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Dello stesso Autore pubblicato da questa editrice: Aldo Antonelli, Come in cielo così in terra. Costruire la giustizia, impegno del credente, prefazione di Luigi Ciotti, Appendice testo inedito di Alberto Maggi, “Il Dio che non c’è”.
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Aldo Antonelli
A PIEDI NUDI sull’asfalto liquido del potere
Prefazione di Lucia Annunziata
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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2015 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-6099-266-6 Stampa Litografia de “Il Segno dei Gabrielli editori” San Pietro in Cariano (VR), maggio 2015
Per la produzione di questo libro è stata utilizzata esclusivamente energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ed è stata compensata tutta la CO2 prodotta dall’utilizzo di gas naturale.
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INDICE
Un don e un Blog prefazione di Lucia Annunziata
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CRONACHE ECCLESIALI - “Il Tempio”
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Togliamo Gesù dal presepe
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Il cortocircuito di una chiesa ingessata nei riti
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Il solito Adamo contro Eva
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La chiesa del silenzio... dispettoso
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La benedizione e gli stregoni
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Cattolici: cittadini senza patria
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Il papa è un eletto e non un consacrato
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Basta con il Dio tappabuchi
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La chiesa prigioniera del Vaticano
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Un papa donna
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A piedi nudi sull’asfalto liquido del potere
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La rivoluzione bianca di Francesco
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Caro fratello e compagno don Gallo
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La chiesa di papa Francesco e lo scandalo dei cattolici 35 Auguri in tempo di crisi
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La difficile libertà
38
Divorziati? La porta è aperta!
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La chiesa omofoba
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Di chi è la mia vita?
43
Lettera aperta al cardinal Velasio De Paolis
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Caro Veronesi, il Dio di Gesù Cristo è il Dio della domanda e non l’idolo delle risposte
48
La chiesa e la disgrazia del potere
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Papale papale
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CRONACHE POLITICHE - “Il palazzo”
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Dai monti alle stalle
54
Le tre false verità del cavaliere
54
Democrazia senza cittadini e rappresentanza zero
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La resurrezione del nemico
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Voto per chi e perché
61
La macellaia di Downing Street
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Il ritorno del passato
66
Lettera aperta alla direzione nazionale del PD: Vi siete persi nel labirinto delle correnti
67
A testa in giù con Berlusconi
68
Cara Lucia Annunziata, su Berlusconi non sono d’accordo
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Quale futuro per un PD di sinistra?
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Chi sono gli idioti? e come riconoscerli? Il virus della politica italiana
75
Germania-Italia: tanto a zero
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Lettera aperta a Maurizio Gasparri
79
Corruzione e benedizione
82
Il rottamatore della democrazia e della sinistra
85
La sinistra anemica di Renzi
87
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I precari promossi disoccupati ringraziano Renzi
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Lo squallore morale di un’assoluzione
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CRONACHE DI COSTUME - “La strada”
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Il linguaggio della piaggeria e le esigenze della verità
93
La scatola vuota della democrazia
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Il senso perduto delle parole nelle piazze di Brescia e Milano
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Povertà: tra piaga sociale e virtù morale
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Tra celebrazioni ipocrite e narcisistiche miopie
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Le vitime trasformate in eroi
106
Il buco nero dell’indifferenza tra scandali ipocriti e silenzi sospetti
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Lotte ma non rivoluzioni! A meno che...
109
Digiuno per la pace? No, grazie
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Il terremoto: una disgrazia per i molti e una provvidenziale occasione per qualcuno
113
No alle forche e ai forconi!
117
Il movimento fascista dei forconi
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Anno nuovo: come continuare a camminare?
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Organizzare la carestia e criminalizzare coloro che la fuggono
121
Libera lancia la campagna “miseria ladra”
123
Dal Gran Sasso a Wojtyla attraverso il credulismo feticista
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Il papa comunista?
128
Le nuove genitorialità
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La madonna della mafia
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Le origini del fango di Genova si chiamano capitalismo
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Per questo nuovo anno vi auguro il coraggio di essere pazzi e disobbedienti
135
Basta con questo Dio!
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Ahi serva Italia
138
Sono le donne o gli uomini a doversi “emancipare�? 141
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Un Don e un Blog prefazione di Lucia Annunziata
«Da tempo si è affacciato nella mia coscienza il dovere di dismettere il mio servizio come parroco. Ho quindi ritenuto opportuno scrivere al mio vescovo la lettera che vi allego.» Con tale asciutta prosa, il 3 settembre 2014 quello che fino ad allora è stato don Aldo Antonelli annuncia alla sua comunità la sua intenzione di lasciarsi alle spalle quel don che precede il suo nome, segno di distinzione ma anche simbolo di status, come spiegherà nella lettera di “dimissioni” al vescovo Pietro Santoro, Vescovo di Avezzano, in provincia dell’ Aquila. «Soldi e poltrone – continua la sua nota –, non solo non mi hanno mai nemmeno “tentato” e li ho sempre combattuti, ma non ho mai considerato “poltrona” l’essere parroco e non ho mai, in 46 anni di servizio, preso soldi dalla parrocchia, nemmeno da quelli che i preti chiamano “diritti di stola”, intenzioni di messe comprese. Pulito e schietto, almeno in questo. Ieri sera mi sono incontrato con la comunità, informandola e coinvolgendola in questo processo di cambiamento.» Un gesto, quello delle dimissioni, che somiglia a un “mettersi da parte”. In realtà, l’abbandono del ruolo di parroco di Antrosano, dove resterà temporaneamente fino all’autunno del 2015, è solo l’ultima (in ordine di tempo) barricata che il “prete scomodo, il prete rosso” ha scelto come luogo per tessere le sue infinite tele di esempio e parola e scrittura. L’azione come esempio, la parola come segno, la scrittura come comunicazione. Nella sua vita, don Aldo (sì, mi riferisco a lui ancora in 9
questo rispettoso tono) di queste tele ne ha tessute tante – nella nostra memoria resistono ancora oggi le battaglie che ha condotto senza mai risparmiarsi – in prima persona. C’è la denuncia contro il commercio dei sacramenti, che lo fece conoscere a tutti i media nazionali, e che Enzo Biagi raccontò. Era il 1986. Più tardi, nel 2002 in protesta contro la Guerra in Iraq rifiutò di celebrare messa per una domenica e realizzò un presepe senza “Bambinello”. Nel 2005, contro i programmi “voltastomaco” della Rai, si disfece della televisione ed inviò una lettera al ministro Gasparri in cui, per tale motivo, si rifiutava di pagare il canone. Le dimissioni del 2014, dicevamo, è il gesto di chi, stavolta, passa all’azione contro la propria casta, quel sacerdozio inteso come un’apatica, comoda, condizione di vita. Nella lettera al suo Vescovo scrive infatti: «Non molto tempo fa mi sono ritrovato in un gruppo di sacerdoti, tutti più anziani di me, alcuni anche parroci “emeriti”. In quell’occasione tutti si era d’accordo (eccetto che il sottoscritto, bastian contrario…) di dover continuare ad essere parroci il più a lungo possibile perché, si diceva, “essere emeriti significa non essere più nessuno”! Capisci Pietro? Si continua ad essere parroci per continuare ad “essere qualcuno”, per poter continuare a “contare”; per non cadere nel buco nero dell’anonimato...! Si ribalta, così, il comando evangelico e non si vede più se stessi in funzione della parrocchia ma la parrocchia in funzione di se. È la stessa logica, farisaica e perversa, che soggiace alla domanda di più di un confratello che, avendogli confidato questa mia decisione, mi ha risposto: “Ma poi che farai?”. Il problema non è il “mio da fare”, ma il bisogno della parrocchia! Il “mio da fare” sarà un problema privato, mio personale; mentre il servizio della parrocchia è un problema istituzionale, della chiesa, nei confronti della quale, tra l’altro, non posso rimproverarmi irresponsabilità.» Altro che abbandono. Don Aldo sceglie ancora una volta la testimonianza. Devo aggiungere: una testimonianza di fede sulla propria pelle. Ed è così, in questa veste di appassionato testimone di una chiesa sognata che io e i lettori del quotidiano on line 10
HuffingtonPost.it l’abbiamo conosciuto. Nel 2012 arriva sulle nostre colonne dei blogger. Uno dei suoi primi articoli, in data dicembre 2012, parte con una domanda senza equivoci: «Che succede quando sui sentieri dei profeti si insediano i ragionieri del calcolo?». Chi siano i profeti, chi i ragionieri e di cosa parliamo quando si dice “calcolo”, lo si capisce subito. Ma nel corso dei mesi, lo capiremo sempre meglio. Don Aldo è infatti un blogger appassionato, aggiunge con facilità questa scrittura veloce e densa di rimandi tipica del web alle attività di più lungo sguardo, come la sua collaborazione con MicroMega. E il web lo premia con una grande popolarità. Prima di continuare, fatemi dire due parole sull’Huffington Post. Il sito nasce in America esattamente dieci anni fa nel 2005, immaginato dal suo fondatore, una donna, Arianna Huffington che ha una straordinaria intuizione sui nuovi tempi – il nuovo mondo è globale, è senza barriere, è fondato su una ricerca di diritti e uguaglianze mai prima così estese, e si articola non più su una sola voce, ma su tante messe insieme. Il web non è solo lo strumento tecnologico che muove questo mondo, ma ne è anche la via lattea, la connessione umana profonda che lega tante voci diverse tra loro. L’Huffington Post diventa presto uno strumento di informazione globale, con edizioni per ogni paese (oggi sono sedici – dall’Europa all’India all’America Latina, all’Oriente) ma con la stessa idea – unire voci diverse e far parlare tutti, nelle news come nella espressione individuale attraverso i blog, uno spazio personale di interventi che il sito mette a disposizione. Avviene così che don Aldo Antonelli parroco di Antrosano, provincia dell’Aquila, diventi parte di un quotidiano globale, e sicuramente superlaico. Da questa fortunata e inusuale connessione nasce una cronaca molto interessante – soprattutto per chi non è religioso nel senso ristretto – della evoluzione che negli anni appena alle nostre spalle attraversa la Chiesa. Il parroco diventato blogger incontra infatti Francesco, 11
l’imprevisto diventato storia, il cardinale latinoamericano che diventa papa. Il 14 marzo 2013, il pessimismo sul futuro dei cattolici, sul disorientamento, sulla immobilità e ipocrisia della chiesa, lascia improvvisamente il posto, nel blog di don Aldo, a un piccolo cantico: «Francesco in Vaticano… Nel luogo del potere/libero dal potere. Sotto l’altare della Gloria/lontano dalla gloria. Nella patria degli intrighi e degli intrallazzi/vestito di schiettezza e semplicità. Un augurio/ma anche una scommessa. Un sogno ad occhi svegli…». Questa scossa nella chiesa mi sembra sia per il nostro blogger una sorta di nuova partenza, da cui don Aldo trae rinnovata energia. Ed eccolo ancora qui infatti, come leggerete in questo libro, lanciare domande sulle più scomode questioni di coscienza – coscienza civile e religiosa: la decadenza della democrazia, la fecondazione artificiale, i populismi, le ipocrisie delle emozioni, il razzismo. Ma, soprattutto, la natura del Potere: questo fantomatico, enigmatico, scivoloso desiderio umano. Nei confronti del quale il nostro don Aldo sembra avere una spontanea, quasi magica, capacità di demistificazione.
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CRONACHE ECCLESIALI - “Il Tempio”
Togliamo Gesù dal presepe Il viaggio al rovescio del Dio cristiano (6 dicembre 2012) Circa venti anni or sono Marco Lodoli scrisse un romanzetto anarchico, di cui non ricordo il titolo, nel quale i protagonisti erano tre giovani libertari e ingenui che avevano della politica un’idea tutta poetica. La loro prima azione fu quella di rubare il Gesù Bambino dal grande presepe di piazza San Pietro. «Secondo le loro menti bizzarre bisognava – a detta dell’autore stesso – simbolicamente interrompere quel ciclo che ogni anno a Natale festeggia la nascita del bambino divino e a Pasqua poi lo crocifigge.» E aggiunge: «Bisognava liberare il neonato da un destino feroce, mandarlo a giocare con gli altri bambini.» Prendiamo questa “parabola” come filigrana attraverso la quale contraddistinguere ed individuare la particolarità del discorso cristiano che, con l’Incarnazione, si discosta da quello religioso per rivestire i panni della “profanità”. Dio, in Gesù Cristo, esce dalla solitudine oligarchica e ontocratica in cui la religione lo ha imprigionato, per “mettere la tenda tra gli uomini”, per identificarsi con l’uomo, con la sua precarietà, la sua mondanità e, appunto, la sua “pro-fanità”, nel senso etimologico del termine. Non l’uomo surrettiziamente imbalsamato dentro il tempio del potere e dell’avere; ma l’uomo nella sua nudità, per il quale “non c’è posto in albergo”. Contro la tendenza, ricorrente e naturale, dell’uomo a consacrare le cose, sottraendole all’uso comune e riservandole alla divinità, il Dio di Gesù Cristo si “sconsacra” diventando uomo comune e compagno di viaggio. La comu13
nione e non la separazione; la condivisione e non l’appropriazione; il darsi e non l’accaparrarsi. «Prendete e mangiate; prendete e bevete; ecco: questo sono io...» Questo coinvolgimento di Dio nella storia dell’uomo, questo suo frammischiarsi nelle vicende umane è liberante ma anche molto impegnativo per noi credenti, perché è alla base di una consapevolezza per la quale Gesù Cristo non è solo un nome proprio, ma anche un nome comune; non sta ad indicare solo una persona ma anche un programma per cui la sua immanenza non diventa prigionia, così come la sua trascendenza non costituisce evasione. I nomi comuni di Dio, allora, letti nel versante della nostra contingenza, sono molti: Pace, Amore, Giustizia, Servizio, Condivisione e altri ancora. La loro residenza è là dove l’uomo mette piede, non certamente sui troni, questi luoghi osceni nei quali, per paura e per pigrizia, i potenti amano relegare i sogni degli uomini perché restino tali. I troni creano distanza ed incutono soggezione; è per questo che la “deposizione dei potenti dai troni”, così come canta la Donna del Magnificat, è un atto liberatorio che solo un Dio detronizzato può compiere. Ed è per questo che tutti gli intronizzati tentano di rimettere sul trono i loro idoli: Pace o Libertà che siano, Democrazia o Giustizia. “Stiano lì, in alto, sul trono delle utopie!”, ci dicono. E da quella altitudine sarà difficile che possano cortocircuitare le politiche belliciste o le economie disparitarie. “Stiano lì, lontano, nei sogni delle anime imbelli!”, ci ripetono. E in questa lontananza sarà più facile travisare le strategie imperiali e battezzare con nomi capziosi le mille realtà di violenza. Per i detentori del potere un Dio vicino fa paura ed una pace a portata di mano mette imbarazzo. L’evangelista Matteo narra che alla notizia della nascita del Messia «il re Erode si turbò, e con lui tutta Gerusalemme». Loro, i grandi, amano pregare un Dio lontano e invocare una pace che voli alto. Ma noi sappiamo che, da quando Dio ha posto la sua tenda tra noi, la vera pace cammina con i piedi dei Francesco, non vola sulle ali dei Condor. 14
Il cortocircuito di una chiesa ingessata nei riti (24 dicembre 2012) Che succede quando coloro che dovrebbero spronarti ad alzare lo sguardo e mirare lontano, si ripiegano su se stessi trascinando anche te nella chiusura della miopia narcisista? E quando coloro che sono preposti a tener deste le coscienze dentro gli interrogativi che la storia ti pone diventano, essi stessi, dispensatori di dosi soporifere che sotto l’imperio dei dictat di rito ottundono ogni capacità di intento e di discernimento? Cosa fare quando sui sentieri dei profeti si insediano i ragionieri del calcolo? Ormai la gerarchia ecclesiastica, racimolata in gran parte dai retrobottega di movimenti integralistico-affaristici come l’Opus Dei e Comunione e Liberazione, si dimostra incapace a farsi interrogare dalla storia; e dal dovere di conversione che dovrebbe invocare e testimoniare, è stata risucchiata in una inversione di rotta di cui non si vede, per ora, la fine. Dalla conversione come stile di vita personale si è passati all’inversione come ordine di scuderia. Ingolfati in un cortocircuito per cui l’unico loro punto di riferimento è la chiesa, e la storia stessa viene da loro vista come materia morta da redimere, hanno dimenticato che essi stessi e la chiesa nel suo complesso sono chiamati a vivere ed essere significanti per il mondo e che la storia è essa stessa portatrice di significati per la salvezza. «Alcune modificazioni storiche grandiose, che interpellano la coscienza, non sono materia da trasformare, sono messaggi da intendere», scriveva il grande Ernesto Balducci già oltre venti anni or sono. E così, come la secolarizzazione è stata l’occasione propizia per purificare la fede dalle scorie di una religiosità sacrale che niente aveva di evangelico; come il relativismo ha aiutato la chiesa ad uscire dal dogmatismo autoreferenziale aprendola alla “Verità Sinfonica” in una ricerca ecume15
nica dialogica; oggi le chiese vuote e le convivenze di fatto potrebbero essere propedeutiche per un cristianesimo non più ingessato nei riti ma vissuto nella vita. In uno dei miei primi incontri con il mio vescovo ricordo di avergli detto testualmente: «Non so come tu vedi te stesso nel tuo magistero e nella tua azione pastorale. Può darsi che per te vescovo esiste prima la chiesa e poi, in funzione di essa, il mondo da convertire. Sappi che per me è l’opposto: per me prete esiste prima il mondo da amare e poi la chiesa in funzione del quale deve spendersi!» Evangelicamente non c’è un mondo che deve ridursi a chiesa ma una chiesa che deve spendersi per il mondo. In questo senso mi sento in piena sintonia con quanto scrive Chiara Saraceno su “la Repubblica” di oggi, commentando il fenomeno del sorpasso, al Nord, dei matrimoni civili su quelli religiosi: «Se fossi parte della chiesa cattolica lo prenderei come un atto di serietà, che restituisce al rito religioso il suo carattere sacramentale, importante per i credenti veri, liberandolo dalla funzione di “bella festa” cui accedono indifferentemente credenti e non credenti». Come credente e come prete direi anche di più. Che essendo gli sposi, secondo la dottrina classica e tradizionale, i ministri del sacramento, il sacramento esiste là dove e quando ci si ama! Indipendentemente dal luogo e dal rito! Ma questo è un altro discorso.
Il solito Adamo contro Eva (2 gennaio 2013) Vogliamo augurarci che non ci siano nel panorama cattolico ecclesiale, italiano e mondiale, altri don Piero Corsi oltre al parroco di San Terenzo a Lerici? Auguriamocelo pure ma non ci credo. Il virus dell’antifemminismo nella chiesa è molto più diffuso di quanto non si pensi; la misoginia continua ad avere radici profonde nella stessa teologia tradizionale oltre che nella pratica istituzionale della chiesa. Il fenomeno 16
non appare anche perché molti preti, pro bono pacis o per puro opportunismo, tacciono o preferiscono glissare. Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, si limita a denunciare un semplice retaggio storico. Scrive su La Repubblica del 28 dicembre 2012: «Purtroppo a livello di istituzione storica, la chiesa ha il retaggio di una eredità pesante, di poco apprezzamento verso la donna: Eva, tentatrice. Donna, colei che trascina l’uomo nel peccato, “che fa sfogare la sua concupiscenza”, si sosteneva nel Medio Evo». Magari così fosse: col tempo questo bagaglio verrebbe a scomparire e noi si potrebbe bellamente esultare per la riconquistata piena dignità della donna nella chiesa. Ma così non è. Ben presto, nella storia del cristianesimo la mentalità maschilista e patriarcale si è insediata nel cuore del messaggio evangelico, coartandone la carica rivoluzionaria del Gesù di Nazareth e piegando il messaggio alle usanze e alle esigenze di una società violenta e, ob causam, maschilista. Si pensi ai discorsi di san Paolo sulle donne che devono portare il velo e che nelle assemblee devono tacere...! Quelle donne cui Gesù Risorto aveva affidato il compito di “evangelizzare” gli apostoli e di fare da “testimoni” della sua Risurrezione. La malattia, poi, si è aggravata a tal punto che Tertulliano si sente in pieno diritto di scrivere, siamo a cavallo tra il secondo e terzo secolo, delle autentiche bestemmie: «Non capisci chi sei tu, Eva? La maledizione che Dio ha pronunciato sul tuo sesso grava ancora sul mondo. Colpevole, ne devi scontare le conseguenze. Sei la porta del diavolo, hai dissacrato l’albero fatale, hai tradito per prima la legge di Dio, hai sussurrato lusinghe all’uomo contro cui il diavolo non sarebbe riuscito a prevalere con la forza. L’immagine di Dio l’uomo Adamo, l’hai infranta tu, è stato un gioco da ragazzi. Avresti meritato la morte, ma è stato il Figlio di Dio a dover morire!» Nella chiesa, purtroppo, c’è tutta una teologia, anzi tutta un’ideologia che presta il fianco e fa da supporto ad una cultura ed una politica di destra. I concetti di Verità, di Autorità, di Obbedienza, di Ordine, sganciati dal Comando Primo dell’Amore che tutto dovrebbe animare e 17