Light

Regular

Bold

Medium

Regular

Thin

Bold

Black

Thin

Medium

a a a a

a a a a

Il codice si articola in tre sottotabelle di lookup che agiscono in modo sequenziale. La prima fa si che tutte le classi si alternino in ordine una di seguito all'altra, la seconda definisce il ritmo per i primi sei passaggi, la terza per i secondi sei passaggi.

188

a a a a

Il funzionamento si basa sul controllo della classe di ogni glifo. Le regole che abbiamo scritte descrivono il passaggio da uno stato in cui i glifi appartengono tutti ad un unica classe iniziale (nel nostro caso la classe Bold) fino ad arrivare al ritmo previsto, tramite progressive sostituzioni.


feature calt { # Contextual Alternates # Latin lookup calt1 { sub @bold @bold' by @medium; sub @medium @bold' by @black; sub @black @bold' by @thin; sub @thin @bold' by @light; sub @light @bold' by @regular; } calt1; lookup calt2 { sub @bold @medium @black' by @light; sub @medium @light @thin' by @regular; sub @light @regular @light' by @bold; sub @regular @bold @regular' by @medium; } calt2; lookup calt3 { sub @bold @medium @bold' by @regular; sub @medium @regular @medium' by @thin; sub @regular @thin @light' by @bold; sub @thin @bold @regular' by @black; sub @bold @black @bold' by @thin; } calt3; } calt;

189


Per rendere il font più completo abbiamo attivato la feature AALT, che fa sì che tutto il set di glifi sia accessibile dall’apposito pannello presente nei software che supportano le funzioni OpenType. In questo modo l'utente non è vincolato dal font ma può sostituire i glifi manualmente, fino ad ottenere il risultato desiderato.

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the quick brown fox jumps over the lazy dog

191


riepilogo del processo

1500 cassetti di caratteri aperti

424 glifi vettorializzati

378 glifi inclusi nel mixotype

100 cassetti fotografati

58 bozze stampate

192


48 caratteri selezionati

35 ore di scrittura del codice

34 caratteri inclusi nel mixotype

30 pizze mangiate su un tirabozze

9 mesi di lavoro

1 font opentype

193


IdentitĂ visiva

Composizione tipografica decorativa


nome

Il nome del progetto nasce dall'esigenza di comunicare efficacemente ed immediatamente il prodotto finale. Abbiamo unito due parole che sono alla base del progetto e pur essendo inglesi sono facilmente comprensibili in italiano.

Mix of types

=

Mixotype

195


logotipo

Il logotipo che rappresenta il progetto Mixotype è composto dai primi glifi che abbiamo digitalizzato, consiste in un certo senso nella prima prova di resa del nostro carattere.

Logotipo

Palette cromatica

196

CMYK

0 60 60 10

CMYK

0 0 0 90

RGB

222 120 92

RGB

65 64 66

HEX

# DE785C

HEX

# 414042

CMYK

80 40 30 0

CMYK

0 0 0 19

RGB

100 121 125

RGB

255 252 215

HEX

# 64797D

HEX

# FFFCD7


Declinazioni cromatiche

Spazi di rispetto

Larghezza 50 mm

Larghezza 30 mm

197


Promozione


flyer

Prima di partecipare alla conferenza Kerning di Faenza abbiamo preparato un flyer promozionale per portare il progetto a conoscenza di un pubblico che rispecchia perfettamente il nostro target e ricevere consigli e opinioni. Per quanto riguarda la progettazione del flyer, abbiamo deciso di comunicare il progetto sul fronte tramite un illustrazione che spieghi sinteticamente i principi sui quali ci basiamo, e sul retro, in breve, le fasi del processo.

199


Abbiamo realizzato la prima tiratura con una tecnica mista, stampando in letterpress le mani e in digitale tutti gli altri elementi.

200


Per la seconda tiratura invece abbiamo stampato il prodotto interamente in tipografia, componendo i testi a mano con i caratteri di piombo dell'Archivio Tipografico e realizzando clichè per le parti illustrate come i logotipi, i numeri e le scintille tra le mani. Il carattere utilizzato è il Semplicita nella misura 12 punti per il fronte e 8 e 10 punti per il retro. La stampa è stata realizzata con una platina Hohner su carta Fedrigoni Materica di colore Limestone e grammatura 360 g/m2.

201


202


203


tumblr

Abbiamo ritenuto che fosse necessario e interessante essere presenti sul web con il nostro progetto. A tale scopo abbiamo aperto un blog sulla piattaforma Tumblr che abbiamo aggiornato di volta in volta pubblicando foto rappresentative della fase del processo che di volta in volta stavamo attuando. Il risultato di visite e lettori abbonati è stato incoraggiante; abbiamo notato soprattutto un grandissimo interesse nei confronti dei contenuti che riguardavano la tipografia letterpress, i caratteri mobili e la composizione manuale.

mixotype.tumblr.com

204

Visite

924

Lettori abbonati

42

Post totali

57

Like e reblog totali

162

Mesi di attivitĂ

3


205


specimen

Per completare la presentazione del font abbiamo realizzato uno specimen in edizione limitata.

206


207


poster

Il poster è un esempio di come il Mixotype può essere usato come carattere display. La frase illustrata sul manifesto esprime il concetto che, per comprendere e riuscire a replicare il funzionamento di un certo meccanismo, bisogna studiarlo e riuscire a percepire le sotto-strutture di cui è composto. La stessa frase riprende il concetto più importante che abbiamo compreso durante la realizzazione del Mixotype, ovvero che anche un risultato apparentemente casuale è frutto di una composizione armonica. Per riprodurre questo risultato è necessario adottare una visione d'insieme tale da percepire la regolarità e l'armonia che gli sottostanno. Dal punto di vista pratico bisogna analizzare in modo approfondito le caratteristiche di ciò che si vuole ottenere e, in base a queste, sintetizzare una serie di istruzioni che le rendano ripetibili.

“To understand is to find patterns among chaos„

208


209



Parte III - conclusioni


Prospettive per l'OpenType


Dalla nostra analisi è emerso il fatto che l’OpenType costituisce attualmente il formato tipografico standard. Il mercato della tipografia digitale è piuttosto complicato, ormai quasi saturo, ed è molto faticoso creare un prodotto di successo. Dall’altro punto di vista però è diventato semplice dare vita alla propria fonderia digitale indipendente per distribuire le proprie creazioni senza dover passare per le aziende storiche che dominano il mercato come Adobe, Monotype, Linotype. Questa situazione, in cui la concorrenza è piuttosto forte, spinge i type designer a differenziare e rendere più ricchi o più specifici i loro caratteri. Questo, più che dal punto di vista del disegno, campo in cui risultare veramente originali è molto difficile, è attuabile dal punto di vista delle features, delle funzioni avanzate e del supporto linguistico. Ormai per risultare competitivi e ottenere successo sul mercato i font devono essere il più possibile versatili, ricchi di funzioni aggiuntive ed essere facili da usare, e la tecnologia OpenType risulta indispensabile in tutti questi campi. L’ultimo ostacolo che limita ancora parecchio le potenzialità dell’OpenType è costituito dal limitato supporto che la maggior parte dei software offrono all’OpenType. Infatti molte features sono supportate solamente da pochi programmi, InDesign perlopiù, ed alcune features sono previste e codificate ma non sono supportate praticamente da nessun software. Nonostante questo aspetto, che pur lentamente sta migliorando, dal punto di vista dell’utilizzo le features cominciano a venir comprese e impiegate da un numero sempre maggiore di designer. Sicuramente costituiscono un elemento chiave per la tipografia digitale del futuro.

213


Considerazioni finali


L’esperienza progettuale che abbiamo compiuto è stata formativa sotto molti aspetti. Prima di tutto è stata importante perché abbiamo affrontato il progetto in modo progressivo, e pur avendo incontrato diverse questioni e imprevisti siamo riusciti a risolverli procedendo in modo analitico e rispettando i principi e le scelte molto precise definite nella fase iniziale. Dal punto di vista delle competenze apprese, altro argomento importante presente nei principi iniziali, il risultato è stato decisamente superiore alle aspettative. Grazie a tutte le ore passate in tipografia e alle persone esperte che ci hanno gentilmente saputo guidare abbiamo approfondito la conoscenza della composizione tipografica tradizionale, arrivando ad essere in grado di realizzare in modo completamente autonomo una composizione a più colori contenente paragrafi di testo con differenti tipi di giustificazione e caratteri in corpi diversi. Per quanto riguarda la parte digitale del nostro progetto anche il lavoro di ricalco vettoriale delle lettere, che può sembrare un lavoro puramente monotono e meccanico, ci è servito per imparare ad apprezzare da vicino le correzioni ottiche e gli accorgimenti presenti nel disegno delle lettere, ne abbiamo compresa la funzione pratica. La parte di lavoro su FontLab è stata piuttosto intensa, anche perché non avevamo molte risorse sulle quali basarci, ma grazie alle nozioni teoriche apprese nella prima fase del processo e ad una serie di prove, verifiche e correzioni siamo riusciti a fare in modo che il nostro carattere si comportasse nel modo in cui avevamo previsto.

In conclusione possiamo affermare di essere pienamente soddisfatti del prodotto che abbiamo realizzato e, forse in maniera ancora maggiore, del percorso che abbiamo svolto, per le tecniche e i concetti che abbiamo appreso e le persone che abbiamo incontrato.

215



Parte IV - appendice


Fonti


bibliografia

AA.VV, Tecnologia specifica per compositori, Scuola grafica salesiana, Torino, 1985 AA.VV, FontLab Studio 5 user's manual, Fontlab, 2006 Barbieri Daniele, Guardare e leggere, Carocci editore, Roma, 2011 Baroni Daniele, Vitta Maurizio, Storia del design grafico, Longanesi, Milano, 2003 Borgese Francesco, Conoscenza dei processi per una progettazione in campo grafico, Politecnico di Torino, 2005 Bringhurst Robert, The elements of typographic style, Hartley & Marks, Vancouver, 1996 Cabarga Leslie, Learn Fontlab fast, Iconoclassics, Los Angeles, 2004 Cabarga Leslie, Logo, font & lettering bible, F+W Publications, Cincinnati, 2004 Garfield Simon, Sei proprio il mio typo, Ponte alle Grazie, Milano, 2012 Gavin Lucas, Enduring characters, da Creative Review n. 32, luglio 2012 Haralambous Yannis, Fonts & encodings, O'Reilly, Sebastopol, 2007 Lupton Ellen, Thinking with type, Princeton Architectural Press, New York, 2004 Middendorp Jan, Spiekermann Erik, Made with FontFont, BIS Publishers, Amsterdam, 2006 Pohlen Joep, Letter fountain, Taschen, Kรถln, 2011 Pellitteri Giuseppe, Atlante tipologico, Sei, Torino, 1963 van Gaalen Anneloes, a cura di, Never use more than two different typefaces, BIS Publishers, Amsterdam, 2010

219


webgrafia

220

Risorse

gestalten.com

26plus-zeichen.de

houseindustries.com

adobe.com

hvdfonts.com

apex.infogridpacific.com

informationarchitects.net

ascenderfonts.com

issuu.com

bergsland.org

it.wikipedia.org

blog.theleagueofmoveabletype.com

letterror.com

blog.typekit.com

linotype.com

creativereview.co.uk

luc.devroye.org

daltonmaag.com

microsoft.com

decodeunicode.org

mirque.de

emigre.com

monotypefonts.com

en.wikipedia.org

myfonts.com

fenotype.com

opentype.info

fontmaster.nl

peterbilak.com

fontfeed.com

piclig.net

fonts.com

printroot.com

fontshop.com

scribbletone.com

fontsinuse.com

smashingmagazine.com


thefoxisblack.com truetype-typography.com typeculture.com typeforyou.org typetoken.net typogabor.com typographica.org typography.com typophile.com typotheque.com underware.nl vimeo.com

saggi Boag Andrew, Monotype and phototypesetting, 2000, in letterpress.ch Clough James, Thoughts on type and the digital revolution, 2007, in typeculture.com Marzatico Graziano, La tipografia, 2007, in artegraficograzianomarzatico.com Marzatico Graziano, La fotocomposizione, 2007, in artegraficograzianomarzatico.com Verlomme Marou, Technological shifts in type design and production, 2005, in typeculture.com

221


Ringraziamenti


Grazie a Piergiuseppe Molinar per averci fiduciosamente accettati come tesisti e per i consigli; ad Emanuele Mensa per l'infinita pazienza e competenza, a Walter Bassino per averci generosamente trasmesso le sue conoscenze tecniche e al team dell'Archivio Tipografico: Anna, Davide e Nello per il fondamentale aiuto; ad Alessia, Angelo, Fabio, Gabriele, Giulia e Simone per la compagnia, le foto e i video e il supporto; a Francesco, Matteo e Nicolò di Thype! e boumaka; alle nostre famiglie per il sostegno e l'aiuto, anche quando non avevano ancora capito che cosa stessimo facendo.

223



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