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Cloe Taddei Ferretti
ANCHE I CAGNOLINI L’ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica Prefazione di Raffaele Nogaro
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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2014 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 mail scrivimi@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-239-0 Stampa Il Segno dei Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), Luglio 2014 In copertina da Ultima cena (1542-1544) di Tiziano Vecellio, Galleria Nazionale delle Marche, Palazzo Ducale, Urbino. Il quadro è di proprietà della Venerabile Compagnia del Corpus Domini, Urbino, e l’immagina è stata scaricata da www.settemuse.it
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INDICE PREFAZIONE di Raffaele Nogaro ................................................................
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NOTA INTRODUTTIVA ..............................................................................
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PRIMA PARTE IN MARGINE AGLI ANTICHI RITI DI ORDINAZIONE DELLE DIACONESSE .................................................................................. 11 1. PREMESSA ..................................................................................................... 2. DATI STORICI ............................................................................................... 2.1. Ministeri femminili delle origini ............................................................. 2.2. Tracce di un ministero sacerdotale femminile? .................................... 2.2.1. Volontà di Gesù ...................................................................................... 2.2.1.1. Ultima cena .......................................................................................... 2.2.1.2. Donne e ultima cena ............................................................................ 2.2.2. Ininterrotta tradizione ............................................................................. 2.2.2.1. Il termine presbyteros .......................................................................... 2.2.2.2. Attività di donne in ambito religioso ................................................... 2.2.2.3. Il De Virginitate ................................................................................... 2.2.2.4. Gelasio I ............................................................................................... 2.2.2.5. Il termine presbytera ........................................................................... 2.2.2.6. Pasquale I ............................................................................................. 2.2.2.7. Attone .................................................................................................. 2.2.2.8. Cambiamento di prassi ........................................................................ 2.2.2.9. Chiesa clandestina cecoslovacca ......................................................... 2.2.2.10. Non unanimità ................................................................................... 2.3. Ministero diaconale femminile ............................................................... 3. DIACONATO E RECIPROCITÀ TRA DONNA E UOMO .................................... 3.1. Riti di ordinazione diaconale nella Chiesa bizantina ........................... 3.2. Nuovi modelli antropologici .................................................................... 3.3. Spunti per una riflessione teologica ....................................................... Ringraziamenti ................................................................................................
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SECONDA PARTE LE COSE CHE RIGUARDANO DIO .......................................................... 59 1. SITUAZIONE RECENTE ................................................................................. 1.1. Ulteriori riflessioni ................................................................................... 1.1.1. Subordinazione, volontà di Gesù e tradizione ........................................ 1.1.2. Simbolo sponsale e trasparenza .............................................................. 1.1.3. Maria ....................................................................................................... 3
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1.1.4. Donna e persona ..................................................................................... 1.1.5. Reciprocità .............................................................................................. 1.1.6. Incarnazione del Verbo ........................................................................... 1.1.7. Impossibilità di vocazione e verità completa ......................................... 1.1.8. Valore di una dottrina ............................................................................. 1.1.9. Segno sacramentale e sostanza di un sacramento .................................. 2. UN APPROCCIO DIFFERENTE: PREGHIERA ................................................. 2.1. Analisi dei vari elementi della preghiera proposta ............................... 2.1.1. Ciò che nell’episodio della Cananea/Siro-Fenicia precede quanto riguarda la preghiera proposta .................................................... 2.1.2. Sì, o Signore ........................................................................................... 2.1.3. ma ........................................................................................................... 2.1.4. possano essere chiamati .......................................................................... 2.1.5. anche i cagnolini ..................................................................................... 2.1.6. per il bene degli esseri umani ................................................................. 2.1.7. alle cose che riguardano Dio .................................................................. 3. PREGHIERA ..................................................................................................
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BIBLIOGRAFIA GENERALE ..................................................................... 123 INDICE GENERALE DEI NOMI ................................................................ 153
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PREFAZIONE Il testo Anche i cagnolini di Cloe Taddei Ferretti è una grande ricerca scientifica e una rigorosa interpretazione dei passi scritturisti. Soprattutto è appassionato e interlocutorio. Anch’io, perciò, desidero esprimere una mia considerazione. Sono sempre più convinto che i quattro evangelisti, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, abbiano ricevuto una rivelazione specifica, per parlare della verità della donna, in modo così determinato ed esplicito, e propriamente esaustivo. La società del tempo è espressamente maschilista e misogina, e la prima Chiesa deliberatamente si compone nei suoi organismi vitali, evitando di prendere in considerazione la donna, spesso peraltro escludendola. La letteratura neotestamentaria, precedente alla redazione dei Vangeli, non sembra avere interesse per la donna. Alcune, Lidia, Febe, Priscilla, Damaris, nelle comunità di Paolo, hanno un protagonismo sociale valoroso, ma non assumono nella Chiesa un ruolo referenziale come quello dei diaconi e dei presbiteri. Anzi, a Timoteo Paolo dirà: «La donna impari in silenzio, in piena sottomissione. Non permetto alle donne di insegnare, né di dominare sull’uomo; rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo» (1 Tm 2,11-12). La Lettera di Giacomo, alla prima Chiesa di Gerusalemme, non fa alcun riferimento alla donna. Luca, cantore della donna nel suo Vangelo, negli Atti degli Apostoli, tace delle donne, quali prime e uniche testimoni della risurrezione di Cristo, per dare a Pietro e agli apostoli la primazia della conferma e dell’annuncio dell’evento di salvezza. I quattro evangelisti, che sono anche autori della Chiesa delle origini, vivono la mens esclusivista del tempo, eppure sembrano quasi “costretti” dallo Spirito Santo a dire tutta la giustizia della donna. Dio, fin dalla creazione, di fronte alla “volontà di potenza” dell’uomo, afferma il compito generativo e redentivo della donna. Si può pensare che il peccato originale dell’umanità sia il femminicidio. L’istinto dell’uomo di dare la colpa alla donna della propria fallibilità, lo porta all’uso della violenza versa di essa. Dio “cerca” sempre l’uomo che, scoperto nel suo errore, accusa prontamente: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero» (Gen 3,12). Dio allora sembra rifare la creazione, mediante la donna: «Io porrò inimicizia fra te [il serpente, l’avversario della vita] e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (cf Gen 3,9-15).
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È una epifania straordinaria quella della “genealogia di Gesù”. Non c’è ragione, non c’è convenienza in grado di spiegare la inventiva felicissima dell’amore di Dio. Il popolo eletto compie la sua storia di rigorosa fedeltà all’“alleanza”. Eppure, nei momenti culmine di questo cammino di grazia, intervengono donne straniere di condotta non proprio esemplare. Esse si presentano protagoniste, quasi a forzare la incarnazione del Figlio di Dio. Sono Tamar, Racab, Rut, Betzabea. (cf Mt 1,1-16). «Nella pienezza del tempo», Maria è il dono supremo più bello e più vero che tutta l’umanità fa al Padre. E in lei “l’amore eterno” costruisce la salvezza dell’uomo. È giusto riconoscere che tutta la verità della donna è affermata nei quattro Vangeli. Essi compongono la “costituzione “ originaria e reale della donna. Gesù ha una corrispondenza totale con gli uomini, che egli ama con tutta la misericordia del Padre, fino al perdono. Ma grida la sua indignazione verso l’ipocrisia dei capi dei sacerdoti e dei capi del popolo, degli scribi, dei farisei, dei sadducei. È amareggiato di fronte alla «apistia» e alla «sklerokardia», alla mancanza di fede e al cuore duro, degli Apostoli (cf Mc 16,14). Chiama «anoetoi-stolti» i discepoli che non sanno credere (cf Lc 24,25). Verso la donna invece ha un atteggiamento di totale comprensione. Di lei si fida pienamente. Alla Samaritana, prima che agli Apostoli, Gesù manifesta la sua identità di Messia. E mediante lei annuncia il vangelo alle genti non ortodosse. Presso Marta e Maria di Betania, Gesù trova la sua casa, dove c’è l’affetto disinteressato per la sua persona, e dove c’è il ristoro nella fatica dei suoi viaggi. I quattro gli Evangelisti presentano, con sensi di commozione, la donna che lava i piedi di Gesù con le sue lacrime, asciugandoli con i suoi capelli, e quella che sparge il profumo «prezioso», «di puro nardo» sul suo corpo. I discepoli protestano per lo spreco. Ma Gesù mostra di gradire questo amore appassionato, senza misura, di preferirlo a tutte le altre forme di simpatia o di fascino per la sua persona. Dice che la donna, con questi gesti di dedizione, lo prepara per la sepoltura, quasi a impedire la corruzione del suo corpo. Proclama, quindi, che il Vangelo avrà tutta la sua bellezza e tutta la sua autenticità in questo atto d’amore integrale della donna: «In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto» (Mc 14,8-9). Anche oggi non si può annunciare il Vangelo senza ricordare quell’amore senza limiti, che Gesù vuole, e che la donna sa dare. Quell’amore che va oltre la morte.
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Così Maria di Magdala, di fronte al sepolcro vuoto, piange amaramente, perchè vuole riprendere il «mio Signore» (Gv 20, 13), anche se morto. È quell’amore totale e creativo, che dà sempre vita alla persona amata. La fede appunto non cerca la ragione di sé, non è teologia, ma è «roveto ardente», una fede-passione, fatta di amore superiore ed esclusivo per Gesù. Nei Vangeli Gesù, uomo vigoroso, assume frequentemente atteggiamenti femminili. Si commuove di fronte alle folle bisognose. Degli apostoli non si dice mai che piangono, se non di Pietro, umiliato per il suo tradimento. Gesù invece piange per l’amico Lazzaro che è morto, piange amaramente per Gerusalemme, che non sa riconoscere la visita del Signore. Mostra ripetutamente di avere “le viscere materne della misericordia” (cf Lc 7,13) e dice: «quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali» (Mt 23,37). Gesù certamente non fa preferenza di persone. Nel Vangelo ci sono i discepoli e ci sono le discepole. Seguivano dovunque Gesù, «alcune donne [...], Maria di Magdala [...], Giovanna [...], Susanna e molte altre, che servivano con i loro beni [Gesù e il gruppo dei Dodici]» (cf Lc 8,1-3). Sulla strada del Calvario «Vi erano [...] alcune donne [...], tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo [...] e Salome, le quali, quando era in Galilea, seguivano [Gesù] e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme” (Mc 15,40-41). Dopo la risurrezione di Gesù, nel cenacolo, attendono di essere «rivestiti di potenza dall’alto» (cf Lc 24,49) gli undici, «insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù» (At 1,12-14). Nel Vangelo vi sono gli Apostoli e ci sono le Apostole. In Giovanni “l’istituzione apostolica” non è gerarchica, meno ancora monarchica. È bensì la costituzione del “primato dell’Amore”. Pietro può fare il pastore di tutte le genti unicamente perchè, amando Gesù soprattutto, può dare la sua vita ai fratelli (cf Gv 21,15-19). Gli altri, come Pietro, sono gli “inviati”: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). E vengono “inviati-apostoli” a portare «lo Spirito di Gesù» (cf At 16,7), a rendere testimonianza a Gesù il “vivente”, che dà la vita nuova; a dare la «pace», la libertà di coscienza, a rendere la persona capace di farsi responsabile della sua vita; a proclamare “la misericordia” infinita del Cristo, fino al perdono dei peccati, garantendo cosi la salvezza dell’uomo (cf Gv 20, 19-23). Ma se gli apostoli sono “inviati” da Gesù ad annunciare il Vangelo, le donne sono “inviate” da Gesù a fare il Vangelo. La donna “inviata” dal Padre a tutta l’umanità, perchè questa possa avere il “Salvatore”, è Maria: “il figlio di Dio nasce da donna” (Gal 4,4). Maria è la capostipite dell’economia della salvezza. 7
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Maria di Magdala viene “inviata” da Gesù ad annunciare agli Apostoli tutto l’essere e il valore del Vangelo, la risurrezione e l’ascensione dell’uomo: «va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”» (Gv 20,17). Le “donne”, inoltre, devono “annunciare” la verità di Gesù Cristo, perchè esse sono coloro che “credono” alla sua Parola, la “ricordano” e la “vivono”. Gli angeli della risurrezione dicono loro: «Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”. Ed esse si ricordarono delle sue parole e [...] annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri» (Lc 24,6-9). Ha certo un significato specifico il fatto che “le donne” dopo la risurrezione vengono inviate da Gesù a costruire il primo nucleo ecclesiale. “L’Angelo della Risurrezione” dice alle donne – Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome –: «è Risorto, non è qui. [...] andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea: Là, lo vedrete, come vi ha detto”» (Mc 16,6-7). In Matteo è Gesù stesso che dice alle “donne”: «andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno» (Mt 28,10). Matteo, poi spiega: «Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato» (Mt 28,16). Luca, e soprattutto Giovanni, dicono che Gesù Risorto si presenta «agli undici e agli altri» (cf Lc 24,33) a Gerusalemme (cf Gv 20,19-29). Ma al cap. 21 di Giovanni Gesù rivede la prima comunità dei discepoli «sul mare di Tiberiade» (Galilea): «si trovano insieme Simon Pietro, Tommaso [...], Natanaele di Cana [...], i figli di Zebedeo e altri due discepoli» (Gv 21,1-2). In questo luogo Gesù conferisce “il mandato” a Pietro (cf Gv 21,15-19). Il senso della missionarietà della donna sembra esplicito. La redazione dei quattro Vangeli ha resistito al controllo della istituzione ecclesiale del tempo, non favorevole alla donna. Gli evangelisti evidentemente hanno scritto su dettatura dello Spirito Santo, per poter annunciare la donna quale protagonista di Vangelo. Il Cristo del Vangelo, in verità, tratta alla pari l’uomo e la donna e affida volentieri alla donna i compiti della liberazione e della salvezza dell’umanità. Di lei si fida pienamente. Penso sia necessario, oggi, rivedere il ruolo della donna nella comunità cristiana, per poter fare rivivere la verità del Vangelo. È giusto infatti che nella Chiesa le donne svolgano i compiti che Gesù ha loro affidato, gli stessi dei maschi. + Raffaele Nogaro Vescovo Emerito 8
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NOTA INTRODUTTIVA Il presente lavoro Anche i cagnolini è formato da due parti: una Prima parte, “In margine agli antichi riti di ordinazione delle diaconesse”, ed una Seconda parte, “Le cose che riguardano Dio”. La Prima parte riproduce un mio articolo dallo stesso titolo, pubblicato dalla rivista Studium nel fascicolo 2 del 1999 alle pagine 225-272. La rivista Studium, su mia richiesta, ha messo a disposizione l’articolo dando il permesso di riprodurlo. Di questo ringrazio vivamente, in quanto l’articolo è perfettamente pertinente alla Seconda parte, della quale costituisce una naturale introduzione. Al testo della Prima parte sono state apportate solo minime modifiche: alcune rare aggiunte, sia al testo, che alle note esistenti, che come nuove note (tutte segnalate, all’inizio e alla fine, con le notazioni <** e **>), e aggiunte di titoli alle suddivisioni interne 2.2.1.1 e 2.2.1.2 e a quelle da 2.2.2.1 a 2.2.2.10; variazioni nel modo di citare in nota articoli e libri, per uniformarlo a quello della Seconda parte; aggiornamento delle citazioni bibliche in italiano secondo la nuova edizione CEI del 2008; correzione di qualche errore o svista di battitura. Qui di seguito è riportato sinteticamente il contenuto della Prima parte. Una premessa riporta l’invito della Congregazione per la Dottrina della Fede ad approfondire «i motivi per cui la Chiesa non ha la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale» e delinea le tematiche del lavoro (§ 1). Dapprima viene presentato un excursus storico sulle funzioni ministeriali esercitate da donne (§ 2): i vari tipi di ministeri delle origini, come testimoniati sia nel Primo e specialmente nel Secondo Testamento, sia in alcuni scritti postapostolici (§ 2.1); le tracce, variamente discusse, di un ministero sacerdotale femminile, che si ritrovano lungo vari secoli, per le quali vengono riportate anche le opinioni contrarie alla loro validità storica o alla loro significatività, senza entrare nel merito della questione dottrinale dell’esclusione delle donne da tale ministero nella Chiesa cattolica (§ 2.2), suddividendo l’argomento relativamente alla volontà di Gesù (§ 2.2.1) e alla ininterrotta tradizione (§ 2.2.2) in proposito; le tracce, indiscutibili queste, di un ministero diaconale femminile, la cui valenza secondo alcuni è quella di un ministero ordinato, secondo altri quella di un ministero semplicemente istituito, e la testimonianza del Testamentum Domini sulle funzioni delle vedove che godono della prerogativa di «precedenza» (§ 2.3). In seguito viene auspicato che, nel caso di ripresa della prassi di ordinare donne al diaconato, non venga trovata una soluzione differenziata per donne e uomini (§ 3); viene analizzato l’antico rito di ordinazione diaconale nella Chiesa bizantina e vengono notate le sottili differenze nelle preghiere e nei gesti dell’ordinazione della diaconessa rispetto a quelli dell’ordinazione del diacono, differenze che, pur nella pari dignità degli ordinati, sono collegate anche a differenze di funzione e vengono qui valutate alla luce dei modelli antropologici della loro epoca, per i quali la condizione naturale della donna è quella di essere subordinata (§ 3.1); viene quindi discussa la tesi secondo cui, ove mai venisse ripresa la pratica di 9
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ordinare donne al ministero diaconale, pratica caduta in disuso ma mai proibita esplicitamente a livello universale, un identico rito di ordinazione e identiche funzioni dovrebbero essere propri per diaconesse e diaconi, e questo in base ai nuovi modelli antropologici che mettono in risalto sia il valore della persona, connotata in senso relazionale, sia quello della reciprocità (§ 3.2); vengono infine dati spunti per una riflessione teologica sulla diaconia, che tenga conto del modo di Gesù di esser Capo facendosi Servo e di esprimere la propria mascolinità attraverso una kenosis del patriarcato (§ 3.3). La Seconda parte continua il discorso, dopo quindici anni, concentrandosi sulla ipotetica possibilità di ordinazione presbiterale della donna. Dapprima viene fatto il punto sulla situazione recente dello stato della discussione su questo tema (§ 1). Viene offerta una riflessione ulteriore su argomenti di vario tipo connessi a tale tema, tenendo presente sia quanto il Magistero ha già espresso in vari documenti, e particolarmente in modo definitivo con la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis di Giovanni Paolo II nel 1994, sia altre riflessioni, anche “a braccio”, di papa Francesco (§ 1.1); gli argomenti trattati includono il valore attribuito nei secoli alla subordinazione della donna (§ 1.1.1), il simbolo sponsale (§ 1.1.2), Maria modello per tutti i cristiani (§ 1.1.3), la donna e la persona (§ 1.1.4), la reciprocità (§ 1.1.5), l’incarnazione del Verbo (§ 1.1.6), l’impossibilità di vocazione presbiterale per le donne (§ 1.1.7), il valore di una dottrina in generale e di quella della Ordinatio sacerdotalis in particolare (1.1.8), infine, il segno sacramentale e la sostanza di un sacramento come riflessione conclusiva per un’ipotesi di superamento del problema trattato in questa Seconda parte (§ 1.1.9). Viene chiarito che, però, il vero intendimento della Seconda parte è tutt’altro: è quello di proporre una preghiera di supplica al Signore, avente per oggetto proprio ciò che, in modo definitivo, è stato dichiarato impossibile (§ 2). Dal Vangelo di Matteo, da quello di Marco e dalla Lettera agli Ebrei viene attinto il contenuto della preghiera proposta e l’atteggiamento interiore suggerito per chi voglia farla sua (§ 2.1). Vengono analizzati prima alcuni versetti di Matteo e di Marco che precedono quelli scelti per la preghiera e ne costituiscono il naturale contesto (§ 2.1.1), poi i versetti dei tre testi scritturistici che vengono a far parte di essa (§§ 2.1.2-2.1.7). La preghiera conclude (§ 3). Seguono la Bibliografia generale e l’Indice generale dei nomi. Ringrazio il prof. Saturnino Muratore, emerito di Filosofia teoretica, Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sez. San Luigi, Napoli, e direttore del Seminario Stabile di Epistemologia, Istituto di Filosofia della stessa Sezione, il prof. Edoardo Cibelli, docente di Escatologia alla Sez. S. Tommaso della stessa Pontificia Facoltà, la mia amica dott.ssa Adriana Gini, Ospedale San Camillo, Reparto Neuroradiologia, Roma, e mia figlia Laura Taddei Bruno, per una paziente lettura critica di tutto il testo delle due parti, per correzioni, suggerimenti e incoraggiamento. Degli errori rimasti sono io responsabile. Napoli, 22-5-2014, 20 anni dopo la promulgazione della Ordinatio sacerdotalis 10
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PRIMA PARTE IN MARGINE AGLI ANTICHI RITI DI ORDINAZIONE DELLE DIACONESSE
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1. PREMESSA1 Non sono poche le testimonianze nella Chiesa antica, anche di epoca apostolica, su funzioni ministeriali di vario tipo, svolte da parte di donne. Di queste testimonianze relative a donne, un primo gruppo non si riferisce a una chiara specificazione del ministero come noi lo intendiamo oggi, anche a causa del tempo che doveva intercorrere prima che ogni tipo di ministero si definisse nei particolari. Un secondo gruppo sembrerebbe riferirsi ad un particolare tipo di ministero ordinato, ma la interpretazione dei documenti storici è molto controversa. Un terzo gruppo, infine, si riferisce ad un diverso tipo di ministero ordinato, storicamente attestato con chiarezza da numerose testimonianze lungo i secoli, anche se la sua articolazione, per quel che riguarda sia il rito di ordinazione, che la funzione del ministro ordinato, varia nello spazio e nel tempo a seconda della situazione storica socio-culturale. Mi riferisco, quanto a questi tre diversi gruppi di testimonianze riguardanti le donne, rispettivamente a 1) i ministeri nella Chiesa delle origini, 2) il ministero sacerdotale, 3) il ministero diaconale. Riporterò all’attenzione un certo numero di testimonianze nei tre campi, senza né pretendere, né cercare di essere esaustiva. Per quel che riguarda in particolare il ministero sacerdotale femminile, non toccherò affatto la questione dottrinale, su cui il magistero sia papale2, che della Congregazione per la Dottrina della Fede3, si è recentemente espresso, portando l’argomento della ininterrotta 1
L’autrice si assume tutta la responsabilità dell’analisi e della proposta. <**Questa affermazione si riferiva a tutta la Prima parte del presente lavoro. Essa viene estesa anche a tutta la Seconda parte.**> 2 GIOVANNI PAOLO II, Ordinatio sacerdotalis, 22 maggio 1994 (Pentecoste), lettera apostolica pubblicata il 30 maggio 1994. In J. RATZINGER, «Commento alla “Ordinatio sacerdotalis”», in Il Regno-documenti 39/13 (1994) 387-390, <**e in ID., «La lettera apostolica “Ordinatio sacerdotalis”», in La Civiltà Cattolica 145 (1994)/3 61-70,**> si spiega che non si tratta di magistero straordinario, ma che il Papa ha messo in rilievo una dottrina sulla fede del magistero ordinario, che è infallibile in quanto relativa all’insegnamento della comunità dei vescovi, uniti al successore di Pietro e concordi fra loro su una sentenza da ritenersi definitiva; cf anche Lumen gentium, 25b. 3 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Responsum ad dubium circa doctrinam in Epist. Ap. “Ordinatio sacerdotalis” traditam, 28 ottobre 1995, firmato dal card. J. RATZINGER e da mons. T. BERTONE, pubblicato il 19 novembre 1995<**, AAS 87 (1995) 1114, e in Il Regno-documenti 40/21 (1995) 690**>. Commenti al documento papale e a quello della Congregazione per la Dottrina della Fede si trovano, per esempio, anche in M. ALCALA, Mujer, Iglesia, Sacerdocio, <**Ediciones Mensajero,**> Bilbao 1995; T. BUCCHERI, La Chiesa, il papa e le donne, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1996, pp. 80-92; A. DULLES, «L’ordinazione delle donne. I motivi per dire no», in La Civiltà Cattolica 149, n. 3554 (1998) 119-128; V. FUSCO, «Introduzione», in Ruolo e autorità della donna nella Chiesa, T. SANNELLA, ed., SEI, Torino 1996, pp. 3-10; R.R. GAILLARDETZ, «Infallibility and the ordination of women», in Louvain Studies 21 (1996) 3-24; G. GRESHAKE, «Zur Erklärung der Glaubenskongregation über die im Apostolischen Schreiben Ordinatio sacerdotalis vorgelegte
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tradizione basata sulla volontà di Gesù4. Accoglierò invece l’indicazione, fatta nel commento al secondo documento citato, secondo la quale “sicuramente si Lehre», in Pastoralblatt 48 (1996) 56; W. GROSS, ed., Frauenordination<**. Stand der Diskussion in der katholischen Kirche, Wewel**>, München 1996; N. LÜDECKE, «Also doch ein Dogma? Fragen zum Verbindlichkeitsanspruch der Lehre über die Unmöglichkeit der Priestweihe für Frauen aus kanonischen Perspektive», in Theologische Zeitschrift 105 (1996) 161-211; M. MATTÉ, «<**Una recezione del dibattito successivo alla sentenza della lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis.**> I dubbi e gli argomenti», in Il Regno-attualità 41/4 (1996) 80-82; C. NARDI, «I Padri e la donna. Le ‘Madri della Chiesa’? Dall’antica letteratura cristiana», in Rivista di Ascetica e Mistica 66 (1997) 381-422; K. NIENTIEDT, «Wie verbindlich? Ordinatio sacerdotalis provoziert Lehramtdiskussion», in Herder Korrespondenz 50/9 (1996) 461-466; H.J. POTTMEYER, «Rede- und Denkverbote wurden nicht erlassen», in Rheinischer Merkur, 8.12.1995; F.A. SULLIVAN, «La strada della tradizione», in Il Regnodocumenti 41/9 (1996) 312-313; H. WALDENFELS, «Infallibility», in Theology Digest 43/2 (1996) 120-128. Secondo il card. C.M. Martini (che, fra l’altro, cita Dei Verbum, 8), la Chiesa, che non è «giunta ancora alla piena comprensione dei misteri che vive e celebra, [...] deve penetrare nella comprensione della natura del sacerdozio e dei ministeri ordinati molto più profondamente» di quanto sia avvenuto: cf C.M. MARTINI, «La Chiesa non soddisfa attese, celebra misteri», in In cosa crede chi non crede?, di ID. e U. ECO, Atlantide, Roma 1996, pp. 51-60. Inoltre – in seguito alla promulgazione di GIOVANNI PAOLO II, Ad tuendam fidem (lettera apostolica data motu proprio il 18 maggio 1998), in L’Osservatore Romano, 30 giugno-1 luglio 1998 (che introduce nel Codice di Diritto Canonico e nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali alcune norme, fra cui quella per cui vanno accolte e ritenute le verità, sulla fede o i costumi, connesse, per ragioni storiche o come logica conseguenza, con la rivelazione divina e proposte come definitive dal magistero della Chiesa) – la «Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei», 29 giugno 1998, firmata dal card. J. Ratzinger e da mons. T. Bertone, facente parte di CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Professio fidei et iusiurandum fidelitatis in suscipiendo officio nomine Ecclesiae exercendo, precisa che le verità connesse con la rivelazione divina di cui sopra vanno accolte e ritenute anche se non proposte come formalmente rivelate, sia che siano insegnate con atto definitorio del Papa ex cathedra o di un concilio ecumenico, oppure in modo non definitorio – anche espresso implicitamente dalla prassi della Chiesa e testimoniato da Tradizione ininterrotta – da parte del magistero ordinario e universale infallibile dell’intero corpo (inteso in senso diacronico, e non solo necessariamente sincronico) dei vescovi in comunione col successore di Pietro. La Nota..., cit., porta come esempio di verità connessa con la rivelazione per necessità logica (anche se non definita dogmaticamente) la dottrina sulla ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini, in quanto fondata sulla Parola di Dio scritta, costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa e proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale, come riaffermato dal Papa. Commenti al documento papale e a quello della Congregazione per la Dottrina della Fede si trovano, per esempio, anche in J.-M. CADIOT, «Hervé Legrand: l’accès à la verité, tâche non ascevée», in Tribune 2000 (1998)/10 10-11, che tratta anche l’aspetto ecumenico della questione. 4 «La resistenza [all’accesso della donna al ministero presbiterale ed episcopale da parte della Chiesa] [...] non venne dall’esterno, dalle pressioni culturali dell’ambiente circostante, ma dall’interno, cioè dall’attaccamento ad una tradizione giudicata vincolante per la natura stessa delle comunità cristiane. Determinante dovette essere la scelta fatta da Gesù del collegio apostolico, da cui era visto derivare ogni altro ministero ordinato» (i corsivi sono miei): cf E. CATTANEO, ed., I ministeri nella Chiesa antica. Testi patristici dei primi tre secoli, Paoline, Milano 1997, p. 199.
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possono approfondire ancora di più i motivi per cui la Chiesa non ha la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale”5 e riporterò quindi alcuni dati storici talvolta citati in proposito e le critiche fatte ad una loro particolare interpretazione. Tutto questo sarà lo spunto per trattare solo il problema del diaconato femminile. Non tanto, però, il problema della opportunità, convenienza, necessità o meno della ripresa della pratica di ordinare donne al ministero diaconale6; si tratta di una pratica caduta in disuso per motivi storici ben noti, ma mai esplicitamente proibita a livello universale, tanto che ancora l’edizione di Ratisbona, del 1891, del Pontificale Tridentino riporta, anche se modificato rispetto ai rituali antichi, la rubrica dell’ordinazione della diaconessa7. Piuttosto, questa ri-presentazione di antiche testimonianze mi servirà solo come premessa per fare unicamente delle considerazioni sulle modalità di tale ripristino dell’ordinazione diaconale di donne, ove mai esso avvenga. Modalità che, a mio avviso, sono da vedere alla luce di una matura coscienza della reciprocità tra donna e uomo, in una piena assunzione delle conseguenze che il valore della persona in quanto tale richiede. 2. DATI STORICI 2.1. Ministeri femminili delle origini Nel Primo Testamento troviamo in Zippora, la moglie madianita di Mosè, la figura-tipo di una donna che esegue un atto di culto (circoncidendo il figlio) ed opera in quella che in un certo senso potremmo chiamare dimensione del sacramento, nel significato di “segno efficace”8 (circoncidendo simbolicamente il marito nel toccargli i piedi – termine che sta per “parti genitali” – col prepuzio reciso del figlio), inserendo il figlio e il marito nell’alleanza voluta da Dio e 5
«Sulla Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la dottrina proposta nella Lettera apostolica “Ordinatio Sacerdotalis”», in L’Osservatore Romano, 19 novembre 1995, p. 2. 6 Mentre già la Dichiarazione della CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Inter insigniores, 15 ottobre 1976, AAS 69 (1977) 98-116, <**e in Il Regno-documenti 22/5 (1977) 98-102,**> si era espressa negativamente quanto all’ordinazione presbiterale ed episcopale delle donne, nulla è ivi contenuto riguardo al diaconato delle donne, che rimane questione aperta; il Commento alla Dichiarazione <**“Inter insigniores”, in Il Regno-documenti 22/5 (1977) 103-109,**> richiede che «deve essere ripresa in modo completo» la questione se quella delle antiche diaconesse «era [...] una vera ordinazione sacramentale». 7 Cf p. 352 e nota 156 di P. SORCI, «Diaconato ed altri ministeri liturgici della donna», in La donna nel pensiero cristiano antico, U. MATTIOLI, ed., Marietti, Genova 1992, pp. 331-364. 8 Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, tr. it., Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, numeri 1084 e 1127; H. DENZINGER e A. SCHÖNMETZER, Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, Herder, Barcinone-Brisgoviae-Romae 197636, n. 1666.
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rimuovendo così l’impedimento che Dio stesso aveva posto a Mosè per l’esecuzione di quella missione che Egli gli aveva affidato9; alla fine Zippora esclama rivolta a Mosè «Tu sei per me uno sposo di sangue», in quanto con la propria azione ha anche perfezionato il vincolo sponsale con cui egli è legato a lei, alludendo probabilmente a un antico rito praticato sui giovani come iniziazione al matrimonio10. Inoltre, donne prestavano servizio all’ingresso della tenda del convegno11. A parte queste azioni legate al culto, donne hanno operato in ambito profetico (Culda, a cui Giosia nel 622 a.C. chiede rispettosamente il parere, pur essendo Sofonia e Geremia profeti di lei contemporanei, e a cui si deve la conservazione e accettazione dei cinque libri della Legge appena ritrovati12; Debora, giudice, madre di Israele, che guida il destino di Israele in una situazione difficile e conclude con successo una guerra difensiva13; Miriam, che Dio ha mandato14 con i fratelli Mosè e Aronne per liberare il popolo dalla schiavitù d’Egitto, per mezzo della quale il Signore parla come per bocca dei suoi due fratelli15 e che dopo il passaggio miracoloso del mare, mentre Mosè e gli uomini cantano per il Signore, guida la danza delle donne e risponde ad essi16 incitandoli a festeggiare le gesta del Signore; ed altre donne17) ed hanno esercitato, specialmente come regina madre, quelle funzioni regali che avevano connotazione non solo politica, ma anche religiosa18. Ma è solo al Secondo Testamento che, ovviamente, va orientata la nostra attenzione19. Ricordiamo20, fra le donne, Maria, la madre di Gesù, che annuncia la liberazione voluta da Dio per il suo popolo, con predilezione per gli umili, i 9
Cf Es 4, 24-26; C. TADDEI FERRETTI, «Zippora: donna, simbolo, persona ... utopia», in Il tempo dell’utopia. Itinerari al femminile: simboli, realtà, profezia, G.P. DI NICOLA, ed., Edizioni Dehoniane, Roma 1992, pp. 105-121. 10 Su questo rito, cf J.I. DURHAM, Exodus, Word Books, Waco, Texas 1987, pp. 57-59. 11 Cf Es 38,8; 1 Sam 2,22. 12 Cf 2 Re 22,14-20. 13 Cf Gdc 4-5. 14 w’eš.la, exapesteila: da cui «apostolo»; cf Mi 6,4. 15 Cf Nm 12,1-2. 16 wata‘an lhem; cf Es 15,20-21. Circa «ad essi» e non «ad esse», come viene invece usualmente tradotto, cf M. NOTH, Esodo, tr. it., Paideia, Brescia 1977, p. 152. 17 Cf Ne 6,14; Is 8,3. 18 Cf 1 Re 2,13-25; 15,13; 2 Re 11,1-2; Ger 13,18; 29,2. 19 Sulla variegata articolazione dei ministeri nelle varie sezioni del Secondo Testamento, cf la “Prima parte” di J. DELORME, sotto la direzione di, Il ministero e i ministeri secondo il Nuovo Testamento. Documentazione esegetica e riflessione teologica, tr. it., Paoline, Roma 1979, con i lavori di P. BONY, E. COTHENET, J. DELORME, P. DORNIER, A. GEORGE, P. GRELOT, A. JAUBERT, S. LÉGASSE, A. LEMAIRE, X. LÉON-DUFOUR, CH. PERROT. 20 L’elenco che segue è solo uno spunto, un richiamo, che non viene qui sviluppato in maniera più organica, poiché è già stato fatto da altri, e continua a esser fatto in numerose pubblicazioni in Italia e all’estero, costituendo, fra l’altro, in questo modo, materiale interessante per una trattazione specifica sull’importanza delle donne nella diffusione del Vangelo.
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poveri, gli affamati21, in perfetta sintonia con quello che sarà lo spirito delle Beatitudini poi proclamate dal figlio22, e che compie attività di servizio23; Elisabetta, che riconosce e proclama la presenza del Signore24; Anna, che, in parallelo con Simeone, proclama anch’essa la presenza del Signore dopo aver continuamente servito Dio al tempio per più di sessanta anni25; le molte donne che, con i Dodici e gli altri discepoli, accompagnano Gesù nella sua attività missionaria26; la Samaritana27 che semina28 dove altri mieteranno29; la Cananea che affronta il volere inizialmente negativo di Gesù e ottiene un ribaltamento di tale volere30; Marta, la quale fa una proclamazione su Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio31, pressoché identica e della stessa portata di quella fatta da Pietro – in seguito a cui egli riceve da Gesù le chiavi del regno32 – e la quale compie attività di servizio33; le donne, fra cui in particolare Maria di Magdala, inviate ad annunciare la resurrezione e a cui non viene creduto34, come non si crede alla 21
Cf Lc 1,46-55. Cf Lc 6,20-23; C. TADDEI FERRETTI, «La donna e l’autorità. Figure bibliche», in Autorità, potere, violenza. Le donne si interrogano, EAD., ed., Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1999, pp. 65-106. 23 Cf Lc 1,39-40.56. 24 Cf Lc 1,41-45. 25 Cf Lc 2,36-38. Se si è sposata a 14 anni, Anna ha vissuto 3 settenari di anni prima della sua vedovanza e 9 settenari fino all’incontro col piccolo Gesù a 84 anni, cioè 12 settenari in totale: vari numeri simbolici si intreccerebbero nella storia della sua vita. <**Un’iscrizione del VII secolo nei pressi della chiesa Dominus flevit a Gerusalemme attesta che ivi esisteva un piccolo monastero dedicato alla profetessa Anna: cf P. ACQUISTAPACE, ed., Guida biblica e turistica della Terra Santa, Istituto Propaganda Libraria, Milano 1980, p. 176.**> 26 Cf Lc 8,1-3. Una dozzina circa di queste donne sono tentativamente identificate in C. RICCI, Maria di Magdala e le molte altre, D’Auria, Napoli 1991, pp. 182-189. 27 Cf M.L. RIGATO, «Giovanni 4: la mente cultuale dell’evangelista. Gesù si rivela alla donna samaritana», in Atti del V Simposio di Efeso su S. Giovanni Apostolo, L. PADOVESE, ed., Pontificio Ateneo Antoniano, Roma 1995, pp. 27-84; TADDEI FERRETTI, «La donna e l’autorità...», in Autorità..., EAD., ed., cit. 28 Cf Gv 4,28-30.39-40. 29 Cf Gv 4,37-38; At 1,8; 8,5-8.14; 9,31. 30 Cf Mt 15,21-28; Mc 8,24-30; C. TADDEI FERRETTI, «L’autorità di Gesù e lo Spirito», in Rassegna di Teologia 37 (1996) 390-393. 31 Cf Gv 11,27. 32 Cf Mt 16,13-19. 33 Cf Lc 10,40. 34 Cf Mt 28,1-10; Mc 16,1-11; Lc 24,1-11; Gv 20,1-18. Fra i recenti studi sull’importanza di Maria di Magdala, cf H. SCHÜNGEL-STRAUMANN, «Maria von Magdala - Apostolin und erste Verkünderin der Osterbotschaft», in Maria Magdalena zu einem Bild der Frau in der christlichen Verkündigung, D. BADER, ed., Schnell & Steiner, Monaco di B. 1990, pp. 8-32. Nel I secolo si verifica il fenomeno di minimizzazione dell’esperienza pasquale, del ruolo e dell’autorità di Maria di Magdala, eccetto che nel Vangelo di Giovanni e poi negli scritti di ambienti marginali del cristianesimo o eretici: cf F. BOVON, «Le privilège pascal de Marie Madeleine», in New Testament Studies 30 (1984) 50-62. Il fenomeno sfocia nella trasformazione della figura di Maria di Magdala da discepola preminente cui Gesù usa speciale 22
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schiava Rode circa la liberazione di Pietro35; ancora Maria, la madre di Gesù, ed altre donne che, <**assidue e concordi nella preghiera, insieme con gli Undici, contribuiscono alla scelta di Mattia con l’aiuto dello Spirito Santo36 e,**> insieme con i Dodici, ricevono lo Spirito Santo a Pentecoste37 e parlano in lingue alla folla38; Maria, madre di Giovanni Marco, presso la quale si prega39; Lidia40 e Ninfa41, nella cui casa si radunano i fratelli; Dàmaris che, come Dionigi ed altri, crede dopo il contestato discorso di Paolo all’Areòpago42; Cloe, che è il punto di riferimento autorevole della comunità costituita dalla sua gente43; Gazzella, che fa opere buone ed elemosine44; le quattro vergini profetesse, figlie di Filippo l’evangelista, uno dei Sette45; Evodia e Sintiche, che hanno combattuto per il vangelo insieme con altri collaboratori (synergoi) di Paolo46; la madre di Rufo, la sorella di Nereo, Giulia moglie di Filologo, citate da Paolo, che in Romani saluta ventinove persone, di cui dieci donne47; Maria, che si è affaticata per i fratelli48; riguardo a prostituta pentita: cf S. HASKINS, Mary Magdalen. Myth and Metaphor, Riverhead Books, New York 1993, pp. 131-188; K. KING, «Canonizzazione ed emarginazione: Maria di Magdala», tr. it., in Concilium 34/3 (1998) 52-63; E. MOLTMANN-WENDEL, Le donne che Gesù incontrò, tr. it., Queriniana, Brescia 1989, pp. 68-100; L. SEBASTIANI, Tra/Sfigurazione. Il personaggio evangelico di Maria di Magdala e il mito della peccatrice redenta nella tradizione occidentale, Queriniana, Brescia 1992. <**Cf anche A. TASCHL-ERBER, «Apostola e peccatrice: ricezione medievale di Maria di Magdala», in Donne e Bibbia nel Medioevo (secoli XII-XV) tra ricezione e interpretazione, K.E. BØRRESEN e A. VALERIO, edd., Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2011, pp. 295-318; ID., «Maria Maddalena. La prima apostola?», in I Vangeli. Narrazione e storia, M. NAVARRO PUERTO e M. PERRONI, edd., Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2012, pp. 375-396.**> 35 Cf At 12,13-17. <**36 Cf At 1,13-26.**> 37 Cf At 2,1-3 in rapporto ad At 1,14; GIOVANNI PAOLO II, Mulieris dignitatem, n. 27. 38 Cf At 2,4 in rapporto ad At 2,15-18, specialmente ai vv. 17-18. Notare che, mentre nella traduzione italiana Pietro, rivolgendosi agli «uomini di Giudea» (v. 14), afferma «Questi uomini non sono ubriachi [...]» (v. 15), il che escluderebbe che anche le donne parlassero in lingue, in greco Pietro, rivolgendosi agli «ándres (uomini, distinti da donne) Ioudaîoi», parla genericamente di «hoûtoi (costoro)», e quest’ultimo termine inclusivo spiegherebbe il riferimento a uomini e donne della profezia di Gioele (cf Gl 3,1-2) fatto da Pietro stesso. 39 Cf At 12,12. 40 Cf At 16,13-15.40. 41 Cf Col 4,15. Ninfa è probabilmente una donna. 42 Cf At 17,34. 43 Cf 1 Cor 1,11. È stato messo in rilievo che alle origini la cena eucaristica veniva normalmente celebrata sotto la presidenza del capo della casa o famiglia (o, in alcune circostanze, sotto la presidenza di una persona autorevole, autorizzata ad assumere temporaneamente la funzione di capo della casa o famiglia, come nel caso di Paolo riferito in At 20,11): cf M. HAUKE, Women in the Priesthood? A Systematic Analysis in the Light of the Order of Creation and Redemption, tr. ingl., Igniatius, San Francisco 1988, p. 332, nota 66. 44 Cf At 9,36-42. 45 Cf At 21,9; RIGATO, «Giovanni 4...», cit. 46 Cf Fil 4,2-3. 47 Cf Rm 16,1-15.
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Trifena, Trifosa e Perside, che hanno lavorato per il Signore49; Appia, anch’essa citata da Paolo50, come anche Claudia della comunità di Roma51; Lóide ed Euníce, che hanno trasmesso la loro fede schietta rispettivamente al nipote e figlio, Timoteo di Listra52; Priscilla (Prisca)53, che, col marito Aquila54, è una prominente collaboratrice di Paolo (nella loro casa si raduna una comunità) anche a rischio della vita e, in assenza di Paolo, dà ad Apollo, eloquente e ben versato nelle Scritture55, una più accurata versione del messaggio cristiano56; Febe, diacono (diakonos)57 e presidente o prefetto o capo o patrona (prostatis)58; 48
Cf Rm 16,6. Cf Rm 16,12. Il verbo kopiao, «lavorare con fatica», usato da Paolo in Rm 16,6.12 a proposito di donne e in altri contesti a proposito di se stesso e di altri missionari uomini, indicherebbe una categoria ufficiale di ministri di cui gran parte sarebbero stati presbiteri: cf A. VON HARNACK, «“Kopos” - Kopian, Hoi Kopiountes - im frühchristlichen Sprachgebrauch», in Zeitschrift für die Neutestamentliche Wissenschaft 27 (1928) 1-10. 50 Cf Fm 2. 51 Cf 2 Tm 4,21. 52 Cf At 16,1; 2 Tm 1,5; 3,14-15. 53 Cf C. RICCI, «Priscilla, una donna annuncia il Vangelo», in Prospettiva Persona 1, n. 2 (1992) XXII-XXVI. 54 Alcune volte Prisca è citata prima del marito, a significare l’importanza, la preminenza, la preparazione e l’autorità di questa donna, come messo in risalto da Autori antichi – cf GIOVANNI CRISOSTOMO, Prima omelia su “Salutate Priscilla e Aquila”, 3, PG 51, 191-192 – e moderni. Ella è stata attiva nell’evangelizzazione a Roma, Corinto, Efeso e in tutte le chiese dei Gentili. Fra l’altro, in Rm 16, mentre Febe è la prima persona di cui parla Paolo, Prisca è la prima che egli saluta. 55 Apollo ha irrigato ciò che Paolo ha piantato: cf 1 Cor 3,6. 56 Cf At 18,2-3.18.24-26; Rm 16,3-5; 1 Cor 16,19; 2 Tm 4,19. S. HAUSER-BOREL, «Identità femminile e diaconia. Testimonianze del cristianesimo primitivo», in Che differenza c’è? Fondamenti antropologici e teologici dell’identità femminile e maschile, C. MILITELLO, ed., SEI, Torino 1996, pp. 327-351, osserva che, sulla base di At 18,25-26, Priscilla può essere chiamata «maestra di un maestro» (come Maria di Magdala è stata definita «apostola degli apostoli», sulla base di Gv 20,17-18: cf s. BONAVENTURA DA BAGNOREGIO, Opuscoli mistici, Vita e pensiero, Milano 1961, p. 113). 57 Cf Rm 16,1. Diakonos è termine unico per il maschile e il femminile (dipende dall’articolo). Esso, anche per Febe, si riferisce non alle funzioni del capo di una Chiesa domestica, ma a un servizio reso a tutta la Chiesa, come nel caso di Paolo e di Apollo, citati in 1 Cor 3,5; traducendolo, come si fa usualmente, con «diaconessa» <**(come avviene, per esempio, nella editio princeps 1971 di La sacra Bibbia della CEI; invece, nell’edizione del 2008 il termine è tradotto, ancor più semplicemente, con «che è al servizio»)**>, si può far pensare per Febe alle limitate funzioni di una diakonissa nei confronti delle donne, mentre quest’ultimo termine è stato introdotto solo posteriormente e non si possono proiettare al I secolo le funzioni esercitate dalle diaconesse nei secoli successivi: cf E. SCHÜSSLER FIORENZA, In Memory of Her. A Feminist Reconstruction of Christian Origins, Crossroad, New York 1983, <**tr. it. In memoria di lei. Una ricostruzione femminista delle origini cristiane, Claudiana, Torino 1990**>. 58 Cf Rm 16,2. Il termine è equivalente a quae prae-est, tutrix, patrona: cf M. ZERWICK, Analysis philologica Novi Testamenti graeci, Sumptibus Pontificii Instituti Biblici, Romae 19844, p. 361. Secondo J. YSEBAERT, .Die Amtsterminologie im Neuen Testamant und in der 49
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Giunia59, che è apostolo insigne60, come Andronico, e come sono apostoli Apollo, Epafrodito, Barnaba, Silvano, Timoteo, Paolo, i Dodici; altre donne, che profetizzano61; donne, che prendono parte al servizio divino della preghiera allo stesso titolo degli uomini62; donne, che esercitano funzioni di diacono63; alcune
alten Kirche. Eine lexikographische Untersuchung, Eureia, Breda 1994, pp. 127-128, 150, il termine non può significare più che «aiutante», poiché Paolo riferisce l’azione di Febe come prostatis anche a se stesso. Invece, il termine prostatis non andrebbe tradotto, in questo caso in cui si riferisce a una donna, come «aiuto, protettore», ma in accordo col modo con cui termini derivanti dalla stessa radice sono usati in altri testi, per esempio Rm 12,8 (proistamenos, qui praeest); 1 Tes 5,12 (proistamenous, qui praesunt); 1 Tm 3,4 (proistamenon, praepositum) e 5 (prostnai, praeesse); 5,17 (proesttes, qui praesunt): cf SCHÜSSLER FIORENZA, In Memory of Her..., cit. Secondo HAUSER-BOREL, «Identità femminile e diaconia...», cit., Paolo avrebbe tanto apprezzato Febe da riconoscerla sua patrona. <**In tempi più recenti, anche Maria Luisa Rigato si è espressa sul valore degli appellativi diakonos (diacono) e prostatis (presidente) attribuiti a Febe: cf M.-L. RIGATO, Discepole di Gesù, Edizioni Dehoniane, Bologna 2011, pp. 45-50.**> 59 Tradotta «Giunio», a cominciare dal XIII secolo in Occidente (cf U. WILCKENS, Der Brief an die Römer, Neukirchen, Zürich 1982, p. 135, nota 647) e dal XIX in Oriente (cf R.T. FRANCE, Women in the Church’s Ministry: A Test-Case for Biblical Hermeneutics, Paternoster Press, Carlisle, UK 1995, p. 86), nonostante la ininterrotta tradizione patristica a favore della interpretazione femminile del nome: cf fra i Padri, per esempio, GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelie sull’Epistola ai Romani, 31, 2, PG 60, 669-670. In epoca moderna, cf B. BROOTEN, «Junia... herrforagend unter den Aposteln», in Frauenbefreiung. Biblische und teologische Arguemente, E. MOLTMANN-WENDEL, ed., Kaiser, München 19864, pp. 148-151; C.E.B. CRANFIELD, The Epistle to the Romans, vol. II, International Critical Commentary, Clark, Edinburgh 1979, pp. 788-789; G. LOHFINK, «Weibliche Diakone im Neuen Testament. 3. Der weibliche Apostel Junia (Röm 16,7)», in Die Frauen im Urchristentum, Quaestiones Disputatae 95, Herder, Freiburg-Basel-Wien 1983, pp. 327-332; V. FÀBREGA, «War Junia(s), der hervorragende Apostel (Röm. 16:7), eine Frau?», in Jahrbuch für Antike und Christentum 27-28 (1984-1985) 47-64; R.R. SCHULZ, «Junia or Junias?», in Expository Times 98 (1987) 108-110. Sulla questione, cf P. LAMPE, «Iunia/Iunias: Sklavenherkunft im Kreise der vorpaulinischen Apostel (Röm 16 7)», in Zeitschrift für die Neutestamentliche Wissenschaft 76 (1985) 132-134. Propendono per l’interpretazione femminile, fra altri, CRANFIELD, The Epistle..., cit.; FÀBREGA, «War Junia(s)...», cit.; M.-J. LAGRANGE, S. Paul, Épître aux Romains, Études Bibliques, Gabalda, Paris 19222, p. 366; SCHULZ, «Junia or Junias?», cit.; e, per motivi strettamente linguistici, R.S. CERVIN, «A note regarding the name ‘Junia(s)’ in Romans 16.7», in New Testament Studies 40 (1994) 464-470; J. THORLEY, «Junia, a woman apostle», in Novum Testamentum 38/1 (1996) 18-29. 60 Cf Rm 16,7. 61 Cf 1 Cor 11,5. 62 Cf 1 Tm 2,9. 63 Cf 1 Tm 3,11; CATTANEO, I ministeri nella Chiesa antica..., cit., p. 226; HAUSER-BOREL, «Identità femminile e diaconia...», cit., specialmente alla nota 26. Anche Clemente Alessandrino e Origene riconoscono questo ministero diaconale delle origini: cf YSEBAERT, Die Amtsterminologie..., cit., p. 127 nota 1 e pp. 135-136.
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vedove, che occupano un imprecisato ruolo ufficiale nella comunità ecclesiale64; donne anziane, che hanno un ruolo di direzione femminile65. Non va dimenticata la testimonianza degli Atti di Paolo e Tecla66, in cui quest’ultima è presentata con funzioni di apostolo, annunciando con successo la parola di Dio e ricevendo poi da Paolo67 il mandato di annunziarla ancora ad Iconio; infatti, per quanto tali Atti siano apocrifi (ma considerati canonici in alcune regioni, durante i primi tre secoli), l’opera di Tecla deve essere stata notevole, se il suo sepolcro presso Seleucia venne trasformato in basilica, meta di pellegrinaggi, e se in ambito non eretico ella è stata onorata da Metodio di Olimpo, Gregorio di Nazianzo, Gregorio Nisseno, Egeria, Teodoreto e in vari monasteri, mentre la sua fama si diffuse anche in Occidente e le iscrizioni in Egitto, Siria, Asia Minore in genere mostrano che in quelle regioni il suo nome era tra i più diffusi68. Similmente, negli Atti di Filippo Marianne collabora col fratello Filippo nella predicazione69. Le figlie di Filippo dei Dodici sono annoverate da Policrate, vescovo di Efeso del II secolo, quali grandi fondamenti (megala stoicheia) della comunità cristiana70. Uno degli elementi determinanti per questo fiorire di attività da parte di donne, testimoniato in ambito biblico ed extra-biblico, deve essere stata la pratica del Battesimo che, a differenza della Circoncisione, viene amministrato anche a donne e fonda quindi la pari dignità tra le discepole-donne e i discepoli-uomini71. L’articolazione ministeriale, fissata nel II secolo in “diaconi, presbiteri, vescovi”, è avviata durante il periodo della redazione di Vangeli, Atti e Lettere Pastorali, determinata dalle necessità vitali della comunità. Alcuni ministeri sono riconducibili a un mandato di Gesù stesso (l’apostolato72; i Dodici73 come 64
Cf 1 Tm 5, 9-10. Cf Tt 2, 3-5. 66 Cf A. JENSEN, ed., Thekla - die Apostolin. Ein apokrypher Text neu entdeckt, Herder, Freiburg-Basel-Wien 1996; S.E. MCGINN, «The Acts of Thecla», in Searching the Scriptures, vol. II, A Feminist Commentary, E. SCHÜSSLER FIORENZA, ed., SCM Press, New York 1995, pp. 800-828. 67 Cf cap. XLI. 68 Cf E. GIANNARELLI, «La biografia femminile: temi e problemi», in La donna nel pensiero cristiano antico, MATTIOLI, ed., cit., pp. 223-245. Il ruolo riconosciuto alle donne negli Atti di Paolo e Tecla sarebbe stato uno dei punti determinanti il fatto che quest’opera non sia stata definitivamente inclusa fra quelle canoniche: cf D. MARGUERAT e W. REBELL, «Gli “Atti di Paolo”. Un ritratto insolito dell’Apostolo», in Il mistero degli Apocrifi. Introduzione a una lettura da scoprire, J.D. CAESTLI e D. MARGUERAT, edd., tr. it., Massimo, Milano 1996, pp. 129-166. 69 Cf SORCI, «Diaconato ed altri ministeri liturgici della donna», cit. 70 Cf in RIGATO, «Giovanni 4...», cit., l’Excursus critico sulla erronea identificazione, operata in seguito da Eusebio, delle figlie di Filippo dei Dodici con le figlie di Filippo dei Sette. 71 Cf M.L. RIGATO, «“Mosè ed i profeti in chiave cristiana”: un pronunciamento ed un midrash (Lc 16,16-18+19-31)», in Rivista Biblica 45/3 (1997) 143-177. 72 Cf Lc 10,1; Gv 20,17. 73 Cf Mt 10,1-4; Mc 3,13-19; Lc 6,12-16. 65
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rappresentanti dell’Israele escatologico; Paolo dopo Damasco74); altri sono suscitati dallo Spirito (i ministeri carismatici75); altri sono istituiti per designazione della comunità (la ricomposizione del numero dei Dodici76; i sette “diaconi”77; l’investitura missionaria di Barnaba e Saulo78; gli anziani79, che non costituiscono all’inizio una realtà ministeriale omogenea; i presbiteri-episcopi80, da non assimilare direttamente né ai presbiteri, né ai vescovi quali oggi noi distinguiamo; l’imposizione delle mani come modalità di conferimento del ministero81)82. 2.2. Tracce di un ministero sacerdotale femminile? Per la questione del ministero sacerdotale femminile, tralascio le ben note testimonianze univoche dei Padri, di innumerevoli sinodi e di tutta la manualistica medievale, negative a questo proposito. Ritengo utile, invece, riportare i pochi punti che sono stati addotti da vari Autori per mettere in dubbio o la volontà di Gesù in proposito, o la ininterrotta tradizione basata su tale volontà83, cioè i due argomenti su cui si basano i recenti pronunciamenti magisteriali. Per parte mia – accogliendo la riportata indicazione fatta nel commento al Responsum ad dubium84 – cerco gli argomenti contrari a quelli che
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Cf At 9,3-6. Cf 1 Cor 12,4-11.28-30. 76 Cf At 1,15-26. 77 Cf At 6,1-6. 78 Cf At 13,1-4. 79 Cf At 11,30; 14,23; 15,2-23; 16,4; 20,17; 21,18; 1 Tm 5,1.17.19; Tt 1,5; Eb 11,2; Gc 5,14; 2 Gv 1,1. 80 Cf At 20,17. 81 Cf, per esempio, At 6,6; 13,3; 1 Tm 4,14; 5,22; 2 Tm 1,6. 82 Cf S. DIANICH, Teologia del ministero ordinato, Paoline, Roma 1984, p. 129 (cf anche pp. 15-60, 111-129, 259-384 su argomenti collaterali); C. MILITELLO, Ecclesiologia, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1991, pp. 155-163; EAD., «La progressiva “crescita” del ministero ordinato», in Rivista Liturgica 83/1 (1996) 29-42; M.L. RIGATO, «La testimonianza di Papia di Gerapoli sul “secondo” Giovanni e sul contesto eusebiano. Riscontri nel Nuovo Testamento», in Atti del VI Simposio di Efeso su S. Giovanni Apostolo, L. PADOVESE, ed., Pontificio Ateneo Antoniano, Roma 1996, pp. 237-272; M. SIMONETTI, «Presbiteri e vescovi nella chiesa del I e II secolo», in Vetera Christianorum 33 (1996) 115-132; YSEBAERT, Die Amtsterminologie..., cit. 83 Anche in questo caso si tratta qui di un semplice elenco di questioni, che vanno trattate approfonditamente in opere più specifiche, come per altro è già stato fatto, per esempio in HAUKE, Woman in the Priesthood?..., cit. <**Su commenti ad alcuni dei punti qui di seguito trattati e su altri punti qui non trattati, cf A. PIOLA, Donna e sacerdozio. Indagine storicoteologica degli aspetti antropologici dell’ordinazione delle donne, Effatà, Cantalupa (TO) 2006, pp. 49-61.**> 84 Cf CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Responsum ad dubium..., cit.; «Sulla Risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la dottrina proposta...», cit. 75
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